norman gregov - Sistema Bibliotecario Milano Est

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norman gregov - Sistema Bibliotecario Milano Est
Sesto Ulteriano Maggio 2010
Ecco, un altro corso è finito, ma questa volta abbiamo deciso di dar vita a un nuovo
progetto: una raccolta di esercizi e testi che sono stati scritti da alcuni dei
partecipanti agli incontri di scrittura creativa “Romanzi Brevi, Passioni Forti” che
si sono svolti presso la biblioteca di Sesto Ulteriano.
E' il terzo ciclo di incontri che facciamo in questa sede e “la compagnia” non solo
aumenta, ma diventa sempre più consapevole e partecipe.
In queste pagine troverete esercizi che partendo da uno spunto o una richiesta
comune hanno portato a risultati diversi, così diversi da emozionare perché è
un'ulteriore conferma che la diversità è un vantaggio e una risorsa fondamentale in
ogni processo creativo. Un pregio di cui, spesso, sottovalutiamo il valore.
Leggerete testi di chi si è messo in gioco per sperimentare, per divertirsi e per dare
un senso concreto a un percorso che inizia, ma sicuramente non finisce qui.
Complimenti! E... alla prossima
Paola Buonacasa
Enzo Battistella
Esercizio.
Sono settimane che aspetto questo telegramma e ora che è arrivato, non oso
aprirlo. Me lo manda mio marito e so cosa dice: “Vengo a prenderti”.
Partendo da questo incipit provate a scrivere: un testo di 500 caratteri e un testo di 1000
caratteri
Elaborato da 500 caratteri
Sono settimane che aspetto un suo segnale e lui si fa vivo
con un telegramma . E allora perché non un piccione
viaggiatore o i segnali di fumo?
Non che mi aspettassi di vederlo arrivare con la limousine
di “Pretty woman” ma almeno un fiore, anche quelli che
vende il pakistano sotto casa , credevo di meritarlo .
Probabilmente non è così , gli unici telegrammi che gli ho
visto scrivere da quando la mia sciagurata vita si è scontrata con la sua , sono stati per i
parenti morti, quelli che poi non vai al funerale ma devi comunque fare bella figura .
Vengo a prenderti c’è scritto , neanche fossi un pacco postale!
Elaborato da 1000 caratteri
Odio il mare e lo sanno tutti ! Lo odio da
sempre o almeno da quando ho memoria ,
odio la sabbia tra le dita dei piedi , i costumi
attillati , le canottiere rigate e le ciabatte di
plastica. Non mi piace il pesce , i bambini urlanti e i nonni che
giocano a bocce .
E invece sono qui! Tutto merito di quell’arrogante dottorino che mi ha
prescritto un mese di mare .“Sa alla sua età” mi ha detto , maledetto lui e
povero me che odio anche lo iodio .
Cerco, da dietro i miei scuri occhiali la strana signora che ieri era seduta
con le spalle rivolte al mare. Ho provato subito interesse per il velo di
tristezza sul suo volto mal celato sotto il grosso cappellone e per la busta chiusa adagiata
sul tavolino e mentre fantasticavo su di lei e sulla sua vita,con mia sorpresa , mi ha rivolto
la parola :
“Sono settimane che aspetto questo telegramma e ora che è
arrivato , non oso aprirlo “ ha detto scoppiando in una
rumorosa e isterica risata “ me
lo manda mio marito e so cosa
dice “ Vengo a prenderti”.
Proprio in quel mentre, Salvatore
, il ragazzo del cocco , mi ha
chiamato per vendermi la mia razione quotidiana di
zuccheri , velocemente l’ho accontentato per ritornare
eccitato alla mia conversazione ma della sconosciuta nessuna traccia. Scomparsa
,dileguata!
E anche oggi nulla .
Odio il mare, rimanere curioso e ora odio anche il cocco !
Esercizio
Descrivi te stesso a uno sconosciuto (600 caratteri)
40enne da pochi giorni, non sono ne alto ne basso , ne magro
ne grasso , occhi due e azzurri , naso uno che pur essendo solo
non passa certo inosservato , bocca una con cui rido spesso
insieme a tutti i miei denti.
In cima alla testa pochi capelli e dei pochi rimasti la metà resiste
ma l’altra è sicuramente ingrigita , il tutto in contrapposizione ad
un pizzetto e a una barba medio folta che faccio crescere anche
per 4 o 5 giorni prima di tagliarla , giusto per il gusto di tagliare
ancora qualcosa. Di carattere sono docile e fedele ma a volte
abbaio e quando abbaio di solito mordo anche. Mi piace
viaggiare , mangiare, chiacchierare , lavorare , dormire e bere ,
soprattutto i miei 4 caffè giornalieri senza i quali non potrei fare nessuna delle azioni di cui
sopra.
Esercizio
Descrivi te stesso a tuo padre (600 caratteri)
Fisicamente c’è poco da dire : siamo uguali come uguale è la
passione per lo sport, concentrata in diverse discipline ma con la
stessa avversità alla sconfitta, entrambi abbiamo smesso di
fumare , entrambi siamo sposati ed entrambi abbiamo un figlio
maschio , io però passo più tempo con il mio rispetto a quello che
hai passato tu con il tuo. Io, sicuramente più ottimista, non porto
mai l’ombrello e quando piove mi bagno mentre tu in autunno giri
già con due maglioni per paura del mal di gola che prenderai in
inverno. Tu cuoco provetto e gran mangiatore , io solo
mangiatore , a tutti e due piace il buon bere , è sulle quantità la
differenza . Tu odi le porte aperte e io non le chiudo mai ma
almeno su politica e religione , grazie a Dio , oppure no , stesse
idee .
Esercizio: scrivi un Acrostico e un Mesostico con il tuo nome
ACROSTICO
È
N ato
Z io
O razio
MESOSTICO
fort E mente
se N to
zan Z are
r O nzare
Esercizio
Scrivere un breve testo utilizzando le tre parole fumo – fischio – finire e sempre
parole (tranne articoli e aggettivi) che iniziano con la lettera F.
Un furbo fante francese a Forlì fantasticava sul futuro della Francia e sul foruncolo forgiato
sulla sua fronte, fintanto che finì fragorosamente su un fuoco fumante finendo in fuliggine.
“Ma falla finita, fannullone” fece il fringuello fischiettando dalle fresche frasche, al fagiano,
che felice fissava il fellone francese finito in fumo nella folta foresta di Forlì.
Esercizio
Descrivi un odore/sapore in prima persona (300 caratteri)
Quanti bei ricordi di me bambino , come quando pantaloni corti e ginocchia sbucciate , mi
sedevo all’ombra della vigna , cotto dal sole e con i sassi nelle scarpe a gustarmi la mia
merenda fatta di pane croccante che profumava di forno e di nonna e di salame che
sprigionava nell’aria tutto il suo aroma di pepe misto ad aglio . Intorno a me terra , erba e
spensieratezza .
Esercizio
Descrivi lo stesso odore/sapore come pensi lo senta un ippopotamo (300
caratteri)
L'ippopotamo non sembra gradire l’odore dell’insaccato, inghiotte ll pane in un boccone e
quando una fetta di salame si incastra nel suo dentone iniizia a fare degli strani movimenti
con il naso per poi fare uno starnuto colossale. Chiaro tutta colpa del pepe .
Esercizio
Descrivi lo stesso odore/sapore come se tu fossi un ippopotamo (300
caratteri)
Vada per il contenitore che un retrogusto di campi di
frumento l’ ha mantenuto , ma con il contenuto proprio non
ci siamo ….. come lo chiamano i trogloditi a due zampe?
Ah sì “salame”. Non so , è un po’ inquietante ... sa un po’ di
morto … mi ricorda un po’ la mamma o meglio la zia .
Questi umani vogliono fregarmi , voglio la mia solita
erbetta io , sono un Ippopotamo tradizionalista io .
Esercizio
Scrivere il finale del racconto “ Il Paese dei ciechi” di Herbert Gorge Wells. Il
testo può variare dalle 5 righe a un massimo di due cartelle.
Solo un’alba divide Bogotà dalla sua nuova vita.
È l’ultima alba dei suoi occhi e lui vuole bloccarla nella sua mente , imprimerla senza
chiudere le palpebre , con violenza , fino alle lacrime . Vuole ricordarla così com’è : cielo
senza nuvole , aria fresca e quella palla di fuoco che sembra così vicina da bruciare le
punte degli alberi.
Nessuno dei suoi vecchi amici avrebbe scommesso nulla sulla sua capacità di amare una
donna , lui che alle donne non si dava mai veramente , le aveva sempre usate o addirittura
comprate , lui che giudicava le curve più importanti del cervello , lui che avrebbe barattato
anche quelle con un bicchiere di vino bevuto con i suoi compagni . Era famoso nei bar di
Bogotà , una volta , molto tempo fa.
Eh già , il tempo ! il tempo muta le persone , muta anche i fatti .
Il tempo ha cambiato la storia di questa gente insieme ai loro corpi e alle loro abitudini . Ha
cambiato anche lui . Ha faticato per arrivare a tutto ciò, lui che pensava di diventare il Re
di questo popolo che riteneva stupido , ha dovuto piegarsi ed ora , per continuare ad
amare , deve rinunciare per sempre a quello che nell’altro mondo riteneva di primaria
importanza .
Ma quanto vale l’amore ?
Bastano un paio di occhi in
cambio della felicità ? Sarà
ancora se stesso senza poter
più vedere e godere di quello
che la vista gli restituisce ?
E mentre i pensieri sgorgano
come cascate il sole continua la
sua ascesa nel cielo e inonda
con la sua luce la vallata …..
L’alba ha lasciato il posto al
giorno e ora Bogotà può
finalmente chiudere le palpebre e fare uscire lacrime di tristezza , paura e speranza dai
suoi occhi e piangere cosi tanto da addormentarsi stremato .
Nessuno può dire quanto tempo sia passato da quel momento o quanto abbia pianto ma
ad un tratto sente una scossa e poi un’altra e poi una voce:
“Amore , amore svegliati , stai piangendo .” la donna accanto a lui lo guarda preoccupata .
“Ma dove sono ? Ma .. i tuoi occhi ?”
“Siamo a casa , nel nostro letto e cosa hanno i miei occhi ?”
“I tuoi occhi” e dopo una pausa “sono bellissimi ...i tuoi occhi”
“Sono tanti anni che li porto con me ma non mi hai mai detto una cosa simile ... E ora
perché ridi ?
“Rido perché finalmente posso vederti , come fosse la prima volta, abbracciami … e stai
zitta !!!”
Roberta Maroni
Esercizio
Sono settimane che aspetto questo telegramma e ora che è arrivato, non oso
aprirlo. Me lo manda mio marito e so cosa dice: “Vengo a prenderti”.
Partendo da questo incipit provate a scrivere: un testo di 500 caratteri e un testo di
1000 caratteri
ELABORATO DA 500 CARATTERI
“Amore, adesso vestiti, sto venendo lì a riprenderti faccio
quello che vuoi tu una stanza senza la tv. Neanche l'ombra di
un telefono parleremo a un millimetro io e te saliremo sopra
un albero di quello che faremo, questo è il minimo. Cosa vuoi
da me?”. E’ la radio, solo la radio. Probabilmente quello che
leggerò nel telegramma, ancora appoggiato lì sul tavolo della
cucina, ormai da due giorni, sarà diverso, molto diverso.
Quest’attesa non ha più senso, fa solo male. Ho deciso, lo
apro. Il cuore mi batte a mille e le mani tremano. Vedo solo le
ultime due parole e mi bastano: è finita.
ELABORATO DA 1000 CARATTERI
Chi l’avrebbe mai detto che un giorno avrei curiosato tra gli oggetti più intimi e segreti che
questa casa custodiva? Ed invece eccomi qua,
seduta – come facevo da bambina – nella mia
soffitta. Sì perché la soffitta della casa dei nonni
era soprattutto il mio rifugio. Ho gli occhi lucidi. I
miei e mia sorella li sento al piano di sotto che
spostano mobili e discutono ad alta voce. Io
invece nel silenzio e tra la polvere, ricordo. Quei
ricordi che erano rimasti sopiti nella mia
memoria ora sembrano dei cavalli imbizzarriti.
Apro cassetti, bauli. Sono a disagio. Echeggia
nella memoria la voce della nonna che mi urla
“guai a te se apri il baule verde!”. Ed invece eccomi qua…che meraviglia però! Il corredo
da sposa della nonna. Una scatolina con degli orecchini in argento, forse un pegno
d’amore. E delle lettere legate con un nastro rosso. Un telegramma. E’ del nonno. Lo
leggo. “Amore non posso aspettare STOP vengo a prenderti domani notte STOP
aspettami al nostro glicine STOP ti amo”. E’ il 12 giugno 1944. Mio padre sarebbe nato
nove mesi dopo…
Esercizio
Descrivi te stesso a uno sconosciuto (600 caratteri)
Ti conosco da diciotto anni. Dovrei conoscerti bene,
eppure per me sei ancora uno sconosciuto e forse lo
sarai per sempre. Sono qui davanti a te e cosa vedi?
Una donna di quasi quarant’anni, qualche filo bianco
nascosto tra i capelli chiari, un viso acqua e sapone,
un bel sorriso, i miei occhiali rossi. Dietro alle lenti, i
miei occhi verdi, un libro aperto. Sì perché come dici
tu, io sono una persona leale, pulita e ogni mia
emozione traspare dal mio sguardo. Non posso mai
fingere, il mio gioco verrebbe subito scoperto. Sono
una persona semplice, ma non sinonimo di superficialità. E mai avrei immaginato di
possedere una carattere fortissimo, una determinazione e una forza di volontà tali da poter
spaccare le montagne. Come mai, tutta questa forza improvvisa? Per tenerti ancora al mio
fianco…spero, per sempre.
Esercizio
Descrivi te stesso a tuo padre (600 caratteri)
Non cammino più con le mani in tasca, cercando di
imitare la tua camminata e fischiettando per assomigliarti.
Questo lo facevo trent’anni fa. La mia finta spavalderia di
allora celava tanta insicurezza e timidezza. Bastava un
nulla per farmi bollire le guance.
E tu inconsciamente mi hai
sempre tarpato le ali. Mi chiamavi
“tarlűcc”. Mi sono sempre sentita
incapace di fare tutto. Volevo assomigliarti, esser forte e spavalda. La mia forza è arrivata
con la maturità e solo ora mi accorgo che anche la tua era una finta determinazione, che
celava e cela tutt’oggi insicurezza e una sorta di timidezza. Oggi, le poche volte in cui ci
troviamo a conversare insieme mi dai ragione su tutto. Sono forse diventata io la più forte
tra i due? Forse il tuo “tarlűcc” è ancora là - nel passato - che cammina dietro di te, nella
tua ombra.
(685 caratteri spazi esclusi)
Esercizio
Descrivi un odore/sapore in prima persona (300
caratteri) – “Legna che arde”
All’inizio è un po’ acre, mi solletica il naso. Poi mi inebria,
con il suo avvolgente calore. Odore primitivo, familiare,
invernale. Accende nella mia memoria ricordi di bambina
accoccolata davanti al focolare. Annuso con vigore,
quasi gusto l’aroma diffuso nell’aria. Me lo sorbisco ad
occhi chiusi quasi fosse un caffè. Eccitante e appagante.
Descrivi un odore/sapore come pensi lo senta un ippopotamo. (300 caratteri)
L’ippopotamo ancora ignaro dell’innocuità dell’odore acre che sta attraversando le sue
narici, incomincia a agitarsi. Per lui è un chiaro segnale di pericolo. Quest’odore richiama
in lui ricordi ancestrali che si perdono nella notte dei tempi e che lo inducono alla fuga
immediata. L’acqua, il nido sicuro per lui, l’accoglie cancellando ogni traccia del pericoloso
odore.
Descrivi un odore/sapore come se tu fossi un
ippopotamo (300 caratteri)
Odore pungente di bruciato. Fuoco vicino. La savana arde.
Pericolo. Gli occhi bruciano. Rimedio immediato l’acqua.
Pace e serenità ritrovate.
Esercizio
Scrivere il finale del racconto “ Il Paese dei ciechi” di Herbert Gorge Wells. Il testo
può variare dalle 5 righe a un massimo di due cartelle.
Nuñez, con il cuore gonfio di dolore e mille pensieri che facevano a pugni nella sua testa,
vagò per ore su è giù per le colline circostanti il Paese, senza una meta precisa. Sfinito
dalla stanchezza e dalla fame si accoccolò all’ombra di
un frondoso albero. Si distese sull’erba e incominciò a
fissare le nuvole che correvano veloci nel cielo azzurro
del mezzodì. Si accorse di aver fame, forse aveva
camminato troppo. Si mise seduto e vide che i rami
dell’albero erano carichi di frutti azzurri, mai visti,
succosi ed invitanti. Ne prese uno, lo annusò e ne affondò i denti nella polpa azzurrina.
Che nettare meraviglioso! Visto l’appetito raccolse un po’ di frutti e li mangiò. Alla fine del
pranzo, esausto e appagato si addormentò, forse anche per scacciare i pensieri che lo
attanagliavano da giorni. I sogni che fece furono agitati, cupi, dolorosi ma era difficile
svegliarsi da quello strano torpore. Non si accorse infatti che non stavano trascorrendo
minuti, ma ore. Al villaggio intanto era calata la sera e tutto era pronto per l’operazione.
Tutti gli abitanti gremivano le strade e i saggi avevano pronto già tutto l’occorrente. Ma
Nuñez non si trovava, era sparito nel nulla. Partirono i giovani del paese alla sua ricerca.
Dopo ore ed ore di cammino lo trovarono disteso sotto l’albero. Un albero che loro
conoscevano bene. Fin da piccoli venivano condotti dai saggi per poterlo annusare,
toccare, riconoscerne i frutti e le foglie, perché velenosissimi e mortali. La sentenza era
certa: Bogotà era morto. Lo portarono al villaggio dai saggi i quali sentenziarono che forse
erano ancora in tempo per salvargli la vita. Gli pulirono la bocca e gli misero sotto la lingua
cinque gocce di uno strano intruglio, che uno di loro conservava in un’antica bottiglietta.
Dopo qualche minuto Nuñez aprì gli occhi. Ma era tutto buio. Un buio strano, insolito da
quello che aveva imparato a conoscere. Avvertiva la presenza di qualcuno intorno a lui ma
non riusciva a percepire alcun rumore. Ad un certo punto il medico capì che Bogotà era sì,
vivo, ma che aveva perso, per sempre, l’udito. Infatti non stava reagendo alle loro
domande. Anche Nuñez se ne accorse: e non solo aveva perso l’udito ma anche la vista.
Nel suo nuovo buio raggiunse le braccia del medico che lo accolse consolandolo. Bogotà
scoppiò a piangere disperatamente conscio del fatto che adesso la sua vita dipendeva
totalmente da loro. Con una fatica immane cercò di esprimersi e far capire loro che era
sordo e cieco. Non era più necessario procedere con l’operazione, era come loro e con un
problema in più. Nuñez tremava come un cucciolo mortalmente spaventato. Ma i saggi si
sarebbero presi cura di lui educandolo alla sua nuova condizione e Medina-sarotè sarebbe
diventata la sua devota ed inseparabile compagna. “L’orbo è re tra i ciechi”. Adesso sì che
aveva finalmente capito chi erano i re.
SILVIA TARAS
Esercizio.
Sono settimane che aspetto questo telegramma e ora che è arrivato, non oso
aprirlo. Me lo manda mio marito e so cosa dice: “Vengo a prenderti”.
Partendo da questo incipit provate a scrivere: un testo di 500 caratteri e un testo di
1000 caratteri
Elaborato da 500 Caratteri
Seduta sul letto osservo quella busta chiusa sul cuscino. Sono settimane che aspetto
questo telegramma e ora che è arrivato, non oso aprirlo. Me lo manda mio marito e so
cosa dice: “Vengo a prenderti”.
Non posso pensare che tutto possa ricominciare così, senza nessuna ferita. La valigia è
già pronta, ma quella busta mi impedisce di muovermi. Mia madre bussa alla porta. La sua
dolcezza mi spiazza. In questi giorni abbiamo condiviso ogni lacrima, ogni preghiera.
-
E’ arrivato il taxi.
-
Grazie. Scendo tra un momento.
Solo ora capisco chi sono veramente. In un attimo sono sul taxi, direzione aeroporto. Non
so dove andrò, né cosa farò, ma basta ferite. E quella busta rimane chiusa sul cuscino.
Esercizio
Descrivi te stesso a uno sconosciuto (600 caratteri)
So che non mi hai mai conosciuto veramente, ma il mio carattere apparentemente fragile
nasconde una grande forza d’animo che mi aiuta a superare ogni ostacolo. Il mio essere
sempre solare e aperta ad ogni tipo di relazione umana è un modo per confrontarmi di
continuo con il resto del mondo, solo per non dimenticare che esistono anche gli altri. Mi
rammarica pensare che tu non hai mai capito ciò che sono realmente. Peccato, perché un
libro aperto può essere letto solo da chi ha voglia di farlo.
Esercizio
Descrivi te stesso a tuo padre (600 caratteri)
Babbo, è così difficile descrivermi ai tuoi occhi che sicuramente mi conoscono più di tutti.
In fondo è anche grazie a te che il mio coraggio mi ha permesso di superare ostacoli
impossibili. E’ vero, la mia dolcezza a volte può diventare rabbia insensata, quante volte
me lo hai detto, ma ho imparato da te che la rabbia non serve a niente, se non ad
offuscare le vie della ragione. Solo una cosa non ho imparato da te, amare la vita. E’ un
dono per pochi e io non sono tra questi.
Esercizio
Descrivi un odore/sapore in prima persona (300 caratteri)
Quando i boccioli cominciano a fare capolino, inondano l’aria di profumo inebriante. Le
rose mi riempiono il naso di magia, di fresco ritorno di luce. Sprigionano solletico frizzante,
che dal mio naso arrivano fino ai polmoni, dando a tutto il corpo una gradevole sensazione
di pienezza. Così come quella fetta di torta, ricoperta interamente dei suoi petali rosa.
Esercizio
Descrivi lo stesso odore/sapore come pensi lo senta un ippopotamo (300
caratteri)
Avanza verso quell’aiuola di rose appena sbocciate.
Chissà che interesse può trovare un ippopotamo in
un fiore così gentile. Si avvicina deciso, infilando il
suo naso in mezzo ai boccioli. Comincia ad inalare
quel profumo dolce che sa di primavera. Le narici si
spalancano, si riempiono di delicata freschezza. Poi
d’improvviso spalanca la bocca e agguanta quel
mazzo di rose, gustando con piacere il succo
prelibato.
Esercizio
Descrivi lo stesso odore/sapore come se tu fossi un ippopotamo (300
caratteri)
Sento un profumo particolare nell’aria di primavera. Avanzo lentamente verso una grande
massa colorata. Non so cosa sia, ma emana un profumo davvero invitante. Mi sento
ubriaco, vinto dall’aroma incalzante. Sto già pregustando il piacere di assaggiarle.
Mmmhhh, senti che dolce! Avevo ragione, il profumo è proprio uno spettacolo. E il loro
gusto mi dà i brividi. Purtroppo anche quelle due spine che ho tra i denti.
Esercizio
Scrivere il finale del racconto “ Il Paese dei ciechi” di Herbert Gorge Wells. Il
testo può variare dalle 5 righe a un massimo di due cartelle.
Nunez la baciò sulla fronte e si allontanò rassegnato. Fuori il sole stava per sorgere e per
niente al mondo avrebbe voluto perdersi quello spettacolo. In fondo, pensava tra sé
mentre passeggiava, le immagini sarebbero rimaste impresse nella sua memoria e
nessuno avrebbe potuto asportarle. Pensava così per consolarsi, ma l’amore che provava
per Medina-sarotè era davvero grande. E Nunez se ne rese conto quando il sole fece
capolino, illuminandogli il viso e, per l’ultima volta, quegli occhi che non avrebbero mai più
goduto del suo saluto.
Improvvisamente cominciò a sentire freddo e dentro di sé una voce che lo chiamava con
insistenza.
-
Signor Nunez, signor Nunez.
Si voltò per guardare se qualcuno l’aveva seguito, ma non vide nessuno. La voce
insisteva.
-
Signor Nunez, riesce a sentirmi? Riesce a vedere?
Il sole cominciò ad oscurarsi, come se improvvise nuvole di pioggia volessero
nasconderlo. Il rumore fastidioso di un elicottero diventava sempre più vicino, sempre più
penetrante. Adesso cominciava a sentirsi tutto indolenzito e qualcuno lo stringeva e lo
legava dolcemente ad una tavola dura e fredda. In uno stato di semi incoscienza pensò di
trovarsi sul letto dove presto gli avrebbero asportato gli occhi, ma adesso gli sembrava di
volare, di attraversare quelle nuvole che avevano coperto il sole. Cercava di respirare
profondamente, ma i dolori erano troppo forti e qualcuno continuava a ripetergli:
-
Non si preoccupi signor Nunez, andrà tutto bene. Presto saremo in ospedale.
Nunez dormì per tre giorni, sdraiato in un letto di ospedale e monitorato continuamente.
Quando finalmente aprì gli occhi si accorse che ancora poteva vedere il mondo che lo
circondava e lo stupore si mescolò alla gioia. Venne informato dai dottori che si trovava
all’ospedale di Bogotà. Era precipitato da una parete molto alta, ma, per sua fortuna, piena
di neve. Questa aveva attutito parecchie botte ed era stato nel dirupo per due giorni, fino a
quando i soccorsi non l’avevano intravisto. Dunque aveva sognato tutto? Non era mai
stato nel Paese dei ciechi? Queste domande si affollavano nella sua testa in maniera
incalzante. Forse i vecchi avevano ragione: era solo una leggenda. Solo quel viso dolce di
quella ragazza, era certo, non era una leggenda. Medina-sarotè sarebbe vissuta per
sempre nella sua memoria.
MAURO SPOLDI
Esercizio.
Sono settimane che aspetto questo telegramma e ora che è arrivato, non oso
aprirlo. Me lo manda mio marito e so cosa dice: “Vengo a prenderti”.
Partendo da questo incipit provate a scrivere: un testo di 500 caratteri e un testo
di 1000 caratteri
Elaborato da 500 caratteri
E’ la prima luce che filtra dalla veneziana, e fuori saremo ancora sotto zero.
Accendo la radio, si parla già di tragedie ma con un tono ancora pacato e rasserenante.
Preparo la moka, e penso a quello che dirò oggi in classe.
Dirò che mi spiace molto, che l’aria di montagna è fantastica, ma che purtroppo la
supplenza è finita. Dovrei aggiungere che mi ribolle dentro un miscuglio di sollievo e
rabbia, un groviglio di curve contorte, alcune dirette verso casa e altre chissà dove.
Ma non è colpa di bimbi di 8 anni se ho sposato uno stronzo, e non glielo posso far
pesare.
Mi stringo nello scialle e scosto la tendina, il benzinaio ha acceso l’insegna.
Elaborato da 100 caratteri
La pelle scotta anche a marzo, nel mezzogiorno del deserto tunisino.
Il vento carezza i capelli con dolcezza, lasciando svolazzare la tunica bianca e i suoi
pensieri.
Una bella donna di 60 anni passeggia tra le mura giallo ocra di un cortile.
Una donna che è stata bellissima, corteggiata, invidiata.
Forse è ora di fare la nonna d’ordinanza ai giardini pubblici, sentenzia tra sé e sé con un
sorriso amaro trastullando l’enorme collana di pietre verdi.
Forse è ora di tornare a rimettere a posto casa, andare al mercato e quant’altro.
Una promessa recitata più di 30 anni prima perdendosi nei suoi occhi.
Ma come può valere ancora? Chi le fissa queste regole e cosa ne sa di cosa accade nel
corso di una vita?
Lo sguardo oltrepassa il muro e si ferma nel mezzo di un cielo mai visto altrove.
Chiude gli occhi e ascolta, silenzio. Vada come vada.
Esercizio
Descrivi te stesso a uno sconosciuto (600 caratteri)
Scusa, posso sedermi? Sai è tutto pieno, e poi due chiacchiere non hanno mai ucciso
nessuno, no..?
Vorrei raccontarti di me, pseudo-timido ferocemente riservato ma con ventate di lucida
follia sparpagliate qua e là.
Passioni forti come la musica e il calcio, coltivate per una vita, che mi fanno sentire ancora
ragazzo e passioni nascoste come la scrittura, per paura di scoprirmi.
E’ l’unico appiglio per le mie emozioni, sempre ben nascoste. Pensa, a volte non ricordo
neanche più dove le ho messe…!
Non ci crederai ma una volta..ah, te ne vai già? Mi spiace, avevo quasi finito…
Esercizio
Descrivi te stesso a uno sconosciuto (600 caratteri)
Mi piacerebbe pensarti semi-nascosto qui, fuori dalla porta, ad origliare.
Mi sentiresti leggere e ti volteresti verso l’uscita, pieno di dubbi e forse un po’ orgoglioso.
Saliresti in auto e fissando le luci capiresti perché i miei silenzi si specchiano nei tuoi, e
perché la mia pellaccia d’orso è dura almeno quanto la tua.
Anche come padre sono come te, taciturno e poco paziente.
Una vita quasi di monosillabi, la nostra.
La verità è che siamo talmente uguali da non aver mai avuto bisogno di dircelo, o di
rinfacciarcelo.
Che peccato…
Esercizio
Descrivi un odore/sapore in prima persona (300 caratteri)
Era la prima estate che teneva quella piantina di basilico in casa, ma sembrava decisa,
come suo solito quando si mette in testa qualcosa.
Piccola, adagiata su di un balcone minuscolo come il nostro. Eppure cominciava a
crescere, e a profumare.
Fino a quella sera, con le sue foglie verde smeraldo triturate insieme a olio extra vergine,
pinoli e grana padano.
Me lo ricorderò sempre quel pesto casalingo, era la somma di estate e amore.
Esercizio
Descrivi lo stesso odore/sapore come pensi lo senta un ippopotamo (300
caratteri)
Non è facile vivere in uno zoo safari. Non lo è per niente se la zona a te dedicata confina
con l’area pick nick dei visitatori. Diventa una tortura quando la domenica arriva la famiglia
Zappalà con un quintale di pesto fatto in casa da rovesciare sulle orecchiette. Io no so
cosa ci mettano dentro, però quella volta avevo quasi sfondato la rete dalla curiosità. Mi
hanno sparato ed addormentato, ma non rincoglionito: io il profumo me lo ricordo ancora!
Esercizio
Descrivi lo stesso odore/sapore come se tu fossi un ippopotamo (300
caratteri)
Pippo era immobile nel fango, come suo solito dopo il tramonto. Il suo enorme appetito era
stato soddisfatto, e la fase digestiva stava prendendo il sopravvento. Eppure, lo
percepivo. Con la coda dell’occhio sinistro aveva intravisto la scodella di trofie al pesto che
stava per essere sistemata al centro della tavola in terrazza. Sempre immobile, ma vigile,
aveva aperto spalancato le narici verso l’alto e annusato profondamente. Anche lui amava
mia moglie.
Esercizio
Scrivere il finale del racconto “ Il Paese dei ciechi” di Herbert Gorge Wells. Il testo
può variare dalle 5 righe a un massimo di due cartelle.
Non capì subito di essersi svegliato, la prima sensazione fu un dolore lancinante nella
zona delle orbite e la tenaglia del bendaggio che gli avvolgeva la testa.
Buio, oscurità, silenzio: si mise a piangere silenziosamente, ancora semi-incosciente sotto l’effetto
di qualche droga andina sconosciuta al resto del mondo. E silenziosamente si
riaddormentò, sprofondando nell’oblio e cercando di dimenticare.
Passarono ore, forse un giorno intero, ed ecco la luce. Ma non la luce che
conosceva sin da bambino, era una luce nuova, una luce…dentro. Era come
se gli occhi fossero stati rivoltati all’interno anziché all’esterno, e poteva vedere tutto quello
che accadeva dentro di sé.
Il cuore era blu cobalto e si muoveva ritmicamente con un suono dolce e delicato. E poi il
verde smeraldo del respiro, dal rumore regolare e cadenzato.
Ad un certo punto prese il sopravvento un giallo ocra pungente, ad irradiare tutto con una
sensazione di serenità e di pienezza mai provata sino ad ora in vita sua.
Non era più l’ebete dolente del primo risveglio, disperato e solo. Anche se intorno a sé non
avvertiva nessuna presenza, era pieno di una nuova consapevolezza che lo illuminava e
dissipava ogni dubbio. Lui poteva vedere. Vedeva i sensi.
Vedeva la felicità rosa di questo dono, come un bocciolo che si era schiuso e che lo avrebbe rapito
con il suo profumo e la sua bellezza. Provò a sollevarsi, ma era ancora debole. Non importava, non
aveva fretta.
Sentiva già il vociare dei bimbi nelle strade sottostanti, avvertiva
distintamente i loro indovinelli e le loro filastrocche. Sentiva lo scalciare di
lama sui prati, il sospiro di una donna in una cucina.
Poi sentì una mano posarsi sul suo viso, e la vide. Era lei, non più scolpita nei i contorni
della sua figura ma in un arcobaleno di sensazioni che la definivano ancora meglio.
Vedeva la sua purezza, annusava il suo io, cose che prima poteva solo percepire
lontanamente.
Gli si avvicinò e baciandolo sussurrò “il monocolore è della terra dei presuntuosi, non della
nostra”.
SANDRA ROZZINO
Esercizio
Scrivere il finale del racconto “ Il Paese dei ciechi” di Herbert Gorge Wells. Il testo
può variare dalle 5 righe a un massimo di due cartelle.
Ancora poche ore di luce, dunque. Poi, anche lui, sarebbe diventato cieco. Cieco per
amore, per scelta, non per caso, né per malattia. A breve i suoi occhi non avrebbero più
contemplato la bellezza dei colori, il gioco delle forme, l’armonia del creato. Tutto sarebbe
rimasto racchiuso nella memoria, un tesoro incalcolabile a cui attingere attraverso i ricordi.
Perché questo? Unirsi a lei significava entrare nella sua dimensione, una realtà
sconosciuta a chi possedeva il dono della vista. Sì, dunque, perché chi non vede con gli
occhi percepisce diversamente, eppure vive, sente annusa, gusta, tocca, insomma
conosce e si appropria di ciò con cui entra a contatto.
E la sua scelta d’amore a tal punto lo costringeva, fino a perdere questa parte di sé?
Ebbene sì, pareva non esserci più via di scampo…
Una struggente nostalgia lo avvolgeva: avrebbe lasciato tutto, tutto l’orizzonte visivo…
Ce l’avrebbe fatta a diventare cieco, avrebbe davvero tollerato questa mutilazione?
Queste le domande che si affollavano nella sua mente, mentre un altro pensiero si
insinuava in lui e segnava il passo del suo respiro:
“Per amore, per scelta … Sì, non si vede bene che con il cuore: l’essenziale è invisibile
agli occhi”
Forse gli si aprivano nuovi orizzonti? Si chiudeva l’era della luce diffusa e iniziava la fase
di una nuova luce, una luce interiore…
A lei avrebbe raccontato il mondo nelle sue fotografie di ricordi che mai si sarebbero
cancellate e intanto avrebbe abbracciato nel buio dell’oscurità tutto quanto c’è di
essenziale. Sarebbe andato al di là delle apparenze, oltre la visione, per assaporare la
sostanza delle cose. E chi, in fondo, meglio di lui, che, unico tra gli aabitanti del paese,
aveva conosciuto il chiarore del giorno, poteva ora gustare la realtà nascosta?
Il nuovo sentiero era ormai tracciato.
Intanto scorse in lontananza l’avvicinarsi di due figure che venivano a prenderlo.
L’ora era giunta: un’altra alba sarebbe sorta dinanzi a lui.
NORMAN GREGOV
Esercizio
Descrivi un odore/sapore in prima persona (300 caratteri)
Io? Io sto bene dove sono. O meglio, io sto bene dove mi mettono. Ed invado, mi insidio,
mi adagio, tra una fibra e l'altra, tra una piuma e una trapunta. Si, spesso mi sembra di
soffocare, c'è troppa aria chiusa in quei sacchetti di plastica. E io me la mangio, l'aria , fino
a saturare ogni spazio.
Poi, quando mi lasciano, mi espando, mi sveglio, mi stiro, come quando ci si alza dal letto.
E pian piano fuggo nell'atmosfera, perché a molti non piaccio: sono forse troppo attaccato
alle vostre cose care? E' gelosia? O sono veramente così forte da darvi fastidio? No, non
sono la canfora. Sono l'odore di canfora. E' diverso.
Esercizio
Descrivi lo stesso odore/sapore come pensi lo senta un ippopotamo (300
caratteri)
No, questo era nuovo anche per lui. Spesso si ha la presunzione di credere che animali
piccoli vivano in un mondo piccolo, ed animali grandi in un mondo grande. Che i primi
vivano esperienze piccole, che i secondi vivano esperienze grandi. Ma non è così. Anche
l'ippopotamo, nella sua irruenza, giunse a questa conclusione quando sentì per la prima
volta l'odore della canfora. Un'esperienza piccola, comune a tutte le tignole, ma così
intensa da poter essere considera grande. Purtroppo fu un pensiero passeggero quello
dell'ippopotamo, perché nonostante l'odore aromatico e assai penetrante che lo
avvolgeva, lui, su un cuscino, non ci aveva mai così comodamente dormito: questa era
l'esperienza a misura del suo mondo. L'altra, al risveglio, se ne era già andata.
Esercizio
Descrivi lo stesso odore/sapore come se tu fossi un ippopotamo (300
caratteri)
Il giorno che sono arrivato allo zoo di Francoforte, per i mie gusti e le mie abitudini, faceva
un po' freddo. Mi ruzzolai nella terra, ma anche quella era troppo fredda e troppo poco
polverosa per me. Chiesi qualcosa per coprirmi: una sciarpa, un pullover, o il bel maglione
girocorno del mio vicino, il signor rinoceronte.
Me lo portarono, il maglione. Lo presero da un baule che, appena aperto, emise un'onda
profumata che mi investì fino quasi ad intontirmi. Un odore forte, invadente, direi quasi
alcolico. Sentii gli umani lamentarsi di quell'odore, dell'odore della canfora. Io, diluito e ad
una minore gradazione,lo valutai anche buono e piacevole. D'altro canto mi ci dovetti
abituare alla sua profumata compagnia, perché quello era l'aroma del mio maglione
arancione. E la cosa non mi spiaceva affatto! Pensate che un giorno arrivò una
ippopotamo, alla quale io, così grosso buffo e grasso, piacqui da subito. Ma non so
perché. Ancora oggi non capito se gli piaceva il mio maglione, o semplicemente era
l'odore della canfora che aveva intontito anche lei.