REALIZZARE IL PROGETTO DI VITA IN UNIVERSITA`: STORIA DI

Transcript

REALIZZARE IL PROGETTO DI VITA IN UNIVERSITA`: STORIA DI
REALIZZARE IL PROGETTO DI VITA IN UNIVERSITA’: STORIA DI UN PERCORSO
DI INTE(G)RAZIONE
Abstract
Lia Daniela Sasanelli1
La cultura della disabilità è in continua evoluzione e oggi per un disabile concretizzare il proprio
Progetto di Vita, proseguendo gli studi dopo la scuola superiore, iscrivendosi all’Università non è
più un’utopia. La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro
Paese nel 2009 e l’International Classification of Functioning Disability and Health così come,
nello specifico, l’entrata in vigore della Legge 17/99 che impegna le Università, enti di formazione
per eccellenza, ad “accogliere” gli studenti con disabilità e ad attivarsi concretamente per la
realizzazione di autentici percorsi inclusivi, ne sono una valida testimonianza. L’impegno è di
“promuovere e sostenere l’accesso all’Università, alla formazione e all’apprendimento lungo tutto
l’arco della vita, nella convinzione che la conoscenza, la cultura superiore e la partecipazione alla
ricerca favoriscano il pieno sviluppo umano, l’ingresso nel mondo del lavoro e la realizzazione
delle libertà, intese come opportunità di concretizzare le aspirazioni personali”.2 Il contributo vuole
illustrare il cammino d’integrazione in ambito accademico di Chiara, studentessa disabile con
Sindrome di Down iscrittasi, nell’A.A. 2013-2014 al primo anno del Corso di laurea in “Scienze
dell’educazione e della formazione” presso l’Università degli Studi di Macerata, ponendo rilievo sul
tutorato didattico come strumento promotore di successo formativo che ha supportato il percorso
d’integrazione, potenziato l’autonomia e favorito il superamento degli esami.
1. Il tutorato specializzato universitario per gli studenti disabili: funzioni e finalità
Nel nostro Paese, in questi ultimi anni, si è venuta progressivamente sviluppando un’attenzione
particolare alla “funzione” di tutorato nei confronti sia degli individui che dei gruppi, attenzione che
ha prodotto il moltiplicarsi di norme di vario tipo (contrattuali, istituzionali, amministrative) a
supporto della crescente diffusione della figura del tutor in diverse realtà formative: formazione
professionale, scuola, università, formazione a distanza.3
In generale il campo di riferimento privilegiato del tutorato attiene ai “processi di apprendimento
del soggetto” mediante l’esercizio di pratiche riflessive: è difatti una “pratica pedagogica
complessa, complementare al processo di insegnamento-apprendimento con la funzione peculiare di
facilitare il percorso di crescita formativa e professionale del soggetto”.4
Tuttavia il tutorato reca in sé anche una forte accezione educativa in quanto il clima di empatia,
apertura e reciproca collaborazione che si viene quasi sempre a creare durante l’attività tutoriale
crea le basi per una relazione autentica e significativa fra tutor e tutee.
Dottore di ricerca, Insegnante e Pedagogista, già Tutor universitaria per gli studenti disabili c/o Università degli Studi
di Macerata.
2
CNUDD, Linee guida, Bergamo 2014, p. 5.
3
P.G. Bresciani, La funzione di tutorato e il ruolo dei tutor, in “Notizie della scuola: Periodico quindicinale per le scuole
secondarie ed elementari”, n.20, 16-30 Giugno/2004, p. 3.
4
E.M.Torre, Il tutor: teorie e pratiche educative, Carocci, Roma 2006, p. 7.
1
© Sasanelli L.D. – 1° Convegno internazionale “Sono adulto! Disabilità. Diritto alla scelta e progetto di vita” – 4 e 5 marzo 2016
1
In Italia l’ambito universitario è quello nel quale il tutorato ha la storia più longeva5 e la legge
17/99, nel modificare ed integrare quanto previsto dalla legge quadro 104/92, richiama i servizi di
tutorato specializzato come forma di supporto concreto per gli studenti con disabilità.
Strumento promotore di successo formativo, questa forma di tutorato ha come obiettivo quello di
“aumentare l’autonomia dello studente, integrarlo in ambito accademico, sviluppare la sua
partecipazione attiva al processo formativo, migliorare il contesto di apprendimento e predisporre
interventi mirati a seconda della condizione personale e dei bisogni educativi dello studente stesso
anche al fine di creare un ambiente inclusivo”.6
Come afferma A. Canevaro, grandi passi avanti sono stati fatti nel corso degli anni, passando da una
sorta di domicilio costretto e coatto alla possibilità di avere studenti disabili fuori sede che decidono
di realizzare il proprio Progetto di Vita in ambito accademico e, a tal proposito, il servizio di
tutorato per i disabili nelle università, si configura come una forma di accompagnamento verso la
“cittadinanza attiva”.7
In stratta correlazione con la tipologia di disabilità presentata dallo studente, il servizio si dispiega
in diversi ambiti d’intervento:
 accompagnamento da parte di uno studente alla pari nelle attività legate all’apprendimento
(tutor prendi appunti con funzioni di sostegno nella fruizione delle lezioni e reperimento di
materiali di studio,quali appunti, libri, bibliografie, ecc.);
 affiancamento di una figura specializzata di supporto alla comunicazione (tutor mediatore
nella comunicazione);
 sostegno allo studio individuale (tutor didattico con competenze specifiche sia pedagogiche
che disciplinari scelto preferibilmente tra studenti senior, tirocinanti, dottorandi, assegnisti o
docenti) per il superamento di esami e per la stesura dell’elaborato finale.8
Alla luce di ciò il tutorato si configura, a tutti gli effetti, come un autentico strumento per sviluppare
integrazione e inclusività, mediante azioni a diversi livelli condotte con la collaborazione di laureati
appositamente selezionati e formati (sia dal punto di vista pedagogico sia in base alle necessità e
alle competenze disciplinari specifiche), che sostengono concretamente gli studenti disabili nel
percorso universitario, senza mai farli sentire “soli”.
Nel presente lavoro si descrive l’esperienza di tutorato didattico specializzato svoltasi a favore di
Chiara, studentessa disabile con Sindrome di Down iscrittasi, nell’A.A. 2013-2014 al primo anno
del Corso di laurea in “Scienze dell’educazione e della formazione” (indirizzo “Educatore di nido e
comunità infantile”) presso l’Università degli Studi di Macerata.
Il tutorato didattico, come ben esplicitato da Bruner si esplica nelle seguenti funzioni:9
1. Coinvolgimento e sollecitazione dell’interesse dello studente;
2. Semplificazione delle attività (facendosi carico di elementi del compito inaccessibili
all’allievo);
3. Mantenimento dell’attenzione e focalizzazione sul compito;
Idem, p. 9
Legge 17/99
7
A. Canevaro, L’università, gli studenti disabili e il loro progetto di vita, in
5
6
www.unimc.it/wise/documentazione/...studenti-disabili-e-il-loro/at.../file
8
9
CNUDD, Linee guida, Bergamo 2014, p. 5.
A. Baudrit, Apprendre à deux. Etudes psycosociales de situations diadiques, PUF, Paris 1997.
© Sasanelli L.D. – 1° Convegno internazionale “Sono adulto! Disabilità. Diritto alla scelta e progetto di vita” – 4 e 5 marzo 2016
2
4. Segnalazione delle caratteristiche determinanti del compito e dello scarto che separa
l’allievo da una produzione corretta;
5. Rassicurazione e controllo della frustrazione;
6. Dimostrazione o presentazione di modelli.
Nello specifico, nel percorso d’integrazione in ambito accademico di Chiara l’intervento tutoriale
ha consentito di raggiungere i seguenti obiettivi:




favorire un approccio e una visione positiva al mondo universitario, facendone comprendere
l’organizzazione basilare (suddivisione in semestri, calendarizzazione delle lezioni e degli
esami di profitto) e la strutturazione delle attività didattiche (analisi dettagliata del proprio
piano di studi, presenza di lezioni frontali, attività laboratoriali e di tirocinio), contrastando il
naturale disorientamento iniziale insito nel passaggio fra scuola e università;
individuare un metodo di studio efficace utile per affrontare il percorso universitario in
modo sempre più autonomo, educando in particolare la studentessa all’esercizio
dell’autonomia di applicazione, dunque al controllo, alla pianificazione e organizzazione
dei propri impegni universitari, nonché all’ intenzionalità e alla progettualità, cioè alla
capacità di pensare un piano per realizzare i propri progetti e di impegnarsi per
concretizzarli10;
supportare direttamente ed individualmente la preparazione degli esami del primo anno di
corso, con interventi mirati per approccio alla materia e rendendo “accessibili” soprattutto
quei contenuti più tecnici, vissuti in maniera troppo “distante” dalla studentessa;
sviluppare strategie di autoregolazione e di problem solving.
2. Le fasi del tutoraggio
2.1 Prima fase: creazione della “cornice” affettiva e relazionale
L’aver assunto una prospettiva antropologica come modalità di avvicinamento a Chiara, dunque
l’aver optato per un approccio pedagogico glabale11, ha contribuito ad impostare il lavoro su ciò
che era presente e non sulle mancanze, sulle potenzialità e non sulle criticità presentate dalla
studentessa. Il clima di empatia, apertura e reciproca collaborazione venutosi a creare con Chiara e,
non in secondo luogo, con la sua famiglia (in particolare con la figura materna), ha rappresentato la
base per quella che, col tempo, si è mostrata essere a tutti gli effetti una relazione autentica e
significativa. Come tutte le matricole universitarie anche Chiara, di fronte ad un’esperienza nuova e
difficile, ha vissuto un momento iniziale di disorientamento e di paura: il lavoro della tutor inteso,
in questa prima fase, come sostegno ed accompagnamento si è mostrato estremamente essenziale ed
efficace. L’essere infatti seguita da una figura in cui si ripone completa fiducia e che conosce nel
dettaglio le peculiarità di quel determinato corso di laurea, ha facilitato Chiara nel limitare
notevolmente la valutazione delle difficoltà, circoscrivendole solo ad alcuni eventi percepiti come
più critici.
2.2. Seconda Fase: riconoscimento dello stile di apprendimento e cognitivo e delle modalità
privilegiate messe in atto durante studio
Nella seconda fase del tutorato, avviata nel mese di Novembre si sono svolte le seguenti azioni:
AA.VV. , Disabilità intellettiva a scuola. Strategie efficaci per gli insegnanti, Erickson, Trento 2014, p.267.
C. Girelli, Promuovere l’inclusione scolastica, La Scuola, Brescia 2011.
10
11
© Sasanelli L.D. – 1° Convegno internazionale “Sono adulto! Disabilità. Diritto alla scelta e progetto di vita” – 4 e 5 marzo 2016
3

osservazione sistematica diretta durante la fase dello studio individuale (gestione dei tempi,
degli spazi, utilizzo di materiale specifico), redazione di un diario di bordo (ove si sono
annotati i principali punti di forza e le criticità presentate dalla studentessa) e colloqui
individuali con la mamma, per avere un visione diacronica e sincronica dei processi
d’apprendimento.
 Somministrazione dei questionari QAS (Questionario sull’approccio allo studio) e QSS
(Questionario sulle strategie di studio)12 per identificare le modalità organizzative e
operative privilegiate messe in atto durante lo studio individuale.
Queste prime due azioni sono state indispensabili per conoscere punti di forza e “ombre” di cui era
portatrice Chiara e per ricercare i “punti vivi” sui quali basare una buon intervento di tutoraggio.
PUNTI DI FORZA
CRITICITA’
SOLUZIONI ADOTTATE
Adeguate abilità linguistiche
(stile cognitivo verbale)
Predisposizione verso
l’imparare a memoria
(apprendimento meccanico)
Interventi mirati per approccio
alla materia, attraverso
differenti mediatori didattici,
rendendo “accessibili”
soprattutto quei contenuti più
tecnici, vissuti in maniera
troppo “distante”. Attività di
ripasso attraverso domande
guida e per la rielaborazione
profonda perché solo se i
concetti disciplinari sono
significativi, ripetuti e
organizzati tendono ad essere
interiorizzati (apprendimento
significativo).
Sufficienti prestazioni
mnestiche
Difficoltà nella memoria di
lavoro. Rigidità di pensiero e
difficoltà nel generalizzare le
conoscenze apprese.
Incentivare collegamenti
interdisciplinari anche fra
esami affini (privilegiando la
comprensione sulla
memorizzazione) mediante il
recupero delle conoscenze
pregresse già in possesso della
studentessa, attraverso schemi
di comparazione e domande
guida.
Elevata motivazione allo studio Difficoltà nell’autonomia di
e motivazione intrinseca
applicazione (controllo,
all’apprendimento.
pianificazione ed
organizzazione dei propri
impegni)
Attivazione del servizio di
assistenza domiciliare da parte
del Comune di Ancona anche
per ottimizzare lo studio a casa.
C. Cornoldi, R. De Beni, Gruppo MT, Imparare a studiare, Erickson, Trento 2015.
12
© Sasanelli L.D. – 1° Convegno internazionale “Sono adulto! Disabilità. Diritto alla scelta e progetto di vita” – 4 e 5 marzo 2016
4
Riconoscere e valorizzare lo stile d’apprendimento e cognitivo della studentessa e le sue peculiari
modalità di approccio allo studio, ha costituito il punto di partenza per la preparazione del suo
primo esame universitario (Pedagogia generale). Sempre in questa prima fase iniziale sono stati
contattati i professori degli insegnamenti con i quali si è concordata la suddivisione del programma
(in base ai tempi più lunghi d’apprendimento della studentessa), le modalità più idonee per lo
svolgimento degli esami intermedi e finali e l’eventuale presenza di strumenti compensativi e
dispensativi durante gli stessi.
2.3. Terza Fase: adattamento dei materiali di studio
Nella fase di preparazione degli esami universitari, al fine di rendere significativo l’apprendimento
e attiva la partecipazione, l’attività di tutorato si è concretizzata in un’attenta analisi del testi
universitari adottati negli insegnamenti. Il fine è stato quello di individuare e ridurre gli elementi di
difficoltà in essi contenuti soprattutto da un punto di vista contenutistico (argomenti troppo lontani
dalle conoscenze pregresse possedute), linguistico (modalità espositive del testo troppo complesse)
e cognitivo (limitato confronto fra concetti, difficoltà nel pervenire alla sintesi e alla
generalizzazione degli apprendimenti)13. Successivamente, si è effettuato l’adattamento degli stessi
testi mediante la “semplificazione, schematizzazione e ristrutturazione del testo” (secondo livello
del modello proposto da proposto da Scataglini e Giustini).14 Presentando gradualmente, negli
incontri di tutorato, materiale chiaro e semplice, “organizzato” sullo stile di apprendimento di
Chiara, quest’ultima ha potuto direttamente focalizzare i concetti centrali dei differenti
insegnamenti (si precisa che per evitare un sovraccarico cognitivo, nel primo semestre si è preparato
un esame alla volta, mentre nel secondo semestre, si sono affrontati anche due insegnamenti
contemporaneamente). Di fronte ad esami diversi per tipologia di contenuto la studentessa è stata
stimolata ad utilizzare non solo il canale verbale (da lei ampiamente utilizzato e privilegiato) ma
anche a far uso di altre strategie che generalmente non metteva in atto, ma comunque alla sua
portata (ad esempio creazione di mappe lineari e schemi per ricordare nozioni) .Ciò le ha consentito
di superare, gradualmente, la naturale tendenza dell’ “imparare a memoria”, per sostenere, invece,
la comprensione e l’esposizione orale “ragionata”.
Per fare un esempio concreto, per la preparazione dell’esame “Educazione motoria” si è fatto
ricorso, come rappresentato nella tabella sottostante, all’uso di differenti mediatori didattici:
OBIETTIVO
Ricordare le tappe dello sviluppo motorio
Esporre le diverse fasi esecutive di giochi
motori
Ricordare le principali implicazioni delle teorie
piagetiane, bruneriane e gadneriane in ambito
motorio
MEDIATORE DIDATTICO UTILIZZATO
Mediatore analogico (didattica esperienziale):
simulazione e riproduzione concreta dei gesti
motori.
Mediatore iconico (didattica dell’immagine):
recupero delle informazioni attraverso la
visualizzazione delle rappresentazioni grafiche
Mediatore simbolico (didattica per concetti):
proponendo dopo i riassunti scritti, una mappa
concettuale, che andasse a stimolare la
visualizzazione.
D. Ianes, S. Cramerotti, Il piano educativo individualizzato, Erickson, Trento 2009, p. 180.
C. Scataglini, A.Giustini, Adattamento dei libri di testo: semplificazione progressiva delle difficoltà, Erickson, Trento
1999.
13
14
© Sasanelli L.D. – 1° Convegno internazionale “Sono adulto! Disabilità. Diritto alla scelta e progetto di vita” – 4 e 5 marzo 2016
5
Menzionare le principali differenze che
intercorrono
fra le differenti forme di psicomotricità
(Psicomotricità con ob. funzionali e cognitivi/
psicomotricità. a carattere espressivo,
psicomotricità a carattere terapeutico etc..)
Mediatore tecnologico, attraverso la
visualizzazione di brevi filmati a titolo
esemplificativo.
3. La seduta tutoriale: fasi salienti
Per garantire alla studentessa una stabilità e ricorsività nelle sedute di tutorato, ciascuna è stata
suddivisa fondamentalmente nei seguenti momenti:
1. RECUPERO CONOSCENZE PREGRESSE: in apertura, come in itinere, si è operato
rimandando a concetti o parti del programma già trattati.
2. PRESENTAZIONE DEL MATERIALE DIDATTICO ADATTATO: (attraverso
mediatori didattici variegati): l’avere a disposizione materiale già facilitato (brevi
schemi/riassunti/ didascalie/simulazioni /video esplicativi, esempi concreti), senza perdersi
fra le pagine dei corposi testi universitari, ha contribuito a far focalizzare l’attenzione della
studentessa sulle conoscenze più importanti dell’esame, accelerando e rendendo più
fruttuosi i tempi di preparazione.
3. ESPOSIZIONE ORALE/RIPASSO DEI CONTENUTI GIA’ AFFRONTATI:
attraverso collegamenti con conoscenze pregresse e connessioni interdisciplinari, utilizzando
esempi concreti e incentivando la produzione personale, Chiara ha compreso che doveva
discostarsi sempre più da un’assimilazione ed esposizione meccanica, ripetitiva ed effimera
dei contenuti, per privilegiare una forma orientata alla comprensione e alla rielaborazione
significativa e duratura delle conoscenze apprese.
4. SIMULAZIONE PROVA D’ESAME: l’anticipazione delle possibili domande, la
predisposizione di piano di risposta, la disponibilità di punti fermi e strategie per affrontare i
momenti di difficoltà durante l’esame, sono stati passaggi essenziali per far vivere
serenamente a Chiara il momento dell’esame, oltre a costituire un valido un momento per
ripassare le conoscenze già interiorizzate
5. AUTAVOLUTAZIONE: al termine di ogni seduta tutoriale la studentessa era invitata a
produrre una semplice valutazione del guadagno apprenditivo connesso alla seduta tutoriale
effettuata.
4. Obiettivi raggiunti
Laurearsi e poter un giorno lavorare con i bambini è il grande sogno di Chiara; un sogno che non è
più un’utopia, ma che si sta concretizzando gradualmente. Attualmente la studentessa è iscritta al
terzo anno di corso ed è prossima al conseguimento della Laurea. I risultati raggiunti, di seguito
esplicitati, sono diversi e “multiprospettici”.
 Anzitutto è noto che “il processo mediante cui l’uomo definisce (delimita, distingue, unifica e
mette in relazione) la propria identità è un fare esperienza che si compie come prova di sé in
relazione agli altri e al mondo”15. Il disabile vive la propria condizione in stretto rapporto con la
propria identità: una identità da riconoscere e da affermare, prima di tutto, nella sua integrità di
15
S. Nosari, Capire l’educazione, Mondadori, Milano 2013, p. 111.
© Sasanelli L.D. – 1° Convegno internazionale “Sono adulto! Disabilità. Diritto alla scelta e progetto di vita” – 4 e 5 marzo 2016
6
identità umana che prescinde da qualsiasi mancanza; ma anche un’integrità da conoscere e da
accettare nel suo essere speciale, cioè portatrice di attenzioni speciali. Così è stato per Chiara: il
primo grande risultato ottenuto da questo percorso è stato quello di fare esperienza, intesa come
spazio per mettersi alla prova, per “formare” e “affermare” la propria identità, per un continuo
esercizio di sé.
 Unitamente a questo obiettivo Chiara ha potuto esercitare e potenziare le autonomie
direttamente sul campo, in un contesto reale e non fittizio. L’Università ha rappresentato per la
studentessa la sua “finestra” sul mondo, il suo punto di accesso: grazie a questa esperienza ha
imparato ad usare i mezzi di trasporto per raggiungere la sede universitaria, a orientarsi lontano
dalla sua città e dai posti a lei più familiari, ad assumere comportamenti adeguati in strada, ad
utilizzare il denaro, tutte operazioni eseguite in completa autonomia.
 La costante “ricerca di autonomia” ha poi portato con sé positive conseguenze in termini di
inserimento sociale: frequentando il mondo accademico Chiara ha potuto allargare sia la rete
delle relazioni interpersonali (fattore che ha contribuito ad accrescere la dimensione del
benessere sociale) sia le prospettive di una vita adulta fuori dalla famiglia di origine
(sviluppando così funzionalità sociale). Nel confronto sociale, l’azione del tutorato è stata per la
studentessa, se vogliamo dirlo in “chiave ICF”, un facilitatore per poter interagire
significativamente in un nuovo contesto, non “incastrandosi” solo e semplicemente nel ruolo di
“fruitrice” di un servizio, ma divenendo parte attiva ed espressione di una intenzionalità e
progettualità che si esplica attraverso il concretizzarsi del proprio Progetto di Vita.
 Infine, come poter tralasciare l’ultimo grande obiettivo: possedere un Progetto di Vita vuol dire
soprattutto “pensare in prospettiva futura”. Possedere desideri, aspirazioni e sogni da
raggiungere ha contributo al rafforzamento e al miglioramento dell’autostima della studentessa.
4.2 L’ “effetto tutore” dell’esperienza
Unitamente alle mete raggiunte dalla Chiara, ve ne sono altre raggiunte dalla tutor che, nel
complesso, vanno a costituire il cosiddetto “effetto tutore”.
Oltre ai contenuti emotivi ed affettivi, che solo una relazione non strumentalizzata e
strumentalizzante sa dare, l’attività di tutorato, concretizzatasi sotto forma di decentramento
cognitivo (riorganizzazione e ristrutturazione del sapere per poterlo comunicare/esporre al meglio
alla studentessa), ha consentito di poter attuare una riflessione sulle proprie conoscenze, sui propri
processi di pensiero e sulle strategie attuate.
Inoltre si sono registrati miglioramenti nel lavoro d’insegnamento specializzato per le attività di
sostegno nella scuola primaria, svolto usualmente dalla tutor.
L’essersi relazionata con il mondo della disabilità in età adulta, ha contribuito ad interiorizzare il
motto di M. Tortello “PENSAMI ADULTO”. Infatti non bisogna farsi carico solo dell’esperienza di
vita del bambino disabile nell’hic et nunc, ma ci si deve abituare a pensarlo come persona in
crescita, come futuro adulto: “[…] un minore, un ragazzo, un giovane in situazione di handicap
cresce nella misura in cui non rimane pensato e agito come “eterno bambino”; cresce in relazione a
come, in famiglia e altrove, lo si aiuta progressivamente ad assumere quei micro-ruoli familiari o
sociali che stanno alla base della successiva assunzione di macro-responsabilità, sia pure rapportate
alla presenza di un deficit e delle compromissioni che ciò può comportare (ma sapendo che è
possibile ridurre o annullare l’handicap)”.16
Questa nuova visione ha portato ricadute estremamente positive e significative sia sul piano
educativo che didattico.
Cfr., www.comune.fe.it, Convegno per Mario Tortello: il suo impegno, il suo messaggio, Torino, 2001-2003
16
© Sasanelli L.D. – 1° Convegno internazionale “Sono adulto! Disabilità. Diritto alla scelta e progetto di vita” – 4 e 5 marzo 2016
7