radioattività - Primapartenza
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RADIOATTIVITÀ Pag.2 INDICE CAP. 1 PREMESSA ........................................................................................................4 1.1 Fonti legislative e compiti dei Vigili del Fuoco in materia di radioattività ................4 CAP. 2 LA STRUTTURA DELLA MATERIA ....................................................................6 2.1 Elementi e composti...............................................................................................6 2.2 Molecole e atomi ....................................................................................................6 2.3 La struttura degli atomi...........................................................................................7 2.4 Isotopi ....................................................................................................................9 2.5 Ionizzazione ed eccitazione ...................................................................................9 CAP. 3 LA RADIOATTIVITA’ .........................................................................................10 3.1 Le Radiazioni .......................................................................................................10 3.2 Sorgenti di radiazioni: modalità di esposizione e protezione dalle radiazioni .......13 CAP. 4 CENNI DI METROLOGIA DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI: PRINCIPALI GRANDEZZE ED UNITA’ DI MISURA ..........................................................................15 4.1 Introduzione .........................................................................................................15 4.2 Classificazione delle grandezze ...........................................................................15 4.3 Grandezze di sorgente .........................................................................................16 4.3.1 Attività............................................................................................................16 4.3.2 Tempo di dimezzamento ...............................................................................17 4.3.3 Costante specifica gamma ............................................................................17 4.4 Grandezze di campo ............................................................................................18 4.4.1 Esposizione ed Intensità di Esposizione........................................................18 4.4.2 Kerma ed Intensità di Kerma .........................................................................19 4.5 Grandezze di dose ...............................................................................................20 4.5.1 Dose assorbita...............................................................................................20 4.5.2 Dose equivalente...........................................................................................21 4.5.3 Dose efficace.................................................................................................22 CAP. 5 EFFETTI DELLE RADIAZIONI E LIMITI DI DOSE............................................23 5.1 Effetti delle radiazioni ionizzanti ...........................................................................23 5.2 Limiti di dose ........................................................................................................25 Pag.3 5.3 Il servizio dosimetrico del C.N.VV.F. ....................................................................... 26 CAP. 6 RIVELAZIONE DELLE RADIAZIONI.................................................................28 6.1 Generalità ............................................................................................................28 6.2 Strumenti dei VVF ................................................................................................28 6.3 Strumenti campali per intervento..........................................................................29 6.3.1 Sonda GF 145 ...............................................................................................29 6.3.2 Sonda F118 gamma ......................................................................................30 6.3.3 Sonda F 118 alfa ...........................................................................................30 6.3.4 Sonda GF 149 ...............................................................................................31 6.3.5 Sonda GF 122 ...............................................................................................31 6.3.6 Sonda GF 132 ...............................................................................................32 6.3.7 Strumento R54 a camera di ionizzazione ......................................................32 6.4 Dosimetri ..............................................................................................................33 CAP. 7 INTERVENTI IN PRESENZA DI SOSTANZE RADIOATTIVE ..........................34 7.1 Generalità ............................................................................................................34 7.2 Incendi con presenza di radiazioni ionizzanti .......................................................34 7.3 Individuazione ed eventuale recupero di una sorgente smarrita gamma emettitrice sigillata .......................................................................................................................35 7.4 Sorgenti contaminanti ..........................................................................................36 CAP 8 RETE NAZIONALE DI RILEVAMENTO DELLA RADIOATTIVITÀ DEL C.N.VV.F. ......................................................................................................................................37 APPENDICE ..................................................................................................................39 Definizioni essenziali contemplate dalla nuova normativa (per una lettura integrale consultare l'art. 4 del D.Lgs. 241/2000 .......................................................................39 Pag.4 CAP. 1 PREMESSA 1.1 Fonti legislative e compiti dei Vigili del Fuoco in materia di radioattività Le competenze dei Vigili del Fuoco nel settore nucleare derivano da diversi disposti normativi. La legge 13 maggio 1961, n. 469 “Ordinamento dei servizi antincendi e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ... “, all’articolo 1 attribuisce al Ministero dell’Interno “ ... i servizi tecnici per la tutela della incolumità delle persone e la preservazione dei beni anche dai pericoli derivanti dall’impiego dell’energia nucleare ”. Questa attribuzione comporta l’intervento del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco in tutti quei casi in cui si presenti un qualche pericolo alla salute dei cittadini od alla sicurezza dei loro beni a seguito della presenza di radiazioni ionizzanti che possono essere originate da sorgenti fissili, da materiali radioattivi, da macchine radiogene ed anche dalla conseguenza di esplosioni di ordigni atomici (radiazioni diretta, fall-out, NIGA, etc.). Ai Vigili del Fuoco peraltro, spetta solo l’intervento più immediato in attesa che subentrino altre organizzazioni con una preparazione più specifica nel settore. Nell’ambito degli impegni derivanti dall’art. 1 della legge 469/61, per quanto attiene la Difesa Civile, al Corpo Nazionale VVF è stata assegnata la gestione della rete di rilevamento ed allarme della ricaduta della radioattività, estesa all’intero territorio nazionale. Per quanto riguarda l’impiego industriale e sanitario dell’energia nucleare, la legge quadro nel settore (D.Lgs 230 del 17.03.95 modificato ed integrato dal D.Lgs. 241/00) enumera una serie di specifiche competenze del Ministero dell’Interno e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco in materia di autorizzazioni all’impiego e al trasporto di sostanze radioattive, all’esercizio di impianti nucleari e laboratori, ai piani di emergenza nucleare esterna nonché nell’ambito del monitoraggio della radioattività. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, l’art. 104 del Dlgs 230 /95 – 241/00 “controllo sulla radioattività ambientale”, affida ai Ministeri dell’Ambiente e della Sanità rispettivamente il controllo sulla radioattività ambientale e sugli alimenti, lasciando all’Anpa le funzioni di coordinamento tecnico, ma stabilisce che la rete di allarme gestita dal Ministero dell’Interno ai sensi della legge 469/61, concorra autonomamente al sistema di reti nazionali. Sebbene in Italia da tanti anni ormai le centrali nucleari siano inattive, permane un rischio di incidenti con presenza di sostanze radioattive in relazione all’uso di queste nell’industria e nella medicina ed alle corrispondenti attività di trasporto, detenzione, impiego di sorgenti radioattive; a ciò si aggiungono i potenziali pericoli derivanti dalla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia, dalla imminente dismissione (smantellamento) degli impianti nucleari, dalla possibilità che incidenti ad impianti nucleari oltre frontiera abbiano ripercussioni sul territorio nazionale, da possibili incidenti a sommergibili (e altri natanti) a propulsione nucleare o a satelliti con sorgenti radioattive, da traffici illeciti di sostanze radioattive ed infine da altre attività nucleari non note a priori. In questo panorama, peraltro non allarmante, il ruolo delle squadre di soccorso dei vigili del fuoco appare attuale. Il numero di interventi in presenza di radioattività che le squadre del CNVVF sono chiamate a svolgere è piuttosto modesto (un centinaio all’anno); se ciò dal un lato risulta tranquillizzante, appare anche evidente quanto sia difficile acquisire in questo settore un’esperienza operativa durante l’ordinaria attività di soccorso. In questo campo più che in altri, i momenti formativi rivestono pertanto la massima importanza. Pag.5 Come noto le radiazioni nucleari sono invisibili; esse, originate nel mondo microscopico dell’atomo, non cadono sotto i nostri sensi: potremmo essere immersi in un intenso e pericoloso campo di radiazioni senza accorgercene. La presente dispensa, lungi dal trattare i vari argomenti in modo esaustivo, intende fornire a chi si accosta per la prima volta alla materia, una visione di insieme per quanto possibile completa; la trattazione in più occasioni semplificata o semplicistica cerca di contenere le inevitabili difficoltà connesse con lo studio di fenomeni complessi. Pag.6 CAP. 2 LA STRUTTURA DELLA MATERIA 2.1 Elementi e composti Gli aspetti sotto cui si presenta la materia sono estremamente vari: innumerevoli sono le sostanze che vediamo intorno a noi, inoltre ogni giorno nuove sostanze sono prodotte nei laboratori chimici. Ma già da tre secoli è stato mostrato che la grandissima varietà di sostanze che esistono in natura e tutte quelle che sono state e che saranno prodotte in laboratorio non sono che combinazioni varie di poche sostanze fondamentali, che si chiamano elementi chimici. Precisamente una sostanza o è un elemento o è una combinazione di elementi cioè un composto; in questo secondo caso si può sempre, con metodi opportuni, scomporla negli elementi che la costituiscono. Un elemento si riconosce da un composto per il fatto che non è decomponibile in altre sostanze; così, ad esempio l'acqua è una sostanza composta dei due elementi idrogeno e ossigeno. Gli elementi chimici sono 92; con essi è costruito tutto l'Universo. E’ necessario però precisare che sono 92 gli elementi esistenti in natura; perché i moderni mezzi della fisica nucleare permettono di produrre parecchi altri elementi (non stabili), tutti più pesanti dell'uranio, detti transuranici. 2.2 Molecole e atomi Gli elementi sono costituiti di piccolissime particelle che non è possibile suddividere ulteriormente con mezzi chimici: gli atomi. Esistono in natura 92 tipi di atomi differenti, cioè tanti quanti sono gli elementi: vi sono, quindi, atomi di idrogeno, di ossigeno, di ferro, di mercurio, di nichel, di uranio, ecc. Non tutti gli elementi sono aggregati di atomi singoli: in molti gli atomi sono così strettamente legati in gruppi (di due o più atomi) che questi elementi devono essere considerati come costituiti da un insieme di molecole (si chiama molecola un insieme di atomi - uguali o diversi - strettamente legati tra loro). Per esempio, mentre gli elementi mercurio e zinco sono formati di atomi singoli, una massa di ossigeno è costituita di molecole, ognuna delle quali è formata di due atomi di ossigeno fortemente legati. Le molecole degli elementi, dunque, sono formate di atomi eguali. Anche i composti sono costituiti di molecole, ma queste sono formate con atomi diversi: ad esempio una molecola di acqua è formata di 2 atomi di idrogeno e 1 di ossigeno, una di zucchero di 12 atomi di carbonio, 22 di idrogeno e 11 di ossigeno. Esistono sostanze molto complesse, caratteristiche della materia vivente (come le proteine), le cui molecole sono formate di migliaia di atomi. Una molecola di un composto chimico è dotata di tutte le proprietà della sostanza, della quale è l'unità minima: anche una sola molecola di alcune sostanze profumate (come il muschio) provoca in noi la corrispondente sensazione olfattiva. Una molecola di acqua è ancora acqua; ma le parti di cui è costituita sono idrogeno e ossigeno. Quindi, mentre l'unità minima di un elemento è l'atomo, I'unità minima di un composto chimico è la molecola; tutte le materie e gli oggetti che ci circondano e che costituiscono l’universo sono in ultima analisi costituite di atomi. Pag.7 2.3 La struttura degli atomi L’atomo (fig. 1) è costituito da un nucleo positivo centrale e da particelle, dette elettroni, cariche negativamente che gli ruotano intorno. Il nucleo (fig. 2) a sua volta è costituito da neutroni e protoni: i primi sono particelle neutre, mentre i secondi (protoni) hanno carica elettrica positiva uguale in modulo a quella degli elettroni. I protoni nel nucleo tendono a respingersi (si tratta di particelle con carica elettrica di uno stesso segno), ma sono trattenuti da forze nucleari di attrazione. L’atomo può essere immaginato come un sistema planetario costituito da elettroni che descrivono orbite circolari od ellittiche intorno al nucleo. Le orbite consentite sono ben definite (fig. 3) così come il livello energetico associato a ciascuna orbita elettronica. Fig. 1 L’Atomo Fig. 2 Il nucleo Fig. 3 Il nucleo ha sempre una carica elettrica positiva q, pari a un multiplo intero della carica e, ossia q = +Ze, dove Z, detto numero atomico, è il numero dei protoni e coincide con il numero d’ordine del posto occupato dal corrispondente elemento nel Sistema Periodico degli elementi. Il numero atomico rappresenta anche il numero di elettroni che si trovano nell’atomo neutro di quell’elemento: la loro carica negativa totale, -Ze, compensa esattamente la carica positiva q (= +Ze) del nucleo, in modo che in condizioni normali l’atomo nel suo complesso, così come la materia che ci circonda, è elettricamente neutro. In conclusione, sappiamo oggi che ogni atomo neutro è costituito da (Z+1) corpuscoli: un nucleo di carica elettrica positiva +Ze e Z elettroni, ognuno di carica elettrica - e, che si muovono attorno al nucleo. Pag.8 La massa dell’atomo è concentrata quasi esclusivamente nel nucleo: gli elettroni infatti hanno una massa quasi 2000 volte più piccola della massa dei protoni o dei neutroni che a loro volta hanno masse quasi uguali e pari ad 1 unità di massa atomica. Da quanto sin qui detto discende che il numero atomico Z rappresenta il numero di protoni, il numero di massa A rappresenta la somma del numero Z dei protoni e del numero N di neutroni costituenti un nucleo: cioè A=Z+N. Fig. 4 Caratteristiche delle particelle subnucleari In fisica nucleare, un atomo è rappresentato da una scrittura del tipo: XzA in cui X rappresenta il simbolo dell'elemento chimico corrispondente all’atomo in esame, A il numero di massa e Z il numero atomico. Ad esempio, il simbolo: He24 è relativo ad un atomo di elio (He) (vedi fig. 5) che ha due protoni e due neutroni nel nucleo. A bilanciare i protoni (positivi), come noto, nelle orbite ruotano due elettroni (negativi). Fig. 5 Fig. 6 Pag.9 Un altro esempio: il simbolo Li37 È relativo ad un atomo di litio (vedi fig. 6) con tre protoni (bilanciati da tre elettroni). II numero di massa è invece 7, cioè nel nucleo, oltre ai tre protoni, ci sono quattro neutroni. 2.4 Isotopi Ad un unico elemento chimico corrispondono in genere più atomi diversi tra loro, che hanno stesso numero di protoni (e di elettroni) - cioè stesso numero atomico - e diverso numero di neutroni (diversa massa); tali atomi sono detti “ISOTOPI”. Poiché le caratteristiche chimiche sono legate al numero e distribuzione degli elettroni, gli isotopi di uno stesso elemento hanno le stesse caratteristiche chimiche; avranno tuttavia numeri di massa diversi fra loro e conseguentemente le loro caratteristiche nucleari saranno diverse. Esempio: I53125 I53127 I53131 II primo dei tre isotopi ha, nel suo nucleo, due neutroni in meno rispetto al secondo; il terzo isotopo ha quattro neutroni in più rispetto al secondo. Il primo ed il terzo sono radioattivi. Altro esempio C612 C613 Entrambi sono stabili e presenti in natura. 2.5 Ionizzazione ed eccitazione Gli elettroni di un atomo occupano le orbite a partire dai livelli energetici inferiori, più vicini al nucleo; in caso di somministrazione di energia gli elettroni possono vincere l’energia di legame ed uscire dall’atomo diventando elettroni liberi (fenomeno della “ionizzazione”) oppure possono “eccitarsi“ e passare ad un’orbita più lontana dal nucleo. Questa situazione è però instabile e dopo un tempo più o meno lungo gli elettroni ritornano all’orbita originaria emettendo il surplus di energia sotto forma di onde elettromagnetiche (fenomeno della “eccitazione” con successiva “diseccitazione”). Le radiazioni nucleari sono agenti capaci di fornire energia agli elettroni degli atomi delle sostanze che attraversano, dando così luogo ai fenomeni sopra descritti; per questo motivo sono denominate “radiazioni ionizzanti”. Pag.10 CAP. 3 LA RADIOATTIVITA’ 3.1 Le Radiazioni Con il termine radioattività si intendono i fenomeni originati dai “radionuclidi”: si tratta di nuclei di atomi che sono instabili perché la loro composizione (numero di neutroni e protoni) non consente alla natura di mantenerne inalterata la struttura nel tempo. In pratica un radionuclide si trasforma spontaneamente nel tempo - o come si dice “si disintegra” o “decade” – emettendo una particella (radiazione alfa o beta) e/o radiazioni elettromagnetiche e trasformandosi in un altro nuclide. I radionuclidi possono essere di origine naturale oppure creati dall’uomo variando la struttura dei nuclei di atomi stabili (ad esempio aggiungendo un neutrone ad un atomo stabile di H12 noto anche come deuterio si ottiene un atomo di H13 detto trizio che è radioattivo). I corpuscoli emessi dai nuclei degli elementi radioattivi sono di due tipi diversi, indicati rispettivamente come particelle alfa ( ) e particelle beta ( ). Le particelle alfa sono costituite da due neutroni e due protoni, mentre le particelle beta sono elettroni1. Quando un nucleo emette una particella alfa (fig. 7), il suo peso atomico diminuisce di 4 unità e il numero atomico di 2 unità: il Ra88226, radioisotopo alfa emettitore, quando emette una radiazione alfa si trasforma in Rn86222. Quando, invece, un nucleo emette una particella beta (fig. 8), il suo numero atomico Z aumenta di una unità, mentre il peso atomico resta quasi invariato, dato che l'elettrone emesso ha massa piccolissima rispetto alla massa del nucleo; così per esempio, il nucleo del C614 che è un beta emettitore, si trasforma in N714. Fig. 7 Disintegrazione alfa In ogni caso le disintegrazioni nucleari contestuali alla emissione di radiazioni comportano la trasformazione spontanea di elementi chimici in altri (l'antico sogno degli alchimisti). Le radiazioni gamma sono infine onde elettromagnetiche di elevata energia emesse contemporaneamente alle radiazioni alfa o beta e prodotte da quei fenomeni di assestamento (“diseccitazione”) all’interno del nucleo che seguono quasi sempre le disintegrazioni alfa o beta. 1 Si tratta di un elettrone emesso da un neutrone del nucleo che si scinde in due particelle: un protone (che resta nel nucleo aumentando di 1 il numero atomico) ed un elettrone, che viene sparato fuori dal nucleo e costituisce la particella o radiazione beta Pag.11 Le radiazioni che possono essere emesse da una sostanza radioattiva sono in sintesi2: - particelle alfa; - particelle beta; - raggi gamma. Le particelle alfa hanno un piccolo potere di penetrazione e possono essere arrestate da un sottile strato di cartone o da qualche centimetro di aria. Le particelle beta hanno un potere di penetrazione maggiore delle particelle alfa e possono essere arrestate da uno strato di qualche millimetro di alluminio o al massimo da alcuni metri di aria. I raggi gamma hanno un grandissimo potere di penetrazione e riescono ad attraversare migliaia di metri di aria o decine di centimetri di ferro. Essi, come le particelle alfa e beta, a seconda della sostanza che lì emette, possono avere diverse energie. Fig. 8 Disintegrazione beta Le Schede riportate qui di seguito sintetizzano le caratteristiche dei tre tipi di radiazioni introdotte 2 Esistono in realtà anche altri tipi di radiazioni nucleari, ma non risultano di interesse per le attività svolte dai vigili del fuoco e pertanto non vengono trattate in questa sede. Pag.12 SCHEDA 1 - Particelle alfa Le particelle alfa non penetrano nella pelle dell’uomo e sono facilmente bloccate dai normali indumenti. Le particelle alfa sono bloccate da 5 cm di aria o da uno strato sottile di carta, acqua, tessuto o polvere (circa 50 µm): non penetrano i tessuti antifiamma I materiali radioattivi che emettono particelle alfa sono molto pericolosi qualora siano inghiottiti, inalati, o entrino nel flusso sanguigno attraverso ferite aperte. La valutazione della dose nel caso si verifichi uno dei suddetti eventi può essere effettuata solo in seguito ad esami specialistici. L’operatore ha bisogno di strumenti di rilevazione specifici e di una formazione di base: i rilevatori infatti devono essere utilizzati in prossimità della sorgente ed anche un sottile strato di materiale assorbente come sopra detto tra l’emettitore e lo strumento possono falsare la misura, (naturalmente le radiazioni alfa sono anche bloccate dalle calotte di protezione degli strumenti). In diversi casi la presenza di radiazioni alfa è accompagnata ad emissioni gamma, beta o X rilevati medianti altri tipi di strumenti. SCHEDA 2 - Particelle beta Le particelle beta hanno modesta capacità penetrante, sufficiente comunque a lasciare dose alla pelle nel caso di contaminazione superficiale; una sorgente beta a contatto con la pelle per lungo tempo può causare ustioni cutanee. Le particelle beta penetrano nel compensato o in acqua per alcuni millimetri, mentre in aria percorrono alcuni metri. I materiali radioattivi beta emettitori sono pericolosi se ingeriti o inalati. Alcuni strumenti di rilevazione per radiazioni gamma dispongono anche di una “finestra beta” attraverso la quale riescono a penetrare e possono così essere rivelate. In questi casi è necessario accertare che la finestra sia stata aperta per effettuare la rivelazione delle radiazioni beta. L’impiego di indumenti di protezione antifiamma può garantire una discreta protezione. Pag.13 Scheda 3 - Raggi gamma I raggi gamma sono in grado di penetrare per molti centimetri nei tessuti dell’uomo e possono quindi impartire dose a tutti gli organi del corpo. I raggi gamma percorrono fino a migliaia di metri in aria e vari metri nel calcestruzzo. I raggi X3 ad alta energia hanno caratteristiche di penetrazione similari. I materiali che emettono raggi gamma sono pericolosi sia come sorgenti esterne che in caso di inalazione ed ingestione. Queste sorgenti potrebbero contemporaneamente emettere anche particelle alfa o beta. La maggior parte dei rilevatori e dei dosimetri personali danno buone indicazioni dell’esposizione ai raggi gamma. I rivelatori alfa ed alcuni rilevatori beta non rispondono invece ai raggi gamma. Gli indumenti antifiamma forniscono protezione assai modesta nei riguardi di questo tipo di radiazioni. 3.2 Sorgenti di radiazioni: modalità di esposizione e protezione dalle radiazioni Le sorgenti di radiazioni sono aggregati di atomi radioattivi (come il C14 o il Ra226), che si disintegrano nel tempo (cioè come già detto si trasformano) emettendo radiazioni; questi aggregati possono avere qualunque forma fisica (solida, liquida o gassosa), dal momento che gli atomi sono i costituenti ultimi di tutte le sostanze. I rischi dovuti alla radioattività dipendono fortemente dalla sorgente e dalla “modalità di esposizione”, dal modo cioè in cui possiamo essere colpiti dalle radiazioni; a questo proposito si distinguono due situazioni: esposizione esterna (nota anche come irradiazione esterna o irraggiamento esterno) esposizione interna (contaminazione o irraggiamento interno) La prima, in linea di massima meno preoccupante della seconda si verifica quando una sorgente sigillata - una sorgente cioè realizzata in modo tale che “in condizioni normali di impiego le sostanze radioattive che la costituiscono non entrano in contatto con l’ambiente” – non è contenuta nel proprio involucro schermante. Una situazione di questo genere (sorgente “esposta”), normale durante l’uso della sorgente, può protrarsi generando pericolo in caso di danneggiamento o distruzione dell’involucro o del meccanismo di rientro della sorgente stessa. L’evento difficilmente prodotto dall’incendio, ha come conseguenza la permanenza di “campi di radiazioni”; in questo caso all’interno del campo occorre adottare cautele quali tenersi a distanza dalla sorgente, servirsi eventualmente di schermi protettivi, limitare il tempo di esposizione. Quando tuttavia si esce dal campo cessa il pericolo. La seconda, conseguenza di dispersione di materiale radioattivo nell’ambiente, è assai più grave e pone in essere un rischio di introduzione accidentale della sorgente radioattiva nel corpo umano; la contaminazione è legata a: 3 Si tratta di radiazioni analoghe alle gamma, ma ottenute con la corrente elettrica mediante l impiego di macchine radiogene Pag.14 • sversamento o proiezione di liquidi radioattivi, • dispersione di materie radioattive solide sotto forma di polveri o pastiglie, • contaminazione atmosferica prodotta da radioelementi in forma di aerosol, vapori, gas. La contaminazione può essere prodotta da sorgenti non sigillate, cioè sorgenti “aventi caratteristiche tali da non consentire di prevenire qualsiasi dispersione di sostanze radioattive”, le quali possono essere in forma solida, liquida o gassosa; essa può tuttavia essere prodotta anche da sorgenti sigillate allorché vengano coinvolte in un incendio o da azioni meccaniche che danneggino il sigillo. Il fatto che una materia sia radioattiva non influisce sulle sue caratteristiche fisico-chimiche generali ed in particolare sul suo comportamento in occasione di un innalzamento anormale della temperatura come appunto nell’incendio: in questo caso la materia a seconda della sua forma fisica iniziale – solida, liquida o gassosa, - subirà normali trasformazioni vale a dire fusione, ebollizione, sublimazione, pirolisi, con formazione di prodotti di combustione radioattivi sotto forma di scorie, ceneri, polveri, aerosol, vapori o gas. Questi prodotti della combustione sono in generale più frazionati e meno densi della materia da cui hanno avuto origine, ed è più facile la loro dispersione. Ne consegue che, non avendo luogo modificazione alle caratteristiche di radioattività della sostanza, in caso di incendio facilmente si sparge la sorgente nell’ambiente e diventa più difficile il controllo del rischio radiologico. Se una persona inala o ingerisce il materiale in questione si ha “esposizione interna”; in questo caso le radiazioni emesse dalla sorgente ormai all’interno del corpo continuano a colpire l’infortunato anche dopo che è terminata l’assunzione di attività. Nella tabella 1 sono riassunte le caratteristiche peculiari delle due modalità di esposizione presentate; le azioni da intraprendere per definire la situazione radiologica con riferimento ai due suddetti scenari di rischio sono: Esposizione esterna 1. valutazione del campo di radiazioni gamma, ovvero accertamento della sua presenza ed estensione, e misura dell’intensità di esposizione o dell’intensità di dose in aria o dell’intensità di kerma in aria; Esposizione interna 2. valutazione di contaminazione su superfici, in aria, acqua o matrici ambientali, ovvero rilevazione di presenza diffusa di radiazioni alfa, beta e gamma. In relazione alla situazione occorrerà poi servirsi degli idonei dispositivi di protezione e di opportuni mezzi. Tab.1 modalità di esposizione a radiazioni Natura delle esposizioni alle radiazioni ionizzanti Dose Esterna Interna Sorgente Causa della dose Sigillata, confinata Irraggiamento Libera nell ambiente Contaminazione Durata Termina quando la sorgente è rimossa Continua dopo assunzione Organi colpiti Tutto il corpo Determinati organi Pag.15 CAP. 4 CENNI DI METROLOGIA DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI: PRINCIPALI GRANDEZZE ED UNITA’ DI MISURA 4.1 Introduzione La metrologia delle radiazioni ionizzanti è quella materia che studia la misura delle sorgenti radioattive, dei campi e delle dosi di radiazioni; essa ha una importanza diretta nella valutazione del rischio radiologico, nella protezione e nella salvaguardia della salute umana. Alla importanza accennata si affiancano tuttavia oggettive difficoltà, intrinsecamente connesse alle misure nucleari ed alla loro interpretazione, che hanno contribuito ad alimentare un processo pressoché continuo di evoluzione ed aggiornamento nella definizione e nell’uso delle grandezze di misura; tale processo non è ancora completamente esaurito. Nei paragrafi che seguono sono presentate le principali grandezze in uso nella metrologia delle radiazioni; le parti scritte con carattere diverso (times new roman) e intitolate “APPROFONDIMENTO”, sono rivolte a coloro che, già in possesso delle nozioni fondamentali, desiderino avere informazioni più complete e rigorose. 4.2 Classificazione delle grandezze L’esistenza di un pericolo radiologico è subordinata alla presenza di “sorgenti radioattive” le quali creano un “campo di radiazioni” responsabile a sua volta del deposito di “dosi di radiazioni” nei soggetti che entrano all’interno del campo (vedi fig.9). In relazione a questa schematizzazione le grandezze radiologiche possono essere distinte in: • grandezze di sorgente • grandezze di campo • grandezze di dose. Fig. 9 Sorgente, campo, rilascio dose Pag.16 Tale classificazione fa riferimento essenzialmente alla situazione di esposizione esterna4. 4.3 Grandezze di sorgente Le grandezze di sorgente sono quelle grandezze che consentono di descrivere, qualificare e misurare le caratteristiche delle varie sorgenti radioattive, e che dunque indicano per così dire la pericolosità “intrinseca” associata ad una sorgente; queste grandezze quantizzano in pratica il pericolo potenziale, indipendentemente dalla situazione contingente che può o meno rendere reale tale pericolo. 4.3.1 Attività La più importante grandezza relativa alle sorgenti radioisotopiche è l’attività (A); questa esprime il numero di atomi che in una unità di tempo (cioè in un secondo) si disintegrano. APPROFONDIMENTO In termini più rigorosi l attività è il rapporto tra N e t dove N è il numero di trasformazioni nucleari spontanee che avvengono nella sorgente durante l intervallo di tempo t. A = N t [1] L’unità di misura dell’attività nel sistema internazionale è il Bequerel (Bq) pari ad una disintegrazione al secondo. E’ tuttavia ancora molto usata la vecchia unità di misura, il Curie (Ci) pari a 3,7*1010 disintegrazioni al secondo, ed i suoi sottomultipli (il mCi la cui attività è pari a 3,7*107 disintegrazioni al secondo ed il µCi la cui attività è pari a 3,7*104 disintegrazioni al secondo). APPROFONDIMENTO Benché l attività fornisca una indicazione valida circa le radiazioni in partenza dalla sorgente, essa si riferisce al numero di disintegrazioni che avvengono al suo interno e non alle radiazioni emesse; in generale alcune delle radiazioni emesse infatti possono essere assorbite nella sorgente stessa (autoassorbimento), inoltre per ogni disintegrazione si ha spesso l emissione di più di una radiazione. Per esempio in una sorgente di radio sono emesse in media 2,05 radiazioni gamma per ogni disintegrazione alfa del radio: da una sorgente di radio con attività pari a 1 mCi, vengono dunque emesse, supponendo di poter trascurare l autoassorbimento delle radiazioni gamma: 2,05*3,7*107 = 7,5*107 radiazioni gamma al secondo L’attività è correntemente usata come grandezza atta a misurare il quantitativo di sostanza radioattiva: si parla così comunemente per esempio di 100 Ci di Co60 4 Nel caso dell esposizione interna non ha interesse la valutazione del campo, mentre risulta critica la determinazione delle sorgenti sparse nell ambiente e/o introdotte nel corpo. Dalla valutazione del tipo e quantitativo di sorgenti introdotte nel corpo si risale alle dosi che ne derivano. Pag.17 intendendo con questa espressione un quantitativo di cobalto 60 la cui attività sia pari a 100 Ci. APPROFONDIMENTO attività è in effetti correlata con il numero N di nuclidi radioattivi da una semplice relazione di proporzionalità A = N [2] dove è la così detta costante di decadimento , parametro fisico che esprime la probabilità che un nucleo radioattivo ha di decadere in un secondo5. 4.3.2 Tempo di dimezzamento L’attività di una sorgente diminuisce nel tempo (secondo un ben noto andamento temporale di tipo esponenziale), in conseguenza del fatto che le disintegrazioni che avvengono nella sorgente al passare del tempo consumano la sostanza radioattiva: si produce infatti una continua diminuzione degli atomi instabili (cioè radioattivi), i quali progressivamente raggiungono l’equilibrio. Si definisce tempo di dimezzamento (T1/2) di una sorgente radioattiva, il tempo dopo il quale il suo valore di attività si è dimezzato; tale tempo si mantiene sempre costante indipendentemente dalle condizioni esterne (variazione di temperatura e/o pressione). Ogni radioisotopo è caratterizzato da un proprio tempo di dimezzamento che può variare da milionesimi di secondo a miliardi di anni. L’andamento dell’attività nel tempo è espresso dalla seguente formula: A(t) = A 2 n 0 [3] Dove A(t) è l’attività residua trascorso il tempo t, A0 è l’attività iniziale, n è il numero dei tempi di dimezzamento trascorsi ed è pari a t/T1/2 4.3.3 Costante specifica gamma Un’altra grandezza di sorgente utile nei calcoli è la costante gamma specifica (K oppure ) che esprime, per un dato radioisotopo, il rateo di esposizione (vedi oltre) ad un metro di distanza da una sorgente puntiforme di quel radioisotopo avente attività unitaria. La costante gamma specifica si esprime spesso ancora oggi nella pratica corrente in Roentgen*m2/h*Ci, benché la sua unità di misura nel sistema SI sia costituita da Coulomb*m2/kg*sec*Bq; l’equivalenza tra le due unità di misura (che non hanno alcun nome particolare) è la seguente: 5 Tale probabilità si mantiene costante nel tempo, indipendentemente dal fatto che un dato atomo radioattivo sia più o meno giovane (legge fondamentale del decadimento radioattivo). Vds anche esposizione fisiologica alle radiazioni ionizzanti - Antincendio n.11/97 Pag.18 1 Roentgen*m2/h*Ci = 1,94 *10-18 Coulomb*m2/kg*sec*Bq 1 Coulomb*m2/kg*sec*Bq = 5,16*1017 Roentgen*m2/h*Ci In tabella 2 sono riportati i valori della costante gamma specifica per alcuni radionuclidi di interesse. 4.4 Grandezze di campo In fisica si dà il nome di “campo” all’insieme dei valori che una certa grandezza assume in ogni punto di una regione dello spazio. La conoscenza del “campo di radiazioni”, consente evidentemente di quantizzare il rischio radiologico esistente nei punti dello “spazio”, a prescindere dalla sorgente (che potrebbe essere non conosciuta o non individuata) che lo sta producendo; tale conoscenza si acquisisce operativamente mediante la misura, effettuata con strumentazione portatile o fissa, di grandezze di campo. Le grandezze di campo di nostro interesse sono riferite alle sole radiazioni gamma: si ricorda che nel caso di esposizione esterna le uniche radiazioni pericolose sono le gamma (nel caso di esposizione interna la conoscenza del campo non è di interesse). 4.4.1 Esposizione ed Intensità di Esposizione La prima grandezza che storicamente è stata introdotta per la misura delle radiazioni è l’esposizione (X): essa misura la ionizzazione (cioè il numero degli ioni) prodotti dalla radiazione elettromagnetica (X e gamma) in aria. L’esposizione, definita dunque per i soli campi di radiazione elettromagnetica, caratterizza il campo attraverso le interazioni di quest’ultimo con l’aria. APPROFONDIMENTO esposizione è definita come il rapporto tra Q e m: X = Q m [4] dove Q è la somma delle cariche elettriche di tutti gli ioni di un segno prodotti in aria allorché tutti gli elettroni e positroni messi in moto dai quanti in un piccolo volume di aria di massa m, vengono completamente fermati in aria. L’unità di misura dell’esposizione nel sistema SI, è il Coulomb/kg; per ragioni sia storiche che di praticità tuttavia, l’unità di misura generalmente adottata per l’esposizione è una frazione del Coulomb/kg a cui è stato dato il nome di Roentgen; per definizione 1 Roentgen = 2,58*10-4 Coulomb/kg. E’ estremamente utile e significativo poi considerare l’esposizione prodotta nell’unità di tempo, cioè la “velocità” con cui si sta producendo la carica in aria, vero indice dell’intensità delle radiazioni in arrivo, ed in definitiva del campo. A tale grandezza si da il nome di intensità di esposizione6 (X’). Dalla sua definizione segue che l’unità di misura nel sistema internazionale è il Coulomb/(kg*sec), ma nella pratica si usano il Roentgen/h e i suoi sottomultipli, cioè il millesimo di Roentgen/h (mR/h) ed il milionesimo di Roentgen/h (µR/h). L’intensità di esposizione è direttamente e facilmente 6 L intensità di esposizione è la derivata dell esposizione rispetto al tempo (come la velocità è la derivata dello spazio rispetto al tempo). Pag.19 misurabile con strumentazione di diverso tipo (ad es. camere di ionizzazione, tubi geyger compensati, ecc) sia portatile che fissa ed è la grandezza base per la valutazione di un campo di radiazioni; l’intensità di esposizione consente di fatto di misurare (con riferimento alla sola esposizione esterna) il pericolo radiologico esistente in un punto. Il campo naturale, dovuto alle varie sorgenti naturali di radiazioni presenti in generale in modo disuniforme sulla crosta terrestre, varia da qualche µR/h a qualche decina di µR/h; se in una certa situazione si riscontra un valore maggiore siamo verosimilmente in presenza di sorgenti artificiali. L’esposizione è una grandezza che viene oggi usata poco, essenzialmente per i problemi legati alle sue unità di misura (le unità di misura dell’esposizione nel SI sono assai scomode). 4.4.2 Kerma ed Intensità di Kerma Al posto dell’esposizione è sempre più frequentemente utilizzata un’altra grandezza per descrivere il campo (sempre limitatamente al caso di radiazioni indirettamente ionizzanti): il Kerma in aria (K). Il nome Kerma è formato dalle iniziali della frase inglese “kinetic Energy Released in Matter” che vuol dire “energia cinetica liberata nella materia”; con buona approssimazione possiamo dire che il kerma in aria coicide con la dose assorbita (vedi oltre) in aria dovuta a radiazioni gamma. L’unità di misura del kerma nel sistema internazionale è il Joule/kg a cui viene dato il nome di Gray (Gy); sono molto usati i sottomultipli del Gray (cGy, mGy, µGy); la vecchia unità di misura, ancora utilizzata è il rad, pari a 100 erg/g. L’equivalenza tra le due unità è semplice: 1 Gy = 100 rad 1 rad = 1 cGy E’ poi estremamente utile definire l’intensità di kerma (K’), cioè il kerma prodotto nell’unità di tempo; l’intensità di kerma in aria sostituisce l’intensità di esposizione ai fini della descrizione del campo di radiazioni. L’intensità di kerma si dovrebbe misurare nel sistema internazionale in Gy/sec, sono tuttavia assai più utilizzati i Gy/h ed i relativi sottomultipli (cGy/h, mGy/h, µGy/h); la vecchia unità di misura è costituita dal rad/h. Con buona approssimazione si può dire che l’esposizione è la “ionizzazione equivalente al kerma in aria”7. In termini numerici all’esposizione di un Roentgen corrisponde un 7 APPROFONDIMENTO Il kerma in aria è legato all esposizione dalla seguente relazione7: e X = K aria * W aria 1 *( e g )K aria * W aria [6] dove e = carica dell elettrone Waria = energia mediamente necessaria per creare una coppia di ioni in aria g = frazione della energia cinetica iniziale dei secondari carichi perduta da questi per emissione di radiazione di bremsstrahlung (frenamento); dipende dall energia della radiazione e dal mezzo attraversato. Il termine è in genere trascurabile (prossimo a zero): comincia a diventare significativo solo per energie della radiazione elettromagnetica di qualche MeV, (prodotte da particolari macchine acceleratrici). Nel caso del Co60, radioisotopo che notoriamente emette radiazioni piuttosto energetiche, g vale in aria appena 0,003 e può dunque essere trascurato. In queste condizioni (g trascurabile) In termini numerici all esposizione di un Roentgen corrisponde un kerma in aria di circa 0,87 cGy, ed analogamente all intensità di esposizione di un R/h corrisponde un intensità di kerma in aria di 0,87 cGy/h. Pag.20 kerma in aria di circa 0,87 cGy, ed analogamente all’intensità di esposizione di un R/h corrisponde un’intensità di kerma in aria di 0,87 cGy/h; dunque: 1 R/h = 0,87 cGy/h 1 cGy/h = 1,15 R/h 4.5 Grandezze di dose Le grandezze di dose sono quelle che descrivono la cessione di energia alla materia, con particolare riferimento al caso dell’irraggiamento dell’organismo umano, o di una sua parte, e che hanno lo scopo ultimo di collegare la fisica dei fenomeni elementari di interazione tra radiazioni e materia con le conseguenze biologiche che ne derivano: dosi di radiazioni assorbite da un organismo sono infatti, come ben noto, agenti causali di una serie di effetti patologici, immediati e ritardati. La misura delle dosi ed il rispetto di opportuni limiti di dose sono elementi fondamentali nella disciplina radioprotezionistica che consentono di evitare la comparsa degli effetti immediati delle radiazioni e la limitazione a livelli accettabili di quelli ritardati. Le grandezze di dose, come già accennato, sono correlabili a quelle di campo; la conoscenza di queste ultime, con particolare riferimento ad esposizione e kerma in aria, consente cioè di stimare le dosi di radiazioni (e conseguentemente il danno atteso), che verrebbero assorbite da un soggetto all’interno del campo. Anche per le grandezze di dose si definiscono (analogamente a quanto fatto per le grandezze di campo) le relative intensità o ratei; non ci si soffermerà volta per volta a specificare questo aspetto che riveste carattere alquanto intuitivo. 4.5.1 Dose assorbita La dose assorbita (D) è la grandezza che quantizza l’energia depositata nella materia da parte di un fascio di radiazioni. L’energia depositata è un fattore di fondamentale importanza, anche se non è l’unico, nel determinare gli effetti delle radiazioni sugli organismi viventi. Le unità di misura della dose assorbita sono le stesse in uso per il kerma (Gy nel Sistema Internazionale, rad nel vecchio sistema). Accanto alla dose assorbita si definisce anche l’intensità di dose assorbita cioè la dose assorbita nell’unità di tempo. APPROFONDIMENTO Più precisamente la dose assorbita è definita come: [5] = D E m dove E è l energia ceduta dalla radiazione agli atomi e alle molecole contenute nel piccolo volume di materia considerato di massa m. Come già detto l intensità di esposizione (o l intensità di kerma in aria) qualifica il campo; la dose assorbita invece dipende oltre che dal campo anche dal materiale M che è irraggiato: a Pag.21 parità di campo la dose assorbita in aria è cioè diversa, per esempio, dalla dose assorbita in acqua o nel tessuto molle, o nelle ossa. In condizioni di equilibrio delle particelle cariche è possibile stabilire un legame tra esposizione (o kerma in aria) e dose assorbita in diversi materiali. Nella tabella seguente è illustrato numericamente tale legame, con riferimento ad alcuni mezzi di interesse, valido nell intervallo di energia 100 keV - 10 MeV. Tab. 2 Relazione tra esposizione e dose assorbita in condizioni di equilibrio delle particelle cariche per diversi mezzi Esposizione (Roentgen) Kerma in aria (cGy) Mezzo Dose Assorbita (cGy) 1 0,87 Grasso 0,97 1 0,87 Muscolo 0,96 1 0,87 Osso 0,93 1 0,87 Acqua 0,965 Si osserva che nel largo intervallo di energia considerato all esposizione di 1 Roentgen corrisponde una dose assorbita in acqua ed in materiali biologici (compreso il corpo umano!!) di circa 1 rad (1 cGy). Questa corrispondenza numerica è la ragione pratica della scelta a suo tempo operata dell unità Roentgen e del fatto che essa sia ancora largamente usata nella pratica operativa nonostante non rientri tra le unità del sistema SI. A chiarimento di una situazione di diffusa confusione si ribadisce che l uguaglianza numerica non deve ingannare: l esposizione e la dose assorbita sono grandezze concettualmente diverse e la loro corrispondenza numerica, seppur comoda nella pratica, è però valida solo in specifiche condizioni8 (equilibrio delle particelle cariche) e in un ben determinato intervallo di energia ed è subordinata ad una determinata scelta di unità di misura; se poi all esposizione sostituiamo il kerma in aria il discorso resta del tutto analogo, con l avvertenza che in questo caso non è più possibile confondere numericamente kerma in aria e dose assorbita in materiali biologici: ad un kerma in aria di 0,87 cGy corrisponde una dose assorbita in materiali biologici di 1 cGy (l utilizzo in questo secondo caso della stessa unità di misura per le due diverse grandezze può essere manifestamente causa di malintesi). 4.5.2 Dose equivalente Una stessa dose assorbita depositata in un organismo da diversi tipi di radiazioni può produrre effetti biologici di entità diversa; un medesimo effetto può essere ottenuto con dosi assorbite diverse originate da diversi tipi di radiazioni di varia energia. Ciò significa che a parità di energia depositata alcune radiazioni sono più nocive di altre. E’ comodo nella maggior parte dei settori della radioprotezione esprimersi in termini di dose assorbita di una radiazione di riferimento, grandezza che prende il nome di dose equivalente (H). La dose equivalente in un certo tessuto od organo è pari alla dose assorbita in quel tessuto o organo moltiplicata per un coefficiente ponderale che esprime il rapporto di efficacia tra la radiazione in studio e la radiazione di riferimento (radiazione x e ); tale coefficiente prende il nome di “fattore di ponderazione” della radiazione ed è maggior e o uguale ad 1. 8 Queste sono peraltro quasi sempre verificate nelle situazioni operative di nostro interesse Pag.22 APPROFONDIMENTO Nel caso generale di presenza di più tipi di radiazioni occorre sommare i contributi di ciascuna radiazione: H = r w r * Hr [7] dove: Hr = dose equivalente all organo (o tessuto) dovuta alla erresima radiazione wr = fattore di ponderazione dell erresima radiazione. Il fattore di ponderazione per radiazioni X e vale 1, pertanto, per questi tipi di radiazione la dose equivalente è numericamente uguale alla dose assorbita nel tessuto (e non al kerma in aria!); in pratica ricordando quanto già detto ed in particolare considerando la tabella 2, sotto le ipotesi di validità della stessa (largamente verificate come detto nella maggioranza delle situazioni operative), si può considerare valida la seguente catena di quasi uguaglianze: 0,87 cGy di kerma in aria 1 Roentgen 1 cGy di dose assorbita in tessuto 1 cSv = 1 Rem 4.5.3 Dose efficace Ancora con riferimento agli effetti stocastici, cioè al rischio di contrarre un tumore maligno o di subire un effetto genetico in prima o seconda generazione, è evidente che tale rischio è diverso a seconda che venga irradiato l’intero organismo con tutti i suoi organi ed apparati, oppure un organo solo. E’ spesso utile esprimersi in termini di un’irradiazione di riferimento, quella del corpo intero, e si introduce così la dose efficace (E). L’unità di misura della dose equivalente è il Sievert (o il Rem). APPROFONDIMENTO La dose efficace è ottenuta come sommatoria delle dosi equivalenti in ciascun organo moltiplicati per opportuni coefficienti ponderali wt (fattori di peso dei tessuti) E = t wt * Ht [8] dove: Ht = dose equivalente all organo (o tessuto) t wt = fattore di ponderazione dell organo (o tessuto) t. I valori previsti del coefficiente wt sono tutti inferiori all unità; la somma dei vari wt è pari ad uno. Nel caso di esposizione esterna l irradiazione dei vari tessuti ed organi è uniforme, conseguentemente la dose efficace coincide (numericamente) con la dose equivalente in ciascun organo o tessuto. Pag.23 CAP. 5 EFFETTI DELLE RADIAZIONI E LIMITI DI DOSE 5.1 Effetti delle radiazioni ionizzanti Le radiazioni ionizzanti notoriamente inducono danni sulla materia vivente, a livello di molecole, cellule, tessuti ed organi. Si conoscono altresì azioni "stimolanti" delle radiazioni (come l'induzione d'una più alta germinazione di semi di piante) ed altri effetti generici "migliorativi" di taluni caratteri ad esempio di interesse agronomico; è anche ben noto il fatto che le cellule cancerose sono maggiormente suscettibili di danno letale da radiazioni delle cellule normali (e su questa osservazione si basa la radioterapia dei tumori). In linea generale si deve tuttavia affermare il carattere nocivo delle radiazioni sulla materia vivente e sull’uomo in particolare; quest’ultimo aspetto costituisce uno dei punti di partenza della radioprotezione. Gli effetti patologici delle radiazioni sull’organismo umano possono essere sinteticamente classificati nelle seguenti due categorie ben distinte: • effetti non stocastici (o graduati o anche deterministici) • effetti stocastici (o probabilistici) I primi sono a volte indicati come effetti “immediati” perché seguono in breve tempo all’irradiazione e compaiono solo sui soggetti che hanno assorbito dose (danno somatico), mentre i secondi sono anche noti come effetti “ritardati”, perché la loro comparsa può avvenire anche a notevole distanza temporale dall’irradiazione; questi ultimi effetti possono manifestarsi addirittura su soggetti diversi da coloro che hanno assorbito dose (figli, nipoti, generazioni successive). Gli effetti immediati sono tipici di irradiazioni acute, e compaiono a breve scadenza (giorni o settimane) dopo un’elevata irradiazione di un tessuto, di un organo o dell’intero corpo9. Essi hanno carattere graduato sia nel senso che la comparsa di un certo effetto avviene solamente al di sopra di una data soglia, sia nel senso che l’effetto presenta gravità crescente col crescere della dose (oltre la soglia). In particolare la relazione tra dose assorbita singolarmente da un certo numero di persone e incidenza di un dato effetto è costituita da una curva di tipo sigmoide (vedasi figura 10): la frequenza di comparsa degli effetti è nulla fino ad un certo valore di dose per poi aumentare rapidamente; da un certo punto in poi la totalità degli individui esposti Fig. 10 manifesta l’effetto in esame. La dizione “effetti non stocastici”, sottolinea proprio il fatto che si tratta di effetti non casuali, che compaiono deterministicamente al superamento di una data soglia. Ai fini di stabilire convenzionalmente il valore di soglia per un certo effetto, si fa generalmente riferimento alla dose che produce quell’effetto nel 50% degli esposti (DE50) (punto A in figura 10). 9 Una eccezione è costituita dalla cataratta oculare che può comparire anche 1o 2 anni dopo l irradiazione acuta Pag.24 La soglia di dose varia fortemente a seconda dell’effetto considerato, ma è comunque elevata, dell’ordine del Gray e più. La tabella 3 riporta alcuni tipici effetti con le rispettive soglie di dose in caso di irraggiamento acuto di tutto il corpo. Dose Assorbita (irradiazione acuta) Fino a 0,25 Sv Fino a 0,5 Sv Fino a 1 Sv Fino a 2 Sv Fino a 4 Sv Probabile effetto immediato Nessun effetto evidente Alterazioni ematiche Nausea, vomito, inappetenza nel 50% dei soggetti Possibile mortalità (in assenza di cure) dell 1% degli irradiati Sindrome acuta da radiazioni (male da raggi)- stadio ematologico; morte del 50% degli individui (in mancanza di cure) entro un mese Fino a 8 Sv Sindrome acuta da radiazioni - stadio intestinale; morte del 100% degli individui entro tre settimane 30 Sv e oltre Sindrome acuta da radiazioni - stadio neurologico (o meningoencefalico); morte del 100% degli individui da poche ore a qualche giorno Tab. 3: Effetti immediati per irradiazione acuta total body Tra gli effetti non stocastici si annovera anche la morte dell'organismo per dose di radiazioni (dose letale). E’ interessante conoscere il valore di dose al corpo intero che dà il 50% di morti a 30 giorni dall’irradiazione acuta. Nell'uomo tale valore è di circa 4 gray (di fotoni). Le dosi letali per 50% degli individui, a 30 giorni (simbolo: DL 50/30), per i diversi mammiferi e per altri animali sono assai varie, tuttavia tutti i mammiferi hanno DL 50/30 compresa tra 2,5 e 8 gray; gli anfibi tra 7,0 e 30 gray; la chiocciola, 100 gray; l'ameba, 1000 gray. A titolo di curiosità si segnala che per la sterilizzazione batterica di materiale clinico (siringhe, aghi, ecc.) si adoperano dosi maggiori di 25000 gray (2,5 Mrad) di fotoni. Gli effetti stocastici, invece hanno caratteristiche ben diverse: non mostrano gradualità di manifestazioni con la dose; sono cioè effetti del tipo “tutto o niente” e non richiedono il superamento di un valore soglia per la loro comparsa. La loro frequenza è piccola negli individui della popolazione irradiata, ma aumenta al crescere della dose; infine come già accennato si manifestano in tempo differito (di decine di anni o anche di generazioni) rispetto all’irradiazione. Gli effetti stocastici sono in sintesi costituiti dall’induzione di tumori e leucemie e dalla produzione di danni ereditari (mutazioni ed aberrazioni cromosomiche). Gli effetti stocastici da radiazioni non sono peraltro costituiti da forme morbose con caratteristiche specifiche che ne permettano il riconoscimento clinico: i tumori da radiazioni non si distinguono cioè dai tumori endemici corrispondenti; e così le mutazioni ed aberrazioni cromosomiche da radiazioni. L'effetto stocastico consiste in pratica in un aumento più o meno grande (in funzione della dose) della frequenza “spontanea” di tumori e di danni ereditari, comunque presenti. E’ evidente che in queste condizioni la connessione tra causa (radiazioni) ed effetto (tumore o mutazioni) non può essere stabilita sul singolo individuo, ma solo su un gruppo di persone irradiate, osservando la frequenza di casi morbosi rispetto alla frequenza attesa in assenza di irraggiamento; è intuitivo che effetti stocastici che si aggiungano in piccolo numero ad uguali effetti spontanei possono risultare non osservabili, perché mascherati dalla variabilità statistica dei fenomeni spontanei in questione. Gli effetti stocastici vengono a volte distinti nelle seguenti tipologie: • danni stocastici somatici • danni stocastici ereditari di prima e seconda generazione • danni stocastici ereditari delle generazioni successive. Pag.25 L’evidenza sperimentale della comparsa di effetti stocastici, per le ragioni già accennate, è necessariamente limitata al caso di dosi elevate ed è stata riscontrata sperimentalmente sui sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, su pazienti irradiati a forti dosi di radiazioni, su minatori occupati in miniere di minerali uraniferi e radiferi, in gravi incidenti alle centrali nucleari. Nell’ambito delle condizioni di esposizione che normalmente si incontrano nei lavori con radiazioni, si fronteggiano dosi di gran lunga più basse; si pone allora il problema di mettere in relazione la probabilità di comparsa degli effetti con la “modesta” dose assorbita; la radioprotezione a tal proposito assume una ipotesi di linearità cioè di semplice proporzionalità, senza soglia di dose. Si tratta certamente di una approssimazione, tuttavia è largamente accettata in radioprotezione sia perché cautelativa cioè pessimistica rispetto ad altre possibili ipotesi, sia perché permette di stimare facilmente il rischio atteso in relazione all’assorbimento di una certa dose, sia infine perché non è in contrasto con possibili ipotesi sul meccanismo radiobiologico d’azione degli effetti probabilistici. 5.2 Limiti di dose La legge italiana, sulla base delle indicazioni scientifiche di organismi internazionali di radioprotezione, fissa dei limiti di dose individuale la cui osservanza garantisce che: • non si abbia in nessun caso manifestazione di effetti immediati; i limiti devono cioè sempre essere al di sotto della soglia di comparsa dei primi effetti deterministici • l’inevitabile rischio di comparsa di effetti ritardati non sia superiore al rischio corso da individui che svolgano attività analoghe, ma in assenza di radiazioni ionizzanti. I limiti di dose sono diversi in relazione alla categoria di persone interessate ed all’attività svolta; si riportano qui di seguito i limiti stabiliti per gli individui della popolazione, per i lavoratori impegnati in attività con uso di sorgenti di radiazioni (svolgimento di “pratiche”), per i soccorritori impegnati in interventi. I limiti sono espressi innanzitutto in termini di dose efficace, con ulteriore limitazione della dose equivalente in specifici organi o tessuti da considerare in caso di irradiazione disuniforme del corpo. Negli interventi di soccorso si verifica in genere un irradiazione globale, pertanto per le attività dei Vigili del Fuoco è sufficiente generalmente far riferimento ai limiti di dose efficace. ¾ PER INDIVIDUI DELLA POPOLAZIONE - Dose efficace / anno solare - 1 mSv - Dose equivalente per il cristallino / anno solare - Dose equivalente per la pelle/ anno solare - 15 mSv - 50 mSv ¾ PER LO SVOLGIMENTO DI PRATICHE - 20 - Lavoratori esposti di categoria A e B - 150 - 500 - 500 dose efficace / anno solare mSv dose equivalente / anno solare mSv per il cristallino mSv per la pelle mSv per le mani, avambracci, caviglie, piedi Pag.26 ¾ PER GLI INTERVENTI • Soccorritori ordinari (Includono i Vigili del Fuoco) Nella pianificazione e nell’attuazione degli interventi d’emergenza devono essere previste ed adottate le misure idonee ad evitare che il personale addetto agli interventi, non incluso nelle squadre speciali d’intervento e non classificato, possa incorrere in esposizioni superiori ai limiti stabiliti per i lavoratori esposti. Tali valori sono: - Dose efficace / anno solare - - 20 mSv Dose equivalente / anno solare - 150 mSv per il cristallino - 500 mSv per la pelle - 500 mSv per le mani, avambracci, caviglie e piedi. • Soccorritori delle squadre speciali (per esposizioni d’emergenza) - Dose efficace - 100 mSv - Dose equivalente - 300 mSv per il cristallino 1 Sv per la pelle 1 Sv per le mani, avambracci, caviglie, piedi Soccorritori “ volontari “ (per esposizioni eccezionali, ammesse solo per i “volontari” delle squadre speciali) I valori possono essere superiori ai limiti massimi stabiliti per le esposizioni professionali d’emergenza • 5.3 Il servizio dosimetrico del C.N.VV.F. Qualsiasi intervento in cui sia presente una sostanza radioattiva, comporta un danno al personale operante la cui entità dipende dall’entità della dose assorbita. Appare evidente l'importanza della conoscenza di tale valore, per evitare di esporre ripetutamente alle radiazioni quel personale che ha già assorbito una elevata dose in interventi precedenti ed anche allo scopo di valutare l'opportunità di sottoporre i VV.F. ad una visita specialistica. Per soddisfare questa esigenza, il C.N.VV.F. ha in funzione un proprio servizio dosimetrico, che utilizza dei rivelatori a termoluminescenza al fluoruro di litio. I dosimetri a termoluminescenza sono in grado di misurare, con sufficiente precisione, ampi intervalli di dose variabili dal valore delle decine di microSv (mRem) alle decine di Sievert (migliaia di Rem). Le misure di dose per il personale del C.N.VV.F. sono effettuate presso il Laboratorio di Difesa Atomica del Centro Studi ed Esperienze. A tal scopo, con periodicìtà trimestrale, viene inviato a tutti i Comandi Provinciali dei VV.F. un determinato numero di dosimetri; questi vengono tenuti a disposizione e Pag.27 vengono forniti al personale di intervento chiamato ad intervenire in situazioni con presenza temuta o accertata di radiazioni e sostanze radioattive. Qualora, nell'arco dei tre mesi non si verificasse alcun intervento del genere, i dosimetri alla fine del trimestre devono essere comunque rispediti al Centro Studi ed Esperienze per il rinnovo della spedizione. Nel caso che invece fosse stato effettuato un intervento, i dosimetri, utilizzati dal personale che vi ha partecipato, devono essere subito inviati per la lettura al Centro Studi ed Esperienze, il quale comunicherà, nel più breve tempo possibile, i risultati delle misure. Pag.28 CAP. 6 RIVELAZIONE DELLE RADIAZIONI 6.1 Generalità Per poter rivelare la presenza di radiazioni occorre disporre dell’idonea strumentazione. Un rivelatore è caratterizzato innanzitutto dall’elemento sensibile alle radiazioni; questo può essere: • un tubo Geiger-Muller • una camera di ionizzazione • uno scintillatore II tubo Geiger-Muller è un tubo metallico cilindrico riempito di gas ed attraversato da un filo conduttore. Fra il tubo ed il filo è applicata una differenza di potenziale elettrico. Quando una radiazione attraversa il tubo, alcuni atomi del, gas in esso contenuti si ionizzano. Questa ionizzazione si propaga istantaneamente ad un gran numero di atomi, per cui una valanga di elettroni colpisce il filo centrale provocando un impulso elettrico. Questo fenomeno si ripete al passaggio di ogni radiazione. Pertanto, collegando una sonda a tubo geiger-Muller ad un contatore di impulsi elettrici, si ha una indicazione circa il numero di radiazioni che entrano nel tubo. Gli strumenti a tubo geiger sono sensibili e vengono impiegati per misure in campi di intensità modesta e media. La camera di ionizzazione è uno strumento costituito da un recipiente (camera), riempito dì aria o altro gas, contenente due elettrodi. Quando un fascio di radiazioni attraversa la camera di ionizzazione, il gas in essa contenuto, subisce ionizzazione (senza che avvenga però il fenomeno della moltiplicazione come nel contatore Geigermuller). Gli ioni che si formano migrano agli elettrodi e determinano il passaggio di una corrente elettrica. La corrente è proporzionale all’intensità di esposizione o all’intensità di kerma in aria. Le camere di ionizzazione sono poco sensibili, pertanto vanno impiegate per misure di campi intensi. Negli scintillatori l'elemento rivelatore della radiazione non è più costituito da un gas, ma da un cristallo solido denominato appunto scintillatore. Quando un fascio di radiazioni colpisce il cristallo, si genera in esso una emissione di luce, che viene poi convertita in impulso elettrico tramite un tubo fotomoltiplicatore; gli impulsi, come nel caso del tubo geiger, devono poi essere conteggiati da un contatore collegato alla sonda. Gli strumenti a scintillazione sono molto sensibili. 6.2 Strumenti dei VVF Il CNVVF dispone di molteplici attrezzature per la rilevazione e la misura della radioattività; in sintesi queste possono così essere schematizzate: • strumenti campali per gli interventi (sonde, radiametri, dosimetri), • sistema di misura della contaminazione radioattiva in aria (catena beta), • strumenti per l’analisi di matrici ambientali (catene di misura per spettrometria gamma) Pag.29 • laboratori mobili in grado di operare in zone contaminate • automezzi attrezzati per i rilevamenti radiometrici • rete nazionale di rilevamento della radioattività e sistemi di controllo dei metalli ai valichi di frontiera. In questa sede si trattano solo gli strumenti campali per intervento in dotazione a tutti i comandi; alla rete è dedicato un capitolo successivo. 6.3 Strumenti campali per intervento Il CNVVF dispone di strumenti campali di intervento che rispondono a criteri di generale validità e versatilità con particolare riferimento alla semplicità d’uso, robustezza, praticità, affidabilità delle misure; si tratta di strumenti costituiti da un radiametro (RA 141 B/F, RA 141 C o RA 141 D) che va collegato con una sonda (fa eccezione lo strumento R54 a camera di ionizzazione che in un solo apparato comprende radiametro e sonda). Il radiametro, che contiene due pile alcaline (torcioni), fornisce l’alimentazione elettrica alla sonda con cui è accoppiato, e misura il numero degli impulsi da questa provenienti; l’indicazione della misura è fornita su un display analogico (RA 141 B/F) o digitale (RA 141 C, RA 141 D). In funzione del particolare tipo di radiazione che si vuole rivelare bisogna scegliere una sonda appropriata, indipendentemente dal tipo di radiametro che ad essa si collega. Le principali sonde attualmente in dotazione sono: Sonda GF145, Sonda F118 gamma, Sonda F118 alfa; sono ancora utilizzate le sonde GF 149, GF 122, GF 132, uscite ormai di produzione. Tutte le predette sonde possono essere collegate ad uno qualsiasi dei radiametri in dotazione (RA 141 B/F, RA 141 C o RA 141 D). Alcuni modelli di sonde sono tarati (GF 145, GF 122, GF 149), consentono cioè di valutare l’intensità di esposizione in mR/h, altri invece non sono tarati e consentono la sola rivelazione della presenza delle radiazioni (sonde di ricerca). 6.3.1 Sonda GF 145 E’ una sonda a tubo geiger, in grado di rivelare, a seconda di come venga usata, radiazioni gamma oppure beta e gamma. La GF145, come la maggior parte delle sonde di questo tipo, è dotata di una finestra sottile in mica chiusa da un tappo svitabile: per la rivelazione delle sole radiazioni gamma la sonda va usata con il tappo chiuso, mentre se si svita il cappuccio terminale, lasciando scoperta la finestra di mica, vengono misurate contemporaneamente radiazioni beta e gamma. La sonda è dotata di un commutatore a due posizioni (beta o gamma); con il commutatore in posizione gamma e la finestra di mica chiusa la sonda è tarata e consente la misura dell’intensità di esposizione mediante la formula: 1 mR/h = --------- imp/sec 10 Posizionando il commutatore in “beta”, non vale più la precedente formula, ma si aumenta la sensibilità del rivelatore cioè il numero di conteggi registrati; la GF 145 può essere quindi usata o come sonda tarata per la misura dell'intensità di esposizione (commutatore in posizione gamma e finestra di mica chiusa) o come sonda di ricerca (commutatore in posizione beta e finestra di mica aperta) adatta anche al rilevamento di contaminazioni. Nel tappo della sonda posto a chiusura della finestra, è montata e schermata una sorgentina che emette radiazioni beta e che consente una verifica del funzionamento Pag.30 della stessa; per la verifica occorre svitare il cappuccio terminale della sonda, al fine di scoprire la finestra di mica, avvitare la sorgente e posizionare il commutatore in posizione beta. Il numero degli impulsi letti deve corrispondere a quanto indicato sulla sorgente, tenuto anche conto della diminuzione dell’attività (decadimento radioattivo) in relazione al tempo trascorso. Fig. 11 Sonda GF 145 6.3.2 Sonda F118 gamma E' una sonda di elevatissima sensibilità con rivelatore a scintillazione costituito da un cristallo di ioduro di sodio; essa è molto usata per la ricerca di sorgenti radioattive gamma emittenti in quanto permetta la rivelazione di campi gamma anche di bassa intensità. La sonda non è tarata ed è insensibile alle radiazioni alfa e beta. Fig. 12 Sonda F118 gamma 6.3.3 Sonda F 118 alfa E’ una sonda a scintillazione sensibile alle sole radiazioni alfa; è perciò adatta per il rilevamento della contaminazione dovuta a sorgenti radioattive emittenti particelle alfa. Tale sonda va sempre utilizzata ponendola, priva di coperchio, quasi a contatto con le superfici contaminate da controllare in quanto, come noto, le particelle alfa percorrono in aria solo qualche centimetro. Il nuovo modello di questa sonda, che ha le stesse caratteristiche e prestazioni del precedente è noto con la sigla “SL103”. Pag.31 Fig. 13 Sonda F118 alfa 6.3.4 Sonda GF 149 E’ una sonda a tubo geiger analoga alla GF 145 (da cui si differenzia per la maggior sensibilità di misura per le radiazioni gamma e per l’assenza del commutatore beta/gamma): è tarata e consente pertanto la misura dell’intensità di esposizione applicando la seguente formula: 1 mR/h = --------- imp/sec 100 Essendo molto sensibile (10 volte più della GF 145) è adatta per le misure di piccole intensità. La sonda è dotata di finestra di mica per la rilevazione delle radiazioni beta (la finestra deve restare sempre chiusa quando si misura l’intensità di esposizione), avente dimensioni geometriche più contenute rispetto alla finestra della GF145. La sonda è dotata di sorgente beta emettitrice per il controllo dio funzionamento, montata sul tappo della finestra analogamente alla GF 145. 6.3.5 Sonda GF 122 E’ una sonda a tubo geiger del tutto simile alla GF 149 dalla quale si differenzia per la minore sensibilità, che ne comporta il suo utilizzo in un campo di misura più ampio rispetto alla precedente. E’ tarata per la misura dell’intensità di esposizione mediante la formula: 1 mR/h = --------- imp/sec 10 Pag.32 La sonda, come la GF149 è dotata di finestra di mica per la misura delle radiazioni beta e di sorgente per il controllo di funzionamento. Fig. 14 Sonda GF 122 6.3.6 Sonda GF 132 E’ una sonda a tubo geiger con finestra di mica, per rivelazione di radiazioni gamma (finestra chiusa) oppure beta e gamma (finestra aperta). La sonda non è tarata, né è dotata di sorgente per il controllo di funzionamento; le dimensioni della finestra sono simili a quelle della GF 145 per cui può essere usata in alternativa a questa per il rilevamento di contaminazioni. Fig. 15 Sonda GF 132 6.3.7 Strumento R54 a camera di ionizzazione Il radiametro R54 è uno strumento portatile a lettura diretta a camera di ionizzazione che consente la misura di campi di radiazione gamma di intensità fino a 500 R/h. Si sottolinea che questo strumento è l’unico in dotazione alle squadre di intervento in grado di misurare campi di intensità superiore ad 1 R/h. Pag.33 Fig. 16 Strumento R54 6.4 Dosimetri Gli strumenti precedentemente illustrati permettono di misurare l’intensità di esposizione oppure di valutare i c.p.s. (conteggi per secondo) dovuti a diversi tipi di radiazioni; in sintesi essi consentono di valutare il pericolo esistente in un punto dovuto all’intensità delle radiazioni. Il danno prodotto dalla radiazioni tuttavia dipende dalla dose, cioè dal quantitativo di radiazioni assorbite. La dose si ottiene moltiplicando il valore dell’intensità a cui ci si espone per il tempo di durata dell’esposizione stessa (così come moltiplicando la velocità di un veicolo per il tempo durante il quale questa viene mantenuta si ottiene lo spazio percorso). Gli apparecchi che misurano la dose sono chiamati dosimetri. Quelli in dotazione al C.N.VV.F. sono di due tipi: a termoluminescenza e a camera di ionizzazione (stilodosimetri); dei primi si è già accennato parlando del servizio dosimetrico del C.N.VV.F. I vantaggi che si possono attribuire ai dosimetri a termoluminescenza sono: • ampio intervallo di dose misurabile; • indipendenza del valore di lettura dall’intensità della radiazione incidente; • alta affidabilità. Per contro non è possibile una lettura diretta della dose durante l’impiego del dosimetro. I dosimetri a camera di ionizzazione hanno la forma di una penna a sfera; al loro interno vi è un filo di quarzo che si sposta, a seconda della ionizzazione prodottasi nel volume sensibile; l’operatore può leggere lo strumento durante l’uso puntandolo verso una sorgente luminosa. Pag.34 CAP. 7 INTERVENTI IN PRESENZA DI SOSTANZE RADIOATTIVE 7.1 Generalità Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco deve intervenire ogniqualvolta si presenti un pericolo per i cittadini e/o i loro beni, a causa di radiazioni ionizzanti comunque originate. Le squadre radiometriche che effettuano gli interventi per soccorso tecnico urgente sono attrezzate per una serie di operazioni, fra le quali, in sintesi si segnalano: • ricerca di sorgenti e sostanze radioattive in genere, • intervento per sorgente radioattiva esposta, • controllo e contenimento di contaminazioni superficiali, • monitoraggio di contaminanti in aria, • incendi con sostanze radioattive coinvolte, • assistenza a persone contaminate, • incidenti durante il trasporto di materiale radioattivo, • controllo di colli radioattivi danneggiati, • attuazione delle azioni previste dai piani di emergenza 7.2 Incendi con presenza di radiazioni ionizzanti In generale in un incendio coinvolgente sostanze radioattive non si modifica l’attività dell’elemento radioattivo, insensibile all’azione chimica e fisica della combustione, ma l’incendio, producendo fumi, polveri, aerosol, sostanze radioattive vaporizzate, può diffondere questa attività anche molto lontano rispetto al punto d’origine dell’incidente, e contaminare persone e cose. Si comprende, quindi, come in occasione di tali interventi le abituali regole di comportamento debbano essere modificate ed adattate al più grave rischio radiologico. Le principali regole da seguire sono le seguenti: • All’arrivo sul posto dell’intervento, collocare gli automezzi sopra vento e, per quanto possibile, fuori dalla zona interessata dai fumi; • Assumere, da persona qualificata e responsabile dell’attività, ogni informazione possibile in ordine al materiale radioattivo. Se non si conosce con certezza la natura delle radiazioni adottare tutte le misure protettive per la protezione dalle esposizioni esterne ed interne; • Procedere al soccorso e salvataggio delle eventuali persone rimaste coinvolte nell’incidente; • Ritenere, considerate le circostanze e le caratteristiche dello stato dei luoghi, più urgente ed importante la protezione del materiale radioattivo rispetto al controllo e spegnimento dell’incendio con pericoli tradizionali; • Appena possibile effettuare e ripetere rilievi radiometrici e analisi dell’aria; • Prima d’iniziare le operazioni di soccorso ed eventuale attacco al fuoco far indossare al personale soccorritore gli autoprotettori e gli indumenti protettivi; Pag.35 • Delimitare la zone con temuta presenza di contaminazione; • Nella zona sospettata di essere contaminata far entrare il minore numero possibile di soccorritori, facendo loro percorrere itinerari prestabiliti al fine di disperdere la contaminazione in modo più ridotto possibile; • Prevedere la realizzazione di una “zona sicura” nella quale poter controllare il personale ed i materiali utilizzati nell’intervento, per non disperdere la eventuale contaminazione. Tutti i materiali che risulteranno contaminati dovranno essere sigillati in sacchi di plastica per il successivo smaltimento; • Il personale eventualmente contaminato, specialmente se ferito con possibilità di penetrazione delle sostanze radioattive all’interno dell’organismo, dovrà essere immediatamente inviato in ospedale, previa decontaminazione esterna campale mediante lavaggio, comprese le parti ferite; • Al termine dell’intervento i materiali di risulta non dovranno essere manipolati o rimossi. Gli stessi dovranno rimanere confinati in attesa dell’effettuazione dei controlli da parte degli esperti; Per quanto riguarda le eventuali operazioni di spegnimento occorre tenere conto che nell’attacco al fuoco non deve essere utilizzata l’acqua a getto pieno; se indispensabile, può essere impiegata acqua nebulizzata. Si otterrà così un abbattimento al suolo della contaminazione presente in aria, un minore spargimento di acqua e della eventuale contaminazione presente ed un veloce abbassamento della temperatura. Per le operazioni di spegnimento, possibilmente da effettuare con estintori a polvere e/o anidride carbonica, il personale dovrà restare sopra vento ed alla massima distanza possibile dalla zona critica. Si sottolinea che in presenza di uranio, metallo pesante chimicamente tossico e debolmente radioattivo (emette particelle alfa), le tecniche di spegnimento dipendono prevalentemente dallo stato fisico del materiale: allo stato di polvere o trucioli infatti l’uranio può anche accendersi spontaneamente, mentre in forma massiccia pur essendo combustibile, il pericolo è più contenuto. Nelle operazioni di spegnimento dell’uranio l’acqua non deve essere utilizzata (nemmeno nebulizzata); gli estinguenti idonei sono la sabbia asciutta e l’anidride carbonica. 7.3 Individuazione ed eventuale recupero di una sorgente smarrita gamma emettitrice sigillata I vigili del fuoco nell’espletamento della loro attività possono essere chiamati a ricercare una sorgente radioattiva smarrita. La quasi totalità delle sostanze radioattive emette contemporaneamente radiazioni e oppure e . La squadra radiometrica con l’ausilio del sistema a scintillazione gamma può accorgersi facilmente dell’avvicinamento alla sorgente dall’aumento del numero degli impulsi al secondo misurato dalla strumentazione: dimezzando la distanza dalla sorgente il numero di impulsi al secondo quadruplica10. Se la sorgente è sigillata e si trova in posizione tale da non creare ulteriori pericoli, può essere sufficiente la delimitazione della zona interessata per impedirne l’accesso al pubblico. 10 Ciò in realtà è rigorosamente vero solo per sorgenti puntiformi e trascurando l attenuazione delle radiazioni dovuta all aria; in ogni caso tuttavia diminuendo la distanza dalla sorgente il numero degli impulsi al secondo aumenta. Pag.36 Il raggio di detta zona deve essere fissato in modo precauzionale, prendendo come riferimento valori diversi a seconda delle circostanze (si può in primo luogo delimitare una zona a 25 µSv/h, ferma restando l’eventuale successiva necessità di ridurre detto valore ed allargare pertanto la zona). Se la sorgente deve necessariamente essere rimossa, la squadra VV.F., dotata di dosimetri personali pianificherà l’operazione con l’accortezza che nessun operatore superi i valori di dose precedentemente indicati (20mSv). 7.4 Sorgenti contaminanti Nel caso in cui le sorgenti non siano costituite da solidi compatti (sorgenti non sigillate) vanno poste in essere altre precauzioni: la sostanza radioattiva infatti può disperdersi nell’ambiente producendo contaminazione. Questa può essere prodotta anche da una sorgente sigillata qualora sottoposta a sollecitazioni capaci di disgregarla (ad esempio un incendio). La contaminazione può provocare un pericolo diffuso su una scala più vasta rispetto al caso della sorgente sigillata di cui si è parlato sopra. Il danneggiamento delle sorgenti infatti può provocare la dispersione di materiale radioattivo su una superficie, nell’aria (ad es. con formazione di aerosol a causa di un incendio coinvolgente materiale radioattivo), nell’acqua o nel terreno. La contaminazione di una persona può avvenire allora per contatto, inalazione o ingestione di particelle liberatesi a seguito dell’incidente. Data la diffusione particolarmente insidiosa e la pericolosità di alcuni radionuclidi se immessi nell’organismo, i metodi di protezione da un’eventuale contaminazione sono diversi rispetto a quelli adottati nel caso di una sorgente sigillata che emette radiazioni gamma. E’ fondamentale, in questo caso, adottare tecniche preventive capaci di impedire alle particelle contenenti i radionuclidi di venire a contatto o peggio ancora di penetrare all’interno del corpo. Il personale, in un intervento con possibile contaminazione radioattiva, deve impiegare indumenti monouso o tute idonee e respiratori o filtri capaci di trattenere particelle contaminanti. Il monitoraggio della radioattività in aria avviene raccogliendo su appositi filtri le particelle contenute in aria. Attraverso l’uso di una pompa si filtra un certo volume di aria; successivamente il filtro viene posto all’interno di un pozzetto di piombo che lo scherma dalle radiazioni esterne. Una sonda per la misura della radiazione, collegata ad un radiametro, viene inserita nel pozzetto nelle immediate vicinanze del filtro. La misura dei conteggi al secondo (cps) permette di valutare l’eventuale contaminazione dovuta ai radionuclidi beta e gamma emittenti presenti nell’aria. Pag.37 CAP 8 RETE NAZIONALE DI RILEVAMENTO DELLA RADIOATTIVITÀ DEL C.N.VV.F. Eventi accidentali locali o esterni al territorio nazionale, seguiti da una ricaduta di particelle radioattive anche a grande distanza dal luogo del sinistro (fall-out), possono essere rilevati e monitorati per mezzo di strumenti di tipo fisso. In Italia esistono diverse reti di misura della radioattività. Tra queste assume particolare rilievo la rete nazionale di allarme e rilevamento della ricaduta radioattiva del Ministero dell’Interno – Corpo nazionale dei vigili del fuoco, costituita da un consistente numero di stazioni di misura, distribuite in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, funzionanti 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno. Tale rete, oltre a soddisfare le esigenze connesse con i compiti di istituto propri del C.N.VV.F., concorre autonomamente al sistema delle reti nazionali, in virtù delle disposizioni riportate nel D.Lgs. 230/95. Negli anni ’60, periodo di realizzazione della prima versione, la rete era costituita da 1632 stazioni di misura, ubicate in siti aventi determinate caratteristiche fisicogeometriche, scelti nelle sedi di servizio del C.N.VV.F., dell’Arma dei Carabinieri e, successivamente, del Corpo forestale dello Stato. La rete aveva all’epoca essenzialmente scopi di difesa civile da eventuali esplosioni di tipo bellico. Le apparecchiature necessitavano di procedure manuali sia per la lettura delle misure sia per la trasmissione dei dati dalle stazioni di rilevamento ai rispettivi centri regionali di raccolta ed elaborazione. Questi ultimi, ubicati presso le sedi degli Ispettorati regionali ed interregionali del C.N.VV.F, avevano il compito di coordinare le attività in ambito locale, di supervisionare gli eventuali allarmi per il superamento della soglia stabilita e di determinare e raffigurare, in caso di gravi incidenti, la situazione radiologica, e di comunicarla al Centro Operativo del Ministero dell’Interno. Fino agli inizi degli anni ’80, le apparecchiature di misura erano a camera di ionizzazione, costituite da una sonda, posizionata all’esterno, collegata ad un pannello di comando e visualizzazione ubicato in locale presidiato, distante fino a 50 metri dalla sonda stessa. I complessi così costituiti erano: • Ionimetro denominato RA7, in 175 unità avente funzioni di capomaglia (in funzione 24 ore su 24), con campo di misura dell’intensità di esposizione da 0,1 mR/h a 500 R/h, soglia di allarme a 0,2 mR/h e registratore grafico; • Ionimetro denominato RA5, in 1455 unità, con campo di misura dell’intensità di esposizione da 10 mR/h a 500 R/h. Il passaggio successivo fu l’adozione di apparecchiature di nuova concezione, nei modelli denominatiXR-29 e XR-29B, a tubo GM e lettura digitale, in grado di rilevare sia valori di emergenza sia valori prossimi al fondo naturale, con campo di misura dell’intensità di esposizione da 10µ/h a 999 R/h. La predetta strumentazione si è poi evoluta nel modello XR29C, sempre a lettura digitale, in grado di rilevare l’intensità di dose gamma assorbita in aria, con campo di misura da 1*10-6 a 999 cGy/h. Attualmente tutte le apparecchiature di vecchio tipo RA5 e RA7 sono state ritirate dal servizio, perché vetuste non più riparabili e non rispondenti alle attuali esigenze. Nell’anno 1986 venne completata nella regione Umbria una rete automatica sperimentale, costituita da 35 terminali di telemisura e 2 centri regionali per la raccolta e l’elaborazione dei dati. Uno dei due centri era realizzato a Napoli, presso la sede dell’Ispettorato regionale, con funzioni alternative al centro primario in Perugia. Pag.38 La legge 8 agosto 1996, n. 241, ha autorizzato l’ammodernamento della rete nazionale di rilevamento della radioattività ed è stata così possibile la realizzazione di un nuovo sistema completamente automatico. Tale sistema è progettato e realizzato per monitorare tutto il territorio nazionale in tempo reale ed è in grado di effettuare previsioni e calcoli d’interesse civile e militare. La nuova rete nazionale è costituita da 1237 stazioni di telemisura, 16 centri regionali di raccolta ed elaborazione dati e 1 centro nazionale, nonché una stazione di misura del particolato atmosferico. Le principali caratteristiche generali del nuovo sistema sono: • la completa automazione delle funzioni; • la possibilità, da parte dei centri regionali, di effettuare un’interrogazione ciclica di tutte le stazioni in ambito regionale ogni trenta minuti; • la flessibilità dei centri di raccolta ed elaborazione dati, capaci di sostituirsi a vicenda; • la possibilità, da parte delle stazioni di telemisura, di fornire segnali d’allarme in caso di superamento della soglia prefissata, di andamento anomalo dei valori rilevati e di malfunzionamenti; • l’autodiagnosi e l’autotaratura automatica delle stazioni di telemisura; • la protezione dall’impulso e dall’interferenza elettromagnetica delle stazioni di telemisura; • l’elaborazione dei dati rilevati e la rappresentazione grafica della situazione radiologica. Il centro nazionale di raccolta e ogni centro regionale sono in grado di acquisire gestire ed elaborare i dati delle 1237 stazioni I centri regionali sono però configurati per acquisire ogni 30 minuti le informazioni di 200 stazioni. Ogni stazione colloquia con il proprio centro regionale di raccolta, con un altro destinato a svolgere funzioni di riserva, in caso di caduta del primo, e con il centro nazionale. In caso di allarme, la segnalazione delle stazioni di telemisura perviene automaticamente a tutti e tre i centri suddetti. I collegamenti fra le stazioni di telemisura, il centro nazionale ed i centri regionali sono realizzati mediante linea telefonica commutata e rete radio, per ridondanza, utilizzando le frequenze assegnate al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Le trasmissioni tra centri di raccolta sono realizzate mediante linea trasporto dati a pacchetto. Nell’ambito della attività di monitoraggio della radioattività affidate al CNVVF, la predetta legge 421/96, ha previsto che “il Ministero dell’Industria, sentiti i ministeri della Sanità e delle Finanze, provveda all’acquisto e all’installazione di sistemi di scintillazione disposti a portale per la rilevazione automatica della radioattività dei metalli ai valichi di frontiera, alla cui utilizzazione e controllo è addetto il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco…”. Pag.39 APPENDICE Definizioni essenziali contemplate dalla nuova normativa (per una lettura integrale consultare l'art. 4 del D.Lgs. 241/2000 ¾ Contaminazione radioattiva Contaminazione di una matrice, di una superficie, di un ambiente di vita o di lavoro o di un individuo, prodotta da sostanze radioattive. Nel caso particolare del corpo umano, la contaminazione radioattiva include tanto la contaminazione esterna quanto la contaminazione interna, per qualsiasi via essa si sia prodotta. ¾ Dose (Grandezza radioprotezionistica - Assorbita Energia assorbita per unità di massa. In materia di protezione sanitaria, essa indica la dose media in un tessuto o in un organo. L'unità di dose assorbita è il gray; - Efficace Somma delle dosi equivalenti nei diversi organi o tessuti, ponderate nel modo indicato nei provvedimenti d'applicazione. L'unità di dose efficace è il sievert, -Efficace impegnata Somma delle dosi equivalenti impegnate nei diversi organi o tessuti - Impegnata Dose ricevuta da un organo o da un tessuto. in un determinato periodo, in seguito all'introduzione dì uno o più radionuclidi, - Equivalente Dose assorbita media in un tessuto od organo, ponderata in base al tipo ed alla qualità della radiazione nel modo indicato nei provvedimenti d'applicazione. L'unità di dose equivalente è il sievert; ¾ Emergenza Una situazione che richiede azioni urgenti per proteggere lavoratori, individui della popolazione ovvero l'intera popolazione o parte di essa. ¾ Esposizione Qualsiasi esposizione di persone a radiazioni ionizzanti. Si distinguono in - Esterna Esposizione prodotta da sorgenti situate all'esterno dell'organismo; - Interna Esposizione prodotta da sorgenti introdotte nell'organismo; - Totale Combinazione dell'esposizione esterna e dell'esposizione interna; - Accidentale Esposizione di singole persone a carattere fortuito e involontario; - D'emergenza Esposizione giustificata in condizioni particolari per soccorrere individui in pericolo, prevenire l'esposizione di un gran numero di persone o salvare un'installazione di valore e che può provocare il superamento di uno dei limiti di dose fissati per i lavoratori esposti;* - Parziale Esposizione che colpisce soprattutto una parte dell'organismo o uno o più organi o tessuti, oppure esposizione del corpo intero considerata non omogenea, - Potenziale Pag.40 Esposizione che, pur non essendo certa, ha una probabilità di verificarsi ed è prevedibile in anticipo; - Soggetta ad autorizzazione speciale Esposizione che comporta il superamento di uno dei limiti diì dose annuale fissati per i lavoratori esposti, ammessa in via eccezionale solo in alcuni casi gravissimi. ¾ Fondo naturale di radiazioni Insieme delle radiazioni ionizzanti provenienti da sorgenti naturali, sia terrestri sia cosmiche, sempreché l'esposizione che ne risulta non sia accresciuta in modo significativo da attività umane. ¾ Incidente Evento imprevisto che provoca danni ad un'installazione o ne perturba il buon funzionamento e può comportare, per una o più persone, dosi superiori ai limiti. ¾ Intervento Attività umana intesa a prevenire o diminuire l'esposizione degli individui alle radiazioni dalle sorgenti che non fanno pane di una pratica o che sono fuori controllo per effetto di un incidente, mediante azione sulle sorgenti, sulle vie d'esposizione e sugli individui stessi. ¾ Lavoratore esposto Persone sottoposte, per l'attività che svolgono, ad un'esposizione che può comportare dosi superiori ai pertinenti limiti fissati per le persone del pubblico. ¾ Limiti di dose Limiti massimi fissati per le dosi derivanti dall'esposizione dei lavoratori alle radiazioni ionizzanti causate dalle attività disciplinate dal D.Lgs.241/2000; ¾ Matrice Qualsiasi sostanza o materiale che può essere contaminato da materie radioattive, comprese le matrici ambientali e gli alimenti. ¾ Matrice ambientale Qualsiasi componente dell'ambiente, ivi compresi aria, acqua e suolo; ¾ Persone del pubblico Individui della popolazione, esclusi i lavoratori, gli apprendisti e gli studenti esposti in ragione della loro attività e gli individui durante le seguenti esposizioni: - di pazienti nell'ambito di un esame diagnostico o di una terapia, - di persone che coscientemente e volontariamente collaborano a titolo non professionale al sostegno ed all'assistenza di pazienti sottoposti a terapia o diagnosi medica; - di volontari che prendono parte a programmi di ricerca medica o biomedica - d'emergenza o soggetta ad autorizzazione speciale, ammessa in via eccezionale. ¾ Popolazione nel suo insieme L'intera popolazione, ossia i lavoratori esposti, gli apprendisti, gli studenti e le persone del pubblico. ¾ Pratica Attività umana che è suscettibile di aumentare l'esposizione degli individui alle radiazioni provenienti da una sorgente artificiale, o di una sorgente naturale di radiazioni, quando radionuclidi naturali sono trattati per le loro proprietà radioattive, fissili o fertili. Sono escluse le esposizioni dovute ad interventi d'emergenza. ¾ Radiazioni ionizzanti (o radiazioni) Trasferimento d'energia in forma di particelle od onde elettromagnetiche con lunghezza d'onda non superiore a 100 nm. o con frequenza non minore di 3x10 (15) Hz in grado di produrre ioni direttamente o indirettamente. Pag.41 ¾ Servizio riconosciuto di dosimetria individuale Struttura riconosciuta idonea alle rilevazioni delle letture dei dispositivi di sorveglianza dosimetrica individuale, o alla misurazione della radioattività nel corpo umano o nei campioni biologici. ¾ Sievert (Sv) Nome speciale dell'unità di dose equivalente o di dose efficace. Se il prodotto dei fattori di modifica è uguale ad uno- 1 Sv= 1 J/Kg ¾ Sorgente artificiale Sorgente di radiazioni diversa dalla sorgente naturale di radiazioni. ¾ Sorgente di radiazioni Apparecchio generatore di radiazioni ionizzanti (macchina radiogena) o materia radioattiva, ancorché contenuta in apparecchiature o dispositivi in genere, dei quali, ai fini della radioprotezione, non si può trascurare l'attività, o la concentrazione di radionuclidi o l'emissione di radiazioni; ¾ Sorgente naturale di radiazioni Sorgente di radiazioni ionizzanti d'origine naturale, sia terrestre sia cosmica. ¾ Sorgente non sigillata Qualsiasi sorgente che non corrisponde alle caratteristiche o si requisiti della sorgente sigillata. ¾ Sorgente sigillata Sorgente formata da materie radioattive solidamente incorporate in materie solide e di fatto inattive, o sigillate in un involucro inattivo che presenti una resistenza sufficiente per evitare, in condizioni normali d'impiego, dispersione di materie radioattive superiore ai valori stabiliti dalle norme di buona tecnica applicabili. ¾ Sostanza radioattiva Ogni specie chimica contenente uno o più radionuclidi di cui, ai fini della radioprotezione, non si può trascurare l'attività o la concentrazione. 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