Anno 11 N°1 - CRS Amplifon

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Anno 11 N°1 - CRS Amplifon
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Antonio R. De Caria
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COMITATO DI DIREZIONE
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Antonio R. De Caria
COMITATO SCIENTIFICO
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Delfo Casolino – Cesena
Antonio Cesarani – Milano
Domenico Cuda – Piacenza
Maria Ferretti - Ravenna
Francesco Galletti – Messina
Giuseppe Gitti – Firenze
Roberta Mazzocchi – Terni
Maria Rosa Paterniti - Palermo
Fabio Piazza - Mantova
Vincenza Piraino – Catanzaro
Antonio Quaranta - Bari
Rivista Italiana
di Logopedia
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ASSOCIAZIONE
LOGOPEDISTI LOMBARDI
Viale Aretusa n. 28 - 20147 Milano
Tel. 333 8272661
e-mail: [email protected]
Progetto grafico della copertina:
Lamberto Radaelli
Consulenza legale:
Avv. Aldo De Caria
via L. Boccherini 3, 00198 Roma
tel. 06 84242470
Fotocomposizione e Stampa:
ERRE DI ESSE GRAFICA S.p.A.
Via delle Industrie 8 MERATE (LC)
Tel. 039.990.22.95 - www.errediesse.it
Registrazione: Tribunale di Milano
Numero 538 del 19-7-2004
Si ringrazia
Periodico Semestrale
Anno 11° - N. 1
Gennaio – Giugno 2013
per la preziosa collaborazione
1
Norme per la pubblicazione degli articoli
I lavori potranno essere inviati su CD (a mezzo raccomandata) o allegati di posta elettronica.
L’articolo deve rispettare le seguenti caratteristiche:
formato WORD; carattere ARIAL; dimensione 11; interlinea 1,15; breve riassunto e
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degli Autori.
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all’originale pervenuto. Saranno accettati articoli originali su argomenti di Logopedia, Foniatria, Audiologia, Fonetica, Neuropsichiatria, Otorinolaringoiatria e Psicologia che dovranno essere inviati alla Segreteria di Redazione. Gli Autori accettano implicitamente che
il lavoro venga sottoposto in modo anonimo all’esame del Comitato di Redazione e in caso
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di pubblicazione, riproduzione, trasmissione e memorizzazione in qualsiasi forma e con qualunque mezzo sono riservati. I lavori pubblicati possono essere ripresi, in tutto o in parte, sempre specificandone la fonte, solo con l’autorizzazione scritta del direttore della rivista.
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Caro Professore Arslan
per ricordarla non faremo
silenzio, perché lei ha
sempre fatto il possibile
per vincerlo!
3
INDICE
Comunicazione
pag.
5
Linguaggio, apprendimento e sordità – Il Metodo di Zora Drežančić
Ilaria Fassetti
pag.
6
Screening per l’identificazione precoce di bambini con ritardo
dl linguaggio nell’ASL di Mantova: primi risultati sull’efficacia,
criticità, prospettive future
F. Piazza, L. Cappiello, L. D’Ascanio, M.M. Monici,
G. Nichetti, L. Remi, E. Sai
pag.
30
La disartria ipocinetica nel paziente con malattia di Parkinson:
efficacia e limiti del trattamento logopedico
Teresa Menegus, Nicoletta Bonisoli, Denise Zanini
pag.
45
Recensioni
pag.
62
Corsi e Congressi
pag.
64
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CENTRO RICERCHE E STUDI AMPLIFON
BORSA DI STUDIO 2013
PER LOGOPEDISTI
Il Centro Ricerche e Studi Amplifon (CRS), con il patrocinio della Federazione Logopedisti Italiani e della Società Scientifica Logopedisti Italiani, bandisce una Borsa di Studio per neolaureati in Logopedia. Tutti
coloro che si laureano presso un’Università italiana nell’anno solare
2013 possono concorrere alla Borsa di Studio.
Sono in palio 3 Borse di Studio
da 1.000 Euro ciascuna.
Le tesi, potranno pervenire su CD (a mezzo raccomandata) o allegati
di posta elettronica e dovranno, pena automatica esclusione, rispettare queste caratteristiche: formato WORD, carattere ARIAL, dimensione 12, interlinea 1,15.
N.B. NON SARANNO ACCETTATI LAVORI IN FORMATO PDF.
Le tesi dovranno essere inviate entro il 30-04-2014.
Le tesi verranno sottoposte in forma anonima, senza indicazione dell’Autore e dell’Università di provenienza, ad una Commissione esaminatrice indipendente che selezionerà le tre giudicate più meritevoli. Le
tesi premiate saranno pubblicate su LOGOPaeDIA. I vincitori sono tenuti
a informare tempestivamente il Direttore della Scuola della selezione e
della pubblicazione della loro tesi.
Le tesi dovranno essere inviate come allegato a:
[email protected] - per posta: ANTONIO DE CARIA
c/o Amplifon SpA, via Ripamonti 133 – 20141 Milano.
Gli Autori delle tre tesi vincenti saranno immediatamente informati dell’esito della selezione e i premi verranno assegnati entro dicembre 2014.
Confidiamo in una attiva collaborazione, da parte di tutti i professionisti
del settore, nel rafforzare questa iniziativa che speriamo essere di buon
auspicio per il futuro dei nuovi professionisti.
La Direzione
Per ulteriori informazioni contattare il Centro Ricerche e Studi Amplifon,
Via Ripamonti 133 - Milano - Tel: 02 57472361, Fax: 0257472335,
e-mail: [email protected]
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LOGOPaeDIA 2013; vol.1
Ricerche e studi
Linguaggio, apprendimento e sordità
Il Metodo di Zora Drežančić
Ilaria Fassetti
Logopedista - Therapeía (Centro Terapeutico Riabilitativo). Corso di Porta Romana 119, Milano
Abstract
Nell’ambito della sordità il compito del logopedista è quanto mai delicato; educare un bambino con sordità vuol dire offrirgli i mezzi per far sì che maturi e sviluppi il suo linguaggio
nel modo più simile alla norma. Significa quindi metterlo nelle condizioni di comunicare
verbalmente secondo le modalità dell’udente, far scaturire in lui il linguaggio come necessità fisiologica inserita nel contesto del suo sviluppo globale.
È indispensabile che in questa opera di sostegno si focalizzino determinati aspetti: far accettare nel miglior modo possibile il bambino e la sua sordità; far comprendere che il bambino sordo è un bambino intelligente che deve essere incoraggiato e sostenuto.
È stato infatti dimostrato che i soggetti con ipoacusia anche grave o profonda possono accedere al linguaggio verbale e a tutti gli ambiti della lingua grazie ad un intervento riabilitativo pianificato e adeguato.
È necessario inoltre instaurare un rapporto con i genitori e le persone a stretto contatto col
soggetto, un rapporto di collaborazione, cercando di comprendere la causa delle loro reazioni e paure e dimostrare di avere fiducia in loro.
L’obiettivo ultimo è quello di raggiungere l’acquisizione del linguaggio considerando le variabili individuali, familiari, educative e ambientali e favorendo la capacità di ascolto e la partecipazione attiva del soggetto
Attraverso il Metodo Drežančić, i bambini, cantando e giocando, sviluppano il bisogno di
comunicare verbalmente in maniera quasi spontanea e intanto crescono in maniera serena, senza disturbi comportamentali, senza chiudersi o isolarsi, ma in maniera armoniosa
aprendosi agli stimoli provenienti dal mondo esterno.
Parole chiave: sordità, Metodo Drežančić, riabilitazione, sviluppo del linguaggio
Introduzione
La sordità è la riduzione più o meno grave dell’udito. Secondo la classificazione audiologica della sordità del BIAP (Bureau International d’Audiophonologie) si distinguono quattro gradi di sordità in base alla perdita uditiva espressa in decibel.
- Lieve con soglia tra i 20 e 40 dB;
- Media con soglia tra i 40 e 70 dB;
- Grave con soglia tra 70 e 90 dB;
- Profonda con soglia uguale o superiore ai 90 dB.
La sordità profonda si può ancora suddividere:
- Profonda 1° grado da 91 a 100 dB
- Profonda 2° grado da 101 a 110 dB
- Profonda 3° grado da 111 a 119 dB
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Nelle sordità lievi, il bambino ha un normale sviluppo del linguaggio, ossia non è in ritardo
rispetto alle tappe più significative, non ha problemi di comprensione a livello semantico e
morfosintattico, ma ha solo difficoltà a livello di discriminazione fonica e non riesce a percepire correttamente la voce sussurrata (il bambino confonde le consonanti sorde con le
sonore, etc.).
Nelle sordità medie, il danno riguarda sia il significante che il significato, ossia il concetto
sottostante alla parola. Sono indispensabili la protesizzazione e un intervento logopedico
precocissimo, prima che la componente linguistica sia compromessa. Ci sono anche difficoltà quando la conversazione avviene in gruppo. Da un punto di vista morfosintattico si
hanno errori di concordanza, nelle preposizioni, negli articoli, nei pronomi, nei verbi. In generale, quindi, si avranno problemi per l’aspetto semantico, fonologico e morfosintattico.
Nelle sordità gravi, non c’è quasi percezione del parlato. La protesizzazione se fatta molto precocemente dà buoni risultati sia nell’intonazione, sia nell’apprendimento linguistico generale.
Nelle sordità profonde, solo attraverso l’intervento logopedico il bambino riuscirà a parlare.
Più l’educazione è precoce, maggiori sono le possibilità di avere risultati accettabili.
Un’ulteriore modalità di classificazione può derivare dalle cause (sordità ereditarie o acquisite), dall’epoca di insorgenza del deficit (sordità prenatali, perinatali, postnatali) o dalla
sede della lesione (sordità trasmissiva, percettiva o mista).
Nello studio sugli effetti della sordità sullo sviluppo del bambino, si incontrano varie difficoltà
considerando la forte variabilità che si registra all’interno della popolazione delle persone
con sordità.
Le problematiche inerenti la sordità dipendono sia da fattori intrinseci al deficit (entità, epoca
di insorgenza), sia da caratteristiche del soggetto e dell’ambiente. Infine, importante è anche
il contesto educativo che può influenzare l’uso di un linguaggio più o meno elaborato.
Inizialmente è stato affrontato il problema, delicato e controverso, degli effetti della sordità
sullo sviluppo dell’individuo.
Per progettare un percorso educativo e riabilitativo il più naturale possibile, si è ritenuto
essenziale effettuare un’attenta analisi del linguaggio nel bambino con ipoacusia anche
attraverso analogie e differenze tra l’acquisizione linguistica nel bambino udente e quella
nel bambino con sordità.
Grande spazio è stato poi dedicato all’illustrazione e all’applicazione del Metodo Drežančić,
metodo appartenente alla famiglia dei metodi oralisti.
In passato i soggetti con ipoacusia venivano considerati come persone che non potevano arrivare al pensiero astratto o ad un linguaggio strutturato, erano considerati aggressivi, iperattivi.
In questo contesto è nata l’opera di studio e ricerca da parte della Prof.ssa Drežančić, che
inizialmente si occupava di ricerca nel campo musicale e che decise di trovare dei mezzi
per aiutare la demutizzazione dei bambini sordi profondi ed in particolare aiutarli ad avvicinarsi di più ad un ritmo linguistico “normale” e ha deciso di applicare personalmente le
proprie scoperte.
I modelli proposti nel Metodo Drežančić sono multisensoriali: l’attenzione del bambino viene
richiamata sulla proposta vocale, sulla percezione uditiva, sull’espressione del viso e sui
movimenti. Il Metodo Drežančić prevede una stretta collaborazione fra logopedisti, educatori e famiglie, che insieme operano per un progetto comune, nella consapevolezza che la
riabilitazione non è un lavoro che si può imporre ad un bambino, ma un processo educativo che richiede forte adesione e carica motivazionale di tutti i partecipanti.
1 Sviluppo, educazione, socializzazione ed integrazione dei bambini con deficit uditivo
La sordità infantile oltre ad essere causa di ritardo nell’acquisizione del linguaggio, determina anche problemi nella sfera cognitiva, emotivo-affettiva e sociale del bambino. La nostra società è modulata ed organizzata a “misura di udente”: l’inserimento nella vita di
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relazione e la fruizione di servizi ed attività vengono ottenuti solo con una buona padronanza del codice linguistico verbale. La comunicazione verbale è considerata uno strumento irrinunciabile ed esclusivo per garantire l’integrazione sociale. A causa della perdita
uditiva, i non udenti sono perciò spesso esclusi dalla vita sociale nelle sue varie articolazioni e occasioni. “L’handicap è l’insieme dei luoghi e dei ruoli sociali dai quali un individuo
o una catena di individui si trovano esclusi a causa di un deficit fisico” (Mottez B., 1979).
L’udito, è un senso pluridirezionale in quanto permette di ricevere stimoli anche a grande
distanza, provenienti da qualsiasi angolazione e non può essere volontariamente interrotto
consentendo quindi un costante contatto con il mondo. Gli stimoli uditivi attivano e mantengono desta l’attenzione e possono evocare anche oggetti che non sono presenti o che
si trovano fuori dal campo visivo (Barone L., 1992).
1.1 Lo sviluppo affettivo nel bambino con sordità
Dal punto di vista affettivo e sociale, si possono rilevare nel bambino non udente carenze
strettamente correlate alle capacità comunicative che per lungo tempo restano a livello
non verbale. Il dialogo che il bambino udente instaura fin dalla nascita con la madre e con
le figure affettive di riferimento, è costituito dagli sguardi, dal contatto corporeo e dalla voce
che rassicura e che permette al bambino di mantenere il contatto con gli altri anche quando
questi non sono direttamente percepibili attraverso la vista o il tatto. Il bambino con ipoacusia invece può vivere la loro lontananza come abbandono. Inoltre la voce, la melodia e
le intonazioni dell’eloquio sono ricche di significato e spesso collegate a situazioni affettive
di benessere o malessere. La mancanza di riferimenti uditivi e di esperienze acustiche
contribuisce a far sì che il bambino riduca progressivamente il vocalizzo e la lallazione, essendo molto limitato il piacere di riascoltarsi per ricevere attivamente il feedback acustico
e sollecitare negli altri quella risposta imitativa che è alla base di un processo circolare comunicativo, di un dialogo gratificante con l’ambiente. Questo impedisce inoltre la condivisione di esperienze e informazioni che organizzano e strutturano le sue conoscenze
(Ripamonti I. R., 1998).
La carente capacità di comprensione dei messaggi verbali e di comunicazione limita nel
bambino sordo la percezione dei ruoli sociali, rendendolo più a lungo dipendente ed egocentrico; l’insicurezza, che deriva dalla scarsa capacità di prevedere e anticipare i comportamenti, inoltre, influisce negativamente sulla costruzione della personalità da parte del
bambino.
La famiglia ha un ruolo molto importante nello stimolare il bambino non udente facendosi
coinvolgere e coinvolgendolo, valorizzando la volontà comunicativa del piccolo e aiutandolo
a utilizzare positivamente gli aspetti della comunicazione e il residuo uditivo, prendendosi
cura di lui e prestandogli attenzione ma, nello stesso tempo, accompagnandolo verso l’ingresso nel mondo dei pari e sostenendolo nell’interazione con l’altro.
1.2 Lo sviluppo socio-comportamentale e psicologico
Nella specialità di ognuno di noi, che crescendo sviluppa caratteristiche sue peculiari, il
bambino non udente cresce con una grandissima sensibilità emotiva, attenzione verso gli
altri e voglia di ‘sentire’ il mondo attorno a sé. Avvertire la sordità come handicap con i limiti ad essa connessi dipende dal modo in cui il piccolo viene percepito, accolto e inserito,
dapprima in famiglia, poi nel contesto sociale1.
1
Come sottolinea lo psicologo russo Lev Vygotskij, per un bambino audioleso la sordità rappresenta la normalità, e
non una condizione di malattia: “Egli avverte l'handicap solo indirettamente o secondariamente, come risultato delle
sue esperienze sociali” (Vygotskij L. S., 2003).
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Gli effetti che la presa di coscienza della propria sordità genera nel soggetto non udente
dipende, da come il mondo circostante accoglie l’individuo e interagisce con lui. La mancanza uditiva, da subito, influisce sul versante percettivo e relazionale del bambino e ciò
porta il piccolo a potenziare altre capacità comunicative, più naturali e compensative, che
vanno comprese e considerate precocemente.
La sordità che di per sé è considerata un handicap invisibile corre ancor di più il rischio di
venire sottovalutata in ogni ambito relazionale, dalla famiglia alla scuola, dal lavoro alla
società. Il mondo silenzioso, in cui il bambino con ipoacusia vive o comunque in cui ha vissuto fino al momento in cui è stato rilevato il deficit, lo rende più vulnerabile e sensibile al
mondo sonoro e bisognoso di una rete familiare e amicale di sostegno e confronto: i genitori sono, fin dall’inizio, di fondamentale importanza nell’attivarsi in questa direzione che
permetterà a loro stessi di trovare similarità con altre esperienze di vita.
L’obiettivo finale è certamente l’integrazione del bambino non udente nel mondo degli
udenti, ma nel rispetto delle sue specificità e della sua personalità. Centrale è come sempre il ruolo dei genitori, l’integrazione prende le mosse dall’accettazione del problema da
parte di ogni componente la famiglia e a tal scopo un progetto educativo sostenuto da
esperti appare essenziale. I presupposti per raggiungere l’integrazione sono allora riassumibili in questi punti:
• precocità della diagnosi di sordità;
• precocità e correttezza della protesizzazione e adattamento protesico (o impianto cocleare);
• counselling familiare, ossia presa in carico della famiglia;
• precocità dell’allenamento acustico e del trattamento logopedico per la stimolazione del
linguaggio non verbale e verbale.
L’instabilità a volte riscontrabile nel bambino con sordità ha ragioni profonde legate all’organizzazione del suo mondo psichico: il bambino piccolo può sviluppare una visione e
comprensione del mondo intuitiva, parziale e frammentaria. Nell’esperienza e nel vissuto
della realtà circostante è carente il ruolo organizzatore del linguaggio che permette di classificare, paragonare, selezionare, costruire categorie in un sistema coerente.
Sembra opportuno, inoltre, riflettere sul ruolo e sull’importanza dell’intervento verbale dell’adulto mentre il bambino è impegnato in attività; la parola infatti guida l’azione, la sottolinea, ristabilisce l’interesse del bambino durante il gioco, tranquillizza.
Si possono verificare situazioni di disagio che il bambino esprime attraverso un comportamento iperattivo, atteggiamenti di insicurezza, ansia e a volte scarso controllo delle reazioni
o aggressività. Il suo modo di reagire infatti si costruisce principalmente a partire da considerazioni soggettive, intuitive e legate al contesto; il bambino non udente può utilizzare
solo parzialmente le spiegazioni, gli inviti alla riflessione, le promesse, i tentativi di attenuazione del disagio messi in atto dall’adulto. Il ruolo educativo dell’adulto allora sarà particolarmente delicato, sarà necessario rivolgersi al bambino e non alla sua sordità. Lasciar
sviluppare e coltivare le sue potenzialità, rispettare e sollecitare le iniziative e la naturale
curiosità, non significa essere totalmente permissivi per il solo fatto che il bambino ha un
deficit uditivo. Sarà necessario trovare il giusto equilibrio tra libertà e limitazione, tra indulgenza e fermezza come per ogni altro bambino. Proprio l’irregolarità e l’incostanza delle
reazioni e del comportamento educativo dell’adulto disorientano e non forniscono al bambino un’immagine coerente della realtà.
Accogliere le sue iniziative, rispondere alle domande e sostenere la curiosità e il desiderio
di scoperta, incoraggiare il gioco autonomo o colorare di aspetto ludico anche le attività familiari e comuni, permetterà di sviluppare e ampliare l’interesse per il mondo esterno.
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1.3 Lo sviluppo cognitivo
La deprivazione uditiva influisce inoltre, se non si effettua un intervento precoce,
sulla competenza cognitiva del bambino; infatti le esperienze nei primi anni di vita
sono limitate alle caratteristiche e alle percezioni visive e tattili relative all’ambiente circostante.
Venendo a mancare la dimensione sonora il bambino non è in grado di organizzare
un’immagine acustica dell’esperienza, che insieme a quella tattile, visiva e motoria,
permette il costituirsi di un sistema di rappresentazione. Il deficit uditivo influisce sull’interazione con l’ambiente e sulla costruzione della conoscenza e quindi sull’apprendimento agendo su aspetti qualitativi che, se mal gestiti, rischiano di divenire limiti
significativi nello sviluppo del soggetto. Le possibili lacune dovute alle difficoltà di memoria, concentrazione, attenzione sono colmabili attraverso l’uso di strategie di apprendimento consone alla diversa abilità. Ogni bambino non udente ha una sua storia,
un suo particolare modo di “sentire”, una sua personalità ed il percorso di recupero e
sostegno deve essere costruito in maniera adeguata attraverso l’esperienza con il
bambino stesso.
La maturazione e lo sviluppo del pensiero, infatti, dipendono dall’interazione e integrazione dei sistemi rappresentativi. Le limitazioni sul piano uditivo influenzano,
inoltre, la strutturazione dei concetti di spazio e tempo; l’udito infatti contribuisce
alla organizzazione dei parametri spaziali attraverso la percezione del volume, della
profondità e della distanza, in base al riverbero delle onde sonore. Le sensazioni
uditive contribuiscono all’organizzazione del tempo, attraverso la percezione dell’alternanza di eventi e di pause (rumore-silenzio) e della durata degli eventi stessi.
Dalle carenze nell’organizzazione spazio-temporale deriveranno possibili difficoltà
di organizzazione ritmica e sequenziale (sintesi spazio-tempo). I limiti nella comunicazione verbale possono impedire o ritardare l’attivazione della funzione organizzatrice del linguaggio sul pensiero come capacità di memorizzare (memoria
verbale), rievocare rapidamente le esperienze percettive, coordinare dati in sequenze ordinate, anticipare mentalmente (Bickel J., 1989). Il bambino con sordità
possiede delle buone potenzialità cognitive che devono essere sollecitate e stimolate precocemente per impedire l’instaurarsi di lacune o ritardi da attribuirsi alle limitazioni dell’input acustico e linguistico.
2 Analisi del linguaggio ed errori più frequenti nel bambino con sordità
“L’assunto teorico di base è che la specie umana sia dotata di un sistema di acquisizione linguistica che le permette di acquisire in modo spontaneo e naturale le regole
operative di una qualunque lingua purché il soggetto ne sia esposto fin da bambino”.
(Chomsky N., 1976)
Attualmente la maggior parte degli studiosi ritiene che esista una continuità tra comunicazione prelinguistica e comunicazione linguistica.
L’esercizio vocale migliora la capacità di articolazione e permette di correlare il movimento articolatorio e il segnale acustico prodotto, ma nei bambini con sordità si ha
nel tempo un forte decremento di questa attività.
Figura 1 Tappe di acquisizione fonemica (Gisoldi L., 2008)
10
Se la perdita uditiva è di entità lieve (fino a 40 dB), l’acquisizione del linguaggio è spesso ritardata soprattutto in bambini socialmente svantaggiati o che presentano handicap associati.
Nel caso di perdite uditive moderate (tra 45 a 60 dB), non complicate da altre condizioni patologiche, se il bambino è precocemente protesizzato non è preclusa la
possibilità di sviluppare il linguaggio, anche se si assiste ad un ritardo ed è necessario un trattamento logopedico.
Nel caso di sordità grave o profonda l’acquisizione del linguaggio orale è possibile solo se supportata da adeguata protesizzazione associata ad un trattamento
riabilitativo intensivo e precoce, possibilmente multimediale, o da un intervento
di IC che appare tanto più efficace quanto più precoce è l’età di impianto (Miyamoto R. T., 1996).
Un bambino con sordità prelinguale grave o profonda smette intorno ai sei mesi
di produrre suoni e, senza un intervento sistematico, non è in grado di apprendere
il linguaggio verbale.
Si possono rilevare infatti nello sviluppo del bambino alcuni segni suggestivi di
ipoacusia:
- una graduale riduzione quantitativa del repertorio vocale intorno a 8-10 mesi
con deterioramento qualitativo delle prestazioni;
- l’incostanza di risposta alle sollecitazioni sonore che contrasta con la vivace reattività agli stimoli visivi;
- un iperinvestimento del canale gestuale;
- l’isolamento sociale;
- il ritardo del linguaggio;
- disturbi precoci della relazione e della regolazione, legati alla difficoltà di fruire
dei segnali vocali regolatori delle interazioni “a distanza”.
La comparsa del linguaggio è collegata a molte acquisizioni complesse, integrate
sul piano biologico, psicologico e sociale e che hanno nell’afferenza uditiva il substrato neurosensoriale centrale.
Il bambino sordo, rispetto all’udente, procede con un ritmo più lento e permane più
a lungo nella fase degli “errori”, proprio perché per lui, soprattutto se non si interviene precocemente, il linguaggio è frutto di un apprendimento e non di un’acquisizione spontanea.
In particolare osserviamo diverse difficoltà che sembrano propriamente legate alla
sordità:
- produzione di frasi più brevi e tendenti ad evitare strutture sintattiche complesse;
- competenze fonologiche meno buone rispetto agli udenti da un punto di vista
qualitativo;
- utilizzazione di un vocabolario più povero;
- marcata rigidità lessicale che non permette di padroneggiare le diverse sfumature di significato di una stessa parola;
- difficoltà nelle competenze pragmatiche che permettono di distinguere il significato reale da quello letterale di alcune espressioni, modi di dire e proverbi;
- errori nella comprensione di frasi passive reversibili, di pronomi, di preposizioni
e di nomi nella forma plurale;
- problemi nel giudicare l’accettabilità di frasi relative, subordinate e pronominalizzate;
- errori di omissione, sostituzione e aggiunta in diversi aspetti della morfologia e
in particolare di quella libera, come ad esempio preposizioni, articoli e pronomi;
- errori nei modi, nei tempi e nelle coniugazioni verbali;
- omissione di ausiliari e imprecisioni lessicali.
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Queste difficoltà sono conseguenza di diversi fattori fra cui un’esposizione alla
lingua parlata tardiva rispetto ai bambini udenti: molto spesso la diagnosi di sordità viene fatta tardivamente è questo complica la situazione visto che comunque
già normalmente al bambino occorrerà del tempo prima di imparare a sfruttare il
residuo acustico attraverso le protesi.
Il bambino con sordità non potrà sviluppare un processo di acquisizione della lingua vocale spontaneo e naturale, sarà quindi indispensabile pianificare procedure specifiche che lo condurranno a traguardi variabili nella lingua parlata e
scritta. La competenza vocale dei soggetti non udenti prelinguali sarà comunque
diversa da quella di un udente e presenterà differenze a livello fonologico, morfologico, sintattico e pragmatico.
Per quanto riguarda la valutazione della competenza linguistica, il bambino piccolo necessita di un approccio multidisciplinare che prenda in considerazione ogni
singolo aspetto dello sviluppo. Il bambino che giunge all’osservazione del logopedista nei suoi primi tre anni spesso mostra, oltre al ritardo del linguaggio, difficoltà di carattere emotivo e affettivo e problematiche di tipo comportamentale,
comunicativo e relazionale, le quali, spesso, si associano al ritardo del linguaggio
e talvolta lo determinano. È per questo che il linguaggio, soprattutto in età precoce, non può essere valutato come una funzione isolata.
2.1 Aspetto fonetico-fonologico
Nel caso del bambino con sordità, la mancanza di un input uditivo impedisce sia
di ascoltare la produzione della parola, sia di esercitare un controllo sulla propria
produzione, determinando un apprendimento a volte differito nel tempo; inoltre,
soprattutto se l’intervento non è adeguato, gli stadi di competenza fonologica risultano qualitativamente diversi rispetto all’udente.
A livello fonetico-fonologico gli errori più frequenti sono rappresentati da: (I) Duplicazioni o ripetizioni della sillaba, questo errore è presente evolutivamente
anche negli udenti, ma nei bambini con sordità permane più a lungo. (II) Sostituzioni di un fonema o di intere classi di fonemi con altri solitamente più facili da articolare o più visibili. (III) Elisioni o omissioni di fonemi e sillabe, normalmente
quelle dove non cade l’accento. (IV) Riduzione del gruppo consonantico. (V) Assimilazioni o sostituzioni di consonanti con altre analoghe presenti nella parola.
(VI) Neutralizzazione delle vocali che risultano tra loro poco differenziate rispetto
al livello di apertura, elevazione laringea, posizione della lingua. (VII) Risoluzione
dei dittonghi con l’eliminazione di una delle vocali presenti. (VIII) Desonorizzazione, con la trasformazione di fonemi sonori in fonemi sordi. (Ix) Nasalizzazione,
con la trasformazione di fonemi orali in fonemi nasali.
2.2 Aspetto lessicale
Sin dalla nascita il neonato ha comportamenti di tipo comunicativo a livello gestuale e vocale, intorno ai tre mesi questi suoni iniziano ad essere espressi con
una vera intenzione comunicativa.
L’accrescimento del vocabolario, che aumenta gradualmente durante tutta l’età
evolutiva, è uno dei fattori più salienti per l’accesso alla comunicazione verbale.
Gesti e parole che fanno inizialmente parte di un unico sistema comunicativo progressivamente si differenziano e il bambino udente abbandona l’uso dei gesti referenziali privilegiando il canale vocale con un’esplosione del vocabolario.
Dal primo anno di vita in poi, così, le differenze di sviluppo nel linguaggio si accentuano e solo la terapia logopedica può portare il bambino con sordità a rag-
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giungere le tappe successive, anche se spesso con tempi più lunghi. Quindi
spesso anche in questo ambito appare un apprendimento differito.
Nel bambino con sordità profonda diventa prioritario ripristinare, con la massima
precocità possibile e al meglio, la percezione uditiva, per renderlo esposto il prima
possibile al linguaggio.
I soggetti non udenti presentano un uso delle frasi più brevi, un vocabolario più
povero sia in comprensione che in produzione.
Per molte persone anche in età adulta restano problematici, in particolar modo, gli
aspetti lessicali legati alla povertà e alla rigidità, perché la mancanza di input acustico rende più complessa la comprensione di alcuni aspetti più raffinati della lingua parlata. Per esempio la parola paura ha tantissimi sinonimi e ciascun
sinonimo ha delle sfumature differenti di significato (timore, terrore, fobia…), inoltre un termine può avere diverse accezioni a seconda del contesto per esempio
la parola nota (nota bene, ho preso una nota in condotta, la nota musicale….).
Ancora si hanno i proverbi, o i modi di dire, la cui comprensione va aldilà del significato letterale delle parole. L’ambito lessicale e pragmatico sono quelli in cui
il soggetto con sordità dimostra maggiore difficoltà.
2.3 Aspetto morfosintattico
A livello morfosintattico il confronto tra soggetti udenti e soggetti con ipoacusia mette
in evidenza la presenza, nei soggetti con sordità, di sostituzioni di una forma morfologica con un’altra e regolazioni morfologiche (vieno al posto di vengo), errore presente anche negli udenti nelle fasi evolutive. L’utilizzo delle regole morfosintattiche
avviene solitamente in maniera differita rispetto all’udente e in maniera qualitativamente differente. Il bambino udente, ad esempio, produce in maniera corretta molto
precocemente l’accordo tra articolo, nome e aggettivo pur non avendo ancora una
comprensione delle regole morfologiche. Il bambino con sordità, invece, ha, spesso,
parecchie difficoltà nel corretto utilizzo della morfologia, specie di quella libera. Le
prove di competenza linguistica evidenziano errori di omissione, sostituzione e aggiunta di diversi aspetti morfologici, in particolare nelle preposizioni e nei pronomi critici. Questo sembrerebbe derivare dallo stretto legame che intercorre tra morfologia e
processi di percezione acustica. I morfemi grammaticali, infatti, sono brevi e non accentati, hanno scarso contenuto semantico e la loro presenza è molto variabile in base
al contesto e provocano, così, se non adeguatamente percepiti, gravi ricadute nella
comprensione di frasi passive e subordinate.
Tra le problematiche più evidenti si ha (Massoni P., 2006):
• tendenza a produrre frasi brevi, evitando l’uso di subordinate;
• povertà e rigidità lessicali, con ricadute sia in comprensione che in produzione;
• difficoltà nella comprensione di frasi passive reversibili, di pronomi e preposizioni;
• difficoltà nella comprensione di frasi subordinate, in particolare relative e pronominalizzate.
2.4 Aspetto pragmatico
Gli aspetti pragmatici sono quelle rappresentazioni mentali, che servono a risolvere le
ambiguità presenti nel linguaggio verbale. La pragmatica, infatti, considera il linguaggio come sistema finalizzato a “comunicare” oltre che a “dire”. La pragmatica analizza
anche in maniera sistematica il rapporto tra significato e contesto, le inferenze che
permettono ai parlanti di assegnare un senso a parole e frasi. Le inferenze sono computate operando un’integrazione tra la rappresentazione del contesto e la rappresentazione del significato delle parole. (Orsolini M., 1995)
13
La pragmatica è la competenza più deficitaria nei bambini con sordità che tendono ad interpretare in senso letterale il significato delle parole quando invece
queste acquisiscono significati diversi.
Distinguere tra un linguaggio astratto le cui proprietà sono determinate in assenza
di contesto è infatti funzionale allo studio teorico, ma non rispondente alle reali
condizioni di utilizzo. L’atto comunicativo si realizza in forma intenzionale tra due
o più parlanti come scambio reciproco e mutua comprensione di significati. Pertanto, il linguaggio è al servizio del più ampio processo comunicativo, che prevede la compresenza, reale o virtuale, di due o più individui in interazione.
(Balconi M., 2008)
L’importanza di saper usare efficacemente il linguaggio a seconda del contesto è ciò che
ci consente di condurre una conversazione: saper chiedere, sentire l’esigenza di domandare per ottenere spiegazioni riguardo ciò che non si è capito e sapersi spiegare a
seconda di chi ci si trova di fronte, rappresentano tutte abilità di natura pragmatica che
notiamo essere carenti, o addirittura assenti, in molti dei ragazzi con sordità.
Si va infatti consolidando l’idea per la quale un accesso tardivo al linguaggio porta
ad un tardivo accesso alla comunicazione nel suo senso più ampio, all’interazione
faccia a faccia, allo scambio di informazioni con l’altro, alla capacità di costruire
un discorso tenendo presente il punto di vista dell’interlocutore. (Peterson C. C.,
1995) La mancanza o la ridotta partecipazione a conversazioni, ha portato alcuni
autori ad ipotizzare che possa rappresentare la principale causa delle prestazioni
deficitarie, problema riscontrato sia in bambini con sordità che con autismo, in
compiti che coinvolgono la capacità di inferire il comportamento e le intenzioni altrui (facoltà indicata come “Teoria della Mente”).
Per questo, è evidente l’esigenza di una stimolazione precoce e continua all’uso
della lingua, anche scritta, in contesti e per finalità sempre diversi.
Un efficace approccio riabilitativo può far superare queste ed altre difficoltà che
caratterizzano il linguaggio dei soggetti non udenti.
3 Sordità e riabilitazione. Il Metodo Creativo, Stimolativo, Riabilitativo della
comunicazione orale e scritta con le strutture musicali di Zora Drežančić
Il Metodo Drežančić, creato per la rieducazione dei soggetti con problemi di udito,
è l’unico programma di riabilitazione che prevede stimolazioni per bambini al di
sotto dei tre anni. Il metodo è oggi un valido strumento per la stimolazione linguistica dei bambini sia a sviluppo tipico che atipico. Gli stimoli naturali e progressivi tengono conto sia del normale sviluppo linguistico sia dell’età del
soggetto che si ha di fronte. Tali stimoli, definiti per la loro chiarezza multisensoriale, sono in grado di stimolare tutte le categorie necessarie per l’acquisizione di
un linguaggio orale, scritto, creativo e ben strutturato. Tale acquisizione sarà possibile attraverso l’utilizzo di diversi procedimenti pedagogici o canali.
Il Metodo si struttura in quattro programmi distinti per fasce d’età che vanno dalla primissima infanzia all’adolescenza. In particolare si dà ampio spazio alle Strutture Fonetico Ritmiche (S.F.R.) che aiutano lo sviluppo fonetico contribuendo alla
strutturazione fono-tattica della parola. Attraverso l’associazione dei movimenti specifici per ogni fonema il bambino potrà più facilmente memorizzare i fonemi sulla base
dei loro tratti distintivi e, inoltre, il Ritmo Musicale andrà indirettamente ad influenzare
la prosodia e l’intonazione e a creare lo scheletro delle forme linguistiche (in relazione
ai diversi tipi di accenti grammaticali) rispettando l’unità fono-acustica della parola.
Tra i principi base della Pedagogia, c’è la diagnosi precoce ed una tempestiva protesizzazione che rispetti i residui uditivi di questi bambini.
14
La grande innovazione della prof.ssa Drežančić è stata quella di affrontare il problema della demutizzazione dei bambini audiolesi non partendo dai “problemi dei
bambini con ipoacusia” e, in particolare, da tutto ciò che in letteratura veniva loro
precluso, o dallo studio di altre metodologie riabilitative essenzialmente alternative. Ha svolto, invece, uno studio ad ampissimo raggio su tutte le nuove ricerche
nel campo dello sviluppo del bambino, del funzionamento del sistema nervoso
centrale, della comunicazione e del linguaggio che l’ha portata ad elaborare una
pedagogia originale ed innovativa.
Il metodo supporta tutti gli aspetti del linguaggio e della lingua parlata e scritta attraverso 20 procedimenti pedagogici (canali) proposti in 4 programmi organizzati
per età e tappe di sviluppo fino all’età adulta.
Nella sua lunghissima attività di ricercatrice, la prof.ssa Drežančić ha dimostrato
come, con gli stimoli naturali ben programmati proposti nella forma orale, sia possibile anche per un bambino con sordità profonda arrivare a dare un timbro alla
voce e realizzare un’espressione verbale normale, con un linguaggio spontaneo,
creativo ed intelligibile.
3.1. I ritmi musicali e i ritmi nel linguaggio
La voce cantata e il ritmo musicale sono i principali supporti per l’apprendimento
di una competenza comunicativa orale: la voce cantata e anche quella modulata,
servono ad ottenere un buon timbro di voce, un corretto modo di parlare ed una
giusta articolazione, impegnando in modo naturale le corde vocali ed evitando le
alterazioni della voce tipiche dei soggetti ipoacusici non trattati adeguatamente.
Il ritmo musicale (espresso vocalmente), per le sue somiglianze e corrispondenze
con il ritmo linguistico, aiuta a parlare rispettando i rapporti corretti fra le sillabe
e si evita, quindi, un eloquio monotono o per sillabe staccate. La scelta dei vocaboli viene effettuata in funzione dell’età dei bambini, tenendo conto della loro capacità di comprensione e di espressione vocale.
In quest’ottica le proposte sono create per avere successo, per passare progressivamente, anche se lentamente, da una conquista a quella successiva e per sperimentare da subito la propria voce all’interno di un dialogo significativo.
I nomi delle figure ritmiche sono stati ricavati dal solfège de la durée, creato da
J.J.Rousseau: così come le note sul pentagramma, in base alla tonalità hanno i
loro nomi (do, re, mi..) così i nomi delle figure ritmiche ne distinguono il valore.
Con il metodo Drežančić, viene usata molto la voce cantata per diverse ragioni:
è molto facile misurarne le frequenze fondamentali e gli stimoli proposti vanno
dai 220 ai 440 Hz, tali frequenze sono sempre conservate, anche nelle sordità
profonde e sono frequenze normali per la voce umana, non occorre avere alcun
talento musicale per cantare tali melodie. La voce cantata, inoltre, è molto più
ricca della voce parlata: per ogni tono fondamentale ci sono 14 toni armonici, che
vanno a stimolare le frequenze superiori, di solito più compromesse, in maniera
dolce e non aggressiva.
15
Figura 2 Rappresenta i simboli musicali con i nomi dati da Rousseau (Dre!an"i# Z., 1998)
Figura 3 Attraverso l’analisi acustica si nota meglio l’intensità, la durata,
la pienezza dei diversi tipi di voce (Dre!an"i# Z., 1988)
La voce cantata è prolungabile senza che si cada in una stimolazione artificiosa, è molto
importante la durata dello stimolo per una via acustica deficitaria, infatti, al di sotto dei 10
la duratapercepito
dello stimolo
una un
via “clic”.
acustica
infatti,
al di
dei 10ritmillisecondi verrebbe
soloper
come
La deficitaria,
voce cantata,
con
le sotto
variazioni
m e melodiche, permette, infine, di mantenere desta l’attenzione al livello centrale su
miche
uno stesso modello ripetuto più volte.
In questo metodo quindi non si incoraggia, come si fa in altri l’uso di strumenti (tamburo,
flauto, ecc.), anche perché lo scoglio più duro per un bambino audioleso è l’apprendimento
del linguaggio: quindi fin dall’inizio si cerca di dargli tutto l’aiuto possibile per evitare il mutismo audiogeno. Suonare il tamburo con le diverse rapidità delle strutture musicali è una
stimolazione molto lontana dalla fonazione umana (Drežančić Z., 1988).
(Dre! tipi d’accento che i
Il ritmo musicale aiuta il ritmo linguistico, nelle parole ci sono diversi
bambini spesso sbagliano. In base all’accento le parole si dividono in tronche, piane, sdrucciole, bisdrucciole... Con le forme del ritmo musicale si può attirare l’attenzione dei bambini su queste particolarità della lingua. Le sillabe trovano tra loro un rapporto significativo
per unire il vocabolo ad una unità fonico-acustica. Analizzando la qualità, la durata delle sillabe e la durata tra le sillabe si ricavano delle differenze significative per l’impressione acustico-fonica del linguaggio. Tali rapporti tra le sillabe e le piccole differenze nelle sillabe
rappresentano gli elementi importanti delle “strutture fonetico ritmiche” (SFR). Tutte le sillabe, infatti, non sono uguali né nel senso della durata, né dell’accentuazione, perciò è importante sottolineare i passaggi ritmici lavorando sui ritmi musicali. I soggetti devono
arrivare a vivere i ritmi anche senza avere conoscenze di musica.
16
Le schede sono presentate in modo tale da permettere al bambino di utilizzarle correttamente (da sinistra a destra e dall’alto in basso per aiutare l’organizzazione spaziale). A ciascuna scheda corrisponde una caratteristica ritmica. Ciascuna scheda richiede anche un
autocontrollo della voce, il bambino deve dimostrare di frenare da solo la propria voce.
Queste schede hanno, inoltre, lo scopo di ricercare le forme ritmiche (musicali) che coincidono con le forme del ritmo del linguaggio.
Figura 4 Corrispondenza tra ritmo musicale e ritmo linguistico.
Questa figura sottolinea le “qualità ritmiche” di alcune parole (Dre!an"i# Z., 1998)
I
Q
(Dre!
Il bambino legge, pronuncia, modula la voce pur senza conoscere nello specifico i simboli
musicali. Il bambino arriva, attraverso il ritmo vissuto, ad interiorizzare le strutture ritmiche
ed a comprendere l’idea di ritmo proposto, fino a utilizzare questi mezzi autonomamente,
consapevole dell’utilità di questi esercizi.
Tra due sillabe può esserci un “passaggio rapido”, come avviene tra l’articolo e la prima sillaba, nella lingua italiana, oppure all’interno di parole con doppie (“metto”), o passaggi
meno rapidi come nelle parole piane, ad esempio “mare” (la qualità ritmica delle pause
aiuta a percepire gli articoli e le parole con breve durata).
Figura 5 Le espressioni “la pupa”, “è bella” contengono dei passaggi rapidi (Zanobini M., 2010)
17
In ogni parola il numero di sillabe, il tipo di sillaba (aperta, chiusa, inversa), i passaggi tra
di esse e l’accento, fanno sì che essa abbia una sua forma ritmica. Se il numero di parole
è immenso, le forme ritmiche delle parole sono limitate e questo permette di realizzare un
transfert per i vocaboli nuovi.
I punti in comune tra il ritmo musicale ed il ritmo del linguaggio sono:come
i movimenti,
la didimensione
t
versità
delle qualità ritmiche, la continuità e la discontinuità come dimensione
temporale.
come dimensione
t realizzazione delle Strutture Fonetico Ritmiche (SFR) si nota il rapporto stretto tra foNella
nazione ritmo e intonazione.
Figura 6 Le SFR, come “pa pa po” offrono al bambino i ritmi e le intonazioni di sillabe differenti.
Le intonazioni diverse (narrativa, interrogativa, affermativa) facilitano la sensibilità alle
intonazioni dell’espressione linguistica (Dre!an"i# Z., 1982)
La voce cantata e modulata servono ad ottenere un buon timbro della voce parlata ed una
giusta articolazione; una buona riproduzione inoltre aiuta l’ascolto. Anche la voce modulata,
infatti, è ricca di frequenze efrequenze
soprattutto
di stimoli affettivi
e affettivi
aiuta a ecreare
tracreare
bambini
e soprattutto
di stimoli
aiuta a
tra e
frequenze e soprattutto di stimoli affettivi e aiuta a creare tra
genitori
il giusto rapporto comunicativo. Gli studi più recenti di linguistica dimostrano che il
b
b
bambino è particolarmente sensibile nel primo anno di vita alle differenze tra i diversi suoni
di una lingua. Per questo le melodie non sono curate solo sotto l’aspetto delle frequenze
ma anche sotto l’aspetto fonetico.
Il ritmo musicale e le sue forme vengono imparati dal bambino progressivamente e vengono accompagnati da movimenti2.
I movimenti grandi si accompagnano alla voce cantata
Figura 7 I grandi movimenti illustrano nello spazio “tate ta” con la voce cantata.
Con
l’uso delle braccia ma anche dei piedi (Dre!
(Dre!an"i# Z., 1998)
C
I movimenti piccoli (realizzati sul palmo della mano) si accompagnano alla voce modulata
e articolata.
#"
#"
Figura 8 Questa illustrazione grafica dei movimenti si propone
Intorno ai 4-5 anni (Dre!an"i# Z., 1998)
2
“Differenzilno integralni pokreti” (Drežančić Z., 1988), espressione che in italiano si può tradurre come “I movimenti
che differenziano ed integrano gli elementi in una forma adeguata”.
18
I
I
ai 4-5 anni (Dre!
ai 4-5 anni (Dre!
I movimenti neutri si accompagnano alla voce parlata. La forma si sintetizza.
Figura 9 Verso i 5-6 anni si propongono i movimenti illustrati graficamente
A sei anni, invece, si propone la stessa figura ritmica scritta con le note.
A sei anni, invece, si propone la stessa figura ritmica scritta con le note.
Figura 10 Il bambino realizza oralmente, leggendo, i suoni che
rappresentano pedagogicamente queste strutture ritmiche (Dre!an"i# Z., 1998)
(Dre!
r
Le strutture fonetico-ritmiche si basano su diversi ritmi musicali, tempi, intensità e intonazioni, in modo da sottolineare le caratteristiche dei singoli fonemi. Per esempio i ritmi con
pause e veloci ripetizioni aiutano nella pronuncia dei suoni sordi e occlusivi; un tempo lento
con pronuncia calma aiuta nei suoni sonori e nasali.
3.2 I procedimenti pedagogici (canali)
Con questo Metodo si offrono gli stimoli adeguati all’attivazione fisiologica di tutte le vie
nervose necessarie allo sviluppo del linguaggio e funzionali ad un’impostazione naturale
della voce e delle prime acquisizioni linguistiche.
I procedimenti utilizzati sono 20: i primi 10, utilizzati fin dai primi programmi, svolgono funzioni che vanno dalle prime stimolazioni vocali alla correzione della parola; gli altri, utilizzati prevalentemente dopo l’ingresso a scuola, riguardano la lingua scritta, i ritmi musicali,
la grammatica e gli apprendimenti più avanzati. Il bambino normoudente o senza disturbi
del linguaggio percorre spontaneamente e gradualmente le fasi dello sviluppo del linguaggio dalla prima fonazione fino alle espressioni del linguaggio dell’adulto.
Figura 11 I 20 canali della Pedagogia Dre!an"i# (Dre!an"i# Z., 1988)
19
Con i venti procedimenti pedagogici chiamati “canali” si dà la possibilità al bambino con difficoltà, nel periodo prescolare, di entrare nel sistema guidato e, gradualmente, secondo le
fasi di sviluppo del bambino normale. In altre parole, non bisogna trascurare le fasi dello
sviluppo del linguaggio indispensabili ad una corretta evoluzione dell’espressione fonetica,
condizione necessaria per parlare adeguatamente la lingua.
Si deve considerare che il bambino non udente per raggiungere la percezione dei fonemi,
deve passare prima attraverso la discriminazione di questi, il lavoro iniziale sarà quindi diretto a rendere possibile il selezionamento graduale e la distinzione, affinché il bambino
possa generalizzarli.
La scelta delle parole è legata alla progressione fonetica per fare acquisire al bambino gli
elementi necessari per codificare i messaggi verbali e fargli acquisire un linguaggio spontaneo. I procedimenti programmati partiranno sempre dall’esperienza e dalle possibilità del
bambino, impostando una corretta collaborazione con i familiari per potenziare i risultati. Il
ritmo musicale e le sue forme si presentano e si imparano progressivamente partendo dal
primo programma.
3.3 L’importanza di un approccio multisensoriale. I quattro programmi
I modelli proposti sono multisensoriali: l’attenzione del bambino viene richiamata sulla proposta
vocale, sulla percezione uditiva, sull’espressione del viso e sui movimenti.
I suoni del linguaggio e i vocaboli sono accessibili per il bambino con difficoltà di linguaggio se
si rispetta una progressione fonetica. Sono presenti fin dall’inizio le diverse categorie grammaticali per strutturare le frasi complete. La pedagogia prevede una stretta collaborazione fra logopedisti, educatori e famiglie, che insieme operano per un progetto comune.
Il percorso logopedico, in collaborazione con le altre figure che ruotano intorno al bambino, si articola in quattro programmi che rispettano le tappe evolutive, il percorso sociale e scolastico di
ognuno. Da poche informazioni acustiche i bambini giungono ad un linguaggio creativo e corretto, attraverso il quale poter organizzare ed esprimere il proprio mondo interiore e le proprie
esperienze e quindi potersi integrare al massimo nella vita sociale.
Figura 12 I 4 programmi della pedagogia Dre!an"i# (Zanobini M. U. M., 2008)
20
3.3.1 I Programma
Il primo programma “audiofonopsicomotorio” che prevede stimolazioni dalla nascita fino ai 3
anni si basa sulla stimolazione, attraverso l’attivazione delle vie neurali, delle diverse funzioni
psichiche e dei primi processi mentali e questo consentirà ai bambini di mantenere i ricordi a
livello centrale.
Gli obiettivi saranno principalmente la sensibilizzazione all’ascolto, le prime imitazioni vocali,
gli stimoli vocali creati utilizzando un giocattolo per ogni suono, l’evocazione dello stimolo vocale (guardando il giocattolo scelto ad esso associato), il riconoscimento uditivo degli stimoli
vocali di cui sopra e la pronuncia delle prime parole con significato.
I mezzi didattici utilizzati per questo primo programma sono: i giochi fonici, giocattoli associati
ai suoni del linguaggio e giocattoli adatti a stimolare la produzione e libri con schede illustrate
per l’apprendimento dei vocaboli e delle prime frasi.
Verranno ancora utilizzate le melodie popolari appositamente scelte per ogni singolo fonema,
molte delle quali provengono da canti folcloristici, ad esempio si pronuncia “FA” con la melodia “Fra Martino” (canale 3). È importante dare al bambino il tempo di rielaborare spontaneamente, questo dà un’informazione importante sul riconoscimento uditivo (canale 9).
All’età di 6-9 mesi si inizieranno ad utilizzare i “giochi fonici”, il gioco fonico accompagnato
dalla voce cantata, modulata e parlata sottolinea le qualità ritmiche.
Nella presentazione della vocale “u”, si accompagna il gioco delle trottoline con la voce modulata sul ritmo musicale delle sedicesime con la legatura (tafate: uuù uuù uuù) e la pausa,
per consentire invece, il frenaggio della voce e l’articolazione della vocale (ta: u!): uuù uuù
uuù u! (Zanobini M., 2010)
I giochi fonici, quindi, rappresentano un mezzo didattico in cui gli oggetti usati non servono solo
ad attirare l’attenzione del bambino, ma anche punti di riferimento fissi, affinché vedendoli, il
bambino possa, anche in assenza di un modello vocale, evocare i modelli stessi.
Una stimolazione molto usata nel programma audiofonopsicomotorio è lo “slancio di vocale”.
Nello “slancio di vocale” la voce parte all’altezza del suono laringeo fondamentale e poi si effettua una spunta che si sviluppa con intensità crescente (oooopapapapa...).
Lo “slancio di vocale” (canale 6) è alla base della sonorizzazione della voce e dello sviluppo
dell’intonazione: è importante ricordare che le differenza di intonazione (narrativa, interrogativa e affermativa) è possibile solamente se la produzione vocale ha l’energia e la pienezza
sufficienti per sostenere i passaggi rapidi ascendenti e discendenti. (Zanobini M., 2010)
Quando il bambino entra nella tappa imitativa e riesce a produrre correttamente qualche
suono, si propongono le prime parole e con gradualità si arricchiscono i giochi fonici con le
componenti linguistiche (io metto, mamma mette...).
Con un’articolazione sonorizzata e seguendo la progressione fonetica si iniziano a produrre i
nomi propri e comuni accompagnati dall’articolo, i verbi e i pronomi.
Questo permette di dare ai bambini la possibilità di utilizzare un linguaggio concreto da un
punto di vista semantico e sintattico e con tutti gli elementi necessari per esprimersi e strutturare il pensiero.
Quando il bambino ha superato le tappe dell’evocazione e dell’imitazione si propongono i movimenti, in un primo momento insieme all’oggetto poi senza.
3.3.2 II Programma
Il secondo programma “prescolare” viene utilizzato dai 3 ai 6-7 anni, i procedimenti pedagogici (canali) utilizzati per stimolare sono: la voce, l’intonazione, i ritmi (musicali e linguistici), i suoni del linguaggio sulla base dei tratti pertinenti (attraverso le strutture
fonetico-ritmiche), le prime frasi con esercizi per strutturare e correggere, il dialogo partendo dalle domande e dalle risposte. Il lavoro sarà inoltre finalizzato a far emergere la
creatività nel linguaggio spontaneo.
21
Si continuano ad utilizzare oggetti e giocattoli, ma soprattutto come aiuto alla strutturazione
grammaticale e sintattica del linguaggio.
Gli esercizi con voce cantata, modulata e parlata vengono proposti sempre più insieme ai movimenti che servono a rappresentare melodie cantate per le consonanti e le vocali, e a memorizzare le strutture fonetico ritmiche (canali 1, 3, 4, 6).
La contrapposizione delle vocali ``a-u’’ viene presentata con i movimenti delle braccia che, gradualmente, si spostano verso l’alto quando s’innalza la tonalità timbrica (note musicali dal “do”
al “si”), e scendono al punto di inizio quando tornano sulle frequenze più basse (dal “sol” al
“do”). (Zanobini M., 2010)
Le “strutture fonetico ritmiche” (SFR) consentono di offrire al bambino i diversi tipi di sillabe con
differenti ritmi e intonazioni (narrativa, interrogativa, affermativa), facilitando l’intonazione dell’espressione linguistica e la strutturazione dei vocaboli e delle frasi. Le SFR vengono proposte sotto forma di gioco e accompagnate dai movimenti che sono specifici per ogni fonema e,
in seguito, possono essere proposte anche attraverso i disegni che consentono al bambino
di acquisire con gradualità i prerequisiti indispensabili per la lettura e la scrittura.
che di solito
v Figura 13 Disegni di prefettura e prescrittura
(Dre!
vengono presentati a partire circa da 4 anni (Dre!an"i# Z., 1992)
Quindi la SFR ``Pa-pa-po’’, già elaborata oralmente e con l’aiuto dei movimenti, troverà un
riferimento visivo.
Figura 14 Per avvicinare la forma orale alla forma scritta si
utilizza questo disegno correlato da lettere (Dre!an"i# Z., 1988)
u
(Dre!
Si utilizzeranno ancora disegni leggermente più complessi che suggeriscono chiaramente
le durate dei suoni o disegni che sottolineano le altezze dei suoni e i movimenti che si effettuano durante l’esecuzione (questi tipi di rappresentazione delle SFR vengono presentate successivamente).
In questo programma viene data molta importanza alla strutturazione dei vocaboli, delle
frasi, all’arricchimento lessicale e alla comprensione di domande (a questo proposito viene
utilizzato in particolar modo il libro “La strutturazione dal vocabolo alla frase” di Z.
Drežančić) .
Si cercherà ancora di dare importanza ai passaggi intersillabici attraverso movimenti che
suggeriscono “i passaggi veloci” e quelli “lenti” nelle parole, rispettando le qualità intrinseche della loro forma ritmica.
22
La “Pu” si prol
La “Pu” si prol
u
(Dre!
Figura 15 La “Pu” si prolunga in modo da
abbracciare la sillaba che segue, la “Pa”,
Figura 16 Rappresenta il suono“Mo”. La pronuncia
prolungata del suono “mo” ha un’intonazione
Con il libro didattico “I tre tempi” si introduce l’uso del presente, del passato e del futuro. Si evita
l’utilizzo di avverbi (ad esempio ieri, oggi, domani) perché altrimenti il bambino, in seguito,
cercherà sempre questo aiuto, ma si cerca di dare l’idea dei tempi verbali attraverso l’utilizzo
di figure che evidenziano azioni svolte appunto in diversi momenti e si rinforza accompagnando le figure con le espressioni linguistiche corrispondenti. (Emma sta per mangiare....).
3.3.3 III Programma
Questo programma accompagna il soggetto per tutta la scuola dell’obbligo e deve, ovviamente, essere visto in continuità con i programmi precedenti.
Prevede, quindi, di perfezionare la comprensione e la produzione del linguaggio orale (da
un punto di vista fonetico, fonologico, ma anche morfosintattico), il passaggio dall’orale
allo scritto, a nuovi linguaggi, l’approccio alla lingua straniera, alla letteratura, alla poesia..
Si iniziano ad utilizzare oltre ai canali precedenti anche quelli nuovi (dal canale 11 al 20)
e, in particolare, i canali 11 e 12 risultano molto rilevanti.
Il canale 11, infatti, riguarda proprio “il passaggio dall’orale allo scritto”. Con l’ingresso nella
prima classe della scuola primaria, infatti, il bambino con ipoacusia si ritrova, come i suoi
coetanei udenti, ad affrontare un nuovo difficile compito: il passaggio dal linguaggio orale
al linguaggio scritto.
Il principale mezzo didattico utilizzato a questo scopo è il libro “Gioco, parlo, leggo, scrivo”
composto da due volumi, il bambino audioleso deve essere preparato a questo passaggio
con gradualità e proposte ben programmate, ancora prima dell’ingresso nella scuola primaria, perciò, il primo volume viene utilizzato già precedentemente come preparazione
alla scuola primaria nell’ultimo anno di scuola dell’infanzia.
Comprendere la corrispondenza tra i suoni di linguaggio pronunciati (i fonemi) e le lettere
scritte (i grafemi) è un compito non semplice per il bambino. La difficoltà diventa maggiore
quando si tratta di suoni di linguaggio che richiedono una forma scritta più complessa,
quindi di problemi ortografici.
L’allievo accetterà più facilmente la complessità dell’ortografia quando capirà che i suoni
detti possono essere scritti con un segno grafico; non solo, ma anche un suono può essere
scritto con più lettere. (Drežančić Z., 1987)
Se il bambino non viene aiutato preventivamente in modo corretto, queste difficoltà possono anche permanere a lungo nel tempo ed ostacolarlo notevolmente nella capacità di utilizzare correttamente il linguaggio scritto.
È importante collaborare con tutte le agenzie formative e, in particolare, con gli insegnanti
e i genitori; si ragiona sui punti di forza e sulle specifiche difficoltà di ogni bambino; si spiegheranno le proposte educative del metodo cercando, dove è possibile, di proporre lo
stesso materiale a tutti i bambini, cercando sempre di incoraggiare e sostenere il bambino
con ipoacusia.
23
Il canale 12 prevede la lettura di note. A questo proposito si ha come libro di riferimento
“Voce ritmi musicali e linguistici. Espressioni linguistiche” in cui ci sono 30 schede per esercitare il ritmo musicale vocalmente espresso. Queste schede servono per usare e controllare la voce attraverso le forme ritmiche che preparano le future parole.
Le figure ritmiche sono state scelte dalla prof. Drežančić in funzione del ritmo linguistico.
Il bambino, quindi, riceverà un modello: acustico (la logopedista propone la stimolazione
verbale), motorio (la logopedista accompagna la stimolazione con grandi e piccoli movimenti), visivo (il bambino vede la terapista presentare il modello).
Per la stimolazione si possono utilizzare tre tipi di voce accompagnati da movimenti: voce
cantata (grandi movimenti delle braccia che integrano durate, accenti, qualità ritmiche);
voce modulata (piccoli movimenti delle mani che sottolineano le figure ritmiche e l’intervallo
tra esse); voce parlata (movimenti neutri che danno luogo a tante qualità ritmiche in successione come avviene nelle frasi).
I primi 12 canali hanno un ruolo fondamentale nella strutturazione del linguaggio. A questi
comunque si aggiunge, all’interno del III programma, la sintassi (canale 13), un ulteriore
supporto alle forme verbali (canale 14), gli aggettivi e gli avverbi nelle frasi (canale 15), le
domande orali e scritte (canale 16), le poesie (canale 17), la letteratura (canale 18), il teatro e il dialogo (canale 19) e, infine, il canale 20 che è stato pensato appositamente per
quei casi in cui i bambini presentano disabilità multiple.
3.3.4 IV Programma
Questo programma viene, di solito, svolto con soggetti che hanno seguito già negli anni
precedenti questo metodo riabilitativo. I ragazzi diventano sempre più consapevoli del loro
percorso e possono esercitarsi anche autonomamente aiutandosi con il libro sui ritmi musicali.
Si può ricorrere a cicli di terapia logopedica in particolari momenti (periodo della muta vocale) e, soprattutto nei casi di ipoacusia profonda in cui la qualità della voce può in parte
deteriorasi nel tempo, è utile fare delle sedute di logopedia e riprendere gli esercizi.
Può, a volte, capitare che ragazzi che non hanno mai seguito questo tipo di metodo, o comunque che si accostano tardivamente alla riabilitazione, richiedano di essere aiutati nella
sonorizzazione della loro voce. Allora il quarto programma diventerà un percorso personalizzato in cui si devono integrare tutti i canali del metodo. Il percorso, naturalmente, sarà
lungo soprattutto se la sordità è grave o profonda.
Il soggetto che in questo caso desidera essere aiutato, deve sottoporsi a molte stimolazioni
per lui nuove e dovrà iniziare a utilizzare i ritmi musicali. La voce inizialmente risulterà male
impostata, si cercherà quindi di migliorarla aumentando la sonorizzazione delle vocali, differenziando meglio le consonanti, ritmando le sillabe, addolcendo le articolazioni esagerate
delle parole.
Alcune volte l’adulto con ipoacusia, spesso chiuso in se stesso o depresso, è spinto a rivolgersi ad un logopedista dai familiari o da amici che sperano in un cambiamento positivo.
In questo caso il paziente potrebbe non farsi coinvolgere totalmente nel percorso logopedico, ma comunque pian piano si possono ottenere dei buoni risultati e, nei casi più gravi,
attraverso una corretta protesizzazione e un intenso lavoro, la persona potrà almeno iniziare parlare e aumentare la sua comprensione e produzione linguistica.
4 Applicazione del Metodo Drežančić ad un caso concreto
4.1 Presentazione delle attività
Il 29 Gennaio 2010, ho conosciuto A., una bambina di 9 anni che frequentava la III classe
della scuola primaria.
24
Quello che mi ha subito colpito della bambina è stato il suo modo di parlare, che non era
affatto tipico delle persone non udenti, al contrario appariva con una buona intonazione e
ritmo. Quando sono entrata per la prima volta nella stanza dove veniva effettuata la terapia logopedica, la bambina mi ha guardato un po’ sospettosa, ma già nel corso della prima
ora, scambiando due parole con lei, il suo atteggiamento è cambiato. La bambina mi ha accettato da subito. La madre della bambina si è sempre dimostrata molto entusiasta del metodo e contenta del fatto che una studentessa di logopedia volesse formarsi con quel
metodo che per lei e per sua figlia si era dimostrato tanto utile. A., infatti, nel corso degli
anni aveva seguito le sedute logopediche con altre logopediste che utilizzavano metodi
differenti e che, purtroppo, le avevano fatto acquisire un modo di parlare molto artificioso
e forzato. La bambina a volte gridava, a volte non parlava affatto e, soprattutto, secondo
quello che mi ha riferito la madre, non aveva “il piacere” di comunicare verbalmente con
gli altri e dimostrava, spesso, stati aggressivi.
A. è stata protesizzata solo all’età di 4 anni, a seguito di una diagnosi tardiva. In un primo
momento infatti il suo problema era stato inquadrato come ritardo psicomotorio con deficit
d’attenzione e iperattività. La bambina si dimostrava ansiosa, agitata e aggressiva nei confronti dei compagni di asilo e dei coetanei e aveva inoltre incubi ricorrenti. A livello linguistico presentava un vocabolario ridotto e un notevole ritardo in tutti gli ambiti del linguaggio.
La voce non risultava naturale ma piena di sbalzi di tono e, a volte, con presenza di grida.
Dalla diagnosi definitiva è risultata affetta da ipoacusia percettiva bilaterale di media entità.
Non appena la madre ha sentito parlare del Metodo Drežančić ha deciso che quella rappresentava la giusta strada per sua figlia che da allora ha iniziato a seguire la logopedia
unicamente con questo metodo.
A. è apparsa, da subito, molto migliorata sia nel linguaggio che nel comportamento anche
grazie all’utilizzo delle protesi endoauricolari. Da allora, la bambina sembra aver allungato
i tempi di attenzione e appare più rilassata. A. è mancina e presenta una balbuzie, che risulta più marcata nei momenti di agitazione o quando si trova davanti ad una situazione a
lei nuova. A scuola riesce comunque a concentrarsi per tempi inferiori rispetto ai suoi coetanei. La bambina, con il tempo, ha diminuito la messa in atto di alcune condotte di oppositività ed evitamento del compito.
4.2 Le ore di terapia
La bambina, che ho seguito nelle ore di terapia, aveva 9 anni perciò è stato utilizzato con
lei il terzo programma che viene utilizzato dai 6/7 anni ai 14.
In questo programma, rispetto agli altri, appaiono delle novità, come ad esempio l’introduzione di nuovi canali, dovendo questo programma accompagnare i bambini nell’ingresso
alla scuola dell’obbligo.
Le nuove attività proposte dal programma sono “canale 11” che riguarda il passaggio dall’orale allo scritto, “canale 12” che concerne la lettura delle note musicali, “canali 13-14-1516-17” che sono rispettivamente la sintassi, le forme verbali (se è necessario rafforzarle),
gli aggettivi e gli avverbi, le domande, le poesie e, infine, “canale 20” che prevede esercizi
specifici per bambini con handicap multipli.
I sussidi pedagogici per lo svolgimento delle attività di questo terzo programma sono:
• il libro: “Gioco, parlo, leggo, scrivo” vol. 1 e 2;
• le schede musicali presenti nel libro: “Voce ritmi musicali e linguistici, espressioni linguistiche, e le strutture fonetico ritmiche”;
• il libro: “I tre tempi: presente, passato, futuro” per il consolidamento dei verbi.
A. durante le ore di terapia è stata, quindi, sottoposta alle stimolazioni previste dal Terzo
Programma del “Metodo creativo, stimolativo, riabilitativo della comunicazione orale e
25
scritta con le strutture musicali” di Zora Drežančić. Durante le sedute, la logopedista ha lavorato in particolar modo su diversi aspetti in cui la bambina presentava dei problemi: difficoltà di lettura e comprensione di brani; difficoltà nel rievocare in modo corretto i suoni /n/,
/m/; difficoltà ortografiche nella lettura e nella scrittura; difficoltà nella conta e nel calcolo.
Comprensione dei ‘tre tempi’ verbali, strutturazione della frase e espansioni; episodica
mancanza di fluidità verbale; lavoro con i ritmi musicali; lo spazio ed il tempo.
Di seguito verranno illustrati i principali ambiti trattati durante la terapia.
Lettura e comprensione di brani.
La logopedista durante le ore di terapia ha lavorato principalmente utilizzando lo strumento
didattico “Gioco, parlo, leggo, scrivo” (Zora Drežančić). Solitamente si partiva da una lettura e basandosi sul solo titolo si cercava di anticipare l’argomento e poi si effettuava il
riassunto di quanto letto. Successivamente il riassunto veniva trascritto sul quaderno ripetendo prima frase per frase e poi scrivendo una frase alla volta. La bambina effettuava errori di doppie e non rispettava bene i righi. Se aiutata sapeva autocorreggersi.
Si denotavano difficoltà nella lettura dei segni grafici /b/ e /d/ nel carattere stampato minuscolo. La bambina non presentava difficoltà nello lettura dello stampato maiuscolo. Per
questo motivo è stato possibile suggerirle un “trucco” che permette il passaggio dal maiuscolo al minuscolo:
È stata poi proposta una scheda nella quale venivano presentate in modo alternato o
sparso le sillabe contenenti i due segni grafici /b/ e /d/ con le cinque vocali. Questo ha ‘obbligato’ la bambina a pensare alle differenze e a chiedersi, di volta in volta, di quale sillaba
si trattasse. Sono state, quindi, proposte parole e frasi contenenti tali sillabe. È stato utilizzato sia il testo “Gioco parlo leggo scrivo” che altre parole e frasi a partire dall’interesse
di A. (ad es. la storia “Bambi dorme”).
Difficoltà ortografiche nella lettura e nella scrittura
La bambina mostrava ancora qualche resistenza ad utilizzare nella forma scritta il carattere corsivo, invece nel carattere stampato scriveva in modo abbastanza corretto. A. commetteva diversi errori riguardanti le doppie.
Si discuteva, spesso, per qualche minuto con la bambina e si utilizzavano esercizi fatti in
precedenza per effettuare una riflessione su diversi punti. Ad esempio sull’uso dell’apostrofo e sul passaggio veloce all’interno delle parole con le doppie.
Inoltre la bambina necessitava di un aiuto graduale per superare le difficoltà relative alla
lettura e alla scrittura di [ca], [co], [cu], [che], [chi], [ci], [ce], [cia], [cio], [ciu]. Si è suggerito
a partire dal suono /K/ di creare uno schema di riferimento per far capire alla bambina in
modo ordinato quale segno grafico di volta in volta dovesse essere utilizzato e quale fosse
l’esatta corrispondenza grafema/fonema.
Difficoltà nel rievocare in modo corretto i suoni /n/, /m/
Si è lavorato sulla discriminazione dei due suoni attraverso la struttura fonetico-ritmica del
quarto procedimento pedagogico “MANA”, dopo averla esposta alla voce cantata. Successivamente è stato fatto un lavoro, sempre su questi suoni, con le frasi proposte dal libro “La strutturazione dal vocabolo alla frase” (Zora Drežančić). Anche in questi esercizi la bambina veniva
messa in condizione di scegliere e pensare, questo risultava fondamentale per aiutarla a prendere consapevolezza e progredire. Il lavoro veniva sempre ripreso e rinforzato.
26
La bambina, ancora, si esercitava con le consonanti “n” e “m” nel quaderno, per esempio
si scriveva sulla facciata di sinistra “m” e su quella di destra “n”. Quindi doveva pescare in
un contenitore una figura (piccole immagini) e dopo aver detto se nel nome era contenuta
la “n” o la “m” la incollava nella giusta posizione. Subito dopo scriveva con cura sotto l’immagine il nome. Le immagini che contenevano sia la “m” che la “n” doveva posizionarle al
centro. Altri esercizi erano ad esempio dividere animali che contenevano “n” o “m” all’interno del nome e scriverli nell’apposita colonna, etc..
Negli ultimi giorni la bambina sembrava riconoscere abbastanza tranquillamente quale
delle due consonanti si trovasse all’interno del nome di un oggetto o di una figura; a volte,
tuttavia, le posponeva quando si trovava a doverle scrivere.
Difficoltà nella conta e nel calcolo
Si è molto lavorato sui numeri, la logopedista mi ha spiegato di aver provato a far svolgere
alla bambina un problema (per farla esercitare sulle operazioni di addizione e sottrazione
e sul significato di alcuni termini). Vedendo le difficoltà della bambina aveva deciso di tornare sul concetto di “aggiungere” e “sottrarre” utilizzando anche strumenti pratici.
In particolare si voleva far automatizzare alla bambina l’utilizzo dell’addizione e della moltiplicazione nei problemi. I problemi venivano presentati in forma grafica, poi si analizzava
la domanda e in particolare si rifletteva sulla parola ‘totale’; con calma si mettevano i numeri in riga e, per aiutarsi, in colonna.
La bambina contava aiutandosi con le mani, si confondeva un po’ nello scrivere i numeri finali. Si arrivava spesso insieme alla soluzione facendo riflettere la bambina sui diversi passaggi. Quando la bambina sembrava essere convinta sull’utilizzo dell’addizione, allora la
logopedista si fermava a far riflettere la bambina sulla possibilità di utilizzare la moltiplicazione
per semplificare la risoluzione del problema. Si è lavorato anche sul valore dei soldi.
Comprensione dei tre tempi verbali, strutturazione della frase minima e piccole espansioni
A. era a conoscenza di molte forme verbali corrispondenti alle azioni, nella forma del presente. Per quanto riguarda il futuro tendeva a descrivere l’azione con espressioni tipo ‘sta
quasi per…’, il futuro veniva reso con espressioni che indicano invece il presente. Quindi
si è ritenuto opportuno lavorare con i ‘tre tempi’ in modo approfondito.
Tale lavoro aveva anche lo scopo di rinforzare la costruzione corretta della frase minima.
A. inizialmente ometteva spesso il soggetto. Il libro “I tre tempi: presente, passato, futuro”
non è stato proposto in modo continuato dalla prima all’ultima tavola. La scelta della tavola
da proporre veniva fatta a partire da difficoltà della pronuncia di alcuni suoni o da difficoltà
nella lettura o nella scrittura. Scelta la tavola sulla quale si voleva lavorare veniva presentata la frase minima nelle tre forme verbali, si suggeriva la coniugazione e si prendeva
spunto per la conversazione. Venivano quindi personalizzati i contenuti e si lavorava sull’espansione della frase, fino a creare con la bambina un piccolo racconto. A. si trovava
quindi a colorare, ritagliare, incollare, scrivere, coniugare.
Lavoro con i ritmi musicali
Una parte della lezione si dedicava sempre ai ritmi musicali, particolarmente utili alla bambina che presentava oltre all’ipoacusia anche, in modo episodico, fenomeni di disfluenza
verbale.
Venivano, quindi, pronunciate delle filastrocche che contenevano parole senza senso. Ad
esempio: “eleri seleri, ribedi ra, ribedi rabedi, bum, ribedi rabedi pif paf puf”, venivano sempre accompagnate da movimenti piccoli e voce cantata. I movimenti venivano effettuati,
prevalentemente, sul palmo delle mano per sottolineare il ritmo delle parole e le pause.
La forma ritmica a cui si riferiscono le parole della filastrocca è la terzina, l’accento che le
caratterizza è quello delle parole sdrucciole (con accento tonico sulla terzultima sillaba),
guardando al ritmo musicale, l’accento relativo è sul primo elemento. Come in ‘Elena’,
‘piccolo’, ‘giovane’, etc.
27
‘Elena’,
‘
Figura 17 La terzina corrisponde alla forma ritmica “tateti” (Dre!an"i# Z., 1987)
Questo ritmo si esercita mediante l’esecuzione forma ritmica “tateti”, accompagnato, naturalmente, da movimenti che sono, in questo caso, medi e piccoli e dalla voce cantata.
Figura 18 Esecuzione di “tateti” con la voce cantata
Le mani durante il canto di “ta” vanno su e giù per tre volte, per sottolineare che “ta” (
ha la stessa durata della terzina che ne rappresenta la suddivisione in tre parti.
)
(Dre!
Figura 19 La durata è uguale (Dre!an"i# Z., 1987)
(Dre!
Durante l’esecuzione dei tre “ta” finali si inseriscono
(Dre! pause più lunghe. È importante rispettare le pause presenti nella forma ritmica.
Figura 20 Esecuzione di “ta” con la pausa
Si canta ancora “tate ta” (con la canzone di “Biancaneve”), “tafate” e molte altre.
Poi ancora si procede alla vera e propria lettura delle note dal libro “Voce ritmi musicali e
linguistici, Espressioni linguistiche. Prima parte” di Z. Drežančić.
La bambina appariva sempre molto coinvolta da queste attività e le faceva con molta attenzione
e senza dimostrare stanchezza anche quando sbagliava e doveva rieseguire gli esercizi.
A. ha iniziato tardivamente questo tipo di terapia ma appare, confrontando risultati, documenti e pareri anche dei genitori, migliorata sotto diversi aspetti: sicuramente dal punto di
vista dell’arricchimento del vocabolario e del miglioramento dell’inventario fonetico, ma
anche dal punto di vista della morfosintassi. Prima, infatti, la morfologia libera e le flessioni
verbali erano quasi assenti, le frasi erano esclusivamente semplici e talvolta verbless. Inoltre risulta migliorata la comprensione e la capacità pragmatica; anche caratterialmente la
madre riferisce di vederla più serena, rilassata, partecipe e motivata alle attività.
28
Figura 21 Esempi di schede ritmi musicali (Dre!an"i# Z., 2000)
Conclusioni
Il metodo Drežančić dimostra come, con stimoli naturali ben programmati, sia possibile,
anche per un bambino con sordità profonda, arrivare ad uno sviluppo linguistico armonico,
a timbrare la voce ed a realizzare un’espressione verbale normale, con un linguaggio spontaneo, creativo ed intelligibile.
Uno degli errori classici di diverse metodi riabilitativi è stato, infatti, quello di separare, per
esempio, la fonazione dall’articolazione (in pratica allenando i movimenti necessari per la
pronuncia separatamente dalla voce).
Grazie a questo Metodo riabilitativo ho potuto sperimentare come risulta possibile, attraverso l’utilizzo dei residui uditivi, aiutare i bambini con sordità anche profonda ad apprendere il linguaggio verbale, a raggiungere un generale sviluppo della persona con sordità,
ad avere una crescita armonica e serena e ad interagire con gli altri.
I modelli vanno proposti rispettando i modi e i tempi di ricezione e di immagazzinamento
delle persone sorde; troppe proposte, senza lasciare il tempo necessario di elaborazione,
non possono giovare all’acquisizione corretta.
I modelli proposti nel Metodo Drežančić sono multisensoriali: l’attenzione del bambino viene
richiamata sulla proposta vocale, sulla percezione uditiva, sull’espressione del viso e sui
movimenti. Questi ultimi assolvono a diverse funzioni: sottolineano le caratteristiche dell’emissione sonora (qualità, durata, ritmo, intonazione, tanto nelle forme dei ritmi musicali
quanto nel linguaggio parlato) e facilitano l’acquisizione dei suoni del linguaggio; evidenziano la presenza nella frase di elementi non accentati come articoli, preposizioni etc., che
G
rischiano
altrimenti, come si è visto, di essere omessi nel linguaggio delle persone audiolese; favoriscono la memorizzazione della proposte e l’evocazione delle stesse in assenza
del modello vocale.
Il Metodo risulta piuttosto articolato e richiede un grande studio da parte di chi intende apI modelli
vanno
proposti rispettando
i modi
e i tempi
di ricezione
e di immagazzinamento
plicarlo
per la
molteplicità
di fattori che
vengono
presi
in considerazione
per pianificare la
d
riabilitazione,
per i diversi stimoli proposti e per le innovazioni presenti rispetto agli altri metodi riabilitativi. I bambini attraverso il Metodo Drežančić vengono considerati nella loro gloI modelli proposti nel Metodo Dre!
balità
e, cantando e giocando, sviluppano il bisogno di comunicare verbalmente in maniera
quasi spontanea e intanto crescono in maniera serena, senza disturbi comportamentali,
senza chiudersi o isolarsi ma in maniera armoniosa, aprendosi agli stimoli provenienti dal
mondo esterno.
Bibliografia a richiesta.
29
LOGOPaeDIA 2013; vol.1
Ricerche e studi
Screening per l’identificazione precoce di bambini
con ritardo dl linguaggio nell’ASL di Mantova: primi
risultati sull’efficacia, criticità, prospettive future
F. Piazza*, L. Cappiello*, L. D’Ascanio*, M.M. Monici*,
G. Nichetti°, L. Remi°, E. Sai°,
*Struttura Complessa di Otorinolaringoiatria Ospedale “Carlo Poma” – Mantova (Direttore: F. Piazza)
°Corso di Laurea in Logopedia – Università degli Studi di Milano (Coordinatrice Att. Prof.: E. Sai)
Abstract
Introduzione
I bambini con ritardo del linguaggio spesso costituiscono un dilemma per i clinici: se bisogna condurre ulteriori indagini o soltanto osservare i piccoli pazienti. Date le notevoli conseguenze del problema sulla vita dei bambini negli ultimi anni, sia in Italia che all’estero, i
ricercatori e i clinici si sono impegnati a trovare nuovi modi per identificare con accuratezza e ad età precoci i bambini con questo tipo di disturbo.
Obiettivi
Lo scopo principale del nostro lavoro è quello di individuare tra i bambini risultanti positivi al
test di screening del linguaggio e che hanno effettuato gli approfondimenti diagnostici previsti, gruppi omogenei con caratteristiche comunicativo-linguistiche specifiche, a cui poter proporre risorse educative a sostegno dello sviluppo linguistico durante il periodo di follow-up.
Materiali e metodi
Il progetto di Screening messo in atto dal Dipartimento di Medicina Preventiva dell’ASL di
Mantova ha coinvolto finora i bambini residenti nella provincia di Mantova, nati negli anni
2008 e 2009, individuati attraverso il Registro Regionale dell’Anagrafe. Sono stati esclusi
i bambini deceduti, i bambini di nazionalità non italiana e i bambini già titolari di un esenzione sanitaria per grave patologia. I piccoli pazienti sono stati sottoposti a valutazione clinico e strumentale logopedia, otorinolaringoiatrica e neuropsichiatrica infantile.
Risultati
L’esecuzione dello screening ha consentito di individuare ritardi del linguaggio. La maggior parte è risultato essere una popolazione di parlatori tardivi. Esiste una relazione con
l’ipoacusia trasmissiva, la familiarità, la comorbidità, il sesso, il contesto socio-culturale.
Conclusioni
La definizione diagnostica tardiva di un disturbo evolutivo fa perdere spesso definitivamente delle opportunità di intervento e delle possibilità di compensazione dato che talune
facoltà della mente presentano tempi critici di sviluppo. Il riconoscimento precoce e quindi
dello screening del linguaggio è quello di offrire al bambino maggiori occasioni di sfruttare
al massimo le sue potenzialità e quelle offerte dall’ambiente.
30
Parole chiave: screening del linguaggio, disturbi del linguaggio, late-talkers, abilità comunicativo-linguistiche.
INTRODUZIONE
I bambini con ritardo del linguaggio spesso costituiscono un dilemma per i clinici: bisogna
condurre ulteriori indagini o soltanto attendere ed osservare se il problema si risolve come
nella maggioranza dei bambini sotto i 3 anni?
Date le notevoli conseguenze del problema sulla vita dei bambini negli ultimi anni, sia in
Italia che all’estero, i ricercatori e i clinici si sono impegnati a trovare nuovi modi per identificare con accuratezza e ad età precoci i bambini con questo tipo di disturbo.
Il ritardo nello sviluppo del linguaggio è il più comune disordine di sviluppo nei bambini dai
3 ai 16 anni. Secondo Rescorla (1989), la presenza del ritardo di linguaggio è identificabile all’età di 24 mesi quando il vocabolario è inferiore alle 50 parole e non compaiono
combinazioni di parole.
La prevalenza di questo problema varia dal 1% al 32% nella popolazione normale, ed è influenzata da numerosi fattori, tra cui l’età del bambino e il metodo di indagine utilizzato per
la diagnosi.
È noto che vi è un alto grado di comorbidità tra disturbi psichiatrici come l’autismo e i disordini
di sviluppo della parola e del linguaggio.
Molti lavori hanno evidenziato che i bambini che presentano un ritardo di linguaggio nei primi
anni di vita risultano a rischio per i successivi disturbi specifici di linguaggio (DSL) e di apprendimento (DSA) ( Bishop e Snowling, 2004).
Lo studio scientifico dello sviluppo del linguaggio, affermatosi negli anni 50 contestualmente
alla nascita della psicolinguistica, genera diversi dibattiti teorici circa i rapporti tra linguaggio e
cognizione ed i rapporti tra linguaggio e interazione sociale.
Il bambino è in grado di comunicare intenzionalmente i propri bisogni e scopi ancora prima di
padroneggiare il linguaggio, attraverso una vasta varietà di gesti e vocalizzi.
Approssimativamente il 15% dei bambini di 2 anni presentano un ritardo nell’acquisizione del
vocabolario in assenza di patologie sottostanti (sensoriali, neurologiche, deficit cognitivi). È
stato dimostrato in alcuni studi, che questo tipo di ritardo è associato a difficoltà di interazione
tra genitore e bambino e ad un deficit nello sviluppo sociale ed emotivo-relazionale (Irwin et
al., 2002). Inoltre, tra le conseguenze associate al problema nel corso della vita, un gruppo di
questi bambini presenterà difficoltà di apprendimento e nell’esperienze di interazione sociale
(Tomblin e Samulson, 2005).
Da una recente review (Desmarais et al., 2008) emerge che gli autori non danno una definizione univoca al termine di Late Talkers. I criteri di inclusione condivisi riguardano l’assenza
di deficit uditivi importanti, di disturbi psichiatrici, di disturbi relazionali e la presenza di performance non verbali in norma ma un gruppo di studi definisce come parlatori tardivi, i bambini
con deficit linguistici limitati alla sola componente espressiva e con competenze recettiva in
norma (Fischel et al.,1989; Rescorla, 1989); mentre in un altro gruppo di studi, la definizione
si basa su un unico criterio linguistico, cioè la presenza di un ritardo del linguaggio espressivo,
indipendentemente dalle competenze recettive ( Horwitz et al., 2003). Questa popolazione
prende il nome di Late Bloomers, letteralmente “bambini che sbocciano tardi”.
Un ritardo del linguaggio non è sempre sinonimo di disturbo: solo circa il 3% dei bambini parlatori tardivi mantiene un disturbo persistente. Questo dato risulta coerente con la prevalenza
dei bambini con DSL (Disturbo Specifico del Linguaggio) in Italia.
Bonifacio e Hvastja Stefani (2010) attraverso uno studio longitudinale condotto su 121 bambini giunti in prima consultazione ad un età compresa tra i 24-36 mesi e seguiti fino ed oltre i
48 mesi, hanno individuato che nel 22% dei casi il problema di linguaggio era secondario a
una grave patologia dello sviluppo (Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, Ritardo Mentale), men-
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Studi clinici* dimostrano che il periodo di acclimatazione risulta per gran parte
completato in 30 giorni. Questo periodo è necessario al sistema nervoso centrale
per adattarsi alla nuova stimolazione uditiva, ottimizzandone le potenzialità
comunicative. L’utilizzo continuato degli apparecchi acustici nelle prime
quattro settimane dall’applicazione determina un miglioramento
dell’autonomia, della vita di elazione e in particolare delle attività
sociali.
*“Acclimatazione all’applicazione acustica e tempi
di rimediazione protesica” Domenico Cuda, Antonio
R. De Caria, 2008. Studio effettuato presso l’Unità
Operativa di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale
di Piacenza.
tre il rimanente 78% della popolazione era costituito da bambini Late Talkers (o Parlatori Tardivi); di questi: il 56% ha continuato a manifestare un persistente problema linguistico e quindi
ha ricevuto una diagnosi di DSL, mentre il 22% ha recuperato completamente e spontaneamente entro i 48 mesi lo sviluppo tipico (Late Bloomers).
L’identificazione precoce avviene attraverso la somministrazione di questionari ai genitori: il
Language Development Survey, il MacArthur Communicative Development, il Primo Vocabolario del Bambino (Caselli et al., 2007). Il parametro clinico che deriva dall’elaborazione dei
dati è il valore percentile. Si noti che in letteratura non esiste un’uniformità nello stabilire il valore soglia: dagli studi esaminati risulta flessibile. In alcuni studi (Ellis Weismer, 2007) il cut-off
corrisponde a un valore percentile pari o inferiore al 10°, in altri studi (Rescorla e Achenbach,
2002) pari o inferiore al 15°. Nello studio italiano condotto da Caselli et al. (2007), gli autori considerano come soglia di rischio il 5° percentile per stimare il ritardo a 2 anni.
È evidente in letteratura che i problemi di linguaggio tendono a ricorrere all’interno della stessa
famiglia. I dati disponibili indicano che il 18-48% dei bambini, provenienti da famiglie in cui
uno o entrambi genitori presenta o ha presentato un problema di linguaggio, molto probabilmente svilupperà una difficoltà linguistica (DeThorne et al., 2005).
È noto che la tipologia delle stimolazioni linguistiche offerte dai genitori influenza lo sviluppo
linguistico del bambino. Diverse ricerche sono state condotte allo scopo di indagare le connessioni tra caratteristiche linguistiche dei genitori e ridotto vocabolario espressivo all’età di 2
anni (Vigil et al., 2005). Il livello educativo materno è strettamente connesso al livello di stimolazioni linguistiche che la madre offrirà al suo bambino.
Lo scopo principale del nostro lavoro è quello di individuare tra i bambini risultanti positivi al
test di screening del linguaggio e che hanno effettuato gli approfondimenti diagnostici previsti, gruppi omogenei con caratteristiche comunicativo-linguistiche specifiche, a cui poter proporre risorse educative a sostegno dello sviluppo linguistico durante il periodo di follow-up.
L’obiettivo del riconoscimento precoce e quindi dello screening del linguaggio è quello di offrire al bambino maggiori occasioni di sfruttare al massimo le sue potenzialità e quelle offerte
dall’ambiente. Inoltre documentare come i servizi territoriali hanno riposto al progetto di screening evidenziando le problematiche che l’ASL si trova ad affrontare, come la disomogeneità
dei dati (non tutti i servizi territoriali seguono il protocollo).
MATERIALI E METODI
Il progetto di Screening messo in atto dal Dipartimento di Medicina Preventiva dell’ASL di
Mantova ha avuto inizio nel mese di giugno 2010. Ha coinvolto finora i bambini residenti nella
provincia di Mantova, nati negli anni 2008 e 2009, individuati attraverso il Registro Regionale
dell’Anagrafe. Sono stati esclusi i bambini deceduti, i bambini di nazionalità non italiana e i
bambini già titolari di un esenzione sanitaria per grave patologia. I dati prelevati però non sono
stati precedentemente incrociati con quelli dell’archivio del Servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedaliera “Carlo Poma”, per cui non sono stati esclusi a priori i bambini già
noti (per esempio bambini prematuri). Tale popolazione però non è da considerare appartenente al progetto di screening poiché ha avuto accesso al Servizio tramite un’altra modalità e
perché non può rientrare nel protocollo stabilito avendo già diagnosi certa ed essendo già in
follow-up.
Il reclutamento della popolazione in esame ha previsto una procedura divisa in fasi.
La fase 1, prevede il contatto con le famiglie e la compilazione del questionario di screening
PVB-Forma Breve; il contatto diretto con le famiglie dei bambini individuati, avviene tramite gli
incontri che il Dipartimento di Medicina Preventiva dell’ASL organizza nei diversi distretti della
provincia, al fine di coinvolgere i genitori. A domicilio viene inviata, da parte del Responsabile
Organizzativo, una lettera che descrive sinteticamente il principale scopo dello screening e fornisce tutte le indicazioni per la partecipazione. La durata dell’incontro è di circa un’ora: la lo-
34
gopedista dell’ASL presenta il progetto di screening, illustra le fasi di sviluppo del linguaggio
nel bambino dai 2 ai 3 anni, spiega accuratamente il questionario di screening (Primo Vocabolario del Bambino – Forma Breve). L’incontro termina con la compilazione del questionario
da parte dei genitori e la consegna di questo direttamente agli operatori dell’ASL.
Secondo il protocollo dell‟ASL, si considerano positivi al test di screening i bambini che rispondo a uno dei due seguenti criteri:
CASO 1 - Numero di parole nella sezione “Lista di parole” inferiore al 5° percentile e assenza
di uno dei quattro comportamenti tra abilità combinatoria, imitazione, comprensione e abilità
fonologiche (scarsa intelligibilità).
CASO 2 - Numero di parole nella sezione “Lista di parole” compreso tra il 5° e il 10° percentile e assenza di due dei quattro comportamenti tra abilità combinatoria, imitazione, comprensione e abilità fonologiche (scarsa intelligibilità).
La logopedista responsabile del progetto individua in base ai risultati del questionario, i casi
positivi allo screening e qualora i genitori siano d’accordo il piccolo paziente aderisce all’approfondimento diagnostico di secondo livello eseguendo una valutazione audiologica e neuropsichiatrica secondo un calendario.
La fase 2 prevede la valutazione indiretta del linguaggio e la valutazione cognitiva.
La fase di approfondimento diagnostico del progetto di screening inizia appunto con la visita
neuropsichiatrica, alla quale è richiesta la presenza del/i genitore/i e del bambino. Durante
questo incontro il neuropsichiatra apre la cartella clinica, raccoglie i dati anamnestici, esegue
un osservazione diretta del piccolo ed effettua la valutazione cognitiva.
Al termine della visita vengono fissati gli appuntamenti successivi per la valutazione logopedica e vengono consegnati gli altri due questionari previsti dalle linee guida dell’ASL: il Primo
Vocabolario del Bambino - Forma Lunga e l’ASCB (Abilità Socio-Conversazionali del Bambino)
che i genitori dovranno riconsegnare agli operatori all’appuntamento successivo.
I criteri per l’uscita dopo la prima valutazione sono:
- Presenza di disturbi pervasivi dello sviluppo
- Presenza di ritardo cognitivo
- Presenza di instabilità psicomotoria
- Presenza i disturbo recettivo del linguaggio
La fase 3 prevede la valutazione diretta del linguaggio.
La valutazione logopedica prevede un numero prestabilito di due, massimo tre, sedute alle
quali può partecipare anche un genitore; si compone di un’analisi quantitativa che mira a stabilire, attraverso la somministrazione di test standardizzati, dove si colloca la prestazione del
soggetto rispetto alla curva normale e di un analisi qualitativa che indaga la capacità del piccolo di comprendere le consegne, l’attenzione sostenuta, la presenza dei gesti rappresentativi, l’aspetto fonetico/fonologico (età fonetica e struttura fonotattica) e la tipologia di gioco che
il bambino è in grado di condurre. Gli strumenti ritenuti più idonei appartenenti al protocollo
si differenziano in base all’età cronologica o mentale (in caso sia presente un deficit cognitivo)
del bambino. Ogni strumento indaga una singola funzione linguistica.
La fase 4 prevede la valutazione della funzionalità uditiva e consiste in una valutazione audiologica e l’esecuzione di esami strumentali che testano l’orecchio medio e interno (esame
audiometrico infantile ed impedenzometria)
La fase 5 prevede l’incontro di restituzione alla famiglia;
terminato il percorso, alla presenza dei genitori, il medico neuropsichiatra infantile e la logopedista, descriveranno alla famiglia quali sono le difficoltà emerse dalla valutazione e forniranno inoltre dei consigli pratici per sostenere lo sviluppo del linguaggio del bambino. Dato che,
fino all’età di 48 mesi, non è possibile effettuare diagnosi di Disturbo Specifico di Linguaggio,
il follow-up offerto dal servizio segue il bambino fino a tale età. A 48 mesi, in seguito, il piccolo
potrà essere preso in carico e avrà diritto ad un ciclo immediato di 10 sedute.
35
RISULTATI
Negli anni 2010-2011, sono state contattate dall’ASL di Mantova per il progetto di screening
5102 famiglie, rispettivamente:
- 2817 famiglie con bambini nati nel 2008, contattate nell’anno 2010
- 2285 famiglie con bambini nati nel 2009, contattate nell’anno 2011
Di queste hanno aderito al progetto, compilando il questionario PVB-Forma Breve, 2656 famiglie, ovvero il 52 %:
-1458 famiglie con bambini nati nel 2008 (individuati nel corso dell’anno 2010/11), cioè il 52%
L’11% degli aderenti, ovvero 279 bambini sono risultati positivi al test di screening: 145 bambini, pari al 10%, nati nel 2008 e 134, pari all’11%, bambini nati nel 2009.
Tra i bambini nati nel 2008: 49 sono di sesso femminile (34%), 96 di sesso maschile (66%);
tra i bambini nati nel 2009: 38 (28%) sono di sesso femminile mentre 96 (72%) di sesso maschile.
I bambini positivi al test di screening hanno risposto ai criteri di identificazione stabiliti:
o CRITERIO 1 - Numero di parole nella sezione “Lista di parole” inferiore al 5° percentile e assenza di uno dei quattro comportamenti tra abilità combinatoria, imitazione, comprensione e
abilità fonologiche deficitarie
o CRITERIO 2 - Numero di parole nella sezione “Lista di parole” compreso tra il 5° e il 10° percentile e assenza di due dei quattro comportamenti tra abilità combinatoria, imitazione, comprensione, e abilità fonologiche deficitarie
Oltre a queste due criteri, sono stati invitati a proseguire l’approfondimento diagnostico presso
i servizi clinici anche i bambini che presentavano al PVB-Forma Breve un numero di parole al
questionario superiore al 10° percentile ma che rispondevano a una di queste condizioni:
bambini segnalati dal pediatra di famiglia che richiedeva l’accesso al secondo livello (n° 1 tra
i nati nel 2008).
La percentuale di bambini, nati nel 2008, risultati positivi al test secondo i criteri 1 e 2 del protocollo è pari al 95%, mentre quella dei bambini subentrati per altre ragioni è pari al 5%.
La percentuale di bambini, nati nel 2009, positivi per i criteri 1 e 2 è pari al 97%, mentre quella
dei bambini subentrati per altre ragioni è pari al 3%.
L’età cronologica media alla compilazione del questionario PVB-Forma Breve è pari a 31 mesi
per i casi positivi identificati nell’anno 2010/11 (bambini nati nel 2008), 29 mesi per i casi positivi identificati
T nell’anno 2011/12 (bambini nati nel 2009). (Tab. 1)
Anno 2008
Anno 2009
Criterio 1
106
121
Criterio 2
32
9
Bambini segnalati dal pediatra
1
/
4
2
Bambini con forte famigliarità
2
/
Approfondimento richiesto dai genitori
/
2
TOTALE BAMBINI POSITIVI
145
134
Bambini
con
deficit
fonologico
e/o
di
comprensione
36
La maggior parte della popolazione di bambini positivi individuati nell’anno 2010/2011, ha
avuto accesso allo screening tra i 29 e i 31 mesi, mentre 17 bambini hanno aderito al progetto
abbastanza tardivamente ad un’età cronologica superiore a 33 mesi. La famiglia del bambino
che ha avuto accesso allo screening all’età di 42 mesi non era stata informata dell’esistenza
del progetto in epoca precoce. L’ intervallo delle età di accesso della popolazione è molto
ampio: va dai 27 ai 42 mesi.
Tabella 2 - Distribuzione dell'età cronologica dei casi positivi individuati nell’anno 2010/11
Tabella 3 - Distribuzione dell’età cronologica dei casi positivi individuati nell’anno 2011/12
La maggior parte della popolazione di bambini positivi individuati nell’anno 2011/2012 si concentra tra i 27 e i 29 mesi e sono presenti pochissimi casi di adesioni tardive, solo 3 bambini
infatti hanno aderito al progetto dopo i 33 mesi.
T
Tabella 4 - EtàT media alla compilazione del questionario dei casi positivi
Età
media
compilazione
questionario (mesi)
alla
del
Accessi casi positivi
Accessi casi positivi
2010/11
2011/12
M = 31
M = 29
DS = 2,30
DS = 1,59
Range = 27 - 42
Range = 26 - 35
Per le due popolazioni considerate, è stato calcolato il numero di parole medio al PVB-Forma
Breve e la corrispondente Età di Sviluppo Lessicale. Il numero di parole medio al questionario dei
bambini positivi nell’anno 2010/11 è pari a 21 (Deviaz. Stand. = 15,77). Mentre il numero di parole medio dei bambini positivi nell’anno 2011/12 è pari a 13,97 (Deviaz. Stand. = 10,05).
F
37
Tabella 5 - EtàF di sviluppo lessicale: bambini positivi negli anni 2010/11 e 2011/12
Accessi
N° di bambini
N° di parole medio
Età
di
Lessicale
casi
positivi
Accessi
casi
2010/2011
2011/2012
145
134
M = 21,27
M = 13,97
DS = 15,77
DS = 10,05
Range = 0 - 89
Range = 0 - 68
20 < EL < 21
18 < EL < 19
positivi
Sviluppo
in
(corrispondente al
mesi
Per analizzare la distribuzione dei casi in base all’Età di Sviluppo Lessicale e fornire dati più
precisi, si è suddivisa la popolazione in quattro gruppi, a seconda del numero di parole prodotte e segnalate sul questionario:
- il gruppo 1 è rappresentato dai bambini aventi un numero di parole inferiore o pari a 10
- il gruppo 2 comprende i soggetti che presentano un numero di parole al questionario superiore a 10 e inferiore o pari a 26
- il gruppo 3 comprende i soggetti che presentano un numero di parole al questionario superiore a 26 e inferiore o pari a 46
- il gruppo 4 è rappresentato dai bambini aventi un numero di parole superiore a 46 ed inferiore o pari a 61
Ci sono poi bambini (3 tra gli accessi dell’anno 2010/11 e 1 tra gli accessi dell’anno 2011/12)
che non rientrano in nessun gruppo poiché presentano un numero di parole al questionario
maggiore di 61 e quindi superiore al 10° percentile. Si tratta dei casi positivi allo screening non
per numero di parole (criterio 1 e 2 del protocollo) ma per parametri differenti.
La maggior parte della popolazione per entrambi i campioni esaminati ha un numero di parole al questionario inferiore 20 ed un’età lessicale inferiore o pari a 20 mesi.
Per la descrizione della popolazione studiata, è utile analizzare alcune variabili della popolazione a rischio identificata dallo screening.
Nello specifico, si prenderanno in esame le seguenti variabili:
- condizione di bilinguismo
- nascita a termine
- grado di scolarizzazione dei genitori
- presenza di familiarità per disturbi di udito, linguaggio e apprendimento
- episodi frequenti di otiti (più di 4 volte/anno).
La popolazione esposta a due o più lingue rappresenta circa il 10% in entrambe gli anni considerati. Nella maggior parte dei casi, la situazione di bilinguismo deriva dalla presenza di
un’altra lingua diversa dall’italiano, parlata da uno dei due genitori. Le lingue segnalate sono:
portoghese (7 casi), spagnolo (3 casi), francese (3 casi), polacco (3 casi), arabo (2 casi), russo
e rumeno (1 caso), rumeno (1 caso), ucraino (1 caso), russo (1 caso), moldavo (1 caso), indiano (1 caso), inglese (1 caso); albanese (1 caso); mentre in due questionari non è stato
specificato l’altra lingua di esposizione.
Il 16% dei bambini positivi al test è nato pre-termine, più specificatamente il 18% dei bambini
nati nel 2008 (accessi 2010/11) e il 13% dei bambini nati nel 2009 (accessi 2010/11).
Il 16% della popolazione a rischio ha segnalato famigliarità positiva per disturbi di udito, del
linguaggio e di apprendimento: il 15% dei bambini nati nel 2008 e il 18% dei bambini nati nel
2009. Solo il 3% dei bambini risultanti positivi: il 2% dei bambini positivi nell’anno 2010/11 e il
38
4% dei bambini positivi nell’anno 2011/12, soffre frequentemente di otiti. La maggior parte della
popolazione si distribuisce, per entrambe le popolazioni indagate e sia per la madre che per il
padre, sui seguenti titoli di studio: licenza di scuola media inferiore e diploma di scuola secondaria superiore, quest’ultimo risulta essere il livello di scolarità più frequente.
L’elaborazione dei dati emersi dal progetto di screening ha evidenziato che il 52% dei positivi nell’anno 2010/11 e il 63% dei positivi nell’anno 2010/11 ha avuto accesso di valutazione diagnostica ed ha effettuato la prima visita Neuropsichiatrica presso il Servizio di Neuropsichiatria
infantile territoriale di riferimento. Si rileva infatti che 6 bambini, 5 nati nel 2008 e 1 nato nel 2009
pur risultando positivi al questionario di screening e giungendo in UONPIA in prima visita, hanno
intrapreso un altro tipo di percorso, effettuando una valutazione del linguaggio differente.
Tra tutta la popolazione di casi positivi che ha effettuato la prima visita all’interno del Servizio di Neuropsichiatria Infantile il percorso successivo, cioè trattamento o follow up è stato disomogeneo.
Se ci sofferma sul numero di visite neuropsichiatriche eseguite si nota che, le prime visite effettuate sono state 159, pari al 57% dei bambini positivi ma il 15 (9%) di questi non si è più rivolto
al Servizio; 27 (17%) effettueranno nell’immediato un trattamento (psicomotorio o con educatrice)
o altri tipi di valutazione (valutazione per sospetta presenza di DGS) presso i Servizi.
La distribuzione delle diagnosi emerse prevedono che 113 (71%) sono bambini con diagnosi di
ritardo del linguaggio in follow-up nell’ambito dello screening, 22 (13%) sono piccoli pazienti con
disturbi della componente espressiva: 20 (12%) con diagnosi di disturbi misti (componente
espressiva e recettiva), bambini che non hanno ancora concluso la valutazione: 6 (4%).
Nell’ambito della popolazione studiata hanno avuto una certa rilevanza una categoria di pazienti: i parlatori tardivi; nello specifico è interessare delineare le caratteristiche comunicativolinguistiche dei suddetti.
Data la disomogeneità presente sia nella pratica dei clinici durante la fase di valutazione che nella
popolazione dei casi positivi, è stato necessario definire un campione omogeneo di bambini con
un ritardo nell’acquisizione del linguaggio. Sono stati scelti i seguenti criteri d’inclusione:
- Esito positivo al questionario PVB-Forma Breve per criterio 1 o criterio 2, stabiliti dal protocollo
- Età di accesso allo screening: < 35 mesi
- Età alla valutazione diagnostica: < 36 mesi
- Adempimento di tutte le prove cognitive e linguistiche previste nell’ambito del protocollo di
valutazione diagnostica sperimentale (scala cognitiva Bayley o Leiter-R; questionari PVB- Parole e Frasi e ASCB; Test di Comprensione Verbale Precoce e del test PinG in produzione e
in comprensione)
- Esecuzione della valutazione audiologica
Il campione è costituito da un totale di 59 soggetti con età cronologica media alla valutazione
diretta del linguaggio pari a 33 mesi (DS: 2,06; Range: 28-36). Al termine della valutazione diagnostica sono emersi i seguenti dati:
- Disturbi dello spettro autistico: N° 1 (2%)
- Significativi deficit intellettivi (QI inferiore o pari a 70): N° 2 (3%)
- Borderline deficit intellettivi (QI compreso 71-85): N° 8 (14%)
- Late talkers10: 48 (81%)
Nello specifico si analizzeranno gli esiti ai test diagnostici della sotto-popolazione costituita
dai Late Talkers: 48 soggetti (12 femmine, 36 maschi) con età cronologica alla valutazione diretta del linguaggio pari a 33,11 mesi (DS: 2,02; Range: 28-36), al fine di determinarne i profili comunicativo-linguistici che li caratterizzano.
Per definizione, sono stati inclusi nella popolazione di Late Talker solo coloro che presentano
normali abilità cognitive (Range: QI 90-133).
Punteggi al PVB-Parole e Frasi (Forma Lunga):
- N° 35 soggetti (73%), con età cronologica media pari a 32 mesi, hanno mostrato un numero
di parole al PVB-Forma Lunga inferiore o pari al 5° percentile, cioè inferiore o pari a 219 parole.
39
- N° 6 soggetti (12%), con età cronologica media pari a 32 mesi, presentano un numero di parole compreso tra il 5°-10° percentile (3 casi) o pari al 10° (3 casi) cioè un numero di parole
superiore a 241 ed inferiore o pari 304.
- N° 2 soggetti (3,85%) con età cronologica media pari a 34 mesi, presentano un numero di
parole al questionario compreso tra il 10°-25° percentile (1 caso) o pari al 25° percentile (1
caso) cioè superiore a 336 ed inferiore o pari a 448.
- N° 1 soggetto (1,92%) di 34 mesi, presenta un numero di parole compreso tra il 50°-75° percentile cioè tra 553-623.
I bambini che hanno mostrato un numero di parole superiore al 10° percentile hanno tutti
un’età cronologica compresa tra i 33-35 mesi.
Per quanto concerne la valutazione audiologica, è emerso che la maggior parte della popolazione, cioè l’83% (40 bambini), ha presentato reazioni comportamentali adeguati all’età agli
esami di audiometria infantile effettuati, segno di normoacusia; il 12% (6 soggetti) ha presentato invece una lieve ipoacusia trasmissiva pantonale; e infine il 4% (2 soggetti) una lieve ipoacusia trasmissiva per le frequenze gravi. All’esame impedenzometrico 27 bambini (56%) della
popolazione, hanno presentato un timpanogramma in di tipo A bilaterale; 9 bambini (19%) di
tipo B bilaterale; 6 bambini (12%) di tipo C bilaterale (5 bambini: timpanogramma C in un orecchio e A nell’altro; 1 bambini timpanogramma A in un orecchio e B dall'altro). Dall’esame obiettivo non emergono particolari problemi che possano influire o ostacolare lo sviluppo linguistico
del soggetto. Gli unici dati emergenti indicano la presenza di condizioni flogistiche transitorie,
in alcuni casi facies adenoidea e respirazione orale.
Valutando sia le competenze linguistiche in produzione che quelle in comprensione, la popolazione esaminata (45 soggetti) si delineano tre diversi profili:
- Profilo linguistico 1: RITARDO DEL LINGUAGGIO MISTO; comprende i soggetti con competenze linguistiche deficitarie sia in comprensione, soprattutto per il livello morfosintattico,
che in produzione. 10 bambini rientrano in questo profilo, cioè il 22% della popolazione.
- Profilo linguistico 2: RITARDO DEL LINGUAGGIO ESPRESSIVO CON ABILITÀ RECETTIVE AI LIMITI INFERIORI DI NORMA; comprende i soggetti con competenze linguistiche in
produzione chiaramente patologiche e competenze linguistiche in comprensione, soprattutto
morfosintattica, ai limiti inferiori di norma. 5 soggetti sono caratterizzati da questo profilo, cioè
il 11% della popolazione.
- Profilo linguistico 3: RITARDO DEL LINGUAGGIO ESPRESSIVO; comprende i soggetti
con competenze linguistiche in comprensione in norma e competenze linguistiche in produzione deficitarie o ai limiti inferiori di norma. La maggior parte della popolazione, il 63% corrispondente a 28 bambini, rientra in questo quadro.
Profilo linguistico 4: “LATE BLOOMER” - FALSI POSITIVI; comprende i soggetti con competenze linguistiche in norma sia in comprensione che in produzione. 2 bambini rientrano in
questo profilo, cioè il 4% della popolazione. Tali soggetti avevano già presentato un moderato
miglioramento già al questionario PVB-Forma Lunga con un numero di parole compreso tra
il 5°-10° percentile. Nonostante l‟aumento della performance al PVB-Forma Lunga comunque
non erano stati individuati come falsi positivi poiché il numero di parole si manteneva comunque entro il 10° percentile.
DISCUSSIONE
Alla luce dei dati raccolti durante il progetto di screening è emerso che la percentuale di adesione si mantiene costante nelle due annate. Seppure i criteri di positività per i bambini nati
nel 2009 siano stati più rigidi, la percentuale di positività allo screening è aumentata di circa 1
punto percentuale.
Il sesso è una variabile rilevante; infatti i maschi rappresentano il sesso più frequente in entrambe le popolazioni di positivi.
40
Tabella 6 - Distribuzione della popolazione dei casi positivi sui diversi distretti territoriali
Distretto
Casi
positivi
Casi
positivi
TOTALE
accesso
accesso
2010/11
2011/11
Mantova
36
26
62
(UONPIA di Mantova)
(48%)
(31%)
(39%)
Suzzara
10
19
29
(UONPIA di Suzzara)
(14%)
(23%)
(18%)
Ostiglia
12
7
19
(UONPIA di Pieve di
(16%)
(8%)
(12%)
7
10
17
(9%)
(12%)
(11%)
7
14
21
(9%)
(17%)
(13%)
Viadana
3
8
11
(UONPIA di Viadana)
(4%)
(9%)
(7%)
TOTALE
75
84
159
Coriano)
Asola
(UONPIA
di
Castelgoffredo)
Guidizzolo
(UONPIA
Castiglione
di
delle
Stiviere)
Per quanto riguarda la percentuale di bambini identificati positivi al test secondo i criteri non
previsti dal protocollo è diminuita (dal 5% al 3%). Questo indica che la selettività dell’identificazione dei casi positivi è stata maggiore per i bambini nati nel 2009, rispetto ai bambini nati
nel 2008. Durante il primo anno di attuazione del progetto infatti c’è stata la tendenza, da parte
dell’ASL, di far accedere agli approfondimenti diagnostici anche i bambini che non rispondevano al criterio 1 e 2 del protocollo, nel secondo anno di attuazione invece tale tendenza è diminuita mentre è aumentata l’attinenza al protocollo.
Inoltre risulta che l’età di accesso è diminuita nell’arco dei due anni. Il range inoltre copre un
intervallo minore che va dai 26 ai 35 mesi, spostandosi dunque su età più precoci.
Il progetto di screening durante il secondo anno di attuazione si è dimostrato più efficiente: è
migliorato il contatto con le famiglie ed è aumentata la precocità della fase di identificazione
dei casi positivi.
Per le due popolazioni considerate, è stato calcolato il numero di parole medio al PVB-Forma
Breve e la corrispondente Età di Sviluppo Lessicale.
Dai dati ottenuti si può notare che i tre valori considerati (n° di parole, range e ds) sono maggiori nella popolazione di positivi nell’anno 2010/11: questo perché, come detto in precedenza,
i criteri di positività sono stati più flessibili e quindi sono entrati a far parte dei casi positivi
anche i bambini con numero di parole superiore al 10° percentile; ma nonostante la presenza
di tali bambini si noti comunque come la media totale della popolazione si collochi ad un numero di parole complessivamente molto basso e corrispondente ad un’età lessicale compresa
tra i 19 e i 20 mesi (età cronologica pari a 27-42 mesi).
La differenza tra età cronologica ed età di sviluppo lessicale e quindi tra numero di parole al
questionario e numero di parole attese, è significativa per tutti i gruppi a dimostrazione dell’importante ritardo linguistico di tipo espressivo che caratterizza questi bambini.
Se si studiano gli effetti dell’otite media all’interno dello sviluppo linguistico cosi osserva che
41
l’otite media, in assenza di altri fattori, non determina un ritardo del linguaggio, ma in concomitanza ad altre variabili, come per esempio il livello educativo della madre, diventa una ragione più plausibile del ritardo di linguaggio, questo dato è concorde con i dati della letteratura
(Roberts et al., 2004).
Le modificazioni organizzative apportate al progetto nel corso del secondo anno di screening,
cioè l’introduzione di una forma diretta di comunicazione tra ASL e genitore senza la mediazione del pediatra di famiglia e l’offerta da parte del medico neuropsichiatra infantile di un calendario di appuntamenti appositamente creato per i bambini dello screening, hanno influito
positivamente sulla percentuale di accessi in prima visita: la popolazione aderente è aumentata di circa 11 punti percentuali.
La percentuale di bambini già noti al servizio (10%) si mantiene costante nei due anni così
come quella dei bambini i cui genitori desiderano attendere (16%). Ciò che cambia è la percentuale di bambini che non aderiscono per ragioni sconosciute e quella dei bambini i cui genitori rifiutano gli approfondimenti: nell’arco del secondo anno, la prima diminuisce mentre la
seconda aumenta. Probabilmente grazie alle modifiche organizzative effettuate dall’ASL nell’arco dell’anno 2011, e quindi grazie al contatto diretto stabilito tra ASL e famiglia è maggiore
il numero di genitori che ha la possibilità di esplicitare il rifiuto alle valutazioni successive.
In generale quasi l’intera popolazione dei positivi che hanno effettuato la prima visita neuropsichiatrica rimane in carico ai Servizi per valutazioni più approfondite, trattamenti di vario genere o in follow-up.
Inoltre, se dovessero essere messe in pratica le indicazioni che vengono date in letteratura
(Chilosi et al.,1998) un numero totale di 46 soggetti, cioè il 29% dei bambini dello screening, dovrebbero essere sottoposti a trattamento logopedico diretto immediato per un disturbo di comprensione o deficit di produzione oltre i 36 mesi d’età.
Ma analizzando i risultati ai questionari, 13 bambini hanno ottenuto un punteggio superiore al
10° percentile al PVB-Forma Lunga e non evidenziano alcun tipo di ritardo alla valutazione diretta del linguaggio anche se hanno ricevuto una diagnosi di “Ritardo di Linguaggio Espressivo” per punteggi quantitativamente inferiori ai test che valutano la produzione, rispetto a
quelli ottenuti ai test in comprensione. Questi 13 bambini sono dei falsi positivi e quindi sarebbero dovuti uscire dal percorso immediatamente dopo la valutazione indiretta del linguaggio. Considerando questo dato, in linea teorica i bambini che sarebbero dovuti rimanere in
follow-up per un ritardo specifico del linguaggio sarebbero 100 e non 113. Inoltre quelli con un
reale ritardo espressivo sarebbero 76, di cui 15 con età superiore ai 36 mesi.
In generale, nei bambini parlatori tardivi il ritmo di acquisizione delle parole è molto lento, di
poche parole al mese, quando sappiamo che dopo i 22 mesi circa, i bambini imparano tra 5
e 10 parole nuove alla settimana (Caselli e Casadio, 1995; Camaioni, 2001; Bloom, 2002). In
questi bambini la fase di esplosione del vocabolario può avvenire in tempi successivi, oppure
non verificarsi affatto: l’ampliamento del vocabolario seguirebbe, pertanto, un andamento più
graduale (Rescorla et al. 2000; Bonifacio, 2003). Si tenga conto che i risultati ottenuti dall’adattamento in italiano del test (Bonifacio e Girolametto, 2007) hanno evidenziato che bambini con sviluppo tipico raggiungono i massimi valori a 24 mesi. Nella popolazione indagata
hanno mostrato abilità ben sviluppate solo 3 bambini su 48, i restanti bambini, cioè il 94% mostrano un ritardo nello sviluppo delle capacità di esprimere intenzioni, iniziative e motivazioni
nel comunicare oltre alle limitate abilità linguistiche.
Secondo Fey (1986) non c’è una corrispondenza diretta nello sviluppo tra livello linguistico raggiunto dal bambino e abilità conversazionali. Infatti dal confronto tra abilità linguistiche individuate tramite i test e profili conversazionali non emerge alcuna correlazione.
Uno studio conferma la presenza di un ritardo nello sviluppo delle abilità socio-conversazionali nei bambini Parlatori Tardivi Italiani rispetto ai pari età con sviluppo tipico (Bonifacio et al.,
2007). L’analisi della popolazione dei casi positivi allo screening si è rivelata molto difficoltosa.
42
Questo perché esiste ancora una disomogeneità nella pratica clinica e, in alcuni casi, criteri
solo parzialmente definiti.
Innanzitutto sono emersi percorsi individuali di intervento che non si adattano alla procedura
sperimentale scelta: i bambini positivi allo screening che in prima visita inducono il medico
neuropsichiatra infantile a sospettare la presenza di patologie pediatriche associate al ritardo
dell’acquisizione del linguaggio, dovrebbero abbandonare il percorso previsto (e quindi non restare in follow-up come i Late Talkers ma intraprendere osservazioni più approfondite o trattamenti specifici) soltanto alla conclusione del protocollo di valutazione diagnostica
sperimentale e quindi dopo aver effettuato anche la valutazione cognitiva e logopedica nell’ambito del progetto di presa in carico. Alcuni medici neuropsichiatri infantili, invece, interrompono la valutazione immediatamente dopo la prima visita.
La diagnosi differenziale dei quadri clinici che comportano sul piano sintomatologico un ritardo/disturbo della sfera linguistica, richiede la messa a punto di una semeiotica clinica neuro
funzionale integrata, in relazione alla necessità di esaminare le diverse “funzioni di base” (posturo-cinetiche, cognitive, attentive, affettivo-relazionali) che nelle fasi precoci dello sviluppo
risultano ancora embricate tra loro (Bilancia, 2005). I rapporti e i confini tra patologia primaria
e secondaria di linguaggio non sono sempre chiaramente delimitabili e spesso, soprattutto in
prima infanzia, la prima valutazione conduce necessariamente ad una “diagnosi di attesa”. Si
pensi ad esempio alla condizione di Ritardo psicomotorio che può anticipare un esito di Ritardo
Mentale o verso un recupero spontaneo.
L’esame delle funzioni cognitive si rivela necessario poiché fornisce al clinico un valido supporto per la diagnostica differenziale. Se non sono somministrabili test strutturati nell’ambito
della valutazione logopedica, l’osservazione diretta dell’interazione tra bambino e figura genitoriale acquista ancor più rilevanza. Si sottolinea che tale osservazione non è soltanto alternativa all’uso di strumenti strutturati ma necessaria per valutare le modalità
comunicativo/relazionali in età precoci, allo scopo di modificare e/o sviluppare la relazione
diadica. Altresì è utile per la raccolta di campioni di materiale linguistico in modalità ecologica
per indagare la produzione del bambino.
Inoltre consente di valutare la presenza di eventuali segni di compromissione qualitativa della
comunicazione, patognomonici di un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo (difficoltà o incapacità
a iniziare o a sostenere una comunicazione, assenza di gioco simbolico o d'imitazione).
CONCLUSIONE
La messa a punto di percorsi diagnostici e terapeutici a valenza multiprofessionale dedicati ai
bambini con un ritardo di emergenza/strutturazione del linguaggio, deve essere approntata il
più velocemente possibile, abbandonando definitivamente un approccio passivo di sola “attesa” (Buschmann et al., 2008).
La definizione diagnostica tardiva di un disturbo evolutivo fa perdere spesso definitivamente
delle opportunità di intervento e delle possibilità di compensazione (Bilancia, 2005) dato che
talune facoltà della mente presentano tempi critici di sviluppo. È fondamentale quindi attivare
precocemente percorsi terapeutici personalizzati, ma sempre dopo un percorso diagnostico
scrupoloso ed approfondito. Il pericolo di farlo subito dopo la prima visita e senza una valutazione multicomponenziale condivisa con altri clinici, è quello di commettere un errore osservativo e magari indirizzare la famiglia verso approfondimenti psicologicamente più stressanti
che forse non erano necessari. I punti critici emersi sono essenzialmente due; dall’analisi dei
risultati, si nota come la scelta del test da somministrare risulti poco chiara e uniforme. Non si
rileva alcuna pratica omogenea sulla modalità di raccolta/valutazione dell’eloquio spontaneo.
Al di là delle criticità del protocollo, dall’analisi effettuata nel presente progetto, si è rilevato che
i clinici non interrompono il percorso dei falsi positivi, cioè quei bambini che hanno ottenuto un
punteggio superiore al 10° percentile al PVB-Forma Lunga. La funzione della fase di valuta-
43
zione indiretta del linguaggio tramite questionari ai genitori è stata progettata, non solo per
avere informazioni linguistiche più complete, ma anche per intercettare i falsi positivi così da
escluderli dal percorso (se evidenziano un numero di parole, abilità combinatorie, capacità di
comprensione e sviluppo cognitivo in norma) o monitorarli a distanza di tempo nel caso ci
fosse elevata famigliarità scarse abilità socio conversazionali. Infine sebbene i risultati dello
screening mostrano un progressivo miglioramento nelle popolazioni studiate, si potrebbero
ipotizzare delle strategie che l’ASL, in accordo con la Struttura di NPI, potrebbe attuare per rendere il servizio più completo.
In primo luogo, dato l’elevato numero di genitori che rifiutano l’accesso alla prima visita o che
non si presentano agli appuntamenti fissati per attuare il protocollo di valutazione diagnostica,
si propone la strutturazione di un questionario ai genitori che valuti qualitativamente il servizio offerto e le cause che portano la famiglia a rifiutare o ad interrompere il percorso. La seconda e principale proposta riguarda invece l’attuazione di un intervento tempestivo a
sostegno dello sviluppo linguistico dei bambini parlatori tardivi.
Bibliografia a richiesta
44
LOGOPaeDIA 2013; vol.1
Ricerche e studi
La disartria ipocinetica nel paziente con malattia di
Parkinson: efficacia e limiti del trattamento logopedico
Hypokinetic Dysarthria in patients with Parkinson’s
disease: the effectiveness and limits of speech-therapy
Teresa Menegus (1), Nicoletta Bonisoli (2), Denise Zanini (3)
(1)
(2)
(3)
Foniatra - Dipartimento Riabilitativo U.L.S.S. 20 - Verona
Logopedista - Dipartimento Riabilitativo U.L.S.S. 20 - Verona
Logopedista – Centro di Servizi “Città di Verona” - Verona
Abstract
La malattia di Parkinson è un disordine neurologico cronico e progressivo, ad eziologia sconosciuta, caratterizzato dalla presenza (in modo variabile) di tremori, rigidità e bradicinesia, a
causa della degenerazione di neuroni nella sostanza nera.
Le difficoltà di comunicazione verbale, la disartria ed in particolare le alterazioni qualitative
della voce, sono sintomi frequenti e presenti fin dagli esordi della malattia per i quali viene richiesta, con sempre maggiore frequenza, la consulenza foniatrica-logopedica.
A tutt’oggi non esistono studi che dimostrino quali tipi o metodiche di trattamento logopedico
siano più efficaci nella riabilitazione del malato di Parkinson.
Lo scopo di questo lavoro è stato quello di puntualizzare le caratteristiche dei disturbi disfonici e disartrici nel campione esaminato di 20 soggetti affetti da malattia di Parkinson ed indagare l’efficacia ed i limiti del trattamento logopedico mediante l’utilizzo di metodiche
combinate (metodica Classica, Lee Silverman Voice Treatment Program – LSVT, Metodo Propriocettivo Elastico – PROEL) supportate da videofibrolaringoscopia e spettrografia vocale.
L’utilizzo combinato di queste metodiche riabilitative ha permesso il miglioramento di respirazione, fonazione, prosodia, tono della muscolatura facciale, articolazione, diadococinesi e intelligibilità dell’eloquio in tutto il gruppo sperimentale rispetto al gruppo trattato con la sola
metodica Classica che non ha avuto questi miglioramenti qualitativi e quantitativi della voce.
È emersa quindi l’importanza dell’utilizzo di metodiche combinate per il trattamento della disartria nei pazienti affetti da malattia di Parkinson.
Parole chiave: malattia di Parkinson – disartria ipocinetica – trattamento logopedico.
Summary
Parkinson’s disease is a chronic and progressive neurological disorder of unknown aetiology,
characterized by (in variable ways) tremors, rigidity and bradykinesia, due to the degeneration
of neurons in the substantia nigra.
The difficulty of verbal communication, dysarthria and in particular the qualitative alterations of
the voice are frequent symptoms and are present from disease onset. For these symptoms
phoniatric-speech therapy advisory is required with increasing frequency.
Until now studies, showing what types or methods of speech therapy are more effective in the
rehabilitation of the patient with Parkinson’s disease, do not exist.
45
The purpose of this study was to show the characteristics of dysphonia and dysarthria in a
sample of 20 patients with Parkinson’s disease and to investigate the effectiveness and limits of speech therapy through the use of combined methods (Traditional method, Lee Silverman Voice Treatment Program – LSVT, Proprioceptive Elastic Method – PROEL) supported by
videofibrolaryngoscopy and voice spectrography.
The combination of these methods improved respiration, phonation, prosody, facial musculature tone, articulation, diadococinesia and intelligibility of speech in the experimental group.
Whereas in the group treated only with the traditional method these qualitative and quantitative improvements of the voice where not seen.
This study has highlighted the importance of using combined methods for treatment of
dysarthria in patients with Parkinson’s disease.
Key words: Parkinson’s disease – hypokinetic dysarthria – speech-therapy.
INTRODUZIONE
La malattia di Parkinson è un disordine neurologico cronico e progressivo, ad eziologia
sconosciuta, caratterizzato dalla presenza (in modo variabile) di tremori, rigidità e bradicinesia, a causa della degenerazione di neuroni nella sostanza nera.(1)
Ai numerosi sintomi motori, caratteristici del paziente affetto da malattia di Parkinson, si associano generalmente, fin dagli esordi, disartria, difficoltà di comunicazione verbale, disfonia e segni disfagici. Un’alterazione della voce o della parola può essere il primo sintomo
di una malattia neurologica. La riabilitazione dei disturbi periferici del linguaggio, accanto
alla terapia farmacologica e fisioterapica, riveste quindi un ruolo molto importante nella
malattia di Parkinson.(2) Per tale motivo per la gestione del paziente viene richiesto sempre maggiormente l’intervento delle figure del foniatra e del logopedista.
Scopo di questo lavoro è stato quello di identificare le caratteristiche dei disturbi disfonici
e disartrici nel campione esaminato di 20 soggetti affetti da malattia di Parkinson, attraverso valutazione logopedica supportata, in alcuni pazienti selezionati, da esami strumentali: videofibrolaringoscopia e spettrografia vocale. Vengono inoltre descritti e dimostrati
l’efficacia e i limiti del trattamento logopedico attraverso l’utilizzo di metodiche combinate:
metodica Classica, Lee Silverman Voice Treatment Program (LSVT), Metodo Propriocettivo Elastico (PROEL).
Nell’ambito della malattia di Parkinson, i segni di interesse logopedico sono molteplici e riguardano il sistema motorio, l’apparato fono-articolatorio, la memoria e il sistema sensoriale.
Un attento esame dei meccanismi orali spesso conferma la diagnosi di disartria ipocinetica: il volto somiglia ad una maschera, privo di espressività ed animazione durante le interazioni sociali non verbali. La gestualità non verbale, ovvero i movimenti degli occhi e
del volto, delle mani, degli arti e del tronco che normalmente accompagnano il parlato e
sono complementari alle emozioni e ai significati nascosti tramite la prosodia, può essere
attenuata o assente, e così pure può non essere presente la normale tendenza di ruotare anche il capo quando il paziente volge gli occhi per guardare altrove. Si può assistere alla presenza di un tremore della mandibola e delle labbra a riposo, durante
l’apertura forzata della bocca o durante la protrusione delle labbra. Il labbro superiore può
risultare teso o immobile a riposo o durante la conversazione. La lingua può presentare
delle fascicolazioni e/o tremori.(3)
I movimenti respiratori toraco-addominali risultano superficiali e caratterizzati da una riduzione dell’escursione inspiratoria con rapidi cicli respiratori.(3)
La struttura delle corde vocali è conservata; i movimenti di abduzione ed adduzione delle
corde vocali sono simmetrici ma rallentati; la chiusura della rima glottica è incompleta con
conseguente voce soffiata.(4)
46
Il termine disartria comprende “un gruppo di disordini dell’eloquio, dovuti a disturbi del controllo muscolare del meccanismo dell’espressione verbale, risultanti da un danno del sistema nervoso centrale o periferico”.(5)
La disartria può esprimersi sotto varie forme, le cui caratteristiche variano molto in base alla
natura, alla gravità e all’evoluzione della neuropatologia sottostante.(5) La disartria che caratterizza la Malattia di Parkinson è di tipo ipocinetico ma è bene sottolineare che i pazienti
possono presentare disartria mista.(3) In alcuni casi accade che i farmaci usati nel trattamento della malattia possono causare movimenti involontari che rientrano nelle caratteristiche della disartria ipercinetica.(6)
L’eloquio dei pazienti affetti da Malattia di Parkinson può essere caratterizzato da:(7)
• Riduzione dell’intensità della voce: la voce è intensa all’inizio della frase ma si affievolisce man mano che si continua a parlare, per difficoltà a distribuire l’energia sonora lungo
la catena fonica.
• Voce monotona: la voce non varia, resta allo stesso livello, manca di espressione e di accento.
• Cambiamento della qualità della voce: il suono della voce risulta tremulo, fievole o più
acuto; talvolta stridente o con rinofonia.
• Articolazione indistinta: difficoltosa, in particolare vengono persi i contrasti e i nessi distintivi dei diversi fonemi all’interno della parola.
• Velocità nell’eloquio: le sillabe e le parole si ammassano e scorrono senza pausa. Si
può verificare una progressiva accelerazione delle parole verso la fine della frase.
• Involontaria esitazione prima di parlare: risulta difficile iniziare a parlare e poi mantenere
l’intensità vocale per tutta la durata di una frase o di una conversazione.
• Ripetizioni incontrollate: sillabe e parole sono ripetute involontariamente e senza controllo,
in particolar modo all’inizio degli enunciati (“palilalie”). È un comportamento analogo a
quanto avviene sul piano motorio: i pazienti parkinsoniani presentano una difficoltà nell’iniziare a camminare, seguita poi, una volta iniziato il cammino, da passi rapidi e corti.
Le funzioni linguistiche possono deteriorarsi insieme al rallentamento dei processi intellettivi generali.
Il 30-50% dei pazienti affetti da malattia di Parkinson presenta segni di demenza e deterioramento cognitivo(3), soprattutto in fase avanzata e nei pazienti anziani, in cui la principale funzione corticale deficitaria è la memoria: la memoria a breve termine è solitamente
mantenuta; appaiono invece compromesse la memoria a lungo termine e la memoria procedurale.(8)
Il paziente con malattia di Parkinson non presenta nessuna evidenza di perdita del feedback uditivo periferico. Tuttavia non ha consapevolezza e, se sollecitato, nega che l’ampiezza dell’output vocale, il volume, sia ridotta.(9)
Nell’ambito della disartria gli obiettivi della riabilitazione dipendono dalla natura di tale sintomo: se ne è la causa un evento neurologico acuto (per es. trauma cranico, ictus), l’obiettivo sarà quello di ripristinare e preservare l’eloquio; se invece la causa è rappresentata da
una malattia neurologica cronica ed evolutiva, come nella malattia di Parkinson, lo scopo
della riabilitazione sarà quello di mantenere la funzione comunicativo-linguistica il più a
lungo possibile.(9)
In letteratura non vi è comunque un consenso generalizzato sulla specificità e sulla significatività del trattamento logopedico nella malattia di Parkinson. In passato è stato sostenuto che la logopedia tradizionale non migliora il disturbo dei pazienti parkinsoniani.(10) In
seguito si è iniziato a parlare di “voice treatment” invece di “speech therapy” per quanto riguarda la malattia di Parkinson, e sono stati riportati risultati positivi nei pazienti che soddisfacessero i criteri di ammissione alla terapia.(11)
47
MATERIALI E METODI
Nella ricerca sperimentale effettuata sono stati inclusi 10 soggetti, 9 di sesso maschile ed
1 di sesso femminile, di età compresa tra 47 e 84 anni (età media 67 anni) affetti da malattia di Parkinson, in diversi stadi di evoluzione, con disturbi di comunicazione verbale e,
alcuni, con alterazioni della deglutizione. La ricerca è stata svolta all’interno del Dipartimento Riabilitativo, Azienda U.L.S.S. 20 di Verona. La valutazione logopedica è stata effettuata nei 10-45 giorni successivi alla visita foniatrica e fisiatrica per l’accesso al Servizio.
Le caratteristiche cliniche dei soggetti appartenenti al gruppo sperimentale al momento
della prima valutazione logopedica vengono riportate in Tabella I.
Il campione di controllo è composto da 10 soggetti, 8 di sesso maschile e 2 di sesso femminile, di età compresa tra 64 e 95 anni (età media 76 anni) affetti da malattia di Parkinson, in diversi stadi di evoluzione, con disturbi di comunicazione verbale e, alcuni, con
alterazioni della deglutizione. La valutazione logopedica è stata effettuata nei 10-45 giorni
successivi l’accesso al Servizio erogante la riabilitazione. Le caratteristiche cliniche dei
soggetti appartenenti al gruppo sperimentale al momento della prima valutazione logopedica vengono riportate in Tabella II.
In entrambi i gruppi di pazienti si è evidenziata una distanza temporale talvolta significativa dalla diagnosi neurologica confermata alla presa in carico riabilitativa logopedica, poiché, solo recentemente, nella riabilitazione dei pazienti affetti da malattia di Parkinson sono
state date indicazioni funzionali al trattamento logopedico specifico per la disartria.(11)
Si ritiene inoltre importante sottolineare che 6 partecipanti su 10 del gruppo sperimentale
hanno richiesto spontaneamente visita specialistica per accesso al trattamento logopedico
per difficoltà fono-articolatorie. I restanti, pur presentando il medesimo deficit, sono stati invitati al trattamento logopedico su indicazione del medico referente, non avvertendo personalmente le difficoltà fono-articolatorie.
48
Tabella I - Caratteristiche del gruppo sperimentale alla prima valutazione
49
controllo
prima valutazione
Tabella II - Caratteristiche del gruppo digruppo
dialla
controllo
alla prima valutazione
50
La valutazione da noi proposta ha compreso:
1. Visita foniatrica;
2. Visita foniatrica con fibrolaringoscopia (eseguita in presenza del logopedista);
3. Somministrazione di un Protocollo, appositamente elaborato per la presente ricerca,
per la valutazione di:
• Organi fono-articolatori, con particolare attenzione ai deficit di:
- Forza;
- Estensione ed accuratezza del movimento;
- Tenuta;
- Simmetria / asimmetria;
- Qualità acustiche della voce secondo i seguenti parametri:
- Qualità dell’emissione vocale spontanea e del vocalizzo /a/;
- Intensità;
- Altezza tonale;
- Durata;
- Stabilità di emissione;
- Affaticamento vocale,
• Diadococinesia non verbale e verbale;
• Presenza ed efficacia della tosse:
- Volontaria;
- Riflessa;
• Respirazione:
- Tipo (costale superiore, costo-diaframmatica, ecc.);
- Coordinazione pneumo-fonica;
• Tempo massimo fonatorio.
4. Valutazione Percettiva della Disfonia: effettuata per mezzo della scala GIRBAS(12) che valuta sei parametri percettivi di alterazione della voce parlata, quali grado globale di disfonia (G), instabilità (I), raucedine (R), voce soffiata (B), voce astenica (A), voce sforzata
(S). Per ogni parametro si fornisce un punteggio in una scala compresa tra 0 e 3, dove
0 rappresenta la condizione eufonica, mentre 1, 2 e 3 corrispondono a gradi di devianza,
rispettivamente lieve, moderato e severo.
5. Tempo Massimo Fonatorio: parametro che viene valutato mediante l’assegnazione di un
punteggio che varia in base alla durata della fonazione, ossia 1+1 = nella norma (>10”),
2 = leggermente ridotto (6”-10”), 3 = marcatamente ridotto (≤5”).(13) Anche il Tempo Massimo Fonatorio correla con la valutazione percettiva della disfonia. Per poter “uniformare”
i gradi di severità in 4 classi è stata proposta la seguente scala di valutazione: 0 = nella
norma (> 10 sec.); 1 = alterazione lieve (8-10 sec.); 2 = alterazione moderata (5-7 sec.);
3 = alterazione grave (< 5 sec.).(14)
6. Profilo di Valutazione della Disartria(15): test di valutazione della disartria che indaga otto
aspetti: respirazione, fonazione, muscolatura facciale, diadococinesi, riflessi, articolazione, intelligibilità, prosodia. Per ogni aspetto viene assegnato un punteggio in base
alla modalità di esecuzione: 1 = Scarso, 2 = Discreto, 3 = Buono, 4 = Ottimo, e per cinque degli otto aspetti vengono inoltre forniti commenti qualitativi;
7. Somministrazione del Questionario di Autovalutazione della Disartria(16), che indaga le caratteristiche della parola, le situazioni considerate difficoltose dal paziente, le strategie di
compenso utilizzate e la percezione delle reazioni altrui.
8. Valutazione cognitiva con somministrazione dei seguenti test:
- Mini Mental State Examination (MMSE)(17): test per la valutazione dei disturbi dell’efficienza intellettiva e della presenza di deterioramento cognitivo;
51
- Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS)(18): questionario che indaga lo stato
attuale di depressione ed ansia del paziente;
9. Analisi della voce e della prosodia, realizzata con uno spettrografo digitale Multi Speech
3700 Key Pentax mediante analisi del vocalizzo prolungato del fonema /a/, della produzione della frase [le aiuole sono belle] e della frase [hai mangiato] con intonazione interrogativa e dichiarativa.
Per quanto riguarda la disfagia ci si è limitati, in questo studio, alla rilevazione dei deficit
nei soggetti esaminati classificando il grado di disfagia mediante l’utilizzo della Dysphagia
Outcome and Severity Scale (DOSS)(19) ma, non essendo scopo principale di questa indagine, non vengono riportati l’inquadramento clinico ed i risultati ottenuti.
I pazienti appartenenti al gruppo sperimentale sono stati sottoposti a trattamento logopedico con l’utilizzo di metodiche combinate: classica, Lee Silverman Voice Treatment Program (LSVT), Metodo Propriocettivo Elastico (PROEL).
Il training, costituito da 16 sedute della durata di un’ora ciascuna, è stato effettuato per 2
mesi con frequenza bisettimanale. Successivamente i pazienti sono stati monitorati per
due volte nel corso dell’anno con cadenza bimensile. Dopo sei mesi dall’inizio del trattamento stesso si è effettuata una rivalutazione congiunta medico inviante e logopedista per
verificare l’eventuale mantenimento, od automatizzazione, o perdita delle tecniche fornite
durante il trattamento logopedico.
I tempi e le scadenze dell’erogazione della terapia logopedica rivolta ai pazienti affetti da
malattia di Parkinson sono stati programmati rispetto alle altre richieste di interventi logopedici del Dipartimento Riabilitativo presso cui si è svolta la ricerca stessa. La frequenza
è stata adattata alle necessità di ciascun paziente ma anche alla disponibilità del Servizio.
È stato così effettuato un training di durata maggiore nell’arco dell’anno ma con frequenza
settimanale minore rispetto ai protocollo LSVT e PROEL.
La metodica Classica ha avuto lo scopo di migliorare le prassie del distretto bucco-facciale (mimica, labbra, lingua, guance, mandibola, velo del palato) e di fornire al paziente
esercizi toraco-addominali di crescente difficoltà, da svolgere quotidianamente a domicilio,
al fine di incrementare la durata espiratoria in fase di fonazione. Le altre due metodiche di
trattamento, LSVT e PROEL, sono state da noi utilizzate in quanto si è ritenuto che le accomuni il training sia sulla propriocezione che sulla qualità della voce.
Il metodo LSVT poggia su cinque concetti:
• Focus sulla voce;
• Sforzo elevato;
• Terapia intensiva;
• Calibrazione;
• Quantificazioni.
Questi concetti sono stati tutti rispettati nel nostro training ad esclusione della frequenza
quotidiana al trattamento, per i motivi precedentemente detti.
Tale metodo permette di focalizzarsi sulla fonazione “mettendo in disparte” la diagnosi neurologica pensando così al paziente nel suo problema di voce, anche se non unico.
Le tecniche usate nell’LSVT sono approcci comuni di terapia della voce;(11) nella presente
ricerca sperimentale abbiamo così arricchito gli approcci definiti dal programma “comuni”
attingendo ad una tecnica specifica per la terapia vocale:
il metodo PROEL, le cui fasi sono così suddivise:
• Accensione. Attivazione del sistema dell’apprendimento di base (attivazione della motivazione, dell’attenzione, del ciclo di percezione-azione, della memoria);
• Modificazione della voce. Una voce differente produce una sensazione propriocettiva diversa. Questa modificazione si ottiene utilizzando il binomio sensazione-azione attraverso posture, manipolazioni e manovre;
52
• Lasciare un’impronta della sensazione nel cervello del paziente e della “registrazione”
della voce modificata nella memoria, per produrre una traccia indelebile.(4) Per poter
raggiungere questo obiettivo è imprescindibile un alto grado di attenzione e la possibilità di ripetere la stessa attività per il tempo necessario per fissare la sensazione
nella memoria;
• Comparare la voce modificata con la voce abituale, confrontando entrambe le sensazioni propriocettive;
• Automatizzazione / interiorizzazione della voce modificata utilizzando modelli poco naturali (emissione delle serie automatiche) e modi di parlare molto “automatici” (raccontare fatti abituali). In seguito si passa al controllo del modo di parlare abituale, però con
il presupposto di una maggiore concentrazione di fondo;
• Automatizzazione nella conversazione abituale in cui il parlante si trova di fronte a molte
variabili, non riuscendo quindi a prestare totale attenzione alla sua tecnica vocale.(20)
I pazienti appartenenti al gruppo di controllo sono stati sottoposti a trattamento logopedico
utilizzando unicamente la metodica classica.
Il training, costituito da 12 sedute della durata di un’ora ciascuna, è stato effettuato nell’arco di 3 mesi, con frequenza settimanale. È stato effettuato un controllo congiunto medico inviante logopedista dopo sei mesi dall’inizio del trattamento.
La metodica classica ha lo scopo di potenziare nel tono, nella forza, nella resistenza e
nella precisione di movimento le prassie del distretto bucco-facciale (mimica, labbra, lingua,
guance, mandibola, velo del palato), fornendo al paziente esercizi con difficoltà crescente,
da ripetere quotidianamente a domicilio. Sono stati inoltre forniti esercizi toraco-addominali
al fine di incrementare la durata espiratoria in fase fonatoria.
RISULTATI
Alla visita di controllo congiunta medico inviante e logopedista effettuata dopo sette mesi
dall’inizio del trattamento logopedico sono stati presi in visione i risultati ottenuti dai pazienti alla ri-valutazione testistica.
Gruppo sperimentale
Sono stati esclusi dall’analisi dei dati ottenuti tutti i soggetti che alla prima valutazione, effettuata per mezzo della somministrazione del Mini-Mental State Examination, presentavano un grave deterioramento cognitivo. Pertanto, nell’analisi dei risultati ottenuti dai
pazienti appartenenti al gruppo sperimentale, non sono stati discussi, ma solamente riportati, i risultati ottenuti dal paziente S7.
Analizzando i punteggi ottenuti alla Valutazione Percettiva della Disfonia, mediante la Scala
GIRBAS, si evidenzia che:
• non è avvenuto alcun miglioramento del grado globale di disfonia in un soggetto, il quale,
alla somministrazione del Mini-Mental State Examination, aveva mostrato un deterioramento cognitivo evidente;
• il grado globale di disfonia relativo agli altri pazienti diminuisce lievemente (un punto)
per 3 di loro, notevolmente (due o tre punti) per i restanti 5. È importante sottolineare che
in ben 5 soggetti viene raggiunto il grado 0 = nessuna alterazione;
L’analisi del Tempo Massimo Fonatorio evidenzia un miglioramento nel tempo di fonazione in tutti
i pazienti ad esclusione dell’unico paziente affetto da grave deterioramento cognitivo.
Dall’analisi dei punteggi ottenuti al Profilo di Valutazione della Disartria a conclusione del
trattamento, si evidenzia che:
53
• i punteggi ottenuti al parametro respirazione migliorano in otto pazienti, ad esclusione di
uno di coloro che presentavano un deterioramento cognitivo evidente all’iniziale valutazione;
• il livello di fonazione migliora in cinque
dei pazienti esaminati,
mentre per i restanti
rimane
t
l
a
e
invariato;
• in seiDpazienti il punteggio ottenuto nella muscolatura facciale migliora, rimanendo ine
vece stabile per il resto dei soggetti;
o
e
o
• il parametro della diadococinesi rimane pressoché invariato nella maggioranza dei pazienti esaminati, e solamente in tre di essi si evidenzia un miglioramento;
•
• per quanto
concerne la valutazione dei riflessi, per i quali due pazienti presentavano il
punteggio massimo già alla prima valutazione, tre pazienti ottengono un risultato migliore, mentre i restanti rimangono invariati;
g
• il livello di particolazione migliora in ben sette pazienti, ad esclusione di due
soggetti che,
all’iniziale valutazione, avevano presentato l’uno un deterioramento cognitivo evidente,
l
l’altro il punteggio massimo;
• la prosodia migliora in cinque pazienti e rimane stabile per i tre pazienti con evidente deterioramento cognitivo;
cognitivo
• in sei pazienti
si evidenzia un lieve miglioramento dell’intelligibilità; tuttavia nessuno di
e
•
loro raggiunge
il punteggio massimo della scala (4 = ottimo).
o
In Tabella III vengono integralmente riportati e posti a confronto
i risultati
ottenuti al Profilo
l
à
i
di Valutazione della Disartria dai pazienti appartenenti al gruppo sperimentale nelle fasi di
valutazione pre- e post-trattamento logopedico.
Tabella III - Gruppo sperimentale: Punteggi ottenuti al Profilo di Valutazione della Disartria,
pre- e post-trattamento
Analizzando le risposte ottenute dai pazienti alla somministrazione del Questionario di Autovalutazione della Disartria si è rilevato:
• un aumentato utilizzo di strategie di compenso da parte dell’intero gruppo in esame. Tali
strategie risultano peraltro utilizzate non tanto come conseguenza di una maggior consapevolezza del disturbo da parte del paziente, quanto per il feedback che egli riceve in
conversazione dal suo interlocutore. Il feedback esterno ha fatto dunque in modo che i
pazienti fossero incoraggiati ad utilizzare la tecnica acquisita permettendo l’automatizzazione e la generalizzazione della stessa;
• una maggiore partecipazione da parte di tutti i soggetti a conversazioni che avvengono
in ambienti rumorosi o che richiedono un maggior sforzo vocale per intensità, ad esempio nel caso in cui l’interlocutore sia fisicamente lontano dal soggetto stesso;
54
s
q
h
i
• una diminuzione, a parere di tutti i pazienti, delle difficoltà vissute dagli interlocutori nel
rapportarsi con il disturbo fono-articolatorio dei pazienti stessi.
In Tabella IV sono state schematicamente rielaborate e riportate le sintesi delle risposte ottenute dai pazienti alla somministrazione del Questionario di Autovalutazione. Al paziente S7 non
è stato possibile somministrare il questionario a cause del grave deterioramento cognitivo.
Tabella IV - Gruppo sperimentale: Punteggi ottenuti al Questionario di Autovalutazione
della Disartria, pre- e post-trattamento
Dai dati ottenuti dallo studio sul gruppo sperimentale si può quindi dedurre l’esistenza di
relazione tra la consapevolezza del disturbo, che fa attivare l’uso della tecnica, ed il miglioramento delle performance vocale ed articolatoria nel paziente. Tutti i pazienti che
hanno quindi presentato un miglioramento della consapevolezza nel Questionario di Autovalutazione della Disartria hanno migliorato anche il punteggio del grado globale di disfonia ottenuto
r nella Scala GIRBAS.
a
e
s
I
In Figura I viene illustrata la relazione tra l’aumento della consapevolezza, rappresentata
dalla media dei punteggi ottenuti dal gruppo sperimentale nella prima sezione (Caratteristiche della parola) del Questionario di Autovalutazione della Disartria, e la diminuzione
6
del Grado Globale di disfonia, rappresentato
dalla media dei punteggi
ottenuti nella
t
t
o Scala
i
GIRBAS. Si sottolinea che, per facilitare l’illustrazione, sono stati arbitrariamente assegnati
ai valori qualitativi del grado di consapevolezza “Si”, “A volte”, “No”, rispettivamente i valori quantitativi “3”, “2”, “1”.
X
e i
Figura I - Gruppo sperimentale:
relazione tra Consapevolezza ee Grado Globale di disfonia,
pre- e post-trattamento
55
s
C
a
a
i
l
Laddove vi sia presente un decadimento cognitivo od un disturbo di memoria la tecnica del trattamento non viene utilizzata dal paziente, non modificando così il disturbo fono-articolatorio.
La valutazione videofibrolaringoscopica, eseguita su 4 pazienti appartenenti al gruppo sperimentale, prevedeva lo studio della motricità laringea e la valutazione dinamica della deglutizione. Come riportato dalla letteratura(4) anche nei nostri pazienti l’obiettività delle corde vocali
vere risulta normale, viene segnalata in un paziente ipomotilità dell’emilaringe destra ed in 3 pazienti ipercinesia laringea in fonazione, probabilmente come meccanismo di compenso. Questi
pazienti presentavano un tempo massimo di fonazione lievemente ridotto (TMF = 1) ed un’alterazione grave della voce (Grado Globale di disfonia = 3).3
L’analisi della voce e della prosodia è stata realizzata con uno spettrografo digitale Multi Speech 3700 Key Pentax mediante analisi del vocalizzo prolungato del fonema /a/, della produzione della frase [le aiuole sono belle] e della frase [hai mangiato] con intonazione interrogativa
e dichiarativa.
Come riportato in letteratura(21, 22) anche per tutti i nostri pazienti analizzati è stata riscontrata
un’alterazione dell’andamento di frequenza (vF0), responsabile dell’inespressività della voce, e
soprattutto un’alterazione del vAm che misura la variabilità relativa della deviazione standard da
periodo a periodo dell’ampiezza picco a picco, che è spesso associata a voci soffiate e rauche
e ad una cattiva coordinazione pneumo-fonica, com’è quella dei nostri pazienti. In Figura II viene
riportato un esempio di confronto tra gli spettrogrammi del vocalizzo prolungato del fonema /a/
registrati nelle fasi pre- e post- trattamento in 1 dei pazienti selezionati.
La monotonia dell’andamento di F0 è molto evidente considerando il confronto tra la frase dichiarativa ed interrogativa. I soggetti disartrici cercano di produrre il contrasto prosodico utilizzando il parametro intensità o durata al posto della frequenza. Nella spiegazione di questo
fenomeno, Le Dorze(23) sosteneva che i disturbi prosodici osservati nei soggetti disartrici non dipendessero dalla mancanza di conoscenze inerenti il contrasto, ma dall’incapacità di produrlo.4
Figura II - Confronto tra gli spettrogrammi del vocalizzo prolungato del fonema /a/ registrati
nelle fasi pre- e post- trattamento in uno dei pazienti selezionati
Gruppo di controllo
Sono stati esclusi dall’analisi dei dati ottenuti tutti i soggetti che alla prima valutazione, effettuata per mezzo della somministrazione del Mini-Mental State Examination, presentavano un grave deterioramento cognitivo, ed i soggetti ai quali non è stato possibile
somministrare alcuna prova standardizzata. Pertanto, nell’analisi dei risultati ottenuti dai pazienti appartenenti al gruppo di controllo, non sono stati discussi, ma solamente riportati, i
risultati ottenuti dai pazienti C5 e C7.
*Si ringrazia il Dott. Giovanni De Rossi per la collaborazione data per i casi esaminati.
L
56
Dall’analisi dei punteggi ottenuti alla Valutazione Percettiva della Disfonia, mediante la
Scala GIRBAS, effettuata a termine trattamento, si evidenzia che è avvenuto un lieve miglioramento del grado globale di disfonia solamente in 1 paziente, mentre nei restanti soggetti presi in esame, dal momento che la terapia logopedica non includeva un’attività mirata,
non è avvenuto alcun miglioramento. L’analisi del Tempo Massimo Fonatorio evidenzia un
miglioramento del tempo di fonazione in 4 pazienti, tale da raggiungere il punteggio massimo (0); per i restanti il punteggio rimane invariato.
Analizzando i punteggi ottenuti al Profilo di Valutazione della Disartria a conclusione del trattamento (Tabella V), si evidenzia che:
• i punteggi ottenuti ai parametri respirazione ed articolazione migliorano negli unici 4 pazienti
che, all’iniziale valutazione cognitiva, non avevano presentato un deterioramento evidente;
• la fonazione migliora solamente in 2 soggetti;
• in 3 soggetti si rileva un lieve miglioramento nelle prove di muscolatura facciale;
• il parametro diadococinesi migliora solamente in 2 soggetti, rimanendo invariato per tutti
gli altri;
• per quanto concerne la valutazione dei riflessi, per i quali un solo paziente presentava il
punteggio massimo già alla prima valutazione, due pazienti ottengono un risultato migliore,
mentre per i restanti rimane invariato;
• i risultati alla prova di prosodia ed intelligibilità rimangono invariati nella totalità dei pazienti;
Tabella V - Gruppo di controllo: Punteggi ottenuti al Profilo di Valutazione della Disartria,
pre- e post-trattamento
Analizzando le risposte ottenute dai pazienti alla somministrazione del Questionario di Autovalutazione della Disartria si è rilevato:
• una difficoltà nel raggiungere un livello di consapevolezza del disturbo fono-articolatorio
da parte dei soggetti che alla prima valutazione non erano risultati consapevoli;
• una lieve diminuzione della quantità di situazioni percepite come difficoltose in 3 soggetti; tale parametro è invece rimasto invariato per i restanti;
• un mancato utilizzo di strategie di compenso da parte dell’intero gruppo in esame;
• una lieve diminuzione, riscontrabile solamente in 3 pazienti, delle difficoltà vissute dagli
interlocutori nel rapportarsi con il disturbo fono-articolatorio dei pazienti stessi.
I
In Tabella VI sono state schematicamente rielaborate e riportate le sintesi delle risposte ottenute dai pazienti alla somministrazione del Questionario di Autovalutazione. Al paziente
C9 non è stato possibile somministrare il questionario, in quanto l’evidente deterioramento
cognitivo non ha permesso la comprensione delle domande.
57
Tabella VI - Gruppo di controllo: Punteggi ottenuti al Questionario di Autovalutazione della
Disartria, pre- e post-trattamento
Dai dati ottenuti dallo studio sul gruppo di controllo si rileva: un miglioramento della tonicità della muscolatura oro-buccale ma non della funzionalità in co-articolazione durante
l’eloquio spontaneo. Solo su richiesta il soffio espiratorio aumenta in fonazione ma non è
significativamente evidenziabile durante la produzione in conversazione.
Non c’è variazione della consapevolezza del disturbo poichè il feedback esterno (dell’interlocutore) non è significativo al paziente trattato con la metodica classica.
I
In Figura III viene illustrata la relazione tra la mancata acquisizione della consapevolezza,
rappresentata dalla media dei punteggi ottenuti dal gruppo sperimentale nella prima sezione (Caratteristiche della parola) del Questionario di Autovalutazione della Disartria, e l’invariato Grado Globale di disfonia, rappresentato dalla media dei punteggi ottenuti nella
Scala GIRBAS. Si sottolinea che, per facilitare l’illustrazione, sono stati arbitrariamente assegnati ai valori qualitativi del grado di consapevolezza “Si”, “A volte”, “No”, rispettivamente
i valori quantitativi “3”, “2”, “1”.
Laddove vi sia presente un disturbo di memoria od un decadimento cognitivo la tecnica del trattamento non viene utilizzata dal paziente, non modificando così il disturbo fono-articolatorio.
Figura III - Gruppo di controllo: relazione tra Consapevolezza e Grado Globale di disfonia,
pre- e post-trattamento
CONCLUSIONI
I risultati ottenuti ai test di valutazione pre- e post- trattamento nei gruppi di pazienti esaminati e le evidenze oggettive rilevate dagli esami spettrografici dimostrano l’efficacia del
58
trattamento logopedico mediante l’utilizzo di metodiche combinate. In particolare l’utilizzo
di metodiche riabilitative specifiche per il trattamento della voce, quali Lee Silverman Voice
Treatment Program (LSVT) e Metodo Propriocettivo Elastico (PROEL), ha permesso il miglioramento della respirazione, della fonazione, della prosodia; associando le tecniche suddette all’utilizzo della metodica classica, si è dimostrato un miglioramento del tono della
muscolatura facciale, del’articolazione, della diadococinesi e dell’intelligibilità dell’eloquio.
Diversamente, l’utilizzo della sola metodica classica, ha permesso solamente il miglioramento della respirazione, del tono della muscolatura facciale, della diadococinesi, dell’articolazione, ed un lievissimo miglioramento della fonazione (Figura IV).
Figura IV - Confronto tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo per i punteggi medi
ottenuti al Profilo di Valutazione della Disartria, pre- e post-trattamento
u
g
L’efficacia del trattamento specifico sulla voce, rispetto al solo utilizzo della metodica classica,
è inoltre dimostrato dal confronto tra i punteggi medi ottenuti dai gruppi esaminati al parametro Grado Globale di disfonia della Scala GIRBAS ed al grado di severità del Tempo Massimo
Fonatorio. La Figura
Vp e la Figura VI illustrano la notevolea diminuzione della severità
della dir
n
sfonia riscontrata nel gruppo sperimentale, e non osservabile nel gruppo di controllo.
59
6
Figura V - Confronto tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo per i punteggi medi
ottenuti al parametro Grado Globale disfonia nella Scala GIRBAS, pre- e post-trattamento
Figura VI - Confronto tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo per i punteggi medi
relativi al grado di severità del Tempo Massimo Fonatorio, pre- e post-trattamento
Riteniamo di estrema importanza sottolineare che lo scopo della rieducazione logopedica
nel paziente affetto da malattia di Parkinson sia rallentare l’involuzione ed assicurare una
migliore qualità di vita. I risultati della nostra ricerca evidenziano come l’obiettivo suddetto
sia stato maggiormente raggiunto nei pazienti appartenenti al gruppo sperimentale al confronto con i pazienti appartenenti al gruppo di controllo.
Bibliografia a richiesta
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LOGOPaeDIA 2013; vol.1
Recensioni
Giuseppe Gitti
sordo o Sordo?
Franco Angeli Editore
Il sordo, chi è costui? Acquisizione o apprendimento della lingua? Protesi o impianto cocleare? Quale metodo per l’abilitazione/educazione del bambino sordo? Cosa fare con i
“nuovi sordomuti”? La LIS: una lingua o un linguaggio? La sordità: un deficit o uno status?
“Il volume di Gitti, lungi dall’essere esaustivo riporta molto bene l’ intero panorama in modo
dettagliato: è una esposizione da storico che non trascura di menzionare e specificare le
caratteristiche del dibattito in atto. Non ho nessuna remora ad affermare che nessuno ha
la competenza, la passione, l’interesse, l’esperienza, la vis polemica di Gitti che, però, ha
sempre cercato e cerca il dialogo e il confronto sulla teoria e, soprattutto, sulla pratica e
sulla verifica dei risultati raggiunti dai sordi che hanno frequentato e frequentano il suo
Centro. Ho l’impressione che il volume abbia la struttura di un’opera a futura memoria e che
contenga molto di più di quanto ogni singolo studioso del campo possa voler ricercare. È
una pietra miliare e come tale deve essere considerata”.
(Oskar Schindler)
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Nancy McWilliams
LA DIAGNOSI PSICOANALITICA
Seconda edizione. A cura di Vincenzo Caretti e Adriano Schimmenti
Il libro La Diagnosi psicoanalitica, fin dalla sua prima edizione del 1994, è considerato un
caposaldo per la formazione clinica e per lo sviluppo delle capacità diagnostiche, sia per
il contributo che fornisce alla comprensione dei tipi e della struttura di personalità, ma anche
per la completezza dei contenuti, per la chiarezza nell’esposizione dei concetti, per l’analisi critica dei riferimenti teorici utilizzati e per la raffinatezza clinica con cui sono analizzati
i problemi relativi alla diagnosi differenziale. Questa seconda edizione è interamente rivista e ampliata dall’autrice e integrata con una serie di studi nel campo della psicoanalisi
contemporanea, delle neuroscienze cognitivo-affettive e della teoria dell’attaccamento.
collana PSICHE E COSCIENZA - anno 2012 - pagine 476
Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore - www.astrolabio-ubaldini.com
Via Guido d’Arezzo, 16 - 00198 Roma - Tel. 06 8552131 – Fax 06 8552756
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Jacques-Alain Miller
INTRODUZIONE ALLA CLINICA LACANIANA
A cura di Antonio Di Ciaccia
Con questo contributo fondamentale alla comprensione del Seminario e degli Scritti di
Lacan, Jacques-Alain Miller rilegge Lacan che legge Freud, e spiega i punti di difficoltà, le
impasse che Lacan si è trovato di fronte nell’estrarre dalla clinica una nuova logica appoggiandosi ora alla scrittura cinese, ora alla matematica, ora alla topologia al fine di cogliere al di là del linguaggio quel punto insondabile, oscuro, che abita l’essere parlante e
che l’interpretazione classica non può raggiungere.
collana PSICHE E COSCIENZA - anno 2012 - pagine 326
Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore - www.astrolabio-ubaldini.com
Via Guido d’Arezzo, 16 - 00198 Roma - Tel. 06 8552131 – Fax 06 8552756
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Werner Bohleber
IDENTITÀ, TRAUMA E IDEOLOGIA
La crisi d’identità della psicoanalisi moderna
Questo libro mette in luce la rilevanza della psicoanalisi per alcuni dei più profondi dilemmi intellettuali della nostra generazione: la natura del campo bipersonale, l’impatto della violenza
sullo sviluppo umano, le ideologie che la permettono e l’alimentano, le forze culturali che operano a livello inconscio, facendo di noi tutti potenziali vittime o carnefici. Nel trattare questi temi
lo psicoanalista tedesco Werner Bohleber evita intenzionalmente gli estremi e si radica in una
visione equilibrata lontana dalla retorica o da altre tentazioni di aggirare un’indagine seria.
collana PSICHE E COSCIENZA - anno 2012 - pagine 250
Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore - www.astrolabio-ubaldini.com
Via Guido d’Arezzo, 16 - 00198 Roma - Tel. 06 8552131 – Fax 06 8552756
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Alain de Mijolla
PREISTORIE DI FAMIGLIA
È affascinante individuare nella psiche la ripetizione di tratti caratteriali e schemi provenienti dalle generazioni precedenti, vettori di una tradizione familiare ereditata dal passato.
Opponendosi alla corrente che vorrebbe collegare quasi magicamente tali corrispondenze,
lo psicanalista francese de Mijolla si fa sostenitore di una linea di ricerca psicoanalitica secondo cui queste possono essere analizzate e diventare strumenti di una clinica rigorosa
dove teoria e pratica procedono di pari passo.
collana PSICHE E COSCIENZA - anno 2012 -pagine 180
Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore - www.astrolabio-ubaldini.com
Via Guido d’Arezzo, 16 - 00198 Roma - Tel. 06 8552131 – Fax 06 8552756
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Antonino Ferro - Didier Houzel - Suzanne Maiello - Elena Molinari – Mario Priori - Cathy Urwin
GIOCO E LINGUAGGIO
Lo sviluppo della comunicazione, la scoperta del gioco, i segnali di disagio, il ritiro autistico
a cura di Suzanne Maiello
In questo volume della collana “Cento e un bambino” si affrontano fattori decisivi nella crescita del bambino e correlati tra loro: lo sviluppo del linguaggio verbale e il gioco, che ha
anch’esso un’intensa valenza comunicativa. Non sempre queste attività fondamentali emergono spontaneamente tra genitori e figli, e alcuni bambini danno segni di isolamento, rischiando talvolta un ritiro autistico. Il volume intende offrire informazioni e riflessioni per
aiutare i genitori a stabilire una buona relazione con i propri bambini.
collana CENTO E UN BAMBINO - anno 2012 - pagine 172
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FONDAZIONE AUDIOLOGICA VARESE ONLUS
di Sandro Burdo & Silvia Cattaneo
Questo libro è disponibile per il download su iPad con iBooks o sul computer con iTunes.
Descrizione: attività di sussidiarietà, assistenza, didattica e ricerca svolta dalla
Fondazione Audiologica Varese onlus dalla nascita al 2010
Gratis
Disponibile per iPad.
Categoria: Medicina
Pubblicato: 26/03/2013
Dimensioni: 112 pagine
Lingue: Italiano
Versione: 1
Editore: Burdo Sandro
Requisiti: Questo libro può essere visualizzato solo usando iBooks 3.0
o versione successiva su iPad.
Devi avere iOS 5.1 o versione successiva.
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LOGOPaeDIA 2013; vol.1
Corsi e Congressi
DEGLUTOLOGIA-Master di I livello, VI EDIZIONE - 2013/2014
Università degli Studi di Torino
GENNAIO 2014 a DICEMBRE 2014
Inizio il 27/01/2014
Info e iscrizioni: www.formazione.corep.it/deglutologia
IL BAMBINO PARLATORE TARDIVO: COME E QUANDO INTERVENIRE?
Napoli 22 giugno 2013
Sede del corso: Aule Corso di Laurea in Fisioterapia
Azienda Ospedaliera Cardarelli - Pad. H; Via A. Cardarelli, 9 - 80131 Napoli
Responsabile organizzativo: Associazione Logopedisti Campani
Dott.ssa Raffaella Citro: tel: 0828 300357 - e-mail: [email protected]
Dott.ssa Sara Panizzolo: - e-mail: [email protected]
IX CONGRESSO NAZIONALE AIDAI-AIRIPA
Perugia , 30-31 maggio 2013
Università degli Studi – Facoltà di Scienze della Formazione, P.zza G. Ermini
Segreteria Organizzativa AIDAI – Via F. Cairoli, 24 – 06125 Perugia
Tel. 075 3722518 – Fax 075 5899147 – E-mail: [email protected]
DISLESSIA E LINGUE
Modena 31 maggio 2013
Sede del corso - Aula Magna Centro Servizi - Via del Pozzo 71; Modena
Info: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova
tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]
LOGOPAIDEIA - TERAPIE DEL LINGUAGGIO E DELLE RELAZIONI
Roma 05 ottobre 2013 - 18 maggio 2014
Sede: BEST WESTERN PREMIER - Hotel Royal Santina, Via Marsala, 22 - 00185 - Roma (RM)
http://www.meetandwork.it/logopaideia
LE DISFONIE: DIAGNOSTICA CLINICA E STRUMENTALE, PROSPETTIVE
TERAPEUTICHE E METODICHE RIABILITATIVE Direttore: Prof. Umberto Barillari
Milano 13 - 14 giu 2013 c/o Auditorium CRS Amplifon
Info: Meet and Work s.r.l. - P.zza del Sole e della Pace 5 - 35031 Abano Terme Padova
tel.+39 049 8601818 - fax +39 049 8602389 - [email protected]
29TH IALP CONGRESS
Turin (Italy) from August 25 to 29, 2013
Info: Meet and Work s.r.l. P.zza del Sole e della Pace 5, 35031 Abano Terme, Padova,
tel.+39 049 8601818 fax +39 049 8602389 [email protected]
3° CORSO DI AGGIORNAMENTO MONOTEMATICO SIAF - La disfagia
Direttori: Prof. A. Schindler - Prof. S. Coscarelli
Firenze 4 ottobre 2013 – Sede: Caserma F. Redi
Info: Meet and Work s.r.l. P.zza del Sole e della Pace 5, 35031 Abano Terme, Padova,
tel.+39 049 8601818 fax +39 049 8602389 [email protected]
XXXIV CONGRESSO NAZIONALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI AUDIOLOGIA
E FONIATRIA
Venezia 16 - 19 ottobre 2013
Sede Palazzo dei Congressi – Stazione Marittima Venezia
Info: Meet and Work s.r.l. P.zza del Sole e della Pace 5, 35031 Abano Terme, Padova,
tel.+39 049 8601818 fax +39 049 8602389 [email protected]
LA VOCE ARTISTICA IX Edizione
Ravenna dal 21 al 24 novembre 2013
Segreteria Organizzativa La Voce Artistica
Ravenna Incoming Convention & Visitors Bureau -Via Gordini, 27 – 48121 Ravenna Italy
tel.+39 0544 421247 Fax +39 0544 597250 - e mail [email protected]
www.ravennaincoming.it
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