Il Piccolo 26 giugno 2016 Andolina, "cure miracolose" in

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Il Piccolo 26 giugno 2016 Andolina, "cure miracolose" in
Il Piccolo 26 giugno 2016
Attualità
Andolina, "cure miracolose" in Svizzera
Il medico coinvolto nell’inchiesta per truffa: secondo la Procura il gruppo aveva creato una
fondazione oltreconfine
di Corrado Barbacini. TRIESTE. Ha parlato per un’ora e mezza il pediatra Marino Andolina, già
coinvolto nell'inchiesta su Stamina, davanti al gip di Brescia Carlo Bianchetti nel corso
dell'interrogatorio di garanzia. Andolina è agli arresti domiciliari da lunedì scorso nell'ambito
dell'inchiesta della Procura di Brescia su una presunta truffa ai danni di pazienti affetti da Sla. Il
medico triestino ieri ha raccontato la sua verità. I motivi per i quali sottoponeva i pazienti alle
iniezioni di «liquido terapeutico». E soprattutto ha cercato di discolparsi prendendo le distanze dagli
altri indagati. Con lui l’avvocato Massimo Bergamasco. Quando sono usciti dall’ufficio del gip non
hanno voluto fare dichiarazioni. Solo Bergamasco si è lasciato sfuggire una frase: «Speriamo bene».
Come a dire che la speranza è che quanto prima vengano revocato i domiciliari al pediatra, così
come chiesto al termine dell’interrogatorio di garanzia al quale era presente anche il pm Valeria
Bolici, il magistrato titolare delle indagini sull’organizzazione che truffava i pazienti affetti da Sla.
Con Andolina sono ai domiciliari anche il chirurgo bresciano Erri Cippini, 60 anni, e altre tre
persone: le bresciane Ivana Caterina Voldan e Monica Salvi, e il milanese Stefano Bianchi. A parte
Andolina, tutti le altre persone coinvolte si sono avvalse della facoltà di non rispondere. Devono
rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Secondo l'accusa il gruppo aveva
costituito una fondazione con sede in Svizzera e proponeva una «cura miracolosa» per le malattie
neurodegenerative a base di cellule staminali prelevate dal tessuto adiposo di pazienti o di parenti. I
prelievi di materiale biologico, secondo la Procura, erano effettuati dal chirurgo bresciano che con
Andolina somministrava poi per endovena la cura. La sostanza da iniettare veniva lavorata in un
laboratorio in Svizzera, laboratorio il cui gestore è indagato. L’indagine è nata da un’ispezione
amministrativa dei Nas nello studio medico del chirurgo plastico Erri Cippini. Da questa ispezione è
risultato che Cippini aveva effettuato tra il mese di giugno del 2014 e il febbraio del 2015 almeno
28 prelievi di tessuto adiposo da familiari di soggetti affetti da gravi malattie neurologiche. Ma
dagli accertamenti degli investigatori era anche emerso che era stato contestualmente sottoscritto un
contratto con la società Med Cell, con sede in Svizzera: oggetto del contratto era la conservazione
del materiale biologico prelevato. Secondo l’accusa il ruolo di Andolina - che era stato
soprannominato l’Elfo - è stato quello di effettuare i singoli interventi. Interventi che sempre stando
alle indagini sono stati effettuati non solo negli ambulatori ma anche in stanze d’albergo. In base a
quanto è emerso dalle intercettazioni disposte dal pm, era stata prospettata la possibilità di trasferire
l’attività a San Marino o addirittura in Marocco. Nell’ordinanza di custodia cautelare emerge che
Andolina aveva somministrato i prodotti forniti dall’indagato svizzero a diversi pazienti. Come
rileva il giudice, dalle deposizioni di questi pazienti emerge che il medico triestino, proprio nel
periodo in cui era a processo per il caso Stamina, si era offerto di somministrare il prodotto
direttamente a domicilio. Risulta inoltre - al contrario di quanto Andolina stesso ha dichiarato nel
corso delle indagini - che nessuno dei pazienti sia stato poi rimborsato delle spese sostenute.
Sussidi sanitari, Obama vince la battaglia
La Corte Suprema “approva” la riforma che garantisce copertura anche per chi non ha
assicurazioni
di Andrea Visconti. NEW YORK. Ha vinto la riforma sanitaria di Obama. Hanno vinto i
progressisti. Ha vinto l’ala liberal della Corte Suprema. Con una storia decisione annunciata ieri la
massima corte ha dato pieno sostegno a “Obamacare”, la più radicale riforma del sistema sanitario
1 mai avanzata in America. Con 6 voti a favore e 3 contrari i giudici della Supreme Court hanno dato
appoggio costituzionale a sussidi fiscali alla base del cosiddetto Affordable Care Act. E' questo il
nome ufficiale della riforma che i conservatori con sdegno avevano soprannominato Obamacare.
«L'Affordable Care Act è qui per sempre», ha commentato ieri il capo della Casa Bianca, «dopo più
di cinquanta tentativi in Congresso di smantellare la legge o indebolirla, dopo un’elezione
presidenziale basata in parte sul tentativo di far rientrare la riforma, dopo numerosi tentativi di
portare la legge all’esame della Corte Suprema». A mettere per iscritto la decisione è stato il giudice
conservatore John Roberts che si è espresso a nome della maggioranza. Nello scritto Roberts
sottolinea che per quanto riguarda i sussidi fiscali le intenzioni del Congresso erano di creare
incentivi per favorire l’accesso al sistema sanitario ad americani di livello economico medio-basso.
E' un aspetto-chiave della riforma in quanto il sistema si fonda sul principio che tutti gli americani
siano assicurati. In questo modo la base è ampia e l’indice di rischio è disperso su un numero molto
alto di assicurati. Ecco l’importanza dei sussidi, un aspetto di Obamacare che ha trovato il pieno
appoggio non solo di quattro giudici liberal ma anche di Roberts e Anthony Kennedy, ambedue
schierati con i conservatori moderati. Che cosa cambia a livello pratico? Tredici stati Usa avevano
già in vigore un sistema che proteggeva l’esistenza del Affordable Care Act. Ma alla luce della
decisione della Corte Suprema gli altri trentasette stati devono accettare un sistema di “scambio”
delle polizze assicurative, coordinato dal governo federale, per avvantaggiarsi di quelle più
competitive. Se la Supreme Court avesse bocciato la costituzionalità della legge oltre 6,4 milioni di
persone avrebbero perso il diritto a sussidi senza i quali non si possono permettere di essere
assicurati.
Università
Giorgia Girotto, ricerche sull’udito con il Sir
La ricercatrice laureata a Trieste in Biotecnologie mediche è fra i vincitori del bando 2015 nel
settore Scienze della vita
di Giulia Basso. A soli trent’anni è tra i più giovani ricercatori ad essersi aggiudicati la vittoria nel
bando Sir, il bando di riferimento per la ricerca indipendente italiana. Giorgia Girotto, assegnista di
ricerca del Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute dell'Università di Trieste,
con il progetto "Age-related hearing loss: from gene identification to a better molecular diagnosis
and prevention", ha sbaragliato un'agguerrita concorrenza nel settore Scienze della Vita,
conquistandosi un finanziamento triennale per condurre le sue ricerche con un piccolo team (come
lei un'altra assegnista di ricerca dell'ateneo triestino, Rita De Zorzi, del Dipartimento di Scienze
Chimiche e Farmaceutiche). «Grazie a questa vittoria – racconta entusiasta – avrò i fondi per
lavorare in modo autonomo, creando un piccolo gruppo di colleghi che mi aiuteranno nello sviluppo
di questo progetto». Le peculiarità del bando che ha vinto? «Per i bandi nel settore Scienze della
Vita è fondamentale spiegare come si svolgerà il progetto nella sua parte scientifica e metodologica,
ma anche dettagliare accuratamente come verranno utilizzati i fondi richiesti ed indicare, tra i
risultati attesi, quali saranno le ricadute per la comunità scientifica ma anche per il Sistema
Sanitario Nazionale e quindi per i pazienti affetti da questa patologia». Quali sono gli obiettivi che
si pone con il suo progetto? «È un progetto relativo a una patologia di cui mi occupo da anni, la
presbiacusia, ovvero la diminuzione patologica dell'udito legata all'avanzamento dell'età, che rende
molto difficoltosa la vita quotidiana e le interazioni con le altre persone. Questa malattia colpisce
decine di milioni di soggetti nei paesi occidentali. A concorrere allo sviluppo della malattia sono
fattori genetici e ambientali. Le informazioni che emergeranno da questo studio triennale ci
consentiranno di identificare dei marcatori genetici della patologia, che ci permetteranno di
individuare i soggetti a rischio tramite uno screening precoce. In questo modo potremmo attuare
una medicina preventiva personalizzata per i soggetti a rischio e potremmo sviluppare strategie
terapeutiche per la cura». I presupposti di questo progetto? «Per lo studio di questa malattia
2 multifattoriale è fondamentale possedere delle tecnologie di analisi molto avanzate, che permettono
una mappatura del genoma dei singoli individui, ma anche un’accurata caratterizzazione del
fenotipo uditivo di ciascun paziente. Un valore aggiunto di questo progetto è la disponibilità di
un’ampia coorte di popolazioni geneticamente isolate, campionate sia grazie al progetto relativo al
parco genetico del Friuli Venezia Giulia, sia grazie a una spedizione scientifica lungo la via della
Seta a cui ho partecipato alcuni anni fa. Queste popolazioni, caratterizzate da isolamento geografico
e linguistico, da alto tasso di consanguineità e da poca variabilità nello stile di vita sono molto
importanti per lo studio delle malattie multifattoriali. Tutti i risultati verranno diffusi nella comunità
scientifica e confermati in altre coorti grazie a numerose collaborazioni nazionali e internazionali
maturate in questi anni». Quali sono le difficoltà che questo genere di studi presenta? «La più
grossa difficoltà per gli studi sul sistema uditivo è che la validazione dei geni identificati non può
essere effettuata su tessuto di coclea umano se non post mortem. Perciò per identificare una lista di
marcatori genetici e validarla a livello funzionale è necessario utilizzare modelli animali, come ad
esempio i topi, che hanno un sistema uditivo molto simile a quello dell’uomo. Anche in questo caso
mi avvarrò di un’esperienza maturata negli ann grazie a periodi trascorsi all’estero in laboratori
specializzati». Il suo percorso professionale? «Mi sono laureata a Trieste in Biotecnologie Mediche
nel 2009, con una tesi di genetica medica sull'anemia di Fanconi, una rara malattia che colpisce le
cellule del sangue. Con il mio progetto di dottorato invece, che sotto il cappello dell'ateneo giuliano
mi ha portato a a trascorrere dei periodi lavorativi prima a Cambridge e poi a Barcellona, mi sono
specializzata in genetica molecolare, andando a studiare le basi genetiche della perdita d'udito.
Attualmente mi trovo ad Oxford per il mio post doc, ma la base è sempre a Trieste, al Burlo, perché
a livello italiano siamo un centro di riferimento per le famiglie affette da ipoacusia».
Messaggero Veneto 26 giugno 2015
Cronaca Udine
Ecografo salvavita nelle ambulanze
Il macchinario portatile è stato donato dalla Danieli all’ospedale
di Davide Vicedomini. Un vero e proprio salvavita a portata di mano. È l’ecografo portatile
alimentato a batteria che a giorni verrà installato sulle ambulanze del 118. Il prezioso strumento è
stato donato ieri dalla Danieli di Buttrio all’Azienda ospedaliero-universitaria udinese. L’ecografo
permetterà al personale medico di intervenire in caso di incidente su un paziente politraumatizzato
già sulla strada, oppure di inviare la diagnosi e anticipare così preziose informazioni, attraverso
immagini, direttamente alla sala operatoria. «La rapidità è essenziale in determinati momenti, ogni
secondo può contare – ha spiegato Federica Florio, medico del pronto soccorso e del 118 – e
mediamente si ha un’ora di tempo per poter trattare un paziente grave, prima che si instaurino danni
che poi diventano irreversibili. Più informazioni abbiamo, più possiamo essere incisivi». Grazie al
nuovo apparecchio sarà possibile, ad esempio, scoprire eventuali lesioni degli organi, esaminare i
polmoni per verificare la presenza di liquido, vedere la funzionalità del cuore, controllare l'addome
per cercare lacerazioni e versamenti, e in caso di arresto cardiaco permettere il giusto drenaggio del
sangue. «In casi di emergenza – ha detto il commissario straordinario dell’Azienda ospedalierouniversitaria, Mauro Delendi – darà in pochi minuti un importante aiuto alla diagnosi e fornirà il
maggior numero di informazioni possibili anticipando così il ricovero del paziente in sala
operatoria». «L’ecografo portatile è l’evoluzione moderna dell’ecografo utilizzato in ospedale – ha
aggiunto il responsabile facente funzione della centrale operativa del 118, Giulio Trillò –. Fornirà
diagnosi tempestive anche in caso di emergenze mediche, non solo traumatiche, dando così un
consistente aiuto alle strutture del territorio». A farsi carico del costo, quasi diecimila euro, è stata
3 l’azienda Danieli. «Siamo già presenti sul territorio – ha spiegato la responsabile di Danieli
Academy, Paola Perabò – in varie iniziative che vanno dalla cultura ai beni artistici. Questa volta ci
siamo spinti nel campo medico, convinti dalla forza del personale del 118, e – conclude – dall’idea
di poter salvare numerose vite umane».
Lettere
SANITA.’ Una procedura utile per tutte le assunzioni
La Comunità Montana della Carnia sta svolgendo un concorso per un agente della polizia
municipale (vulgo vigile urbano) per il Comune di Sauris. Le domande sono 278. Recentemente si è
svolto un altro concorso per il Comune di Moggio con 214 domande. Ovviamente ogni Comune che
volesse assumere un agente di p.m. deve fare un concorso. Ritengo che sarebbe bene che venisse
adottato il sistema che sta diventando operativo con l’Ente gestione accentrata dei servizi condivisi
che prevede procedura concorsuale unica regionale per il profilo infermiere cat. D. Si tratterà quindi
di una prova unica per tutto il Friuli-Venezia Giulia. Questa procedura unica era già stata
sperimentata in precedenza previo accordo fra Ass 3 Alto Friuli, Ass 4 Friuli centrale, Ass 5 Bassa
Friulana e Azienda ospedaliera di Udine per l’assunzione di operatori socio-sanitari cat B. Secondo
me questa procedura dovrebbe essere adottata anche per le assunzioni di tutte le specialità mediche.
Tale sistema porta ad un risparmio nelle spese dei concorsi, permetterebbe di avere graduatorie
sempre pronte, eviterebbe spese e fatiche inutili ai concorrenti. Così, se il concorso prevede 10 posti
per diversi enti, i concorrenti invece di partecipare a più prove d’esame ne fanno una sola e le spese
di più commissioni vengono ridotte ad una. Ovviamente bisognerà resistere alle pressioni di coloro
che fanno parte delle commissioni d’esame che perdono potere e guadagni. Tornando ai concorsi
per vigili urbani, considerato che in regione ce ne sono un migliaio in servizio, è evidente che
almeno una ventina all’anno lasciano il lavoro e siccome si tratta di funzioni indispensabili per i
Comuni, avere una graduatoria pronta porterebbe vantaggi per tutti. Se la Regione ha adottato
concorsi unici nella Sanità, non vedo perché non si possa fare altrettanto per le altre figure di
impiegato, tenendo conto che ci sono compiti uguali in tutti gli enti. Claudio Carlisi Udine
Cronaca Pordenone
Al polo tecnologico
Sanità e tecnologia, seminario con Telesca
Un seminario per discutere del rapporto, sempre più stretto, tra sanità e information technology. A
promuoverlo l’associazione Norberto Bobbio in collaborazione con il polo tecnologico.
L’appuntamento è in programma oggi dalle 15.30 alle 18.30 nella sede del centro di ricerca che si
trova vicino al villaggio del fanciullo. Interverranno -Franco Scolari, direttore del Polo, Paolo
Bordon, direttore dell’Aa5, Simone Puksic, presidente di Insiel, Riccardo Luna, esperto di Agenda
digitale, Maria Sandra Telesca, assessore regionale alla salute, Francesco Tripepi, local government
and healthcare manager Cisco, Ilaria Capua, virologa e deputata. L’incontro sarà moderato dal
direttore del dipartimento di oncologia del Cro, Umberto Tirelli.
4 «Amianto fatale in corsia»
Causa da 900 mila euro
Moglie e figli di Defend citano Azienda sanitaria 5 e Direzione regionale sanità
L’uomo era manutentore all’ospedale di San Vito. La replica: nessun reato
di Donatella Schettini Era morto nell'agosto del 2013 a causa di una neoplasia che la famiglia
attribuisce alla sua attività di manutentore all'ospedale di San Vito al Tagliamento tanto che adesso
hanno avviato una causa civile contro l’Ass 5 e la Direzione regionale della sanità per chiedere
poco meno di 900 mila euro di risarcimento. L'azienda si è costituits in giudizio per fare valere le
sue ragioni. Il 23 luglio è fissata la prima udienza davanti al giudice del lavoro di Pordenone. Una
vicenda che chiama in causa diverse amministrazioni sanitarie del passato anche se davanti al
magistrato ci sarà l’Aas 5. Valter Defend era morto a 71 anni nell'estate del 2013 a causa di un
mesotelioma pleurico che lo aveva colpito all'inizio dell'anno, con un decorso piuttosto rapido,
legato secondo la famiglia all'amianto con cui era venuto in contatto nella sua attività di
manutentore all'ospedale di San Vito al Tagliamento. Al momento della morte dell'uomo, il pm del
tribunale di Pordenone, Pier Umberto Vallerin aveva disposto la sospensione dei funerali per
accertamenti volto a verificare la correlazione tra la neoplasia e la morte e la sua attività lavorativa.
Ma nei mesi scorsi la famiglia ha deciso di procedere in via civile contro l'azienda sanitaria e la
Regione facendosi assistere dall'avvocato Francesco Gasparinetti: «Il procedimento penale è
complesso - afferma il legale - anche perché, esse do la responsabilità personale, sono chiamati in
causa i direttori generali del periodo in cui il mio assistito ha lavorato all'ospedale di San Vito al
Tagliamento». Per questo la famiglia ha deciso per la via civile, chiedendo un risarcimento,
ritenendo ci siano elementi di correlazione tra la morte e la presenza di amianto «anche quando era
nota la sua pericolosità» osserva l'avvocato Gasparinetti. Chiamati in causa la Aas 5, "erede" di tutte
le direzioni sanitarie degli anni passati in cui Defend ha lavorato all'ospedale sanvitese, e la
direzione centrale della salute della Regione, che ha delegato la Aas 5. L'azienda ha deciso di
costituirsi in giudizio non ritenendo evidentemente esserci i presupposti per la sua responsabilità
attraverso il suo legale, l'avvocato Vittorina Colò. Ha anche chiamato in causa tutte le compagnie
assicurative delle aziende negli anni presi in esame. La richiesta di risarcimento dei familiari ,
moglie e due figli, è di 292 mila euro ciascuno, per un totale di 876 mila euro.
I medici della Cgil sui primari: conta la qualità, non i numeri
«Un primario in più o in meno non fa la differenza». E’ la posizione dei medici della Cgil Fp che
intervengono sulla riforma sanitaria. «Siamo consapevoli – affermano – che una figura apicale
organizzativa in una struttura sanitaria è importante, ma sembrerebbe che una riduzione del numero
di strutture complesse e relativi direttori nella sanità della nostra Regione o della nostra provincia
porti a una deriva senza ritorno». Invece ai cittadini interessa avere risposte in modi e tempi
adeguati, con qualità di alto livello, non importa il numero di primari. I medici Cgil affermano di
condividere in prospettiva la riforma del sistema sanitario «che prevede una diversa sanità, più
attenta alle problematiche, “senza muri” tra ospedale e territorio, che mette al centro il cittadinoutente e la sua salute, meno vincolata ai classici schemi a piramide, più trasversale,
multidisciplinare dove le figure non apicali devono necessariamente essere maggiormente
responsabilizzate e coinvolte nei processi di gestione».
5 Maniaghese
Ospedale, «la riforma è un bluff»
Maniago, il comitato Pedemontana viva alla Regione: Il solito fumo negli occhi per tagliare servizi
di Giulia Sacchi. MANIAGO. «Nella struttura sanitaria di Maniago mancano i medici di base e
quelli per acuti, e sistematicamente a laureati vengono conferite mansioni inferiori. Uno spreco di
risorse umane, una dequalificazione. Inoltre, i pazienti del territorio sono costretti a peregrinare per
la provincia per essere curati. Il progetto dell’ospedale di prossimità, che ha contemplato
riconversione del reparto di medicina e soppressione dell’apertura notturna del pronto soccorso, è
un fiasco. Anzi, non è mai esistito: la Regione ha venduto fumo per nascondere le reali intenzioni,
ossia chiudere i servizi». Non le manda a dire Renato Perin, esponente del comitato a difesa
dell’ospedale Pedemontana Viva, che si è tolto più di un sassolino dalla scarpa nell’incontro con
l’assessore alla Sanità, Sandra Telesca. «Cos’è l’ospedale di prossimità? Che finalità ha? – sono gli
interrogativi del comitato –. E’ un mistero. Se questa struttura funge da Rsa, non abbiamo capito
quanto tempo viene dedicato alla riabilitazione, ma soprattutto perché il personale preposto deve
lasciare la struttura per dare servizio ambulatoriale. E se è un hospice, invece, c’è personale formato
adeguatamente?». Il comitato ha rilevato che «alla mancanza di medici di base e per acuti si è
sopperito con una figura da condividere con altre Rsa della provincia. Figura buttata lì, senza un
vero affiancamento di personale medico per acuti. In un anno, la Regione ha chiuso quel che restava
della medicina per acuti e il pronto soccorso, ha tolto 10 posti letto e bloccato la radiologia. In
campagna elettorale i soldi per la ristrutturazione erano addirittura 11 milioni, che oggi sono spariti.
Vogliamo ricordare che la politica, di tutti i colori e livelli, in questo territorio ha soltanto eliminato
e mai potenziato i servizi». Dopo l’analisi, le richieste a Telesca: «Considerato che, mediamente
ogni giorno, 30 persone di questo territorio, senza particolare patologie, sono ricoverate a
Pordenone, la metà dei pazienti a Spilimbergo sono del Maniaghese e una piccola parte dei
concittadini è in cura nella struttura di San Vito, perché non trovano posto nella città del mosaico e
nel capoluogo di provincia, chiediamo che un’equipe di medicina generale sia trasferita da
Pordenone a Maniago. In questo modo, si risolverebbe il problema del fallimentare ospedale di
prossimità – ha evidenziato Perin –, che dà scarse risposte ai bisogni del territorio. Siamo stanchi di
vedere soprattutto gli anziani sballottati in giro per la provincia alla ricerca di cure. Ridateci i 10
posti letto che avete chiuso: 7 li riservate a Rsa riabilitativa e 3 a hospice». Infine la richiesta di
ripristinare il pronto soccorso sulle 24 ore. «Non dite che è a rischio: basta fornirlo di
strumentazione adeguata. Inoltre, la radiologia, adeguatamente fornita di mezzi tecnologici, dovrà
essere operativa su 5 giorni e andrà prevista la reperibilità tecnica notturna e nei giorni prefestivi e
festivi».
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