santa virginia centurione bracelli

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santa virginia centurione bracelli
SANTA VIRGINIA CENTURIONE BRACELLI
Una santa amanteana?
Domenica mattina 24 giugno, seduto in uno degli ultimi banchi della fila destra della Chiesa di San
Biagio (la Matrice) per assistere alla messa, vengo attratto da una tela, con bella cornice dorata,
appesa sulla parete della navata destra. Sulla tela è dipinta una figura femminile raffigurata nell’atto
di avanzare, leggera sul mare, verso una città riconoscibile in Genova, per la famosa “lanterna” che
svetta sulla collina di Promontorio.
Virginia Centuriore Bracelli Grimaldi in un recente ritratto del pittore genovese contemporaneo Corrado
Mazzari, autore anche dell'omonimo Arazzo innalzato durante la proclamazione della Beatificazione (1985).
Sul bordo inferiore della tela una scritta: Santa Virginia Bracelli Centurione (1587- 1651)
fondatrice delle Suore di Nostra Signora del Rifugio in Monte Calvario.
La curiosità di sapere, in quale occasione recente il quadro fosse stato lì posto, fu sciolta al termine
della messa, con delle informazioni sommarie attinte da una signora che frequenta quella
parrocchia. A quanto pare, la famiglia Mirabelli Centurione legata da antichi vincoli di parentela
con la santa, nata Centurione, avrebbe fatto dono della tela alla parrocchia arcipretale, per allargare
alla città di Amantea il culto di Santa Virginia, all’indomani della canonizzazione, avvenuta in
Piazza San Pietro in Vaticano la V^ Domenica di Pasqua 18 maggio 2003.
La curiosità che sembrava soddisfatta, si è però riaccesa al pensiero che Santa Virginia potesse
avere lontane origini amanteane. Poi però, addentrandomi nella ricerca di notizie sulla sua vita, la
scoperta che era figlia di Giorgio Centurione, doge della Repubblica di Genova, nel biennio 16211622, mi ha fatto escludere questa possibilità. Forse, pensai, al contrario, sono i nostri Mirabelli
Centurione ad avere lontane origini genovesi.
Statua in marmo di Giorgio Centurione
Ingresso di palazzo Centurione (via Lomellini 5, Genova)
costruito alla fine del 1500 da Giorgio Centurione.
Una telefonata intercorsa col Dott. Francesco Saverio Mirabelli Centurione, valente medico pediatra
della nostra città nonché Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, mi ha chiarito la
parentela della sua famiglia con Santa Virginia.
Secondo la descrizione fattami, il generale Francesco Saverio Mirabelli, trisavolo ed omonimo del
dottore, comandante della Piazzaforte borbonica di Messina, sposando a Genova, il 21 aprile 1757,
Marianna Centurione, pronipote della santa, aggiunse il nome Centurione alla sua discendenza.
Pertanto se, da un lato sono state escluse le origini amanteane di Santa Virginia, dall’altro i
Mirabelli Centurione di Amantea, a partire dai figli del generale Francesco Saverio Mirabelli e di
Marianna Centurione hanno legami di parentela in linea collaterale con Santa Virginia Centurione,
attraverso Marianna.
Inoltre forti legami tra la famiglia Mirabelli Centurione e l’Ordine delle Suore Figlie di Nostra
Signora al Montecalvario, uno dei due ordini fondato da Virginia e con casa-madre a Roma,
in Via Emanuele Filiberto 104, vengono mantenuti dal fratello del Dott. Francesco Saverio, l’Avv.
Prof. Alfredo Mirabelli Centurione, del foro civile di Roma ed all’epoca docente di Diritto
Amministrativo presso l'Università della Tuscia di Viterbo.
Il Dott. Franceso Saverio Mirabelli Centurione
l’Avv. Prof. Alfredo Mirabelli Centurione
Questi legami vengono rafforzati oltre che dalla parentela con la santa, dall’appartenenza della
famiglia Mirabelli Centurione al “Cavalierato di Grazia e Devozione del Sovrano Militare Ordine di
Malta”, che ha un forte accreditamento presso l’ordine.
All’indomani della canonizzazione di Santa Virginia Centurione (2003), l’Avv. Mirabelli
Centurione ottenne che circa 20 suore “Brignoline” venissero ad Amantea, al seguito del quadro di
Santa Virginia, che venne allora sospeso alla parete della navata destra della chiesa “Matrice”. In
quell’occasione inoltre le suore fecero regalo di una reliquia della santa alla nostra comunità
ecclesiale.
Quali meriti aveva acquistato Virginia Centurione per essere beatificata (1985) e poi canonizzata
(2003) a 350 anni dalla morte? Come mai il Papa Giovanni Paolo II°, in occasione del suo viaggio
apostolico a Genova, il 22 settembre del 1985, (a 170 anni dall’ultima visita di un Papa alla città) ha
celebrato la prima beatificazione (quella di Virginia) fuori dal Vaticano?
Giovanni Paolo II aveva voluto proclamarla beata proprio nella città dove Virginia era nata, dove
era stata ispirata nelle opere e dove sono custoditi i suoi resti mortali. Grande è stata la gioia per le
Sorelle delle due Congregazioni fondate da Virginia il ritrovarsi unite, in quello splendido
pomeriggio di sole in piazza della Vittoria, insieme ad oltre centomila persone. Determinante per la
causa ufficiale della Beatificazione era stato il miracolo, attribuito all'intercessione di Virginia, di
cui era aveva beneficiato una consorella del ramo delle "Brignoline", Suor Domenica Cabutto,
guarita miracolosamente da una meningite tubercolare.
La cerimonia di beatificazione di santa Virginia Centurione in Piazza della Vittoria a Genova (1985)
La parola dello stesso Pontefice, meglio di ogni altra, da, in ogni caso, una risposta alle domande
prima posteci.
BEATIFICAZIONE DI MADRE VIRGINIA CENTURIONE BRACELLI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Piazza della Vittoria - Genova
Domenica, 22 settembre 1985
1. “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti” (Mc 9, 35).
Queste parole esigenti e forti del Vangelo, carissimi fratelli e sorelle di Genova, ci permettono di
tracciare una sintesi del modello singolare di vita di Virginia Centurione Bracelli, che oggi ho
proclamato beata in questa sua città, dove nacque e operò, e dove riposa il suo corpo.
Essere servo di tutti è la missione che il Figlio di Dio ha abbracciato, divenendo “servo” sofferente
del Padre per la redenzione del mondo.
Gesù illustra con un mirabile gesto il significato che egli vuole dare alla parola “servo”: e ai
discepoli, preoccupati di conoscere “chi tra loro fosse il più grande”, egli insegna che è necessario
invece mettersi all’ultimo posto, al servizio dei più piccoli: “Prese un bambino, lo pose in mezzo, e
abbracciatolo disse: Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me” (Mc 9, 37).
Accogliere un bambino poteva significare, specie a quel tempo, dedicarsi alle persone di minore
considerazione; preoccuparsi con profonda stima, con cuore fraterno e con amore, di coloro che il
mondo trascura e che la società emargina.
Un biglietto d’invito gratuito e la celebrazione della beatificazione in Piazza della Vittoria.
Gesù si rivela così il modello di coloro che servono i più piccini e i più poveri. Egli si identifica con
chi sta all’ultimo livello della società, si cela nel cuore dell’umile, del sofferente, del derelitto, e per
questo afferma: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me”.
2. La vita di Virginia Centurione sembra svolgersi tutta alla luce di questo messaggio: rinunciare ai
propri beni, al fine di servire ed accogliere gli umili, i mendicanti, di dedicarsi agli ultimi, alle
persone più trascurate dagli uomini.
Rimasta vedova, giovanissima, accolse l’invito del Signore a servirlo per i suoi poveri. “Voglio
servire solo te che non puoi morire”; questa era la preghiera di Virginia di fronte al crocifisso.
“Voglio che tu mi serva nei miei poveri”, fu la risposta del Signore.
Virginia si dedicò dapprima alle fanciulle abbandonate della sua città, affinché non divenissero
vittime, per la miseria sociale, di miserie morali ancor più umilianti. Al fine di assicurare loro
quanto occorreva per una vita dignitosa, le ospitò dapprima nella sua casa, e si fece essa stessa, da
nobile qual era, mendicante. La passione della carità la condusse pur in mezzo a una società nobile,
ricca, gelosa dei propri privilegi, a imitare il Cristo, il quale “da ricco che era si è fatto povero per
noi” (cf. 2 Cor 8, 9).
La meditazione del mistero del Calvario le permise di comprendere in modo concreto e fattivo il
messaggio della sapienza del libro di Tobia: “Buona cosa è la preghiera con il digiuno e l’elemosina
con la giustizia . . . meglio è praticare l’elemosina che mettere da parte l’oro” (Tb 12, 8).
Fattasi dunque povera per amore di Cristo, vivente nei suoi poveri, Virginia diede vita a un tipo di
carità che non si riduceva al semplice soccorso, ma programmava un impegno di vera promozione
umana. Volle fare il possibile per assicurare ai mendicanti condizioni sociali accettabili e non prive
di futuro. Anticipò così, genialmente, il senso moderno dell’assistenza, insegnando a mettere a
frutto i doni della carità e aiutando, con delicata pedagogia, l’indigente ad uscire dalla triste
mentalità indotta dalla miseria, e a divenire responsabile di se stesso.
Ricercare i poveri per questo, anche a domicilio, nel cuore dei quartieri più umili e miserabili della
città, fu impegno peculiare che riservò a se stessa quando guidò le “Dame” e le “Ausiliarie della
misericordia” a prestare il loro servizio ai bisognosi, poiché aveva compreso che la carità di Cristo
non attende il misero, ma lo cerca, lo persegue nella sua indigenza, per puro amore.
Le reliquie della Santa presentate al Papa dalla madre generale dell’ordine delle Suore di nostra Signora di Montecalvario.
3. Se ci domandiamo di dove provenissero la forza e il coraggio per una così grande dedizione e per
tanto lavoro, troviamo che al centro della sua vita operava la contemplazione del crocifisso; il Gesù
del Calvario, sempre presente, amato e invocato specialmente nei momenti più critici della vita sua
personale e di quella delle sue fondazioni. Con l’apostolo Paolo Virginia poteva dire: “Vivo nella
fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20).
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Affido alla Madonna le figlie spirituali di Virginia Centurione, quelle della comunità genovese, le
suore di Nostra Signora del rifugio di Monte Calvario, che voi chiamate “Brignoline”, quelle della
comunità di Roma, le figlie del monte Calvario e le fraternità che operano in India, nell’Africa,
nell’America Latina. Affido alla Vergine Maria la loro gioia per questa celebrazione, ma anche il
loro spirito di carità, la loro generosa dedizione agli umili e ai poveri, all’educazione della gioventù,
all’apostolato.
Lo faccio seguendo una frase di Virginia Centurione Bracelli, che mi pare degna di essere citata
perché è segno della sua fiducia in Dio: “Rimettermi - ella diceva - in tutto e per tutto nelle mani di
chi mi ha creato, il quale mi aiuterà più di quanto io possa pensare”.
Così sia per tutti noi.
Amen.
Virginia Centurione era nata a Genova il 2 aprile 1587, da genitori appartenenti entrambi
all'aristocrazia genovese, Giorgio Centurione e Lelia Spinola. Il padre era stato procuratore,
senatore, governatore della Corsica e doge della Repubblica dal 1621 al 1623. Da quest'ultimo
ereditò coraggio e temperamento, dalla madre i valori cristiani. Pur manifestando fin dalla
fanciullezza l'inclinazione per la vita claustrale, all'età di 15 anni dovette andare sposa per volontà
del padre a Gaspare Grimaldi Bracelli, appartenente ad una nobile famiglia genovese e da cui ebbe
due figlie, Lelia e Isabella. Gaspare, a causa delle sue sregolatezze, morì tisico ad Alessandria nel
1607 e Virginia, superando le resistenze del padre, lo raggiunse per assisterlo affettuosamente in
punto di morte.
Rimasta vedova a soli 20 anni Virginia fece voto di castità perpetua e visse ritirata in casa della
suocera, Maddalena Lomellini, curando l'educazione delle figlie e dedicandosi alla preghiera e alla
beneficenza.
Dopo le nozze delle figlie, nel 1617 e nel 1621, Virginia si dedicò a tempo pieno alla cura dei
fanciulli abbandonati, dei vecchi, dei malati e degli emarginati. Sollecitò le autorità cittadine ad
intervenire per alleviare le sofferenze dei poveri. Uno degli interventi più significativi di Virginia
Centurione Bracelli è stato l'aiuto dato alle chiese povere, alle quali donava danaro, vestiti preziosi e
velluti utilizzati per realizzare paramenti.
Le "cento dame"
La guerra tra la Repubblica Ligure ed il Duca di Savoia e il conseguente aumento del numero dei
profughi in città, indusse Virginia, nell'inverno del 1624-1625, ad aiutare quanti più poveri,
specialmente donne, le fu possibile. Per i poveri spese le sue sostanze e poi si fece questuante.
Bussò a tutte le porte, attraversò tutte le strade. Coinvolse, nel 1926, le signore dell'aristocrazia
cittadina, riunendole in un'associazione di volontarie che chiamò delle "cento dame". L’istituzione
originata da una convinta scelta religiosa, fu in grado con la visita puntigliosa dei quartieri di
Genova, di tracciare una geografia completa della povertà genovese e di rispondere
tempestivamente ai casi più urgenti.
Il "Rifugio" di Monte Calvario
Una notte d'inverno udì il pianto disperato di una fanciulla abbandonata al freddo e ai pericoli della
strada e l'accolse in casa. Da allora e dopo la morte della suocera, nell'agosto del 1625, cominciò
non solo ad accogliere le giovani che arrivavano spontaneamente, ma andò essa stessa per la città,
particolarmente nei quartieri più malfamati, in cerca di quelle più bisognose. Quando il suo palazzo
non potè più bastare prese in affitto dal principe Doria il monastero di Monte Calvario, un ricovero
che ella stessa chiamò "Rifugio", per accogliere le molte giovani abbandonate. Monte Calvario
divenne davvero un rifugio in cui Virginia, che non rifiutò mai nessuno, accolse ragazze, donne ,
vedove e maritate che per qualsiasi ragione si fossero rivolte a lei. Non indagò sul passato di
nessuno, ma chiese a tutte di accettare e rispettare la disciplina interna che aveva imposto nella
casa-famiglia. Ben presto molte di esse, scelsero di non tornare più dalle proprie famiglie d'origine,
ma di continuare a vivere in preghiera e a praticare la carità nell'ambito di una comunità
giuridicamente laica ma religiosa per impegno, regole e modalità di vita, aperta ai bisogni della città
e della società.
L'inizio formale dell'opera
L'aumento delle presenze nella casa del Monte Calvario spinse Virginia, nel 1633, a prendere in
affitto dal genero, Benedetto Baciadonne, una villa suburbana lungo il fiume Bisogno. Lì trasferì
una ventina di giovani (tra le migliori per pietà, disciplina e lavoro) dando loro un'impronta
religiosa, ma senza voti. A questa casa se ne aggiunse una terza presso la chiesa di S.Bartolomeo,
con lo stesso ordinamento. Avendo ormai tre case, con circa 300 ricoverate, la Bracelli pensò di
farne un'opera unica. Il 28 novembre del 1635 si rivolse con una supplica al Senato per riceverne il
riconoscimento ufficiale. Lo ebbe con un rescritto del 13 dicembre dello stesso anno. Per dare vita
duratura alla sua opera Virginia si rivolse, poi, alla Magistratura che pose la comunità sotto il
"patrocinio" di personalità civili designate da un'istituzione pubblica.
Giovanni Lomellini, Giacomo Filippo Durazzo e Gio Francesco Granello, che già si dedicavano a
sopperire ai vari bisogni dell'opera, ne furono nominati "Protettori" ufficiali con decreto della
Repubblica del 3 luglio del 1641. Questa data è stata considerata da alcuni storici quella dell'inizio
del Conservatorio del Rifugio. Ai primi Protettori si aggiunse poi il nobile e ricco Emanuele
Brignole, che lasciò all'opera i propri beni e il proprio nome.
Virginia Bracelli Centurione: antesignana realizzatrice dei moderni metodi di intervento socioassistenziale
Il Metodo Bracelliano: la carità strategica.
La povertà e l'accattonaggio erano per la Santa una piaga sociale. Si doveva provvedere al
risanamento sociale. L'azione della carità strategica che pose in essere viene definita, "metodo
bracelliano". Ella non si fermò a constatare il fenomeno della povertà né volle proporre soltanto
rimedi di circostanza. Della povertà volle e seppe individuare le cause e si attivò per rimuoverle,
aggredendo alla radice soprattutto l'ignoranza, ovunque e sempre fonte di povertà e di miseria. La
sua elemosina era finalizzata a garantire un futuro, nella convinzione che è il lavoro a permettere la
realizzazione di sé e non il beneficio di un momento. Per questo soleva dire che "la carità migliore è
il lavoro" e che a favore dei poveri "bisogna procacciar lavoro". Chi poteva doveva lavorare,
secondo le sue possibilità. Virginia tese all'indipendenza economica come a condizione di libertà.
Non era ammesso per lei di vivere d'elemosina, di attesa. Per questo nessun tipo d'intervento veniva
attuato a favore di chi non intendeva lavorare. A chi voleva continuare a vivere nell'indolenza e
nell'accattonaggio venivano dati solo consigli ed inviti.
Ritratto, dipinto tra il 1664 e il 1669. di Virginia Centuriore Bracelli (fondatrice dell'Opera Pia delle Suore di
N.S. del Rifugio in Montecalvario -"Brignoline") attribuito a Domenico Fiasella detto il "Sarzana"(1589-1669),.
Quando, entrata nel novero delle Dame di Misericordia, le venne affidato un rione poverissimo,
quello che gravitava intorno alla parrocchia del SS. Salvatore, visitò il quartiere e, nell'arco dello
stesso mese, organizzò gli aiuti. I soccorsi furono mirati attentamente. Preparò, quindi, ed illustrò
all'interno dell'associazione un vasto e dettagliato programma di azione strategica. Il rione contava
ben 600 famiglie! Virginia si occupò soprattutto dei bambini e lavorò affinché fossero strappati alla
strada, condotti a scuola e restituiti alla famiglia e alla società padroni di sé e del proprio destino.
Con la collaborazione di Girolamo Serra, pensò e realizzò per loro scuole di assistenza
specializzata.
E questo metodo fu adottato anche dopo che Santa Virginia ed un gruppo di una quarantina di
ragazze iniziò la nuova vita nel Rifugio di Monte Calvario. Qui, infatti, impose una severa
disciplina interna e pagò alcune maestre affinché insegnassero alle ragazze le arti e i mestieri. Ella
stessa si fece insegnante e guida spirituale. Sul trinomio preghiera, lavoro e comunione nacque così
un'esperienza del tutto originale, tesa a restituire alla società donne rese mature e responsabili.
La riforma del Lazzaretto
Nel 1650, il Magistrato dei Poveri si rivolse a Virginia perché il suo gruppo si occupasse del
Lazzaretto. Si trattava di un ricovero di fortuna destinato al ricovero dei malati di peste. Passata
l’emergenza, veniva usato per accogliere tutte le persone che avessero bisogno di un qualunque
aiuto ed era popolato da uomini, donne, vecchi e bambini che vivevano in assoluta promiscuità.
Col tempo il Lazzaretto era diventato il covo della disperazione fatta violenza, tanto che Virginia
venne accolta a sassate, percossa e minacciata. La Santa comunque con grande dedizione riportò in
questa istituzione ordine e finalità. Ella provvide dapprima al guardaroba personale d'ogni ospite, si
occupò poi delle cucine, aumentò e migliorò il vitto, assicurò l'abbondanza del pane.
Soddisfatte queste prime elementari necessità, volle che tutti, secondo le forze e le capacità, si
dedicassero al lavoro. Il ricavato veniva devoluto all'Ufficio dei Poveri che provvedeva alle spese
necessarie.
Per spronare al lavoro serio e redditizio, suggerì ai responsabili dell'Ufficio dei Poveri di assegnare
una percentuale ai lavoratori: suggerimento che venne accolto per quanto sulle prime fosse parsa
cosa piuttosto rivoluzionaria. Virginia impiegò quattro anni nella riforma del Lazzaretto che infine
tornò ad essere un'istituzione sana e serena. A questo suo metodo strategico, dunque, si ispirò anche
nella riforma del Lazzaretto, per i cui ospiti volle lavoro e dignità. Oggi il metodo bracelliano è
seguito, sull'esempio della Santa, dalle sue "figlie" sparse in Italia e nel mondo.
Già vicina alla morte, al vedere attorno a lei le "figlie" e gli altri parenti in lacrime, esclama:
"Perché piangete? Se mi amaste vi rallegrereste perché vado al Padre".
All'alba del 15 dicembre 1651 Virginia sa che le restano poche ore di vita. A chi le suggerisce le
parole del Salmo "Andremo alla casa del Signore" (121,1) risponde: "Sì"; e con un filo di voce
aggiunge: "Il mio cuore è pronto, o Dio... Signore, ecco la mia anima". Furono le sue ultime parole.
Virginia aveva 64 anni.
Al funerale partecipò tutta Genova e fu un trionfo. Un sacerdote, a richiesta del cardinal Durazzo,
presentò la sua straordinaria vita. Il corpo fu deposto provvisoriamente nella chiesa del convento di
santa Chiara, dove rimase "provvisoriamente" 150 anni.
Oggi riposa nella chiesa annessa al Conservatorio-Convento di Marassi
Giovani devoti sostano in preghiera nella chiesa annessa al Conservatorio-Convento di Marassi che custodisce
le spoglie mortali di Santa Virginia (in alto sopra l’altare la stessa della chiesa matrice di Amantea
Il corpo incorrotto di Santa Virginia, come fu ritrovato il 20 settembre 1801 e che estese la sua fama di santità
Giovanni Paolo II in preghiera sulla tomba di Santa Virginia.
La Canonizzazione.
Il Processo ordinario, iniziato nel 1931 ed interrotto durante la seconda guerra mondiale, è
culminato con la canonizzazione.
Per la canonizzazione, la Postulazione ha sottoposto al giudizio della Congregazione delle Cause
dei Santi l'asserita guarigione miracolosa, da cancro al collo dell'utero, della signora Almerentina
Elias Borges avvenuta nel 1988 in Brasile.
Almerentina Elias Borges
Una reliquia di Santa Virginia trasportata da due “Brignoline”
Il caso è stato esaminato, il 17 gennaio del 2002, dalla Consulta medica del Dicastero. La Consulta,
esprimendo parere positivo, ha riconosciuto che la guarigione è da definirsi completa, duratura e
scientificamente inspiegabile.
Unanimamente favorevole è stato il giudizio dei Consultori teologi, il 13 settembre del 2002, e dei
Padri Cardinali e Vescovi il 15 ottobre successivo. Il Decreto super miraculo è stato poi promulgato
alla presenza del Santo Padre Papa Giovanni Paolo II, il 20 dicembre del 2002.
Virginia è stata canonizzata da Papa Giovanni Paolo II a Roma il 18 maggio del 2003.
Nuovamente, così come nel giorno della beatificazione di Virginia, si sono riunite le Figlie di
Nostra Signora al Monte Calvario e le Brignoline per festeggiare questo straordinario evento.
E mentre il miracolo che ha portato alla beatificazione della Santa ha interessato una suora di
Genova, quello che ne ha concluso la causa è stata la guarigione di una mamma brasiliana, sorella
di una suora della Congregazione di Roma.
Virginia Centuriore Bracelli Grimaldi , miniature di Casimira Dabrowska del 1960, conservate nel Convento di Marassi.
Ancora illuminanti sono le parore di Giovanni Paolo II° pronunciate il 18 maggio 2003, in Piazza
San Pietro, in occasione della canonizzazione di Virginia insieme ad altri tre beati: Józef
Sebastian Pelczar, Urszula Ledóchowska e Maria De Mattias:
CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI QUATTRO BEATI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
V Domenica di Pasqua, 18 maggio 2003
1. "Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto" (Gv 15,5; cfr Canto al Vangelo). Le parole
rivolte da Gesù agli Apostoli, al termine dell'Ultima Cena, costituiscono un toccante invito anche
per noi, suoi discepoli del terzo millennio. Solo chi Gli rimane intimamente unito - innestato a Lui
come il tralcio alla vite - riceve la linfa vitale della sua grazia. Solo chi vive in comunione con Dio
produce frutti abbondanti di giustizia e di santità.
Testimoni di questa fondamentale verità evangelica sono i Santi che ho la gioia di canonizzare in
questa quinta domenica di Pasqua. Due di essi provengono dalla Polonia: Józef Sebastian Pelczar,
Vescovo, fondatore della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù; Urszula
Ledóchowska, vergine, fondatrice delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante. Le
altre due Sante sono italiane: Maria De Mattias, vergine, fondatrice della Congregazione delle
Suore Adoratrici del Sangue di Cristo; Virginia Centurione Bracelli, laica, fondatrice delle Suore
di Nostra Signora del Rifugio in Monte Calvario e delle Suore Figlie di Nostra Signora al Monte
Calvario.
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5. Lo stesso amore sostenne Virginia Centurione Bracelli. Seguendo l'esortazione dell'apostolo
Giovanni, volle amare non soltanto "a parole", o "con la lingua", ma "coi fatti e nella verità" (cfr 1
Gv 3,18). Mettendo da parte le sue nobili origini, si dedicò all'assistenza degli ultimi con
straordinario zelo apostolico. L'efficacia del suo apostolato scaturiva da una adesione
incondizionata alla volontà divina, che si alimentava di incessante contemplazione e di ascolto
obbediente della parola del Signore.
Innamorata di Cristo, e per Lui pronta a donare se stessa ai fratelli, santa Virginia Centurione
Bracelli lascia alla Chiesa la testimonianza di una santità semplice e feconda. Il suo esempio di
coraggiosa fedeltà evangelica continua ad esercitare un forte fascino anche sulle persone del nostro
tempo. Soleva dire: quando si ha come fine Dio soltanto, "tutte le opposizioni si spianano, tutte le
difficoltà si vincono" (Positio, 86).
6. "Rimanete in me!". Nel Cenacolo Gesù ha più volte ripetuto questo invito, che san Józef
Sebastian Pelczar, santa Urszula Ledóchowska, santa Maria De Mattias e santa Virginia Centurione
Bracelli hanno accolto con totale fiducia e disponibilità. E' un invito pressante e amorevole rivolto a
tutti i credenti. "Se rimarrete in me - assicura il Signore - e le mie parole rimangono in voi, chiedete
quel che volete e vi sarà dato" (Gv 15,7).
Possa ciascuno di noi sperimentare nella propria esistenza l'efficacia di questa assicurazione di
Gesù.
Ci sia di aiuto Maria, Regina dei Santi e modello di perfetta comunione con il suo divin Figlio. Ci
insegni a restare "innestati" a Gesù, come tralci alla vite, e a non separarci mai dal suo amore.
Nulla, infatti, possiamo senza di Lui, perché la nostra vita è Cristo vivo e presente nella Chiesa e nel
mondo. Oggi e sempre. Amen.
Sia lodato Gesù Cristo!
Villa Centurione costruita nel 1550 da Domenico Centurione, padre di Giorgio, dove nacque Virginia.
Maestoso ingresso della villa Grimaldi. La vicinanza tra villa Centurione e villa Grimaldi
favorì gli incontri e il matrimonio tra Virginia Centurione e Gaspare Bracelli Grimaldi.
Palazzo di Gio Francesco Lomellini (ora Lamba Doria) all'epoca di proprietà di Maddalena
Lomellini, suocera di Virginia, che fu abitato dalla Santa prima da sposa e poi da vedova.
Chiesa e Convento (in Montesano) delle "Brignoline", le Figlie di N.S. del Rifugio in Bisogno.
Demolizione nel 1868 della Casa Madre del Rifugio per far luogo alla Stazione Ferroviaria di Brignole.
La Stazione Ferroviaria di Genova-Brignole in una foto d'epoca. Nel punto in cui ora si trova la
piazza G.Verdi, prima giungevano i giardini della Casa Madre di N.S. del Rifugio.
Convento Casa Madre della Congregazione delle Suore di N.S. del Rifugio.
Foto recente del Convento di Genova-Marassi, dal 1868 sede del Conservatori
e della Congregazione delle Suore di N.S. del Rifugio.
Santa Virginia Centurione è considerata la fondatrice del volontariato in Italia, merito riconosciuto
anche in Calabria, tanto che nel piccolo ma attivo comune aspromontano di San Roberto RC, che
sorge lungo la Fiumara di Catona, è stato istituito un Premio Nazionale “Virginia Centurione
Bracelli”.
Il Premio, fondato nel 2005, si ispira ai sentimenti di umanità, vocazione culturale e sociale che
permearono la vita di Virginia Centurione Bracelli ed e assegnato ogni anno a personalità che si
sono distinte nel mondo della cultura, dell’impegno sociale e che “hanno contribuito- come recita
la motivazione del prestigioso riconoscimento- in misura altamente significativa alla crescita etica,
sociale, culturale ,scientifica e spirituale di tanta parte della società”.
Queste le Parole di Marilena Licandro, fondatrice del premio: L'elemento fondante della solidarietà
risiede nella nobiltà dei sentimenti di umanità e fratellanza, testimoniata da quella parte eletta della
società che riversa sui propri simili le attenzioni e la generosità con amorevole slancio.
Questo il concetto ispiratore che, attraverso l'espressione culturale ed artistica, si propone di
soffermare lo sguardo sulle Associazioni di Volontariato e su coloro che operano a favore
dell'Umanità con encomiabile azione sociale.
Al Premio "Virginia Centurione Bracelli" il compito di veicolare questo messaggio, testimone di
un intimo sentire, affinchè si trasformi in un momento elegiaco, permeato dalla vibrante emozione
di un amore universale.
Cultura ed arte, così, si erigono a vessillo della solidarietà attraverso il filo conduttore dei più
profondi valori appartenenti allo spirito dell'Uomo.
Sarebbe auspicabile che si intitolasse a Santa Virginia Centurione, proprio per i suoi legami di
parentela con un’illustre famiglia della nostra città e soprattutto per la sua “invenzione” del
volontariato sociale, la sottosezione UNITALSI di Amantea e Paola, la più attiva associazione di
ispirazione cristiana del cosiddetto 3° settore sul nostro territorio.
06 agosto 2012
Dante Perri