Diotima - Provincia di Imperia

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Diotima
Jadwiga Ɓuszczewska (nome d'arte Diotima). Dipinto di Józef Simmler, 1855
Diotima di Mantinea (Mantinea, V secolo a.C.) è una figura magistrale e sapienziale di donna,
vissuta nel V secolo a.C., conosciuta attraverso il ruolo rilevante attribuitole come personaggio del
Simposio platonico.
La Maestra dell'Eros
Nel dialogo platonico, Socrate ne tratteggia la figura come quella di una veggente o sacerdotessa
che rese edotto, lui giovane, sulla filosofia dell'Eros. Socrate aggiunge anche che Diotima riuscì a
ottenere che gli dei posponessero di dieci anni la pestilenza che avrebbe colpito Atene.[1]
Il logos pronunciato da Socrate durante il convito in onore di Agatone, modellato sull'insegnamento
di Diotima, prende le mosse da quanto detto immediatamente prima da Aristofane, con la sua
esposizione del mito dell'androgino, riguardante l'inadeguatezza e l'insufficienza che l'eros è in
grado di svelare.
Natura dell'eros
L'insegnamento maieutico di Diotima, come espresso dal discorso socratico, si focalizza sui profili
teleologici dell'indagine conoscitiva circa la natura dell'eros.
Eros infatti non ha natura divina né mortale ma consiste in un'entità demonica, generata dall'unione
di Pòros (l'abbondanza) e Penìa (la povertà). Questa genesi accidentale simboleggia l'indole
contraddittoria di Eros, nella cui natura convivono le tensioni che nascono dal bisogno e dalla
mancanza (Penìa). Esse si compongono con la situazione di felicità connessa all'aspirazione a
conoscere la bellezza, una condizione, quest'ultima, destinata a rimanere però di felicità solo
potenziale, dal momento che, infatti, il possesso della bellezza è prerogativa esclusiva della natura
pienamente divina; ma aspirare alla conoscenza, senza poterla possedere, è nella natura stessa della
ricerca filosofica e rivela il senso, nell'ottica del sapere di non sapere, per cui l'eros, il cui oggetto è
la sapienza, è da considerarsi filosofo.
Teoria dell'eros
La teoria dell'eros di Diotima unifica e racchiude gli aspetti accidentali e accessori messi in luce
dagli altri simposiasti e risolve la gerarchia delle diverse gradazioni ed espressioni che l'eros può
assumere, sussumendola nell'idea iperuranica della bellezza in sé: eterna, sovrana, immutabile e
intangibile al divenire. L'aspirazione alla bellezza è il fine stesso dell'esistenza e della felicità che
deriva dalla ricerca del bene. Il logos socratico e l'insegnamento di Diotima, giungono alle soglie
della kalokagathia e del percorso che conduce alla bellezza. Ma a questo punto del dialogo non
rimane spazio per altro. Entra in scena la vita esterna, e il compassato convito è destabilizzato
dall'irrompere dionisiaco del komos di Alcibiade. La discussione sul difficile percorso che conduce
alla bellezza è solo rimandata e si compirà nel Fedro.
Amore platonico
Ma è qui da ricordare la riflessione di chi[2], con fine annotazione, sottolinea come l'irruzione
esterna dia lo spunto a Platone per l'esposizione della sua concezione di amore, servendosi delle
parole e dell'agire scomposto dell'ebbro Alcibiade e grazie al ribaltamento del rapporto omoerotico
implicato dalla sua dichiarazione d'amore per Socrate: qui, infatti, la tensione erotica che si esprime
proviene dall'erómenos (il giovane e bello) e si rivolge all'erastés (l'anziano e brutto), realizzando
l'antitesi della norma convenzionale della pederastia greca, che vuole la tensione indirizzata in
senso opposto. Ma se è permesso un simile rovesciamento delle convenzioni, è solo perché, a
questo punto del dialogo, ci si trova immersi nell'ottica della perfetta intellettualizzazione del
rapporto erotico: l'invaghimento puramente intellettuale del giovane per il Bello in sé.
La storicità di Diotima
Poiché la nostra unica fonte è Platone, non possiamo essere certi se si trattasse di un personaggio
storico o invece di una creazione letteraria. Occorre tuttavia notare che i personaggi nominati nei
dialoghi platonici hanno quasi sempre trovato una corrispondenza nella vita reale della società
ateniese del tempo.
Si è spesso ritenuto, da parte degli studiosi del XIX e XX secolo, che la figura di Diotima
adombrasse in realtà quella di Aspasia, dapprima concubina e poi moglie di Pericle, tanto egli era
colpito dall'intelligenza e dall'arguzia della donna milesia. La questione non è ancora del tutto
risolta ma qualche studioso ha argomentato, in maniera convincente, la storicità della figura di
Diotima