norman gregov - Sistema Bibliotecario Milano Est
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norman gregov - Sistema Bibliotecario Milano Est
Sesto Ulteriano Maggio 2010 Ecco, un altro corso è finito, ma questa volta abbiamo deciso di dar vita a un nuovo progetto: una raccolta di esercizi e testi che sono stati scritti da alcuni dei partecipanti agli incontri di scrittura creativa “Romanzi Brevi, Passioni Forti” che si sono svolti presso la biblioteca di Sesto Ulteriano. E' il terzo ciclo di incontri che facciamo in questa sede e “la compagnia” non solo aumenta, ma diventa sempre più consapevole e partecipe. In queste pagine troverete esercizi che partendo da uno spunto o una richiesta comune hanno portato a risultati diversi, così diversi da emozionare perché è un'ulteriore conferma che la diversità è un vantaggio e una risorsa fondamentale in ogni processo creativo. Un pregio di cui, spesso, sottovalutiamo il valore. Leggerete testi di chi si è messo in gioco per sperimentare, per divertirsi e per dare un senso concreto a un percorso che inizia, ma sicuramente non finisce qui. Complimenti! E... alla prossima Paola Buonacasa Enzo Battistella Esercizio. Sono settimane che aspetto questo telegramma e ora che è arrivato, non oso aprirlo. Me lo manda mio marito e so cosa dice: “Vengo a prenderti”. Partendo da questo incipit provate a scrivere: un testo di 500 caratteri e un testo di 1000 caratteri Elaborato da 500 caratteri Sono settimane che aspetto un suo segnale e lui si fa vivo con un telegramma . E allora perché non un piccione viaggiatore o i segnali di fumo? Non che mi aspettassi di vederlo arrivare con la limousine di “Pretty woman” ma almeno un fiore, anche quelli che vende il pakistano sotto casa , credevo di meritarlo . Probabilmente non è così , gli unici telegrammi che gli ho visto scrivere da quando la mia sciagurata vita si è scontrata con la sua , sono stati per i parenti morti, quelli che poi non vai al funerale ma devi comunque fare bella figura . Vengo a prenderti c’è scritto , neanche fossi un pacco postale! Elaborato da 1000 caratteri Odio il mare e lo sanno tutti ! Lo odio da sempre o almeno da quando ho memoria , odio la sabbia tra le dita dei piedi , i costumi attillati , le canottiere rigate e le ciabatte di plastica. Non mi piace il pesce , i bambini urlanti e i nonni che giocano a bocce . E invece sono qui! Tutto merito di quell’arrogante dottorino che mi ha prescritto un mese di mare .“Sa alla sua età” mi ha detto , maledetto lui e povero me che odio anche lo iodio . Cerco, da dietro i miei scuri occhiali la strana signora che ieri era seduta con le spalle rivolte al mare. Ho provato subito interesse per il velo di tristezza sul suo volto mal celato sotto il grosso cappellone e per la busta chiusa adagiata sul tavolino e mentre fantasticavo su di lei e sulla sua vita,con mia sorpresa , mi ha rivolto la parola : “Sono settimane che aspetto questo telegramma e ora che è arrivato , non oso aprirlo “ ha detto scoppiando in una rumorosa e isterica risata “ me lo manda mio marito e so cosa dice “ Vengo a prenderti”. Proprio in quel mentre, Salvatore , il ragazzo del cocco , mi ha chiamato per vendermi la mia razione quotidiana di zuccheri , velocemente l’ho accontentato per ritornare eccitato alla mia conversazione ma della sconosciuta nessuna traccia. Scomparsa ,dileguata! E anche oggi nulla . Odio il mare, rimanere curioso e ora odio anche il cocco ! Esercizio Descrivi te stesso a uno sconosciuto (600 caratteri) 40enne da pochi giorni, non sono ne alto ne basso , ne magro ne grasso , occhi due e azzurri , naso uno che pur essendo solo non passa certo inosservato , bocca una con cui rido spesso insieme a tutti i miei denti. In cima alla testa pochi capelli e dei pochi rimasti la metà resiste ma l’altra è sicuramente ingrigita , il tutto in contrapposizione ad un pizzetto e a una barba medio folta che faccio crescere anche per 4 o 5 giorni prima di tagliarla , giusto per il gusto di tagliare ancora qualcosa. Di carattere sono docile e fedele ma a volte abbaio e quando abbaio di solito mordo anche. Mi piace viaggiare , mangiare, chiacchierare , lavorare , dormire e bere , soprattutto i miei 4 caffè giornalieri senza i quali non potrei fare nessuna delle azioni di cui sopra. Esercizio Descrivi te stesso a tuo padre (600 caratteri) Fisicamente c’è poco da dire : siamo uguali come uguale è la passione per lo sport, concentrata in diverse discipline ma con la stessa avversità alla sconfitta, entrambi abbiamo smesso di fumare , entrambi siamo sposati ed entrambi abbiamo un figlio maschio , io però passo più tempo con il mio rispetto a quello che hai passato tu con il tuo. Io, sicuramente più ottimista, non porto mai l’ombrello e quando piove mi bagno mentre tu in autunno giri già con due maglioni per paura del mal di gola che prenderai in inverno. Tu cuoco provetto e gran mangiatore , io solo mangiatore , a tutti e due piace il buon bere , è sulle quantità la differenza . Tu odi le porte aperte e io non le chiudo mai ma almeno su politica e religione , grazie a Dio , oppure no , stesse idee . Esercizio: scrivi un Acrostico e un Mesostico con il tuo nome ACROSTICO È N ato Z io O razio MESOSTICO fort E mente se N to zan Z are r O nzare Esercizio Scrivere un breve testo utilizzando le tre parole fumo – fischio – finire e sempre parole (tranne articoli e aggettivi) che iniziano con la lettera F. Un furbo fante francese a Forlì fantasticava sul futuro della Francia e sul foruncolo forgiato sulla sua fronte, fintanto che finì fragorosamente su un fuoco fumante finendo in fuliggine. “Ma falla finita, fannullone” fece il fringuello fischiettando dalle fresche frasche, al fagiano, che felice fissava il fellone francese finito in fumo nella folta foresta di Forlì. Esercizio Descrivi un odore/sapore in prima persona (300 caratteri) Quanti bei ricordi di me bambino , come quando pantaloni corti e ginocchia sbucciate , mi sedevo all’ombra della vigna , cotto dal sole e con i sassi nelle scarpe a gustarmi la mia merenda fatta di pane croccante che profumava di forno e di nonna e di salame che sprigionava nell’aria tutto il suo aroma di pepe misto ad aglio . Intorno a me terra , erba e spensieratezza . Esercizio Descrivi lo stesso odore/sapore come pensi lo senta un ippopotamo (300 caratteri) L'ippopotamo non sembra gradire l’odore dell’insaccato, inghiotte ll pane in un boccone e quando una fetta di salame si incastra nel suo dentone iniizia a fare degli strani movimenti con il naso per poi fare uno starnuto colossale. Chiaro tutta colpa del pepe . Esercizio Descrivi lo stesso odore/sapore come se tu fossi un ippopotamo (300 caratteri) Vada per il contenitore che un retrogusto di campi di frumento l’ ha mantenuto , ma con il contenuto proprio non ci siamo ….. come lo chiamano i trogloditi a due zampe? Ah sì “salame”. Non so , è un po’ inquietante ... sa un po’ di morto … mi ricorda un po’ la mamma o meglio la zia . Questi umani vogliono fregarmi , voglio la mia solita erbetta io , sono un Ippopotamo tradizionalista io . Esercizio Scrivere il finale del racconto “ Il Paese dei ciechi” di Herbert Gorge Wells. Il testo può variare dalle 5 righe a un massimo di due cartelle. Solo un’alba divide Bogotà dalla sua nuova vita. È l’ultima alba dei suoi occhi e lui vuole bloccarla nella sua mente , imprimerla senza chiudere le palpebre , con violenza , fino alle lacrime . Vuole ricordarla così com’è : cielo senza nuvole , aria fresca e quella palla di fuoco che sembra così vicina da bruciare le punte degli alberi. Nessuno dei suoi vecchi amici avrebbe scommesso nulla sulla sua capacità di amare una donna , lui che alle donne non si dava mai veramente , le aveva sempre usate o addirittura comprate , lui che giudicava le curve più importanti del cervello , lui che avrebbe barattato anche quelle con un bicchiere di vino bevuto con i suoi compagni . Era famoso nei bar di Bogotà , una volta , molto tempo fa. Eh già , il tempo ! il tempo muta le persone , muta anche i fatti . Il tempo ha cambiato la storia di questa gente insieme ai loro corpi e alle loro abitudini . Ha cambiato anche lui . Ha faticato per arrivare a tutto ciò, lui che pensava di diventare il Re di questo popolo che riteneva stupido , ha dovuto piegarsi ed ora , per continuare ad amare , deve rinunciare per sempre a quello che nell’altro mondo riteneva di primaria importanza . Ma quanto vale l’amore ? Bastano un paio di occhi in cambio della felicità ? Sarà ancora se stesso senza poter più vedere e godere di quello che la vista gli restituisce ? E mentre i pensieri sgorgano come cascate il sole continua la sua ascesa nel cielo e inonda con la sua luce la vallata ….. L’alba ha lasciato il posto al giorno e ora Bogotà può finalmente chiudere le palpebre e fare uscire lacrime di tristezza , paura e speranza dai suoi occhi e piangere cosi tanto da addormentarsi stremato . Nessuno può dire quanto tempo sia passato da quel momento o quanto abbia pianto ma ad un tratto sente una scossa e poi un’altra e poi una voce: “Amore , amore svegliati , stai piangendo .” la donna accanto a lui lo guarda preoccupata . “Ma dove sono ? Ma .. i tuoi occhi ?” “Siamo a casa , nel nostro letto e cosa hanno i miei occhi ?” “I tuoi occhi” e dopo una pausa “sono bellissimi ...i tuoi occhi” “Sono tanti anni che li porto con me ma non mi hai mai detto una cosa simile ... E ora perché ridi ? “Rido perché finalmente posso vederti , come fosse la prima volta, abbracciami … e stai zitta !!!” Roberta Maroni Esercizio Sono settimane che aspetto questo telegramma e ora che è arrivato, non oso aprirlo. Me lo manda mio marito e so cosa dice: “Vengo a prenderti”. Partendo da questo incipit provate a scrivere: un testo di 500 caratteri e un testo di 1000 caratteri ELABORATO DA 500 CARATTERI “Amore, adesso vestiti, sto venendo lì a riprenderti faccio quello che vuoi tu una stanza senza la tv. Neanche l'ombra di un telefono parleremo a un millimetro io e te saliremo sopra un albero di quello che faremo, questo è il minimo. Cosa vuoi da me?”. E’ la radio, solo la radio. Probabilmente quello che leggerò nel telegramma, ancora appoggiato lì sul tavolo della cucina, ormai da due giorni, sarà diverso, molto diverso. Quest’attesa non ha più senso, fa solo male. Ho deciso, lo apro. Il cuore mi batte a mille e le mani tremano. Vedo solo le ultime due parole e mi bastano: è finita. ELABORATO DA 1000 CARATTERI Chi l’avrebbe mai detto che un giorno avrei curiosato tra gli oggetti più intimi e segreti che questa casa custodiva? Ed invece eccomi qua, seduta – come facevo da bambina – nella mia soffitta. Sì perché la soffitta della casa dei nonni era soprattutto il mio rifugio. Ho gli occhi lucidi. I miei e mia sorella li sento al piano di sotto che spostano mobili e discutono ad alta voce. Io invece nel silenzio e tra la polvere, ricordo. Quei ricordi che erano rimasti sopiti nella mia memoria ora sembrano dei cavalli imbizzarriti. Apro cassetti, bauli. Sono a disagio. Echeggia nella memoria la voce della nonna che mi urla “guai a te se apri il baule verde!”. Ed invece eccomi qua…che meraviglia però! Il corredo da sposa della nonna. Una scatolina con degli orecchini in argento, forse un pegno d’amore. E delle lettere legate con un nastro rosso. Un telegramma. E’ del nonno. Lo leggo. “Amore non posso aspettare STOP vengo a prenderti domani notte STOP aspettami al nostro glicine STOP ti amo”. E’ il 12 giugno 1944. Mio padre sarebbe nato nove mesi dopo… Esercizio Descrivi te stesso a uno sconosciuto (600 caratteri) Ti conosco da diciotto anni. Dovrei conoscerti bene, eppure per me sei ancora uno sconosciuto e forse lo sarai per sempre. Sono qui davanti a te e cosa vedi? Una donna di quasi quarant’anni, qualche filo bianco nascosto tra i capelli chiari, un viso acqua e sapone, un bel sorriso, i miei occhiali rossi. Dietro alle lenti, i miei occhi verdi, un libro aperto. Sì perché come dici tu, io sono una persona leale, pulita e ogni mia emozione traspare dal mio sguardo. Non posso mai fingere, il mio gioco verrebbe subito scoperto. Sono una persona semplice, ma non sinonimo di superficialità. E mai avrei immaginato di possedere una carattere fortissimo, una determinazione e una forza di volontà tali da poter spaccare le montagne. Come mai, tutta questa forza improvvisa? Per tenerti ancora al mio fianco…spero, per sempre. Esercizio Descrivi te stesso a tuo padre (600 caratteri) Non cammino più con le mani in tasca, cercando di imitare la tua camminata e fischiettando per assomigliarti. Questo lo facevo trent’anni fa. La mia finta spavalderia di allora celava tanta insicurezza e timidezza. Bastava un nulla per farmi bollire le guance. E tu inconsciamente mi hai sempre tarpato le ali. Mi chiamavi “tarlűcc”. Mi sono sempre sentita incapace di fare tutto. Volevo assomigliarti, esser forte e spavalda. La mia forza è arrivata con la maturità e solo ora mi accorgo che anche la tua era una finta determinazione, che celava e cela tutt’oggi insicurezza e una sorta di timidezza. Oggi, le poche volte in cui ci troviamo a conversare insieme mi dai ragione su tutto. Sono forse diventata io la più forte tra i due? Forse il tuo “tarlűcc” è ancora là - nel passato - che cammina dietro di te, nella tua ombra. (685 caratteri spazi esclusi) Esercizio Descrivi un odore/sapore in prima persona (300 caratteri) – “Legna che arde” All’inizio è un po’ acre, mi solletica il naso. Poi mi inebria, con il suo avvolgente calore. Odore primitivo, familiare, invernale. Accende nella mia memoria ricordi di bambina accoccolata davanti al focolare. Annuso con vigore, quasi gusto l’aroma diffuso nell’aria. Me lo sorbisco ad occhi chiusi quasi fosse un caffè. Eccitante e appagante. Descrivi un odore/sapore come pensi lo senta un ippopotamo. (300 caratteri) L’ippopotamo ancora ignaro dell’innocuità dell’odore acre che sta attraversando le sue narici, incomincia a agitarsi. Per lui è un chiaro segnale di pericolo. Quest’odore richiama in lui ricordi ancestrali che si perdono nella notte dei tempi e che lo inducono alla fuga immediata. L’acqua, il nido sicuro per lui, l’accoglie cancellando ogni traccia del pericoloso odore. Descrivi un odore/sapore come se tu fossi un ippopotamo (300 caratteri) Odore pungente di bruciato. Fuoco vicino. La savana arde. Pericolo. Gli occhi bruciano. Rimedio immediato l’acqua. Pace e serenità ritrovate. Esercizio Scrivere il finale del racconto “ Il Paese dei ciechi” di Herbert Gorge Wells. Il testo può variare dalle 5 righe a un massimo di due cartelle. Nuñez, con il cuore gonfio di dolore e mille pensieri che facevano a pugni nella sua testa, vagò per ore su è giù per le colline circostanti il Paese, senza una meta precisa. Sfinito dalla stanchezza e dalla fame si accoccolò all’ombra di un frondoso albero. Si distese sull’erba e incominciò a fissare le nuvole che correvano veloci nel cielo azzurro del mezzodì. Si accorse di aver fame, forse aveva camminato troppo. Si mise seduto e vide che i rami dell’albero erano carichi di frutti azzurri, mai visti, succosi ed invitanti. Ne prese uno, lo annusò e ne affondò i denti nella polpa azzurrina. Che nettare meraviglioso! Visto l’appetito raccolse un po’ di frutti e li mangiò. Alla fine del pranzo, esausto e appagato si addormentò, forse anche per scacciare i pensieri che lo attanagliavano da giorni. I sogni che fece furono agitati, cupi, dolorosi ma era difficile svegliarsi da quello strano torpore. Non si accorse infatti che non stavano trascorrendo minuti, ma ore. Al villaggio intanto era calata la sera e tutto era pronto per l’operazione. Tutti gli abitanti gremivano le strade e i saggi avevano pronto già tutto l’occorrente. Ma Nuñez non si trovava, era sparito nel nulla. Partirono i giovani del paese alla sua ricerca. Dopo ore ed ore di cammino lo trovarono disteso sotto l’albero. Un albero che loro conoscevano bene. Fin da piccoli venivano condotti dai saggi per poterlo annusare, toccare, riconoscerne i frutti e le foglie, perché velenosissimi e mortali. La sentenza era certa: Bogotà era morto. Lo portarono al villaggio dai saggi i quali sentenziarono che forse erano ancora in tempo per salvargli la vita. Gli pulirono la bocca e gli misero sotto la lingua cinque gocce di uno strano intruglio, che uno di loro conservava in un’antica bottiglietta. Dopo qualche minuto Nuñez aprì gli occhi. Ma era tutto buio. Un buio strano, insolito da quello che aveva imparato a conoscere. Avvertiva la presenza di qualcuno intorno a lui ma non riusciva a percepire alcun rumore. Ad un certo punto il medico capì che Bogotà era sì, vivo, ma che aveva perso, per sempre, l’udito. Infatti non stava reagendo alle loro domande. Anche Nuñez se ne accorse: e non solo aveva perso l’udito ma anche la vista. Nel suo nuovo buio raggiunse le braccia del medico che lo accolse consolandolo. Bogotà scoppiò a piangere disperatamente conscio del fatto che adesso la sua vita dipendeva totalmente da loro. Con una fatica immane cercò di esprimersi e far capire loro che era sordo e cieco. Non era più necessario procedere con l’operazione, era come loro e con un problema in più. Nuñez tremava come un cucciolo mortalmente spaventato. Ma i saggi si sarebbero presi cura di lui educandolo alla sua nuova condizione e Medina-sarotè sarebbe diventata la sua devota ed inseparabile compagna. “L’orbo è re tra i ciechi”. Adesso sì che aveva finalmente capito chi erano i re. SILVIA TARAS Esercizio. Sono settimane che aspetto questo telegramma e ora che è arrivato, non oso aprirlo. Me lo manda mio marito e so cosa dice: “Vengo a prenderti”. Partendo da questo incipit provate a scrivere: un testo di 500 caratteri e un testo di 1000 caratteri Elaborato da 500 Caratteri Seduta sul letto osservo quella busta chiusa sul cuscino. Sono settimane che aspetto questo telegramma e ora che è arrivato, non oso aprirlo. Me lo manda mio marito e so cosa dice: “Vengo a prenderti”. Non posso pensare che tutto possa ricominciare così, senza nessuna ferita. La valigia è già pronta, ma quella busta mi impedisce di muovermi. Mia madre bussa alla porta. La sua dolcezza mi spiazza. In questi giorni abbiamo condiviso ogni lacrima, ogni preghiera. - E’ arrivato il taxi. - Grazie. Scendo tra un momento. Solo ora capisco chi sono veramente. In un attimo sono sul taxi, direzione aeroporto. Non so dove andrò, né cosa farò, ma basta ferite. E quella busta rimane chiusa sul cuscino. Esercizio Descrivi te stesso a uno sconosciuto (600 caratteri) So che non mi hai mai conosciuto veramente, ma il mio carattere apparentemente fragile nasconde una grande forza d’animo che mi aiuta a superare ogni ostacolo. Il mio essere sempre solare e aperta ad ogni tipo di relazione umana è un modo per confrontarmi di continuo con il resto del mondo, solo per non dimenticare che esistono anche gli altri. Mi rammarica pensare che tu non hai mai capito ciò che sono realmente. Peccato, perché un libro aperto può essere letto solo da chi ha voglia di farlo. Esercizio Descrivi te stesso a tuo padre (600 caratteri) Babbo, è così difficile descrivermi ai tuoi occhi che sicuramente mi conoscono più di tutti. In fondo è anche grazie a te che il mio coraggio mi ha permesso di superare ostacoli impossibili. E’ vero, la mia dolcezza a volte può diventare rabbia insensata, quante volte me lo hai detto, ma ho imparato da te che la rabbia non serve a niente, se non ad offuscare le vie della ragione. Solo una cosa non ho imparato da te, amare la vita. E’ un dono per pochi e io non sono tra questi. Esercizio Descrivi un odore/sapore in prima persona (300 caratteri) Quando i boccioli cominciano a fare capolino, inondano l’aria di profumo inebriante. Le rose mi riempiono il naso di magia, di fresco ritorno di luce. Sprigionano solletico frizzante, che dal mio naso arrivano fino ai polmoni, dando a tutto il corpo una gradevole sensazione di pienezza. Così come quella fetta di torta, ricoperta interamente dei suoi petali rosa. Esercizio Descrivi lo stesso odore/sapore come pensi lo senta un ippopotamo (300 caratteri) Avanza verso quell’aiuola di rose appena sbocciate. Chissà che interesse può trovare un ippopotamo in un fiore così gentile. Si avvicina deciso, infilando il suo naso in mezzo ai boccioli. Comincia ad inalare quel profumo dolce che sa di primavera. Le narici si spalancano, si riempiono di delicata freschezza. Poi d’improvviso spalanca la bocca e agguanta quel mazzo di rose, gustando con piacere il succo prelibato. Esercizio Descrivi lo stesso odore/sapore come se tu fossi un ippopotamo (300 caratteri) Sento un profumo particolare nell’aria di primavera. Avanzo lentamente verso una grande massa colorata. Non so cosa sia, ma emana un profumo davvero invitante. Mi sento ubriaco, vinto dall’aroma incalzante. Sto già pregustando il piacere di assaggiarle. Mmmhhh, senti che dolce! Avevo ragione, il profumo è proprio uno spettacolo. E il loro gusto mi dà i brividi. Purtroppo anche quelle due spine che ho tra i denti. Esercizio Scrivere il finale del racconto “ Il Paese dei ciechi” di Herbert Gorge Wells. Il testo può variare dalle 5 righe a un massimo di due cartelle. Nunez la baciò sulla fronte e si allontanò rassegnato. Fuori il sole stava per sorgere e per niente al mondo avrebbe voluto perdersi quello spettacolo. In fondo, pensava tra sé mentre passeggiava, le immagini sarebbero rimaste impresse nella sua memoria e nessuno avrebbe potuto asportarle. Pensava così per consolarsi, ma l’amore che provava per Medina-sarotè era davvero grande. E Nunez se ne rese conto quando il sole fece capolino, illuminandogli il viso e, per l’ultima volta, quegli occhi che non avrebbero mai più goduto del suo saluto. Improvvisamente cominciò a sentire freddo e dentro di sé una voce che lo chiamava con insistenza. - Signor Nunez, signor Nunez. Si voltò per guardare se qualcuno l’aveva seguito, ma non vide nessuno. La voce insisteva. - Signor Nunez, riesce a sentirmi? Riesce a vedere? Il sole cominciò ad oscurarsi, come se improvvise nuvole di pioggia volessero nasconderlo. Il rumore fastidioso di un elicottero diventava sempre più vicino, sempre più penetrante. Adesso cominciava a sentirsi tutto indolenzito e qualcuno lo stringeva e lo legava dolcemente ad una tavola dura e fredda. In uno stato di semi incoscienza pensò di trovarsi sul letto dove presto gli avrebbero asportato gli occhi, ma adesso gli sembrava di volare, di attraversare quelle nuvole che avevano coperto il sole. Cercava di respirare profondamente, ma i dolori erano troppo forti e qualcuno continuava a ripetergli: - Non si preoccupi signor Nunez, andrà tutto bene. Presto saremo in ospedale. Nunez dormì per tre giorni, sdraiato in un letto di ospedale e monitorato continuamente. Quando finalmente aprì gli occhi si accorse che ancora poteva vedere il mondo che lo circondava e lo stupore si mescolò alla gioia. Venne informato dai dottori che si trovava all’ospedale di Bogotà. Era precipitato da una parete molto alta, ma, per sua fortuna, piena di neve. Questa aveva attutito parecchie botte ed era stato nel dirupo per due giorni, fino a quando i soccorsi non l’avevano intravisto. Dunque aveva sognato tutto? Non era mai stato nel Paese dei ciechi? Queste domande si affollavano nella sua testa in maniera incalzante. Forse i vecchi avevano ragione: era solo una leggenda. Solo quel viso dolce di quella ragazza, era certo, non era una leggenda. Medina-sarotè sarebbe vissuta per sempre nella sua memoria. MAURO SPOLDI Esercizio. Sono settimane che aspetto questo telegramma e ora che è arrivato, non oso aprirlo. Me lo manda mio marito e so cosa dice: “Vengo a prenderti”. Partendo da questo incipit provate a scrivere: un testo di 500 caratteri e un testo di 1000 caratteri Elaborato da 500 caratteri E’ la prima luce che filtra dalla veneziana, e fuori saremo ancora sotto zero. Accendo la radio, si parla già di tragedie ma con un tono ancora pacato e rasserenante. Preparo la moka, e penso a quello che dirò oggi in classe. Dirò che mi spiace molto, che l’aria di montagna è fantastica, ma che purtroppo la supplenza è finita. Dovrei aggiungere che mi ribolle dentro un miscuglio di sollievo e rabbia, un groviglio di curve contorte, alcune dirette verso casa e altre chissà dove. Ma non è colpa di bimbi di 8 anni se ho sposato uno stronzo, e non glielo posso far pesare. Mi stringo nello scialle e scosto la tendina, il benzinaio ha acceso l’insegna. Elaborato da 100 caratteri La pelle scotta anche a marzo, nel mezzogiorno del deserto tunisino. Il vento carezza i capelli con dolcezza, lasciando svolazzare la tunica bianca e i suoi pensieri. Una bella donna di 60 anni passeggia tra le mura giallo ocra di un cortile. Una donna che è stata bellissima, corteggiata, invidiata. Forse è ora di fare la nonna d’ordinanza ai giardini pubblici, sentenzia tra sé e sé con un sorriso amaro trastullando l’enorme collana di pietre verdi. Forse è ora di tornare a rimettere a posto casa, andare al mercato e quant’altro. Una promessa recitata più di 30 anni prima perdendosi nei suoi occhi. Ma come può valere ancora? Chi le fissa queste regole e cosa ne sa di cosa accade nel corso di una vita? Lo sguardo oltrepassa il muro e si ferma nel mezzo di un cielo mai visto altrove. Chiude gli occhi e ascolta, silenzio. Vada come vada. Esercizio Descrivi te stesso a uno sconosciuto (600 caratteri) Scusa, posso sedermi? Sai è tutto pieno, e poi due chiacchiere non hanno mai ucciso nessuno, no..? Vorrei raccontarti di me, pseudo-timido ferocemente riservato ma con ventate di lucida follia sparpagliate qua e là. Passioni forti come la musica e il calcio, coltivate per una vita, che mi fanno sentire ancora ragazzo e passioni nascoste come la scrittura, per paura di scoprirmi. E’ l’unico appiglio per le mie emozioni, sempre ben nascoste. Pensa, a volte non ricordo neanche più dove le ho messe…! Non ci crederai ma una volta..ah, te ne vai già? Mi spiace, avevo quasi finito… Esercizio Descrivi te stesso a uno sconosciuto (600 caratteri) Mi piacerebbe pensarti semi-nascosto qui, fuori dalla porta, ad origliare. Mi sentiresti leggere e ti volteresti verso l’uscita, pieno di dubbi e forse un po’ orgoglioso. Saliresti in auto e fissando le luci capiresti perché i miei silenzi si specchiano nei tuoi, e perché la mia pellaccia d’orso è dura almeno quanto la tua. Anche come padre sono come te, taciturno e poco paziente. Una vita quasi di monosillabi, la nostra. La verità è che siamo talmente uguali da non aver mai avuto bisogno di dircelo, o di rinfacciarcelo. Che peccato… Esercizio Descrivi un odore/sapore in prima persona (300 caratteri) Era la prima estate che teneva quella piantina di basilico in casa, ma sembrava decisa, come suo solito quando si mette in testa qualcosa. Piccola, adagiata su di un balcone minuscolo come il nostro. Eppure cominciava a crescere, e a profumare. Fino a quella sera, con le sue foglie verde smeraldo triturate insieme a olio extra vergine, pinoli e grana padano. Me lo ricorderò sempre quel pesto casalingo, era la somma di estate e amore. Esercizio Descrivi lo stesso odore/sapore come pensi lo senta un ippopotamo (300 caratteri) Non è facile vivere in uno zoo safari. Non lo è per niente se la zona a te dedicata confina con l’area pick nick dei visitatori. Diventa una tortura quando la domenica arriva la famiglia Zappalà con un quintale di pesto fatto in casa da rovesciare sulle orecchiette. Io no so cosa ci mettano dentro, però quella volta avevo quasi sfondato la rete dalla curiosità. Mi hanno sparato ed addormentato, ma non rincoglionito: io il profumo me lo ricordo ancora! Esercizio Descrivi lo stesso odore/sapore come se tu fossi un ippopotamo (300 caratteri) Pippo era immobile nel fango, come suo solito dopo il tramonto. Il suo enorme appetito era stato soddisfatto, e la fase digestiva stava prendendo il sopravvento. Eppure, lo percepivo. Con la coda dell’occhio sinistro aveva intravisto la scodella di trofie al pesto che stava per essere sistemata al centro della tavola in terrazza. Sempre immobile, ma vigile, aveva aperto spalancato le narici verso l’alto e annusato profondamente. Anche lui amava mia moglie. Esercizio Scrivere il finale del racconto “ Il Paese dei ciechi” di Herbert Gorge Wells. Il testo può variare dalle 5 righe a un massimo di due cartelle. Non capì subito di essersi svegliato, la prima sensazione fu un dolore lancinante nella zona delle orbite e la tenaglia del bendaggio che gli avvolgeva la testa. Buio, oscurità, silenzio: si mise a piangere silenziosamente, ancora semi-incosciente sotto l’effetto di qualche droga andina sconosciuta al resto del mondo. E silenziosamente si riaddormentò, sprofondando nell’oblio e cercando di dimenticare. Passarono ore, forse un giorno intero, ed ecco la luce. Ma non la luce che conosceva sin da bambino, era una luce nuova, una luce…dentro. Era come se gli occhi fossero stati rivoltati all’interno anziché all’esterno, e poteva vedere tutto quello che accadeva dentro di sé. Il cuore era blu cobalto e si muoveva ritmicamente con un suono dolce e delicato. E poi il verde smeraldo del respiro, dal rumore regolare e cadenzato. Ad un certo punto prese il sopravvento un giallo ocra pungente, ad irradiare tutto con una sensazione di serenità e di pienezza mai provata sino ad ora in vita sua. Non era più l’ebete dolente del primo risveglio, disperato e solo. Anche se intorno a sé non avvertiva nessuna presenza, era pieno di una nuova consapevolezza che lo illuminava e dissipava ogni dubbio. Lui poteva vedere. Vedeva i sensi. Vedeva la felicità rosa di questo dono, come un bocciolo che si era schiuso e che lo avrebbe rapito con il suo profumo e la sua bellezza. Provò a sollevarsi, ma era ancora debole. Non importava, non aveva fretta. Sentiva già il vociare dei bimbi nelle strade sottostanti, avvertiva distintamente i loro indovinelli e le loro filastrocche. Sentiva lo scalciare di lama sui prati, il sospiro di una donna in una cucina. Poi sentì una mano posarsi sul suo viso, e la vide. Era lei, non più scolpita nei i contorni della sua figura ma in un arcobaleno di sensazioni che la definivano ancora meglio. Vedeva la sua purezza, annusava il suo io, cose che prima poteva solo percepire lontanamente. Gli si avvicinò e baciandolo sussurrò “il monocolore è della terra dei presuntuosi, non della nostra”. SANDRA ROZZINO Esercizio Scrivere il finale del racconto “ Il Paese dei ciechi” di Herbert Gorge Wells. Il testo può variare dalle 5 righe a un massimo di due cartelle. Ancora poche ore di luce, dunque. Poi, anche lui, sarebbe diventato cieco. Cieco per amore, per scelta, non per caso, né per malattia. A breve i suoi occhi non avrebbero più contemplato la bellezza dei colori, il gioco delle forme, l’armonia del creato. Tutto sarebbe rimasto racchiuso nella memoria, un tesoro incalcolabile a cui attingere attraverso i ricordi. Perché questo? Unirsi a lei significava entrare nella sua dimensione, una realtà sconosciuta a chi possedeva il dono della vista. Sì, dunque, perché chi non vede con gli occhi percepisce diversamente, eppure vive, sente annusa, gusta, tocca, insomma conosce e si appropria di ciò con cui entra a contatto. E la sua scelta d’amore a tal punto lo costringeva, fino a perdere questa parte di sé? Ebbene sì, pareva non esserci più via di scampo… Una struggente nostalgia lo avvolgeva: avrebbe lasciato tutto, tutto l’orizzonte visivo… Ce l’avrebbe fatta a diventare cieco, avrebbe davvero tollerato questa mutilazione? Queste le domande che si affollavano nella sua mente, mentre un altro pensiero si insinuava in lui e segnava il passo del suo respiro: “Per amore, per scelta … Sì, non si vede bene che con il cuore: l’essenziale è invisibile agli occhi” Forse gli si aprivano nuovi orizzonti? Si chiudeva l’era della luce diffusa e iniziava la fase di una nuova luce, una luce interiore… A lei avrebbe raccontato il mondo nelle sue fotografie di ricordi che mai si sarebbero cancellate e intanto avrebbe abbracciato nel buio dell’oscurità tutto quanto c’è di essenziale. Sarebbe andato al di là delle apparenze, oltre la visione, per assaporare la sostanza delle cose. E chi, in fondo, meglio di lui, che, unico tra gli aabitanti del paese, aveva conosciuto il chiarore del giorno, poteva ora gustare la realtà nascosta? Il nuovo sentiero era ormai tracciato. Intanto scorse in lontananza l’avvicinarsi di due figure che venivano a prenderlo. L’ora era giunta: un’altra alba sarebbe sorta dinanzi a lui. NORMAN GREGOV Esercizio Descrivi un odore/sapore in prima persona (300 caratteri) Io? Io sto bene dove sono. O meglio, io sto bene dove mi mettono. Ed invado, mi insidio, mi adagio, tra una fibra e l'altra, tra una piuma e una trapunta. Si, spesso mi sembra di soffocare, c'è troppa aria chiusa in quei sacchetti di plastica. E io me la mangio, l'aria , fino a saturare ogni spazio. Poi, quando mi lasciano, mi espando, mi sveglio, mi stiro, come quando ci si alza dal letto. E pian piano fuggo nell'atmosfera, perché a molti non piaccio: sono forse troppo attaccato alle vostre cose care? E' gelosia? O sono veramente così forte da darvi fastidio? No, non sono la canfora. Sono l'odore di canfora. E' diverso. Esercizio Descrivi lo stesso odore/sapore come pensi lo senta un ippopotamo (300 caratteri) No, questo era nuovo anche per lui. Spesso si ha la presunzione di credere che animali piccoli vivano in un mondo piccolo, ed animali grandi in un mondo grande. Che i primi vivano esperienze piccole, che i secondi vivano esperienze grandi. Ma non è così. Anche l'ippopotamo, nella sua irruenza, giunse a questa conclusione quando sentì per la prima volta l'odore della canfora. Un'esperienza piccola, comune a tutte le tignole, ma così intensa da poter essere considera grande. Purtroppo fu un pensiero passeggero quello dell'ippopotamo, perché nonostante l'odore aromatico e assai penetrante che lo avvolgeva, lui, su un cuscino, non ci aveva mai così comodamente dormito: questa era l'esperienza a misura del suo mondo. L'altra, al risveglio, se ne era già andata. Esercizio Descrivi lo stesso odore/sapore come se tu fossi un ippopotamo (300 caratteri) Il giorno che sono arrivato allo zoo di Francoforte, per i mie gusti e le mie abitudini, faceva un po' freddo. Mi ruzzolai nella terra, ma anche quella era troppo fredda e troppo poco polverosa per me. Chiesi qualcosa per coprirmi: una sciarpa, un pullover, o il bel maglione girocorno del mio vicino, il signor rinoceronte. Me lo portarono, il maglione. Lo presero da un baule che, appena aperto, emise un'onda profumata che mi investì fino quasi ad intontirmi. Un odore forte, invadente, direi quasi alcolico. Sentii gli umani lamentarsi di quell'odore, dell'odore della canfora. Io, diluito e ad una minore gradazione,lo valutai anche buono e piacevole. D'altro canto mi ci dovetti abituare alla sua profumata compagnia, perché quello era l'aroma del mio maglione arancione. E la cosa non mi spiaceva affatto! Pensate che un giorno arrivò una ippopotamo, alla quale io, così grosso buffo e grasso, piacqui da subito. Ma non so perché. Ancora oggi non capito se gli piaceva il mio maglione, o semplicemente era l'odore della canfora che aveva intontito anche lei.