intuizionismo_anna_zanin - Matematiche elementari da un punto di

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L’Intuizionismo (parte 2)
Anna Zanin
18 Gennaio 2013
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Indice
1 Heyting e la formalizzazione
3
2 Il continuo
7
3 Bibliografia
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Heyting e la formalizzazione
Arend Heyting durante gli studi all’università fu studente di Brouwer e si
interessò molto all’intuizionismo. Egli fu logico e matematico olandese: nacque ad Amsterdam nel 1898 e morı̀ a Lugano nel 1980.
Probabilmente attribuiva alla logica un’utilità maggiore (di quanto facesse
Brouwer) come strumento del linguaggio, cosı̀ si impegnò per la formalizzazione della logica intuizionista.
Lo stesso Heyting nel dialogo spiega:
Il sistema formale può essere considerato come l’espressione linguistica del
pensiero matematico in un linguaggio particolarmente adatto. Adottando questo punto di vista ci si imbatte nell’ostacolo dell’ambiguità sostanziale del
linguaggio. Poichè il significato di una parola non può mai essere fissato con
precisione tale da escludere ogni possibilità di malinteso, non si può mai essere matematicamente sicuri che il sistema formale esprima correttamente i
nostri pensieri matematici. Poniamoci però da un altro punto di vista. Possiamo considerare il sistema formale stesso come una struttura matematica
estremamente semplice. Le sue entità sono associate ad altre strutture matematiche, spesso molto complicate. In questo modo, si può operare la formalizzazione all’interno della matematica, e ciò costituisce un potente strumento
matematico. Naturalmente non si può mai essere sicuri che il sistema formale rappresenti esaurientemente un certo ambito di pensiero matematico. Ad
un certo punto la scoperta di nuovi metodi di ragionamento può costringerci
ad estenderlo.
Da queste parole è chiaro che Heyting non avesse nessuna pretesa di creare un
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sistema che fosse effettivamente in grado di formalizzare l’intera matematica
intuizionista, che comunque rimarrà sempre indipendente dal linguaggio.
Alla luce di quanto è stato detto, è possibile ora ripercorrere le proposizioni
classiche e vedere se e come possano essere accettate dal logico intuizionista.
Ricordiamo intanto che una logica è un sistema di proposizioni specifiche
considerate vere, e di metodi per ottenere la verità di proposizioni a partire
da altre proposizioni, ritenute vere.
Per ognuno è vero ciò che si considera come aderente alla realtà dei fatti, e
ciò che si cerca è trovare un accordo inter-soggettivo.
Per aderire alla logica classica sembra quindi necessario considerare tale accordo come ottenuto per autorità, nel senso di assumere l’esistenza di una
verità oggettiva in sè.
La logica intuizionista invece ha una visione che si potrebbe definire dinamica, in cui è essenziale la comunicazione poichè è vero tutto ciò che ogni
soggetto accetta come vero poichè ne vede la prova.
Indichiamo ora con ` p l’asserzione è noto come dimostrare p ove un’asserzione per Heyting è l’affermazione di una proposizione, ovvero quando si
ha una proposizione con essa si esprime una determinata aspettativa, quando
si trova una costruzione che ne verifichi la verità o meno si ha la sua asserzione. Vediamo ora l’interpretazione dei connettivi:
- Congiunzione: p∧q è vera se sono vere contemporaneamente sia p che q,
ovvero se ho trovato una costruzione che ne dimostri la verità;
- Disgiunzione: p∨q è vera se almeno una tra p e q è vera;
- Implicazione: p→q è vera se si trova una costruzione che trasforma ogni
costruzione di p in una costruzione di q; devo cioè avere un metodo che mi
trasformi ogni prova di p in una prova di q. Per i classici invece basta ricondursi ad un calcolo sui valori di verità di p e q, in quanto l’implicazione
risulta falsa solo nel caso in cui p sia vera e q falsa;
- Negazione: ¬p è vera se il soggetto ha una costruzione che trasforma ogni
prova della validità di p in una contraddizione, la negazione può anche essere
indicata con p→ ⊥; si nota quindi che, come per l’implicazione, anche qui
vi siano delle differenza: se per i classici ¬p è vera quando p è falsa, per gli
intuizionisti questo non è sufficiente;
- Quantificatore universale: ∀A(x) è vera quando il soggetto è in grado di
costruire una prova che valga per ogni elemento del dominio;
- Quantificatore esistenziale: ∃A(x) è vera quando il soggetto ha una costruzione con la quale si riesca a trovare l’elemento k che rende vera A(k).
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Notiamo innanzitutto che la proposizione ¬¬p→p, che è valida classicamente, non può essere considerata vera intuizionisticamente.
Interessante che questo sia uno degli assiomi assunti nel calcolo di Frege.
Se io affermo che è assurdo che sia assurdo p, non significa che io abbia effettivamente una costruzione della verità di p, al contrario invece è valida
l’implicazione p→ ¬¬p.
Nel 1923 proprio Brouwer dimostra che invece ¬¬¬p→ ¬p:
Prima di tutto, poichè l’implicazione del l’asserto y dall’asserto x [x→y] implica l’implicazione dell’assurdità di x dall’assurdità di y [¬y→ ¬x], l’implicazione dell’assurdità dell’assurdità dalla verità (che è un fatto noto) implica l’implicazione dell’assurdità della verità, cioè dell’assurdità, dall’assurdità
dell’assurditàa dell’assurdità. In secondo luogo, dato che la verità di un’asserzione implica l’assurdità della sua assurdità, in particolare la verità dell’assurdità implica l’assurdità dell’assurdità dell’assurdità.
Con questa dimostrazione è evidente come secondo Brouwer fosse effettivamente irrilevante l’utilizzo del simbolismo per evidenziare la chiarezza di un
contenuto matematico.
Introduciamo ora gli assiomi del sistema logico originale di Heyting che egli
inserı̀ in Die formalen Regeln der intuitionistischen Logik e nel Die formalen
Regeln dei intuitionistischen Mathematik, entrambi del 1930, con l’unica regola del modus ponens:
1. a → (a∧a)
2. (a∧b) → (b∧a)
3. (a→b) → ((a∧c) → (b∧c))
4. ((a→b) ∧ (b→c)) → (a→c)
5. b → (a→b)
6. (a∧(a→b)) → b
7. a → (a∨b)
8. (a∨b) → (b∨a)
9. ((a→c)∧(b→c)) → ((a∨b) → c)
10. ¬a → (a→b)
11. ((a→b)∧(a→ ¬b)) → ¬a.
Heyting stesso, in una lettera a Becker, spiega di aver studiato gli assiomi e i
teoremi dei Principia Mathematica di Whitehead e Russell e di aver guardato
quali fossero accettabili da un punto di vista intuizionista.
Secondo Van Atten, tuttavia, il decimo assioma ¬a → (a→b) (noto come ex
falso sequitur quod libet) probabilmente non fu accettato da Brouwer.
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Il problema sta nell’universalità di questo assioma secondo il quale si può dimostrare qualsiasi cosa a partire da una contraddizione, ovvero non si capisce
perchè il soggetto debba essere in grado di costruire qualsiasi cosa voglia una
volta che è arrivato ad una contraddizione.
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Il continuo
Sequenze di scelte libere
Abbiamo detto che la seconda parte della produzione brouweriana si contraddistingue per l’introduzione delle sequenze di scelte libere, cerchiamo
di capire come queste possano portare alla definizione del continuo.
Per dare un’idea delle sequenze di scelta, possiamo pensare ad esse come delle
sequenze potenzialmente infinite in cui il Soggetto creatore ha la possibilità
di scegliere in infiniti modi distinti gli elementi che vi appartengono, a partire da elementi già noti come per esempio sono i numeri naturali; quindi si
può pensare a tali successioni come atti creativi liberi del soggetto creatore
stesso. Di conseguenza quello che io posso conoscere della sequenza che sto
costruendo sarà sempre un segmento iniziale, quindi se anche due sequenze
hanno lo stesso segmento iniziale, non posso affermare che esse siano effettivamente uguali, poichè una sequenza è sempre in divenire.
Chiaramente il soggetto può scegliere di porre delle restrizioni nella creazione
di una sequenza:
• tramite l’utilizzo di una legge, in questo senso si dice nomica (lawlike),
• con estrazioni casuali e in questo caso si dice anomica (lawless),
• può procedere all’interno degli estremi posti tra questi due tipi di
successioni, imponendo per esempio vincoli futuri.
Continuo
Quando si è parlato della duo-unità, si è visto come da essa derivi la
fondazione dei numeri naturali, sulla base della percezione del Soggetto della
differenza fra presente e passato. La duo-unità permette di creare un processo
che in potenza può costruire tutti i numeri naturali, ovvero dato il numero 6
sono in grado di trovare il successore, e cosı̀ via per qualsiasi numero naturale, per quanto grande esso sia.
Ma è proprio dal processo di unione nel molteplice che Brouwer ha una prima
intuizione della distinzione tra continuo e discreto: il continuo è intuitivamente accettabile, tuttavia non è pensabile costruire con un numero finito di passi
singolarmente ogni punto del continuo.
Una rappresentazione iniziale del continuo risale al 1907. Si pensi ad un albero, in ogni nodo dell’albero poniamo un numero, per esempio un numero
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naturale, i rami dell’albero (unione di più nodi) permettono di definire una
successione. Dato un nodo, se sono in grado di costruire il nodo successore, ovvero se esso prederminato, lo disegno, se non sono in grado, ramifico
ulteriormente immaginando due nodi successivi. In questo modo si ha una
prima intuizione della possibile costruzione dei punti densi del continuo, anzi,
del passaggio tra il discreto (ovvero la possibilità di vedere i singoli punti)
e il continuo. In questo primo approccio non tutti i rami dell’albero sono
intuizionisticamente validi, lo sono infatti solo quelli che abbiamo chiamato
predeterminati, cioè in cui sappiamo costruire a partire da un nodo il nodo
successivo con un numero finito di passi.
Brouwer inserisce poi nella costruzione dell’albero le successione di scelte
libere: ovvero invece che un numero limitato di nodi successivi, immagina
di avere infinite scelte possibili,e si ha quindi uno schema di costruzione. Il
fatto di poter costruire successioni distinte semplicemente ramificando ulteriormente l’albero dà l’idea della costruzione di un numero reale.
La costruzione dell’albero costituisce uno spiegamento (dall’inglese Spread),
ovvero una prima intuizione del concetto di insieme.
Diamo ora delle definizioni più precise:
• Una specie è una proprietà ipotizzabile per entità matematiche precendentemente acquisite e che soddisfa la condizione che se vale per una
certa entità matematica, vale anche per tutte le entità matematiche definite uguali a essa, ove le definizioni di uguaglianza devono soddisfare
le condizioni di simmetria, riflessività e transitività.
• Una direzione di spiegamento D è una specie di successioni di
numeri naturali tali che:
1. la successione vuota sta in D,
2. per ogni k ∈ N posso dire se {k} è successione a un solo membro
in D oppure no,
3. Se {a1 , a2 , ...an , an+1 } ∈ D allora {a1 , a2 , ...an } ∈ D,
4. Se {a1 , a2 , ...an } ∈ D allora posso trovare almeno un k tale che
{a1 , a2 , ...an , k} ∈ D,
5. Se {a1 , a2 , ...an } ∈ D allora si può decidere per ogni naturale k se
{a1 , a2 , ...an , k} ∈ D o no.
• Uno spiegamento H è dato da una direzione di spiegamento D, da una
specie S e una legge F che assegna un elemento di S a ogni elemento di
D.
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Si ha dunque uno spiegamento se T è un albero in cui ogni vertice ha
almeno un successore. Si ha invece un ventaglio se T ha ramificazioni finite,
ovvero a partire da infiniti vertici, si ha un numero di successori finito.
Lo spiegamento è un caso particolare di specie.
Dalla definizione sia di specie che di spiegamento si limita il principio di
comprensione, secondo il quale tutti gli elementi che soddisfano una certa
proprietà sono riuniti in un insieme. Tale principio per Brouwer non è significativo poichè non indica la costruzione di un insieme e viene superato in
quanto si ha una costruzione degli elementi che appartengono ad una specie e
nessuna specie si può riferire ad un’altra se questa non è stata precedentemente costruita. Inoltre questa definizione limita anche il paradosso di Russell
poichè è escluso il problema dell’autoriferimento, in quanto una specie non
può contenere se stessa.
Consideriamo ora alcune definizioni basilari che seguono da questa concezione degli insiemi.
Data una specie X, possiamo dire che essa è abitata se effettivamente siamo
in grado di costruire un a che vi appartiene.
Classicamente questo è equivalente a dire che l’insieme A è non vuoto, ma
intuizionisticamente le due definizioni sono distinte:questo sottolinea il fatto
che classicamente un insieme è determinato dagli elementi che vi appartengono (proprietà estensionale), mentre intuizionisticamente non può essere cosı̀,
quello che conta è la capacità di sapere costruire gli elementi che vi appartengono (proprietà intensionale).
Anche il concetto classico di sottoinsieme cambia:
si dice che la specie X è separabile in Y se esiste una costruzione che dimostra per ogni elemento y ∈ Y prova o y ∈ X o y ∈
/ X, ovvero si richiede dato
Y l’appartenenza di ogni suo elemento ad X sia una proprietà decidibile.
Controesempi
A partire dal 1908 Brouwer sviluppa una serie di controesempi (deboli e forti), secondo i quali verifica che teoremi classici visti da un punto di vista
costruttivista portano a contraddizioni o problemi aperti. Un controesempio
si dice debole quando mostra che determinate proposizioni classiche portano
in realtà all’affermazione di problemi aperti ancora non risolti; si dice invece
forte quando dimostra che una proposizione classica porta ad una contrad9
dizione.
2.1 Esempio. Un esempio di controesempio debole è il seguente: si consideri
X = {x : x = 1 ∨ (x = 2 ∧ F )} con F asserzione matematica non ancora dimostrata. X è sottoinsieme dell’insieme finito {1,2} ma non possiamo provare
che X sia finito, perchè ciò ci costringerebbe a decidere se X abbia 1 oppure
2 elementi e per questo dovremmo dimostrare F: questo è un controesempio
debole del fatto che un sottoinsieme di un insieme finito sia finito.
Non si deve pensare che questo porti solo dei tagli rispetto alla tradizione
classica, infatti grazie all’introduzione delle successioni di scelta può aggiungere principi molto potenti, che classicamente possono non avere validità.
Notiamo inoltre come la proprietà di uguaglianza cambino a seconda degli
oggetti che si considerano. Se infatti l’uguaglianza è decidibile tra naturali,
interi o razionali, per i numeri reali non vale lo stesso.
Come abbiamo detto con l’introduzione delle sequenze di libera scelta è esclusa la validità del principio di tricotomia, ovviamente infatti non esiste un
metodo costruttivo per confrontare due sequenze infinite, per quanto esse
possano essere soggette a restrizioni. Quindi Brouwer introduce a partire dal
1926 una nuova nozione di ordine, l’ordine virtuale:
1. Le relazioni x > y, x = y, x < y sono mutualmente esclusive;
2. Da x = y, z = w e x < y segue che y < w;
3. Dall’impossibilità contemporanea di x > y e x = y segue x < y;
4. Dall’impossibilità contemporanea di x < y e x = y segue x > y;
5. Da x < y e y < z segue x < z.
Vediamo ora la concezione di Brouwer sugli insiemi.
Già nella tesi di dottorato, Brouwer individua quattro tipi di insiemi: gli insiemi finiti, gli insiemi numerabili (come quello dei naturali, costruiti con un
numero di passi finito), gli insiemi numerabili infiniti (che non possono essere
visti come un intero poichè se anche si individua una legge di costruzione,
essa non include tutti gli elementi, come per esempio i reali da un punto di
vista discreto) e gli insiemi con la cardinalità del continuo.
Di conseguenza individuava solo quattro cardinalità possibili; in realtà nel
corso degli anni questa sua teoria iniziale ha subito molte modifiche, tuttavia le cardinalità possibili secondo Brouwer rimangono in numero finito, il
che è decisamente differente da quanto ha trovato Cantor. Brouwer riconosce
l’esistenza solo di ordinali numerabili, sostiene infatti che Cantor perda il
contatto con il terreno solido su cui si fonda la matematica, dal momento in
cui non è possibile individuare una costruzione per insiemi di questo tipo.
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Brouwer introdusse le definizione di sbarramento e di sbarramento debole:
Dato uno spiegamento M, si dice che B sbarra M se ogni successione di
scelta nel sottoalbero U della specie M ha un segmento iniziale finito che è
un elemento di B:
¯ ∈B
∀α ∈ U ∃(α(n))
Dato uno sbarramento, uno sbarramento debole (thin bar)è
b ∈ B ∧ a < b =⇒ a ∈
/B
il che è equivalente a dire che se b è un estensione di a non è necessario
includere nello sbarramento debole anche a.
Per introdurre il principio d’induzione di sbarramento è necessario definire
la:
retroinduzione: una proprietà Q di successioni finite è retroinduttiva nella
direzione di spiegamento D se gode della seguente proprietà: quando ogni
immediata continuazione a1 , a2 , ..., an , b in D della successione a1 , a2 , ..., an
gode della proprietà Q, allora anche a1 , a2 , ..., an gode della proprietà Q.
Il teorema dello sbarramento afferma che se B è uno sbarramento allora è uno
sbarramento debole. (o in un’altra forma che se Q è proprietà retroinduttiva
in D e ogni elemento di uno sbarramento in D gode della proprietà Q, allora
la successione vuota gode della proprietà Q.)
Il teorema dello sbarramento ha come corollario l’altrettanto noto teorema
del ventaglio secondo il quale se si ha un ventaglio V e una sottospecie
separabile R che forma uno sbarramento (ovvero ogni ramo del ventaglio che
parte dall’origine passa ad un certo punto per R) allora esiste un numero
naturale n tale che tutti i rami incontrano un punto di R al massimo dopo n
passi.
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Bibliografia
• Van Dalen, The life of L.E.J Brouwer, Oxford;
• Cantini, Andrea, I fondamenti della matematica, Loescher editore, 1979;
• Mangione Corrado, Bozzi Silvio, Storia della logica, Garzanti, 1993;
• Franchella, Miriam Con gli occhi negli occhi di Brower ,Polimetrica
International Scientific Publisher, 2008;
• Van Dalen, Dirk, L.E.J. Brouwer’s intuitionism: A revolution in two
acts, Utrecht University;
• Van Atten, Mark, On Brouwer, Wadsworth philosophers series, 2004;
• Mancosu, Paolo, From Brouwer to Hilbert, Oxford;
• Dummett, Michael, Elements of Intuitionism, note introduttive, 2000
• Jervell, Herman, From the axiom of choice to choice sequences, historical note, University of Oslo
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