Che cosa comporta la ‟civilizzazioneˮ tedesca

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Che cosa comporta la ‟civilizzazioneˮ tedesca
Demonizzazione
Demonizzazione
Una volta entrato in guerra, ogni
paese assume nei confronti di quelli
nemici un atteggiamento
complessivamente poco amichevole.
Particolari elementi religiosi,
ideologici, «razziali» o di altra natura
possono inoltre inasprire lo scontro e
rendere ancora più sgradevole
l’immagine dell’altro che ciascuno dei
contendenti si rappresenta. Diventa
comune l’uso di scambiarsi accuse
reciproche, anche infamanti, e
perfino, come abbiamo già visto, di
lavorare di fantasia per imbruttire
ancor di più il volto già antipatico
dell’avversario.
Demonizzazione
Ma è la propaganda inglese a
dare per prima la prova che
guadagnarsi le simpatie dei
neutrali e scatenare l’odio
verso il nemico possono
essere obiettivi pianificati a
tavolino, con un lavoro che
può avvalersi di tecniche
professionali e metodi precisi.
Il risultato sarà così clamoroso
che appare del tutto legittimo
parlare di «demonizzazione»
del nemico.
Contropiede
Occorre premettere che la strategia della
propaganda inglese prende gran parte del suo
slancio iniziale dalle mosse concrete dei tedeschi,
spesso arroganti e aggressive, configurandosi come
quello che nel calcio si chiama «gioco di rimessa».
L’invasione del Belgio
La prima grande occasione per uscire dalla fase
«spontaneista» si presenta subito, all’inizio del conflitto,
quando il bisogno di sferrare un colpo risolutivo induce i
tedeschi a violare la neutralità del Belgio. L’invasione del
piccolo paese suscita l’indignazione universale.
Il Belgio oppone peraltro una resistenza tanto fiera
quanto inaspettata e gli occupanti, esasperati per
l’intralcio a un piano strategico basato sulla velocità e per
la difficoltà a muoversi tra una popolazione ostile,
adottano una violenta politica repressiva.
Filtrate da fonti ufficiali
belghe, iniziano a
circolare le prime voci di
soprusi e “atrocità”
perpetrate dall’esercito
tedesco, anche nei
confronti di vittime
innocenti: rappresaglie
contro i civili belgi
accusati di essere spie o
franchi tiratori, esecuzioni
sommarie, incendi e
deportazioni.
Il 25 agosto la città di Lovanio, subisce una violenta
devastazione con l’uccisione di 248 civili, la distruzione di
oltre 2.000 edifici e l’espulsione dei 42.000 abitanti.
Gli studiosi hanno calcolato che, tra i civili belgi e
francesi, tra l’agosto e il novembre del 1914, le vittime
dell’esercito tedesco siano state più di 6.500; senza
contare la distruzione di 25.000 edifici e circa un milione
e mezzo di profughi (il 20% dell’intera popolazione)
riparati all’estero.
Tuttavia il «pugno di ferro» usato in Belgio dall’esercito
tedesco, pur segnato da asperità «eccessive», a un
giudizio storico sereno e documentato, non sembra
andare così oltre le «normali» leggi di guerra, né troppo
diverso da quello di altri eserciti in paesi occupati.
Katyn
Radoh
Algeria
My Lai
Guantanamo
La condotta tedesca
Le notizie sulla estrema durezza della condotta dei
tedeschi in Belgio vengono sparse a piene mani dalla
stampa inglese, eccitando ancor di più lo sconcerto e
l’irritazione del consesso internazionale.
Le storie di atrocità
I giornali più autorevoli si
limitano inizialmente a
stigmatizzare l’eccessiva
spregiudicatezza del governo
tedesco e sottolineano come la
violazione della neutralità belga
sia un’«offesa» agli accordi
internazionali, sulla stampa
popolare si scatena un vero e
proprio diluvio di storie che, in
modo più o meno romanzato,
ostentano ogni tipo di
efferatezza attribuita al nemico.
Nell’esposizione al giudizio
del mondo tramite il «filtro»
della propaganda inglese,
che vuole indurre gli Stati
Uniti ad entrare in guerra
contro gli Imperi Centrali, i
«crimini» tedeschi
vengono perciò amplificati
e alterati, configurando
una straziante saga che
deturpa per sempre il volto
della Germania
guglielmina.
Le storie di atrocità
Se i giornali più autorevoli si limitano inizialmente a
stigmatizzano l’eccessiva spregiudicatezza del governo
tedesco e sottolineano come la violazione della neutralità
belga sia un’«offesa» agli accordi internazionali, ben
presto, con l’intervento massiccio della stampa popolare,
l’atmosfera inizia veramente a surriscaldarsi.
Lo stupro del Belgio
Anzitutto le conseguenze violente
dell’invasione vengono sintetizzate entro
una cornice di grande efficacia
propagandistica, con l’espressione «stupro
del Belgio» che inizia a comparire ovunque.
Le storie di atrocità
Poi si scatena un diluvio di
«notizie» che, in modo più o
meno romanzato, raccontano
le efferatezze attribuite al
nemico. Sono le famigerate
«storie di atrocità», un misto
di ansia, fantasia popolare e
disinformazione che fa parte
dell’armamentario di ogni
guerra, ma che assume nella
circostanza una forza mai
vista, in virtù della cassa di
risonanza offerta dalla
stampa di massa, in grado di
alimentare una specie di
isteria collettiva.
Il Kaiser chiede la benedizione
di Dio su atti come questo
Le storie di atrocità
Va comunque detto che questa
specie di «circo degli orrori» non si
alza all’improvviso, ma trae spunto
dalla strisciante demonizzazione
della Germania e dei suoi capi, da
tempo in azione, che li raffigura
come l’antitesi della Gran Bretagna
e dei suoi valori. Il Kaiser è spesso
dipinto come una specie di «bestia
umana» e il Daily Mail (22
settembre 1914) in un solo articolo
riesce a definirlo matto, lunatico,
barbaro, mostro e Giuda.
Dal piano dell’insulto gratuito,
ora però la demonizzazione
del nemico si può spostare a
quello dei fatti «concreti». Si
avvia un flusso continuo (i cui
picchi seguiranno le scelte più
discutibili della strategia
bellica tedesca) intenzionato
a dipingere i nemici, che da
questo momento saranno
spregiativamente gli «Unni»,
come nient’altro che barbari
distruttori.
Le storie di atrocità
Si tratta di avvenimenti
quasi mai ben documentati
né tantomeno verificati, tesi
a stimolare in modo
grossolano i più elementari
istinti del pubblico; ma
sembra che anche i
giornalisti, forse esaltati dal
clima, ritengano il «nemico»
veramente capace dei
misfatti che vengono narrati
divulgati con morboso
compiacimento.
Combatti ora o aspettati questo
Le storie di atrocità
Grace Hume
Nel settembre del 1914 si consuma nel paesino di
Dumfries la prima bufala, con una giovane infermiera del
posto prima uccisa dai tedeschi in Belgio con ripugnante
crudeltà e poi ritrovata viva nella propria abitazione.
Demonizzazione
Le storie sulle atrocità in Belgio, con gli “Unni” che
stuprano, torturano e mutilano, iniziano ad arrivare sulle
prime pagine dei giornali anche senza troppi riscontri. L’8
gennaio 1915 il Times scrive: “Le storie di stupro sono
così orribili da non poter essere pubblicate se non per la
necessità di mostrare fino in fondo l’indole delle bestie
selvagge che combattono sotto la bandiera tedesca”.
Ma il veicolo privilegiato del
torrente dell’orrore sono le riviste
illustrate, tra cui spicca The War
Illustrated. A Pictorial Record of
the Conflict of the Nation,
pubblicata da William Berry (poi
Visconte di Camrose),
proprietario del Daily Telegraph,
a partire dal 22 Agosto 1914,
che, con altre pubblicazioni
dedite al patriottismo più
sensazionalista, costituisce per
tutta la durata della guerra una
fonte inesauribile di nefandezze.
Il Capitano Reginald James Young guadagna la
Military Cross durante la battaglia della Somme (1916)
La rivista ospita anche corrispondenze di guerra di Luigi
Barzini Sr. e Hamilton Fyfe, offrendo descrizioni di azioni
eroiche da Victoria Cross e articoli di firme come Winston
Churchill e H. G. Wells, acquisendo grande popolarità e
raggiungendo le 750.000 copie.
«Che cosa comporta la ‟civilizzazioneˮ
tedesca»
5 settembre 1915 - La desolazione di Vise, villaggio belga
al confine con la Germania.
Ma il vero asso nella manica sono le foto e soprattutto le
illustrazioni, tra cui notevoli quelle di Stanley Wood che
drammatizzano (o, in qualche caso, inventano) notizie
sulle truppe germaniche, anche se dal 1916 in poi si
presterà maggiore attenzione al controllo delle notizie.
Questo è il racconto di un tranello tanto astuto quanto
spregevole. Pronti a ogni abuso, i tedeschi si avvicinano
a una trincea britannica simulando un corteo funebre,
con tanto di prete. Quando l’ufficiale inglese fa levare in
piedi i soldati per un rispettoso saluto, gli infami assassini
aprono il fuoco.
Sapendo che le persone civili
non sparerebbero mai su un
simbolo sacro, i tedeschi
hanno profanato questo
crocefisso lungo la strada
facendone un osservatorio
per dirigere il tiro
dell’artiglieria. La didascalia
conclude con un amaro
commento sulla loro ricerca
di «un sacrilego rifugio fra le
braccia spalancate di quel
Cristo che crocifiggono di
nuovo ogni giorno».
Guerra di terrorismo contro vecchi, donne e bambini
Il 26 dicembre 1914 The War Illustrated lancia uno
special in cui ammucchia ogni sorta di crimine tedesco
sotto le etichette più sprezzanti, parlando apertamente di
guerra terroristica e di violenza su donne, vecchi e
bambini.
La campagna di saccheggio
sotto la tutela degli Hoenzollern
Nulla si salva dal
passaggio delle orde
germaniche:
«Autorizzate dal vertice,
ecco le razzie nei più
deliziosi castelli belgi e
francesi, depredati da
ladri che hanno la
brama di possesso ma
non le facoltà di
apprezzare i tesori».
Anche i francesi presentano i soldati tedeschi, fin
dall’inizio delle ostilità, come un’orda di barbari che
commette ogni sorta d’infamia, riprendendo molti luoghi
comuni già sviluppati nel 1870.
da un Rapporto ufficiale francese
Il 7 settembre 1914 a St. Denis-lès-Rebais un Ulano
obbliga la Signora X a spogliarsi, poi la getta su un
materasso e la violenta.
La Senna e la Marna dal settembre
1914 sono in mano ai tedeschi, che
come tutte le truppe in guerra
saccheggio i villaggi di cui prendono
possesso. L’accento della propaganda
è posto sulle sofferenze della
popolazione civile e sulle barbarie
commesse dai «boches». Spesso
taciuti dalle vittime, gli stupri sono la
prova dell’inferiorità delle donne del
paese invaso e un’aggressione morale
alla nazione che rappresentano. In
questo caso, più che il dramma
individuale, viene strumentalizzato
l’attentato morale a un intero popolo.
I tedeschi non si fermano neppure di fronte a bambini
inermi: in questa cartolina (datata agosto 1914) un Ulano
uccide senza pietà addirittura un bimbo di 7 anni che lo
ha «minacciato» con un fuciletto di legno.
Devastano chiese e ospedali, se la prendono con
donne e bambini e non rispettano nessuno, neppure la
Croce Rossa.
Un’altra storia che circola prima in
tutta Europa e poi migra negli Stati
Uniti, è quella dei bambini belgi con
le mani tagliate. Iniziano i francesi a
lanciare allarmi sul fatto che i
tedeschi tagliassero le mani dei
piccoli belgi per impedirgli di
combattere per la Francia, e gli
alleati diffondono una immagine del
Kaiser con un’ascia in mano,
circondato di sangue e pile di mani,
che da dietro un masso prega una
donna di consegnargli i bambini che
porta con sé.
Questa palese bugia viene
universalmente accettata, insieme a
quelle su bambini infilzati sulle
baionette o inchiodati alle porte,
tanto che alla fine la si percepisce
non più come un atto isolato e
clamoroso, per quanto atroce, ma
come un tratto scontato del
comportamento ordinario dei
tedeschi.
Ponsonby, Arthur (1928). Falsehood in Wartime.
Institute for Historical Review, p. 82.
Ma ecco come appare su Le Miroir nel febbraio 1915. Il
titolo è “I crimini delle orde tedesche in Polonia” e la
didascalia col riferimento alla Russia risulta tagliata.
La foto, come chiarisce la didascalia originale, si riferisce
a un Pogrom compiuto a Odessa nel 1905.
The Chicago Sunday Tribune, 28 aprile 1915
Questo tipo di propaganda anti-tedesca
prodotta dagli alleati convoglia la rabbia e la
preoccupazione della gente sull’odio per gli
“Unni” selvaggi e crudeli, riuscendo così ad
accreditare l’idea che gli Alleati combattono
per la civiltà contro un nemico brutale e
disumano, un’immagine destinata a
permanere a lungo nell’immaginario collettivo
e perfino nella divulgazione storica.
L’effetto viene in gran parte raggiunto
mediante il racconto delle atrocità
nemiche, nella supposizione che la
loro «rivelazione» induca l’odio e il
desiderio di una vendetta spietata.
«Una regola pratica per accendere
l’odio, se il pubblico non s’inferocisce
subito» ha detto Lasswell «è il
ricorso all’atrocità, come si è fatto,
con immutabile successo, in ogni
conflitto conosciuto dall’uomo».
Harold Lasswell, Propaganda Technique in the
World War, The MIT Press, Cambridge 1927,
p. 19.
Afferma ancora Lasswell:
«Nella maggior parte delle
nazioni, le resistenze
psicologiche alla guerra sono
così grandi che ogni guerra
deve sembrare una guerra di
difesa contro un aggressore
minaccioso e sanguinario.
Non ci devono essere
ambiguità su ciò che il
pubblico deve odiare”.
Harold Lasswell, Op. cit., p. 47.
«A differenza del
pacifismo, che sostiene
che tutte le guerre sono
brutali, la storia di
atrocità sostiene che la
guerra è brutale solo
quando la fa il nemico».
È più facile uccidere un
mostro che un essere
umano.
Harold Lasswell, Op. cit., p. 19.
La parola alla difesa…
Naturalmente i tedeschi
tentano di reagire,
seguendo due direzioni. Da
un lato tentano di lanciare a
loro volta accuse di
condotta scorretta al
nemico, con meno
psicologia e più disprezzo,
accreditando voci secondo
cui i medici francesi
avvelenerebbero i pozzi con
bacilli di peste o colera e i
loro prigionieri di guerra
verrebbero accecati.
Dall’altro lato, una gran parte delle energie viene spesa
per cercare di rintuzzare, con timida pedanteria, le
accuse di atrocità. In questa stampa si sottolineano gli
agguati dei civili armati belgi.
Ma per lo più si cerca di esibire prove del comportamento
umano e amichevole dei militari tedeschi.
La serie «Noi Barbari
è in proposito molto
esplicita, con toni
francamente
oleografici. Rispetto
all’efficacia della
potenza di fuoco
inglese, però, si
tratta di flebili voci
nella tempesta.
La propaganda infatti inglese
sa anche sfruttare il vantaggio
acquisito e, come mostra
questa pagina dello War
Illustrated del 19 dicembre
1914 intitolata «Le bugie della
propaganda» (naturalmente
tedesca) rileva (probabilmente
a ragione) il carattere artificioso
delle foto diffuse dal nemico,
mentre pretende invece che
siano creduti i suoi disegni
sugli Unni assassini.
Nel corso del 1915 la
propaganda inglese
compie anche un altro
passo decisivo, alzando la
posta rispetto ai semplici
pamphlet e cercando di
«formalizzare» le accuse
alla Germania attraverso la
promozione di inchieste
governative e la
conseguente pubblicazione
di rapporti ufficiali e libri
bianchi.
Il rapporto Bryce