AGGIORNAMENTI SULLA TOXOPLASMOSI E NEOSPOROSI DEI
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AGGIORNAMENTI SULLA TOXOPLASMOSI E NEOSPOROSI DEI
AGGIORNAMENTI SULLA TOXOPLASMOSI E NEOSPOROSI DEI RUMINANTI DEL BACINO DEL MEDITERRANEO. SCALA, A. Dipartimento di Biologia Animale, Sezione di Parassitologia e Malattie Parassitarie, Università degli Studi di Sassari, Via Vienna 2 – 07100 Sassari, Tel. 39079229465, Fax 39079229464. La Toxoplasmosi da Toxoplasma gondii e Neosporosi da Neospora caninum sono due “recenti” parassitosi causate da protozoi Apicomplexa abbastanza simili, tanto che sino al 1984, anno in cui N. caninum è stato identificato da Bjerka et al. (1984) come un protozoo distinto da T. gondii, il cui ciclo biologico peraltro è stato delineato con l’identificazione del suo ospite definitivo, il gatto, solo a metà degli anni ’60. Questi due protozoi, oltre ad essere accumunati da una spiccata rassomiglianza morfologica, possiedono anche un ciclo biologico abbastanza sovrapponibile, caratterizzato da tre stadi infettivi: tachizoiti, cisti tissutali e oocisti. I primi due si riscontrano in posizione intracellulare, soprattutto a livello del SNC e, per T. gondii, anche a livello muscolare dei numerosi ospiti intermedi, che comprendono anche la maggior parte dei ruminati oltre che a numerose altre specie animali. Le oocisti, anche in questo caso straordinariamente simili sotto l’aspetto morfometrico, si formano a seguito di fasi schizogoniche e gametogoniche che avvengono nell’intestino tenue degli ospiti definitivi, quali il gatto e i felidi selvatici per T. condii, e il cane per N. caninum, come recentemente provato da McAllister et al. nel 1998. La Toxoplasmosi è considerata una delle più gravi e diffuse zoonosi a livello mondiale, così come nei paesi del bacino del Mediterraneo. In particolare per l’uomo una fonte importante di contagio risultano le cisti tissutali contenute nelle carni di animali da reddito. Queste si possono sviluppare negli ospiti intermedi già 6-7 gg dopo l’assunzione per via orale di oocisti o altre cisti tissutali e persistere anche per tutta la vita dell’ospite stesso. Nel gatto, ospite definitivo della parassitosi e quindi possibile veicolo dell’infezione anche ai ruminanti, il periodo di prepatenza che precede l'eliminazione delle oocisti varia a seconda della forma parassitaria ingerita: in seguito all'ingestione di cisti tissutali quasi il 100% dei gatti eliminerà oocisti entro 3-10 giorni; se l'infezione ha luogo per ingestione di oocisti o tachizoiti, soltanto il 15-20% dei felini eliminerà oocisti dopo 19-48 giorni. Il ruolo del gatto nella trasmissione dell’infezione nell’uomo viene talvolta messo in discussione: Luft e Remington (1988) hanno ad esempio dimostrato che il possesso di gatti non costituisce un fattore di rischio neanche per i soggetti immunodepressi. L'importanza epidemiologica delle oocisti non va tuttavia sottovalutata, in quanto studi condotti da Munday (1972), Omata et al. (1990) e Wallace (1969), hanno rilevato come l'infezione risulti praticamente assente, sia nella popolazione umana che animale di piccole isole e atolli che non siano mai stati abitati da gatti. E’ quindi evidente, soprattutto per i ruminanti in quanto erbivori, il ruolo di questi felini attraverso l’eliminazione delle oocisti che possono inquinare pascoli, insilati e granaglie, possa risultare determinante per l’acquisizione dell’infezione, che si manifesta con la comparsa a “fine” ciclo delle cisti tissutali o terminali. La distribuzione e il numero di queste cisti che si sviluppano nell’ospite intermedio variano da specie a specie: il riscontro è più frequente in suini, caprini e ovini, meno negli equini e, infine, estremamente raro in manzi e bufali sebbene la sieroprevalenza può essere estremamente elevata. Questi dati epidemiologici, insieme ai risultati di una recente indagine di Cook et al. (2000) che mette in evidenza il trend negativo del consumo di carni bovine in Europa a favore di quelle suine e ovine, evidenziano la scarsa rilevanza del ruolo epidemiologico dei bovini nella toxoplasmosi umana. Tuttavia la diffusione dell’infezione nei bovini allevati nei paesi del bacino mediterraneo rilevata attraverso indagini soprattutto sierologiche si evince dall’esame della tabella n°1. Egitto Francia “ “ Grecia Israele Periodo campionamento < 1990 < 1997 2004 2004-2005 < 1995 1985-90 N° campioni esaminati 17 642 1961 93 8700 372 Italia 1999-2002 7194 Nazione “ 2006 1963 Prevalenza (%) 29 92 48,6 65,6 23 25 28,4(IgG) 9(IgM) 49,1 “ 1999-2005 29886 “ Marocco Rep. Ceca Serbia Spagna “ “ “ 2006 2005 1982-89 2002-03 < 1991 1992-93 < 1996 < 1996 1043 261 886 511 550 541 2306 2306 19,2(IgG) 5,4(IgM) 51,3 27,6 55 84,5 35 12 35 34 “ 2004 173 (feti) 23,1 Turchia “ 1990-92 1997 259 531 22 40 Metodica Bibliografia IHAT IFAT MAT DAT ELISA IFAT El Ridi et al., 1990 Cabannes et al., 1997 Aubert et al., 2006 Aubert et al., 2006 Stefanakis et al., 1995 Shkap et al., 1992 IFA Masala et al., 2003 varie metodiche Villari et al., 2006 IFA Masala et al., 2006 ELISA ELISA SFDT MAT IFAT MAT MAT IFAT varie metodiche ELISA SFDT Natale et al., 2006 Sawadogo et al., 2005 Hejlicek et al.,1994 Klun et al., 2006 Moreno et al., 1991 Mainar et al., 1996 Marca et al., 1996 Marca et al., 1996 Pereira-Bueno et al., 2004 Oz et al., 1995 Altintas et al., 1997 Tuttavia nonostante il reperimento di queste sieropositività nel bovino, la ricerca degli elementi parassitari di T. gondii in campioni di muscolo diaframmatico e cardiaco, spesso conduce a dei risultati negativi; d’altro canto rari risultano essere anche i casi clinici di toxoplasmosi in questa specie animale, compresi gli aborti (Boch e Supperer, 1980). Tutto questo, insieme a studi sperimentali di riproduzione dell’infezione nel bovino (Rimmel e Breuning, 1967, citati da Boch e Supperer, 1980), portano ad affermare addirittura che la carne cruda di bovino e/o di vitello, nonché il fegato, non rappresenterebbero una fonte di infezione nell’uomo (Janitschke et al., 1967, citato da Boch e Supperer, 1980). In relazione a quanto sopra affermato verranno quindi riportati i dati sulla diffusione della toxoplasmosi soprattutto nei piccoli ruminanti, in cui la parassitosi assume un interesse zootecnico sanitario più rilevante. La maggior parte dei dati disponibili sulla diffusione di T. gondii negli ovini riguardano, tra i paesi del bacino del mediterraneo, l’Egitto (29%) (El Ridi et al., 1990), la Francia (dal 22 al 92%) (Cabannes et al., 1997; Aubert et al., 2006), la Grecia (23%) (Stefanakis et al., 1995), Israele (25%) (Shkap et al., 1992), il Marocco (27,6%) (Sawadogo et al., 2005), Repubblica Ceca (55%) (Hejlicek et al.,1994), Serbia (84,5%) (Klun et al., 2006), Spagna (dal 12 al 35%) (Mainar et al., 1996; Moreno et al., 1991; Marca et al., 1996; Pereira-Bueno et al., 2004), Turchia (dal 22 al 40%) (Oz et al., 1995; Altintas et al., 1997) e l’Italia (dal 5,4 al 51,3%) (Masala et al., 2003; Masala et al., 2006; Natale et al., 2006); Villari et al., 2006). E’ evidente come la toxoplasmosi risulti ampiamente diffusa nelle nazioni sopramenzionate, anche se appare difficile interpretare i dati a disposizione, in quanto viene spesso meno la standardizzazione delle procedure diagnostiche impiegate per indagini attuate su categorie di animali e metodiche differenti. In particolare recentissime indagini sieroepidemiologiche svolte in Sardegna sulla toxoplasmosi ovina in 22 allevamenti hanno evidenziato anticorpi nei confronti del protozoo nel 51,3% degli ovini monitorati; nei vari allevamenti le siropositività variavano dal 18,4% al 97,9% (Natale et al., 2006). Tra gli ovini allevati in modo intensivo è stata osservata una prevalenza statisticamente superiore (94%) rispetto a quelli allevati allo stato brado e semi-brado (44,2%), a testimoniare il fatto che evidentemente il gatto inquina in modo nettamente superiore con le proprie feci contenenti le oocisti di T. gondii gli alimenti destinati alle pecore allevate intensivamente, quali insilati e granaglie. Per ciò che concerneva invece i tassi di sieroprevalenza stratificati per fasce d’età, si è potuto notare come questi tendevano ad aumentare con l’età; facevano tuttavia eccezione gli agnelli di età inferiore ad un mese, in cui probabilmente si riscontrano ancora gli anticorpi colostrali (Natale et al., 2006) (tabella n°2). La ricerca del protozoo nei tessuti ovini non risulta sicuramente un compito semplice, in quanto la densità delle cisti terminali risulta estremamente limitata. Anche l’eventuale riscontro istologico talvolta pone dei problemi interpretativi in quanto si pone l’esigenza di una diagnosi differenziale con le cisti di sarcosporidi, peraltro nettamente più diffuse rispetto a quelle di T. gondii. Questa scarsa densità delle cisti terminali pone inoltre dei problemi anche per ciò che concerne l’utilizzo di metodiche molto sensibili quali ad esempio la PCR. Infatti, sempre ricerche in tal senso, condotte su ovini adulti della Sardegna regolarmente macellati, in cui i tassi di sieroprevalenza normalmente risultano in media oltre il 50%, il DNA di T. gondii è stato evidenziato tra i 323 di quelli esaminati di miocardio, diaframma, esofago, lingua, massetere, fegato e milza, esclusivamente in 2 campioni di miocardio (0,6%) (Natale et al., 2006), nonostante il protozoo nell’isola risulti l’agente abortigeno più importante in questa specie animale (Tola et al., 2002). In ogni caso, il ruolo effettivo dell’ovino nella possibile trasmissione dell’infezione all’uomo, secondo un’ampia indagine epidemiologica volta da Cook et al. (2000) condotta con lo scopo di individuare le principali fonti di rischio cui sono esposte le donne in Europa, ha messo in luce che, anche in virtù dei cambiamenti nelle abitudini alimentari, tra le principali fonti di infezione va considerato il consumo di carni di agnello poco cotte. Tabella n°2 Età N° soggetti testati N° capi positivi Prevalenza (%) Odds Ratio < 1 mese 59 32 54,2% 1,00 < 1 anno 64 15 23,4% 0,26 1 anno 139 59 42% 0,62 2 anni 208 91 43,8% 0,66 3 anni 186 109 58,6% 1,19 4 anni 155 82 52,9% 0,95 5 anni 67 33 49,3% 0,82 > 5 anni 163 112 68,7% 1,85 Se per la toxoplasmosi tra i ruminanti il ruolo più importante era svolto dagli ovini e dai caprini, per ciò che concerne invece la Neosporosi è sicuramente il bovino che subisce le conseguenze negative più rilevanti, in quanto riconosciuta come la causa più frequente di aborto in tutto il mondo. Nei bovini la trasmissione di N. caninum può avvenire per via orale attraverso l'ingestione di oocisti sporulate o di tachizoiti contenuti nelle lochiazioni degli animali che hanno abortito a causa dell’infezione (trasmissione orizzontale) o più facilmente per via transplacentare (trasmissione verticale) (Dubey, 1999). Nel cane invece può verificarsi, oltre che con le modalità sopra riferite, anche attraverso l'ingestione di cisti terminali contenute nei tessuti infetti di vari animali colpiti (McAllister et al., 1998). Nel bovino N. caninum è in grado di determinare un'insufficienza riproduttiva con ripercussioni sul prodotto del concepimento, potendo provocare riassorbimento e mummificazione fetale, aborti sporadici, endemici o epidemici, nonché natimortalità o nascita di soggetti clinicamente normali ma infetti cronicamente, mentre nel cane sono descritte soprattutto forme congenite nei cuccioli che presentano una sintomatologia di tipo neuro-muscolare (Dubey et al., 2003). L'infezione sembrerebbe ormai aver raggiunto una diffusione cosmopolita e rendersi responsabile di aborti in alte percentuali (Anderson et al., 1991; Anderson et al., 1995). Inoltre sembrerebbe ormai assodato come la presenza del protozoo in un determinato allevamento possa causare delle ripercussioni negative anche sulla produzione di latte (Thurmond and Hietala, 1997). Attualmente su questa infezione si stanno acquisendo velocemente numerosi dati grazie agli studi condotti tramite la biologia molecolare (PCR) e soprattutto anche alla disponibiltà in commercio di kits diagnostici in grado di rilevare anticorpi per N. caninum che non crossreagiscono con T. gondii e Sarcocystis spp. e che garantiscono una buona affidabilità (Dubey, 1998; Bjorkman et al., 1999; Dubey, 1999). La prevalenza degli anticorpi di N. caninum nella popolazione bovina europea è estremamente varia, anche se i dati disponibili in letteratura al momento sono alquanto limitati. Vengono riportate delle sieroprevalenze nelle popolazioni bovine della Francia del 5,6% (Ould-Amrouche et al., 1999) e della Repubblica Ceca del 3,9% (Vàclavek et al., 2003). Esistono inoltre delle situazioni come quella della Spagna (35,4% degli animali monitorati con circa il 60% delle aziende positive) (Lopez-Gatius et al., 2004; QuintanillaGozalo et al., 1999; Mainar-Jaime et al., 1999) e del Portogallo (28% che sale a 46% se si restringe il campione ai soli allevamenti con problemi di ondate abortigene) (Canada et al., 2004), in cui la prevalenza è tale da giustificare la sistematica ricerca di N. caninum in casi di aborto; ve ne sono quindi delle altre, quali quella relativa alla Turchia, in cui non si è riscontrata alcuna positività nei soggetti autoctoni. Motivo di preoccupazione è la dinamicità epidemiologica dimostrata dal fatto che, sempre in Turchia, campionature effettuate su discendenti di soggetti importati hanno individuato prevalenze dell’8,2% (odds ratio 20,3) (Akca et al., 2005). In Italia la presenza di N. caninum è stata più volte rilevata in feti abortiti e le indagini sierologiche indicano un’ampia diffusione sul territorio nel bovino (Magnino et al., 1998; Otranto et al., 2003). In particolare in Sardegna, indagini condotte tramite IFAT hanno rilevato tassi di prevalenza del 64% nei bovini da latte monitorati (Masala et al. 2000), mentre le aziende positive sono risultate il 55%, tramite l’analisi del latte di massa con un test iscom ELISA (Varcasia et al. 2006). Le esperienze condotte anche in Italia, soprattutto riguardo gli elevati valori di sieroprevalenza riscontrati in aziende in cui non si registrano problemi di fertilità, pongono nuovi interrogativi sugli eventi che potrebbero scatenare la patogenicità di N. caninum che determinerebbe l'aborto probabilmente solo in concomitanza di particolari situazioni stressanti. Fattori di rischio importanti infatti per l’insorgenza e persistenza dell’infezione, oltre che la presenza di più cani (eliminatori di oocisti) e pollame (disseminatori di oocisti?) in azienda, viene ipotizzata anche l’azione immunosopressiva esercitata dalle micotossine eventualmente presenti negli insilati, che determinerebbe una rottura delle cisti del protozoo con la riacutizzazione della malattia (Wouda et al., 1999; Wouda et al., 2000. Tuttavia le esperienze condotte in Sardegna a riguardo, confermano l’importanza della trasmissione transplacentare dell'infezione, in quanto nelle feci dei cani presenti nelle aziende monitorate, non si sono mai riscontrate oocisti del protozoo nelle loro feci e anche i soggetti sieropositivi sono risultati in numero estremamente limitato. Tutto questo in analogia con quanto rilevato anche in Germania in cui le analisi coprologiche condotte su 8438 cani hanno consentito il riscontro di oocisti morfologicamente simili a quelle di N. caninum esclusivamente nell’1,7% dei campioni esaminati (Barutzki et al., 2003). E’ evidente quindi che eventuali sforzi "scientifici" nel ricercare una soluzione profilattico/terapeutica al problema dovrebbero essere indirizzati soprattutto verso il bovino, anche perché gli eventuali protocolli terapeutici proposti non sempre risultano attuabili per via degli elevati costi relativi all’attuazione e ai residui dei farmaci nel latte. Recentemente, tuttavia, il riscontro di DNA di N. caninum nel colostro di vacche sieropositive pone nuovi interrogativi e ha portato ad ipotizzare anche una possibile trasmissione orizzontale dell’infezione tramite questa via (Moskwa et al., in press). E’ evidente quindi che queste parassitosi nei paesi del bacino del mediterraneo, seppure non ancora indagate capillarmente e con metodiche standardizzate, sembrerebbero costituire un importante problema zootecnico e, per quanto riguarda la toxoplasmosi, anche socialesanitario di non scarsa rilevanza, e che in quanto tali, necessitano di una particolare attenzione non solo da parte degli addetti al settore, ma sicuramente anche di un adeguato piano integrato di profilassi. Ringraziamenti: Si ringrazia per la collaborazione la Dott.ssa Porqueddu Monica. BIBLIOGRAFIA Altintas K, Gungor C, Zeybek H, Yarali C (1997). Sabin-Feldman testi ile Ankara yoresi koyunlarinda Toxoplasma gondii prevalansinin saptanmasi. Turk Parazitol Derg, 21: 63-65. Akca A, Gokce H.I., Guy C.S, McGarry J.W. and Williams D.J.L.(2005). Prevalence of antibodies to Neospora caninum in local and imported cattle breeds in the Kars province of Turkey. Res Vet Sci,78(2):123-126. 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