Agorà - Liceo Canossa

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Agorà - Liceo Canossa
Agorà
Catalogazione
F 259
Collocazione
FILMS
Categoria tematica
Storia antica – Condizione femminile
Origine
Spagna
Anno
2009
Regia
Alejandro Amenábar
Principali interpreti
Rachel Weisz (Ipazia), Max Minghella (Davo), Oscar Isaac (Oreste), Ashraf Barhoum
(Ammonio), Michael Lonsdale (Teone), Rupert Evans (Sinesio), Homayon Ershadi
(Aspasio), Sami Samir (Cirillo), Richard Durden (Olimpio), Omar Mostafa (Isidoro),
Oshri Cohen (Medoro), Yousef 'Joe' Sweid (Pietro), Harry Borg (Prefetto Evagrius),
Manuel Cauchi (Theophilus), Charles Thake (Hesiquius), Clint Dyer (Hierax),
AmberRose Revah (Sidonia)
Supporto
DVD
Numero dischi
1
Genere
Drammatico, Storico
Sceneggiatura
Alejandro Amenábar e Mateo Gil
Musiche
Dario Marianelli
Produzione
Fernando Bovaira, Álvaro Augustin per Himenóptero-Mod Producciones-Telecinco
Cinema-Cinebiss con la collaborazione di Canal + España
Distribuzione
Mikado
Durata – dati tecnici
122 minuti, colore
Lingua audio
Italiano Dolby Digital 2.0 e 5.1; originale (inglese) con sottotitoli in italiano Dolby
Digital 5.1
Lingua sottotitoli
Italiano per non udenti
Contenuti extra
Incontro-dibattito a Milano:”Ipazia, una donna per le libertà, la scienza, contro
ogni fondamentalismo” (partecipano: Eva Cantarella, M. Teresa Fumagalli, A.
Amenàbar, Vito Mancuso, U. Eco; coordina G. Bosetti) – Le origini di Agorà –
Ricostruire Alessandria – Il cast di Agorà – Le riprese di Agorà – Trailer - Spot
Trama
Ad Alessandria d'Egitto, sotto la dominazione romana nel quarto secolo dopo Cristo,
l'astronoma e filosofa Ipazia lotta per salvare il sapere del suo antico mondo dalla
distruzione. Nel frattempo, il suo schiavo Davo è combattuto tra l'amore per la padrona
e la possibilità di guadagnare la libertà unendosi al Cristianesimo. Meticolosa e
sontuosa ricostruzione storica, Agora non è soltanto la storia di Ipazia di Alessandria,
intellettuale perseguitata dai cristiani per il suo rifiuto di piegare la propria integrità alle
loro mire politiche; è anche un'interessante esplorazione del legame tra religione e
progresso, tra tolleranza, solidarietà umana e avanzamento scientifico.
Critica 1
Critica 2
Il pericolo è donna, dal IV al XXI secolo dopo Cristo. Dipende per chi. C'è la donna che
fa paura ai talebani di ogni epoca e un'altra che terrorizza Lars von Trier e simili.
Streghe comunque da lapidare o strangolare.
Lo spagnolo Alejandro Amenabar, 37 anni, autore di The Others (2001) e Mare dentro
(Oscar miglior film straniero 2004), ha presentato fuori concorso Agorà, dedicato alla
scienziata e astronoma Hypatia (Rachel Weisz) che si dedicò alla relazione tra filosofia
e scienza e per prima intuì che i pianeti compiono un'ellissi intorno al sole. Nel 1600
Keplero arrivò allo stesso risultato. Ma Hypatia solo adesso diventa una «star» nel
kolossal che le rende per la prima volta omaggio, un film da 50 milioni di euro, tutto di
produzione europea. A prima vista, Amenabar segue un modello hollywoodiano, ma
non siamo dalla parte di «Cleopatra» (gli egiziani però dovevano avere tutti la pelle
candida?), il set è uno spazio chiuso nel perimetro che circonda la Biblioteca di
Alessandria, scrigno della cultura greca e pre-greca, una delle meraviglie del mondo e
che sarà in gran parte distrutta. Hypatia, istruita dal padre Teone, è l'anima della
biblioteca, la vediamo nel suo peplum bianco insegnare ad allievi adoranti. Ma lei si
sottrae alla corte insistente di Oreste, che diventerà prefetto sotto il dominio romano, e
alla passione del suo schiavo Davus, studioso anche lui delle stelle.
È guerra di religione ad Alessandria, sotto il segno delle vesti sontuose dei pagani, le
casacche a strisce degli ebrei e i kaftani neri dei parabolani, fanatici cristiani, squadre
della morte, massacratori di pagani ed eretici, al comando del patriarca Cirillo che
rivolgendosi ai suoi sgherri pronuncia l'anatema contro i giudei: «Piangete per loro, gli
assassini di Cristo, perché saranno perseguitati in eterno» e dà il via al primo pogrom.
Agorà è un feroce atto di accusa contro i crociati, e se per i film di Ron Howard sul
Codice da Vinci la Chiesa poteva invocare la fantareligione, qui siamo nella Storia.
Precursori dei talebani, gli incappucciati neri allagano nel sangue la città, dopo aver
elargito il pane ai poveri e la libertà agli schiavi, sistema noto ai «moralizzatori»
integralisti di ogni latitudine. «Solo Gesù poteva perdonare perché è Dio, non vorrai
paragonarti a lui?», risponde l'invasato capo parabolano a Davus, l'ex schiavo arruolato
nelle file cristiane, vacillante di fronte ai corpi degli ebrei in fiamme. In mezzo alle
carneficine di anno in anno, Hypatia, seguace del neoplatonismo, fa appello alla
filosofia, all'amore per la conoscenza scientifica, alla convivenza religiosa. È’ uno
spazio «teatrale», l'agorà, il luogo dove Amenabar concentra azione e pensiero, mentre
le scene di massa sono elaborate al computer. E nei meravigliosi interni della biblioteca,
dove statue e papiri, bassorilievi e arazzi saranno devastati dalle orde cristiane.
Religione come pretesto di sopraffazione, come ora, al servizio del potere. L'ultimo
ostacolo sarà Hypatia, la donna che «parla», che insegna agli uomini. Lei che osserva il
cielo e traccia nella sabbia le parabole celesti. Anche il devoto Oreste dovrà piegarsi alla
legge della curia che ha declassato le donne a sottospecie umana, e l'innamorato Davus
alla furia assassina dei parabolani, Hypatia invece non si piega, conferma la sua laicità.
Nel marzo del 415 viene trascinata al tempio, denudata e uccisa. È’ la mano di Davus,
incapace di ribellarsi a un'altra schiavitù, che la soffoca prima che gli incappucciati di
Cristo la massacrino a colpi di pietra. Il corpo di Hypatia straziato come la Biblioteca di
Alessandria in un ripetersi di incendi che non si fermano.
Autore critica: Mariuccia Ciotta
Fonte critica: Il Manifesto
Data critica: 19/5/2009
Lo sdegno dello scandalo facile è tutto di Lars Von Trier e nella solita atmosfera
drogata da festival non ci si è resi conto che il film veramente dirompente e
politicamente scorretto arriva da Alejandro Amenabar. Difficile da prevederlo prima,
trattandosi di un biopic peplum ambientato nel IV secolo d.C. su Hypatia, prima
scienziata conosciuta e riconosciuta dalla storiografia che lasciò, nella sua tormentata
vita ad Alessiandra d'Egitto, eredità consistenti nella matematica e nell'astronomia.
Figlia di Teone, custode e responsabile della mitica Biblioteca andata perduta, fu una
figura tragica e coraggiosa, femminista ante litteram che pagò con la vita le sue lotte e le
sue ricerche. Ma non c'è solo questo, lo spagnolo di nascita cilena Alejandro Amenabar
in Agora (...) non racconta solo questa storia, ma anche il contesto in cui si sviluppò.
Alessandria, negli ultimi anni di dominazione romana, viene "invasa" dai cristiani e
subisce uno squasso di cui ai giorni nostri si cela spesso la consistenza. La prima rivolta
in nome di Gesù Cristo consegnò loro le chiavi della città e la testa dei pagani
neoplatonici, la minoranza ebraica per il suo quasi totale sterminio dovette aspettare il
Patriarca Cirillo. Il cineasta affronta queste tappe alternandole alla vita di Hypatia
(bravissima Rachel Weisz), ai suoi insegnamenti filosofici e scientifici prima e alle sue
ricerche astronomiche dopo, mostrandoci la sua indipendenza ostinata e coraggiosa. Lo
fa mostrando come i conflitti di culture, civiltà e religione spesso passino sul corpo delle
donne (lei, anticipando i tempi dell'Inquisizione, viene definita strega) e come la storia
si ripeta. Lo fa cercando le verità nascoste della Chiesa (altro che Dan Brown) e
rilevando l'attualità di questa vicenda. La crisi dell'impero romano è troppo simile a
quella dell'imperialismo americano, Hypatia messa di fronte all'abiura rifiutata
assomiglia troppo a Giordano Bruno e Galileo, il fanatismo delle gerarchie
ecclesiastiche sono un antenato dei teo-con e del Ratzinger pensiero. Ed è così chiaro
l'attacco che Amenabar, con una scena geniale a doppia velocità, affida ai cristiani la
colpa dello scempio e della scomparsa della Biblioteca d'Alessandria (in verità oggetto
di molteplici attacchi di varia provenienza). Niente male in tempi in cui definirsi laico,
ateo o solo agnostico sembra essere diventata una colpa pubblica e privata.
Autore critica:Boris Sollazzo
Fonte critica:Liberazione
Data critica: 19/5/2009
Libro da cui è stato
tratto il film