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IMAGING DIGITALE
autore
Giuseppe Walter Antonucci
TSRM Amministratore di Sistema
presso ASL BAT – membro C.D.
AITASIT
autore
Marialuisa Doronzo
TSRM presso Policlinico Paolo
Giaccone di Palermo
Grazie ai nostri autori
ci addentriamo
oggi in quella che
promette di essere
la terza rivoluzione
industriale: la stampa
3D ad uso medicale. Le
potenzialità future sono
immense ed intuibili
già ad oggi: niente più
linee di produzione in
serie o magazzini di
stoccaggio, nessun
trasporto e logistica, ma
una produzione snella
direttamente sul posto
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Il TSRM 2.0:
la diagnostic
I
n ossequio alle teorie Darwiniane, si è soliti dire che una evoluzione
nasca per caso e proceda per mera necessità. Il mondo della diagnostica per immagini, data l’elevata pervasività tecnologica da cui
trae motivo di esistere, non fa eccezione a questa regola filosofica,
visto che esso stesso è nato grazie ad una casuale, ma attenta, osservazione che ha colmato una necessità insita nei mammiferi di specie superiori: quella di “guardare“ al proprio interno.
Non c’è quindi da stupirsi che l’unione di tecnologie appartenenti a
realtà umane diverse (robotica, informatica, ingegneria, biologia e radiodiagnostica), quando non condizionata da disturbi esterni, riesca
a fornire risposte a bisogni primari degli esseri umani: cercare di preservare la vita nel migliore dei modi, a costi socialmente compatibili
ed il più possibile in autonomia. Il tutto con una naturalezza ed una
spontaneità degne del naturalista e geologo britannico.
È quindi la materializzazione del concetto di “Homo Faber“ e non già
altre opinabili astrazioni etiche e deontologiche a spingere il mondo
dela medicina verso l’adattamento di soluzioni, la personalizzazione
di cure e dispositivi e la riduzione dei tempi di cura, a spingerlo cioè
verso la società “on demand“, l’informazione fatta oggetto, ovvero
l’internet delle cose già teorizzata dall’inventore del World Wide Web,
Tim Berners Lee e giunta ai giorni nostri ancora in fase ampiamente
embrionale.
IMAGING DIGITALE
a delle cose
La stampa 3D è già di fatto entrata nel vissuto quotidiano e promette
di essere la terza rivoluzione industriale: niente più linee di produzione in serie o magazzini di stoccaggio, nessun trasporto e logistica ma
produzione snella direttamente sul posto in cui serve un ricambio, saltando tutti i passaggi intermedi fra progettazione e realizzazione.
È in questo contesto che si colloca l’applicazione della stampa 3D in
diagnostica per immagini: materializzare la terza dimensione come
completamento di esami diagnostici ad elevata complessità quali TAC
e Risonanza Magnetica. Possiamo affermare, senza tema di smentita, che il TSRM diviene protagonista di questa evoluzione, potendo
mettere in campo le competenze in materia di imaging, la responsabilità relativa alla documentazione di ciascun esame e, grazie alle competenze di tipo informatico, la verifica di rispondenza delle repliche
prodotte all’originale e la certificazione e tracciabilità al termine della
filiera di produzione dei prototipi.
LE STAMPANTI 3D: COSA SONO
In un panorama altamente competitivo dove è sempre più difficile incrementare o mantenere quote di mercato, le aziende sanitarie si trovano spesso di fronte al problema di fornire servizi, strumentazioni e
protesi con elevati standard qualitativi a costi socialmente sostenibili.
Al giorno d’oggi, tra le tecnologie in grado di poter contribuire al miglioramento delle performance aziendali in termini di efficienza, effi-
cacia e produttività, possiamo in particolare considerare significativi gli sviluppi
nel settore medicale della Prototipazione Rapida, comunemente denominata
Stampa 3D. Le stampanti 3D sono ormai
una realtà già avviata in alcuni settori di
mercato, ma oggi rappresentano una
nuova frontiera, in continua sperimentazione e crescita, soprattutto per le
sue applicazioni in ambito medicale. La
storia della medicina comincia ad annoverare interventi in cui le stampanti 3D,
con una minima spesa, stanno facendo
la differenza e siamo ora in grado di capire l’enorme importanza che tali dispositivi rappresentano per il miglioramento
delle condizioni di vita dei pazienti, principale destinatario della professionalità di medici e operatori del settore. Il
vantaggio fondamentale di questo tipo
di stampa è l’infinita possibilità di personalizzazione del prodotto finale, grazie
anche alla esponenziale evoluzione delle
tecnologie del settore ad oggi disponi-
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IMAGING DIGITALE
bili sul mercato principalmente a causa
della recente scadenza dei brevetti.
LE APPLICAZIONI POSSIBILI NEL MEDICALE
Numerose sono le applicazioni possibili
nel settore medicale:
• Protesi e Riabilitazione: In ambito
medico, la stampa di protesi (figura
1) e tutori sembra il filone più avanzato e quello in grado di creare un
immediato e positivo rapporto tra
costi e benefici. Tra le ultime novità
vi sono la creazione di tutori in grado di aiutare le persone affette da
artrite reumatoide ed esoscheletri
traspiranti per il rimaneggiamento
osseo delle fratture (Figura2).
• Pianificazioni pre-chirurgiche: I chirurghi possono pianificare
complesse operazioni su modelli, prima di intervenire realmente
sul paziente, affinando la tecnica in modo più mirato, sia per snellire i procedimenti adottati, sia per ridurre qualunque margine di
errore, oltre che garantire al paziente una riduzione dei tempi di
radioscopia durante le procedure interventistiche in sala operatoria (Figura 4).
Figura 4
• Trattamento delle ustioni: Con l’aiuto di scanner a luce strutturata non dannosi per la vista e con stampanti in grado di estrudere
materiali siliconici per impiego medicale, è possibile produrre
speciali maschere per il trattamento ed il controllo della cicatrizzazione di traumi da grandi ustioni (Figura 5).
Figura 5
Figura 1
• Dispositivi di centratura o di bloccaggio: personalizzati (e non)
utilizzabili in tutte le metodiche diagnostiche e in particolare
nell’ambito della Radioterapia.
• Creazione di fantocci antropomorfi: personalizzati (e non) al fine
di migliorare le misurazioni fisiche e i protocolli di qualità in vista
di una maggiore ottimizzazione radioprotezionistica per i pazienti
Figura 2
• Prototipi per la formazione e le comunità di pratica: Dato l’estremo grado di realismo raggiungibile con le
stampanti 3D, gli studenti di medicina
possono apprendere l’anatomia e la
pratica della chirurgia senza l’uso di
cadaveri (Figura 3).
Figura 3
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Tanto quanto sono numerose le applicazioni disponibili, tanto è logico comprendere come non esista una tecnologia che sia in assoluto migliore delle altre e per ogni applicazione va scelta quella più
opportuna. L’impiego di una piuttosto che l’altra è una scelta da valutare secondo una serie di parametri che sono molto variegati ed
eterogenei: la velocità di realizzazione del prototipo, il costo finale,
l’investimento necessario per la stampante, la resistenza meccanica, le finiture dei materiali adottati e così via. Visto l’avvento di tipo
“disruptive” di questo mercato, l’acquisto e la gestione di questi sistemi, specie in ambito sanitario, non è affatto semplice e quindi è
bene tenere presenti i parametri da tenere in considerazione al fine
di operare scelte con rigore metodologico, seguendo i principi di
efficacia ed efficienza.
LA NECESSITÀ DI UNA GESTIONE METODOLOGICA
Il nome che oramai contraddistingue questa tecnologia è talmente
fuorviante che, in certi casi, risulta un ostacolo alla comprensione stes-
IMAGING DIGITALE
sa della macchina. Di fatto, ci troviamo ad aver a
che fare con una macchina a controllo numerico
a tre assi, un vero e proprio robot industriale.
Per poter favorire la governance del sistema, il
processo gestionale riguardo tali tecnologie non
può quindi non tener conto della metodologia
HTA (Health Technology Assessment) nella valutazione oggettiva di tutti i parametri in gioco, che
Figura 6
spaziano dalle competenze inerenti all’ingegneria meccanica e dei materiali a quelli dell’informatica, dalla competenza nella acquisizione ed ottimizzazione delle immagini diagnostiche a quella regolatoria di tutto il flusso di stampa.
TECNICHE E MATERIALI DI STAMPA 3D
Già per quanto concerne le competenze inerenti all’ingegneria meccanica e dei materiali, numerose sono le variabili da considerare. Le
tecnologie per la stampa 3D per addizione si differenziano, infatti, in
genere per i materiali impiegati e, soprattutto, per il modo di trattarli (Figura 7). In linea molto generale le tecniche di stampa 3D si
possono suddividere in tre filoni basati sulla materia prima di partenza: polvere, liquido o solido. Chiunque sia interessato all’acquisto
e all’utilizzo di una stampante 3D deve necessariamente conoscere le principali tecnologie esistenti. Alla categoria delle stampanti a
POLVERE (FIGURA 8)
SLS (selective laser sintering). Questa tecnica può
produrre oggetti a partire da una vasta gamma di materiali in polvere. Tra questi vi sono i polimeri, come
polistirene o nylon (puro o in combinazione con fibre
di vetro o di carbonio), metalli, tra cui acciaio, titanio e
varie leghe, compositi e polveri di arenaria.
DMLS (direct metal laser sintering). Gli oggetti realizzati con questo metodo sono ottenuti, layer dopo
layer, tramite la fusione laser selettiva di polveri di
metallo aventi granulometria molto fine. Con questa
tecnica si possono realizzare oggetti in leghe metalliche, preferibilmente multicomponenti, tra cui: acciaio,
acciaio inossidabile, cromocobalto, alluminio e leghe
di titanio.
SLM (selective laser melting). I materiali adoperati sono prevalentemente metalli in forma atomizzata,
questo requisito conferisce agli oggetti maggiore densità. Tra questi vi sono l’acciaio inossidabile, l’acciao
per utensili, il cromocobalto, il titanio e l’alluminio.
EBM (electron beam melting). Questo metodo utilizza prevalentemente varie leghe di titanio ed il cro-
Figura 7
polvere (Figura 8) appartengono quelle
a un componente, basate sulla sinterizzazione laser selettiva (SLS) e quelle che
usano polveri e legante (3D Print). Sul
fronte delle tecnologie a materiale liquido (Figura 9) vi sono da una parte quelle
che si basano sulla fotopolimerizzazione tramite lampade UV o raggi laser e
dall’altra quelle che stampano a getto
(Multijet modeling e Drop on demand).
mocobalto. Grazie al
particolare processo di
produzione, sottovuoto
ed a temperature molto elevate, il materiale
prodotto presenta prestazioni meccaniche superiori rispetto al titanio
o al cromocobalto in forma pura.
3D printing. Questa tecnologia combina due entità,
un legante ed una polvere. La polvere è sostanzialmente amido o gesso. Il legante, invece, è costituito in
gran parte da acqua, addittivando, se richiesto, coloranti ed altre sostanze aventi l’obiettivo di lavorare sulla viscosità, tensione superficiale e sulla temperatura
di evaporazione favorendo la compatibilità del liquido
con le specifiche della testina di stampa. Il materiale
ottenuto dalla combinazione polvere-legante necessita anche di infiltrazioni a base di resine, colle cianoacriliche ed epossidiche per garantire l’adesione tra i
vari layer di materiale.
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Infine, i dispositivi per la stampa 3D che
impiegano componenti di partenza allo
stato solido (Figura 10) si suddividono
nei modelli che impiegano una tecnologia basata sull’incollaggio (LOM) o
sull’estrusione (FDM). Fra le numerose tecnologie per la stampa 3D, quella
basata sulla fusione di un filamento di
materiale termoplastico sta assumendo volumi di mercato significativi. Ogni
macchinario ha i suoi settaggi, materiali
di stampa, operatività e quelle che usano la tecnologia FDM (Fuse Deposition
Modeling) sono tra le più economiche
e di facile gestione. I materiali usati in
questo tipo di produzione sono prevalentemente miscele di polimeri termoplastici o di polimeri termoplastici con
materiali organici di altro genere. Questi materiali sono venduti in filamenti,
dal diametro di 3 mm o 1.75 mm, di
solito arrotolati in una bobina. Il PLA e
l’ABS sono sicuramente i termopolimeri
più diffusi e più largamente impiega-
ti per questa tecnologia di stampa. Tuttavia, hanno largo impiego
anche numerosi altri materiali come il policarbonato, l’alcool polivinilico, il nylon, il grafene, ecc. (Figura 10). Analogamente alle stampanti 3D vere e proprie, anche i materiali impiegati sono in continua
evoluzione e sperimentazione e ciascuno di essi ha caratteristiche e
peculiarità proprie che influenzano in modo significativo la scelta e
l’utilizzo della stampante stessa. A tal proposito, per la stampante a
tecnologia FDM, elementi critici da conoscere per l’ottimizzazione
del prototipo finale sono per esempio:
• la dimensione dell’area di stampa;
• estrusori e temperature;
• larghezza del filamento;
• la risoluzione di stampa;
• la velocità;
• la robustezza costruttiva;
• la disponibilità del software di gestione;
• il prezzo.
Esistono ormai moltissime stampanti 3D che si differenziano in base
a questi criteri principali ed altri che definiscono uno spettro di variabilità molto più ampio. Sebbene molte delle macchine che oggi si
possono trovare in commercio condividano moltissime componenti
(elettronica, parti meccaniche, soluzioni tecniche, estrusori…) ciascuno di questi incide in modo notevole sulla produzione dell’oggetto
LIQUIDO (FIGURA 9)
Repliche di organi interni e di un’aorta ottenute con
tecnologia SLA
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Fotopolimerizzazione attraverso la luce. A seconda del tipo di luce adoperata, si parla di SLA (stereolithography) o di DLP (digital light processing).
Il materiale impiegato in queste tecniche è un fotopolimero allo stato liquido. Un fotopolimero è un
polimero che cambia le proprie caratteristiche se
esposto alla luce, collocata nella regione ultravioletta o visibile dello spettro elettromagnetico. Le proprietà del polimero che variano sono di solito di tipo
fisico-meccanico; si ha, infatti, l’irrigidimento del
materiale se esposto alla radiazione luminosa. Fotopolimeri comunemente usati per il 3D printing sono
acrilati polifunzionali e metacrilati, addittivati con un
componente non polimerico per ridurre il ritiro volumetrico del materiale, evitando così deformazioni
indesiderate. Materiali di questo tipo fanno sì che gli
oggetti creati abbiano un’ampia varietà di proprietà,
come per esempio resistenza all’acqua, flessibilità,
durevolezza, rigidità, trasparenza e resistenza termica e agli urti.
IMAGING DIGITALE
SOLIDO (FIGURA 10)
Produzione di oggetti laminati per incollaggio. In questo caso si utilizzano materiali “tradizionali”, facilmente
reperibili, come la carta, la plastica o il metallo laminato, incollati insieme e sui quali è depositato un adesivo
per garantire la stampa a colori. Dopo la stampa, gli
oggetti possono essere rifiniti mediante trapanature.
Per estrusione. FDM (Fuse Deposition Modeling).
Con la tecnologia FDM si possono realizzare modelli
concettuali, prototipi funzionali, parti finite con termoplastiche standard, materiali tecnici ABS e a elevate
prestazioni. Le repliche anatomiche realizzate sono
caratterizzate attualmente dal miglior rapporto costo/
qualità per resistenza chimica, termica e meccanica.
MATERIALI TIPO PER LA STAMPA FDM
Policarbonato (PC). Polimero termoplastico dotato di
buona resistenza termica e agli urti. A differenza del
Plexiglass, con il quale è spesso confuso, può essere
piegato e formato anche a freddo, senza manifestare
screpolature o particolari deformazioni. La temperatura di transizione vetrosa è di 150°C, ma in genere i
produttori di Policarbonato in filamento consigliano
temperature di estrusione superiori a 260°C. A 300°C,
invece, si manifesta la fusione. Il Policarbonato si deforma molto facilmente ed in maniera maggiore rispetto
all’ABS ed al PLA, quindi è assolutamente sconsigliata
l’estrusione in assenza di un piatto riscaldato.
L’alcol polivinilico (PVA). È un composto chimico ottenuto per idrolisi, normalmente alcalina, degli esteri polivinilici. Si dissolve totalmente e rapidamente in acqua,
anche fredda e questa proprietà lo rende particolarmente adatto come di materiale di supporto. La temperatura
di transizione vetrosa del PVA è attorno agli 85°C, ma
dipende dal grado di idrolisi del polimero. A temperature superiori ai 200°C subisce la piroscissione, decomponendosi (vi sono produttori che indicano temperature di
estrusione attorno ai 200-220 °C, in tal caso è meglio affidarsi alla temperatura certificata dal produttore poiché,
spesso, i materiali sono tagliati con altri termoplastici per
conferire proprietà meccaniche maggiori).
Polietilene tereftalato (PET). È una resina termoplastica trasparente, compatibile con il PLA e simile ad esso
a livello di proprietà meccaniche. La temperatura di
transizione vetrosa è di circa 60°C, mentre la temperatura di estrusione è di circa 210°C.
Polistirene antiurto (HIPS): è un materiale termoplastico costituito da polistirene e gomma SBR. Relativamente alla rigidezza, la resistenza termica e agli urti e le deformazioni può essere
considerato quasi come l’ABS. La temperatura di estrusione
è di circa 230-250°C e necessita di un piano riscaldato.
Nylon. Con il termine nylon si indica una famiglia particolare di poliammidi alifatiche sintetiche. Molto economico e facilmente reperibile sul mercato, in vari colori,
a differenza del PLA e dell’ABS, è molto meno fragile
e quindi più resistente. Gode di proprietà autolubrificanti, il che lo rende particolarmente performante per
stampe di ingranaggi. Tra gli aspetti negativi possiamo
evidenziare il fatto che si deforma molto di più rispetto
all’ABS, quindi necessita del piano riscaldato, inoltre un
riempimento eccessivo potrebbe causare dei problemi
poiché il nylon è un materiale estremamente fibroso. In
aggiunta, bisogna assicurarsi che sia ben asciutto prima
della stampa. La temperatura di estrusione si attesta attorno ai 220-250°C, anche in questo caso il consiglio è
di attenersi alle specifiche segnalate dal produttore.
Laybrick. È una miscela di gesso macinato e copoliestere e gli oggetti stampati con questo materiale risultano
più simili a materiali lapidei che a materiali plastici. Questa caratteristica li rende particolarmente idonei per plastici e modelli di architettura. Si tratta di un materiale che
deforma poco e quindi non è necessaria la presenza del
piatto riscaldato, la temperatura di estrusione varia da
170-210°C e si possono ottenere superfici sia molto levigate che ruvide. Non è un materiale molto economico.
Laywood. È una miscela di fibre di legno e un termoplimero di caratteristiche simili al PLA e quindi deforma pochissimo, non necessita di un piano riscaldato e può essere
estruso a temperature che oscillano dai 180-250°C. L’oggetto sarà, esteticamente, simile ad un oggetto di legno
ed in funzione della temperatura è possibile ottenere diverse gradazioni di marrone, anche all’interno dello stesso
oggetto, in modo da ricreare il pattern tipico del legno.
Repliche di fratture di piatto tibiale e calcagno ottenute con
tecnologia FDM
Gentile concessione del Dott. N. Bizzotto durante il 1°
Meeting Italiano di stampa 3D nel Medicale e in Ortopedia
e Traumatologia – Organizzato da AITASIT e AIBio
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ed è, pertanto, quasi impossibile trovare due macchine identiche.
ESEMPI DI UTILIZZO
Come è facilmente intuibile, i potenziali
campi di applicazione delle tecnologie
di stampa 3D in medicina sono enormi,
spaziando dalle banali repliche di strutture anatomiche a scopo formativo al
Bioprint (tecnologia in grado di ricreare organi interni distrutti a partire dalle
cellule staminali del paziente), passando attraverso il planning preoperatorio
in ortopedia e traumatologia. È proprio
in quest‘ultimo campo che attualmente
risiede il maggior potenziale applicativo, grazie al favorevole rapporto costi di
impianto/benefici. Un esempio pratico
è costituito dalla replica in PLA di una
clavicola fratturata: sebbene solo una
piccola percentuale delle fratture di clavicola abbia un trattamento chirurgico, in
alcuni pazienti, soprattutto giovani atleti
che richiedono un recupero funzionale
dell’osso fratturato in tempi “minori”
rispetto al trattamento non chirurgico,
grazie alla stampa 3D è possibile svolgere una simulazione di riduzione e sintesi
di frattura al 1/3 medio di clavicola con
placca e viti.
La sintesi con placca e viti è un tipo di
mezzo di sintesi che i chirurghi ortopedici mettono a disposizione dopo esecuzione di studio TC e successiva stampa
3D della clavicola fratturata, effettuando
a tavolino, il giorno prima dell’intervento, una simulazione di riduzione e sintesi
della frattura.
È dunque possibile premodellare la placca e misurare la lunghezza delle viti per
stabilizzare la placca stessa.
Questo planning preoperatorio è utile per:
• capire come ottenere la riduzione
dell’osso fratturato;
• premodellare la placca come se si
fosse sul campo operatorio;
• avere la misura delle viti, cioè la loro
lunghezza da corticale a corticale;
• ottenere una più facile acquisizione
del consenso informato.
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Figura 11 - Replica di clavicola realizzata in PLA con le placche presagomate
durante il planning
Secondo l’esperienza condotta nella Clinica Ortopedica e Traumatologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona, questo ha dato
ai chirurghi una maggiore sicurezza nella riduzione e sintesi della clavicola fratturata e ridotto i tempi chirurgici (visto che la placca era stata
modellata e sterilizzata il giorno prima) e quindi una riduzione indiretta
dei costi di una sala operatoria. In radiologia si passa, dunque, da ricostruzioni in Volume Rendering condivise in modalità bidimensionale
alla realizzazione dei modelli da consegnare al chirurgo ortopedico.
SICUREZZA E PRODUTTIVITÀ
Come ogni tecnologia emergente, l‘adozione della stampa 3D per
prototipi ad uso medicale non è esente da problematiche e rischi di
natura giuridica, pertanto in una prima fase è generalmente utile adottare le più elementari regole sulla gestione del rischio, mantenendo un
costante rapporto con le case produttrici di hardware e del software
per la modellazione e l’invio in stampa. Infatti, quando una stampante
3D viene messa in funzione per creare un dispositivo medico da impiegare su un paziente, va considerata a tutti gli effetti un macchinario
industriale per uso biomedico e deve, quindi, seguire la Direttiva Europea 93/42. In questo caso, deve essere dotata da parte del fabbricante
di tutte le normali certificazioni di sicurezza industriale. Spetta invece
all’azienda che produce il dispositivo medico assicurarsi che sia installata e validata come richiesto dalla Direttiva 93/42. È utile (ma non
indispensabile) che le aziende che acquistano una stampante 3D per
costruire manufatti destinati all’uso su pazienti si preoccupino che la
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stampante sia dotata di un software validato secondo la norma internazionale IEC 62304 e che venga fornito un piano di manutenzione e
calibrazione a cura del TSRM, dal momento che tutte queste attività
dedicate al prodotto biomedicale sono tipicamente a carico del fabbricante del dispositivo medico (rispettivamente ASL, IRCSS o A.O.),
non a carico dell’azienda produttrice. Un altro aspetto da non sottovalutare è la scelta del materiale, che in caso di dispositivi che vengono a
contatto con il corpo umano deve essere biocompatibile.
Più in generale occorre tenere ben presenti diverse classi di problemi
che potrebbero insorgere durante l’uso quotidiano, quali:
1. l’errata attribuzione di una replica anatomica al paziente sbagliato;
2. la calibrazione errata della macchina con conseguente volumetria
incongruente della replica;
3. l’indicazione ingiustificata alla stampa 3D con conseguente dispendio di tempo e materiale;
4. l’impossibilità di tracciare dettagliatamente la filiera produttiva
della replica preoperatoria, a partire dalla richiesta, passando per
il TSRM, il Medico Radiologo e il chirurgo specialista;
5. l’assente o ridotta riproducibilità delle proprietà meccaniche della
replica anatomica confrontate con l’originale (ad esempio il segmento osseo fratturato);
6. i tempi di stampa eccessivamente lunghi, che per i modelli FDM
commerciali si attesta ancora fra le 8 e le 24 ore, a fronte di un tempo medio stimato in 30 minuti per ottenere il modello da software
ed inviarlo in stampa;
7. l’impossibilità, per i modelli di stampa FDM ad un solo estrusore,
di replicare i rapporti articolari e la profondità dell’osso a partire
dalla superficie cutanea;
8. il costo esorbitante per le repliche ottenute con tecnologie di
stampa più sofisticate (a fronte però di tempi di stampa notevolmente ridotti);
9. l’attuale difficoltà delle aziende pubbliche nella stima del TCO (Total Cost of Ownership) delle tecnologie di stampa 3D, poiché tali
tipi di prestazioni non sono normalmente incluse nei nomenclatori tariffari regionali, oltre al fatto che andrebbe preventivamente
e definitivamente regolamentata l’attività del TSRM che effettua
post-processing in MDTC e RM, con le relative pesature dei carichi
di lavoro e conseguente inserimento degli stessi nel calcolo delle
piante organiche;
10. la necessità di acquisire segmenti corporei del paziente a strati
estremamente sottili, che comporta lunghissimi tempi di acquisizione in RM e una elevata dose radiante assorbita nel caso della
TAC Multistrato. In entrambi i casi è proprio la competenza specifica del TSRM a fare la differenza riguardo l’ottimizzazione dei
parametri delle sequenze nella prima e la gestione dei dispositivi
di protezione unita all’utilizzo responsabile dell’esposimetro automatico nella seconda.
Per alcune classi di problemi, la soluzione è di natura prettamente
tecnologica e, grazie anche all’interazione fra le comunità di pratica
TSRM, mediche e di sviluppatori Hardware e Software open-source,
non tarderà ad arrivare sulle nostre stazioni di lavoro.
Per altre classi di problemi la soluzione risiede nella riduzione della naturale
resistenza al cambiamento, nella produzione di letteratura scientifica a supporto delle varie casistiche chirurgiche,
nell’avvio di progetti di V.E.Q. (valutazione esterna della qualità) volti a premiare
rapidità, ripetibilità e riproducibilità di
repliche in totale sicurezza. Non ultima
per importanza, la formazione del core
competence dei professionisti coinvolti
farà la differenza in un mercato che in
Italia stenta ancora ad emergere, ma che
in paesi vicini consente un risparmio di
tempo in sala operatoria stimato di circa il 40%, con conseguente aumento del
numero di pazienti chirurgici trattati per
unità di tempo.
IL RUOLO DEL TSRM
Come avviene in generale per l’introduzione dei dispositivi tecnologici in una
sfera complessa e delicata come quella sanitaria, l’utilizzo della Stampa 3D
nel medicale necessita di un approccio
multidisciplinare che prenda in considerazione diversi fattori critici per la piena
resa delle potenzialità assistenziali. Vista
la novità del mercato, specie in ambito sanitario, l’acquisto e la necessità di
una gestione ottimizzata della stampante 3D non è affatto semplice e richiede
quindi figure specificatamente formate,
capaci di interagire in équipe durante
tutto il processo di stampa. Lo studio e
la realizzazione di manufatti 3D da usare
in medicina richiede infatti l’interazione
sinergica di una vasta gamma di competenze trasversali e contemporanee che
spaziano dall’ingegneria all’informatica,
dalla radiologia all’economia. In questo
scenario, la figura del Tecnico di Radiologia Medica (TSRM) rappresenta una
personalità di snodo nel flusso di lavoro
(Figura 12), avendo in via diretta e senza
l’ausilio di ulteriori intermediari:
• le competenze professionali di acquisizione delle immagini radiologiche TC\RM a monte del processo;
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Figura 12
• le competenze nella gestione grafica
della modellazione del file di stampa durante il processo, analoghe a
quelle usate per la riscostruzione 3D
su workstation, previa acquisizione di
una formazione specifica nel settore
(Corsi ECM e universitari);
• le capacità di gestione informatica,
tecnologica e di ottimizzazione del
sistema a fine processo (Master in
Amministratore di Sistemi Informatici e ulteriore specializzazione in
post-processing delle repliche anatomiche).
In un futuro prossimo in cui le stampanti 3D faranno parte della dotazione
aziendale sanitaria, il TSRM rappresenterà senza dubbio, previa validazione
della documentazione prodotta, la figura capace di incastrare quotidianamente tra loro le tre anime di questa
tecnologia: quella tecnica di acquisizione radiologica delle informazioni,
quella ingegneristica relativa alle conoscenze tecnologiche ed informatiche
del flusso di stampa 3D, nonché quella
economica di ottimizzazione temporale e gestionale di tutto il sistema. È
solo grazie ad un équipe integrata e
ad una favorevole congiuntura tecnica,
medica e politica che queste soluzioni
altamente all’avanguardia possono realmente ottimizzare il workflow aziendale e facilitare l’attività da svolgere,
in modo da risultare ordinata, semplice, economica e di qualità. All’investimento concreto nel potenziamento di
queste nuove tecnologie applicate alla
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medicina corrisponde, quindi, anche un’impellente necessità di incoraggiare l’aggiornamento dei medici e professionisti del settore,
portando alla formazione di figure professionali intellettualmente
trasversali, esperte nel funzionamento ottimale di questi robot. Le
stampanti 3D applicate all’ambito sanitario possono esercitare,
dunque, un triplice impatto su formazione, mercato e organizzazione aziendale, favorendo uno scambio intellettuale e umano in
un’ottica di cooperazione che valica i confini strettamente specialistici. Logicamente il miglioramento non può che non passare da
una ricerca continua nel settore e camminare sulla stessa strada del
perfezionamento tecnico e tecnologico, tramite la condivisione di
esperienze ed expertise che assicurino così un’organizzazione razionalizzata, più efficiente ed efficace delle risorse a disposizione.
FORMAZIONE ED AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE
L’Associazione AITASIT (Associazione Italiana Amministratori di sistemi Informatici e Telemedicina), in virtù dell’impegno che profonde a
favore dell’avanzamento delle competenze degli operatori sanitari
nel campo delle tecnologie per il paziente, supporta e promuove la
formazione del Tecnico Sanitario di Radiologia Medica nel campo
della replicazione di organi sani e patologici, quale completamento
della documentazione diagnostica fornita a supporto di chirurghi di
varie specialità quali l’ortopedia, la neurochirurgia, la chirurgia maxillofacciale e ortognatodontica e, non ultima, la chirurgia robotica.
Il fulcro di tale impegno è dato dal confronto costante con tutte le
realtà produttive nel settore e dalla presenza quale interlocutore privilegiato nel campo dell’informatica, all’interno dei network scientifici interdisciplinari attuali e futuri in nome e per conto della Federazione Nazionale Collegi TSRM. La formazione in questo settore non
può lasciare spazio all’improvvisazione ed è per questo motivo che
AITASIT si avvale di professionisti qualificati nella gestione di eventi
formativi basati sulle competenze, sull’apprendimento per problemi
e basato sul gioco, erogati sia in modalità FAD attraverso la piattaforma ATENA (http://www.aitasit.org/jm/atena), sia in presenza
attraverso corsi di aggiornamento ECM e universitari. Attualmente
sono in fase di progettazione un corso di base sulla stampa 3D per
tutti gli operatori sanitari e uno schema di base unificato per la realizzazione di corsi di Alta Formazione Universitaria nel settore 3D
print di tipo Biologico e non Biologico. AITASIT è, pertanto, disponibile al partenariato con tutte le realtà scientifiche che a qualsiasi
titolo afferiscono al mercato 3D visuale e object-oriented. Attraverso
il progetto #RADLAB, l’associazione AITASIT offre a tutti gli operatori sanitari interessati, TSRM e non, la possibilità di effettuare il download di dataset di immagini TC e RM di oggetti, animali e persone
affette da svariate patologie, nonchè di modelli già confezionati, al
fine di promuovere il confronto fra modelli diversi di stampanti e materiali diversi. Grazie a questa piattaforma, chiunque ed a qualsiasi
titolo può condividere con la comunità di makers i risultati della propria ricerca e del proprio lavoro, nonché una revisione sistematica
dei lavori prodotti da altri, in un mutuo interscambio di informazioni
e soluzioni. Il progetto #RADLAB consentirà a breve anche di par-
IMAGING DIGITALE
tecipare a vere e proprie sessioni pratiche di stampa 3D in campo
ortopedico e neurochirurgico, organizzate e gestite interamente da
AITASIT e dai suoi partner tecnologici in date diverse e luoghi distribuiti su tutto il territorio nazionale. I discenti si impegneranno per
iscritto a condividere i risultati del loro lavoro con l’intera comunità
per sommarne le conoscenze.
CONCLUSIONI
Lo sviluppo tecnologico delle stampanti 3D negli ultimi anni ci consegna strumenti e macchinari capaci di apportare contributi notevoli
nel potenziamento di forme di cura, diagnosi e assistenza al paziente.
Oggi, infatti, la stampa 3D non è più una nicchia nota solo ai professionisti della prototipazione rapida, ma è un universo in espansione,
utile, se non indispensabile, capace di sovvertire gli equilibri dei mercati economici.
Seppur in Italia siamo ancora agli inizi dell’impiego della Stampa 3D
nel medicale, grazie alle ricerche accademiche che si stanno sviluppando nel settore, l’evoluzione affascinante che le tecniche di stampa
3D stanno avendo appare, oggi più che mai, come una innovazione
vantaggiosa sia per i pazienti che per la sanità in generale. La medicina
è diventata una disciplina caratterizzata fortemente dalla tecnologia
sia in ambito diagnostico che teraputetico, con una sempre più crescente ed esponenziale integrazione specialistica del ruolo del tecnico
di radiologia.
La sanità, infatti, sembra ogni giorno di più evolvere quasi spontaneamente verso soluzioni di integrazione fra più sistemi e fra più branche
della medicina, facendo tesoro delle comunicazioni ad alta velocità,
dell’apporto continuo di nuovi materiali, dalle metodiche diagnostiche ad alta risoluzione (Tac e RM) e dalla rinnovata spinta evolutiva
data dall’ingresso nel mondo della ricerca delle professioni sanitarie
tecniche, che sempre più sono presenti in progetti a livello nazionale
e internazionale.
Entro la cornice della governance integrata in termini di condivisione
di obiettivi, strumenti e metodologie strutturate di collaborazione, l’investimento nel settore delle stampanti 3D non rappresenta soltanto
un surplus capace di migliorare l’attuale situazione gestionale sanitaria, ma costituisce, piuttosto, un passaggio necessario (così come sono
necessarie le evoluzioni rivelatesi utili in natura) ad apportare rilevanti
contributi al miglioramento complessivo della qualità dei processi assistenziali nonché al raggiungimento di un benessere generalizzato e,
il più possibile, ampio sia del paziente che delle organizzazioni sanitarie complesse evolute.
n
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