la gloria e la santita` devono continuare storia e tradizio
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la gloria e la santita` devono continuare storia e tradizio
01027 MONTEFIASCONE (VT) 0761/86070 Supplemento a: "La voce del Santuario" Spediz. in abb. postale Gr. IV/70 LA GLORIA SANTITA' CONTINUARE E LA DEVONO Atti del 3° Convegno Annuale - Montefiascone 25 Aprile 1986. BONITATEM, DISCIPLINAM ET SCIENTIAM DOCE ME Parla il Rettore Nella vita del Barbarigo scritta dal Bergamaschi si legge che il Cardinale diede inzio alla fondazione del seminario nel 1690. Ci avviciniamo ormai ai tre secoli di storia del Seminario. Quanto tempo è già passato da quando il Servo di Dio pose la prima pietra! Quanta gloria e quanta santità! Proprio in questi giorni rimettendo in ordine l'archivio, mi sono divertito a leggere gli elenchi o i registri scolastici per vedere se trovavo qualche nome famoso di ex-seminaristi o di ex-convittori. Montefiascone: La Cattedrale Ho trovato nomi di futuri letterati, Incarichi Associativi latinisti, vescovi, cardinali e di futuri santi, come Vincenzo Maria Strambi di Civi- Presidente: FRANCESCO RANUCCI; tavecchia, che ha studiato nel nostro SeCassiere: minario nella seconda metà del '700. GUGLIELMO CRUCIANI; Nella vita di questo Santo si legge che il Assistente ecclesiastico: Seminario di Montefiascone era illustre a DON ANTONIO PATRIZI ; quei tempi per i dotti maestri che vi inseComitato di coordinamento : gnavano e per il gran numero di seminariLINO BARZI sti. PIETRO CONCIOLI Ho visto anche i nostri nomi, i nostri NAZARENO GAUDENZI risultati scolastici, i giudizi dei professori PIETRO GIORGI e mi sono detto: "Forse tra questi nomi ANTONIO PAPACCHINI di persone tutt'ora viventi ci saranno col LUIGI PICOTTI tempo uomini illustri per fama e santità; CARLO PILERI ma anche tra quelli che verranno dopo di GIOVANNI PILERI noi, fra quelli che oggi sono in SeminaCESARE TACCONI rio, ci saranno studiosi e santi." ANTONIO TACCONI. Saper che io sono stato chiamato dalla Provvidenza divina e dall'amore di Dio Soci cooptati nel Comitato: ad entrare a far parte di questa grande faALFREDO CENTO, R e t t o r e del Collegio miglia, che è il Seminario, mi ha fatto naSABATINO CORDOVANI, e x R e t t o r e scere nel cuore un'immensa gioia. Penso LUIGI MOCINI, e x R e t t o r e che anche per voi sia così. GIROLAMO MERLO E' nostro compito di ex-alunni, perciò,. fare del tutto, alcuni come genitori, altri come sacerdoti, perché molti provi- e nell' amore della Chiesa locale; aumenno questa gioia. Il nostro amore per il tare le proprie vocazioni e per la maggior Seminario, che ha dato tanto a noi, si de- gloria di Dio e per il bene degli uomini. ve manifestare nel fare in modo che esso, Soltanto cosi la nostra gloriosa tradizioin un momento cosi difficile per le voca- ne potrà continuare. zioni, possa .crescere nella stima di tutti Alfredo Cento Organo dell'Associazione degli ex alunni del Collegio STORIA E TRADIZIONE: PROBLEMI E PROSPETTIVE Formazione Barbarigo Parlano gli Spirituale e culturale al ex-Rettori Caro Francesco, ti dico subito che accetto di essere tuo socio cooptato per il Comitato di Coordinamento Associazione ex-alunni Barbarigo. Tieni però presente che tratti con una persona in declino. Oltre ai miei 73 anni di età (senectus ipsa morbus), sai che nel 1984 ho avuto un cumulo di guai per questo mio corpo fragile; nel 1985 ancora un ricovero in clinica per altro intervento chirurgico. Ora grazie a Dio, mi sento ripreso benino, ma, nonostante l'apparenza di buona salute, qualche guaio permanente mi sta giornalmente ricordando che si avvicina la mia ora... Il 25 aprile hni riprometto di potermi recare a Montefiascone, cosi potremo parlare finalmente da vecchi amici. Mi complimento per il tuo attaccamento al Barbarigo. Con tanti cordialissimi saluti, nel desiderio del prossimo incontro. Sommariamente i miei ricordi e pensieri sul Barbarigo potrebbero essere questi. Da alunno ho avuto dei grandi benefici: a) nello spirito dalla esemplarità dei Superiori; la pietà profonda di quell'anima semplice di Mons. Chierichetti e la bontà e delicatezza di Don Ercolani: quanti piccoli ma significativi episodi mi tornano spesso alla mente!...; b) nella formazione culturale dalla competenza e impegno degli insegnanti; come non ricordare le figure di Mons. Bresciani e di Mons. Leonetti? C'era una vera serietà nella impostazione disciplinare e culturale. Da Superiore non posso che ricordarmi con rammarico. Frutto acerbo dei campi, cresciuto come "figlio della lupa" e "balilla", mi son trovato alla direzione del Seminario senza alcuna preparazione pedagogica, con una mentalità fascista di imposizione autoritaria. Se non ho fatto tante rovine lo debbo ad uno spirito di 2 II Barbarigo _ austerità che avevo imposto a me stesso, al sentirmi profondamente attaccato ai ragazzi (mai sono andato a riposarmi senza una visita ai dormitori, mai mi sono levato dopo gli alunni, ma almeno mezz'ora prima con relativa ispezione alle camerate). Un altro buon ricordo è quello di un forte attaccamento alla biblioteca. Quando caricarono un camion con molti libri, selezionati dai professori del Regionale della Quercia, provai un vero schianto. Non ebbi la soddisfazione di poter vedere sistemata e valorizzata la biblioteca, che è rimasta sempre la tomba di una buona cultura... Lasciai il Barbarigo con la gioia di vederlo in buone mani: Cruciani, Mocini, D'Ascenzi, Galeotti ecc. Questo bel gruppo compatto e attivo si sfaldò alla fine di un anno scolastico; dopo di che il declino attuale. Uno dei "desiderata" degli ex del Barbarigo penso che dovrebbe essere proprio quello di rivedere riattivata quella Istituzione così ricca di benemerenza nei confronti di tanti paesi dell'Alto Lazio. Sabatino Cordovani Montefiascone: Est, est, est! Divagazioni storico-culturali su mezzo secolo di vita al Barbarigo Caro amico Checco sei stato una cannonata: con impeto gioioso e travolgente hai squarciato la caligine che si andava addensando sul nostro passato. Mi sarebbe piaciuto collaborare anche nelle strutture organizzative, ma... Ho stentato anche a rispondere ai tuoi simpatici stimoli per qualche cartella. Varie sono state le ragioni... tra le quali il timore di risvegliare rimembranze non sempre felici. Camminando si lasciano delle tracce non sempre positive. Invero se la mia memoria fosse più agile e la fantasia in grado di dare una tintarella epica a quelle piccole avventure che, svolazzando sulla trama seria dei doveri, degli impegni, dei problemi, dei successi o degli insuccessi, acquistano l'onore d'essere simbolo di una età e d'una esperienza, potrei raccontare l'arco di cinquantasei anni di Seminario. Potrei cominciare dal lontanissimo 1930: l'ascetico vescovo Rosi, il caro Chierichetti, l'umilissimo e virtuosissimo D. Angelo, Mons. Bresciani, D. Luigi Ceccarelli... Sarchioni, Crocchio ni, Giorgi, Menichelli, Giusti, Ambrosini, Boni, Baldi, Sbocchia; poi Basili, Paceri, Piastra, Patrizi, Governatori, Gaudenzi, Firmani, Tarantello... una vera compagnia di "baldi e boni". Gli esami d'ammissione al Liceo a La Quercia dimostravano la buona preparazione del Barbarigo. Anche nel 1936 non poteva essere altrimenti: c'erano Belardi, D'Ascenzi, Galeotti, Governatori, Marinelli, Mocini... Epperò una tintarella di presunzione ci distingueva!... Nel 40/41 Mons. Leonetti, indimenMontefiascone: S. Flaviano ticabile e forte educatore, mi volle predel sapere a quello del fare, dalla rigida fetto d'ordine al Barbarigo. Ricordi? reclusione dei seminaristi all'apertura di Tacconi, Pileri, Nicolai, Giudizi... mi tutte le porte, dal "silenzio grande" alla hanno gratificato della loro stima. Poi venne l'anno 1943/44: guerra, faspontaneità senza limiti, dal rigore alla me, bombardamenti, allarmi, fughe, rifucontestazione del '68, dal riflusso a gi, meditazioni e discorsi del Duce, gre- "quelli dell'85", dal Regolamento di co, latino e bollettini di false vittorie, Mons. Rosi alle Normae quaedam"... guerra "francese" e guerra "mondiale", Non ho rimpianti, nè rimproveri da " m u f f a " , ' " c a t e n a " e paura; fascismo e fare... La pedagogia da me vissuta, nella antifascismo. Il gran Rettore, misurato e dimensione passiva o attiva, non è stata forte, saggio e paterno era D. Sabatino... né antica né moderna, ma contempora10 ero il suo vice... nea... Però gli anni migliori del mio sacerOra che termino, caro Checco, ti dozio sono quelli trascorsi al Barbarigo dirò che sono contento d'aver ricordato come Rettore. Se altri non sono del me- e ti ringrazio d'avermi costretto a farlo... desimo parere è segno che la realtà hà anche se non serve a nessuno... sempre più facce...! Del resto è difficile Luigi Mocini che tutto sia sbagliato. Ma si viveva l'ansia di coprire bene quello spazio che la Questa divagazione storico-culturale Provvidenza ci affidava. C'era la provvidi Mocini ci fa cavalcare mezzo secolo di da vicinanza di Mons. Rosi, c'era Pio XII, storia: lui ne riassume i momenti fondac'erano le speranze del dopoguerra, c'era mentali e ne evidenzia, con l'ottimismo 11 rinnovamento della Chiesa, dei Seminache gli è congeniale, il filone educativo ri, della catechesi, delle associazioni, delche lo ha visto attore di primo piano: la pedagogia; c'era il fervore della ripresa alunno modello, intelligente e preparato; cattolica; c'erano le campagne dell'ACI, prefetto, vice Rettore e poi Rettore. Un le Acli, i coltivatori diretti; D'Ascenzi faro, una luce: un punto di riferimento premeva e riempiva anche il Seminario che, con la dottrina e l'esempio, ha illudel sociale. D. Renato cominciava la carminato la strada di tanti. Le tue parole, riera del matematico... caro Mocini, servono a tutti: a chi ti ha E c'erano Filié, Caporossi, Landi O. e G. conosciuto di persona, a chi ha soltanto Stefanini, Pascucci, Forti, Ballarotto, sentito parlare di te. Bravo! Corba; c'era D. Sergio con la "boccetta", (F.R.) c'era Raponi, Leone, Bernardini, che mi ricorda con piacere, Mariotti, che mi perdona certi scappellotti, c'era il cacio giallo dell'UNRA, c'erano le ...armi per il Il Collegio non è un cimitero di '48. C'era mamma Cesira che adorava il memorie, di ricordi, di episodi. piccolo Virginio. C'era il papà di PapacSarebbe troppo poco! chini, che mi onorava delle sue ottave E' un luogo vivo fatto per i vivi: rime... e c'era Mons. Rossi con Foca... punto di partenza della nostra Sono restate tra le mie carte molte care esperienza dove abbiamo cominletterine, molte foto con dedica (Melaciato a selezionare i valori della ragni, Saraconi, Cionco...). vita. Poi venne un tempo di molta nostalE', inoltre, luogo di ritorno e di gia... incontro dove riscopriamo la noIl 1974 mi serbò la felicità di un ristra identità, dove ci confrontiatorno... Ma tutto cambia, provvidenzialmo con la nostra coscienza e mente... Tuttavia non sono stato mai con l'esperienza dei nostri amici. inutile. E' anche luogo... Ho visto e vissuto il cambiamento di Prova tu a continuare il discortante cose: dalla pedagogia del fascismo so...!?! a quella (pseudo) americana, dal primato I Ricordi del IL GALATEO SORA E Chierici LA CHECCA Non voglio fare un articolo pesante (che non sarebbe letto) ma, per gli amici e tra amici ricordare persone e momenti della vita al "Barbarigo": saranno dei semplici flash: Le racchette Ricordo che quando D. Latino Salotti venne a Valentano nel 1928 e parlò con mia madre (erano cugini), questa era tutta preoccupata per me che andavo in Seminario. Don Latino mi parlò molto bene: però io che pensavo ai miei giochi, domandai: "ma in Seminario si gioca?" "Certo" mi rispose: e mi disse che tra i giochi c'erano anche le racchette. Quando entrai a Montefìascone, non vedevo l'ora di giocare con le racchette, mai sentite nominare. Era un piccolo gioco che non ci divertiva granché, perché a noi ragazzi piaceva correre. Allora, neppur parlare di palla o pallone: però noi, quando andavamo a passeggio con il mantello, appena vedevamo vicino alle rare officine qualche pezzo di gomma, lo prendevamo. Alla sera era una gara farne con le forbici striscie e poi... la palla. Dura certo: ma rimbalzava bene, anche se rompeva qualche vetro: e don Angelo Ercolani, Vice Rettore, diventava molto nervoso! Il galateo Era di obligo : ma che cosa era? Don Ercolani ce ne parlava: ci si preparava attentamente: come mangiare: come stare a studio: come salutare le persone: il tono di voce: poi c'era un capitolo a parte "per il Vescovo": tra le altre cose come comportarsi quando si incontrava a passeggio: perché il Vescovo Mons. Rosi, lo si incontrava spesso, a passeggio. A parte d i usi di allora: era molto importante: ed è tuttora: la gentilezza sempre dona. Mons. Bresciani Acaste Fù una fortuna averlo professore: lo stimavamo tantissimo: Latinista di fama internazionale, era contento di fermarsi con noi: a scuola, a ricreazione e a passeggio. Declamava il Suo Virgilio : ma sapeva parlarci di tutto. Un giorno ci accompagnò (a piedi) per una passeggiata fino a Bolsena: camminava forte: ci parlava di storia, di piante e ci annunciò che avremmo visto vicino a Bolsena le "pietre lanciate": dimenticammo la fatica per vedere queste pietre lanciate: ma poi ci parlò di S. Cristina e di tante altre cose. E ritornammo dopo 32 Km a Montefìascone. Quella sera mangiammo di appettito anche se il riso era scotto ed insipido. Montefìascone: Tramonto sul lago Don Luigi Ceccarelli L'avemmo professore in terzo ginnasio: latino ed italiano: sapeva insegnare, e ci voleva bene. Era canonico in cattedrale: e noi, ogni domenica, si andava alla Messa cantata: e tutte le feste, con il Vescovo, alle più belle funzioni. Era molto entusiasta: a me piaceva tanto quella semplicità unita al saper insegnare ed alla compostezza durante le funzioni. Ci domandava: come vi trattano? Erano tempi duri: so che una volta che rispondemmo un pò amareggiati, lo vedemmo il giorno appresso in seminario tutto, sorridente: ci portò grosse cioccolate. Don Amilcare Molti lo prendevano in giro perché prendeva il tabacco. Ma noi lo trovavamo sempre in cattedrale, vestito da canonico: pronto al confessionale. Anche noi andavamo qualche volta a confessarci: c'era odore di tabacco: ma più c'era un sacerdote di tanta pietà. Il professore terribile Guardavamo, quando veniva a scuola, di che umore era Don Tommaso Leonetti: era un pò tutto, in curia e con il Vescovo: e forse anche stanco ed un pò nervoso, quando veniva ad insegnarci greco e matematica. Ma era bravo: forse troppo bravo: e noi (almeno io) avevamo paura di lui: non bastava studiare. Una volta mi azzardai a chiedere qualcosa sull'algebra, che non ci avevo capito nulla. Mi sentii rispondere: mettiti a sedere: non hai studiato: ti metto 4 e lo dirò al Rettore. E chi ci provò più a domandare?!! Però era molto stimato: predicava bene: ed era molto buono. Poi lo fecero Vescovo. Quando ebbi più confidenza con lui, Vescovo e poi Arcivescovo, compresi ancora di più il suo valore. Il Bargarigo 3 In foraminibus petrae Nella Chiesa di S. Bartolomeo a me ed altri (penso..) interessavano le due cappelle vicino al coro : Il Sacro Cuore e la Madonna di Lourdes con la scritta del titolo. Non so perché l'hanno tolte: io non giudico: ma mi è dispiaciuto: "in hoc non laudo". S. Bartolomeo, .scorticato vivo ci incuteva timore: ma quel Cuore aperto di Gesù: quella grotta di Lourdes con la Immacolata quante vocazioni hanno incoraggiato e formato. Che canti e che cori! Più che le parole che ci venivano dette: Mons. Chierichetti parlava troppo difficile: D. Alessandro De Rossi parlava bene, era parroco alle Zepponami: aveva una bella voce: Don Angelo Ercolani, ci voleva tutti e subito santi: si preparava bene. Don Osvaldo Belardi ci diceva tanti raccontini come ad Aspiranti di Azione Cattolica. Ma i mesi più cari erano il mese della Madonna e del Sacro Cuore. Io non li ho mai dimenticati. La sora Checca Era Francesca Giorgi, Maestra Pia Filippini: comandava in Cucina. Certamente avrà questionato tante volte con l'Economo (Don Sergio Capozzi) o con il Rettore Mons. Chierichetti. Chissà quanto soffriva quando vedeva ritornare i piatti pieni, non mangiati da noi. Ed erano tempi che non si doveva protestare. Mia madre quando veniva (ma molto raramente perché non poteva) mi mandava qualcosa. Si preoccuparono perché non eravamo in buona salute: allora venne un ordine "olio di fegato di merluzzo": prima del pranzo tutti o quasi a prendere quel disgustoso olio. Io mi misi tra i più furbi: andavamo prima e mettevamo il nostro olio di fegato di merluzzo nelle bottiglie dei più volenterosi: una volta Cruciani mi disse "ma come mai tu l'hai già finito?" Non risposi. Ma dopo, con gli altri, ci facemmo molte risate! Ma la sora Checca, quando poteva, ci passava1 sempre qualcosa di meglio : zitta zitta e sorridente. A me mi toccava spesso quando andavo a prendere le ostie ed il vino per le S. Messe perché mi avevano fatto Sacrestano. Una volta combinammo una caccia notturna ai piccioni che erano sopra S. Bartolomeo: in piena regola! Io feci la guardia: gli altri la caccia: ce li cucinò la Sora Checca e facemmo una merenda indimenticabile alla "Mentuccia" dove c'era la famiglia di Mocini. E' appena qualche ricordo: per rivivere del Barbarigo i tempi difficili ma felicissimi: erano gli anni 1929-1933. Nazareno Gaudenzi 4 II Barbarigo UN C U P O L O N E E BALUARDO AL FIANCO _ QUEL SUO Lasciata la nativa Acquapendente, a nove anni mi affacciai per la prima volta a San Lorenzo Nuovo, sul cratere del lago di Bolsena. Poiché dall'età di cinque anni ero più che chierichetto - sostituto sacrestano della chiesa aquesiana di S. Lorenzo m., e poiché in quel 1931 avevo fatto la prima comunione, il parroco don Vincenzo drilli, che d'estate si recava a Pozzuoli tutti gli anni per 'passare i fanghi', volle farmi il regalo di portarmi con sé fino a Roma e li (in attesa di riprendermi al suo ritorno dal sud) mi consegnò a mia zia materna Ermelinda, a zio Gino e ai loro tre figli. A San Lorenzo Nuovo, dunque, lo spettacolo di quella così grande - mai vista! - distesa di acqua fu certamente il più splendido stupore mio di quel mattino. Ma non molto dopo un secondo tuffo al cuore dovetti provarlo quando repentinamente, scomparsa ormai da tempo dietro a noi Bolsena, avvenne l'imprevedibile: da quel curvone ultimo al culmine del pendio più ripido della Cassia, apparve a me rialzato ai vetri del pulman di Garbini - al di là della balconata digradante dal paese verso il lago - la distesa del colle montefiasconese. Più che la bellezza dei sobborghi abitativi tanto bene inseriti nel verde intento che li abbraccia, mi colpi quella sua spendida altura cosi massiccia di muraglioni e castello; quasi una fortezza. Insomma, tutto l'opposto del mio paese nativo, sprofondato entro quella conca ad imbuto che (almeno in quegli anni lontani, e non so perché) ricordo designata come 'la conca dei bigonzi': uno strano determinativo, probabilmente allusivo-offensivo nelle interpretazioni dei non aquesiani, ma per noi del paese niente affatto ambiguo; i bigonzi erano solo ed esclusivamente gli aggeggi per raccogliere e trasportare le uve: quelli vi abbondavano di sicuro, ma non quelli... in carne ed ossa! Il mezzo mese a Roma passò presto. Al ritorno, lasciata alle spalle Viterbo, ben presto il motore cominciò ad affaticarsi ed il pulman ad arrancare lento e misurato. Il mio sguardo ora non aveva dinanzi, però, - come fra Bolsena e Montefiascone all'andata - il nudo massicciato della Cassia ma era irresistibilmente attirato su quel cupolone a modo di damigiana gigante e - alla sua sinistra - da quel baluardo imponente ed allungato e dalle decine di occhi delle sue finestre. Fu il mio primo incontro con il Seminario vescovile Barbarigo: ma io allora non lo sapevo, e tanto meno avrei potuto immaginare che quella specie di fortilizio già 250 anni prima di me aveva incominciato ad attirare moltitudini di occhi di quanti - tornando, ad esempio, come me da Roma - si erano trovati ad ammirarlo Seminario nella stessa data, in un giorno ben più a lungo di me perché, a causa dalla... diligenza, era un... tutt'altro viag- di quel lontano mese di Ottobre 1913. Ricordo che ci accolse paternamente il giare! Rettore Mons. Brovelli, il quale, additanQuanto a me, giunto alle prime case doci la scritta che campeggiava all'ingresdel paese, mi andò scomparendo il baso, attorno al medaglione del gran luardo a lato delia cupola; ma quella cosa Fondatore, il Servo di Dio Card. Barbaria forma di smisurata damigiana sembrò go, ci ripetè le parole del Salmo: "Bonidi più in più incutermi timore, quasi potatem, Disciplinam et Scientiam doce tesse precipitarmi addosso con la sua mome". Era il programma preciso e complele incombente. E forse mi risognai, ma... to che ci si proponeva in quel grande non sono proprio sicuro, la cupola sua giorno, vero dono di Dio. sorella maggiore di Roma dinanzi alla E il Seminarista Leonetti l'attuò in quale ero rimasto conquiso pochi giorni pieno, mentre io, che facevo parte della prima, a bocca semiaperta e con dentro stessa camerata e della stessa scuola, ne una meraviglia infinita. Credo che non fui testimone ammirato. mi accorsi, neanche, quel giorno, dei fiaCi era di vero esempio in tutto, nella schi di est est est appesi qua e là lungo pietà, nell'osservanza regolare e nello stula Cassia urbana; anzi, neppure che esidio indefesso, dove eccelleva particolarstesse l'est est est io (credo bene) sapevo mente nelle materie letterarie. Percornulla. remmo così insieme le classi ginnasiali, Di avere invece toccato, ai piedi liceali, e parte degli studi teologici, fino di quelle due gran costruzioni: la cupola e il baluardo emblemi di quel ma- all'inaugurazione del nuovo Seminario gico colle - la più alta quota in altezza Regionale di Anagni anche per l'Alto Ladel mio primo decennio di vita, me ne zio. Era l'ottobre 1923. Obbediente, egli resi conto. E ad ottobre, i compagni e le passò con alcuni altri al Regionale, mencompagne della mia 4 a elementare mi tre io fui trattenuto al Minore come assisentirono vantarmi - anche se... di questo stente degli alunni, a fianco del nuovo pure non sono proprio sicuro - di tre me- Rettore, Mons. Chierichetti. Ricevuta la raviglie scoperte da poco: l'acqua del sacra Ordinazione Sacerdotale, ben prelago, una città sterminata, e quelle due sto la nostra Diocesi ci riunì di nuovo a sto la nostra Diocesi ci riunì di nuovo a cose giganti vedute a Montefiascone. Montefiascone, lui come Segretario del Lino Barzi Vescovo ed io quale Vicerettore del Seminario. D. Tommaso, eletto Monsignore, esercitò una vasta opera pastorale in vari campi. Mentre reggeva la Curia, insegnava lettere latine e greche in Seminario e dirigeva l'Azione Cattolica Diocesana femminile. L'assisteva la bella intelligenza, la buona volontà e la parola facile, colta, e talora brillante. Nel tempo stesso prestava la sua opera per preparare la beatificazione della Serva di Dio Lucia Filippini. Nel 1942 avvenne quel che si sospettava: la sua elezione a Vescovo di Ferentino. Fu un onore per la Diocesi e per il Seminario, ma anche un dispiacere, perLeonetti ché veniva a privare la Diocesi stessa di RICORDANDO M O N S . un valido operatore di bene. Per avere vicine persone note volle condurmi con LEONETTI sé come segretario, insieme a mia sorella per il ménage della casa. A Ferentino diUna figura ben degna d'imperitura venne ben presto oggetto di ammiraziomemoria e di alta stima è quella di S.E. ne e di stima per le sue belle doti, unite Mons. Tommaso LEONETTI, creatura ad uno zelo indefesso. Nelle visite alle eletta del nostro caro "Seminario Barbavarie Parrocchie veniva accolto con evirigo" e già Vescovo di Ferentino e Arcidente favore dal clero e dal popolo, vescovo di Capua. ascoltato per la sua parola limpida e graNato a Montefiascone nell'anno dita e per il suo carattere affabile con 1902, uscito da una famiglia umile, ma tutti. ricca di profonda fede religiosa, già da Purtroppo ferveva allora la seconda fanciullo attrasse gli sguardi ammirati dei guerra mondiale, e il fronte di MontecasSuperiori della Parrocchia, nonché del sino non era lontano, per cui frequenti Vescovo S.E. Mons. Rosi, per la sua spicsi susseguivano i mitragliamenti lungo la cata bontà e intelligenza. Io ebbi la sorte strada Casilina e anche i bombardamenti di conoscerlo il giorno dei nostri esami di su Ferentino e i vari paesi vicini. Venne ammissione al Seminario e ne rimasi sul'ordine di sfollamento, e il Vescovo nelbito ammirato : da quel giorno non ci siala sua generosità s'interessò degli sfollati, ma quasi più separati. dei feriti e perfino della sepoltura delle Cosa memorabile: siamo entrati in Il Bargarigo 5 vittime dei bombardamenti. Cessata la guerra, attesa la stima che godeva in alto, gli giunse la nomina ad Arcivescovo di Capua, la Diocesi di S. Roberto Bellarmino. Rimpianto da tutti i suoi di Ferentino, si trasferi nella nuova sede, che gli apparve subito carica di problemi, tra cui il restauro della Chiesa Cat- Altrettanto bello il libro che ha scritto Giacinto Pascarella (Parroco di Onano, 01010) intitolato "Emmaus". Chi volesse acquistarli si rivolga agli autori: prezzi buoni e testi... migliori! Lettera aperta di un grande Professore del Barbarigo Carissimi ex- alunni, Acquapendente: Girolamo Fabrizio tedrale, danneggiatissima dagli eventi bellici. E intanto io ero dovuto separarmi e tornare in Diocesi, a motivo delle cattive condizioni di salute di mia sorella. Egli intraprese con lo stesso ritmo usuale la sua operosa attività pastorale in quella Diocesi di Capua, che portava i segni evidenti della tragedia della grande guerra. Si distinse in tutto, specialmente nel dare vita e lustro al Seminario e all'Azione Cattolica; all'onere grave della vasta Diocesi si aggiunse la nomina di Amministratore Apostolico "sede vacante" di Caiazzo. Proseguì per vari anni la sua intensa attività, finché la fatica diuturna lo debilitò e con l'età avanzata gli sopravvenne anche la perdita della vista. Per tale causa con comprensibile dolore rassegnò le dimissione dal governo della Diocesi. Però preferì rimanere in Episcopio, anche per la benevolenza del nuovo Vescovo suo successore. I suoi giorni andavano declinando ed egli intensificava là sua intima preparazione alla fine, assistito amorevolmente da due Suore, finché, il Signore lo chiamò a Sé, il 28 dicembre 1981, in età di 79 anni, per dargli il premio adeguato ai suoi molti e grandi meriti. I suoi funerali furono imponenti, sia a Capua come a Montefiascone, suo paese natale. Ora la sua salma riposa nella cripta della nostra Cattedrale, presso l'altare di S. Lucia Filippini, per la cui canonizzazione si era molto adoperato, e vicino alla tomba del Vescovo Mons. Rosi, suo maestro e guida illuminata. Mons. Leonetti con la sua vita di generosa operosità per la Chiesa ha onorato il Sacerdozio e l'Episcopato, e di riflesso la Diocesi Falisca e il nostro illustre Seminario Barbarigo. la presente è per voi: accoglietela con cuore, come con cuore è stata scritta. Ve la manda uno fra i più anziani degli ex- alunni, non tanto a nome suo, quanto a nome della nostra Associazione. La quale, sentondosi ancor bambina, ha una voglia matta di farsi adulta per rispondere sempre meglio agli scopi per cui è nata e sta in piedi. Diamole dunque una mano; non altro desidera che d'essere amata. Ed ha ragione. Voi sapete che il tempo crea la ruggine, la lontananza attenua gli affetti, i problemi immediati oscurano le amicizie... Ed allora, perché non vada perduto un cospicuo patrimonio di vita vissuta all'età dell'oro, occorre risvegliarla quella vita, riviverla insieme per rinsaldare le amicizie, sentirci più solidali e... via! più giovani "Haec olim meminisse invabit". A questo mira la nostra associazione, questo vuole lei e dobbiamo volere anche noi, tutti noi, ciascuno di noi. Vi è l'assemblea generale che si tiene ogni anno il 25 di aprile. Ebbene diamoci da fare perché sia una gran bella giornata, una lieta e festosa giornata! Parteciparvi e farvi partecipare. Sono molti ancora gli assenti, Forse perché non lo sanno: informiamoli; forse perché non ci pensano, soniamo la tromba; forse perché la trovano poco attraente... Niente toglie che si rinnovi, si renda più varia, più interessante. Idee ne abbiamo tutti, tiriamole fuori, sono sempre ben venute. C'è poi il bollettino dell'associazione un pò lento veramente, ma sempre gradito. E' l'unico mezzo di collegamento, d'informazione. Diamogli voce perché parli, perché metta le ali, ci giunga come un lieto messaggero, come un soffio di primavera, come un lenimento, una pausa ai pensieri, anche qui occorre la nostra mano: scrivere, scrivere, scrivere! Cose belle da dire non mancano, la memoria le conserva, tiriamole fuori, sarà una gioia per noi e un arricchimento per tutti. "Intelligenti pauca". Bastano poche riche pochi spunti. Volendo, si può sempre vincere una certa ritrosia, nello scrivere. Basta cominciare e poi tutto fiorisce. Per esempio: adesso è inverno.c'è vento, c'è freddo, c'è gelo. Ebbene quante reminiscenze legate al vento, al Angelo Ercolani freddo, al gelo! Chi potrebbe dimentiOlimpo Trombetti ( Via Adda 20 - Grosseto care le indiavolate tramontane di Monte58100) ha pubblicato un bel libro sulla vita in fiascone? quelle furiose raffiche in piazza S. Margherita? Ti vedevi costretto ad Maremma. Valentano: Porta del Vignola ingaggiare una duplice battaglia contro il vento che tentava di spogliarti degli ampi mantelli e di rapirti il cappello di feltro duro a larghe falde, e contro il ghiaccio sotto i piedi sempre in pericolo di stramazzare per terra. E purtroppo spesso era battaglia perduta perché mentre cercavi di difenderti dal vento, ti vinceva il ghiaccio, oppure mentre ti difendevi contro il ghiaccio ti vinceva il vento. Che spettacolo! Ancora mi pare di vedere questi cappelli rapinati dal vento volteggiare in alto sulla cupola e poi precipitare giù nella sotsottostante porticella; oppure trascinati dal vento rotolare a cento all'ora a rota libera lungo la via Trento, verso Borgheriglia. Acciuffarli? questo era il problema... E poi il freddo; e le astuzie per evitarlo. Specialmente al mattino quando, ancor buio, col vento che scoteva le finestre, suonava la sveglia: cogliere qualche momento in più di caldo sotto le coperte facendo finta di non aver sentito, toccare il meno possibile l'acqua gelida, inventarsi qualche comoda influenza col fregar il termometro nelle lane del materasso o della maglia e poi ridersela sotto i baffi... Eppure si era svegli e contenti. E poi il gelo. Le povere mani piene di geloni, le dita ingrossate come salsicciotti; i t u f f i nell'acqua calda che non giovavano a niente e ti riempivano di pruriti... Anche i superiori avevano la loro parte. Chi non ricorda le orecchie del vecchio Rettore ricoperte di croste gelate e il naso, quel naso che ogni tanto sgocciolava come il becco di un alambicco. Ne sa qualche cosa Mocini quella mattina di gennaio quando prese la sua particula... condita. Ancora di lecca i baffi! In attesa di meglio, saluti ed auguri... conditi di grande stima ed affetto. Domenico Cruciani Valentano: La torre del Castello Farnese 6 II Barbarigo _ I Ricordi LE BELLE COLLINE DEL L A G O DI B O L S E N A Ritornavo a rivedere le belle colline che circondano il lago di Bolsena in una giornata luminosa del 1946. Venivo da Roma, dove mi ero trasferito portando con me la terribile esperienza della guerra e indosso ancora ilgrigiò-verde. Avevo lasciato Viterbo e attendevo con ansia che mi apparisse Montefìascone con la magnifica cupola del Fontana. Ero emozionato soprattutto perché, dopo tanti anni di assenza, mi trovavo immerso nei ricordi più dolci della mia infanzia. Mi ritornava alla mente il mio primo rapporto con quella magnifica cattedrale, all'età di otto anni, vestito da "paggetto del Santissimo Sacramenta" per esibirmi, su apposito palco, davanti al Mons. Salotti e a Mons. Rosi. L'incontro con il Barbarigo doveva avvenire all'età di dieci anni quale rappresentante di S. Lorenzo Nuovo nell'annuale gara catechistica diocesana che mi vide premiato della seconda medaglia a benefìcio, se non erro, di Valentano. Rammento l'aula nella quale ebbe luogo la prova scritta e una delle domande: "Perché il Papa può peccare" mi è rimasta impressa. Ricordo la risposta di allora; la stessa che darei oggi. Tornai al Barbarigo e in quella stessa aula l'anno seguente come alunno del 1° ginnasio con questi sentimenti. Ritornavo cosi, dopo tanti anni, alla mia terra con tanti nomi e volti che mi tornavano in mente e che oggi non riconoscerei ma che amo e saluto da queste pagine. Arturo Fabi UN GRADIMENTO RICHIAMO E UN Ill.mo Presidente, è con vivo compiacimento che rispondo alla tua ultima lettera, sempre ricca di nuovi argomenti, per ringraziarti dell'opportunità che mi si dà, sia pure dopo lungo tempo, di esprimere tutto il gradimento del richiamo a far parte del Gruppo ex-Barbarigo. Poiché in questi lunghissimi anni, anche durante la guerra, in momenti difficili, il mio pensiero volava là a rievocare l'epoca dell'adolescenza ed ai tanti amici che avevo lasciato e che immaginavo Vescovi e Cardinali!! Fino a quando un bel giorno mi capita d'imbattermi, a Galloro, con il Gesuita, ex Prefetto Sbocchia, che mi dette delucidazioni un pò di tutti. E cosi, appena m'informò che a Marino il Dr. Tacconi aveva la Farmacia, partii con entusiasmo per andarlo a trovare e l'incontro fu cordialissimo ed alquanto emozionante. Rivedersi dopo più di 40 anni! Che il Dr. Ranucci è un pezzo grosso di un tal Ufficio in Via Alessandria. Notizie confortanti anche di altri amici. Ecco questo incontro con il Gesuita ha favori- dei Laici to il mio grande desiderio di rivedere e riabbracciare tutti. I sentimenti di amicizia si sono poi rafforzati maggiormente con l'entrata in questa benemerita Associazione, da te fortemente voluta e sapientemente guidata, che ogni qualvolta c'è convegno o riunione sia pure in capo al mondo, rispondo con piacere, con entusiasmo. Manfredi Morneri UN RICORDO, U N A STORIA: L A S T O R I A ! La prima metà degli anni quaranta è stato il periodo più straordinario della storia del popolo italiano a memoria d'uomo; in particolare il millenovecentoquarantaquattro fu straordinario e terribile per la gente dell'Italia Centrale e per quella del lago di Bolsena. La fame di Roma, l'insicurezza degli sfollati, il terrore dei bombardamenti, l'angoscia dei giovani renitenti alla macchia non hanno ancora trovato uno scrittore all'altezza del compito; né sufficiente risalto ha avuto nella storiografìa di quel periodo il ruolo della gente. Perché quella volta tutti partecipammo al dramma; tutti, come dice don Bernardino Morotti in certi suoi appunti, fummo attori nel palcoscenico della recita. Gli spettatori sarebbero venuti dopo: a guardare, ad ascoltare, a giudicare dalla comoda poltrona di una platea con l'aria condizionata, le maschere in minigonna e la buvette stracolma di ogni ben di Dio. Perchè il "nulla" di allora ha prodotto il "troppo" di oggi; l'aratura è stata profonda e senza interruzioni. Gli avvenimenti del passato lontano e recente - anche il "risorgimento" - erano stati appena avvertiti: un prurito in una qualche piccola parte del corpo, la massa era rimasta al di fuori. Per fortuna! era sembrato. Questa volta, invece, non c'era stato pelo del corpo che non avesse rabbrividito, membro che nòn avesse tremato, pezzetto di epidermide che non avesse assaporato scottature. Per disgrazia! era sembrato. Che cosa sia successo in "ilio tempore" probabilmente non è ancora completamente chiaro: soprattutto per coloro che ebbero la ventura di vivercic'era la morte e ci si ricorda della vita; c'era la paura e ci si ricorda della gioia; c'era l'odio e ci si ricorda dell'amore. C'era in tutti la disperazione e ci si ricorda solo della speranza: nella pace, nel pane, nella vita. Venti anni fa, poco più che sessantenne, moriva a Roma, presso la chiesa tenne, moriva a Roma, presso la chiesa di San Claudio a San Silvestro, don Bernardino Moratti, che in quel terribile 1944 era stato parroco di Valentano: un paese intorno al lago di Bolsena appeso Marta: La piazza all'orizzonte tra il Lazio e la Toscana. Si era allontanato nel 1946 dalla gente che tanto lo amava e lo stimava, perché gli pareva di non riuscire più a capire e a farsi capire. La guerra aveva fatto crollare le mura della casa; la gente era rimasta abbaccinata dalla luce e esposta a tutte le intemperie, a tutte le correnti e don Bernardino si senti perduto. La sua profondissima sensibilità di sacerdote e di uomo lo spinse a ricercare nella contemplazione del Sacramento Cristo pane tra gli uomini affamati - un motivo di vita che lo rendesse ancora utile alla gente attraverso la preghiera. Eppure la ragione vera e profonda che spinse un sacerdote cosi coraggioso e pio a una scelta drammatica e sofferta resta ancora oggi impossibile da trovare. Quello che è certo è che del decennio abbondante di vita pastorale trascorsa tra la gente di Valentano ebbe, fino all'ultimo, un grande rimpianto e grande nostalgia: lo ricordava sempre con le lacrime agli occhi. Uomo di azione, di guerra, ebbe a noia la vita pacifica della contemplazione e della pace? Chi lo può dire! Ma nel pomeriggio umidiccio e freddo di una domenica di novembre del 1946, tutto il Paese era addossato alla parete di lapillo nero e rosso del Monte nella parte che guarda il lago e Le Fontane. Una croce immensa di marmo era stata alzata all'incrocio di quattro strade, aveva nel mezzo un Cristo lucente con le grandi braccia aperte. Don Bernardino si affiancò alla croce e ci benedisse. Tutti si piangeva come bambini. Lui solo aveva l'occhio asciutto. Poi sali su di una macchina e guadagnò la cunetta della strada che porta al cimitero. Ora questo cimitero è stracolmo di Valentanesi scampati al 1944. Tutti avevano lottato contro la morte, eppure non l'hanno evitata. Una serie di piccole note del periodo agosto 1943 giugno 1944 trovate tra alcune carte di don Bernardino parlano di quelle lotte: istintive, naturali, per sopravvivere. Ma da noi la vita è un fatto transitorio e la morte offre una condizione permanente. Le note di don Bernardino rievocano le lotte e le tribolazioni mortali della gente Il Barbarigo 7 per quella vita: lui, da parte sua, l'ha trovata una permanente e per questa ha continuato a lottare fino alla fine. Eppure da quei ricordi ormai stinti e sbiaditi emerge una sofferenza corale di tutto un popolo; un combattimento epico nel suo insieme, un dramma mortale che tuttavia ha visto la vittoria finale della vita sulla morte. Alla fine, se questo di oggi è il mondo che è, lo si deve a quegli anni, a quei giorni, a quelle tribolazioni Sul piano della diversità sociale e culturale, gli anni trenta di questo secolo ventesimo sono più lontani dagli attuali anni ottanta che dagli anni mille. Se tutto ciò è vero non possono essere disperse le testimonianze che ci offrono qualche elemento, anche minimo, per capire il grande balzo del nostro mondo in questo perìodo. E' vero. La spolverata che ne è venuta fuori non ci consente ancóra di capire in quale direzione il balzo è stato fatto. Siamo in molti a sperare che, nonostante tutto, si tratti di un balzo in avanti. E cosi sia. Mario Cruciani Montefiascone: Il Barbarigo UNA GIORNATA INDIMENTICABILE Caro Presidente, informato dalle tue relazioni, riesco a seguire la vita Associativa alla quale spero possa essere'più partecipe nel futuro e che venga migliorata e ampliata. Con il tuo invito, nell'intento di collaborare, stimolato dalla lettura della "breve vita del servo di Dio Card. M.A. Barbarigo", ti invio i miei ricordi di una giornata vissuta in seminario. "Non ricordo per quale ricorrenza, forse era l'anno 1953, quando l'allora giovanissimo vescovo di Montefiascone e Acquapendente, mons. Boccadoro, era atteso nella nostra chiesa di San Bartolomeo per l'apertura della cassa dove era stato esumato il nostro fondatore Cardinal Barbarigo. Nei giorni precedenti tutti noi eravamo stati impegnati a lustrare la chiesa. Sotto lo sguardo vigile e imperativo del rettore mons. Rossi, una schiera di seminaristi erano al lavoro: chi a lavare, chi a spolverare ed io a lucidare gli antichi scanni in legno dell'aitar maggiore; una parte di noi, i più fortunati, prepa- Ricordi di un tempo sereno Carissimo, mi chiedi con insistenza di collaborare al giornale degli ex alunni del collegio "Barbarigo". Non posso fare il sordo all'invito di un presidente cosi dinamico, anche se, provenendo egli da quel di Valentano, conosce bene al tasto, come i tombaroli, dove più rimbomba il terreno, e ciò mi desta qualche esitazione. Noi, tenere pianticelle delle sponde del Lago, eravamo per lo più estrazione di famiglie di piccoli agricoltori, che, cresciuti da mani callose nelle povere case, tra polli, maiali e asini, raramente vedevamo sulla mensa più di un solo piatto, II Santo Cardinale Barbarigo anche se la "mesa" o madia non mancava di pane. I genitori ci davano inoltre la ravano i canti gregoriani accompagnati cristiana educazione e ci spingevano alla dall'antico suono dell'organo. frequenza della chiesa e del prete. Fu il Ecco, venne il giorno solenne. prete che sollecitò il nostro trapianto nel La nostra chiesa, cosa insolita, venne Collegio: unica difficoltà era impegnarsi aperta alla curiosità del popolo. a pagare la pur limitata retta al signor miLa cassa del Barbarigo arriva nella nistro che, rilasciando regolare ricevuta, navata, al centro, in fondo vicino alla ti faceva capire, dunque sa, la inesorabigrande porta principale corrosa dal temlità del pagare. po. Il nostro bagaglio culturale però ap10 sono li, in prima fila, uno dei più pariva povero: venivamo da classi elepiccoli, con la veste nera, la cotta bianca mentari di paese, avevamo attinto poche e la fascia rossa. istruzione dal prete e da qualche libro di Tutti silenziosi e raccolti seguiamo le religione. Quando ci trovammo sui banoperazioni per l'apertura della cassa. chi del ginnasio, già qualche pianticella Gli scricchiolii echeggiano come striveniva meno, altre avevano vita incerta dule grida d'oltretomba: rabbrividisco fino a che, verso il quarto anno, non si come preso da una folata di freddo ven- decidevano a guardare in fondo come to di tramontana. erano fatti il latino, il greco, la matema11 momento solenne si avvicina. tica. "Quia scientiam repulisti, et Ego La chiesa, immota attende; nell'aria repellam te" si sentiva ripetere, "bonitaaleggia una tensione tutta particolare, i tem, disciplinam et scientiam doce me". visi di ciascuno sono appuntati verso un Sono riconoscente per la formazione unico punto, in attesa. culturale ricevuta in Collegio; vorrei che Si apre il coperchio, un OH!!! di stu- mai venisse meno nei collegi gestiti dagli pore esce spontaneo dalla bocca di tutti. ecclesiastici; è in fondo un'opera squisiAi nostri increduli occhi appare la visio- ta di misericordia spirituale" istruire gli ne del Cardinale vestito degli abiti pon- ignoranti". Sono gratissimo a quelle pertificali con il pastorale a destra. sone che si prodigarono a questo scopo: Il Vescovo allora, nell'intento di os- ricordo particolarmente un vicerettore di servare meglio, va per alzare un lembo Crema, nei due primi anni, e mons. Leodegli abiti sacri e li, come per incanto, la netti, in quarta e quinta. Abbiamo ricevisione del Cardinale svanisce e a noi devuto gratuitamente, diamo gratuitamenlusi, rimane quella di un mucchio di cete: ho sempre accettato d'istruire, è il nere. modo migliore per stare a contatto di Con la strana senzazione di una ama- spirito. Se ho potuto insegnare lettere, ra verità, finisce, nel mio ricordo quella per venti anni, nelle scuole medie statali, giornata indimenticabile vissuta con i è anche merito del Collegio: ne ho avuti miei compagni alunni del Barbarigo ". davanti, nei banchi, di giovani per ore ed ore quando, a Tessennano ed altrove mi Rodolfo La Rosa seguivano solo nei momenti del gioco. La persona umana è una pedina libera e cosciente nelle mani di Dio nella partita tiNecrologi tanica che è giocata dalle origini dell'uni• E' morta la mamma di Patrizi A. verso. La persona umana è come un bam• E' morto anche Mario Bazzuoli Ispetbino che, deviando ed errando, è tirato tore Generale Medico al Ministero di innanzi dal divin Maestro; la Chiesa, ben Grazie e Giustizia, ex alunno di Ac- sapendo questo, è attenta a cambiare rotquapendente, membro della nostra asta secondo "i segni dei tempi"... sociazione. Sono immensamente grato, al ColleLe più vive condoglianze e l'impegno di gio, per la formazioone spirituale che mi una preghiera. ha legato per sempre, per la vita e per la 8 II Barbarigo _ I PETTEGOLEZZI DEL PRESIDENTE morte, a Dio per mezzo del Cristo e della Vergine: la nostra devozione era sincera. Non ricordo i calli nei ginocchi, ma quei bei mesi mariani tra il profumo di rose e di gigli, i melodiosi canti ad una voce, le anche l'altra faccia della medaglia la quaINTRODUZIONE struggenti antifone in gregoriano dei Vele, proprio perché reale, non può essere spe ri, la lettura privata del Nuovo TestaQueste memorie (si fa per dire) storiignorata. mento, l'osservanza, fino allo scrupolo, che e la successiva rubrica intitolata Un invito rivolgo a quanti oggi hanno delle regole. Nel 1939 si stava avvicinan"cazzotti, pizzichi e carezze" hanno un taciuto perché pur essi si esprimano soldo la II Guerra Mondiale: la Madonna, a solo significato e seguono una unica ispilecitamente senza paura, in semplicità. Fatima, aveva detto che prima sarebbe razione: sono un atto di amore e di gratiInvito tanto più pressante perché intenapparsa una luce straodinaria, di notte. tudine verso le persone al cui fianco io de coinvolgere coloro i quali, godendo Eravamo a letto, sentivo un gran movi- sono e noi tutti siamo cresciuti. ancora della comune simpatia, hanno a mento, un andare al bagno di tanti, un Di esse si delineano in fretta, ma non disposizione questa tribuna aperta per chiacchierio per il dormitorio: i più fur- superficialmente, alcuni tratti caratterochiarire, correggere e... recuperare il tembi si erano alzati; me ne pento ancora, ri- logici e si colgono certi aspetti salienti po perduto unitamente alle occasioni masi a letto. Io, che mi ritenevo titolare della personalità. Non si vuol fare mancate. della specola sul cielo! opera di immeritata esaltazione né di E' un invito a parlare, dunque. Chi Sono rimasti indelebili quegli anni: gratuita denigrazione: quelle persone, a non ha parlato oggi, può parlare domani. la vita trascorreva dalle aule scolastiche distanza di 50 anni, attraverso il filtro Nessuno intende chiudere la bocca a nesalla Cappella, c'erano in mezzo la came- del tempo, così vengono ricordate nel besuno: qualunque cosa intende dire! Io, rata ed il dormitorio, ma anche il giar- ne (molto) e nel male (poco). I conseper esempio, scrivendo queste cose, fordino, con il gioco delle pesanti bocce di guenti giudizi vanno, quindi, presi soltanse dico delle corbellerie: ma le dico con bosso violaceo, che rimbalzavano come to come espressione confidenziale di boonestà di pensiero: e se qualcuno - o tanfossero elastiche, e più in giù, in terreno nomia non crisaiola: per questo si riferiti r mi contesteranno, faranno bene perproibito, i campi di broccoli o di altra scono alcuni episodi o detti memorabili, ché l'associazione, se ha finalità costrutverdura, sotto i grandi ombrelli dei pi- avvolti per lo più in un misto di comicità tive, deve dare spazio a tutti nella ricerca ni dai tronchi scheggiati. D'inverno era- 0 di severità. . di forme o metodi di aggregazione semLe rievocazioni non hanno, quindi, no freddi gli ambienti, non riscaldati per più umani e amichevoli. alcun fine denigratorio anche se possono che dal sole. Si imparava a non temere Tutti siamo alla ricerca della verità; talora apparire irriverenti: i morti perdopiù nulla, fino ad arrivare, per scommesin continua ricerca. E più ad essa ci avvineranno e comprenderanno: nessuno dei sa, nel dopocena a prendere un pezzo ciniamo, più ci accorgiamo che ci sfugge vivi se la prenda né si offenda se qualche d 'ella cassa del Barbarigo che si trovava di mano; ma non dobbiamo mai desistere rievocazione lo riguarda da vicino o coinin fondo alla cantoria della chiesa di S. del ricercarla anche perché la verità non volge persone a lui particolarmente care. Bartolomeo, o a correre in cima a Monla si possiede appieno se non attraverso Le cose qui scritte sono atto di amote Jugo per vedere gli aerei dell'aero il vaglio dell'errore. re non solo per le persone ma anche per porto più vicino. Noi siamo tutti amici e tali ci sentia1 luoghi, gli ambienti e in genere tutto Augusto Galeotti mo: anzi, siamo qualcosa di più: fratelli, quel piccolo mondo che ruota intorno al perché, educati sotto lo stesso tetto, abBarbarigo: le camerate, i dormitori, S. biamo insieme compiuto la prima tappa Bartolomeo, il salone, la biblioteca, le della nostra esistenza che ci ha segnati, in aule scolastiche, l'orto, il giardino. qualche modo, in conformità o in difforIl fine che mi son proposto è di riemità, per la vita. Anche tra fratelli esistovocar, per i miei coetanei, certe persone no divergenze e diversità: ma poi tutti ci e taluni fatti; di dare una informazione ai si riconosce in alcuni valori comuni e... la più giovani e ai giovanissimi; di offrire a vita continua in simpatia. Cosi come son tutti una testimonianza festosa dalla qua certo che continuerà la nostra; perché io le si evinca quel comune atteggiamento nell'amicizia ci credo, fermamente! di gratitudine verso il Barbarigo che ci fa Francesco Ranucci ricordare e superare gli episodi meno gratificanti e ci consente di esaltare i moSTORICHE menti lieti della nostra crescita umana, M E M O R I E culturale, morale. BRESCIANI Atto di amore, dunque, che intende Il Prof. Bresciani il latino lo sapeva coinvolgere tutti quanti nutriamo i mebene, eccome! Non sono io a dirlo! Pardesimi sentimenti e vuol essere anche voce di quanti non riescono ad esprimere lano le sue composizioni poetiche raccolte in un volumetto di cui, chi volesse, in iscritto, per pudore o per pigrizia può chiedere una riproduzione anastaquel che dentro gli bolle. tica. E' la prima volta che proviamo coralAveva una cosa sola storta: il nome: mente a farci uscire, dal cuore e dal cervello, idee e sentimenti dimostrando ge- Acaste, che ancora non so come gli sia nerosa partecipazione e piacevole nel piovuto addosso e come lui se lo soppormettere per iscritto quel che pensiamo e tasse. Ma non è questo il luogo per fare quel che ricordiamo in sincerità, senza un discorso su Bresciani latinista; se ne scopi reconditi: per un conforto recipro- riparlerà in altra sede. Bresciani è rimasto nella memoria di co, per stimolo, per confermare e vivifiquanti tra noi ebbero ventura e fortuna care i convincimenti. Un plauso va a quanti hanno preso la di conoscerlo, come "uomo d'ordine". penna in mano per esprimere consenso Egli, cioè, esigeva dagli alunni ordine nelo dissenso; un plauso maggiore va a chi le idee e nella loro catalogazione; ordine non ha avuto remore nel manifestare nel pensare e nel fare proprio patrimonio Marta: La Torre Il Barbarigo 9 delle cose studiate (ad esempio: la strategia oroidrografica dell'Asia che disegnò lui - insegnante di geografia - è tuttora chiarissima nelle nostre menti perché tutta impostata sull'altopiano centrale del Pamir da cui si dipartivano, verso tutti i punti cardinali, monti e fiumi). E poi ordine nella esposizione; quindi, chiarezza nel riferire le cose capite e precisione nel linguaggio con esemplificazioni charificatrici (ad esempio: la costruzione personale del verbo videor con tutte le sue implicazioni nel trasferire la frase impersonale italiana in quella ribaltata del latino). E infine ordine nello scritto: e quindi pulizia nel quaderno di bella copia; precisione, calligrafia, ecc. fino al punto da pretendere, come nei libri, il perfetto allineamento della scrittura dalla riga esterna sinistra del quaderno fino a quella destra con in più una leggera rientranza ad ogni capoverso: proprio come nei libri, appunto! Aveva il gusto di farci toccare le cose... con le mani. Fu iniziativa sua se, una mattina, ci fecero alzare molto presto per andare alla Rocca a vedere l'eclissi di sole. Lui venne attrezzatissimo: persino con i vetri affumicati per non restare abbagliato dai raggi del sole! E ci spiegò tutto il meccanismo dell'eclissi. Fu in quella circostanza che sentii parlare per la prima volta della Cometa di Halley. Lui ci disse che, quando saremmo stati vecchi, l'avremmo vista in cielo, quella cometa... e fu facile profeta. Peccato che oggi non ci sia più lui a parlarci di astronomia: sarebbe stato più chiaro di uno scienziato! Uomo d'ordine, si, ma anche maestro incomparabile nel rendere facili le cose anche un pò difficili, nel far ripetere a voce e per iscritto le regole fintantoché ti entravano in testa (e a qualcuno, per vero, non è che gli entravano tanto facilmente!); far camminare il gruppo tutto insieme frenando i corridori e sollecitando i ritardatari, sviluppando e fortificando la tua memoria e la tua vivacità intellettuale con quotidiane esercitazione sui verbi, tipo: bòtta e risposta; con il mandare a memoria lunghi pezzi di poesie latine (chi non ricorda ancora i versi di Ovidio: Cum subit illius tristissima noctis imago...?); e poi il chiamarci intorno alla cattedra a correggere insieme i compiti, a farci vedere le cose giuste e quelle sbagliate per un reciproco stimolo e il farci notare la finezza del linguaggio latino nella ricerca del termine adatto, nella collocazione delle singole parole nella proposizione, nella costruzione del periodo. E infine quel senso di sicurezza che ti dava il suo parlare lento, misurato, il non arrabbiarsi mai, la pazienza davanti a qualche... sfrondone colossale, il suo camminare avanti e indietro tra porta e finestra con sulle spalle quella mantellina inver'nale e quegli occhiali piccoli e mezzo cadenti a metà naso! Che maestro, ragazzi! E quando lo fecero Monsignore? Che festa! Che pranzo! Ci fu un poeta che ci fece cantare una canzone che diceva: Porti pure il Sor Ministro buoni cibi, vino e paste! Monsignore è Don Acaste Che Aquileia già premiò! E quando il Card. Salotti, fresco di nomina e solenne nella porpora, venne nel salone a ricevere le congratulazioni e gli applausi del popolo Falisco, Bresciani sali sul palcoscenico e recitò una poesia in latino che nessuno capi ma che tutti fragorosamente applaudirono. E' stato l'ultimo grande latinista. O meglio... il penultimo perché Tonino Pelosi ha ancora tempo, giovane com'è, a superare il Maestro! ...mi è immensamente grato ricordare il mio santo Vescovo Mons. Giovanni Rosi, la Diocesi, il Card. M.A. Barbarigo, il Ven. Seminario di cui mi vedesti o Signore Alunno, Insegnante, Rettore Dal testamento spirituale di Mons. T. Leonetti, Arcivescovo diCapua LEONETTI Leonetti, era diverso. Era il Rettore mandato dal vescovo Rosi, come il più gran regalo da lui fatto al Collegio. In apparenza era severo, compassato, serio; incuteva rispetto; anche quando rideva ci aveva un non so chè che ti intimoriva. Ma se poi lo frequentavi, ci vivevi a contatto diretto, entravi un pò più dentro la sua psicologia, ti accorgevi che sotto la crosta della rigidità, aveva una grande umanità, tanta comprensione e tanta disponibilità ad aiutarti. Io l'ho conosciuto da ragazzo e mi era rimasta prevalentemente impressa la severità e una certa durezza nei rapporti. L'ho rincontrato trent'anni dopo, fatto uomo, e ne ho apprezzato e stimato la correttezza, la serietà ma anche il garbo, la signorilità, la prontezza nel capirti, l'ampiezza dei suoi panorami culturali e pastorali, la bontà, la ricchezza interiore, l'impegno e il disinteresse. Un uomo straordinario e un grande Vescovo. Che è rimasto di lui? Tanto : nel cuore e nella intelligenza di quanti lo abbiano avuto Rettore e Professore. Era un educatore nato che ti faceva riflettere, ti studiava e ti stuzzicava per farti uscir fuori quel che dentro avevi di buono; che non si contentava mai di quel che tu davi perché sapeva che potevi far meglio e potevi dare di più. E bastava un suo sguardo, una mezza parola, un sorrisetto a mezza bocca per farti capire dove e perché avevi sbagliato. Ma una cosa mi piace ricordare: lui era Professore di latino e di greco e conosceva bene le due materie. Ma soprattutto le sapeva insegnare. Era chiaro, era preciso : tra cattedra e lavagna con poche parole dette a voce e con poche parole scritte col gesso, ti faceva capire la regola e te la rendeva accessibile. Ricordiamo ancora tutti le sue mani bianche di gesso quando alla lavagna spiegava le contrazioni delle vocali greche: quattro segni, un accento circonflesso, una iota sottoscritta.. e il gioco era fatto. Poi magari facevi il compito e sbagliavi la regola. E giù... un'altra tappa alla lavagna (ma stavolta ci andavi tu!); un'altra sbiancata alle mani (e questa volta erano le tue!) e finalmente avevi capito bene tutto. Era un grande oratore. Quando prendeva la parola sapeva quel che diceva: era chiaro, efficace; il discorso filava via dritto, le argomentazioni erano ampie; il tono sempre suadente; le conclusioni logiche e ineccepibili. Amava i libri e ogni tanto ne portava qualcuno con sé per farcelo vedere e per parlarcene: specialmente quelli della biblioteca. Aveva una gran dote: quella di saper raccontare le cose passate del Collegio, la sua storia, i personaggi, i fatti, gli episodi... La narrazione faceva amare i luoghi e le persone e ti faceva sentire in casa tua. E quanto gli premeva la salute dei ragazzi: le visite del medico, il vitto... perfino quella schifezza dell'olio di fegato che... ce n'era una damigiana! Ma, poi, chi ha detto che non sapeva ridere? Gli ho visto fare una risata storica che tanti abbiamo ancora negli orecchi e negli occhi. Un ragazzo di Valentano cui incombeva l'onere di leggere, durante la cena, dal pulpito, una pagina dei "Crociati di S. Pietro" gli era andato a chiedere se proprio era necessario che lui leggesse una frase... denigratoria riferita a quel suo paese. Il Rettore gli disse che, certamente, quella frase andava letta così come stava nel testo! E quello abboccò! Fatto sta che quella sera, a cena, passeggiante davanti ai tavoli, c'era anche il Rettore e non se ne capiva il motivo. Tutto fu chiaro quando venne letta la frase incriminata ('"paese sudiciotto anziché no!"); una gran risata del Rettore che fece sospendere la lettura; gran risate di tutti i convittori e gran... rabbia di noi compaesani campanilisti recrininanti la scarza furbizia del nostro amico che, leggendo quella frase,... aveva squalificato... a vita il paesello natio! Ma ricordo la tristezza infinita del suo sguardo, e la paternità delle sue parole quando, a notte fatta, ci portò in Cappellina a ringraziare il Signore per un miracolo avvenuto. Era successo questo. In un giorno di primavera il Rettore aveva noleggiato alcune macchine e ci aveva portato a Tarquinia, al mare. Ci fecero festa in casa di Pileri, vedemmo le saline, e poi il mare... l'acqua... tanta, infinita. Dopo pranzo facemmo festa a Mons. Drago, il vescovo di Tarquinia e a sera salimmo tutti nelle macchine per ritornare dal mare al monte. Come sia successo non ricordo bene: ma sembra che ci fu un errore nel girare una manovella dello sportello della macchina. Fatto sta che, all'improvviso, si apri lo sportello e, stretti come erava- 10 II Barbarigo _ era... "un pò anticlericale"! Figùrati: gli autori erano Pochettino e Olmo e l'editore... la SEI! O quando certi venditori di pannina (ovverosia stoffa da far vestiti, per i più giovani meno abituati al vocabolario medioevale) provenienti dalla Francia ed offerenti la loro merce a buon prezzo, si sentirono controbbattere in un forbito francese cisalpino che: "cenq anne fà" (e cioè a dire cinque anni prima) un loro compatriota aveva, con la scusa del buon CAPOZZI prezzo, rifilato una clamorosa... bidonata Il taglio di Capozzi non aveva parago- a lui stesso e ad altri acquirenti fiduciosi e creduloni! ne: non era uomo di cultura; era l'uomo FOCA della vita pratica, dell'Amministrazione Iniziava così, una conversazione di corretta ed efficace. carattere morale che fece epoca a suo Su di lui gravava l'onere di far quatempo: "Ai tempi delle persecuzioni drare il bilancio facendo e rifacendo i (NB. ò e non ó) viveva presso Costanticonti e... i giochi di prestigio: poche adnopoli un certo Foca..." e giù la bella dizioni, nessuna moltiplicazione, qualche narrazione di un episodio di cui era prodivisione e poi sottrazioni, sempre sottratagonista quel certo Foca. E la narraziozioni! Come facesse ad arrivare alla fine ne fu tanto viva e...concreta che il fatto dell'anno con il bilancio in pareggio, era rimase impresso nella mente a differenza un mistero e mistero è rimasto. Era cerdelle migliaia o milioni di parole ascoltatamente uomo particolarmente accorto te che non hanno lasciato alcuna traccia. nell'amministrare le poche risorse e nel E fin qui niente di particolare. Senonchè sapere spendere al meglio ogni piccola somma. Poiché tra vitto, arredo, manu- qualche tempo dopo, un'altra analoga tenzioni, pagamenti vari ecc. le spese non conversazione ricomincia così: "Ai tempi dovevano essere poche. Eppure ci scap- delle persecuzioni (tutti rizzano le orecpava tutto: il necessario, certamente, chie) viveva presso Costantinopoli (tutti sempre: ma spesso anche qualcosa di su- sorridono) un certo Foca"... (e qui si perfluo. Onore al merito: Capozzi era un sprecano le zampate e le gomitate). La conclusione quale fu? che quel bravo economo; era il Ministro, per ecconferenziere fu Foca, lui stesso ; e tutti cellenza. lo chiamarono, vita naturai durante, FoMa quando usciva dal campo della ca e, post mortem, il "poro Foca". sua esperienza professionale ed invadeva Che poi, Foca non era per niente! i campi della cultura e della scienza... Che anzi era aquila culturalmente e doterano guai seri! trinalmente: maestro di filosofia e di teoQui inciampava spesso e mostrava lilogia, fornito di dottrina vastissima, lucimiti e lacune comprensibili e giustificati. dissimo nella esposizione. Uomo sempliAlcuni episodi rendono accettabile e simce e retto, un pò solitario, scarsamente patica la sua figura. affabile ma persona umanissima: solo ... Come professore di aritmetica e di terribilmente monotono nella esposiziogeometria, il suo insegnamento mostrava poche lacune anche perchè più intima ne e difficile da capire perché, profondo era la connessione delle due materie con nei concetti, riusciva con difficoltà a de la sua attività professionale (chi tra i vec- gradare in una terminologia adatta ai giochi non ricorda ancora quel certo suo... vani... i Concetti, tanto che il sabato sera, brevetto nel tracciare alla lavagna il cer- all'ora della conferenza, verso le 19, ai chio arrotolando lo spago sul gesso e fer- più, le orecchie si chiudevano, le palpemando col dito lo spago stesso al centro? bre si abbassavano e rimase famosa una Sempre cerchi perfetti: altro che col capocciata sul banco di un mezzo-dorcompasso... che costava soldi!) ma come miente. Ma ...gli episodi volano, mentre professore di Storia... "Fuori i francesi- le idee formative restano. E il povero Fosti" - disse una volta rivolgendosi ai ra- ca di idee ne trasmetteva tante...! E' rimasto un dubbio però che, adigazzi del terzo ginnasio e richiedondone stanza di quasi 50 anni, non è stato ancoaiuto per la corretta pronunzia del nome ra risolto : ma perchè uno si prende a model grande Rousseau. Nell'incertezza di dello di santità e di vita S. Giuseppe quei francesisti che iniziavano allora lo studio della lingua (tra Rosso, Russù, Benedetto Labre quando ci sono... tanti Rossù) venne risolto il dilemma con Sa- santi cui non dispiaceva usare il fazzolet to'.?! Mistero! (Picotti, tu che vivesti da lomonica decisione: e fu Russé! Che dire poi quando si trattò di dare presso quella esperienza, ne hai scoperto una giustificazione, morale e storica con- i risvolti psicologici?!!). CHIERICHETTI temporaneamente, che spiegasse la fuga da Roma di Pio IX nel '49 verso Gaeta? Il suo nome rievoca un'epoca! Era il Fece bene, fece male il Papa a fuggire? E primo Rettore e faceva impressione: tanperché, e per come e per quando!?! La to era ascetico, melanconicamente triste verità non rimase accertata perché l'autosempre gravato da grossi pensieri e, da re del libro di testo - diceva Capozzi - mo, quello che stava li vicino precipitò fuori, cosi... come una freccia. Gli strilli, gli urli, lo spavento ve lo lascio immaginare. Macchina fermata in pochi metri... e che ti vediamo?! Anziché un cadavere sulla strada imbrecciata, Cesarino Tacconi (lui, l'eroe dell'avventura) che correva a tutta forza verso la macchina per paura... che lo lasciassimo per strada! Manco un graffio, neppure una scalfittura! Fu o non fu un miracolo?! Chissà. Certo che Barbarigo quella sera ci protesse bene! Leonetti con Paolo VI buon milanese, poco pronto a recepire la vivacità del linguaggio falisco. Rimaneva spesso trasecolato davanti ad una parola, ad una espressione: era senza umorismo! Ma era un brav'uomo; onesto, corretto; salvo quando prendeva... le cantonate che allora diventava cemento armato e non lo smuovevano neppure le cannonate. Le sue intenzioni erano sempre buone, voleva , fare, cercava di rendersi utile ma... con scarsa attitudine alla socialità. Era abitudinario in tutto. Era per la conservazione: dello stile, delle idee, dei comportamenti, ligio all'orario tanto che ... se il povero Santino o Angelo Maria (campanaro con l'orologio!) fallivano anche di un minuto il suono della campanella, correva lui, cronometro in mano!, alla supplenza. Però, incuteva rispetto e ammirazione: tutti ne conoscevano i limiti ma il rispetto lo meritava; per la sua dedizione, per la buona fede, per l'ingenuità. Si sapeva che oltreché Rettore era anche Vicario: la mattina la dedicava alla Curia; il pomeriggio, al Collegio. E poi studiava; studiava sempre su certi grossi testi scritti in latino provenienti dalla Biblioteca. Pochi conoscevano la penombra del suo camerino di studio. Era meraviglioso lo spettacolo che si godeva dalla sua finestra affacciata sul piano di Viterbo e sull'orto del Collegio. Per capirne la personalità viene opportuno un episodio. L'ortolano - il povero Meco - aveva seminato nell'orto poco orzo che tentò di mietere in una prima mattinata di Domenica. Mal gliene incolse però, perché il Rettore che alla finestra stava radendosi la barba ed aveva la faccia tuttora insaponata, appena si accorse che Meco lavorava nell'ordo del Collegio in di festivo, gli piombò improvvisamente addosso in mezzo all'orzo con una guancia ancora insaponata ed il rasoio in mano urlante e minacciante non si sa se l'ira divina per la trasgressione del precetto festivo o... il taglio della gola per la sfida al Padreterno nella sua stessa casa. Meco, armato di falcetto, si arroccò a difesa della sua integrità fisica, pronto a vender cara la pelle. Ma i due contendenti ebbero un attimo di indecisione e di ripensamento e Meco, sentite le argomentazioni, mogio-mogio, abbandonò sconfitto il campo di battaglia mentre il Rettore, fattosi eroe nella difesa dei diritti divini, ritornò glorioso al suo camerino a rifarsi l'insaponatura dopo tanto ardua battaglia... vinta in- Il Barbarigo 11 cruentemente! Ma il povero Meco ebbe, poco dopo, la sua brava rivincita quando, accusato di aver tagliato in un certo campo, senza la dovuta autorizzazione, una grossa pianta di quercia, si difese male in un primo momento argomentando su motivazioni agronomiche (l'ombra della quercia grossa come quella del Pascoli! - riduceva il raccolto), ma ebbe partita vinta quando argomentò su motivazioni filologiche (ma bada!) e disse che quella non era una quercia ma una cerqua! Davanti ad un argomento tanto evidente si ebbe anche le scuse: "oh! ma se era una cerqua"... E chissà se Giovanni Pileri ricorda quel crampo che gli prese mentre giocavamo a pallone nel cortile. Poverino, lui rimase a terra trafitto dal dolore e al Rettore prontamente accorso dichiarò, tra le lacrime, di essere vittima di un "granchio". Il Rettore non capi la parola e cosa essa significava; incurante dell'altrui dolore, lasciò il paziente... moribondo, corse nel suo studio e ne ridiscese un quarto d'ora dopo trionfante per la lezione di lingua che stava per impartire: non si trattava - orrore! - di un "granchio" ma di un "crampo": errore imperdonabile ma previsto nel manuale del pronto soccorso con la relativa cura. E fortuna che a Giovannino in quel quarto d'ora il dolore era passato ed aveva ripreso a giocare. Sennò, per una finezza filologica, se ne poteva andare al Creatore! Il fatto strano era però un altro : lui che proveniva dal Nord, dai paesi freddi, soffriva maledettamente il freddo. Oddio, non è che a Montefiascone il freddo non si facesse sentire... ma lui esagerava! La mantellina sulle spalle, i mezziguanti e, come se non bastasse, i geloni alle orecchie (vedi l'episodio narrato da Cruciani). In fatto di intelligenza del linguaggio falisco fu clamoroso questo episodio. Andò a confessarsi da lui un contadino il quale, a domanda, dichiarò che l'ultima volta si era confessato: "p'istate" e cioè l'estate precedente. Chierichetti non avverti la finezza di quell'apostrofo e interpretò quella dichiarazione come voce del verbo pistare; donde il comico chiarimento! Ma il fatto più sintomatico avvenne una domenica pomeriggio. A noi piaceva tanto allora (piace ancor oggi che siamo vecchi) il gioco del calcio e, visto che da pochi anni la radio trasmetteva un pezzo di partita(Carosio si era inventato da poco quella trasmissione) che ci elettrizzava ed aveva qualcosa di misterioso per via della fantasia che correva e... della difficoltà di ricezione causata da continue scariche, affievolimento di voce ecc. chiedemmo al Rettore che ci consentisse l'ascolto. Vista l'unanimità della richiesta, la grazia fu accordata. Mal ce ne incolse, però, perchè mentre eravamo tutti ammucchiati addosso alla radio nel salone, arrivò il Vescovo, fulmine a ciel sereno! che... mannaggia!... non capi l'ingenuità e l'allegria della nostra ...evasione. Il Rettore rimase come un can frustato e noi, pecorelle bastonate,, indossammo il mantello per la consueta passeggiata... recriminando... fi peccatuccio. Forse non ha lasciato grossa eredità di affetti e di pensieri... ma si, una eredità l'ha lasciata: quella di un'anima candita e innocente che può far tutto nella buona fede e cui tutto si perdona, appunto... per le buone intenzioni. LA COMETA DI HALLEY Alcuni ex-alunni assomigliano alla Cometa famosa. Appaiono e si eclissano. E poi dice... l'astronomia!... o l'astrologia!?! IL VICE RETTORE Di Vice-Rettori ne ho conosciuti tre. Uno: il primo, non l'ho conosciuto, in verità, nell'esercizio delle sue funzioni: era uscito dal Collegio l'anno in cui entravo. Si chiamava (e si chiama tuttora) Don Angelo Ercolani, di cui tutti allora, lamentavano e rimpiangevano l'assenza e cui auguravano pronto recupero di salute e lunga vita. Ne lodavano la bontà, la disponibilità, la schiettezza e la cordialità. Quando poi, fatto grande, io pure l'ho conosciuto, ho capito ed ho visto che quegli elogi erano meritati perché corrispondenti a verità; che, anzi, erano inferiori al merito. Perché Don Angelo era quello che dicevano; ma era anche molto di più: paziente, intelligente, colto, ilare, e soprattutto uomo di Dio, vero grande Sacerdote: uomo al quale ti puoi confidare sicuro che avrà sempre per te una parola di conforto, di stimolo di accettazione gioiosa della volontà di Dio qualunque essa sia, anche quando quell'accettazione costa fatica, rinuncia e sacrificio. Don Angelo, però, è talmente schivo che... chissà forse prenderà cappello e perderà la sua imperturbabile pazienza nel sentirsi così pubblicamente santificato in vita. Non me ne voglia, caro Don Angelo: anzi, gioisca e ringrazi il Signore che le ha dato tante virtù. Noi ci specchiamo in lei e un pizzico del bene e del buono che si sentiamo dentro, è merito suo e lo dobbiamo a lei. Viva ancora a lungo, caro Don Angelo; noi dobbiamo prendere esempio da Lei anche in fatto di longevità e... perenne giovinezza. Degli altri due, uno era Lombardo; l'altro Ciociaro. Il primo è scomparso senza laséiar traccia di se fisicamente né geograficamente: come traccia, analogamente, non ha lasciato nella nostra storia e nella nostra cultura. L'altro... qualche traccia l'ha lasciata insieme anche a qualche perplessità. In fondo era persona simpatica, plessità. In fondo er^a persona simpatica, giovane e giovanile, con i pregi e i difetti della gioventù. E' rimasto clamoroso il rifiuto opposto a Don Bernardino, parroco di Valentano, cui prestava aiuto la Domenica, che lo sollecitava ad alzarsi presto la mattina di Pasqua per attendere alle confessioni: lui aveva sonno e si sarebbe alzato "quanto è giorno"! - Ma bada!. Sapeva il francese e lo parlava bene per pregresse sue esperienze in terra di Francia. Così finalmente c'era chi poteva insegnar bene la pronuncia a... Chierichetti che... la grammatica la sapeva tutta ma... Dio ne guardi, scampi e liberi dalla pronuncia!... non aveva mai sentito neppur parlare ...un francese. E Chierichetti ne gioiva... perchè finalmente era arrivato che gli svelava il segreto della pronuncia dei suoni nasali che, da quanto si leggeva sulla grammatica, "non erano molto chiari". Come poi facesse il Vice a gustare le già insulse minestre (che Suor Nena e Suor Martina cucinavano con molto amore ma con ... pochi condimenti) allungandole con mezzo bicchiere di vino, è un altro mistero. Il tentativo di gustare ... analogo sapore proibito effettuato da noi ragazzi si concluse con una duplice negativa esperienza: il disgusto per la vivanda così condita (che toccò mangiare tutta ... comunque) e l'ironico sorriso del povero Santino, il cameriere, che sentenziò: "ma perché perdete tempo con quello..."! Montefiascone: Cattedrale - La Cripta GOVERNATORI O DELLA LOGICA Don Fernando è ancor vivo e vegeto: prontamente e felicemente rimesso a nuovo dopo il grave disturbo che lo ha colpito qualche mese fà: tanti rinnovati auguri - a proposito - e tanti vivi complimenti. Don Fernando lo identifichiamo con l'analisi logica, o meglio con la logica, tout-court. E ne è chiaro il motivo. Prima di tutto la pazienza che aveva nello spiegare soggetti, predicati, complementi ecc. : era veramente una guerra impari al limite della resistenza; c'erano tra noi tante ...capetoste! Chi veniva dal lago, chi dai colli, chi dal mare! Culture e civiltà diverse: più chiuse ma più riflessive quelle di noi che venivamo dalla Val il Lago, più aperte ma più dispersive quelle dei maremmani, (mi scuso del giudizio, temerario..). Tra noi ragazzi, nel colloquio e nel gioco, ci intendevano presto e bene. Ma, l'analisi logica..! per alcuni era più facile digerire il baccalà del venerdì. E Don Fernando, buono, tranquillo a dire, a spiegare a far ripetere..; ma la 12 II Barbarigo _ colpa era forse di carattere filologico. E non esagero! Mi spiego con un esempio. Che il complemento oggetto rispondesse alla domanda "che cosa?" non era alla portata di tutti. E fu evidente l'equivoco filologico quando un collega riuscì a collegare il classicheggiante "che cosa" con il plebeamente volgare "ichè?" E allora fu tutto chiaro. Il complemento oggetto non rispondeva a "che cosa?" ma a "ichè?". Caro Don Fernando, ma ci voleva tanto a capirlo?! Il concetto della logica però è rimasto; ben assimilato e ben digerito; intellettualmente perfetto e chiaro. Non ancora completo, certo, nella sua interezza culturale (la lacuna l'avrebbe poi colmata Venturini con la Logica Minor e quella Maior) ma ben individuato e presente nella coscienza. Quanti oggi godiamo e ci vantiamo di essere logici... dovremmo fare un monumento a Don Fernando e glielo facciamo: nel cuore, di gratitudine! P. BARTOLOMEO Io, di frati cappuccini, non ne avevo mai visti: sapevo solo che avevano la barba lunga. A Montefiascone, a un tiro di schioppo dal Barbarigo, c'era un loro Convento e qualche volta eravamo andati a visitarne la chiesa. Il Guardiano era P. Bartolomeo; alto, magro come un chiodo, barba lunghissima, incedere ieratico, sempre serio: mai il sorriso sulle labbra! Sembrava in continuo perenne colloquio con il Padreterno. Veniva in Collegio come confessore straordinario: se andavi da lui, ne rimanevi affascinato per come parlava, come ti consigliava...! Ma la sua figura, ad un certo punto, perse i contorni fisici ordinari e si idealizzò in un misto... schizofrenico di sogno e di realtà. Non per colpa sua, certamente! Ma per un mio invincibile bisogno di concretizzare'e di paragonare certe figure. E mi spiego. In terzo ginnasio si leggevano a scuola (io, li divorai, in pochi giorni) I Promessi Sposi: e Padre Cristo foro era un grande eroe del romanzo: forte, logico, serio, gran cappuccino... lui pure non rideva mai; prendeva di petto tutti i cattivi, si faceva carico di tutte le sofferenze altrui; un eroe appunto. Ed inoltre era alto, magro, con la barba lunga! Insomma l'identificazione: P. Cristoforo = P. Bartolomeo fu presto fatta. Pe rò c'era un qualcosa che non quadrava. Padre Cristoforo era stato prima Ludovico; omicida, poi pentito, riparatore per tutta la vita .del peccato giovanile. Ma P Bartolomeo non è che era stato pure lui, in gioventù, un omicida? Questo il prò blema! Povero P. Bartolomeo, se lo avesse saputo, quale brutto sospetto gravava su di lui, si sarebbe offeso... e a ragione!! Era un sant'uomo e per essere tali non è mica necessario aver ammazzato prima qualcuno...! Ma perché - mi domando però, ancora - ma perché non rideva mai!?! SADA Dove il Vescovo Rosi l'avesse pescato, nessuno lo sapeva: era strano, come strano era il cognome: Sada! e poi Carlo! Come ti sbagli: era milanese! Aveva voce rauca, nobilitata dalla r moscia (pensa tu: era la prima volta che sentivo con le mie medesime orecchie l'erre moscia!): era alto, stempiato, pochi capelli tirati all'indietro e un bel paio d'occhiali d'oro sul naso. Completava la figura una fascia nera attorno alla vita, alta, con un pezzo che scendeva lateralmente lungo la coscia. Sopportava bene il freddo ma il vento gli faceva perdere la pazienza e saltare i nervi. Esercitava la sua missione a Zepponami ma la mattina veniva da noi a insegnarci latino... Era tirato un gelido vento di tramontana, per tutta la notte: impetuoso e incessante. Lui non aveva chiuso occhio e la mattina, ancora tutto frastornato, ci confidò, con tutta serietà, che se la notte seguente il vento non fosse cessato, lui, l'indomani, avrebbe preso il treno e, lasciata baracca (la casa di Zepponami) e burattini (noi, suoi alunni), se ne sarebbe tornato al nord. Ma perché Sada? Ecco: c'è un particolare. Aveva scritto e pubblicato un libro: a Milano (sempre il gran Milan!). Si intotolava: Cesare. Io lo comprai: era un librone grosso così, con certa carta spessa che si faceva fatica a voltar pagina. Faceva impressione l'immagine della copertina: la faccia di Giulio Cesare squadrata e tagliata come sulla roccia! Faceva anche impressione e ci inorgogliva il fatto che un nostro Professore avesse scritto Montefiascone: Interno della Cattedrale un ... librone. Giulio Cesare, poi, in epoca fascista, era un mito... premonitore: e lui... aveva azzeccato... il titolo (al tro che quel seicentesco poeta che cantò l'Italia liberata dai Goti e non fece fortuna, tanto che ne pianse amaramente: '...maledetta sia l'ora e il giorno quando presi la penna e non cantai l'Orlando!"). E faceva onore al Collegio perché di gente che scrivesse libri in quell'epoca ce n'erano pochi. Io lo lessi quel libro in pochi giorni e lo conservo ancora... mezzo squinternato e mi fece impressione il fatto che... i fatti erano... sopraffatti da un mare di parole, la narrazione non era... fatta da uno storico ma da... un mezzo poeta. Non mi meravigliava che lui esaltasse il Duce (era fascista!): allora lo facevano tutti come un atto doveroso : ma che lo facesse un Prete... mi sembrava strano. E poi... figurati, che accoglienza ebbe il libro da parte dei nostri professo- ri: gente che di Giulio Cesare... conosceva pure i peli.... : quelli i commentari della guerra gallica e della guerra civile poco ci mancava che li sapessero a memoria e il pressappochismo e la superficialità storica li faceva sorridere. Sogghignavano, prudentemente però, sulla'impostazione politica: capirai i Professori... eran tutti "Popolari"! e figurati come sopportavano il Fascista piovuto dal Nord! Tant'è che l'anno appresso il Sada scomparve dalla circolazione. A proposito di Popolari, si raccontava che il Vescovo Rosi, in occasione delle prime elezioni a lista unica, non andò a votare ma ci mandò Chierichetti con il dovere di scrivere sulla scheda "Partito Popolare Italiano": e Chierichetti nobilmente e imperterrito sfidò l'ira del seggio elettorale e votò P.P.I. Rispettato dagli avversari, per verità: ma schedato - lui e il suo principale - pecora nera, del Regime. Delle conversazioni che si facevano a tavola dei Professori, niente si sapeva. Sada ne aprì uno spiraglio, una volta. L'argomento in discussione era questo: Giacomo Leopardi se anziché gobbo e infelice fosse stato bello e pieno di salute, sarebbe stato l'identico grande poeta? Pare che ci sia stata una animata discussione. C'era chi sosteneva la tesi che sì: sarebbe stato poeta ancor più grande; altri invece dicevano che no: bello, giovane, coi quattrini del Conte Leopardi in tasca... se ne sarebbe fregato della poesia e dei versi, che anzi si sarebbe goduta la vita! Vedi che razza di discussioni! E come ci teneva il Sada acchè lui, Carlo, fosse da noi considerato... quasi sullo stesso livello di quell'altro Carlo milanese, il Borromeo! Tant'è che cascò male un altro Carlo... quando, recitando il paradigma del verbo crepo, disse imperterrito: crepo, crepas, crepavi, crepatum, crepare\ suscitando le sue ire e le rampogne con la dichiarazione, seduta stante, ...di indegnità a portar quel nome! Però era milanese: tutto-, da capo a piedi. E si sentiva tale! Raccontò che, a Milano, c'era una ditta o società o che altro fosse, la quale aveva tanti, ma tanti impiegati; ... e consumavano Dio solo sa quanto inchiostro! Per ridurre le spese fu dato ordine agli impiegati di non mettere con l'inchiostro il puntino su tutte le "i". I risultati furono sorprendenti. Alla fine dell'anno avevano risparmiato una (o più?) damigiane d'inchiostro! Hai capito, il milanese?! Montefiascone: Panorama Il Barbarigo 13 CAZZOTTI, PIZZICHI CAREZZE E LA CATENA Ci son tante catene, nel mondo, che vengono tutte citate nei dizionari enciclopedici: da quella della schiavitù... a quella di S. Antonio. Ma nessun dizionazio parla della catena del Barbarigo. La quale, per i più giovani ignari e per i più anziani immemori, aveva un fine: costringerti a parlar bene la lingua italiana superando le forme dialettali; aveva un mezzo: importi il silenzio per un periodo più o meno lungo, pensando all'errore commesso; aveva uno strumento: la ricerca di un altro ragazzo che commettesse errori di lingua, per passare a lui il testimone del silenzio. Come strumento era certamente, nel suo piccolo, spiritoso, molto stimolante e anche efficace. Aveva però un grosso difetto, diciamo cosi, psicologico: ti rendeva indagatore, spia, traditore (boh!) degli amici. Ti costringeva ad avvicinarti sornione a chi parlava o giocava tranquillo, spensierato; e tu eri li a coglierlo in fallo, a punirlo, a umiliarlo. "Catena" era il grido fatidico di vittoria! Grido inappellabile che a te restituiva il diritto di parola e rendeva muto e senza possibilità di replica... l'errante. Il comico era quanto tu giocando e non potendo parlare dovevi esprimerti con gesti (che non erano proibiti) ma tutti ti guardavano con fare sospetto, ti sfuggivano e ti indicavno a dito perché tu eri il "catenaro"! LA BOCCETTA Sugli stessi dizionari si parla anche del termine boccetta: ci son tante bocce e altrettante boccette. Ma della boccetta del Barbarigo nessuno parla. Eppure... cara, amabile, indimenticabile boccetta! Era un piccolo recipiente di vetro, a forma arrotondata e panciuta, con una corta bocca in alto; conteneva la piccola porzione di vino che le rigide norme dietetiche ci consentivano di consumare. Un quarto di vino per ogni pasto: vinello leggero, a b b o c c a t e l i , piacevole. E tu ci facevi l'amore! Te lo gustavi goccetto per goccetto tanto era poco (e poi magari il Ministro lo allungava pure con l'acqua... per renderlo assolutamente inadatto a produrre cirrosi epatica). Però, però... ogni tanto c'era chi ti vietava di berlo, quel pò di vino e ti avvelenava il pasto. Non c'era punizione più amareggiante che sentirsi apostrofare: "Boccetta" o "Mezza boccetta"! E voleva dire che tu nel pasto successivo il vino o non lo bevevi per niente o solo mezza dose. E qui sorgeva un grosso dubbio geometrico: qual era il centro esatto della boccetta per delimitare la quantità bevibile e quella intoccabile? C'era chi ne dava una interpretazione restrittiva e allora il livello stava abbondantemente sopra... l'equatore: chi invece ne dava un'interpretazione amplificata si avvicinava pericolosamente al Polo Sud e... qualche volta erano guai. Bisognava ricominciar da capo la navigazione e allora... sta tranquillo che restavi abbontantemente sopra l'equatore! A proposito: dove sono andate a finire tutte quelle boccette? Che c'è un'anima buona che me ne regala una!? Oltretutto mi verrebbe comoda, adesso che, fatto quasi vecchio, ho bisogno di un misurino enologico col quale io possa discutere non tanto il prezzo... bensì la quantità! IL FREDDO Chi non ha sentito fischiar la tramontana davanti alla Basilica di S. Margherita, nelle giornate limpide e serene col cielo luminoso, non sa cosa vuol dire il freddo. Quelle poche decine di metri per attraversare la piazza erano micidiali: la tramontana ti feriva il viso e ti spaccava le labbra. E quando poi, finalmente, entravi in S. Margherita, ti sentivi ristorato dal calduccio che ci trovavi...! Non è però che il freddo c'era solo in Piazza della Cattedrale! Nelle camerate e nei dormitori del Collegio, il freddo ti starnazzava. Eravamo tutti infreddoliti e qualche volta anche intirizziti. Coperti bene, con le maglie, con le tonache, con i guanti, con i mantelli... ma il freddo era tanto. Nè bastava quel "focone" che nelle giornate particolarmente fredde, Santino portava sù dalla cucina e sistemava in mezzp alla Camerata. L'ambiente non si riscaldava: però quel piccolo fuoco faceva tanta compagnia! Poi veniva maggio... l'estate! Scompariva il freddo e sparivano i geloni. Il clima fresco dei mesi estivi, l'ombra degli alberi sulla Rocca, i tigli fioriti e profumati con le api che gli ronzavano attorno (Don Sante diceva che le più affamate erano quella di Martella!) facevano dimenticare la tristezza invernale. Però, cosa strana! quel freddo nessuno lo protestava: una mezza parola per recriminare l'inclemente stagione si, ma tutto finiva li. Una corsetta nel cortile, una partita a "Bandiera" e ti cresceva dentro non il calore ma il fuoco. Beata gioventù! IL LAGO C'era il lago, il lago di Bolsena, proprio sotto il Collegio. Ma chi ci faceva caso!? Era tanto naturale e familiare quello spettacolo che passava inosservato. Eppure dal P.zzale di Borgheriglia si ammirava, e si ammira tuttora, uno dei panorami più belli d'Italia: il lago ora azzurro, ora pumbleo, ora liscio, ora biancheggiante per le onde schiumose; le isole, la Bisentina e la Mariana che si specchiavano nelle acque, messe là in mezzo quasi come elemento coreografico ad interrompere la monotonia delle acque; i paesi ada*giati sui colli Volsini: Marta, Capodimonte, Valentano, Gradoli, Grotte, S. Lorenzo, Bolsena e qualche volta, nelle giornate limpide, altri paesi ancor più lontani quando lo spettacolo si apriva fino al mare e qualcuno tentava di scoprir Tarquinia e Montalto. E poi, i Monti: a destra l'Amiata grandioso quasi un monumento, i Monti di Castellazzara (dove dicono che S. Pietro abbia votato tutto il sacco delle pietre... tanti sono lì i sassi) la vetta del Cetona aguzza come un triangolo acutangolo (ti ricordi?!) la rocca di Radicofani; e a sinistra il Cimino sempre fronzuto le cui acque con un antico acquedotto arrivano fino alla Rocca e poi la Pallanzana rocciosa e il Monte S. Valentino. C'erano anche le pianure: quella di Viterbo, quella della Maremma; tutto piano... giù a perdita d'occhio fino al mare. Sulla piana di Viterbo c'era la nebbia, tutte le mattine, immancabilmente; che partiva dalla Valle del Tevere e si perdeva verso la Maremma: a mezza mattinatala nebbia però spariva, dissolta dal sole, e allora si delineava anche sulla piana di Viterbo uno spettacolo di immagini e di colori incomparabile (ma chi fu quel fantasioso progettista che collocò l'aeroporto di Viterbo in mezzo alla nebbia?!) A proposito del lago, un episodio non può essere dimenticato. Che è questo. Si premette che, quando tu esci dal cancello di ferro di S. Bartolomeo e guardi a sinistra, c'è l'arco di Borgheriglia, il piazzale davanti e il lago subito lì sotto. Il panorama, che la piccola apertura dell'arco ti consenti di intravedere, è molto ristretto e, non essendoci ai lati punti chiari di riferimento, ti sembra che il lago sia proprio lì, sotto il piazzale. Tant'è che il padre di un collegiale, illuso di avere il lago proprio a portata di mano, cercava disperatamente un sasso nelle vicinanze per... lanciarlo nell'acqua. E figurati come ci rimase male quando, preso dall'entusiasmo per l'esperienza che non voleva negarsi, oltrepassato l'arco con il sasso in mano, pronto al lancio, si accorse che c'erano... di mezzo i chilometri della valle! 1 CANONICI I canonici della Cattedrale erano monumenti viventi. Vestiti di Cappa, sempre seri, sfilavano dalla Sacrestia al Coro in doppia fila guardati e ammirati dai "villani falisci" che partivano dalle varie frazioni del Comune per assistere alla Messa delle 11 e per ammirar anche lo spettacolo dei canonici sfilanti e salmod i a c i . Già, perché la recita del Breviario che canonici e cappellani facevano in comune, alternandosi lentamente e monotonamente tra gli stalli di destra e di sinistra del coro, faceva impressione: nessuno ne capiva niente ma quel salmodiare conciliava devozione e atmosfera mistica (a qualcuno... il sonno!) anche perché un folto gruppo di Maestre Pie, tutte vestite di nero... ma proprio nero, ascoltava silenzioso il lento e nonotono canto latino e sembrava che capisse tutto. I canonici erano brava gente: Montefiasconesi, per lo più: tutti d'un pezzo. C'era il Decano, Don Latino, il fratello del Card. Salotti, che alla Messa cantata teneva l'omelia: le sue parole lente e ben pronunciate a voce alta (a quei tempi - 14 II Barbarigo _ senza altoparlanti - il predicatore doveva avere buoni polmoni) piovevano dall'alto del pulpito come una cascata benefica di acqua purificatrice. C'era l'Arciprete che aveva il primo posto, vicino al trono del Vescovo; c'era il Sacrista e via via gli altri. Il più solenne, il più austero era il Can. Giubilei che era stato anche Rettore e sul cui cognome, malignamente corretto e scherzosamente pronunciato (all'epoca del fascismo era abolito il lei e si usava il voi!), sogghignavano i più audaci: non Giubilei, ma Giubivoi! C'era Don Elpidio che ti sfoderava una voce baritonale piena e corposa che rimbombava sulla cupola e si diffondeva armonica nelle orecchie e nei cuori; c'era Don Armando, alto e solenne, che cantava in coro un "Alleluia" squillante e ... sempre quello! e portava sul petto certi nastrini... C'era Don Amilcare vecchio, non vedente, stabaccante, e Don Gioacchino, scrittore di prediche che il volgo provocatore chiamava "Don Sorca" per via... di certe strane somiglianze facciali. Poi c'erano i Cappellani che brillavano per la costante presenza, ma un pò meno per la severità e l'austerità: Presciuttini (di cui si riferiva la storica frase: "Sono martire, non confessore"; pare, infatti, che il Vescovo gli avesse tolto la facoltà di confessare e... lo perseguitasse); Del Zampa (cui non dispiaceva un bicchiere in più, di quello buono, tanto che ne ebbe qualche rimprovero dal Vescovo: ma lui si difendeva dicendo: "Gli vanno a dire quanto bevo... ma non gli dicono quanto ho sete"!). Caro, indimenticabile Don Sante, affabile, spontaneo, sempre allegro, disponibile con tutti, fornito di un certo genio e di una verve creatrice forse disordinata ma certamente comica: chissà che se ben coltivato non avrebbe potuto realizzarsi come un nuovo Abate Casti non già cantando "animali parlanti" ma "uomini maldicenti". Come versificatore estemporaneo era rimasto celebre un certo stornello che declamò ad un convito di nozze in cui invocò il fiore dell'acanto e concluse che marito e moglie dovevano star sempre accanto! La solennità del Capitolo Falisco diveniva meravigliosa quando il Vescovo scendeva in Cattedrale a presiedere le funzioni religiose. C'era la breve processione dell'Episcopio alla Chiesa e il Vescovo Rosi che incedeva solenne: pastorale a sinistra, mitra in testa, braccio destro alzato benedicente. Rosi era stato un gran Vescovo: per quasi 40 anni. Le sue pastorali erano lette con profitto nelle famiglie di mezza diocesi anche se un pò concettose. Le sue prediche, invece, erano... sofferte: lui aveva una voce sottile e debole, non c'erano altoparlanti e le sue parole, nonostante gli sforzi, piovevano dal pulpito come un mormorio sussurrato difficilmente comprensibile. Poi, nel dopoguerra, vennero gli altoparlanti e allora le parole e i concetti fuono chiari a tutti e tutti ascoltavano con attenzione il Vescovo: peccato che i primi 30 anni erano passati senza colloquio! IL REFETTORIO Il refettorio era ampio: largo e lungo: soffitto a volta; tavoli e panche lungo le pareti; seminterrato; il pulpito al centro con una piccola lampada elettrica; due iscrizioni latine sulle pareti corte: l'una diceva "Manducate quae apponuntur vobis" che tradotto velocemente vuol dire: Dovete mangiare tutto! Si, perché la regola diceva che i piatti dovevano essere lasciati senza avanzi. Il buon Santino si affrettava a servir tutti: portava la minestra, portava il secondo, ripassava il pane... l'acqua e poi si metteva a mangiare solo nel tavolo corto di fronte a quello del Vice Rettore che, pur lui, mangiava solo. Come si mangiava? Che cosa? I ricordi si sono affievoliti ma alcuni punti son rimasti fermi. Premesso che la cucina era semplice, familiare, senza pretese e che non brillava per raffinatezza né disdiceva per sciatteria, c'erano però alcune pietanze che non godevano i generali favori. Ad esempio: il baccalà del venerdì. Lo cucinavano in un certo modo col sugo... che so io!... ma a molti di noi non ci piaceva proprio e allora si mettevano in atto certi sotterfugi che consentivano di non mangiare la sgradevole pietanza la quale, alla successiva ricreazione, andava a finire, incartata!, tra i rifiuti del giardino. E le rape! E le fave! Il povero Meco seminava di fave una buona parte dell'orto e... erano tutte per noi. A noi ragazzi non è che le fave non piacessero; anzi ci piacevano proprio, ma crude, vivaddio, e non cotte. E invece no! Tutta la metà del mese di giugno a mangiar fave cotte che... ti facevano nausea (e già perchè il gusto delle fave cotte col sugo è gusto di persona adulta: oggi un bel piatto di fave al sugo è per me una festa, ma allora era un voltastomaco!). La domenica sera (e, salvo errore, anche il giovedì) invece era una finezza... gastronomica... svelta. Si badi era domenica: e le suore che presiedevano la cucina, la domenica pomeriggio avevano... le ore di libertà per andare al Rosario e al Vespro e poi nella loro casa madre! E allora che si mangiava? Una minestrina di pasta o di riso e poi insalata (molto aceto... e poco oliata) e un bel paio di fette di mortadella che a noi, abituati a mangiar prosciutto, spalla e ventresca nelle nostre case contadine, piaceva da morire! ADESIONI ALL'ASSOCIAZIONE E PAGAMENTI QUOTE ANNUALI: presso il Cassiere: Guglielmo Cruciani, Via Friuli, 43 - 01100 Viterbo. Quota per il 1986, L. 20.000. Montefiascone: Il corpo di S. Lucia E il gelato di S. Enrico, lo ricordate? Chierichetti si chiamava Enrico e l'onomastico cadeva il 15 luglio: si festeggiava contemporaneamente la festa del Rettore e la fine dell'anno scolastico. Gelato particolarmente gradito a chi era stato promosso ma un pò indigesto per i rimandati! Chi non ricorda poi l'annuncio solenne dei risultati degli esami finali fatto dal Rettore in Refettorio, alla fine della colazione? Carte alla mano, il Rettore annunciava: "promossi con lode" (e giù pochi nomi - quelli che avevano ottenuto tutti voti superiori ai 7/10); "proxime accesserunt" (qualche altro nome in più - quelli che avevano ottenuto un solo sei e poi tutti voti superiori); "Promossi" (molti); "rimandati" (nòn pochi). Tra i rimandati era rimarchevole il fatto che l'essere non approvati in una materia, non comportava la ripetizione a ottobre degli esami scritti e orali: no! Tu ripetevi solo quella parte dell'esame in cui non eri andato bene: solo lo scritto o solo l'orale; anche scritto e orale, ovviamente! Rimase famoso il colloquio tra un alunno ed un estraneo: "Come sono andati gli esami?" - "Bene... ma sono stato rimandato in latino" - "Vuol dire che dovrai studiare durante le vacanze!" - "Si ma mita tanto, perché debbo ripetere solo lo scritto..." - "Come sarebbe a dire?" - "... e neppure tutto! Soltanto la versione dall'italiano!" Nel refettorio c'era un pulpito cui si accedeva attraverso una piccola scàia a chiocciola di pochi gradini. Era la prima palestra che ti abituava al pubblico, ad esporti all'esame e al giudizio dei colleghi. La prima volta che salivi là sopra, quasi ti mancava il fiato. Ti sentivi come sospeso in aria, tra terra e cielo e le gambe ti tremavano... forte. Poi la paura ti passava... e intanto ti eri fatta una grossa esperienza: eri cresciuto nella padronanza di te stesso e ti sapevi meglio confrontare con gli altri. Dovevi leggere bene, ad aita voce, lentamente, senza inflessioni dialettali: e il Vice Rettore che presiedeva i pasti correggeva gli erranti. E' rimasto ancora insoluto, a distanza di 50 anni, un dubbio circa la corretta pronuncia di due parole: polizia e milizia oppure Polizia e Milìzia! E perché invece Polizìa e Milìzia. Il Barbarigo 15 I LIBRI Il cambio di civiltà tra quella povera del paese e quella ricca del Collegio, si appalesava fin dal primo giorno di scuola. Io ricordo di avere scritto la prima lettera a mio padre in cui gli facevo notare che in Collegio non c'era un solo maestro in ciascuna classe come nelle elementari, ma tanti professori che cambiavano a rotazione ogni ora: e ciascuno insegnava una sola materia. Donde la meraviglia di mio padre: ma prima di lui mi ero meravigliato io che notavo tanta differenza e che al suono della campanella vedevo cambiare... attore sulla cattedra. E poi i libri! Alla scuola elementare ne avevano solo due: qui ce n'erano tanti. Due per il latino, due per la matematica, due o tre per l'italiano e poi la storia, la geografia, la religione, la musica: e questi solo per gli alunni del primo ginnasio: quelli del ginnasio superiore ne avevano molti di più: gli autori latini, i poeti italiani e poi i libri di greco! E i vocabolari! libroni grossi, mai visti. Una continua scoperta del nuovo nel campo del sapere. E i libri bisognava conservarli bene perché... costavano soldi e dovevano servire : ed in più i richiami e le raccomandazioni dei Professori che ci dicevano essere i libri cosa preziosa. E giù a foderarli con la carta da pacchi; precisione ed esattezza nel far combaciare le giunture e le piegature, sapienti tagli con le forbici, linguette ripiegate in alto e in basso... Una cosa preziosa, quei libri: che se qualcuno li avesse conservati, sarebbero oltremodo istruttivi come documenti tecnico-pedagogico e... come valore commerciale sul mercato dei libri di antiquariato. Ma il ricordo più vivo di quei libri vola al momento quando, finita la colazione e la susseguente breve ricreazione in giardino, verso le 8,30, rientrati nelle camerate (quella dei grandi in alto e quella dei piccoli in basso) in fila, ci si avviava, attraverso il grande salone, alle aule scolastiche con libri e quaderni sotto il braccio: silenziosi tutti e pensierosi, certamente, perché ordine e disciplina cosi volevano, ma soprattutto meditabondi e seri perché tutti i giorni venivi interrogato in tutte le materie e non ti salvavi mai dal confronto con il Professore. Che vuoi? eravamo tanto pochi (al massimo una decina per classe, qualche volta anche 4-5) che il Professore ti interrogava per forza. E che rispondevi se non ti eri preparato? E che figura facevi davanti ai colleghi? E la boccetta o la mezza, dove la mettevi? Dietro i libri c'erano gli esami. Non bastavano gli esami finali che c'erano sempre nel mese di luglio (si andava in vacanza il 20, finita la festa di S. Margherita): ed erano esami seri e severi, su tutte le materie, scritti e orali: vigilati attentamente durante lo scritto (ma intanto, nonostante tutti gli accorgimenti, qualche scopiazzatura ci scappava sempre); esaminati e vagliati negli orali dalla commissione che ti pesava culturalmente ma ti valutava anche psicologicamente sulla tua emotività, sulla tua compostezza. C'erano anche gli esami di mezz'anno; e cioè a febbraio si sosteneva un esame più veloce, scritto e orale, per verificare l'andamento del curriculum degli studi e anche per abituare gli alunni al colloquio e al confronto con i professori. La scuola falisca, impostata dai grandi Rettori e dai grandi Professori del '700, aveva un suo stile, una sua metodologia che, perfezionata con l'esperienza successiva e vivificata da altri apporti culturali, aveva raggiunto un alto livello psico-pedagogico non codificato ma certamente efficiente e funzionante. IL PERSONALE LAICO INSERVIENTE C'erano, al Barbarigo, due personaggi storici che tutti ricordiamo con un pizzico di simpatia e qualche rimpianto: erano due persone di una certa età adibiti l'uno (Pippo) al servizio di portineria, l'altro (Santino) al servizio delle pulizie e del refettorio. Pippo era molto avanti negli anni; puzzava di pipa (onore al nome!) o di sigaro lontano un miglio; a quel puzzo si mescolava, sapientemente dosato, anche acre un profumo stomachevole di vino. Nè è che brillasse molto neppure in fatto di pulizia personale; tanto che il suo passaggio era segnato da tracce evidenti di aromi residui maleodoranti. Però era un brav'uomo, in fondo! e quelle rare volte che poteva intrattenersi con noi aveva sempre qualcosa da raccontare sulle vicende passate del Collegio e dei Professori. Forse era nato ai tempi dello Stato pontificio e ricordava tante cose del secolo passato. Ad esempio. I seminaristi francesi che studiavano a Roma avevano l'abitudine di passare una parte delle loro vacanze estive al Barbarigo. Pare che si trovassero bene, qui... e facevano anche le loro confidenze. Tra cui c'era anche questa: che loro erano ostili all'Italia unita e in particolare all'annessione di Roma all'Italia con la conseguente soppressione dello Stato pontificio. Per loro il Papa non era solo "le Pape" ma era pure sempre "le Pape roy" e cioè a dire il Papa re. Il povero Pippo - che non sapeva il francese - a noi, pendenti dalle sue labbra, diceva il Papa in francese si chiamava "paperuà" tant'è vero che i chierici francesi brindavano alla sua salute cosi: "Viva le paperuà"! Santino, invece, era tutt'altro tipo: serio, pulito, gran lavoratore, impegnato" nelle faccende tutto il giorno, sempre di Nel 1990 cadono i primi tre secoli della fondazione del Collegio. Cominciamo a pensare quali iniziative suggerire per celebrare e onorare degnamente la ricorrenza. Chi ha idee... le avanzi...! corsa, molto gentile, tanto produttivo. La giornata la passava tutta nel Collegio : rientrava in famiglia solo la sera dopo cena. Riassettava, scopava, faceva le camere dei professori, aiutava in cucina, serviva a tavola: spesso toccava a lui anche suonare la campanella. Era anche paramedico: faceva le iniezioni a chi ne aveva bisogno e se ti servivano le frizioni, te ne faceva certe lui allo spirito, con tanto impegno e così efficaci che... un'altro pò e ti decorticava la pelle: poco ci mancava che ti faceva far la fine di S. Bartolomeo, il Santo protettore! Tutto in stile, del resto! C'era anche un altro paramedico: non, però, in servizio permanente ma impiegato solo nel periodo invernale, a curar geloni. Oggi, se tu dici a tuo figlio cosa sono i geloni, quello casca dalle nuvole : ma allora tanti ne soffrivano e i pizzichi ti brulicavano insopportabili tra le dita delle mani e sulla punta delle orecchie. Si chiamava Gigetto, era figlio di Pippo, e faceva il sarto da uomo, con una particolare abilità nel cucir tonache su misura. All'ora della ricreazione pomeridiana lui aspettava in infermeria tutti i sofferenti: a questo metteva e spalmava una pomata, a quello faceva una frizione, a quell'altro una disinfezione: a tutti una parola di conforto e di coraggio; una speranza. E poi diceva che un giorno o l'altro avrebbe portato una medicina infallibile nella cura dei geloni: che l'aveva già ordinata a Milano (anche a quei tempi era'il gran Milàn!): che sarebbe arrivata presto... Dàgli oggi e dàgli domani, la storia di questa medicina andava in puzza finché un giorno, messo alle strette, confesso qual era questa medicina. E sentenziò: "Il sole di maggio!" E già, perché, con la bella stagione, i geloni scomparivano e non c'era più bisogno di pomate nè di guanti nè di mezzi guanti. Però da dicembre a marzo le medicazioni si sprecavano: Gigetto segnava giornalmente sul suo quaderno le prestazioni professionali e alla fine del mese... il babbo pagava! PREFETTO E VICE PREFETTO C'era al Barbarigo una funzione anomala che era rivestita da alcuni alunni più grandi, più capaci, più meritevoli: quella del prefetto(con il vice, suo assistente). Era un incarico di alta responsabilità perché colui che lo rivestiva era il vero educatore: viveva tutto il giorno con i suoi colleghi; mangiava, giocava, studiava con loro: era loro d'esempio, di guida, di correzione. Finché la carica del Prefetto era rivestita da un giovane teologo, le cose andavano abbastanza bene: c'era una differenza sufficiente di età che accresceva il rispetto, c'era maggiore esperienza di vita e di cultura, c'era reciproca comprensione... Ma quandp il Prefetto era coetaneo degli alunni si creavano insofferenze, incomprensioni e anche litigi... perché l'esercizio dell'autorità, non suffragato da maturità e da presti- 16 II Barbarigo _ gio, portava non pochi ridicoli risultati. Il guaio grosso era che l'opera veramente educativa dei giovani gravava su mani fragile e inesperte: le quali tutt'al più realizzavano una disciplina formale (rispetto degli orari, impegno nello studio, silenzio...) ma poco o nulla incidevano nello spirito, nella crescita e nel controllo dei sentimenti... Ma tant'è: il Prefetto c'era ed era figura di primo piano, insostituibile; il cui ruolo - ripeto - veniva male interpretato e non per cattiva volontà ma proprio per obiettiva situazione dei fatti, per mancanza di esperienza, per incapacità, talora anche per inettitudine! Talmente "imminebat" la figura del Prefetto che una volta un certo alunno, tradusse "profectus erat" (e cioè "era partit o " ) con "c'era il Prefetto", cui il Professore replicò "E il Vice-prefetto dove stava?" - Chissà se il Dr. Moratti, divenuto poi Prefetto della Repubblica, nell'esercizio delle sue importanti funzioni, si ispirò ai criteri della Prefettura falisca!?! I PINI, GLI OLMI, I TIGLI Nel giardino c'erano alcune aiole che qualcuno si faceva carico di coltivare e di custodire: qualche alberello ornamentale, le siepi di piccole piante sempreverdi, qualche rosa (bellissime quelle rampicanti, con fiori a grappoli, di color rosso acceso), qualche giaggiolo a primavera, qualche gladiolo in estate, i gerani e quei cipressi a vegetazione annuale, bassi e arrotondati che erano una bellissima palla di verde chiaro. A fianco delle aiole c'era anche qualche piante (due o tre) di tiglio: belle, alte, grandi che facevano un'ombra fitta e gradevole dentro la quale, nelle giornate calde estive, era piacevole difendersi dai raggi cocenti del sole e gustare il refrigerio di un pò di frescura. Nel mese di luglio, il tiglio fioriva: quella infiorescenza a mazzetti bianco-giallognoli, come fiore, non aveva niente di particolare, ma aveva un profumo... un profumo che quasi inebriava. Il Ministro, che talora, dopo il pranzo, scendeva con noi in giardino, diceva che con quei fiori, seccati e conservati, si potevano fare in inverno ottime tisane contro la tosse e il raffreddore... ma nessuno li coglieva, quei fiori, e morivano li. II Ministro citava ogni tanto anche qualche detto latino che poi ha fatto epoca. Ad esempio la scuola medica salernitana dettava questa norma per il dopo pranzo: "aut stabis, aut lente ambulabis" (stare in piedi o passeggiare). Poco sotto, in mezzo all'orto, c'erano tre o quattro pini secolari, piantati all'epoca di Barbarigo, alti e svettanti nel cielo, con chioma vastissima, audaci e imbattibili nel sostenere l'urto dei venti; simbolo di forza e di carattere; emblema della continuità storica e culturale di quanti si son formati alla loro ombra. Poco lontanto, c'era il Piazzale di Borgheriglia sul ciglio del quale vegetava un gruppo di olmi secolari cui facevano da pendent altri olmi piantati nel piazzale di S. Martino, a Valentano sulla collina opposta, al di là del Lago. Dice che li aveva fatti piantare il Card. Maury, ai tempi della Rivoluzione Francese: quello stesso Cardinale che si dice abbia introdotto nei nostri paesi la cultura della patata che poi ha preso il nome di patata viterbese, lunga e a pasta bianca, e che negli ultimi decenni ha fatto la fortuna di Grotte di Castro. I GIOCHI Il tempo per il gioco non era molto: 10 minuti la mattina, in giardino; una mezz'ora dopo pranzo, sempre in giardino o in cortile; una ventina di minuti dopo cena in camerata (d'inverno), in cortile (d'estate). Ma quei tre quarti d'ora in giardino erano giocati tutti, non se ne perdeva neanche un minuto. Per i più piccoli c'erano un paio di altalene ed era sempre una gara a chi spingeva con più forza per andar più in alto: i più timidi si libravano nell'aria seduti sulla tavoletta e ben attaccati con le mani alle corde; i più audaci sulla tavoletta ci mettevano i piedi e, piegandosi sulle ginocchia, davano certe spinte che facevano paura a vederli tanto in alto. C'erano anche le bocce: grosse, piene, pesanti. Ma era un gioco di finezza, di calibro; poca forza ma tanta attenzione avvertendo che, non essendo il campo livellato, le varianti di cui dovevi tener conto erano tante... se no miravi a nord e ti ritrovavi la palla a est. I più bravi si divertivano anche a "sbocciare" e cioè a scacciare con un lancio e un colpo secco le bocce fastidiose degli avversari. Molti colpivano il bersaglio con una percentuale del 50% e più. Chi propio non ci chiappava mai era Gigi Piastra che tirava certe bordate che mandavano la palla in mezzo all'orto. Hai voglia tu a dirgli che mirasse con più attenzione: che curasse la precisione, più che la potenza. Invano! Appena aveva occasione di sbocciare... sparava la sua cannonata... Finché fu chiaro il motivo di tanta perversa e pertinace insistenza. La palla andava sempre a finire sotto la pianta di fico e lui, zitto zitto, con una mano raccoglieva la palla e con l'altra coglieva un bel fico... quello, con la goccia! Hai capito la finezza!?! C'era anche il il crikè (o come diavolo si scrive) che consisteva in tante piccole porte a terra, fatte con bastoncini, che dovevano essere attraversate da un pallino che si spingeva con una piccola mazza. Era un gioco di finezza, di pazienza, poco gradito a chi voleva correre e saltare: ma anche questo gioco aveva i suoi patiti, tipi piuttosto... ingleseggianti! Era anche gioco di forza, però, quando ti mettevi sotto la suola delle scarpe la tua palla e quella dell'avversario e poi battevi di forza con la mazza la tua e per il contraccolpo l'altra volava via. Era questo il gioco che rendeva spiegabili le frequenti risolature delle scarpe: "Ma come fai a consumar le suole in quel Montefiascone: Borgheriglia: oggi modo? Ma che ci sono i topi che le rosicano?" - diceva mia madre! C'erano anche altri giochetti tradizionali (la mosca cieca; e qualche volta il pallone nel cortile, e poi, quasi sempre, nelle gite in campagna): ma il gioco "principe" era la "bandiera" - "la guerra francese". Le regole sono sfuggite ormai dalla memoria e non è facile riportarle. Erano però giochi corali, cui partecipavano tutti, correndo per prendersi e rincorrendosi fino a sentirsi il fiatone e il sudore addosso. Chi correva più, chi meno: chi era più agile, chi brocco del tutto. Faceva impressione Pietro Giorgi, cosi Piccolino... ma muoveva i suoi piedi con una tale frequenza e tanta velocità che sembrava... il piè veloce Achille. Angelo Maria invece era più pacato, non gradiva l'ebbrezza della velocità: i piedi pareva gli si fossero incollati a terra... con la pece o con la colla cervione. Ma il movimento più frequente anzi istituzionalizzato era quello della passeggiata quotidiana: immancabilmente, tutti i giorni, a quella certa ora, ci si cambiava, - scarpe lucide! - e si usciva per le strade della circonvallazione falisca. Tre quarti d'ora a passo svelto: con qualunque tempo, a meno che diluviasse o ci fosse la neve (nel quel caso si giocava a nascondino nei corridoi; - ci si nascondeva dietro qualche porta, negli sguinci delle finestre...); e poi, se si incontrava il Vescovo, ci si fermava, ci si toglieva il cappello e ci si rimetteva in movimento, fatto il doveroso e cerimonioso ossequio. A primavera si faceva sempre la lunga passeggiata. Chi si ricorda quando andammo tutti insieme a Bagnoregio? A piedi, all'andata; in bus, al ritorno sotto l'acqua torrenziale (quell'anno era stato stranamente piovoso, il mese di maggio: la mattina il tempo era sempre splendido; nel pomeriggio il cielo si riempiva di nuvole e a una cert'ora un breve ma furioso acquazzone). Fu in quella gita, guidata dal Ministro giovanilmente baldanzoso e con al collo un bianco fazzoletto (ad impedire che il colletto si insudiciasse: ... e come ti sbagli!?) che si scoprirono i tempi tecnici della percorrenza chilometrica umana: tutto cronometrato! A passo normale un uomo compie Km 4 all'ora: a passo un pò svelto Km 6. Tempi e misure corrispondevano perfettamente... a meno che i cippi chilometrici ed ettometrici della strada non dicessero il vero. Oppure quanto il Rettore Leonetti ci portò tutti al lago a fare il bagno, a bere Il Barbarigo 17 l'acqua ferrugginosa di una certa sorgente in mezzo alla Valle? Al ritorno ci fece fare una strada scoscesa in salita in mezzo ad un bosco che dal lago portava, in poco tempo, sulla collina nei pressi di Montedoro. Fu li che scopri un'altra grande verità: in salita, se vuoi camminar con minor fatica, non parlare perché il parlare ti mozza il fiato (gli illustri medici soci, confermino o smentiscano questo assunto). O non vi ricordate la iscrizione che sovrasta l'architrave della Chiesa del Borgate? Bellissima! Fatta ai tempi dei briganti, quella iscrizione dice, più o meno, così (qualcuno vada a verificar l'esattezza del riferimento): Passegger, se qui passando tu sarai in periglio// la Madre invoca e avrai proprizio il figlio. IL CARDINALE Chi frequentava il Barbargio, con i cardinali aveva una certa confidenza: i quadri rosseggianti del Salone e non pochi di quelli del corridoio... storico parlavano di porpora e di grandi personalità. Ma una cosa era vedere un cardinale nel quadro, anche se ti guardava un pò storto, e un'altra vedere un cardinale vivo, che si muoveva, che parlava e non ti nascondeva la sua umanità. A Montefìascone, in un angolo appartato lungo la Via Cassia, nelle vicinanze della Chiesa delle Coste, (noi ci andavano talora perché Don Giulio, il Parroco, aveva li istallato un "passo volante" e cioè un attrezzo di gioco per ragazzi formato di un trave robusto piantato a terra, sormontato da un ancor più robusto cerchio di ferro ruotante su un perno cui si agganciavano alcune corde terminanti a terra in una specie di cappio su cui sedevano., gli aspiranti astronauti i quali correndo e spingendo a forza la corda pian piano si libravano nell'aria volando in circolo come rondoni velocissimi) c'era una villa immersa nel verde che si intravedeva attraverso gli alberi e che sembrava un castello delle fate o un paradiso. Al cancello d'ingresso c'erano alcuni maestosi cedri del Libano (hai capito? il Libano! oggi anche i bambini sanno cos'è il Libano ma nel 1935 chi sapeva cosa era questo Libano!?!): poi querce, allori! Era la villa del Card. Salotti il quale vi passava qualche tempo in estate, al fresco. Il Cardinale era molto simpatico; pronto alla battuta, cordiale, sorridente: alto un par di metri. Con un bastone in mano, nel pomeriggio, lungo il viale ombroso, riceveva i visitatori, passeggiava con essi, parlava molto, raccontava tante cose. Capirai veniva da Roma, stava vicino al Papa... sapeva i segreti della Chiesa e della politica che teneva bene stretti ma ogni tanto lasciava trapelare qualche notizia ghiotta, buttata là quasi per caso, che poi, ripetuta nel Collegio - e, come al solito, ingigantiva - dava luogo a commenti e a considerazioni di meraviglia. Noi andavano sempre, ogni estate, a far Assemblea del 25-4-1986: Il tavole della Presidenza visita in Villa al Cardinale. Quel giorno tutti ordinati, precisi, più puliti di sempre, eravamo anche un pò intimoriti dalla imponenza del nome, dall'incarico che lui aveva nella Curia Romana (Prefetto di Congregazione!) e preoccupati di dover rispondere alle sue domande. E già, perché al Cardinale piaceva intrattenersi coi giovani. Quando ci vedeva arrivare tutti in fila al fondo del viale, immancabilmente. lasciava i suoi ospiti, ci veniva incontro e si fermava a parlare con noi per un bel pezzo. A chi chiedeva di qual paese fosse, a chi domandava degli studi; chi veniva stuzzicato sui meriti o i demeriti del Vice-Rettore... Insomma passavamo con lui una mezz'ora serena; perché lui, vestito con un semplice abito talare, ci metteva a nostro agio; parlare, ricordare, raccontare fatti ed episodi talora comici. E infine ci licenziava con alcune raccomandazioni che, uscite dalla sua bocca, ci facevano pensare: essere buoni, studiare, capir la propria vocazione e poi serietà, impegno e... allegria! Faceva bene, certamente, il Rettore a portarci dal Cardinale e ciò non tanto per un atto di ossequio ma soprattutto per metterci a contatto con un grosso personaggio, per vederlo da vicino, per commisurarci con le sue parole...; esperienza utilissima! LE GLORIE STORICHE NEL... CORRIDOIO Quel Rettore che ebbe l'idea di riempir con le immagini degli ex-alunni celebri le pareti del lungo corridoio a sinistra dell'ingresso, antistante le camere dei Professori, aveva capito proprio tutto. Era un grande pedagogista e un grande psicologo. Perché là c'era la storia umana del Collegio, di là nasceva lo spirito di emulazione, li c'era per tutti lo stimolo a identificarsi con loro. Vedendo i quadri si ricreava l'immagine fisica della persona ma leggendo le brevi, succose iscrizioni che a ciascun quadro si accompagnavano, si capiva chi quel personaggio era stato, cosa aveva fatto, come si era realizzato nella vita. C'erano cardinali, vescovi, uomini di lettere e anche magistrati civili, governatori...: ce n'era per tutti i gusti. Quelle iscrizioni erano la sintesi della civiltà del Barbarigo, la sua storia, la sua gloria: l'orgoglio per noi che stavamo li, l'ammirazione di quanti venivano a far visita; un biglietto da visita che faceva impressione e garantiva serietà, impegno, forza propulsiva. Tra i tanti altri personaggi c'erano anche due miei antichi compaesani: l'abate Mazzinelli, primo rettore del Collegio, uomo dottissimo, sapientissimo, umanissimo e il Prof. Scaglione, gran latinista in Vaticano. Che poi - detto per inciso - quelle iscrizione erano anche occasione di scherzi e giochi festosi. Noi ci divertivamo a scrivere l'epitaffio che il professore Tizio o il Caio si sarebbero meritati sotto il loro quadro post mortem. E c'era qualcuno che aveva il taglio dell'epigrafista perché le frasi che proponeva, bene inquadrate nel contesto culturale del corridoio, sembravano uscite proprio da una mente creatice felicissima nell'operar sintesti significative. Ma perché non si ritirano fuori tutti quei quadri e non vengono rifatte le iscrizioni! O perché qualcuno non ci mette a disposizione i documenti superstiti per pubblicarli sul giornale? Perché non partecipi anche tu attivamente alla vita dell'Associazione? Vieni anche tu, dunque! Ti aspettiamo! 18 II Barbarigo _ I nostri poeti Com'è che tra molti ex-alunni serpeggia una certa vena poetica? Ne sono contagiati anche quelli più seri cui sembrerebbe le muse voler dare poca confidenza. Magari tu parli con un amico che non vedevi da tanto tempo: ricordi, rievochi fatti e persone... dai e ricevi notizie, racconti che quello... toh! fa le poesie... e ti senti rispondere che qualche volta lui pure, cosi, a tempo perso, si diletta a versificare. E magari ci ha pure un quadernetto segreto, o ha fatto, addirittura stampare in tipografia certe, dice lui, sciocchezzuole! Il guaio viene però quan^ do tu gli dici: "e fammele leggere queste poesie! - Danne qualcuna anche a me che la stampiamo nel giornale" Allora cresce la verecondia... che no, non son degne di pubblicazione, che voglio far ridere la gente, ma ti pare, ma che hai voglia di prendermi in giro ecc. Insomma, le più belle poesie stanno ancora chiuse nel cassetto! Bisognerà che assoldi uno scassinatore che le rubi e me le porti!?! Signori poeti: io adesso pubblico quel che ho. Le son tutte cose belle, carine, simpatiche. Però aspetto da voi tutti un piccolo regalo. Mandate qualche poesia vostra: magari pochi versi. Tutti li leggeranno con simpatia e con ammirazione e se vi farà piacere le presenterò io con un saggio... di analisi estetica (chi si ricorda ancora dei temi che, con questo specifico oggetto, facevano allora?). Roba da rabbrividire! LA VOCE Quando ero ancor bambino dolce una voce al cuore mi parlava; poi son cresciuto e fatto colto e con essa presi a dissertare; più tardi mi feci più pensoso e caparbia riprese a sussurare; oggi che sono assai maturo è l'amica disposta a conversare, la sola ch'or si lasci amare. ^ ^ caro Seminario per i giorni felici a me donati. Enrico Cataldi Grotte di Castro: uomini, asini e selci SONETTI E QUARTINE La vena poetica di Meco Bartolaccini è finissima: egli compone con semplicità e scorrevolezza versi in vario modo rimati, utilizzando composizioni di formato classico (sonetti e quartine in prevalenza) da cui traspare limpidità di immagine, finezza di sentimento, nobiltà di concetti. Se il nostro amico avesse più fiducia nel suo genio poetico chissà! forse ci darebbe qualche capolavoro da consegnare alla letteratura falisca! Sentite: IL TRAMONTO DELLA GIOVINEZZA Come il giorno al suo termine si oscura cosi la giovinezza viene meno quando di estinguersi l'ora è matura ed il suo fascino svanisce appieno. L'esistenza diventa molto dura quando lasciano l'esilio terreno la mamma e il babbo : cosa che procura nei figli un danno al vivere sereno. La speme, per quanto ultima a morire, allorché la vetustà è all'uomo accanto, va rafforzata se no può appassire; ^ allora il vecchiarello oppresso e affranto, dai Numi, supplicando, si fa udire di vivere in pace avido soltanto. Domenico Bartolaccini GRAZIE O SEMINARIO Ti adagi ai piedi della Falisca Rocca, glorioso Seminario che mi accogliesti, decenne appena, fra i figli tuoi. Dalle finestre lo sguardo mio vagava dai Cimini monti agli Appennini, dalla Valle ubertosa al Volsino lago ed ancor lontano al Tirreno Mare. Dallo studio severo del greco e del latino, dai poeti e filosofi famosi, ho appreso ad amar le cose belle. Grazie, dunque glorioso, UNA BICICLETTA Entrato nel Ginnasio superiore, messo in Collegio venni per studiare, d'esser promosso aspiravo all'onore, perciò mi davo non poco da fare, tanto più che mio zio, di tutto cuore, se quel biennio riuscivo a superare con l'esito finale a mio favore la bici s'impegnò a me di donare. Il che avvenne ed un ciclo da cartello, fatta mia la Licenza Ginnasiale, ebbi con borsa, chiavi e campanello. Trecento lire costava in totale il dono, di cui sopra, cosi bello da sembrarmi una cosa eccezionale. Domenico Bartolaccini Settembre a Grotte di Castro Il mese di settembre, a Grotte di Castro, a quanto dice Tonino Pelosi (e bisogna credergli, tant'è convincente!), deve essere una cosa stupenda anche perché la sua descrizione è mirabilmente soffusa da mistero per via di certi versi latini (di egregia fattura e ricchi di vive immagini poetiche) eccitanti fantasia e piacevoli ricordi. Dove lo trovi più, oggi, un ambiente agreste fatto di questi ingredienti: colline piene di uva, aria tiepida, boschi con funghi, pecore pascolanti nei prati, canti serali di pastori, contadini che premono l'uva con i piedi per farne vino o seminano il grano, inverno freddo, fuoco caldo, neve, i giochi dei ragazzi per le strade ecc. ecc. (Ma, perché il Sindaco non dà a Tonino l'incarico di una campagna promozionale turistica? Mezza Italia andrebbe a vedere Grotte di Castro!) Dunque: il Settembre di Tonino è una bella composizione poetica in versi latini (160, per la precisione) che è stata premiata con medaglia d'argento al Certamen Vaticanum 27° del 1984. Essa è costituita di quasi tutte le strofe e i metri catalogati nelle prosodia latina: tutto bello, ben costruito, con certi esametri e certi distici elegiaci che farebbero invidia a Virgilio e ad Ovidio. Riassumendo velocemente il contenuto della composizione: il poeta descrive anzitutto le particolari caratteristiche del mese; ricorda alcuni momenti esaltanti della vita nel paese e li contrappone al fastidio della grande città (fumi, rumori; la folla, gli affari). Ritorna festoso per le vacanze al suo "oppidulum" ed esalta la vita di campagna. Ma la felicità dura poco perchè il lavoro lo restituisce alla città dove si ripropongono i consueti problemi. Ne nascono alcune considerazioni filosofiche sulla propria identità e sul valore dell'esistenza. Scopre la verità nell'abbandono al volere djvino e nella fede in Cristo cui rivolge fervida una preghiera. I versi di Tonino scorrono lenti e limpidi come... l'acqua dell'Olpeta in mezzo al piano di Valentano! - Scusa, caro amico, l'umiltà del paragone: ma l'Olpeta è il piccolo-grande fiume dei Colli Volsini occidentali, tutto nostro; e bisognerà pure che tu lo vada a vedere e lo canti insieme al lago di Mezzano donde nasce, agli ontani delle sue rive, all'Olpetella che ne è affluente, alla centrale elettrica che alimentano i soffioni solforosi del sottosuolo, e al Fiora dove muore. Povera Olpeta che scorre lenta e flemmatica... assetata di acqua; che ha visto scorrere soldati e cavalieri; che ha sentito narrare le storie di Castro e dei Farnese, di Statomia e del Fanum Voltumnae. Che avrebbe tante cose da confidare e che nessuno vuole ascoltare: che, specialmente, non Il Barbarigo 19 Questionario Organizzativo ha ancora trovato un poeta che ne esalti la nobile genealogia! Forse queste mie poche parole, frutto di amore al mio "oppidulum ", non se le è sentite rivolgere mai e ne... arrossirà! Ma non saranno parole lanciate al vento marino che veloce soffiava (e soffia tuttora!) nel piano nei giorni estivi ed allievar la fatica dei contadini battenti fave, fagioli, ceci e lenticchie, se muoveranno a commozione qualche poeta di razza versificante in italiano o in latino! Concludendo: sarebbe stato un piacere pubblicare per intero il Settembre di Tonino. Lo spazio tiranno obbliga a stampar solo pochi versi: facili, però, a leggersi e a capirsi. Chi ne volesse sapere di più, si rivolga all'autore. Essere sì: essere come 77 dibattito circa il miglior modo di organizzar la giornata del nostro incontro annuale è sempre aperto. Si ripropongono, infatti, periodicamente, soprattutto da parte dei nuovi arrivati, proposte e controproposte già in precedenza esaminate e su cui - come appare evidente - è difficile trovare un unanime consenso. L'intendimento è buono, certamente: siamo tutti alla ricerca del meglio e tutti vogliono organizzare le cose in modo che la nostra "Giornata" sia sempre più qualificata e gratificante. Il Comitato di Coordinamento - al quale arriva l'eco delle controproposte e SEPTEMBER delle richieste - ha discusso più volte l'arProoemium gomento ed ha tentato - organizzando En September adest! Rident in collibus uvae • l'ultima "Giornata" su un parametro diverso - di dare una risposta ai desideri aér ac tepidus spirat qui corpora mulcens agricolis fert laetitiam blandumque levamen. emergenti. E' sembrato opportuno, però, allo Iam silvae redolent fungos; per prata serena scopo di addivenire ad una soluzione più errantis pecoris tinnitus funditur atque pastorum longe resonant iam vespere cantus. equa e più partecipata, interpellare direttamente i soci per sentir dalla lor viva... penna come questi desideri si possono Memoriae concretizzare. In Urbe, contra, fumus, odor malus Barzi ha composto, su incarico del sonique, rumor, turba negotia Comitato, il seguente questionario che, permulta regnant, quae gravant cor distribuito ai partecipanti all'incontro atque animum nimium molestant. del 25.4.1986 e restituito a tamburo battente, ha dato i seguenti sorprendenti In Urbe, vero, dego Penatibus risultati: procul benignis saepeque temporis record or acti cum trahebam rari humilem placitamque vitam. QUESTIONARIO Reditus ad maiorum oppidulum agrestis laus Cum feriarum tempus adiverit, labore tandem et moenibus ac viis Romae relictis, rusticatum oppidulum peto tam capitum. Illic profecto diffugiunt procul curae, levatur valde animus gravis, suavissimae sensus quietis fessa tenet refìcitque membra. Quam iuvat summo, tenebris fugatis, mane iam solem rutilum videre qui suo vestit varie decoro lumine terras; Vesperi vero libet ambulare cum viris doctis sociisve in hortis sponte de clara sophia loquendo deque poesi. Versi latini composti da Tonino Pelosi e dal Vescovo Mons. Boccadoro in occasione del primo convegno dell'Associazione di cui riassumono le finalità con felice intuizione poetica. Sempre nel cuore di Mons. Soligo Mons. Soligo dice che è molto stanco, che la sua memoria si è affievolita, che non è in grado dì scrivere. Dice anche, però, che ricorda tutti con immutato affetto e simpatia, che ci considera tutti suoi figli ancora, che manda saluti e auguri affettuosi a quanti si ricordano di lui. Mi ha, inoltre, incaricato di trasmettere a tutti una parola di conforto, di stimolo ad operare il bene, di perseveranza. Lui abbraccia tutti e vorrebbe ancora dare a tutti il meglio di sè: come continuo atto di amore nei confronti di coloro che hanno riempito dì fatica la sua giovinezza, e di gioia la sua vecchiaia. Ha concluso dicendo che, certamente, prega per tutti noi ma che pregherà ancor più... dopo, quando "avrà più tempo "! (F.R.) Schede restituite : 66 vitaeque Recordor haec et me studium capit rursus videndi dulcia "patriae" loca: herbidos colles lacumque caeraleum, placidum, venustum. Il giorno di S. Francesco di Sales ho telefonato a Mons. Soligo (0422-543245) per fargli, a mio nome e di quanti, membri dell'associazione, hanno avuto con lui rapporti spirituali, un cordiale augurio di benessere e di salute e per chiedergli un pensiero che rinnovasse in noi il ricordo, non solo, ma anche confermasse l'impegno. 1) Se riprendere nel prossimo anno un breve momento culturale - in salone - prima di pranzo SI 44 Incerti 2 NO 20 2) Se dare inizio ad un diverso momento culturale cioè effettuato visitando - con guide - luoghi significativi SI 5 6 NO 10 3) Se fare ogni anno - durata di 3 quarti d'ora - una sosta di preghiera comunitaria SI 60 NO 6 Se si: sempre in S. Bartolomeo SI 22 NO 8 4) Se per il prossimo incontro annuale scegliere una sede diversa da Montefiascone SI 4 NO 5 8 Incerti 4 Se si: preferibilmente Tarquinia, per i suoi legami con il Barbarigo e la Filippini SI 12 NO 16 Grotte di Castro: Panorama Priscus amicjtiae coniungat denuo nexus Olim quo s aluit clara Falisca domus Quae nunc de vitae socians itineribus una Dirigat intentos ad superam patriam. 20 II Barbarigo _ La storia dei nostri incontri si arricchisce di nuove esperienze L'assemblea annuale del 25.4.86 in festa la quale è stata, come al solito, gioiosa negli incontri, ricca di contenuti, Montefiascone è stata importante per amichevole molti motivi che è opportuno sottolinea- piacevole nelle rievocazioni, e calorosa. re perchè i presenti ricordino e gli assenti Essa ha avuto inizio con un incontro, conoscano. alle 9,30, nella cripta della Cattedrale, doE' stata anzitutto una giornata diverve è collocato e venerato il Corpo di S. sa dalle precedenti perchè impostata su Lucia, e dove sono sistemate le tombe criteri organizzativi nuovi ed originali del Card. Barbarigo e dei Vescovi Rosi e che sono stati brevemente illustrati nella Leonetti. Dopo una visita guidata egrerelazione del Presidente. Ed inoltre... Per la prima volta abbia- giamente dal Parroco della Cattedrale stessa, Don Agostino predetto, i presenti, mo avuto il piacere di vedere partecipanchierici ma più i laici, hanno pregato i ti alla nostra festa, oltre al Rettore attuanostri Santi protettori e successivamente, le del Collegio, tutti gli ex-Rettori viventi (...facendo le ...corna!?!), intorno ai qua- guidati, con suadente mano, occhio fermo e voce ...soccorritrice dal Maestro li c'è stata molta cordialità. Sembra strano! Ma c'è ancora una gran musicista - Patrizi, hanno cantato in coro polifonico puro, improvvisato ed efvasta fascia di ex-alunni che ignora la nostra associazione. Tant'è che abbiamo ficacissimo, con mirabili effetti acustici rimbombanti tra colonne, volte e colosvisto partecipi all'incotro alcuni amici mottetto che ne avevano sentito parlare, per caso, sali muri, maestri, il famoso "Ecce altare Domini" cui ha dato tono, il ...giorno avanti. Ne ha preso atto, l'assemblea, e, seduta stante, cosi impor- potenza e grazia la voce straordinaria di tante risultando il caso, ha deciso di Pitzalis. Alle 10,30, nel grande salone del affidare a Don Agostino Ballarotto, Collegio, mirabilmente arredato, si è teproponente e consenziente, l'incarico di nuta la consueta riunione nel corso della rilevare dall'archivio del Collegio, l'elenquale i preposti dell'associazione hanno co degli ex-alunni per una ulteriore camtenuto le brevi relazioni che vengono dì pagna sollecitatrice di adesioni. seguito pubblicate. Le discussioni che ne Sono state confortanti la prontezza e la generosità con le quali i soci presenti sono seguite sono state vivaci e concrete ed hanno messo in rilievo la comune vohanno raccolto l'appello per una sottolontà di potenziare, sviluppare e accrescrizione straordinaria finalizzata alla scere le iniziative per favorire l'aggregastampa di questo numero del giornale. Ma l'elogio non va solo ai presenti. Più zione ed il consenso. I presenti hanno avuto in omaggio la che un elogio meritano un encomio preannunciata copia anastatica della solenne quei soci assenti, che per di più Grammatica di Sartini, prefetto degli sono illustrissimi ed autorevoli ex-alunni, studi in epoca post-napoleonica, stampai quali, impossibilitati-a venire per le non ta nella tipografia del Collegio, egregia buone condizioni di salute, non. hanno per contenuto, documento significativo fatto mancare la loro plaudente adesione di un certo stile di educazione e di culalla nostra iniziativa e generosamente tura. hanno contribuito ad alleviare, con ragDopo la riunione nel Salone, i soci guardevole offerta, i problemi economici hanno avuto a disposizione circa 2 ore di dell'associazione: l'Em. Card. Guerri, tempo libero nelle quali tutti hanno insempre sensibile, pronto e munifico, e tensificato i rapporti, allacciato nuovi l'Avv. Francesco Morotti, ex Prefetto di vincoli di amicizia, parlando e discutenModena, che, con struggente nostalgia, do fitto-fitto, sotto lo sguardo compiaricorda il Collegio e gli amici di un temciuto dei Rettori e l'ammiccante gradipo lontano. mento dei cardinali immortalati nei quaMons. Giovanni D'Ascenzi, Vescovo dri appesi alle pareti. di Arezzo, il quale ha, pur esso, egregiaII pranzo alla Cavalla ha concluso demente contribuito alla soluzione dei nognamente la giornata ed è stata occasione stri problemi economici, ha partecipato, per la continuazione dei discorsi, lo festosamente accolto, al pranzo sociale scambio di notizie, la richiesta di infororganizzato nel salone sotto - strada alla mazioni. Cavalla - e poi ha espresso in un ammicTutto bene: anzi benissimo! cante improvvisato discorso largamente applaudito i suoi sentimenti di attaccamento al Collegio, di gioiosi e piacevoli ricordi, di consenso e di sprone alle iniziative prese dall'associazione. La spendida giornata, luminosa e serena, con il lago azzurrissimo e le isole rispecchiantisi nelle acque, ha favorito la Lo "Stato" dell'Associazione Relazione del Presidente Il nostro annuale incontro del 1986 si svolge con stile diverso da quello con cui abbiamo gestito le nostre giornate negli anni passati. E ciò, non per volubilità nè per presunte o accertate carenze delle pregresse esperienze, ma solo perchè l'Associazione, essendo al servizio dei suoi membri, deve recepirne le istanze innovatrici e miglioratrici in modo da dare a tutti soddisfazione con l'accoglimento, in tempi più o meno lunghi, delle legittime richieste e delle concrete proposte. E mi spiego. Finora nei nostri incontri abbiamo privilegiato il momento culturale. Ci siamo, cioè, ritrovati qui nel Salone a sentire relazioni e interventi che alcuni colleghi di volta in volta proponevano, riferiti a particolari argomenti su cui poi avremmo dovuto ancorare, nel tempo, la nostra riflessione. Questo genere di giornata culturale ha trovato larghi consensi e motivi validi di giustificazione, ma è stato pure oggetto di qualche critica - amichevole, benevola e costruttiva, certamente - la quale ha evidenziato un'altra faccia della nostra realtà. E' stata, in particolare, espressa un'altra esigenza da parte di non pochi soci qui affluenti da tante parti i quali sottolineano che sta loro particolarmente a cuore il colloquio con gli amici di un tempo, lo scambio di informazioni, al riscoperta di amicizia ecc. Certamente questa esigenza di maggior tempo disponibile da utilizzarsi in colloqui privati è largamente avvertita e diffusa; essa esigenza, per verità, con il genere di giornata fin qui realizzata, rimaneva mortificata e compressa. Il Comitato di Coordinamento dell'Associazione ha avvertito questa nuova emergente aspirazione e si è fatto carico di sperimentare un nuovo genere di incontri nel quale la parte culturale fosse ridotta al minimo necessario e si desse il maggior spazio possibile ai colloqui personali. Per questo la giornata odierna è diversa dalle precedenti: non nella sostanza, forse; ma nello stile, si! Immedesimiamoci tutti, pertanto, in questo mutato clima, e traiamone le logiche conseguenze godendoci al massimo il piacere della reciproca compagnia in queste poche ore per un rapporto tra noi sempre più umano, esaltante, chiarificatore. In questa mutata situazione, provo io per primo a dar l'esempio e di conseguenza restringo al massimo tempi e verbosità di questo intervento tracciando in estrema sintesi lo "stato" dell'Associazione. Riassumo quindi quel che debbo dire in pochi punti telegrafici: Il Barbarigo 21 • Lo "stato" morale oell'Associazione è buono: prendiamo sempre più coscienza della nostra identità, cresce l'interesse, aumenta la partecipazione e molti dichiarano la disponibilità. In questo contesto, vorrei richiamare la comune attenzione su un tema che a me sta particolarmente a cuore. Quanti ci riconosciamo nei valori del "bonitatem, disciplinam, scientiam" dobbiamo concentrarci e riflettere sul tema della "generosità". E cioè dovremmo esamimarci dentro per verificare il nostro impegno personale in favore dei nostri amici, eliminando coraggiosamente quei residui di egoismo, di grettezza, di disinteresse per i bisogni e le sofferenze altrui che spesso ci soffocano e ci tarpano le ali verso amicizia e fratellanza vere e sincere. La generosità dovrebbe essere il distintivo che ci caratterizza e ci unisce. • I tempi di aggregazione di nuovi aderenti sono molto lenti ed occorre, perciò, uno sforzo comune per far crescere il consenso e l'interesse. Vi offro una via per raggiungere lo scopo. Ciascuno di noi si faccia carico di portar qui con sè un ex-alunno che finora è mancato all'appello. Credo che se ci sarà questo nostro personale impegno - ed io caldamente vi esorto ad assumerlo - l'associazione crescerà nel numero (che è già buona cosa) ma soprattutto nella letizia (che è la meta da perseguire). • Lo "stato" economico dell'Associazione è meno buono. Sia chiaro : non abbiamo debiti nè cambiali in protesto. I fondi, però, che il Cassiere - Ministro amministra - oculatamente e saggiamente - son pochi... troppo pochi. Oddio: non è che l'associazione vive in virtù dei soldi: ci mancherebbe! Gli ideali che ci aggregano son ben altri! Né è che l'associazione espelle dalle sue file coloro che dimenticano (o fingono...) di pagare la quota sociale. Ohibò! L'associazione riceve da tutti e dà a tutti quel poco di cui dispone e non nega a nessuno quel quasi niente che possiede. Certo che se i fondi fossero maggiori, il Direttivo dell'Associazione potrebbe servire meglio i soci ed avanzare proposte più interessanti. Chi accusa il Comitato di Coordinamento di scarsa iniziativa e di debolezza propositiva, tenga presente - oltretutto la nostra debolezza finanziaria. Assemblea del 25-4-1986: Il dibattito Pensateci a questi problemi economici: aiutate il nostro cassiere e date la possibilità al Comitato di far di più e di servirvi meglio. • 11 Giornale, cosi come ora noi l'abbiamo pubblicato, ha sempre ottenuti ampi e convinti consensi. E ciò fa piacere a noi tutti perchè esso è veicolo di informazione e di fratellanza. Ne stampiamo solo 500 copie:poche, ma per noi sufficienti: chi volesse averne qualcuna in più per sollecitare altri amici, basta che lo chieda. Il Giornale che faremo quest'anno come già siete stati informari - sarà diverso perché lo scriveremo in molti: molti, infatti, siamo già quelli che abbiamo preso la penna in mano: chi vuole ancora aggregarsi è in tempo: mandi un pensiero, un ricordo, quel che vuole: di consenso o di critica: anzi, meglio di critica: purché costruttiva. E credo che questo Giornale che noi stamperemo nei prossimi mesi sarà una felice sorpresa per tutti e - mi auguro - un successo! Aspettate e vedrete. Però il Giornale costa: e costa pure caro! Nell'ultima circolare vi ho fatto una proposta - che qui ripeto - per un versamento straodinario. Mettetevi una mano sulla coscienza e l'altra sul portafoglio. Io vi ho chiesto e vi chiedo aiuto. Non mortificate la mia speranza e non deludete la comune aspettiva. Come vedete, tutto il Comito di Coordinamento fa del suo meglio per tirare avanti l'associazione: date una mano anche voi, non vi tirate indietro. D'altronde, chiedo poco e siamo in tanti: un milione di oggi non è mica quello dei tempi del Sig. Bonaventura!?! • L'anno prossimo scade il biennio degli attuali componenti il Comitato di Coordinamento e si dovrà procedere al rinnovo delle cariche sociali. Pensateci in tempo e avanzate proposte concrete. Chi si sente di poter dare un pò del suo tempo e della sua attività, si faccia avanti e dichiari la propria disponibilità. - L'anno prossimo credo che occorrerà procedere ad un rinnovo generale di tutta la dirigenza. Pensarci, quindi, occorre: e non dormirci sù! • La grammatica del nostro grande prof. Sartini (primizia di questo incontro) e la vita di Barbarigo di Volpini (per chi ne fosse sprovvisto) - entrambe in riproduzione anastatica - sono sul tavolo del cassiere a vostra disposizione. Con una sola raccomandazione: esse vogliono costituire un premio, o un regalo, a quanti hanno preso o prenderanno impegno a fare affluire nelle casse sociali qualche straordinario contributo economico. Però, a prescindere da tutte le considerazioni, una copia della grammatica c'è per tutti, ci mancherebbe! • Lo sapevate che nel 1990 - cioè tra neppure 4 anni - si compiono 300 anni di vita di questo Collegio? Ve lo ricordo io: a me lo ha detto il Rettore. Bisogna quindi aguzzar l'ingegno e pensare in tempo a solennizzare la circostanza. Trecento anni son tanti! Fortunati noi che potremo vivere questa festa. Proporrò al Comitato di discutere questo avvenimento per non arrivare impreparati. • Concludo velocemente: dobbiamo ricordare il socio Bazzuoli, Ispettore Generale medico presso il Ministero di Grazia e Giustizia, morto recentemente. Non era mancato mai ai nostri incontri dimostrando vivo interesse e gioiosa partecipazione! Il Signore lo abbia in pace. I saluti, i complimenti, il benvenuto che dovevo premettere a questo intervento, li faccio adesso, alla conclusione. E ci aggiungo pure tanti auguri perchè - Deo adiuvante - noi tutti, le nostre famiglie, i nostri amici godiamo tanta salute e tanta serenità, unite a tanta gioia di vivere. II bilancio in funzione dell' amicizia Relazione del Cassiere Anche quest'anno siamo giunti alla, data del 25 Aprile che, nel suo valore storico, per noi acquista anche valore affettivo, di ritorno ad un passato che ci unisce e riunisce. Ed è bello trascorrere la giornata tra queste mura che ci videro ragazzi, esuberanti, pieni di fanciullesca baldanza, di speranze e di propositi. Mi sembra che il Sodalizio che spontaneamente abbiamo voluto costituire, qualche anno fa, riesca bene a svolgere la sua funzione. Ci ha consentito, se non altro, di rivederci, di riconoscerci, di rinvigorire quei legami sopiti da anni e di riallacciare rapporti e riacquistare familiarità con i vecchi compagni di studio. La stesura del GIORNALE ASSOCIATIVO, con cadenza annuale, costituisce un documento importante e valido per rinsaldare quei vincoli, per entrare in momenti di riflessione e rivalutazione del nostro passato giovanile". La partecipazione di molti, darà sicuramente a questo nostro elaborato un volto nuovo, personale, e dalla loro penna scaturirà un documento vivo, stimo- 22 II Barbarigo _ lante, pieno di idee, fatti e moltissima umanità. Si è voluto anche, e con sacrifici, riprodurre in numero limitato di copie, gli "ELEMENTI GRAMMATICALI" ordinati dall'erudito Canonico Sartini, Prefetto degli Studi ed incisi dalla rinomata Stamperia del Seminario di Montefiascone, ed un. opuscoletto contenente brevi notizie biografiche sul Venerabile Barbarigo, a cura di Mons. Bergamaschi. Ci sono entrambi cari perché l'uno ci riporta ai fasti del Collegio-Seminario di Montefiascone, unica fonte per quei tempi, nel comprensorio, di scienza e luogo di formazione di schiere di giovani, desiderosi di apprendere per poi inserirsi degnamente nella vita della collettività e l'altro alla conoscenza della santa ed imponente figura del Card. Barbarigo. Certamente, le spese per la stampa di tali documenti, incidono notevolmente sulle modestissime entrate derivanti dalla volontaria contribuzione e da straordinarie elargizioni che ci consentono, se non altro, di chiudere in pareggio il modesto bilancio di cui disponiamo. Un sentitissimo ringraziamento, a proposito, va a S.E. il Card. Guerri, che con spiccata e tangibile sensibilità, ha offerto la Sua adesione alla stampa del Giornale. Tengo a precisare che la spesa per la produzione di tale elaborato, che si aggira sul milione, è limitata alla sola riproduzione del testo, al prezzo della carta ed al modesto guadagno della tipografia, perché per il resto, i soliti encomiabili volenterosi si trasformano per l'occasione in correttori, controllori di bozze, impaginatori ecc. Mi sembra in ogni modo che tali lodevoli iniziative debbano essere incentivate attraverso l'approvazione e l'entusiasmo di tutti gli aderenti. Molti, attraverso scritti o telefonate, hanno fatto sapere che il Giornale Associativo è per loro strumento di conforto, di riflessione, di ricordi. E' un mezzo di arricchimento interiore, gradito ed apprezzato perché porta dentro di noi aria di festa, volontà di giovinezza, come ebbe ad esprimersi in proposito il Sig. Presidente. E questo indubbiamente ci conforta e ci sprona per il futuro. E lesinando qua e là, tra le modestissime pieghe del bilancio, abbiamo anche potuto elargire al Seminario un simbolico contributo che, rapportato alle entrate, acquista lo squisito significato dell'obolo evangelico della vedova... Per concludere, anche quest'anno siamo riusciti, per oculata parsimonia, a chiudere il bilancio in pareggio. Mi appello ora però a tutti gli aderenti, affinchè provvedano, responsabilmente, almeno al versamento della quota sociale. Non possiamo continuare la nostra attività, purtroppo, se vengono a mancare gli essenziali ed indispensabili mezzi di sussistenza. Ma sono certo che non ci saranno defezioni.! A questo punto è stato posto in approvazione il bilancio consuntivo per l'anno 1985 che offre il seguente... andamento: GESTIONE FINANZIARIA 1985 Capodimonte: ENTRATE: Rimanenza esercizio 84 Quote sociali anno 1985 Contributi opera Volpini Totale L. 141.500 " 1.230.000 " 230.000 " 1.601.500 USCITE: Stampa giornale Stampa elementi grammaticali e vita Barbarigo Contributo seminario L. 650.000 " 280.000 " 100.000 " 1.030.000 Spese corrispondenza gestione, fotocopie, ciclostili Totale 505.750 " 1.535.750 Rimanenza Cassa Anno 1985 65.750 ...ed i soci, unanimi, lo hanno Verso Relazione il approvato. futuro dell'Assistente Il 27 marzo 1986, Giovedì Santo, il Papa firmava il Decreto con cui stabiliva i nuovi confini della diocesi di Viterbo, che veniva cosi a comprendere anche le 4 diocesi di Acquapendente, Bagnoregio, Montefiascone e Tuscania, dichiarandole giuridicamente estinte come Diocesi, ma conservando alle loro Chiese Matrici il titolo di CONCATTEDRALI. La notizia ha sorpreso alcuni di noi, per l'estinzione della propria diocesi di origine, ma, riflettendoci bene, i motivi di conforto non mancano. Torniamo con la mente a cavallo dell'Anno Mille. Le due diocesi più grandi, che occupavano tutto il territorio dal Tevere al Tirreno, erano Tuscania e Bagnoregio, che vantavano ambedue una origine apostolica, ed erano affiancate dalle altre piccole diocesi di Vulci-Castro, Nepi e Sutri, Ferento-Orte-C.Castellana. Viterbo e Orvieto sorgeranno verso la fine del secolo XII, Montefiascone nel 1369, Acquapendente nel 1649. Tutte insieme formavano un'unica unità politica, chiamata "Patrimonio di S. Pietro", che comprendeva tutto il territorio posto tra Radicofani e Roma, ed approssimativamente limitato dal Tevere, dal Paglia, dalla Fiora e dal Mar Tirreno, accresciuto in seguito da altri territori limitrofi, come il Comitato di Sabina e le terre degli Arnolfi colle importanti città di Narni, La Rocca Terni, Rieti, Amelia e Todi. (Antonelli). Il Rettore Pontificio risiedeva, colla sua Curia, nella Rocca di Montefiascone, da cui, si può dire, si dominava l'intera Provincia. Coll'unitd d'Italia scomparve questa millenaria Provincia, che unificava le nostre popolazioni; Orvieto fu unito alla nuova regione Umbra; Civitavecchia passò al Lazio, anzi alla provincia di Roma; Viterbo, col titolo di capoluogo di provincia, fece parte anch'esso del Lazio: cosi le nostre 3 più importanti città, Orvieto Viterbo e Civitavecchia, che avrebbero dovuto formare la regione della TUSCIA, che affondava le sue radici all'Alto Medioevo, vennero invece disperse fra l'Umbria e il Lazio. Il nuovo assetto territoriale, che il Papa ha creato, non trova le nostre diocesi impreparate all'unione, perchè l'unità politica durata oltre un millennio, aveva scavato in tutti delle comuni radici. Un altro passo, verso una nuova comune cultura, venne loro nel secolo dei lumi, nel Settecento, per merito di questo Centro di Studi del Seminario Collegio Barbarigo di Montefiascone e Corneto, dal quale uscirono Vescovi, sacerdoti, laici e studiosi, che portarono nella Provincia del Patrimonio idee e interessi comuni. Forlani di Capranica, nostro exalunno, diventò vescovo di Civita Castellana e Orte; Bernardino Recchi, strettissimo collaboratore del Cardinale Barbarigo, vescovo di Acquapendente; Borghesi di Siena, ex-alunno, vescovo di Pitigliano. Giuseppe Sartini, dopo la caduta di Napoleone, fu chiamato a Viterbo, quale prefetto degli studi, e vi rimase circa un triennio Damiano Bacchi di M.Fiascone divenne rettore e prefetto degli studi di Magliano Sabino. Tommaso Catalucci di Gradoli, rettore e prefetto di Acquapendente e poi, per alcuni anni, anche di Amelia. Mons. Lucidi di Grotte, Mons. Volpini di M. Fiascone, Giuseppe Rosati di Valentano, ricoprirono con grande onore delicati posti della Curia Romana, per non parlare dei nostri Cardinali: Spoglia di Corneto-Tarquinia, Mertel di Allumiere, Macchi di Capodimonte, Ferrata di Gradoli, Guerri di Tarquinia, tutt'ora vivente, gloria ultima del nostro Collegio. ,E, più vicino a noi, Mons. Costantini di Acquapendente fu per molti anni vescovo di Sutri e Nepi: a lui si deve la fama del celebre Santuario Mariano di Il Barbarigo 23 Castel S. Elia. Non possiamo dimenticare il Laterese De Angelis, uno dei più celebri nostri ex-alunni, che illuminò, di bontà e di cultura, quel periodo storico degli ultimi anni di Napoleone, in mezzo al migliaio di sacerdoti dello Stato Pontificio, che gemettero nelle carceri di Parma, Finistrelle e Corsica, dove alcuni lasciarono la vita in mezzo alle sofferenze, e furono considerati veri martiri delle fede. Ed ultimo per ordine di tempo, il professore di molti di noi, Acaste Bresciani di S. Lorenzo Nuovo, secondo a nessuno dei più celebri latinisti di questo famoso Collegio, sacerdote buono e cuore gentile dì poeta, nato nel 1882, defunto il 2 marzo 1969, del quale, a Dio piacendo, pensiamo di ricordare la bella figura di sacerdote e di studioso, nei prossimi anni, fino a celebrarne solennemente il 20° della morte. Avanti, miei cari amici del Barbarigo: dobbiamo, con nuova lena, affiancarci alle esigenze dei nostri tempi, come il Barbarigo, che, col suo Centro di studi, accese una fiaccola nel secolo dei lumi, che ancora risplende. SOCI ADERENTI quinto elenco Aprile 1986 Mons. D'Ascenzi Giovanni Vescovo di 52100 - Arezzo Agostini Don Antonio Via Onanese - Loc. La Sbarra 01021 - Acquapendente Ambrosini Angelo Via delle Grotte, 19 01020 - S. Lorenzo Nuovo Sig. Baldi Giuseppe Largo dei Claudiani, 28 00178 - Roma Dott. Bernardini Piero Clinica Columbus Via Pineta Sacchetti, 506 Roma Dott. Bigini Virgilio Via Pio VI 01020 - San Lorenzo Nuovo P.I. Costantini Carlo Alberto La Sbarra - Tel. 0763-74069 01021 - Acquapendente (VT) Prof. Feliziani Sergio 01010 - Oriolo Romano Sig. Giraldo Elio Via Zeppnami, 80 01027 - Montefiascone Marchiò Don Eugenio Arciprete di 01018-Valentano Aw, Morotti Francesco Via Pederzoli, 9 41100 - Modena Aw. Morotti Francesco Via Pedorzoli, 9 41100 - Modena Prof.ssa Pannucci Ersilia 01010 - Capodimonte Sig. Piccioni Ennio Viale Trieste, 71 01100 - Viterbo Dott. Pierrettori Mario Via S. Severa, 3 00066 - Manziana (RM) Dott. Pitzalis Andrea Via Cassia Sud 01021 - Acquapendente Sig. Porroni Gaetano Uff. Giudiziario Via Zepponami 01027 - Montefiascone Dott. Ranucci Alberto Loc. S. Amanzio 01030 - Canepina Trapè Don Giuseppe Via Mosse, 32 01027 - Montefiascone Vincenti Don Sante Parroco di Villa Fontane 01018-Valentano ni, Via Friuli 43 - 01100 Viterbo. Termine ultimo di prenotazione: 20 agosto 1986. Essendo limitati i posti a disposizione, si prega di sollecitare al massimo le adesioni, avvertendo che le stesse non saranno prese in considerazione se non accompagnate dalla quota di iscrizione. Dott. Brachino Mariano Via Cipollone 01027 - Montefiascone Dott. Brinchi Angelo Via G. Contadini 01027 - Montefiascone Dott. Contadini Impero Via Curtatone, 4/d Roma Padre Corba Enzo Catholic Church P.O. Gaunardi Dst. Barisal Bangladesh Cordovani Don Sabatino 01026 - Grotte S. Stefano (VT) Isola Bisentina: La Chiesa dei Farnese L'isola vista Bisentina, da v i c i n o Grazie a Carlo Alberto Costantini, ex-alunno cordiale e abile organizzatore e sotto la sua guida saggia ed esperta, il Comitato di Coordinamento dell'Associazione ha effettuato il 24-5-1986 una gita all'isola Bisentina a scopo turisticoculturale-organizzativo. Il viaggio è stato effettuato in comoda e veloce motonave, su acque limpide e calmissime, sotto un caldo sole e luminoso; con partenza da Marta alle ore 9 e con approdo alla darsena dell'isola dopo tranquilla e fresca navigazione durata 30 minuti. "Sbarcati" (come gli eroi di Salgari) abbiamo perlustrato e visitato tutta l'isola (ettari 14), le sue pianure, i boschi secolari, le insenature, le colline, le piante da frutta, i rosai, le chiesette, la Chiesa monumentale dei Farnese, il vecchio cadente convento... Uno spettacolo della natura; una meraviglia che nasce dall'ambiente incontaminato; un'aria fresca e pulita mai respirata simile da tanti decenni; un appagamento per la vista; una musica per le orecchie, cantata da usignoli, gabbiani, fagiani; acqua trasparente che lascia intrawedere anche i lattarini... Un'esperienza irripetibile per chi l'ha vissuta!... Analoga esperienza tutti gli ex-alunni possono fare perchè il Comitato ha deciso di organizzare per i soci altra gita con il seguente programma: — Data della gita: Domenica 7 settembre 1986; — Appuntamento: ore 8,30 a Marta, in piazza e partenza immediata; — Visita all'isola: ore 9-12; — Pranzo: ore 13 a Marta (facoltativo); — Spesa: quota di iscrizione L. 10.000 a persona per le spese varie; — Partecipanti: ex-alunni e loro familiari; — Posti disponibili: circa 50. Chi intende partecipare invii la quota di iscrizione al Ministro : Memmo Crucia- 24 II Barbarigo _ IL FOTOGRAFO PRESENTA L'ASSEMBLEA PROFESSIONISTA I SOCI DEL PARTECIPANTI 25 APRILE ...mentre AL- si 1986... il dilettante diverte all'isola Bi sentina Marta: Sorridenti, prima della partenza Ingrugnati Isola: Preoccupati, dente Pensierosi sotto la chiesa ca- In mezzo al Lago: Pensierosi, al ritorno Loyd Adriatico Agenzia principale di Montefiascone Corso Cavour 92 - Tel. 076186702. Agente: Geom. Alessandro Giusti Da sempre propone sicurezza: Semplicemente e signorilmente Polizza "4R": la più conveniente per la vostra macchina con un minimo costo di circa il 40% a parità della polizza Bonus-Malus. Sorridenti Nulla osta del Tribunale di Viterbo 3 Ottobre 1955 Direttore responsabile D. NAZARENO GAUDENZI Tipolito TERENZI M. - Roma - Tel. 27.44.92 Stampato in Roma: Luglio 1986