Caratteristiche e varietà Capitolo 1
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Caratteristiche e varietà Capitolo 1
Capitolo 1 Caratteristiche e varietà Alla scoperta del tartufo | capitolo 1 8—9 01 Un fungo speciale Più che a un fungo, più che a un cibo raro, il tartufo si può paragonare a un’opera d’arte Jean-Paul Aron La Francia a tavola dall’Ottocento alla Belle Époque Einaudi, Torino 1978 T errae tuber, cioè escrescenza di terra, nel latino classico, poi terrae tufer, volgarizzato in territufru e territufu, da cui tartufo: questo il percorso riportato dalla maggior parte dei dizionari etimologici. Ma lo studioso Giordano Berti ha proposto un’altra interpretazione, rifacendosi al titolo di una pagina del trecentesco Tacuinum Sanitatis conservato nella Bibliothèque Nationale de France a Parigi: Terra tufide tubera. Il termine tartufo nascerebbe quindi dalla somiglianza che si ravvisava nel Medioevo tra l’“escrescenza” e il tufo, roccia leggera e porosa. Al di là delle ipotesi sull’origine, la parola tartufo compare in testi del volgare italiano dalla prima metà del Quattrocento, con il significato di «fungo sotterraneo che vive in simbiosi con piante arboree, di cui sono note specie commestibili, profumate, assai pregiate». Questa la voce del Dizionario etimologico Zanichelli, coincidente con quella più pittoresca del vecchio Vocabolario etimologico di Ottorino Pianigiani: «fungo sotterraneo, carnoso, compatto, di grato odore, ricercato dai ghiotti». Alla scoperta del tartufo | capitolo 1 Che cos’è Botanicamente i tartufi sono particolari funghi appartenenti al genere Tuber (divisione Ascomycota, ordine Pezizales, famiglia Tuberaceae). I funghi o miceti sono organismi caratterizzati dalla mancanza di tessuti differenziati (come i protozoi), dalla riproduzione tramite spore e – essendo del tutto privi di clorofilla – dall’incapacità di alimentarsi sintetizzando molecole inorganiche. Ci sono funghi saprofiti, che aggrediscono e degradano sostanze non viventi di origine animale o vegetale; funghi parassiti, che si nutrono di organismi viventi, portandoli a volte gradatamente a morte; funghi mutualistici (simbionti), che vivono a spese di altre specie ma ne ricambiano l’ospitalità cedendo a loro volta sostanze utili: per esempio, ricevono zuccheri e rilasciano sali minerali. Quando la simbiosi tra un fungo e una pianta si localizza nell’ambito dell’apparato radicale di questa, è detta micorriza. Le specie del genere Tuber sono appunto funghi che, simbioticamente associati a piante arboree, compiono l’intero ciclo vitale sotto terra (ipogei). Tartufo è il nome comune con il quale si indica il corpo fruttifero delle varie specie, botanicamente classificato come sporocarpo o carpoforo. Originato dal micelio, la parte vegetativa del fungo, costituita da cellule filamentose dette ife, il frutto è un ammasso perlopiù globoso formato da una parete esterna (scorza o peridio), liscia o – più frequentemente – rugosa o sculturata, e da una massa interna (polpa o gleba) percorsa da venature che delimitano alveoli, in cui sono immerse strutture a sacchetto (aschi) contenenti le spore (cellule riproduttrici). L’analisi delle caratteristiche del peridio, della gleba, degli aschi e delle spore, unita all’esame visivo e organolettico, permette di identificare la specie di tartufo. Il colore (peraltro variabile in dipendenza di vari fattori, particolarmente del tipo di pianta supe- 10 — 11 riore cui la specie di Tuber è associata) e l'aspetto liscio o rugoso del peridio, uniti alla stagionalità del fungo, dovrebbero consentire al consumatore informato di non farsi truffare. Tuttavia va tenuto presente che l'unico modo per determinare con assoluta certezza la specie cui appartiene un tartufo è l’analisi di laboratorio, attraverso il riconoscimento delle spore o la diagnosi biomolecolare del genoma. Aschi Spore Gleba Peridio Fungo Epigeo Fungo Ipogeo Alla scoperta del tartufo | capitolo 1 12 — 13 02 Le specie principali • Tuber brumale Vitt. (tartufo nero invernale) • Tuber macrosporum Vitt. (tartufo nero liscio) N el mondo le specie di funghi attualmente classificate come Tuber sono una sessantina, delle quali 25 presenti in Italia. Solo nove però sono considerate commestibili, e sei quelle più comunemente commercializzate. Di queste e di altre tre specie o varietà (Tuber brumale var. moschatum Ferry – tartufo moscato –, Tu- • Tuber magnatum Pico (tartufo bianco del Piemonte o di Alba o di Acqualagna o bianco pregiato) • Tuber melanosporum Vitt.[adini] o T. nigrum Bull. (tartufo nero di Norcia o di Spoleto o nero pregiato) • Tuber aestivum Vitt. (tartufo estivo o scorzone) • Tuber albidum Pico o Tuber borchii Vitt. (tartufo bianchetto o marzuolo) ber uncinatum Chatin – tartufo uncinato o nero di Fragno –, Tuber mesentericum Vitt. – tartufo nero ordinario o nero di Bagnoli) in Italia sono consentite la ricerca, la raccolta e la commercializzazione, con modalità stabilite da una legge quadro statale che demanda alle Regioni l’emanazione di norme ulteriori. In particolare, ogni amministrazione regionale stabilisce di anno in anno il calendario di raccolta dei tartufi. Le più pregiate Il tartufo bianco di Alba o di Acqualagna ha forma globosa, spesso anche appiattita e irregolare, lobata, con cavità e sporgenze. Il peridio è liscio, tutt’al più lievemente papillato, giallo pallido o tendente al verdastro o all’ocra, talvolta con chiazze rosso-brune. La gleba, percorsa da numerose fini venature bianche, sinuose e molto ramificate, ha colore variabile dal bianco latte al rosato, dal nocciola al marroncino. Le dimensioni possono essere anche quelle di una grossa mela; eccezionalmente si trovano esemplari di peso superiore al chilo. La raccolta è consentita dalla tarda estate all’inizio dell’inverno, ma il bianco pregiato raggiunge la piena maturazione attorno alla metà di ottobre.