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PROSA OPERETTA via Trento, 4 - Udine Tel.: 0432 248411 [email protected] www.teatroudine.it Mischa Maisky DANZA CROSSOVER SIPARI FURLAN TEATRO BAMBINI TEATRO GIOVANI TEATRO & mercoledì 24 marzo - ore 20.45 OPERETTA Compagnia Corrado Abbati MY FAIR LADY libretto di Alan Jay Lerner musiche di Frederic Loewe dall’opera Pigmalione di George Bernard Shaw adattamento e regia di Corrado Abbati con Corrado Abbati, Antonella Degasperi, Francesca Dulio, Mattia Lanteri, Fabrizio Macciantelli, Carlo Monopoli, Raffaella Montini, Alessandro Pini, Roberto Riganello sabato 27 marzo - ore 20.45 CROSSOVER domenica 28 marzo ore 16.00 (fuori abbonamento) Licedei Clown Theatre, San Pietroburgo LA FAMIGLIA (SEMIANYKI) regia e scene di Boris Petrushansky con Alexander Gusarov, Olga Eliseeva, Marina Makhaeva, Kasyan Ryvkin, Elena Sadkova, Yulia Sergeeva Il leggendario teatro russo di clown e mimi creato da SLAVA Polunin martedì 30 marzo - ore 20.45 LOUIS LORTIE pianoforte Fryderyk Chopin 12 Studi op. 10 3 Nuovi studi op. post. 12 Studi op. 25 lunedì 12 aprile - ore 20.45 SERGEJ KRYLOV violino ENRICO PACE pianoforte Franz Schubert Sonatina n. 1 in re minore op. 137 - D 384 Fantasia in do maggiore op. 159 - D 934 Ludwig van Beethoven Sonata n. 9 in la maggiore op. 47 “A Kreutzer” Prevendite: lunedì 29 marzo per gli spettacoli di aprile 2010. Solo il primo giorno di prevendita la biglietteria sarà aperta anche la mattina: ore 09.30-12.30; 16.00-19.00. Biglietteria on line: www.teatroudine.it www.vivaticket.it print: La Tipografica srl 7 - 10 aprile - ore 20.45 domenica 11 aprile ore 16.00 Compagnia Mauri Sturno L’INGANNO Sleuth di Antony Shaffer traduzione e adattamento di Glauco Mauri con Glauco Mauri e Roberto Sturno regia di Glauco Mauri Studio Patrizia Novajra Mischa Maisky può vantarsi di essere l’unico violoncellista al mondo ad aver studiato sia con Mstislav Rostropovich che con Gregor Piatigorsky. Rostropovich ha lodato Mischa Maisky con le parole: «…uno dei talenti più straordinari della nuova generazione di violoncellisti. Il suo stile combina poesia e squisita delicatezza con un grande temperamento e una tecnica brillante». Nato in Lettonia, ha studiato in Russia e, dopo il suo rimpatrio in Israele, Mischa Maisky è stato accolto con grande entusiasmo a Londra, Parigi, Berlino, Vienna, New York, Tokyo, e in tutti gli altri più importanti centri musicali. Mischa Maisky si considera un cittadino del mondo: «…suono un violoncello italiano, con archetti francesi e tedeschi, corde austriache e tedesche. Mia figlia è nata in Francia, mio figlio maggiore in Belgio, il terzo in Italia e il più piccolo in Svizzera. Guido un’auto giapponese, indosso un orologio svizzero, una collana indiana e mi sento a casa ovunque ci siano persone che amano la musica classica». Durante gli ultimi 25 anni, con contratto in esclusiva per la Deutsche Grammophon, ha effettuato più di 30 registrazioni con orchestre quali: Wiener Philharmonic, Berliner Philharmonic, London Symphony, Israel Philharmonic, Orchestre de Paris, Orpheus und Chamber Orchestra of Europe e molte altre. Nel 2000 l’artista ha raggiunto uno dei momenti più alti della sua carriera, impegnando l’intero anno in una lunghissima tournée dedicata a Bach con più di 100 concerti. A dimostrazione della grandissima ammirazione dell’artista per il grande compositore, Mischa Maisky ha registrato le Suite di Bach per la terza volta. Le sue registrazioni sono state acclamate dai critici di tutto il mondo e sono state premiate per ben 5 volte con il prestigioso Record Academy Prize a Tokyo, 3 volte con il Deutscher Schallplattenpreis, inoltre con il Grand Prix du Disque a Parigi e con il Diapason d’Or of the Year, cosi come con le ambite Grammy nominations. Un musicista di vera fama mondiale, ospite regolarmente dei maggiori festival internazionali, ha collaborato con direttori quali Leonard Bernstein, Carlo Maria Giulini, Zubin Mehta, Riccardo Muti, Lorin Maazel, James Levine, Vladimir Ashkenazy, Giuseppe Sinopoli e Daniel Barenboim, e con musicisti quali Martha Argerich, Radu Lupu, Nelson Freire, Peter Serkin, Gidon Kremer, Yuri Bashmet, Vadim Repin, Maxim Vengerov, Julian Rachlin, solo per nominarne alcuni. MUSICA LIRICA lunedì 22 marzo 2010 - ore 20.45 MISCHA MAISKY violoncello MISCHA MAISKY violoncello Johann Sebastian Bach (1685 – 1750) Suite n. 3 in do maggiore BWV 1009 Prélude Allemande Courante Sarabande Bourrée I Bourrée II Gigue Suite n. 2 in re minore BWV 1008 Prélude Allemande Courante Sarabande Menuett I Menuett II Gigue *** Suite 6 in re maggiore BWV 1012 Prélude Allemande Courante Sarabande Gavotte I Gavotte II Gigue Un ambiente nuovo La capacità di adattamento è certamente una forma di intelligenza primaria, e anche la più indiscussa genialità deve poter trovare una disposizione propizia dell’ambiente circostante, per riuscire a produrre. A questa semplice norma non sfuggì nemmeno Johann Sebastian Bach, che in seguito al deterioramento dei suoi rapporti con il duca Guglielmo Ernesto di Sassonia-Weimar, nel 1717 si trasferì presso la corte del principe Leopoldo di Anhalt-Köthen, dove prese servizio come maestro di cappella e direttore della musica da camera, e dove rimase fino al 1723. A Köthen Bach trovò condizioni molto diverse da quelle alle quali era abituato: il principe Leopoldo era calvinista e rifiutava la musica liturgica eccessivamente elaborata; era però un uomo dai gusti raffinati, piuttosto aperto al nuovo, amante della cultura francese, oltre che buon strumentista di clavicembalo e viola da gamba. Questi elementi, uniti alla presenza a corte di musicisti di altissimo valore, provenienti dalla cappella di Berlino da poco sciolta, orientarono Bach verso una produzione prevalentemente cameristica e strumentale. Insomma verso la musica “di consumo”. Nacquero in questo periodo le Sonate e Partite per violino solo, le Sei Sonate per violino e cembalo, tre Sonate per viola da gamba, oltre alle Sei Suites per violoncello solo, composte intorno al 1720. Fu innegabilmente un momento di grande apertura, che portò Bach a inserire su una severa e ormai acquisita scienza contrappuntistica una tendenza alla predilezione per il solismo, indubbiamente riferibile al moderno stile galante. Questo aspetto fortemente progressista è ancora più evidente nelle Suites per violoncello, strumento che fino ad allora non conosceva produzioni artistiche di rilievo, ed era abitualmente relegato alla funzione di basso continuo. Viola da gamba versus violoncello Le Suites per violoncello di Bach non ebbero un immediato successo presso gli esecutori, proprio perché molto innovative. In quegli anni la viola da gamba era l’unico strumento ad arco di registro grave riconosciuto degno di essere considerato solista. Diretta discendente delle viole rinascimentali, più piccola e meno sonora del violoncello, con sei o sette corde, la viola da gamba era molto diffusa all’epoca di Bach, specie in Francia e in Inghilterra. Ma la sua popolarità era destinata a un progressivo declino, e di fatto proprio le Suites per violoncello di Bach furono il primo vero colpo inferto alla popolarità di questo antico strumento. Certo ci volle qualche anno al violoncello per imporsi definitivamente su di essa, ma già nel 1740 la viola da gamba entrò dichiaratamente in crisi, tanto che l’avvocato francese Hubert Le Blanc si vide costretto a una strenua difesa dello strumento prediletto, con un piccolo pamphlet intitolato Défense de la basse de viole contre les prétensions du violoncel. Le Suites per violoncello di Bach Dal punto di vista della struttura le Sei Suites per violoncello ricordano da vicino le Suites Inglesi e Francesi per clavicembalo: ‘suite’ in francese significa seguito, successione, e di fatto si susseguono in esse una serie di danze sostanzialmente sempre identiche (Allemande-Courante-Sarabande-Gigue), precedute da un Preludio. Ma all’interno di questo schema un dato modificabile c’è: si tratta della coppia di danze uguali inserite come penultimo numero, tra la Sarabande e la Gigue. Sono danze decisamente più attuali rispetto alle altre, e ancora usate nel Settecento proprio per ballare: nelle prime due Suites si tratta di Minuetti, nella terza e quarta di Bourrées, e nella quinta e sesta di Gavotte. Al di là delle danze sono in realtà i Preludi gli autentici luoghi per l’identificazione della sostanza specifica di ciascuna suite. Ognuno di essi è ideato secondo principi differenti, e svolge la funzione fondamentale di stabilire in modo chiaro non solo la tonalità dell’intera suite, ma anche le sue caratteristiche stilistiche ed espressive. Nel caso della Seconda Suite il Preludio, nella tonalità di re minore, stabilisce immediatamente un clima meditativo, ma permeato di una tensione drammatica che nel corso del brano raggiunge picchi di particolare intensità. In particolare in coincidenza con l’interruzione del flusso musicale la tensione si fa quasi dolorosa, e conduce poi alla conclusione. Il Preludio della Terza Suite, in do maggiore, sembra generarsi spontaneamente dal magniloquente gesto d’apertura, che pare alzare il sipario sulla serie di elaborazioni successive. L’insistente ripetizione di certe figurazioni crea un clima di attesa, quasi di sospensione, capace di rendere ancor più sorprendenti le improvvise incursioni nei registri estremi dello strumento. Anche in questo caso è l’interruzione del flusso musicale, reiterata per tre volte, a condurre il brano verso la sua conclusione. La Sesta Suite si apre con un Preludio in un luminosissimo re maggiore, di proporzioni piuttosto ampie. Da subito il registro di riferimento sembra essere quello acuto, con conseguente impegno virtuosistico per l’esecutore. E proprio gli scarti verso l’acuto conferiscono alla ripetizione di certi moduli melodici l’effetto della provenienza da un altrove che non si direbbe solo spaziale. Ma differenze tra singoli brani a parte, dal punto di vista stilistico il dato di maggiore evidenza sembra senza dubbio essere il tentativo di trasferire su uno strumento solo e fondamentalmente monodico (capace cioè di produrre uno solo suono alla volta), il principio contrappuntistico, basato invece sulla polifonia, cioè sulla presenza simultanea di più linee melodiche, e quindi di più suoni. Ma se, come si è detto, l’adattamento è una forma di intelligenza, la capacità di superare i limiti è una forma di genio, e nelle Suites per violoncello il pensiero contrappuntistico di Bach trova il modo di incarnarsi pur nelle possibilità limitate dello strumento. Le ripetizioni di cellule melodiche, l’organizzazione di frammenti tematici su altezze diverse, l’uso magistrale dei timbri e degli effetti di eco, creano una dimensione che non è solo apparentemente polifonica, ma che è invece capace di restituire tutta l’altezza propria di questo concetto musicale. E con effetti di spazializzazione sonora addirittura proto-avanguardistici. Certo questi risultati furono resi possibili da una concomitanza di fattori esterni quali lo straordinario sviluppo della tecnica costruttiva degli strumenti ad arco in genere, e dallo stesso progresso concomitante della tecnica strumentale. Elementi dei quali Bach immediatamente si appropriò, portando lo spirito genericamente sperimentale del suo tempo a livelli artistici altissimi. Un violoncello a cinque corde L’ultima delle Suites per violoncello di Bach è prevista originariamente per uno strumento a cinque corde. La quinta corda servirebbe ad ampliare l’estensione verso l’acuto. Per un certo periodo si pensò che il brano fosse stato scritto per uno strumento chiamato viola pomposa, munito di cinque corde, la cui invenzione fu erroneamente attribuita allo stesso Bach, e che ebbe una breve fortuna verso la metà del Settecento. In realtà la Sesta Suite fu probabilmente concepita per un violoncello un po’ più piccolo della norma, e con una corda in più, da non confondere però con il violoncello piccolo, utilizzato da Bach nei successivi anni di Lipsia. Oggi si esegue la Sesta Suite su violoncello normale, a prezzo ovviamente di un impegno virtuosistico notevolissimo. Testi di Paolo Cairoli