Ricerca radiotelemetrica

Transcript

Ricerca radiotelemetrica
Hanno contribuito al progetto:
Regione Abruzzo
Regione Molise
Parco Nazionale della Majella
Parco Nazionale
d’Abruzzo Lazio e Molise
Parco Nazionale
del Gran Sasso Monti della Laga
Riserva Naturale
Gole del Sagittario
Ministero dell’Istruzione
dell’Università e della Ricerca
Ufficio Scolastico Regionale per l’Abruzzo
L’Aquila
Parco Naturale Regionale
Sirente Velino
Parco Naturale Regionale
dei Monti Simbruini
Riserva Naturale
Monte Genzana Alto Gizio
Riserva Naturale Parziale
Montagne della Duchessa
Provincia
Autonoma di Trento
WWF Abruzzo
Università della Tuscia
Viterbo
Università La Sapienza
Roma
Corpo Forestale dello Stato
Coordinamenti Regionali di L’Aquila, Campobasso e Roma
Coordinamenti Provinciali di L’Aquila, Chieti, Pescara, Teramo, Isernia, Frosinone, Roma
Coordinamenti Territoriali per l’Ambiente di Guardiagrele, Civitella Alfedena, Assergi, Visso
Coordinamenti Distrettuali di Pescasseroli, Avezzano, Sulmona.
Un particolare ringraziamento a tutto il personale dei Comandi Stazione Forestale
che ha contribuito al progetto
e a tutti coloro che hanno partecipato alla raccolta dei campioni biologici
2
Sommario
Introduzione ........................................................................................................................................... 4
Materiali e metodi .................................................................................................................................. 4
Tube trap.......................................................................................................................................... 10
Prove simulate di cattura e rilascio dell’animale ............................................................................. 12
Scelta dei sistemi radiotelemetrici simulazioni radiotelemetriche e verifica della funzionalità . 14
Attività svolte nel 2003........................................................................................................................ 15
Simulazioni di cattura con la tube trap .............................................................................................. 16
Risultati ................................................................................................................................................ 19
Conclusioni .......................................................................................................................................... 20
Bibliografia........................................................................................................................................... 23
3
AZIONE
F1:
RICERCA
RADIOTELEMETRICA
A
FINI
APPLICATIVI
E
GESTIONALI
Prodotto Identificabile
Introduzione
In modo molto sintetico possiamo dire che la radiotelemetria è una tecnica che permette di
marcare individualmente un dato animale e di seguirne gli spostamenti o l’attività attraverso la
ricezione, mediante appositi apparecchi e antenne riceventi, delle onde radio emesse da un
trasmettitore (radiocollare) applicato al soggetto.
Lo sviluppo delle tecniche di radiotelemetria ha avuto un’enorme influenza sulla ricerca
scientifica applicata alla fauna selvatica permettendo di effettuare ricerche anche su specie elusive
come l’orso bruno marsicano di cui non sono completamente noti sia gli aspetti della biologia che
dell’etologia.
Questa tecnica di ricerca, se applicata ad un numero significativo di soggetti e per un periodo di
tempo adeguato al tipo di indagine che si vuole condurre, consente infatti di indagare su: stima ed
analisi dell’home range (Pedrotti et al., 1995), selezione dell’habitat e distribuzione delle risorse
(Bekoff e Mech, 1984; Aebischer et al.,1993; White e Garrot, 1986); distribuzione degli individui,
interazioni e dispersioni (Siniff e Tester, 1965; Springer, 1982; Garrot et al., 1987; Johnson, 1989; Mc
Culloch e Cain, 1989); strategie alimentari e riproduttive (Bekoff e Wells, 1982); ritmi di attività
(Cederlund, 1981; Georgici, 1981); stime di densità di popolazione (White e Garrot, 1990); stime di
tassi di sopravvivenza e mortalità (Cooper, 1978; Bunck, 1987; Pollock et al., 1989).
Sulla base di queste premesse si era scelto di effettuare catture di alcuni esemplari su cui
attivare uno specifico protocollo di monitoraggio finalizzato a trarre indicazioni gestionali per la
salvaguardia della specie, pur sapendo che, sulla base delle precedenti ricerche attuate, si stava
operando in una zona esterna alla core area della specie, e quindi su un ridotto numero di esemplari a
presenza sporadica.
Di seguito vengono illustrate le attività svolte che, nonostante il notevole impegno profuso, non
hanno consentito la cattura di alcun soggetto; questa situazione deriva in parte dall’area in cui si è
operato, dall’altra dal fatto che, operando su di una specie particolarmente vulnerabile, si è scelto di
catturare solo nelle aree in cui fosse possibile mettere in atto tutte le misure in grado di minimizzare i
rischi per l’incolumità del soggetto da catturare, sempre presenti nelle operazioni di cattura.
Materiali e metodi
La tecnica per la cattura di orsi in natura che finora ha dato i migliori risultati è quella
dell’immobilizzazione meccanica dei soggetti tramite l’utilizzo del laccio di Aldrich (Aldrich Trap Co.)
(Figura F1.1) seguita da immobilizzazione chimica (Addison e Kolenosky, 1979, Gentile et al., 1996),
in cui viene indotta la narcosi nel soggetto catturato mediante la somministrazione di sostanze
chimiche attraverso la teleanestesia (iniezione a distanza mediante un dardo autoiniettante sparato in
genere con strumenti lanciasiringhe ad aria compressa (Figura F1.2). Per la cattura e
l’immobilizzazione chimica degli animali è stato acquistato un fucile per la narcosi Telinject GUT 50,
4
2
con propulsore di caricamento per cartucce a CO , canna di 1 m, diametro 11 mm, con relative
siringhe (comprese scorte) e medicinali necessari non solo per le narcosi ma anche per far fronte alle
necessarie terapie, profilassi ed eventuali medicazioni. Inoltre sono stati acquistati dispositivi di rilievo
dei dati biometrici, bilancia dinamometrica, tripode, rete per pesatura e fari brandeggiabili per il lavoro
notturno.
Ovviamente ogni operazione di cattura comporta dei rischi per l’animale dovuti all’anestesia e
quindi al dosaggio dell’anestetico che viene deciso dal veterinario stimando ad occhio il peso
dell’animale e all’effetto dello stesso e, per l’operatore a causa delle imprevedibili reazioni dell’orso.
Sia per minimizzare tali rischi che per rispondere a precisi adempimenti previsti dalla normativa
vigente, nella fase preparatoria dell’azione sono stati redatti un progetto esecutivo-operativo ed un
protocollo operativo tecnico veterinario per le operazioni di cattura di orsi in natura (Allegati alla
seconda relazione tecnica intermedia); questo ultimo protocollo è stato inserito nel Piano di Azione per
l’orso bruno marsicano, in corso di realizzazione da parte del competente Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio. Inoltre, come previsto dal D.P.R. 357/97 il progetto di cattura è stato
sottoposto ed approvato ad ottobre del 2000 sia dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio che dall’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica (Allegato F1.1 e F1.2).
Per aumentare le probabilità di catture mantenendo comunque alti standard di sicurezza per gli
operatori e per gli orsi è stata progettata, realizzata ed utilizzata, oltre ai lacci di Aldrich, anche una
tube trap simile a quella già sperimentata in Canada. Anche in questo caso è stata richiesta apposita
autorizzazione al Ministero dell’Ambiente e del Territorio che hanno approvato il progetto (Allegato
F1.3) nel giugno del 2002 (Allegato F1.4 e F1.5).
Figura F1.1. Laccio di Aldrich.
5
Altro aspetto di assoluto rilievo nell’esecuzione dell’azione è stato quello relativo alla scelta del
sito di cattura in quanto, pur operando sempre all’interno di aree tutelate e gestite direttamente dal
Corpo Forestale dello Stato, si è ritenuto necessario minimizzare ogni possibile rischio per gli animali
da catturare.
Pertanto per la scelta del sito di cattura sono stati rispettati i seguenti criteri:
-
facilità e rapidità di accesso del sito con automezzi fuoristrada;
-
idoneità morfologica del territorio, ovvero superficie pianeggiante e priva di rocciosità
affiorante;
-
scarsa possibilità di disturbo da parte di escursionisti, allevatori, cittadini in genere;
-
distanza da potenziali fonti di rischio (strade, linea ferroviaria, infrastrutture, etc.);
-
buona copertura del segnale radioelettrico indispensabile per i radioallarmi collegati alle
trappole;
-
frequentazione accertata da parte degli orsi.
Durante la fase di indagine dei possibili siti è stato assegnato un punteggio con valutazioni da 1
(scarsa idoneità) a 5 (idoneità ottimale) per ognuna delle caratteristiche prese in esame nei singoli siti.
Figura F1.2. Fucile lanciasiringhe ad aria compressa.
Al termine dell’indagine l’area più idonea è risultata quella del Monte Curio Nord, nella Foresta
Demaniale Regionale di Chiarano Sparvera (Figura F1.3), unitamente a quella dei Pozzacchi nella
Foresta Demaniale Valle Cupa (Figura F1.4). Tuttavia per ragioni legate alla miglior copertura del
segnale radio ed al minor tempo occorrente per raggiungere il sito, si è preferito il primo, riservandosi
ovviamente di attivare il secondo in alternativa, con gli adeguamenti tecnici necessari (ponte radio,
recinto, picchetti per ancorare i lacci di Aldrich, etc.).
6
Figura F1.3. Sito di cattura del Curio Nord.
Figura F1.4. Il sito di cattura in località “Pozzacchi” di Valle Cupa.
Dopo i primi tentativi di cattura, vanificati dall’assenza di esemplari nell’area, si è deciso di
valutare possibilità alternative, in modo da raggiungere comunque gli obiettivi del progetto.
Per la scelta dei siti sono state valutate diverse ipotesi, seguendo comunque i criteri fissati nel
progetto di cattura approvato dall’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica. Tuttavia si è dovuto
verificare che, pur avendo altri siti potenziali a disposizione, questi avevano tutti il grosso limite di
trovarsi all’esterno delle aree demaniali protette e per giunta in aree aperte al normale regime
7
venatorio (Figura F1.5). In pratica i siti alternativi potevano essere utilizzati, ma con rischi potenziali
per gli eventuali animali da catturare tali da non convincere completamente il team di cattura.
Il sito di cattura, a forma di poligono irregolare con perimetro di circa 30 m e diametro di 10 m, è
stato realizzato mediante una barriera di rami secchi alta circa 1,5 m. La continuità del recinto è stata
interrotta all’altezza dei 4 alberi preselezionati quali punti di ancoraggio dei cavi trappola. In questo
modo sono stati predisposti dei passaggi obbligati che l’animale doveva percorrere per arrivare
all’esca alimentare posta al centro del recinto. Al centro di questi passaggi obbligati è stata posta,
nascosta in una piccola buca, l’asta mobile della trappola modello Aldrich necessaria per
l’immobilizzazione meccanica dell’orso. La distanza tra un passaggio obbligato e l’altro, e tra un laccio
e l’altro è stata calcolata in modo da impedire il contatto fisico tra due orsi presi contemporaneamente
in due lacci adiacenti. I siti di cattura sono stati pasturati con esche vegetali o carcasse di animali.
Queste ultime sono state di volta in volta preventivamente controllate e certificate come idonee
– cioè prive di agenti patogeni nocivi all’orso sia direttamente che indirettamente - dal Servizio
Veterinario dell’ASL n° 1 di Avezzano-Sulmona.
Il controllo dei siti è stato effettuato due volte alla settimana da personale adeguatamente
addestrato dell’Ufficio Foreste Demaniali di Castel di Sangro ed era finalizzato a:
-
verificare la presenza dell’orso in zona tramite la rilevazione in campo degli indici di
presenza,
-
rifornire di cibo il sito;
-
verificare il funzionamento della telecamera a circuito chiuso e raggi infrarossi sistemata in
vicinanza del sito di cattura del Monte Curio Nord.
8
-
Figura F1.5. Localizzazione dei siti di cattura alternativi.
Per il sistema di radiollarme di cattura è stato utilizzato un dispositivo radioemettitore, composto
da una rete di sensori di movimento collegati elettricamente in serie, ad ognuna delle trappole
innescate. I sensori sono stati connessi tramite una linea elettrica aerea passiva, ad un trasmettitore
VHF munito di microprocessore acustico e sintonizzabile in un ampio range di frequenza.
I sensori una volta attivati trasmettevano il segnale di allarme alla base operativa predisposta
presso una struttura disponibile a circa 10 minuti di automobile.
Il dispositivo, alimentato da una batteria da 12 volt 7 Ampere, aveva una autonomia in stand by,
di circa 20 giorni ed in trasmissione di circa un’ora. La sua attivazione determinava anche l’accensione
del sistema di videomonitoraggio. Tale sistema è stato progettato per assicurare un collegamento
ottimale per una distanza lineare di 2.500 metri, suddivisa in due tratte e prevedeva una sezione di
ripresa composta da una telecamera stagna bianco/nero ad infrarosso con ccd 1/3”; illuminazione
minima 0 lux; obiettivo 6 mm F 2,0 (angolo di copertura 56°), montata coassialmente ad un
illuminatore a led infrarossi da 840 nm di lunghezza d’onda ed una portata ottica di copertura a 56°, di
15 metri.
Alla telecamera è stato collegato un sensore ad infrarossi passivi PIR, di movimento, in grado di
rilevare variazioni termiche in un raggio di 10 metri in direzione del sito di alimentazione/esca, posto al
centro dell’area di cattura. Il sistema di ripresa era indipendente da quello di allarme trappola.
L’apparato, in assenza di animale in trappola e in assenza di movimento, si disattivava
automaticamente dopo un periodo di tempo (programmabile), tornando in stand by/preallarme,
economizzando in questo modo le batterie di alimentazione.
9
La sezione di alimentazione e trasmissione era composta da 4 batterie 12 Volt 7 Ampere poste
in parallelo ed alimentate da un caricabatteria elettronico a pannello fotovoltaico, in grado di
mantenere costante lo stato di carica delle batterie durante le ore diurne, disattivando il sistema di
monitoraggio (ma non quello di cattura), per riattivarlo al tramonto.
Tube trap
La scarsa presenza di esemplari di orso nell’area delle Foreste Demaniali di Chiarano Sparvera
e Valle Cupa, dove erano predisposti i due possibili siti di cattura ed il contemporaneo aumento di casi
di predazione di animali da cortile, e non solo, nei vicini centri abitati di Scanno e Villalago da parte di
esemplari di orso bruno, hanno suggerito lo sviluppo di un sistema di cattura mobile, sul modello
ampiamente utilizzato nel Nord America con grizzly ed orso nero: la tube trap.
Si tratta di un cilindro di metallo chiuso ad un’estremità, mentre sul lato opposto è presente una
porta ad apertura laterale (Figure F1.6 e F1.7). Sul lato chiuso ed ai lati della struttura sono state
predisposte delle feritoie sia per consentire l’areazione della trappola sia per avere la possibilità di
narcotizzare gli animali catturati tramite il fucile lanciasiringhe.
La trappola, realizzata artigianalmente in officina meccanica curandone tutti i particolari anche
in attuazione delle indicazioni ricevute dall’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica in sede di
autorizzazione aggiuntiva al progetto di cattura iniziale, è stata pensata per poter essere spostata
facilmente in relazione alle varie possibili esigenze. Per questo la struttura è stata posizionata su un
carrello trainabile con mezzo fuoristrada che ne consente quindi un utilizzo molteplice: per le catture,
per il ricovero temporaneo di animali e per il trasporto. Seguendo gli stessi principi di massima
sicurezza, la tube trap è stata realizzata avendo cura di evitare qualunque tipo di problema agli
eventuali animali catturati. Per questo motivo si è deciso di rinunciare alla chiusura della porta “a
ghigliottina”, sistema certamente efficace e più semplice da realizzare, con una chiusura laterale
regolata da un apposito ammortizzatore in modo tale da non poter provocare danni nel caso in cui
oltre all’orso che entra nella trappola ed attiva il meccanismo di chiusura, ci fosse anche un secondo
esemplare (per esempio un cucciolo).
Inoltre anche la trappola a tubo, così come i lacci di Aldrich, è stata dotata di un allarme radio
indispensabile per segnalare al personale addetto l’eventuale cattura di un esemplare e consentire un
intervento immediato degli operatori.
10
Figura F1.6. La tube trap con in primo piano la porta apribile.
11
Figura F1.7. La tube trap con in primo piano l’estremità chiusa.
Prove simulate di cattura e rilascio dell’animale
Per mettere a punto il protocollo di cattura e aumentare l’esperienza dei componenti della
squadra, tra il 21 e il 24 agosto 2001 è stata organizzata una sessione di catture di orsi in cattività
presso il Centro Visitatori della Riserva Naturale dell’Orecchiella (Lu) gestito dal Corpo Forestale dello
Stato (Figure F1.8 e F1.9).
12
Figura F1.8. Telenarcosi di un orso nella struttura dell’Orecchiella.
Sono stati narcotizzati 4 dei 7 esemplari detenuti nel recinto effettuando tutte le operazioni
previste nel protocollo ed in particolare il tiro delle siringhe da varie posizioni, controllo della sequenza
fisiologica e comportamentale del processo di narcosi e risveglio indotto, modalità di avvicinamento,
sistemi di spostamento e bloccaggio dell’animale, pesatura, verifiche di parametri fisiologici, verifica
delle difficoltà per i prelievi ematici, controlli sanitari e parassitologici, procedure di compilazione
schede e protocolli, etc. Ciò ha permesso non solo al veterinario di incrementare la propria esperienza
sulle procedure di narcosi e risveglio ma anche di sperimentare e tarare il raccordo tecnico fra tutti gli
operatori e di verificare eventuali carenze di attrezzature e procedure. Le operazioni si sono svolte in
piena sicurezza sia per gli animali che per gli operatori confermando in questo modo la validità delle
procedure e il buon affiatamento della squadra.
Una seconda prova simulata è stata effettuata nei giorni 8 -11 marzo 2002, presso la stessa
struttura. Tutte le immobilizzazioni hanno avuto un andamento regolare, senza incidenti, sia nella fase
di induzione che di narcosi profonda. Il livello di narcosi ottenuto è sempre stato soddisfacente e tale
da consentire la manipolazione dell’animale in situazione di sicurezza per il personale operante. Gli
effetti della singola dose iniziale sono risultati sufficienti in termini di tempo all’espletamento di tutte le
procedure previste nel protocollo operativo. Per ovvie ragioni non si è proceduto all’avulsione del
dente premolare vestigiale (Stoneberg e Jonkel, 1966; Craighead et al., 1970). Queste simulazioni
hanno evidenziato due problemi diversi: la difficoltà di rilevare continuativamente il battito cardiaco del
soggetto narcotizzato che è stata risolta tramite l’uso di un fonendoscopio e la ridotta precisione del
tiro con fucile lanciasiringhe che è stata ovviata allungando il sistema di mira del fucile.
13
Figura F1.9. Controllo della frequenza cardiaca di un orso narcotizzato nella struttura dell’Orecchiella.
Scelta dei sistemi radiotelemetrici simulazioni radiotelemetriche e verifica della funzionalità
È stato organizzato uno stage di radiotelemetria dal 7 al 9 maggio 2002 rivolto al personale
dell’Amministrazione e ad operatori esterni che in caso di esito positivo delle operazioni di cattura
sarebbero stati direttamente coinvolti nel programma di monitoraggio radio-telemetrico.
L’esercitazione è consistita nella localizzazione di alcuni radiocollari, preventivamente
posizionati in alcuni punti all’interno dell’area del progetto mediante il metodo della triangolazione
(Figura F1.10). Per l’esercitazione sono state utilizzate 3 radio riceventi IDS executive TRX-1000 S e 2
Radio riceventi IDS executive TRX-2000 S, 4 collari MOD 500CLM + CC-1 (Telonics), antenne tipo
Yagi e stilo omnidirezionali.
Ai partecipanti allo stage è stato distribuito un “Manuale di telemetria per il monitoraggio di orsi
in natura (Allegato alla Seconda Relazione Intermedia Azione F1).
I dati raccolti hanno permesso, grazie a successive elaborazioni statistiche, di valutare
l’accuratezza del metodo scelto per la localizzazione dell’animale.
14
Figura F1.10. Simulazione radiotelemetrica.
Attività svolte nel 2003
A partire dal mese di maggio sono stati riattivati i due siti principali di cattura, Monte Curio Nord
e Pozzacchi di Valle Cupa, con l’intento di poter finalmente catturare qualche esemplare di orso bruno.
Complessivamente le condizioni idonee alla possibile cattura si sono verificate in tre circostanze,
quando è stata accertata la presenza abbastanza stabile di almeno un esemplare sempre nel sito dei
Pozzacchi.
A seguito dei riscontri si è ovviamente provveduto ad avviare le procedure per l’attivazione dei
lacci di cattura e quanto altro necessario per le operazioni connesse, svolte nei periodi dal 5 al 10
settembre e dal 23 al 25 settembre realizzando per l’occasione un sito ex novo in cui i lacci di Aldrich
sono stati fissati a quattro paletti di ferro infissi per oltre 150 cm nel terreno e dotati di un occhiello per
l’aggancio. Durante il secondo dei due tentativi di cattura descritti ci si è potuti avvalere anche della
collaborazione del dott. L. Gentile, medico veterinario dell’Ente Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e
Molise, in virtù della collaborazione avviata finalmente tra il Corpo Forestale dello Stato e lo stesso
Ente. L’avvio di questa collaborazione si è rivelata positiva in quanto da ciò è derivato l’ultimo dei
tentativi di cattura eseguiti nel corso del 2003, dal 10 al 15 ottobre, a Scanno nella Valle del Sagittario,
per provare a fronteggiare l’emergenza di un esemplare di orso cosiddetto “problematico”.
Tale situazione è stata riscontrata nell’area a partire dall’estate 2002, con frequentazioni
periodiche ai piccoli allevamenti di animali da cortile (polli, galline, conigli, ma anche un allevamento di
struzzi presente nella zona). I danni provocati sono stai nel complesso limitati a poche centinaia di
Euro, tuttavia si è generato uno stato di allarme nella popolazione, composta in larga parte da anziani.
Si è così deciso di procedere da un lato con il controllo delle aree urbane frequentate, gli abitati
di Villalago, Scanno e la frazione Frattura; e dall’altro con la verifica di un possibile tentativo di cattura
per dotare l’animale di radiocollare che, oltre a fornire indicazioni sulla biologia ed etologia
dell’esemplare, rende lo stesso più facilmente controllabile.
15
Durante l’estate e l’autunno 2003 sono stati perciò organizzati servizi di controllo continui,
coordinati tra il Corpo Forestale dello Stato e l’Ente Parco, anche con pattuglie miste che hanno
raccolto dati ed informazioni soprattutto sulle zone di sosta dell’esemplare.
A questo proposito è opportuno precisare tra l’altro che dalle analisi genetiche svolte sul
materiale raccolto, gli orsi che hanno frequentato i centri abitati nei vari periodi, ed anche nel corso del
2003, sono stati, anche contemporaneamente, almeno due. Tale accertamento ha confermato da un
lato alcune indicazioni emerse già durante la fase dei rilievi di campo, che in più di una circostanza
avevano consentito di osservare i due esemplari insieme. Dall’altro ha chiarito le difficoltà di gestire
emergenze connesse agli orsi cosiddetti problematici, soprattutto se a frequentare la stessa area è più
di un animale contemporaneamente. A parziale sollievo di tali difficoltà è intervenuto il fatto che uno
dei due animali era già munito di radiocollare, in quanto precedentemente catturato dal personale
dell’Ente Parco d’Abruzzo, e seguito con adeguata strumentazione anche dal personale Forestale
addetto al programma di cattura che ne ha rilevato più volte la presenza nel sito alternativo allestito
nel Comune di Villalago, in località Macchia di Rose. Da ciò la decisione, ovvia, di non avviare le
operazioni di cattura per evitare di ricatturare un animale già munito di radiocollare.
Nel complesso quindi si è avuta conferma dell’utilità del radiocollare anche ai fini della
prevenzione di danni, nonché della importante azione di gestione dei conflitti derivante dall’interazione
uomo – orso che, come detto, in più di una circostanza hanno creato problemi di ordine pubblico, più
che di natura faunistica. Da ciò è maturata la decisione, anche a seguito di pressanti richieste delle
Amministrazioni locali, di provare a catturare anche il secondo esemplare presente in zona.
Le condizioni ideali per un possibile tentativo di cattura si sono presentate a metà ottobre
quando dopo accurate verifiche di campo, soprattutto sui siti di passaggio utilizzati, si è deciso d’intesa
tra il Corpo Forestale dello Stato ed il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise di provare a catturare
l’animale presente in zona utilizzando la tube trap unitamente ad una serie di lacci Aldrich.
Nel corso della sessione di cattura, per due volte è scattato l’allarme collegato ad un laccio, ma
in entrambi i casi si è verificato che lo stesso era stato provocato da un cane. La cattura non ha avuto
esito positivo, anche perché subito dopo l’innesco dei lacci l’orso non è stato più segnalato in zona.
Simulazioni di cattura con la tube trap
La collaborazione con l’Ente Parco ha consentito anche lo svolgimento di prove di
funzionamento della tube trap presso la struttura del Centro Visita di Pescasseroli. Il 3 dicembre 2003,
la trappola è stata sistemata nel recinto principale che ospita 3 orsi ed stata attivata utilizzando come
esca un favo con il miele.
16
Figura F1.11. Un orso mentre ispeziona la tube trap nel Centro Visita di Pescasseroli.
Nel corso della prima prova un orso maschio di circa 6-7 anni ha mostrato un atteggiamento
diffidente nei confronti della struttura annusandola e provocando la chiusura della porta dall’esterno,
vanificando il tentativo di cattura (Figura F1.11).
La seconda prova invece è stata effettuata con una femmina adulta: dopo un’ispezione alla
trappola, l’orsa vi è entrata ed ha attivato il meccanismo di chiusura della porta che però non si è
chiusa completamente anche a causa del dislivello tra i due lati creato dai tentativi dell’orso
precedente, permettendo all’animale di uscire (Figura F1.12).
Il terzo orso, un maschio adulto, è stato quello più aggressivo verso la tube trap, urtandola e
spingendola, senza mai entrarci (Figura F1.13) (Prodotto Identificabile Azione F1).
Si ritiene che questi comportamenti siano da imputare al fatto che si tratta di animali abituati alla
cattività che conoscono quanto presente all’interno dello spazio a loro disposizione; l’inserimento di una
nuova struttura ha generato un comportamento ispettivo continuato, che si ritiene anomalo rispetto agli
orsi in natura.
17
Figura F1.12. Una femmina di orso bruno incuriosita dalla tube trap nel Centro Visita di
Pescasseroli.
Figura F1.13. Un maschio adulto nel Centro Visita di Pescasseroli mentre ispeziona la tube trap.
Nel complesso quindi non sono stati catturati animali, ma la tube trap si è rivelata sostanzialmente
uno strumento efficiente che, dopo le modifiche già apportate, può utilmente sostituire il sistema
tradizionale di cattura, con il vantaggio di essere facilmente posizionabile anche all’interno di centri abitati
(e quindi l’importanza di poterla impiegare per eventuali altri orsi problematici), oltre ad essere anche un
utile sistema per il trasporto degli stessi animali.
18
Risultati
Come previsto nel protocollo tecnico operativo approvato dal Ministero dell’Ambiente e
dall’Istituto Nazionale di Fauna Selvatica, la condizione di base per l’avvio di una sessione di cattura
era fissata in una frequentazione costante di almeno tre-quattro giorni da parte di un orso sullo stesso
sito di cattura.
Le fasi successive alla verifica di presenza dell’orso (attivazione delle trappole, sequenza delle
operazioni con animale nella trappola e gestione delle possibili emergenze, procedure di rilascio
dell’animale, disattivazione del sistema di cattura) e all’inizio del monitoraggio radiotelemetrico sono
state descritte nel protocollo tecnico operativo allegato alla seconda relazione tecnica intermedia
Azione F1.
La carenza di indici di presenza di orso nell’area di studio nell’anno 2001 ha reso necessario,
come detto, di individuare altri siti, alternativi a quelli principali. Le aree più idonee, per varie ragioni,
sono risultate quelle di Acqua Rionero-Tassete-Campitelli in Comune di Alfedena e Macchia di Rose
in Comune di Villalago (Figura F1.5).
Sicuramente nel 2002 almeno quattro orsi che sono stati identificati come genotipo 5, 6, 11 e 24
(Relazione Finale sul censimento genetico Azione D1) hanno frequentato i di cattura principali (Monte
Curio Nord e Pozzacchi di Valle Cupa) (Figura F1.14), ma purtroppo solo in modo sporadico e
discontinuo.
Figura F1.14. I siti per la cattura dell’orso bruno.
19
Nel sito di cattura aggiuntivo ubicato nel comune di Villalago c’è stata frequentazione da parte
dell’orso (identificato con genotipo 11) quasi ininterrottamente per tutto il periodo estivo. Tuttavia come
già detto non si è proceduto all’attivazione dei lacci Aldrich in quanto dal monitoraggio radiotelemetrico
era emerso che l’orso presente in zona era già dotato di radiocollare giacchè catturato in precedenza
dal personale del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise.
Per quanto riguarda il sito ubicato nel comune di Alfedena, la caratterizzazione genotipica dei
campioni di pelo raccolti, ha confermato la frequentazione continua di almeno due esemplari di orso.
Tuttavia anche in questo caso si è ritenuto opportuno di non avviare le procedure di cattura in
quanto la frequentazione risaliva al periodo immediatamente successivo all’apertura della stagione
venatoria, fatto questo che ha sconsigliato l’avvio delle procedure per il tentativo di cattura per evitare
che le esche alimentari necessarie per attrarre l’animale verso il sito di cattura mantenessero questo
soggetto in zona, aumentando i rischi per la sua incolumità.
Agli inizi di agosto 2002, nel sito aggiuntivo situato nella Foresta Demaniale di Valle Cupa, in
località Pozzacchi è stata verificata la frequentazione continua da parte di un orso (identificato con
genotipo 5).
È stato deciso quindi di attivare le procedure previste nel protocollo operativo per le catture che
consistono essenzialmente nel posizionamento ed attivazione delle trappole. Nel corso di questa
sessione per due volte è scattato l’allarme laccio: in un caso è stata accertata la presenza dell’animale
nel sito di cattura che, probabilmente ha causato lo scatto del laccio senza tuttavia rimanervi
intrappolato; un secondo allarme radio nella notte successiva è stato causato molto probabilmente da
un mammifero di piccola taglia. Il 12 agosto, dopo 4 giorni, sono state interrotte le operazioni
disattivando tutti e due i lacci e mantenendo la pasturazione del sito.
La seconda sessione di catture è stata condotta dal 15 al 18 settembre 2002. A causa della
mancanza di segni di presenza di orso nelle vicinanze del sito dei Pozzacchi sono stati disinnescati i
lacci.
Per la terza sessione (27 novembre - 2 dicembre, 2002), è stato realizzato un ponte radio che
ha consentito la trasmissione dell’allarme radio direttamente dal sito di cattura alla base operativa
localizzata nella baita Chiarano, nella Foresta Demaniale Regionale Chiarano Sparvera. Nei giorni
precedenti la sessione di cattura sono state eseguite le prove di allarme radio e scatto dei lacci fino
all’attivazione effettiva.
Sempre durante questa sessione di cattura, oltre ai lacci normalmente attivati, è stata
posizionata anche la trappola a tubo a distanza di circa 1 km in linea d’aria e non visibile dal sito dei
Pozzacchi per consentire all’animale di familiarizzare con questa struttura e per verificarne la
funzionalità. Un sistema di bloccaggio impediva la chiusura della porta della trappola a tubo all’interno
della quale sono state poste delle mele come esca.
La verifica quotidiana dei siti, dalla quale è emersa l’assenza di orsi in zona, ha indotto a
disattivare le trappole.
Conclusioni
Nonostante l’impegno profuso (29 giorni complessivi e 21 persone impiegate) tutti i tentativi di
cattura effettuati hanno avuto esito negativo in quanto, fondamentalmente l’area interessata dal
progetto, e più specificamente dall’azione di cattura, non presenta condizioni di frequentazione
20
continuativa di esemplari tali da consentire la cattura, a cui si aggiungono gli elevati standard di
sicurezza per la salute degli animali.
A conferma di ciò vi è il fatto che in passato, le catture effettuate su esemplari di orso bruno
marsicano, tutte eseguite dal personale del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise nell’ambito di
specifici progetti di ricerca, sono state svolte all’interno di aree di riserva integrale, in zone
caratterizzate da indici di presenza di orso molto maggiori di quelli osservati nell’area presa in esame,
peraltro su siti di alimentazione quasi esclusivamente a base di carne, tenuti attivi per diversi anni.
Tale aspetto è tutt’altro che trascurabile in quanto gli orsi mostrano una notevole memoria per i
siti di importanza trofica; a questo riguardo vale la pena di ricordare come nel Parco di Yellowstone, gli
orsi abbiano continuato a frequentare per anni dopo la chiusura, i siti in cui erano stati allestiti i carnai.
Se da una parte con le attività effettuate in questa Azione non è stato possibile attuare la
cattura di nessun esemplare, nonostante il notevole impegno profuso, queste hanno fornito un
importante contributo non solo alla ricerca nel settore specifico ma anche alla conservazione della
specie, avendo:
1- messo a punto il primo protocollo veterinario specifico, che è stato inviato anche al
Ministero dell’Ambiente per l’inserimento nel Piano d’azione sull’orso bruno, di cui lo stesso
Ministero ha avviato la stesura nel corso del 2003.
2- Formato un gruppo di persone e creato un team di pronto intervento, utile d’ora in avanti per
l’eventuale gestione di orsi feriti, ed orsi problematici. In generale si può considerare questo
risultato un importante valore aggiunto, un “prodotto identificabile” di assoluto rilievo in
quanto del personale esperto e ben addestrato è importante come, e più, di tante
attrezzature. Ed al pari di quanto avvenuto con precedenti progetti, tra cui il LIFE Natura
’94, anche in questo caso attrezzature acquistate ed esperienze maturate saranno utilizzate
nel futuro per tutte le iniziative di tutela e conservazione dell’orso bruno nell’Appennino
centrale, a partire, qualora venisse approvato, dal nuovo progetto LIFE Natura 2004,
presentato dal Corpo Forestale dello Stato, in partnership con il Parco Nazionale d’Abruzzo
Lazio e Molise (proponente) ed il Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini.
3- Definito delle sinergie positive tra Enti preposti alla tutela della specie ed operanti sullo
stesso territorio. In particolare la fase finale del progetto è stata particolarmente costruttiva
da questo punto di vista avendo finalmente consentito di definire un protocollo d’intesa con
l’Ente Parco d’Abruzzo da cui sono derivate innumerevoli attività congiunte. Tra questa si
ritiene di particolare importanza quella legata all’azione presa in esame nel presente
capitolo: cattura di esemplari e monitoraggio radiotelemetrico visto che, come già descritto
in precedenza, si è potuto far fronte congiuntamente alla tematica derivante dai cosiddetti
“orsi problematici”. E’ questo un aspetto delicato, e non secondario, della gestione della
specie avendo più volte provocato addirittura allarme sociale in centri urbani montani,
talvolta piccole frazioni abitate per lo più da anziani soli, dove l’orso è diventato il nemico.
Da questo punto di vista la sinergia Corpo Forestale – Parco d’Abruzzo può essere a
ragione inserita tra “le pietre miliari” aggiuntivi del progetto, visto che ha avuto una ricaduta
sociale diretta sulle popolazioni locali che, a partire dagli amministratori, ha finalmente
potuto contare su un lavoro coordinato e condiviso. Il lavoro sinergico svolto dal personale
dei due principali Enti operanti sul territorio in questione (Valle del Sagittario e Valle del
21
Giovenco), ha così consentito anche di ridurre la conflittualità tra le popolazioni locali e la
specie.
4- Realizzato la tube trap, secondo un modello unico in Europa per il sistema di chiusura che
prevede le massime garanzie per gli esemplari di orso. La tube trap, come più volte
ripetuto, è una struttura che può risultare preziosa in diverse circostanze per la gestione di
emergenze connesse soprattutto alla presenza di orsi nei centri abitati, in sostituzione e/o
aggiunta ai sistemi di cattura tradizionali. Le prove effettuate con orsi, e le modifiche
successive, consentono ora di disporre di una struttura efficiente, che con il sistema di
chiusura laterale, con ammortizzatore della porta per evitare incidenti agli animali,
garantisce al massimo la popolazione, di cui vanno tutelati tutti gli esemplari presenti.
Ovviamente, anche la tube trap, al pari di tutte le altre attrezzature e professionalità,
acquistate o maturate, con il progetto LIFE Natura ’99 sarà utilizzata per tutte le azioni di
tutela e conservazione della specie, svolte in modo coordinato e condiviso con gli altri Enti
operanti sul territorio.
5- Condiviso e definito nuove strategie operative e metodologiche per il monitoraggio
radiotelemetrico con altri Enti presenti sul territorio. In particolare si ritiene positiva la
definizione di una prospettiva comune, con il Parco d’Abruzzo e quello dei Monti Simbruini,
in merito allo sviluppo di azioni per la conservazione dell’orso bruno, aspetto che come
detto ha consentito di elaborare un nuovo progetto LIFE, ora in fase di valutazione, e
soprattutto singole iniziative per la formazione e l’aggiornamento del personale preposto al
controllo del territorio ed al monitoraggio dei segni di presenza. A breve sarà avviato un
corso specifico sulla radiotelemetria per la formazione di personale addestrato in un settore
delicato, per le competenze specifiche richieste, ed utilissimo per le informazioni sulla
biologia ed etologia della specie utili comunque per la salvaguardia della specie.
In conclusione benché gli obiettivi specifici della ricerca non sono stati conseguiti per
l’impossibilità di applicare un radiocollare, le attività svolte in questi anni hanno consentito di
raggiungere altri importanti risultati: verifica del protocollo tecnico-operativo, formazione del personale
e avvio di una collaborazione con il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise.
Ciò ha permesso di programmare un corso di radiotelemetria avanzato rivolto al personale del
Corpo Forestale dello Stato, del Parco Regionale dei Monti Simbruini e del Parco Nazionale d’Abruzzo
Lazio e Molise e di definire un programma congiunto di catture di orsi in continuità con il progetto Life
Natura ‘99.
22
Bibliografia
Addison E. M. e Kolenosky G. B., 1979. Use of ketamine hydrochloride and xylazine hydrochloride to
immobilize black bears (Ursus americanus). Journal Wildlife Disease, 15: 253-258.
Aebischer N. J., P. A. Robertson, R. E. Kenward, 1993. Compositional analysis of habitat use from
animal radio-tracking data. Ecology, 74 (5): 1313-1325.
Bekoff M., L. D. Mech, 1984. Simulation analysis of space use: home range estimates, variability and
sample size. Behav. Res. Methods, instruments and Comput., 16: 32-37.
Bekoff M., M.C. Wells, 1982. Behavioral ecology of coyotes: social organization, rearing patterns,
space use, and resource defense. Z. Tierpsychol., 60: 281-305.
Bunck C. M., 1987. Analysis of survival data from telemetry projects. J. Raptor Res., 21:132-134.
Cederlund G., 1981. Daily and seasonal activity pattern of roe deer in a boreal habitat. Viltrey, 11(8):
315-347.
Cooper W. E., 1978. Home range size and population dynamics. J. Theoret. Biol., 75: 327-337.
Craighead J. J., Craighead F. C. e McCutchen H. E., 1970. Age determination of grizzly bears from
fourth premolar tooth sections. J. Wildl.
Eusepi L. e Latini R., 2003. Attività e uso dello spazio di un esemplare di orso bruno marsicano (Ursus
arctos marsicanus) nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. IV Convegno Italiano di
Teriologia. Riccione, 6-8 novembre 2003.
Garrot R. A., G. C. White, R. M. Bartmann, L. H. Carpenter, A. W. Alldredge, 1987. Movements of
female mule deer in nothwest Colorado. J. Wldl. Mgmt., 51: 634-643.
Gentile L., Roth H. U., Boscagli G. e Mari F., 1996. Immobilizzazione chimica di orsi bruni (Ursus
arctos marsicanus e Ursus arctos) nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina,
XXIV: 339-414.
Georgici B., 1981. Activity patterns of female red deer (Cervus elaphus L.) in the Alps. Oecologia, 49:
127-136.
Johnson C. N., 1989. Grouping and the structure of association in the red-necked wallaby. J.
Mammalogy, 70: 18-26.
23
Mc Culloch C. E., M. L. Cain, 1989. Analyzing discrete movement data as a correlated random walk.
Ecology, 70: 383-388.
Pollock K. H., S. R. Winterstein, C. M. Bunck, P. D. Curtis, 1989 a. Survival analysis in telemetry
studies: the staggered entry design. J. Wldl. Mgmt., 53: 7-15.
Pedrotti L., Tosi G., Facoetti R e Piccinini S., 1995. Organizzazione di uno studio mediante radiotracking e analisi degli home range: applicazione agli ungulati alpini. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina
XXIII: 3-100.
Siniff D. B., J. R. Tester, 1965. Computer analysis of animal movement data obtained by telemetry.
Bioscience, 15: 104-108.
Springer J. T., 1982. Movement patterns of coyotes in south central Washington. Journal. Wildlife
Management, 46: 191-200.
Stoneberg R. P. e Jonkel C. J., 1966. Age determination of black bears by cementum layers. Journal.
Wildlife Management.
White G. C., R. A. Garrot, 1986. Effects of biotelemetry triangulation error on detecting habitat
selection. Journal. Wildlife Management, 50: 509-513.
24
25
26