Manuale percorso trauma intro capp.1-3

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Manuale percorso trauma intro capp.1-3
Manuale
PerCorsoTrauma
Antonio Ercole Rossi Gennaro Savoia
Fiorella Paladino
Natale De Falco
Salvatore Anatrella
PROGETTO AZIENDALE
UNA RETE PER LA VITA
Manuale
PerCorso Trauma
Antonio Ercole Rossi - Gennaro Savoia - Fiorella Paladino
Natale De Falco - Salvatore Anatrella
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5
Presentazione
In Italia gli incidenti stradali provocano ogni anno circa 5000 decessi, circa 170.000
ricoveri ospedalieri e 600.000 prestazioni di pronto soccorso non seguite da ricovero. Il
gran numero di persone che subiscono lesioni, più o meno gravi, in seguito ad incidenti
stradali costituisce la prova che, anche in termini di costi sociali legati all’assistenza e
alla riabilitazione, ci troviamo di fronte ad una “emergenza” non trascurabile. E’ del
tutto evidente, quindi, che le problematiche legate alla sicurezza stradale, pur nella
molteplicità dei fattori implicati e degli organismi interessati, costituiscono certamente
un aspetto primario della Sanità Pubblica. E’ diventato prioritario, pertanto, individuare
strategie integrate al fine ridurre i rischi e le conseguenze di questo
allarmante
fenomeno dei nostri tempi.
Il progetto aziendale “ Una rete per la vita” accogliendo le istanze già enunciate dal
piano della sicurezza stradale ha voluto coniugare l’aspetto promozionale, attraverso l’
elaborazione di Materiale divulgativo per la prevenzione di comportamenti di guida a
rischio, a quello più propriamente
clinico-assistenziale,
puntando sulla qualità
professionale degli operatori direttamente coinvolti nella gestione dei traumi da
incidentalità stradale.
A tale fine è stato ideato, promosso ed erogato dagli operatori sanitari dell’area critica
di Napoli, il “PerCorso Trauma” un corso formativo interaziendale, rivolto, in
versioni adeguatamente modulate, ad operatori sanitari di tutte le aree per il
miglioramento del management del traumatizzato, sia a livello territoriale che
ospedaliero; a questo corso è allegato il presente manuale riccamente iconografato su
cui approfondire quanto appreso al corso.
Affrontare il tema dell’incidentalità stradale è un compito certamente complesso;
tuttavia, l’impegno di incidere sulla tempestività e l’appropriatezza della catena del
soccorso è una sfida che un’organizzazione sanitaria non può eludere.
Il presente manuale è stato realizzato nell’intento di indirizzare le conoscenze e le
capacità degli operatori sanitari interessati al raggiungimento efficace
obiettivo.
Sub Commissario Sanitario ASL NA 1 Centro: Dott. S. Lodato
7
di questo
PERCORSO TRAUMA
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
L'appropriatezza e la tempestività del primo soccorso al paziente con trauma cranico
e/o politrauma rappresentano un punto fondamentale per la prognosi a breve ma anche
a medio e lungo termine; infatti, non meno importanti del primo soccorso sono gli altri
anelli della catena (trasporto, centralizzazione, accettazione ospedaliera, rapida
diagnostica, intervento terapeutico avanzato). il d
La ASL Na 1 centro Coordinamento Emergenza 118 e la Centrale Operativa 118
(COT) hanno sentito l’ esigenza di istituire un percorso condiviso tra tutti gli operatori
coinvolti nel sistema di emergenza al fine di ottimizzare il trattamento dei pazienti con
trauma cranico e/o politrauma, nell’ottica di:
1.
Assicurare livelli uniformi di assistenza a tutti i cittadini;
2.
Razionalizzare l’accesso ai DEA destinando il “paziente giusto”
“all’ospedale giusto” evitando così sovraffollamenti critici di alcuni DEA;
3.
Organizzare, in assenza di un trauma system attivo nella città di Napoli e
in Campania secondo il collaudato sistema hub and spoke, una rete di
interventi che sfrutti le risorse attualmente disponibili (trauma service).
A tal fine è stato istituito un gruppo di lavoro formato dal Coordinamento Emergenza
e 118 dell’ASL NA 1 Centro, Servizio Controllo Qualità ASL Na1 Centro nonchè dai
rappresentanti dei DEA degli Ospedali cittadini e dai responsabili della COT città di
Napoli.
Questo gruppo si è posto l’obiettivo di creare uno strumento agevole e condivisibile
che ottimizzi il trattamento del trauma cranico e/o degli altri traumi associati ed aiuti a
semplificare i percorsi extra ed intraospedalieri .
Il gruppo di lavoro, attraverso periodiche riunioni ha:
 Effettuato un’ indagine conoscitiva sull’attuale percorso del paziente traumatizzato;
 Esaminato le linee guida delle società scientifiche nazionali ed internazionali, oltre
quelle dell'Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali;
 Stilato protocolli di intervento diagnostico-terapeutici in accordo con tali linee
guida;
 Previsto la destinazione più appropriata per ciascun paziente in considerazione
dell’attuale assetto ospedaliero (v. tabella 1), in attesa dell’apertura dell’Ospedale
del Mare e dell’attuazione del nuovo piano ospedaliero regionale;
 Strutturato un percorso formativo per gli operatori dell’emergenza extraospedaliera
ed intraospedaliera.
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PERCORSO TRAUMA
OSPEDALI
INTRODUZIONE
rianimazi TC
one
NEURO
RAD.
NEURO RAD.
CHIR.
CHIR
INTERV VASC.
CARDARELLI
X
X
X
X
X
X
S.GIOV.BOSCO
X
X
X
X
X
X
LORETO M.
X
X
X
X
X
S.PAOLO
X
X
PELLEGRINI
X
X
S.GENNARO
X
X
ASCALESI
X
X
INCURABILI
X
X
CTO
X
X
CAPRI
X
chirurgia
toracica
X
X
X
Tab.1
N.B. le Aziende Policlinico e Monaldi non partecipano alla rete dell’emergenza.
La orto-traumatologia è presente presso tutti gli ospedali.
La scelta dell’Ospedale di destinazione del paziente, secondo le indicazioni di detto
documento, è effettuata dall’operatore di centrale in base ai dati ricevuti
dall’equipaggio di soccorso. Qualora il team leader del mezzo di soccorso (medico o
infermiere se ambulanza non medicalizzata) dissenta per motivi clinici, situazionali o
altro, dalle indicazioni dell’infermiere operatore della COT, quest’ultimo metterà in
comunicazione il medico del mezzo di soccorso con il medico di centrale, questi
decideranno di concerto sulla destinazione. In casi eccezionali di difformità dal
protocollo verrà automaticamente avviato un audit entro le 24 ore.
Questo vuole essere un documento dinamico che parte dall’attuale realtà sanitaria
regionale e dalle indicazioni delle società scientifiche nazionali ed internazionali.
L’impegno del gruppo di lavoro sarà quello del continuo aggiornamento in rapporto
alle modifiche che potranno avvenire nella politica sanitaria campana e/o in rapporto
alle innovazioni tecnologiche e scientifiche.
ASL Napoli 1 Centro
U. O. C. Coordinamento Emergenza e 118
Dir. Resp. Dott. Antonio. Ercole. Rossi
A.O.R.N. Cardarelli
Anest. e Rrianim. dip. Materno infantile
Dir. Prof.. Gennaro Savoia
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CAPITOLO 1
CINEMATICA
E. Cavuoto; M. Izzo; M. Lagnese.
OBIETTIVI
Discutere degli effetti della distribuzione di
energia nelle lesioni da incidenti stradali.
Discutere della possibilità di utilizzare la
cinematica per predire le lesioni caratteristiche.
Discutere dell’importanza della dinamica nelle
lesioni da trauma
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PERCORSO TRAUMA
CAP. I
CINEMATICA
CINEMATICA DEL TRAUMA
Il soccorritore giunto sulla scena dell'incidente deve raccogliere tutti gli elementi utili
per:
• La sicurezza: rischi connessi allo scenario- Auto protezione.
• Lo scenario: caratteristiche, numero dei veicoli coinvolti, tipo di danni, tipo di
energia sviluppata durante e dopo l'impatto.
• La situazione: Cosa è successo - Perché - Quante persone sono state coinvolte Età delle vittime.
E' importante ricordare che la traumatologia, ed in particolare la traumatologia della
strada rappresenta:
La prima causa di morte fra 1 e 44 anni
La prima causa di perdita di “anni produttivi”che si traducono in costi sociali.
Un corretto svolgimento di un intervento medico d'emergenza prevede a monte una
preparazione alla quale si giunge con la realizzazione di due principali fattori.
Essi sono:
1) TEMPESTIVITA':
•
Centralizzazione delle chiamate (numero unico =118)
•
Adeguato numero di mezzi (MSA e MSB.)
•
Dislocamento sul territorio
•
Rete di comunicazione adeguata ed affidabile
2) QUALIFICAZIONE:
•
Adozione di protocolli e procedure concordati
•
Idonee dotazioni a bordo dei mezzi
•
Formazione e addestramento permanente del personale tutto
PERCORSO TRAUMA
CAP. I
CINEMATICA
Tipologia del soccorso
Le statistiche dei principali Trauma Center negli USA evidenziano ormai da tempo
l'importanza di un corretto ed efficace trattamento sul posto del traumatizzato.
L'evoluzione delle metodologie di soccorso non lasciano ormai più spazio al cosiddetto
“scoop and run” (raccogli e corri), in quanto si è visto che il corretto trattamento sul
posto, detto “stay and play” (resta ed esegui) aumenta da due a tre volte la probabilità
di sopravvivenza del politraumatizzato.
Pertanto sono variabili da cui dipende l'aumento della percentuale di sopravvivenza
delle vittime:
•
Il livello del soccorso avanzato
•
Il livello di stabilizzazione pre-ospedaliera del trauma
•
La centralizzazione dei traumi maggiori (percorso intra-ospedaliero del trauma)
I dati indicano un continuo aumento del numero di incidenti stradali e della mortalità
per lesioni traumatiche ad essi correlati. La possibilità di incidere positivamente è dato
dal successo nel trattamento di questi pazienti che inizia da una capacità di identificare
le lesioni presenti ma anche quelle potenziali e da una buona valutazione della scena
dell’incidente. Il nostro obiettivo è rendere semplice tutto questo.
Un soccorritore pre-ospedaliero può non riconoscere una semplice lesione perché non
sa dove guardare, molte lesioni possono essere trascurate, se non sospettate.
Il successo di un trattamento pre-ospedaliero dipende dall’identificazione delle lesioni
presenti o sospettabili.
E’ quindi necessaria una preparazione volta a interpretare sulla scena dell’incidente i
segni utili della cinematica traumatologica.
ENERGIA CINETICA E COLLISIONE FRA VEICOLI
La cinematica è un processo di valutazione della scena dell’incidente compiuto ai fini
di determinare la dinamica dell’evento, basandosi sulle forze coinvolte.
Una corretta interpretazione delle informazioni raccolte può permettere al soccorritore
di identificare la maggior parte delle patologie ancor prima di toccare il paziente o
addirittura ancor prima di scendere dall’ambulanza. Questo è quello che potremmo
definire il quick look o (il colpo d’occhio).
Le informazioni che otteniamo derivano da una serie di risposte a domande che
dobbiamo abituarci a porre appena arrivati sulla scena di un incidente stradale.
Queste sono:
1) La scena come appare?
PERCORSO TRAUMA
CAP. I
CINEMATICA
sicura o no?
impressionante – grave – leggera?
2) Chi colpisce cosa e a che velocità?
Il veicolo è leggero o pesante?
La sua velocità era elevata?
3) Quanto è lunga la frenata?
c’è stato quindi il modo di dissipare l’energia cinetica accumulata?
4) Gli occupanti avevano la cintura di sicurezza allacciata?
Gli air bag sono esplosi?
(L’impatto avrà conseguenze diverse se le cinture sono state usate e magari sono
esplosi gli airbag di contenimento per i danni.)
5) le vittime sono state eiettate dal veicolo?
E' chiaro che ci aspettiamo lesioni diverse se troviamo la vittima a distanza dal
punto di impatto e magari ha urtato o solo strisciato sul terreno.
Una volta arrivati accanto alla vittima quello che possiamo ancora stabilire con
un’anamnesi mirata se ad esempio c’è stata assunzione di droghe, alcool, farmaci o
altro. Lo stato mentale e le condizioni di salute ci aiutano a definire la scena
dell’incidente. Le risposte a queste domande devono avvenire in pochi minuti. Sono
immediate, chiare e soprattutto trascrivibili sulla scheda di missione. La loro corretta
interpretazione ci permetterà di identificare e predire la maggior parte delle lesioni, che
più avanti vedremo come, e quindi indirizzare e trattare correttamente il paziente.
Quello che definiamo è: il paziente giusto, al posto giusto, nel giusto tempo.
Per dare risposta alle precedenti domande dobbiamo essere padroni di alcuni semplici
principi. L’energia presente in un corpo in movimento si trasferisce sotto altre forme,
ma non si esaurisce. Il movimento di un veicolo è una forma di energia. Quando
questo movimento inizia o si arresta, l’energia assume un’altra forma: essa può
trasformarsi in energia meccanica, elettrica o chimica. L’energia meccanica di un’auto
PERCORSO TRAUMA
CAP. I
CINEMATICA
che urta un muro viene trasferita agli occupanti del veicolo e ai loro organi interni.
L’energia cinetica è funzione del peso e della velocità dell’oggetto stesso.
L’incremento della velocità di un mezzo fa aumentare la produzione di Energia
Cinetica molto più di quanto non faccia un incremento della massa. Quindi vi sono
molti più danni in un incidente ad alta velocità che in una collisione a bassa velocità.
Un altro fattore importante da considerare in una collisione è la distanza di arresto,
cioè quanto è lunga la frenata. Se la distanza di frenata è lunga, la decelerazione
produce una dissipazione della forza e i danni risultanti saranno proporzionalmente
ridotti. Questa relazione inversa tra la distanza di arresto e le lesioni risultanti può
essere applicata anche alle cadute dall’alto. Infatti, atterrare su una superficie rigida è
diverso che atterrare sulla neve, dove c’è uno strato soffice che attutisce la caduta.
Inoltre un conducente con le cinture sarà ferito meno gravemente di uno senza, perché
il sistema di contenimento assorbirà una parte significativa dell’energia di “danno”.
Allo stesso tempo anche un’auto che impatta contro un muro apparirà più danneggiata
di un’altra che invece ha urtato un’altra auto. Questo sempre perché il muro non può
assorbire, per la sua minore elasticità, tutta l’energia che si sviluppa in un incidente
stradale, mentre la “cellula di sopravvivenza” con cui oggi sono costruite le auto
permette di assorbire o deviare le forze meccaniche responsabili dei danni alle persone.
Quello che diciamo è che queste forze sono le cause delle lesioni di organo che
osserviamo nei traumi. Tanto è maggiore questo trasferimento di energia tanto è grave
il trauma riportato. Semplificando possiamo dividere i danni in traumi penetranti e
traumi chiusi, nel primo caso le lesioni sono prodotte dall’urto e dalle lacerazioni dei
tessuti lungo il tragitto dell’oggetto penetrante, nel secondo caso le lesioni sono
prodotte dalla compressione e/o dalla decelerazione/accelerazione dai tessuti e degli
organi che li compongono.
Infatti, potremmo dire che le lesioni sono di due tipi:
fig. I-1
fig. I-2
 lesioni da strappamento (fig. I-2), quando un organo o una struttura cambia
PERCORSO TRAUMA
CAP. I
CINEMATICA
velocità più rapidamente di un altro organo o struttura ad esso adiacente;
 lesioni da compressione (fig. I-1) avvengono quando c’è uno schiacciamento di
un organo o struttura contro altri organi o strutture di densità diverse.
Tali lesioni possono essere provocate da qualsiasi tipo di impatto.
Gli impatti che distinguiamo sono tra autoveicoli o motoveicoli, collisioni tra pedoni e
veicoli, incidenti sportivi, esplosioni.
Negli incidenti stradali l’impatto tra veicoli (CVT) può essere:
1. Frontale
2. Posteriore (tamponamento)
3. Laterale
4. Rotazionale
5. Cappottamento
Ognuna di queste collisioni causa tipi diversi di lesioni. Un sistema semplice per
stimare le lesioni degli occupanti consiste nell’esaminare il veicolo per determinare in
quale dei cinque diversi tipi di incidente sia stato coinvolto. Le vittime assorbono lo
stesso tipo e la stessa quantità di energia assorbita dal veicolo e il suo trasferimento è
simile, avviene secondo la stessa direzione.
Impatto frontale
•
La velocità e il movimento in avanti sono bruscamente interrotte.
•
Gli occupanti del veicolo continuano il moto in avanti con modalità up
(proiettati sul parabrezza) o sotto con modalità down (insaccati sotto il
volante).
Nella prima traiettoria, il moto in avanti (fig. I–3) solleva il corpo al di sopra del
volante, pertanto il capo urta contro il parabrezza, il torace e l’addome contro il
volante.
Le
lesioni
che
ci
dobbiamo attendere in questo
caso sono come abbiamo detto
sia da compressione che da
strappamento
a
carico
degli
organi citati, determinate dalle
direzioni delle forze messe in
campo
nella
dinamica
dell’incidente. Diremo quindi
che al capo le lesioni più
probabili saranno soprattutto a carico di un distretto:
fig. I - 3
PERCORSO TRAUMA
CAP. I
CINEMATICA
Il tratto cervicale è la zona di possibili fratture perché il tronco continua a muoversi in
avanti mentre il capo urta contro il parabrezza.
Altra zona il tronco dove le lesioni da compressione sono:

fratture costali, lembi costali

contusioni polmonari o cardiache

danni ai grossi vasi
All’addome invece le lesioni da compressione sono spesso a carico di reni, fegato,
pancreas e milza. Quelle più interessanti però sono le lesioni da strappamento a carico
dei grossi vasi quali i vasi renali in prossimità della loro connessione con la cava
inferiore e l’aorta discendente; lesione questa che possiamo solo sospettare dall’analisi
dinamica della scena dell’incidente.
Nella seconda traiettoria, modalità sotto (fig. I – 4) dobbiamo prestare attenzione ai
traumi del ginocchio. Infatti, a seconda
se urta per primo il femore o la tibia
contro il cruscotto della macchina, le
lesioni più probabili che ci potremmo
aspettare sono:

frattura del femore

dislocazione
dell’articolazione
posteriore
acetabolare
(fratture pelviche)

frattura dell’articolazione della
caviglia

fig. I - 4
lussazione del ginocchio con possibili lesioni dei legamenti
Attenzione alla possibile lesione dell’arteria poplitea perché la sua riparazione precoce
è possibile solo se siamo noi a sospettarla.
Impatto Posteriore
In questo tipo di impatto detto anche tamponamento, le strutture maggiormente
interessate sono quelle del rachide cervicale. Pertanto le lesioni da iperestensione del
collo saranno tanto più gravi quanto maggiore è l’energia cinetica in campo. Per essere
più chiari nella dinamica di un tamponamento, il veicolo viene sbalzato in avanti e
anche i suoi occupanti che si fermeranno se incontrano un altro veicolo oppure no. Nel
primo caso l’energia verrà dissipata. Nel secondo caso dovremmo aspettarci anche
lesioni da impatti frontali.
Fondamentale è il ruolo del poggiatesta e il suo corretto posizionamento nel ridurre
PERCORSO TRAUMA
CAP. I
CINEMATICA
significativamente i danni causati a volte anche da una semplice frenata (fig. I - 5).
fig I - 5
Impatto Laterale
Avviene quando un veicolo viene colpito su di un lato, la fiancata e la portiera del
veicolo viene spinta contro il lato
dell’occupante
e
le
ferite
che
ne
conseguono avvengono essenzialmente
per tre motivi (fig. I : 6):
Uno dovuto all’urto laterale del veicolo,
l’altro dovuto all’impatto contro altri
passeggeri eventuali, e poi quello dovuto
all’intrusione della portiera all’interno
dell'abitacolo.
Fig. I : 6
Le lesioni che osserviamo sono a carico di:
A) Collo: il tronco viene spostato bruscamente rispetto la testa e la conseguente
flessione laterale con rotazione può causare fratture o dislocamenti delle
vertebre cervicali
B) Capo può urtare contro il montante del veicolo o il parabrezza.con trauma
cranico
C) Torace: lesioni da compressione quali: fratture costali, contusione polmonare,
fratture clavicola, Possiamo osservare anche lesioni da strappamento dell’aorta.
D) Addome/Pelvi: fratture del bacino dovute allo sfondamento dell’acetabolo.
Da aggiungere che quando l’impatto avviene dal lato del conducente, gli occupanti
subiranno più frequentemente lesioni spleniche, mentre al contrario negli impatti dal
lato del passeggero le lesioni che maggiormente osserviamo negli occupanti sono a
carico del fegato.
PERCORSO TRAUMA
CAP. I
CINEMATICA
Impatto Rotazionale
Questo tipo di impatto si verifica quando un angolo del veicolo urta contro un muretto,
un palo o uno spigolo di un altro veicolo e ne fa di questo un perno su cui ruotare.
Le collisioni di questo tipo di impatto producono lesioni che sono il risultato di una
combinazione di quelle riscontrate sia nell’impatto frontale che in quello laterale.
In questo caso le lesioni sono più gravi a carico dell’occupante più vicino al punto di
impatto.
Cappottamento
Durante questo tipo di collisione si verifica una serie di impatti che avvengono
secondo le più diverse angolazioni. Pertanto le lesioni che ne conseguono sono la
risultante di una serie di variabili che è
impossibile prevedere (fig. I : 7).
Nella maggior parte dei casi possiamo
osservare l’eiezione degli occupanti e
Fig. I : 7
magari le lesioni saranno secondarie
all’urto contro il terreno o quant’altro.
fig. I-7
Incidenti Motociclistici
Le collisioni possono essere frontali, laterali e con eiezione e disarcionamento. Queste
modalità di impatto forniscono al motociclista una sola possibilità di sopravvivenza,
che è quella di avere spazio libero da ostacoli per ridurre tramite rotazione e/o
slittamento sul suolo l'energia cinetica dell'impatto.
Le lesioni che possiamo osservare sono:

Fratture bilaterali dei femori

Lesioni estese ai tessuti molli

Lesioni addominali
In genere si tratta di lesioni molto gravi perché per il motociclista non ci sono molte
protezioni.
Pedoni
Bisogna tener presente l'età della vittima, perché ad esempio l'adulto tenta di sfuggire
all’impatto, proteggendosi e scalzando l’ostacolo, mentre il bambino urta il veicolo
quasi sempre frontalmente.
La vittima adulta in genere cade in basso davanti all'auto e batte il capo in terra e
prosegue la corsa, esaurendo così l'energia cinetica con movimenti di rotazione.
L'altezza e la corporatura del pedone forniscono ulteriori elementi di valutazione.
PERCORSO TRAUMA
CAP. I
CINEMATICA
L'impatto iniziale è frequentemente all'altezza del ginocchio, mentre il torace urta
contro il cofano e il capo a terra.
Le lesioni sono inizialmente dovute all’impatto del veicolo contro la vittima:.

fratture tibia e/o perone

fratture alte del femore e bacino
Lesioni al torace e addome avvengono quando il corpo urta il cofano o il parabrezza.
Infine quando la vittima finisce a terra osserviamo:

Traumi facciali

Traumi cranici

Traumi bacino, spalla, capo e colonna cervicale.
Dobbiamo sempre sospettare possibili danni a carico della colonna vertebrale per le
improvvise e violente accelerazioni e decelerazioni di collo, testa e torace.
Il bambino è più piccolo di dimensioni e peso pertanto l’urto contro un veicolo sarà
caratterizzato inizialmente da lesioni al femore e al cingolo pelvico ma poi può non
essere scaraventato lontano dal veicolo e subire pertanto lesioni da arrotamento.
Osserveremo pertanto:

trauma cranico

colonna instabile

lesioni intratoraciche
Cadute dall'alto
Nell’approccio alle vittime di traumi da cadute dall'alto il soccorritore deve
considerare che:
•
La vittima riporta sempre lesioni da traumi multipli.
•
La velocità aumenta con l'altezza e il danno è maggiore.
•
Le vittime pesanti hanno lesioni più gravi.
•
Occorre identificare quale parte del corpo ha urtato per prima.
•
Considerare sempre il tipo di superficie su cui avviene l'impatto.
•
L'altezza dalla quale il corpo è caduto (se è maggiore di 5 metri si definisce
trauma da caduta dall'alto con dinamica maggiore).
Stabilire quale parte del corpo ha urtato per prima è importante perché aiuta il
soccorritore a predire il tipo di lesione. La più frequente avviene quando la vittima
cade da una grande altezza atterrando sui piedi e viene definita sindrome di Zorro.
In essa troviamo:

frattura bilaterale dei calcagni
PERCORSO TRAUMA
CAP. I
CINEMATICA

fratture di caviglia, tibia e perone

frattura di ginocchio, ossa lunghe, bacino

fratture da compressione della colonna vertebrale toraco lombare in
corrispondenza delle curvature nella loro parte concava (si è rotta la “S”)

fratture di Colles bilaterali
Se invece la vittima cade di testa, come accade nei tuffi in acque basse, vi è possibile
frattura della colonna cervicale
Lesioni da scoppio
Le lesioni da scoppio stanno diventando sempre più comuni nella vita quotidiana a
causa delle attività terroristiche e dall'aumento degli incidenti con materiale esplosivo
In un’esplosione le persone che possono riportare una lesione perché vicine arrivano
ad essere il 70%. Miniere, cantieri, impianti chimici, raffinerie, silos e fabbriche in cui
si manovra polvere da fuoco sono solo alcuni degli esempi dove c'è il rischio concreto
di esplosioni. Tuttavia anche in strada ci possono essere camion con un potenziale del
genere, ma anche in case dove si usano bombole a gas. Come si vede le possibilità di
osservare lesioni da scoppio ci sono ed essere preparati ad affrontarle è dunque
importante.
Per cominciare, durante un'esplosione osserviamo tre fasi con diversi tipi di lesioni.

Fase primaria: l'onda di pressione causa danni agli organi a contenuto aereo
(polmone, stomaco, vescica, tubo digerente.)
Queste onde possono causare gravi danni, ustioni di parti scoperte del corpo rivolte
verso la fonte dell'esplosione o anche la morte senza alcun segno esterno di lesione.
•
Fase secondaria: lesioni da schegge quali lacerazioni fratture e ustioni dovute
ai frammenti creati dall'esplosione.
•
Fase terziaria: la vittima è scaraventata via, letteralmente diventando essa
stessa come un proiettile creato dall'onda di esplosione, In questo caso avremo
lesioni da urto e da proiezione del corpo.
Importante sottolineare che le lesioni secondarie e terziarie sono quelle più evidenti ma
le primarie sono le più pericolose in termini di sopravvivenza della vittima e sono
spesso sottovalutate.
Traumi Penetranti
Il soccorritore preospedaliero può stimare il danno causato da una lesione penetrante
classificando gli oggetti penetranti in relazione all'energia sviluppata: armi a bassa,
media, e alta energia.
•
Armi a bassa energia: coltelli, punteruoli e fendenti vari possono causare
PERCORSO TRAUMA
CAP. I
CINEMATICA
lesioni a carico degli organi trovati lungo il tragitto. La ferita cambia a seconda
se il fendente è stato inferto da un maschio o da una femmina, sia per la diversa
forza e sia per l'impugnatura del manico del coltello.Il primo tende a colpire
con la lama rivolta dalla parte del pollice e con un movimento dal basso verso
l'alto, mentre la femmina spesso accoltella con un movimento dall’alto verso il
basso con la lama rivolta verso il mignolo.
•
Armi a media e alta energia: pistole e carabine di piccolo calibro, mentre fucili
e armi da guerra sono ad alta energia.
Le prime causano una lesione cavitaria dovuta a un foro di ingresso che produce un
tragitto temporaneo. Le seconde invece creano un vero e proprio cratere d'entrata e un
tragitto permanente.
Nel valutare la scena di un possibile trauma penetrante è importante prima di tutto la
sicurezza del team, riconoscere il tipo di arma, conservare o no ai fini medico/legali la
scena ed infine utilizzare l'approccio dello scoop and run (guarda e prendi) che può
essere vincente senza dimenticare che il trattamento del paziente ha la precedenza.
Bibliografia
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Support course; Chicago,2002,American College of Surgeons.
2. Anderson PA;Rivara FP;Maier RV;Drake C;The epidemiology of seatbeltassociated injiury; J Trauma 31(1)60, 1991
3. Huelke DF,Moore JL,Ostrom M: Air bag injuries and occupant protection. J
Trauma; 33(6) 894,1992
4. McSwain NE Jr:Kinematics In Mattox KL, Feliciano DV, Moore EE,
editors:Trauma, ed 4 New York, 1999. Mc Gaw Hill.
CAPITOLO II
VALUTAZIONE DEL PAZIENTE
POLITRAUMATIZZATO
D. Coppeta; B. Paduano; A. Villani; M. Guarino
OBIETTIVI
Gestire il fattore sicurezza al fine di
proteggere i soccorritori e le persone
soccorse da nuovi incidenti complicanti lo
scenario;
Evidenziare l’importanza, come primo
approccio, della valutazione e gestione della
funzioni vitali;
Descrivere quando è opportuna una accurata
valutazione secondaria e come effettuarla.
PERCORSO TRAUMA
CAP.
II
VALUTAZIONE POLITRAUMATIZZATO
VALUTAZIONE E GESTIONE DEL POLITRAUMATIZZATO
Sicurezza della scena e “Quick look”
Al primo arrivo su un luogo in cui è avvenuto un evento traumatico occorre da parte
dei soccorritori la capacità di effettuare una rapida valutazione iniziale sia
dell’ambiente, per individuare fonti di pericolo incombenti che possano pregiudicare
un soccorso effettuato in condizioni di sicurezza, sia del paziente (Quick look!) alla
ricerca di criticità cliniche immediate o di manovre urgenti da effettuare (estricazione
rapida, rimozione casco ecc.)
E’ evidente che la sicurezza della scena può essere compromessa da vari fattori che
mettono in pericolo gli operatori o la persona soccorsa; ad esempio un incendio ancora
in corso, la presenza di esplosivi o di sostanze tossiche, la possibilità di essere investiti
su strada trafficata in condizioni di scarsa visibilità. Quindi ogni intervento sul
paziente dovrà essere preceduto dall’ attuazione di tutte quelle misure atte ad eliminare
le fonti di pericolo anche allertando gli altri corpi di emergenza che possano essere
utili allo scopo (VVFF, forze dell’ordine, ulteriori mezzi di soccorso sanitario). E’
ovvio che verranno inoltre adottate tutte quelle precauzioni idonee alla protezione dei
soccorritori (abbigliamento antinfortunistico, guanti monouso, mascherine ecc.).
PERCORSO TRAUMA
CAP.
II
VALUTAZIONE POLITRAUMATIZZATO
Gestione del traumatizzato – Valutazione primaria
Al “quick look” occorre far seguire la cosiddetta Valutazione Primaria che consiste
nella valutazione e gestione delle funzioni vitali attraverso il metodo ABCDE.
A: airway e gestione della colonna cervicale
B: breathing
C: circulation
D: disability
E: exposure
Il compito della valutazione è affidato al “team leader” il quale gestisce
preferibilmente lo scenario dalla testa del paziente. Il “team leader” effettuerà
personalmente o demanderà
ad altro collaboratore dell’equipe le manovre di
valutazione e quelle terapeutiche. Nel procedere verrà osservata la sequenza ABCDE
nel rispetto delle priorità cliniche.
E’ evidente infatti che un problema di “A” cioè della pervietà delle vie aeree risulterà
pericoloso in pochi minuti se non verrà prontamente riconosciuto e risolto, mentre un
problema della dinamica respiratoria (“B”) o di compromissione delle funzioni
circolatorie (“C”) o del livello di coscienza (“D”) risulteranno ugualmente critici ma in
un tempo progressivamente più ampio. I quattro parametri vitali che vanno
costantemente monitorati nel corso sia della valutazione primaria che nella eventuale
valutazione secondaria sono la pressione arteriosa sistolica (PAS), la frequenza
cardiaca (FC), la frequenza respiratoria (FR) e la saturazione al pulsossimetro (SpO 2).
Solo se nel corso del “quick look” o della valutazione primaria venisse evidenziato un
trauma penetrante, la sequenza ABCDE verrà effettuata in modo veloce iniziando
immediatamente la mobilizzazione ed il trasporto dell’ammalato onde raggiunger il
più velocemente possibile l’ospedale e quindi il tavolo operatorio.
PERCORSO TRAUMA
CAP.
II
VALUTAZIONE POLITRAUMATIZZATO
A: airway e colonna cervicale
Se il paziente parla o si lamenta indica che le vie aeree sono pervie; la presenza invece
di stridore , gorgoglii o rumori russanti provenienti dalle vie aeree sono indice di
occlusione parziale delle stesse. Pertanto vanno messe in atto immediatamente quelle
manovre atte al recupero della pervietà delle vie aeree; tali manovre possono essere
classificate in:
Manovre di base: sublussazione della mandibola, uso di cannule oro o rino
faringee
Manovre avanzate: IOT, maschera laringea, cricotiroidotomia d’urgenza
Assicurata la pervietà delle vie aeree, occorre immediatamente posizionare il collare
cervicale. La manovra di posizionamento è contestuale alla gestione delle vie aeree; lo
stesso collare ben posizionato assicura un certo grado di sostegno alla mandibola e
provvede all’allineamento e quindi alla pervietà delle vie aeree. Nel politraumatizzato
la difficoltà di circolo o di apporto di O2 ai tessuti può essere determinata da vari fattori
quali l’ipotensione, l’emorragia acuta ma anche l’aumentato fabbisogno degli organi
periferici di O2 in corso di stress traumatico. Pertanto è d’obbligo somministrare
ossigeno alla massima FiO2 (frazione ispirata di O2) possibile e tollerata utilizzando
quali interfacce occhialini o preferibilmente maschere provviste di
“reservoir”
erogando un flusso almeno di 10-15 litri al minuto.
B: Breating
Il paziente a vie aeree pervie con O2 erogato alla massime FiO2 possibile e con collare
cervicale posizionato, viene valutato relativamente alla funzione respiratoria seguendo
i quattro tempi dell’esame semiologico (ispezione, palpazione, percussione ed
ascoltazione) integrando con le informazioni sostanziali che vengono dalla conta degli
atti respiratori (FR circa 10-12 atti minuto in un adulto sano) e dalla percentuale di
emoglobina saturata al pulsossimetro: E’ fondamentale andare alla ricerca di quei dati
clinici suggestivi di un pneumotorace (PNX); il PNX è una delle principali cause di
morte nel politraumatizzato e spesso è misconosciuto con risultati catastrofici per il
paziente. I segni che vanno ricercati sono: enfisema sottocutaneo, riduzione del
murmure vescicolare monolaterale, SpO2 bassa; elevata frequenza respiratoria, stato di
shock. La presenza di uno (enfisema) o più di questi segni sono suggestivi della
presenza di un PNX che va confermato effettuando la puntura esplorativa al 2° spazio
intercostale, appena di lato all’emiclaveare. Si utilizzerà una siringa senza stantuffo e
con ago piccolo, riempita di 2-3 ml di soluzione fisiologica osservando la comparsa di
bollicine nella fisiologica che sono prova della presenza di aria sotto tensione nella
PERCORSO TRAUMA
CAP.
II
VALUTAZIONE POLITRAUMATIZZATO
cavità pleurica. Andranno inoltre ricercate tutte le evenienze patologiche che possono
interessare il torace nel corso di un evento traumatico (volet costali, contusione
polmonare, tamponamento cardiaco, PNX aperto ecc.)
La gestione dei problemi emergenti nella fase “B” della valutazione primaria
comprendono l’adeguata ossigenazione e ventilazione, se necessaria, con il sistema
pallone-maschera o eventualmente con la messa in atto di manovre avanzate (IOT).
In caso di PNX confermato dalla puntura esplorativa andrà effettuata la detensione
dello stesso, in emergenza, usando un ago cannula di grosso calibro (14G) o un
“pleurocath” posizionato nello stesso punto di repere utilizzato per la puntura
esplorativa.
C: Circulation
Al paziente correttamente ossigenato e ventilato se necessario, si ricercano innanzitutto
eventuali foci emorragici evidenti che vanno immediatamente compressi direttamente
o con l’interposizione ad esempio di un pacchetto di garze; si ricorrerà a lacci
emostatici o “tourniquet” solo in casi particolari (vedi capitolo “shock emorragico”).
Segue una pronta valutazione della presenza e delle caratteristiche del polso radiale. La
presenza del polso radiale indica una PAS > 80 mmHg e ci darà informazioni sulla
frequenza e sul ritmo dell’attività cardiaca. In mancanza del polso radiale va ricercato
il polso carotideo. E’ necessario misurare la pressione arteriosa in particolare la
sistolica (PAS) che risulta indispensabile per una corretta gestione del paziente con
shock emorragico. La PAS, la frequenza cardiaca (FC), la frequenza respiratoria (FR),
il livello di vigilanza ed il tempo di riempimento capillare permetteranno di inquadrare
il paziente in una classe di shock (vedi anche capitolo “shock emorragico”)
consentendo di calcolare la perdita ematica presunta considerando la normale volemia
(8% del peso corporeo). Il paziente va poi collegato ad un monitor ECG con rilievo
continuo dei parametri vitali.
Contestuale ad ogni operazione di valutazione in “C”, è l’incannulamento di due
accessi venosi del maggior calibro possibile.
La gestione del paziente con shock emorragico prevede l’infusione di cristalloidi e/o
colloidi tenendo conto delle perdite ematiche calcolate ma principalmente dei
cosiddetti “target pressori” che costituiscono il valore ottimale di PAS da raggiungere a
seconda del tipo di trauma:
•
trauma cranico
PAS 110 mmHg
•
trauma chiuso
PAS 90 mmHg
•
trauma penetrante
PAS 70 mmHg
PERCORSO TRAUMA
CAP.
II
VALUTAZIONE POLITRAUMATIZZATO
D: Disability
La valutazione dello stato neurologico e principalmente del livello di vigilanza del
paziente può essere effettuato seguendo lo “schema AVPU” o la “scala di Glasgow”.
La scala AVPU si basa sull’attribuzione di una delle lettere A, V, P, o U al paziente a
seconda se rispettivamente egli è spontaneamente vigile (Alert), soporoso ma reattivo
a stimoli verbali (Vocal), reattivo solo a stimoli dolorosi (Pain) o completamente
arettivo (Unresponsive).
Raccomandata è invece la valutazione più accurata con la scala di Glasgow (GCS) che
come noto prevede tre punteggi da sommare ottenuti valutando la apertura degli occhi,
la risposta verbale e la risposta motoria con un punteggio totale che va da 3 a 15 (vedi
tabella). Nel riportare un punteggio risulta utile, precisare oltre il risultato totale anche
il risultato delle singole valutazioni, ad esempio un GCS di 15 sarà la somma di O4V5-M6 cioè dei singoli valori ottenuti dall’esame degli occhi della risposta verbale e di
quella motoria.
La GCS va somministrata nella valutazione primaria e nel corso della valutazione
secondaria all’inizio dell’esame testa piedi, onde evidenziare eventuali variazioni di
punteggio: variazioni di punteggio assumono valore di allarme qualora vengono persi
più di 2 punti dal punteggio iniziale.
Il punteggio di GCS basso (< 13) definisce inoltre il trauma cranico in assenza di altre
condizioni generali che possano causare un ridotto livello di vigilanza e, chiaramente,
in presenza di una dinamica traumatica che coinvolga il capo.
Il punteggio GCS rappresenta un guida alla necessità di gestire in modo avanzato le
vie aeree ad esempio con l’intubazione oro tracheale (IOT). L’IOT diventa obbligatoria
per GCS < o = a 8 e consigliata, in presenza di operatore esperto, per GCS tra 8 e 12.
E: Exposure
In quest’ultima fase della valutazione primaria si procede alla esposizione dei vari
distretti corporei spogliando il paziente nel rispetto della persona e nei limiti delle
condizioni ambientali eliminando soprattutto quegli indumenti che possono arrecare
fastidio ed interferire con funzioni vitali in labile equilibrio. In questa fase vengono
inoltre messe in atto tutte quelle procedure che servono a prevenire l’ipotermia:
eliminare gli indumenti bagnati, coprire con coperte e “metalline” onde ridurre la
dispersione termica.
Al termine della fase”E” è necessario una nuova rapida rivalutazione almeno dei 4
parametri vitali (FC, PA, FR, SpO 2) onde evidenziare la avvenuta stabilizzazione
dell’ammalato o evidenziare una mancanza di stabilità delle funzioni vitali; in
PERCORSO TRAUMA
CAP.
II
VALUTAZIONE POLITRAUMATIZZATO
quest’ultimo caso va ripresa la valutazione ripartendo dalla lettera A andando alla
ricerca di nuovi eventi sopraggiunti, o in precedenza non evidenziati, che non
permettono di stabilizzare l’ammalato.
Gestione del traumatizzato – Valutazione secondaria
Al termine della valutazione primaria il comportamento dell’equipe coordinata dal
team-leader sarà differente a seconda se il paziente presenterà dei parametri vitali
stabili o instabili.
A paziente instabile o che abbia subito manovre invasive nel corso della valutazione
primaria (IOT, drenaggio PNX), si dispone per la mobilizzazione ed il trasporto in
sicurezza rivalutando continuamente i parametri vitali ed effettuando un valutazione
secondaria veloce in itinere.
Invece a paziente stabilizzato e che non abbia subito manovre invasive nel corso della
valutazione primaria si procederà alla valutazione secondaria maggiormente dettagliata
mentre viene organizzata la mobilizzazione ed il trasporto.
La valutazione secondaria comprende due fasi: un esame testa-piedi alla ricerca di
eventi lesionali che interessano i vari distretti corporei e una rapida raccolta
anamnestica relativa al paziente (AMPLE) e relativa alla dinamica dell’evento
traumatico (cinematica). Scopo della valutazione secondaria in preospedaliero è
l’esclusione di lesioni, non evidenziate nella valutazione primaria, che possono essere
rischiose per il paziente durante la fase di mobilizzazione e di trasporto, ma soprattutto
per individuare quei pazienti che, seppur stabili per le funzioni vitali, per la lesione di
organi o per una dinamica traumatica maggiore necessitano di un trattamento in centri
dotati di particolari specialistiche o meglio in un ospedale dotato di “trauma center”.
Infine la valutazione secondaria è l’inizio del percorso diagnostico che continuerà in
ospedale seguendo il medesimo schema con l’ausilio delle tecniche radiologiche ed
ecografiche.
Esame testa-piedi
L’esame testa piedi è un esame obiettivo più dettagliato, effettuato partendo dal
distretto cranico, utile per una ricerca sistematica di lesioni dei vari distretti corporei.
Testa
Indossati guanti puliti si procede alla palpazione del neurocranio andando alla ricerca
di emorragie, infossamenti, ferite penetranti; allo stesso modo si valuterà lo
splancnocranio andando alla ricerca di lesioni delle arcate sovra orbitarie, della
piramide nasale e delle altre strutture facciali; si ricercheranno i segni di frattura della
base cranica (segni del procione, Battle… vedi cap. trauma cranico).
PERCORSO TRAUMA
CAP.
II
VALUTAZIONE POLITRAUMATIZZATO
Andranno poi valutate le pupille annotando la posizione, la simmetria e la eventuale
reattività. Infine va ricalcolato il punteggio della scala di Glasgow per monitorare il
livello di coscienza
Collo
Si passa poi ad esaminare il collo attraverso la finestra del collare ricercando ferite
evidenti, deviazione della trachea, enfisema, osservando il turgore delle giugulari.
A questo punto vanno ricercati eventuali segni di lesione midollare con una rapida
valutazione della sensibilità e della motilità prima agli arti inferiori e poi a quelli
superiori e se necessario andando alla ricerca di livelli sensitivi nella regione perineale,
all’addome ed al torace.
Torace
La valutazione del torace segue lo stesso schema della valutazione primaria con una
ricerca più dettagliata con l’ispezione e la palpazione di fonti di sanguinamento , ferite
penetranti, asimmetrie ed anomalie del respiro, segni di fratture costali e volet costali,
enfisema sottocutaneo. All’auscultazione si allargherà la valutazione anche ai campi
basali posteriori; andranno come ovvio rivalutati i due parametri fondamentali della
funzione respiratoria e cioè frequenza respiratoria e saturazione al pulsossimetro.
L’esame ispettivo del dorso del paziente in posizione supina effettuato previo cauto
“roll over”, si impone solo nel caso di fondato sospetto di ferita penetrante posteriore.
Addome
Tramite l’ispezione anche in questo distretto vanno ricercate ferite, fonti di
sanguinamento, ematomi ed escoriazioni indice di possibile coinvolgimento dei
parenchimi o degli organi cavi sottostanti; è un segnale di allarme l’aumento
improvviso dell’addome indice di un importante versamento ematico intracavitario in
atto. Con la palpazione si andrà alla ricerca di zone di dolorabilità evocata o di
resistenza parietale.
Bacino
L’esame del bacino prevede un rapido sguardo alla ricerca di eventuali asimmetrie
delle ali iliache o di lesioni esposte; in assenza di lesioni evidenti si procede con una
compressione sulle ali iliache prima dall’esterno all’interno e poi dall’alto in basso,
alla ricerca di dolore o di instabilità ossea che indicano la presenza di fratture. Il
coinvolgimento del bacino è sempre un importante campanello di allarme per il
frequente interessamento delle grosse strutture vascolari e degli organi in esso
contenuti la cui lesione può richiedere la gestione in ambienti ultraspecialistici
(radiologia interventistica per le lesioni vascolari, urologia) e pertanto condizionare
PERCORSO TRAUMA
CAP.
II
VALUTAZIONE POLITRAUMATIZZATO
l’indirizzamento del traumatizzato. Infine una lesione del bacino implica comunque
l’intervento di grosse energie dinamiche nel corso del trauma e quindi una dinamica
maggiore.
Genitali
I genitali vanno esaminati onde ricercare ferite e grosse lesioni di questo distretto, ma
anche sanguinamenti uretrali, vaginali o priapismo che è indice di danno midollare al
di sopra dei metameri lombari.
Arti
Si procede alla valutazione dei quattro arti ricercando ulteriori ferite, segni di lesioni
ossee,articolari e muscolari e valutando i polsi periferici e la loro simmetria
Anamnesi
L’anamnesi va effettuata relativamente alle condizioni preesistenti dell’individuo
coinvolto annotando tutto ciò che può condizionare l’evoluzione dell’episodio
traumatico; allo scopo è diffusamente utilizzato l’acronimo AMPLE:
Allergies
- allergie a farmaci
Medication - farmaci usati solitamente (in particolare beta bloccanti ed anticoagulanti)
Past illnesses - patologie pregresse che possono condizionare l’evoluzione del trauma
Last meal Events
orario dell’ultimo pasto
- ogni altro evento correlato al trauma
Infine va rivalutato velocemente il meccanismo del trauma evidenziando quelle
situazioni in cui, pur in presenza di un paziente stabile e senza grosse lesioni, ci sono
le condizioni per parlare di dinamica maggiore. Si parla di incidente con dinamica
maggiore quando sono in gioco
forze cinetiche notevoli che hanno agito sul
traumatizzato e/o per la presenza di situazioni concomitanti proprie del paziente o
dell’ambiente che possono far sospettare lesioni al momento misconosciute o
comunque una possibile evoluzione in senso peggiorativo del quadro clinico.
Mobilizzazione e trasporto
Il paziente va correttamente mobilizzato ed immobilizzato utilizzando i presidi in
dotazione e nel contempo costantemente rivalutato tramite il rilievo frequente dei
parametri vitali (F.C., P.A., SpO2, F.R.).
E’ compito del team leader della squadra territoriale, in accordo con la Centrale
Operativa (CO), decidere poi il corretto ospedale di destinazione che sarà individuato
in base alle caratteristiche del trauma e in base all’organizzazione del sistema
ospedaliero sul territorio.
Il trasporto potrà essere effettuato utilizzando mezzi terrestri (ambulanza) o in caso di
PERCORSO TRAUMA
CAP.
II
VALUTAZIONE POLITRAUMATIZZATO
necessità mezzi alternativi come le eliambulanze. Nel corso del trasporto verrà allertata
la struttura ricevente chiedendo la disponibilità, se necessario, di sangue universale,
rianimatore, sala operatoria pronta o tutto ciò che può facilitare il percorso diagnostico
e terapeutico una volta giunti in ospedale.
Verrà accuratamente compilata la modulistica disponibile annotando tutte le
valutazioni cliniche e le manovre di gestione e terapeutiche effettuate.
Bibliografia
1. Prehospital Trauma Care - Italian Resuscitation Council – Manuale 2007
2. Linee guida per un centro di rianimazione – G. Nardi, E. De Blasio, R. Ciraolo
– Antonio Delfino Editore – anno 2008
3. European Trauma Course – European Resuscitation Council 2008
4. Preoperative Resuscitation of the trauma patient – P.E. Pepe, R.P. Dutton, R.L.
Fowler – Current opinion in Anesthesiology 2008,21; 216-221
5. Acute resuscitation of tha unstable adult trauma patient: bedside diagnosis and
therapy – A.W. Kirkpatrick, MD; C.G. Ball, MD; S.K. D’Amours, M.D.; D.
Zygun, M.D.- Can J Surg , vol 51, n. 1, february 2008 , 57-69
6. Identification and resuscitation of the trauma patient in shock – R.N. Cocchi,
M.D.; E. Kimlin, M.D.; M. Walsh, M.D.; M.W. Donnino, M.D.; - Emerg Med
Clin N Am 25 (2007) 623-642
7. Should the “C” in “ABCDE” be altered to reflect the trend towards
hypotensive resuscitation- W. Sapsford, Scandinavian Journal of surgery 97 411, 2008
CAPITOLO III
GESTIONE DELLE VIE AEREE
A. E. Rossi; G. Galano; M. Lagnese; G. Carpino
OBIETTIVI
Identificare i pazienti che necessitano del
controllo delle vie aeree
definire i metodi manuali e meccanici per
trattare le vie aeree.
e saltare l’importanza della corretta
ossigenazione e ventilazione nel paziente
traumatizzato critico
identificare i principali errori nella
ventilazione dei traumatizzati
PERCORSO TRAUMA
CAP.
III
GESTIONE
DELLE VIE AEREE
Test di Mallampati
GESTIONE VIE
AEREE
La corretta gestione delle vie aeree è uno dei pilastri principali del soccorso al
traumatizzato in emergenza.
L’obbiettivo è quello di diagnosticare e trattare precocemente una ostruzione delle vie
aeree.
Nessuna emergenza medica, tranne l’arresto cardiaco, mette più immediatamente in
pericolo di vita della ostruzione delle vie aeree. Non assicurare una adeguata pervietà
delle vie aeree e una efficiente ventilazione è stata identificata come una delle
principali cause di morte evitabile nel trauma (1-2).
Una corretta valutazione delle vie aeree deve prevedere
La grossolana valutazione dello stato di coscienza (come va?, Come ti chiami?).
Un paziente che risponde in modo appropriato è indicazione di una attività respiratoria
efficace e di una perfusione cerebrale sufficiente. Nel contempo un paziente
incosciente è da considerarsi ad alto rischio di ostruzione per:
1. caduta della lingua
2. presenza corpi estranei (protesi, presenza di sangue e/o vomito)
3. edema o spasmo delle vie aeree
4. trauma diretto laringeo
L’attenzione a segni e sintomi di ostruzione vanno sempre ricercati anche nei pazienti
svegli. Tali segni possono essere:
1. Stridore laringeo
2. Respiro stertoroso
3. Difficoltà o impossibilità a parlare
4. Alitamento pinne nasali
5. Respiro diaframmatico
Questi segni con la contemporanea fuoriuscita di materiale organico dalla bocca così
come evidenti lesioni maxillo – facciali o del collo costituiscono ulteriori elementi di
PERCORSO TRAUMA
CAP.
III
GESTIONE
DELLE VIE AEREE
allarme. Il ripristino della pervietà delle vie aeree e il loro controllo sono più
problematici nel paziente traumatizzato, perché la manovra di iperestensione del capo
non deve essere eseguita onde evitare potenziali danni al rachide cervicale. Si deve
utilizzare la manovra di sub lussazione della mandibola o meglio, la "protrusione della
mandibola", che permette di ottenere gli stessi benefici dell'iperestensione del capo
(pervietà delle vie aeree) senza imporre movimenti alla colonna vertebrale, in
particolare nel tratto cervicale.
La manovra non prevede la fuoriuscita della mandibola dalla sua sede articolare ma
solo uno spostamento in avanti e poi verso l'alto della mandibola stessa, lo
spostamento anteriore della mandibola può essere eseguito anche in caso di frattura
della stessa.
Esecuzione (fig. IV - 1):
•
porsi dietro alla testa del paziente
supino.
•
porre i pollici tra il mento e il
labbro inferiore.
•
porre le altre dita ad arco lungo la
mandibola, in particolare nella parte
bassa (verso il terreno).
•
eseguire una trazione verso l'alto
con le dita sotto la mandibola ed
una verso l'avanti con i pollici.
La posizione finale non è stabile in quanto
la mandibola tende a tornare nella sua
Fig. IV - 1
posizione di partenza.
Ogni paziente traumatizzato deve essere considerato, fino a prova contraria, portatore
di un lesione del rachide cervicale ed è quindi di primaria importanza
l'immobilizzazione dello stesso con un collare cervicale anche in assenza di
sintomatologia clinica evidente. La semplice applicazione di un collare cervicale
permette, in molti casi, di risolvere l’ostruzione delle vie aeree dovuta all’eccessiva
flessione del collo; tuttavia, quando l’ostruzione delle vie aeree è una conseguenza del
trauma, è raro che le semplici manovre di ripristino della posizione neutra del capo e di
sublussazione della mandibola siano sufficienti a garantire il ripristino e il
mantenimento della pervietà. Di solito è necessario far seguire alle prime manovre di
soccorso l’introduzione di strumenti come le cannule rino e oro faringee.
PERCORSO TRAUMA
CAP.
III
GESTIONE
DELLE VIE AEREE
La Cannula oro-faringea è un presidio medico in materiale plastico rigido. Di forma
anatomica, una volta inserita nella cavità orale impedisce alla lingua di cadere e di
ostruire le vie aeree superiori, assicurando un adeguato afflusso di aria. Le varie
versioni esistenti (cannula di Mayo, di Guedel, di Safar e di Bierman) differiscono
pochissimo fra di loro e spesso questi termini sono utilizzati per identificare una
qualunque cannula orofaringea, senza riferirsi ad una di un tipo specifico.
Per posizionare la cannula oro-faringea:
1. ripristinare la pervietà delle vie aeree (sub lussazione della mandibola);
2. aprire la bocca del soggetto con pollice ed indice di una mano;
3. inserire la cannula della giusta misura con la concavità rivolta verso il palato
del soggetto; le dimensioni della cannula possono essere stimate prendendo la
distanza tra il lobo dell'orecchio e l'angolo della bocca;
4. eseguire una rotazione di 180° della cannula, spingendo delicatamente verso il
basso e "caricando" la lingua, fino al completo posizionamento.
5. fissare la cannula con un bendino.
Esistono diverse misure standard di cannule
orofaringee, da quella per neonati a quelle per
adulti, contrassegnate con un codice colore, che
peraltro non è standardizzato
(Chiaranda)
L’inserimento di una cannula orofaringea è controindicato nei pazienti traumatizzati
che conservino i riflessi perché stimola il vomito e limita le difese delle vie aeree;
l’unica indicazione al suo impiego nel trauma è quindi rappresentato dai pazienti in
coma profondo, in particolare da quelli in cui il ripristino delle vie aeree debba essere
ottenuto in modo rapido: l'arresto respiratorio e l'arresto cardiaco costituiscono le
indicazioni elettive. Nei pazienti in coma, ma con normale attività respiratoria, è
preferibile l'impiego di una cannula rinofaringea, in genere meglio tollerata della
cannula di Guedel in quanto raramente provoca il vomito.
La cannula rinofaringea assicura un lume meno ampio per le vie aeree e
può
provocare epistassi, anche se questo rischio è ridotto al minimo da una corretta tecnica
d'introduzione e dalla particolare morbidezza del dispositivo
La cannula rinofaringea ha i vantaggi di poter essere inserita nei pazienti con trisma o
mandibola serrata o semplicemente con denti traballanti e di essere tollerata anche dai
pazienti coscienti.
Ciò nonostante è meno popolare di quella orofaringea, almeno nel nostro Paese.
PERCORSO TRAUMA
CAP.
III
GESTIONE
DELLE VIE AEREE
Va scelta una cannula che abbia un diametro più
piccolo dell'apertura della narice del paziente (che
corrisponde circa al diametro del dito mignolo), ed una
lunghezza corrispondente alla distanza fra la punta del
naso e la punta del lobo dell'orecchio. Ne esistono
quattro misure, da 6, 7, 8 e 9 mm di diametro interno.
L’applicazione
del
presidio
deve
avvenire
esclusivamente a opera di personale professionale specificamente addestrato. Le
indicazioni principali riguardano pazienti traumatizzati con ostruzione anche parziale
delle vie aeree e conseguente desaturazione, anche in presenza di riflessi di difesa,
purché inadeguati a proteggere le vie aeree. La cannula è controindicata nel bambino
per la fragilità delle strutture e in tutti i casi di grave trauma facciale, dove i rischi
superano i vantaggi; una controindicazione relativa è data dalla presenza di segni di
frattura della base cranica.
Il metodo migliore per il controllo e la gestione delle vie aeree per i pazienti con
alterato livello di coscienza o comunque con un quadro clinico che porti alla possibile
compromissione della capacità di controllare le stesse è l’intubazione oro tracheale
(IOT).
I vantaggi della intubazione sono documentati sia dall'esperienza clinica che dalla
ovvia constatazione che solo con l'intubazione è possibile garantire una buona
protezione delle vie respiratorie e un completo controllo delle vie respiratorie stesse.
L’IOT in un paziente con trauma rappresenta però una manovra invasiva non certo
priva di complicanze. La necessità di effettuare manovre più complesse, intubazione
con collare cervicale rigido in sede e con stabilizzazione manuale di testa e collo
garantita da un’assistente durante la manovra e la possibile coesistenza di lesioni
cranio-facciali anche gravi, diversificano e rendono assai critica la manovra.
Altra letteratura recente ha posto seriamente in dubbio l'utilità dell'intubazione in fase
pre-ospedaliera del traumatizzato, in quanto, aumenta la mortalità e comporta
PERCORSO TRAUMA
CAP.
III
GESTIONE
DELLE VIE AEREE
un’ingiustificata perdita di tempo prezioso specie se affidata a non esperti; il consiglio
finale è quello di migliorare il training ed enfatizzare l’importanza della ventilazione
pallone maschera. E’ altresì riconosciuto che l’intubazione effettuata sulla scena è di
gran lunga diversa da quella che è possibile effettuare in ambito ospedaliero e che la
manovra sarebbe senza dubbio più efficace in presenza di personale adeguato e con
adeguata preparazione, in grado di provvedere in sicurezza anche alla sedazione e alla
miorisoluzione del paziente. A livello internazionale, quindi non esiste pieno consenso
sui criteri per l’intubazione sulla scena dell’evento traumatico e le norme abitualmente
proposte per l’intubazione in fase intraospedaliera non risultano sempre adeguate al
soccorso pre-ospedaliero.
Esiste tuttavia un consenso universale sulla necessità di intubare tutti i pazienti con
GCS <8 e che l’IOT rappresenta il gold standard al fine di:
• Garantire la costante pervietà e sicurezza della via aerea (protegge dal rischio
di inalazione, previene l’insufflazione gastrica);
• Assicurare l’apporto di quantità massimali di ossigeno (FiO2 = 1);
• Garantire un adeguato volume corrente (tra 10 e 15 ml/kg).
TECNICA
L‘intubazione tracheale deve avvenire posizionando accuratamente il paziente,
mantenendo il rachide cervicale in posizione neutra, onde evitare lussazioni del rachide
cervicale stesso; per questo motivo l'estensione del capo sul collo deve essere
moderata.
 d'emergenza
 programmabile
La intubazione d'emergenza è indispensabile qualora il paziente sia asfittico o presenti
un'ostruzione evidente delle vie aeree come nel caso di trauma facciale con presenza di
frammenti, denti, materiale estraneo, vomito, ecc., nel cavo orale. In queste condizioni
una pulizia immediata del cavo orale e un'intubazione rapidissima possono salvare la
vita al paziente e le preoccupazioni che devono comunque essere considerate (rachide
cervicale e uso di farmaci che non causino eccessiva fascicolazione) passano in
secondo piano rispetto alla necessità di evitare al paziente di decedere a causa
dell'asfissia. Il controllo della stabilità del rachide deve comunque essere sempre
garantito.
La sequenza per l’intubazione rapida prevede:
1. Preossigenare il paziente per 3 –5 minuti. Impiegare massimo 30” nel tentativo.
PERCORSO TRAUMA
CAP.
III
GESTIONE
DELLE VIE AEREE
2. Inserire il tubo in trachea sotto diretta visione del laringe Se nel dubbio o
difficoltà, riossigenare prima di un altro tentativo
(N.B. I Pazienti sono danneggiati dall’ipossia, non dalla manovra dell’intubazione)
Intubazione programmata.
In queste condizioni deve essere garantito un accesso venoso (catetere venoso e
infusioni), il paziente può essere preossigenato con la ventilazione in maschera,
devono essere somministrati:
•
farmaci ipnotici;
•
curarici e analgesici onde evitare una risposta emodinamica al dolore e alla
stimolazione laringea e curari.
L'adeguata analgosedazione è di vitale importanza per prevenire risposte pressorie
conseguenti all’intubazione con conseguente aumento della pressione intracranica.
Probabilmente non esiste un farmaco ideale per indurre un'anestesia; una Cochrane
Review ha esaminato i dati disponibili in letteratura confrontando curari depolarizzanti
e non depolarizzanti. La conclusione di questa revisione è che non esistono dati molto
forti a favore o contro la scelta di questi farmaci. Se l'intubazione non è
immediatamente necessaria in situazione d'urgenza è razionale utilizzare un curaro non
depolarizzante che esclude fascicolazioni, ma il curaro depolarizzante agisce più
rapidamente e può essere preferito in emergenza. Uguale discussione esiste per i
farmaci ipnoinduttori (Midazolam Fentanyl ecc.)
Metodiche alternative alla IOT possono essere:
•
la maschera laringea (LMA)
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•
CAP.
III
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Cricotirotomia con ago
La maschera laringea oltre a necessitare rispetto all’IOT di una curva di apprendimento
più breve e più semplice offre i seguenti vantaggi
1.Miorisoluzione e laringoscopia in genere non necessarie
2.Assenza di intubazione esofagea ed endobronchiale
3.Miglior tollerabilità da parte del paziente
4.Minor probabilità di lesioni (denti, lingua, corde vocali, laringe, trachea)
A sfavore della LMA giocano
1.Minor garanzia di pervietà delle vie aeree
2.Maggior facilità di dislocamento
3.Perdite di miscela gassosa se PAW > 17-20 cm H2O
4.Maggior possibilità di inalazione di materiale estraneo (1:5000)
5.Maggior probabilità di rigonfiamento dello stomaco
6.Posizionamento impossibile nel 5% dei casi
Altra metodica per la gestione delle vie aeree è la cricotiroidotomia su ago La
cricotiroidotomia su ago associata alla ventilazione percutanea transtracheale ad alti
flussi può essere un’alternativa all’intubazione tracheale. Tale procedura, indicata
anche come cricotiroidotomia o laringofissura o coniotomia, veniva eseguita a cielo
aperto, ma la tecnica percutanea è più attuale e più diffusa anche per la disponibilità di
numerosi Kit in commercio.
La procedura sfrutta tre diverse modalità:
a) introduzione contemporanea di ago tagliente e cannula,
b) introduzione di cannula 4 ID (diametro interno) su mandrino, introduttore
curvo con sistema non Seldinger,
c) introduzione di cannula 4 ID o superiore con sistema Seldinger.
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La letteratura non riporta dati sufficienti per una chiara definizione di vantaggi e
svantaggi di ciascuna metodica, con riferimento in particolare al tempo di esecuzione,
ai rischi iatrogeni di falsa strada e alla curva di apprendimento.
RACCOMANDAZIONI
1) È indispensabile il ricorso precoce all'accesso tracheale rapido per
l'ossigenazione del paziente qualora l'intubazione sia fallita e la ventilazione
risulti difficoltosa o impossibile (B)
2) È indispensabile che le procedure di accesso tracheale rapido facciano parte
del bagaglio culturale normale dello specialista dell’emergenza
3) È indispensabile che ogni specialista dell’emergenza conosca la manovra di
ossigenazione mediante puntura tracheale e/o cricotirotomia percutanea
4) Non essendo nessuna di tali procedure esente da rischi, è consigliabile
acquisire esperienza adeguata (sul manichino, su trachea artificiale, in sala
anatomica, sul paziente da sottoporre a laringectomia, in terapia intensiva)
con almeno un set da cricotirotomia percutanea (C).
E’ una metodica salvavita ma provvisoria perché consente una adeguata
ossigenazione ma dopo circa 30 m’ c’è un graduale aumento della CO2 vista la
difficoltosa fase espiratoria.
Ventilazione.
Gli obiettivi di una ventilazione artificiale sono:
• garantire una buona saturazione arteriosa di emoglobina (il parametro di
riferimento che deve essere garantito è una saturazione superiore al 95% con
una tensione di ossigeno nel sangue arterioso superiore a 90 mmHg.);
• garantire un valore di CO2 vicino alla norma.
La prevenzione dei danni secondari conseguenti a ipossiemia e ipercapnia o ipocapnia
costituiscono una priorità assoluta nel trattamento del traumatizzato, specialmente in
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presenza di un trauma cranico. Oltre all’occlusione delle prime vie aeree, le cause di
insufficienza respiratoria acuta post-traumatica possono essere numerose e vanno dalle
lesioni tracheo-bronchiali, alle lesioni ossee della gabbia toracica, alle lesioni del
parenchima polmonare o delle pleure, alle lesioni neurologiche.
La valutazione della ventilazione deve essere rapida e ai problemi evidenziati, o anche
solo sospettati, deve essere posto immediato rimedio. Il primo fondamentale
provvedimento
terapeutico
è
quello
di
somministrare
ossigeno
a
elevata
concentrazione per correggere l’ipossiemia. Durante le manovre di soccorso e di
trasporto l’ossigeno deve essere somministrato a tutti i traumatizzati gravi. Nei
pazienti che respirano spontaneamente si utilizzano le mascherine con reservoir, che
permettono di ottenere una FiO2 uguale o superiore all’80% (senza reservoir la
percentuale massima raggiungibile è di circa il 50%) con flusso di ossigeno di 12-15
l/min e reservoir gonfio. Se la ventilazione è garantita, invece, l’O 2 aumenta la
tensione di ossigeno arteriosa (PaO2) e la saturazione dell’emoglobina (SaO2); in
presenza di circolo conservato, l’O2 contrasta i danni da ipoperfusione migliorando
l’ossigenazione tissutale
In caso di depressione respiratoria, apnea o gasping la ventilazione dev’essere assistita
avendo tuttavia sempre cura di mantenere neutra la posizione del collo.
Le molteplici tecniche di ventilazione utilizzabili variano in relazione alle condizioni
del paziente e alla qualificazione del personale operante. Nei pazienti gravemente
ipossici (SaO2<85% con FiO2> 0.8), l'intubazione tracheale offre i vantaggi maggiori in
quanto, oltre a garantire la pervietà e la protezione delle vie aeree, assicura anche la
possibilità di una migliore ventilazione, prevenendo situazioni di ipossiemia e/o
ipercapnia durante ogni fase del soccorso.
La più frequente causa di ipoventilazione nel paziente traumatizzato grave è
rappresentata dallo pneumotorace iperteso (PNX). Nel caso di PNX “iperteso” i grossi
vasi intratoracici vengono compressi e il ritorno del sangue al cuore è diminuito. Si
può giungere rapidamente all’arresto cardiaco. Il PNX iperteso è una delle più
importanti cause di morte nei gravi politraumatizzati ed è insieme alle emorragie non
controllate, la più importante e sottovalutata causa di morte evitabile. La presenza di
un PNX iperteso deve sempre essere sospettata ed esclusa. Nell’emergenza
preospedaliera la diagnosi di PNX iperteso è necessariamente clinica e può essere
ottenuta rapidamente mediante una puntura esplorativa.
Non c'è nessuna indicazione a iperventilare il paziente appena intubato, se non in
presenza di segni incipienti di deterioramento, quali la comparsa o la accentuazione
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della anisocoria. Nella grande maggioranza dei casi una tensione di CO2 arteriosa fra i
35 e i 40 mmHg è un target condivisibile.
Le linee guida Americane negano infatti i vantaggi di una iperventilazione profilattica
in assenza di segni di ipertensione intracranica in sviluppo, e soprattutto affermano la
necessità di non ridurre il flusso ematico cerebrale nelle prime fasi del trauma, fasi
nelle quali c'è una riduzione del flusso stesso a causa del trauma a fronte di un
mantenuto o aumentato fabbisogno metabolico di ossigeno.
Verifica riserva O2 : contenuto in litri della bombola = volume x atmosfere
autonomia in minuti della bombola = contenuto bombola / flusso dell'erogatore.
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