Natale 2012 - Suore Don Mazza

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Natale 2012 - Suore Don Mazza
Natale 2012
Con la Natività di Girolamo Dai Libri, conosciuta comunemente come “Presepio
dei conigli”, un tempo nella chiesa di Santa Maria in Organo e ora nel museo di
Castelvecchio a Verona, e con la bella poesia che Arturo Gabanizza ci ha donato
anche quest’anno, porgiamo ai nostri lettori e alle loro famiglie, alle nostre suore e
a tutti gli amici delle Opere mazziane i più cari auguri di un santo e sereno Natale.
la Redazione
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E Natale verrà!
L’altr’ieri g’ò sognà
ch’ero cascà
in una note come questa
non so come e parché
in un campo de pastori
fora Betleme
in quel de Palestina…
Fasea fredo
ma no quel fredo boia
che gh’è qua…
Vissin al fogo
se stava ben
e mi discorea beato
del tempo passà
e de quel che vegnarà.
Quando na lusse ciara,
na vosse gentil,
un stormir de ali
m’à scurlà!
“Sveive gente!
Gh’è nato el Salvator!”
“El Salvator? Ma dove?”
“In quela grota là
vissin al vostro campo!”
“In una grota el Salvator del mondo?”
Ma i pastori
come la pora gente
crede sempre
e pàr prima…
I g’à ciapà del late,
del formaio pegorin
e i è corsi inansi
pàr adoràr quel Butin
cussì belo e picinin!
2
E mi pàr colpa del sogno
me son trovado là
in quela note fortunà.
Presente là
dove se divideva el mondo
quel de prima
e quel dopo de Cristo.
E adesso
che el Salvator l’è qua
cossa me speta?
De far el presepio
pàr rimirar quela grotina?
O de çercarlo in giro
dove l’è ritornà?
Nadal l’è rivà fin qua
e noialtri come i pastori
dovemo andar da Lu,
dai butei che fa fadiga,
con i foresti che spussa
e nessuni vol.
Dai veci col fià groso
e la man co la tremarola,
coi remenghi
che sa solo sbagliàr,
con ci no smete mai de speràr
nela lusse de quel Salvator…
Semo na stramba compagnia
ma te volemo ben caro Signor!
Ridane el soriso
che gh’em desmentegà!
Rifane la facia alegra
e adopareli tuti
i colori del Nadal
Arturo Gabanizza
E Natale verrà
L’altro giorno ho sognato/che ero caduto/in una notte come questa/non so come
e perché/in un campo di pastori/fuori Betlemme/in quel di Palestina…/Faceva
freddo/ma non quel freddo boia/che c’è qua…/Vicino al fuoco/si stava bene/e
io discorrevo beato/del tempo passato/e di quello che verrà./Quando una luce
chiara,/una voce gentile,/uno stormire d’ali/mi ha scosso!/“Svegliatevi gente!/E’
nato il Salvatore!”/“Il Salvatore? Ma dove?”/“In quella grotta là/vicino al vostro campo!”/“In una grotta il Salvatore del mondo?”/Ma i pastori/come la povera gente/credono sempre/e per primi…/Hanno preso del latte,/del formaggio
pecorino/e sono corsi innanzi/per adorare quel Bambino/così bello e piccolino!/E
io per colpa del sogno/mi sono trovato là/in quella notte fortunata./Presente là/dove si divideva il mondo/quello di prima/e quello dopo Cristo./E adesso/che il Salvatore è qua/cosa mi spetta?/Di fare il presepio/per rimirare quella
grottina?/O di cercarlo in giro/dove è tornato?/Natale è arrivato fin qua/e noi
come i pastori/dobbiamo andare da Lui,/dai giovani che fanno fatica/con i forestieri che puzzano/e che nessuno vuole./Dai vecchi col fiato grosso/e la mano
con il tremito,/con i raminghi/che sanno solo sbagliare,/con chi non smette mai
di sperare/nella luce di quel Salvatore…/Siamo una strana compagnia/ma ti vogliamo bene caro Signore!/Ridonaci il sorriso/che abbiamo dimenticato!/Rifacci
la faccia allegra/e adoperali tutti/i colori del Natale.
traduzione a cura della Redazione
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PREGARE
I Salmi
3. Terza parte
I salmi scandiscono la giornata dell’uomo religioso.
Le lodi mattutine, l’ora media, i vespri, accompagnano il cammino dell’uomo nella vita quotidiana, illuminando il tempo solare e
quello dell’anima. I salmi sono una continua, sottile catechesi, che
indica una via, che racconta la vita divina presente nella vita degli
uomini, che comunica la rivelazione del Dio vivente, la sua presenza, il suo consiglio, in un cammino di verità, di trasformazione, di
conoscenza.
Molti sono i temi che convergono nella preghiera dei Salmi. Tutto
vi trova posto: vita e morte, paure e speranze, suppliche e ringraziamenti, ricordo ed attesa, gioia e dolore, domanda e ringraziamento,
lamento ed esultanza, grido angosciato e fiducia, lacrime e sorriso,
stupore di fronte ai prodigi compiuti da Dio, dalla sua gloria, potenza e bontà.
Al fiducioso abbandono alla misericordia di Dio, si accompagna
la ferma determinazione di seguire i suoi precetti, di ascoltare la
sua voce, di camminare su retti sentieri, e all’invocazione di aiuto
risponde l’azione benefica di Dio che consola e salva, alla supplica
accorata la risposta del suo amore e della sua misericordia.
La grande battaglia che si scatena nei salmi è quella contro il Male,
l’entità del male in tutti i suoi aspetti, che di volta in volta prende
forma, cercando di avere il sopravvento sul giusto, e che si riassume nel termine “empio”. Un avversario che si frappone tra l’uomo
e Dio, tra la terra e il cielo, per ostacolare, in vario modo, l’ascesa
dell’essere nel loro incontro. Si resta sorpresi dalla grande quantità
di salmi di supplica, invocazione del giusto perseguitato, implorazione nelle prove, aiuto contro il mondo menzognero.
“Nell’angoscia ho gridato al Signore, mi ha risposto, mi ha tratto
in salvo” (Salmo 117).
Il cristiano prega così, fiducioso, sapendo che tutte le attese e le
speranze hanno trovato compimento nella resurrezione di Cristo,
nel trionfo totale e definitivo sul male e sulla morte.
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Per questo i salmi sostengono tutte le notti, tutte le notti oscure, le lotte più
difficili, gli esili e i calvari della storia, lo sforzo di affermare la Vita e il Bene
ad ogni costo.
Attraverso sentieri tortuosi, di fatiche e sofferenze, ma anche di luce, di bagliori, di esaudimenti, di segni, l’orante percorre così un cammino di purificazione
ed una ascesi verso il monte del Signore, come risponde il Salmo 24:
Chi salirà il monte del Signore,
chi starà nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non pronunzia menzogna
chi non giura a danno del suo prossimo.
Otterrà benedizione dal Signore
giustizia da Dio sua salvezza,
ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto - Dio di Giacobbe.
I salmi guidano il cammino del credente verso una vita autentica, accettando la
lotta tra bene e male, interiore ed esteriore, nella consapevolezza della inevitabile dualità dell’esistenza. Un male che si vince prima di tutto dentro di sé, non
cedendo alle innumerevoli tentazioni di rendere male al male, e di porre fine alla
spirale della violenza, sia fisica, che morale, con pensieri, parole ed azioni, per
una ascesi dell’anima verso il monte del Signore, sulle sue alte vette, che sono
grazia e compimento, realizzazione spirituale, per ridiscendere nella valle ed
operare il bene, nella libertà dello Spirito.
I cinque libri dei salmi, in cui si è soliti dividere il salterio, costituiscono così
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delle tappe, che gli interpreti hanno cercato di definire in vario modo, quelle del
giorno, o della vita, o del cammino interiore o della storia personale e collettiva,
individuando di volta in volta a seconda delle sensibilità, il cammino religioso
dell’uomo.
Ma il linguaggio simbolico dei salmi, denso di significati, rimane aperto sull’infinito, su ulteriori interpretazioni. Di certo essi sanno parlare al cuore di tutti,
uomini e donne, e alla loro vita.
Nei salmi, infatti, confluisce tutta la condizione umana, la storia personale e
comunitaria, la storia particolare e quella universale, del singolo e del popolo:
i salmi segnano l’itinerario a Dio dell’anima e dell’umanità a Dio verso la liberazione cosmica.
E’ il libro di tutti, un canto corale.
“Noi nasciamo con questo libro nelle viscere”, scrive André Chouraqui nell’introduzione al suo commento. Un librettino, centocinquanta poesie, centocinquanta gradini eretti tra la morte e la vita: centocinquanta specchi delle nostre
rivolte e delle nostre fedeltà, delle nostre agonie e delle nostre resurrezioni. Più
che un libro, un essere vivente che parla – che ti parla – che soffre, che geme e
che muore, che risorge e canta, sul liminare dell’eternità e ti prende, e trascina
te e i secoli dei secoli, dall’inizio alla fine”1.
Pregare con i salmi deve allora diventare un’esperienza viva, coinvolgente, risolutiva, l’espressione di una comunicazione profonda con Dio, rivelato nel
mistero dell’essere, poiché in essi prevale il desiderio, l’attesa della felicità, che
realizza nella pienezza la nostra vita in Dio.
“Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza, dolcezza
senza fine alla tua destra” (Salmo 16).
Per un approfondimento suggerisco le seguenti letture:
G. Ravasi, I Salmi, San Paolo, Milano 2006
M. Buber, Il cammino dell’uomo, Gribaudi 1999
R. Guardini, Sapienza dei salmi, Morcelliana, Brescia 1976
E. Bianchi, I salmi, Mondadori, Milano 2001
E. Bianchi, Pregare i salmi, Gribaudi 1997
A. Mello, L’arpa a 10 corde, Introduzione al salterio, Qiqajon, Bose 1998
A. Chouraqui, Il giusto e l’empio nei salmi, Qiqajon, Bose 1993
A. Chouraqui, Il cantico dei cantici ed introduzione ai salmi, Città nuova, Roma 1980
A. Mello, I salmi, un libro per pregare, Qiqajon, Bose 1998
D. Bonhoeffer, I Salmi, Edizioni Paoline, Milano 2001
Silvana Jellici Formilan
1 A. Chouraqui, Il cantico dei cantici ed introduzione ai salmi, Città nuova , Roma 1980, p. 153
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L’ALTRA METÀ DEL CIELO
“La baracca dei tristi piaceri”
“Roma. Violentata in un parco”. “Madre di figli stuprata a Basilea”. “Turchia.
Donna violentata in casa”. Quanti titoli di giornale di questo tipo si possono
leggere ormai a scadenza quasi settimanale? Destano scandalo, rabbia, sdegno. Eppure sembra che non abbiano tregua. A queste violenze fisiche, poi, si
aggiungono le molestie verbali: parole che, leggere nell’aria, penetrano invece
come la lama di un coltello nella carne, ferendo qualcosa che non si può vedere ad occhio nudo e che, forse per questo, non vengono considerate degne
di nota. Apprezzamenti pesanti subiti come fosse la normalità, come se essere
prede fosse il ruolo a cui assoggettarsi. Strombazzamenti con il clacson e frasi
oscene gridate dall’automobile che, molte, troppe volte, hanno come risposta
un silenzio d’impotenza.
Mi chiedo quando quegli uomini abbiano sentito la paura di trovarsi da soli in
un viale, quando si siano sentiti sopraffatti e impotenti di fronte ad un sopruso. Poche volte. Rare. Forse mai. E magari, se glielo si chiede, raccontano di
un’avventura, magari dipinta con un po’ di fantasia, distante mesi o anni. Se
lo chiedete ad una donna vi parlerà, invece, di sentimenti provati la sera prima
o recentemente. Andare per le vie con animo tranquillo è una cosa normalissima per molti. Dovrebbe essere un diritto per tutti ma che, invece, sempre di
più sembra risultare, visto in un’ottica femminile, uno dei maggiori privilegi
dell’uomo. Privilegio di cui ha goduto fin da tempi antichi e di cui spesso ha
abusato. Mi viene in mente un libro letto poco tempo fa, La baracca dei tristi
piaceri di Helga Schneider. Sopravvissuta all’olocausto, ha trovato il coraggio
solo dopo molti anni di rompere il silenzio e dar voce ad un dramma lungamente taciuto, quello delle prigioniere dei lager nazisti selezionate per i bordelli dei
campi di concentramento, con l’ipocrita e falsa giustificazione di voler limitare
l’omosessualità tra i deportati. Con profonda, lucida e commovente scrittura
dipinge una memoria storica personale e collettiva che è omaggio alle donne
che in tutti i tempi e in tutti i luoghi hanno subito la violenza degli uomini, delle
leggi e della Storia. Suscita riflessioni anche sul nostro presente, nonostante la
differente situazione storico-culturale: i soprusi, il silenzio di donne che, per
paura, schiacciate dall’umiliazione e solitudine, cercano di nascondere ciò che
hanno vissuto dentro di sé.
Non vuol essere un attacco agli uomini. Non vuol essere un elogio al femminismo. Vuol essere unicamente un breve spunto di riflessione per denunciare
la necessità di un doveroso mutamento di mentalità, anche tra le donne stesse.
Prendere atto della propria femminilità, degna di esistere al pari dell’essenza
virile dell’uomo, entrambe da esprimere nella loro pienezza ma con rispetto di
sé e dell’altro.
Silvia Carretta
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DALLA COMUNITÀ DELLE SUORE
Comunità di Casa Madre
50° di Professione Religiosa di suor Maria Teresa
Piazzola - 28 ottobre 2012
Ci siamo riuniti attorno all’altare del Signore per celebrare solennemente i 50 anni di consacrazione religiosa di Suor Maria Teresa,
ossia le “nozze d’oro” con il Signore della vita, con il Re dei Re.
La sua prima professione è avvenuta, appunto, il 25 ottobre 1962, Festa di Cristo Re. Suor Maria Teresa gode nel ricordare sempre l’esortazione che monsignor Albrigi, l’allora superiore della Pia Società, le
aveva fatto in quel giorno: “Cristo Re sarà la tua festa”.
Geremia, il profeta della speranza, nella prima lettura ci dice: “Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni,
fate udire la vostra lode e dite: ‘Il Signore ha salvato il suo popolo,
il resto d’Israele’”. Oggi innalziamo canti di gioia perché la festa di
una consacrazione è una festa di nozze, anche se non si usa più tanto
dire che la suora è la sposa del Signore, forse per evitare di far cadere
nella sdolcinatura questa vera e profonda realtà.
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Quando una giovane dice SI per sempre alla chiamata religiosa dona tutta se stessa, ama il Signore “con tutto il suo cuore, con tutta la sua mente, con tutte le sue
forze”: è un amore unico, indissolubile, eterno.
Dice ancora Geremia: “Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele” e
suor Maria Teresa, come ogni cristiano che fedele al suo battesimo, contribuisce
alla salvezza del mondo; non ha forse oggi bisogno il mondo di testimoni che
mostrino che l’amore unico, fedele, eterno è possibile?
Il Signore rinnovi in suor Maria Teresa la fedeltà di quel “SI” pronunciato cinquant’anni fa e le doni la gioia di aderire sempre e generosamente al Suo Disegno
di salvezza.
Esprimiamo ora la nostra viva riconoscenza a monsignor Callisto Barbolan che
presiede questa celebrazione: è il Vicario Episcopale per la vita consacrata e rappresenta il nostro Vescovo; un grazie sincero a monsignor Mario Sulmona, al
Superiore Don Corrado Ginami, ai confratelli mazziani e agli altri sacerdoti concelebranti, tutte persone significative per suor Maria Teresa.
suor Angiolina Giramonte
Ringraziamento
A ciascuno di voi il mio grazie per il dono della vostra presenza, del vostro affetto
e della vostra preghiera.
La vostra presenza così numerosa e gioiosa mi ha veramente commosso e colmato
di gioia e riconoscenza.
Tanti di voi erano presenti anche 50 anni fa quando ho iniziato questo cammino di
consacrazione al Signore tra le Suore di Don Mazza; altri ci hanno già preceduto
nella Casa del Padre e li crediamo in modo misterioso, ma vero, qui presenti:
penso ai miei genitori, ai parenti, a tante consorelle e a tanti amici.
E’ molto bello avere la grazia di ritrovarci qui a rendere grazie al Signore, a
lodarlo e benedirlo tutti insieme per quanto ha operato e continua ad operare in
me e attraverso di me. Sì, davvero con la Vergine Maria posso cantare “l’anima
mia magnifica il Signore!” E’ stato veramente buono e misericordioso con me e
non si è mai lasciato vincere in generosità, perché Lui è il Dio fedele!
Il contesto particolare in cui sto vivendo da un anno mi ha facilitato rileggere la
mia vita alla luce del Signore, Pastore buono, Presenza invisibile, ma costante e
amorosa, di cui mi sono fidata e a cui mi sono affidata. In Lui tutto è grazia ed
acquista senso.
“Non voi avete scelto me, ma Io ho scelto voi”: è stata una luce che mi ha sostenuta,
una certezza di presenza che nel tempo mi ha accompagnato e con pazienza mi ha
fatto vedere e amare quell’“oltre” che spesso nella nostra umanità non vogliamo
vedere, ma c’è e dà vita, e vita in abbondanza.
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Davvero il Signore dona il centuplo insieme a persecuzioni, ma questa è la vita di
ognuno di noi che si consegna totalmente al Signore, perché si sente amato per ciò
che è, nel suo limite e nella sua vulnerabilità.
Infine il mio pensiero riconoscente ed orante va alla mia famiglia che con grande
fede e generosità mi ha donata al Signore e sempre sostenuta nella mia vocazione;
alla Congregazione che mi ha accolta come studente a 11 anni, mi ha educata,
formata e soprattutto mi ha testimoniato il carisma di don Mazza, in cui poi ho
scelto di vivere la chiamata del Signore;
alle tante persone che mi hanno accompagnato nella mia crescita umana e
spirituale, a quelle che ho servito ed amato e a quelle con cui ho condiviso gioie
e fatiche nei vari servizi svolti.
Quante testimonianze di fede, di preghiera, di umiltà, di fortezza nelle prove, di
laboriosità silenziosa, di carità operosa, di amore al carisma mazziano mi sono
state offerte e conservo nel cuore, motivo per me di incoraggiamento, di stimolo
a ricominciare ogni giorno, a ripetere il mio “Sì” con amore e semplicità perché
“Nulla ti turbi, tutto passa, solo Dio resta, solo l’Amore non avrà mai fine”.
Ancora grazie a tutti!
suor Maria Teresa Piazzola
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Ricordo delle sorelle che ci hanno lasciato
Suor Maria Vendramin è morta il 14 luglio 2012
Suor Maria, nata a Treviso il 2
gennaio 1919, è entrata nel nostro
Istituto il 1 giugno 1946 e ha fatto la
prima professione l’8 dicembre 1948.
Donna alta, robusta e forte amava
il lavoro manuale e la sua passione
era quella di preparare le case estive
prima dell’accoglienza degli ospiti.
Amava particolarmente la colonia
marina di Jesolo, luogo che l’aveva
accolta fin da giovane e dove aveva
intrecciato le prime amicizie.
Il suo lavoro preferito era la
tinteggiatura di sedie, tavoli e
ringhiere, fuori all’aperto con grandi
grembiulini: si divertiva davvero a
ridare freschezza alle cose appassite.
Quando l’età e la salute glielo ha
impedito, ripeteva: “Pensare che a
me piaceva tanto lavorare!”.
Sotto un temperamento burbero nascondeva la finezza di attenzioni per quelle
bambine o adolescenti che le sembravano forse più bisognose di affetto. Non
possiamo dimenticare tra queste la prediletta Liliana, bimba orfana di Treviso,
ora sposata a Verona, mamma e nonna, la quale non ha tralasciato di visitare la zia
Suor Maria per tutto il lungo periodo della sua infermità.
Certamente in cielo godrà ancora, chissà in quale misteriosa forma, a fare bella la
dimora dei Santi.
Suor Raffaella Tessari è morta il 1 agosto 2012
Nata a Verona il 6 ottobre 1912, rimasta orfana di entrambi i genitori è entrata
nell’Istituto femminile il 1 luglio del 1918, raccomandata da Don Marconcini;
nella scheda dell’Istituto c’è poi questa annotazione “passata dalle missionarie”:
così probabilmente le Cooperatrici chiamavano il primo nucleo.
Fin dall’adolescenza coltivava la vocazione missionaria per l’Africa. Don Crestani,
IV superiore degli Istituti di Don Nicola Mazza, le chiese di pazientare e di fermarsi
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nel carisma mazziano, dove pensava appunto di istituire una Congregazione
religiosa mazziana per la missione ad gentes. Suor Raffaella accolse questo
invito e si fermò a costituire il primo gruppo passando, come raccontava lei, col
materasso a spalle nel cortile adiacente, in quella parte di casa che Don Crestani
aveva riservato per chi iniziava questo nuovo cammino di consacrazione.
Ha fatto la prima professione (privata, perché l’Istituzione non era ancora
riconosciuta. Fu convalidata poi nel 1958 quando la Chiesa ha dato l’approvazione
alla Congregazione delle Suore di Don Mazza) a soli 20 anni, per cui l’8 dicembre
di quest’anno avrebbe celebrato l’ottantesimo di professione religiosa.
Al femminile era stata avviata allo studio per l’insegnamento nelle scuole
elementari, ma, gracile di salute, aveva dovuto sospendere questo corso di studi e
si era quindi diplomata per l’insegnamento nella scuola materna.
La missione per l’Africa le era rimasta nel desiderio, come raccontava spesso
lei, e l’ha invece svolta qui per dare vita alla nostra Congregazione, rendendosi
disponibile a tutte le obbedienze che le venivano affidate che, a quel tempo, si
ricevevano mediante lettera senza previa consultazione.
“Ho sempre fatto volentieri l’obbedienza”, diceva, “solo mi era costata molto
quella di San Carlo dove dovevo occuparmi di cucina, io che non sapevo fare
niente; alla sera cercavo di leggere i libri delle ricette”. Comunque, appena le si
offriva l’occasione, si prendeva cura anche dei ragazzi studenti ospiti nel collegio
maschile.
Amava insegnare nella scuola materna e con orgoglio diceva: “Io ho sempre
insegnato nella mia vita”. Nelle parrocchie dove è stata, ha ricoperto sempre
l’incarico di superiora della comunità religiosa e si è dedicata molto alla pastorale
parrocchiale. In particolare, ha fatto catechesi nella parrocchia di San Paolo a
Verona fin dopo i settant’anni.
L’esperienza che più amava raccontare era quella del tempo di guerra vissuto
nell’orfanatrofio di Treviso, quando sotto i bombardamenti doveva fuggire in
campagna per portare in salvo le orfane e quando loro suore avevano ospitato in
casa i francescani ai quali le bombe avevano distrutto tutto: casa e chiesa.
Energica, rigorosa, sicura e battagliera, era diventata negli ultimi tempi mite e
attenta alle sofferenze e alle fatiche delle altre: “grazie – mi sei stata amica –
senza di te mi sarei smarrita – sei stanca?”, e così via.
Fedele meticolosamente agli impegni affidateli e perfetta negli orari, quando l’età
l’aveva liberata dagli impegni apostolici, dopo la morte di suor Chiara, si era
presa l’incarico di suonare la campana per la preghiera e, a mezzogiorno, per
l’Ora Sesta: se non c’era nessuno la proclamava da sola ad alta voce.
Fino all’inverno scorso scendeva al Collegio Universitario e alle studentesse
che incontrava annunciava: “Abbiate fiducia nel Signore, abbandonatevi a Lui
… io ho fatto questa esperienza il Signore mi è sempre stato vicino, non mi ha
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mai abbandonato”. Questa primavera non riusciva più a scendere e le chiedevo:
“Posso accompagnare le giovani a farle visita?” “Siiiiiiiiii!... le giovani mi
piacciono tanto, mi danno vita”.
Anche in questi ultimi anni amava la vita e una vita di qualità fatta di tanta
preghiera, di lettura di giornali e di libri di spiritualità, di ascolto della televisione e
della radio per seguire soprattutto la vita della chiesa e del Papa e fatta di esercizio
fisico e di brevi passeggiate per mantenersi in salute.
Ha sempre avuto un grande desiderio di vivere e nello stesso tempo di essere nella
Volontà di Dio; durante i suoi pochi ricoveri o al pronto soccorso recitava a voce
alta sempre e ripetutamente, per tutto il tragitto dell’ambulanza o dei corridoi, la
lunga preghiera di abbandono di Charles de Foucauld.
suor Angiolina Giramonte
Educazione: capolavoro della speranza - Fontanafredda 27/29 luglio Nell’ultima settimana di un luglio secco e afoso ricordato per il susseguirsi di
anticicloni nordafricani (identificati con nomi mitici quasi a incutere timore),
accompagnata da mio marito, ho accettato con gioia l’invito della Casa di
Spiritualità di Fontanafredda a partecipare ad una serie di incontri in comunità
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sul tema, sempre attuale, dell’educazione dei giovani, e non solo, alla luce della
nostra vita quotidiana e cristiana.
Il titolo di per sé era molto intrigante, interessante: Educazione: capolavoro
della speranza; difatti, nelle tre parole educazione-capolavoro-speranza lasciava
intravedere la profondità e complessità dell’argomento nella vita di tutti i giorni
di noi esseri umani, donne e uomini, da sempre alla ricerca di valori veri. Quei
valori ai quali tante illustri menti si sono ispirate e richiamate nei secoli passati e
recenti, non da ultimo il nostro. Forse la maggiore, e comunque la prima, quella
del sommo poeta quando sentenziava con asprezza contro “quei che ti fanno in
basso batter le ali!” (Par. XI, 3).
Abbiamo, con un po’ di dispiacere, mancato all’appuntamento del primo giorno
quando il professor Fabio Del Corobbo ha parlato della Genialità e profezia di
don Nicola Mazza declinati al presente; ma abbiamo, intensamente, partecipato
alle seguenti giornate condotte da due giovani e brillanti professoresse: Lucia
Vantini, filosofa e teologa, che ha trattato dell’Educare alla vita buona: i valori
e la città, e Nicoletta Capozza, filosofa, su Gesù educa, Gesù insegna.
Il tema dell’educazione è stato ampiamente analizzato dalle loro relazioni,
arricchite di richiami filosofici e biblici, e significative diapositive; dalle tante
richieste e inviti di precisazioni e conferme derivanti dalla vita di tutti i giorni, e
da ulteriori sentiti approfondimenti. Precisazioni, conferme ed approfondimenti
che ci hanno arricchiti nonostante la stanchezza si facesse sentire verso la fine
di ogni giornata, vista la complessità e l’ampiezza delle tematiche e l’oggettiva
difficoltà a racchiuderle e/o a sintetizzarle in poche ore, diapositive e pagine,
sia pure eloquenti. Ma, l’indomani, al mattino, rinfrancati e ristorati dal sereno
riposo ci si sentiva più contenti, più sollevati, quasi che le nostre ali stessero per
dispiegarsi e portarci in alto come la scultura in ferro arrugginito, di grande valore
simbolico, posta davanti alla Casa,.
Nel corso del seminario si è passati attraverso il lavoro intenso sviluppato dalle
due professoresse con concetti che hanno travagliato le più grandi menti umane
e che continuano ancora oggi, e continueranno, ad impegnare, ne siamo certi, il
genere umano ad ogni latitudine; concetti accompagnati da citazioni scelte, che
una volta comprese allargavano il cuore e la mente e davano e danno più forza
alla sacra Speranza che è l’orizzonte a cui ognuno guarda e, quasi, s’affida: sia
quando il sole appena si leva dal mare brillante, sia quando scende rosso e stanco
dietro i monti immobili. E questa è (io immagino) quella Speranza che contrasta
“ogni atomo di quell’odio che se si aggiunge al mondo lo rende più inospitale”
(E. Hillesum).
E educare diventa il suo capolavoro, un’arte densa e meravigliosa come le vere
arti sanno essere: “vostr’arte a Dio quasi è nepote” (Inf. XI, 105). Così educare
ritorna alle sue origini, quelle di tirar fuori da noi/dagli altri attraverso le relazioni
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e l’ascolto ciò che ci permette di creare dello spazio vitale da riempire con quei
valori autentici che ogni essere umano, d’ogni lignaggio, è in grado di sentire.
Gesù diceva al (giovane?) ricco: “lascia ciò che hai e seguimi”, impostando la
sequela Via, Verità e Vita.
E lasciarsi “trascinare da Gesù Cristo sulla sua strada nell’evento messianico”
(D. Bonhoeffer, Resistenza e Resa) potrebbe essere il nostro vero volo.
Per chiudere queste poche righe non posso non ricordare un po’ anche le mie
suore di prima adolescenza, quando scorrazzavo con altre ragazzine per i prati di
Fontanafredda e guardavo nostalgica dalla finestra il mio paese lontano, ai piedi
del Pastello.
Che dire, infine, dell’attenzione premurosa e costante, o meglio, delle coccole
super delle suore tutte che tra sorrisi, affettuosità, affidabilità e desinare prelibato
abbiamo lasciato con una punta di malinconia; ma la speranza di una prossima
vicina visita ci ha rinfrancati. Ciao.
Gaetano e Annalisa Mari
Comunità del Collegio Universitario
Giovani oggi, adulti domani. Quali scenari nel mondo globalizzato?
E’ il tema generale per il corso di questo
Anno Accademico 2012-2013 promosso
dal nostro Collegio Universitario, dall’Università degli Studi di Verona, dall’ESU,
dalla Fondazione “Giorgio Zanotto”, dallo
Studio Teologico “San Zeno” e dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San
Pietro Martire” di Verona.
Il corso si articola in 9 incontri ed è rivolto
a studenti e docenti dell’università e degli
istituti teologici, alla cittadinanza e a quanti fossero interessati all’argomento proposto. L’articolazione dei temi è stata elaborata dal Comitato Scientifico e i relatori sono stati scelti sulla base delle loro specifiche competenze e del loro valore
scientifico. Quest’anno sono previsti anche degli interventi preordinati.
I temi in discussione sono:
Un mondo globale? (relatore professor Romano Prodi); La ricerca scientifica e
tecnologica: luci e ombre nel presente e in un possibile futuro (relatore professor
Umberto Galimberti); Dove va la democrazia? La rivoluzione del Web (relatori
dottor Luca De Biase e professor Maurizio Ferraris); La regolazione della politi15
ca globale (relatori professor Filippo Andreatta e professor Stefano Bruno Galli);
Il problema del lavoro e dell’occupazione (relatori professor Carlo Dell’Aringa e professoressa Marzia Barbera); Difesa dell’ambiente e crescita sostenibile
(relatori professor Ignazio Musu e professor Luca Mercalli); Le disuguaglianze
nel mondo globalizzato (relatore professor Paolo Onofri); Il senso della vita nel
mondo globale: religiosità e religione (relatori professor Alessandro Castegnaro
e professor Vito Mancuso, teologo); Un’etica condivisa (relatori professor Giannino Piana e professor Paolo Dordoni).
Coordinano i rispettivi incontri i professori:
Nicola Sartor, Mario Longo, Roberto Giacobazzi, Olivia Guaraldo, Donata Gottardi, Federico Perali, Veronica Polin, Cristina Simonelli, Andrea Gaino.
Gli interventi preordinati sono stati preparati rispettivamente da:
dottor Filippo Varanini; Ambra Fausti, studentessa; Marco Taietta, studente; dottor
Marco Peruzzi; dottor Gianumberto Accinelli; Malice Atieno Omondi, giornalista
e dottor Fortuna Ekutsu Mambulu; dottoressa Michela Canteri; Angela Murari,
studentessa. Il tema di apertura del Corso non prevede l’intervento preordinato.
Viviamo in un periodo di crisi: lo dicono tutti e lo soffrono in molti. Apparentemente questa crisi è stata scatenata da eventi che hanno compromesso le buone
pratiche dell’economia, lasciando libero spazio al dominio incontrollato delle logiche di mercato; ma la crisi coinvolge anche innumerevoli altri aspetti della vita
delle persone e delle comunità, il tutto declinato nella dimensione del mondo
“globalizzato”.
Molti sono gli aspetti in cui questa crisi si manifesta, che colpiscono più duramente i soggetti più deboli e in particolare le nuove generazioni. A esse il mondo degli
adulti spesso non sembra saper dare prospettive promettenti, nelle quali i giovani
possano e sappiano progettare il loro futuro.
Per questo motivo il ciclo di conferenze di quest’anno è dedicato soprattutto ai
giovani. Con il contributo di numerosi relatori di diversa estrazione culturale, tutti
di indiscussa competenza, ma anche con la partecipazione attiva proprio dei giovani, ci impegneremo nel comune tentativo di comprendere la positività delle loro
aspirazioni. Tutto ciò nella speranza che gli adulti di oggi possano così aiutare gli
adulti di domani a progettare e a realizzare in modo responsabile, con fiducia e
creatività, il loro futuro in nuovi e più promettenti scenari.
La nostra percezione drammatica della crisi dipende dal fatto che stiamo vivendo un momento di grandi e imprevedibili cambiamenti; ma sempre, nella storia
dell’uomo, dalle crisi sono nate le novità che hanno consentito all’umanità di
progredire, pur con sofferenza.
Per chi fosse interessato a partecipare, diamo il calendario degli incontri conclusivi:
lunedì 26 novembre 2012- ore 17.30-19.30 (Aula T.5)
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Le disuguaglianze nel mondo globalizzato
Relatore: professor Paolo Onofri
Interventi preordinati: Malice Atieno Omondi, giornalista e dottor Fortuna Ekutsu
Mambulu
Coordinatrice: professoressa Veronica Polin
lunedì 3 dicembre 2012- ore 17.30-19.30 (Aula T.5)
Il senso della vita nel mondo globale: religiosità e religione
Relatori: professori Alessandro Castegnaro e Vito Mancuso, teologo
Intervento preordinato: dottoressa Michela Canteri
Coordinatrice: professoressa Cristina Simonelli
lunedì 10 dicembre 2012- ore 17.30-19.30 (Aula T.5)
Un’etica condivisa
Relatori: professori Giannino Piana e Paolo Dordoni
Intervento preordinato: Angela Murari, studentessa
Coordinatore: professor Andrea Gaino
suor Germana Canteri
Cominciamo insieme!!
Come ogni anno, il Collegio femminile don Nicola Mazza si riempie di giovani
studentesse, alcune alle prime armi, altre più “navigate” ed esperte del mondo
universitario.
All’inizio dell’anno accademico, per darci la
possibilità di conoscerci meglio tra di noi, abbiamo giocato al “gioco della nave”. Questo
gioco consiste nel dare
a ciascuna ragazza un
foglio sul quale sono
disegnati una nave e
una serie di personaggi
stilizzati, ognuno impegnato in un’attività diversa, e decidere quale
tra gli omini ci rappresenta di più in questa fase della nostra vita. Attraverso questo semplice gioco sono
emerse significative riflessioni da parte delle studentesse ed è stato anche un “pretesto” per intervistare tre delle nuove ragazze e scoprire come stanno vivendo l’e17
sperienza dell’Università e del Collegio. Le nostre “vittime” sono Claudia di Taranto, iscritta al primo anno presso l’ex Facoltà di Economia aziendale, Mariam
di Bolzano, ma nativa del Burkina Faso, iscritta al primo anno di Biotecnologie ed
Elena di Santorso (VI), iscritta al primo anno di Lingue per il commercio.
Ripensando al “gioco della nave”, in quale personaggio ti identifichi di più e perché?
Claudia: L’omino che si tuffa in mare. Immagino l’Università come un mare
immenso e allettante, ma anche avvolto nel mistero, verso il quale mi sento in
qualche modo attratto. Diciamo che mi sono tuffata... ora devo nuotare!
Mariam: L’omino che si arrampica sulla nave. Ho scelto questo personaggio perché mi sento come lui, in salita per raggiungere un obiettivo, costi quel che costi.
So di potercela fare, ma è pur sempre una salita faticosa!
Elena: L’omino con la valigia, perché sono entusiasta di iniziare ed approdare in territori inesplorati quale quello dell’università, ma l’omino ha ancora un piede a terra e
ciò rappresenta il mio attaccamento a casa e la paura di iniziare una nuova vita.
Siete qui in Collegio volontariamente, o caldamente consigliate da genitori e conoscenti?
Claudia: Entrambe le cose. Attraverso Internet ho reperito informazioni sul Collegio e, con l’aiuto dei miei genitori, ho deciso di venire qui.
Mariam: Sono stata consigliata dagli organizzatori di un progetto di cui faccio
parte da molto tempo. Dopo essermi informata su Internet, ho deciso di seguire il
loro consiglio.
Elena: Sono giunta qui volontariamente, in seguito ad una ricerca sul web e ad
una visita fatta di persona per capire meglio di cosa si trattasse.
Quale idea ti eri fatta del collegio prima di entrare? L’immagine che avevi in
mente corrisponde alla realtà che stai sperimentando?
Claudia: Non nascondo che all’inizio l’idea di vivere in un collegio mi trasmetteva un po’ di paura. Temevo che l’atmosfera fosse rigida e che non avrei avuto
modo di esprimere la mia personalità. Tuttavia mi sono dovuta ricredere. Qui mi
sento a mio agio e mi sto accorgendo che vivere in collegio ti dà la possibilità di
fare amicizia con tante altre studentesse che, come me, stanno iniziando adesso la
loro carriera universitaria.
Mariam: L’impressione che ho avuto sul collegio è stata sin da subito molto
positiva e, da quando sono qui, ho potuto constatare che l’idea che mi ero fatta
coincide con la realtà che sto vivendo.
Elena: Mi immaginavo un posto con molte ragazze come me che vivessero tutte
assieme in un clima quasi familiare. In realtà non so ancora se sia davvero così
perché siamo solo all’inizio e non ci conosciamo abbastanza bene da instaurare
legami forti, ma spero che ciò avvenga entro alcuni mesi.
È stato facile o difficile integrarti con la vita del collegio? Ripeteresti questa
esperienza anche l’anno prossimo?
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Claudia: Non ho trovato particolari problemi a integrarmi. Il fatto di condividere la stanza e di ritrovarci tutte insieme durante i pasti è uno stimolo a stringere
nuove amicizie. Tuttavia non so ancora cosa farò l’anno prossimo perché, essendo
una persona abituata ad avere i propri spazi, a volte sento la necessità di ritagliarmi un posto tutto mio.
Mariam: Premetto che, prima di arrivare qui, avevo già fatto l’esperienza della vita
collegiale. Quindi, quando mi sono trasferita, sapevo già cosa dovevo aspettarmi.
Mi sentivo già preparata. Ecco perché per me è stato piuttosto facile integrarmi.
Elena: Finora non ho trovato difficoltà, ma non sono nemmeno entrata molto in
contatto con le ragazze più grandi che, essendo qui da tempo, hanno già formato
un loro gruppo. Per come mi sono trovata in queste settimane credo che potrei
rifare l’esperienza del collegio anche il prossimo anno.
Ritieni che le attività culturali proposte dal collegio siano coerenti con gli ambiti
di interesse degli studenti di oggi? Avresti altre proposte?
Claudia: Sì. Ad esempio, trovo molto interessante il ciclo tematico di conferenze
dal titolo: “Giovani oggi, adulti domani. Quali scenari nel mondo globalizzato?”
organizzato dal collegio femminile. Per quanto mi riguarda, il tema centrale è
affine al percorso di studi da me intrapreso. Mi piacerebbe che fossero proposte
anche attività di “svago” per alleggerire un po’ le giornate e per passare del tempo
insieme.
Mariam: Personalmente trovo stimolante il ciclo tematico di conferenze dal titolo: “Giovani oggi, adulti domani. Quali scenari nel mondo globalizzato?” che
si sta svolgendo in queste settimane. Partecipo con grande entusiasmo a questa
iniziativa.
Elena: Essendo un collegio di sole universitarie trovo che i cicli di conferenze
siano non solo molto utili ai fini dello studio, ma siano anche un arricchimento
culturale che ci aiuta a capire cosa succede nel mondo. Un’altra interessante attività è il Seminario sul metodo di studio, poiché non è affatto facile trovarne uno
che si adatti alle nostre esigenze.
Credi che il collegio offra un valido supporto alle matricole che si affacciano per
la prima volta al mondo universitario?
Claudia: Certo. Infatti ho intenzione di partecipare al ciclo di incontri sulla metodologia di studio. Attraverso questo corso spero di imparare a ottimizzare il tempo di
studio così da riuscire a dedicarmi anche ad altre attività, come ad esempio lo sport.
Mariam: Sì. Grazie al collegio ho la possibilità di conoscere gente con più esperienza di me che può darmi consigli utili sull’università. Inoltre, i tanti corsi che
organizza aiutano ad orientarsi e a sentirsi più guidati in questo percorso.
Elena: Sì, perché non abbiamo le preoccupazioni che potremmo avere in appartamento, quali cucinare, pulire, ecc. e ci resta più tempo da dedicare allo studio.
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È una buona cosa per chi è qui il primo anno e non sa ancora come affrontare la
vita da universitario.
Cosa ti ha spinto a iscriverti presso l’Università di Verona?
Claudia: I motivi che mi hanno spinto fin qui sono: prima di tutto la possibilità di
vivere nella stessa città di alcuni miei parenti e, in secondo luogo, il diverso clima
culturale che si respira in questa città. Da subito, infatti, sono rimasta piacevolmente colpita dalla disponibilità e cordialità dei professori, nonché dalla buona
organizzazione generale dell’ateneo.
Mariam: Il motivo per il quale mi sono iscritta a questa università è il desiderio
di laurearmi in Odontoiatria e tornare nel mio Paese, il Burkina Faso. Lì infatti ci
sono pochi dentisti: quindi mi piacerebbe un giorno tornare per esercitare questa
professione. Il percorso di studi è piuttosto complicato ma ho intenzione di mettercela tutta per riuscire.
Vorrei concludere lanciando un messaggio: partecipiamo e divertiamoci a conoscere cose nuove! In fondo il Collegio ha la doppia convenienza di essere non
solo un luogo dove dormire, mangiare e studiare, ma anche un luogo in cui “fare
cultura”. Basta un briciolo di curiosità e di buona volontà! Tutte sappiamo che la
scelta di proseguire gli studi dopo la scuola dell’obbligo ci mette di fronte a nuove sfide, incertezze e paure, ma è anche un’opportunità di mettersi in gioco, fare
esperienze che ci arricchiscono non solo dal punto di vista accademico, ma anche
dal punto di vista morale. Quindi, approfittiamone!
Elena: La mia scelta ricadeva tra Padova e Verona, ma mi è sembrato che Verona
seguisse di più gli studenti; inoltre ho trovato che l’indirizzo di lingue per il commercio fosse il più interessante tra quelli offerti.
Giusy Gugliotta e Elena Gatti
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Comunità di Fontanafredda
Incontri di preghiera e di fede 2012-2013 – Beati voi…
Beato Angelico - Le Beatitudini, Convento di San Marco Firenze
L’anno pastorale 2012/2013, indetto da Papa Benedetto per ricordare i 50 anni
dall’inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II°, sarà per tutta la chiesa soprattutto l’Anno della fede.
Parafrasando un detto famoso del beato Giuseppe Tovini, laico bresciano, ex mazziano, possiamo affermare che la fede è il dono più prezioso che abbiamo: “Con
la fede non saremo mai poveri; senza la fede non saremo mai ricchi”.
L’impegno di ciascuno di noi è quello di “ravvivare, purificare, confermare e
confessare con gioia” la nostra fede e di pregare perché questo dono raggiunga
tutti gli uomini.
Gli incontri avranno per tema le beatitudini dal Vangelo di Matteo e vogliono
offrire un contributo per l’approfondimento e la crescita della fede.
“Vivere il discorso della montagna richiede una fede che si abbandoni completamente al Padre, sicura che Lui conosce ciò di cui abbiamo bisogno, perdona le
nostre mancanze, le nostre negligenze, le nostre inadeguatezze, e continuamente
ci attira e ci richiama a sé, se non perdiamo la fiducia e la perseveranza nella
preghiera” (cardinale Carlo M. Martini).
1) Incontri di preghiera: si terranno ogni terza domenica del mese da ottobre
2012 a maggio 2013, dalle ore 17.00 alle ore 19.00 e sono rivolti a coloro che
vogliono conoscere di più il Signore e crescere nella fede:
21 ottobre: beati i poveri in spirito… (Mt 5, 3)
18 novembre: beati quelli che sono nel pianto… (Mt 5, 4)
16 dicembre: beati i miti… (Mt 5, 5)
20 gennaio: beati quelli che hanno fame e sete della giustizia… (Mt 5, 6)
17 febbraio: beati i misericordiosi… (Mt 5, 7)
17 marzo: beati i puri di cuore… (Mt 5, 8)
21 aprile: beati gli operatori di pace… (Mt 5, 9)
19 maggio: beati i perseguitati per la giustizia… (Mt 1, 8)
2) Lectio Divina sul Vangelo della domenica: ogni giovedì sera alle ore 20.30.
Tutti gli incontri si terranno nella Casa di Spiritualità “Mater Divinae Sapientiae”
a Fontanafredda di Valeggio sul Mincio.
Per avere maggiori informazioni, puoi telefonare al n. 045/6301102, mandare una
e-mail a: icscfonte©tiscali.it o collegarti al nostro sito: wwwsuoredonmazza.org
a cura della Direzione di Fontanafredda
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Comunità missionarie
In ricordo di suor Maria
Ho conosciuto suor Maria nel 1993, quando ho partecipato all’assemblea della
nostra Congregazione.
Negli anni trascorsi da allora ci siamo reciprocamente avvicinate con molta
semplicità di cuore: lei cercava in tutti i momenti di prendersi cura di me come
della sorella più giovane che ha bisogno di accompagnamento e attenzioni,
pur non potendo comunicare direttamente a parole per il fatto che ancora non
conoscevo la lingua italiana. Essendo io amica di Rosimery, chiedeva a lei di non
farmi mancare niente di ciò di cui avevo bisogno per il mio diverso costume di
vita e di alimentazione.
Nel periodo in cui sono vissuta a Verona l’ho conosciuta meglio nelle sue
caratteristiche: pur di aspetto robusto e forte, era una donna molto sensibile; le
piaceva lavorare ed era molto ordinata. Nelle nostre conversazioni ricordava
con molta nostalgia gli anni in cui aveva molta forza fisica nello sbrigare quelle
mansioni domestiche che ora nell’anzianità non riusciva più a fare.
Quando passavo davanti alla sua stanza mi piaceva fermarmi per ascoltarla, per
scambiare delle confidenze, per parlare delle nostre famiglie, condividere le letture
spirituali che stavamo facendo; parlavamo di Dio come fonte di tutta la nostra
esistenza e come donatore di quella forza necessaria per vivere bene in comunità,
nonostante le diverse difficoltà che la vita comunitaria comporta. Lei cercava di
avere sempre questo sguardo di fede. Era felice quando le arrivava qualche lettera
o qualche messaggio via internet indirizzato a lei: quanta felicità nei suoi occhi! e
diceva: “Mi ha scritto la mia amica”.
E che dire della nostra avventura a Lourdes!? Suor Maria non voleva perdere
nessuna delle celebrazioni che si svolgevano nel Santuario, e così è stato. Ha
vissuto quel tempo con molta intensità, nonostante l’età. Mi diceva: “Non voglio
perdere nulla, perché è l’ultima volta!”, dando anche a me la forza e il coraggio
di partecipare.
In casa, quando mi vedeva passare sorridendo e cantando alcune cose in portoghese,
mi chiamava e diceva: “Cantami ‘Maria de Nazaré’ che la possa sentire” e quando
era tanto tempo che non la cantavo mi diceva: “Quanto tempo che non sento
‘Maria de Nazaré’!” e così io la cantavo per farla contenta.
Suor Maria aveva avuto l’opportunità di conoscere la mia mamma in occasione
della sua visita in Italia, e dopo mi disse che tra loro due si erano comprese
benissimo anche senza conoscere la lingua l’una dell’altra.
Questa era suor Maria: semplice e aperta alle novità.
Voglio ringraziare il Signore per il dono che lei è stata per me, per l’opportunità
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che abbiamo avuto di conoscerci reciprocamente, e che Maria di Nazareth la
conduca tra le braccia dell’amato Padre Eterno.
Ti bacio con tanto affetto.
suor Perpetua Andrade da Silva
Saluto della novizia Clautide a suor Raffaella Tessari
Sei nelle braccia del Padre, mia carissima suor Raffaella.
Ti ringrazio dal profondo del cuore per le preghiere che hai fatto qui sulla terra
e conto sul tuo aiuto dal cielo: prega per me e per le giovani aspiranti alla vita
religiosa, perché possiamo seguire il carisma e la spiritualità del nostro fondatore
Don Nicola Mazza. Ho desiderato molto conoscerti personalmente, ma ti ho potuto
conoscere solo attraverso le nostre carissime suore: suor Rosa, suor Edilma, suor
Nella e suor Silvia. Attraverso i loro racconti ti ho ammirata per la tua forza,
determinazione, dedizione, obbedienza e timore di Dio.
Ho sicuramente imparato molto da te; riposa in pace, ti terrò sempre con me, ti
amo. Aiutami perché possa avere sempre gli occhi fissi in Dio, affinché non mi
demoralizzi nelle tribolazioni. “Gesù mite e umile di cuore rendi il nostro cuore
simile al tuo”.
Dalla tua novizia
Clautide Eloi de Oliveira
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RUBRICA DELLA FAMIGLIA
Nel nome della famiglia
Mi sembra che ci sia un filo
rosso che collega la prima
famiglia del Nuovo Testamento,
dunque quella di Giuseppe,
Maria e Gesù, alle famiglie di
tutti i tempi, comprese quelle
dei giorni nostri. Voglio credere
infatti fermamente che nella
maggior parte delle famiglie ci
sia un rapporto d’amore sincero
che lega soprattutto, ma non
solo, genitori e figli.
Certo, molti aspetti sono mutati
nel corso dei secoli. Ai giorni
nostri, ad esempio, mi sembra di poter affermare che il modello
familiare non è più saldamente mantenuto, mentre si moltiplicano
alternative deresponsabilizzanti all’interno di un quadro sociale non
sempre facile.
Esiste un malessere profondo che è smarrimento morale e spirituale.
Ci si confronta, oggi, con antichi equilibri infranti che, pur nelle
molteplici e a volte considerevoli difficoltà, tenevano un tempo
saldamente uniti i membri di una famiglia.
Oltre alle spinte disgreganti che hanno contribuito a separare la
coppia di coniugi, si sono trasformati, a volte, anche i figli. Alcuni di
loro crescono troppo velocemente, incuranti di ogni regola, pensando
di essere al centro del mondo che, come in ogni epoca di crisi,
galleggia su un vuoto di valori. Ripenso, ad esempio, alla Vienna “fin
de siècle” che, assistendo al crollo dell’impero austro-ungarico, si
era gettata nell’edonismo più sfrenato, come ben descrive lo scrittore
Arthur Schnitzler.
E, ancor più in questa travagliata situazione, mi piace fissare lo
sguardo su una Mamma che pure si trovò in difficoltà quando Gesù
dodicenne lasciò Lei e Giuseppe per andare a discutere con i dottori
nel Tempio. Ma Lui agì, come sempre, per amore e consapevole
di avere al Suo fianco una Madre vera, la Madre di tutti noi, unica
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custode del grande mistero che è ogni figlio.
In questa occasione, però, desidero soffermarmi soprattutto sul VII incontro
mondiale delle famiglie che si è tenuto a Milano dal 30 maggio al 3 giugno.
A proposito di quanto affermato all’inizio, anche il cardinale Angelo Scola,
arcivescovo di Milano, ha ribadito: “La famiglia è la via maestra e la prima
insostituibile scuola di comunione… Ha come legge il dono totale di sé… Così
concepita, la famiglia è un patrimonio prezioso per la società”. In questo senso
si è pronunciato di recente anche Giorgio Napolitano, segnalando alcune delle
vie da seguire per arrivare a risultati significativi in ambito soprattutto familiare
e, di conseguenza, anche sociale. Ma ancor più il pontefice, Papa Benedetto XVI,
secondo il quale il dovere di ognuno è quello di rinsaldare la famiglia che è, tra
l’altro, l’ammortizzatore sociale più grande. Il Papa definisce inoltre: “La famiglia
come pietra angolare su cui costruire la società che ci porterà fuori da questa
crisi”; e ancora: “… è un aspetto molto importante che permette di guardare con
fiducia al futuro”.
Tornando alla giornata milanese, mi pare che il Family Day abbia unito le
generazioni. Nella partecipazione dei giovani possiamo infatti raccogliere
messaggi di fiducia, e giornate come questa o la Festa della Gioventù ci dimostrano
che la spiritualità è diffusa anche tra i ragazzi. Dobbiamo coltivare tutto ciò e non
permettere che si disperda col tempo.
Concludo con una curiosità: dalla mia città, Bolzano, sono giunti a Milano 130 fedeli.
Patrizia Millo Genovese
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MISCELLANEA
Le mele di Adam
Le mele di Adam , diretto dal regista trentenne Anders Thomas Jensen nel 2005.
Premio come miglior film al Festival di
Courmayeur Noir del 2005
Candidato al Nastro d’Argento 2007
come miglior film europeo
Ha ricevuto il premio del pubblico a Toronto nel 2005
Il regista è stato premiato con un Oscar
per il cortometraggio
Questo regista danese, formato alla
scuola di Von Trier sceneggiando le
opere Dogma, riesce a dare alla cinematografia danese il giusto rilievo
per affermare che essa non ha paura
di niente.
Sembra giocare e mescolare temi
molto forti e delicati come Dio e il
Diavolo, la medicina e gli enigmi del cervello (come ad esempio la
Sindrome di Ravashi di cui soffre Padre Ivan), la follia, l’insania e i
misteri della percezione.
Interessante e particolare la decisione di Jensen di scegliere proprio
la commedia per trattare temi così “sensibili” che si adatterebbero meglio al genere drammatico. La black comedy riesce a rendere
l’atmosfera cupa e sorprendente tenendo lo spettatore incollato allo
schermo, perché accade sempre ciò che non ci si aspetta.
La storia parla di Adam, un giovane nazista appena uscito di prigione, che viene condannato a svolgere i servizi sociali in una comunità
di recupero in un vicariato di campagna. Il suo servizio viene svolto
sotto la sorveglianza di Padre Ivan, un pastore protestante malato di
cancro al cervello, che lo porta a sviluppare la Sindrome di Ravashi.
Il Padre pensa che Adam non debba limitarsi solamente a scontare
il suo servizio sociale, ma debba anche “recuperare” e quindi gli
consiglia di darsi uno scopo. L’ex carcerato, per irridere Padre Ivan,
decide di preparare una torta di mele.
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Nel frattempo, però, la natura si accanisce contro l’albero: uccellini, vermi, lampi lo attaccano rovinandone i frutti.
La mela è sempre stata, sin dagli albori dell’umanità, un frutto problematico.
Almeno così ci viene raccontato. Ora, un nuovo Adamo deve confrontarsi con il
frutto. Non più proibito, ma oggetto di riscatto.
L’albero funge da pretesto per far confrontare i due personaggi. Adam scettico,
che instilla il dubbio in Padre Ivan, sul fatto che questa potrebbe essere una punizione di Dio nei suoi confronti perché lo odia, e non colpa del Diavolo come il
Padre sostiene.
Il Padre, incrollabile nella sua fede cieca, viene messo a dura prova dalle argomentazioni di Adam, nel momento in cui la sua tesi viene sostenuta dalla lettura
del Libro di Giobbe, in cui si racconta che anche i suoi “servi” possono essere
puniti. Ivan non riesce a ribattere perché si è sempre rifiutato di leggere quel libro,
non ne ha mai avuto il coraggio. Il Padre, come si è rifiutato di affrontare la lettura
del Libro di Giobbe, si rifiuta di ammettere che nella vita possa esserci il male. Lo
considera come prove mandate sul nostro percorso dal Diavolo. Tutta la sua vita
viene affrontata come una battaglia senza tregua contro Satana.
In tutta la storia si mescolano, affrontano e scontrano l’ideologia neonazista di
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Adam e la fede incrollabile nella bontà e carità di Dio di Padre Ivan.
Straordinarie le interpretazioni di Adam (Ulrich Thonsen, già protagonista di Festen, L’eredità, Non desiderare la donna d’altri) e di Padre Ivan (Mads Mikkelsen), affiancati da un gruppo di personaggi eccentrici ed insieme dolorosi (un
tennista obeso, un arabo pronto a sparare, una malata di nervi incinta e un medico
bonario e sadico…) .
Tutta questa mescolanza di comicità e tragedia è incorniciata dalla superba fotografia di Sebastian Blenkov che ritrae paesaggi immersi nella nebbia o affogati
dal diluvio.
Anna Sperotto
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L’ANGOLO DELLA POSTA
Cara suor Angiolina,
sono andata in Texas!
Se mi avessero chiesto, qualche mese fa, se avrei mai messo i piedi
sul suolo degli Stati Uniti, certo avrei risposto: “Non penso proprio!” e invece… Mia figlia Silvia, medico veterinario, sta facendo
il dottorato di ricerca presso l’Università di Padova. Nel febbraio
di quest’anno ci ha detto che sarebbe partita per quattro mesi per il
Texas, a College Station, quinta università nel mondo per la medicina veterinaria.
A giugno, dopo un mese dalla sua partenza, pensiamo di andare a
trovarla e facciamo i passaporti! Lei è contenta e si mette a organizzare… Prenota la macchina a noleggio, gli alberghi per la notte,
i posti da visitare: praticamente ci organizza
il tour!
Anche se non sono la
meta più famosa per
i viaggi negli USA, ci
ha portato a vedere le
città di San Antonio
(con il suo famoso
Forte Alamo), la capitale Austin, RochPort
sul Golfo del Messico
e infine Houston con la
visita al Centro NASA.
Abbiamo visitato musei; ci ha portato ad assaggiare il cibo messicano; abbiamo mangiato nei classici fastfood e presso le SteakHouse, dove c’è l’ottima carne grigliata. Siamo stati alla Santa
Messa nella chiesa dove lei va la domenica mattina: abbiamo visto
persone raccolte e partecipi.
Silvia è rientrata in Italia a fine settembre e di certo è tornata con
un’esperienza in più.
Noi ricorderemo per sempre questi giorni trascorsi con lei in Texas,
ma soprattutto la ringraziamo per averci organizzato e offerto questi dieci giorni di una vacanza indimenticabile.
Elisabetta Ederle
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APPUNTAMENTI MAZZIANI
16 gennaio 2013 m
emoria del beato Giuseppe Tovini ex-allievo
mazziano
3 marzo 2013
festa delle ex-allieve e commemorazione della
nascita di don Nicola Mazza
28 aprile 2013
f esta a Marcellise con la comunità parrocchiale:
Eucaristia (ore 11,00) e pranzo conviviale
3 agosto 2013
c ommemorazione della morte di don Nicola
Mazza con le famiglie mazziane, gli ex allievi e
gli amici a Verona (Santa Messa ore 18,30)
22 agosto 2013
f esta a Fontanafredda per l’anniversario
dell’apertura della “Casa” (inizio ore 20,00)
7 settembre 2013 p ellegrinaggio mazziano al Santuario della
Madonna della Corona
14 ottobre 2013
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festa di san Daniele Comboni
NOTE DI CASA
Sono nati:
Giovanni, secondogenito di Barbara Boseggia e Michele Verona
Maddalena, nipote di Maria Luisa Testa ex allieva Collegio
Studenti
Si sono laureate:
Greta Perina di Levico Terme (TN) in Scienze dell’educazione
(LS)
Francesca Zocchi di Badia Polesine (RO) in Economia aziendale
Si sono sposati:
Besa Memini con Marco Giurato a Verona
Serena Zonta con Maurizio Scarbossa a Pozzetto di Cittadella (PD)
Ricordiamo nella preghiera
coloro che sono entrati nella Casa del Padre:
Luigi, fratello di Natalina Benedetti, ex allieva Collegio Studenti
Luigina Da Campo, madre di Laura Ottolini, ex allieva Collegio
Studenti
Anna Poffe, centralinista del Collegio Universitario
Suor Raffaella Tessari, suora di Don Mazza
Suor Maria Vendramin, suora di Don Mazza
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Cara zia Maria
In tutti questi anni quante preghiere ci
hai regalato, quanto sostegno ci hai saputo dare soprattutto quando i bambini
erano piccoli, quei bambini venuti dal
Perù e dal Guatemala, quei bambini che
ti hanno resa fiera di noi e ai quali scrivevi lettere affettuosissime, lettere che
ci hanno fatto sentire la tua protezione,
il tuo esserci vicina; ci hanno trasmesso
il tuo costante interesse. Hai sempre trovato le parole giuste per infonderci coraggio e sei stata per noi un rifugio dalle
nostre difficoltà.
Sei stata una persona straordinaria nel
mantenere unita la famiglia: avevi sempre notizie di tutti e a tutti le diffondevi e
questo ha fatto di te il nostro riferimento.
Il tuo essere suora è stato per noi un
esempio di fede e di speranza.
Grazie, cara zia, ci mancherai molto.
Siamo certi che ora ti prenderai cura di
noi dal paradiso e noi pregheremo per te.
Francesca Vendramin
Beati i miti, perché erediteranno la terra
Suor Maria, uno scrigno chiuso, ma dotato di una ricchezza interiore profonda:
così è l’immagine che ho di lei.
Io, ex allieva, ho avuto modo di godere della sua schietta e autentica amicizia
per moltissimi anni. Lei era capace di stupirti con i suoi gesti semplici, carichi
di affetto: erano le cartoline che di tanto in tanto mi arrivavano; erano le caramelle che mi preparava in occasione della mia visita per la festa delle ex allieve.
Ricordo la sua sensibilità quando, in occasione della nascita della mia prima
nipotina, mi ha invitato amorevolmente nella sua stanza e con tanta delicatezza
mi ha consegnato un libriccino-ricordo per la mia piccolina. Era suora e mamma
e, come tale, capace di gesti significativi.
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32
Quando non è stata più capace di scrivere, ci sentivamo per telefono anche se
la comunicazione diventava sempre più difficoltosa a causa dei suoi problemi
di udito.
Oggi purtroppo, per motivi di immobilità temporanea, non posso essere presente a
testimoniare il mio autentico affetto per lei, ma assicuro che la testimonianza evangelica di suor Maria è stata autentica: lei rifuggiva dall’apparire. Mirava all’autenticità.
Condoglianze vivissime a tutte le suore e in particolare a suor Angiolina.
Dosolina Finotti
Buon viaggio, suor Raffaella!
Testimonianza di vita vera, quella di
Suor Raffaella, esempio di amore, dedizione all’altro, adesione piena al progetto di Dio, fede e attenzione, soprattutto
nelle piccole cose.
Nei sei anni della mia vita a Verona numerose sono le volte in cui i nostri sguardi si sono incrociati e mai è mancata una
parola di incoraggiamento, di affetto e di
forza.
“La nostra forza siete voi giovani”, mi
diceva sempre esortandomi a riporre tutto nelle mani di Dio che avrebbe fatto
della mia vita un autentico capolavoro.
Un amore materno unico verso quei giovani cui riservava una fiducia straordinaria. È questo quello che più di tutto mi
ha fatto avvicinare a lei, in quei veloci
incontri tra i corridoi collegiali.
Dal momento in cui ho conosciuto suor
Raffaella mi sono sempre detta che non
poteva non essere scelta da Lui; ho sempre pensato che fosse l’esempio assoluto del servizio a Dio e al prossimo.
Grazie per i sorrisi, per gli sguardi, per la fiducia e la speranza. Grazie per aver
sempre posto innanzi a tutto la bellezza e la luce che viene dall’essere veri testimoni del Vangelo.
Erica Ziliotto
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Il mio angelo custode
Suor Raffaella è stata chiamata al premio eterno del Padre misericordioso che
ha tanto amato e fatto amare con tutto il suo cuore e la sua lunga vita.
Conservo ancora oggi, a cinquant’anni di distanza, i preziosi insegnamenti ricevuti all’asilo di Begosso, i suoi inviti ad essere generosi con i moretti e a pregare
sempre con fiducia.
25 anni orsono, come in questi giorni, il 9 agosto 1987, insieme a suor Giuseppina e ad altre sorelle, ebbi la gioia di incontrarla alla mia ordinazione sacerdotale, angelo custode della mia vita! Ora continuerà ad esserlo in modo più perfetto per tutti i bambini e le sorelle che ha incontrato nella sua lunga esistenza.
Grazie della sua testimonianza e di quella di tutte le consorelle che ancora continuano ad operare nella vostra Opera. Mi unirò spiritualmente alla vostra preghiera ed insieme loderemo il Signore anche per questo Suo dono.
Con grande riconoscenza ed affetto per tutte!
don Sergio Pellini
In ricordo di Anna Poffe
La redazione del bollettino ricorda con
gratitudine e simpatia Anna Poffe, che
ha collaborato fin dall’inizio alla battitura a macchina e alla spedizione del
nostro giornalino, dedicandovi tempo,
impegno e passione.
Nei molti anni trascorsi come centralinista presso il Collegio Universitario,
è stata una presenza fedele e rassicurante per le ragazze e un punto d’appoggio sicuro per le suore.
Grazie ancora, Anna, per tutto quello
che hai fatto per il bene delle nostre
comunità.
la Redazione
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Per conoscere don Mazza
Un’ultima annotazione vorrei fare sulla
“carità” del Mazza, che era come la sintesi
di tutte le sue virtù evangeliche e quella più
direttamente percepita dalla gente.
Carità di confessore, per la sua disponibilità
senza limiti nei decenni della “cappellania”
di Marcellise o del suo servizio nella parrocchia cittadina di
S. Fermo o di assistenza spirituale nell’Istituto fondato da
Teodora Campostrini, per il suo spirito antirigorista (che gli
procurò anche un richiamo del vescovo Liruti), nutrito di
appassionati studi tomistici e alfonsiani, per la grande amabilità
e ilarità che gli ottenne l’appellativo popolare di “carretton de
la misericordia” e lo fece annoverare, insieme a Carlo Steeb,
Marco Marchi e Camillo Cesare Bresciani, fra i quattro
misericordiosi animali del profeta Ezechiele, che tiravano
appunto il carro della Divina Misericordia.
Carità di benefattore per la straordinaria capacità di accoglienza
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di fanciulle e di ragazzi bisognosi, ben al di là dei confini della
provincia (oltre 500 per vari decenni in una città di poco più di
50.000 abitanti), che egli seguiva e sosteneva non solo nei loro
percorsi formativi, cercando di rispettare al massimo le naturali
inclinazioni e di fornire il migliore aiuto possibile ai vari livelli,
ma anche nelle difficoltà subentrate dopo il compimento degli
studi o nella vecchiaia.
Emilio Butturini, “Rigore e libertà – La proposta educativa di don Nicola Mazza”
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