Cartella stampa Presentazione 14 novembre 2012

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Cartella stampa Presentazione 14 novembre 2012
XIX TROFEO MEZZALAMA
gara di scialpinismo da Breuil-Cervinia a Gressoney attraverso il Monte Rosa
27 aprile 2013
Conferenza stampa di presentazione Milano, 14 novembre 2012
Con il Trofeo Mezzalama torna in Valle d’Aosta un prestigioso appuntamento con lo sci alpinismo internazionale. Una gara unica nel suo genere, quest’anno alla sua XIX edizione, che la Valle d’Aosta è orgogliosa di
ospitare.
Una competizione classica legata alla tradizione delle squadre composte da tre atleti, impegnativa sotto il profilo tecnico, ma al tempo stesso molto suggestiva con la partenza all’alba da Breuil al cospetto del Cervino e la
traversata del Massiccio del Monte Rosa fino ai 4200 metri del Castore prima della discesa su Gressoney.
Un evento straordinario per la nostra regione che da sempre è la culla dell’alpinismo e che vuole farsi conoscere
nel mondo proprio per le sue maestose bellezze. Il Mezzalama per lo sci alpinismo e il Tor des Géants per
l’ultra-trail sono due straordinarie maratone delle Alpi e il punto di riferimento per tutti gli appassionati della
montagna e delle grandi emozioni.
Atleti provenienti da tutto il mondo si sfidano in questo teatro naturale in imprese sportive di altissimo livello e
rappresentano un formidabile esempio per i giovani sportivi e un eccezionale impulso alla valorizzazione della
montagna anche come prodotto turistico.
Oltre al suo evidente carattere sportivo, il Mezzalama è anche al tempo stesso un modo per entrare in contatto
diretto con la montagna vera che ha le sue leggi e i suoi ritmi, ma che fa sognare i numerosi sportivi e appassionati che si avvicinano ad essa con rispetto partecipando ad una vera e propria avventura umana. La sfida
con se stessi, lo spirito competitivo, la solidarietà alpina, ma anche gli scenari naturali unici che si spalancano
davanti agli occhi dei partecipanti sono gli ingredienti di una magìa che si ripete di volta in volta e che saprà
affascinare anche quest’anno.
Un grazie doveroso va a tutti quanti si adoperano per l’organizzazione di questo grande evento sportivo e soprattutto ai tanti volontari che offrono il loro prezioso contributo con impegno e passione.
Augusto RollandinAurelio Marguerettaz
Presidente della Regione Autonoma Valle d’Aosta
Assessore regionale al turismo, sport, commercio e trasporti
Fondazione Trofeo Mezzalama - sede operativa loc. Frachey, Chemin Crocetta 6 - 11020 Ayas (AO)
Telefono +39.348.5252973 | [email protected] | www.trofeomezzalama.it
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gara di scialpinismo da Breuil-Cervinia a Gressoney attraverso il Monte Rosa
27 aprile 2013
Conferenza stampa di presentazione Milano, 14 novembre 2012
80 anni di storia, l’avventura del Trofeo Mezzalama
In 80 anni di storia vera - dal 1933 al 2013 - è davvero cambiato il mondo. E’ cambiata la geografia, la politica,
il clima. Ci sono state svolte epocali e rivoluzioni tecnologiche. Eppure in tutto questo tempo, in questo “quasi
secolo”, il Trofeo Mezzalama è rimasto lì. E’ nato, è sparito per ben due volte, ma è sempre ritornato come se
questa sfida, quest’infinito desiderio di montagna e avventura sia rimasto immutato nel tempo.
In fondo nulla è cambiato per il Mezzalama: le gocce di sudore, le sferzate del vento, la fatica, l’adrenalina che
scorre nelle vene, il freddo, il ghiaccio, la neve, la cordata composta da atleti amici e quella sensazione - dall’alto
dei 4000 - di essere comunque degli eroi e di condividere con gli altri partecipanti quella voglia di confrontarsi
in una competizione che ha fatto la storia. I mezzalamisti rappresentano il giusto mix tra gli uomini di montagna e l’avanguardia della passione agonistica.
«Mi sono avvicinato al Trofeo Mezzalama con profondo rispetto». Dice Adriano Favre responsabile tecnico
della “maratona dei ghiacciai”. «Ho sempre avuto il timore che le mie scelte andassero a intaccare il prestigio del
Mezzalama, - continua Favre - ma questa gara richiede scelte forti, coraggiose, scelte che molte volte mi hanno
esposto personalmente. Nella mia vita da uomo di montagna non ho mai trovato una vetta o un’avventura
alpinistica che mi abbiamo impegnato sia mentalmente sia fisicamente così tanto come il Trofeo Mezzalama».
La “maratona dei ghiacciai” si è saputa evolvere negli anni dimostrandosi una competizione con radici profonde, ma dinamica, al passo con i tempi e proiettata verso le esigenze future. «In questi anni abbiamo cambiato
i regolamenti, - ha detto Favre - ci siamo adeguati alle moderne norme che governano per competizioni di un
certo livello, ma ci siamo persi qualcosa. Per un attimo abbiamo dato per scontato che i partecipanti del Mezzalama pensassero in prima persona alla propria sicurezza, invece, la ricerca della performance agonistica ha
lasciato che le normali abitudini della “vita da montagna”, come quella di portarsi nello zaino un piumino per le
temperature rigide, fossero messe in secondo piano. Proprio per questi motivi nel 2013 ci saranno delle modifiche al regolamento come, ad esempio, l’inserimento dell’abbigliamento tecnico nel materiale obbligatorio».
Portando a oltre 4000 metri di quota centinaia di concorrenti la sicurezza è e deve rimanere l’aspetto fondamentale.
«Oltre a lavorare sui materiali obbligatori - continua la guida alpina di Champoluc - la Fondazione Trofeo
Mezzalama ha deciso di fissare il numero massimo di pattuglie iscritte a trecento squadre. Novecento persone
in quota è il limite massimo per avere sotto controllo la situazione in ogni istante. L’esperienza della scorsa
edizione ci ricorda come basti poco per creare un intoppo lungo il tracciato. L’altro aspetto a cui faremo molta
attenzione sarà la valutazione dei curricula dei singoli concorrenti. Aver partecipato al circuito della Grande
Course sarà un titolo importante dal momento che tutte le gare del circuito richiedono delle spiccate doti alpinistiche. Per quanto riguarda i cancelli orari non saranno modificati. Se li avessimo abbassati avremmo rischiato
di agevolare gli agonisti puri rispetto agli alpinisti che magari sono un po’ meno veloci, soprattutto nella prima
parte del percorso».
Le iscrizioni alla XIX edizione del Trofeo Mezzalama apriranno il 15 gennaio 2013.
Fondazione Trofeo Mezzalama - sede operativa loc. Frachey, Chemin Crocetta 6 - 11020 Ayas (AO)
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Conferenza stampa di presentazione Milano, 14 novembre 2012
comunicato stampa del 1 maggio 2011
La squadra franco-spagnola Burgada-Bon Mardion-Blanc vince “in volata” un severo
Mezzalama precedendo gli italiani Pedrini-Lanfranchi Seletto. Più di mille concorrenti,
un record, ma anche molti ritirati per il gran freddo sui quattromila del Monte Rosa.
Nessun incidente, perfetta organizzazione, molto pubblico.
Mai così tanti concorrenti al via del Trofeo Mezzalama, 18a edizione corso oggi 1° maggio 2011: ben 1080,
come le camicie rosse di Garibaldi, ossia 360 cordate da tre elementi ciascuna, ma anche mai altrettanti ritirati
e squalificati per ritardo ai cancelli orari, segno di condizioni severe, più dure del solito.
Di otto edizioni della “moderna” maratona dei ghiacciai, che dal 1997 si corre ogni due anni da Cervinia a
Gressoney attraverso la vetta del Castore e il Naso del Lyskamm sopra i quattromila sul massiccio del Monte
Rosa, questa è probabilmente stata l’edizione più impegnativa, sia per gli atleti, sia per lo staff organizzatore.
Nulla di strano per la storica “maratona dei ghiacciai” di scialpinismo fondata nel 1933, già celebre come la
gara più alta delle Alpi che richiede a ogni atleta una solida esperienza di alpinista e altrettanta da sciatore. Ma
questa volta più del solito si è fatto sentire il fattore climatico, nella forma di freddo polare, acuito dal vento
da nord. «Direi che in alta quota avevamo dai 15 ai 20 gradi sottozero di freddo percepito, dice la guida alpina
Adriano Favre, direttore tecnico che coordina la complessa macchina del Mezzalama. - Una condizione abbastanza normale in alta montagna a metà primavera, ma indubbiamente più severa di altre edizioni. Forse
simile a quella del 2003».
Ha vinto la cordata franco-spagnola data più favorita alla vigilia di Kilian Jornet Burgada, William Bon Mardion e Didier Blanc in 4h 33’ 58”, battendo quasi in volata, per soli 18 secondi rosicchiati nell’ultimo, breve
tratto senza neve il terzetto dei lombardi Daniele Pedrini, Pietro Lanfranchi e del valdostano Alain Seletto.
Sorprendenti terzi, al loro primo Mezzalama i giovani Michele Boscacci, valtellinese e “figlio d’arte”, Robert
Antonioli con lo spagnolo Marc Pinsach Rubirola. E poi altre sei squadre al di sotto delle 5 ore, a conferma di
una gara molto combattuta.
Grossa delusione per la squadra degli alpini di Matteo Eydallin, Damiano Lenzi e Dennis Trento, tra i grandi
favoriti, costretti al ritiro per crisi da freddo ancora prima del Castore.
Netta e sorprendente la vittoria tra le donne della mammina valdostana Gloriana Pellissier, caporale degli
alpini tornata alle gare dopo la seconda maternità, con le affiatate valtellinesi Francesca Martinelli e Roberta
Pedranzini nel tempo di 5h 28’ 36”.
Le italiane hanno preceduto di 3 minuti e 25” la squadra internazionale della francese Laetitia Roux, con la
rivelazione spagnola Mireia Miro e la svizzera Nathalie Enzensperger. Con un abissale distacco di oltre un’ora
sono terze Tatiana Locatelli, Laura Besseghini e Raffella Rossi con il tempo di 6h 33’ 50”.
Sul tempo dei primi di circa mezzora superiore al record fissato nel 2009 proprio dagli alpini Eydallin e Trento
con Reichegger bisogna notare che il tracciato ha subito una sensibile variante sul Naso del Lyskamm, decisa
da Favre, per far fronte alle peggiorate condizioni del passaggio tradizionale, ora divenuto un muro di ghiaccio.
La variante di carattere alpinistico ha garantito la sicurezza in un punto chiave ed è stata accolta con vivo favore
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dagli atleti. Anche grazie alla gratuita degli impianti di Cervinia e Gressoney la gara è stata seguita da un folto
pubblico senza precedenti: quasi duemila spettatori tra Plateau Rosa e il Colle del Breithorn nella fase iniziale
e moltissimi scialpianisti nella zona della Capanna Gnifetti a seguire la fase finale.
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Conferenza stampa di presentazione Milano, 14 novembre 2012
I numeri del Trofeo Mezzalama
Prima edizione: 27 maggio 1933
Edizioni: 18
Chilometri: 45
Dislivello salita: 2.862 metri
Dislivello discesa: 3.145 metri
Dislivello totale: 6.007 metri
Record maschile (2009): 4.01.22 (Reichegger - Eydallin - Trento, Esercito)
Tempo maschile della 18^ edizione: 4.33.58
Record femminile (2009): 4.43.31 (Martinelli - Pedranzini - Roux, Team Ski Trab)
Tempo femminile della 18^ edizione: 5.28.36
Squadre maschili classificate 2011: 360
Squadre femminili 2011: 22
Nazioni: 23
Quota massima raggiunta: 4.226 metri
Temperatura minima raggiunta: - 22°
Velocità massima vento: 80 km/h (durante la gara)
Punti di controllo: 12
Paline segnaletiche: 2000
Guide alpine impegnate: 50
Volontari: più di 100
Medici: 10
Bivacchi di soccorso: 7
Amici di Facebook: 5000
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Breve storia del trofeo in palio al Mezzalama (1933-2009)
Lo sciatore con il giubbetto attillato a doppio petto e gli scarponi a punta quadra è inconfondibilmente alla
moda degli anni Trenta. Gli sci uniti, le gambe leggermente flesse, le braccia aperte, i bastoncini a grosse rotelle incrociati dietro e il busto in leggera torsione lo mostrano nell’atto di chiudere un elegante cristiania. Lo
sguardo è fisso alla pista nel punto da cui affiora dalla neve il volto in bassorilievo di un uomo con i baffi. Lo
sciatore non sembra proprio uno scialpinista, ma l’uomo con i baffi non può che essere Ottorino Mezzalama
perché questa scultura in bronzo è il trofeo originario dell’omonima gara. Questo è stato il primo, ambitissimo
premio per i vincitori della massacrante maratona sui ghiacciai del Monte Rosa, fondata nel 1933 dallo Ski
Club Torino, dal CAI Torino e dal Club Alpino Accademico per ricordare il grande pioniere dello scialpinismo
vittima di una valanga. Questo è stato il primo trofeo e, per quanto possa sorprendere, finora anche l’unico.
Occorre sapere che il trofeo viene assegnato alla squadra vincitrice di ogni edizione, ma si tratta di assegnazione provvisoria. Infatti ai sensi dello statuto, articolo 4, “il trofeo verrà assegnato definitivamente alla società
che lo avrà vinto per tre edizioni anche non consecutive”. Ciò si è verificato solo due volte fino a oggi, nel 1937
e nel 2009. Va però rammentato che la gara si è disputata solo 17 volte in tutto, con lunghi periodi di assenza
dovuti prima alla guerra e poi al maltempo ricorrente. E precisamente, 6 volte negli anni Trenta, altre 4 volte
negli anni Settanta sempre sul tracciato storico Teodulo-Alpe Gabiet e infine 7 volte dalla rinascita del 1997 a
oggi, con regolare cadenza biennale sul tracciato ben più lungo Cervinia-Gressoney la Trinité.
Cosicché il bronzo con l’elegante sciatore anni Trenta è stato vinto una prima volta, nella sua versione monumentale originaria, dalla squadra della Scuola Militare Alpina in seguito alla raffica di vittorie del 1935, 1936 e
1937. Vale la pena ricordare che quegli alpini furono anche i vincitori della prima medaglia d’oro olimpica dello
sci nazionale nel 1936 a Garmisch, dove batterono per la prima volta gli scandinavi e stracciarono a casa loro
gli alpini di Hitler; una medaglia d’oro epica ma non omologata dal CIO perché la gara era solo dimostrativa.
Lo stesso bronzetto, in una copia molto ridotta, è stato nuovamente vinto in forma definitiva dagli alpini del
Centro Sportivo Esercito nel 2009, terza vittoria che si è sommata alle precedenti e remote vittorie del 1971 e
del 1973. Pertanto il trofeo del Mezzalama, sempre uguale in due formati diversi, è stato vinto definitivamente
solo due volte e sempre dagli alpini. Ed ecco perché dopo il 2009 si è reso necessario inventare un nuovo trofeo,
ed è stato bandito l’attuale concorso tra gli artisti valdostani.
Nella continuità di questa ricostruzione dal 1933 al 2009 c’è però un buco che cela un piccolo giallo, quello
del trofeo 1938, che fu l’ultima vera edizione prima della guerra mondiale. Poiché nel 1937 il trofeo fin qui
descritto era stato vinto definitivamente e da allora lo si ammira nel salone d’onore del castello di Aosta che
ospita il comando della scuola alpina, per la gara del 1938 lo scultore Stefano Borrelli realizzò un nuovo trofeo,
completamente diverso. Si trattava di un bronzo su un basamento di marmo nero che raffigurava uno sciatore
atletico e severo in maglione dolce vita, in piedi sul podio di marmo con la scritta 2° Trofeo Mezzalama. Dritto
come una colonna, lo sciatore con un braccio cingeva un paio di sci lunghissimi stranamente senza attacchi
(probabilmente due sci nuovi in premio), mentre l’altro braccio piegato sul petto reggeva la corda arrotolata e
la testa della piccozza contro gli sci. Sullo sfondo una cordata di tre sci alpinisti in azione, piegati dallo sforzo
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della salita, alludevano al Mezzalama. Quel trofeo piuttosto pregevole, per quanto consono allo stile fascista,
è stato vinto nel 1938 dalla cordata di tre valtellinesi del Dopolavoro Azienda Elettrica Municipale di Milano,
ma poi con la guerra è scomparso. Non sappiamo se nel 1971, alla prima rinascita del Mezzalama, sia stato
scartato per via dello stile, o perché, più probabilmente, non è mai stato restituito dalla società che lo deteneva
provvisoriamente, come invece imponeva l’articolo 5 dello statuto. (Pietro Crivellaro)
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La storia del Trofeo Mezzalama. Dalla nascita della gara alla creazione della Fondazione
1933-1938, nasce la leggenda
La gara più alta e più antica delle Alpi
Una gara massacrante, eppure affascinante, assolutamente speciale, pressoché unica al mondo. Molti non esitano a definirlo una leggenda. Per quanto il linguaggio sportivo abbondi di iperboli e superlativi, nel caso del
Trofeo Mezzalama i titoli d’eccellenza sono inoppugnabili. La “maratona bianca” che oggi si disputa da Cervinia a Gressoney, nell’aria sottile dei ghiacciai valdostani del Monte Rosa, passando dalla vetta del Castore e
dal Naso del Lyskamm a oltre quattromila metri di quota, è la gara più alta delle Alpi. Essendo poi nata nel
1933, è anche la più antica competizione dello sci tuttora viva, anzianità che del resto ha pochi confronti in
qualsiasi altro sport.
Eppure finora in settantacinque anni si è disputata sedici volte appena, oltretutto ben distanziate in tre fasi
distinte: sei edizioni negli anni Trenta, quattro negli anni Settanta, e sei ai giorni nostri.La rarità della gara si
spiega con l’onere e le difficoltà che comporta organizzarla, aggravati dalla ricorrente incognita del tempo che
più volte ha costretto ad annullarla. È anzitutto il “fattore Monte Rosa”, l’ambiente indomabile e imprevedibile
dell’alta montagna, che fa del Mezzalama un evento raro e speciale. Ma per spiegarne la leggenda non può bastare il “terreno di gioco”.
L’alpinismo diventa sport
Per svelare l’aura epica che ancora affascina i giovani del duemila è indispensabile scavare nella storia. Dobbiamo riportarci all’inizio degli anni Trenta dell’altro secolo, collegare la nascita del trofeo al clima di ardimento
e di riscossa dell’alpinismo italiano nella stagione eroica del “sesto grado”, che a sua volta va inquadrata nel più
generale, enorme sviluppo dello sport voluto dal fascismo. Al di là della retorica d’epoca, i successi sportivi
dell’Italia del Duce sono clamorosi: alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1932 gli azzurri strappano un numero di
medaglie secondo solo agli Stati Uniti, nel 1934 vincono la coppa del mondo di calcio, che rivincono nel 1938
a Parigi, mentre Gino Bartali trionfa al Tour de France. Sull’onda dei successi, i giornali e la radio alimentano
la popolarità di massa dei campioni sportivi, il primo star system.
Anche lo sci, che fino ad allora è stato una pratica elitaria e borghese, funzionale e subalterna all’alpinismo, alla
fine degli anni Venti si emancipa e diventa uno sport autonomo: lo sci da pista è più ludico e gradito alla massa
dello scialpinismo che rimane una faticaccia rischiosa. Rinomate località di villeggiatura estiva si trasformano
in stazioni invernali che organizzano gare di sci alpino e si attrezzano con appositi impianti di risalita - slittovie
e funivie. L’Italia mussoliniana si pone all’avanguardia inventando ad hoc Sestriere e Cervinia.
In montagna per la patria
Mentre si diffonde lo sci, il fascismo impone a ogni attività di montagna un netto carattere sportivo e popolare.
Nel 1929 il Club Alpino Italiano si rafforza assorbendo d’imperio tutte le altre associazioni minori e diventa
una federazione sportiva aggregata al Coni, che deve così trasferirsi da Torino a Roma. Poco dopo Mussolini,
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che è il primo a confondere gli alpinisti con gli alpini, affida il Cai al bolognese Angelo Manaresi, decorato della
Grande Guerra, che è anche presidente dell’Associazione Nazionale Alpini e per un certo periodo viceministro della guerra. Con lui, che governerà il Cai fino alla caduta del regime, l’esaltazione dei campioni del sesto
grado si intreccia stabilmente con il mito delle penne nere, due facce di un’unica concezione dell’eroismo cara
al regime.
L’ideologia del Club Alpino paramilitare è dichiarata senza mezzi termini sul quindicinale milanese Lo Scarpone. Nell’articolo-manifesto Sci: passione di folle del 1° marzo 1932, Odo Sciamengo scrive: “Le facilitazioni
che il Governo e le Autorità militari largiscono agli sciatori sono date appunto con il preciso intento di fare
negli anni che verranno, della nostra barriera alpina, non una semplice espressione geografica o figura retorica,
ma il principale elemento del nostro ordine militare. (...) Ancora troppi sciatori usano gli sci per semplice svago
e ricreazione. Occorre che le competizioni sportive e specialmente le salite invernali entrino nell’abitudine della
massa. Necessita cambiare le mete e anziché rigare di piste parallele i soliti affollatissimi campi domenicali,
preferire la rude competizione che scaglia l’uomo verso il traguardo e amare la nuda montagna nevosa dei
confini, dove spira il vento di libertà che è nato dal sangue e dal dolore.” Leggi, la Grande Guerra, epopea degli
alpini.
Ottorino Mezzalama, un pioniere
Ecco perché non può essere sufficiente ricondurre tutto all’esempio del pioniere dello scialpinismo Ottorino
Mezzalama a cui è intitolata la gara. Di lui, nato a Bologna nel 1888 e divenuto torinese dopo la laurea in Scienze Commerciali, si sa che praticò ginnastica, scherma e canottaggio, ma si tramandano soprattutto notizie
sull’intensa attività in montagna. Durante la Grande Guerra, egli si distinse come istruttore degli alpini sciatori
e negli anni Venti si dedicò all’esplorazione sciistica della catena alpina, tracciando un’ideale haute route invernale delle Alpi, dalle Liguri al Brennero. Mentre si accingeva a completare il tragitto sognato, il 23 febbraio
1931 restò vittima di una valanga in Alto Adige. Per ricordarlo degnamente, gli amici torinesi del Club Alpino
Accademico e dello Ski Club Torino pensarono di organizzare una manifestazione senza precedenti.
Un tracciato estremo
Nel 1932 si progettò una staffetta sulle modeste cime della Val Susa, poi naufragata per mancanza di neve. Prese
così quota l’anno dopo il più ardito e affascinante tracciato sui ghiacciai del Monte Rosa, attraverso il Castore
e il Naso del Lyskamm. Ci furono in seno al Cai accese discussioni, sia tecniche, sulle difficoltà e i rischi ambientali di un percorso d’alta montagna, sia ideologiche, sulla liceità della competizione, poco in linea con le
tradizioni del Club Alpino. Il progetto fu messo a punto dall’ingegner Piero Ghiglione, infaticabile esploratore
ormai cinquantenne, ben conscio dei risvolti internazionali. Gli diede man forte il quarantacinquenne Pietro
Ravelli, detto Pipi, contitolare con il fratello e noto alpinista Cichìn (Francesco) di una bottega di articoli
per lo sci e l’alpinismo divenuta storica a Torino: si diffondevano allora i primi sci con le lamine metalliche.
I due, con il giovane Adolfo Vecchietti, 25 anni, corsero poi la gara per lo Ski Club Torino. Quanto alle riserve sull’agonismo, nell’acceso fervore sportivo allora in auge, bastò un astuto sofisma: la massima velocità
per l’alpinista è anche sinonimo di sicurezza, poiché abbrevia l’esposizione alle insidie dell’alta montagna. Il
comando delle truppe alpine aderì fornendo attrezzature logistiche e il servizio radio. Decisivo fu il patrocinio
del quotidiano La Stampa che fornì mezzi di trasporto e trasformò la gara in un evento.
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Anni 70: la seconda vita
Rinasce lo scialpinismo…
Devono passare ben trentatre anni prima che rinasca l’indimenticabile gara. Trentatrè come si sa è una marcia
tipica delle fanfare alpine, ma per la nostra storia è un periodo lunghissimo, in cui le cose sono radicalmente
cambiate. Dopo il trauma della guerra e il crollo del fascismo, c’è stata la dura fase della ricostruzione, seguita
dal boom economico e dalla ventata del sessantotto. Sulle Alpi i giovani rifiutano la retorica eroica e riscoprono
la “libera”; aprendosi ai modelli d’oltralpe e dei californiani sperimentano il “settimo grado”. Lo sci è diventato
uno sport di massa che porta nelle valli un crescente benessere, ma ne cambia pure la faccia, non sempre in
meglio. Lo sci agonistico, con i successi di Gustavo Thoeni, comincia un ciclo positivo che darà vita alla “valanga azzurra”. Lo scialpinismo invece sopravvive come sport di nicchia: a Torino grazie ai corsi della Sucai e
alla tradizione dello Ski Club, in Valle d’Aosta grazie alle “settimane scialpinistiche” di Toni Gobbi, la guida di
Courmayeur che muore nel 1970 sotto una valanga in Alto Adige, come Ottorino Mezzalama: è lui il suo vero
erede che realizza nel dopoguerra l’ideale delle hautes-routes estraneo all’agonismo delle gare, che non sono
affatto sparite.
Mentre in Val Brembana è risorto il Trofeo Parravicini, nato nel 1936, negli anni Sessanta si diffonde il fenomeno dei rally, un insieme di prove di destrezza (discesa con ferito, calata a doppia su fungo di ghiaccio, costruzione igloo…) ideato nel 1950 dal radiologo parigino Raymond Latarjet per il Club Alpin Français. Sul modello
francese, il Fior di Roccia di Milano organizza dal 1960 il Rally scialpinistico italiano, lo Ski Club Torino il Rally
della Mautino e la Ugolini di Brescia il Rally dell’Adamello, entrambi dal 1961. Seguono nel 1965 il Rally delle
Tre funivie nel Lecchese e nel 1968 il Rally del Bernina.
… la gara diventa mondiale (1971, 1973, 1975)
Questo il clima in cui l’idea più volte vagheggiata dai veterani alpini di ridar vita al Trofeo Mezzalama diventa
realtà, per la tenacia del direttore dell’azienda per il turismo di Gressoney, Romano Cugnetto. Il 23 febbraio
1970, anniversario della scomparsa di Mezzalama, Cugnetto convoca una riunione da cui nasce un imponente
comitato presieduto dal vincitore del 1936 Francesco Vida, ora generale della riserva: gli alpini assicurano massicci aiuti logistici con tre elicotteri, l’Aeronautica il servizio meteo, la Valle d’Aosta - ora Regione Autonoma - il
sostegno finanziario.
La settima edizione del Mezzalama, rinviata a giugno prima per maltempo, poi per il rischio valanghe, si svolge
finalmente l’11 settembre 1971 sul percorso da Plateau Rosà alla Capanna Gnifetti. La gara è dominata dai fratelli di Asiago Gianfranco, Aldo e Roberto Stella del Centro Sportivo Esercito di Courmayeur nel tempo record
di 3 ore, 9’, 39”.
Nell’edizione 1973 rivincono gli alpini e la supremazia delle cordate militari resta schiacciante: il Mezzalama
non è più la frontiera dello scialpinismo, ma una gara ibrida dominato da fondisti di professione che sfidano
le intemperie d’alta montagna in tutine e sci stretti. L’edizione 1975, che vale come campionato mondiale di
scialpinismo, richiama ben 56 squadre partecipanti, un record. Nel vano tentativo di far chiarezza tra professionisti e amatori vengono suddivise in tre categorie: militari, guide e civili. Ma la gara che conta resta quella
dei militari.
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Cervinia-Gressoney, il nuovo Mezzalama
1997. La gara diventa moderna
Dovevano passare anni prima che in Valle d’Aosta si riaccendesse l’entusiasmo, la voglia di riaffrontare la sfida.
E in montagna dovevano accadere fatti nuovi che, nel corso degli anni Ottanta, minano vecchi pregiudizi
contro l’agonismo. Mentre a Bardonecchia nel 1985 nascono le gare di arrampicata, nel Beaufortin presso
Albertville si disputa la prima Pierra Menta, nuova formula di rally a saliscendi, con canali ripidi, che dura
quattro giorni. Per anni gli agguerriti padroni di casa vengono battuti dal valtellinese Fabio Meraldi, prima
con Adriano Greco, poi con Enrico Pedrini, un ex fondista. Intanto nel Vallese nel 1984 è risorta la Patrouille
des Glaciers, la traversata Zermatt-Verbier sperimentata dagli alpini svizzeri durante la guerra sul modello del
Mezzalama, ma troncata alla terza edizione nel 1949 dalla morte di tre uomini in un crepaccio. Mentre gare e
campionati di scialpinismo fioriscono sulle Alpi, sui Pirenei e perfino sui Tatra, la Dynafit inventa un sistema
di attacchi superleggeri con appositi scarponi in grado di competere con gli sci stretti dei fondisti.
L’aria nuova viene fiutata dal Consorzio Turistico del Monte Rosa che, convinto del primato del Mezzalama,
con il sostegno della Regione Valle d’Aosta crea nel 1993 una fondazione per ridar vita alla storica gara fin dal
1995. Per affrontare la sfida con le migliori garanzie il presidente Luciano Caveri e il direttore Adriano Favre,
guida di Champoluc, puntano su uno staff di guide alpine del Monte Rosa, professionisti esperti, in grado di assumersi responsabilità. Le difficoltà a coprire il budget consigliano un rinvio al 1997, quando ai fondi regionali
si sommano quelli di sponsor propiziati dal manager Silvio Scaglia, che resterà convinto sostenitore della gara.
Il moderno Mezzalama risorge alle cinque del mattino del 3 maggio - finalmente una splendida giornata di
sole - quando scatta dalle piste di Cervinia il plotone di 39 squadre (una di donne) alla volta di Plateau Rosa.
Le cordate, secondo tradizione, restano da tre elementi, che ora partono insieme, non più scaglionate come nel
passato. Ma soprattutto affrontano subito un supplemento di 1500 metri di dislivello per congiungersi al tragitto classico. Anche l’arrivo si sposta dal Gabiet fin giù a Gressoney-la-Trinitè. Con il duplice allungamento,
giustificato dai progressi dei materiali e delle prestazioni, la “maratona bianca” attraverso la vetta del Castore e
il Naso del Lyskamm diventa una traversata perfetta per gli atleti e più fruibile dal pubblico.
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