Relazione Idrologica e Idraulica

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Relazione Idrologica e Idraulica
INDICE
1.
PREMESSA ...................................................................................................................................................... 2
2.
DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI PROGETTUALI ................................................................................. 3
3.
IDROGRAFIA.................................................................................................................................................... 4
3.1
GENERALITÀ ................................................................................................................................................ 4
3.2
IL FIUME TEVERE ......................................................................................................................................... 6
3.3
IL FIUME ANIENE .......................................................................................................................................... 8
3.4
CORSI D’ACQUA PRINCIPALI ......................................................................................................................... 9
3.4.1
Bacino di Fosso Galeria .................................................................................................................... 9
3.4.2
Bacino del fosso di Tor Sapienza ....................................................................................................12
3.4.3
Bacino del fosso di Ponte di Nona...................................................................................................13
3.4.4
Sottobacino del Fiume Aniene dalla confluenza con il fosso di Passerano a quella con il fosso
di Ponte di Nona...............................................................................................................................................14
3.4.5
Bacino del fosso di Passerano ........................................................................................................16
3.4.6
Bacino della Marrana della Caffarella .............................................................................................18
3.4.7
Bacino del Fosso di Vallerano .........................................................................................................19
3.4.8
Bacino del Fosso di Spinaceto ........................................................................................................22
3.4.9
Bacino del Fosso di Malafede..........................................................................................................23
4.
IL PAI NEL QUADRO DELLA PIANIFICAZIONE DI BACINO ...................................................................25
4.4.1
4.4.2
4.4.3
4.4.4
Pericolosità e tempi di ritorno...........................................................................................................26
Il concetto di rischio assunto dal PAI...............................................................................................28
Le aree a rischio idraulico: classificazione delle aree R4,R3,R2,R1 ............................................30
L‘assetto delle regioni fluviali: la delimitazione delle fasce............................................................31
5. VALUTAZIONE DEI TRACCIATI IN RIFERIMENTO ALLA PIANIFICAZIONE DI ASSETTO
IDROGEOLOGICO .................................................................................................................................................36
6.
CURVE DI POSSIBILITÀ PLUVIOMETRICA ...............................................................................................41
6.1
GENERALITÀ ...............................................................................................................................................41
6.1.1
Leggi di possibilità pluviometrica a tre parametri ...........................................................................41
6.2
ANALISI DI REGIONALIZZAZIONE (PROCEDURA VAPI)..................................................................................44
6.3
RISULTATO DEI CALCOLI ..............................................................................................................................49
7. METODOLOGIA PER LA DETERMINAZIONE DELLA PORTATA DI PROGETTO DEGLI
ATTRAVERSAMENTI ............................................................................................................................................50
7.4
7.1
8.
SMALTIMENTO ACQUE DI PIATTAFORMA...............................................................................................54
8.1
9.
METODOLOGIA GENERALE ..........................................................................................................................50
METODOLOGIA PROPOSTA DALL’AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME TEVERE ..................................................50
CURVA DI PROBABILITÀ PLUVIOMETRICA......................................................................................................56
VASCHE DI PRIMA PIOGGIA .......................................................................................................................57
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1.
PREMESSA
La presente relazione, parte integrante del progetto preliminare del Corridoio Intermodale
Integrato Pontino collegamento tra l’autostrada A12 Roma-Civitavecchia e l’autostrada RomaLatina, riferisce lo studio eseguito per la definizione dei caratteri idrologici, idrografici ed idraulici
dei bacini sottesi alle interferenze con il reticolo idrografico di superficie dell’asse autostradale in
progetto.
Sono illustrate le metodologie adottate per la stima delle portate dei corsi d’acqua interferenti.
In particolare si dimostrerà come gli attraversamenti idraulici, principali e secondari, siano stati
dimensionati al fine di garantire il deflusso delle piene in condizioni di sicurezza.
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2.
DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI PROGETTUALI
Il tracciato autostradale inizia in prossimità della Roma-Civitavecchia, nel comune di Fiumicino,
con uno svincolo di interconnessione con la medesima arteria, dopo il primo tratto in affiancamento
all’autostrada Roma-Fiumicino in cui sostanzialmente si incontrano alcuni fossi secondari, il più
importante è il fosso Galeria, ci si allontana dalla Roma-Fiumicino, si supera il fosso Tagliente e si
entra nella piana del Tevere con un viadotto di scavalco che supera il letto del Fiume, fino ad
oltrepassare sia la strada statale 8 bis “Via del Mare” che “Via Cristoforo Colombo”, con cui ci si
connette tramite uno svincolo, per poi costeggiare il fosso di Malafede e connettersi con
l’autostrada Roma-Latina che si sovrappone alla S.R. 148 “Pontina”.
Di seguito si riporta l’elenco degli attraversamenti presenti sull’asse principale del tracciato.
Tombino
3.00x3.00
Tombino
Tombino
Viadotto Interconnessione A12
Tombino
Sottovia carrabile tipo C1
Viadotto Fiamma
Viadotto Galeria
Tombino
Ponte Breccia
Tombino
Tombino
Tombino
Viadotto Tevere
Viadotto Colombo
Tombino
Viadotto Frasso
Galleria-sottopasso “S.R. 148 Pontina”
(opera oggetto di altro intervento)
Tombino
Ponte Fosso di Malafede
Sottovia carrabile tipo C1 alla S.R.
Roma-Latina
Galleria Artificiale “autostrada RomaPontina” (opera oggetto di altro
intervento)
3.00x3.00
3.00x3.00
L=2194,78
2.00x2.00
5.00x12.00
L=390,00
L=195.00
3.00x3.00
L=60,00
3.00x3.00
3.00x3.00
3.00x3.00
L=1324,50
L=275,00
3.00x3.00
L=300,00
progressiva di
progetto
Rampa B svincolo
Interconnessione A12
Ramo svincolo
Interconnessione
Roma-Fiumicino/A12
0+621,73
0+918,96
3+319,08
3+524,49
3+765,13
4+255,33
4+883,88
5+886,36
6+267,35
6+738,68
8+627,25
9+980,48
12+200,00
12+727,09
13+525,00
L=50,00
2.00x2.00
L=50,00
15+100,00
15+351,99
15+331,71
5.00x12.00
15+961,07
L=50,00
16+409,89
Opera d'Arte
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dimensione
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3.
IDROGRAFIA
3.1 Generalità
Nell’ambito del territorio del Comune di Roma esistono numerosi corsi d’acqua, alcuni dei
quali si versano direttamente nel mar Tirreno, altri nel fiume Tevere ed altri nel fiume Aniene.
I bacini alimentanti tali corsi d’acqua e nei quali può essere suddiviso il territorio in esame,
sono rappresentati schematicamente nella Figura 1.
Figura 1 – Bacini alimentanti i corsi d’acqua rientranti nell’ambito del territorio del Comune di Roma
I bacini considerati sono tutti quelli che rientrano nell’ambito del Comune di Roma anche se
non tutti vi rientrano integralmente.
Essi comprendono:
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1. Bacini drenati da corsi d’acqua che si versano direttamente nel mar Tirreno
•
Bacino del fiume Arrone (1);
•
bacino del fosso della Macchia (11);
•
bacino del fosso del Selceto (17);
•
bacino del fosso della Santola (18).
2. Bacini drenati da corsi d’acqua che si versano nel fiume Tevere
•
Bacino del fosso Galeria (2);
•
bacino del torrente Valchetta (3);
•
bacino del fosso della Torraccia (4);
•
bacino del fosso del Drago (5);
•
bacino del Rio della Casetta (6);
•
bacino del fosso di Setttebagni (7);
•
bacino del fosso della Magliana (8);
•
bacino del fosso della Crescenza (9);
•
bacino del fiume Aniene (10);
•
bacino della marrana di Grotta Perfetta (13);
•
bacino del fosso di Vallerano (14);
•
bacino del fosso di Spinaceto (15);
•
bacino del fosso di Malafede (16).
3. Bacini drenati da corsi d’acqua che si versano nel fiume Aniene
•
Bacino del fosso di Monte Sacro (10.2);
•
bacino del fosso di Casale de Pazzi (10.4);
•
bacino del fosso di Centocelle (10.6);
•
bacino del fosso di Tor Sapienza (10.8);
•
bacino del fosso di Pratolungo (10.9);
•
bacino del fosso di Ponte di Nona (10.11);
•
bacino del fosso di Passerano (10.13).
I corsi d’acqua che gravitano intorno al territorio in cui si inserisce il tracciato di progetto
sono suddivisi da limiti amministrativi ricadenti interamente sotto le competenze dell’Autorità di
Bacino del Tevere come si evince dalla Tavola 3.4 Rischio Idraulico e Rischio Frane
(Pianificazione delle Autorità di bacino) del Piano Territoriale Provinciale Generale dove è riportata
in colore blu l’area di competenza della suddetta Autorità; si veda la seguente Figura 2.
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Figura 2 - Stralcio Tavola 3.4 del PTPG
Si forniscono brevi indicazioni relative alla situazione morfologica, idrologica e geologica dei
bacini imbriferi dei corsi d’acqua che rientrano nel territorio in esame interessati dal tracciato di
progetto.
Per ciascuno dei bacini considerati sono stati determinati la superficie, la lunghezza d’asta
del corso d’acqua principale, le quote minima, massima e media, il fattore di forma e la pendenza
media del corso d’acqua nel tratto fino alla sezione più a valle del bacino trattato.
Del bacino dell’Aniene è stata presa in considerazione soltanto la parte a valle della
confluenza con il fosso di Passerano (m. 64 s.l.m.); e poiché questa parte presenta un’estensione
notevole (oltre 450 kmq), essa è stata suddivisa in tredici bacini parziali e di ciascuno di questi
sono state esaminate le caratteristiche morfologiche ed idrogeologiche.
Anche altri bacini e precisamente i bacini del torrente Arrone, del fosso Galeria, del torrente
Valchetta, del fosso della Torraccia, del fosso della Crescenza e del fosso di Vallerano, sono stati
suddivisi in bacini parziali in relazione alla loro estensione e morfologia e sono stati studiati sia
singolarmente che nel loro insieme.
Come sezione estrema a valle di ciascun bacino è stata assunta quella immediatamente a
monte della confluenza con il corso d’acqua che è alimentato dal bacino parziale limitrofo.
3.2 Il Fiume Tevere
Il fiume principale con cui il tracciato interferisce è il fiume Tevere, nel tratto in cui si ha la
confluenza Fosso di Malafede.
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Il bacino del fiume Tevere copre circa 1/20 del territorio nazionale, interessa i confini
amministrativi di 6 Regioni e 12 Province, include grandi città quali Roma, Perugia, Terni, Rieti e
centri di interesse storico-artistico quali Orvieto, Todi, Assisi, con una popolazione complessiva di
circa 4,3 Milioni di abitanti.
In sintesi le caratteristiche del bacino sono: una superficie totale di circa Kmq. 17.375, una
popolazione residente di 4.344.197 abitanti, 6 regioni interessate (Emilia-Romagna, Toscana
Umbria, Lazio, Marche ed Abruzzo), 12 province, 334 comuni ricadenti nel bacino.
Le piane alluvionali ed il delta fluviale coprono il 15% del territorio, le aree collinari e montane
l’85% del territorio, la popolazione residente nei principali capoluoghi rispetto alle aree alluvionali è
il 90%.
Il bacino del Tevere si estende, con forma allungata in direzione meridiana, per oltre 17.000
km2, di cui quasi il 90% suddiviso fra Lazio e Umbria, la restante superficie in Toscana, Abruzzo,
Marche ed in minima parte in Emilia Romagna.
Il Tevere nasce sull’Appennino tosco-emiliano e sfocia nel Mar Tirreno dopo un percorso di
circa 400 km.
Il bacino è limitato ad Est dalla dorsale dell’Appennino umbro-marchigiano, con cime che
raggiungono i 2200 m, mentre ad Ovest, sui rilievi tosco-laziali, lo spartiacque non supera i 1000m.
Il percorso, circa meridiano fino alla confluenza con l’Aniene, viene bruscamente deviato verso
Sud-Ovest dall’apparato vulcanico dei Colli Albani nei pressi di Roma.
I principali affluenti del Tevere sono: il Chiani-Paglia e il Treia sulla riva destra, il ChiascioTopino, il sistema Salto-Turano-Velino-Nera e l’Aniene sulla sinistra, da cui provengono i maggiori
apporti.
Da un’analisi dei dati di portata misurata dal Servizio Idrografico (Boni et al., 1993), si possono
fare delle valutazioni su quali settori del bacino contribuiscono maggiormente alla portata e con
quale regime stagionale.
Il settore settentrionale del bacino (circa 8000 km2), a monte della confluenza col Nera, è
costituito prevalentemente da rocce poco permeabili, ed il regime della portata del Tevere è molto
irregolare, alimentato prevalentemente dalle acque di ruscellamento superficiale ed ipodermico
nelle stagioni piovose.
Le magre estive sono marcate, per la carenza di importanti risorse idriche sotterranee.
Fa eccezione l’alto Topino, alimentato da sorgenti ubicate nella dorsale carbonatica umbra.
Il settore centro-meridionale (circa 9000 km2) comprende i bacini del Nera-Velino, dell’Aniene e
del Treia.
A valle della confluenza col Nera il regime di portata del Tevere cambia nettamente: il Nera è
infatti
caratterizzato
da
una
portata
estremamente
stabile
durante
l’anno,
poiché
è
prevalentemente alimentato da acque sotterranee provenienti dalle dorsali carbonatiche umbromarchigiane (il Nera) e laziali-abruzzesi (il Velino).
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L’indice del flusso di base del Tevere sale infatti da 0,13 a 0,51 a valle della confluenza.
Un ulteriore importante contributo stabilizzante proviene dall’Aniene, sempre in riva sinistra,
mentre altri apporti non trascurabili provengono dai corsi d’acqua che drenano gli apparati
vulcanici in riva destra (Treia e minori).
Il fiume Tevere a valle della traversa di Castel Giubileo è completamente protetto da opere di
contenimento dei livelli di piena e pertanto in tale tratto vanno garantite e mantenute le migliori
condizioni idrauliche di deflusso della piena: elevate sezioni di deflusso e minimo valore delle
resistenze idrauliche locali e globali.
La piena di riferimento assunta nella valutazione del rischio è quella che in corrispondenza
dell'idrometro di Ripetta fa segnare un livello idrometrico corrispondente ad una portata al colmo
pari a 3300 m3/s.
Nell'ambito degli studi propedeutici alla redazione del Piano stralcio per il tratto metropolitano
del Tevere da Castel Giubileo alla foce tale valore corrisponde al valore atteso delle possibili piene
generate da un sistema spazialmente variato di piogge critiche che a scala di bacino hanno un
tempo di ritorno di 200 anni.
Altri valori di portata di riferimento utili per le successive fasi progettuali sono quelli individuai ai
fini della determinazione della perimetrazione delle fasce fluviali, per i cui dettagli si rimanda alla
Relazione generale del PAI, riportati nella tabella seguente.
3.3 Il Fiume Aniene
Nell’ambito del territorio del Comune di Roma rientra soltanto la parte più a valle del bacino
dell’Aniene e cioè la parte drenata dall’Aniene e dai suoi affluenti a valle della confluenza con il
fosso di Passerano.
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Questo tratto del bacino ha una estensione di oltre 457 km quadrati ed ha una forma
irregolare con dimensione massima di circa 33 km in direzione nord-sud e di circa 24 km in
direzione est-ovest.
Il limite di questa parte del bacino dell’Aniene passa per la zona occidentale di Roma, per
S. Angelo Romano, Montecelio, per Bagni Albule, Rocca Priora, Maschio delle Faete, Monte Cavo
e presso Marino e Ciampino.
All’interno del bacino ricadono i paesi di Guidonia, Bagni Albule, Monte Compatri, Monte
Porzio, Colonna, Rocca di Papa, Frascati, Grottaferrata.
Data la notevole estensione il bacino è stato suddiviso in 13 sottobacini (10.1-10.13) dei
quali sette sono bacini dei principali affluenti dell’Aniene e sei sono tratti del bacino che alimentano
direttamente l’Aniene.
Poiché il fiume Aniene rientra tra i grandi fiumi della regione laziale lo studio delle sue
caratteristiche idrologiche e quelle del bacino che lo alimenta è stato fatto dal Servizio Idrografico
del Ministero dei Lavori Pubblici e ad esso si rimanda per le informazioni al riguardo.
Nel trattare del solo territorio del Comune di Roma ci si deve limitare necessariamente alla
descrizione, effettuata nel seguito della presente, dei bacini degli affluenti principali che alimentano
questo tratto del fiume Aniene.
Si integreranno in tal modo le informazioni relative al corso d’acqua principale e si
forniranno indicazioni sulle caratteristiche morfologiche, geologiche ed idrologiche che influenzano
l’ambiente e lo sviluppo del territorio.
3.4 Corsi d’acqua principali
3.4.1 Bacino di Fosso Galeria
Il bacino è drenato dal fosso Galeria, affluente di destra del Tevere, la cui confluenza è a
circa q. m. 5 s.l.m.; sbocca nella piana del Tevere a circa 1 km a monte della confluenza presso
l’abitato di Ponte Galeria, a q. m. 6 s.l.m..
Si considera qui il bacino a monte dello sbocco nella pianura rappresentato in Figura 3.
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Figura 3 – Bacino del Fosso Galeria
Il fosso Galeria è formato dalla unione del fosso dei Grassi e del fosso di Cesano.
Il primo ha origine sulle pendici orientali dei colli che cingono il lago di Bracciano, e
precisamente in Contrada Campo Porcino, a q. di m. 250 s.l.m.; il secondo ha origine con il nome
di fosso di M. Lungo, sulle pendici settentrionali di M. Lungo a q. di m. 250 s.l.m..
I due fossi scendono a valle rispettivamente verso SE e verso SO (a circa 2 km dall’origine
il fosso di M. Lungo prende il nome di fosso di Cesano) e dopo pochi (5-6) chilometri di corso si
riuniscono a q. m. 130 s.l.m..
In questo primo tratto i due fossi ricevono numerosi affluenti di scarsa importanza.
A valle della confluenza il fosso, con il nome di fosso di Cesano, si dirige verso sud,
assumendo dopo un paio di chilometri, il nome di fosso Galeria, e, mantenendo la stessa
direzione, va sino alla piana del Tevere.
Il fosso Galeria nel suo corso riceve molti affluenti dei quali i più importanti, da monte verso
a valle, sono: sulla sinistra, tutti provenienti da NO - NE, il fosso di Piansaccoccia con confluenza a
q. m. 67 s.l.m.; il fosso di Valle di Piansaccoccia con confluenza a q. m. 65 s.l.m.; il fosso
dell’Acquaviva con confluenza a q. m. 57 s.l.m.; il fosso della Cerqueta con confluenza a q. m. 51
s.l.m.; il fosso dell’Acquasona con confluenza a q. m. 50 s.l.m.; il fosso del Campo con confluenza
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a q. m. 38 s.l.m.; il fosso della Questione con confluenza a q. 28 s.l.m.; il fosso di S, Maria Nuova
con confluenza a q. m. 14 s.l.m.; sulla destra: il fosso di Prato Rotondo con confluenza a q. m. 49
s.l.m. proveniente da NO ed il fosso di Pantano di Grano con confluenza a q. m. 20 s.l.m.
proveniente da NNO.
Il bacino imbrifero del fosso Galeria ha forma molto allungata e si estende per una
lunghezza di oltre una trentina di km con direzione da N a S dal lago di Bracciano sino al Tevere,
poco ad ovest di Roma.
La sua larghezza, dallo sbocco nella piana verso monte, aumenta gradatamente fino a
circa 7-8 km all’altezza della confluenza con il fosso di Pantano di Grano.
Si mantiene poi, andando verso monte, all’incirca costante fino all’altezza della confluenza
con il fosso di Piansaccoccia, ove piuttosto bruscamente diminuisce ad un paio di chilometri,
mantenendosi tale fino alla confluenza del fosso di Cesano con il fosso dei Grassi.
Più a monte ancora, nel breve tratto fino alle origini, il bacino si allarga di nuovo fino a
raggiungere 6 km circa al suo limite settentrionale.
Il bacino occupa una regione collinare a dolci pendii, incisa però da profondi e stretti fossi.
Solo al fondo valle di fosso Galeria forma una valle piuttosto ampia.
Il limite del bacino procedendo dallo sbocco sulla valle del Tevere in senso orario, passa
per M. del Lumacaro (m. 60 s.l.m.), M. della Chiesola (m. 76 s.l.m.), M. Muletto (m. 86 s.l.m.), M. di
Bocca (m. 101 s.l.m.), Serre della Sargia (m. 110 s.l.m.), Serre della Stallonara (m. 150 s.l.m.), M.
Maiale (m. 209 s.l.m.), Contrada Campo Porcino (m. 250 s.l.m.), M. di S. Andrea (m. 322 s.l.m.),
M. Pineto (m. 321 s.l.m.), M. La Comunità (m. 286 s.l.m.), Monticchio (m. 155 s.l.m.), abitato di La
Storta (m. 170 s.l.m.), abitato de La Giustiniana (m. 150 s.l.m.), abitato di Ottavia (m. 145 s.l.m.),
abitato di Casalotti Nuovi (m. 85 s.l.m.), Tenuta della Maglianella (m. 80 s.l.m.), Tenuta della
Pisana (m. 68 s.l.m.) e Tenuta Pisciarello (m. 50 s.l.m.).
All’interno del bacino si elevano, da monte a valle: M. Lungo (m. 266 s.l.m.), M. del Forno
(m. 156 s.l.m.), M. Mariolo di Sopra (m. 124 s.l.m.), M. Mariolo di Sotto (m. 121 s.l.m.), M. Lascone
(m. 151 s.l.m.), M. Cetrolo (m. 96 s.l.m.), M. Mastaccio (m. 86 s.l.m.), Colle Selce (m. 72 s.l.m.) e
M. Sacco (m. 46 s.l.m.).
Nell’area del bacino ricade il paese di Cesano.
La superficie del bacino è di 158 kmq, la sua altitudine media è di m. 95 s.l.m.; il suo fattore
di forma è 3.
La lunghezza d’asta del fosso è di km 38,5 e la sua pendenza media è del 0,6%.
La superficie del bacino è per il 10% coperta da boschi, per il 20% è lasciata a pascolo, il
rimanente 70% è lavorato a seminativo.
Il bacino di fosso Galeria è stato suddiviso in 5 sottobacini.
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3.4.2 Bacino del fosso di Tor Sapienza
Questo bacino è drenato dal fosso di Tor Sapienza, affluente di sinistra dell’Aniene, con
confluenza a m. 20 s.l.m..
Il fosso di Tor Sapienza è formato dalla confluenza, tra m. 25 s.l.m. e m. 28 s.l.m., del fosso
di Torre Angela, del fosso di Tor di Bella Monaca, del fosso di Tre Teste e del fosso Valle Lunga.
Detti fossi, con corsi all’incirca paralleli in direzione sud est - nord ovest hanno inizio sulle
pendici settentrionali del Vulcano Laziale a circa m. 400 s.l.m (Figura 4).
Il bacino imbrifero del fosso di Tor Sapienza ha forma irregolare.
La sua lunghezza è di circa 24 km e la sua larghezza massima è di 8 km.
L’alto bacino occupa una regione collinare con versanti mediamente acclivi o acclivi ed il
basso bacino occupa una regione dolcemente ondulata.
Al limite del bacino ricadono i paesi di Monte Porzio Catone, Rocca di Papa e la borgata di
Tor Sapienza.
Il limite del bacino imbrifero, procedendo dalla confluenza del fosso di Tor Sapienza con
l’Aniene, in senso orario, attraversa la via Collatina al km 10, la via Prenestina al km 14, passa poi
per Tor Carbone (m. 80 s.l.m.), Colle Trugli (m. 196 s.l.m.), paese di Monte Porzio Catone (m. 443
s.l.m.), La Montagnola (m. 750 s.l.m.), M. Salomone (m. 773 s.l.m.), Colle La Signa (m. 870 s.l.m.),
M. delle Faete (m. 956 s.l.m.), paese di Rocca di Papa, Colle Formagrotta (m. 368 s.l.m.), Colle
Oliva (m. 171 s.l.m.), Pian del Colle (m. 120 s.l.m.), Torre dei SS. Quattro (m. 85 s.l.m.) e borgata
di Tor Sapienza (m. 40 s.l.m.).
All’interno del bacino si trovano le borgate di Torre Nuova, Torre Gaia, Villaggio Breda ed i
paesi di Frascati e Grottaferrata.
La superficie del bacino è di 112 kmq circa; la sua altitudine media è di m. 239 s.l.m.; il suo
fattore di forma è 2,3.
La lunghezza d’asta del fosso è di 24,5 km e la sua pendenza media è del 1,5%.
Il 10% circa della superficie del bacino è coperto da bosco; il 10% è lasciato a pascolo; il
rimanente è coltivato a seminativo.
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Figura 4 – Bacino del fosso di Tor Sapienza
3.4.3 Bacino del fosso di Ponte di Nona
Il bacino è drenato dal fosso di Ponte di Nona, affluente di sinistra dell’Aniene, con
confluenza a m. 23 s.l.m..
Il fosso ha inizio in contrada Quarto Grande, a m. 100 s.l.m., con il nome di fosso di
Pratolungo.
Esso scende a valle, verso nord ovest, fino alla confluenza con l’Aniene, ricevendo alcuni
affluenti di scarsa importanza.
Il bacino imbrifero del fosso di Ponte di Nona ha forma allungata in direzione sud est - nord
ovest (Figura 5).
La sua lunghezza è di 10 km e la sua larghezza massima è di 2 km.
Esso occupa una regione dolcemente ondulata, solcata da fossi stretti e profondi.
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All’interno del bacino ricadono le borgate di Salone e di Finocchio.
Il limite del bacino imbrifero, procedendo dalla confluenza con l’Aniene in senso orario,
passa poco ad est della borgata Salone (m. 30 s.l.m.), segue la via del Ponte di Nona dal km 3 al
suo inizio, passa per Rocca Cencia (m. 95 s.l.m.), contrada Quarto Grande (m. 139 s.l.m.), Tor
Carbone (m. 80 s.l.m.) e tenuta Collatina (m. 60 s.l.m.).
Figura 5 – Bacino del Fosso di Ponte di Nona
La superficie del bacino imbrifero è di 10,6 kmq; la sua altitudine media è di m. 65 s.l.m.; il
fattore di forma è 3,1.
La lunghezza d’asta del fosso è di 10 km e la sua pendenza media è dello 0,8%.
Il 10% della superficie del bacino è lasciata a pascolo; il rimanente è coltivato a seminativo.
3.4.4 Sottobacino del Fiume Aniene dalla confluenza con il fosso di Passerano a quella
con il fosso di Ponte di Nona
Il bacino è drenato dal fiume Aniene nel tratto tra la confluenza con il fosso Passerano (m.
39 s.l.m.) e la confluenza con il fosso di Ponte Nona (m. 23 s.l.m.).
In questo tratto l’Aniene scende a valle, nell’insieme verso ovest sud ovest, ricevendo in
destra il contributo del fosso del Muracciolo, con confluenza a m. 29 s.l.m., del fosso delle
Tavernucole, con confluenza a m. 27 s.l.m., e del fosso del Cavaliere, con confluenza a m. 24
s.l.m.; in sinistra il fiume Aniene riceve il contributo del fosso della Lunghezza, con confluenza a m.
31 s.l.m. del fosso della Vitellara, con confluenza a m. 28 s.l.m., del fosso dell’Osa, con confluenza
a m. 26 s.l.m.; del fosso di Mongiardino, con confluenza a m. 25,5 s.l.m.; e del fosso di Benzone,
con confluenza a m. 25 s.l.m..
Il bacino ha forma irregolare molto allungata in direzione trasversale a quella dell’asta del
fiume (Figura 6).
La sua lunghezza nella direzione dell’asta del fiume è di 7,5 km; la sua larghezza massima
è di 23 km.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Esso occupa una regione dolcemente ondulata, solcata da profondi fossi fuorché nella sua
parte estrema meridionale che è costituita da colline, a versanti mediamente acclivi, appartenenti
alla parte nord del Vulcano Laziale.
Al limite del bacino si trovano i paesi di Rocca Priora, Monte Porzio Catone e Palestrina.
All’interno del bacino ricadono i paesi di Bagni Albule, Lunghezza, Colonna e Monte Compatri.
Il limite del bacino, procedendo dalla sezione più a valle, in senso orario, passa per M.
dell’Incastro (m. 121 s.l.m.), Tor Mastorta (m. 138 s.l.m.), poco ad est dell’abitato di Bagni Albule
(m. 70 s.l.m.), confluenza dell’Aniene con il fosso di Passerano, contrada di Quarto di Saponara
(m.70 s.l.m.), Colle Castiglione (m. 95 s.l.m.), Colle di Sassobello (m. 350 s.l.m.), Colle del
Brigante (m. 200 s.l.m.), contrada Campo Gillaro (m. 300 s.l.m.), paese di Rocca Priora (m. 768
s.l.m.), M. Salomone (m. 763 s.l.m.), paese di Monte Porzio Catone (m. 450 s.l.m.), Colle Trugli
(m. 196 s.l.m.), abitato di Finocchio (m. 71 s.l.m.), Rocca Cencia (m. 97 s.l.m.) e Casale Ponte di
Nona (m. 69 s.l.m.).
All’interno del bacino imbrifero si elevano Colle Cisterna (m. 412 s.l.m.), Colle Tufino (m.
412 s.l.m.), Colle Fontana Malata (m. 466 s.l.m.) e Colle S. Andrea (m. 341 s.l.m.).
La superficie di questo bacino è di 111 kmq; la sua altitudine media è di m. 149 s.l.m.; il suo
fattore di forma è 0,9.
La lunghezza di questo tratto dell’Aniene è di 10 km e la sua pendenza media è dello
0,15%.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Figura 6 – Sottobacino del Fiume Aniene dalla confluenza con il fosso di Passerano a quella con il
fosso di Ponte di Nona
Il 15% della superficie del bacino è coperta da boschi; il 15% è lasciato a pascolo ed il
rimanente è coltivato a seminativo.
Il versante destro di questo bacino si estende fino all’abitato di Guidonia; quello sinistro fino
a Rocca Priora.
3.4.5 Bacino del fosso di Passerano
Il bacino è drenato dal fosso di Passerano, affluente di sinistra dell’Aniene, con confluenza
a m. 32 s.l.m..
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Il fosso ha inizio nei pressi del paese di S. Cesareo, a circa m. 300 s.l.m., con il nome di
fosso Scuro e scende a valle, verso nord nord ovest, fino alla confluenza con l’Aniene ricevendo
un solo importante affluente, il fosso di Corzano, il cui corso è pressocchè parallelo a quello del
fosso di Passerano.
Il bacino imbrifero del fosso di Passerano ha forma molto allungata in direzione sud sud est
- nord nord ovest (Figura 7).
La sua lunghezza è di 18 km e la sua larghezza massima è di circa 5 km.
Esso occupa una regione collinare, caratterizzata da fossi stretti e profondi con alte e ripide
rive.
Entro il bacino rientra il paese di S. Cesareo.
Il limite del bacino imbrifero, procedendo dalla confluenza del fosso di Passerano con
l’Aniene, in senso orario, passa per contrada Quarto di Corzano (m. 100 s.l.m.), Colle degli
Zecchini (m. 120 s.l.m.), Colle di Acquatraversa (m. 168 s.l.m.), Colle Pallone (m. 280 s.l.m.), Colle
della Castagna (m. 393 s.l.m.), Colle della Mola (m. 640 s.l.m.), paese di Rocca Priora (m. 768
s.l.m.), contrada Campo Gilllaro (m. 300 s.l.m.), Colle del Brigante (m. 200 s.l.m.), Colle di
Sassobello (m. 150 s.l.m.), Colle Castiglione (m. 95 s.l.m.) e Quarto di Saponara (m. 70 s.l.m.).
All’interno del bacino si elevano Colle Capo Rosso (m. 600 s.l.m.), Colle Romano (m. 530
s.l.m.), M. dell’Orso (m. 518 s.l.m.) e M. Massimo (m. 248 s.l.m.).
La superficie del bacino imbrifero del fosso di Passerano è di 36.6 kmq; la sua altitudine
media è di m. 277 s.l.m.; il suo fattore di forma è 3,7.
La lunghezza d’asta del fosso è di 22.5 km e la sua pendenza media è dell’1,2%.
Il 20% della superficie del bacino è coperto da bosco, il 10% è lasciato a pascolo ed il
rimanente è coltivato a seminativo.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Figura 7 – Bacino del Fosso di Passerano
3.4.6 Bacino della Marrana della Caffarella
Il bacino è drenato dalla marrana della Cafffarella e dalla marrana dell’Acqua Marciana che
dalle pendici dell’apparato vulcanico dei Colli Albani, a circa m. 400 s.l.m., giunge fino alla periferia
di Roma, a circa m. 18 s.l.m., ad una distanza di circa 2 km dal fiume Tevere.
Il bacino imbrifero ha forma molto allungata in direzione sud est - nord ovest.
La sua lunghezza è di 22 km e la sua larghezza massima è di 4 km.
Esso occupa una regione collinare con versanti mediamente acclivi o acclivi nell’alto
bacino, ed una regione bassa dolcemente ondulata nel basso bacino.
Il bacino comprende i sobborghi meridionali, Quadraro e Cinecittà della città di Roma, le
borgate Capannelle, Morena ed i paesi di Ciampino e di Marino (Figura 8).
Il limite del bacino, procedendo dalla sezione più a valle, in senso orario, passa per Tor
Pignattara, Cinecittà, Morena, Colle Oliva (m. 171 s.l.m.), Colle Formagrotta (m. 368 s.l.m.), paese
di Rocca di Papa, M. Cavo (m. 949 s.l.m.), il crinale settentrionale delle colline che circondano il
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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lago di Albano, M. Crescenzio (m. 274 s.l.m.), Torre Appia (m. 101 s.l.m.); raggiunge la via Appia
Antica e segue il suo tracciato dalle Capannelle a Roma.
Figura 8 – Bacino della marrana della Caffarella
La superficie del bacino è di 54 kmq; la sua altitudine media è di m. 165 s.l.m.; il suo fattore
di forma è 2,8; la lunghezza d’asta del fosso è di 21 km e la sua pendenza media è del 4,8%.
Il 10% della superficie del bacino è coperto da bosco ed il rimanente, a parte le aree
urbanizzate, è coltivato a vigneto ed a seminativo.
Il bacino della marrana della Caffarella si estende dalla periferia meridionale di Roma sino
alla vetta dell’apparato vulcanico dei Colli Albani (M. Cavo).
3.4.7 Bacino del Fosso di Vallerano
Il bacino è drenato dal fosso di Vallerano, affluente di sinistra del Tevere la cui confluenza è
a circa m. 7 s.l.m. e che convoglia le acque che scendono dalle pendici occidentali dell’apparato
vulcanico dei Colli Albani.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Il fosso di Vallerano ha inizio presso Castel Gandolfo, a circa m, 350 s.l.m., con il nome di
fosso della Torre.
Esso scende a valle nell’insieme verso nord ovest, ricevendo numerosi affluenti che hanno
anch’essi direzione verso nord ovest; il più importante è il fosso della Cecchignola che si
congiunge al fosso di Vallerano quasi alla confluenza con il Tevere.
Il bacino imbrifero del fosso di Vallerano ha forma allungata da sud est a nord ovest (Figura
9).
La sua lunghezza è di 23 km e la sua larghezza massima è di 7 km.
Il bacino si estende su una regione collinare con versanti mediamente acclivi, per quanto
riguarda l’alto bacino, e su una regione sempre a quote più basse e dolcemente ondulata per
quanto riguarda la restante parte.
Entro il bacino ricade il quartiere dell’EUR di Roma ed i centri abitati della Cecchignola, di
Castel di Leva, Falcognana, Quarto Cesareto ed il paese di Castel Gandolfo.
Il limite del bacino imbrifero, procedendo dalla confluenza con il Tevere in senso orario,
passa per il quartiere EUR di Roma, per la tenuta delle Tre Fontane, per la scuola Agraria, per la
tenuta Torricola (m. 80 s.l.m.); attraversa poi la via Appia Nuova presso il km 17.700, raggiunge M.
Crescenzio (m. 274 s.l.m.), il paese di Castel Gandolfo, il centro abitato di Quarto Cesareto (m.
200 s.l.m.), la tenuta de La Falcognana (m. 130 s.l.m.), la tenuta della Mandriola (m. 80 s.l.m.), la
tenuta della Selcetta (m. 60 s.l.m.) e la contrada Monti della Cresta (m. 50 s.l.m.).
La superficie del fosso di Vallerano è di 99 kmq; la sua altitudine media è di m. 106 s.l.m.
ed il suo fattore di forma è 2,3.
La lunghezza d’asta del fosso è di 23 km e la sua pendenza media è del’1,5% circa.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Figura 9 – Bacino del Fosso di Vallerano
Oltre il 10% della superficie del bacino è urbanizzato; il 10% è lasciato a pascolo ed il
rimanente è coltivato a vigneto ed a seminativo.
Il bacino del fosso di Vallerano è stato suddiviso in due sottobacini: il bacino del fosso di
Vallerano ed il bacino del fosso della Cecchignola.
3.4.7.1 Sottobacino: dall’origine alla confluenza con il fosso della Cecchignola
Il bacino è drenato dal fosso di Vallerano nel tratto dall’inizio fino alla confluenza con il
fosso della Cecchignola, a circa m. 10 s.l.m..
Il fosso di Vallerano ha inizio a valle, ad ovest del paese di Castelgandolfo, a circa m. 350
s.l.m., con il nome di fosso della Torre.
Esso scende a valle, dapprima verso ovest e poi verso nord ovest, assumendo
successivamente i nomi di fosso di Rio Petroso e poi di fosso di Vallerano.
Nel suo corso riceve come affluenti, in sinistra, il fosso dei Preti, con confluenza a m. 115
s.l.m., ed il fosso della Mola, con confluenza a m. 90 s.l.m.; in destra il fosso di Montelungo, con
confluenza a m. 132 s.l.m., il fosso della Castelluccia, con confluenza a m. 40 s.l.m. ed il fosso
dell’Acquacetosa, con confluenza a m. 12 s.l.m..
I suddetti affluenti di destra sono i più importanti e scendono anch’essi dalle pendici
dell’apparato vulcanico dei Colli Albani con corsi grosso modo paralleli a quello del fosso di
Vallerano.
Il bacino imbrifero del fosso di Valllerano ha forma allungata in direzione sud est - nord
ovest.
La sua lunghezza è di circa 23 km e la sua larghezza massima è di 5 km.
L’alto bacino si estende su una regione collinare con versanti mediamente acclivi; il medio
e basso bacino occupano una regione ad altitudine decrescente verso valle e dolcemente
ondulata.
Il limite del bacino imbrifero, procedendo dalla sezione più a valle, in senso orario, passa
per l’EUR, Casale di Tor Pagnotta (m. 68 s.l.m.), Casale Smeraldo (m. 77 s.l.m.), tenuta
Cornacchiole (m. 100 s.l.m.), centro abitato de Le Frattocchie, M. Crescenzio (m. 274 s.l.m.),
paese di Castelgandolfo, centro abitato di Quarto Cesareto (m. 200 s.l.m.), tenuta La Falcognana
(m. 130 s.l.m.), tenuta della Madriola (m. 80 s.l.m.), tenuta della Selcetta (m. 60 s.l.m.) e contrada
Monti della Creta (m. 50 s.l.m.).
La superficie di questo sottobacino è di 67 kmq; la sua altitudine media è di m. 113 s.l.m.
ed il suo fattore di forma è 2,9.
La lunghezza d’asta del fosso è di 23 km e la sua pendenza media e dell’1%.
Oltre il 5% dell’area del bacino è urbanizzato; il 15% è lasciato a pascolo ed il rimanente è
coltivato a vigneti e seminativo.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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3.4.7.2 Sottobacino: bacino del fosso della Cecchignola
Il bacino è drenato dal fosso della Cecchignola, affluente di destra del fosso di Vallerano,
con confluenza a m. 10 s.l.m..
Il fosso della Cecchignola ha inizio sulle pendici occidentali dell’apparato vulcanico dei Colli
Albani, nei pressi del Fontanile dei Monaci (m. 165 s.l.m.), con il nome di fosso di Fiorano.
Esso scende a valle, verso nord ovest, assumendo successivamente il nome di fosso delle
Cornacchiole e poi di fosso della Cecchignola.
Nell’intero suo corso riceve come affluente importante, in sinistra soltanto il fosso di Tor
Pagnotta, con confluenza a m. 46 s.l.m..
Il bacino imbrifero del fosso della Cecchignola ha forma alllungata in direzione sud est nord ovest; la sua lunghezza è di 18 km e la sua larghezza massima è di 3 km.
L’alto bacino si estende su una regione collinare con versanti mediamente acclivi; il medio
ed il basso bacino si estendono su una regione ad altitudine decrescente verso valle e dolcemente
ondulata.
Il limite del bacino imbrifero, procedendo dalla confluenza con il fosso di Vallerano, in senso
orario, passa per il quartiere EUR di Roma, per la tenuta delle Tre Fontane, per la scuola Agraria,
per la tenuta di Torricola, attraversa la via Appia Nuova presso il km 17.700, raggiunge poi M.
Crescenzio (m. 274 s.l.m.), passa per i centri abitati de Le Frattocchie e di S. Maria delle Mole, per
la tenuta Cornacchiole, per il Casale Smeraldo (m. 77 s.l.m.) e per il Casale di Tor Pagnotta (m. 68
s.l.m.).
All’interno del bacino rientra la Cecchignola, quartiere di Roma.
La superficie di questo bacino è di 32 kmq; la sua altitudine media è di m. 89 s.l.m. ed il suo
fattore di forma e 3,8.
La lunghezza d’asta del fosso è di km 21,5 e la sua pendenza media è dello 0,7%.
Il 15% della superficie del bacino è urbanizzato, il 5% è lasciato a pascolo ed il rimanente è
coltivato a vigneto ed a seminativo.
3.4.8 Bacino del Fosso di Spinaceto
Il bacino è drenato dal fosso di Spinaceto, affluente di sinistra del Tevere, con confluenza a
m. 6 s.l.m..
Il fosso ha inizio nella tenuta della Perna, a m. 55 s.l.m., e scende a valle, nell’insieme
verso nord ovest ricevendo alcuni piccoli affluenti.
Il bacino imbrifero del fosso di Spinaceto ha forma allungata in direzione sud est - nord
ovest (Figura 10).
La sua lunghezza è di 5 km e la sua larghezza massima è di 2,5 km.
Esso occupa una zona pianeggiante, dolcemente ondulata, con quote massime che non
superano i m. 60 s.l.m..
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Il limite del bacino imbrifero, procedendo dalla confluenza con il Tevere, in senso orario,
passa per la tenuta di Spinaceto (m. 51 s.l.m.), per la tenuta Acquacetosa (m. 54 s.l.m.), per la
tenuta della Selcetta (m. 60 s.l.m.), per la tenuta della Perna (m. 60 s.l.m.), per Tor de’ Cenci (m.
50 s.l.m.) e per R.va Quartaccio (m. 51 s.l.m.).
La superficie del bacino imbrifero è di 8,4 kmq; la sua altitudine media e di m. 38,50 s.l.m.
ed il suo fattore di forma è 1,8.
La lunghezza d’asta del fosso è di 5,3 km e la sua pendenza media è dell’1% circa.
Il 30% della superficie del bacino è lasciato a pascolo ed il rimanente è coltivato a
seminativo.
Figura 10 – Bacino del Fosso di Spinaceto
3.4.9 Bacino del Fosso di Malafede
Il bacino è drenato dal fosso di Malafede, affluente di sinistra del Tevere, con confluenza a
m. 5 s.l.m..
Il fosso ha inizio sulle pendici occidentali dell’apparato vulcanico dei Colli Albani, a m. 180
s.l.m., a nord di Colle Lilli, con il nome di fosso di Paglian Casale.
Il fosso scende a valle verso ovest e poi verso nord ovest assumendo prima il nome di
fosso dei Radicelli e poi quello di fosso di Malafede.
Nel suo corso riceve numerosi affluenti.
I più importanti sono: in destra il fosso dello Schizanelllo, con confluenza a m. 55 s.l.m., il
fosso della Torretta con confluenza a m. 22 s.l.m., ed il fosso di Perna, con confluenza a m. 17
s.l.m.; in sinistra il fosso di Trigoria, con confluenza a m. 20 s.l.m., ed il fosso di Val dell’Oro, con
confluenza a m. 15 s.l.m..
Il bacino imbrifero del fosso di Malafede ha forma irregolare allungata in direzione est sud
est - ovest nord ovest (Figura 11).
La sua lunghezza è di 22 km e la sua larghezza massima è di 8 km.
L’alto bacino si estende su una regione collinare con versanti mediamente acclivi, mentre il
medio ed il basso bacino occupano una regione ad altitudine decrescente verso valle e
dolcemente ondulata.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Il limite del bacino imbrifero, procedendo dalla confluenza con il Tevere, in senso orario,
passa per Tor de’ Cenci (m. 50 s.l.m.), per la tenuta della Selcetta (m. 60 s.l.m.), per il casale di
Rio Petroso (m. 76 s.l.m.), per la tenuta di Falcognana (m. 130 s.l.m.), per il centro abitato di
Quarto Cesareto (m. 200 s.l.m.), per Colle Lilli (m. 217 s.l.m.), per la tenuta di Torre Tignosa (m.
120 s.l.m.), per la tenuta Petronella (m. 100 s.l.m.), per il Quartaccio (m. 90 s.l.m.), per la Macchia
di Spinaceto (m. 70 s.l.m.) e per i Colli del Casale (m. 50 s.l.m.).
La superficie del bacino è di 104 kmq; la sua altitudine media è di m. 83 s.l.m. ed il suo
fattore di forma è 2,3.
La lunghezza d’asta del fosso è di 23,8 km e la sua pendenza media è dello 0,8%.
Il 20% della superficie del bacino è coperto da bosco, il 25% è lasciato a pascolo ed il
rimanente è coltivato a vigneto ed a seminativo.
Figura 11 - Bacino del Fosso di Malafede
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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4.
IL PAI NEL QUADRO DELLA PIANIFICAZIONE DI BACINO
Il Piano stralcio per l'assetto idrogeologico è redatto ai sensi e per gli effetti della legge n.
183/1989 e del decreto legge n. 180/1998, convertito nella legge n. 267/1998, della legge
365/2000.
Il Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico per il bacino del fiume Tevere, di seguito
denominato P.A.I., si configura in particolare come stralcio funzionale del Piano di bacino, la cui
prima elaborazione nella forma di progetto di piano è stata adottata con delibera del Comitato
Istituzionale n. 80 del 28 settembre 1999.
Il P.A.I. recepisce i contenuti:
•
del 1° stralcio funzionale del piano di bacino "Aree soggette a rischio di esondazione nel
tratto del Tevere compreso tra Orte e Castel Giubileo", approvato con DPCM del 3
settembre 1998,denominato PS1, mantenendone la validità in considerazione della
specificità del pericolo idraulico cui è soggetta la città di Roma;
•
del Piano straordinario, redatto ai sensi del decreto-legge n. 132/99, convertito nella
legge n.226/99, approvato con delibera del Comitato Istituzionale n. 85 del 29 ottobre
1999, denominato PST;
•
delle modifiche approvate con Decreti Segretariati emanati ai sensi dell’art.4 delle
Norme Tecniche di Attuazione del citato PST.
Il Piano è stato adottato in II adozione con delibera n. 114 del 5 Aprile 2006 del Comitato
Istituzionale dell’Autorità di Bacino del fiume Tevere, dopo aver superato la prevista fase delle
“Osservazioni al Piano” anche ad esito delle Conferenze Programmatiche Regionali.
L'area del bacino del fiume Tevere è sede di processi geomorfologici attivi che continuamente
modellano le forme del paesaggio e condizionano la dinamica fluviale.
L'evoluzione dei processi geologici di lungo periodo e l'interazione degli stessi con l'azione
modellatrice delle acque dilavanti produce trasformazioni del territorio apprezzabili anche su scale
temporali ristrette, di ordine storico, ove è possibile identificare eventi che scandiscono la naturale
evoluzione del bacino.
L'antropizzazione del territorio, nei suoi aspetti insediativi ed infrastrutturali, ha assunto solo
negli ultimi decenni del secolo scorso il carattere di forte espansione in ambienti ad elevata
pericolosità idrogeologica, ritenuti apparentemente sicuri e stabili.
L'interazione tra aree antropizzate ed eventi estremi, in un ambiente caratterizzato da
evoluzione geomorfologica dell'alveo e dei versanti, genera situazioni di rischio, a carattere locale
o esteso, che possono risolversi in eventi distruttivi o in danni economici, annoverabili tra le
cosiddette calamità naturali.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Obiettivo del presente piano stralcio è la ricerca di un assetto che, salvaguardando le attese di
sviluppo economico, minimizzi il danno connesso ai rischi idrogeologici e costituisca un quadro di
conoscenze e di regole atte a dare sicurezza alle popolazioni, agli insediamenti, alle infrastrutture
ed in generale agli investimenti nei territori che insistono sul bacino del fiume Tevere.
In quanto premessa alle scelte di pianificazione in senso lato, il piano stralcio individua i
meccanismi di azione, l'intensità e la localizzazione dei processi estremi, la loro interazione con il
territorio e quindi in definitiva la caratterizzazione di quest'ultimo in termini di pericolosità e di
rischio.
Tutto il portato normativo, a cominciare dalla legge n. 225/1992 (con l'introduzione dei termini di
rischio, di area a rischio, di previsione e di prevenzione) fino alla legge n. 365/2000 (con la
partecipazione attiva dei Comuni nel processo di continuo aggiornamento della conoscenza del
rischio), indica, ribadisce e conferma quale strumento tecnico-amministrativo di base la prioritaria
attività di "individuazione e perimetrazione delle aree a rischio" per la corretta localizzazione delle
ipotesi di sviluppo, nella convinzione che occorra raggiungere una stabilizzazione a livelli minimi
accettabili tra l'uso del territorio e la presenza del rischio idrogeologico.
Obbiettivo condiviso del Piano è quello di avviare un processo iterativo tra l’Autorità di Bacino
del fiume Tevere e gli enti territoriali competenti che renda possibile un aggiornamento “dinamico”
del quadro del rischio in relazione alle future segnalazioni e richieste di mitigazione del rischio
dovute ai continui mutamenti idrogeologici del territorio e/o alle nuove acquisibili conoscenze.
4.4.1 Pericolosità e tempi di ritorno
Ai fini delle determinazioni del Piano stralcio per l‘Assetto Idrogeologico (P.A.I.), con il
termine “pericolosità“ s‘intende la probabilità di verificarsi, in un qualsiasi anno, di un certo evento
meteorico causa di calamità naturale in un determinato luogo.
Nel caso specifico dei fenomeni alluvionali, a differenza di quanto accade per altri eventi
calamitosi quali frane, sismi, eruzioni vulcaniche, tsunami etc., la misura della previsione, che
rappresenta l‘espressione in termini quantitativi del grado di fiducia che attribuiamo alla possibilità
di verificarsi di un determinato evento, può essere formulata su base statistica, facendo riferimento
agli eventi verificatisi in passato ed assumendo questi come successive ripetizioni del medesimo
fenomeno, ovverosia come un campione estratto dalla stessa popolazione a cui appartengono
anche gli eventi calamitosi futuri.
Queste ipotesi, effettuati i necessari controlli di indipendenza stocastica degli eventi
registrati, della loro omogeneità, di assenza di trend evolutivo e di consistenza della serie
temporale di cui si dispone, consente il calcolo della probabilità di superamento di un determinato
valore di soglia rappresentativo dell‘intensità dell‘evento calamitoso.
Ciò è consentito tanto nel caso in cui si abbia interpretato la serie storica con una
distribuzione matematica di probabilità che ne regolarizzi in modo continuo l‘andamento, quanto
nel caso in cui ci si sia limitati ad un semplice ordinamento dei dati.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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L‘elemento
numerico
che
oramai
viene
comunemente
utilizzato
per
valutare
quantitativamente la previsione sul verificarsi di un certo evento è il suo tempo di ritorno “ Tr “, che
si definisce come l‘intervallo di tempo, generalmente misurato in anni, che mediamente intercorre
tra due ripetizioni successive dell‘evento stesso.
Da una serie storica ordinata di dati annuali, il Tr si calcola dividendo il numero totale di dati
“ N “ per il numero di dati “ n “ che superano o al più uguagliano il valore - soglia della grandezza
fisica che misura l‘intensità dell‘evento stesso (altezza idrometrica, portata, altezza pluviometrica,
etc.), quindi : Tr = N / n.
Analogamente, da una distribuzione matematica di probabilità, assumendo la probabilità
sostanzialmente equivalente alla frequenza statistica, il Tr di un certo dato annuale si calcola con:
Tr = 1/P essendo “ P “ la probabilità di superamento del valore - soglia rappresentativo
dell‘intensità dell‘evento.
Viceversa, noto il tempo di ritorno di un dato evento è sempre valutabile, in presenza o no
di una distribuzione di probabilità, la probabilità P = 1/Tr di superamento dell‘evento dato.
Com‘è noto tuttavia, il termine Tr dà una valutazione solamente media della rarità di un
certo evento e conseguentemente della sua intensità: infatti, allo stesso valore di Tr = N / n si può
giungere sia nel caso in cui gli n eventi di superamento si siano verificati in anni tra loro intervallati
da un tempo di Tr anni, sia che si siano realizzati di seguito ogni anno, per n anni, in un qualsiasi
periodo della serie storica lunga N anni.
Per tale motivo, nella pratica ingegneristica, viene utilizzato accanto al Tr, che comunque
da un‘idea della rarità dell‘evento, un altro elemento di valutazione “P*“, che esprime la probabilità,
in un ben definito orizzonte temporale “ V “, generalmente assunto come la vita naturale dell‘opera
da realizzare, che si verifichi almeno una volta un superamento dell‘evento scelto come evento di
progetto; tale valore è dato dall‘espressione:
P* = 1 – ( 1 – 1 / Tr )V
in cui Tr è il tempo di ritorno dell‘evento di progetto e V è il numero di anni di vita dell‘opera.
È importante rammentare che per: V = Tr, P*≅ 0,63; in altri termini, la probabilità che si
verifichi almeno una volta il superamento dell‘evento di progetto avente tempo di ritorno Tr, in un
arco di tempo proprio pari a Tr anni, è = 63% , che manifesta un‘elevata possibilità di realizzarsi di
tale superamento.
Per maggiore chiarezza sono riportati di seguito una tabella dei valori consigliati del Tr degli
eventi di progetto da scegliere per il dimensionamento di alcune opere ed una serie di curve che
rappresentano il legame P* ÷ Tr per diversi valori di V.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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4.4.2 Il concetto di rischio assunto dal PAI
La definizione del rischio fa riferimento alla nota relazione di Varnes:
R =P x V x K
in cui
R: rischio espresso in termini di danno atteso riferito al costo sociale, di recupero e
ristrutturazione dei beni materiali danneggiati dall'agente calamitoso;
P: pericolosità ovvero probabilità di accadimento dell'evento di una certa intensità;
V: valore esposto, quale identificazione del valore sociale, economico, di persone, beni ed
infrastrutture che ricadono nell'area soggetta al fenomeno
K: vulnerabilità, quale percentuale del valore esposto che andrà perduto nel corso
dell'evento.
Tuttavia, lo stesso DPCM 29 settembre 1998 (Atto di indirizzo e coordinamento in
attuazione del D.L.180/98) al punto 2.1 ”Criteri generali”, si riferisce alla formula di Varnes
specificando che si dovrà far riferimento ad essa solo per la individuazione dei fattori che
determinano il rischio senza porsi come obiettivo quello di giungere ad una valutazione di tipo
strettamente quantitativo.
Il DPCM definisce le seguenti quattro classi di rischio:
•
R4 rischio molto elevato per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni
gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio
ambientale, la distruzione di attività socio-economiche;
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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•
R3 rischio elevato per il quale sono possibili problemi per l'incolumità delle persone,
danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli
stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socioeconomiche e danni rilevanti
al patrimonio ambientale;
•
R2 rischio medio per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture
e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l'incolumità del personale,
l'agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche;
•
R1 rischio moderato per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio
ambientale sono marginali.
L'analisi del rischio su tutto il territorio non può che avvenire partendo dall’utilizzo della
relazione di Varnes (R =P x V x K) che, attraverso la metodologia di seguito esposta potrà essere
interpretata sulla base del quadro conoscitivo complesso ed articolato oggi disponibile presso
l’Autorità di bacino.
I fattori contenuti nella relazione sono parametrizzabili e possono assumere proporzioni
differenti producendo contemporaneamente il medesimo risultato di livello di rischio elevato.
Il concetto di probabilità, è definibile come una funzione dal tempo di ritorno P=1/ Tr.
Le simulazioni di propagazione della piena sono state condotte secondo tre diversi tempi di
ritorno assegnati a cui corrispondono diverse portate:
•
Tr = 50
•
Tr = 200
•
Tr = 500
I tempi di ritorno e le portate stimate si assumono come valori convenzionali ed oggettivi
tramite i quali si simulano gli eventi ed i risultati della modellazione idraulica definiscono la
pericolosità su un‘area indipendentemente dalle sue destinazioni d‘uso.
Il valore del bene esposto dipende da numerosi parametri che, considerati nella loro
globalità, lo esprimono quantitativamente.
La vulnerabilità di un bene dipende dalla sua capacità di resistere all’evento calamitoso in
relazione all’intensità di quello specifico evento.
Per valutare quantitativamente la vulnerabilità è necessario dunque conoscere le
caratteristiche strutturali, costruttive ed il livello di efficienza del bene nonché le caratteristiche
dell’evento calamitoso ad esempio attraverso la velocità di propagazione dell’onda di piena oppure
mediante l’altezza che raggiunge il tirante idrico in relazione ai diversi tempi di ritorno ed alla
modellazione dei suoli.
Il concetto di vulnerabilità di un bene come sopra definito, è estremamente puntuale e
dipende da valori che, per la grande articolazione dei beni esposti individuata non sono
determinabili se non in modo ipotetico; esso non è pertanto applicabile compiutamente alla scala
dell’intero bacino idrografico.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Ma nella impossibilità di valutare significativamente in termini economici tutte le diverse
tipologie di beni esposti distribuiti all’interno delle fasce di esondazione nonché la loro vulnerabilità,
il PAI ha assunto come elemento di valutazione del valore del bene e della sua vulnerabilità, la
possibilità di perdita di vite umane in relazione alle specifiche destinazioni d’uso dei beni distribuiti
sul territorio; la valutazione si articola in quattro gradi di sensibilità:
Sensibilità:
1. molto elevata ME
2. elevata E
3. media M
4. bassa B
La lettura degli usi del suolo effettuata attraverso l’interpretazione delle ortofoto digitali e la
composizione del quadro della pianificazione comunale hanno consentito l’individuazione delle
diverse tipologie di beni esposti.
4.4.3 Le aree a rischio idraulico: classificazione delle aree R4,R3,R2,R1
Da quanto detto appare necessario reinterpretare la formula di Varnes modulandone i
fattori secondo la base conoscitiva prodotta dall’Autorità di Bacino.
A questo fine è stata condotta una analisi che, realizzata attraverso l‘ausilio di procedure
GIS, ha condotto ad una prima valutazione del rischio secondo procedure automatiche di
associazione della pericolosità con il grado di sensibilità all‘interno delle fasce esondabili alla scala
dell‘intero bacino.
Il rischio R è stato ridefinito sulla base dei due fattori sensibilità e probabilità che, pur non
corrispondenti all‘espressione della vulnerabilità secondo la formula di Varnes, ne interpretano il
valore secondo la base conoscitiva disponibile.
Infatti, nel caso del reticolo idrografico principale la conoscenza delle destinazioni d‘uso dei
suoli, così come la dettagliata lettura della strumentazione urbanistica comunale, consentono uno
definizione puntuale del rischio in relazione all‘esondabilità definita attraverso i modelli di
simulazione per i tre tempi ritorno significativi di 50, 200 e 500 anni.
In questo senso il metodo applicato è congruente con quanto riportato al punto 2.1 “Criteri
generali” dell'Atto di indirizzo e coordinamento.
In merito alla tipologia dei beni che prioritariamente devono essere considerati ai fini del
rischio si segnalano:
•
gli agglomerati urbani comprese le zone di espansione urbanistica;
•
le aree s cui insistono insediamenti produttivi, impianti tecnologici di rilievo, in
particolare quelli definiti a rischio ai sensi di legge;
•
le infrastrutture a rete e le vie di comunicazione di rilevanza strategica anche a
livello locale;
•
il patrimonio ambientale e i beni culturali di interesse rilevante;
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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•
le aree sede di servizi pubblici e privati, di impianti sportivi e ricreativi, strutture
ricettive ed infrastrutture primarie.
La delimitazione delle aree soggette a rischio d‘inondazione ottenuta con l‘attività di
simulazione idraulica ha classificato il territorio adiacente le aste del reticolo principale in funzione
della maggiore o minore probabilità di risultare inondate a seguito di eventi di piena.
L‘intersezione della copertura dell‘uso del suolo con il livello informativo precedentemente
generato, ha consentito di attribuire ad ogni bene esposto una classe di rischio in relazione al suo
specifico uso ed al valore della pericolosità che lo caratterizza.
• I beni esposti a rischio R4 ricadono nella fascia di esondazione contraddistinta dalla
maggiore pericolosità, Tr 50, e sono caratterizzati da una sensibilità molto elevata.
• I beni esposti a rischio R3 sono caratterizzati, come quelli esposti a rischio R4, da
sensibilità molto elevate in relazione alla loro specifica destinazione d‘uso, ma sono inclusi
all‘interno della fascia di esondazione compresa tra la Tr 50 e la Tr 200 o ricadono in aree
marginali o di esondazione indiretta
• I beni esposti a rischio R2 possono essere contraddistinti anche da molto elevate o
elevate sensibilità in relazione alla loro destinazione d‘uso ma sono incluse all‘interno della fascia
di esondazione tra la Tr 200 e la Tr 500 oppure in aree esondabili indirette per la piena con Tr 200
o marginali
• I beni esposti a rischio R1 sono contraddistinti da bassa sensibilità poichè si tratta di
beni che per la loro specifica destinazione d‘uso possono comportare basse possibilità di perdita di
vite umane oppure sono contraddistinti da bassa pericolosità perché ricadenti all‘interno di aree di
esondazione con elevato tempo di ritorno; in questi casi il rischio è considerato coincidente con la
pericolosità.
4.4.4 L‘assetto delle regioni fluviali: la delimitazione delle fasce
L‘attività di individuazione e perimetrazione delle aree soggette al rischio di inondazione ha
fornito l‘individuazione diversificata delle soglie di rischio presenti sul territorio esaminato.
Conformemente alle disposizioni dell‘Atto di indirizzo e coordinamento, vengono proposte
azioni volte alla mitigazione del rischio presente che si concretizzano in interventi strutturali di
difesa idraulica, disposizioni tecnico – normative che disciplinano l‘uso delle aree a rischio,
delocalizzazioni.
Per quanto riguarda invece quelle aree, attualmente libere da insediamenti antropici, ma
suscettibili di trasformazioni che comportano l‘esposizione al rischio idraulico o che possono
modificare sensibilmente l‘estensione delle aree esondabili, si rende necessaria la definizione di
una proposta di assetto generale del territorio che garantisca la compatibilità dello sviluppo socioeconomico con le caratteristiche naturali delle dinamiche fluviali.
A tal fine sono individuate sul territorio tre fasce in cui la disciplina delle attività di
trasformazione del suolo è volta al raggiungimento degli obiettivi di assetto
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Fascia A – obiettivi di assetto
•
Garantire il libero deflusso della piena di riferimento Tr 50 anni;
•
Consentire la libera divagazione dell‘alveo inciso assecondando la naturalità delle
dinamiche fluviali;
•
Garantire la tutela ed il recupero delle componeni naturali dell‘alveo funzionali al
contenimento di fenomeni di dissesto (vegetazione ripariale, morfologia).
Così come individuata la fascia A è caratterizzata dalla massima pericolosità ed è definita
dal limite delle aree di esondazione diretta della piena di riferimento con Tr 50.
Per la sua vicinanza al corso d‘acqua, per le evidenti interconnessioni di tipo idraulico e per
la presenza di habitat faunistici e vegetazionali tipici dell‘ecosistema fluviale, la fascia A è
considerata di pertinenza fluviale.
Il PAI prevede per la fascia A la possibilità di libere divagazioni del corso d‘acqua e del
libero deflusso delle acque della piena di riferimento; in questo senso ulteriori insediamenti,
rispetto a quelli già esistenti e perimetrati come aree a rischio, non sono considerati compatibili con
gli obiettivi di assetto della fascia.
Nella fascia A sono ammessi esclusivamente:
a) gli interventi edilizi di demolizione senza ricostruzione;
b) gli interventi edilizi sugli edifici, sulle infrastrutture sia a rete che puntuali e sulle
attrezzature esistenti, sia private che pubbliche o di pubblica utilità, di manutenzione
ordinaria, straordinaria, restauro, risanamento conservativo e di ristrutturazione
edilizia, così come definiti alle lettere a), b), c) e d) dell’art.3 del DPR 380/2001 e
s.m.i., nonché le opere interne agli edifici, ivi compresi gli interventi necessari
all’adeguamento
alla
normativa
antisismica,
alla
prevenzione
sismica,
all’abbattimento delle barriere architettoniche ed al rispetto delle norme in materia di
sicurezza ed igiene sul lavoro, nonché al miglioramento delle condizioni igienicosanitarie, funzionali, abitative e produttive. Gli interventi di cui sopra possono
comportare modifica delle destinazioni d’uso senza incremento del carico
urbanistico, aumento di volume ma non della superficie di sedime ad eccezione
delle opere necessarie per l’abbattimento delle barriere architettoniche e degli
adeguamenti impiantistici e tecnologici in adempimento alle norme in materia di
sicurezza e risparmio energetico; tali interventi devono essere realizzati in
condizioni di sicurezza idraulica senza modifica delle condizioni di deflusso della
piena previo parere dell’autorità idraulica competente;
c) gli interventi volti alla messa in sicurezza delle aree e degli edifici esposti al rischio a
condizione che tali interventi non pregiudichino le condizioni di sicurezza idraulica a
monte e a valle dell'area oggetto di intervento;
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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d) gli interventi necessari a ridurre la vulnerabilità degli edifici, delle infrastrutture e
delle attrezzature esistenti ed a migliorare la tutela della pubblica incolumità senza
aumento di superficie e di volume;
e) gli interventi di ampliamento di opere pubbliche o di pubblico interesse, riferiti a
servizi essenziali e non delocalizzabili, nonché di realizzazione di nuove
infrastrutture lineari e/o a rete non altrimenti localizzabili, compresa la realizzazione
di manufatti funzionalmente connessi e comunque ricompresi all’interno dell’area di
pertinenza della stessa opera pubblica. E’ consentita altresì la realizzazione di
attrezzature ed impianti sportivi e ricreativi all’aperto con possibilità di realizzazione
di modesti manufatti accessori a servizio degli stessi. Tali interventi sono consentiti
a condizione che tali interventi non costituiscano significativo ostacolo al libero
deflusso e/o significativa riduzione dell'attuale capacità d’invaso, non costituiscano
impedimento alla realizzazione di interventi di attenuazione e/o eliminazione delle
condizioni di rischio e siano coerenti con la pianificazione degli interventi di
protezione civile e sono subordinati all’autorizzazione dell’autorità idraulica
competente;
f) gli interventi per reti ed impianti tecnologici, per sistemazioni di aree esterne,
recinzioni ed accessori pertinenziali di arredo agli edifici, alle infrastrutture ed alle
attrezzature esistenti, purché non comportino la realizzazione di nuove volumetrie,
alle condizioni di cui alla lettera e) e previo parere dell’autorità idraulica competente;
g) la realizzazione di manufatti di modeste dimensione al servizio di edifici,
infrastrutture, attrezzature e attività esistenti, realizzati in condizioni di sicurezza
idraulica e senza incremento dell'attuale livello di rischio e previo parere dell’autorità
idraulica competente;
h) le pratiche per la corretta attività agraria con esclusione di ogni intervento che
comporti modifica della morfologia del territorio;
i)
interventi volti alla bonifica dei siti inquinati, ai recuperi ambientali ed in generale alla
ricostituzione degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione dei fattori di
interferenza antropica;
j)
le occupazioni temporanee, a condizione che non riducano la capacità di portata
dell'alveo, realizzate in modo da non arrecare danno o da risultare di pregiudizio per
la pubblica incolumità in caso di piena;
k) gli interventi di manutenzione idraulica come definiti nell’allegato “Linee guida per
l’individuazione e la definizione degli interventi di manutenzione delle opere
idrauliche e di mantenimento dell’officiosità idraulica della rete idrografica”;
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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l)
gli edifici e i manufatti finalizzati alla conduzione delle aziende agricole, purché
realizzate in condizioni di sicurezza idraulica e senza incremento dell’attuale livello
di rischio;
m) gli interventi di difesa idraulica così come disciplinati dall’art. 33;
n) l'attività estrattiva nei limiti previsti dall’articolo 34;
o) gli interventi e le attività connessi alla navigazione nei tratti classificati, purché
ricompresi in piani di settore o regionali, ed a condizione che non costituiscano fonte
di trasporto per galleggiamento di mezzi o materiali durante la piena.
Fascia B – obiettivi di assetto
•
Garantire il mantenimento delle aree di espansione naturale della piena;
•
Controllare la pressione antropica;
•
Garantire il recupero e la tutela del patrimonio storico – ambientale
La fascia B è in primo luogo compresa tra il limite delle aree di esondazione diretta ed
indiretta delle piene con Tr 50 e Tr 200.
Detta delimitazione però non è comprensiva di tutte le casistiche analizzate dal Piano.
In essa sono infatti incluse le aree di esondazione indiretta e le aree marginali della piena
con Tr 50.
Poiché uno degli obiettivi di assetto della fascia B è quello della conservazione delle
capacità di invaso, le aree di esondazione indiretta della piena con Tr 200 vi sono incluse.
Il PAI riconosce a queste aree la necessità di conservazione della capacità di laminazione
della piena e individua criteri ed indirizzi per la compatibilità delle attività antropiche.
Nella fascia B, sono ammessi:
a) tutti gli interventi consentiti in fascia A di cui all’art. 28;
b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica sugli edifici, sulle infrastrutture sia a rete
che puntuali e sulle attrezzature esistenti e relative aree di pertinenza, sia private
che pubbliche o di pubblica utilità, così come definiti dalle normative vigenti, nonché
di ampliamento e modifica della destinazione d'uso, a condizione che tali interventi
siano realizzati in condizioni di sicurezza idraulica e non costituiscano significativo
ostacolo al libero deflusso e/o significativa riduzione dell'attuale capacità di invaso,
non costituiscano impedimento alla realizzazione di interventi di attenuazione e/o
eliminazione delle condizioni di rischio e siano coerenti con la pianificazione degli
interventi di protezione civile e previo parere dell’autorità idraulica competente;
c) i depositi temporanei conseguenti e connessi ad attività estrattive autorizzate, da
realizzarsi secondo le modalità prescritte in sede di autorizzazione;
d) gli interventi previsti dagli strumenti urbanistici generali vigenti alla data di entrata in
vigore del P.A.I. nelle zone omogenee A, B e D (limitatamente al completamento di
lotti residui in ambiti totalmente o parzialmente urbanizzati), nelle zone F
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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(limitatamente alle attrezzature di carattere generale e pubblico) di cui al decreto
interministeriale 1444/68, subordinando l’attuazione delle previsioni alla loro messa
in sicurezza.
Fascia C – obiettivi di assetto
•
Assicurare un sufficiente livello di sicurezza alle popolazioni insediate, ai beni ed ai
luoghi attraverso la predisposizione di Piani di cui alla L. 225/92.
La fascia C comprende le porzioni di territorio inondabili comprese tra le piene con Tr 200 e
Tr 500 e le aree marginali per la piena con Tr 200.
Per la fascia C il PAI persegue il raggiungimento degli obiettivi di assetto attraverso indirizzi
e linee guida, nell‘ambito delle proprie competenze, per le Amministrazioni provinciali a cui, ai
sensi della legge 225/1992 compete la predisposizione dei Piani di protezione civile.
Il tracciato interferisce con la fascia fluviale A, relativa al Tevere, con un tratto in viadotto,
Viadotto Tevere, e con quella del fosso di Malafede, per una estensione pari a circa 2.6 km,
mentre attraversa l’area a rischio R4 relativa al Fosso Galeria nel tratto in affiancamento
dell’Autostrada Roma-Fiumicino esistente e non interferisce con quella relativa all’area di Vitinia.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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5.
VALUTAZIONE DEI TRACCIATI IN RIFERIMENTO ALLA PIANIFICAZIONE DI
ASSETTO IDROGEOLOGICO
Viene effettuato nel presente capitolo un confronto dei diversi tracciati alternativi proposti
mediante la sovrapposizione dei tracciati stessi alle tavole del PAI dell’Autorità di Bacino del Fiume
Tevere (in particolare con le tavole P5 Cf Assetto Idraulico: fasce fluviali e zone a rischio 1:10.000
del PS5, Piano Stralcio per il tratto metropolitano del Tevere da Castel Giubileo alla foce) per
evidenziare le principali criticità relativamente all’attraversamento delle fasce fluviali e di zone a
rischio idraulico (si veda a tale proposito la seguente Figura 12 con la sovrapposizione delle tavole
di progetto del PAI con il fuso).
Figura 12 - Inquadramento delle 19 tavole di progetto PAI
Sono riportati nel seguito una serie di stralci planimetrici (orientati a Nord) delle zone
ritenute maggiormente critiche.
È riportata inoltre la legenda delle tavole per una migliore comprensione degli schemi
stessi.
Figura 13 - Legenda tavole di progetto PAI
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Procedendo con l’analisi dei tracciati da Ovest verso Est è da segnalare l’interferenza con
la Fascia AA del Fosso Galeria 1 km a monte della confluenza con il Fiume Tevere circa al Km
4+400 dei tracciati in progetto nel tratto in affiancamento all’autostrada Roma-Fiumicino.
Tale interferenza risulta per ovvi motivi inevitabile date le caratteristiche geometriche dei
tracciati.
L’altro nodo importante riguarda l’attraversamento del fiume Tevere in prossimità del centro
abitato di Vitinia.
Per questa zona la problematica principale riguarda il tracciato “arancione” che si
svilupperebbe ad Ovest di Vitinia disponendosi parallelamente al Fosso di Malafede nella Fascia A
del fosso stesso, lambendo una zona a rischio idraulico R3.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Dal punto di vista dell’interferenza con il reticolo idrografico superficiale e con le zone a
rischio idraulico i tracciati che si sviluppano più verso Est sarebbe quindi da preferire al tracciato
“arancione”.
La parte centrale del fuso delle alternative progettuali non è coperta dalle tavole di progetto
del PAI; come considerazioni generali si è cercato di evitare per quanto possibile situazioni di
affiancamento ai corsi d’acqua che vanno attraversati per quanto possibile in retto.
L’andamento principalmente da Sud-Ovest verso Nord-Est dei tracciati si concilia bene in
tal senso con le principali direttrici di deflusso che sono disposte ortogonalmente a tale
allineamento per cui sotto questo punto di vista non sono evidenti situazioni di particolare
problematicità.
Nella parte finale del fuso rientriamo nell’inquadramento delle tavole del PAI.
In questa zona le principali problematiche riguardano la parte finale del “tracciato blu” che si
dispone parallelamente al Fosso dell’Osa.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Pur non essendo presente una perimetrazione per ciò che riguarda le fasce fluviali e le
zone a rischio idraulico tale zona è considerata “Corridoio ambientale” (secondo la classificazione
individuata sulle tavole P3 e P4 Cf Criteri ed indirizzi per la costituzione del parco fluviale del
Tevere e dell’Aniene, disciplina delle aree 1:10.000 del PS5, Piano Stralcio per il tratto
metropolitano del Tevere da Castel Giubileo alla foce) e quindi per quanto possibile da evitare.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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L’ultimo punto di attenzione è situato nella parte terminale del tracciato “magenta” in
corrispondenza dello svincolo sull’autostrada Roma-L’Aquila.
Il tracciato dal punto di vista planimetrico ricade in una zona di esondazione (Fascia A) del
Fiume Aniene, ma va considerato che lo svincolo sarà realizzato quasi interamente in viadotto con
limitata interferenza quindi con le aree di deflusso della piena dell’Aniene.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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6.
CURVE DI POSSIBILITÀ PLUVIOMETRICA
6.1 Generalità
La caratterizzazione pluviometrica del territorio in esame sarà eseguita in base ai valori di
precipitazione ottenuti secondo il metodo di calcolo derivato da procedure di regionalizzazione
VAPI (Valutazione delle Piene) di seguito esposto.
Lo scopo delle elaborazioni dei dati pluviometrici raccolti è la definizione delle curve di
possibilità climatica.
Come è noto, la curva di possibilità climatica fornisce, per un assegnato tempo di ritorno T, la
relazione tra la durata t e l’altezza di pioggia ragguagliata hr relativa all’area A del bacino
considerato.
Si possono in realtà prendere in considerazione due distinti tipi di curva di possibilità climatica:
la curva di possibilità climatica dell’altezza di pioggia puntuale e la curva di possibilità climatica
dell’altezza di pioggia ragguagliata (che d’ora in poi più brevemente indicheremo, rispettivamente,
come curva di possibilità climatica puntuale e curva di possibilità climatica ragguagliata).
La prima fornisce, per un assegnato tempo di ritorno T, la relazione tra la durata t e l’altezza di
pioggia h nel punto considerato.
La seconda fornisce, sempre per un assegnato tempo di ritorno T, la relazione tra la durata t e
l’altezza di pioggia ragguagliata hr relativa al bacino considerato (di area A).
Quando l’area A del bacino tende a zero la curva di possibilità climatica ragguagliata tende a
confondersi con quella puntuale.
La curva di possibilità climatica ragguagliata relativa a un certo bacino si può costruire in due
fasi distinte:
•
individuazione della curva di possibilità climatica puntuale relative alla stazione
pluviometrica presa in esame;
•
trasformazione della curva di possibilità climatica puntuale nella curva di possibilità
climatica ragguagliata tramite un coefficiente di riduzione (o coefficiente di ragguaglio
all’area) R che dipende dalla durata t e dall’area A ed è in pratica indipendente dal
tempo di ritorno T (l’ipotesi di indipendenza da T è suffragata dall’esperienza).
6.1.1 Leggi di possibilità pluviometrica a tre parametri
Nel caso in esame si è scelto di utilizzare, per una corretta descrizione dei fenomeni
pluviometrici, una legge di possibilità pluviometrica a tre parametri che ha il vantaggio, rispetto a
quella abitualmente utilizzata a due parametri, di descrivere con maggiore accuratezza gli eventi
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meteorici che presentano durate inferiori ad un ora; quest’ultima presenta infatti l’inconveniente di
fornire valori di intensità di pioggia tendenti all’infinito per le basse durate.
L’espressione generica della curva di possibilità pluviometrica assume dunque la seguente
espressione:
h=
at
(b + t )m
Scopo della elaborazione statistica dei dati di pioggia è la determinazione univoca dei parametri
a, b ed m per assegnati tempi di ritorno (25, 50, 100, 200 anni).
Nel seguito i pedici i e j identificano le grandezze relative al singolo caso critico (i=1,…,N) ed
alla generica durata (j=1,…,M).
L’equazione precedente si linearizza introducendo la seguente trasformazione temporale:
(
θ = bj + t
)
e passando ai logaritmi:
logi t,i = logai − milogθ
Per determinare i parametri della relazione intensità-durata relativi ad un singolo caso critico si
fissa un valore di prima approssimazione di bj che caratterizza la trasformazione temporale,
determinando successivamente i valori ottimali dei parametri ai ed mi interpolando la precedente
equazione linearizzata con il metodo dei minimi quadrati imponendo che sia minima la somma dei
quadrati degli scarti tra i valori teorici e quelli osservati.
Scrivendo l’equazione linearizzata nella seguente forma:
y j,i = α i + βi x j
con:
y j,i = logi j,i
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
x j = logθ j
αi = logai
βi = −mi
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si determina, per ogni caso critico, una terna di valori dei parametri della curva di possibilità
pluviometrica.
La stima separata dei parametri di ciascuno degli N casi critici fornisce un diverso coefficiente
angolare per ogni relazione intensità-durata linearizzata,
Ciò implica che le trasformate lineari di tali relazioni non sono parallele, ma esistono valori per
cui le curve si incrociano, cosa chiaramente priva di significato fisico.
Conviene quindi imporre:
•
l’unicità della trasformata temporale, assumendo un parametro b comune alle N relazioni
•
il parallelismo delle trasformate lineari.
L’equazione precedente diventa allora:
y j,i = αi + βx j
e per ciascun valore di b i parametri possono essere individuati imponendo che sia minima la
somma dei quadrati degli scarti tra valori teorici ed empirici di tutti i casi critici
contemporaneamente:
(
S2 = ∑Ni =1 ∑Mj =1 αi + βx j − y' j,i
)
2
dalla quale minimizzando si ottiene:
∑ ∑ (x
β=
N ∑ (x
N
M
i =1
j=1
M
j
j=1
j
− x )y' j,i
− x)
2
α i = y'i − β x
dove:
x=
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
1 M
∑ j=1 x j
M
y'i =
1 M
∑ j=1 y' j,i
M
Pag. 43/ 58
6.2 Analisi di regionalizzazione (Procedura VAPI)
Si fa riferimento al metodo proposto dal programma VAPI (Valutazione Piene), sviluppato dal
Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche del Consiglio Nazionale delle
Ricerche che ha per obiettivo la regionalizzazione delle piogge intense su tutto il territorio
nazionale secondo criteri omogenei.
Tale metodo è basato sulla distribuzione dei valori estremi tipo I a due componenti (TCEV1),
che rappresenta la distribuzione del massimo valore di una mistura di due popolazioni costituite
da:
•
una componente base contenente i valori medi e bassi
•
una componente straordinaria, contenente i valori più elevati.
In questo modo è possibile utilizzare variabili anche fortemente asimmetriche, che difficilmente
le distribuzioni usuali riescono a rendere.
Il progetto VAPI suddivide l’intero territorio nazionale in alcuni compartimenti, presso i quali
sono state sviluppate le regionalizzazioni separate.
Per il progetto in esame è stata utilizzata la procedura con la determinazione della
relazione intensità-durata-frequenza a tre parametri, sviluppata presso l’Università di Roma
(Calenda e Cosentino, 1996) per la regionalizzazione di un’ampia zona dell’Italia Centrale, tra il
promontorio di Piombino e la foce del Garigliano.
Al terzo livello di regionalizzazione, nella regione considerata la dipendenza dalla quota z della
media dell’altezza giornaliera di pioggia μhd sembra seguire una relazione lineare:
μhd = cz + d
Esprimendo l’intensità di precipitazione mediante la legge a tre parametri precedentemente
vista, la media dei valori di it risulta:
m
μ ⎛ b ⎞
⎛ b ⎞
μit = μi0 ⎜
⎟
⎟ = h0 ⎜
24 ⎝ b + t ⎠
⎝b+ t⎠
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
m
Pag. 44/ 58
Dalle ipotesi precedenti si può ricavare il valore del parametro di trasformazione temporale b e
l’espressione del parametro m della curva di possibilità pluviometrica:
m=
1
η(cz + d)
ln
b
24μi0
ln
b + 24
La distribuzione di probabilità dell’intensità it risulta quindi:
P(i t ) = e
− Λ be
m
⎡ i
b+t ⎞ ⎤
− ⎢ t β⎛⎜
⎟ ⎥
⎢⎣ μi0 ⎝ b ⎠ ⎥⎦
1
−Λ* Λ Θ*e
b
⎡
⎢
⎤
⎣
⎦
⎛ b + t ⎞m ⎥
it
⎟ ⎥
β⎜⎜
⎜ b ⎟⎟ ⎥
⎢ Θ*μ
⎠ ⎥
⎝
i0
⎢
−⎢
Per ogni tempo di ritorno è stata assunta un’unica curva pluviometrica valida per l’intero
tracciato in esame.
Tra le sottozone in cui ricade il tracciato di progetto è stata prescelta la sottozona Af poiché:
•
per gran parte il tracciato ricade in tale sottozona come si evince dalla seguente Figura 14;
•
tale scelta risulta più cautelativa rispetto alla sottozona limitrofa B1c interessata dal
progetto, e fornisce sostanzialmente gli stessi valori della sottozona Ac come si evince dalla
tabella seguente.
DURATA
δ
0.02
0.08
0.25
0.50
0.75
1.00
3.00
6.00
12.00
24.00
SOTTOZONA
OMOGENEA B1c
hTr 200
4.82
17.78
33.50
44.65
51.24
55.93
74.31
86.88
100.76
116.36
hTr 100
4.40
16.24
30.59
40.78
46.80
51.09
67.87
79.35
92.03
106.28
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
hTr 50
3.99
14.72
27.73
36.96
42.42
46.30
61.52
71.92
83.41
96.33
hTr 25
3.58
13.22
24.90
33.19
38.09
41.58
55.24
64.59
74.90
86.51
SOTTOZONA
OMOGENEA Af
hTr 200
7.74
28.88
54.77
72.93
83.46
90.82
118.71
137.01
156.72
178.44
hTr 100
6.66
24.85
47.13
62.76
71.82
78.15
102.15
117.90
134.87
153.56
hTr 50
5.58
20.84
39.53
52.64
60.23
65.55
85.67
98.89
113.11
128.79
hTr 25
4.55
16.97
32.18
42.84
49.03
53.35
69.73
80.49
92.06
104.82
SOTTOZONA
OMOGENEA Ac
hTr 200
7.76
28.96
55.10
73.73
84.70
92.47
122.61
142.95
165.24
190.17
hTr 100
6.68
24.92
47.42
63.44
72.89
79.57
105.51
123.02
142.20
163.65
hTr 50
5.60
20.90
39.77
53.21
61.13
66.74
88.49
103.17
119.26
137.25
hTr 25
4.56
17.01
32.37
43.31
49.76
54.32
72.02
83.98
97.07
111.71
Pag. 45/ 58
Figura 14 – Suddivisione compartimenti progetto VAPI
I valori dei parametri della legge considerata per la zona in oggetto sono riassunti nella tabella
seguente:
REGIONE OMOGENEA Af
Λ*
Θ*
0.250
3.423
Λb
38.8
β
c
d
b
4.901
0.01717
61.68
0.1389
μi0
146.5
Di seguito sono riportati i tabulati di calcolo con i relativi grafici rappresentativi relativi alla
applicazione della procedura VAPI per la sottoregione omogenea Af dell’Italia centrale.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Relazione Idrologica e Idraulica.doc
d
0.08
0.25
0.50
0.75
1
3
6
12
24
i
346.57
219.09
145.86
111.27
90.82
39.57
22.84
13.06
7.44
P(id)
0.9950
0.9950
0.9950
0.9950
0.9950
0.9950
0.9950
0.9950
0.9950
Tr
200
200
200
200
200
200
200
200
200
h
28.88
54.77
72.93
83.46
90.82
118.71
137.01
156.72
178.44
d
0.08
0.25
0.50
0.75
1
3
6
12
24
i
298.24
188.54
125.52
95.76
78.15
34.05
19.65
11.24
6.40
P(id)
0.9900
0.9900
0.9900
0.9900
0.9900
0.9900
0.9900
0.9900
0.9900
Tr
100
100
100
100
100
100
100
100
100
h
24.85
47.13
62.76
71.82
78.15
102.15
117.90
134.87
153.56
d
0.08
0.25
0.50
0.75
1
3
6
12
24
i
250.13
158.12
105.27
80.31
65.55
28.56
16.48
9.43
5.37
P(id)
0.9800
0.9800
0.9800
0.9800
0.9800
0.9800
0.9800
0.9800
0.9800
Tr
50
50
50
50
50
50
50
50
50
h
20.84
39.53
52.64
60.23
65.55
85.67
98.89
113.11
128.79
d
0.08
0.25
0.50
0.75
1
3
6
12
24
i
203.59
128.70
85.68
65.37
53.35
23.24
13.41
7.67
4.37
P(id)
0.9600
0.9600
0.9600
0.9600
0.9600
0.9600
0.9600
0.9600
0.9600
Tr
25
25
25
25
25
25
25
25
25
h
16.97
32.18
42.84
49.03
53.35
69.73
80.49
92.06
104.82
Pag. 47/ 58
h j,i
Tr
200
100
50
25
t=5 Min
28.88
24.85
20.84
16.97
t=15 Min
54.77
47.13
39.53
32.18
t=30 Min
72.93
62.76
52.64
42.84
t=45 Min
83.46
71.82
60.23
49.03
DURATA
t=1 Ora
90.82
78.15
65.55
53.35
t=3 Ore
118.71
102.15
85.67
69.73
t=6 Ore
137.01
117.90
98.89
80.49
t=12 Ore
156.72
134.87
113.11
92.06
t=24 Ore
178.44
153.56
128.79
104.82
ij,i
Tr
200
100
50
25
t=5 Min
346.57
298.24
250.13
203.59
t=15 Min
219.09
188.54
158.12
128.70
t=30 Min
145.86
125.52
105.27
85.68
t=45 Min
111.27
95.76
80.31
65.37
DURATA
t=1 Ora
90.82
78.15
65.55
53.35
t=3 Ore
39.57
34.05
28.56
23.24
t=6 Ore
22.84
19.65
16.48
13.41
t=12 Ore
13.06
11.24
9.43
7.67
t=24 Ore
7.44
6.40
5.37
4.37
y'j,i
Tr
200
100
50
25
t=5 Min
2.54
2.47
2.40
2.31
t=15 Min
2.34
2.28
2.20
2.11
t=30 Min
2.16
2.10
2.02
1.93
t=45 Min
2.05
1.98
1.90
1.82
DURATA
t=1 Ora
1.96
1.89
1.82
1.73
t=3 Ore
1.60
1.53
1.46
1.37
t=6 Ore
1.36
1.29
1.22
1.13
t=12 Ore
1.12
1.05
0.97
0.88
t=24 Ore
0.87
0.81
0.73
0.64
Σ
y'i
15.99
15.41
14.72
13.91
1.78
1.71
1.64
1.55
(xj-x)y'j,i
Tr
200
100
50
25
t=5 Min
-2.36
-2.30
-2.23
-2.15
t=15 Min
-1.61
-1.57
-1.51
-1.45
t=30 Min
-1.02
-0.99
-0.96
-0.91
t=45 Min
-0.67
-0.65
-0.63
-0.60
-3.20
-3.20
-3.20
-3.20
t=5 Min
0.00
0.00
0.00
0.00
t=15 Min
0.00
0.00
0.00
0.00
t=30 Min
0.00
0.00
0.00
0.00
Tr
200
100
50
25
β=
xj
xj-x
t=3 Ore
0.35
0.34
0.32
0.30
t=6 Ore
0.69
0.66
0.62
0.58
t=12 Ore
0.90
0.85
0.79
0.71
t=24 Ore
0.96
0.89
0.81
0.71
t=45 Min
0.00
0.00
0.00
0.00
DURATA
t=1 Ora
-0.43
-0.42
-0.40
-0.38
DURATA
t=1 Ora
0.00
0.00
0.00
0.00
t=3 Ore
0.00
0.00
0.00
0.00
t=6 Ore
0.00
0.00
0.00
0.00
t=12 Ore
0.00
0.00
0.00
0.00
t=24 Ore
0.00
0.00
0.00
0.00
-0.8195
b=
0.1389
S
2
i
0.00
0.00
0.00
0.00
0.00
αi
ai
2.00
1.94
1.86
1.77
101.036
86.946
72.921
59.353
0.8195
t=5 Min
-0.65
t=15 Min
-0.41
t=30 Min
-0.19
t=45 Min
-0.05
DURATA
t=1 Ora
0.06
t=3 Ore
0.50
t=6 Ore
0.79
t=12 Ore
1.08
t=24 Ore
1.38
t=5 Min
-0.93
t=15 Min
-0.69
t=30 Min
-0.47
t=45 Min
-0.33
DURATA
t=1 Ora
-0.22
t=3 Ore
0.22
t=6 Ore
0.51
t=12 Ore
0.81
t=24 Ore
1.11
t=5 Min
0.87
t=15 Min
0.47
t=30 Min
0.22
t=45 Min
0.11
DURATA
t=1 Ora
0.05
t=3 Ore
0.05
t=6 Ore
0.26
t=12 Ore
0.65
t=24 Ore
1.22
2
(xj-x)
m=
Σ
x
0.28
Σ
3.90
CURVE DI POSSIBILITA' PLUVIOMETRICA
APPLICAZIONE DELLA PROCEDURA VAPI ALLA SOTTOREGIONE OMOGENEA Af DELL'ITALIA
CENTRALE
200
180
160
140
h (mm)
120
100
80
60
40
20
0
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
t (h)
hTr 200
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
hTr 100
hTr 50
hTr 25
Pag. 48/ 58
6.3 Risultato dei calcoli
Vengono riassunti nel presente paragrafo i risultati delle elaborazioni dei dati analizzati
interpolati con leggi di possibilità pluviometrica a tre parametri.
La legge a tre parametri presenta quindi il vantaggio di rappresentare con un’unica relazione
l’intero arco delle durate, e di caratterizzare con maggiore affidabilità le durate di pochi minuti
dando luogo a valori finiti e non tendenti all’infinito.
h=
at
(b + t )m
con:
b=0,1389 ed m=0,8195
ed a variabile in funzione del tempo di ritorno secondo la tabella seguente.
Tr
25 Anni
50 Anni
100 Anni
200 Anni
a
59.353
72.921
86.946
101.036
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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7.
METODOLOGIA PER LA DETERMINAZIONE DELLA PORTATA DI PROGETTO
DEGLI ATTRAVERSAMENTI
7.4 Metodologia generale
Per disporre di una descrizione dettagliata dei corsi d’acqua in oggetto si deve operare a due
differenti livelli: a scala di bacino idrografico ed a scala di tronco fluviale.
Al primo livello si sviluppano le analisi di tipo idrografico ed idrologico atte a definire il legame
fra eventi idrometrici rilevanti e relative frequenze probabili.
A tale scopo viene individuato il bacino dei corsi d’acqua chiuso in corrispondenza delle
rispettive sezioni di interferenza con il tracciato autostradale.
Si analizza la sua struttura idrografica individuandone i caratteri idrologici ai fini della
formazione delle piene.
Al secondo livello di indagine, si focalizza l’attenzione sul tronco fluviale valutandone il
comportamento idraulico durante un evento di piena significativo.
In particolare le indagini devono essere sviluppate in presenza degli interventi di progetto, allo
scopo di valutare le dimensioni delle opere in progetto.
Si è definito il programma completo del quadro conoscitivo necessario allo svolgimento delle
indagini, che si è articolato nei seguenti temi:
-
Cartografia: acquisizione delle basi cartografiche (Carta Tecnica Regionale 1:10000) e
predisposizione della corografia idrografica.
-
Idrologia - idraulica: acquisizione delle norme del “Piano Stralcio per l’assetto
idrogeologico”, denominato P.A. I., Autorità di Bacino del Fiume Tevere.
Nella presente relazione per il calcolo della portata al colmo di piena viene illustrata di seguito la
metodologia indicata negli allegati al PAI della Autorità di Bacino del Fiume Tevere.
7.1 Metodologia proposta dall’Autorità di bacino del Fiume Tevere
La stima della portata al colmo della piena di riferimento è effettuata attraverso la procedura
proposta dall’Autorità di Bacino del fiume Tevere nell’ambito degli studi propedeutici alla redazione
del piano di bacino del 1998. Il valore viene calcolato con la formula razionale:
QT =
hd ,T × k r × k d × S
3.6 × tc
[m3/sec]
Di seguito si descrivono i parametri che compaiono nella precedente relazione.
Tempo di corrivazione tc
tc =
4 × S + 1.5 × L
0.8 × H m − H 0
[ore]
dove:
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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S = superficie del bacino imbrifero [Km2];
L = lunghezza dell’asta principale [Km];
Hm = altezza media del bacino rispetto alla sezione di chiusura [m];
Parametro hd,T
hd ,T = KT × E [h1 ] × d 0.29
dove:
9
hd,T è espresso in mm, il pedice d e il termine d rappresentano la durata della pioggia critica
espressa in ore (1, 3, 6, 12 e 24 ore) pari o immediatamente superiore al tempo di corrivazione
t, e il pedice T è il tempo di ritorno prescelto.
9
KT = valore dei quantili adimensionali per tempo di ritorno, ricavato dalla seguente tabella:
Valore del coefficiente KT per i tempi di ritorno d’interesse
9
E[h1] si calcola con la seguente formula:
E [h1 ] = (s1 + 1) × 29
dove:
s1 = 90 ×
Z
Z
− 11.4 ×
L
Y
I valori di Z/L e Z/Y si ricavano dalla tabella seguente in corrispondenza del valore della
latitudine I del centroide.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
Pag. 51/ 58
Valori dei parametri per latitudini d’interesse
Parametro Kr
Si calcola il valore dalla seguente formula
(
)
(
K r = 1 − exp − 0.033 ⋅ E [h1 ] ⋅ 1.1 ⋅ t c0.25 + exp − 0.033 ⋅ E [h1 ] ⋅ 1.1 ⋅ t c0.25 − 0.01 ⋅ S
)
Parametro Kd
Si ricava dal seguente grafico, funzione della frazione permeabile del bacino e del tempo di
ritorno.
Per valori del tempo di ritorno pari a 200 anni si incrementa il valore kd relativo a 100 anni
con la differenza tra questo ed il valore relativo a 50 anni, ed analogamente per tempi di ritorno
superiori.
Relazione Idrologica e Idraulica.doc
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Figura 15 - Coefficiente di deflusso in funzione della permeabilità e del tempo di ritorno (PAI)
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8.
SMALTIMENTO ACQUE DI PIATTAFORMA
Al fine di assicurare lo smaltimento delle acque meteoriche interessanti sia la sede viaria che i
versanti limitrofi è necessario prevedere un sistema di drenaggio a gravità in grado di convogliare,
con un margine di sicurezza adeguato, le precipitazioni intense verso i recapiti finali.
Il sistema di raccolta delle acque meteoriche di piattaforma è stato dimensionato e verificato
sulla base della precipitazione di progetto e con gli obiettivi di:
•
limitare i tiranti idrici sulle pavimentazioni a valori compatibili con la loro transitabilità;
•
garantire margini di capacità per evitare rigurgiti delle canalizzazioni che possano dar
luogo ad allagamenti localizzati.
•
garantire, attraverso un sistema di tubazioni e di fossi, una linea idraulica chiusa sino al
punto di controllo prima dello scarico nella rete idrografica naturale.
In particolare, seguendo le indicazioni fornite, il tratto è stato progettato in modo che le
precipitazioni che ricadono sulla piattaforma stradale vengano avviate a dei bacini di trattamento
destinati al controllo qualitativo delle acque stesse; tali bacini assolvono sia alle funzioni di
sedimentazione delle particelle pesanti (metalli, particolato) e trattenimento delle particelle leggere
(oli, grassi, idrocarburi) sia alla intercettazione di eventuali sversamenti accidentali occorsi sulla
piattaforma.
Il sistema di drenaggio è funzionale all’allontanamento delle acque meteoriche dalla
piattaforma, ed alla protezione delle carreggiate dalle acque ad essa afferenti.
Sono individuabili tre parti fondamentali in cui può è stato strutturato il sistema generale di
drenaggio in cui si ottempera alle funzioni di raccolta, trasferimento e recapito delle acque
meteoriche.
In base alla definizione di tali funzioni è possibile descrivere i rispettivi elementi che ne fanno
parte:
•
Elementi di raccolta: costituiscono il sistema primario e possono essere elementi
continui, longitudinali alla carreggiata o discontinui ad interassi dimensionati per
soddisfare la funzione di limitare i tiranti idrici in piattaforma a valori compatibili con la
loro transitabilità, garantendo in tal modo la sicurezza dell’infrastruttura. La classe degli
elementi marginali è rappresentata nel presente progetto da: scarichi di raccordo
idraulico tra la superficie pavimentata e le canalizzazioni longitudinali, ad interasse
medio pari a 3 metri, allo scopo di garantire trasparenza idraulica tra la piattaforma e le
canalizzazioni stesse; canalizzazioni longitudinali: cunetta triangolare in scavo, canaletta
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grigliata di spartitraffico, bocchettoni di scarico in viadotto, canaletta grigliata tra le
complanari e le carreggiata autostradale, canaletta a scudo di margine.
•
Elementi di convogliamento: rappresentano il sistema secondario ove scaricano gli
elementi del sistema primario, garantendo la capacità necessaria per evitare i rigurgiti in
piattaforma che andrebbero a compromettere l’aspetto connesso alla sicurezza
dell’utenza; con tali elementi si garantisce anche il trasferimento delle acque raccolte
verso i recapiti. Sono costituiti da canalizzazioni realizzate in fossi rivestiti e non, da
collettori per piattaforma e per viadotti e da collettori in genere;
•
Elementi di recapito: sono individuati in funzione della vulnerabilità individuata
nell’ambito degli studi specialistici per le componenti acque superficiali e sotterranee.
Per tutto il tracciato studiato sono stati previsti degli opportuni presidi idraulici prima del
recapito per la tutela della falda e delle acque superficiali a seguito del dilavamento della
superficie autostradale.
Nelle sezioni correnti gli elementi di margine sono così definiti:
•
in scavo è sempre presente al margine una cunetta triangolare da 150 cm (cunetta
triangolare alla francese, CT) con eventuale collettore circolare sottostante;
•
in rilevato è sempre presente al margine esterno una canaletta di forma a scudo (fondo
triangolare e pareti verticali, CS) della profondità complessiva di 40 cm e dalla larghezza di
50 cm, con eventuale collettore circolare sottostante;
•
in curva è sempre presente sullo spartitraffico una canaletta di forma a scudo (fondo
triangolare e pareti verticali, CS) della profondità complessiva di 40 cm e dalla larghezza di
50 cm, con eventuale collettore circolare sottostante;
•
in galleria è prevista la raccolta dei liquidi versati sulla piattaforma stradale attraverso una
canaletta grigliata (CG) con eventuale collettore circolare sottostante;
•
in viadotto è prevista la formazione lungo il ciglio del marciapiede di un canale triangolare
di bordo della larghezza complessiva di 1 metro, con scarico attraverso bocchettoni in un
collettore sottostante di diametro riportato nelle planimetrie.
•
ai piedi delle scarpate e alla sommità degli scavi
è sempre presente un fosso di
guardia di sezione trapezia, della larghezza complessiva minima di 150 cm, rivestito in
calcestruzzo (FR); per limitati casi particolari può essere previsto anche inerbito (FI).
Lungo il tracciato il sistema di drenaggio prevede che tutte le acque raccolte sulla piattaforma
siano convogliate direttamente tramite collettori ai bacini di trattamento delle acque di prima
pioggia; il sistema è dunque un “sistema chiuso”, in quanto permette di ottenere una separazione
delle acque meteoriche ricadenti sulla piattaforma autostradale da quelle esterne, garantendo la
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salvaguardia dall’inquinamento dovuto al dilavamento della piattaforma e da quello provocato da
sversamenti accidentali.
8.1 Curva di probabilità pluviometrica
La verifica della capacità di smaltimento degli elementi di drenaggio sulla piattaforma stradale,
delle tubazioni sottostanti e dei fossi di guardia è stata effettuata in moto uniforme, utilizzando
quale
sollecitazione
una
curva
pluviometrica
ottenuta
a
partire
dalla
procedura
di
Regionalizzazione delle precipitazioni intense condotta nell’ambito del programma VAPI
(Valutazione delle Piene) del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche.
Il tempo di ritorno assunto per il drenaggio della piattaforma stradale, delle canalizzazioni di
margine e delle tubazioni è pari a 25 anni, i fossi di guardia sono invece dimensionati con un
tempo di ritorno pari a 50 anni.
In particolare si possono confrontare i valori dell’intensità della pioggia di durata 5 minuti con
tempo di ritorno di 25 anni:
Sottozona
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Tempo di ritorno 25 anni
intensità di pioggia in 5 min
A04
216
A05
185
A06
189
B07
196
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9.
VASCHE DI PRIMA PIOGGIA
A difesa dell’ambiente e dei corpi idrici ricettori, il progetto prevede l’adozione di opere di
presidio, consistenti in vasche di separazione inserite a monte dello scarico della rete di drenaggio
stradale nei ricettori naturali.
Il sistema di drenaggio per il corpo stradale di tipo chiuso consente il convogliamento degli
scarichi delle acque di drenaggio della piattaforma, in punti definiti rendendo possibili specifici
interventi intesi sia al controllo degli inquinamenti accidentali che all’abbattimento degli inquinanti
dal dilavamento del manto stradale.
Gli obiettivi degli interventi in progetto possono riassumersi nella necessità di ottenere una
separazione totale delle acque meteoriche ricadenti sulla piattaforma stradale da quelle esterne
con uno scarico in punti limitati e controllati del reticolo idrografico.
La soluzione progettuale adottata evidenzia i seguenti benefici:
•
la possibilità di evitare che le sostanze inquinanti, sempre presenti sulla piattaforma
stradale o quelle derivanti da cause accidentali, non vengano disperse in modo diffuso
ed incontrollato sul territorio inquinando la falda acquifera ed il territorio agricolo limitrofo;
•
poter convogliare le acque di piattaforma in punti di intercettazione di ubicazione nota e
di facile accesso per i successivi eventuali trattamenti;
La tipologia di presidio idraulico adottata nel progetto in esame è costituita da vasche di prima
pioggia.
Il sistema è costituito da un manufatto in c.a. interrato ripartito in più vani attraverso i quali si
realizza il processo di raccolta e trattamento delle acque di prima pioggia.
Il primo vano a pianta quadrata riceve le acque meteoriche in arrivo.
Sono presenti due stramazzi impostati a quote differenti in modo che superato un certo valore
di portata in ingresso (portata di progetto) si ottiene lo stramazzo direttamente verso lo scarico.
Le acque di prima pioggia proseguono attraverso una griglia in acciaio ed un setto di
smorzamento verso l’ingresso nella vasca di disoleatura.
La trattenuta delle sostanze flottate (olii, idrocarburi, ecc…) si realizza mediante un setto sotto
battente posto nella parte terminale della vasca di disoleatura.
L’acqua trattata si avvia successivamente al recapito finale mediante una seconda tubazione in
uscita.
Nella suddetta vasca di disoleatura si realizza, ovviamente, oltre che la flottazione delle
sostanze leggere, anche la sedimentazione delle sostanze pesanti.
Entrambi i residui dovranno periodicamente essere rimossi dalla vasca di disoleatura mediante
l’utilizzo di idonei mezzi di immagazzinamento e trasporto.
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Con tale sistema nel contempo sarà possibile fare fronte ad eventuali sversamenti accidentali
potenzialmente inquinanti.
Questi infatti verranno temporaneamente raccolti nella stessa vasca di disoleatura con la
possibilità, da parte del gestore dell’impianto, di prelevare in condizioni di sicurezza lo
sversamento per destinarlo alla tipologia di smaltimento più idonea.
Il volume minimo attribuito a ciascuna vasca di disoleazione è di 40 mc.
Di seguito si riporta una tabella riassuntiva dei punti in cui sono ubicate le vasche di prima
pioggia:
Vasca di
prima pioggia
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Progressiva
Progetto
n°1
0+950
n°2
2+400
n°3
3+425
n°4
4+625
n°5
5+750
n°6
6+450
n°7
8+000
n°8
9+500
n°9
11+825
n°10
14+000
n°11
15+250
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