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I MEZZI DI CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA PATRIMONIALE: L'AZIONE REVOCATORIA
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CAPITOLO I
I MEZZI DI CONSERVAZIONE
DELLA GARANZIA PATRIMONIALE:
L'AZIONE REVOCATORIA
1. LA RESPONSABiLITÀ patrimoniale
L’istituto
A norma dell’art. 2740, 1° comma, c.c., il debitore risponde dell’adempimento delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.
Il patrimonio del debitore costituisce l’oggetto di una garanzia generica in favore dei creditori; la garanzia è definita generica appunto perché
non attribuisce un diritto di soddisfarsi su un bene specifico.
Tale garanzia presenta, dunque, un contenuto variabile, in quanto non
segue i beni alienati dal debitore, ma comprende quelli via via acquistati
dallo stesso debitore.
Al riguardo, è stato affermato che la norma codicistica configura la
garanzia patrimoniale quale diritto potestativo, cui è correlata una posizione di semplice soggezione e non un vincolo reale od obbligatorio sul
patrimonio dell’obbligato.
La ratio della norma va ravvisata nell’interesse del debitore alla libera
disponibilità dei suoi beni, che prevale sull’astratto interesse dei creditori
a conservare intatto l’oggetto della loro garanzia.
L’interesse dei creditori alla conservazione della garanzia patrimoniale
diviene, invece, rilevante quando l’attività o l’inerzia del debitore possano
pregiudicare, in concreto, la possibilità di soddisfare il credito sui beni
del debitore.
In tal caso, ciò che viene giuridicamente tutelato è l’interesse dei creditori alla conservazione della responsabilità patrimoniale sufficiente ad
assicurare il soddisfacimento delle loro ragioni (cfr., in dottrina, Bianca,
Diritto civile, Milano, 1994, 415 ss).
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In particolare, rifiutata l’idea, maturata nella dottrina tedesca, che
configura debito e responsabilità come elementi costitutivi dell’obbligazione, la prevalente dottrina, avvalendosi in via finale anche di argomenti
di ordine sistematico (la collocazione della regola non nel libro «delle obbligazioni»), nega che la responsabilità patrimoniale costituisca elemento
essenziale dell’obbligazione.
Ciò che peraltro non significherebbe affatto che esista una assoluta
autonomia ed estraneità tra nozione di «obbligazione» e quella di «responsabilità».
Secondo l’opinione dominante, la responsabilità patrimoniale assolverebbe infatti una «funzione esterna» rispetto al rapporto obbligatorio; la
responsabilità gravante sul debitore assicurerebbe allora che l’interesse
del creditore venga comunque soddisfatto, anche senza la collaborazione
o addirittura contro la volontà del debitore (v. Roppo, La responsabilità
patrimoniale del debitore, in Tratt. Rescigno, XIX, Torino, 363 ss.).
Tramite l’istituto della garanzia generica, tutti i beni del debitore
vengono ad essere destinati alla soddisfazione del creditore; il debitore è
quindi meno libero ed i suoi comportamenti sono vincolati in relazione
ed in proporzione al debito di cui egli è chiamato a rispondere (Barbiera,
Responsabilità patrimoniale, Disposizioni generali, Artt. 2740-2744, in
il Codice civile-Commentario, diretto da Schlesinger, Milano, 1991, 24).
Il diritto del creditore trova pertanto il suo (primo) momento di attuazione nella restrizione della sfera di iniziativa patrimoniale del debitore:
quest’ultimo può esercitare la sua libertà economica nella misura in cui
la sua azione non ostacoli la realizzazione dell’altrui diritto di credito.
In questa prospettiva, è precisato altresì che se il principio della
responsabilità del debitore sottopone tutto il patrimonio in vista della
soddisfazione del creditore, ciò significa che tale responsabilità cessa
di avere ragione quando più non corrisponda alle esigenze di tutela del
creditore.
Ciò starebbe a significare che la condotta del debitore deve uniformarsi non già a parametri di assoluta astensione, bensì alla necessità
di mantenere inalterata tale responsabilità (cfr. Cossu, in Digesto Civ.,
Revocatoria ordinaria (azione), XVII, Torino, 1988, 451 ss.).
Il concetto (e il termine) di responsabilità patrimoniale si trovano
molto spesso – e già nel linguaggio del legislatore – collegati con il concetto (e il termine) di garanzia.
Questa doppia terminologia è razionalizzata dalla dottrina, che identifica nella responsabilità patrimoniale il momento della destinazione dei
beni del debitore alla soddisfazione dell’interesse (e la loro esposizione
al potere di aggressione) del creditore, mentre ravvisa nella garanzia patrimoniale la fase potenziale di quella destinazione dei beni del debitore,
che si concreta nella possibilità, attribuita al creditore, di assumere ini-
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ziative finalizzate ad accrescere il patrimonio del debitore, o a conservare
i beni del debitore a quella destinazione (v. Giorgianni, L’obbligazione
(la parte generale delle obbligazioni, I, Milano, 1968, 173).
Secondo altra opinione, tra i concetti di responsabilità e di garanzia,
sussisterebbe un nesso ancora più stretto, o addirittura una sostanziale
identificazione.
Più di recente, si è anche sostenuto che la formula dell’art. 2740 comma 1, c.c., possa essere interpretata sostituendo alla locuzione «il debitore
risponde dell’adempimento» con l’altra «il debitore garantisce l’adempimento», che si assume «più adeguata e conveniente alla funzione reale
dell’istituto» (in tal senso, v. Monteleone, Profili sostanziali e processuali
dell’azione surrogatoria. Contributo allo studio della responsabilità patrimoniale dal punto di vista dell’azione, Milano, 1975, 79-82).
Inoltre, si ritiene che il complesso patrimoniale del debitore, nella funzione impressavi dall’art. 2740 c.c., sia lo strumento di garanzia generica su
cui ogni creditore può contare per la realizzazione del proprio interesse:
in questo senso, la garanzia generica dell’art. 2740 c.c. viene contrapposta alla garanzia specifica di cui – nelle forme del pegno, dell’ipoteca, del
privilegio, e secondo il regime proprio a ciascuna di queste – i singoli
creditori possono avvalersi a più intensa tutela del proprio credito, ex
art. 2741 c. c. (cfr. Natoli e Bigliazzi Geri, I mezzi di conservazione
della garanzia patrimoniale, Milano, 1974, 2).
L’ordinamento giuridico contempla varie azioni a tutela dei creditori,
che s’inseriscono nell’ambito dei mezzi di conservazione della garanzia
patrimoniale.
Tali azioni presentano diverso carattere, a seconda del relativo oggetto.
In particolare, l’azione surrogatoria ha una funzione conservativa
della garanzia patrimoniale, tutelando l’interesse del creditore a che siano mantenuti i beni del debitore in misura idonea a garantire l’adempimento dell’obbligazione (v. in dottrina, Barassi, La teoria generale delle
obbligazioni, III, Milano, 982; Nicolò, Azione surrogatoria e azione
revocatoria, in Raccolta di scritti, I, Milano, 1980, 627).
Tale azione esprime il potere del creditore di sopperire all’inerzia
del debitore, sostituendosi al debitore stesso nell’esercizio dei diritti trascurati.
In particolare, l’azione surrogatoria è diretta a conseguire vari risultati
(cfr. Bianca, op. cit., 419): acquisitivi (percezione di somme di denaro,
ovvero espletamento positivo dell’azione di annullamento); rafforzativi
(trascrizione di un acquisto); accertativi (azione diretta all’accertamento
di un acquisto per usucapione); cautelari (sequestro conservativo), o
preventivi (interruzione della prescrizione).
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L'AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA
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CAPITOLO II
L'AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA
L’istituto
Dell’azione revocatoria o pauliana il codice civile del 1865 dettava
una regolamentazione frammentaria all’art. 1235 che, con formula estremamente equivoca, prospettava l’azione stessa come una speciale impugnazione concessa ai creditori in relazione agli atti che il debitore avesse
compiuto in frode delle loro ragioni, senza peraltro offrire alcuna utile indicazione in ordine alla sua natura e ai suoi effetti.
Alla stregua di tale norma, era controverso se: si trattasse di un’azione
di nullità (che, a volte si affermava assoluta, a volte si diceva relativa),
ovvero di una azione tendente a provocare l’inefficacia dell’atto impugnato
nei confronti del o dei creditori; se, in conseguenza, essa importasse la
restituzione del bene oggetto di quell’atto al patrimonio del debitore, riassoggettandolo all’azione esecutiva di tutti i creditori, giusta il principio
generale sancito nell’art. 1949 dello stesso codice, o se, invece, giovasse
soltanto al creditore-attore consentendogli di recuperare il bene ai soli
fini del soddisfacimento delle proprie ragioni; se l’azione avesse funzione
esecutiva, ovvero soltanto conservativa e preparatoria della esecuzione
(v. Natoli, Azione revocatoria, Enc. dir., IV, Milano, 1959, 888).
Il quadro normativo è mutato con l’entrata in vigore della nuova
regolamentazione dell’istituto contenuta nel codice civile del 1942 (artt.
2901-2904).
Anzitutto, la stessa collocazione di tale disciplina mette in evidenza
come l’azione revocatoria sia e debba necessariamente essere considerata
come uno strumento del quale il creditore può valersi esclusivamente per
la conservazione della garanzia (generica), per lui rappresentata dal patrimonio del debitore (art. 2470 c.c.); che cioè, essa esplica quella stessa
funzione, che la legge assegna anche all’azione surrogatoria (art. 2900 c.c.)
e al sequestro conservativo (art. 2905, 2906 c.c., 671 ss. c.p.c.), rispetto
ai quali si caratterizza per il modo specifico attraverso il quale consente
di raggiungere lo scopo comune.
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l'azione revocatoria
Mentre, infatti, l’azione surrogatoria tende ad evitare il depauperamento del patrimonio del debitore dipendente dalla inerzia giuridica di
questo, permettendo al creditore, entro certi limiti, di sostituirsi a lui nel
compimento di una determinata attività, e il sequestro conservativo a
scongiurare il pericolo di una sottrazione (non di rado puramente materiale) di beni appartenenti a quel patrimonio, assicurandone la destinazione
al soddisfacimento delle ragioni del creditore, l’azione revocatoria opera
contro certi atti del debitore, negativamente influenti sulla consistenza
del suo patrimonio, mettendone in evidenza l’inidoneità a sottrarre i beni,
che ne sono stati oggetto, all’azione esecutiva del creditore-attore.
Ciò si deduce agevolmente dagli artt. 2901, comma 1 e 2902, cit., in
base ai quali l’azione revocatoria appare come una azione tendente a far
dichiarare l’inefficacia relativa di determinati atti di disposizione del debitore, cioè, che opera soltanto nei confronti del creditore-attore, unico
soggetto, quindi, legittimato a giovarsene.
Il disponente può provocare validamente il trasferimento del diritto
sul bene ad altro soggetto, ma non può, però, impedire che il proprio
creditore – ottenuta la dichiarazione di inefficacia dell’atto – persegua
il bene direttamente presso il terzo acquirente, con le azioni esecutive
o conservative che, di volta in volta, si possano rendere necessarie (art.
2902 comma 1, cit. e v. anche artt. 2910 c.c., 602, 604 c.p.c.)..
Pertanto, può affermarsi che l’azione revocatoria è un mezzo legale
di conservazione della garanzia patrimoniale consistente nel potere del
creditore di chiedere giudizialmente che siano dichiarati inefficaci, nei
suoi confronti, gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore arrechi pregiudizio alle sue ragioni (cfr. sulla tematica, Bigliazzi
Geri, Revocatoria (azione), in Enc. giur, Treccani, XXVII; Nicolò, op.
cit., 888); inefficacia doppiamente relativa (tale, cioè, sia con riferimento
ai soggetti nei confronti dei quali opera, sia riguardo ai limiti entro cui
si verifica) dell’atto di disposizione del debitore.
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