la gloria e la santita` devono continuare storia e tradizio

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la gloria e la santita` devono continuare storia e tradizio
01027 MONTEFIASCONE (VT)
0761/86070
Supplemento a: "La voce del Santuario"
Spediz. in abb. postale Gr. IV/70
LA
GLORIA
SANTITA'
CONTINUARE
E
LA
DEVONO
Atti del 3° Convegno Annuale - Montefiascone 25 Aprile 1986.
BONITATEM, DISCIPLINAM
ET SCIENTIAM DOCE ME
Parla il Rettore
Nella vita del Barbarigo scritta dal
Bergamaschi si legge che il Cardinale diede inzio alla fondazione del seminario
nel 1690.
Ci avviciniamo ormai ai tre secoli di
storia del Seminario. Quanto tempo è già
passato da quando il Servo di Dio pose la
prima pietra! Quanta gloria e quanta santità!
Proprio in questi giorni rimettendo
in ordine l'archivio, mi sono divertito a
leggere gli elenchi o i registri scolastici
per vedere se trovavo qualche nome famoso di ex-seminaristi o di ex-convittori.
Montefiascone: La Cattedrale
Ho trovato nomi di futuri letterati,
Incarichi Associativi
latinisti, vescovi, cardinali e di futuri santi, come Vincenzo Maria Strambi di Civi- Presidente:
FRANCESCO RANUCCI;
tavecchia, che ha studiato nel nostro SeCassiere:
minario nella seconda metà del '700.
GUGLIELMO CRUCIANI;
Nella vita di questo Santo si legge che il
Assistente
ecclesiastico:
Seminario di Montefiascone era illustre a
DON
ANTONIO
PATRIZI ;
quei tempi per i dotti maestri che vi inseComitato di coordinamento :
gnavano e per il gran numero di seminariLINO BARZI
sti.
PIETRO CONCIOLI
Ho visto anche i nostri nomi, i nostri
NAZARENO GAUDENZI
risultati scolastici, i giudizi dei professori
PIETRO GIORGI
e mi sono detto: "Forse tra questi nomi
ANTONIO PAPACCHINI
di persone tutt'ora viventi ci saranno col
LUIGI PICOTTI
tempo uomini illustri per fama e santità;
CARLO PILERI
ma anche tra quelli che verranno dopo di
GIOVANNI PILERI
noi, fra quelli che oggi sono in SeminaCESARE TACCONI
rio, ci saranno studiosi e santi."
ANTONIO TACCONI.
Saper che io sono stato chiamato dalla Provvidenza divina e dall'amore di Dio Soci cooptati nel Comitato:
ad entrare a far parte di questa grande faALFREDO CENTO, R e t t o r e del Collegio
miglia, che è il Seminario, mi ha fatto naSABATINO CORDOVANI, e x R e t t o r e
scere nel cuore un'immensa gioia. Penso
LUIGI MOCINI, e x R e t t o r e
che anche per voi sia così.
GIROLAMO
MERLO
E' nostro compito di ex-alunni, perciò,. fare del tutto, alcuni come genitori,
altri come sacerdoti, perché molti provi- e nell' amore della Chiesa locale; aumenno questa gioia. Il nostro amore per il tare le proprie vocazioni e per la maggior
Seminario, che ha dato tanto a noi, si de- gloria di Dio e per il bene degli uomini.
ve manifestare nel fare in modo che esso, Soltanto cosi la nostra gloriosa tradizioin un momento cosi difficile per le voca- ne potrà continuare.
zioni, possa .crescere nella stima di tutti
Alfredo Cento
Organo dell'Associazione
degli ex alunni del Collegio
STORIA E TRADIZIONE:
PROBLEMI
E
PROSPETTIVE
Formazione
Barbarigo
Parlano gli
Spirituale e culturale al
ex-Rettori
Caro Francesco, ti dico subito che
accetto di essere tuo socio cooptato per
il Comitato di Coordinamento Associazione ex-alunni Barbarigo. Tieni però
presente che tratti con una persona in
declino. Oltre ai miei 73 anni di età (senectus ipsa morbus), sai che nel 1984 ho
avuto un cumulo di guai per questo mio
corpo fragile; nel 1985 ancora un ricovero in clinica per altro intervento chirurgico. Ora grazie a Dio, mi sento ripreso benino, ma, nonostante l'apparenza di buona salute, qualche guaio
permanente
mi sta giornalmente ricordando che si avvicina la mia ora...
Il 25 aprile hni riprometto di potermi
recare a Montefiascone,
cosi potremo
parlare finalmente da vecchi amici.
Mi complimento per il tuo attaccamento al Barbarigo.
Con tanti cordialissimi saluti, nel desiderio del prossimo incontro.
Sommariamente i miei ricordi e pensieri sul Barbarigo potrebbero essere questi. Da alunno ho avuto dei grandi benefici: a) nello spirito dalla esemplarità dei
Superiori; la pietà profonda di quell'anima semplice di Mons. Chierichetti e la
bontà e delicatezza di Don Ercolani:
quanti piccoli ma significativi episodi mi
tornano spesso alla mente!...; b) nella
formazione culturale dalla competenza e
impegno degli insegnanti; come non
ricordare le figure di Mons. Bresciani e di
Mons. Leonetti? C'era una vera serietà
nella impostazione disciplinare e culturale.
Da Superiore non posso che ricordarmi con rammarico. Frutto acerbo dei
campi, cresciuto come "figlio della lupa"
e "balilla", mi son trovato alla direzione
del Seminario senza alcuna preparazione
pedagogica, con una mentalità fascista di
imposizione autoritaria. Se non ho fatto
tante rovine lo debbo ad uno spirito di
2 II Barbarigo _
austerità che avevo imposto a me stesso,
al sentirmi profondamente attaccato ai
ragazzi (mai sono andato a riposarmi senza una visita ai dormitori, mai mi sono
levato dopo gli alunni, ma almeno mezz'ora prima con relativa ispezione alle
camerate).
Un altro buon ricordo è quello di un
forte attaccamento alla biblioteca. Quando caricarono un camion con molti libri,
selezionati dai professori del Regionale
della Quercia, provai un vero schianto.
Non ebbi la soddisfazione di poter vedere sistemata e valorizzata la biblioteca,
che è rimasta sempre la tomba di una
buona cultura...
Lasciai il Barbarigo con la gioia di
vederlo in buone mani: Cruciani, Mocini,
D'Ascenzi, Galeotti ecc. Questo bel
gruppo compatto e attivo si sfaldò alla
fine di un anno scolastico; dopo di che
il declino attuale.
Uno dei "desiderata" degli ex del
Barbarigo penso che dovrebbe essere proprio quello di rivedere riattivata quella Istituzione così ricca di benemerenza nei
confronti di tanti paesi dell'Alto Lazio.
Sabatino Cordovani
Montefiascone:
Est, est, est!
Divagazioni storico-culturali su mezzo
secolo di vita al Barbarigo
Caro amico Checco sei stato una
cannonata: con impeto gioioso e travolgente hai squarciato la caligine che si
andava addensando sul nostro passato.
Mi sarebbe piaciuto collaborare anche nelle strutture organizzative, ma...
Ho stentato anche a rispondere ai
tuoi simpatici stimoli per qualche cartella. Varie sono state le ragioni... tra le
quali il timore di risvegliare rimembranze
non sempre felici. Camminando si lasciano delle tracce non sempre positive.
Invero se la mia memoria fosse più
agile e la fantasia in grado di dare una
tintarella epica a quelle piccole avventure che, svolazzando sulla trama seria dei
doveri, degli impegni, dei problemi, dei
successi o degli insuccessi, acquistano l'onore d'essere simbolo di una età e d'una
esperienza, potrei raccontare l'arco di
cinquantasei anni di Seminario.
Potrei cominciare dal lontanissimo
1930: l'ascetico vescovo Rosi, il caro
Chierichetti, l'umilissimo e virtuosissimo
D. Angelo, Mons. Bresciani, D. Luigi
Ceccarelli... Sarchioni, Crocchio ni, Giorgi, Menichelli, Giusti, Ambrosini, Boni,
Baldi, Sbocchia; poi Basili, Paceri, Piastra, Patrizi, Governatori, Gaudenzi,
Firmani, Tarantello... una vera compagnia di "baldi e boni".
Gli esami d'ammissione al Liceo a La
Quercia dimostravano la buona preparazione del Barbarigo. Anche nel 1936 non
poteva essere altrimenti: c'erano Belardi,
D'Ascenzi, Galeotti, Governatori, Marinelli, Mocini... Epperò una tintarella di
presunzione ci distingueva!...
Nel 40/41 Mons. Leonetti, indimenMontefiascone: S. Flaviano
ticabile e forte educatore, mi volle predel sapere a quello del fare, dalla rigida
fetto d'ordine al Barbarigo. Ricordi?
reclusione dei seminaristi all'apertura di
Tacconi, Pileri, Nicolai, Giudizi... mi
tutte le porte, dal "silenzio grande" alla
hanno gratificato della loro stima.
Poi venne l'anno 1943/44: guerra, faspontaneità senza limiti, dal rigore alla
me, bombardamenti, allarmi, fughe, rifucontestazione del '68, dal riflusso a
gi, meditazioni e discorsi del Duce, gre- "quelli dell'85", dal Regolamento di
co, latino e bollettini di false vittorie, Mons. Rosi alle Normae quaedam"...
guerra "francese" e guerra "mondiale",
Non ho rimpianti, nè rimproveri da
" m u f f a " , ' " c a t e n a " e paura; fascismo e
fare... La pedagogia da me vissuta, nella
antifascismo. Il gran Rettore, misurato e
dimensione passiva o attiva, non è stata
forte, saggio e paterno era D. Sabatino...
né antica né moderna, ma contempora10 ero il suo vice...
nea...
Però gli anni migliori del mio sacerOra che termino, caro Checco, ti
dozio sono quelli trascorsi al Barbarigo
dirò che sono contento d'aver ricordato
come Rettore. Se altri non sono del me- e ti ringrazio d'avermi costretto a farlo...
desimo parere è segno che la realtà hà
anche se non serve a nessuno...
sempre più facce...! Del resto è difficile
Luigi Mocini
che tutto sia sbagliato. Ma si viveva l'ansia di coprire bene quello spazio che la
Questa divagazione
storico-culturale
Provvidenza ci affidava. C'era la provvidi Mocini ci fa cavalcare mezzo secolo di
da vicinanza di Mons. Rosi, c'era Pio XII,
storia: lui ne riassume i momenti fondac'erano le speranze del dopoguerra, c'era
mentali e ne evidenzia, con
l'ottimismo
11 rinnovamento della Chiesa, dei Seminache gli è congeniale, il filone
educativo
ri, della catechesi, delle associazioni, delche lo ha visto attore di primo piano:
la pedagogia; c'era il fervore della ripresa
alunno modello, intelligente e preparato;
cattolica; c'erano le campagne dell'ACI,
prefetto, vice Rettore e poi Rettore. Un
le Acli, i coltivatori diretti; D'Ascenzi
faro, una luce: un punto di riferimento
premeva e riempiva anche il Seminario
che, con la dottrina e l'esempio, ha illudel sociale. D. Renato cominciava la carminato la strada di tanti. Le tue parole,
riera del matematico...
caro Mocini, servono a tutti: a chi ti ha
E c'erano Filié, Caporossi, Landi O. e G.
conosciuto di persona, a chi ha soltanto
Stefanini, Pascucci, Forti, Ballarotto,
sentito parlare di te. Bravo!
Corba; c'era D. Sergio con la "boccetta",
(F.R.)
c'era Raponi, Leone, Bernardini, che mi
ricorda con piacere, Mariotti, che mi perdona certi scappellotti, c'era il cacio giallo dell'UNRA, c'erano le ...armi per il
Il Collegio non è un cimitero di
'48. C'era mamma Cesira che adorava il
memorie, di ricordi, di episodi.
piccolo Virginio. C'era il papà di PapacSarebbe troppo poco!
chini, che mi onorava delle sue ottave
E' un luogo vivo fatto per i vivi:
rime... e c'era Mons. Rossi con Foca...
punto di partenza della nostra
Sono restate tra le mie carte molte care
esperienza dove abbiamo cominletterine, molte foto con dedica (Melaciato a selezionare i valori della
ragni, Saraconi, Cionco...).
vita.
Poi venne un tempo di molta nostalE', inoltre, luogo di ritorno e di
gia...
incontro dove riscopriamo la noIl 1974 mi serbò la felicità di un ristra identità, dove ci confrontiatorno... Ma tutto cambia, provvidenzialmo con la nostra coscienza e
mente... Tuttavia non sono stato mai
con l'esperienza dei nostri amici.
inutile.
E' anche luogo...
Ho visto e vissuto il cambiamento di
Prova tu a continuare il discortante cose: dalla pedagogia del fascismo
so...!?!
a quella (pseudo) americana, dal primato
I Ricordi del
IL
GALATEO
SORA
E
Chierici
LA
CHECCA
Non voglio fare un articolo pesante
(che non sarebbe letto) ma, per gli amici
e tra amici ricordare persone e momenti
della vita al "Barbarigo": saranno dei
semplici flash:
Le racchette
Ricordo che quando D. Latino Salotti venne a Valentano nel 1928 e parlò
con mia madre (erano cugini), questa era
tutta preoccupata per me che andavo in
Seminario. Don Latino mi parlò molto
bene: però io che pensavo ai miei giochi,
domandai: "ma in Seminario si gioca?"
"Certo" mi rispose: e mi disse che tra i
giochi c'erano anche le racchette.
Quando entrai a Montefìascone, non
vedevo l'ora di giocare con le racchette,
mai sentite nominare. Era un piccolo gioco che non ci divertiva granché, perché a
noi ragazzi piaceva correre. Allora, neppur parlare di palla o pallone: però noi,
quando andavamo a passeggio con il
mantello, appena vedevamo vicino alle
rare officine qualche pezzo di gomma, lo
prendevamo. Alla sera era una gara farne
con le forbici striscie e poi... la palla. Dura certo: ma rimbalzava bene, anche se
rompeva qualche vetro: e don Angelo Ercolani, Vice Rettore, diventava molto
nervoso!
Il galateo
Era di obligo : ma che cosa era? Don
Ercolani ce ne parlava: ci si preparava attentamente: come mangiare: come stare
a studio: come salutare le persone: il tono di voce: poi c'era un capitolo a parte
"per il Vescovo": tra le altre cose come
comportarsi quando si incontrava a passeggio: perché il Vescovo Mons. Rosi, lo
si incontrava spesso, a passeggio. A parte
d i usi di allora: era molto importante:
ed è tuttora: la gentilezza sempre dona.
Mons. Bresciani Acaste
Fù una fortuna averlo professore: lo
stimavamo tantissimo: Latinista di fama
internazionale, era contento di fermarsi
con noi: a scuola, a ricreazione e a passeggio.
Declamava il Suo Virgilio : ma sapeva
parlarci di tutto.
Un giorno ci accompagnò (a piedi)
per una passeggiata fino a Bolsena: camminava forte: ci parlava di storia, di piante e ci annunciò che avremmo visto vicino a Bolsena le "pietre lanciate": dimenticammo la fatica per vedere queste pietre lanciate: ma poi ci parlò di S. Cristina
e di tante altre cose. E ritornammo dopo
32 Km a Montefìascone. Quella sera
mangiammo di appettito anche se il riso
era scotto ed insipido.
Montefìascone:
Tramonto sul lago
Don Luigi Ceccarelli
L'avemmo professore in terzo ginnasio: latino ed italiano: sapeva insegnare,
e ci voleva bene.
Era canonico in cattedrale: e noi,
ogni domenica, si andava alla Messa cantata: e tutte le feste, con il Vescovo, alle
più belle funzioni.
Era molto entusiasta: a me piaceva
tanto quella semplicità unita al saper insegnare ed alla compostezza durante le
funzioni.
Ci domandava: come vi trattano? Erano tempi duri: so che una volta che rispondemmo un pò amareggiati, lo vedemmo il giorno appresso in seminario
tutto, sorridente: ci portò grosse cioccolate.
Don Amilcare
Molti lo prendevano in giro perché
prendeva il tabacco.
Ma noi lo trovavamo sempre in cattedrale, vestito da canonico: pronto al confessionale.
Anche noi andavamo qualche volta a
confessarci: c'era odore di tabacco: ma
più c'era un sacerdote di tanta pietà.
Il professore terribile
Guardavamo, quando veniva a scuola, di che umore era Don Tommaso Leonetti: era un pò tutto, in curia e con il
Vescovo: e forse anche stanco ed un pò
nervoso, quando veniva ad insegnarci greco e matematica.
Ma era bravo: forse troppo bravo: e
noi (almeno io) avevamo paura di lui:
non bastava studiare. Una volta mi azzardai a chiedere qualcosa sull'algebra, che
non ci avevo capito nulla. Mi sentii rispondere: mettiti a sedere: non hai studiato: ti metto 4 e lo dirò al Rettore.
E chi ci provò più a domandare?!!
Però era molto stimato: predicava
bene: ed era molto buono. Poi lo fecero
Vescovo.
Quando ebbi più confidenza con lui,
Vescovo e poi Arcivescovo, compresi ancora di più il suo valore.
Il Bargarigo 3
In foraminibus petrae
Nella Chiesa di S. Bartolomeo a me
ed altri (penso..) interessavano le due
cappelle vicino al coro : Il Sacro Cuore e
la Madonna di Lourdes con la scritta del
titolo.
Non so perché l'hanno tolte: io non
giudico: ma mi è dispiaciuto: "in hoc
non laudo".
S. Bartolomeo, .scorticato vivo ci incuteva timore: ma quel Cuore aperto di
Gesù: quella grotta di Lourdes con la Immacolata quante vocazioni hanno incoraggiato e formato.
Che canti e che cori! Più che le parole che ci venivano dette: Mons. Chierichetti parlava troppo difficile: D. Alessandro De Rossi parlava bene, era parroco alle Zepponami: aveva una bella voce:
Don Angelo Ercolani, ci voleva tutti e
subito santi: si preparava bene. Don
Osvaldo Belardi ci diceva tanti raccontini
come ad Aspiranti di Azione Cattolica.
Ma i mesi più cari erano il mese della
Madonna e del Sacro Cuore.
Io non li ho mai dimenticati.
La sora Checca
Era Francesca Giorgi, Maestra Pia Filippini: comandava in Cucina. Certamente avrà questionato tante volte con l'Economo (Don Sergio Capozzi) o con il Rettore Mons. Chierichetti.
Chissà quanto soffriva quando vedeva ritornare i piatti pieni, non mangiati
da noi. Ed erano tempi che non si doveva
protestare.
Mia madre quando veniva (ma molto
raramente perché non poteva) mi mandava qualcosa.
Si preoccuparono perché non eravamo in buona salute: allora venne un ordine "olio di fegato di merluzzo": prima
del pranzo tutti o quasi a prendere quel
disgustoso olio. Io mi misi tra i più furbi:
andavamo prima e mettevamo il nostro
olio di fegato di merluzzo nelle bottiglie
dei più volenterosi: una volta Cruciani
mi disse "ma come mai tu l'hai già finito?" Non risposi. Ma dopo, con gli altri,
ci facemmo molte risate!
Ma la sora Checca, quando poteva, ci
passava1 sempre qualcosa di meglio : zitta
zitta e sorridente. A me mi toccava spesso quando andavo a prendere le ostie ed
il vino per le S. Messe perché mi avevano
fatto Sacrestano.
Una volta combinammo una caccia
notturna ai piccioni che erano sopra S.
Bartolomeo: in piena regola! Io feci la
guardia: gli altri la caccia: ce li cucinò la
Sora Checca e facemmo una merenda indimenticabile alla "Mentuccia" dove c'era la famiglia di Mocini.
E' appena qualche ricordo: per rivivere del Barbarigo i tempi difficili ma
felicissimi: erano gli anni 1929-1933.
Nazareno Gaudenzi
4 II Barbarigo
UN C U P O L O N E E
BALUARDO
AL
FIANCO
_
QUEL
SUO
Lasciata la nativa Acquapendente, a
nove anni mi affacciai per la prima volta
a San Lorenzo Nuovo, sul cratere del lago di Bolsena.
Poiché dall'età di cinque anni ero più che chierichetto - sostituto sacrestano
della chiesa aquesiana di S. Lorenzo m.,
e poiché in quel 1931 avevo fatto la
prima comunione, il parroco don Vincenzo drilli, che d'estate si recava a Pozzuoli tutti gli anni per 'passare i fanghi',
volle farmi il regalo di portarmi con sé
fino a Roma e li (in attesa di riprendermi
al suo ritorno dal sud) mi consegnò a mia
zia materna Ermelinda, a zio Gino e ai
loro tre figli.
A San Lorenzo Nuovo, dunque, lo
spettacolo di quella così grande - mai vista! - distesa di acqua fu certamente il
più splendido stupore mio di quel mattino. Ma non molto dopo un secondo tuffo al cuore dovetti provarlo quando
repentinamente, scomparsa ormai da
tempo dietro a noi Bolsena, avvenne
l'imprevedibile: da quel curvone ultimo
al culmine del pendio più ripido della
Cassia, apparve a me rialzato ai vetri del
pulman di Garbini - al di là della balconata digradante dal paese verso il lago - la
distesa del colle montefiasconese.
Più che la bellezza dei sobborghi abitativi tanto bene inseriti nel verde intento che li abbraccia, mi colpi quella sua
spendida altura cosi massiccia di muraglioni e castello; quasi una fortezza. Insomma, tutto l'opposto del mio paese
nativo, sprofondato entro quella conca
ad imbuto che (almeno in quegli anni
lontani, e non so perché) ricordo designata come 'la conca dei bigonzi': uno
strano determinativo, probabilmente allusivo-offensivo nelle interpretazioni dei
non aquesiani, ma per noi del paese
niente affatto ambiguo; i bigonzi erano
solo ed esclusivamente gli aggeggi per
raccogliere e trasportare le uve: quelli
vi abbondavano di sicuro, ma non quelli... in carne ed ossa!
Il mezzo mese a Roma passò presto.
Al ritorno, lasciata alle spalle Viterbo, ben presto il motore cominciò ad affaticarsi ed il pulman ad arrancare lento
e misurato. Il mio sguardo ora non aveva
dinanzi, però, - come fra Bolsena e Montefiascone all'andata - il nudo massicciato della Cassia ma era irresistibilmente
attirato su quel cupolone a modo di damigiana gigante e - alla sua sinistra - da
quel baluardo imponente ed allungato e
dalle decine di occhi delle sue finestre.
Fu il mio primo incontro con il Seminario vescovile Barbarigo: ma io allora non
lo sapevo, e tanto meno avrei potuto immaginare che quella specie di fortilizio
già 250 anni prima di me aveva incominciato ad attirare moltitudini di occhi di
quanti - tornando, ad esempio, come me
da Roma - si erano trovati ad ammirarlo
Seminario nella stessa data, in un giorno
ben più a lungo di me perché, a causa
dalla... diligenza, era un... tutt'altro viag- di quel lontano mese di Ottobre 1913.
Ricordo che ci accolse paternamente il
giare!
Rettore Mons. Brovelli, il quale, additanQuanto a me, giunto alle prime case
doci la scritta che campeggiava all'ingresdel paese, mi andò scomparendo il baso, attorno al medaglione del gran
luardo a lato delia cupola; ma quella cosa
Fondatore, il Servo di Dio Card. Barbaria forma di smisurata damigiana sembrò
go, ci ripetè le parole del Salmo: "Bonidi più in più incutermi timore, quasi potatem, Disciplinam et Scientiam doce
tesse precipitarmi addosso con la sua mome". Era il programma preciso e complele incombente. E forse mi risognai, ma...
to che ci si proponeva in quel grande
non sono proprio sicuro, la cupola sua
giorno, vero dono di Dio.
sorella maggiore di Roma dinanzi alla
E il Seminarista Leonetti l'attuò in
quale ero rimasto conquiso pochi giorni
pieno, mentre io, che facevo parte della
prima, a bocca semiaperta e con dentro
stessa camerata e della stessa scuola, ne
una meraviglia infinita. Credo che non
fui testimone ammirato.
mi accorsi, neanche, quel giorno, dei fiaCi era di vero esempio in tutto, nella
schi di est est est appesi qua e là lungo
pietà, nell'osservanza regolare e nello stula Cassia urbana; anzi, neppure che esidio indefesso, dove eccelleva particolarstesse l'est est est io (credo bene) sapevo
mente nelle materie letterarie. Percornulla.
remmo così insieme le classi ginnasiali,
Di avere invece toccato, ai piedi
liceali, e parte degli studi teologici, fino
di quelle due gran costruzioni: la cupola e il baluardo emblemi di quel ma- all'inaugurazione del nuovo Seminario
gico colle - la più alta quota in altezza Regionale di Anagni anche per l'Alto Ladel mio primo decennio di vita, me ne zio. Era l'ottobre 1923. Obbediente, egli
resi conto. E ad ottobre, i compagni e le passò con alcuni altri al Regionale, mencompagne della mia 4 a elementare mi tre io fui trattenuto al Minore come assisentirono vantarmi - anche se... di questo stente degli alunni, a fianco del nuovo
pure non sono proprio sicuro - di tre me- Rettore, Mons. Chierichetti. Ricevuta la
raviglie scoperte da poco: l'acqua del sacra Ordinazione Sacerdotale, ben prelago, una città sterminata, e quelle due sto la nostra Diocesi ci riunì di nuovo a
sto la nostra Diocesi ci riunì di nuovo a
cose giganti vedute a Montefiascone.
Montefiascone,
lui come Segretario del
Lino Barzi
Vescovo ed io quale Vicerettore del Seminario.
D. Tommaso, eletto Monsignore,
esercitò una vasta opera pastorale in vari
campi. Mentre reggeva la Curia, insegnava lettere latine e greche in Seminario e
dirigeva l'Azione Cattolica Diocesana
femminile. L'assisteva la bella intelligenza, la buona volontà e la parola facile,
colta, e talora brillante. Nel tempo stesso
prestava la sua opera per preparare la
beatificazione della Serva di Dio Lucia
Filippini.
Nel 1942 avvenne quel che si sospettava: la sua elezione a Vescovo di Ferentino. Fu un onore per la Diocesi e per il
Seminario, ma anche un dispiacere, perLeonetti
ché veniva a privare la Diocesi stessa di
RICORDANDO
M O N S . un valido operatore di bene. Per avere
vicine persone note volle condurmi con
LEONETTI
sé come segretario, insieme a mia sorella
per
il ménage della casa. A Ferentino diUna figura ben degna d'imperitura
venne
ben presto oggetto di ammiraziomemoria e di alta stima è quella di S.E.
ne
e
di
stima per le sue belle doti, unite
Mons. Tommaso LEONETTI, creatura
ad
uno
zelo indefesso. Nelle visite alle
eletta del nostro caro "Seminario Barbavarie
Parrocchie
veniva accolto con evirigo" e già Vescovo di Ferentino e Arcidente
favore
dal
clero e dal popolo,
vescovo di Capua.
ascoltato
per
la
sua
parola limpida e graNato a Montefiascone nell'anno
dita
e
per
il
suo
carattere
affabile con
1902, uscito da una famiglia umile, ma
tutti.
ricca di profonda fede religiosa, già da
Purtroppo ferveva allora la seconda
fanciullo attrasse gli sguardi ammirati dei
guerra
mondiale, e il fronte di MontecasSuperiori della Parrocchia, nonché del
sino
non
era lontano, per cui frequenti
Vescovo S.E. Mons. Rosi, per la sua spicsi
susseguivano
i mitragliamenti lungo la
cata bontà e intelligenza. Io ebbi la sorte
strada
Casilina
e
anche i bombardamenti
di conoscerlo il giorno dei nostri esami di
su
Ferentino
e
i
vari paesi vicini. Venne
ammissione al Seminario e ne rimasi sul'ordine
di
sfollamento,
e il Vescovo nelbito ammirato : da quel giorno non ci siala
sua
generosità
s'interessò
degli sfollati,
ma quasi più separati.
dei
feriti
e
perfino
della
sepoltura
delle
Cosa memorabile: siamo entrati in
Il Bargarigo 5
vittime dei bombardamenti.
Cessata la guerra, attesa la stima che
godeva in alto, gli giunse la nomina ad
Arcivescovo di Capua, la Diocesi di S.
Roberto Bellarmino. Rimpianto da tutti
i suoi di Ferentino, si trasferi nella nuova
sede, che gli apparve subito carica di problemi, tra cui il restauro della Chiesa Cat-
Altrettanto bello il libro che ha scritto Giacinto Pascarella (Parroco di Onano, 01010) intitolato "Emmaus".
Chi volesse acquistarli si rivolga agli autori:
prezzi buoni e testi... migliori!
Lettera aperta di un
grande Professore del
Barbarigo
Carissimi ex- alunni,
Acquapendente:
Girolamo Fabrizio
tedrale, danneggiatissima dagli eventi bellici. E intanto io ero dovuto separarmi e
tornare in Diocesi, a motivo delle cattive
condizioni di salute di mia sorella. Egli
intraprese con lo stesso ritmo usuale la
sua operosa attività pastorale in quella
Diocesi di Capua, che portava i segni evidenti della tragedia della grande guerra.
Si distinse in tutto, specialmente nel dare
vita e lustro al Seminario e all'Azione
Cattolica; all'onere grave della vasta Diocesi si aggiunse la nomina di Amministratore Apostolico "sede vacante" di Caiazzo. Proseguì per vari anni la sua intensa
attività, finché la fatica diuturna lo debilitò e con l'età avanzata gli sopravvenne anche la perdita della vista. Per tale
causa con comprensibile dolore rassegnò
le dimissione dal governo della Diocesi.
Però preferì rimanere in Episcopio, anche per la benevolenza del nuovo Vescovo suo successore.
I suoi giorni andavano declinando ed
egli intensificava là sua intima preparazione alla fine, assistito amorevolmente
da due Suore, finché, il Signore lo chiamò
a Sé, il 28 dicembre 1981, in età di 79
anni, per dargli il premio adeguato ai
suoi molti e grandi meriti. I suoi funerali
furono imponenti, sia a Capua come a
Montefiascone, suo paese natale. Ora la
sua salma riposa nella cripta della nostra
Cattedrale, presso l'altare di S. Lucia Filippini, per la cui canonizzazione si era
molto adoperato, e vicino alla tomba
del Vescovo Mons. Rosi, suo maestro e
guida illuminata.
Mons. Leonetti con la sua vita di generosa operosità per la Chiesa ha onorato il Sacerdozio e l'Episcopato, e di riflesso la Diocesi Falisca e il nostro illustre Seminario Barbarigo.
la presente è per voi: accoglietela con
cuore, come con cuore è stata scritta.
Ve la manda uno fra i più anziani degli ex- alunni, non tanto a nome suo,
quanto a nome della nostra Associazione. La quale, sentondosi ancor bambina,
ha una voglia matta di farsi adulta per
rispondere sempre meglio agli scopi per
cui è nata e sta in piedi. Diamole dunque
una mano; non altro desidera che d'essere amata. Ed ha ragione. Voi sapete che
il tempo crea la ruggine, la lontananza
attenua gli affetti, i problemi
immediati
oscurano le amicizie... Ed allora, perché
non vada perduto un cospicuo patrimonio di vita vissuta all'età dell'oro, occorre
risvegliarla quella vita, riviverla insieme
per rinsaldare le amicizie, sentirci più
solidali e... via! più giovani "Haec olim
meminisse invabit". A questo mira la nostra associazione, questo vuole lei e dobbiamo volere anche noi, tutti noi, ciascuno di noi.
Vi è l'assemblea generale che si tiene
ogni anno il 25 di aprile. Ebbene diamoci da fare perché sia una gran bella giornata, una lieta e festosa giornata! Parteciparvi e farvi partecipare. Sono molti
ancora gli assenti, Forse perché non lo
sanno: informiamoli; forse perché non
ci pensano, soniamo la tromba; forse
perché la trovano poco
attraente...
Niente toglie che si rinnovi, si renda
più varia, più interessante. Idee ne abbiamo tutti, tiriamole fuori, sono sempre
ben venute.
C'è poi il bollettino
dell'associazione
un pò lento veramente, ma sempre gradito. E' l'unico mezzo di collegamento,
d'informazione.
Diamogli voce perché
parli, perché metta le ali, ci giunga come
un lieto messaggero, come un soffio di
primavera, come un lenimento, una pausa ai pensieri, anche qui occorre la nostra
mano: scrivere, scrivere, scrivere! Cose
belle da dire non mancano, la memoria
le conserva, tiriamole fuori, sarà una
gioia per noi e un arricchimento per tutti. "Intelligenti pauca". Bastano poche
riche pochi spunti. Volendo, si può sempre vincere una certa ritrosia, nello scrivere. Basta cominciare e poi tutto fiorisce. Per esempio: adesso è inverno.c'è
vento, c'è freddo, c'è gelo.
Ebbene
quante reminiscenze legate al vento, al
Angelo Ercolani
freddo, al gelo! Chi potrebbe
dimentiOlimpo Trombetti ( Via Adda 20 - Grosseto care le indiavolate tramontane di Monte58100) ha pubblicato un bel libro sulla vita in fiascone? quelle furiose raffiche in piazza S. Margherita? Ti vedevi costretto ad
Maremma.
Valentano: Porta del Vignola
ingaggiare una duplice battaglia contro
il vento che tentava di spogliarti degli
ampi mantelli e di rapirti il cappello di
feltro duro a larghe falde, e contro il
ghiaccio sotto i piedi sempre in pericolo
di stramazzare per terra. E purtroppo
spesso era battaglia perduta
perché
mentre cercavi di difenderti dal vento,
ti vinceva il ghiaccio, oppure
mentre
ti difendevi contro il ghiaccio ti vinceva il vento. Che spettacolo!
Ancora
mi pare di vedere questi cappelli rapinati dal vento volteggiare in alto sulla
cupola e poi precipitare giù nella sotsottostante porticella; oppure trascinati
dal vento rotolare a cento all'ora a rota
libera lungo la via Trento, verso Borgheriglia. Acciuffarli? questo era il problema... E poi il freddo; e le astuzie per evitarlo. Specialmente al mattino
quando,
ancor buio, col vento che scoteva le finestre, suonava la sveglia: cogliere qualche
momento in più di caldo sotto le coperte facendo finta di non aver sentito, toccare il meno possibile l'acqua gelida,
inventarsi qualche comoda influenza col
fregar il termometro nelle lane del materasso o della maglia e poi ridersela sotto i baffi... Eppure si era svegli e contenti. E poi il gelo. Le povere mani piene di
geloni, le dita ingrossate come salsicciotti; i t u f f i nell'acqua calda che non giovavano a niente e ti riempivano di pruriti...
Anche i superiori avevano la loro parte.
Chi non ricorda le orecchie del vecchio
Rettore ricoperte di croste gelate e il
naso, quel naso che ogni tanto sgocciolava come il becco di un alambicco. Ne sa
qualche cosa Mocini quella mattina di
gennaio quando prese la sua particula...
condita. Ancora di lecca i baffi!
In attesa di meglio, saluti ed auguri...
conditi di grande stima ed affetto.
Domenico Cruciani
Valentano: La torre del Castello Farnese
6 II Barbarigo _
I
Ricordi
LE BELLE COLLINE DEL
L A G O DI B O L S E N A
Ritornavo a rivedere le belle colline
che circondano il lago di Bolsena in una
giornata luminosa del 1946. Venivo da
Roma, dove mi ero trasferito portando
con me la terribile esperienza della guerra e indosso ancora ilgrigiò-verde. Avevo
lasciato Viterbo e attendevo con ansia
che mi apparisse Montefìascone con la
magnifica cupola del Fontana. Ero emozionato soprattutto perché, dopo tanti
anni di assenza, mi trovavo immerso nei
ricordi più dolci della mia infanzia. Mi ritornava alla mente il mio primo rapporto
con quella magnifica cattedrale, all'età di
otto anni, vestito da "paggetto del Santissimo Sacramenta" per esibirmi, su apposito palco, davanti al Mons. Salotti e a
Mons. Rosi. L'incontro con il Barbarigo
doveva avvenire all'età di dieci anni quale
rappresentante di S. Lorenzo Nuovo nell'annuale gara catechistica diocesana che
mi vide premiato della seconda medaglia
a benefìcio, se non erro, di Valentano.
Rammento l'aula nella quale ebbe luogo
la prova scritta e una delle domande:
"Perché il Papa può peccare" mi è rimasta impressa. Ricordo la risposta di allora; la stessa che darei oggi. Tornai al Barbarigo e in quella stessa aula l'anno seguente come alunno del 1° ginnasio con
questi sentimenti. Ritornavo cosi, dopo
tanti anni, alla mia terra con tanti nomi
e volti che mi tornavano in mente e che
oggi non riconoscerei ma che amo e saluto da queste pagine.
Arturo Fabi
UN
GRADIMENTO
RICHIAMO
E
UN
Ill.mo Presidente, è con vivo compiacimento che rispondo alla tua ultima lettera, sempre ricca di nuovi argomenti,
per ringraziarti dell'opportunità
che mi
si dà, sia pure dopo lungo tempo, di
esprimere tutto il gradimento del richiamo a far parte del Gruppo ex-Barbarigo.
Poiché in questi lunghissimi anni, anche
durante la guerra, in momenti
difficili,
il mio pensiero volava là a rievocare l'epoca dell'adolescenza ed ai tanti amici
che avevo lasciato e che immaginavo Vescovi e Cardinali!!
Fino a quando un bel giorno mi capita d'imbattermi, a Galloro, con il Gesuita, ex Prefetto Sbocchia, che mi dette
delucidazioni un pò di tutti. E cosi, appena m'informò che a Marino il Dr. Tacconi aveva la Farmacia, partii con entusiasmo per andarlo a trovare e l'incontro
fu cordialissimo ed alquanto emozionante. Rivedersi dopo più di 40 anni!
Che il Dr. Ranucci è un pezzo grosso
di un tal Ufficio in Via Alessandria. Notizie confortanti anche di altri amici. Ecco
questo incontro con il Gesuita ha favori-
dei
Laici
to il mio grande desiderio di rivedere e
riabbracciare tutti.
I sentimenti di amicizia si sono poi
rafforzati maggiormente
con l'entrata
in questa benemerita Associazione, da
te fortemente
voluta e
sapientemente
guidata, che ogni qualvolta c'è convegno o riunione sia pure in capo al mondo, rispondo con piacere, con entusiasmo.
Manfredi Morneri
UN RICORDO, U N A STORIA: L A S T O R I A !
La prima metà degli anni quaranta è
stato il periodo più straordinario della
storia del popolo italiano a memoria
d'uomo; in particolare il millenovecentoquarantaquattro fu straordinario e terribile per la gente dell'Italia Centrale e
per quella del lago di Bolsena.
La fame di Roma, l'insicurezza degli
sfollati, il terrore dei
bombardamenti,
l'angoscia dei giovani renitenti alla macchia non hanno ancora trovato uno scrittore all'altezza del compito; né sufficiente risalto ha avuto nella storiografìa di
quel periodo il ruolo della gente. Perché
quella volta tutti partecipammo al dramma; tutti, come dice don Bernardino Morotti in certi suoi appunti, fummo attori
nel palcoscenico della recita. Gli spettatori sarebbero venuti dopo: a guardare,
ad ascoltare, a giudicare dalla comoda
poltrona di una platea con l'aria condizionata, le maschere in minigonna e la
buvette stracolma di ogni ben di Dio.
Perchè il "nulla" di allora ha prodotto il
"troppo" di oggi; l'aratura è stata profonda e senza interruzioni.
Gli avvenimenti del passato lontano e
recente - anche il "risorgimento" - erano
stati appena avvertiti: un prurito in una
qualche piccola parte del corpo, la massa
era rimasta al di fuori. Per fortuna! era
sembrato. Questa volta, invece, non c'era
stato pelo del corpo che non avesse rabbrividito, membro che nòn avesse tremato, pezzetto di epidermide che non avesse assaporato scottature. Per disgrazia!
era sembrato.
Che cosa sia successo in "ilio tempore" probabilmente non è ancora completamente chiaro: soprattutto per coloro
che ebbero la ventura di vivercic'era la
morte e ci si ricorda della vita; c'era la
paura e ci si ricorda della gioia; c'era l'odio e ci si ricorda dell'amore. C'era in
tutti la disperazione e ci si ricorda solo
della speranza: nella pace, nel pane, nella vita.
Venti anni fa, poco più che sessantenne, moriva a Roma, presso la chiesa
tenne, moriva a Roma, presso la chiesa
di San Claudio a San Silvestro, don Bernardino Moratti, che in quel terribile
1944 era stato parroco di Valentano: un
paese intorno al lago di Bolsena appeso
Marta: La piazza
all'orizzonte tra il Lazio e la Toscana. Si
era allontanato nel 1946 dalla gente che
tanto lo amava e lo stimava, perché gli
pareva di non riuscire più a capire e a
farsi capire. La guerra aveva fatto crollare le mura della casa; la gente era rimasta
abbaccinata dalla luce e esposta a tutte
le intemperie, a tutte le correnti e don
Bernardino
si senti
perduto.
La sua profondissima sensibilità di
sacerdote e di uomo lo spinse a ricercare
nella contemplazione
del Sacramento Cristo pane tra gli uomini affamati - un
motivo di vita che lo rendesse ancora utile alla gente attraverso la preghiera.
Eppure la ragione vera e profonda
che spinse un sacerdote cosi coraggioso e
pio a una scelta drammatica e sofferta
resta ancora oggi impossibile da trovare.
Quello che è certo è che del decennio
abbondante di vita pastorale trascorsa
tra la gente di Valentano ebbe, fino all'ultimo, un grande rimpianto e grande
nostalgia: lo ricordava sempre con le lacrime agli occhi. Uomo di azione, di
guerra, ebbe a noia la vita pacifica della
contemplazione e della pace? Chi lo può
dire!
Ma nel pomeriggio umidiccio e freddo di una domenica di novembre del
1946, tutto il Paese era addossato alla
parete di lapillo nero e rosso del Monte
nella parte che guarda il lago e Le Fontane. Una croce immensa di marmo era
stata alzata all'incrocio di quattro strade,
aveva nel mezzo un Cristo lucente con le
grandi braccia aperte. Don Bernardino si
affiancò alla croce e ci benedisse. Tutti
si piangeva come bambini. Lui solo aveva
l'occhio asciutto. Poi sali su di una macchina e guadagnò la cunetta della strada
che porta al cimitero.
Ora questo cimitero è stracolmo di
Valentanesi scampati al 1944.
Tutti avevano lottato contro la morte,
eppure non l'hanno evitata. Una serie di
piccole note del periodo agosto 1943 giugno 1944 trovate tra alcune carte di
don Bernardino parlano di quelle lotte:
istintive, naturali, per sopravvivere. Ma
da noi la vita è un fatto transitorio e la
morte offre una condizione
permanente.
Le note di don Bernardino rievocano le
lotte e le tribolazioni mortali della gente
Il Barbarigo 7
per quella vita: lui, da parte sua, l'ha
trovata una permanente e per questa ha
continuato a lottare fino alla fine.
Eppure da quei ricordi ormai stinti
e sbiaditi emerge una sofferenza corale di
tutto un popolo; un combattimento
epico nel suo insieme, un dramma mortale
che tuttavia ha visto la vittoria finale della vita sulla morte. Alla fine, se questo di
oggi è il mondo che è, lo si deve a quegli
anni, a quei giorni, a quelle tribolazioni
Sul piano della diversità sociale e culturale, gli anni trenta di questo secolo ventesimo sono più lontani dagli attuali anni
ottanta che dagli anni mille. Se tutto ciò
è vero non possono essere disperse le testimonianze che ci offrono qualche elemento, anche minimo, per capire il grande balzo del nostro mondo in questo
perìodo.
E' vero. La spolverata che ne è venuta fuori non ci consente ancóra di capire
in quale direzione il balzo è stato fatto.
Siamo in molti a sperare che, nonostante tutto, si tratti di un balzo in avanti.
E cosi sia.
Mario Cruciani
Montefiascone:
Il Barbarigo
UNA
GIORNATA
INDIMENTICABILE
Caro Presidente, informato dalle tue
relazioni, riesco a seguire la vita Associativa alla quale spero possa essere'più partecipe nel futuro e che venga migliorata
e ampliata.
Con il tuo invito, nell'intento di collaborare, stimolato dalla lettura della
"breve vita del servo di Dio Card. M.A.
Barbarigo", ti invio i miei ricordi di una
giornata vissuta in seminario.
"Non ricordo per quale ricorrenza,
forse era l'anno 1953, quando l'allora
giovanissimo vescovo di Montefiascone e
Acquapendente,
mons. Boccadoro, era
atteso nella nostra chiesa di San Bartolomeo per l'apertura della cassa dove era
stato esumato il nostro fondatore Cardinal Barbarigo.
Nei giorni precedenti tutti noi eravamo stati impegnati a lustrare la chiesa.
Sotto lo sguardo vigile e imperativo
del rettore mons. Rossi, una schiera di
seminaristi erano al lavoro: chi a lavare,
chi a spolverare ed io a lucidare gli antichi scanni in legno dell'aitar maggiore;
una parte di noi, i più fortunati, prepa-
Ricordi
di un tempo
sereno
Carissimo, mi chiedi con insistenza
di collaborare al giornale degli ex alunni
del collegio "Barbarigo". Non posso
fare il sordo all'invito di un presidente
cosi dinamico, anche se, provenendo egli
da quel di Valentano, conosce bene al tasto, come i tombaroli, dove più rimbomba il terreno, e ciò mi desta qualche esitazione.
Noi, tenere pianticelle delle sponde
del Lago, eravamo per lo più estrazione
di famiglie di piccoli agricoltori, che, cresciuti da mani callose nelle povere case,
tra polli, maiali e asini, raramente vedevamo sulla mensa più di un solo piatto,
II Santo Cardinale Barbarigo
anche se la "mesa" o madia non mancava di pane. I genitori ci davano inoltre la
ravano i canti gregoriani
accompagnati cristiana educazione e ci spingevano alla
dall'antico suono dell'organo.
frequenza della chiesa e del prete. Fu il
Ecco, venne il giorno solenne.
prete che sollecitò il nostro trapianto nel
La nostra chiesa, cosa insolita, venne Collegio: unica difficoltà era impegnarsi
aperta alla curiosità del popolo.
a pagare la pur limitata retta al signor miLa cassa del Barbarigo arriva nella
nistro che, rilasciando regolare ricevuta,
navata, al centro, in fondo vicino alla
ti faceva capire, dunque sa, la inesorabigrande porta principale corrosa dal temlità del pagare.
po.
Il nostro bagaglio culturale però ap10 sono li, in prima fila, uno dei più pariva povero: venivamo da classi elepiccoli, con la veste nera, la cotta bianca
mentari di paese, avevamo attinto poche
e la fascia rossa.
istruzione dal prete e da qualche libro di
Tutti silenziosi e raccolti seguiamo le
religione. Quando ci trovammo sui banoperazioni per l'apertura della cassa.
chi del ginnasio, già qualche pianticella
Gli scricchiolii echeggiano come striveniva meno, altre avevano vita incerta
dule grida d'oltretomba:
rabbrividisco fino a che, verso il quarto anno, non si
come preso da una folata di freddo ven- decidevano a guardare in fondo come
to di tramontana.
erano fatti il latino, il greco, la matema11 momento solenne si avvicina.
tica. "Quia scientiam repulisti, et Ego
La chiesa, immota attende; nell'aria
repellam te" si sentiva ripetere, "bonitaaleggia una tensione tutta particolare, i
tem, disciplinam et scientiam doce me".
visi di ciascuno sono appuntati verso un
Sono riconoscente per la formazione
unico punto, in attesa.
culturale ricevuta in Collegio; vorrei che
Si apre il coperchio, un OH!!! di stu- mai venisse meno nei collegi gestiti dagli
pore esce spontaneo dalla bocca di tutti.
ecclesiastici; è in fondo un'opera squisiAi nostri increduli occhi appare la visio- ta di misericordia spirituale" istruire gli
ne del Cardinale vestito degli abiti pon- ignoranti". Sono gratissimo a quelle pertificali con il pastorale a destra.
sone che si prodigarono a questo scopo:
Il Vescovo allora, nell'intento di os- ricordo particolarmente un vicerettore di
servare meglio, va per alzare un lembo
Crema, nei due primi anni, e mons. Leodegli abiti sacri e li, come per incanto, la
netti, in quarta e quinta. Abbiamo ricevisione del Cardinale svanisce e a noi devuto gratuitamente, diamo gratuitamenlusi, rimane quella di un mucchio di cete: ho sempre accettato d'istruire, è il
nere.
modo migliore per stare a contatto di
Con la strana senzazione di una ama- spirito. Se ho potuto insegnare lettere,
ra verità, finisce, nel mio ricordo quella
per venti anni, nelle scuole medie statali,
giornata indimenticabile
vissuta con i
è anche merito del Collegio: ne ho avuti
miei compagni alunni del Barbarigo ".
davanti, nei banchi, di giovani per ore ed
ore quando, a Tessennano ed altrove mi
Rodolfo La Rosa
seguivano solo nei momenti del gioco. La
persona umana è una pedina libera e cosciente nelle mani di Dio nella partita tiNecrologi
tanica che è giocata dalle origini dell'uni• E' morta la mamma di Patrizi A.
verso. La persona umana è come un bam• E' morto anche Mario Bazzuoli Ispetbino che, deviando ed errando, è tirato
tore Generale Medico al Ministero di
innanzi dal divin Maestro; la Chiesa, ben
Grazie e Giustizia, ex alunno di Ac- sapendo questo, è attenta a cambiare rotquapendente, membro della nostra asta secondo "i segni dei tempi"...
sociazione.
Sono immensamente grato, al ColleLe più vive condoglianze e l'impegno di gio, per la formazioone spirituale che mi
una preghiera.
ha legato per sempre, per la vita e per la
8 II Barbarigo _
I
PETTEGOLEZZI DEL
PRESIDENTE
morte, a Dio per mezzo del Cristo e della
Vergine: la nostra devozione era sincera.
Non ricordo i calli nei ginocchi, ma quei
bei mesi mariani tra il profumo di rose e
di gigli, i melodiosi canti ad una voce, le
anche l'altra faccia della medaglia la quaINTRODUZIONE
struggenti antifone in gregoriano dei Vele, proprio perché reale, non può essere
spe ri, la lettura privata del Nuovo TestaQueste memorie (si fa per dire) storiignorata.
mento, l'osservanza, fino allo scrupolo,
che e la successiva rubrica intitolata
Un invito rivolgo a quanti oggi hanno
delle regole. Nel 1939 si stava avvicinan"cazzotti, pizzichi e carezze" hanno un
taciuto perché pur essi si esprimano soldo la II Guerra Mondiale: la Madonna, a
solo significato e seguono una unica ispilecitamente senza paura, in semplicità.
Fatima, aveva detto che prima sarebbe
razione: sono un atto di amore e di gratiInvito tanto più pressante perché intenapparsa una luce straodinaria, di notte.
tudine verso le persone al cui fianco io
de coinvolgere coloro i quali, godendo
Eravamo a letto, sentivo un gran movi- sono e noi tutti siamo cresciuti.
ancora della comune simpatia, hanno a
mento, un andare al bagno di tanti, un
Di esse si delineano in fretta, ma non
disposizione questa tribuna aperta per
chiacchierio per il dormitorio: i più fur- superficialmente, alcuni tratti caratterochiarire, correggere e... recuperare il tembi si erano alzati; me ne pento ancora, ri- logici e si colgono certi aspetti salienti
po perduto unitamente
alle occasioni
masi a letto. Io, che mi ritenevo titolare della personalità.
Non si vuol fare
mancate.
della specola sul cielo!
opera di immeritata esaltazione né di
E' un invito a parlare, dunque. Chi
Sono rimasti indelebili quegli anni: gratuita denigrazione: quelle persone, a
non ha parlato oggi, può parlare domani.
la vita trascorreva dalle aule scolastiche distanza di 50 anni, attraverso il filtro
Nessuno intende chiudere la bocca a nesalla Cappella, c'erano in mezzo la came- del tempo, così vengono ricordate nel besuno: qualunque cosa intende dire! Io,
rata ed il dormitorio, ma anche il giar- ne (molto) e nel male (poco). I conseper esempio, scrivendo queste cose, fordino, con il gioco delle pesanti bocce di guenti giudizi vanno, quindi, presi soltanse dico delle corbellerie: ma le dico con
bosso violaceo, che rimbalzavano come to come espressione confidenziale di boonestà di pensiero: e se qualcuno - o tanfossero elastiche, e più in giù, in terreno nomia non crisaiola: per questo si riferiti r mi contesteranno, faranno bene perproibito, i campi di broccoli o di altra scono alcuni episodi o detti memorabili,
ché l'associazione, se ha finalità costrutverdura, sotto i grandi ombrelli dei pi- avvolti per lo più in un misto di comicità
tive, deve dare spazio a tutti nella ricerca
ni dai tronchi scheggiati. D'inverno era- 0 di severità.
.
di
forme o metodi di aggregazione semLe rievocazioni non hanno, quindi,
no freddi gli ambienti, non riscaldati
per
più umani e amichevoli.
alcun fine denigratorio anche se possono
che dal sole. Si imparava a non temere
Tutti siamo alla ricerca della verità;
talora apparire irriverenti: i morti perdopiù nulla, fino ad arrivare, per scommesin
continua
ricerca. E più ad essa ci avvineranno e comprenderanno: nessuno dei
sa, nel dopocena a prendere un pezzo
ciniamo,
più
ci accorgiamo che ci sfugge
vivi se la prenda né si offenda se qualche
d 'ella cassa del Barbarigo che si trovava
di
mano;
ma
non
dobbiamo mai desistere
rievocazione lo riguarda da vicino o coinin fondo alla cantoria della chiesa di S.
del
ricercarla
anche
perché la verità non
volge persone a lui particolarmente care.
Bartolomeo, o a correre in cima a Monla
si
possiede
appieno
se non attraverso
Le cose qui scritte sono atto di amote Jugo per vedere gli aerei dell'aero
il
vaglio
dell'errore.
re non solo per le persone ma anche per
porto più vicino.
Noi siamo tutti amici e tali ci sentia1 luoghi, gli ambienti e in genere tutto
Augusto Galeotti
mo: anzi, siamo qualcosa di più: fratelli,
quel piccolo mondo che ruota intorno al
perché, educati sotto lo stesso tetto, abBarbarigo: le camerate, i dormitori, S.
biamo insieme compiuto la prima tappa
Bartolomeo, il salone, la biblioteca, le
della nostra esistenza che ci ha segnati, in
aule scolastiche, l'orto, il giardino.
qualche modo, in conformità o in difforIl fine che mi son proposto è di riemità, per la vita. Anche tra fratelli esistovocar, per i miei coetanei, certe persone
no divergenze e diversità: ma poi tutti ci
e taluni fatti; di dare una informazione ai
si riconosce in alcuni valori comuni e... la
più giovani e ai giovanissimi; di offrire a
vita continua in simpatia. Cosi come son
tutti una testimonianza festosa dalla qua
certo che continuerà la nostra; perché io
le si evinca quel comune
atteggiamento
nell'amicizia ci credo, fermamente!
di gratitudine verso il Barbarigo che ci fa
Francesco Ranucci
ricordare e superare gli episodi meno gratificanti e ci consente di esaltare i moSTORICHE
menti lieti della nostra crescita umana, M E M O R I E
culturale, morale.
BRESCIANI
Atto di amore, dunque, che intende
Il Prof. Bresciani il latino lo sapeva
coinvolgere tutti quanti nutriamo i mebene,
eccome! Non sono io a dirlo! Pardesimi sentimenti e vuol essere anche
voce di quanti non riescono ad esprimere lano le sue composizioni poetiche raccolte in un volumetto di cui, chi volesse,
in iscritto, per pudore o per pigrizia
può chiedere una riproduzione anastaquel che dentro gli bolle.
tica.
E' la prima volta che proviamo coralAveva una cosa sola storta: il nome:
mente a farci uscire, dal cuore e dal cervello, idee e sentimenti dimostrando ge- Acaste, che ancora non so come gli sia
nerosa partecipazione
e piacevole nel piovuto addosso e come lui se lo soppormettere per iscritto quel che pensiamo e tasse. Ma non è questo il luogo per fare
quel che ricordiamo in sincerità, senza un discorso su Bresciani latinista; se ne
scopi reconditi: per un conforto recipro- riparlerà in altra sede.
Bresciani è rimasto nella memoria di
co, per stimolo, per confermare e vivifiquanti tra noi ebbero ventura e fortuna
care i convincimenti.
Un plauso va a quanti hanno preso la di conoscerlo, come "uomo d'ordine".
penna in mano per esprimere consenso Egli, cioè, esigeva dagli alunni ordine nelo dissenso; un plauso maggiore va a chi le idee e nella loro catalogazione; ordine
non ha avuto remore nel manifestare nel pensare e nel fare proprio patrimonio
Marta: La Torre
Il Barbarigo 9
delle cose studiate (ad esempio: la strategia oroidrografica dell'Asia che disegnò
lui - insegnante di geografia - è tuttora
chiarissima nelle nostre menti perché tutta impostata sull'altopiano centrale del
Pamir da cui si dipartivano, verso tutti i
punti cardinali, monti e fiumi). E poi ordine nella esposizione; quindi, chiarezza
nel riferire le cose capite e precisione nel
linguaggio con esemplificazioni charificatrici (ad esempio: la costruzione personale del verbo videor con tutte le sue implicazioni nel trasferire la frase impersonale italiana in quella ribaltata del latino). E infine ordine nello scritto: e quindi pulizia nel quaderno di bella copia;
precisione, calligrafia, ecc. fino al punto
da pretendere, come nei libri, il perfetto
allineamento della scrittura dalla riga esterna sinistra del quaderno fino a quella
destra con in più una leggera rientranza
ad ogni capoverso: proprio come nei libri, appunto!
Aveva il gusto di farci toccare le cose... con le mani. Fu iniziativa sua se, una
mattina, ci fecero alzare molto presto
per andare alla Rocca a vedere l'eclissi di
sole. Lui venne attrezzatissimo: persino
con i vetri affumicati per non restare abbagliato dai raggi del sole! E ci spiegò
tutto il meccanismo dell'eclissi. Fu in
quella circostanza che sentii parlare per
la prima volta della Cometa di Halley.
Lui ci disse che, quando saremmo stati
vecchi, l'avremmo vista in cielo, quella
cometa... e fu facile profeta. Peccato che
oggi non ci sia più lui a parlarci di astronomia: sarebbe stato più chiaro di uno
scienziato!
Uomo d'ordine, si, ma anche maestro
incomparabile nel rendere facili le cose
anche un pò difficili, nel far ripetere a
voce e per iscritto le regole fintantoché ti
entravano in testa (e a qualcuno, per vero, non è che gli entravano tanto facilmente!); far camminare il gruppo tutto
insieme frenando i corridori e sollecitando i ritardatari, sviluppando e fortificando la tua memoria e la tua vivacità intellettuale con quotidiane esercitazione sui
verbi, tipo: bòtta e risposta; con il mandare a memoria lunghi pezzi di poesie latine (chi non ricorda ancora i versi di Ovidio: Cum subit illius tristissima noctis
imago...?); e poi il chiamarci intorno alla
cattedra a correggere insieme i compiti,
a farci vedere le cose giuste e quelle sbagliate per un reciproco stimolo e il farci
notare la finezza del linguaggio latino
nella ricerca del termine adatto, nella
collocazione delle singole parole nella
proposizione, nella costruzione del periodo.
E infine quel senso di sicurezza che ti
dava il suo parlare lento, misurato, il non
arrabbiarsi mai, la pazienza davanti a
qualche... sfrondone colossale, il suo
camminare avanti e indietro tra porta e
finestra con sulle spalle quella mantellina
inver'nale e quegli occhiali piccoli e mezzo cadenti a metà naso!
Che maestro, ragazzi!
E quando lo fecero Monsignore? Che
festa! Che pranzo! Ci fu un poeta che ci
fece cantare una canzone che diceva:
Porti pure il Sor Ministro
buoni cibi, vino e paste!
Monsignore è Don Acaste
Che Aquileia già premiò!
E quando il Card. Salotti, fresco di
nomina e solenne nella porpora, venne
nel salone a ricevere le congratulazioni e
gli applausi del popolo Falisco, Bresciani
sali sul palcoscenico e recitò una poesia
in latino che nessuno capi ma che tutti
fragorosamente applaudirono.
E' stato l'ultimo grande latinista. O
meglio... il penultimo perché Tonino Pelosi ha ancora tempo, giovane com'è, a
superare il Maestro!
...mi è immensamente grato ricordare il mio santo Vescovo Mons.
Giovanni Rosi, la Diocesi, il Card.
M.A. Barbarigo, il Ven. Seminario
di cui mi vedesti o Signore Alunno, Insegnante, Rettore
Dal testamento spirituale di Mons.
T. Leonetti, Arcivescovo
diCapua
LEONETTI
Leonetti, era diverso. Era il Rettore
mandato dal vescovo Rosi, come il più
gran regalo da lui fatto al Collegio.
In apparenza era severo, compassato,
serio; incuteva rispetto; anche quando rideva ci aveva un non so chè che ti intimoriva. Ma se poi lo frequentavi, ci vivevi a contatto diretto, entravi un pò più
dentro la sua psicologia, ti accorgevi che
sotto la crosta della rigidità, aveva una
grande umanità, tanta comprensione e
tanta disponibilità ad aiutarti.
Io l'ho conosciuto da ragazzo e mi
era rimasta prevalentemente impressa la
severità e una certa durezza nei rapporti.
L'ho rincontrato trent'anni dopo, fatto
uomo, e ne ho apprezzato e stimato la
correttezza, la serietà ma anche il garbo,
la signorilità, la prontezza nel capirti,
l'ampiezza dei suoi panorami culturali e
pastorali, la bontà, la ricchezza interiore,
l'impegno e il disinteresse. Un uomo
straordinario e un grande Vescovo.
Che è rimasto di lui? Tanto : nel cuore e nella intelligenza di quanti lo abbiano avuto Rettore e Professore.
Era un educatore nato che ti faceva
riflettere, ti studiava e ti stuzzicava per
farti uscir fuori quel che dentro avevi di
buono; che non si contentava mai di quel
che tu davi perché sapeva che potevi far
meglio e potevi dare di più. E bastava un
suo sguardo, una mezza parola, un sorrisetto a mezza bocca per farti capire dove
e perché avevi sbagliato.
Ma una cosa mi piace ricordare: lui
era Professore di latino e di greco e conosceva bene le due materie. Ma soprattutto le sapeva insegnare. Era chiaro, era
preciso : tra cattedra e lavagna con poche
parole dette a voce e con poche parole
scritte col gesso, ti faceva capire la regola
e te la rendeva accessibile. Ricordiamo
ancora tutti le sue mani bianche di gesso
quando alla lavagna spiegava le contrazioni delle vocali greche: quattro segni,
un accento circonflesso, una iota sottoscritta.. e il gioco era fatto. Poi magari
facevi il compito e sbagliavi la regola.
E giù... un'altra tappa alla lavagna (ma
stavolta ci andavi tu!); un'altra sbiancata alle mani (e questa volta erano le tue!)
e finalmente avevi capito bene tutto.
Era un grande oratore. Quando prendeva la parola sapeva quel che diceva: era
chiaro, efficace; il discorso filava via dritto, le argomentazioni erano ampie; il tono sempre suadente; le conclusioni logiche e ineccepibili. Amava i libri e ogni
tanto ne portava qualcuno con sé per farcelo vedere e per parlarcene: specialmente quelli della biblioteca. Aveva una
gran dote: quella di saper raccontare le
cose passate del Collegio, la sua storia, i
personaggi, i fatti, gli episodi... La narrazione faceva amare i luoghi e le persone e
ti faceva sentire in casa tua. E quanto gli
premeva la salute dei ragazzi: le visite del
medico, il vitto... perfino quella schifezza dell'olio di fegato che... ce n'era una
damigiana!
Ma, poi, chi ha detto che non sapeva
ridere? Gli ho visto fare una risata storica che tanti abbiamo ancora negli orecchi e negli occhi. Un ragazzo di Valentano cui incombeva l'onere di leggere, durante la cena, dal pulpito, una pagina dei
"Crociati di S. Pietro" gli era andato a
chiedere se proprio era necessario che
lui leggesse una frase... denigratoria riferita a quel suo paese. Il Rettore gli disse
che, certamente, quella frase andava letta così come stava nel testo! E quello abboccò! Fatto sta che quella sera, a cena,
passeggiante davanti ai tavoli, c'era anche
il Rettore e non se ne capiva il motivo.
Tutto fu chiaro quando venne letta la
frase incriminata ('"paese sudiciotto anziché no!"); una gran risata del Rettore
che fece sospendere la lettura; gran risate di tutti i convittori e gran... rabbia di
noi compaesani campanilisti recrininanti
la scarza furbizia del nostro amico che,
leggendo quella frase,... aveva squalificato... a vita il paesello natio!
Ma ricordo la tristezza infinita del
suo sguardo, e la paternità delle sue parole quando, a notte fatta, ci portò in Cappellina a ringraziare il Signore per un miracolo avvenuto.
Era successo questo. In un giorno di
primavera il Rettore aveva noleggiato alcune macchine e ci aveva portato a Tarquinia, al mare. Ci fecero festa in casa
di Pileri, vedemmo le saline, e poi il mare... l'acqua... tanta, infinita. Dopo pranzo facemmo festa a Mons. Drago, il vescovo di Tarquinia e a sera salimmo tutti
nelle macchine per ritornare dal mare al
monte. Come sia successo non ricordo
bene: ma sembra che ci fu un errore nel
girare una manovella dello sportello della
macchina. Fatto sta che, all'improvviso,
si apri lo sportello e, stretti come erava-
10 II Barbarigo _
era... "un pò anticlericale"! Figùrati: gli
autori erano Pochettino e Olmo e l'editore... la SEI!
O quando certi venditori di pannina
(ovverosia stoffa da far vestiti, per i più
giovani meno abituati al vocabolario medioevale) provenienti dalla Francia ed offerenti la loro merce a buon prezzo, si
sentirono controbbattere in un forbito
francese cisalpino che: "cenq anne fà"
(e cioè a dire cinque anni prima) un loro
compatriota aveva, con la scusa del buon
CAPOZZI
prezzo, rifilato una clamorosa... bidonata
Il taglio di Capozzi non aveva parago- a lui stesso e ad altri acquirenti fiduciosi
e creduloni!
ne: non era uomo di cultura; era l'uomo
FOCA
della vita pratica, dell'Amministrazione
Iniziava così, una conversazione di
corretta ed efficace.
carattere
morale che fece epoca a suo
Su di lui gravava l'onere di far quatempo:
"Ai
tempi delle persecuzioni
drare il bilancio facendo e rifacendo i
(NB.
ò
e
non
ó) viveva presso Costanticonti e... i giochi di prestigio: poche adnopoli
un
certo
Foca..." e giù la bella
dizioni, nessuna moltiplicazione, qualche
narrazione
di
un
episodio
di cui era prodivisione e poi sottrazioni, sempre sottratagonista
quel
certo
Foca.
E la narraziozioni! Come facesse ad arrivare alla fine
ne
fu
tanto
viva
e...concreta
che il fatto
dell'anno con il bilancio in pareggio, era
rimase
impresso
nella
mente
a
differenza
un mistero e mistero è rimasto. Era cerdelle
migliaia
o
milioni
di
parole
ascoltatamente uomo particolarmente accorto
te
che
non
hanno
lasciato
alcuna
traccia.
nell'amministrare le poche risorse e nel
E
fin
qui
niente
di
particolare.
Senonchè
sapere spendere al meglio ogni piccola
somma. Poiché tra vitto, arredo, manu- qualche tempo dopo, un'altra analoga
tenzioni, pagamenti vari ecc. le spese non conversazione ricomincia così: "Ai tempi
dovevano essere poche. Eppure ci scap- delle persecuzioni (tutti rizzano le orecpava tutto: il necessario, certamente, chie) viveva presso Costantinopoli (tutti
sempre: ma spesso anche qualcosa di su- sorridono) un certo Foca"... (e qui si
perfluo. Onore al merito: Capozzi era un sprecano le zampate e le gomitate).
La conclusione quale fu? che quel
bravo economo; era il Ministro, per ecconferenziere
fu Foca, lui stesso ; e tutti
cellenza.
lo
chiamarono,
vita naturai durante, FoMa quando usciva dal campo della
ca
e,
post
mortem,
il "poro Foca".
sua esperienza professionale ed invadeva
Che
poi,
Foca
non era per niente!
i campi della cultura e della scienza...
Che
anzi
era
aquila
culturalmente e doterano guai seri!
trinalmente:
maestro
di filosofia e di teoQui inciampava spesso e mostrava lilogia,
fornito
di
dottrina
vastissima, lucimiti e lacune comprensibili e giustificati.
dissimo
nella
esposizione.
Uomo sempliAlcuni episodi rendono accettabile e simce
e
retto,
un
pò
solitario,
scarsamente
patica la sua figura.
affabile
ma
persona
umanissima:
solo ...
Come professore di aritmetica e di
terribilmente
monotono
nella
esposiziogeometria, il suo insegnamento mostrava
poche lacune anche perchè più intima ne e difficile da capire perché, profondo
era la connessione delle due materie con nei concetti, riusciva con difficoltà a de
la sua attività professionale (chi tra i vec- gradare in una terminologia adatta ai giochi non ricorda ancora quel certo suo... vani... i Concetti, tanto che il sabato sera,
brevetto nel tracciare alla lavagna il cer- all'ora della conferenza, verso le 19, ai
chio arrotolando lo spago sul gesso e fer- più, le orecchie si chiudevano, le palpemando col dito lo spago stesso al centro? bre si abbassavano e rimase famosa una
Sempre cerchi perfetti: altro che col capocciata sul banco di un mezzo-dorcompasso... che costava soldi!) ma come miente. Ma ...gli episodi volano, mentre
professore di Storia... "Fuori i francesi- le idee formative restano. E il povero Fosti" - disse una volta rivolgendosi ai ra- ca di idee ne trasmetteva tante...!
E' rimasto un dubbio però che, adigazzi del terzo ginnasio e richiedondone
stanza
di quasi 50 anni, non è stato ancoaiuto per la corretta pronunzia del nome
ra
risolto
: ma perchè uno si prende a model grande Rousseau. Nell'incertezza di
dello
di
santità e di vita S. Giuseppe
quei francesisti che iniziavano allora lo
studio della lingua (tra Rosso, Russù, Benedetto Labre quando ci sono... tanti
Rossù) venne risolto il dilemma con Sa- santi cui non dispiaceva usare il fazzolet
to'.?! Mistero! (Picotti, tu che vivesti da
lomonica decisione: e fu Russé!
Che dire poi quando si trattò di dare presso quella esperienza, ne hai scoperto
una giustificazione, morale e storica con- i risvolti psicologici?!!).
CHIERICHETTI
temporaneamente, che spiegasse la fuga
da Roma di Pio IX nel '49 verso Gaeta?
Il suo nome rievoca un'epoca! Era il
Fece bene, fece male il Papa a fuggire? E
primo Rettore e faceva impressione: tanperché, e per come e per quando!?! La
to era ascetico, melanconicamente triste
verità non rimase accertata perché l'autosempre gravato da grossi pensieri e, da
re del libro di testo - diceva Capozzi -
mo, quello che stava li vicino precipitò
fuori, cosi... come una freccia. Gli strilli,
gli urli, lo spavento ve lo lascio immaginare. Macchina fermata in pochi metri...
e che ti vediamo?! Anziché un cadavere
sulla strada imbrecciata, Cesarino Tacconi (lui, l'eroe dell'avventura) che correva
a tutta forza verso la macchina per paura... che lo lasciassimo per strada! Manco
un graffio, neppure una scalfittura! Fu o
non fu un miracolo?! Chissà. Certo che
Barbarigo quella sera ci protesse bene!
Leonetti con Paolo VI
buon milanese, poco pronto a recepire la
vivacità del linguaggio falisco. Rimaneva
spesso trasecolato davanti ad una parola,
ad una espressione: era senza umorismo!
Ma era un brav'uomo; onesto, corretto; salvo quando prendeva... le cantonate
che allora diventava cemento armato e
non lo smuovevano neppure le cannonate.
Le sue intenzioni erano sempre buone, voleva , fare, cercava di rendersi utile
ma... con scarsa attitudine alla socialità.
Era abitudinario in tutto. Era per la conservazione: dello stile, delle idee, dei
comportamenti, ligio all'orario tanto che
... se il povero Santino o Angelo Maria
(campanaro con l'orologio!) fallivano anche di un minuto il suono della campanella, correva lui, cronometro in mano!,
alla supplenza.
Però, incuteva rispetto e ammirazione: tutti ne conoscevano i limiti ma il rispetto lo meritava; per la sua dedizione,
per la buona fede, per l'ingenuità. Si sapeva che oltreché Rettore era anche Vicario: la mattina la dedicava alla Curia; il
pomeriggio, al Collegio. E poi studiava;
studiava sempre su certi grossi testi scritti in latino provenienti dalla Biblioteca.
Pochi conoscevano la penombra del suo
camerino di studio. Era meraviglioso lo
spettacolo che si godeva dalla sua finestra affacciata sul piano di Viterbo e sull'orto del Collegio. Per capirne la personalità viene opportuno un episodio. L'ortolano - il povero Meco - aveva seminato
nell'orto poco orzo che tentò di mietere in una prima mattinata di Domenica.
Mal gliene incolse però, perché il Rettore che alla finestra stava radendosi la barba ed aveva la faccia tuttora insaponata,
appena si accorse che Meco lavorava nell'ordo del Collegio in di festivo, gli piombò improvvisamente addosso in mezzo
all'orzo con una guancia ancora insaponata ed il rasoio in mano urlante e minacciante non si sa se l'ira divina per la
trasgressione del precetto festivo o... il
taglio della gola per la sfida al Padreterno
nella sua stessa casa. Meco, armato di falcetto, si arroccò a difesa della sua integrità fisica, pronto a vender cara la pelle.
Ma i due contendenti ebbero un attimo
di indecisione e di ripensamento e Meco,
sentite le argomentazioni, mogio-mogio,
abbandonò sconfitto il campo di battaglia mentre il Rettore, fattosi eroe nella
difesa dei diritti divini, ritornò glorioso
al suo camerino a rifarsi l'insaponatura
dopo tanto ardua battaglia... vinta in-
Il Barbarigo 11
cruentemente!
Ma il povero Meco ebbe, poco dopo,
la sua brava rivincita quando, accusato di
aver tagliato in un certo campo, senza la
dovuta autorizzazione, una grossa pianta
di quercia, si difese male in un primo
momento argomentando su motivazioni
agronomiche (l'ombra della quercia grossa come quella del Pascoli! - riduceva
il raccolto), ma ebbe partita vinta quando argomentò su motivazioni filologiche
(ma bada!) e disse che quella non era una
quercia ma una cerqua! Davanti ad un argomento tanto evidente si ebbe anche le
scuse: "oh! ma se era una cerqua"...
E chissà se Giovanni Pileri ricorda
quel crampo che gli prese mentre giocavamo a pallone nel cortile. Poverino, lui
rimase a terra trafitto dal dolore e al Rettore prontamente accorso dichiarò, tra le
lacrime, di essere vittima di un "granchio". Il Rettore non capi la parola e cosa essa significava; incurante dell'altrui
dolore, lasciò il paziente... moribondo,
corse nel suo studio e ne ridiscese un
quarto d'ora dopo trionfante per la lezione di lingua che stava per impartire:
non si trattava - orrore! - di un "granchio" ma di un "crampo": errore imperdonabile ma previsto nel manuale del
pronto soccorso con la relativa cura. E
fortuna che a Giovannino in quel quarto
d'ora il dolore era passato ed aveva ripreso a giocare. Sennò, per una finezza filologica, se ne poteva andare al Creatore!
Il fatto strano era però un altro : lui
che proveniva dal Nord, dai paesi freddi,
soffriva maledettamente il freddo. Oddio, non è che a Montefiascone il freddo
non si facesse sentire... ma lui esagerava!
La mantellina sulle spalle, i mezziguanti
e, come se non bastasse, i geloni alle
orecchie (vedi l'episodio narrato da Cruciani).
In fatto di intelligenza del linguaggio
falisco fu clamoroso questo episodio.
Andò a confessarsi da lui un contadino il
quale, a domanda, dichiarò che l'ultima
volta si era confessato: "p'istate" e cioè
l'estate precedente. Chierichetti non avverti la finezza di quell'apostrofo e interpretò quella dichiarazione come voce del
verbo pistare; donde il comico chiarimento!
Ma il fatto più sintomatico avvenne
una domenica pomeriggio. A noi piaceva
tanto allora (piace ancor oggi che siamo
vecchi) il gioco del calcio e, visto che da
pochi anni la radio trasmetteva un pezzo
di partita(Carosio si era inventato da poco quella trasmissione) che ci elettrizzava ed aveva qualcosa di misterioso per
via della fantasia che correva e... della
difficoltà di ricezione causata da continue scariche, affievolimento di voce ecc.
chiedemmo al Rettore che ci consentisse l'ascolto. Vista l'unanimità della richiesta, la grazia fu accordata. Mal ce
ne incolse, però, perchè mentre eravamo tutti ammucchiati addosso alla radio nel salone, arrivò il Vescovo, fulmine a ciel sereno! che... mannaggia!...
non capi l'ingenuità e l'allegria della
nostra ...evasione. Il Rettore rimase come un can frustato e noi, pecorelle bastonate,, indossammo il mantello per la
consueta passeggiata... recriminando...
fi peccatuccio.
Forse non ha lasciato grossa eredità
di affetti e di pensieri... ma si, una eredità l'ha lasciata: quella di un'anima candita e innocente che può far tutto nella
buona fede e cui tutto si perdona, appunto... per le buone intenzioni.
LA COMETA DI HALLEY
Alcuni ex-alunni assomigliano alla
Cometa famosa. Appaiono e si
eclissano.
E poi dice... l'astronomia!... o l'astrologia!?!
IL VICE RETTORE
Di Vice-Rettori ne ho conosciuti tre.
Uno: il primo, non l'ho conosciuto,
in verità, nell'esercizio delle sue funzioni: era uscito dal Collegio l'anno in cui
entravo. Si chiamava (e si chiama tuttora)
Don Angelo Ercolani, di cui tutti allora,
lamentavano e rimpiangevano l'assenza e
cui auguravano pronto recupero di salute
e lunga vita. Ne lodavano la bontà, la disponibilità, la schiettezza e la cordialità.
Quando poi, fatto grande, io pure l'ho
conosciuto, ho capito ed ho visto che
quegli elogi erano meritati perché corrispondenti a verità; che, anzi, erano inferiori al merito. Perché Don Angelo era
quello che dicevano; ma era anche molto
di più: paziente, intelligente, colto, ilare,
e soprattutto uomo di Dio, vero grande
Sacerdote: uomo al quale ti puoi confidare sicuro che avrà sempre per te una
parola di conforto, di stimolo di accettazione gioiosa della volontà di Dio qualunque essa sia, anche quando quell'accettazione costa fatica, rinuncia e sacrificio.
Don Angelo, però, è talmente schivo
che... chissà forse prenderà cappello e
perderà la sua imperturbabile pazienza
nel sentirsi così pubblicamente santificato in vita. Non me ne voglia, caro Don
Angelo: anzi, gioisca e ringrazi il Signore
che le ha dato tante virtù. Noi ci specchiamo in lei e un pizzico del bene e del
buono che si sentiamo dentro, è merito
suo e lo dobbiamo a lei. Viva ancora a
lungo, caro Don Angelo; noi dobbiamo
prendere esempio da Lei anche in fatto
di longevità e... perenne giovinezza.
Degli altri due, uno era Lombardo;
l'altro Ciociaro.
Il primo è scomparso senza laséiar
traccia di se fisicamente né geograficamente: come traccia, analogamente, non
ha lasciato nella nostra storia e nella nostra cultura. L'altro... qualche traccia
l'ha lasciata insieme anche a qualche perplessità. In fondo era persona simpatica,
plessità. In fondo er^a persona simpatica,
giovane e giovanile, con i pregi e i difetti
della gioventù. E' rimasto clamoroso il
rifiuto opposto a Don Bernardino, parroco di Valentano, cui prestava aiuto la
Domenica, che lo sollecitava ad alzarsi
presto la mattina di Pasqua per attendere
alle confessioni: lui aveva sonno e si sarebbe alzato "quanto è giorno"! - Ma
bada!.
Sapeva il francese e lo parlava bene
per pregresse sue esperienze in terra di
Francia. Così finalmente c'era chi poteva
insegnar bene la pronuncia a... Chierichetti che... la grammatica la sapeva tutta ma... Dio ne guardi, scampi e liberi
dalla pronuncia!... non aveva mai sentito
neppur parlare ...un francese. E Chierichetti ne gioiva... perchè finalmente era
arrivato che gli svelava il segreto della
pronuncia dei suoni nasali che, da quanto si leggeva sulla grammatica, "non erano molto chiari".
Come poi facesse il Vice a gustare le
già insulse minestre (che Suor Nena e
Suor Martina cucinavano con molto
amore ma con ... pochi condimenti) allungandole con mezzo bicchiere di vino,
è un altro mistero.
Il tentativo di gustare ... analogo sapore proibito effettuato da noi ragazzi si
concluse con una duplice negativa esperienza: il disgusto per la vivanda così
condita (che toccò mangiare tutta ... comunque) e l'ironico sorriso del povero
Santino, il cameriere, che sentenziò: "ma
perché perdete tempo con quello..."!
Montefiascone:
Cattedrale - La Cripta
GOVERNATORI O DELLA LOGICA
Don Fernando è ancor vivo e vegeto:
prontamente e felicemente rimesso a
nuovo dopo il grave disturbo che lo ha
colpito qualche mese fà: tanti rinnovati
auguri - a proposito - e tanti vivi complimenti.
Don Fernando lo identifichiamo con
l'analisi logica, o meglio con la logica,
tout-court. E ne è chiaro il motivo.
Prima di tutto la pazienza che aveva
nello spiegare soggetti, predicati, complementi ecc. : era veramente una guerra impari al limite della resistenza; c'erano tra
noi tante ...capetoste! Chi veniva dal lago, chi dai colli, chi dal mare! Culture e
civiltà diverse: più chiuse ma più riflessive quelle di noi che venivamo dalla Val
il Lago, più aperte ma più dispersive
quelle dei maremmani, (mi scuso del giudizio, temerario..). Tra noi ragazzi, nel
colloquio e nel gioco, ci intendevano presto e bene. Ma, l'analisi logica..! per alcuni era più facile digerire il baccalà del venerdì. E Don Fernando, buono, tranquillo a dire, a spiegare a far ripetere..; ma la
12 II Barbarigo _
colpa era forse di carattere filologico. E
non esagero! Mi spiego con un esempio.
Che il complemento oggetto rispondesse
alla domanda "che cosa?" non era alla
portata di tutti. E fu evidente l'equivoco
filologico quando un collega riuscì a collegare il classicheggiante "che cosa" con
il plebeamente volgare "ichè?" E allora fu
tutto chiaro. Il complemento oggetto
non rispondeva a "che cosa?" ma a
"ichè?".
Caro Don Fernando, ma ci voleva
tanto a capirlo?! Il concetto della logica
però è rimasto; ben assimilato e ben digerito; intellettualmente perfetto e chiaro.
Non ancora completo, certo, nella sua
interezza culturale (la lacuna l'avrebbe
poi colmata Venturini con la Logica Minor e quella Maior) ma ben individuato
e presente nella coscienza. Quanti oggi
godiamo e ci vantiamo di essere logici...
dovremmo fare un monumento a Don
Fernando e glielo facciamo: nel cuore, di
gratitudine!
P. BARTOLOMEO
Io, di frati cappuccini, non ne avevo
mai visti: sapevo solo che avevano la barba lunga. A Montefiascone, a un tiro di
schioppo dal Barbarigo, c'era un loro
Convento e qualche volta eravamo andati
a visitarne la chiesa. Il Guardiano era P.
Bartolomeo; alto, magro come un chiodo, barba lunghissima, incedere ieratico,
sempre serio: mai il sorriso sulle labbra!
Sembrava in continuo perenne colloquio
con il Padreterno. Veniva in Collegio come confessore straordinario: se andavi da
lui, ne rimanevi affascinato per come
parlava, come ti consigliava...!
Ma la sua figura, ad un certo punto,
perse i contorni fisici ordinari e si idealizzò in un misto... schizofrenico di sogno
e di realtà. Non per colpa sua, certamente! Ma per un mio invincibile bisogno di
concretizzare'e di paragonare certe figure. E mi spiego. In terzo ginnasio si leggevano a scuola (io, li divorai, in pochi
giorni) I Promessi Sposi: e Padre Cristo
foro era un grande eroe del romanzo:
forte, logico, serio, gran cappuccino... lui
pure non rideva mai; prendeva di petto
tutti i cattivi, si faceva carico di tutte le
sofferenze altrui; un eroe appunto. Ed
inoltre era alto, magro, con la barba lunga! Insomma l'identificazione: P. Cristoforo = P. Bartolomeo fu presto fatta. Pe
rò c'era un qualcosa che non quadrava.
Padre Cristoforo era stato prima Ludovico; omicida, poi pentito, riparatore per
tutta la vita .del peccato giovanile. Ma P
Bartolomeo non è che era stato pure lui,
in gioventù, un omicida? Questo il prò
blema! Povero P. Bartolomeo, se lo avesse saputo, quale brutto sospetto gravava
su di lui, si sarebbe offeso... e a ragione!!
Era un sant'uomo e per essere tali non è
mica necessario aver ammazzato prima
qualcuno...! Ma perché - mi domando
però, ancora - ma perché non rideva
mai!?!
SADA
Dove il Vescovo Rosi l'avesse pescato, nessuno lo sapeva: era strano, come
strano era il cognome: Sada! e poi Carlo!
Come ti sbagli: era milanese!
Aveva voce rauca, nobilitata dalla r
moscia (pensa tu: era la prima volta che
sentivo con le mie medesime orecchie
l'erre moscia!): era alto, stempiato, pochi capelli tirati all'indietro e un bel paio
d'occhiali d'oro sul naso. Completava la
figura una fascia nera attorno alla vita,
alta, con un pezzo che scendeva lateralmente lungo la coscia. Sopportava bene
il freddo ma il vento gli faceva perdere la
pazienza e saltare i nervi. Esercitava la
sua missione a Zepponami ma la mattina
veniva da noi a insegnarci latino... Era tirato un gelido vento di tramontana, per
tutta la notte: impetuoso e incessante.
Lui non aveva chiuso occhio e la mattina, ancora tutto frastornato, ci confidò,
con tutta serietà, che se la notte seguente
il vento non fosse cessato, lui, l'indomani,
avrebbe preso il treno e, lasciata baracca
(la casa di Zepponami) e burattini (noi,
suoi alunni), se ne sarebbe tornato al
nord.
Ma perché Sada? Ecco: c'è un particolare. Aveva scritto e pubblicato un libro: a Milano (sempre il gran Milan!). Si
intotolava: Cesare. Io lo comprai: era un
librone grosso così, con certa carta spessa che si faceva fatica a voltar pagina.
Faceva impressione l'immagine della
copertina: la faccia di Giulio Cesare squadrata e tagliata come sulla roccia! Faceva
anche impressione e ci inorgogliva il fatto che un nostro Professore avesse scritto
Montefiascone: Interno della Cattedrale
un ... librone. Giulio Cesare, poi, in epoca fascista, era un mito... premonitore:
e lui... aveva azzeccato... il titolo (al
tro che quel seicentesco poeta che cantò
l'Italia liberata dai Goti e non fece fortuna, tanto che ne pianse amaramente:
'...maledetta sia l'ora e il giorno quando
presi la penna e non cantai l'Orlando!").
E faceva onore al Collegio perché di gente che scrivesse libri in quell'epoca ce
n'erano pochi. Io lo lessi quel libro in pochi giorni e lo conservo ancora... mezzo
squinternato e mi fece impressione il
fatto che... i fatti erano... sopraffatti da
un mare di parole, la narrazione non
era... fatta da uno storico ma da... un
mezzo poeta. Non mi meravigliava che
lui esaltasse il Duce (era fascista!): allora
lo facevano tutti come un atto doveroso :
ma che lo facesse un Prete... mi sembrava
strano. E poi... figurati, che accoglienza
ebbe il libro da parte dei nostri professo-
ri: gente che di Giulio Cesare... conosceva pure i peli.... : quelli i commentari
della guerra gallica e della guerra civile
poco ci mancava che li sapessero a memoria e il pressappochismo e la superficialità storica li faceva sorridere.
Sogghignavano, prudentemente però,
sulla'impostazione politica: capirai i Professori... eran tutti "Popolari"! e figurati come sopportavano il Fascista piovuto
dal Nord! Tant'è che l'anno appresso il
Sada scomparve dalla circolazione. A
proposito di Popolari, si raccontava che il
Vescovo Rosi, in occasione delle prime
elezioni a lista unica, non andò a votare
ma ci mandò Chierichetti con il dovere
di scrivere sulla scheda "Partito Popolare
Italiano": e Chierichetti nobilmente e
imperterrito sfidò l'ira del seggio elettorale e votò P.P.I. Rispettato dagli avversari, per verità: ma schedato - lui e il suo
principale - pecora nera, del Regime.
Delle conversazioni che si facevano a
tavola dei Professori, niente si sapeva. Sada ne aprì uno spiraglio, una volta. L'argomento in discussione era questo: Giacomo Leopardi se anziché gobbo e infelice fosse stato bello e pieno di salute, sarebbe stato l'identico grande poeta? Pare
che ci sia stata una animata discussione.
C'era chi sosteneva la tesi che sì: sarebbe
stato poeta ancor più grande; altri invece
dicevano che no: bello, giovane, coi
quattrini del Conte Leopardi in tasca...
se ne sarebbe fregato della poesia e dei
versi, che anzi si sarebbe goduta la vita!
Vedi che razza di discussioni!
E come ci teneva il Sada acchè lui,
Carlo, fosse da noi considerato... quasi
sullo stesso livello di quell'altro Carlo
milanese, il Borromeo! Tant'è che cascò male un altro Carlo... quando,
recitando il paradigma del verbo crepo,
disse imperterrito: crepo, crepas, crepavi, crepatum, crepare\ suscitando le sue
ire e le rampogne con la dichiarazione,
seduta stante, ...di indegnità a portar
quel nome!
Però era milanese: tutto-, da capo a
piedi. E si sentiva tale! Raccontò che, a
Milano, c'era una ditta o società o che altro fosse, la quale aveva tanti, ma tanti
impiegati; ... e consumavano Dio solo sa
quanto inchiostro!
Per ridurre le spese fu dato ordine
agli impiegati di non mettere con l'inchiostro il puntino su tutte le "i". I risultati furono sorprendenti. Alla fine
dell'anno avevano risparmiato una (o
più?) damigiane d'inchiostro! Hai capito,
il milanese?!
Montefiascone:
Panorama
Il Barbarigo 13
CAZZOTTI,
PIZZICHI
CAREZZE
E
LA CATENA
Ci son tante catene, nel mondo, che
vengono tutte citate nei dizionari enciclopedici: da quella della schiavitù... a
quella di S. Antonio. Ma nessun dizionazio parla della catena del Barbarigo. La
quale, per i più giovani ignari e per i più
anziani immemori, aveva un fine: costringerti a parlar bene la lingua italiana
superando le forme dialettali; aveva un
mezzo: importi il silenzio per un periodo più o meno lungo, pensando all'errore commesso; aveva uno strumento: la
ricerca di un altro ragazzo che commettesse errori di lingua, per passare a lui il
testimone del silenzio. Come strumento
era certamente, nel suo piccolo, spiritoso, molto stimolante e anche efficace.
Aveva però un grosso difetto, diciamo
cosi, psicologico: ti rendeva indagatore,
spia, traditore (boh!) degli amici. Ti costringeva ad avvicinarti sornione a chi
parlava o giocava tranquillo, spensierato;
e tu eri li a coglierlo in fallo, a punirlo,
a umiliarlo. "Catena" era il grido fatidico di vittoria! Grido inappellabile che a
te restituiva il diritto di parola e rendeva
muto e senza possibilità di replica... l'errante. Il comico era quanto tu giocando
e non potendo parlare dovevi esprimerti
con gesti (che non erano proibiti) ma
tutti ti guardavano con fare sospetto, ti
sfuggivano e ti indicavno a dito perché tu
eri il "catenaro"!
LA BOCCETTA
Sugli stessi dizionari si parla anche
del termine boccetta: ci son tante bocce
e altrettante boccette. Ma della boccetta
del Barbarigo nessuno parla. Eppure...
cara, amabile, indimenticabile boccetta!
Era un piccolo recipiente di vetro, a forma arrotondata e panciuta, con una corta bocca in alto; conteneva la piccola porzione di vino che le rigide norme dietetiche ci consentivano di consumare. Un
quarto di vino per ogni pasto: vinello
leggero, a b b o c c a t e l i , piacevole. E tu ci
facevi l'amore! Te lo gustavi goccetto per
goccetto tanto era poco (e poi magari il
Ministro lo allungava pure con l'acqua...
per renderlo assolutamente inadatto a
produrre cirrosi epatica).
Però, però... ogni tanto c'era chi ti
vietava di berlo, quel pò di vino e ti avvelenava il pasto.
Non c'era punizione più amareggiante che sentirsi apostrofare: "Boccetta" o
"Mezza boccetta"! E voleva dire che tu
nel pasto successivo il vino o non lo bevevi per niente o solo mezza dose. E qui
sorgeva un grosso dubbio geometrico:
qual era il centro esatto della boccetta
per delimitare la quantità bevibile e quella intoccabile? C'era chi ne dava una interpretazione restrittiva e allora il livello
stava abbondantemente sopra... l'equatore: chi invece ne dava un'interpretazione
amplificata si avvicinava pericolosamente
al Polo Sud e... qualche volta erano guai.
Bisognava ricominciar da capo la navigazione e allora... sta tranquillo che restavi
abbontantemente sopra l'equatore!
A proposito: dove sono andate a finire tutte quelle boccette? Che c'è un'anima buona che me ne regala una!? Oltretutto mi verrebbe comoda, adesso
che, fatto quasi vecchio, ho bisogno di
un misurino enologico col quale io possa
discutere non tanto il prezzo... bensì la
quantità!
IL FREDDO
Chi non ha sentito fischiar la tramontana davanti alla Basilica di S. Margherita, nelle giornate limpide e serene col cielo luminoso, non sa cosa vuol dire il freddo. Quelle poche decine di metri per attraversare la piazza erano micidiali: la
tramontana ti feriva il viso e ti spaccava
le labbra. E quando poi, finalmente, entravi in S. Margherita, ti sentivi ristorato
dal calduccio che ci trovavi...!
Non è però che il freddo c'era solo in
Piazza della Cattedrale! Nelle camerate e
nei dormitori del Collegio, il freddo ti
starnazzava. Eravamo tutti infreddoliti e
qualche volta anche intirizziti. Coperti
bene, con le maglie, con le tonache, con
i guanti, con i mantelli... ma il freddo era
tanto. Nè bastava quel "focone" che nelle giornate particolarmente fredde, Santino portava sù dalla cucina e sistemava in
mezzp alla Camerata. L'ambiente non si
riscaldava: però quel piccolo fuoco faceva tanta compagnia!
Poi veniva maggio... l'estate! Scompariva il freddo e sparivano i geloni. Il
clima fresco dei mesi estivi, l'ombra degli alberi sulla Rocca, i tigli fioriti e profumati con le api che gli ronzavano attorno (Don Sante diceva che le più affamate
erano quella di Martella!) facevano dimenticare la tristezza invernale. Però, cosa strana! quel freddo nessuno lo protestava: una mezza parola per recriminare
l'inclemente stagione si, ma tutto finiva
li. Una corsetta nel cortile, una partita a
"Bandiera" e ti cresceva dentro non il calore ma il fuoco. Beata gioventù!
IL LAGO
C'era il lago, il lago di Bolsena, proprio sotto il Collegio. Ma chi ci faceva caso!? Era tanto naturale e familiare quello
spettacolo che passava inosservato. Eppure dal P.zzale di Borgheriglia si ammirava,
e si ammira tuttora, uno dei panorami
più belli d'Italia: il lago ora azzurro, ora
pumbleo, ora liscio, ora biancheggiante
per le onde schiumose; le isole, la Bisentina e la Mariana che si specchiavano nelle acque, messe là in mezzo quasi come
elemento coreografico ad interrompere
la monotonia delle acque; i paesi ada*giati sui colli Volsini: Marta, Capodimonte, Valentano, Gradoli, Grotte, S. Lorenzo, Bolsena e qualche volta, nelle giornate limpide, altri paesi ancor più lontani
quando lo spettacolo si apriva fino al mare e qualcuno tentava di scoprir Tarquinia e Montalto. E poi, i Monti: a destra
l'Amiata grandioso quasi un monumento, i Monti di Castellazzara (dove dicono
che S. Pietro abbia votato tutto il sacco
delle pietre... tanti sono lì i sassi) la vetta
del Cetona aguzza come un triangolo
acutangolo (ti ricordi?!) la rocca di Radicofani; e a sinistra il Cimino sempre
fronzuto le cui acque con un antico acquedotto arrivano fino alla Rocca e poi
la Pallanzana rocciosa e il Monte S. Valentino. C'erano anche le pianure: quella
di Viterbo, quella della Maremma; tutto
piano... giù a perdita d'occhio fino al mare. Sulla piana di Viterbo c'era la nebbia,
tutte le mattine, immancabilmente; che
partiva dalla Valle del Tevere e si perdeva
verso la Maremma: a mezza mattinatala
nebbia però spariva, dissolta dal sole, e
allora si delineava anche sulla piana di
Viterbo uno spettacolo di immagini e di
colori incomparabile (ma chi fu quel fantasioso progettista che collocò l'aeroporto di Viterbo in mezzo alla nebbia?!)
A proposito del lago, un episodio
non può essere dimenticato. Che è questo. Si premette che, quando tu esci dal
cancello di ferro di S. Bartolomeo e guardi a sinistra, c'è l'arco di Borgheriglia, il
piazzale davanti e il lago subito lì sotto.
Il panorama, che la piccola apertura dell'arco ti consenti di intravedere, è molto
ristretto e, non essendoci ai lati punti
chiari di riferimento, ti sembra che il lago sia proprio lì, sotto il piazzale. Tant'è che il padre di un collegiale, illuso di
avere il lago proprio a portata di mano,
cercava disperatamente un sasso nelle
vicinanze per... lanciarlo nell'acqua. E figurati come ci rimase male quando, preso dall'entusiasmo per l'esperienza che
non voleva negarsi, oltrepassato l'arco
con il sasso in mano, pronto al lancio, si
accorse che c'erano... di mezzo i chilometri della valle!
1 CANONICI
I canonici della Cattedrale erano monumenti viventi. Vestiti di Cappa, sempre seri, sfilavano dalla Sacrestia al Coro
in doppia fila guardati e ammirati dai
"villani falisci" che partivano dalle varie
frazioni del Comune per assistere alla
Messa delle 11 e per ammirar anche lo
spettacolo dei canonici sfilanti e salmod i a c i . Già, perché la recita del Breviario
che canonici e cappellani facevano in comune, alternandosi lentamente e monotonamente tra gli stalli di destra e di sinistra del coro, faceva impressione: nessuno ne capiva niente ma quel salmodiare
conciliava devozione e atmosfera mistica
(a qualcuno... il sonno!) anche perché un
folto gruppo di Maestre Pie, tutte vestite
di nero... ma proprio nero, ascoltava silenzioso il lento e nonotono canto latino
e sembrava che capisse tutto.
I canonici erano brava gente: Montefiasconesi, per lo più: tutti d'un pezzo.
C'era il Decano, Don Latino, il fratello
del Card. Salotti, che alla Messa cantata
teneva l'omelia: le sue parole lente e ben
pronunciate a voce alta (a quei tempi -
14 II Barbarigo _
senza altoparlanti - il predicatore doveva
avere buoni polmoni) piovevano dall'alto
del pulpito come una cascata benefica di
acqua purificatrice. C'era l'Arciprete che
aveva il primo posto, vicino al trono del
Vescovo; c'era il Sacrista e via via gli altri. Il più solenne, il più austero era il
Can. Giubilei che era stato anche Rettore
e sul cui cognome, malignamente corretto e scherzosamente pronunciato (all'epoca del fascismo era abolito il lei e si
usava il voi!), sogghignavano i più audaci: non Giubilei, ma Giubivoi!
C'era Don Elpidio che ti sfoderava
una voce baritonale piena e corposa che
rimbombava sulla cupola e si diffondeva armonica nelle orecchie e nei cuori;
c'era Don Armando, alto e solenne, che
cantava in coro un "Alleluia" squillante
e ... sempre quello! e portava sul petto
certi nastrini...
C'era Don Amilcare vecchio, non vedente, stabaccante, e Don Gioacchino,
scrittore di prediche che il volgo provocatore chiamava "Don Sorca" per via...
di certe strane somiglianze facciali.
Poi c'erano i Cappellani che brillavano per la costante presenza, ma un pò
meno per la severità e l'austerità: Presciuttini (di cui si riferiva la storica frase:
"Sono martire, non confessore"; pare,
infatti, che il Vescovo gli avesse tolto la
facoltà di confessare e... lo perseguitasse); Del Zampa (cui non dispiaceva un
bicchiere in più, di quello buono, tanto
che ne ebbe qualche rimprovero dal Vescovo: ma lui si difendeva dicendo: "Gli
vanno a dire quanto bevo... ma non gli
dicono quanto ho sete"!). Caro, indimenticabile Don Sante, affabile, spontaneo, sempre allegro, disponibile con
tutti, fornito di un certo genio e di una
verve creatrice forse disordinata ma certamente comica: chissà che se ben coltivato non avrebbe potuto realizzarsi come un nuovo Abate Casti non già cantando "animali parlanti" ma "uomini
maldicenti".
Come versificatore estemporaneo era
rimasto celebre un certo stornello che
declamò ad un convito di nozze in cui
invocò il fiore dell'acanto e concluse che
marito e moglie dovevano star sempre
accanto!
La solennità del Capitolo Falisco diveniva meravigliosa quando il Vescovo
scendeva in Cattedrale a presiedere le
funzioni religiose. C'era la breve processione dell'Episcopio alla Chiesa e il Vescovo Rosi che incedeva solenne: pastorale a sinistra, mitra in testa, braccio destro alzato benedicente. Rosi era stato
un gran Vescovo: per quasi 40 anni. Le
sue pastorali erano lette con profitto
nelle famiglie di mezza diocesi anche se
un pò concettose. Le sue prediche, invece, erano... sofferte: lui aveva una voce sottile e debole, non c'erano altoparlanti e le sue parole, nonostante gli
sforzi, piovevano dal pulpito come un
mormorio sussurrato difficilmente comprensibile. Poi, nel dopoguerra, vennero
gli altoparlanti e allora le parole e i concetti fuono chiari a tutti e tutti ascoltavano con attenzione il Vescovo: peccato che i primi 30 anni erano passati
senza colloquio!
IL REFETTORIO
Il refettorio era ampio: largo e lungo: soffitto a volta; tavoli e panche lungo
le pareti; seminterrato; il pulpito al centro con una piccola lampada elettrica;
due iscrizioni latine sulle pareti corte:
l'una diceva "Manducate quae apponuntur vobis" che tradotto velocemente vuol
dire: Dovete mangiare tutto! Si, perché la
regola diceva che i piatti dovevano essere
lasciati senza avanzi. Il buon Santino si
affrettava a servir tutti: portava la minestra, portava il secondo, ripassava il pane... l'acqua e poi si metteva a mangiare
solo nel tavolo corto di fronte a quello
del Vice Rettore che, pur lui, mangiava
solo. Come si mangiava? Che cosa? I
ricordi si sono affievoliti ma alcuni punti
son rimasti fermi. Premesso che la cucina
era semplice, familiare, senza pretese e
che non brillava per raffinatezza né disdiceva per sciatteria, c'erano però alcune pietanze che non godevano i generali
favori. Ad esempio: il baccalà del venerdì. Lo cucinavano in un certo modo col
sugo... che so io!... ma a molti di noi non
ci piaceva proprio e allora si mettevano
in atto certi sotterfugi che consentivano
di non mangiare la sgradevole pietanza la
quale, alla successiva ricreazione, andava
a finire, incartata!, tra i rifiuti del giardino. E le rape! E le fave! Il povero Meco
seminava di fave una buona parte dell'orto e... erano tutte per noi. A noi ragazzi
non è che le fave non piacessero; anzi ci
piacevano proprio, ma crude, vivaddio, e
non cotte. E invece no! Tutta la metà
del mese di giugno a mangiar fave cotte
che... ti facevano nausea (e già perchè il
gusto delle fave cotte col sugo è gusto di
persona adulta: oggi un bel piatto di fave
al sugo è per me una festa, ma allora era
un voltastomaco!). La domenica sera (e,
salvo errore, anche il giovedì) invece era
una finezza... gastronomica... svelta. Si
badi era domenica: e le suore che presiedevano la cucina, la domenica pomeriggio avevano... le ore di libertà per andare
al Rosario e al Vespro e poi nella loro casa madre! E allora che si mangiava? Una
minestrina di pasta o di riso e poi insalata (molto aceto... e poco oliata) e un bel
paio di fette di mortadella che a noi, abituati a mangiar prosciutto, spalla e ventresca nelle nostre case contadine, piaceva da morire!
ADESIONI
ALL'ASSOCIAZIONE E PAGAMENTI QUOTE
ANNUALI: presso il Cassiere:
Guglielmo Cruciani,
Via Friuli, 43 - 01100 Viterbo.
Quota per il 1986, L. 20.000.
Montefiascone:
Il corpo di S. Lucia
E il gelato di S. Enrico, lo ricordate?
Chierichetti si chiamava Enrico e l'onomastico cadeva il 15 luglio: si festeggiava contemporaneamente la festa del Rettore e la fine dell'anno scolastico. Gelato particolarmente gradito a chi era stato promosso ma un pò indigesto per i
rimandati! Chi non ricorda poi l'annuncio solenne dei risultati degli esami finali
fatto dal Rettore in Refettorio, alla fine
della colazione? Carte alla mano, il Rettore annunciava: "promossi con lode"
(e giù pochi nomi - quelli che avevano
ottenuto tutti voti superiori ai 7/10);
"proxime accesserunt" (qualche altro
nome in più - quelli che avevano ottenuto un solo sei e poi tutti voti superiori);
"Promossi" (molti); "rimandati" (nòn
pochi). Tra i rimandati era rimarchevole
il fatto che l'essere non approvati in una
materia, non comportava la ripetizione
a ottobre degli esami scritti e orali: no!
Tu ripetevi solo quella parte dell'esame
in cui non eri andato bene: solo lo scritto o solo l'orale; anche scritto e orale,
ovviamente!
Rimase famoso il colloquio tra un
alunno ed un estraneo: "Come sono andati gli esami?" - "Bene... ma sono stato
rimandato in latino" - "Vuol dire che
dovrai studiare durante le vacanze!" - "Si
ma mita tanto, perché debbo ripetere solo lo scritto..." - "Come sarebbe a dire?"
- "... e neppure tutto! Soltanto la versione dall'italiano!"
Nel refettorio c'era un pulpito
cui si accedeva attraverso una piccola
scàia a chiocciola di pochi gradini. Era la
prima palestra che ti abituava al pubblico, ad esporti all'esame e al giudizio dei
colleghi. La prima volta che salivi là sopra, quasi ti mancava il fiato. Ti sentivi
come sospeso in aria, tra terra e cielo e le
gambe ti tremavano... forte. Poi la paura
ti passava... e intanto ti eri fatta una
grossa esperienza: eri cresciuto nella padronanza di te stesso e ti sapevi meglio
confrontare con gli altri. Dovevi leggere
bene, ad aita voce, lentamente, senza inflessioni dialettali: e il Vice Rettore che
presiedeva i pasti correggeva gli erranti.
E' rimasto ancora insoluto, a distanza di
50 anni, un dubbio circa la corretta pronuncia di due parole: polizia e milizia oppure Polizia e Milìzia! E perché invece Polizìa e Milìzia.
Il Barbarigo 15
I LIBRI
Il cambio di civiltà tra quella povera
del paese e quella ricca del Collegio, si
appalesava fin dal primo giorno di scuola. Io ricordo di avere scritto la prima lettera a mio padre in cui gli facevo notare
che in Collegio non c'era un solo maestro
in ciascuna classe come nelle elementari,
ma tanti professori che cambiavano a rotazione ogni ora: e ciascuno insegnava
una sola materia. Donde la meraviglia di
mio padre: ma prima di lui mi ero meravigliato io che notavo tanta differenza e
che al suono della campanella vedevo
cambiare... attore sulla cattedra.
E poi i libri! Alla scuola elementare
ne avevano solo due: qui ce n'erano tanti. Due per il latino, due per la matematica, due o tre per l'italiano e poi la storia,
la geografia, la religione, la musica: e
questi solo per gli alunni del primo ginnasio: quelli del ginnasio superiore ne
avevano molti di più: gli autori latini, i
poeti italiani e poi i libri di greco! E i
vocabolari! libroni grossi, mai visti. Una
continua scoperta del nuovo nel campo
del sapere. E i libri bisognava conservarli
bene perché... costavano soldi e dovevano servire : ed in più i richiami e le raccomandazioni dei Professori che ci dicevano essere i libri cosa preziosa. E giù a
foderarli con la carta da pacchi; precisione ed esattezza nel far combaciare le
giunture e le piegature, sapienti tagli con
le forbici, linguette ripiegate in alto e in
basso... Una cosa preziosa, quei libri: che
se qualcuno li avesse conservati, sarebbero oltremodo istruttivi come documenti
tecnico-pedagogico e... come valore commerciale sul mercato dei libri di antiquariato.
Ma il ricordo più vivo di quei libri vola al momento quando, finita la colazione e la susseguente breve ricreazione in
giardino, verso le 8,30, rientrati nelle camerate (quella dei grandi in alto e quella
dei piccoli in basso) in fila, ci si avviava,
attraverso il grande salone, alle aule scolastiche con libri e quaderni sotto il braccio: silenziosi tutti e pensierosi, certamente, perché ordine e disciplina cosi volevano, ma soprattutto meditabondi e
seri perché tutti i giorni venivi interrogato in tutte le materie e non ti salvavi mai
dal confronto con il Professore. Che
vuoi? eravamo tanto pochi (al massimo
una decina per classe, qualche volta anche 4-5) che il Professore ti interrogava
per forza. E che rispondevi se non ti eri
preparato? E che figura facevi davanti ai
colleghi? E la boccetta o la mezza, dove
la mettevi?
Dietro i libri c'erano gli esami. Non
bastavano gli esami finali che c'erano
sempre nel mese di luglio (si andava in
vacanza il 20, finita la festa di S. Margherita): ed erano esami seri e severi, su tutte le materie, scritti e orali: vigilati attentamente durante lo scritto (ma intanto, nonostante tutti gli accorgimenti,
qualche scopiazzatura ci scappava sempre); esaminati e vagliati negli orali dalla
commissione che ti pesava culturalmente
ma ti valutava anche psicologicamente
sulla tua emotività, sulla tua compostezza. C'erano anche gli esami di mezz'anno; e cioè a febbraio si sosteneva un esame più veloce, scritto e orale, per verificare l'andamento del curriculum degli
studi e anche per abituare gli alunni al
colloquio e al confronto con i professori.
La scuola falisca, impostata dai grandi Rettori e dai grandi Professori del
'700, aveva un suo stile, una sua metodologia che, perfezionata con l'esperienza
successiva e vivificata da altri apporti culturali, aveva raggiunto un alto livello psico-pedagogico non codificato ma certamente efficiente e funzionante.
IL PERSONALE LAICO INSERVIENTE
C'erano, al Barbarigo, due personaggi
storici che tutti ricordiamo con un pizzico di simpatia e qualche rimpianto: erano due persone di una certa età adibiti
l'uno (Pippo) al servizio di portineria,
l'altro (Santino) al servizio delle pulizie
e del refettorio. Pippo era molto avanti
negli anni; puzzava di pipa (onore al nome!) o di sigaro lontano un miglio; a
quel puzzo si mescolava, sapientemente
dosato, anche acre un profumo stomachevole di vino. Nè è che brillasse molto
neppure in fatto di pulizia personale;
tanto che il suo passaggio era segnato da
tracce evidenti di aromi residui maleodoranti. Però era un brav'uomo, in fondo! e
quelle rare volte che poteva intrattenersi
con noi aveva sempre qualcosa da raccontare sulle vicende passate del Collegio
e dei Professori. Forse era nato ai tempi
dello Stato pontificio e ricordava tante
cose del secolo passato. Ad esempio. I seminaristi francesi che studiavano a Roma
avevano l'abitudine di passare una parte
delle loro vacanze estive al Barbarigo.
Pare che si trovassero bene, qui... e facevano anche le loro confidenze. Tra cui
c'era anche questa: che loro erano ostili
all'Italia unita e in particolare all'annessione di Roma all'Italia con la conseguente soppressione dello Stato pontificio. Per loro il Papa non era solo "le Pape" ma era pure sempre "le Pape roy"
e cioè a dire il Papa re. Il povero Pippo
- che non sapeva il francese - a noi, pendenti dalle sue labbra, diceva il Papa in
francese si chiamava "paperuà" tant'è
vero che i chierici francesi brindavano
alla sua salute cosi: "Viva le paperuà"!
Santino, invece, era tutt'altro tipo:
serio, pulito, gran lavoratore, impegnato"
nelle faccende tutto il giorno, sempre di
Nel 1990 cadono i primi tre secoli
della fondazione del Collegio.
Cominciamo a pensare quali iniziative suggerire per celebrare e onorare degnamente la ricorrenza.
Chi ha idee... le avanzi...!
corsa, molto gentile, tanto produttivo.
La giornata la passava tutta nel Collegio :
rientrava in famiglia solo la sera dopo cena. Riassettava, scopava, faceva le camere dei professori, aiutava in cucina, serviva a tavola: spesso toccava a lui anche
suonare la campanella. Era anche paramedico: faceva le iniezioni a chi ne aveva bisogno e se ti servivano le frizioni, te
ne faceva certe lui allo spirito, con tanto
impegno e così efficaci che... un'altro pò
e ti decorticava la pelle: poco ci mancava
che ti faceva far la fine di S. Bartolomeo,
il Santo protettore! Tutto in stile, del
resto!
C'era anche un altro paramedico:
non, però, in servizio permanente ma
impiegato solo nel periodo invernale, a
curar geloni. Oggi, se tu dici a tuo figlio
cosa sono i geloni, quello casca dalle nuvole : ma allora tanti ne soffrivano e i pizzichi ti brulicavano insopportabili tra le
dita delle mani e sulla punta delle orecchie. Si chiamava Gigetto, era figlio di
Pippo, e faceva il sarto da uomo, con una
particolare abilità nel cucir tonache su
misura. All'ora della ricreazione pomeridiana lui aspettava in infermeria tutti i
sofferenti: a questo metteva e spalmava
una pomata, a quello faceva una frizione,
a quell'altro una disinfezione: a tutti una
parola di conforto e di coraggio; una speranza. E poi diceva che un giorno o l'altro avrebbe portato una medicina infallibile nella cura dei geloni: che l'aveva già
ordinata a Milano (anche a quei tempi
era'il gran Milàn!): che sarebbe arrivata
presto... Dàgli oggi e dàgli domani, la storia di questa medicina andava in puzza
finché un giorno, messo alle strette, confesso qual era questa medicina. E sentenziò: "Il sole di maggio!" E già, perché,
con la bella stagione, i geloni scomparivano e non c'era più bisogno di pomate nè
di guanti nè di mezzi guanti. Però da dicembre a marzo le medicazioni si sprecavano: Gigetto segnava giornalmente
sul suo quaderno le prestazioni professionali e alla fine del mese... il babbo
pagava!
PREFETTO E VICE PREFETTO
C'era al Barbarigo una funzione anomala che era rivestita da alcuni alunni
più grandi, più capaci, più meritevoli:
quella del prefetto(con il vice, suo assistente). Era un incarico di alta responsabilità perché colui che lo rivestiva era il
vero educatore: viveva tutto il giorno
con i suoi colleghi; mangiava, giocava,
studiava con loro: era loro d'esempio, di
guida, di correzione. Finché la carica del
Prefetto era rivestita da un giovane teologo, le cose andavano abbastanza bene:
c'era una differenza sufficiente di età
che accresceva il rispetto, c'era maggiore
esperienza di vita e di cultura, c'era reciproca comprensione... Ma quandp il Prefetto era coetaneo degli alunni si creavano insofferenze, incomprensioni e anche
litigi... perché l'esercizio dell'autorità,
non suffragato da maturità e da presti-
16 II Barbarigo
_
gio, portava non pochi ridicoli risultati.
Il guaio grosso era che l'opera veramente educativa dei giovani gravava su
mani fragile e inesperte: le quali tutt'al
più realizzavano una disciplina formale
(rispetto degli orari, impegno nello studio, silenzio...) ma poco o nulla incidevano nello spirito, nella crescita e nel controllo dei sentimenti... Ma tant'è: il Prefetto c'era ed era figura di primo piano,
insostituibile; il cui ruolo - ripeto - veniva
male interpretato e non per cattiva volontà ma proprio per obiettiva situazione
dei fatti, per mancanza di esperienza, per
incapacità, talora anche per inettitudine!
Talmente "imminebat" la figura del Prefetto che una volta un certo alunno, tradusse "profectus erat" (e cioè "era partit o " ) con "c'era il Prefetto", cui il Professore replicò "E il Vice-prefetto dove stava?" - Chissà se il Dr. Moratti, divenuto
poi Prefetto della Repubblica, nell'esercizio delle sue importanti funzioni, si ispirò ai criteri della Prefettura falisca!?!
I PINI, GLI OLMI, I TIGLI
Nel giardino c'erano alcune aiole che
qualcuno si faceva carico di coltivare e
di custodire: qualche alberello ornamentale, le siepi di piccole piante sempreverdi, qualche rosa (bellissime quelle rampicanti, con fiori a grappoli, di color rosso acceso), qualche giaggiolo a primavera, qualche gladiolo in estate, i gerani e
quei cipressi a vegetazione annuale, bassi
e arrotondati che erano una bellissima
palla di verde chiaro.
A fianco delle aiole c'era anche qualche piante (due o tre) di tiglio: belle, alte, grandi che facevano un'ombra fitta e
gradevole dentro la quale, nelle giornate
calde estive, era piacevole difendersi dai
raggi cocenti del sole e gustare il refrigerio di un pò di frescura. Nel mese di luglio, il tiglio fioriva: quella infiorescenza
a mazzetti bianco-giallognoli, come fiore,
non aveva niente di particolare, ma aveva
un profumo... un profumo che quasi inebriava.
Il Ministro, che talora, dopo il pranzo, scendeva con noi in giardino, diceva
che con quei fiori, seccati e conservati, si
potevano fare in inverno ottime tisane
contro la tosse e il raffreddore... ma nessuno li coglieva, quei fiori, e morivano li.
II Ministro citava ogni tanto anche qualche detto latino che poi ha fatto epoca.
Ad esempio la scuola medica salernitana
dettava questa norma per il dopo pranzo: "aut stabis, aut lente ambulabis"
(stare in piedi o passeggiare).
Poco sotto, in mezzo all'orto, c'erano tre o quattro pini secolari, piantati
all'epoca di Barbarigo, alti e svettanti nel
cielo, con chioma vastissima, audaci e
imbattibili nel sostenere l'urto dei venti;
simbolo di forza e di carattere; emblema
della continuità storica e culturale di
quanti si son formati alla loro ombra.
Poco lontanto, c'era il Piazzale di
Borgheriglia sul ciglio del quale vegetava
un gruppo di olmi secolari cui facevano
da pendent altri olmi piantati nel piazzale di S. Martino, a Valentano sulla collina opposta, al di là del Lago. Dice che li
aveva fatti piantare il Card. Maury, ai
tempi della Rivoluzione Francese: quello stesso Cardinale che si dice abbia
introdotto nei nostri paesi la cultura della patata che poi ha preso il nome di patata viterbese, lunga e a pasta bianca, e
che negli ultimi decenni ha fatto la fortuna di Grotte di Castro.
I GIOCHI
Il tempo per il gioco non era molto:
10 minuti la mattina, in giardino; una
mezz'ora dopo pranzo, sempre in giardino o in cortile; una ventina di minuti dopo cena in camerata (d'inverno), in cortile (d'estate). Ma quei tre quarti d'ora in
giardino erano giocati tutti, non se ne
perdeva neanche un minuto.
Per i più piccoli c'erano un paio di
altalene ed era sempre una gara a chi
spingeva con più forza per andar più in
alto: i più timidi si libravano nell'aria seduti sulla tavoletta e ben attaccati con le
mani alle corde; i più audaci sulla tavoletta ci mettevano i piedi e, piegandosi
sulle ginocchia, davano certe spinte che
facevano paura a vederli tanto in alto.
C'erano anche le bocce: grosse, piene, pesanti. Ma era un gioco di finezza,
di calibro; poca forza ma tanta attenzione avvertendo che, non essendo il campo
livellato, le varianti di cui dovevi tener
conto erano tante... se no miravi a nord
e ti ritrovavi la palla a est. I più bravi si
divertivano anche a "sbocciare" e cioè a
scacciare con un lancio e un colpo secco
le bocce fastidiose degli avversari. Molti
colpivano il bersaglio con una percentuale del 50% e più. Chi propio non ci
chiappava mai era Gigi Piastra che tirava
certe bordate che mandavano la palla in
mezzo all'orto. Hai voglia tu a dirgli che
mirasse con più attenzione: che curasse
la precisione, più che la potenza. Invano!
Appena aveva occasione di sbocciare...
sparava la sua cannonata... Finché fu
chiaro il motivo di tanta perversa e pertinace insistenza. La palla andava sempre
a finire sotto la pianta di fico e lui, zitto
zitto, con una mano raccoglieva la palla
e con l'altra coglieva un bel fico... quello,
con la goccia! Hai capito la finezza!?!
C'era anche il il crikè (o come diavolo si scrive) che consisteva in tante piccole porte a terra, fatte con bastoncini,
che dovevano essere attraversate da un
pallino che si spingeva con una piccola
mazza. Era un gioco di finezza, di pazienza, poco gradito a chi voleva correre
e saltare: ma anche questo gioco aveva i
suoi patiti, tipi piuttosto... ingleseggianti! Era anche gioco di forza, però, quando ti mettevi sotto la suola delle scarpe
la tua palla e quella dell'avversario e poi
battevi di forza con la mazza la tua e
per il contraccolpo l'altra volava via. Era
questo il gioco che rendeva spiegabili le
frequenti risolature delle scarpe: "Ma
come fai a consumar le suole in quel
Montefiascone:
Borgheriglia: oggi
modo? Ma che ci sono i topi che le rosicano?" - diceva mia madre!
C'erano anche altri giochetti tradizionali (la mosca cieca; e qualche volta il
pallone nel cortile, e poi, quasi sempre,
nelle gite in campagna): ma il gioco
"principe" era la "bandiera" - "la guerra francese". Le regole sono sfuggite ormai dalla memoria e non è facile riportarle. Erano però giochi corali, cui partecipavano tutti, correndo per prendersi e
rincorrendosi fino a sentirsi il fiatone e il
sudore addosso. Chi correva più, chi meno: chi era più agile, chi brocco del tutto.
Faceva impressione Pietro Giorgi, cosi
Piccolino... ma muoveva i suoi piedi con
una tale frequenza e tanta velocità che
sembrava... il piè veloce Achille.
Angelo Maria invece era più pacato,
non gradiva l'ebbrezza della velocità: i
piedi pareva gli si fossero incollati a terra... con la pece o con la colla cervione.
Ma il movimento più frequente anzi
istituzionalizzato era quello della passeggiata quotidiana: immancabilmente, tutti
i giorni, a quella certa ora, ci si cambiava,
- scarpe lucide! - e si usciva per le strade
della circonvallazione falisca. Tre quarti
d'ora a passo svelto: con qualunque tempo, a meno che diluviasse o ci fosse la neve (nel quel caso si giocava a nascondino
nei corridoi; - ci si nascondeva dietro
qualche porta, negli sguinci delle finestre...); e poi, se si incontrava il Vescovo,
ci si fermava, ci si toglieva il cappello e ci
si rimetteva in movimento, fatto il doveroso e cerimonioso ossequio.
A primavera si faceva sempre la lunga
passeggiata. Chi si ricorda quando andammo tutti insieme a Bagnoregio? A
piedi, all'andata; in bus, al ritorno sotto
l'acqua torrenziale (quell'anno era stato
stranamente piovoso, il mese di maggio:
la mattina il tempo era sempre splendido; nel pomeriggio il cielo si riempiva di
nuvole e a una cert'ora un breve ma furioso acquazzone). Fu in quella gita, guidata dal Ministro giovanilmente baldanzoso e con al collo un bianco fazzoletto
(ad impedire che il colletto si insudiciasse: ... e come ti sbagli!?) che si scoprirono i tempi tecnici della percorrenza chilometrica umana: tutto cronometrato! A
passo normale un uomo compie Km 4
all'ora: a passo un pò svelto Km 6. Tempi e misure corrispondevano perfettamente... a meno che i cippi chilometrici
ed ettometrici della strada non dicessero
il vero.
Oppure quanto il Rettore Leonetti ci
portò tutti al lago a fare il bagno, a bere
Il Barbarigo 17
l'acqua ferrugginosa di una certa sorgente in mezzo alla Valle? Al ritorno ci fece
fare una strada scoscesa in salita in mezzo ad un bosco che dal lago portava, in
poco tempo, sulla collina nei pressi di
Montedoro. Fu li che scopri un'altra
grande verità: in salita, se vuoi camminar
con minor fatica, non parlare perché il
parlare ti mozza il fiato (gli illustri medici soci, confermino o smentiscano questo assunto).
O non vi ricordate la iscrizione che
sovrasta l'architrave della Chiesa del Borgate? Bellissima! Fatta ai tempi dei briganti, quella iscrizione dice, più o meno,
così (qualcuno vada a verificar l'esattezza del riferimento):
Passegger, se qui passando tu sarai in
periglio// la Madre invoca e avrai proprizio il figlio.
IL CARDINALE
Chi frequentava il Barbargio, con i
cardinali aveva una certa confidenza: i
quadri rosseggianti del Salone e non pochi di quelli del corridoio... storico parlavano di porpora e di grandi personalità.
Ma una cosa era vedere un cardinale nel
quadro, anche se ti guardava un pò storto, e un'altra vedere un cardinale vivo,
che si muoveva, che parlava e non ti nascondeva la sua umanità.
A Montefìascone, in un angolo appartato lungo la Via Cassia, nelle vicinanze della Chiesa delle Coste, (noi ci andavano talora perché Don Giulio, il Parroco, aveva li istallato un "passo volante"
e cioè un attrezzo di gioco per ragazzi
formato di un trave robusto piantato a
terra, sormontato da un ancor più robusto cerchio di ferro ruotante su un perno
cui si agganciavano alcune corde terminanti a terra in una specie di cappio su
cui sedevano., gli aspiranti astronauti i
quali correndo e spingendo a forza la
corda pian piano si libravano nell'aria volando in circolo come rondoni velocissimi) c'era una villa immersa nel verde che
si intravedeva attraverso gli alberi e che
sembrava un castello delle fate o un paradiso. Al cancello d'ingresso c'erano alcuni maestosi cedri del Libano (hai capito?
il Libano! oggi anche i bambini sanno cos'è il Libano ma nel 1935 chi sapeva cosa
era questo Libano!?!): poi querce, allori!
Era la villa del Card. Salotti il quale vi
passava qualche tempo in estate, al fresco. Il Cardinale era molto simpatico;
pronto alla battuta, cordiale, sorridente:
alto un par di metri. Con un bastone in
mano, nel pomeriggio, lungo il viale ombroso, riceveva i visitatori, passeggiava
con essi, parlava molto, raccontava tante
cose. Capirai veniva da Roma, stava vicino al Papa... sapeva i segreti della Chiesa e della politica che teneva bene stretti
ma ogni tanto lasciava trapelare qualche
notizia ghiotta, buttata là quasi per caso,
che poi, ripetuta nel Collegio - e, come al
solito, ingigantiva - dava luogo a commenti e a considerazioni di meraviglia.
Noi andavano sempre, ogni estate, a far
Assemblea del 25-4-1986: Il tavole della Presidenza
visita in Villa al Cardinale. Quel giorno
tutti ordinati, precisi, più puliti di sempre, eravamo anche un pò intimoriti dalla imponenza del nome, dall'incarico che
lui aveva nella Curia Romana (Prefetto
di Congregazione!) e preoccupati di dover rispondere alle sue domande. E già,
perché al Cardinale piaceva intrattenersi
coi giovani. Quando ci vedeva arrivare
tutti in fila al fondo del viale, immancabilmente. lasciava i suoi ospiti, ci veniva
incontro e si fermava a parlare con noi
per un bel pezzo. A chi chiedeva di qual
paese fosse, a chi domandava degli studi;
chi veniva stuzzicato sui meriti o i demeriti del Vice-Rettore... Insomma passavamo con lui una mezz'ora serena; perché lui, vestito con un semplice abito talare, ci metteva a nostro agio; parlare, ricordare, raccontare fatti ed episodi talora comici. E infine ci licenziava con alcune raccomandazioni che, uscite dalla sua
bocca, ci facevano pensare: essere buoni,
studiare, capir la propria vocazione e poi
serietà, impegno e... allegria!
Faceva bene, certamente, il Rettore
a portarci dal Cardinale e ciò non tanto
per un atto di ossequio ma soprattutto
per metterci a contatto con un grosso
personaggio, per vederlo da vicino, per
commisurarci con le sue parole...; esperienza utilissima!
LE GLORIE STORICHE NEL... CORRIDOIO
Quel Rettore che ebbe l'idea di riempir con le immagini degli ex-alunni celebri le pareti del lungo corridoio a sinistra
dell'ingresso, antistante le camere dei
Professori, aveva capito proprio tutto.
Era un grande pedagogista e un grande
psicologo. Perché là c'era la storia umana
del Collegio, di là nasceva lo spirito di
emulazione, li c'era per tutti lo stimolo
a identificarsi con loro. Vedendo i quadri si ricreava l'immagine fisica della persona ma leggendo le brevi, succose iscrizioni che a ciascun quadro si accompagnavano, si capiva chi quel personaggio
era stato, cosa aveva fatto, come si era
realizzato nella vita. C'erano cardinali,
vescovi, uomini di lettere e anche magistrati civili, governatori...: ce n'era per
tutti i gusti. Quelle iscrizioni erano la
sintesi della civiltà del Barbarigo, la sua
storia, la sua gloria: l'orgoglio per noi
che stavamo li, l'ammirazione di quanti
venivano a far visita; un biglietto da visita che faceva impressione e garantiva
serietà, impegno, forza propulsiva. Tra i
tanti altri personaggi c'erano anche due
miei antichi compaesani: l'abate Mazzinelli, primo rettore del Collegio, uomo
dottissimo, sapientissimo, umanissimo
e il Prof. Scaglione, gran latinista in Vaticano.
Che poi - detto per inciso - quelle
iscrizione erano anche occasione di
scherzi e giochi festosi. Noi ci divertivamo a scrivere l'epitaffio che il professore
Tizio o il Caio si sarebbero meritati sotto
il loro quadro post mortem. E c'era qualcuno che aveva il taglio dell'epigrafista
perché le frasi che proponeva, bene inquadrate nel contesto culturale del corridoio, sembravano uscite proprio da una
mente creatice felicissima nell'operar sintesti significative.
Ma perché non si ritirano fuori tutti
quei quadri e non vengono rifatte le iscrizioni! O perché qualcuno non ci mette a
disposizione i documenti superstiti per
pubblicarli sul giornale?
Perché non partecipi anche tu attivamente alla vita dell'Associazione?
Vieni anche tu, dunque!
Ti aspettiamo!
18 II Barbarigo _
I nostri poeti
Com'è che tra molti ex-alunni serpeggia una certa vena poetica? Ne sono contagiati anche quelli più seri cui sembrerebbe le muse voler dare poca confidenza. Magari tu parli con un amico che non
vedevi da tanto tempo: ricordi, rievochi
fatti e persone... dai e ricevi notizie, racconti che quello... toh! fa le poesie... e ti
senti rispondere che qualche volta lui
pure, cosi, a tempo perso, si diletta a versificare. E magari ci ha pure un quadernetto segreto, o ha fatto, addirittura
stampare in tipografia certe, dice lui,
sciocchezzuole! Il guaio viene però quan^
do tu gli dici: "e fammele leggere queste
poesie! - Danne qualcuna anche a me
che la stampiamo nel giornale" Allora
cresce la verecondia... che no, non son
degne di pubblicazione, che voglio far
ridere la gente, ma ti pare, ma che hai
voglia di prendermi in giro ecc.
Insomma, le più belle poesie stanno
ancora chiuse nel cassetto! Bisognerà che
assoldi uno scassinatore che le rubi e me
le porti!?!
Signori poeti: io adesso pubblico
quel che ho. Le son tutte cose belle, carine, simpatiche. Però aspetto da voi tutti un piccolo regalo. Mandate qualche
poesia vostra: magari pochi versi. Tutti
li leggeranno con simpatia e con ammirazione e se vi farà piacere le presenterò io
con un saggio... di analisi estetica (chi si
ricorda ancora dei temi che, con questo
specifico oggetto, facevano allora?). Roba da rabbrividire!
LA VOCE
Quando ero ancor bambino
dolce una voce al cuore mi parlava;
poi son cresciuto e fatto colto
e con essa presi a dissertare;
più tardi mi feci più pensoso
e caparbia riprese a sussurare;
oggi che sono assai maturo
è l'amica disposta a conversare,
la sola ch'or si lasci amare. ^ ^
caro Seminario
per i giorni felici
a me donati.
Enrico Cataldi
Grotte di Castro: uomini, asini e selci
SONETTI E QUARTINE
La vena poetica di Meco Bartolaccini è
finissima: egli compone con semplicità e
scorrevolezza versi in vario modo rimati,
utilizzando
composizioni
di
formato
classico (sonetti e quartine in prevalenza)
da cui traspare limpidità di immagine, finezza di sentimento, nobiltà di concetti.
Se il nostro amico avesse più fiducia
nel suo genio poetico chissà! forse ci darebbe qualche capolavoro da consegnare
alla letteratura falisca! Sentite:
IL TRAMONTO DELLA GIOVINEZZA
Come il giorno al suo termine si oscura
cosi la giovinezza viene meno
quando di estinguersi l'ora è matura
ed il suo fascino svanisce appieno.
L'esistenza diventa molto dura
quando lasciano l'esilio terreno
la mamma e il babbo : cosa che procura
nei figli un danno al vivere sereno.
La speme, per quanto ultima a morire,
allorché la vetustà è all'uomo accanto,
va rafforzata se no può appassire;
^
allora il vecchiarello oppresso e affranto,
dai Numi, supplicando, si fa udire
di vivere in pace avido soltanto.
Domenico Bartolaccini
GRAZIE O SEMINARIO
Ti adagi ai piedi
della Falisca Rocca,
glorioso Seminario
che mi accogliesti,
decenne appena,
fra i figli tuoi.
Dalle finestre
lo sguardo mio vagava
dai Cimini monti
agli Appennini,
dalla Valle ubertosa
al Volsino lago
ed ancor lontano
al Tirreno Mare.
Dallo studio severo
del greco e del latino,
dai poeti e filosofi
famosi, ho appreso
ad amar le cose belle.
Grazie, dunque glorioso,
UNA BICICLETTA
Entrato nel Ginnasio superiore,
messo in Collegio venni per studiare,
d'esser promosso aspiravo all'onore,
perciò mi davo non poco da fare,
tanto più che mio zio, di tutto cuore,
se quel biennio riuscivo a superare
con l'esito finale a mio favore
la bici s'impegnò a me di donare.
Il che avvenne ed un ciclo da cartello,
fatta mia la Licenza Ginnasiale,
ebbi con borsa, chiavi e campanello.
Trecento lire costava in totale
il dono, di cui sopra, cosi bello
da sembrarmi una cosa eccezionale.
Domenico Bartolaccini
Settembre a Grotte
di Castro
Il mese di settembre, a Grotte di Castro, a quanto dice Tonino Pelosi (e bisogna credergli, tant'è
convincente!),
deve essere una cosa stupenda anche perché la sua descrizione è mirabilmente
soffusa da mistero per via di certi versi
latini (di egregia fattura e ricchi di vive
immagini poetiche) eccitanti fantasia e
piacevoli ricordi.
Dove lo trovi più, oggi, un ambiente
agreste fatto di questi ingredienti: colline piene di uva, aria tiepida, boschi con
funghi, pecore pascolanti nei prati, canti serali di pastori, contadini che premono l'uva con i piedi per farne vino o
seminano il grano, inverno freddo, fuoco caldo, neve, i giochi dei ragazzi per
le strade ecc. ecc. (Ma, perché il Sindaco
non dà a Tonino l'incarico di una campagna promozionale turistica? Mezza Italia
andrebbe a vedere Grotte di Castro!)
Dunque: il Settembre di Tonino è
una bella composizione poetica in versi
latini (160, per la precisione) che è stata
premiata con medaglia d'argento al Certamen Vaticanum 27° del 1984. Essa è
costituita di quasi tutte le strofe e i metri catalogati nelle prosodia latina: tutto
bello, ben costruito, con certi esametri
e certi distici elegiaci che farebbero invidia a Virgilio e ad Ovidio.
Riassumendo
velocemente il contenuto della composizione: il poeta descrive anzitutto le particolari
caratteristiche
del mese; ricorda alcuni momenti esaltanti della vita nel paese e li contrappone al fastidio della grande città (fumi, rumori; la folla, gli affari). Ritorna festoso
per le vacanze al suo "oppidulum" ed
esalta la vita di campagna. Ma la felicità
dura poco perchè il lavoro lo restituisce
alla città dove si ripropongono i consueti
problemi.
Ne nascono alcune
considerazioni
filosofiche sulla propria identità e sul valore dell'esistenza. Scopre la verità nell'abbandono al volere djvino e nella fede
in Cristo cui rivolge fervida una preghiera.
I versi di Tonino scorrono lenti e limpidi come... l'acqua dell'Olpeta in mezzo
al piano di Valentano! - Scusa, caro amico, l'umiltà del paragone: ma l'Olpeta è
il piccolo-grande fiume dei Colli Volsini
occidentali, tutto nostro; e bisognerà
pure che tu lo vada a vedere e lo canti
insieme al lago di Mezzano donde nasce,
agli ontani delle sue rive, all'Olpetella
che ne è affluente, alla centrale elettrica
che alimentano i soffioni solforosi del
sottosuolo, e al Fiora dove muore. Povera Olpeta che scorre lenta e flemmatica...
assetata di acqua; che ha visto scorrere
soldati e cavalieri; che ha sentito narrare
le storie di Castro e dei Farnese, di Statomia e del Fanum Voltumnae. Che avrebbe tante cose da confidare e che nessuno
vuole ascoltare: che, specialmente, non
Il Barbarigo 19
Questionario
Organizzativo
ha ancora trovato un poeta che ne esalti
la nobile genealogia! Forse queste mie
poche parole, frutto di amore al mio
"oppidulum ", non se le è sentite rivolgere mai e ne... arrossirà! Ma non saranno
parole lanciate al vento marino che veloce soffiava (e soffia tuttora!) nel piano
nei giorni estivi ed allievar la fatica dei
contadini battenti fave, fagioli, ceci e lenticchie, se muoveranno a commozione
qualche poeta di razza versificante in italiano o in latino!
Concludendo: sarebbe stato un piacere pubblicare per intero il Settembre
di Tonino. Lo spazio tiranno obbliga a
stampar solo pochi versi: facili, però, a
leggersi e a capirsi.
Chi ne volesse sapere di più, si rivolga all'autore.
Essere sì: essere come
77 dibattito circa il miglior modo di
organizzar la giornata del nostro incontro annuale è sempre aperto. Si ripropongono, infatti, periodicamente,
soprattutto da parte dei nuovi arrivati, proposte e
controproposte già in precedenza esaminate e su cui - come appare evidente - è
difficile trovare un unanime
consenso.
L'intendimento
è buono, certamente: siamo tutti alla ricerca del meglio e
tutti vogliono organizzare le cose in modo che la nostra "Giornata" sia sempre
più qualificata e gratificante.
Il Comitato di Coordinamento - al
quale
arriva l'eco delle controproposte e
SEPTEMBER
delle richieste - ha discusso più volte l'arProoemium
gomento ed ha tentato - organizzando
En September adest! Rident in collibus uvae • l'ultima "Giornata" su un parametro diverso - di dare una risposta ai desideri
aér ac tepidus spirat qui corpora mulcens
agricolis fert laetitiam blandumque levamen. emergenti.
E' sembrato opportuno, però, allo
Iam silvae redolent fungos; per prata serena
scopo di addivenire ad una soluzione più
errantis pecoris tinnitus funditur atque
pastorum longe resonant iam vespere cantus. equa e più partecipata, interpellare direttamente i soci per sentir dalla lor viva...
penna come questi desideri si possono
Memoriae
concretizzare.
In Urbe, contra, fumus, odor malus
Barzi ha composto, su incarico del
sonique, rumor, turba negotia
Comitato, il seguente questionario che,
permulta regnant, quae gravant cor
distribuito ai partecipanti
all'incontro
atque animum nimium molestant.
del 25.4.1986 e restituito a tamburo battente, ha dato i seguenti
sorprendenti
In Urbe, vero, dego Penatibus
risultati:
procul benignis saepeque temporis
record or acti cum trahebam
rari humilem placitamque vitam.
QUESTIONARIO
Reditus ad maiorum oppidulum
agrestis laus
Cum feriarum tempus adiverit,
labore tandem et moenibus ac viis
Romae relictis, rusticatum
oppidulum peto tam capitum.
Illic profecto diffugiunt procul
curae, levatur valde animus gravis,
suavissimae sensus quietis
fessa tenet refìcitque membra.
Quam iuvat summo, tenebris fugatis,
mane iam solem rutilum videre
qui suo vestit varie decoro
lumine terras;
Vesperi vero libet ambulare
cum viris doctis sociisve in hortis
sponte de clara sophia loquendo
deque poesi.
Versi latini composti da Tonino Pelosi e
dal Vescovo Mons. Boccadoro in occasione del primo convegno
dell'Associazione di cui riassumono le finalità con
felice intuizione poetica.
Sempre
nel
cuore
di Mons. Soligo
Mons. Soligo dice che è molto stanco,
che la sua memoria si è affievolita, che
non è in grado dì scrivere. Dice anche,
però, che ricorda tutti con immutato affetto e simpatia, che ci considera tutti
suoi figli ancora, che manda saluti e auguri affettuosi a quanti si ricordano di
lui.
Mi ha, inoltre, incaricato di trasmettere a tutti una parola di conforto, di
stimolo ad operare il bene, di perseveranza.
Lui abbraccia tutti e vorrebbe ancora dare a tutti il meglio di sè: come continuo atto di amore nei confronti di coloro che hanno riempito dì fatica la sua
giovinezza, e di gioia la sua vecchiaia.
Ha concluso dicendo che, certamente, prega per tutti noi ma che pregherà
ancor più... dopo, quando "avrà più
tempo "!
(F.R.)
Schede restituite : 66
vitaeque
Recordor haec et me studium capit
rursus videndi dulcia "patriae"
loca: herbidos colles lacumque
caeraleum, placidum, venustum.
Il giorno di S. Francesco di Sales ho
telefonato a Mons. Soligo
(0422-543245)
per fargli, a mio nome e di quanti, membri dell'associazione, hanno avuto con lui
rapporti spirituali, un cordiale augurio di
benessere e di salute e per chiedergli un
pensiero che rinnovasse in noi il ricordo,
non solo, ma anche confermasse l'impegno.
1) Se riprendere nel prossimo anno un breve momento culturale - in salone - prima di pranzo
SI 44
Incerti 2
NO 20
2) Se dare inizio ad un diverso momento culturale
cioè effettuato visitando - con guide - luoghi significativi
SI 5 6
NO 10
3) Se fare ogni anno - durata di 3 quarti d'ora - una
sosta di preghiera comunitaria
SI 60
NO
6
Se si: sempre in S. Bartolomeo
SI 22
NO 8
4) Se per il prossimo incontro annuale scegliere una
sede diversa da Montefiascone
SI 4
NO 5 8
Incerti 4
Se si: preferibilmente Tarquinia, per i suoi legami
con il Barbarigo e la Filippini
SI 12
NO 16
Grotte di Castro: Panorama
Priscus amicjtiae coniungat denuo nexus
Olim
quo s aluit
clara Falisca domus
Quae nunc de vitae socians itineribus una
Dirigat
intentos
ad
superam
patriam.
20 II Barbarigo _
La storia dei nostri incontri si arricchisce di
nuove esperienze
L'assemblea annuale del 25.4.86 in festa la quale è stata, come al solito, gioiosa negli incontri, ricca di contenuti,
Montefiascone
è stata importante
per
amichevole
molti motivi che è opportuno
sottolinea- piacevole nelle rievocazioni,
e calorosa.
re perchè i presenti ricordino e gli assenti
Essa ha avuto inizio con un incontro,
conoscano.
alle 9,30, nella cripta della Cattedrale, doE' stata anzitutto una giornata diverve è collocato e venerato il Corpo di S.
sa dalle precedenti perchè impostata su
Lucia, e dove sono sistemate le tombe
criteri organizzativi nuovi ed originali
del Card. Barbarigo e dei Vescovi Rosi e
che sono stati brevemente illustrati nella
Leonetti. Dopo una visita guidata egrerelazione del Presidente.
Ed inoltre... Per la prima volta abbia- giamente dal Parroco della Cattedrale
stessa, Don Agostino predetto, i presenti,
mo avuto il piacere di vedere partecipanchierici ma più i laici, hanno pregato i
ti alla nostra festa, oltre al Rettore attuanostri Santi protettori e successivamente,
le del Collegio, tutti gli ex-Rettori viventi
(...facendo le ...corna!?!), intorno ai qua- guidati, con suadente mano, occhio fermo e voce ...soccorritrice dal Maestro li c'è stata molta cordialità.
Sembra strano! Ma c'è ancora una gran musicista - Patrizi, hanno cantato in
coro polifonico puro, improvvisato ed efvasta fascia di ex-alunni che ignora la
nostra associazione. Tant'è che abbiamo ficacissimo, con mirabili effetti acustici
rimbombanti tra colonne, volte e colosvisto partecipi all'incotro alcuni amici
mottetto
che ne avevano sentito parlare, per caso, sali muri, maestri, il famoso
"Ecce altare Domini" cui ha dato tono,
il ...giorno avanti. Ne ha preso atto, l'assemblea, e, seduta stante, cosi impor- potenza e grazia la voce straordinaria di
tante risultando il caso, ha deciso di Pitzalis.
Alle 10,30, nel grande salone del
affidare a Don Agostino
Ballarotto,
Collegio, mirabilmente arredato, si è teproponente e consenziente, l'incarico di
nuta la consueta riunione nel corso della
rilevare dall'archivio del Collegio, l'elenquale i preposti dell'associazione
hanno
co degli ex-alunni per una ulteriore camtenuto le brevi relazioni che vengono dì
pagna sollecitatrice di adesioni.
seguito pubblicate. Le discussioni che ne
Sono state confortanti la prontezza
e la generosità con le quali i soci presenti sono seguite sono state vivaci e concrete
ed hanno messo in rilievo la comune vohanno raccolto l'appello per una sottolontà di potenziare, sviluppare e accrescrizione straordinaria finalizzata
alla
scere le iniziative per favorire l'aggregastampa di questo numero del giornale.
Ma l'elogio non va solo ai presenti. Più zione ed il consenso.
I presenti hanno avuto in omaggio la
che un elogio meritano un encomio
preannunciata
copia anastatica
della
solenne quei soci assenti, che per di più
Grammatica di Sartini, prefetto
degli
sono illustrissimi ed autorevoli ex-alunni,
studi
in
epoca
post-napoleonica,
stampai quali, impossibilitati-a venire per le non
ta nella tipografia del Collegio, egregia
buone condizioni di salute, non. hanno
per
contenuto, documento
significativo
fatto mancare la loro plaudente adesione
di
un
certo
stile
di
educazione
e di culalla nostra iniziativa e generosamente
tura.
hanno contribuito ad alleviare, con ragDopo la riunione nel Salone, i soci
guardevole offerta, i problemi economici
hanno
avuto a disposizione circa 2 ore di
dell'associazione:
l'Em. Card. Guerri,
tempo
libero nelle quali tutti hanno insempre sensibile, pronto e munifico, e
tensificato
i rapporti, allacciato nuovi
l'Avv. Francesco Morotti, ex Prefetto di
vincoli di amicizia, parlando e discutenModena, che, con struggente nostalgia,
do fitto-fitto, sotto lo sguardo compiaricorda il Collegio e gli amici di un temciuto dei Rettori e l'ammiccante gradipo lontano.
mento dei cardinali immortalati nei quaMons. Giovanni D'Ascenzi,
Vescovo
dri appesi alle pareti.
di Arezzo, il quale ha, pur esso, egregiaII pranzo alla Cavalla ha concluso demente contribuito alla soluzione dei nognamente la giornata ed è stata occasione
stri problemi economici, ha partecipato,
per la continuazione
dei discorsi, lo
festosamente accolto, al pranzo sociale scambio di notizie, la richiesta di infororganizzato nel salone sotto - strada alla
mazioni.
Cavalla - e poi ha espresso in un ammicTutto bene: anzi benissimo!
cante improvvisato discorso largamente
applaudito i suoi sentimenti di attaccamento al Collegio, di gioiosi e piacevoli
ricordi, di consenso e di sprone alle iniziative prese dall'associazione.
La spendida giornata, luminosa e
serena, con il lago azzurrissimo e le isole
rispecchiantisi nelle acque, ha favorito la
Lo "Stato"
dell'Associazione
Relazione del Presidente
Il nostro annuale incontro del 1986
si svolge con stile diverso da quello con
cui abbiamo gestito le nostre giornate
negli anni passati. E ciò, non per volubilità nè per presunte o accertate carenze
delle pregresse esperienze, ma solo perchè l'Associazione, essendo al servizio
dei suoi membri, deve recepirne le istanze innovatrici e miglioratrici in modo da
dare a tutti soddisfazione con l'accoglimento, in tempi più o meno lunghi, delle
legittime richieste e delle concrete proposte.
E mi spiego. Finora nei nostri incontri abbiamo privilegiato il momento culturale. Ci siamo, cioè, ritrovati qui nel
Salone a sentire relazioni e interventi che
alcuni colleghi di volta in volta proponevano, riferiti a particolari argomenti su cui poi avremmo dovuto ancorare, nel tempo, la nostra riflessione.
Questo genere di giornata culturale ha
trovato larghi consensi e motivi validi di
giustificazione, ma è stato pure oggetto
di qualche critica - amichevole, benevola
e costruttiva, certamente - la quale ha
evidenziato un'altra faccia della nostra
realtà. E' stata, in particolare, espressa
un'altra esigenza da parte di non pochi
soci qui affluenti da tante parti i quali
sottolineano che sta loro particolarmente a cuore il colloquio con gli amici di
un tempo, lo scambio di informazioni,
al riscoperta di amicizia ecc.
Certamente questa esigenza di maggior tempo disponibile da utilizzarsi in
colloqui privati è largamente avvertita e
diffusa; essa esigenza, per verità, con il
genere di giornata fin qui realizzata, rimaneva mortificata e compressa. Il Comitato di Coordinamento dell'Associazione ha avvertito questa nuova emergente aspirazione e si è fatto carico di sperimentare un nuovo genere di incontri nel
quale la parte culturale fosse ridotta al
minimo necessario e si desse il maggior
spazio possibile ai colloqui personali.
Per questo la giornata odierna è diversa
dalle precedenti: non nella sostanza, forse; ma nello stile, si!
Immedesimiamoci tutti, pertanto, in
questo mutato clima, e traiamone le logiche conseguenze godendoci al massimo il
piacere della reciproca compagnia in queste poche ore per un rapporto tra noi
sempre più umano, esaltante, chiarificatore.
In questa mutata situazione, provo io
per primo a dar l'esempio e di conseguenza restringo al massimo tempi e verbosità di questo intervento tracciando in
estrema sintesi lo "stato" dell'Associazione.
Riassumo quindi quel che debbo dire
in pochi punti telegrafici:
Il Barbarigo 21
• Lo "stato" morale oell'Associazione è
buono: prendiamo sempre più coscienza
della nostra identità, cresce l'interesse,
aumenta la partecipazione e molti dichiarano la disponibilità.
In questo contesto, vorrei richiamare
la comune attenzione su un tema che a
me sta particolarmente a cuore. Quanti
ci riconosciamo nei valori del "bonitatem, disciplinam, scientiam" dobbiamo
concentrarci e riflettere sul tema della
"generosità". E cioè dovremmo esamimarci dentro per verificare il nostro impegno personale in favore dei nostri amici, eliminando coraggiosamente quei residui di egoismo, di grettezza, di disinteresse per i bisogni e le sofferenze altrui
che spesso ci soffocano e ci tarpano le
ali verso amicizia e fratellanza vere e sincere. La generosità dovrebbe essere il distintivo che ci caratterizza e ci unisce.
• I tempi di aggregazione di nuovi aderenti sono molto lenti ed occorre, perciò,
uno sforzo comune per far crescere il
consenso e l'interesse. Vi offro una via
per raggiungere lo scopo. Ciascuno di noi
si faccia carico di portar qui con sè un
ex-alunno che finora è mancato all'appello. Credo che se ci sarà questo nostro
personale impegno - ed io caldamente vi
esorto ad assumerlo - l'associazione crescerà nel numero (che è già buona cosa)
ma soprattutto nella letizia (che è la meta da perseguire).
• Lo "stato" economico dell'Associazione è meno buono. Sia chiaro : non abbiamo debiti nè cambiali in protesto. I fondi, però, che il Cassiere - Ministro amministra - oculatamente e saggiamente - son
pochi... troppo pochi. Oddio: non è che
l'associazione vive in virtù dei soldi: ci
mancherebbe! Gli ideali che ci aggregano
son ben altri! Né è che l'associazione espelle dalle sue file coloro che dimenticano (o fingono...) di pagare la quota sociale. Ohibò! L'associazione riceve da tutti
e dà a tutti quel poco di cui dispone e
non nega a nessuno quel quasi niente
che possiede. Certo che se i fondi fossero
maggiori, il Direttivo dell'Associazione
potrebbe servire meglio i soci ed avanzare proposte più interessanti.
Chi accusa il Comitato di Coordinamento di scarsa iniziativa e di debolezza
propositiva, tenga presente - oltretutto la nostra debolezza finanziaria.
Assemblea del 25-4-1986: Il dibattito
Pensateci a questi problemi economici: aiutate il nostro cassiere e date la possibilità al Comitato di far di più e di servirvi meglio.
• 11 Giornale, cosi come ora noi l'abbiamo pubblicato, ha sempre ottenuti ampi
e convinti consensi. E ciò fa piacere a noi
tutti perchè esso è veicolo di informazione e di fratellanza.
Ne stampiamo solo 500 copie:poche,
ma per noi sufficienti: chi volesse averne
qualcuna in più per sollecitare altri amici, basta che lo chieda.
Il Giornale che faremo quest'anno come già siete stati informari - sarà diverso perché lo scriveremo in molti: molti,
infatti, siamo già quelli che abbiamo preso la penna in mano: chi vuole ancora
aggregarsi è in tempo: mandi un pensiero, un ricordo, quel che vuole: di consenso o di critica: anzi, meglio di critica:
purché costruttiva. E credo che questo
Giornale che noi stamperemo nei prossimi mesi sarà una felice sorpresa per tutti
e - mi auguro - un successo! Aspettate e
vedrete.
Però il Giornale costa: e costa pure
caro! Nell'ultima circolare vi ho fatto
una proposta - che qui ripeto - per un
versamento straodinario. Mettetevi una
mano sulla coscienza e l'altra sul portafoglio. Io vi ho chiesto e vi chiedo aiuto.
Non mortificate la mia speranza e non
deludete la comune aspettiva. Come vedete, tutto il Comito di Coordinamento
fa del suo meglio per tirare avanti l'associazione: date una mano anche voi, non
vi tirate indietro. D'altronde, chiedo poco e siamo in tanti: un milione di oggi
non è mica quello dei tempi del Sig. Bonaventura!?!
• L'anno prossimo scade il biennio degli
attuali componenti il Comitato di Coordinamento e si dovrà procedere al rinnovo delle cariche sociali. Pensateci in tempo e avanzate proposte concrete. Chi si
sente di poter dare un pò del suo tempo
e della sua attività, si faccia avanti e
dichiari la propria disponibilità. - L'anno
prossimo credo che occorrerà procedere
ad un rinnovo generale di tutta la dirigenza. Pensarci, quindi, occorre: e non
dormirci sù!
• La grammatica del nostro grande prof.
Sartini (primizia di questo incontro) e la
vita di Barbarigo di Volpini (per chi ne
fosse sprovvisto) - entrambe in riproduzione anastatica - sono sul tavolo del
cassiere a vostra disposizione. Con una
sola raccomandazione: esse vogliono costituire un premio, o un regalo, a quanti
hanno preso o prenderanno impegno a
fare affluire nelle casse sociali qualche
straordinario contributo economico.
Però, a prescindere da tutte le considerazioni, una copia della grammatica
c'è per tutti, ci mancherebbe!
• Lo sapevate che nel 1990 - cioè tra
neppure 4 anni - si compiono 300 anni
di vita di questo Collegio? Ve lo ricordo
io: a me lo ha detto il Rettore. Bisogna
quindi aguzzar l'ingegno e pensare in
tempo a solennizzare la circostanza. Trecento anni son tanti! Fortunati noi che
potremo vivere questa festa.
Proporrò al Comitato di discutere questo
avvenimento per non arrivare impreparati.
• Concludo velocemente: dobbiamo ricordare il socio Bazzuoli, Ispettore Generale medico presso il Ministero di Grazia
e Giustizia, morto recentemente. Non
era mancato mai ai nostri incontri dimostrando vivo interesse e gioiosa partecipazione! Il Signore lo abbia in pace.
I saluti, i complimenti, il benvenuto che
dovevo premettere a questo intervento,
li faccio adesso, alla conclusione. E ci
aggiungo pure tanti auguri perchè - Deo
adiuvante - noi tutti, le nostre famiglie, i
nostri amici godiamo tanta salute e tanta
serenità, unite a tanta gioia di vivere.
II bilancio in funzione
dell' amicizia
Relazione del Cassiere
Anche quest'anno siamo giunti alla,
data del 25 Aprile che, nel suo valore
storico, per noi acquista anche valore affettivo, di ritorno ad un passato che ci
unisce e riunisce.
Ed è bello trascorrere la giornata tra
queste mura che ci videro ragazzi, esuberanti, pieni di fanciullesca baldanza, di
speranze e di propositi.
Mi sembra che il Sodalizio che spontaneamente abbiamo voluto costituire,
qualche anno fa, riesca bene a svolgere
la sua funzione.
Ci ha consentito, se non altro, di rivederci, di riconoscerci, di rinvigorire
quei legami sopiti da anni e di riallacciare
rapporti e riacquistare familiarità con i
vecchi compagni di studio.
La stesura del GIORNALE ASSOCIATIVO, con cadenza annuale, costituisce un documento importante e valido
per rinsaldare quei vincoli, per entrare in
momenti di riflessione e rivalutazione del
nostro passato giovanile".
La partecipazione di molti, darà sicuramente a questo nostro elaborato un
volto nuovo, personale, e dalla loro penna scaturirà un documento vivo, stimo-
22 II Barbarigo _
lante, pieno di idee, fatti e moltissima umanità.
Si è voluto anche, e con sacrifici, riprodurre in numero limitato di copie, gli
"ELEMENTI GRAMMATICALI" ordinati dall'erudito Canonico Sartini, Prefetto degli Studi ed incisi dalla rinomata
Stamperia del Seminario di Montefiascone, ed un. opuscoletto contenente brevi
notizie biografiche sul Venerabile Barbarigo, a cura di Mons. Bergamaschi.
Ci sono entrambi cari perché l'uno
ci riporta ai fasti del Collegio-Seminario
di Montefiascone, unica fonte per quei
tempi, nel comprensorio, di scienza e luogo di formazione di schiere di giovani,
desiderosi di apprendere per poi inserirsi
degnamente nella vita della collettività e
l'altro alla conoscenza della santa ed imponente figura del Card. Barbarigo.
Certamente, le spese per la stampa di
tali documenti, incidono notevolmente
sulle modestissime entrate derivanti dalla
volontaria contribuzione e da straordinarie elargizioni che ci consentono, se non
altro, di chiudere in pareggio il modesto
bilancio di cui disponiamo.
Un sentitissimo ringraziamento, a
proposito, va a S.E. il Card. Guerri, che
con spiccata e tangibile sensibilità, ha offerto la Sua adesione alla stampa del
Giornale.
Tengo a precisare che la spesa per la
produzione di tale elaborato, che si aggira sul milione, è limitata alla sola riproduzione del testo, al prezzo della carta ed
al modesto guadagno della tipografia,
perché per il resto, i soliti encomiabili
volenterosi si trasformano per l'occasione in correttori, controllori di bozze,
impaginatori ecc.
Mi sembra in ogni modo che tali lodevoli iniziative debbano essere incentivate attraverso l'approvazione e l'entusiasmo di tutti gli aderenti.
Molti, attraverso scritti o telefonate,
hanno fatto sapere che il Giornale Associativo è per loro strumento di conforto,
di riflessione, di ricordi. E' un mezzo di
arricchimento interiore, gradito ed apprezzato perché porta dentro di noi aria
di festa, volontà di giovinezza, come ebbe ad esprimersi in proposito il Sig. Presidente.
E questo indubbiamente ci conforta e
ci sprona per il futuro.
E lesinando qua e là, tra le modestissime pieghe del bilancio, abbiamo anche
potuto elargire al Seminario un simbolico contributo che, rapportato alle entrate, acquista lo squisito significato dell'obolo evangelico della vedova...
Per concludere, anche quest'anno siamo riusciti, per oculata parsimonia, a
chiudere il bilancio in pareggio.
Mi appello ora però a tutti gli aderenti, affinchè provvedano, responsabilmente, almeno al versamento della quota
sociale.
Non possiamo continuare la nostra
attività, purtroppo, se vengono a mancare gli essenziali ed indispensabili mezzi di
sussistenza.
Ma sono certo che non ci saranno
defezioni.!
A questo punto è stato posto in approvazione il bilancio consuntivo
per
l'anno 1985 che offre il seguente... andamento:
GESTIONE FINANZIARIA 1985
Capodimonte:
ENTRATE:
Rimanenza esercizio 84
Quote sociali anno 1985
Contributi opera Volpini
Totale
L. 141.500
" 1.230.000
"
230.000
"
1.601.500
USCITE:
Stampa giornale
Stampa elementi grammaticali e vita Barbarigo
Contributo seminario
L.
650.000
"
280.000
"
100.000
"
1.030.000
Spese corrispondenza
gestione, fotocopie,
ciclostili
Totale
505.750
" 1.535.750
Rimanenza Cassa
Anno 1985
65.750
...ed i soci, unanimi, lo hanno
Verso
Relazione
il
approvato.
futuro
dell'Assistente
Il 27 marzo 1986, Giovedì Santo, il
Papa firmava il Decreto con cui stabiliva i nuovi confini della diocesi di Viterbo, che veniva cosi a comprendere anche
le 4 diocesi di Acquapendente,
Bagnoregio, Montefiascone e Tuscania, dichiarandole giuridicamente estinte come Diocesi, ma conservando alle loro Chiese Matrici il titolo di CONCATTEDRALI.
La
notizia ha sorpreso alcuni di noi, per l'estinzione della propria diocesi di origine,
ma, riflettendoci bene, i motivi di conforto non mancano.
Torniamo con la mente a cavallo dell'Anno Mille. Le due diocesi più grandi,
che occupavano tutto il territorio dal
Tevere al Tirreno, erano Tuscania e Bagnoregio, che vantavano ambedue una origine apostolica, ed erano affiancate dalle altre piccole diocesi di Vulci-Castro,
Nepi e Sutri,
Ferento-Orte-C.Castellana.
Viterbo e Orvieto sorgeranno verso la fine del secolo XII, Montefiascone
nel
1369, Acquapendente
nel 1649. Tutte
insieme formavano un'unica unità politica, chiamata "Patrimonio di S. Pietro",
che comprendeva tutto il territorio posto
tra Radicofani e Roma, ed approssimativamente limitato dal Tevere, dal Paglia,
dalla Fiora e dal Mar Tirreno, accresciuto
in seguito da altri territori limitrofi, come il Comitato di Sabina e le terre degli
Arnolfi colle importanti città di Narni,
La Rocca
Terni, Rieti, Amelia e Todi.
(Antonelli). Il Rettore Pontificio risiedeva, colla
sua Curia, nella Rocca di Montefiascone,
da cui, si può dire, si dominava l'intera
Provincia.
Coll'unitd d'Italia scomparve questa
millenaria Provincia, che unificava le nostre popolazioni; Orvieto fu unito alla
nuova regione Umbra; Civitavecchia passò al Lazio, anzi alla provincia di Roma;
Viterbo, col titolo di capoluogo di provincia, fece parte anch'esso del Lazio:
cosi le nostre 3 più importanti città, Orvieto Viterbo e Civitavecchia, che avrebbero dovuto formare la regione della TUSCIA, che affondava le sue radici all'Alto
Medioevo, vennero invece disperse fra
l'Umbria e il Lazio.
Il nuovo assetto territoriale, che il
Papa ha creato, non trova le nostre diocesi impreparate all'unione, perchè l'unità politica durata oltre un millennio, aveva scavato in tutti delle comuni radici.
Un altro passo, verso una nuova comune cultura, venne loro nel secolo dei
lumi, nel Settecento, per merito di questo Centro di Studi del Seminario Collegio Barbarigo di Montefiascone e Corneto, dal quale uscirono Vescovi, sacerdoti,
laici e studiosi, che portarono nella Provincia del Patrimonio idee e interessi comuni. Forlani di Capranica, nostro exalunno, diventò vescovo di Civita Castellana e Orte; Bernardino Recchi, strettissimo collaboratore del Cardinale Barbarigo, vescovo di Acquapendente;
Borghesi
di Siena, ex-alunno, vescovo di Pitigliano. Giuseppe Sartini, dopo la caduta di
Napoleone, fu chiamato a Viterbo, quale
prefetto degli studi, e vi rimase circa
un triennio Damiano Bacchi di M.Fiascone divenne rettore e prefetto degli
studi di Magliano Sabino. Tommaso Catalucci di Gradoli, rettore e prefetto di
Acquapendente
e poi, per alcuni anni,
anche di Amelia.
Mons. Lucidi di Grotte, Mons. Volpini di M. Fiascone, Giuseppe Rosati di
Valentano, ricoprirono con grande onore delicati posti della Curia Romana, per
non parlare dei nostri Cardinali: Spoglia
di Corneto-Tarquinia, Mertel di Allumiere, Macchi di Capodimonte, Ferrata di
Gradoli, Guerri di Tarquinia, tutt'ora vivente, gloria ultima del nostro Collegio.
,E, più vicino a noi, Mons. Costantini di Acquapendente fu per molti anni
vescovo di Sutri e Nepi: a lui si deve la
fama del celebre Santuario Mariano di
Il Barbarigo 23
Castel S. Elia.
Non possiamo dimenticare il Laterese De Angelis, uno dei più celebri nostri
ex-alunni, che illuminò, di bontà e di cultura, quel periodo storico degli ultimi anni di Napoleone, in mezzo al migliaio di
sacerdoti dello Stato Pontificio, che gemettero nelle carceri di Parma, Finistrelle e Corsica, dove alcuni lasciarono la vita in mezzo alle sofferenze, e furono
considerati veri martiri delle fede.
Ed ultimo per ordine di tempo, il
professore di molti di noi, Acaste Bresciani di S. Lorenzo Nuovo, secondo a
nessuno dei più celebri latinisti di questo
famoso Collegio, sacerdote buono e cuore gentile dì poeta, nato nel 1882, defunto il 2 marzo 1969, del quale, a Dio piacendo, pensiamo di ricordare la bella figura di sacerdote e di studioso, nei prossimi anni, fino a celebrarne solennemente il 20° della morte.
Avanti, miei cari amici del Barbarigo:
dobbiamo, con nuova lena, affiancarci
alle esigenze dei nostri tempi, come il
Barbarigo, che, col suo Centro di studi,
accese una fiaccola nel secolo dei lumi,
che ancora risplende.
SOCI
ADERENTI
quinto elenco
Aprile 1986
Mons. D'Ascenzi Giovanni
Vescovo di
52100 - Arezzo
Agostini Don Antonio
Via Onanese - Loc. La Sbarra
01021 - Acquapendente
Ambrosini Angelo
Via delle Grotte, 19
01020 - S. Lorenzo Nuovo
Sig. Baldi Giuseppe
Largo dei Claudiani, 28
00178 - Roma
Dott. Bernardini Piero
Clinica Columbus
Via Pineta Sacchetti, 506
Roma
Dott. Bigini Virgilio
Via Pio VI
01020 - San Lorenzo Nuovo
P.I. Costantini Carlo Alberto
La Sbarra - Tel. 0763-74069
01021 - Acquapendente (VT)
Prof. Feliziani Sergio
01010 - Oriolo Romano
Sig. Giraldo Elio
Via Zeppnami, 80
01027 - Montefiascone
Marchiò Don Eugenio
Arciprete di
01018-Valentano
Aw, Morotti Francesco
Via Pederzoli, 9
41100 - Modena
Aw. Morotti Francesco
Via Pedorzoli, 9
41100 - Modena
Prof.ssa Pannucci Ersilia
01010 - Capodimonte
Sig. Piccioni Ennio
Viale Trieste, 71
01100 - Viterbo
Dott. Pierrettori Mario
Via S. Severa, 3
00066 - Manziana (RM)
Dott. Pitzalis Andrea
Via Cassia Sud
01021 - Acquapendente
Sig. Porroni Gaetano
Uff. Giudiziario
Via Zepponami
01027 - Montefiascone
Dott. Ranucci Alberto
Loc. S. Amanzio
01030 - Canepina
Trapè Don Giuseppe
Via Mosse, 32
01027 - Montefiascone
Vincenti Don Sante
Parroco di Villa Fontane
01018-Valentano
ni, Via Friuli 43 - 01100 Viterbo.
Termine ultimo di prenotazione: 20 agosto 1986.
Essendo limitati i posti a disposizione, si prega di sollecitare al massimo le
adesioni, avvertendo che le stesse non
saranno prese in considerazione se non
accompagnate dalla quota di iscrizione.
Dott. Brachino Mariano
Via Cipollone
01027 - Montefiascone
Dott. Brinchi Angelo
Via G. Contadini
01027 - Montefiascone
Dott. Contadini Impero
Via Curtatone, 4/d
Roma
Padre Corba Enzo
Catholic Church
P.O. Gaunardi Dst. Barisal
Bangladesh
Cordovani Don Sabatino
01026 - Grotte S. Stefano (VT)
Isola Bisentina: La Chiesa dei Farnese
L'isola
vista
Bisentina,
da v i c i n o
Grazie a Carlo Alberto Costantini,
ex-alunno cordiale e abile organizzatore
e sotto la sua guida saggia ed esperta, il
Comitato di Coordinamento dell'Associazione ha effettuato il 24-5-1986 una
gita all'isola Bisentina a scopo turisticoculturale-organizzativo.
Il viaggio è stato effettuato in comoda e veloce motonave, su acque limpide
e calmissime, sotto un caldo sole e luminoso; con partenza da Marta alle ore 9 e
con approdo alla darsena dell'isola dopo
tranquilla e fresca navigazione durata 30
minuti.
"Sbarcati" (come gli eroi di Salgari)
abbiamo perlustrato e visitato tutta l'isola (ettari 14), le sue pianure, i boschi secolari, le insenature, le colline, le piante
da frutta, i rosai, le chiesette, la Chiesa
monumentale dei Farnese, il vecchio cadente convento...
Uno spettacolo della natura; una meraviglia che nasce dall'ambiente incontaminato; un'aria fresca e pulita mai respirata simile da tanti decenni; un appagamento per la vista; una musica per le
orecchie, cantata da usignoli, gabbiani,
fagiani; acqua trasparente che lascia intrawedere anche i lattarini...
Un'esperienza irripetibile per chi l'ha
vissuta!... Analoga esperienza tutti gli
ex-alunni possono fare perchè il Comitato ha deciso di organizzare per i soci
altra gita con il seguente programma:
— Data della gita: Domenica 7 settembre 1986;
— Appuntamento: ore 8,30 a Marta, in
piazza e partenza immediata;
— Visita all'isola: ore 9-12;
— Pranzo: ore 13 a Marta (facoltativo);
— Spesa: quota di iscrizione L. 10.000
a persona per le spese varie;
— Partecipanti: ex-alunni e loro familiari;
— Posti disponibili: circa 50.
Chi intende partecipare invii la quota
di iscrizione al Ministro : Memmo Crucia-
24 II Barbarigo _
IL FOTOGRAFO
PRESENTA
L'ASSEMBLEA
PROFESSIONISTA
I SOCI
DEL
PARTECIPANTI
25
APRILE
...mentre
AL- si
1986...
il dilettante
diverte
all'isola
Bi sentina
Marta: Sorridenti, prima della partenza
Ingrugnati
Isola: Preoccupati,
dente
Pensierosi
sotto
la chiesa ca-
In mezzo al Lago: Pensierosi, al ritorno
Loyd Adriatico
Agenzia principale di Montefiascone Corso Cavour 92 - Tel. 076186702. Agente: Geom. Alessandro
Giusti
Da sempre propone sicurezza:
Semplicemente e signorilmente
Polizza "4R": la più conveniente
per la vostra macchina con un minimo costo di circa il 40% a parità
della polizza Bonus-Malus.
Sorridenti
Nulla osta del Tribunale di Viterbo
3 Ottobre 1955
Direttore responsabile D. NAZARENO GAUDENZI
Tipolito TERENZI M. - Roma - Tel. 27.44.92
Stampato in Roma: Luglio 1986