In balìa di Ghassàn La luce calda dalla finestrina indicava l

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In balìa di Ghassàn La luce calda dalla finestrina indicava l
In balìa di Ghassàn
La luce calda dalla finestrina indicava l’imminente tramonto. Le tolse la giacca del
pigiama e le abbassò i pantaloni costringendola a toglierseli. Poi le abbassò anche le
mutandine arrestandosi un momento a fissare il sesso glabro della ragazza. Ma subito
gliele sfilò e la spinse sul piatto doccia aprendo l’acqua. Il primo getto freddo la fece
saltar fuori. Allora lui, cercando di non bagnarsi, regolò il calore e la rispinse dentro.
Le versò in testa mezza bottiglietta di bagnoschiuma e prese a insaponarla. Vedendo
che si stava bagnando si spogliò completamente anche lui. Era già eccitato e lei si
augurava che si masturbasse subito.
No. A colpi di pancia si mise accanto a lei sotto il getto riprendendo a insaponarla
con un vigore che diventava violenza quando passava, soffermandosi, sui seni, sul
pube, sulle natiche. A momenti, con disgusto, sentiva premere sul suo corpo
l’eccitazione dell’uomo. Dopo averla risciacquata l’avvolse in un largo asciugamano,
strofinandola rudemente. Poi, dopo essersi passato sommariamente addosso lo stesso
asciugamano, prese la mano della donna, che si lasciava andare passiva, e la trascinò
sul divano.
«Dai, mangiamo.»
«Non ho fame. Fammi andare, ti prego.»
Senza badarle ruppe in due un disco di pane, ne buttò una metà dalla parte di lei e
prese a mangiare a grossi bocconi.
La sua eccitazione s’era al momento smorzata mentre mangiava in silenzio,
continuando a guardarle il corpo nudo così intensamente da imbarazzarla. Si
raggomitolò. Lui bevve una delle bottigliette di ayràn. Poi prese dal frigo una
bottiglia d’acqua e del ghiaccio. Preparò due bicchieri di àraq e le si sedette accanto.
«Bevi» le impose.
Lei, accasciata e curva in avanti, prese il bicchiere portandolo alle labbra senza bere.
Lui finì subito il suo. Appoggiò il bicchiere vuoto, le tolse di mano il suo pieno
mettendolo accanto all’altro. Si volse a lei stringendole i seni con una certa forza. Le
sfuggì un lamento che sembrò acuire la foia insorgente dell’uomo. La sua mano saltò
alle cosce di lei cercando d’insinuarsi. La donna strinse le gambe d’istinto. Al colmo
della libidine l’uomo le prese la testa per i capelli spingendola con violenza tra le sue
gambe. Lei ebbe un moto di resistenza. Inutile. La presa dell’uomo era troppo forte e
si trovò con la faccia sul suo sesso eccitato.
Presa dal disgusto di quanto la costringeva a fare, le venne quasi d’istinto ripiegare su
un male minore. Con la mano gli prese il sesso e cominciò a masturbarlo. Lui ebbe
subito un fremito, allentò la pressione sulla testa di lei e stese le gambe allungandosi,
lasciandosi andare a un rapido piacere. Che giunse un minuto dopo.
Lei – ad occhi chiusi – sentì le scosse del suo orgasmo e il liquido caldo che le colava
tra le dita. Vinse l’istinto che la spingeva a correre in bagno a lavare lo schifo,
costringendosi a star ferma e lasciare che fosse l’uomo a muoversi per primo per non
indisporlo in qualche modo. Pochi istanti dopo, lui le allontanò la mano e si diresse
in bagno facendosi scorrere addosso un getto d’acqua.
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Ne uscì sfregandosi l’asciugamano sul petto. E, sorridendo: «Mi hai fregato. Ma mi è
piaciuto. Cominci a piacermi anche da arrabbiata. Penso proprio che andremo
d’accordo. Sai cucinare?»
Passandosi sulla mano destra una manciata di kleenex lei scosse la testa.
«Non importa. So bene chi può insegnarti la cucina siriana. Avremo tempo» ribatté
sempre sorridendo. E prese a rivestirsi.
A quell’avremo tempo le si strinse ancora il cuore. Andò lentamente in bagno, girò la
manopola e stette sotto la doccia almeno dieci minuti, senza muoversi, lasciando che
l’acqua la pulisse materialmente fuori e virtualmente dentro. Ne uscì e s’asciugò pian
piano, con cura, come fosse un’operazione della massima importanza. Col cuore
sempre stretto, ma… non nel pessimismo di poco prima.
Allo specchio la ferita al labbro le appariva rosea e meno gonfia. Si stava chiudendo
bene e il dolore s’era ridotto a un po’ di fastidio. Si rimise il pigiama ch’era rimasto
per terra e tornò nella stanza trovandovi Ghassàn addormentato disteso sul divano.
Pensò subito di sfilargli le chiavi che l’aveva visto mettersi nella tasca dei pantaloni.
Impossibile senza svegliarlo. Si sedette su una poltrona guardando il sonno del suo
aguzzino e… scivolò in un anomalo sopore.
La scosse una canzone dal cellulare dell’uomo. Lo sentì rispondere brusco qualcosa
in arabo e poi ascoltare. D’un tratto guardò lei e, dopo un’altra a lei incomprensibile
aspra battuta, premette l’off del telefono, buttandolo sul divano e rimanendo a
guardarla pensoso. Per togliersi da quello sguardo che vedeva torvo Irina s’alzò, andò
in bagno e, si rimise sotto la doccia. Ne uscì una decina di minuti dopo, sperando che
l’uomo se ne fosse andato. No. Stava parlando animatamente al telefono, andando su
e giù per la stanza, con tono alterato agitando le braccia. L’esagitata conversazione in
arabo si protraeva. D’un tratto Ghassàn uscì con quella che doveva essere
un’imprecazione guardando il cellulare. Irina capì ch’era caduta la linea.
Lui scaraventò l’apparecchio su una poltrona. Dalla tasca dei pantaloni prese il
telefono di Irina e: «Dammi il pin, il mio telefono ha la batteria scarica e devo finire
la telefonata.»
Glielo comunicò e come l’apparecchio fu attivo emise subito vari bip da sms.
L’uomo aprì il primo. Sul piccolo display gli apparve l’immagine d’un uomo anziano
con la corta barba bianca e sotto il suo primo messaggino.
S’accigliò: «Chi è questo vecchio che ti dice: “Buona notte. Sogni d’oro. A
domani”?»
Non rispose.
Lui passò a un altro sms: «E qui si dice preoccupato.» La guardò bieco: «Chi è questo
vecchio? Un tuo cliente?»
«Un amico che vedo ogni tanto al night.»
«Ah, dev’essere quel tizio che prima ti cercava da mio fratello.»
Stretta al cuore. In quel mentre il telefono gli trillò in mano. Rimase un attimo
interdetto, poi premette l’off, spegnendolo.
Gli occhi stretti, fissandola cattivo. «Spero non ti sia troppo amico. Potrebbe
capitargli qualche guaio.»
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Irina provò un brivido e: «Come sai che mi cercava?»
«Me l’ha detto prima Bassàm, chiedendomi se sapevo dov’eri. L’ho mandato a quel
paese.» Altra fitta al cuore.
L’uomo s’era messo in tasca i due telefonini e se n’era andato subito dopo con un:
«Ci vediamo domani.»
«Ti prego. Lasciami andare.»
«Perché? Spero non per quel tuo vecchio. Ci vediamo domani.»
cont.
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