Raccolta Interrogazioni a Camera e Senato 30/2015

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Raccolta Interrogazioni a Camera e Senato 30/2015
Attività Parlamentare
Raccolta delle interrogazioni presentate alla
Camera e al Senato
n. 30/2015
2015
INDICE
CAMERA ............................................................................................................................................ 4
Risposta del Sottosegretario per l’economia e le finanze, Enrico Zanetti, all’interrogazione a
risposta immediata sulle iniziative di carattere tributario per ripristinare gli sconti sui
carburanti in favore degli abitanti nell'area del rigassificatore situato al largo di Porto
Levante ............................................................................................................................................ 4
Risposta della Sottosegretaria per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo,
all’interrogazione a risposta immediata sullo smantellamento dell'impianto inceneritore di
Busto Arsizio ................................................................................................................................... 7
Interpellanza urgente sul ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione ..................... 9
Interpellanza urgente sui cambiamenti climatici e sulla conferenza delle Nazioni Unite
prevista a Parigi ........................................................................................................................... 12
Interrogazione a risposta immediata in VIII Commissione sulle autorizzazioni per lo
smaltimento dei rifiuti .................................................................................................................. 15
Interrogazione a risposta scritta sul rilancio del sistema dei trasporti in Italia ......................... 17
Risposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, sulle iniziative per un
intervento organico a favore dell'autotrasporto, con particolare riferimento all'operatività
del relativo fondo di garanzia ...................................................................................................... 18
Risoluzione in Commissione sulle iniziative che il Governo intende adottarre per
programmare ed avviare la chiusura progressiva delle centrali a carbone e l'adozione
di standard e limiti di emissione delle centrali termoelettriche ................................................ 20
Risoluzione in Commissione sul progetto di coltivazione del giacimento di idrocarburi
Ombrina Mare 2 nella provincia di Chieti ................................................................................. 23
Interrogazione a risposta in Commissione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro con particolare
riferimento alla riforma del sistema di indennizzo del danno biologico ................................. 28
Interrogazione a risposta in Commissione sulla discarica Cava Sari di Terzigno (Napoli)
gestita da Ecodeco srl del gruppo A2A ....................................................................................... 29
Interrogazione a risposta scritta sul tracciato del metanodotto Snam Rete Gas con riferimento
alla tutala paesaggistica ............................................................................................................... 31
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Interpellanza urgente sulle iniziative che il Governo intende assumere per l'erogazione degli
incentivi (certificati verdi) su base mensile ................................................................................ 33
Interrogazione a risposta immediata in VI Commissione sulla detassazione degli utili delle
piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali ................................................... 34
Interrogazione a risposta scritta sulla riforma dei porti ............................................................... 37
Interrogazione a risposta scritta sulla nomina di Cosimo Indaco a commissario straordinari
dell’autorità portuale di Catania ................................................................................................ 39
Interpellanza sulla gestione della rete elettrica sarda ................................................................. 41
Interrogazione a risposta in Commissione sulla realizzazione di due progetti per impianti
pilota geotermici da realizzarsi sulla piana dell'Alfina ............................................................. 44
Interrogazione a risposta in Commissione sull’installazione di un deposito costiero di GPL
della Energas spa, compartecipata Q8, nel territorio del comune di Manfredonia
(Foggia) .......................................................................................................................................... 45
Interpellanza sulla crisi e sull’impatto ambientale dell'Ilva di Taranto, anche in riferimento
alla perdita della commessa per la fornitura di tubi per il TAP .............................................. 48
SENATO ............................................................................................................................................ 50
Interrogazione con richiesta di risposta scritta sulla realizzazione di campi fotovoltaici a
Massarosa (Lucca) ........................................................................................................................ 50
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CAMERA
Risposta del Sottosegretario per l’economia e le finanze, Enrico Zanetti, all’interrogazione a
risposta immediata n. 5-06660 di Filippo Busin (LNA) sulle iniziative di carattere tributario per
ripristinare gli sconti sui carburanti in favore degli abitanti nell'area del rigassificatore
situato al largo di Porto Levante
Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante sollecita iniziative normative volte a
ripristinare il beneficio fiscale consistente in uno sconto sul prezzo del carburante in favore degli
abitanti del Polesine in ragione della presenza del rigassificatore al largo di Porto Levante, così
come in altre aree del paese interessate alla produzioni di idrocarburi.
Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
Giova preliminarmente evidenziare che la questione rappresentata nel documento di sindacato
ispettivo è correlata all'applicazione delle c.d. royalties corrisposte dai titolari di concessione di
coltivazione per la produzione di idrocarburi liquidi e gassosi, materia che rientra nella
competenza del Ministero dello sviluppo economico.
L'articolo 45 della legge 23 luglio 2009 n. 99, disponeva che le predette royalties venissero
incrementate dal 7 per cento al 10 per cento e che le entrate derivanti dall'incremento fossero
destinate ad alimentare un apposito «Fondo preordinato alla riduzione del prezzo alla pompa dei
carburanti per i residenti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi
nonché
dalle
attività
di
rigassificazione
anche
attraverso
impianti
fissi offshore».
In base ai commi 4 e 5 del medesimo articolo 45, con decreti del Ministero dell'economia e delle
finanze di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, dovevano essere definiti da un lato
le modalità procedurali e di utilizzo da parte dei residenti nelle regioni interessate dei benefici
previsti, dall'altro la destinazione annuale delle somme spettanti a favore dei residenti in ciascuna
regione interessata, calcolate in proporzione alle produzioni ivi ottenute; le somme dovevano infine
«compensare il minor gettito derivante dalle riduzioni delle accise disposte con il medesimo
decreto».
Nel corso dei lavori di predisposizione della normativa di attuazione, i competenti Uffici
dell'Amministrazione finanziaria hanno rappresentato che un'eventuale riduzione di accisa su base
locale fosse in contrasto con il quadro di riferimento comunitario in materia di accise ed in
particolare con la direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei
prodotti energetici e dell'elettricità. La predetta direttiva infatti non contempla, nell'ambito delle
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riduzioni ed esenzioni di aliquota di accisa espressamente consentite, la possibilità, per gli Stati
membri, di applicare differenziazioni di accisa a livello territoriale.
Analogamente, anche una riduzione del «prezzo alla pompa» dei carburanti potrebbe essere
ritenuta dalla Commissione europea come una modalità surrettizia per realizzare una riduzione di
accisa su base territoriale, e conseguentemente essere oggetto di censura.
Comunque i decreti ministeriali successivamente emanati non hanno disposto una riduzione di
accisa sui carburanti quanto piuttosto la generale erogazione di benefici economici agli aventi
diritto.
Tale impostazione è stata confermata dal legislatore che, con l'articolo 36, comma 2-bis, del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre
2014, n. 164, ha modificato la denominazione del Fondo, espungendo il riferimento «alla riduzione
del prezzo alla pompa dei carburanti» e qualificando come «Fondo preordinato alla promozione di
misure di sviluppo economico e all'attivazione di una social card [...]».
Per quanto concerne i destinatari dei benefici del Fondo, accanto ai «residenti nelle regioni
interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi», l'originaria versione dell'articolo 45
della legge 99 del 2009 faceva riferimento anche alle regioni interessate «dalle attività di
rigassificazione anche attraverso impianti fissi offshore».
Successivamente, il comma 1, dell'articolo 30-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91,
introdotto in sede di conversione del decreto legge, ha ridotto la portata del beneficio escludendone
dall'applicazione i residenti delle predette Regioni interessate dalle attività di rigassificazione.
Alla luce di quanto suesposto, deve osservarsi che, al fine di rispettare i saldi di finanza pubblica, il
ripristino dell'agevolazione in argomento, nel senso auspicato dall'Onorevole interrogante,
determinerebbe un ampliamento della platea dei beneficiari e, pertanto, sarebbe conseguentemente
ridotta l'entità del beneficio spettante a ciascun soggetto residente nelle Regioni interessate.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
BUSIN (LN)
— Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
durante la conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, cosiddetto decreto-legge
Competitività è stato approvato un emendamento che ha eliminato gli incentivi sul carburante che
sarebbero equamente spettati al Polesine per la presenza del rigassificatore al largo di Porto Levante
(Porto Viro), così come ad altre aree del Paese interessate alla produzione di idrocarburi;
il rigassificatore di Portoviro, con la capacità di fornire circa il 10 per cento del fabbisogno italiano
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di gas, rappresenta un impianto strategico per il Paese intero, altrimenti dipendente dalle sole
forniture algerine e russe, con i rischi connessi e conseguenti all'instabilità politica dei Paesi
produttori e di quelli attraversati dal gasdotto;
l'ingiusta, e ingiustificata, discriminazione a danni del Polesine così operata non è mai stata sanata
nonostante le reiterate promesse del Governo;
dopo aver preso ufficialmente l'impegno alla Camera di ripristinare la situazione preesistente il 5
agosto 2014 prima del voto finale sul decreto-legge n. 91 del 2014, lo stesso viceministro De
Vincenti, durante l'approvazione della legge di stabilità 2015, ha nuovamente ribadito la volontà del
Governo di ridurre il prezzo carburante, così come prevedeva la legge n. 99 del 2009 prima di
essere modificata, nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi o attività
di rigassificazione offshore, come nel caso veneto, vista la presenza al largo delle costa di un
impianto
di
stoccaggio
e
rigassificazione
tra
i
più
grandi
d'Europa;
ugualmente, il 6 agosto 2014, in sede di conversione del decreto-legge n. 91 del 2014, il Governo
ha accolto l'ordine del giorno n. 9/02568-AR/040, a prima firma Busin, in cui si impegnava ad
individuare «in un provvedimento da adottare entro fine anno, un meccanismo agevolativo destinato
alle regioni interessate delle attività di rigassificazione, anche attraverso impiantioff-shore»;
in seguito, lo stesso Governo ha preso un secondo impegno ufficiale, accogliendo come
raccomandazione, durante la conversione del decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto Sblocca
Italia, l'ordine del giorno n. 9/02629-AR/037, a prima firma Busin, in cui si impegnava «a valutare
gli effetti applicativi delle disposizioni (...) e a individuare, in un provvedimento da adottare entro
fine anno, un meccanismo agevolativo destinato alle regioni interessate dalle attività di
rigassificazione, anche attraverso impianti offshore, che sia in coerenza con le linee fondamentali
della strategia energetica nazionale»;
gli incentivi, però, ad oggi, non sono stati ancora ripristinati creando una situazione di netta
disparità che vede gli abitanti del Polesine affatto ricompensati del sacrificio ambientale che hanno
accettato per il vantaggio dell'intera collettività nazionale e che altre regioni hanno rifiutato in
considerazione
dell'impatto
ambientale
che
avrebbero
avuto
impianti
analoghi –:
per quale motivo il Governo non abbia ancora dato seguito agli impegni presi formalmente davanti
le Camere e se non reputi doveroso provvedere, al più presto e con le opportune iniziative di
carattere tributario, al ripristino degli sconti carburante per gli abitanti interessati nell'area del
rigassificatore al largo di Porto Levante, al fine di ricostituire una situazione di equità e giustizia
rispetto alle altre aree del territorio nazionale che godono di questi vantaggi fiscali proprio in
ragione della presenza di infrastrutture nocive per la salute dei cittadini, ma considerate strategiche
per l'economia e lo sviluppo di tutto il Paese. (5-06660)
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Risposta della Sottosegretaria per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo,
all’interrogazione a risposta immediata n. 5-06638 di MATARRESE (SCpI) sullo smantellamento
dell'impianto inceneritore di Busto Arsizio.
Con riferimento all'iniziativa del nuovo Consiglio di Amministrazione di ACCAM spa, gestore
dell'impianto di incenerimento di rifiuti nel comune di Busto Arsizio, volta ad «una graduale e
progressiva riduzione delle quantità di rifiuti termovalorizzati, al successivo smantellamento
dell'impianto a caldo, bonifica del sito, realizzazione di un impianto a freddo e trattativa per
l'impianto Forsu di Amga, in fase di progettazione», come delineato nel piano d'azione, si
rappresenta quanto segue.
Presso il Ministero dell'ambiente nulla risulta circa il riconoscimento dell'operazione di recupero
R1 a fronte dell'operazione di smaltimento D10 per l'impianto di incenerimento in argomento.
In merito occorre precisare che le competenze in tema di procedimenti autorizzatori in materia di
gestione dei rifiuti, comprese le attività di decommissioning di impianti di gestione rifiuti e il
riconoscimento di operazioni di recupero a fronte di quelle di smaltimento, ai sensi dell'articolo
196 del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, sono posti in capo alle amministrazioni
regionali.
Per quanto concerne lo stato attuativo dell'articolo 35, comma 1, del decreto-legge n. 133 del
2014, si rappresenta che lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, approntato
dalla competente Direzione Generale nel febbraio 2015, è stato sottoposto alla valutazione della
Conferenza Stato-Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, acquisendo da quest'ultima un
«parere
favorevole
subordinato
all'accoglimento
delle
osservazioni
ed
emendamenti».
Pertanto, al fine di dare seguito alle richieste formulate dalle regioni e dalle province autonome,
compresa la regione Lombardia, nel corso dell'ultima riunione della Conferenza in sede tecnica del
9 settembre 2015, volte ad ottenere la rettifica di alcuni dati riportati nello schema di DPCM, la
competente Direzione Generale, con nota del 15 settembre 2015, ha invitato tutte le
amministrazioni regionali e le province autonome a trasmettere gli elementi e dati tecnici utili per
l'aggiornamento del provvedimento.
Tenuto conto degli elementi forniti al riguardo dalla regione Lombardia, l'impianto di
incenerimento di Busto Arsizio risulta essere stato individuato, nello schema finale di decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri come impianto operativo esistente ai fini dell'articolo 35,
comma 1, del decreto-legge citato, per una potenzialità, dedicata al trattamento dei rifiuti urbani e
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assimilati, pari a circa 93.000 tonnellate annue a fronte di un trattamento effettivo nel 2014 pari a
circa 90.000 tonnellate.
Tale attività ricognitiva volta ad aggiornare lo stato di funzionamento degli impianti di
incenerimento e dei relativi dati sulle capacità di trattamento dedicate alla gestione dei rifiuti
urbani e assimilati risulta del tutto coerente con il richiamato impegno del Governo (ordine del
giorno 9/02629-AR/00).
Di seguito il testo dell’interrogazione.
MATARRESE (SCpI)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare . — Per sapere – premesso che:
presso il comune di Busto Arsizio è attivo l'inceneritore ACCAM, oggetto durante lo scorso anno di
studi da parte di un tavolo tecnico, in attinenza alle strategie individuate dal piano regionale;
il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Sblocca Italia), convertito dalla legge n. 164 del 2014,
ha previsto all'articolo 35, comma 1, che «il Presidente del Consiglio dei ministri (...) individua a
livello nazionale la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di
incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacità
di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e
assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato (...) tenendo conto, della
pianificazione regionale»;
in riferimento a tale articolo e in relazione alla vicenda ACCAM, il Governo ha accolto, dopo
riformulazione, l'Ordine del giorno 9/02629-AR/006, con il quale si è impegnato a «valutare
l'opportunità di tenere conto dell'esito della valutazione tra gli attori istituzionali regionali e locali
circa il futuro dell'impianto, al fine dell'applicazione della norma»;
sembra che il nuovo Consiglio di amministrazione di ACCAM, insediatosi a seguito dell'assemblea
dei soci del 29 giugno 2015, abbia delineato un piano d'azione mirante a una graduale e progressiva
riduzione delle quantità di rifiuti termovalorizzati, al successivo smantellamento dell'impianto a
caldo, alla bonifica del sito, alla realizzazione di un impianto a freddo e alla trattativa per l'impianto
relativo alla frazione organica del rifiuto solido urbano (forsu) di Amga, in fase di progettazione;
secondo quanto si evince dalla notizia pubblicata in data 27 luglio 2015 su Varese News, l'impianto
avrebbe cambiato categoria, passando dalla categoria D10 (smaltimento per incenerimento) a quella
R1 (impianto recupero energetico) e la trasformazione aprirebbe, in prospettiva, le porte all'arrivo di
maggiori quantità di rifiuti, anche extraregionali, nell'impianto;
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in data 29 luglio 2015, l'assessore regionale all'ambiente Claudia Maria Terzi ha comunicato che «il
riconoscimento della qualifica R1 (impianto recupero energetico) è un dato meramente tecnico ad
oggi privo di risvolti autorizzativi immediati: l'impianto risulta ancora, in forza dell'Autorizzazione
integrata ambientale (AIA) vigente, autorizzato solo all'operazione D10, ossia smaltimento per
incenerimento. Di esso si terrà invece conto in sede di procedimento di riesame, già avviato (...) e in
applicazione dell'ormai famoso articolo 35 del cosiddetto “Sblocca Italia” che obbliga anche la
Lombardia a utilizzare i propri impianti al massimo delle capacità»;
numerosi comuni soci avrebbero congiuntamente dichiarato, come pubblicato su LegnanoNews il 2
agosto 2015, che «apprendere dalla stampa che i vertici di una società hanno, con le loro decisioni
tecniche, assecondato una procedura di classificazione senza minimamente informare i soci di ciò
che stavano attuando, è assolutamente inaccettabile» –:
come il Governo, a seguito della classificazione come R1 dell'impianto, intenda, tenere conto
dell'impegno di cui all'Ordine del giorno 9/02629-AR/006 e, quindi, per quanto di competenza,
della scelta degli enti locali nel senso dello smantellamento dell'impianto di termovalorizzazione.
(5-06638)
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
sul ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione
SORIAL (M5S) e altri
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro
dell'economia e delle finanze, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per
sapere – premesso che:
il patto di stabilità interno (PSI), voluto per far fronte all'esigenza di convergenza delle economie
degli Stati membri dell'Unione europea, ha creato non poche difficoltà agli enti locali che si sono
ritrovati negli anni in serie difficoltà economico/finanziarie per rispettare il patto;
il Governo ha emanato il decreto-legge n. 35 del 2013, considerata la straordinaria necessità ed
urgenza di intervenire in materia di pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, nonché la
straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure in materia di patto di stabilità interno, con
interventi
finalizzati
a
garantire
l'equilibrio
finanziario
degli
enti
territoriali;
a un anno e mezzo dalla promessa non mantenuta, fatta pubblicamente dal Premier Matteo Renzi di
pagare i 75 miliardi di euro di debiti (fonte Bankitalia) che la pubblica amministrazione aveva
contratto fino al 2013, non è stato ancora portato a termine il pagamento dei debiti della pubblica
amministrazione, poiché un terzo delle spese arretrate deve ancora essere saldato: secondo quanto
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riportato dal sito del Ministero dell'economia e delle finanze, che l'11 agosto 2015 ha inserito i dati
nella sezione dedicata del sito che non veniva aggiornata da gennaio 2015, solo 38,6 miliardi di
euro su quasi 57 stanziati, sono stati girati alle aziende, a cui ora vanno aggiunti i 2,9 miliardi
previsti dal decreto enti locali; regioni e province autonome, a cui gli esecutivi che si sono succeduti
hanno destinato in teoria 33,1 miliardi di euro perché saldassero le proprie fatture, in realtà se ne
sono visti versare 27,2 e a loro volta ne hanno girati alle aziende solo 23,3;
anche il piano del Governo per velocizzare i nuovi pagamenti non sembra funzionare come
dovrebbe visto che gli enti pubblici continuano a pagare in ritardo e a non fornire i dati;
secondo una serie di studi e analisi del centro studi «Impresa Lavoro» poiché «tali beni e servizi
vengono forniti di continuo alla Pa, si è ricostituito nel 2014 uno stock di debito commerciale di 70
miliardi di euro (fonte Bankitalia). Quest'anno il trend è rimasto sostanzialmente inalterato, con un
debito che attualmente viene stimato in circa 67 miliardi. Fino a quando non si interverrà in maniera
strutturale sui tempi di pagamento, il problema resterà quindi insoluto costando alle imprese
creditrici più di 6 miliardi di euro all'anno in anticipazioni bancarie»;
il mancato pagamento delle pubbliche amministrazioni rappresenta una delle grandi cancrene del
sistema economico-finanziario italiano, poiché pregiudica la reale uscita dalla crisi e mette
quotidianamente a rischio la vita stessa di migliaia di imprese;
anche i nuovi pagamenti vanno a rilento e visto che ogni mese la pubblica amministrazione compra
beni e servizi per circa 12 miliardi di euro, mentre le vecchie fatture vengono smaltite a rilento, se
ne accumulano sempre di nuove a causa dei tempi di pagamento che lo scorso anno, secondo
lo European Payment Report 2015, si sono attestati in media a 144 giorni contro i 24 della
Germania, costando all'Italia una procedura di infrazione visto che una direttiva europea recepita
già nel 2012 fissa il limite a 30 giorni;
uno dei motivi del ritardo è anche la procedura introdotta con il decreto n. 66 del 2014 per
consentire alle aziende di cedere proprio credito a una banca o a un intermediario finanziario, che si
fanno carico della riscossione, che si è rivelata molto complessa e macchinosa, tanto da aver
addirittura scoraggiato molti creditori: tra l'aprile e il dicembre 2014 sono state presentate solo 91
mila istanze per un controvalore di 9,8 miliardi di euro, nemmeno un quarto rispetto ai debiti
complessivi;
il Governo Renzi aveva promesso di intervenire per tagliare i tempi di pagamento attraverso la
«fatturazione elettronica a 60 giorni», come garantiva il Premier via Twitter il 28 marzo 2014, in
vista dell'entrata in vigore dell'obbligo, per le imprese, di emettere le fatture nei confronti di
Ministeri, agenzie fiscali ed enti di previdenza attraverso una piattaforma informatica, ma l'obiettivo
non è stato a tutt'oggi raggiunto;
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il decreto-legge n. 35 del 2013, all'articolo 1, comma 10, relativamente ai pagamenti dei debiti
degli enti locali, stabilisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, la
costituzione di un fondo denominato «Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti
certi, liquidi ed esigibili», con una dotazione di «9.327.993.719 euro per il 2013 e di
14.527.993.719 euro per il 2014»;
al comma 13 stabilisce che gli enti locali che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti certi
liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012, in deroga agli articoli 42, 203 e 204 del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, chiedano alla Cassa depositi e prestiti s.p.a., secondo le
modalità stabilite nell’addendum di cui al comma 11, entro il 30 aprile 2013 l'anticipazione di
liquidità da destinare ai predetti pagamenti. Essa va restituita, con piano di ammortamento a rate
costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata fino a un massimo di 30 anni;
data la poca chiarezza dell'enunciato del decreto-legge n. 35 del 2013, si è creato un problema di
scritture contabili; infatti, alcune amministrazioni hanno registrato i pagamenti come concessione di
mutuo e non come anticipazione di cassa creando una variazione di saldi finanziari e un
conseguente buco al patto di stabilità che potrebbe superare i 20 miliardi di euro;
in particolare, le risorse dell'anticipazione dovevano essere gestite diversamente in bilancio non
potendo queste aumentare la capacità di spesa delle pubbliche amministrazioni beneficiarie,
altrimenti si violano gli articoli 81 e 119 della Costituzione;
il decreto-legge n. 35 del 2013 non è stato applicato nella maniera giusta da molti enti locali, tanto
che la Corte Costituzionale in data 23 giugno nella sentenza 181/2015 ha stabilito senza appello,
l'illegittimità costituzionale delle modalità di contabilizzazione dell'anticipazione di liquidità
operata dalla regione Piemonte, prevista dal decreto-legge n. 35 del 2013 (Disposizioni urgenti per
il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli
enti
territoriali,
nonché
in
materia
di
versamento
di
tributi
degli
enti
locali);
le disponibilità finanziarie concesse dal decreto-legge n. 35 del 2013 dovevano essere usate
esclusivamente per pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre
2012, ovvero dei debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento
entro il predetto termine a causa di carenza di liquidità, e non certo per nuove spese o altre
coperture di disavanzi di amministrazione –:
se il Governo non intenda fare luce sulle ragioni del ritardo dei pagamenti della pubblica
amministrazione, che pesa in maniera molto grave sull'economia italiana, e in che modo intenda
attivarsi per rendere possibile lo sblocco immediato e totale dei debiti in questione, assicurato a più
riprese dallo stesso Presidente del Consiglio, anche assumendo iniziative volte a intervenire sulla
carente procedura introdotta con il decreto n. 66 del 2014 di cui in premessa, per garantire alle
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imprese ciò che spetta loro di diritto nel rispetto del lavoro e di tutti i loro sacrifici in un momento
di difficoltà come quello che il tessuto produttivo del nostro Paese sta attraversando;
quali iniziative intenda intraprendere il Governo per risolvere il problema che si è venuto a creare
riguardo al patto di stabilità, causato da una normativa scritta con poca chiarezza e molte lacune
sotto il profilo contabile, senza mettere a repentaglio i servizi al cittadino. (2-01114)
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
sui cambiamenti climatici e sulla conferenza delle Nazioni Unite prevista a Parigi
BERLINGHIERI (PD) e altri
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
la ventunesima conferenza delle parti (COP21) della convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change – UNFCCC),
che si terrà a Parigi dal 30 novembre all'11 dicembre 2015, desta grandi aspettative per il
raggiungimento di obiettivi ambiziosi e di lungo periodo in materia di cambiamenti climatici, per la
difesa dell'ambiente a livello globale, anche in vista del superamento degli accordi internazionali sul
modello del protocollo di Kyoto;
ridurre in modo significativo le emissioni di anidride carbonica e abbassare il livello di
surriscaldamento del pianeta rappresentano una delle maggiori sfide del XXI secolo;
ci si attende che COP21 si concluda, dunque, con un accordo globale vincolante per tutti gli Stati
(Usa e Stati emergenti compresi), volto a contenere la temperatura del pianeta entro i 2 gradi
centigradi; e che impegni altresì gli Stati a ridurre le emissioni di CO2 anche mediante misure atte
all'aumentare l'efficienza energetica nell'industria, nei trasporti, negli edifici e a incrementare gli
investimenti in energie rinnovabili;
un primo contributo in tale direzione è rappresentato dalle decisioni dell'Unione europea, che si è
vincolata a obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra entro il 2030 del 40 per cento in meno
rispetto ai livelli del 1990, e a un 27 per cento di rinnovabili e di risparmio/efficientamento
energetico in più entro il 2030: impegni approvati dal Consiglio europeo del 24 ottobre 2014,
durante il semestre europeo a presidenza italiana;
in considerazione del percorso negoziale volto al raggiungimento di nuovi obiettivi di riduzione di
gas serra, nell'ambito del rinnovato accordo internazionale COP21 che dovrà entrare in vigore entro
il 2020, è necessario attivarsi affinché sia prestata un'adeguata attenzione anche all'impatto dei
cambiamenti climatici sulle regioni di montagna e sulle popolazioni che vi abitano;
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le montagne, oltre a svolgere un ruolo significativo per lo sviluppo sostenibile a livello globale, in
quanto fondamentali riserve di acqua, bacini di diversità biologica e culturale e fonti di prodotti
essenziali, nonché beni primari per il sostentamento di tutti gli esseri viventi, rappresentano, al
contempo,
luoghi
di
grande
rilevanza
spirituale,
ricreativa,
turistica
e
storica;
gli ecosistemi montuosi sono molto più fragili e facilmente deteriorabili di altri ecosistemi, anche
per la particolarità del clima montuoso che, a parità, di aumento medio delle temperature globali,
maggiormente risente di tale incremento alle alte quote, dove il fenomeno si manifesta più
intensamente che al livello del mare o delle pianure, con conseguenze ecologiche ed idrogeologiche
importanti e che in, alcuni casi, potrebbero rivelarsi catastrofiche;
come indicato nell'Agenda 21 e nel Rapporto di Rio + 20, «Il futuro che vogliamo», sono stati
riconosciuti i benefici derivanti dalle zone di montagna come essenziali per lo sviluppo sostenibile a
livello mondiale;
le comunità di montagna sono depositarie di consolidate tecniche di produzione tradizionali e di
conoscenze che, se adeguatamente tutelate e supportate, potrebbero essere di grande aiuto
nell'adattamento ai cambiamenti climatici e nel garantire una maggiore resilienza di società ed
ecosistemi;
il surriscaldamento del pianeta e i cambiamenti climatici stanno minacciando la capacità degli
ecosistemi montani di continuare a garantire acqua sufficiente sia per le comunità di montagna, che
per quelle a fondo valle, mettendo a rischio di estinzione le molte specie endemiche animali e
vegetali, rendendo sempre più vulnerabili gli habitat di montagna, oltreché intere catene
economiche e produttive, dall'idroelettrico al turismo, sino all'agricoltura di montagna;
come evidenziato nel recente Report del WWF «Ghiaccio bollente», lo scioglimento dei ghiacci
impatta sulla vita dell'intero pianeta, con particolare riferimento all'Artide, Antartide e ai ghiacciai
alpini come Himalaya, Alpi, Patagonia, Alaska: il 40 per cento del pianeta è coperto da ghiacci e
manti nevosi, un sistema di raffreddamento che, infrangendosi, a causa del riscaldamento globale,
porterà a conseguenze molto pesanti per le risorse idriche di vaste aree del mondo;
considerato anche che nel preambolo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici del 1992 viene già riconosciuta la fragilità degli ecosistemi montuosi,
particolarmente vulnerabili agli effetti negativi dei cambiamenti climatici, è ora nell'interesse
dell'umanità intraprendere tutti gli sforzi necessari per proteggere tutte le zone di montagna del
pianeta;
il Mountain Partnership Secretariat, organizzazione all'interno del dipartimento foreste della FAO,
ha già richiesto – con il supporto di una petizione pubblica al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare e al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di
13
inserire la montagna e il suo ruolo protettivo del clima e degli ecosistemi tra i temi della conferenza
di Parigi sui cambiamenti climatici, in quanto le popolazioni montane sono fra le più povere ed
affamate del mondo ed i cambiamenti climatici, da cui le montagne sono particolarmente colpite,
determinano un aumento della loro indigenza, costringendole spesso a spostarsi verso le pianure,
abbandonando le loro montagne;
si rende necessaria, dunque, una maggiore attenzione alla particolarità di tali ecosistemi, in
considerazione del fatto che il cambiamento climatico, in molte zone di montagna sta avanzando
più velocemente che in altre aree del mondo, creando forte preoccupazione per il crescere dei
seguenti fenomeni:
diminuiscono i mezzi di sussistenza delle popolazioni di montagna e la sicurezza delle comunità
locali e dei visitatori, a causa di variazioni nelle precipitazioni, dell'aumento del numero di eventi
climatici estremi, dello scioglimento del permafrost, della distruzione delle foreste necessarie per la
protezione dalle valanghe e per stabilizzare i versanti;
il rapido scioglimento dei ghiacciai, con la significativa riduzione della copertura nevosa, in molte
parti del mondo, minaccia fonti d'acqua vitali, soprattutto durante la stagione secca, con effetti
devastanti per le comunità locali e le popolazioni a valle, con conseguenze negative sulla sicurezza
alimentare e sullo sviluppo economico a livello regionale;
la perdita di biodiversità è ascrivibile al fatto che piante e animali adattati agli ambienti montani
sono molto sensibili e vulnerabili al mutare delle condizioni climatiche;
durante il recente summit dei Ministri degli affari esteri del G7 a Lubecca (aprile 2015) dal titolo
«Un nuovo clima per la pace: agire sui rischi di fragilità collegati al clima», cui ha fatto seguito il
vertice dei Capi di Stato e di Governo del G7 (Germania giugno 2015) è stato presentato il rapporto
studio-ricerca commissionato dai medesimi ministri G7 ad un consorzio internazionale il quale
individua sette principali profili di rischio dell'impatto dei cambiamenti climatici sulle fragilità e il
carattere interconnesso e sistemico di tali rischi; occorrerebbe, tuttavia, integrare tale rapporto anche
alla luce della specifica vulnerabilità delle montagne che rischia di impanare in modo devastante
sull'intero pianeta –:
se non ritengano di doversi attivare affinché, nell'ambito dell'accordo relativo alla nuova
Convenzione-quadro delle Nazioni Unite (UNFCCC) che sarà sottoscritta dalla XXI Conferenza
delle Parti (COP21) prossimamente a Parigi, si giunga alla definizione di impegni vincolanti per
tutti gli Stati (Usa e Paesi emergenti compresi), prevedendo altresì che le montagne siano
adeguatamente incluse nei temi dei negoziati sul cambiamento climatico, nelle politiche di
adattamento e mitigazione, menzionando in modo esplicito il valore delle montagne tra gli
ecosistemi fragili e riconoscendo la loro elevata suscettibilità, al cambiamento climatico e il loro
14
rilevante impatto su mantenimento di servizi ecosistemici vitali per tutta l'umanità;
se non ritengano opportuno incoraggiare tutti i Paesi partecipanti e le istituzioni internazionali,
regionali e nazionali e le altre parti interessate, affinché adottino misure urgenti atte a migliorare le
condizioni di vita delle popolazioni di montagna e a proteggere gli ecosistemi montani,
promuovendo misure di adattamento, investimenti e politiche mirate, nonché a favorire studi
internazionali ulteriori e specifici che tengano conto degli impatti dei cambiamenti climatici nelle
zone di montagna;
se non ritengano di promuovere un'azione comune in tutte le sedi sovranazionali – tra cui la
Conferenza sull'Agenda post-2015 e il Vertice umanitario mondiale del 2016 – al fine di ridurre i
rischi del cambiamento climatico sui fragili ecosistemi di montagna, per, rafforzare la cooperazione
e sostenere il finanziamento dello sviluppo, in particolar modo dei Paesi in via di sviluppo con
fragili ecosistemi montuosi, anche integrando i sistemi di conoscenza tradizionali delle popolazioni
indigene montane nelle strategie nazionali e internazionali di adattamento al cambiamento
climatico, allo scopo di migliorare la conoscenza, lo scambio, la collaborazione transfrontaliera e la
promozione delle migliori pratiche in materia di cambiamento climatico nelle zone di montagna.
(2-01111)
Interrogazione a risposta immediata in VIII Commissione:
sulle autorizzazioni per lo smaltimento dei rifiuti
MANNINO (M5S) e altri
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per
sapere – premesso che:
in base alla direttiva europea 1999/31/CE, nelle discariche non possono essere smaltiti rifiuti non
trattati, e la separazione dei rifiuti destinati agli invasi deve consistere in processi che, oltre a
modificare le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa e di
facilitarne il trasporto o favorirne il recupero, abbiano altresì l'effetto di evitare o diminuire nel
miglior modo possibile ripercussioni negative sull'ambiente nonché rischi per la salute umana;
la direttiva 1999/31/CE – recepita in Italia con il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, ed
attuata con il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio 3 agosto 2005 –
individua come biodegradabile qualsiasi rifiuto che per natura subisce processi di decomposizione
aerobica o anaerobica, quali, ad esempio, rifiuti di alimenti, rifiuti dei giardini, rifiuti di carta e di
cartone;
15
con la circolare U.prot.GAB-2009-0014963 del 30 giugno 2009, il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare pro tempore, ha fornito delle indicazioni in merito alle forme di
trattamento dei rifiuti, includendo la trito vagliatura tra quelle idonee a soddisfare gli obblighi
contenuti nella normativa comunitaria di riferimento;
il 6 agosto del 2013, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha inviato a
tutte le regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano una circolare avente per oggetto
«termine di efficacia della circolare del Ministro dell'ambiente U.prot.GAB-2009- 0014963 del 30
giugno 2009», all'interno della quale viene precisato – in base a quanto asserito nel parere motivato
della Commissione europea (prot. 9026 del 1o giugno 2012) e nel ricorso depositato il 13 giugno
2013 contro la Repubblica Italiana (registro della Corte numero causa C 323/13) – che la trito
vagliatura, pur rappresentando un miglioramento della gestione dei rifiuti indifferenziati, non può
soddisfare, da sola, l'obbligo di trattamento previsto dall'articolo 6, lettera a), della direttiva
1999/31/CE;
in quell'occasione il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dichiarato che
«con questa circolare viene definitivamente chiarito quali sono i trattamenti necessari per il
conferimento dei rifiuti in discarica dove non potrà arrivare mai più il cosiddetto “tal quale”, anche
se sottoposto a tritovagliatura»;
con la stessa circolare del 6 agosto del 2013, il Ministero ha invitato le regioni e le province
autonome a osservare le precisazioni fornite, e ad adottare le iniziative conseguenti e necessarie al
fine di assicurare il pieno rispetto degli obiettivi stabiliti dalle norme comunitarie;
su questo argomento si è espressa la Corte di giustizia europea attraverso la sentenza del 15 ottobre
2014 in merito alla causa c-323/13. La Corte, tra le altre cose, ha stabilito che la mera compressione
e/o triturazione dei rifiuti indifferenziati destinati a essere collocati a discarica non risponde ai
requisiti posti dalla direttiva 1999/31/CE;
l'articolo 191 del
decreto legislativo n. 152 del 2006, al comma 1, sostiene che: «ferme restando
le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, con
particolare riferimento alle disposizioni sul potere di ordinanza di cui all'articolo 5 della legge 24
febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, qualora si verifichino
situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si
possa altrimenti provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia
ovvero il Sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili
ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in
deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente.
Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente
16
e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive,
al Presidente della regione e all'autorità d'ambito di cui all'articolo 201 entro tre giorni
dall'emissione
ed
hanno
efficacia
per
un
periodo
non
superiore
a
sei
mesi»;
l'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006, al comma 4, prevede: «le ordinanze di cui al
comma 1 possono essere reiterate per un periodo non superiore a 18 mesi per ogni speciale forma di
gestione dei rifiuti. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione d'intesa con
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare può adottare, dettando specifiche
prescrizioni,
le
ordinanze
di
cui
al
comma
1
anche
oltre
i
predetti
termini»;
l'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006, al comma 5, prevede: «le ordinanze di cui al
comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi
sono comunicate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alla Commissione
dell'Unione europea –:
quante ordinanze contingibili ed urgenti, ai sensi dell'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del
2006, siano state emesse durante gli ultimi due anni dai presidenti delle giunte regionali dai
presidenti delle province ovvero dai sindaci al fine di autorizzare lo smaltimento dei rifiuti tal quali
ovvero trito vagliati all'interno delle discariche ubicate nel proprio territorio di competenza.
(5-06640)
Interrogazione a risposta scritta:
sul rilancio del sistema dei trasporti in Italia
NASTRI (FdI)
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto emerge da un'analisi elaborata dall'ufficio studi di Confcommercio, in
collaborazione con Isfort e presentata al Forum internazionale di Conftrasporto a Cernobbio, l'Italia
risulta essere agli ultimi posti in Europa per la logistica e i servizi di trasporto, a causa
dell'inadeguatezza infrastrutturale, della scarsa accessibilità materiale e digitale e della latitanza di
un'efficace politica;
la diffusa sensazione dell'inadeguatezza dell'offerta complessiva del nostro Paese è testimoniata da
una serie di dati secondo i quali l'Italia risulta al 15o posto a livello di competitività ferroviaria, al
17o per
le
strade-autostrade,
al
19o per
i
porti
e
al
21o per
gli
aeroporti;
un segnale inequivocabile degli effetti di questa condizione, evidenzia il rapporto di
Confcommercio-Isfort, risulta essere, oltre al forte divario tra Nord e Sud, anche la progressiva
contrazione del traffico delle merci, ed inoltre, prosegue il documento, nel 2016 non saranno
17
recuperati neppure lontanamente i livelli di movimentazione del 2003 (-17,6 per cento totale, -13
per cento relativamente al trasporto su gomma, -2,7 per cento relativamente al trasporto via mare, 2,4 per cento relativamente al trasporto ferroviario);
il gap logistico-infrastrutturale ha determinato un tempo complessivo di espletamento delle
operazioni di importazione ed esportazione nel nostro Paese tra il doppio e il triplo rispetto a quello
necessario nei principali Paesi europei;
emerge in modo chiaro ed evidente, a giudizio del rapporto sul livello dei trasporti nella penisola,
un problema di accessibilità multimodale dei territori, anche se ciononostante, nel caso in cui
l'Italia, in maniera rapida, raggiungesse un sistema infrastrutturale simile alla Germania, avrebbe
una crescita immediata del 12 per cento, con un valore aggiunto pari a 42 miliardi di euro ed un
aumento del 2,8 per cento rispetto ai valori attuali;
le difficoltà dell'Italia sono testimoniate anche dal fatto che addirittura 15 regioni si collocano oltre
il centesimo posto nella classifica della dotazione infrastrutturale delle 270 regioni europee: la
Calabria
risulta
essere
al
211o posto
e
la
Sardegna
al
231o posto;
il rapporto in precedenza esposto, a giudizio dell'interrogante, conferma evidenti ritardi in termini
infrastrutturali e l'assenza di politiche dei trasporti significative, in grado di rilanciare il sistemaPaese attraverso un insieme sistematico di interventi finalizzati ad una sufficiente interconnessione
fra: sistema stradale, portuale e logistico aeroportuale da collegare ai principali sistemi urbanimetropolitani e rete ferroviaria nazionale ad alta velocità;
occorre, al riguardo, intervenire in tempi rapidi, affinché il sistema dei collegamenti e dei trasporti
in Italia possa subire un'inversione di tendenza positiva, in particolare favorendo, in maniera
incisiva, il sistema infrastrutturale e logistico in modo efficiente, con la prospettiva di fare dell'Italia
l’hub logistico del Mediterraneo e vincere la sfida della «globalizzazione di ritorno» (le merci che
ritornano dalle nuove fabbriche del mondo) –:
quali
orientamenti il Ministro interrogati intenda esprimere, con riferimento a quanto
esposto in
premessa e quali iniziative normative urgenti il Governo intenda intraprendere al fine di rilanciare il
sistema dei trasporti in Italia, anche nell'ambito dell'imminente disegno di legge di stabilità per il
2016. (4-10719)
Risposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, sulle iniziative per un
intervento organico a favore dell'autotrasporto, con particolare riferimento all'operatività del
relativo fondo di garanzia, n. 3-01763 di CATALANO (SCPI).
18
Come richiamato giustamente dall'onorevole, il Fondo di garanzia è uno strumento efficace di
ausilio per le imprese dell'autotrasporto, in particolare per quelle di ridotte dimensioni, che non
potrebbero accedere al credito commerciale in maniera molto favorevole attraverso l'ordinario
canale creditizio. Purtroppo, come richiamato da lei, il gestore del Fondo di garanzia ha proceduto
alla sospensione dell'operatività della sezione speciale per l'autotrasporto in data 21 settembre
2015, pochi giorni fa.
Questo fatto – come abbiamo già segnalato, e siamo già riuniti con l'Albo degli autotrasportatori il
29 settembre – va sicuramente corretto. Noi abbiamo già attivato i canali presso il Mise, che è
responsabile della gestione, per ottenere un ripristino di questo Fondo; abbiamo dato la
disponibilità, insieme all'Albo degli autotrasportatori, a trovare le risorse per finanziare il Fondo,
anche all'interno delle risorse complessive dell'albo; e stiamo valutando anche la concreta
possibilità di reperimento di ulteriori risorse finanziarie necessarie per rivitalizzare l'operatività
del fondo all'interno delle risorse disponibili nel mio Ministero per l'anno 2016. E comunque con
queste tre linee di azione, l'intervento sul Mise, l'intervento sull'albo degli autotrasportatori,
l'intervento su fondi propri del MIT, dobbiamo assolutamente risolvere la questione che si è creata,
visto l'effetto positivo che ha avuto sempre sull'erogazione del credito.
Questi interventi di sostegno al credito e agli investimenti sono sempre stati concepiti nella forma e
nella sostanza come misure di incentivazione al rinnovo dei mezzi, agli investimenti da parte di
questi imprenditori nella loro impresa. Quindi senz'altro l'impegno del Governo sarà completo per
ripristinare uno strumento che ha funzionato.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
come documentato anche dalla stampa di settore (ex pluribus, Trasporti-Italia del 23 settembre
2015), la Banca del Mezzogiorno-Mediocredito centrale, mandataria del gestore Rti, ha specificato,
tramite apposita circolare n. 14 del 21 settembre 2015, che, a causa dell'esaurimento delle risorse
disponibili, è sospesa l'operatività della sezione speciale per l'autotrasporto istituita con decreto del
27 luglio 2009 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze e con il Ministero dello sviluppo economico, e successive modifiche e
integrazioni;
il fondo di garanzia ha rappresentato un sostegno importante per le imprese di un settore, che, oltre
a essere gravato da profondi problemi strutturali, sconta oggi il prezzo della crisi e la forte
concorrenza proveniente dall'Europa orientale;
19
come denuncia Confartigianato trasporti, «nel primo semestre del 2015 l'autotrasporto merci ha
usufruito di circa 10 milioni di euro di garanzia dallo Stato che hanno in pratica permesso di
realizzare circa 180 milioni di euro di investimenti (...) Il venire meno di queste risorse significa
ridurre la capacità di sfruttare appieno la ripresa economica»;
quanto ai citati problemi strutturali, gli attuali finanziamenti all'autotrasporto non risultano ancora
vincolati in modo soddisfacente all'incentivazione, all'ammodernamento tecnologico e ambientale o
all'efficientamento delle filiere logistiche, così favorendo una modalità di trasporto foriera di
importanti esternalità negative a scapito dell'innovazione tecnologica e dell'ammodernamento;
con l'ordine del giorno n. 9/02679-bis-A/005 alla legge di stabilità per il 2015, il Governo ha
accolto come raccomandazione la proposta di valutare l'opportunità, al fine di favorire la
competitività e di razionalizzare il sistema del trasporto merci, di prevedere la ripartizione delle
risorse destinate all'autotrasporto, e più in generale di tutte le risorse destinate al trasporto merci e
alla logistica, tra le sole imprese che pongano in essere iniziative dirette a realizzare: l'aggregazione
in rete delle aziende (...), la condivisione della flotta, l'utilizzo di sistemi informatici, telematici per
la razionalizzazione del trasporto, l'acquisto di unità di carico, quali casse mobili, container e micro
unità atte alla distribuzione urbana delle merci, la dotazione di sistemi integrati a bordo camion, la
riduzione dei costi esterni ambientali –:
se il Governo non intenda assumere iniziative per porre in essere un intervento organico
sull'autotrasporto, reperendo ulteriori risorse per garantire l'operatività del fondo nel settore,
eventualmente elevando il plafond destinato all'autotrasporto con connessa diminuzione di quelli
destinati ad altri settori con più ridotta domanda di accesso al fondo e prevedendo che la
distribuzione delle risorse avvenga in forma di incentivi e non di sussidi, come da predetto ordine
del giorno, e senza l'intermediazione delle associazioni di rappresentanza. (3-01763)
Risoluzione in Commissione:
sulle iniziative che il Governo intende adottare per programmare ed avviare la chiusura
progressiva delle centrali a carbone e l'adozione di standard e limiti di emissione delle centrali
termoelettriche
STELLA BIANCHI (PD) e altri
La VIII Commissione,
premesso che:
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i cambiamenti climatici sono in atto con impatti già drammatici e sono causati, secondo gli
scienziati riuniti nell'Ipcc (Intergovernmental panel on climate change) che risponde all'Onu,
dall'attività umana e, in particolare, dall'uso di combustibili fossili;
il prossimo dicembre a Parigi si terrà la 21nesima conferenza delle parti della Convenzione quadro
delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) nel corso della quale i 196 Paesi che la
compongono dovranno raggiungere un accordo globale vincolante di riduzione delle emissioni
climalteranti che contenga l'aumento della temperatura media globale entro i 2 gradi rispetto ai
livelli precedenti alla rivoluzione industriale;
oltre il 75 per cento delle emissioni di gas serra responsabili dell'aumento della temperatura media
globale sono causate dalla produzione e dall'uso di energia;
il carbone è il combustibile fossile più inquinante e responsabile della maggiore quantità di
emissioni di gas serra in atmosfera; a livello globale il carbone è utilizzato nella produzione del 40
per cento di energia circa ed è responsabile per il 70 per cento delle emissioni legate all'energia;
le emissioni di CO2 provenienti dalla combustione del carbone arrivano a essere del 30 per cento
superiori a quelle del petrolio e del 70 per cento superiori a quelle del gas naturale;
in aggiunta a questo, la pericolosità del carbone sotto il profilo della protezione ambientale è
aggravata dal fatto che, oltre al biossido di carbonio, vengono dispersi nell'ambiente mercurio,
piombo, arsenico, cadmio e altri metalli pesanti;
nell'Unione europea sono ancora attive 350 centrali a carbone; tra le trenta centrali più inquinanti
d'Europa, tutte alimentate a carbone e concentrate soprattutto in Germania, Polonia e Regno Unito,
ci sono anche due impianti in Italia, Brindisi sud e Torrevaldaliga nei pressi di Civitavecchia;
in Italia attualmente si trovano tredici centrali a carbone: Brindisi Nord (BR) di proprietà della
Edipower SpA, Fiumesanto (Sassari) di proprietà di E.On Italia SpA, Monfalcone (Gorizia) di
proprietà di A2A SpA, Torrevaldaliga Nord (Civitavecchia Roma) di proprietà di Enel SpA, Vado
Ligure (Savona) di proprietà di Tirreno Power SpA, Brescia di proprietà di A2A SpA, Brindisi Sud
di proprietà di Enel SpA, Genova di proprietà di Enel SpA, Sulcis di proprietà di Enel SpA, Fusina
(Venezia) di proprietà di Enel SpA, Marghera (Venezia) di proprietà di Enel SpA, La Spezia di
proprietà di Enel SpA, Bastardo (Perugia) di proprietà di Enel SpA. Nel 2014 le centrali italiane
hanno contribuito a coprire il 13,5 per cento del fabbisogno di elettricità causando emissioni di
CO2 per 39,4 milioni di tonnellate, pari al 40 per cento delle emissioni dell'intero comparto
termoelettrico;
l'Italia ha una sovrabbondanza di centrali termoelettriche con una capacità installata doppia rispetto
alla domanda di picco, senza considerare l'apporto delle rinnovabili; secondo dati di Terna, la
capacità termoelettrica installata è pari a circa 122 GW a fronte di un record dei consumi raggiunto
21
lo scorso 21 luglio 2015 pari a 59,126 GW; una riduzione dunque dell'offerta di energia da centrali
termoelettriche e a partire da quelle a carbone non pregiudicherebbe dunque la sicurezza del sistema
energetico;
il carbone e gli altri combustibili fossili devono essere gradualmente ma sistematicamente sostituiti
da fonti di energia pulita, in grado anche di generare un maggior numero di posti di lavoro. Lo
confermano numerosi studi: secondo lo UK Energy Research Centre (UKERC) rinnovabili ed
efficienza energetica creano un numero di posti di lavoro dieci volte superiore rispetto al
termoelettrico; per Clean energy Canada i 18 miliardi di dollari investiti nell'energia rinnovabile
hanno portato ad una crescita del 37 per cento dell'occupazione in cinque anni; nel rapporto
Legambiente, Gse stima che il settore delle energie rinnovabili potrebbe arrivare a creare 250 mila
posti di lavoro, più altri 600 mila nei settori collegati e nell'indotto entro il 2020;
una ricerca condotta dall'università di Stoccarda ha evidenziato gli impatti sanitari
dell'inquinamento prodotto dalla combustione del carbone nei Paesi dell'Unione europea. Nel 2010,
l'anno a cui vanno riferiti tutti gli impatti stimati, si sono registrate in Europa 22.300 decessi a causa
del carbone, di questi 521 in Italia. L'incidenza sulla salute pubblica è tanto maggiore quanto più gli
impianti si trovano in prossimità di centri abitati o addirittura integrati in essi, come accade in Italia
ad esempio con gli impianti di Civitavecchia, di La Spezia, di Genova o di Monfalcone. Secondo
uno studio dei ricercatori del CNR di Lecce e Bologna pubblicato sull’International Journal of
Environmental Research and Public Health la centrale Federico II, una delle più grandi ed
inquinanti d'Europa, costruita a soli dodici chilometri dalla zona sud della città di Brindisi,
causerebbe ogni anno 44 decessi nella zona di Brindisi, Taranto e Lecce;
nonostante la conclamata pericolosità delle centrali a carbone, in particolare per l'ambiente e la
salute non sono previsti limiti nelle emissioni in atmosfera;
il 3 agosto 2015 il presidente Obama ha annunciato il clean power plan act, un provvedimento che
introduce per la prima volta limiti alle emissioni che le centrali possono produrre (Emission
performance standard); un provvedimento di grande importanza verso la riduzione delle emissioni
di CO2 del 32 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005 e per accelerare la transizione
energetica degli Stati Uniti verso un'energia pulita. L'amministrazione Obama stima che i benefici
per la salute pubblica e il clima valgano tra i 34 miliardi e i 54 miliardi di dollari all'anno fino al
2030, superando di gran lunga i costi stimati in 8,4 miliardi,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative per programmare ed avviare la chiusura progressiva delle centrali a carbone
ancora presenti nel territorio italiano;
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ad assumere iniziative per definire e introdurre nuovi standard e limiti alle emissioni di CO2 delle
centrali in modo da allineare le emissioni consentite agli obiettivi da raggiungere per contenere
l'aumento della temperatura media globale entro la soglia dei due gradi rispetto al periodo
precedente alla rivoluzione industriale;
a promuovere, anche in sede europea, l'adozione di standard e limiti di emissione delle centrali
termoelettriche. (7-00810)
Risoluzione in Commissione:
sul progetto di coltivazione del giacimento di idrocarburi Ombrina Mare 2 nella provincia di
Chieti
VACCA (M5S) e altri
La VII Commissione,
premesso che:
l'articolo 35 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (cosiddetto «Decreto Sviluppo») pubblicato
in Gazzetta Ufficiale 26 giugno 2012, n. 147, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto
2012, n. 134, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 dell'11 agosto 2012, ha modificato
l'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia
ambientale», ed in particolare ha rideterminato l'oggetto della disciplina del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 con riferimento alle attività di ricerca, di prospezione, nonché di coltivazione di
idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
le modifiche apportate all'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
consentono le attività di ricerca, di prospezione, nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e
gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9 per procedimenti
concessori in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128;
le modifiche apportate all'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
consentono le attività di ricerca, di prospezione, nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e
gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9 per i procedimenti
autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati
prima del 26 agosto 2010, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e
coltivazione da autorizzare nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei
procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi;
le modifiche introdotte dall'articolo 35 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (cosiddetto
«Decreto Sviluppo»), pubblicato in Gazzetta Ufficiale 26 giugno 2012, n. 147, convertito con
23
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 dell'11
agosto 2012, salva in modo retroattivo tutti i procedimenti antecedenti alla data del 26 agosto 2010,
tra i quali il progetto di coltivazione del giacimento di idrocarburi «Ombrina Mare» nell'ambito
della concessione di coltivazione d30 B.C-MD;
la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale, in virtù del divieto di coltivazione
disposto con il decreto legislativo 128 del 2010, riguardante anche l'istanza presentata dalla
Medoilgas Italia spa in data 17 dicembre 2008, aveva espresso parere negativo sulla compatibilità
ambientale con provvedimento n. 541 del 7 ottobre 2010, motivando, con riferimento alla presenza
in zona costiera prospiciente l'area di ricerca, di «due Siti di Importanza Comunitaria (S.I.C.) ...
denominati “Fosso delle Farfalle” e Lecceta litoranea di Torino di Sangro e Foce del Fiume
Sangro», oltre che di un'area sottoposta a vincolo paesaggistico di dichiarato interesse pubblico;
con nota dell'8 novembre 2010 la direzione generale per le valutazioni ambientali, ai sensi
dell'articolo 10-bis della legge 241 del 1990, informava per tempo la Medoilgas Italia spa circa il
parere negativo permettendo a questa di formulare, nei termini di legge, le sue osservazioni con
nota del 22 novembre 2010. A partire da quest'ultima data, momento della ricezione di suddetta
nota, decorreva il termine di quindici giorni entro il quale il Ministero, a norma dell'articolo 16 del
decreto del Presidente della Repubblica 484 del 1994, avrebbe dovuto formalizzare il
provvedimento di diniego dell'autorizzazione per la coltivazione. E, invece, il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con nota n. 783 del 12 gennaio 2011, richiedeva
al Consiglio di Stato parere in merito all'interpretazione dell'articolo 6, comma 17, del decreto
legislativo 152 del 2006, come modificato dal decreto legislativo 128 del 2010: il Consiglio di
Stato, già nell'adunanza della Seconda Sezione del 20 ottobre 2011, aveva fatto chiarezza al
Ministero esplicando che «la prima questione interpretativa sottoposta debba essere risolta nel senso
di estendere ai proposti siti di importanza comunitaria il divieto di ricerca, prospezione e
coltivazione di idrocarburi previsto dall'articolo 6, comma 17, decreto legislativo 152 del 2006
come modificato dall'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 128 del 2010»;
l'area marina, in cui si sviluppa il progetto di coltivazione del giacimento di idrocarburi «Ombrina
Mare», nell'ambito della concessione di coltivazione d30 B.C-MD, è collocato a circa 6 chilometri
di distanza dal Parco nazionale «Costa Teatina» come disposto, ai sensi dell'articolo 8, comma 3,
della legge 8 marzo 2001, n. 931 con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la regione interessata;
la fascia costiera della provincia di Chieti compresa tra il comune di Francavilla al Mare e quello di
San Salvo contiene elementi paesistici e panoramici di grande importanza, data l'omogeneità
morfologica consistente in colline degradanti sul mare, con movimenti di cunei sul mare stesso che
24
generano rocce strapiombanti quali Ortona, Fossacesia e Vasto e rocce rientranti come nel caso di
San Salvo, Casalbordino e Francavilla al Mare. La continuità di collegamento tra le spiagge
sabbiose e le scogliere scoscese della costa ha permesso, nei secoli, lo spontaneo insediamento di
spazi umani in armonia con la realtà naturale, come l'Abbazia di Fossacesia e la cittadina di San
Vito Chietino. In questa area insiste un vincolo paesaggistico dichiarato di notevole interesse
pubblico dalla legge 1497 del 1939 (oggi articolo 136 del decreto legislativo 42 del 2010). In
particolare, è stata vincolata l'area di costa denominata «Fascia costiera che va da Francavilla al
Mare fino a San Salvo con colline degradanti sul mare inglobando tutte le singole aree vincolate
istituite in precedenza (codice vincolo 130102)»;
il territorio della costa teatina, e quello dell'intera regione Abruzzo, è caratterizzato dalla presenza
di tre parchi nazionali ed uno regionale, oltre che di una zona costiera molto suggestiva e tali
caratteristiche territoriali hanno permesso un forte sviluppo di turismo, artigianato, pesca, oltre che
del settore agroalimentare e di tutte le attività indotte e connesse; la concessione di coltivazione di
idrocarburi potrebbe causare gravi motivi di pregiudizio rispetto situazioni di particolare valore
ambientale o archeologico-monumentale;
la regione Abruzzo, gli enti locali, le comunità territoriali, le realtà produttive e le associazioni sono
inclini ad un sistema regionale integrato mare-montagna di sviluppo economico e sociale
ecosostenibile; la realizzazione del progetto Ombrina Mare potrebbe fortemente compromettere tale
sviluppo, motivo per cui in sede di valutazione di impatto ambientale sono state presentate
numerosissime osservazioni sia dalle pubbliche amministrazioni che da gruppi sociali e da diverse
associazioni;
senza ogni dubbio l'area oggetto della richiesta di coltivazione di idrocarburi, denominata «Ombrina
mare 2», risulta essere di ragguardevole attenzione pubblica, ambientale e culturale;
il 14 ottobre 2015 presso il Ministero dello sviluppo economico è stata convocata la conferenza di
servizi decisoria per adottare provvedimenti definitivi del procedimento autorizzatorio dell'istanza
di coltivazione di idrocarburi Ombrina Mare 2;
alcuni consiglieri regionali dell'Abruzzo hanno chiesto al presidente della regione di investire la
«Commissione regionale per il patrimonio culturale per l'Abruzzo» della redazione della
«integrazione del contenuto delle dichiarazioni di notevole interesse pubblico» riguardanti la costa
teatina e in particolare la cosiddetta Costa dei Trabocchi, nel tratto che comprende i comuni di San
Vito Chietino (decreto ministeriale 10 febbraio 1971 e decreto ministeriale 21 giugno 1985), Rocca
San Giovanni (decreto ministeriale 3 dicembre 1970 e decreto ministeriale 21 giugno 1985) e
Fossacesia (decreto ministeriale 2 maggio 1966, decreto ministeriale 10 giugno 1970 e decreto
ministeriale 21 giugno 1985), ai sensi dell'articolo 39 comma 2, lett. h), del decreto del Presidente
25
del Consiglio dei ministri 171 del 2014 e dell'articolo 141-bis Codice dei beni culturali, in quanto
l'area in oggetto risulta essere sede anche delle tradizionali macchine da pesca denominate
«trabocchi»,
indicandone
il
rilevante
e
innegabile
valore
storico
e
culturale;
il paesaggio osservato da terra vedrebbe interferire le singolarità morfologiche costiere e marine,
compresi i trabocchi, con una nave serbatoio FPSO con desolforatore, lunga 330 metri — come
circa 17 TIR – , alta 54 metri — come un palazzo di 15 piani – e larga 30 metri – le dimensioni
sono superiori a quelle di un campo di calcio – in quanto stabilmente ancorata a 6,5 chilometri dalla
costa per 30 anni;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 171 del 2014 prevede la possibilità di
riesaminare i pareri, nulla osta o altri atti di assenso comunque denominati, rilasciati dagli organi
periferici del Ministero «entro il termine perentorio di 10 giorni dalla ricezione dell'atto» (e dunque
dovendosi presumere che il processo di riesame sia applicabile ad atti recenti e non definitivi); la
stessa norma non vieta che sia chiesto il riesame di atti emanati prima dell'entrata in vigore delle
citate norme;
il Ministero per i beni e le attività culturali con nota n. DG/PBAAC/34.19.04/19889/2010 del 30
giugno 2010, e, successivamente, con nota DG/PBAAC/34.19.24/4211 dell'11 febbraio 2013, ha
espresso parere favorevole dichiarando, nelle premesse, «che le opere previste non avranno nessuna
interferenza sugli ambiti paesaggistici del territorio costiero, sottoposti ai sensi del decreto
legislativo n. 42 del 2004»;
in base alla normativa allora vigente, ovvero il decreto legislativo 128 del 2010, la commissione
tecnica di verifica dell'impatto ambientale (CTVIA) aveva espresso il parere n. 541 del 2010 che
risultava negativo;
dalla data di preavviso di rigetto della valutazione di impatto ambientale comunicata alla Medoilgas
Italia SpA, sul progetto di coltivazione del giacimento di idrocarburi «Ombrina Mare», nell'ambito
della concessione di coltivazione d30 B.C-MD, in data 8 novembre 2010, il Ministero, a quanto
risulta ai firmatari del presente atto, non ha mai formalmente adottato il provvedimento di rigetto,
nonostante non sussistesse alcun impedimento formale o esigenze interpretative di quanto disposto
dal decreto legislativo n. 128 del 2010, anche alla luce del parere del Consiglio di Stato n.
00123/2011;
la non adozione definitiva del provvedimento negativo della valutazione di impatto ambientale alla
luce del parere n. 541 del 2010, rilasciato dalla CTVIA, ha permesso il riavvio del procedimento di
valutazione di impatto ambientale, come da nota DVA 2012 — 0016621 dell'11 luglio 2012, alla
luce della nuova normativa introdotta dal decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012 convertito con
26
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 dell'11
agosto 2012;
in applicazione della nuova disciplina, che ha modificato in maniera sostanziale quanto stabiliva la
precedente normativa, ovvero il decreto legislativo n. 128 del 2010, in data 21 gennaio 2013, la
commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale ha espresso un giudizio positivo di
compatibilità ambientale sul «Progetto di coltivazione del giacimento di idrocarburi “Ombrina
Mare”, nell'ambito della concessione di coltivazione d30 B.C-MD», come documentato sul
portale web del
Ministero
dell'ambiente
e
della
tutela
del
territorio
e
del
mare;
ai sensi dell'articolo 6, comma 11, e dell'articolo 9, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 9, ove
sussistano gravi motivi attinenti al pregiudizio di situazioni di particolare valore ambientale o
archeologico-monumentale, il permesso di concessione di coltivazione di idrocarburi può essere
revocato, anche su istanza di pubbliche amministrazioni o di associazioni di cittadini ai sensi
dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
alla luce delle numerosissime osservazioni presentate, in sede di valutazione di impatto ambientale,
sia dalle pubbliche amministrazioni, che da gruppi sociali e da alcune associazioni, all'istanza di
permesso di coltivazione di idrocarburi «Ombrina mare 2», è presumibile che, in seguito ad una
probabile concessione di permesso di estrazione di idrocarburi, saranno presentate molte istanze di
revoca del permesso, anche in tutela e nel rispetto delle caratteristiche paesaggistiche, culturali e
ambientali del territorio accennate in premessa,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative volte a promuovere un riesame del provvedimento con il quale la
Soprintendenza per i beni archeologici dell'Abruzzo — Chieti ha espresso parere favorevole con
prescrizioni (nota prot. 0000582 del 28 gennaio 2010), in quanto tale parere risulta focalizzato sulla
eventuale presenza di reperti archeologici nel tratto di mare antistante la costa interessata,
ignorando, ad avviso dei firmatari del presente atto, del tutto i vincoli paesaggistici e la presenza di
un patrimonio culturale di notevole interesse pubblico;
ad attivarsi anche in sede di Conferenza di servizi, per consentire l'acquisizione di un nuovo parere
della Soprintendenza belle arti e paesaggio dell'Abruzzo, al fine di ottenere un parere complessivo o
revisionato che non si limiti ad un'attenta valutazione degli elementi archeologici in situ, bensì si
estenda anche ai beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici.
(7-00809)
27
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla sicurezza nei luoghi di lavoro con particolare riferimento alla riforma del sistema di
indennizzo del danno biologico
RIZZETTO (M5S)
– Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
si apprende che nei primi 8 mesi del 2015, le denunce di infortuni mortali sul lavoro trasmesse
all'Inail sono state 752, a fronte di 652 nel 2014, prendendo in considerazione lo stesso periodo di
riferimento. Si assiste, dunque, ad un aumento degli infortuni sul lavoro che richiede l'adozione di
specifiche iniziative;
al riguardo, oltre ad intervenire in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro per prevenire gli
infortuni, è necessaria l'adozione di urgenti provvedimenti a tutela delle vittime degli incidenti. Sul
punto, come più volte affermato dall'Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del
lavoro (ANMIL), si deve procedere ad una riforma dell'Indicatore della situazione economica
equivalente, poiché la rendita INAIL non può essere inclusa tra i redditi determinanti la situazione
economica dell'individuo visto che si tratta di prestazioni di natura risarcitoria;
del pari, è necessario procedere alla riforma del sistema di indennizzo del danno biologico,
riducendo la percentuale di menomazione indennizzabile in rendita passando dall'attuale 16 per
cento all'11 per cento, per ricomprendere, quindi, gradi di invalidità comunque considerevoli
rispetto ai quali va riconosciuto un sostegno economico;
ulteriori interventi necessari sono la revisione della tabella delle menomazioni e un meccanismo di
rivalutazione dei trattamenti per danno biologico, poiché è assurdo, infatti, che si tratti delle uniche
prestazioni sociali a non essere adeguate automaticamente ogni anno; è evidente che la mancanza di
un meccanismo di rivalutazione determina una perdita reale di valore delle prestazioni di invalidità
che grava ovviamente sugli invalidi del lavoro;
è doveroso, inoltre, promuovere concrete iniziative per un migliore reinserimento degli invalidi nel
mercato del lavoro, rafforzando la rete dei servizi per il collocamento affinché riesca a dare un
nuovo impulso alle assunzioni. A riguardo, infatti, dall'ultima relazione al Parlamento
sull'attuazione della legge n. 68 del 2013 risulta che, per ogni quattro nuovi disabili iscritti alla lista
del collocamento obbligatorio, solo uno ha trovato effettivamente un lavoro; addirittura, procedendo
ad un calcolo relativamente al numero degli iscritti alle liste di collocamento, emerge un dato
ancora più negativo poiché risulta un avviamento al lavoro ogni 36 iscritti al collocamento –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato rispetto a quanto esposto in premessa;
28
in particolare, se e quali iniziative intenda adottare in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e per
procedere agli specifici interventi individuati in premessa che l'interrogante ritiene necessari per
un'adeguata tutela delle vittime di infortuni sul lavoro. (5-06633)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla discarica Cava Sari di Terzigno (Napoli) gestita da Ecodeco srl del gruppo A2A
LUIGI GALLO (M5S) e altri
—Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il comune di Terzigno (NA) è ricompreso all'interno del territorio del Parco nazionale del VesuvioRiserva MAB-UNESCO dal 1997 (dunque area destinata a presentare la conservazione delle specie
animali e vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche di formazioni
paleontologiche di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici di processi
naturali, di equilibri idraulici ed idrogeologici, di equilibri ecologici, nonché allo scopo di
promuovere tutta una serie di attività di educazione, formazione, ricerca, restauro, e altro);
nel 2008, proprio quest'area a mezzo della legge n. 123, veniva individuata come sede «ideale» di
una discarica, sita in località Pozzelle, successivamente tristemente nota quale «Cava Sari»,
inaugurata nel maggio 2009 e chiusa perché stracolma, soltanto tre anni dopo, nel maggio 2012;
nel corso degli anni, nonostante comitati cittadini e consiglieri comunali abbiano più volte richiesto
informazioni circa la natura dei rifiuti interrati nella «Cava Sari», nessuna chiara e ufficiale risposta
e giunta né dal commissariato gestione rifiuti, né dalla società affidataria della discarica, la ASIA
Napoli spa, né tantomeno dal comune di Terzigno;
la Asia Napoli spa in una nota del 12 luglio 2010, relativa ai monitoraggi effettuati ex decreto
legislativo 36 del 2003 dei pedometri presso l'impianto di discarica Cava Sari, rendeva noto agli
enti preposti il superamento delle concentrazioni superiori ai limiti consentiti dalla legge nella falda
acquifera di elementi quali nichel, zinco, PCB, cadmio, aldrin, benzo(a)pirene ed altri, che
avrebbero
comportato
un
gravissimo
e
palese
inquinamento
della
falda
acquifera;
con nota prot. N. 2415/SP del 25 ottobre 2010, la regione Campania convocava un tavolo tecnico
presso la prefettura di Napoli per l'avvio di un piano di monitoraggio ambientale della discarica;
sulla scorta di tale convocazione il comune di Terzigno incaricava un proprio tecnico di fiducia di
assistere al prelievo di campioni di acqua tratte dai pozzi «spia» posti a monte e a valle della
discarica Sari e, altresì, di relazionare sui risultati delle analisi effettuate dai tecnici dell'ARPAC;
da tali analisi emergevano, nella falda acquifera, il superamento delle concentrazioni superiori ai
limiti massimi consentiti di sostanze quali ferro, manganese, fluoruri, nichel, zinco, PCB e cadmio,
29
diossine,
prodotti
derivanti
da
idrocarburi,
pesticidi,
cadmio,
nichel
ed
altri;
poche di queste sostanze possono essere riconducibili ed attribuibili alla natura geomorfologica
vulcanica, tutte le altre sono di certo frutto di contaminazione causata dallo smaltimento scellerato
dei rifiuti, scellerato sia nella scelta del luogo (Parco nazionale del Vesuvio) sia nelle modalità di
trattamento dei rifiuti;
con nota del 1o febbraio 2011, la Direzione Generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche
del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare richiedeva ai gestori della
discarica di adottare entro 20 giorni idonei interventi di messa in sicurezza d'emergenza delle acque
di falda contaminate a valle della discarica Cava SARI, sita nel comune di Terzigno, in località
Pozzelle;
da ciò si evince che le falde acquifere di Terzigno sono contaminate e che ciò è già noto al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
vale la pena ricordare i disastrosi effetti che dette sostanze, accumulandosi nei terreni coltivati e
nelle falde acquifere destinate all'irrigazione ed al consumo, possono avere sulla salute delle
persone: patologie dei reni, ossa e sangue, disturbi della crescita, danni allo scheletro, carenze
riproduttive, tumori al fegato, alla prostata ed ai polmoni, disturbi permanenti se si è fortunati,
altrimenti mortali;
a ciò si aggiunga che la discarica, allo stato, viene gestita dalla società Ecodeco srl, gruppo A2A,
che ne cura la captazione dei biogas, ma la popolazione locale lamenta la cattiva gestione di tale
impianto dal quale provengono continui miasmi, che costringono i residenti a rifugiarsi in casa, ben
serrando porte e finestre, in ragione della presenza di una coltre di vapori sulla discarica;
i danni causati dalla «Cava Sari» sono molteplici: la presenza di oltre 500 mila tonnellate di rifiuti
indifferenziati all'interno del Parco nazionale del Vesuvio, l'inquinamento di acqua, terreno e aria,
l'aumento
concreto
di
patologie
tumorali
tra
la
popolazione
residente
nella
zona;
ad oggi, l'unico «provvedimento» che è stato preso per tutelare la salute della popolazione residente
nella zona consta all'interrogante che sia stato l'invito da parte del comune di Terzigno a non
utilizzare l'acqua proveniente da detta falda né per il consumo quotidiano né per l'irrigazione delle
colture;
è evidente come si renda necessario, stante la gravità e l'emergenza della questione, un intervento
diretto da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare affinché si faccia
chiarezza sulla corretta gestione della discarica Cava Sari sita in Località Pozzelle, sul rispetto delle
norme vigenti in materia di smaltimento dei rifiuti da parte dei gestori, anche a mezzo dell'ausilio
del Nucleo Operativo Ecologico (NOE) per la vigilanza e repressione delle violazioni compiute in
danno dell'ambiente;
30
è, altresì, evidente come si renda necessario, stante la gravità e l'emergenza della questione, un
intervento diretto da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare affinché
si prenda contezza dello stato dei luoghi e del reale inquinamento dei terreni, delle acque e dell'aria
e, soprattutto, affinché nei luoghi suddetti vengano adottati tutti gli idonei e necessari interventi di
messa in sicurezza delle aree inquinate per la tutela del salute delle popolazioni residenti –:
se e quali urgenti e improrogabili controlli del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare intenderà disporre per accertare i suesposti fatti e le eventuali condotte tenute in violazione
delle leggi e in danno della salute della popolazione locale ed anche se e quali misure d'emergenza
finalizzate alla messa in sicurezza e/o bonifica delle aree contaminate il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare intenderà prendere per salvaguardare la salute dei cittadini e
degli abitanti delle zone limitrofe a Cava Sari a tutela della salubrità dell'acqua, del terreno e
dell'aria. (5-06628)
Interrogazione a risposta scritta:
sul tracciato del metanodotto Snam Rete Gas con riferimento alla tutala paesaggistica
L’ABBATE (M5S)
— Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per
sapere – premesso che:
Snam Rete Gas S.p.a., società soggetta all'attività di direzione e coordinamento dell'Eni s.p.a, in
data 22 marzo 2010 ha presentato alla provincia di Bari istanza per la procedura di assoggettabilità a
valutazioni di impatto ambientale per il progetto del metanodotto denominato impianto di riduzione
HPRS 10 P 75/24 bar; spina per Polignano a Mare DN 150 (6") DP 24 bar, comprensiva dei
ricollegamenti a comune di Polignano a Mare DN 100 (4"), Puglialimentare DN 100 (4") e Aladin
DN 100 (4"); rimozione di un tratto dell'esistente metanodotto «Bitetto-Monopoli» DN 125 (P 60
bar) e degli allacciamenti al Comune di Mola di Bari e Vetrerie Meridionali. L'opera si sviluppa in
regione Puglia, interessando i comuni di Polignano a Mare, Noicattaro, Conversano, Triggiano e
Monopoli, in provincia di Bari;
in data 6 ottobre 2010, alcuni cittadini del comune di Polignano a Mare chiesero alla locale
amministrazione e alla società Snam che il punto di consegna «spina per Polignano» fosse portato
lontano dal precedente, in quanto quest'ultimo risultava collocato oramai a ridosso del paese, ovvero
sulla strada provinciale Polignano-Castellana subito dopo la circonvallazione, in area diffusamente
costruita. Richiesta reiterata in data 26 gennaio 2011, ancora il 26 maggio 2011 nonché il 13 giugno
31
2011;
in data 21 giugno 2011, cinque consiglieri comunali di Polignano, nel presentare «osservazioni al
progetto del metanodotto Snam Bitetto-Monopoli» contestarono, tra l'altro, il fatto che il nuovo
tracciato del metanodotto attraversasse un carrubeto plurisecolare. Precisamente: «Il tracciato del
nuovo metanodotto, in particella 1319 e Fgl 22, rivela due incongruenze di devastante impatto
ambientale:
a) attraversa e supera, sconvolgendola, e sconvolgendo il delicato equilibrio ambientale, una menalama profonda 2 metri e larga oltre 4, con gravissimi rischi in caso di allagamenti, come quelli del
2006;
b) il metanodotto Snam, nella stessa particella, passa a pochi metri di distanza da un enorme carrubo
ultramillenario avente la circonferenza di 12 metri lineari, un vero e proprio “monumento” da
salvaguardare, collocato in un contesto ambientale assolutamente caratteristico, mantenuto intatto e
sinora preservato dagli attuali proprietari, meritevole della massima tutela ambientale»;
i proprietari del carrubeto, a loro volta, si attivarono nei confronti degli organi competenti,
producendo una serie di istanze dirette a preservare le alberate di pregio da qualsiasi tipo di
«aggressione». In particolare, produssero: osservazioni al PPTR Puglia 26 settembre 2013; diverse
lettere alla Snam, al sindaco di Polignano, al presidente del consiglio comunale di Polignano, al
Corpo forestale dello Stato, alla commissione locale paesaggio nonché istanza al Ministero dei beni
e delle attività culturali e del turismo. Con le predette comunicazioni, i proprietari del carrubeto:
a) richiesero l'imposizione del vincolo paesaggistico sull'intera area del carrubeto stesso pari a
2.500 metri quadrati, (ciò, ovviamente, toglieva ogni valore commerciale all'immobile);
b) offrirono al comune di Polignano la piena disponibilità affinché venissero effettuate visite
scolastiche (costo zero presso il carrubeto;
le predette iniziative determinarono l'impegno della soprintendenza per i beni architettonici e
paesaggistici di Bari che, in data 18 settembre 2013, scrisse al comune di Polignano una lettera
avente per oggetto «segnalazione di area eccezionale valore paesaggistico» (Fg. 22 Ptc. 1319) nel
cui: contenuto è possibile leggere: «si ravvede, in particolare, la necessità di segnalare a codesto
ente il valore paesaggistico rappresentato dal carrubeto plurisecolare sito nella particella in oggetto
[...] si invita inoltre codesto Comune a farsi promotore presso la Regione Puglia affinché valuti la
possibilità di includere tale area nelle specifiche forme di tutela ai sensi del PPTR adottato con
delibera della Giunta Regionale 2 agosto 2013 n. 1435». Con propria nota prot. 20348/2013, il
comune di Polignano scrisse: «si vigilerà sul mantenimento dello stato dei luoghi affinché sia
evitato qualsiasi pregiudizio ai beni localizzati all'interno del suddetto terreno agricolo». Una
dichiarazione che, al di là di un mero adempimento burocratico, ad avviso dell'interrogante non ha
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visto mai seguire un impegno concreto da parte dell'ente locale nel mettere in discussione in alcun
modo le decisioni della società privata;
il consiglio comunale del 26 giugno 2015 che avrebbe dovuto approvare apposita variante al piano
regolatore generale per autorizzare la costruzione del metanodotto attraversante, nonostante tutto
quanto sin qui ricordato, il carrubeto de quo, fu rinviato su richiesta di un consigliere comunale a
successiva data per necessari approfondimenti e verifiche. Successivamente, si sono susseguiti
contatti tra comune di Polignano e Snam Rete Gas che hanno portato la società a mutare, a parere
degli interroganti in peggio, le condizioni dell'attraversamento del carrubeto de quo. Progetto
trasmesso al comune barese nei primi giorni dell'ottobre 2015;
la deviazione del metanodotto rispetto al percorso originario, oltre che pregiudicare seriamente il
carrubeto, solleva la Snam dall'obbligo di rimuovere vecchie tubazioni oggi sepolte dal materiale
accumulatosi a causa dell'interramento di una lama sul cui fondo quelle tubazioni sono collocate;
in Italia esistono solo altri due carrubi comparabili con quello in questione: uno a Rosolini, in
provincia di Siracusa in Sicilia, l'altro a Gallipoli (Lecce). Ambedue adeguatamente protetti;
il comune di Polignano ha sinora omesso di compilare l'elenco degli alberi monumentali così come
previsto dalla legge 14 gennaio 2013, n. 10 «Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani»;
va
richiamato
l'articolo
7,
comma
4,
della
legge
14
gennaio
2013,
n. 10 –:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano attuare, per quanto di competenza, per tutelare il
carrubeto, ed in special modo il carrubo monumentale, sito nell'agro di Polignano a Mare (BA)
interessato dal metanodotto Snam Rete Gas esposto in premessa;
se i ministri interrogati non ritengano che il percorso indicato da Snam Rete Gas vada in contrasto
con la legge 10 del 2013 e se non sia più opportuno utilizzare il vecchio tracciato del metanodotto
ovvero una nuova «deviazione», diversa da quella attuale, in grado di preservare il patrimonio
paesaggistico e naturalistico in questione. (4-10738)
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
sulle iniziative che il Governo intende assumere per l'erogazione degli incentivi (certificati
verdi) su base mensile
PAGANI (PD) e altri
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello
sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere –
premesso che:
33
il settore delle energie rinnovabili per impianti di potenza superiore al Megawatt ed entrati in
esercizio entro il 31 dicembre 2012 gode di incentivi sotto forma di «certificati verdi» fino alla data
del 31 dicembre 2015;
dal 1o gennaio 2016, in base alle norme dettate dal Ministero dello sviluppo economico con decreto
6 luglio 2012, avverrà la conversione del diritto ai certificati verdi in incentivi calcolati sulla
produzione netta di energia prodotta;
a tutt'oggi non risultano pubblicate le norme che stabiliscono le tempistiche di erogazione dei
predetti incentivi e anzi notizie recenti paventano la possibilità di un riconoscimento degli incentivi
dopo 6 mesi dalla loro maturazione trimestrale;
il settore è da tempo in crisi anche a causa di interventi legislativi che hanno minato le basi
finanziare (ad esempio, il sistema obbligatorio del reverse charge per l'iva dal 1o gennaio 2015); un
eventuale fallimento del comparto causerebbe impatti negativi sul lato occupazionale per migliaia di
persone che vi operano in maniera diretta e indiretta, oltre alla perdita degli ingenti investimenti
effettuati dagli operatori;
in assenza di un quadro di certezza e celerità nell'erogazione degli incentivi, gran parte delle
aziende saranno sottoposte ad uno stress finanziario insostenibile tale da portarle alla chiusura degli
stabilimenti;
a poche settimane dall'entrata in vigore del nuovo sistema, è estremamente urgente che gli operatori
conoscano le modalità applicative, al fine di prevedere quanto necessario nella predisposizione
del budget di esercizio –:
se il Governo non ritenga opportuno e necessario assumere iniziative per prevedere l'erogazione
degli incentivi su base mensile, come finora avvenuto per il rilascio dei certificati verdi, al fine di
risolvere il problema della liquidità e non creare impatti negativi sui cicli monetari delle imprese del
settore. (2-01121)
Interrogazione a risposta immediata in VI Commissione:
sulla detassazione degli utili delle piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali
SOTTANELLI (SCpI)
— Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
le norme contenute nei commi da 13 a 19 dell'articolo 6 della legge 23 dicembre 2000, n. 388,
(legge finanziaria 2001), successivamente abrogate dall'articolo 23, comma 7, del decreto-legge
n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, avevano previsto una
detassazione degli utili delle piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali;
34
tale agevolazione fiscale era tesa ad incentivare la realizzazione di investimenti ambientali, al fine
di prevenire, ridurre e riparare i danni causati all'ambiente;
ai sensi di tale normativa molti imprenditori hanno effettuato ingenti investimenti nel settore delle
energie rinnovabili;
inizialmente, a causa delle troppe incertezze derivanti principalmente da posizioni non ufficiali del
Ministero dello sviluppo economico contrarie al dettato normativo e tali, a giudizio
dell'interrogante, da trarre in inganno anche il più attento dei contribuenti, molti investitori sono
venuti a trovarsi in condizione di non poter scientemente usufruire dei benefici fiscali
effettivamente spettanti alle loro imprese con preoccupanti ricadute, anche occupazionali;
la mancanza di chiarezza è perdurata sino all'anno 2012 quando, grazie ad una norma di
interpretazione contenuta nell'articolo 19 del decreto ministeriale 19 luglio 2012, recante il nuovo
sistema di incentivi per la produzione di energia fotovoltaica (quinto conto energia) e grazie ad
alcune posizioni prese dall'Agenzia delle entrate in risposta ad alcuni interpelli, la posizione non
ufficiale assunta dal Ministero dello sviluppo economico è stata integralmente smentita e molti
dubbi delle imprese risolti positivamente, tanto da indurre le stesse a modificare l'atteggiamento
inizialmente assunto in via prudenziale;
a causa della suddetta carenza di chiarezza e grazie ai successivi sviluppi normativi e di prassi, le
imprese si sono trovate nella condizione di poter e dover fruire tardivamente dei benefici fiscali
previsti dal citato articolo 6, commi da 13 a 19, della legge n. 388 del 2000, dovendo risolvere non
poche problematiche a livello di dichiarazione dei redditi;
fortunatamente, la stessa Agenzia delle entrate a fornito strumento per poter beneficiare
tardivamente dell'agevolazione spettante ai sensi della legge n. 388 del 2000 con la pubblicazione
della circolare 31/E del 24 settembre 2013, che prevede espressamente, grazie al diretto richiamo
alla risoluzione 132/E del 2010, la possibilità di fruire tardivamente del beneficio fiscale e così della
detassazione per investimenti in impianti e macchinari potendosi procedere a immediata
compensazione con altre imposte;
preso atto della novità introdotta con la circolare 31/E del 24 settembre 2013, anche se non
nell'immediato, nel modello unico 2014 è stato introdotto nella dichiarazione dei redditi il quadro
RS «prospetto per la correzione dei dati contabili», strumento di raccordo tra la dichiarazione dei
redditi originariamente inviata e l'ultima dichiarazione dalla quale risultasse l'eccedenza di
versamento delle imposte in
ragione
dell'applicazione della detassazione ambientale;
tuttavia, molti contribuenti tra la pubblicazione della suddetta circolare 31/E del 2013 e
l'introduzione del quadro RS «prospetto per la correzione dei dati contabili» hanno seguito
pedissequamente il disposto di detta circolare riliquidando internamente le dichiarazioni dei redditi
35
non più emendabili ed inviando dichiarazione integrativa di sintesi in, modello unico 2012 o 2013,
generando così un errore di raccordo (come previsto dalla circolare) tra le dichiarazioni
originariamente presentate e l'ultima dichiarazione integrativa di sintesi;
tale errore, sempre secondo il disposto della suddetta circolare 31/E del 2013, avrebbe dovuto essere
corretto in via di autotutela da parte dell'amministrazione finanziaria, come conseguenza al
semplice deposito di documentazione a supporto;
all'atto pratico – solo ed esclusivamente per i contribuenti che abbiano presentato dichiarazione
integrativa di sintesi in unico 2012 o 2013 e non già per chi abbia compilato il quadro RS
«prospetto per la correzione dei dati contabili» – diversi uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate,
asserendo che la circolare 31/E si applica solo agli errori contabili, si ostinano a non voler dar
seguito a tale circolare, causando gravissimi danni al tessuto economico italiano rappresentato dalle
piccole e medie imprese, che è già pesantemente provato da una pressione fiscale eccessiva in un
contesto di drammatica e perdurante crisi economica;
in alcuni casi, alcuni uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate, esulando dalla loro competenza, si
spingono oltre, negando il diritto alle agevolazioni con motivazioni secondo l'interrogante prive di
fondamento e nuocendo gravemente alle imprese;
oltre ai citati danni, tale comportamento sta creando forti disparità di trattamento sia a livello
territoriale che a livello temporale tra coloro che hanno presentato dichiarazione integrativa fino al
2013 (mancanza del prospetto di correzione dei dati contabili) e coloro che l'hanno presentata in
data successiva (presenza del prospetto);
già alcuni giudici di commissione tributaria si sono espressi su talune circostanze relative
all'applicazione dell'articolo 6, commi da 13 a 19, della legge n. 388 del 2000, offrendo
motivazioni pregevoli tanto in fatto quanto in diritto (CTP Perugia sentenza n. 149/7/15 di data 16
marzo 2015);
la circolare 31/E al paragrafo 4, recita: «...con la dichiarazione integrativa possono essere corretti
errori materiali o di calcolo, indicati oneri deducibili o detraibili sostenuti ma per errore non
riportati (ndr non trattasi di errore contabile), indicati componenti negativi omessi o detrazioni o
crediti di imposta spettanti (ndr non trattasi di errore contabile), richiamando la R.M. 132/E del
2010 (Tremonti Macchinari – medesima agevolazione della Tremonti Ambiente)» la quale a sua
volta recita: «...diverso è il caso in cui si utilizzi la dichiarazione integrativa per correggere errori od
omissioni quali ad esempio l'omessa indicazione di debite deduzioni (n.d.r. non sono errori
contabili) da cui derivi l'assoggettamento del dichiarante a oneri tributari diversi e più gravosi (...).
La dichiarazione è finalizzata a correggere errori ed omissioni nell'indicazione di elementi
funzionali alla determinazione del reddito imponibile (...) analogamente si ritiene che la mancata
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indicazione della deduzione per fruire della “agevolazione Tremonti Ter” entro il termine di
presentazione della dichiarazione originaria non sia di ostacolo alla possibilità di avvalersi di tale
deduzione in sede di dichiarazione integrativa (...) le imprese che non si siano avvalse della
deduzione (...) possono utilizzare lo strumento della dichiarazione integrativa di cui all'articolo 2
comma 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998 al fine di avvalersi
dell'agevolazione Tremonti Ter» –:
se sia corretto il comportamento delle diverse direzioni provinciali dell'Agenzia delle entrate che
rifiutano le istanze in autotutela presentate dai diversi contribuenti per il riconoscimento
dell'agevolazione spettante mediante l'applicazione della circolare 31/E del 24 settembre 2013,
nonché se tale circolare si applichi a tutti i componenti negativi che incidono sulla determinazione
del reddito imponibile e non solo ai meri errori contabili. (5-06655)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla riforma dei porti
SANDRA SAVINO (FI)
– Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
il 30 settembre 2015, da fonti di stampa si è appreso che a margine del Salone nautico di Genova il
Ministro interrogato ha dichiarato: «Per la riforma dei porti abbiamo già preparato il decreto
legislativo, stiamo definendo gli ultimi dettagli per la riforma della governance. Andiamo bene, il
decreto è pronto»;
nei giorni successivi, sono trapelate ulteriori notizie da parte del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, secondo le quali sarebbero stati individuati, sul territorio nazionale, 14 porti strategici da
inserire a livello europeo nella rete transeuropea, rispetto alle 24 autorità portuali esistenti
attualmente;
nel decreto allo studio del Governo sarebbero stabiliti i seguenti accorpamenti: tra Genova e Savona
(sede a Genova), Livorno e Piombino (sede a Livorno), Napoli e Salerno (sede a Napoli), Cagliari e
Olbia (sede a Cagliari), Palermo e Trapani (sede a Palermo), Augusta, Messina e Catania (con sede
ancora da stabilire, perché Augusta è il porto core, ma le altre due città hanno un rilievo maggiore).
Alle sei autorità appena elencate, si aggiungerebbero altre sei per le quali non è previsto nessun
accorpamento, vale a dire Civitavecchia, Gioia Tauro, Ancona, Ravenna, Venezia e Trieste;
nel caso del Friuli Venezia Giulia, per esempio, Monfalcone e Porto Nogaro dovrebbero rientrare
nella competenza dell'autorità portuale di Trieste. A proposito del ruolo di Trieste, il Ministro
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interrogato ha dichiarato che lo scalo giuliano riveste, nel ridisegno strategico della portualità
italiana, un'importanza decisiva, trattandosi di un gateway fondamentale;
nel 2013 il porto di Trieste sotto la guida della presidente dell'autorità portuale Marina Monassi, con
56,6 milioni di tonnellate di merci ha conquistato il primato italiano per volumi di traffico
movimentati, mentre nel 2014 lo scalo giuliano con una movimentazione complessiva di 506.007
teu, aveva stabilito il proprio nuovo record annuale di traffico dei container registrando una crescita
del +10,34 per cento rispetto all'anno precedente;
purtroppo, nei primi mesi del 2015 l'autorità portuale di Trieste – commissariata dal Governo
nazionale a inizio anno – fa registrare invece un calo dei traffici dell'8 per cento: questo dato è in
netta controtendenza rispetto al dato nazionale e risulta essere particolarmente significativo in
considerazione del fatto che i porti concorrenti, dal punto di vista territoriale hanno segnato un tasso
di movimentazione in considerevole ascesa: più 24 per cento il porto croato di Fiume e più 18 per
cento il porto sloveno di Capodistria;
la legge 7 aprile 2014, n. 56, «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e
fusioni di comuni» meglio nota come «riforma Delrio», in attesa della riforma del Titolo V della
Costituzione ridisegna l'assetto dell'amministrazione locale, istituendo le città metropolitane di
Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria; le disposizioni
contenute nella «riforma Delrio», valgono come principi per la disciplina di città e aree
metropolitane da adottare dalla regione Sardegna, dalla regione siciliana e dalla regione FriuliVenezia Giulia, in conformità ai rispettivi statuti;
l'istituzione di un'area metropolitana presso il comune di Trieste, potrebbe comportare il
trasferimento, in capo al «sindaco metropolitano», anche delle competenze del presidente
dell'autorità portuale di Trieste con poteri di indirizzo, programmazione, coordinamento,
promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali ed industriali ivi
esercitate –:
quale sia la prospettiva per lo scalo giuliano in vista della prossima riforma della governance dei
porti italiani, anche alla luce della definizione delle competenze delle aree metropolitane e nella
fattispecie, per la città di Trieste, se la previsione di un'unica autorità portuale, autonoma ma isolata
dagli altri scali del nord Adriatico – come ampiamente annunciato dagli organi di stampa – dipenda
in qualche modo dalle prossime scelte del Governo in ordine all'impianto di rigassificazione di
Zaule, con una paventata revisione strutturale delle potenzialità strategiche dello scalo giuliano.
(4-10727)
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Interrogazione a risposta scritta:
sulla nomina di Cosimo Indaco a commissario straordinari dell’autorità portuale di Catania
GRILLO (M5S), e altri
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il signor Cosimo Indaco è stato nominato, ai sensi e per gli effetti della legge 28 gennaio 1994, n.
84, «Riordino della legislazione in materia portuale», commissario straordinario dell'autorità
portuale di Catania, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 9 aprile 2015, n.
120. Questa nomina consegue all'analoga e precedente nomina a commissario straordinario
avvenuta con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 22 settembre 2014,
n. 383;
le autorità portuali sono enti pubblici non economici, come stabilito dal comma 993 dell'articolo 1
della legge n. 296 del 1996. In forza di tale qualifica a tali enti si applica la legge n. 190 del 2012
(legge Severino) e i suo decreti delegati e segnatamente il decreto legislativo n. 33 del 2013 e il
decreto legislativo n. 39 del 2013. In tale senso si veda il parere espresso dal dipartimento della
funzione pubblica in data 29 settembre 2013;
le nomine sopra citate sono state effettuate ai sensi dell'articolo 7 della citata legge 28 gennaio
1994, n. 84, ove è previsto che con decreto il Ministro dei trasporti e della navigazione (ora MIT)
nomina un commissario che esercita, per un periodo massimo di sei mesi, le attribuzioni conferitegli
con il decreto stesso;
il citato articolo 7, peraltro, presuppone che il commissario straordinario sia susseguente alla revoca
del mandato del presidente e allo scioglimento del comitato portuale; mentre nel caso di specie il
commissario straordinario subentra solo al presidente ed infatti i decreti di nomina del signor
Cosimo Indaco espressamente prevedono che al nominato commissario sono conferiti i poteri e le
attribuzioni di cui all'articolo 8 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, ovvero i poteri attribuiti
ordinariamente al presidente dell'autorità portuale;
il comitato portuale risulta costituito, ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 84 del 1994, con decreto
n. 3 del commissario straordinario del 20 gennaio 2013; presieduto dall'allora commissario
straordinario dottor Cosimo Aiello. Nel comitato portuale risulta essere presente lo stesso signor
Cosimo Indaco come «rappresentante della categoria degli spedizionieri»;
il comma 6 dell'articolo 6 della legge n. 84 del 1994 prevede che «Le autorità portuali non possono
esercitare, né direttamente, né tramite la partecipazione di società, operazioni portuali ed attività ad
esse strettamente connesse»;
39
ai sensi dell'articolo 1 comma 2, lettera f) del decreto legislativo 39 del 2013 per «componenti di
organi di indirizzo politico», s'intendono «le persone che partecipano, in via elettiva o di nomina, a
organi di indirizzo politico delle amministrazioni statali, regionali e locali, quali Presidente del
Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario
del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, parlamentare, Presidente della
giunta o Sindaco, assessore o consigliere nelle regioni, nelle province, nei comuni e nelle forme
associative tra enti locali, oppure a organi di indirizzo di enti pubblici, o di enti di diritto privato in
controllo pubblico, nazionali, regionali e locali»;
ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera l) del decreto legislativo n. 39 del 2013 per «incarichi di
amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico», s'intendono «gli incarichi di
Presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di
indirizzo delle attività dell'ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto
privato in controllo pubblico»;
il commissario straordinario di un'autorità portuale è da includersi tra i componenti degli organi
d'indirizzo politico, unitamente al comitato portuale; non si comprende pertanto la collocazione, nel
sito istituzionale in seno alla sezione amministrazione trasparente e tra gli organi di vertice dell'ente,
del commissario straordinario dell'autorità portuale di Catania, come fosse «personale» dell'ente;
il presidente dell'autorità portuale (ergo anche il commissario straordinario), ai sensi del già citato
articolo 8 della legge 28 gennaio 1994 n. 84, ha precise ed estese deleghe gestionali dirette;
il signor Cosimo Indaco risulta, come da visura camerale del 21 settembre 2015, essere socio
(nominato con atto 13 maggio 2013) della società di spedizioni doganali – «Angelo Perez di
Cosimo Indaco & c. snc» – P.IVA 00156820870, che opera nel porto di Catania; «attività che
esercita da decenni in stretta simbiosi con l'evoluzione e la crescita del porto», come si legge dal
sito della società; tanto ciò è vero che sul sito dell'autorità portuale di Catania è riportato, tra gli
spedizionieri
del
porto,
proprio
il
nominativo
di
suddetta
società;
ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 39 del 2013 «A coloro che, nei due anni precedenti,
abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati
dall'amministrazione o dall'ente pubblico che conferisce l'incarico ovvero abbiano svolto in proprio
attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall'amministrazione
o ente che conferisce l'incarico, non possono essere conferiti: a) gli incarichi amministrativi di
vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali; b) gli incarichi di amministratore di ente
pubblico, di livello nazionale, regionale e locale; c) gli incarichi dirigenziali esterni, comunque
denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico
settore o ufficio dell'amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento»;
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ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge n. 39 del 2013, comma 2, «Gli incarichi amministrativi di
vertice e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, gli
incarichi di amministratore negli enti pubblici e di presidente e amministratore delegato negli enti di
diritto privato in controllo pubblico sono incompatibili con lo svolgimento in proprio, da parte del
soggetto incaricato, di un'attività professionale, se questa è regolata, finanziata o comunque
retribuita dall'amministrazione o ente che conferisce l'incarico»;
alcuni parlamentari nazionali e siciliani del Movimento 5 Stelle in data 5 ottobre 2015 hanno
inviato sulla questione, sopra esposta, una lettera al presidente dell'Autorità nazionale anti
corruzione –:
se il conferimento dell'incarico di commissario straordinario dell'autorità portuale di Catania a
Cosimo Indaco sia pienamente conforme alla normativa di cui in premessa e quali iniziative di
competenza intenda intraprendere al riguardo. (4-10741)
Interpellanza:
sulla gestione della rete elettrica sarda
PIRAS (SEL) e altri
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso
che:
nel corso del 2012 vi sono stati cambiamenti significativi nella gestione della rete elettrica sarda.
L’«Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico», con delibera n. 400/12 ha infatti
definito, insieme alle centrali di E.on Fiume Santo ed Enel Suclis, anche la centrale termoelettrica di
Ottana Energia come unità essenziale al sistema elettrico nazionale;
il progetto di metanizzazione Galsi, accantonato anche a causa delle forti perplessità da più parte
espresse sull'impatto ambientale e territoriale dell'opera, allo stato attuale non appare sostituito da
alcuna alternativa credibile;
come affermato dall'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico nel suo Rapporto
annuale in materia di monitoraggio dei mercati elettrici a pronti, a termine e dei servizi di
dispacciamento, Consuntivo 2013: «i prezzi medi su MSD, nel corso del 2013, hanno fatto
registrare un differenziale tra i prezzi a salire e i prezzi a scendere incrementato sul Continente, +13
per cento, mentre si è ridotto sulle isole; in particolare in Sardegna la riduzione è stata del 90 per
cento a seguito dell'inserimento di Ottana Energia nella lista degli impianti essenziali per la
fornitura di Riserva Secondaria»;
41
nel febbraio 2014 è stato varato il «piano energetico ed ambientale della regione Sardegna» nel
quale per la centrale di Ottana è prevista una «riconversione della Centrale Termoelettrica di Ottana
a metano con finalità di servizio ancillare alla rete»;
al documento di cui sopra viene stabilito che «In particolare la Regione si pone l'obiettivo
nell'ambito delle azioni interne ai distretti energetici di promuovere contestualmente con il
territorio, le azioni consentite per una riconversione a metano entro il 2020 della suddetta centrale
cogenerativa per il superamento dell'attuale configurazione ad olio combustibile. La Regione si
impegna pertanto a porre in essere in sinergia con gli enti locali interessati e lo Stato quanto
necessario per raggiungere tale obiettivo»;
la mancanza di una fornitura di gas naturale ha condizionato negativamente il sistema energetico
regionale, vincola l'avvio della realizzazione della rete di trasmissione interna e rende
potenzialmente inefficace, perché economicamente non remunerativo, l'utilizzo delle reti urbane o
comprensoriali di distribuzione del gas, in quanto non collegate tra loro in un'unica rete;
la giunta regionale, con delibera n. 17 del 13 maggio 2014, ha previsto di riconsiderare le proprie
strategie di sviluppo individuando fattivamente una serie di ulteriori azioni alternative con interventi
infrastrutturali che permettano in tempi brevi alla Sardegna di avviare la metanizzazione;
inoltre, con delibera di giunta n. 17 del 13 maggio 2014, la regione Sardegna ha deciso «l'uscita dal
Consorzio Galsi e l'individuazione di un Advisor per una soluzione tecnica alternativa ed il
mantenimento dei regimi di essenzialità energetica attualmente vigenti in Sardegna in vista
dell'adeguamento degli impianti al previsto processo di metanizzazione»;
successivamente, con ordine del giorno n. 5 del 27 maggio 2014, è stato approvato dal consiglio
regionale l'impegno «a richiedere altresì al Governo l'attivazione delle disponibilità finanziarie
occorrenti per il mantenimento dei regimi di essenzialità energetica attualmente vigenti in Sardegna,
nonché per la perequazione, nelle more del compimento del processo di metanizzazione, dei
maggiori
costi
energetici
gravanti
sulle
famiglie e
in data 6 agosto 2014 è stato accolto dal Governo
sulle imprese della Sardegna»;
l'ordine del giorno che, considerando la
qualifica di essenzialità a tutte le centrali siciliane, impegnava il Governo «a valutare gli effetti
applicativi delle disposizioni (...) al fine di intervenire, attraverso ulteriori iniziative normative per
sanare questo vero e proprio vulnus inferto a tutto il sistema energetico sardo, che necessita del
regime di essenzialità sinora concesso, in attesa della completa metanizzazione dell'isola»;
con la delibera dell'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico n. 500 del 16 ottobre
2014 la centrale di Ottana Energia, così come le altre centrali sarde dichiarate essenziali nel 2014,
ha visto una proroga di tale modalità di esercizio fino al mese di aprile 2015, data nella quale sono
42
in funzione due generatori sincroni nella stazione elettrica di Codrongianos. Tale provvedimento è
stato poi esteso fino al mese di dicembre 2015;
a quanto si apprende da fonti di stampa (Il sole 24 ore 23 ottobre 2014), gli impianti di Fiume Santo
ed Enel Sulcis figurano fra gli impianti in possibile chiusura e tale evento potrebbe causare la
perdita di interesse di grandi multinazionali per la riattivazione delle grosse industrie energivore
sarde (come, ad esempio, Alcoa) per la ripresa delle produzioni;
ad avviso degli interpellanti potrebbe quindi andare a determinarsi la chiusura degli impianti di Enel
Sulcis, Eph Fiume Santo, Ottana Energia. In tal modo la regione Sardegna potrebbe trovarsi senza
impianti produttivi di potenza programmabile e far fronte alla potenza rinnovabile installata
unicamente con il cavo di collegamento Sapei con il continente;
lo stato di declino dei grandi poli industriali del «Sulcis», di «Portotorres» e di «Ottana» è da
addebitare in gran parte al deficitstrutturale dell'approvvigionamento energetico, così come alla
diminuita competitività dell'industria ancora presente. In tale dinamica, nel mese di ottobre 2014,
veniva dato l'annuncio del mancato proseguimento delle attività di produzione xileni presso il sito
di Sarroch, che forniva la totalità della materia prima alla fabbrica di Ottana Polimeri, per cui vi è in
corso un programma di riconversione che mira a ridare una prospettiva di medio termine alla filiera
chimica isolana e in cui la perdita dell'autonomia energetica del sito industriale di Ottana
renderebbe vani tali sforzi;
inoltre tale assetto produttivo non garantirebbe la sicurezza del sistema elettrico sardo e
comporterebbe la perdita di circa 800 addetti impiegai direttamente, più quelli legati all'indotto;
con la delibera della giunta regionale 48/13 del 2 ottobre 2015, vengono approvate le linee guida del
piano energetico ambientale regionale ed in particolare viene stabilito che «Per la metanizzazione
della Sardegna, l'Assessore ricorda che il tema ha assunto una rilevanza tale che implica un focus
specifico nel PEARS con la possibilità, da valutare in sede di predisposizione dell'aggiornamento
della proposta tecnica, di affrontare gli aspetti di dettaglio da un punto di vista tecnico e
amministrativo attraverso la predisposizione di un piano attuativo dedicato. Tale impostazione
metodologica è supportata anche dagli esiti del confronto in corso con il Governo sulle modalità di
approvvigionamento di gas naturale per l'isola, nel quadro della strategia nazionale GNL.»;
per quanto risulta agli interpellanti, secondo notizie circolanti nell'ambiente, risulterebbe la notizia
dell'estensione del regime di essenzialità alle centrali siciliane di potenza maggiore di 50 megawatt
per tutto il primo semestre 2016 –:
se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali elementi intenda fornire con riferimento
alla notizia relativa alla possibile estensione del regime di essenzialità alle centrali siciliane di
potenza maggiore di 50 megawatt per tutto il primo semestre 2016;
43
quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere per evitare la chiusura degli
impianti delle centrali elettriche sarde dopo il mese di dicembre 2015 e se intenda assumere
iniziative
normative
al
fine
di
prevedere
la
proroga
quali iniziative di competenza il Governo abbia posto in essere o
del
regime
di
essenzialità;
abbia intenzione di adottare per
contribuire, insieme alla regione Sardegna, alla soluzione dell'annoso problema relativo alla
metanizzazione dell'isola, unica regione in tutta Europa ad esserne oggi completamente priva, con
gravi ripercussioni sotto il profilo della competitività del sistema industriale. (2-01123)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla realizzazione di due progetti per impianti pilota geotermici da realizzarsi sulla piana
dell'Alfina
TERROSI (PD), e altri
— Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare. — Per sapere – premesso che:
sono stati presentati dalla ditta ITWLKW Geotermia Italia, due progetti per altrettanti impianti
pilota geotermici da realizzarsi sulla piana dell'Alfina (province di Viterbo e Terni). Il primo
impianto, quello che insisterebbe nel comune di Castelgiorgio (Terni) ha quasi ultimato il
suo iter autorizzativo, mentre il secondo, che dovrebbe essere situato nelle vicinanze del borgo di
Torre Alfina, nel comune di Acquapendente, lo ha appena iniziato;
i comuni, sia quelli situati sull'altopiano dell'Alfina (Castelgiorgio, Castelviscardo, Orvieto,
Allerona e Acquapendente), sia quelli che fanno parte del bacino idrografico del lago di Bolsena
(Montefiascone, Bolsena, San Lorenzo Nuovo, Proceno, Onano, Valentano, Gradoli, Marta e
Capodimonte), sia quelli limitrofi all'area ternana in cui insisterebbe il progetto (Montegabbione,
San Venanzo, Allerona, Porano), insieme alla provincia di Viterbo, si sono espressi in maniera
negativa nei confronti dei progetti pilota geotermici presentati, motivando tale contrarietà nei
documenti inviati in forma di osservazioni ai Ministeri competenti e confermandola nel corso degli
anni anche attraverso la produzione, da parte dei diversi consigli comunali, di specifiche
deliberazioni;
si intende rimarcare che, come noto, taluni studi scientifici mettono in risalto la possibile
pericolosità che l'attività geotermica a media ed alta entalpia possa rappresentare per le falde
acquifere e per la possibile induzione di sismicità;
il luogo nel quale verrebbero ad insistere i due progetti, l'altopiano dell'Alfina, fa parte di un'area
sismottettonica fragile e attiva e costituisce, con le proprie falde, il principale alimentatore della
44
riserva idropotabile rappresentata dal lago di Bolsena, il più grande lago europeo di origine
vulcanica, sede di aree SIC e ZPS;
considerando le suddette preoccupazioni e considerando, tuttavia, l'importanza e la rilevanza della
geotermia quale risorsa individuata come strategica per lo sviluppo del nostro Paese, in data 15
aprile 2015 è stata approvata alla unanimità dalle Commissioni permanenti riunite VIII ambiente e
X attività produttive la risoluzione n. 8-00103 che impegna il Governo alla realizzazione di dodici
azioni;
in particolare il primo paragrafo del dispositivo impegna il Governo: «ad avviare le procedure di
zonazione del territorio italiano, per le varie tipologie di impianti geotermici, identificando le aree
potenzialmente sfruttabili in coerenza anche con le previsioni degli orientamenti europei
relativamente all'utilizzo della risorsa geotermica, e in linea con la strategia energetica nazionale»;
il secondo paragrafo del dispositivo impegna il Governo «ad emanare, entro sei mesi, linee guida a
cura dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
che individuino nell'ambito delle aree idonee di cui al punto precedente anche i criteri generali di
valutazione, finalizzati allo sfruttamento in sicurezza della risorsa, tenendo conto delle implicazioni
che l'attività geotermica comporta relativamente al bilancio idrologico complessivo, al rischio di
inquinamento
delle
falde,
alla
qualità
dell'aria,
all'induzione
di
micro
sismicità»;
il terzo paragrafo del dispositivo della richiamata risoluzione impegna il Governo «a rilasciare, a
seguito dell'emanazione delle linee guida, tutte le autorizzazioni per i progetti di impianti
geotermici, comprese quelle relative ai procedimenti in corso, nel rispetto delle prescrizioni ivi
previste» –:
se i Ministri abbiano ultimato la zonizzazione e la elaborazione delle suddette linee guida
considerando che, con riferimento a queste ultime, il termine di sei mesi individuato nella
risoluzione scade il 15 ottobre 2015 e, nella eventualità che il lavoro, sia di zonizzazione sia di
elaborazione delle linee guida, non sia ancora concluso, quali siano i tempi previsti per la
ultimazione dello stesso e le fasi ancora mancanti per la emanazione delle già citate linee guida.
(5-06647)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sull’installazione di un deposito costiero di GPL della Energas spa, compartecipata Q8, nel
territorio del comune di Manfredonia (Foggia)
FRUSONE (M5S) e altri
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— Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in data 10 novembre 1999 la società Isosar srl (oggi Energas spa compartecipata Q8) depositò,
presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un'istanza di valutazione di
impatto ambientale per la realizzazione di un deposito costiero di GPL nel territorio del comune di
Manfredonia (Foggia) località Santo Spiriticchio. Venne rifiutato dal Ministero dell'ambiente;
in data 25 ottobre 2013 la società Energas spa ha depositato nuovi documenti relativi all'istanza di
valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti e dello sviluppo economico, la regione Puglia, la provincia di Foggia e il comune di
Manfredonia;
il progetto prevede l'installazione di un deposito costiero di GPL con capacità di stoccaggio di
60.000.000 di litri (oltre 30.000 tonnellate di GPL). L'opera prevede anche il posizionamento in
mare di un gasdotto lungo 10 chilometri, che parte dal porto industriale e attraversa il golfo di
Manfredonia per continuare interrato nel sottosuolo, attraversando zone archeologiche e zone ZPS e
SIC (zona a protezione speciale e sito di interesse comunitario) censite nel protocollo europeo
«Natura 2000» fra le più importanti d'Europa. Il trasporto del GPL dal deposito verrà effettuato sia
via ferroviaria, via gomma. La distribuzione ferroviaria è permessa dal raccordo ferroviario di circa
1,5 chilometri con la vicina stazione delle ferrovie dello stato di Frattarolo, dalla quale partiranno le
ferro cisterne da 120 metri cubi cadauna, transitando nella vicina stazione dell'aeroporto militare di
Amendola. Il trasporto su gomma utilizzerà la strada statale 89. Il volume totale stimato di
movimentazione su trasporto ferroviario e su gomma si stima sia di circa 300.000 quintali annui;
il deposito in questione dovrebbe sorgere a 10 chilometri in linea d'aria dall'aeroporto militare di
Amendola «Luigi Rovelli Comando 32o Stormo» e a 2 chilometri dal centro abitato di Manfredonia
(Foggia); l'aeroporto è disposto a sandwich fra la ferrovia e la strada statale 89 per diversi
chilometri. La posizione della base la pone al centro della distribuzione logistica del GPL, dato che
l'unica strada per accedere all'autostrada A14 è la statale 89, passante esattamente a pochi metri
dalla base e dal villaggio dove risiedono le famiglie dei militari. A poche centinaia di metri al nord
della base corrono i binari sui quali viaggeranno le ferro cisterne, al ritmo di una ogni sette minuti.
Pertanto la base è esattamente al centro tra i binari e la statale. L'intera situazione andrebbe
analizzata con molta attenzione, prendendo in considerazione aspetti fondamentali come eventi
naturali, eventi umani ed eventi terroristici;
nell'aeroporto militare è presente il modello di UAV (Unmanned Aerial Vehicle) MQ-9 Predator B
(Reaper) in servizio presso la nostra Forza Aerea e consegnato di recente al 28o Gruppo Velivoli
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Teleguidati del 32o Stormo; inoltre, l'aeroporto sarà il primo aeroporto d'Italia ad ospitare il caccia
multiruolo F-35, aumentando ancor di più l'importanza strategica di tale zona. L'aeroporto ospita in
modo stabile personale militare non italiano in forza alla NATO. La base militare di Amendola è la
base logistica di numerose operazioni nazionali ed internazionali per la tutela della pace nel bacino
del Mediterraneo. Queste informazioni risultano essere di dominio pubblico e l'attività
di intelligence svolta dai droni aerei è stata anche riportata su stampa generalista, quotidiana e
periodica,
con
toni
enfatici
ed
elogiativi
in
diverse
occasioni
e
contesti;
il 26 giugno 2015, in un impianto di gas industriale nell'Isère, a 30 chilometri da Lione, in Francia,
nella regione del Rodano-Alpi, un individuo, non terrorista, per motivi di vendetta personale ha
innescato una esplosione proprio in deposito GPL provocando ferimento di due persone ed un
morto;
la posizione e la logistica dell'impianto di GPL, fra i più grandi di Europa se venisse realizzato,
esporrebbe la sicurezza dei civili e delle strutture militari dell'area a rischi concreti. Inoltre
Manfredonia è una zona sismica di intensità media (registrate anche scosse di livello 4 Mercalli)
pertanto da considerare e analizzare a fondo l'ipotesi in cui ci sia un evento sismico quali sono gli
effetti sull'impianto e quali i rischi per la popolazione; nel progetto infatti non viene presa in
considerazione la sismicità della zona tanto che lo stesso Ing. Marino (rappresentante
dell'ENERGAS) in un recente articolo su un quotidiano locale minimizza il problema dichiarando
che se si dovesse prendere in considerazione la sismicità non si dovrebbe costruire da nessuna parte
in Italia e nel mondo;
per quel che riguarda poi le attività umane di carico e scarico di tutta la filiera del gpl, dalla nave
gassiera alle ferro cisterne e autobotti, occorre ricordare che sono tutte operazioni in cui il minimo
errore umano comporta grandi rischi per la sicurezza;
al rischio imprevedibile sismico, idrogeologico dell'area e all'errore umano si aggiungano i pericoli
dalle possibili mire terroristiche che potrebbero avere motivi molteplici: sia se volessero attaccare la
stessa multinazionale Q8 che è dietro al progetto (la base militare sarebbe colpita indirettamente) sia
se volessero colpire direttamente la base e allora l'impianto con 60.000.000 di litri di GPL, le ferro
cisterne che transiterebbero a poche centinaia di metri dalla base e i camion per trasporto su strada
porrebbero la base all'interno di una forbice e senza via di scampo;
le preoccupazioni sono tante vista anche quella che l'interrogante giudica la superficialità con cui
l'ENERGAS s.p.a. continua a portare avanti le richieste di autorizzazioni senza integrare la
documentazione richiesta, in particolare piani sicurezza, evacuazioni ed esercitazioni con la
cittadinanza, e soprattutto perché continua a ragionare su una progettazione che si basa sulla
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normativa del 1999 che invece dovrebbe adeguarsi necessariamente alla nuova normativa posta
dalla Direttiva SEVESO III, entrata in vigore a luglio 2015 –:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;
se sia stato valutato l'aumento del rischio sia per motivi terroristici o per eventi naturali correlati alla
futura presenza dell'impianto GPL nell'area considerata;
se esista sia allo studio, un piano d'emergenza, in grado di tutelare non solo i cittadini, ma anche i
lavoratori che prestano servizio presso la base di Amendola;
se il Governo intenda partecipare al tavolo tecnico Energas, prima previsto per il 22 ottobre 2015 e
che si terrà invece nei prossimi mesi, a cui prenderanno parte tutti gli interlocutori interessati al
tema. (5-06684)
Interpellanza:
sulla crisi e sull’impatto ambientale dell'Ilva di Taranto, anche in riferimento alla perdita
della commessa per la fornitura di tubi per il TAP
CHIARELLI (FI)
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso
che:
la crisi che ha colpito l'acciaieria Ilva di Taranto è abbondantemente nota a tutti i livelli di governo,
come note sono le problematiche che riguardano il territorio della provincia ionica, sia sotto il
profilo economico occupazionale, sia per le disastrose condizioni ambientali che compromettono la
salute dei cittadini;
parimenti note sono le vicende giudiziarie che vedono in corso un processo penale a carico di
quanti, con atti commissivi e/o omissivi, hanno di fatto favorito il degrado ambientale e la
conseguenti ripercussioni negative sulla salute di lavoratori e abitanti;
il Governo è più volte intervenuto nella vicenda Ilva, varando provvedimenti d'urgenza: finalizzati a
rilanciare lo stabilimento di Taranto, ritenuto strategico nell'ambito degli asset industriali del nostro
Paese, e, contestualmente, a normalizzare l'impatto ambientale;
per l'attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale e il rilancio della produzione il Governo ha
previsto anche l'impiego di risorse rivenienti dal sequestro ai danni del gruppo imprenditoriale
responsabile della gestione privata della acciaieria;
con uno dei citati provvedimenti il Governo si è fatto carico della gestione diretta della azienda
attraverso il suo commissariamento, in un contesto di amministrazione straordinaria;
la gestione commissariale, allo stato dei fatti, non ha raggiunto, ad avviso dell'interpellante, alcuno
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degli obiettivi prefissati: sul piano economico-finanziario risultano perdite valutate in circa 50
milioni di euro al mese; la produzione di quest'anno si attesta sui 5 milioni di tonnellate di acciaio,
rispetto agli 8 milioni previsti per il pareggio, e ad una potenzialità produttiva che supera i 10
milioni di tonnellate;
in un contesto di crisi del mercato europeo dell'acciaio, l'Ilva perde importanti commesse, come, ad
esempio, quella relativa alla fornitura di tubi per il TAP;
l'acuirsi della crisi comporta altresì problematiche relative alla liquidità che mettono in forse il
pagamento degli stipendi e dei fornitori;
l'appalto, comandato, dalla gestione commissariale, per effettuare i lavori di bonifica, attende da
mesi il pagamento delle commesse, mentre per i crediti pregressi è attivata la procedura prevista per
l'amministrazione straordinaria, con i lunghi tempi che ciò comporta;
quanto sopra esposto si inserisce in un contesto più generale che vede il territorio ionico, già
gravato da un livello straordinariamente alto di disoccupazione, aggredito da una serie di criticità
che impediscono al momento di ipotizzare lo sviluppo di fonti alternative di sviluppo e di
occupazione. Un possibile default dell'acciaieria comporterebbe la perdita di almeno 20-30 mila
posti di lavoro considerando diretti e indotto –:
quale prospettiva, nel medio e lungo periodo, il Governo preveda in riferimento agli assetti
aziendali, al posizionamento sul mercato, alla gestione;
nell'immediato, quali iniziative intenda adottare per fronteggiare la grave crisi che, se non risolta,
porterebbe alla chiusura dello stabilimento, con tutte le prevedibili conseguenze sul piano
economico ed occupazionale;
se ritenga, come prima iniziativa, intervenire sull'attuale gestione commissariale operando tutti i
correttivi necessari ed indispensabili per garantire un immediato cambio di strategia nella gestione
dello stabilimento siderurgico. (2-01122)
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SENATO
Interrogazione con richiesta di risposta scritta:
sulla realizzazione di campi fotovoltaici a Massarosa (Lucca)
PAGLINI (M5S), e altri
- Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'interno, dello sviluppo economico e
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che risulta agli interroganti che in
data 28 gennaio 2014 è stato inoltrato alla Procura della Repubblica della Procura generale della
Corte dei conti di Firenze nonché alla Procura della Repubblica di Lucca un esposto in cui i
cittadini Valeria Antoni (consigliere comunale), Samuele Marsili, Domenico Piccirillo e Elisabetta
Zuccaro (consigliere comunale) affermano di essere venuti a conoscenza di fatti relativi alla
realizzazione di campi fotovoltaici a Massarosa (Lucca). Tali circostanze sono state sottoposte
all'attenzione delle Procure affinché potessero valutarne la correttezza, ovvero le eventuali
violazioni e le conseguenti responsabilità;
considerato che, per quanto risulta:
con delibera del Consiglio comunale n. 80 del 25 settembre 2009 veniva approvata la scissione di
Sermas SpA, società interamente partecipata dal Comune di Massarosa, in due società di cui una
"esclusivamente operante nei servizi di gas metano in grado quindi, eventualmente, di cogliere le
migliori opportunità di aggregazione societaria" e l'altra che "l'Amministrazione Comunale ritiene
inoltre strategico possedere apposito soggetto che abbia come fine l'utilizzo di energie alternative
(fotovoltaico, eolico, eccetera) al fine di ottenere considerevoli risparmi di spesa nonché minore
impatto ambientale";
con delibera del Consiglio comunale n. 33 del 31 marzo 2010 si avviava la fusione per
l'incorporazione di Sermas Gas con Toscana energia lasciando alla società scissa (Sermas Servizi
SpA) la gestione di "altri servizi pubblici locali";
in data 13 maggio 2010 veniva sottoscritto un accordo quadro tra Toscana energia e Comune di
Massarosa;
in data 14 settembre 2010 è stato sottoscritto un accordo tra Sermas Servizi SpA e Toscana energia
green (TEG), controllata da Toscana energia, per la realizzazione di alcuni impianti: un impianto
fotovoltaico su piscina comunale, un impianto solare termico su piscina comunale, un impianto
fotovoltaico in località Brentino, un impianto fotovoltaico in località Vasche Esondazione Piano di
Conca 1 e un impianto fotovoltaico in località Vasche Esondazione Piano di Conca 2;
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all'interno di tale accordo erano previste (punto c) anche la fornitura di materiali e strutture oltre ad
una forma sostanziale di finanziamento (art. 5) relativa alle attività svolte da TEG per conto di
Sermas, quali il pagamento di fornitori, consulenti e appaltatori incaricati direttamente da Sermas;
a giudizio degli interroganti, è dubbia la legittimazione ad operare nel campo della produzione e
vendita di energia da parte di Sermas servizi SpA in virtù di quanto sancito all'art. 3, comma 27,
della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) ed anche da quanto indicato dalla Corte
dei conti, Sezione regionale Lombardia nel parere 861 del 22 luglio 2010 che ritiene che
quest'attività "sembra esulare dalle finalità proprie dell'ente territoriale configurandosi come attività
tipicamente commerciale perché diretta alla produzione ed al commercio di un bene rispetto al
quale gli enti locali non solo non hanno alcun diritto di privativa ma rilevanti poteri di indirizzo in
relazione alla pianificazione urbanistica territoriale ed alle altre potestà pubblicistiche di loro
competenza" e che "l'intervento diretto dell'Ente, anche e soprattutto se per tramite di una società
partecipata la quale potrebbe essere agevolata in relazione ai diritti di localizzazione e costruzione
degli insediamenti appare porsi in deciso contrasto sia con le regole sulla concorrenza che con
quelle sul divieto di aiuti di stato che sono contenute nel Trattato istitutivo dell'Unione europea e, in
ogni caso, potrebbe falsare la libertà del mercato";
inoltre, risulta che non sia stato possibile verificare attraverso gli strumenti a disposizione dei
privati cittadini, ai sensi delle norme sulla trasparenza amministrava, l'esistenza di una gara
pubblica esperita da Sermas Servizi SpA per l'individuazione del fornitore dei pannelli solari, che
sono stati fatturati direttamente da TEG a Sermas Servizi;
in data 26 ottobre 2012 viene sottoscritto un accordo tra TEG e Sermas servizi nel quale si
evidenzia il debito di Sermas verso TEG pari a 7.690.832,16 euro;
in data 1° agosto 2013 è stata approvata la delibera del Consiglio comunale n. 52 con la quale si
prende atto finalmente che "la produzione di energia fotovoltaica non rientra tra i fini istituzionali
dell'ente pubblico locale e non è riconducibile al novero delle partecipazioni essenziali per
l'amministrazione locale stante, appunto, la natura marcatamente industriale dell'attività,
difficilmente qualificabile come servizio pubblico: nel caso specifico verrebbero dunque a mancare
i presupposti imprescindibili per il legittimo mantenimento/nuova costituzione di partecipazioni
societarie ai sensi dell'art. 3 comma 27 della legge 27 dicembre 2007, n. 244". Inoltre, la delibera
sancisce la non sostenibilità da parte di Sermas servizi SpA degli oneri finanziari derivanti
dall'operazione in quanto "considerato che Sermas, al fine di estinguere il debito con Toscana
Energia Green, ha effettuato apposita ricerca di finanziamento sul mercato finanziario e che tale
ricerca è andata deserta", proponendo come rimedio la cessione degli impianti stessi a TEG, anche
in questo caso senza alcuna procedura con evidenza pubblica che si afferma di voler evitare in
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quanto "l'operazione suddetta ha il vantaggio di non esporre la Società comunale sia ad un forte
indebitamento sia all'onere di affrontare il rischio che una specifica procedura di alienazione degli
impianti non consenta il recupero del loro costo; (...) dalle analisi di mercato svolte una procedura
di alienazione non avrebbe permesso di raggiungere risultati economici migliori anche a causa
dell'indebitamento maturato; (...) sia la procedura di scissione che la successiva procedura di
alienazione avrebbe comportato costi aggiuntivi";
considerato infine che, a giudizio degli interroganti:
le procedure adottate paiono non conformi ai principi di buona amministrazione che dovrebbero
essere seguite dagli amministratori;
è evidente che sarebbe stato opportuno un rapido intervento delle competenti autorità,
si chiede di sapere se il Governo sia a conoscenza della presentazione del citato esposto e se, nei
limiti delle proprie attribuzioni, abbia attuato o intenda avviare gli opportuni controlli in ordine alla
legittimità della gestione e delle scelte operate nel quadro di quanto descritto.
(4-04680)
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