stile eclettico per la dimora di brian atwood, che crea

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stile eclettico per la dimora di brian atwood, che crea
a grandi
passi
stile eclettico per la dimora
di BRIAN ATWOOD, che crea calzature
contese dalle dive
progetto di matteo bermani – interior design di Nate Berkus
testo di alessandra quattordio – fotografie di simon upton
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Brian Atwood nel suo studio
milanese, circondato dalle calzature
femminili da lui disegnate.
pagina precedente:
l’ingresso della
dimora dello stilista statunitense.
Infissi e sovrapporte risalgono
al primo ’900, epoca in cui la casa
fu costruita, e sono rimasti
intatti. Lo specchio in fondo, stile
Paul Evans, risale agli anni ’70.
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WHO’S WHO.
Brian Atwood
(Chicago, 1967)
studia arte e architettura alla
Southern Illinois University e fashion
design al F.I.T. di New York. Per sette anni
lavora come modello per le passerelle
europee, e dal 1996 è designer degli
4 Versus per Gianni Versace, di
accessori
cui diventa poi direttore creativo per
le collezioni accessori. Nel 2001 crea il
brand di calzature Brian Atwood. Nel
2003 vince il CFDA Swarovski Perry Ellis
Award. Nel 2005 è creative director del
marchio Bally. La notorietà arriva nel 2011,
con il lancio di B Brian Atwood.
D
ieci minuti da Linate e dieci dal Quadrilatero
della Moda milanese. Una collocazione che
risponde a esigenze strategiche per i rapidi
spostamenti che un designer di fama, diviso fra il capoluogo lombardo, Parigi e New
York, deve compiere spesso. Ma non solo.
La zona dove si trova la dimora di Brian
Atwood si connota per le memorie architettoniche primonovecentesche, che le conferirono una fisionomia inconfondibile,
ricca di fascino e di profumi storico-artistici. Atwood, di origini
statunitensi ma apolide per vocazione, è stato affascinato fin dal
primo momento dalle scansioni spaziali tipiche dello stile tardoliberty, dagli infissi e dagli stucchi d’antan degli interni. Così,
quando ha affidato la ristrutturazione della casa all’architetto
Matteo Bermani, ha condiviso con lui la scelta di rispettare pienamente gli elementi d’epoca.
Il vasto appartamento, nato dall’unione di due più piccoli, è
posto nello stesso edificio in cui si situa anche il suo studio: lì il
designer progetta quelle calzature femminili che
sono contese, per le loro perfette proporzioni e
l’alto potere seduttivo, da star internazionali come Victoria Beckham, Lady Gaga, Eva Longoria,
Jennifer Lopez, Madonna, Rihanna. Da quando
Gianni Versace lo volle con sé come designer di
accessori sono trascorsi più di quindici anni. Un
lasso di tempo che gli ha permesso di acquisire
a Milano grande competenza e di giungere ai
vertici del fashion design system. Brian Atwood
precisa: “Le scarpe migliori al mondo sono fabbricate proprio in Italia. Nessuno può competere
per know-how e qualità con il Made in Italy”. Nel
nostro Paese, lontano dagli eccessi frenetici della
Grande Mela, Brian cerca relax e concentrazione,
come per raccogliersi in una piacevole oasi dove
godere della musica, dei fiori dalle tonalità violette che ama disseminare ovunque e della raffinata suggestione emanata dagli arredi vintage e
dagli oggetti straordinari di cui ama circondarsi.
Nell’interior design, curato da Nate Berkus, giocano infatti un ruolo di rilievo tavoli, poltrone e
soprattutto lampade anni ’50, ’60, ’70, scoperti da
Atwood lungo i suoi itinerari di ricerca e accostati
a objets de vertu, come il vaso in tartaruga scelto
per lui dall’antiquario Maurizio Epifani.
a sinistra:
divano di Patricia Urquiola per B&B Italia e lampada
da terra Triennale di Arredoluce, anni ’50. Al centro, tavolino
da cocktail vintage. Davanti alla finestra, sedia a forma di mano
proveniente dal mercato antiquario di Manhattan.
in alto a destra:
nello studio, tavolo disegnato da Piero Pinto
e, a sinistra, sedia primo ’900. Sulla libreria in ebano, alcuni
poster vintage e una fotografia di Chris von Wangenheim.
al centro:
nella biblioteca, divano LC3 di Cassina e poltrona
a dondolo in acciaio e pelle anni ’60 di Milo Ray Baughman.
a destra:
cucina di Ernestomeda e poltroncina vintage.
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Spiega: “Mi piace mescolare pezzi di gusto eclettico ad altri di
nitida contemporaneità, e applicare una pulizia formale all’interno
della quale possano dialogare stili ed epoche. Ha per me significato
affettivo il tessuto ricamato africano, così come la Polaroid vintage
di Andy Warhol”. Ricorda, per esempio, gli anni ’80 newyorkesi
la carta da parati a foglie di banano che riveste l’area pranzo ed è
riflessa sulle pareti specchianti del living. È lo stesso décor dei celebri locali della Grande Mela: il Beverly Hills Hotel, il ristorante
Indochine, o il Jackie ’O, teatro di notti animate da Warhol stesso,
Grace Jones, Bianca Jagger. “Il motivo tropicale, lo confesso, mi dà
anche l’illusione di portare in casa il respiro di un giardino esterno.
A Milano il tempo non è sempre fantastico!”, conclude.
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pagina precedente in alto:
nella camera da letto,
applique orientabile in alluminio laccato
di Serge Mouille, anni ’50. Coperte in cashmere
di Loro Piana. A destra, dipinto di Alberto Cirà.
pagina precedente in basso:
nel bagno domina
il gioco dei contrasti tra bianco e nero.
Agli elementi ceramici fanno da contraltare
le mattonelle in ardesia di parete e pavimento.
sopra:
nella stanza guardaroba, il day-bed PK80
in pelle e acciaio firmato dal designer danese
Poul Kjaerholm per Fritz Hansen. Scarpe
di Bally. Lo stilista ama vestire capi di Tom Ford.
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