corte di cassazione, sez. iii, 3 ottobre 2013 n.22603

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corte di cassazione, sez. iii, 3 ottobre 2013 n.22603
Cassazione civile sez. III 03/10/2013 n.22603
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO
Libertino Alberto
- Presidente Dott. TRAVAGLINO Giacomo
- Consigliere Dott. ARMANO Uliana
- Consigliere Dott. DE STEFANO Franco
- Consigliere Dott. D’AMICO Paolo
- rel. Consigliere ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso 29312/2007 proposto da:
M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI GENTILE 8, presso lo studio
dell’avvocato MARTORIELLO MASSIMO, rappresentata e difesa dagli avvocati
ROCCO SALVATORE, PENTANGELO RAFFAELE giusta delega in atti;
- ricorrente Contro INA ASSITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTESANTO 14, presso lo
studio
dell’avvocato FALCONE SERGIO, rappresentata e difesa dall’avvocato AFELTRA
MARIO giusta delega in atti;
- controricorrente e contro ASM AZD STABIESE MOBILITA’ S.P.A.;
- intimata avverso la sentenza n. 297/2006 del TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA
SEDE DISTACCATA DI CASTELLAMMARE DI STABIA, depositata il 20/10/2006
R.G.N. 934/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/07/2013 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;
udito l’Avvocato MASSIMO MARTORIELLO per delega;
udito l’Avvocato SERGIO SMEDILE per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
M.C. convenne dinanzi al Giudice di Pace di Castellammare di Stabia la A.S.M. Azienda
Stabiese della Mobilità s.p.a. e Le Assicurazioni d’Italia s.p.a. chiedendone la condanna in
solido al risarcimento dei danni che asseriva di aver subito a seguito del sinistro
verificatosi il 5 dicembre 2002, mentre viaggiava su un autobus di linea.
Esponeva l’attrice che il veicolo sul quale era trasportata aveva frenato bruscamente
provocando la sua caduta e conseguenti lesioni personali.
Con sentenza n. 4483/2004 il Giudice di Pace affermò la corresponsabilità dell’attrice nella
provocazione del sinistro e determinò in misura del 70% il grado di responsabilità a lei
imputabile.
Il Giudice, accogliendo la domanda della M., condannò perciò in solido le convenute al
pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 182,77 oltre interessi legali dal dì
del sinistro ed oltre spese e competenze legali liquidate in misura del 30%.
Propose appello M.C. per sentir condannare le convenute in solido al pagamento in suo
favore della somma di Euro 2.724,46.
Il Tribunale ha accolto parzialmente l’appello ed, in riforma della sentenza impugnata, ha
dichiarato, in ordine all’evento lesivo per cui è causa, la corresponsabilità al 50% di
entrambe le parti. Ha inoltre condannato le appellate ASM Azienda Stabiese della Mobilità
e Assitalia-Le Assicurazioni d’Italia s.p.a., in solido, al pagamento, in favore di M.C., della
complessiva somma di Euro 304,62, detraendo quanto eventualmente già corrisposto in
esecuzione della impugnata sentenza. Ha stabilito la rivalutazione di detta somma
secondo gli indici Istat, oltre interessi legali anno per anno sulla somma via via rivalutata.
Ha condannato le appellate ASM e Assitalia al pagamento della metà delle spese di lite
relative al primo grado di giudizio in favore di parte attrice, con attribuzione al procuratore
dichiaratosi anticipatario. Ha stabilito che dalla somma così ottenuta va detratto, se già
eventualmente corrisposto in esecuzione dell’impugnata sentenza, l’importo di Euro
115,00 quali spese liquidate nel precedente giudizio. Ha posto le spese di ctu a carico di
entrambe le parti in eguale misura. Ha condannato le stesse appellate al pagamento, in
favore di parte istante, della metà delle spese, diritti ed onorari del giudizio di secondo
grado, con attribuzione al procuratore dichiaratosi antistatario.
Propone ricorso per cassazione M.C. con tre motivi.
Resiste con controricorso l’Ina Assitalia s.p.a..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso parte ricorrente denuncia "Violazione e falsa applicazione
degli artt. 1679 e 1681 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3".
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: "Dica ed accerti la Corte se
nell’azione posta dall’art. 1681 c.c. possa ritenersi superata la presunzione di
responsabilità a carico del vettore, pur in mancanza della prova, su quest’ultimo
incombente, di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, con riferimento al
particolare servizio prestato ed alle modalità concrete di svolgimento dello stesso".
La ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver ritenuto superata la
presunzione di colpa posta dall’art. 1681 c.c. a carico del vettore, pur in presenza della
prova che quest’ultimo non ha adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.
Il motivo è inammissibile.
Nel vigore dell’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis alla fattispecie de qua, il
quesito di diritto deve essere infatti formulato in modo tale da esplicitare una sintesi logico
giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una
regula iuris suscettibile di applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla
sentenza impugnata. In altri termini, esso deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione
degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito (siccome da questi ritenuti per veri,
mancando, altrimenti, la critica di pertinenza alla ratio decidendi della sentenza
impugnata); b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la
diversa regola di diritto applicabile che - ad avviso del ricorrente - si sarebbe dovuta
adottare nel caso di specie. Il quesito, quindi, non deve risolversi in una enunciazione di
carattere generico e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e
sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta
utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi, altresì, desumere il
quesito stesso dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la
sostanziale abrogazione della suddetta norma (Cass., 14 marzo 2013 n. 6549).
Il motivo in esame non si adegua ai suddetti criteri ed è invece meramente assertivo.
Si deve peraltro rilevare che la carenza di una prova idonea a vincere la presunzione di
responsabilità posta a carico del vettore dall’art. 1681 c.c. per i sinistri che colpiscono il
viaggiatore durante il trasporto non preclude l’accertamento del concorso di colpa del
danneggiato che è tenuto, durante il trasporto stesso, alla osservanza delle comuni norme
di prudenza e di diligenza, atteso che la prova liberatoria incombente sul vettore in ordine
all’approntamento di mezzi idonei a salvaguardare l’incolumità del passeggero con
normale diligenza, non può escludere un ragionevole affidamento anche su un minimo di
prudenza e di senso di responsabilità da parte di quest’ultimo (Cass., 1 marzo 1994, n.
2020; Cass., 30 aprile 2011, n. 9593).
Nel caso di specie il giudice di merito ha accertato il concorso di colpa di M.C. per non
avere la stessa fatto uso dei supporti di sicurezza installati a bordo del bus al fine di
tutelare i passeggeri che viaggiavano in piedi e per non aver tenuto un comportamento
compatibile con le condizioni del viaggio, al fine di tutelare la propria incolumità fisica.
Con il secondo motivo si denuncia "Violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223,
2043 e 2056 c.c., nonchè artt. 40 e 41 c.p. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nella
valutazione del danno da lesioni".
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: "Dica ed accerti la Corte, se in
materia di responsabilità civile, ove l’infermità invalidante derivi da fattori concorrenti, trova
applicazione il principio di equivalenza causale stabilito in materia penale dall’art. 41 c.p.
e, pertanto a ciascuno di detti fattori deve riconoscersi efficacia causativa dell’evento. Dica
e accerti la Corte se l’infortunistica privata ha un ambito di valutazione del danno da
lesione diversa da quella civilistica".
La ricorrente critica l’impugnata sentenza perchè non ha riconosciuto il danno permanente
accertato in sede di ctu in quanto dal referto redatto dall’ausiliario si evince la preesistenza
di precise patologie sulle quali il trauma dovuto alla caduta ha avuto un effetto
riacutizzante.
Secondo parte ricorrente, invece, ove l’infermità invalidante derivi da fattori concorrenti
trova applicazione la regola contenuta nell’art. 41 c.p. per cui il rapporto causale tra evento
e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, secondo il quale va
riconosciuta l’efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in
maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, con la conseguenza che un ruolo
di concausa va attribuito anche a fattori di aggravamento.
Il motivo è inammissibile in quanto il quesito di diritto si risolve in un’enunciazione di
carattere generale e astratto ed è inconferente con l’impugnata decisione. Il Tribunale si è
infatti limitato a ritenere insussistente un’invalidità permanente riconducibile al sinistro ed
ha affermato che la caduta ha avuto un mero effetto riacutizzante della precedente
patologia, cagionando un danno di durata limitata nel tempo che esclude il riconoscimento
del danno biologico permanente.
Correttamente pertanto il Tribunale ha liquidato soltanto il danno biologico temporaneo
mentre la ricorrente non ha dimostrato che vi è stato un danno permanente causato dalla
caduta.
Con il terzo motivo si denuncia "Violazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 111 Cost. e art. 118
disp. att. c.p.c. - Insufficiente e omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio in
relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5".
Osserva parte ricorrente che la motivazione della sentenza è insufficiente e omessa,
considerato che il Tribunale adito non prende in esame in maniera approfondita il caso di
specie e valuta troppo superficialmente sia l’an debeatur, stabilendo la corresponsabilità in
eguale misura del 50% di entrambe le parti nella produzione dell’evento dannoso; sia il
quantum debeatur, condividendo l’iter giuridico seguito dal giudice di prime cure.
Prosegue la M. che, quanto all’an, scarso rilievo è stato dato alla condotta tenuta dal
conducente dell’autobus, essendosi il Giudice soffermato sulla ricerca di elementi di colpa
a suo carico, indiziari e presuntivi.
In ordine al quantum debeatur la motivazione è considerata insufficiente in quanto il
decisum si fonda sul mero rinvio all’iter logico seguito dal Giudice di prime cure, richiamato
in modo acritico e non ricollegato espressamente alla fattispecie controversa.
Il motivo è inammissibile per mancanza della sintesi descrittiva del fatto.
Giusta la testuale previsione dell’art. 366 bis, infatti, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità,
la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Peraltro, come si è premesso, la sentenza impugnata, quanto al punto controverso,
appare sorretta da idonea motivazione che rende la decisione non censurabile in
cassazione, non avendo neppure parte ricorrente utilmente addotto specifici elementi
diretti a confutare la base logica del ragionamento del giudice di merito.
Per tutte le ragioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in
dispositivo.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente, in favore di Ina
Assitalia, alle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 1.200,00, di cui
Euro1.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 4 luglio 2013.
Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2013