D 5.3 Integrazione del modello fluidodinamico di dettaglio nel

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D 5.3 Integrazione del modello fluidodinamico di dettaglio nel
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PIA 2010 D 5.3
V1.0 D 5.3 Integrazione del modello fluidodinamico di dettaglio nel modello meteo. ­ CRS4 ­ Antioco Vargiu, Marino Marrocu, Luca Massidda Energy and Environment CRS4
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V1.0 Indice Obiettivo work package
Introduzione
Postprocessing della catena Bolam­Moloch finalizzato al nesting del modello CFD di dettaglio.
Conclusioni
Riferimenti bibliografici
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V1.0 Obiettivo work package Obiettivo del work package era lo sviluppo e il test di un postprocessing per la catena meteorologica Bolam­Moloch atto a rielaborare i campi meteorologici per adattarli alle specifiche del modello di dettaglio fluidodinamica descritto nel WP5.2. Di seguito sono discusse le problematiche e le soluzioni da noi implementate; sono evidenziate in particolare le tecniche di interpolazione (o di estrapolazione) verticale del vento nello strato atmosferico prossimo alla superficie (il “surface layer”), strato compreso tra 1 e 100m in cui si determinano anche le forzanti per i modelli di incendio. Introduzione La tipica configurazione di una catena di previsioni meteorologiche ai fini di protezione civile in area Mediterranea consta di uno o due modelli ad area limitata nel range idrostatico (scale spaziali superiori ai 10km) e un modello ad alta risoluzione nel range non idrostatico (scale spaziali dell’ordine del chilometro). Una catena così strutturata risulta un buon compromesso tra costi computazionali e la possibilità di risolvere con sufficiente dettaglio gli eventi che possono provocare un’allerta meteorologica. Tuttavia il dettaglio topografico di questi modelli risulta insufficiente per risolvere fenomeni di degradamento ambientale estremamente localizzati, quali ad esempio la dispersione di inquinati in ambiente urbano o l’evoluzione di un incendio boschivo. Inoltre i crescenti allestimenti di parchi eolici richiedono affidabili previsioni meteorologiche ottimizzate sia per siti con orografia complessa, sia per parchi offshore con specifiche condizioni di “boundary layer” marino (Sanz Rodrigo 2010). Per ottenere campi di vento ben risolti per questi problemi sono necessarie risoluzioni orizzontali dell’ordine delle decine di metri, risoluzioni conseguibili solo con una modellistica ambientale semplificata. In generale gli approcci per la modellazione del vento alle piccole scale spaziano da velocissime tecniche diagnostiche semi­empiriche a costosi modelli di fluidodinamica ambientale dotati di sofisticate chiusure di turbolenza come Large Eddy Simulation, (Deardorff,1970), o Detached Eddy Simulations (Spalart, 1997)). Tra questi estremi si collocano diverse tecniche più o meno orientate all’uso operativo. Proprio in campo operativo l’approccio più frequente è il “mass­consistent”, anche se la diffusione di solutori dinamici semplificati sta aumentando di pari passo con la disponibilità di potenza computazionale a basso costo. Il modello lineare WasP (Troen 1990) è uno dei più noti di questa ultima categoria. CRS4
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V1.0 E’ verificato inoltre che i modelli di CFD ambientale con trattazione della turbolenza, in condizioni di topografia complessa o in condizioni atmosferiche verticali “non ideali”, ottengono dei risultati molto più affidabili rispetto ai modelli diagnostici semplificati. Tuttavia questi modelli non vengono utilizzati in campo operativo per due motivi pratici: primo risultano eccessivamente lenti e secondo richiedono una precisione nelle condizioni al contorno che difficilmente può essere ottenuta per un sito arbitrario in condizioni di emergenza ambientale. A tal riguardo, nell’ipotesi di trascurare i processi diabatici di superficie, un set minimo di forzanti atmosferiche per un modello di CFD ambientale dovrà comprendere il vento, la temperatura e l’umidità. Queste variabili possono essere ricavate da reti di monitoraggio locali, da radiosondaggi, da radar e da satellitari meteorologici, tuttavia nessuno di questi metodi di monitoraggio potrà fornire precise informazioni tridimensionali su un sito arbitrario. Invece l’uscita di un modello meteorologico opportunamente configurato. è virtualmente la fonte di informazione più completa per guidare la fase successiva di downscaling. In tal caso è opportuno valutare l’affidabilità della previsione perché, proprio nel range del “boundary layer”, i modelli meteorologici possono evidenziare sensibili errori che comprometterebbero il successivo step di downscaling. Postprocessing per la catena Bolam­Moloch finalizzato al nesting del modello CFD di dettaglio. Il postprocessing da noi implementato per i modelli Bolam e Moloch ha l’obiettivo di interpolare su un’opportuna griglia di “scambio” le forzanti meteorologiche utili per un modello di CFD di dettaglio. Il postprocessing è eseguito contestualmente con la catena meteorologica ed è pertanto indipendente dalle particolari procedure di nesting di un successivo modello. Le variabili meteorologiche selezionate in questo postprocessing sono: il vento, la temperatura, l’umidità relativa, il “Richardson number”, l’orografia, la maschera terra­mare, l’altezza del livello più basso del modello, la “roughness length”. All’occorrenza si possono facilmente includere altre variabili di interesse quali la radiazione, i flussi termici, la precipitazione, etc. Questo postprocessing non effettua un’interpolazione orizzontale, in realtà per ottenere una griglia regolare in longitudine e latitudine è necessario in ogni caso interpolare la griglia ruotata dei modelli meteorologici. Tale “controrotazione” è fatta mediante il tool di analisi e visualizzazione dati Grads (http://www.iges.org/grads/) mantenendo una risoluzione orizzontale vicina a quella originaria. L’interpolazione verticale è fatta su 18 livelli “terrain­following” standard z​
: 1, 2, T​
5, 10, 15, 20, 30, 40, 50, 75, 100, 150, 200, 300, 400, 500, 750 e 1000m. Attualmente soltanto il vento CRS4
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V1.0 viene interpolato su tutti i livelli, comunque le procedure di interpolazione possono essere facilmente utilizzate anche per la temperatura e l’umidità (variabili attualmente calcolate alla sola quota standard di 2m). Poiché la griglia del Bolam e del Moloch è di tipo “staggered”, nel postprocessing le componenti del vento vengono mediate nei punti centrali di griglia (punti T). Per l’interpolazione verticale si procede nel seguente modo: dapprima si determinano i profili in coordinate “terrain­following” delle singole componenti di vento, quindi, per ciascuno dei profili, si esegue un’interpolazione unidimensionale sulla griglia z​
T mediante un mix di spline cubiche e un’interpolazione lineare. Questa procedura si applica solo se il punto da interpolare risulta tra due livelli del modello meteorologico. I punti al di sotto del primo livello (punti in rosso nella schematizzazione in Fig. 5.3.1) sono estrapolati mediante un’opportuna modellazione del “surface layer”. Figura 5.3.1. Schematizzazione dell’interpolazione verticale “terrain following”, utilizzata per accoppiare la catena meteorologica e il modello CFD “mass consistent” WindPotentialFoam. In blu sono evidenziate le quote zt in cui si esegue un’interpolazione, in rosso le quote in cui il vento viene estrapolato mediante un profilo di tipo logaritmico (eventualmente corretto con fattori di stabilità atmosferica). Nei modelli Bolam e Moloch il “surface layer” è parametrizzato mediate ipotesi di “mixing length” CRS4
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V1.0 (Prandtl, L., 1932) con correzioni di stabilità in accordo con la teoria di similarità di Monin­Obukhov (Monin­Obukhov 1954). Il postprocessing segue di proposito il medesimo approccio, come illustrato di seguito. Nella teoria auto­similare di Monin­Obukhov si ipotizza che il profilo verticale del vento nel “surface layer” possa essere legato ad una velocità caratteristica detta “friction velocity”, ad una scala di lunghezza “​
k​
z” caratteristica per la turbolenza meccanica, ad una scala di lunghezza L caratteristica per la turbolenza termica, cioè si possa trovare una relazione del tipo: (5.3.1) Integrando questa relazione con la condizione che il modulo del vento medio si annulli ad una particolare altezza dal suolo (U(z0)=0), si ottiene un profilo del vento del tipo: (5.3.2) in cui ∙ u​
è la “friction velocity” *​
∙ k è la costante adimensionale di von Karman. ∙ z​
è chiamata “roughness length”. 0​
∙ L è la lunghezza di Monin­Obukhov. ∙ Ψ​
è una opportuna funzione di similarità (in funzione di L) la cui espressione dipende dalla stabilità atmosferica. La “friction velocity” è legata all’attrito cinematico al suolo e (in accordo con una scomposizione delle variabili in un campo medio ed in anomalie) può essere definita come il quadrato della covarianza orizzontale­verticale del vento nel “surface layer”: (5.3.3) La lunghezza di Monin­Obukhov (L) è legata alla stabilità atmosferica: il suo valore assoluto definisce l’altezza alla quale la produzione di turbolenza convettiva eguaglia la turbolenza di shear delle CRS4
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V1.0 componenti orizzontali del vento. Una tipica formulazione della lunghezza L è: (5.3.4) in cui θ​
è la temperatura potenziale virtuale media. v​
(w’​
θ​
’​
)s è il flusso termico turbolento in superficie (il cui segno caratterizza la stabilità convettiva). v​
La lunghezza Monin­Obukhov di solito viene ricavata da un altro indice di stabilità atmosferica, il “​
Bulk Richardson Number​
”, che, valutato sul livello più basso di un modello meteorologico assume un’espressione semplificata del tipo: (5.3.5) La lunghezza L è legata al “​
Bulk Richardson Number​
“mediante una relazione implicita del tipo: (5.3.6) in cui z​
Ψ​
Ψ​
0M e z​
0H sono le lunghezze di rugosità per il momento e per il flusso termico, ​
M e ​
H sono le relative funzioni di similarità. Una volta ricavate L e le ​
Ψ dalla (5.3.6) si determina la “​
friction velocity valutando la (5.3.2) sul livello inferiore del modello meteorologico”. A questo punto la (5.3.2) può essere una utilizzata direttamente per calcolare il vento su una generica quota del “​
surface layer​
”. Un approccio analogo è applicabile anche per estrapolare i campi di temperatura e di umidità. CRS4
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V1.0 Conclusioni Nel presente lavoro si è sviluppato un postprocessing per la catena Bolam­Moloch finalizzato al nesting di un modello fluidodinamico di dettaglio o un modello di incendi. Il postprocessing è stato ottimizzato in particolare per integrare il modello “mass­consistent” Windpotentialfoam sviluppato nel presente progetto. Il postprocessing esegue fondamentalmente un’interpolazione verticale “terrain­following” delle variabili di interesse su una griglia fine nel range del “boundary layer”. Al di sotto del primo livello del particolare modello meteorologico il postprocessing esegue un’estrapolazione dei campi in funzione della stabilità atmosferica (in accordo con la teoria di Monin­Obukhov). Nei test si è evidenziato che in una tipica configurazione della catena Bolam­Moloch finalizzata alla previsione degli incendi (Bolam a 0.05° con 48 livelli verticali, Moloch a 0.012° con 50 livelli verticali) l’estrapolazione nel “surface layer” avviene rispettivamente al disotto dei 20m per il Bolam e al disotto dei 75m per il Moloch. La differente altezza del livello più basso tra i due modelli è da imputare alle diverse coordinate verticali: il Moloch adotta le “zita” ibride (legate ad una caratteristica altezza di scala H), il Bolam adotta le “sigma” ibride (legate alla pressione di riferimento P​
0 = 105 Pa).Un valore così alto del primo livello del Moloch potrebbe degradare la previsione del vento alle quote tipiche per gli incendi (tra i 5 e i 10m). Per limitare questo range di estrapolazione si possono eventualmente aumentare i livelli verticali del modello (con conseguente aumento dei costi e dei tempi computazionali) oppure si può agire sull’altezza caratteristica che determina lo spaziatura dei livelli. Riferimenti bibliografici Deardorff, 1970. "A numerical study of three­dimensional turbulent channel flow at large Reynolds numbers". Journal of Fluid Mechanics 41 (2): 453–480. Bibcode:1970JFM....41..453D. doi:10.1017/S002211207000069 Monin, Obukhov, 1954. "Basic laws of turbulent mixing in the surface layer of the atmosphere.". Tr. Akad. Nauk SSSR Geofiz. Inst 24: 163–187. Prandtl, L., 1932: Meteorologische Anwendung der Str¨omungslehre. Beitr. Phys. Atmos., 19, 188–202. CRS4
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V1.0 Sanz Rodrigo, 2010. “State­of­the­Art of Wind Resource Assessment. Deliverable D7, 2010. Progetto WAUDIT (Wind Resource Assessment Audit and Standardization) http://www.waudit­itn.eu/documents.php Spalart,1997. "Comments on the feasibility of LES for wing and on a hybrid RANS/LES approach". 1st ASOSR CONFERENCE on DNS/LES. Arlington, TX. Troen, 1990 “A High Resolution Spectral Model for Flow in Complex Terrain”. Proceedings from the 9th Symposium on Turbulence and Diffusion, Roskilde, Denmark. (1990).