Le Opere della Letteratura Italiana. Verso un canone del
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Le Opere della Letteratura Italiana. Verso un canone del
Corso di Alta Formazione Le Opere della Letteratura Italiana. Verso un canone del Novecento Milano, 7-8-9 novembre 2013 Cesare Pavese La luna e i falò Bart Van den Bossche (Lovanio) www.mdrn.be [email protected] Cesare Pavese, La luna e i falò Contenuto della lezione: • 1/ Caratteristiche generali del romanzo • 2/ Intermezzo: alcune riflessioni sul canone • 3/ La luna e i falò nel canone: alcune prospettive Cesare Pavese, La luna e i falò • [1] Romanzo in prima persona (narratore anonimo, di cui si conosce solo il soprannome, Anguilla) • [2] Ritorno-nostos che si rivela ritorno-quest – spazio > tempo: visitare il paese > recupero del passato – Tempo storico > tempo interiore «Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo. Da un anno che lo tengo d’occhio e quando posso ci scappo da Genova, mi sfugge di mano. Queste cose si capiscono col tempo e l’esperienza. Possibile che a quarant’anni, e con tutto il mondo che ho visto, non sappia ancora che cos’è il mio paese?» (Tutti i romanzi, p. 784) Cesare Pavese, La luna e i falò = una Bildung rovesciata (dal presente al passato (e non al futuro), dallo spazio esteriore/sociale allo spazio interiore/personale) • [3] Diverse fasi, diverse strategie: – Gaminella (infanzia): la ricostruzione del passato dipende (fortemente) dal presente: incontri con Valino e Cinto, conversazioni con Nuto, visita del casotto – La Mora (adolescenza): pochi stimoli (cap. IX, cap. XIII), poi rievocazione sistematica (e incantata) – America (maturità): ricordi sparsi, frammentari (cap. III, cap. XI, cap. XXI) Cesare Pavese, La luna e i falò • Memoria involontaria a Gaminella: • «E più in basso anche questa [collina] era tutta vigne spoglie, tagliate da rive, e le macchie degli alberi, i sentieri, le cascine sparse erano come li avevo veduti giorno per giorno, anno per anno, seduto sul trave dietro il casotto o sulla spalletta del ponte». (cap. I, p. 783) • « Seguitai a salire, e vidi il portico, il tronco del fico, un rastrello appoggiato all’uscio - la stessa corda col nodo pendeva dal foro dell’uscio. La stessa macchia di verderame intorno alla spalliera sul muro. La stessa pianta di rosmarino sull’angolo della casa. E l’odore, l’odore della casa, della riva, di mele marce, d’erba secca e di rosmarino» (cap. V, p. 797) • « Il ragazzo era scalzo, aveva una crosta sotto l’occhio, le spalle ossute e non muoveva la gamba. D’improvviso mi ricordai quante volte avevo avuto i geloni, le croste sulle ginocchia, le labbra spaccate. Mi ricordai che mettevo gli zoccoli soltanto d’inverno. Mi ricordai come la mamma Virgilia strappava Cesare Pavese, La luna e i falò • Connotazioni sociali diverse: – Gaminella: famiglia contadini, miseria – La Mora: cascina gestita da Sor Matteo, contatti con Canelli – America: sradicamento, violenza (“In America sono tutti bastardi”) • Connotazioni esistenziali diverse: - Gaminella: magia dell’infanzia - Cfr. appunto ms: “La cerchia infantile è la cerchia perfetta perché la si sperimenta ignorando ancora la morte. Quindi è immortale, è assoluta, è tutta gioia e certezze” (7 giugno). - La Mora: crescita, scoperta del mondo, scoperta del sesso (Irene, Silvia) - America: vita disorientata, priva di radici Cesare Pavese, La luna e i falò • [4] Anguilla narratore: – Struttura cronologica (Gaminella > La Mora) – Transizioni fra episodi / capitoli basate su associazioni – Cap. II: conversazione su Nuto musicante > inizio cap. III: “Di Nuto musicante avevo avuto notizie fresche addirittura in America – quanti anni fa? – quando ancora non pensavo a tornare” – Cap. VIII > IX: la macchia d’alberi del Cavaliere > i “ciuffi scuri di piante, dei canneti, delle macchie”, p. 809). – Fine cap. X: torna verso sera da Canelli lungo la ferrata. > cap XI: “Diversi anni prima – qui da noi c’era già la guerra - avevo passato una notte che ogni volta che cammino lungo la ferrata mi torna in mente” (p. 817) – Cap. XX: ricordi di Silvia > cap XXI (p. 852): “Qualche anno dopo, a Genova dov’ero soldato, avevo trovato una ragazza che somigliava a Silvia, bruna come lei, più grassotella e furba, con gli anni che Irene e Silvia avevano quand’ero entrato alla Mora” (p. 852) Cesare Pavese, La luna e i falò • Nuto, dopo l’incendio di Gaminella:: “Nuto, fermo al livello dell’aia, storse la faccia e si portò i pugni sulle tempie. – Quest’odore, - borbottò, - quest’odore” (p. 874) seguono le rivelazioni sulla morte di Santina. – Narratore “egocentrico”: • Personaggi e luoghi contano nella misura in cui evocano il passato • Cfr. il discorso del prete ai funerali di due repubblichini: “A me quel discorso non dispiacque. Così sotto quel sole, sugli scalini della chiesa, da quanto tempo non sentivo più la voce di un prete dir la sua. E pensare che da ragazzo quando la Virgilia ci portava a messa, credevo che la voce del prete fosse qualcosa come il tuono, come il cielo, come le stagioni – che serrvisse alle campagne, ai raccolti, alla salute dei vivi e dei morti” (p. 823), ( “Chi non apprezzò il discorso fu Nuto”). Cesare Pavese, La luna e i falò – “Avrà avuto dieci anni, e vederlo su quell’aia era come vedere me stesso. Al punto che diedi un’occhiata sotto il portico, dietro il fico, alle melighe, se comparissero Angiolina e Giulia” (p. 797) – Che cosa avrei detto ai miei tempi se mi fosse comparso davanti un omone come me e io l’avessi accompagnato nei beni? Ebbi un momento l’illusione che a casa mi aspettassero le ragazze e la capra e che a loro avrei raccontato glorioso il grande fatto” (pp. 799- 800) – “Allora mi ricordai dei miei tempi e dissi a Cinto: - Se passi domenica dall’Angelo, ti regalo un bel coltello chiuso, col fermaglio” (p. 858). • + ricerca costante del ripetersi uguale dei destini umani Cesare Pavese, La luna e i falò • [5] Percorso spirituale: una ‘mirabile visione”, una “divina commedia” (lettera ad Adolfo e Eugenia Ruata, luglio 1949), con Nuto in un ruolo virgiliano • [6] Interiorità/soggettività: voce lirica, in particolare negli incipit e nelle parti sulla Mora. • [7] Struttura spaziale piuttosto insolita: – Lavorare stanca, Paesi tuoi, Il diavolo sulle colline…: città / campagna – La luna e i falò: le Langhe vs l’America – Genova come “porto” • [8] Anguilla: un narratore “debole” – Il “non sapere”, lo spaesamento, messo in evidenza sin dal primo capitolo – segnali d’inquietudine e di vuoto sparsi nel romanzo Cesare Pavese, La luna e i falò Il non sapere iniziale: cfr. l’incipit del romanzo: «C’è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo so; non c’è da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch’io possa dire «Ecco cos’ero prima di nascere». Non so se vengo dalla collina o dalla valle, dai boschi o da una casa di balconi. La ragazza che mi ha lasciato sugli scalini del duomo di Alba, magari non veniva neanche dalla campagna, magari era la figlia dei padroni di un palazzo, oppure mi ci hanno portato in un cavagno da vendemmia due povere donne da Monticello, da Neive o perché no da Cravanzana. Chi può dire di che carne sono fatto? Ho girato abbastanza il mondo da sapere che tutte le carni sono buone e si equivalgono, ma è per questo che uno si stanca e cerca di mettere radici, di farsi terra e paese, perché la sua carne valga e duri qualcosa di piu che un comune giro di stagione» Cesare Pavese, La luna e i falò • Rapporto ambiguo con il “non sapere”: convertito in un “non sapere di saperlo” (quindi un sapere antropologico-ancestrale “dimenticato” ma riattivato dal ritorno): “Anche la storia della luna e dei falò la sapevo. Soltanto, m’ero accorto, che non sapevo più di saperla” (cap. IX, 813). • La storia (guerra, morte) ostacola il ritorno di Anguilla “Di tutto quanto, della Mora, di quella vita di noialtri, che cosa resta? […] La prima cosa che dissi, sbarcando a Genova in mezzo alle case rotte dalla guerra, f uche ogni casa, ogni cortile, ogni terrazzo, è stato qualcosa per qualcuno e, più ancora che al danno materiale e ai morti, dispiace pensare a tanti anni vissuti, tante memorie, spariti così in una notte senza lasciare un segno. O no? Magari è meglio così, meglio che tutto se ne vada in un falò d’erbe secche e che la gente ricominci.” (p. 870, cap. XXVI) Cesare Pavese, La luna e i falò • [9] Violenza tragica (presente e passato) – Presente: incendio di Gaminella, si salva solo Cinto – Passato: rivelazioni finali di Nuto, finora reticente sulle vicende della Mora, sulla morte di Santina, terza figlia di Sor Matteo: fucilata dai partigiani come spia e bruciata sulla cima della collina: “L’altr’anno c’era ancora il segno, come il letto di un falò” (p. 896) Intermezzo: il canone • Canone come elenco e repertorio (nomi e titoli) • Canone come formazione culturale – Canone “nazionale” – valori e temi culturali, etici, esistenziali – valori estetico-letterari • Canone come operazione storiografica • Canone come operazione istituzionale – > dibattiti su inclusione/esclusione + proposte di controcanone – Cfr. le critiche al canone perché dominato da “dead white European males” – inclusione/esclusione non riguarda solo chi c’è/chi non c’è, ma anche la selezione di materiali o generi (riviste, pubblicazioni collettive, generi trascurati (saggistica),,…) Intermezzo: il canone • Dimensione intertestuale + ermeneutica del canone – Un modo di leggere opere letterarie – Il canone = una formazione intertestuale / interdiscorsiva (le opere nel canone sono collegate tra loro) = (appartenenza al) canone come esercizio di lettura intertestuale / interdiscorsiva = la presenza del canone in un’opera La luna e i falò nel canone • [1] Romanzo omodiegetico, narratore inquieto / inaffidabile • rapporto con il romanzo “modernista” (Pirandello, Svevo) – verità e identità – verità e narratività – (in)affidabilità della memoria – soggettività (coerenza, controllo) • Differenza rispetto al primo Novecento: – dallo scetticismo epistemologico all’esplorazione di orizzonti “alternativi” (mito) – prospettiva di ricostruzione [elemento generazionale - Vittorini] La luna e i falò nel canone • [2] Realtà/storia recente (neorealismo) – La guerra come ferita aperta – Discussioni politiche • La guerra come esperienza trasversale e confusa • (ma) senza memoria comune Prospettiva centrale in La casa in collina “Questa guerra ci brucia le case. Ci semina di morti fucilati piazze e strade. Ci caccia come lepri di rifugio in rifugio. Finirà per costringerci a combattere anche noi, per strapparci un consenso attivo. E verrà il giorno che nessuno sarà fuori della guerra – né i vigliacchi, né i tristi, né i soli. Da quando vivo qui coi miei, ci penso spesso. Tutti avremo accettato di far la guerra. E allora forse avremo pace” (cap. XXIII, p. 483) – Povertà, condizioni di vita, tensioni di classe (“Cosa sei? Comunista?”) America: mobilità geografica e sociale La luna e i falò nel canone • un neorealismo “di secondo grado”: discorsi sulla guerra e sulla povertà “citati” nel romanzo • Anguilla come “estraneo”: difficoltà a stabilire un rapporto con la realtà della guerra "Hai concluso il ciclo storico del tuo tempo: Carcere (antifascismo confinario), Compagno (antifascismo clandestino), Casa in collina (Resistenza), Luna e i falò (post-resistenza). Fatti laterali: guerra '15-18, guerra di Spagna, guerra di Libia. La saga è completa. Due giovani (Carcere e Compagno) due quarantenni (Casa in coll. e Luna e falò). Due popolani (Compagno e Luna e falò) due intellettuali (Carcere e Casa in collina)." (Il mestiere di vivere, 17 novembre 1949, p. 375) La luna e i falò nel canone • [3] Verismo (di secondo grado) – I destini dei vari personaggi / delle famiglie / generazioni – Stratificazione sociale – Lingua e stile (discorso indiretto libero, voce corale) “di secondo grado”: – prosa compatta (senza digressioni / didascalie / lunghe analisi) – punto di vista soggettivo (Anguilla) – osservato da fuori (personaggio/narratore che vive altrove): Paesi tuoi, Il diavolo sulle colline, La spiaggia La luna e i falò nel canone Il Cavaliere era il figlio del vecchio Cavaliere, che ai miei tempi era il padrone delle terre del Castello e di diversi mulini e aveva perfino gettato una diga nel Belbo quand’io ancora dovevo nascere. Passava qualche volta sullo stradone nella carrozza a tiro doppio guidata dal servitore. Avevano una villetta in paese, con un giardino cintato e piante strane che nessuno sapeva il loro nome. […] Adesso il Vecchio era morto, e il Cavaliere era un piccolo avvocato calvo che non faceva l’avvocato: le terre, i cavalli, i mulini, se li era consumati da scapolo in città; la gran famiglia del Castello era scomparsa. Gli era rimasta una piccola vigna, degli abiti frusti, e girava il paese con un bastone dal pomo d’argento. Con me attaccò discorso civilmente: sapeva di dove venivo; mi chiese se ero stato anche in Francia, e beveva il caffè scostando il mignolo e piegandosi avanti” (p. 806-7) Era successo che la vecchia – la contessa di Genova – tornata da quindici giorni al Nido con nuore e nipoti dai bagni di mare, aveva fatto degli inviti a Canelli e alla Stazione per una festa sotto i platani – e della Mora, di loro due, della signora Elvira, si era dimenticata. Dimenticata o che l’avesse fatto apposta? Le tre donne non lasciavano più pace al sor Matteo. (p. 857) La luna e i falò nel canone – Interventi soggettivi (in funzione del “progetto” di (ri)scoperta e assimilazione di un’identità “dimenticata”) inclinazione lirica, in particolare nella rievocazione incantata di episodi e sensazioni del passato Fusione di registri veristi e registri lirici “Ho sentito urlare, cantare, giocare al pallone; col buio, fuochi e mortaretti; hanno bevuto, sghignazzato, fatto la processione; tutta la notte per tre notti sulla piazza è andato il ballo, e si sentivano le macchine, le cornette, gli schianti dei fucili pneumatici. Stessi rumori, stesso vino, stesse facce di una volta. I ragazzotti che correvano tra le gambe alla gente erano quelli; i fazzolettoni, le coppie di buoi, il profumo, il sudore, le calze delle donne sulle gambe scure, erano quelli. E le allegrie, le tragedie, le promesse in riva a Belbo” (la fiera della Madonna, cap II, p. 785). La luna e i falò nel canone • [4] Mito (e storia) – Anguilla: cerca di collegare il passato individuale alla dimensione collettiva, e trova nei miti una risorsa identitaria importante – I miti contadini: la luna e i falò • Ricordi immediati: i falò delle feste • Nuto: miti e riti contadini [Nuto; Frazer, Il ramo d’oro] • Simbolo di un patrimonio di storie, sensazioni, esperienze,… che non scompare mai del tutto • Legame con le “stagioni”, il ciclo dei lavori in campagna – “Per me, delle stagioni erano passate, non degli anni” (813). – “Il bello di quei tempi era che tutto si faceva a stagione” (849) • Legame con il ripetersi dei destini, l’uguale-nel-diverso – qualcosa che rimane immune dalla storia (violenza, tragedie, modernizzazione, mass media) La luna e i falò nel canone - Il mito come assoluto/unico vs la sua interpretazione “[…] carattere, non dico della poesia, me dalla fiaba mitica è la consacrazione dei luoghi unici, legati a un fatto a una gesta a un evento. […] Quest'unicità del luogo è parte, del resto, di quella generale unicità del gesto e dell'evento, assoluti e quindi simbolici, che costituisce l'agire mitico. Una definizione non retorica di questo sarebbe: fare una cosa una volta per tutte, che perciò si riempie di significati e sempre se ne andrà riempiendo, in grazia appunto alla sua fissità non più realistica” (Del mito, del simbolo e d’altro [1943-44]). «[L'impresa di un eroe mitico] attinge un valore assoluto di norma immobile che, proprio perché immobile, si rivela perennemente interpretabile ex novo, polivalente, simbolica insomma”. «[Il mito] non ha mai un significato univoco, allegorico, ma vive di una vita incapsulata che, a seconda del terreno e dell’umore che l’avvolge, può esplodere nelle più diverse e molteplici fioriture” (Del mito, del simbolo e d’altro). La luna e i falò nel canone • • • • “Veduto dall'interno, un mito evidentemente è una rivelazione, un assoluto, un attimo intemporale, ma per la sua stessa natura tende a farsi storia, ad accadere tra gli uomini, a diventare cioè poesia o teoria, con ciò negandosi come mito, come fuori-del-tempo, e sottoponendosi all'indagine geneticocausale degli storici." (Il mito, 1950) "La legge dello spirito è questa: suscitare incessantemente nell'urto con la realtà i propri miti e ingegnarsi di risolverli, di farne poesia o teoria. Chi continua a baloccarsi con un mito ormai spiegato, penetrato, violato, non riesce né vero né credente né poeta né scienzato. Riesce un esteta, e nulla più" (Il mito, 1950) => che cosa significa per Anguilla? => Pavese: La luna e i falò come “realtà simbolica” (Il mestiere di vivere, 26 novembre 1949) La luna e i falò nel canone • L’incarnazione storica dei miti/simboli: • La luna – Riti ancestrali e agricoltura – Ma anche: emblema di solitudine, di rivelazioni tragiche – “tra le nuvole basse era spuntata una fetta di luna che pareva una ferita di coltello e insanguinava la pianura. Rimasi a guardarla un pezzo. Mi fece davvero spavento” (cap. XI, negli Stati Uniti, p. 820) – “Sotto la luna e le colline nere Nuto una sera mi domandò com’era stato imbarcarmi per andare in America” (cap. XXVI, la notte dell’incendio di Gaminella, p. 870) La luna e i falò nel canone • I falò – Le feste, le stagioni, i riti e miti contadini – Ma anche: distruzione, cancellazione, violenza,… • Il falò di Gaminella, morte di Valino, le donne • Il falò di Santa, fucilata perché spia per i fascisti (“L’altr’anno c’era ancora il segno, come il letto di un falò”) – Segnali di questa tensione / ambiguità? “La prima cosa che dissi, sbarcando a Genova in mezzo alle case rotte dalla guerra, fu che ogni casa, ogni cortile, ogni terrazzo, è stato qualcosa per qualcuno e, più ancora che al danno materiale e ai morti, dispiace pensare a tanti anni vissuti, tante memorie, spariti così in una notte senza lasciare un segno. O no? Magari è meglio così, meglio che tutto se ne vada in un falò d’erbe secche e che la gente ricominci.” (p. 870, cap. XXVI) • Altri oggetti: il coltello regalato a Cinto La luna e i falò nel canone • Conflitto mito-storia? Sconfitta del mito? • isolare il mito dalla storia, contemplarlo e viverlo come un luogo assoluto (“cerchia infantile”)? • controllare la “significatività” (Blumenberg) del mito? • I miti, a contatto con la storia, ridiventano tragici: violenza, selvaggio, sangue, sessualità inquietante,… • Lo sforzo necessario nei confronti del mito = dare un senso alle cose – Cfr. il “vuoto” nel paesaggio: segnali premonitori della rivelazione finale – e di tutto quello che Anguilla ignora – L’ignoto = il selvaggio La luna e i falò nel canone • Toccare il mito = affrontarlo nella sua ambiguità e complessità • Il romanzo sembra esprimere una posizione di scetticismo non solo nei confronti di una fiducia eccessiva nella ragione, ma anche nei confronti di progetti unilaterali di rigenerazione del mito in chiave vitalista e soggettiva