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Le ragioni di Atene
Un passato remoto glorioso, un passato più recente fatto di dittatura, seguita da strabismi politici e azzardi finanziari, un presente sull’orlo del precipizio: la Grecia, culla della democrazia occidentale, fa appello all’Europa per salvarsi dal disastro. In un futuro incerto dovrà comunque ripartire da zero.
di Antonio Ferrari
’elogio della cultura della povertà è oggi di gran moda in quasi tutti i dibattiti, nei circoli frequentati dagli intellettuali, nei “sinedri” che la crisi ha trasformato
in rassicuranti luoghi di psicanalisi collettiva. I greci, da
sempre in bilico tra il desiderio di incassare gli eterni cre-
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diti di una passata grandezza e la rassegnata frequentazione del più cupo pessimismo, sembrano aver abbandonato l’ottimismo sprigionato dalla volontà. La montagna
di denaro (130 miliardi di euro) che sta arrivando – e arriverà fino al 2014 – nelle esauste casse di un Paese in sostanziale (anche se non dichiarata) bancarotta, reca un po’
di sollievo. Tuttavia non risolve nessuno dei problemi di
fondo della Grecia, che non ha strutture adeguate agli
standard e alle sfide europee, non esporta nulla (o quasi),
vive di un turismo spesso gestito con approssimazione
levantina, non ha ancora una credibile anagrafe catastale, soprattutto nei villaggi e nelle isole e, infine, non è capace di snidare l’esercito degli evasori fiscali. In un Paese di 11 milioni di abitanti è incredibile che soltanto 4mila cittadini o poco più dichiarino un reddito annuale di
oltre 100mila euro lordi. Tempo fa si è saputo che il numero delle piscine costruite sulle terrazze o nei giardini
privati, dichiarate a catasto e fisco, non arriva a 400, mentre i curiosi satelliti ne hanno individuate, dal cielo, oltre 15mila. La Grecia paga decenni di crescita disordinata. Basta guardare Atene dall’alto per capire che è stato
compiuto un complessivo scempio edilizio, dal quale si
sono salvati pochi spazi protetti: l’Acropoli e il parco dello Zappion, che fu il villaggio olimpico delle prime Olimpiadi dell’era moderna, che si tennero nel 1896. La capitale, dove vive poco meno della metà della popolazione
dell’intero Paese, è cresciuta convulsamente e male, creando un nugolo di problemi.
Dopo la Seconda guerra mondiale, durante la quale la
Grecia era riuscita a resistere all’insensato attacco di Mus-
solini dell’ottobre 1940 – al punto che i tedeschi di Hitler
furono costretti a intervenire per impedire la disfatta dei
soldati italiani – esplose una velenosissima guerra civile. In un Paese prostrato e affamato si scontravano forze
che intendevano prevalere a qualsiasi costo. La gente, già
nel ‘41, moriva di fame per la strada. Ci sono fotografie
che ritraggono moribondi in piazza Syntagma, proprio la
piazza della Costituzione che è stata teatro, negli ultimi
tre anni, di tutti i tumulti che hanno sconvolto la capitale, a causa del disastro economico-finanziario. I sopravvissuti della guerra civile avevano bisogno di certezze e
di speranze. I ricchi armatori, vera spina dorsale economica della Grecia del dopoguerra, investivano abbastanza generosamente nel Paese: la compagnia aerea Olympic, che adesso sta attraversando una grave crisi, fu creaMaggio 1941: truppe tedesche davanti alla sede del governo greco.
ta da Aristotele Onassis. I benestanti borghesi, che avevano nascosto sotto il materasso sacchetti colmi di sterline
d’oro, compravano le case migliori del centro di Atene,
della sofisticata Kifissia nell’interno, e di Glifada sul lungomare. La media borghesia, che pretendeva giustamente un posto adeguato in un Paese in cui, ancora oggi, si
parla disinvoltamente di “classi sociali”, faceva l’impossibile per assicurarsi il posto di lavoro fisso, rigorosamente pubblico, in modo da potersi permettere – a costo di
grandi sacrifici – di sopravvivere decorosamente e di
mandare i figli a studiare all’estero. I meno fortunati facevano lievitare le periferie popolari, come Egalleo.
l Paese, quasi specularmente rispetto alla dirimpettaia
Turchia, viveva insomma una profonda contraddizione. Cercava di coniugare la naturale attrazione verso l’Europa, di cui la Grecia storicamente si considera madre,
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GRECIA
Proteste ad Atene il 19 febbraio 2012
contro le nuove misure di austerità.
Poliziotto in tenuta antisommossa.
east . rivista europea di geopolitica
numero 41 . aprile 2012
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con le pulsioni orientali. Il cibo, la musica, le abitudini
erano e sono rimasti decisamente ancorati alla storia e all’influenza ottomana. Gli studi e il business hanno puntato invece, e decisamente, a Ovest. Anche questa dicotomia può essere annoverata tra le cause che produssero
il lungo periodo di drammatica incertezza politica e sociale che portò al colpo di Stato del 1967: golpe compiuto non dai generali ma dai colonnelli, che per sette lunghi anni cercarono di sradicare la democrazia dal luogo
dove essa è nata.
È evidente che vi furono responsabilità e complicità,
anche internazionali. Gli Stati Uniti di allora – come ha
onestamente ammesso durante una sua visita ad Atene il
presidente Bill Clinton – favorirono la svolta dittatoriale
e non fecero nulla per impedire nel 1974 la guerra di Cipro, dopo la defenestrazione dell’unico uomo che era stato capace di tenere assieme le due anime del Paese, l’arcivescovo Makarios.
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Circa 1945: donne greche con i loro figli intervistate
da un funzionario delle Nazioni Unite durante la guerra civile.
e non si ricorda tutto questo non si può spiegare quanto accadde, dopo la caduta della giunta militare, con
il rientro dall’esilio del padre della patria Kostantin Karamanlis e l’avanzata politica di Andreas Papandreou. Il
primo, contando su una rete di preziose amicizie – a cominciare dall’allora presidente francese Valery Giscard
d’Estaing – riuscì ad ancorare saldamente la Grecia all’Europa, conquistando il diritto all’ammissione nel club.
Il secondo impedì la costruzione di un grande partito comunista fondando il Pasok – acronimo di Movimento socialista panellenico – e facendo un grande favore agli
americani e all’Occidente; quindi accompagnò nelle stanze del potere chi ne era sempre stato escluso: le “classi sociali” più basse. Per ottenere questo risultato spalancò le
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east . rivista europea di geopolitica
porte dell’amministrazione pubblica, che si riempì di
centinaia di migliaia di lavoratori. Un numero spropositato rispetto alle esigenze del Paese, ma necessario per garantire la pace sociale, nella speranza di una crescita prossima ventura.
Il resto è storia assai recente. Se l’ingresso nell’Eurozona è stato un indubbio peccato di superbia di Atene (favorito e incoraggiato dalla stessa Unione Europea), l’accesso a crediti troppo facili per un Paese fragile e poco
produttivo ha generato guasti gravissimi, che l’organizzazione delle Olimpiadi del 2004, indubbio successo
sportivo e d’immagine, ha amplificato a dismisura. È cominciata allora la folle corsa per aggiustare i bilanci, con
la presentazione a Bruxelles di una montagna di carte false, che nel biennio 2008-2009 hanno provocato il disastro. Il premier conservatore e leader di Nuova democrazia Kostas Karamanlis, nipote del padre della patria, ha
indetto elezioni anticipate: non per vincerle, ma per per-
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Scontri con la polizia
durante le proteste ad Atene.
derle, consegnando il governo e la maggioranza assoluta
in parlamento al Pasok di George Papandreou, figlio di
Andreas. La verità è che il vaso di Pandora si stava scoperchiando. Il terremoto ha prodotto una pericolosa frattura tra istituzioni e società, e la geografia dei partiti, che
sembrava più o meno immutabile, ne è stata sconvolta.
L’immagine della Grecia di oggi sono i sacrifici, la mancanza di consumi, la decrescita costante, il 50% dei giovani senza occupazione, e l’emigrazione. All’estero non
fuggono i lavoratori manuali, ma i cervelli. La Grecia, insomma, ha ancora bisogno d’aiuto e soprattutto della
spinta per ricominciare a credere in se stessa. Sapendo
però che il passato del credito facile non è più riproducibile. La festa è finita e bisogna ricominciare da zero.
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