Comune di Lauria A.1 Relazione illustrativa

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Comune di Lauria A.1 Relazione illustrativa
Comune di Lauria
INTERVENTO DI REALIZZAZIONE DI UN NUOVO IMPIANTO DI
DEPURAZIONE DEL PERCOLATO A SERVIZIO DEL SISTEMA
INTEGRATO DI GESTIONE DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI
IN LOCALITÀ CARPINETO DI LAURIA
PROGETTO PRELIMINARE
Relazione illustrativa - tecnica
A.1
Scala:
Progettista:
Responsabile Unico del Procedimento:
Data:
Ing. Alessandra Corleto
--MAGGIO 2014
Consulente scientifico:
Prof. Ing. Giovanni Esposito
Rev.
Data
0
05/2014
Descrizione modifica
verificato
approvato
Progetto preliminare
Intervento di realizzazione di un nuovo impianto di depurazione del percolato a servizio del sistema integrato di gestione dei
rifiuti solidi urbani in Località Carpineto di Lauria
Relazione illustrativa-tecnica
INDICE
1 Premessa ..................................................................................................... 2
2 Inquadramento territoriale............................................................................. 3
3 Individuazione delle criticità .......................................................................... 4
4 Soluzione progettuale adottata ..................................................................... 6
5 Criteri di progettazione.................................................................................. 8
6 Descrizione tecnica del processo di trattamento ........................................... 9
6.1 Primo modulo: unità di pretrattamento per flottazione e correzione del pH 10
6.2 Secondo modulo: unità di osmosi inversa a doppio stadio........................ 11
6.3 Terzo modulo: unità di evaporazione ........................................................ 13
6.4 Sistema di telecontrollo e teleassistenza .................................................. 13
Progetto preliminare
Intervento di realizzazione di un nuovo impianto di depurazione del percolato a servizio del sistema integrato di gestione dei
rifiuti solidi urbani in Località Carpineto di Lauria
Relazione illustrativa-tecnica
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Premessa
L’intervento oggetto della presente progettazione preliminare è relativo alla realizzazione
di un impianto di trattamento del percolato proveniente dalla discarica sita in Località Carpineto,
nel Comune di Lauria (PZ), che ne consenta lo smaltimento rispettando i termini di legge
previsti. L’impianto verrà allestito all’interno dell’area in cui è presente l’impianto di trattamento
del percolato già esistente, in una zona che verrà opportunamente attrezzata e schermata a
verde in modo da minimizzare l’impatto visivo dell’opera.
Il processo di depurazione sarà basato sulla tecnica dell’osmosi inversa, la più efficiente
ed avanzata per la rimozione di tutte le sostanze contaminanti presenti all’interno del percolato
e che sfrutta l’azione di membrane semi-permeabili che lasciano passare l’acqua ma non gli ioni
e le molecole delle sostanze organiche, che sono quindi respinte. Il concentrato derivante da
tale trattamento verrà poi sottoposto ad un processo di evaporazione, che ridurrà notevolmente
i volumi di rifiuti solidi da destinare allo smaltimento.
Il sistema proposto sarà in grado di trattare fino a 100 m3/giorno di percolato, ma,
essendo sviluppato con una configurazione modulare, potrà facilmente essere ampliato in
futuro, qualora il quantitativo di refluo da trattare dovesse aumentare. A valle del trattamento si
otterranno:

acqua depurata scaricabile in conformità ai parametri indicati nella Parte Terza, Allegato
5, Tabella 3 del D.Lgs 152/06, che avrà come recapito finale la pubblica fognatura;

un fango, in quantità non superiore al 10% del volume di refluo in ingresso all’impianto,
che verrà inviato allo smaltimento come rifiuto solido.
L’impianto verrà installato all’interno di container standard, interamente accessoriati per
il posizionamento in campo e per l’avviamento e completi di tutti i collegamenti elettrici ed idrici
necessari alle apparecchiature presenti. Tutti i serbatoi nei quali sarà contenuto il percolato
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nelle diverse fasi del processo di trattamento saranno dotati di sistemi esterni di contenimento
delle eventuali perdite.
Si precisa che la disposizione planimetrica delle unità dipende dalle caratteristiche
tecniche degli impianti prodotti dalle diverse case produttrici e pertanto verrà definita in fase di
progettazione esecutiva.
2
Inquadramento territoriale
Il Comune di Lauria (PZ) si estende su una superficie di 17.566 ettari, dei quali se ne
possono considerare effettivi soltanto circa 13.000, a causa della presenza diffusa di aree
rocciose e superfici in pendio attraversate da corsi d'acqua.
Confina a Nord con il territorio di Lagonegro, di Moliterno e Castelsaraceno, ad est con
quello di Latronico, a sud-est con quello di Castelluccio Superiore, a sud con Tortora, a sud
ovest con Trecchina ed ad ovest Nemoli.
Questo territorio, caratterizzato da un notevole dislivello (raggiunge una quota di 2005
metri s.l.m.m. in corrispondenza del monte Papa e arriva fino a 100 metri sul livello del mare
nella Valle del Noce) presenta, quali complessi montuosi prevalenti, il massiccio Sirino a Nord e
il monte la Spina ad Est. Escluse suddette aree montuose, si può affermare che la maggior
parte del territorio è sostanzialmente situata ad un'altitudine compresa tra i 600 i 900 metri sul
livello del mare. In ordine al reticolo idrografico, si evidenzia che i fiumi che attraversano il
territorio comunale sono il Noce, il cui corso in parte delimita il confine tra Lauria e Trecchina, e
il Sinni, che nasce alle pendici del Sirino, e dopo un corso di 15 chilometri sbocca nel lago
artificiale di Cogliandrino per poi riprendere il suo corso seguendo il confine di Latronico.
Il territorio comunale di Lauria presenta numerose case sparse ed un numero
consistente di insediamenti in via di consolidamento. Per quanto concerne gli insediamenti
urbani, a parte il centro abitato di Lauria, che presenta uno schema di crescita a macchia d'olio
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anche se condizionato da barriere naturali e da dissesti, si può classificare come tale anche la
contrada di Pecorone, che corrisponde ad uno schema di crescita lungo le direttrici viarie.
L’impianto di percolato di progetto si colloca nell’estremità meridionale del territorio del
Comune di Lauria, ad una distanza di circa 1,5 km da Milordo, frazione del Comune di Lauria.
3
Individuazione delle criticità
Il sistema di gestione dei rifiuti solidi urbani in località Carpineto di Lauria è servito da un
impianto di depurazione del percolato che, come ampiamente descritto nelle due relazioni
allegate al presente progetto (1. Relazione di Confronto tra l'esistente impianto di depurazione
del percolato prodotto dalla discarica e il nuovo impianto di depurazione proposto in progetto e
2. Relazione di Confronto tra l'esecuzione del capping della discarica e la realizzazione di un
nuovo impianto di depurazione del percolato), non è sufficiente per il trattamento del percolato
prodotto dall'impianto di discarica. L'impianto di depurazione esistente è un classico impianto di
trattamento di percolato di "vecchia concezione", costituito da un sistema di trattamento di tipo
chimico-fisico a monte seguito da un sistema di trattamento di tipo biologico a valle. Fino a 10 15 anni fa, prima dell'affermarsi delle tecnologie più moderne e innovative per il trattamento del
percolato (osmosi inversa e evaporazione), gli impianti di depurazione del percolato venivano
realizzati in questo modo in modo da affidare i compiti depurativi prevalentemente al processo
biologico quando la discarica era giovane e successivamente al chimico-fisico quando la stessa
diveniva vecchia.
In particolare l'impianto di Carpineto è costituito dalle seguenti sezioni di trattamento:
sistema chimico-fisico (in doppio stadio)
- miscelazione rapida (dove si aggiungono i reattivi chimici coagulanti e avviene il processo di
coagulazione);
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- miscelazione lenta (dove si aggiungono i polielettroliti e avviene il processo di flocculazione);
-sedimentazione (dove sedimentano i fiocchi di fango chimico prodotti nelle sezioni precedenti);
sistema biologico
- denitrificazione (finalizzata a rimuovere i nitrati prodotti nella sezione di nitrificazione a valle);
- ossidazione e nitrificazione (finalizzata a rimuovere la sostanza organica biodegradabile e a
trasformare l'azoto ammoniacale in nitrati);
- sedimentazione (dove sedimentano i fiocchi di fango biologico prodotti nelle sezioni
precedenti);
trattamento fanghi
- disidratazione (finalizzata a ridurre l'umidità del fango).
La sezione chimico-fisica risulta ben progettata e realizzata. La sezione biologica,
invece, presenta una criticità che ne limita l'efficienza di rimozione dei composti dell'azoto.
Risulta, infatti, assente il ricircolo della miscela aerata per cui i nitrati sono ricircolati alla sezione
di denitrificazione solo attraverso il ricircolo del fango sedimentato, che è insufficiente, da solo,
ad assicurare un ricircolo di nitrati tale da garantirne un'elevata efficienza di rimozione. Nel
sistema di pre-denitrificazione proprio il ricircolo della miscela aerata è il principale deputato ad
assicurare che i nitrati prodotti nella sezione di nitrificazione possano raggiungere la sezione di
denitrificazione ed essere rimossi, pertanto l'efficienza complessiva di rimozione dei composti
dell'azoto nell'impianto in oggetto risulta ridotta.
Comunque l'impianto di depurazione, nonostante questo limite impiantistico, se gestito in
maniera ottimale e se alimentato con una portata non superiore alla propria potenzialità di
trattamento, pari a 40 m3/giorno, può essere ugualmente in grado di garantire il rispetto dei limiti
di legge allo scarico e questo per due motivi principali. Il primo riguarda la circostanza
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favorevole che l'effluente depurato non è scaricato in un corpo idrico naturale, bensì nella
pubblica fognatura, per cui i limiti di legge risultano meno restrittivi sia per l'azoto ammoniacale
(30 mg/l invece di 15 mg/l) sia per i nitrati (vale a dire per l'azoto nitrico: 30 mg/l invece di 20
mg/l). A valle della pubblica fognatura, infatti, è presente un altro impianto di trattamento al
quale è demandato il completamento della depurazione e, in particolare, della rimozione dei
composti dell'azoto.
Il secondo motivo riguarda la possibilità di far avvenire la nitrificazione e la
denitrificazione in simultanea nella vasca di ossidazione e nitrificazione. Infatti l'impianto di
Carpineto viene gestito con un funzionamento intermittente del sistema di aerazione della vasca
allo scopo di far completare in tale vasca la denitrificazione, sfruttando le ridotte concentrazioni
di ossigeno che si instaurano nei periodi di interruzione dell'insufflazione di aria. Come detto,
però, questa modalità operativa richiede un accurato, quanto complesso, controllo della
concentrazione di ossigeno disciolto che è molto difficile da ottenere, con il rischio che non si
sviluppi bene né la denitrificazione (per eccesso di ossigeno) e nemmeno la nitrificazione (per
insufficienza di ossigeno).
La criticità sopra descritta, relativa alla configurazione impiantistica dell'impianto e alla
rimozione dei composti dell'azoto, si aggiunge alla criticità relativa all'incapacità dell'impianto di
trattare tutto il percolato prodotto dalla discarica di Carpineto.
4
Soluzione progettuale adottata
I sistemi di trattamento più idonei alla depurazione del percolato prodotto dalla discarica
di Carpineto sono l'osmosi inversa e l'evaporazione che, rispetto alla configurazione attuale
dell'impianto, presentano i seguenti vantaggi:
- offrono efficienze depurative decisamente superiori;
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- sono in grado di rimuovere sia la sostanza organica biodegradabile (abbondante nel percolato
di discariche giovani), sia la sostanza organica non biodegradabile (prevalente nel caso di
percolato di discariche vecchie);
- sono in grado di rimuovere i composti dell'azoto senza richiedere la realizzazione di vasche di
grandi dimensioni come quelle necessarie per i processi biologici di nitrificazione e
denitrificazione;
- sono in grado di rimuovere anche ioni come i cloruri che negli impianti tradizionali di
depurazione del percolato risultano impossibili da trattare e spesso si ritrovano negli effluenti
degli impianti in concentrazioni molto superiori ai limiti di legge;
- sono in grado di rimuovere anche sostanze tossiche eventualmente presenti nel percolato, sia
di tipo inorganico, come i metalli pesanti, sia di tipo organico, come gli idrocarburi policiclici
aromatici, che negli impianti tradizionali inibirebbero il processo biologico con scadimento
dell'efficienza depurativa complessiva;
- presentano ingombri decisamente più bassi;
- hanno tempi di realizzazione molto più bassi perché sono prefabbricati;
-hanno tempi di avviamento istantanei a differenza dei sistemi biologici che richiedono diverse
settimane per la formazione della massa microbica idonea alla depurazione.
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Si ritiene, pertanto, opportuna la realizzazione di un nuovo impianto di depurazione,
basato su tecnologie moderne di trattamento del percolato, come evaporazione e osmosi
inversa, in grado di trattare una portata di percolato maggiore (pari a 100 m3/giorno) rispetto a
quello esistente, con efficienze depurative molto più alte.
In particolare un impianto di depurazione a osmosi inversa e evaporazione, occupando
spazi molto ridotti, può essere realizzato nella stessa area dove si trova l'impianto esistente. Tra
l'altro si è optato per un impianto di trattamento del percolato di tipo mobile, vale a dire un
impianto interamente installato in container a tenuta stagna che una volta chiusa la discarica e
terminata la produzione di percolato può essere spostato e utilizzato per un'altra discarica.
L'installazione delle diverse sezioni di trattamento dell'impianto all'interno dei container può
avvenire in fabbrica, riducendo a poche settimane il tempo necessario per l'assemblaggio e
l'avviamento dell'impianto presso il sito di Carpineto.
Il cuore del nuovo impianto sarà l'osmosi inversa che, assicurando elevati rendimenti
depurativi, si presta al trattamento di liquami con carichi inquinanti particolarmente elevati come
il percolato. Per assicurare la protezione delle membrane di osmosi inversa, saranno previsti
diversi tipi di pre-trattamento a monte tra cui, in particolare, la flottazione e la microfiltrazione.
L'evaporazione, invece, sarà utilizzata per il trattamento del concentrato prodotto dall'osmosi
inversa.
Per quanto concerne lo scarico dell'effluente depurato, l’impianto garantirà il rispetto dei
limiti previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5 alla parte III del D.Lgs 152/06 e ss. mm. ii., essendo
la pubblica rete fognaria il recapito ultimo delle acque depurate.
5
Criteri di progettazione
Le soluzioni tecniche adottate nel presente progetto si prefiggono l’obiettivo di trattare il
percolato producendo un’acqua con caratteristiche qualitative compatibili con lo scarico nella
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pubblica fognatura, riducendo al minimo i volumi di fango prodotto dall’impianto stesso, che
dovrà essere inviato allo smaltimento come rifiuto solido. Pertanto, i criteri progettuali perseguiti
possono essere riassunti nei seguenti punti:

ricerca della tipologia di trattamento ottimale tra quelle possibili, attraverso un’analisi
tecnica affiancata da valutazioni economiche e gestionali, spingendo verso l’utilizzo
delle apparecchiature e dei materiali tecnologicamente più evoluti;

ricerca di un processo che consenta di avere la massima flessibilità depurativa, per far
fronte alle eventuali variazioni della composizione chimica delle acque in ingresso;

ricerca della massima efficienza energetica e del massimo rendimento del processo
nelle diverse condizioni operative;

ottimizzazione
delle
volumetrie
occupate
dalle
apparecchiature
necessarie
al
trattamento e dai serbatoi di stoccaggio del percolato nelle diverse fasi di depurazione;

ottimizzazione del profilo idraulico, limitando le prevalenze da vincere e le lunghezze dei
tratti delle tubazioni di collegamento tra le diverse fasi del processo;

minimizzazione dell’impatto paesaggistico delle opere, prevedendo una riqualificazione
ambientale idonea al contesto esistente;

minimizzazione delle possibili interferenze con altre attività attualmente presenti sul
territorio.
6
Descrizione tecnica del processo di trattamento
La linea di trattamento proposta, riportata schematicamente nell’elaborato grafico D.1,
consiste in una filiera di tipo chimico-fisico composta da:

un pretrattamento di flottazione ad aria disciolta per l’abbattimento di parte del carico
organico e dei solidi sospesi;
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
un’unità di osmosi inversa a doppio stadio per la rimozione della carica organica residua,
dei composti azotati e di tutti gli altri microinquinanti, preceduta da una fase di
microfiltrazione;

una fase di evaporazione per la riduzione volumetrica del concentrato ottenuto dai
precedenti trattamenti di osmosi inversa.
6.1
Primo modulo: unità di pretrattamento per flottazione e correzione del pH
Il primo modulo di trattamento, alloggiato all’interno di un container di 40’’ (misure ISO),
sarà costituito da una vasca di flottazione con immissione di aria disciolta, completata da due
unità di correzione pH, una posta a monte ed una posta a valle. Infine, a completamento del
processo, sarà presente una fase di rimozione della CO2.
Le apparecchiature elettromeccaniche necessarie a questa unità di trattamento sono:

una pompa autoadescante a lobi per alimentare il percolato all’impianto di trattamento,
aspirandolo dal serbatoio di stoccaggio; è necessario che tale apparecchiatura sia
dotata delle caratteristiche necessarie a pompare reflui carichi;

un’unità di correzione del pH e dosaggio di coagulante automatica, composta da un
mixer statico, un loop di controllo del pH, un gruppo di dosaggio soda ed un gruppo di
dosaggio coagulante;

un’unità di dosaggio flocculante, costituita da un polipreparatore automatico in acciaio
inox per la preparazione della soluzione flocculante da dosare, partendo da polielettrolita
fornito in polvere o in emulsione; tale unità deve essere completa di una pompa di
alimentazione al sistema;

un’unità di flottazione ad aria disciolta ad alto rendimento, realizzata in acciaio inox, con
vasca di separazione e raccoglitore di fango superficiale; i fanghi in uscita da tale
processo verranno inviati allo smaltimento;
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
un’unità di correzione pH, costituita da un serbatoio in PRFV, attrezzato con agitatore
lento, pHmetro digitale, dosaggio di acido per la correzione automatica del pH;

un’unità di rimozione della CO2, costituita da un serbatoio in PRFV, attrezzato con un
sistema di insufflazione d’aria, controllo di livello digitale, stazione di sollevamento e
mandata alla successiva sezione di trattamento;
6.2
Secondo modulo: unità di osmosi inversa a doppio stadio
Il secondo modulo dell’impianto, allestito anch’esso in un container da 40’’ (misure ISO),
sarà costituito da un doppio stadio ad osmosi inversa, preceduto da un trattamento di
microfiltrazione.
Il processo si svilupperà mediante le seguenti apparecchiature:

una stazione di dosaggio del prodotto antiscalante, che permette di limitare le
incrostazioni, completa di una pompa dosatrice digitale;

una stazione di lavaggio membrane automatica, dotata di un sistema di controllo della
temperatura, per una rapida ed efficace manutenzione tramite cleaning chimico delle
membrane stesse; per evitare i ricorrenti fenomeni di fouling che si generano all’interno
di questa tipologia di membrane quando vengono lasciate in condizioni statiche a
contatto con il refluo estremamente concentrato, alla fine di ogni ciclo di lavoro,
l’impianto provvederà automaticamente ad un flussaggio automatico delle membrane
con acqua permeata;

un’unità di microfiltrazione;

una pompa di alimento al primo stadio di osmosi inversa di tipo centrifugo orizzontale
monostadio a girante aperta;

un gruppo di pressurizzazione per il primo stadio di osmosi, costituito da tre pompe in
serie con comando tramite inverter asservito al PLC;
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
una prima unità di osmosi inversa costituita da moduli di membrane dotati di un
trasmettitore di portata per la misura della portata in ingresso e del concentrato in uscita,
di un trasduttore di pressione differenziale, di un trasmettitore di pressione e di un
trasmettitore di conducibilità di tipo elettronico, nonché di un sistema di controllo della
temperatura;

una pompa di alimento al secondo stadio di osmosi inversa di tipo centrifugo orizzontale
monostadio a girante aperta;

un gruppo di pressurizzazione per il secondo stadio di osmosi, costituito da tre pompe in
serie con comando tramite inverter asservito al PLC;

una seconda unità di osmosi inversa costituita da moduli di membrane dotati di un
trasmettitore di portata per la misura della portata in ingresso e del concentrato in uscita,
di un trasduttore di pressione differenziale, di un trasmettitore di pressione e di un
trasmettitore di conducibilità di tipo elettronico, nonché di un sistema di controllo della
temperatura;

un serbatoio in acciaio inox di alimento per ciascun passaggio di osmosi;

un’unità di dosaggio automatico di un prodotto acido per il primo e secondo passaggio di
osmosi, costituita da due pompe a membrana alimentate ad aria compressa;

un’unità di dosaggio automatico di un prodotto basico per il primo e secondo passaggio
di osmosi, costituita da due pompe a membrana alimentate ad aria compressa;

un gruppo di pressurizzazione per il trasferimento e l’aumento di pressione di acqua
pulita all’interno dell’impianto, costituito da due elettropompe centrifughe collegate in
parallelo;

un quadro elettrico di automazione per il comando ed il controllo delle utenze elettriche a
servizio dell’impianto.
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Prima di raggiungere il recapito ultimo, il permeato verrà sottoposto ad un controllo
qualitativo a mezzo di un pozzetto munito di sonde multiparametriche (controllo valori di
potenziale redox, ossigeno disciolto, pH, conducibilità, temperatura e torbidità) e attraverserà un
pozzetto fiscale predisposto per i campionamenti delle Autorità di Controllo. Infine, mediante
una tubazione di collegamento interrata in PEAD corrugato, verrà scaricato all’interno della
pubblica rete fognaria.
6.3
Terzo modulo: unità di evaporazione
Il terzo ed ultimo modulo, che verrà disposto all’interno di un container da 20’’ (misure
ISO), sarà costituito da un evaporatore per il trattamento dei liquidi a base acquosa, che dovrà
trattare i concentrati in uscita dall’unità di osmosi inversa. L’apparecchiatura verrà realizzata
anch’essa con una configurazione modulare all’interno di un container. La corrente idrica
risultante dal processo di evaporazione verrà inviata in testa al secondo stadio di osmosi
inversa, mentre il concentrato verrà temporaneamente stoccato in sito all’interno di due cisterne
cilindriche verticali a fondo piatto in resina bisfenolica (una più una di riserva) con una capacità
massima di 5000 litri ciascuna, installate all’interno di un contenitore cilindrico verticale a fondo
piatto e a cielo aperto anch’esso in resina bisfenolica.
.
6.4
Sistema di telecontrollo e teleassistenza
L’intero impianto sarà dotato di un sistema integrato di telecontrollo, mediante il quale si
avrà la possibilità di controllare la gestione del processo a distanza, attraverso rete Ethernet
Internet oppure attraverso linea telefonica. Questo tipo di applicazione consentirà sia di variare
le condizioni operative delle diverse fasi di trattamento, sia di intervenire tempestivamente in
caso di eventuali emergenze causate da guasti delle apparecchiature, in modo da minimizzare
quanto più possibile i periodi di inattività dell’impianto.
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Comune di Lauria
SISTEMA INTEGRATO DI GESTIONE DEI RIFIUTI
SOLIDI URBANI ED ASSIMILATI
(Lauria – località Carpineto)
RELAZIONE TECNICA
Confronto tra l'esistente impianto di depurazione del percolato
prodotto dalla discarica e il nuovo impianto di depurazione
proposto in progetto
Pozzuoli, 30/05/2014
Il Tecnico incaricato
(prof. ing. Giovanni Esposito)
INDICE
1. PREMESSA...................................................................................................................................................3
2. CARATTERISTICHE QUALI-QUANTITATIVE DEL PERCOLATO DI DISCARICA ........................................ 3
3. I SISTEMI DI DEPURAZIONE DEL PERCOLATO ......................................................................................... 9
3.1 TRATTAMENTI BIOLOGICI........................................................................................................... 10
3.2 TRATTAMENTI CHIMCO-FISICI.................................................................................................... 16
3.2.1 CHIARIFLOCCULAZIONE ...................................................................................................... 16
3.2.2 OSSIDAZIONE CHIMICA AVANZATA (PROCESSO FENTON)................................................ 18
3.2.3 ADSORBIMENTO SU CARBONE ATTIVO............................................................................... 20
3.3 TRATTAMENTI FISICI ................................................................................................................... 21
3.3.1 STRIPPAGGIO DELL'AZOTO AMMONIACALE (STRIPPING) ................................................. 21
3.3.2 EVAPORAZIONE .................................................................................................................... 21
3.3.3 FILTRAZIONE SU MEMBRANA (OSMOSI INVERSA) ............................................................. 22
4. CRITICITÀ DELL'IMPIANTO DI DEPURAZIONE DEL PERCOLATO DELLA DISCARICA DI CARPINETO . 23
5 PROPOSTA DI UP-GRADING DELL'IMPIANTO DI DEPURAZIONE ............................................................ 25
___________________________________________________________________________ 2
prof. ing. Giovanni Esposito – Docente di Ingegneria Sanitaria-Ambientale
via Solfatara 101 – 80078 Pozzuoli (NA)
1. Premessa
L'impianto di depurazione del percolato rappresenta una criticità del sistema di gestione dei
rifiuti solidi urbani in località Carpineto di Lauria in quanto, come più volte evidenziato dal
Direttore dei Lavori (D.L.) di realizzazione della piattaforma, risulta insufficiente a trattare tutto il
percolato prodotto dalla discarica di Carpineto. In particolare, il bilancio idrico effettuato dal D.L.
tra il volume di acqua piovana invasato mediamente in un anno (stimato pari a 19.600 mc) e il
volume di percolato trattabile in un anno dall'impianto di depurazione esistente (stimato pari a
13.600 mc), risulta in un accumulo medio annuo di percolato nella vasca di discarica pari a 6.000
mc.
Pertanto l'Amministrazione Comunale di Lauria ha ritenuto opportuno richiedere il parere
del sottoscritto relativamente alle possibilità di potenziamento e adeguamento dell'impianto di
depurazione, non solo ai fini di incrementarne le potenzialità di trattamento, vale a dire la portata
massima trattabile, ma anche le efficienze depurative. L'incremento dei rendimenti depurativi,
infatti, risulta necessario per evitare i superamenti dei limiti allo scarico verificatisi in passato per
alcuni parametri inquinanti, come ad esempio i composti dell'azoto.
Di seguito, quindi, dopo una descrizione delle caratteristiche qualitative e quantitative dei
percolati di discarica, dei riferimenti normativi e dei sistemi di trattamento tipicamente utilizzati per
la depurazione del percolato, si prende in esame il caso dell'impianto di depurazione del percolato
di Carpineto, analizzandone le criticità e suggerendo le opzioni di upgrading più vantaggiose.
2. Caratteristiche quali-quantitative del percolato di discarica
Con il termine “percolato” si intende il liquido ottenuto dall’estrazione, per azione solvente
dell’acqua meteorica o, in minima parte, dell'acqua già contenuta nei rifiuti, dei contaminanti
organici ed inorganici presenti nei rifiuti attraversati dall'acqua. Esso si presenta come un liquido di
colore scuro, maleodorante e con carichi inquinanti centinaia di volte superiore a quelli degli
scarichi idrici urbani.
I principali fattori che governano la formazione del percolato sono:
− disponibilità idriche (piovosità e, in minima parte, acqua contenuta nei rifiuti);
___________________________________________________________________________ 3
prof. ing. Giovanni Esposito
− caratteristiche della superficie di copertura (tipo di terreno o di vegetazione, presenza o
meno di uno strato impermeabile di sigillatura dei rifiuti, pendenza e configurazione
topografica, presenza di fossi di guardia, ecc.);
− caratteristiche dei rifiuti (densità maggiore o minore per la compattazione subita, pezzatura,
contenuto d’acqua al momento dello smaltimento);
− modalità di impermeabilizzazione del fondo e delle pareti della discarica, e caratteristiche
del suolo entro cui è realizzata la discarica.
Il percolato prodotto viene recuperato da un apposito sistema di raccolta costituito da
collettori inseriti in uno strato di materiale drenante che lo veicolano in uno o più pozzi, da cui
viene poi pompato in vasche di raccolta e successivamente trattato in impianti di depurazione i cui
scarichi devono rispettare i seguenti limiti fissati dal D.Lgs. 152/06 (Tabella 3, Allegato 5, Parte
terza), prima di essere immessi in un corpo idrico superficiale o nella pubblica fognatura:
Tabella 1. Valori limite di scarico in acque superficiali e in fognatura (Tabella3, Allegato 5,
Parte terza del D.Lgs. 152/06)
Numero
SOSTANZE
parametro
unità
misura
di Scarico in
superficiali
acque Scarico in
fognatura (*)
1
pH
2
Temperatura
3
colore
non percettibile con non percettibile
diluizione 1:20
diluizione 1:40
4
odore
non deve essere non deve essere causa
causa di molestie
di molestie
5
materiali grossolani
assenti
assenti
6
Solidi sospesi totali
mg/L
< 80
< 200
7
BOD5 (come O2)
mg/L
< 40
< 250
8
COD (come O2)
mg/L
< 160
< 500
9
Alluminio
mg/L
<1
< 2.0
10
Arsenico
mg/L
< 0,5
< 0.5
°C
5.5 – 9.5
5.5 – 9.5
-
-
pubblica
con
___________________________________________________________________________ 4
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11
Bario
mg/L
< 20
-
12
Boro
mg/L
<2
<4
13
Cadmio
mg/L
< 0.02
< 0.02
14
Cromo totale
mg/L
<2
<4
15
Cromo VI
mg/L
< 0.2
< 0.20
16
Ferro
mg/L
<2
<4
17
Manganese
mg/L
<2
<4
18
Mercurio
mg/L
< 0.005
< 0.005
19
Nichel
mg/L
<2
<4
20
Piombo
mg/L
< 0.2
< 0.3
21
Rame
mg/L
< 0.1
< 0.4
22
Selenio
mg/L
< 0.03
< 0.03
23
Stagno
mg/L
< 10
24
Zinco
mg/L
< 0.5
< 1.0
25
Cianuri totali (come CN)
mg/L
< 0.5
< 1.0
26
Cloro attivo libero
mg/L
< 0.2
< 0.3
27
Solfuri (come S)
mg/L
<1
<2
28
Solfiti (come SO2)
mg/L
<1
<2
29
Solfati (come SO3)
mg/L
< 1000
< 1000
30
Cloruri
mg/L
< 1200
< 1200
31
Fluoruri
mg/L
<6
< 12
32
Fosforo totale (come P)
mg/L
< 10
< 10
33
Azoto
ammoniacale mg /L
(come NH4)
< 15
< 30
34
Azoto nitroso (come N)
mg/L
< 0.6
< 0.6
35
Azoto nitrico (come N)
mg /L
< 20
< 30
___________________________________________________________________________ 5
prof. ing. Giovanni Esposito
36
Grassi
e
animali/vegetali
37
Idrocarburi totali
38
olii mg/L
< 20
< 40
mg/L
<5
< 10
Fenoli
mg/L
< 0.5
<1
39
Aldeidi
mg/L
<1
<2
40
Solventi
aromatici
< 0.2
< 0.4
41
Solventi organici azotati
mg/L
 0.1
 0.2
42
Tensioattivi totali
mg/L
<2
<4
43
Pesticidi fosforati
mg/L
< 0.10
< 0.10
44
Pesticidi totali (esclusi i mg/L
fosforati)
< 0.05
< 0.05
organici mg/L
tra cui:
45
- aldrin
mg/L
< 0.01
< 0.01
46
- dieldrin
mg/L
< 0.01
< 0.01
47
- endrin
mg/L
< 0.002
< 0.002
48
- isodrin
mg/L
< 0.002
< 0.002
49
Solventi clorurati
mg/L
<1
<2
50
Escherichia coli
UFC/100mL
Nota
51
Saggio di tossicità acuta
Il campione non è accettabile
quando dopo 24 ore il numero
degli organismi immobili è
uguale o maggiore del 50% del
totale
il
campione
non
è
accettabile
quando dopo
24
ore
il
numero degli
organismi
immobili
è
uguale
o
maggiore del
80% del totale
Le caratteristiche quantitative del percolato sono influenzate principalmente dall’apporto
idrico meteorico, dall’evapotraspirazione, che sottrae una frazione rilevante di acqua in rapporto
___________________________________________________________________________ 6
prof. ing. Giovanni Esposito
alle condizioni climatiche, dall’umidità della massa di rifiuti, e da fattori progettuali come ad
esempio la predisposizione di fossi di guardia ben realizzati.
L’evapotraspirazione, in particolare, è un fenomeno climatico inverso a quello delle
precipitazioni, e consiste nel passaggio di una quantità d’acqua dal terreno all’aria sottoforma di
vapore per effetto congiunto della traspirazione, attraverso le piante, e dell’evaporazione,
direttamente dal terreno.
Le caratteristiche qualitative dipendono dalla composizione dei rifiuti, in particolare dalla
componente organica biodegradabile e dal contenuto di azoto ammoniacale e di metalli, e subiscono
variazione, nel corso del tempo, per effetto delle diverse reazioni biologiche e chimico-fisiche che si
verificano nel corpo della discarica.
Nella seguente tabella sono riportati gli intervalli tipici di concentrazione dei principali
componenti presenti in quantità significative nel percolato:
Tabella 2. Parametri caratteristici del percolato
Parametro
Unità di
misura
Valori
tipici
pH
-
5.5 - 9
BOD5 (O2)
mg/l
300 -25000
COD (O2)
mg/l
800 -60000
Ammoniaca (N-NH4)
mg/l
25 -1500
Azoto organico (N)
mg/l
6.5 -550
Acidi volatili
mg/l
2.0 -250
Fosforo (P)
mg/l
0.3 -25
Cadmio (Cd)
mg/l
0.02 -0.12
Cromo (Cr)
mg/l
0.02 -0.9
Ferro (Fe)
mg/l
4.5 -600
Manganese (Mn)
mg/l
0.15 - 70
Nichel (Ni)
mg/l
0.06 -1.8
Piombo (Pb)
mg/l
0.05 -2.5
Rame (Cu)
mg/l
0.02 -0.6
Zinco (Zn)
mg/l
0.10 -4.5
___________________________________________________________________________ 7
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Il valore del pH oscilla generalmente in un intervallo a cavallo della neutralità, da valori
minimi (pH = 5-6) corrispondenti al campo acido, a valori massimi (pH = 8-9) corrispondenti al
campo basico, a seconda dell’età della discarica.
Il carico organico, valutato sia come BOD5 che come COD o TOC, mostra una eccezionale
variabilità da valori inferiori ai 1000 mg/l a valori superiori a 50000 mg/l per il COD. Di notevole
interesse risultano anche i rapporti COD/TOC e BOD/COD, indici della qualità dei composti
organici presenti e della biodegradabilità.
Anche i composti dell'azoto presentano variabilità. L’azoto ammoniacale, presente nel
percolato come ione ammonio (NH4+) è caratteristico dei percolati vecchi, ed è uno degli inquinanti
verso i quali si concentrano i maggiori sforzi di depurazione.
Nel percolato possono essere presenti metalli, alcuni come il ferro, il manganese e lo zinco
in concentrazioni significative, ed altri come il cromo e il cadmio in quantità ridotte.
Una spiegazione degli ampi intervalli di variazione dei valori è da ricercarsi non solo nelle
tipologie di rifiuti depositati in discarica, ma anche in altri fattori quali l’età, la tipologia della
discarica, la climatologia, ecc.
Influenza particolarmente importante sulle caratteristiche qualitative del percolato è quella
dell'età delle discariche. In discariche giovani, che hanno 2-3 anni di vita, il percolato ha colore
verde-giallo e odore di idrogeno solforato che, in seguito, quando la discarica diventa vecchia,
lasciano il posto a un colore che va dal bruno scuro al nerastro e ad un odore di muffa. Il carico
inorganico è costituito soprattutto da sali disciolti (ad esempio cloruri e solfati) di metalli alcalini e
alcalino - terrosi. La durezza non carbonica è rilevante e l'alcalinità è alta nei percolati di discariche
giovani mentre diminuisce in quelli che provengono da discariche vecchie. Il carico organico viene
quantificato con i parametri sintetici utilizzati correntemente per le acque di scarico (BOD5, COD,
TOC) ed è interessante confrontare i valori tipici delle discariche giovani e vecchie con i valori delle
acque di scarico urbane:
Tabella 3. Confronto tra i valori di BOD5, COD e TOC in percolati provenienti da discariche
giovani e vecchie e in acque reflue urbane
Parametri
Unità di
misura
Percolato
Percolato
Acque reflue
(discariche giovani)
(discariche vecchie)
urbane
___________________________________________________________________________ 8
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COD
mgO2/l
4.000-60.000
250-10.000
500-900
BOD5
mgO2/l
3.000-45.000
80-5.000
250-500
TOC
mgC/l
2.000-20.000
1.000-5.000
200-350
Le sostanze organiche contenute nel percolato di discariche giovani, in cui la massa di rifiuti
è prevalentemente in fase acida, sono più facilmente decomponibili biologicamente, presentando un
alto rapporto BOD5/COD; quando la discarica ha circa tre anni di vita questo rapporto è circa 0.5 e
scende gradualmente sino a raggiungere valori prossimi a 0.1 dopo l'instaurarsi della metanogenesi
all'interno della massa di rifiuti. Il basso rapporto BOD5/COD nel percolato delle discariche vecchie
indica che le sostanze organiche presenti nel percolato sono prevalentemente non biodegradabili
poiché la frazione biodegradabile (rappresentata dal BOD5) è trascurabile rispetto al contenuto
organico complessivo (rappresentato dal COD). Ne deriva che i processi di depurazione biologica
che, per loro natura, sono idonei al trattamento di reflui liquidi con elevato contenuto
organico biodegradabile possono essere utilizzati con successo per il trattamento di percolati
prodotti da discariche giovani, mentre risultano poco efficienti quando le discariche sono
vecchie. Per questo negli impianti di trattamento del percolato più moderni i sistemi biologici
non sono più utilizzati, mentre negli impianti di vecchia concezione venivano sempre
accoppiati a sistemi chimici deputati ad assolvere la maggior parte degli obiettivi depurativi
quando la discarica diveniva vecchia.
3. I sistemi di depurazione del percolato
Il percolato rappresenta uno dei reflui più difficili da depurare. La difficoltà non è solo
dovuta all’entità del carico inquinante, ma anche alla sua variabilità nel tempo. Infatti, come già
ampiamente detto in precedenza, i composti inquinanti del percolato oltre a derivare dalla natura e
dalla composizione del rifiuto, sono il risultato dei processi chimici, fisici e biologici che, nel corso
del tempo, avvengono nel corpo della discarica.
La scelta del processo da applicare per la depurazione del percolato dipende dalle
caratteristiche quali-quantitative dello stesso e dai limiti di legge allo scarico che, come detto, sono
___________________________________________________________________________ 9
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diversi a seconda che il recapito finale sia un corpo idrico superficiale o la fognatura pubblica.
Bisogna tuttavia tener conto anche delle seguenti esigenze:
− bassa richiesta di risorse ed energia;
− limitata generazione di residui;
− basso impatto ambientale;
− funzionamento semplice, affidabile, efficiente ed economico, nonostante l'elevata variabilità
del carico idraulico e inquinante.
Di seguito sono descritti sinteticamente i sistemi di trattamento che possono essere adottati
per la depurazione del percolato.
3.1 Trattamenti biologici
Il trattamento biologico del percolato può essere applicato per la depurazione di percolati
giovani che, come detto, sono ricchi di sostanza organica facilmente biodegradabile. Per percolati
vecchi, invece, il trattamento biologico non è adatto poiché la sostanza organica da rimuovere è
prevalentemente di tipo non biodegradabile (rapporto BOD5/COD < 0.5).
Per la trattabilità biologica del percolato assumono grande rilevanza la presenza di metalli,
solfuri, cloruri e fenoli, insieme con le variazioni di pH e di temperatura, che rallentano l’attività
batterica o addirittura la inibiscono.
Per la rimozione della sostanza organica biodegradabile e dell'azoto ammoniacale dal
percolato per via biologica si utilizzano sistemi di norma del tipo a colture sospese. Il processo di
ossidazione biologica dell’ammoniaca è detto di nitrificazione, ed è condotto, prevalentemente, ad
opera di batteri autotrofi che agiscono in successione e sono in grado di sintetizzare il carbonio
inorganico e di ricavare l'energia necessaria per la crescita, per la riproduzione e per l'ossidazione
dell'ammoniaca a nitrito e del nitrito a nitrato. Assumendo che la composizione cellulare dei batteri
citati sia C5H7O2N, l'equazione biochimica di ossidazione completa dell’ammoniaca a nitrato è la
seguente (dalla quale si evidenzia il considerevole consumo di ossigeno – circa 4.2 g O2 g-1 N-NH4
– e la significativa produzione di acidità associati al processo di nitrificazione):
NH4++ 1.83 O2 + 0.1 HCO3- → 0.02 C5H7O2N + O.98 NO3- + 1.88 H+ + 1.04 H2O
___________________________________________________________________________ 10
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Il processo di riduzione biologica dell'azoto nitrico, con la conseguente formazione di azoto
gassoso e di piccole quantità di ossidi di azoto (NO e NO2), prende la denominazione di
denitrificazione. Tale processo viene condotto ad opera di batteri eterotrofi, che utilizzano il
carbonio organico e l'ossigeno molecolare dei nitrati, rispettivamente, come donatore ed accettore di
elettroni. La fonte di carbonio organico può essere costituita da composti chimici aggiunti
dall'esterno (usualmente metanolo), ovvero da sostanze contenute nella corrente idrica da trattare (è
la soluzione più frequentemente adottata nel caso in cui la denitrificazione sia accoppiata alla
nitrificazione, come avviene per il percolato), oppure, ancora, dalla massa cellulare dei
microrganismi morti (fonte endogena). Nel caso di acque reflue urbane, assumendo che la
composizione della sostanza organica sia C5H8ON, l'equazione biochimica della reazione
complessiva di denitrificazione è quella di seguito riportata (dalla quale si rileva l’elevato consumo
di acidità):
0.2 C5H9ON + 0.67 NO3- + 0.78 H+ → 0.07 C5H7O2N + 0.34 N2 + 0.64 CO2 + 0.78 H2O + 0.13 NH4+
Per la rimozione dei composti dell'azoto dal percolato si rende necessario, come detto,
provvedere sia al processo di nitrificazione che a quello di denitrificazione, potendo essere adottate
diverse configurazioni impiantistiche, alle quali, nel seguito, si fa esclusivo riferimento. In
particolare, vengono descritti i sistemi cosiddetti integrati (single sludge systems), caratterizzati
dalla formazione, nelle unità di processo, di un unico aggregato microbico, costituito sia da specie
autotrofe che da specie eterotrofe, che operano differentemente a seconda dell’ambiente in cui si
trovano. In funzione delle peculiarità delle loro configurazioni, i sistemi integrati vengono distinti
tra quelli: a ricircolazione; con nitrificazione e denitrificazione in simultanea; a flussi alternati.
Tra i sistemi a ricircolazione, il più diffuso è quello noto come di Ludzak-Ettinger
modificato, detto anche di Pre-denitrificazione, schematicamente rappresentato nella Figura 1: la
corrente idrica influente all’impianto assicura la disponibilità del substrato organico necessario al
processo di denitrificazione dei nitrati; questi, a loro volta, sono formati nella successiva fase di
nitrificazione e vengono ricircolati a monte sia con il fango ispessito che con la miscela aerata.
Nella fase di nitrificazione si verifica, altresì, l’ossidazione biologica del substrato organico residuo.
L’adozione di tale sistema può essere problematica nel caso (in verità, non molto frequente) in cui
la corrente idrica influente sia caratterizzata da un rapporto delle concentrazioni di azoto
___________________________________________________________________________ 11
prof. ing. Giovanni Esposito
ammoniacale e di sostanza organica eccessivamente elevato, per cui, per non inficiare la resa del
processo di denitrificazione, si rende indispensabile provvedere dall’esterno all’aggiunta di sostanza
organica nella fase di denitrificazione. In quest’ultima è anche necessario minimizzare, per quanto
possibile, la massa di ossigeno in arrivo con le correnti di ricircolo. Malfunzionamenti del processo
di nitrificazione si osservano in occasione di brusche variazioni delle caratteristiche della corrente
idrica influente ovvero all’interno delle unità ove lo stesso processo viene condotto, quali quelle
riguardanti il carico inquinante influente, il pH, la temperatura o la concentrazione di ossigeno
disciolto, ovvero, ancora, in presenza, nell’influente, di composti in grado di inibire il processo
biologico. Infine, ulteriori inconvenienti del sistema in esame possono derivare dalla non ottimale
sedimentabilità dei fanghi prodotti, per effetto di fenomeni di bulking o di rising.
Figura 1. Ciclo di Ludzak-Ettinger modificato o di Pre-denitrificazione
Fase anossica;
Fase aerobica;
Fase di sedimentazione
Un sistema a ricircolazione proposto specificamente con l’intento di ovviare al problema,
appena descritto, che interessa il ciclo di Pre-denitrificazione è quello noto come Bardenpho
(Figura 2), caratterizzato dalla presenza, a valle della fase di nitrificazione, sia di una seconda fase
anossica che di una seconda fase aerobica. La seconda fase anossica ha, fondamentalmente, la
funzione di migliorare la resa del processo di denitrificazione, anche avvalendosi del carbonio
endogeno che in essa perviene, mentre la seconda fase aerobica, di dimensioni molto contenute,
consente lo strippaggio dell’azoto molecolare nonché la nitrificazione dell'ammoniaca derivante
dalla lisi cellulare che ha luogo nella precedente fase anossica.
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prof. ing. Giovanni Esposito
Figura 2. Ciclo Bardenpho
Il sistema R-D-N (Riaerazione-Denitrificazione-Nitrificazione, Figura 3) si distingue per
effetto dell’inserimento di una fase di aerazione lungo la linea di ricircolo del fango proveniente
dalla sedimentazione, nella quale viene garantita l’ossidazione dei composti presenti nei fanghi, ivi
compreso l’azoto ammoniacale. Dal momento che attraverso la corrente idrica appena citata
perviene ossigeno nella fase destinata alla denitrificazione, è opportuno che quest’ultima venga
compartimentalizzata, evitando di ricircolare la miscela aerata nel comparto di testa.
Figura 3. Ciclo R-D-N -
Fase anaerobica
Nei sistemi di nitrificazione e denitrificazione in simultanea i due processi vengono attuati
nelle stesse vasche, provvedendo ad un accurato, quanto complesso, controllo della concentrazione
di ossigeno disciolto. Con una prima configurazione, nelle vasche vengono mantenuti gradienti
della concentrazione di ossigeno, per cui nelle zone maggiormente aerate ha luogo la nitrificazione
mentre in quelle molto povere (o prive) di ossigeno ha luogo la denitrificazione; allo scopo, si
prestano molto bene le vasche a forma di canale ellittico, nelle quali il dispositivo di aerazione
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assicura anche l’energia per la movimentazione lungo le vasche della miscela aerata (nella Figura 4
è schematicamente rappresentato il sistema Carrousel). Una seconda soluzione prevede la
formazione di gradienti della concentrazione di ossigeno all’interno degli aggregati microbici, nei
quali, quindi, i due processi si compiono appunto in simultanea; allo scopo è necessario mantenere
in vasca concentrazioni di ossigeno disciolto non eccessivamente elevate (in genere, inferiori a 1 g
m-3, ma, comunque, funzione delle caratteristiche dell’influente, della temperatura, etc.) e
controllare con attenzione il valore del potenziale redox. La semplicità impiantistica e la flessibilità
di tali sistemi sono certamente un’interessante peculiarità, pur se, nel contempo, non vanno
sottaciuti i problemi che si incontrano per garantire l’opportuna distribuzione dell’ossigeno nella
vasca.
Con il sistema cosiddetto a flussi alternati (noto anche come Bio-Denitro) ciascuna unità di
sedimentazione viene asservita ad una coppia di vasche biologiche. In queste ultime vengono
instaurate, alternativamente, condizioni aerobiche e anossiche, secondo una successione costituita
dalle seguenti quattro fasi: nella prima fase, l’influente viene scaricato nella prima vasca, mantenuta
in condizioni anossiche (sola agitazione) al fine di assicurare la denitrificazione, mentre nella
seconda vasca viene rifornito l’ossigeno per la nitrificazione; nella seconda fase, entrambe le vasche
vengono
aerate,
mentre
l’influente
viene
alimentato
nella
seconda
vasca,
lasciando
momentaneamente isolata la prima, in modo da consentire l’ossidazione dell’ammoniaca in essa
contenuta; la terza fase si distingue dalla prima per l’inversione delle funzioni delle due vasche, con
l’influente inviato nella seconda vasca, in condizioni anossiche; la quarta ed ultima fase, a sua volta,
differisce dalla seconda per il fatto che viene isolata la seconda vasca, mentre la prima vasca viene
alimentata con l’influente.
Figura 4. Schema delle unità tipo Carrousel
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prof. ing. Giovanni Esposito
Negli ultimi anni è stata, altresì, valutata la possibilità, molto vantaggiosa in termini sia di
energia che di consumo di donatori di elettroni, di effettuare una nitrificazione parziale
dell’ammoniaca a nitriti, seguita da un processo di denitrificazione dell’azoto nitroso prodotto. In
particolare, sono stati studiati vari criteri di inibizione dei microrganismi che operano l’ossidazione
dei nitriti a nitrati, basati sulla riduzione della concentrazione di ossigeno disciolto, oppure
sull’aumento della temperatura, o ancora sulla presenza di composti inibenti, ecc. Tra i sistemi
proposti si citano, ad esempio, quelli denominati Anammox (Anaerobic Ammonium Oxidation) e
Sharon (Single reactor for High activity Ammonia Removal Over Nitrite), nei quali si sviluppano,
rispettivamente, processi di nitrificazione parziale e di ossidazione anaerobica dell’azoto
ammoniacale, entrambi sviluppati all’inizio degli anni ’90 presso la Technical University di Delft in
Olanda. L’accoppiamento in serie dei due suddetti sistemi ha dato luogo al sistema
Sharon/Anammox, soprattutto idoneo per il trattamento di acque reflue particolarmente ricche di
azoto come il percolato di discarica. Nel primo stadio di trattamento (Sharon) solo il 50 %
dell’NH4+ è ossidato a nitrito:
NH4+ + HCO3- + 0.75 O2→0.5 NO2- + 0.5 NH4+ + CO2 + 1.5 H2O
La corrente idrica effluente è alimentata al secondo stadio (Anammox) nel quale, in condizioni
anossiche, NH4+ e NO2- sono trasformati in azoto gassoso, utilizzando l’azoto ammoniacale come
donatore di elettroni:
NO2- + NH4+→N2 + 2 H2O
Il sistema Sharon è condotto in un reattore completamente miscelato senza ricircolo della
biomassa, con tempi di detenzione idraulica e temperature di processo compresi, rispettivamente,
tra 1 e 2 giorni e 30 e 40 °C. L’alimentazione dell’ossigeno è limitata allo scopo di assicurare
un’ossidazione parziale dell’azoto ammoniacale a nitrito.
I microrganismi che catalizzano la reazione sono batteri autotrofi e pertanto il sistema
Anammox può essere condotto senza consumo di COD e aggiunta di fonti esterne di carbonio
organico. Comunque, essendo la velocità di crescita di questi batteri piuttosto ridotta (intorno a 0.1
___________________________________________________________________________ 15
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d-1 a 30 °C), occorre orientare la scelta reattoristica verso sistemi in grado di assicurare un’efficiente
ritenzione della biomassa.
3.2 Trattamenti chimco-fisici
I trattamenti di tipo chimico-fisico non costituiscono la sezione depurativa principale negli
impianti di trattamento del percolato, ma risultano molto utili sia come pre-trattamento sia come
post-trattamento. Ad esempio a valle di un trattamento biologico, il percolato contiene ancora
alcune sostanze in concentrazioni superiori ai limiti di scarico, pertanto un post-trattamento di
adsorbimento su carboni attivi può essere adottato come stadio di finissaggio.
Altri processi, come l’ossidazione chimica o la chiariflocculazione, possono invece essere
impiegati come pretrattamenti, prima che il percolato venga sottoposto ad ulteriori trattamenti,
come l'osmosi inversa o l’evaporazione.
3.2.1 Chiariflocculazione
Il processo di chiariflocculazione è finalizzato alla rimozione dalle acque degli inquinanti
presenti nella forma di solidi sospesi colloidali, vale a dire solidi di dimensioni molto ridotte, che,
pur avendo un peso specifico superiore a quello dell’acqua, non possono essere separati per
sedimentazione, essendo sottoposti a forze di natura elettrica che li mantengono in sospensione
nell’acqua. Il processo di chiariflocculazione, schematicamente rappresentato in Fig. 5, è costituito
dalle tre fasi seguenti:
1. fase di mescolamento veloce;
2. fase di mescolamento lento;
3. fase di sedimentazione.
___________________________________________________________________________ 16
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Aggiunta
coagulanti
Influente
Vasca di
mescolamento
veloce
Aggiunta
coadiuvanti
Vasca di
mescolamento
lento
Vasca di
sediment
azione
Efflunte
Fango
chimico
Figura 5. Schema funzionale del processo di chiariflocculazione
Nella fase di mescolamento veloce si sviluppa il processo di coagulazione che consiste nella
destabilizzazione dei solidi sospesi colloidali, vale a dire l’indebolimento delle suddette forze
elettriche, ottenuta attraverso l’aggiunta di reagenti chimici, detti coagulanti (generalmente sali di
alluminio o di ferro) che, sciolti in acqua, reagiscono con l’alcalinità, formando, nella successiva
fase di mescolamento lento, dei composti (idrossidi di alluminio o di ferro) che si presentano in
forma flocculenta. Il processo che si sviluppa nella fase di mescolamento lento è detto flocculazione
e consiste nella formazione dei fiocchi e nell’agglomerazione dei fiocchi stessi, che vengono in
contatto per effetto del mescolamento. L’agglomerazione può, eventualmente, essere incrementata
attraverso l’aggiunta nella fase di mescolamento lento di ulteriori reagenti chimici, detti
coadiuvanti.
I fiocchi prodotti, per effetto di forze ancora di natura elettrica, catturano e inglobano sulla
propria superficie i solidi colloidali originariamente in sospensione nell’acqua e, nella successiva
fase di sedimentazione, sono separati dall’acqua che quindi risulterà depurata dalla frazione sospesa
colloidale del carico inquinante influente all’impianto. I fiocchi sedimentati costituiscono il
cosiddetto “fango chimico” (Fig. 5) che viene estratto dalla vasca di sedimentazione ed inviato alla
linea fanghi dell’impianto di depurazione per essere sottoposto ad ulteriori trattamenti di tipo fisico.
Per completezza si fa osservare che il processo di chiariflocculazione viene molto spesso
condotto in un bacino unico suddiviso in tre comparti nei quali hanno luogo le tre fasi sopra
descritte. Tale soluzione, infatti, è preferibile rispetto alla realizzazione di tre bacini separati,
comportando diversi vantaggi economici sia in fase di realizzazione dell’impianto, sia in fase di
gestione e riducendo inoltre i quantitativi di reagenti chimici impiegati.
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Con la chiariflocculazione, che è il processo chimico-fisico presente nell'esistente impianto
di depurazione del percolato prodotto dalla discarica di Carpineto, è possibile conseguire buoni
risultati sulla rimozione della torbidità e del colore, mentre non è possibile abbattere in maniera
sufficiente il carico organico del percolato, in particolare quando quest’ultimo è presente in forma
disciolta. Allo stesso modo la chiariflocculazione è inefficace nei confronti di molte sostanze
inorganiche solubili, come ad esempio l'azoto ammoniacale e i cloruri. È per questo motivo che la
chiariflocculazione viene impiegata principalmente come pretrattamento del percolato, prima che
esso venga sottoposto a processi depurativi più efficienti, come l'osmosi inversa e l'evaporazione.
3.2.2 Ossidazione chimica avanzata (processo Fenton)
Il principio di funzionamento dei processi di ossidazione avanzata è legato alla formazione
del radicale OH• che è in grado di ossidare fino a completa mineralizzazione i più comuni composti
organici e organo alogenati.
Nel caso del processo Fenton, la produzione del radicale OH˙ avviene a partire dal perossido
di idrogeno (H2O2), alla presenza dell’azione catalizzatrice dello ione ferroso (Fe2+), secondo la
seguente reazione chimica:
H 2 O2 + Fe 2+ → Fe 3+ + OH − + OH •
Il processo Fenton avviene a un valore ottimale del pH pari a 3-4, pertanto è necessario
verificare se il percolato da trattare presenta tale caratteristica ed in caso contrario provvedere alla
sua acidificazione con HCl. Al termine del trattamento con processo Fenton il pH deve essere
elevato fino a 9 per assicurare la precipitazione dell’idrossido ferrico, che sarà separato dall’acqua
con un processo di sedimentazione e inviato alla linea fanghi. Eventualmente, nell’ottica di
contenere il quantitativo di fanghi prodotti e i costi di gestione, l’idrossido ferrico potrebbe essere
acidificato con acido solforico, ridotto e riutilizzato nel processo.
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Stoccaggio HCl
Corrente da
trattare
Stoccaggio Ca(OH)2
Stoccaggio H2O2
Sedimentazione
Vasca di contatto
Miscelazione
rapida
Miscelazione
rapida
Miscelazione
lenta
Estrazione Idrossido ferrico, Fe(OH)3 e sua
eventuale acidificazione a solfato ferroso,
FeSO4.
Stoccaggio FeSO4
Figura 6. Schema funzionale del processo Fenton
Il ciclo di trattamento previsto è schematizzato in Figura 6 e si compone, procedendo nel
verso della corrente, quindi da sinistra verso destra, di:
1. una vasca stoccaggio HCl;
2. una vasca stoccaggio H2O2;
3. una vasca stoccaggio FeSO4;
4. una vasca di miscelazione in cui i tre precedenti reattivi verranno aggiunti alla corrente idrica
in trattamento;
5. una vasca di contatto del tipo a “chicane” in cui si creano le condizioni ottimali per cui il
radicale OH˙ possa agevolmente venire a contatto con i composti da ossidare grazie al
mescolamento lento prodotto dai continui “va e vieni” e possa rimanere a contatto con la
corrente idrica per un tempo non inferiore al tempo di reazione;
6. una vasca stoccaggio Ca(OH)2;
7. una vasca di miscelazione in cui il Ca(OH)2 va unito e mescolato al percolato in trattamento al
fine di innalzarne il pH e pertanto favorire nella successiva fase di sedimentazione la
precipitazione dell’idrossido ferrico, Fe(OH)3;
8. una vasca di miscelazione lenta per assicurare la formazione dei fiocchi di idrossido ferrico;
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prof. ing. Giovanni Esposito
9. una vasca di sedimentazione per rimuovere l’idrossido ferrico dalla fase liquida. Il fango che
così viene a prodursi verrà inviato alla linea fanghi per il trattamento o, eventualmente,
acidificato al fine di ottenere nuovamente solfato ferroso, FeSO4, da riutilizzare nel processo
Fenton.
3.2.3 Adsorbimento su carbone attivo
L’adsorbimento, in generale, è un fenomeno chimico-fisico che regola l’interazione tra le
molecole contenute in un certo fluido e la superficie solida con cui tale fluido viene a contatto. Tale
interazione consiste nella formazione di legami chimici, di intensità variabile, tra una parte delle
molecole presenti nel fluido e la superficie del solido: questi legami possono essere deboli (legami
secondari) e quindi reversibili, o forti (legami primari) e quindi non reversibili.
Tra i materiali adsorbenti uno dei più utilizzati è il carbone attivo, solido di origine vegetale
o minerale costituito da materiale microporoso e caratterizzato da un’elevata superficie specifica,
che può essere ottenuto attraverso un processo di attivazione chimica (trattamento con acidi forti) o
termica (riscaldamento a 900°C in atmosfera controllata). Materie prime a partire dalle quali si può
ottenere carbone attivo sono torba, gusci di noce, noccioline, ecc. Esso viene prodotto in polvere o
estruso in granuli.
Le applicazioni tecnologiche sfruttano in genere la formazione di legami deboli che, essendo
reversibili, permettono di recuperare le sostanze adsorbite e di rigenerare il potere adsorbente del
materiale. La rigenerazione consiste in un trattamento (termico, per depressione, per strippaggio con
azoto, aria, o vapore) che libera le molecole trattenute sulla superficie del solido; tale trattamento
sfrutta sia l’effetto meccanico dovuto alla pressione e alla quantità di fluido rigenerante, sia l’effetto
termico che si ottiene mediante riscaldamento diretto del letto, o mediante cessione di calore da
parte del fluido rigenerante.
Il dispositivo utilizzato per l’adsorbimento è generalmente costituito da un reattore
contenente un letto di carbone attivo granulare che viene attraversato dal fluido da trattare.
Il processo di adsorbimento è idoneo nel trattamento del percolato garantendo rimozioni del
COD superiori all’85%, ma solo per percolati che hanno già subito altri trattamenti. Infatti
l'adsorbimento su carbone attivo è fortemente legato alle dimensioni delle molecole: molecole
troppo piccole (come gli acidi grassi volatili) non sono intrappolate, molecole troppo grandi (come
gli acidi umici) ostruiscono i pori del materiale adsorbente, diminuendo la capacità adsorbente.
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3.3 Trattamenti fisici
3.3.1 Strippaggio dell'azoto ammoniacale (Stripping)
Lo strippaggio (o stripping) consiste nel trasferimento di un gas disciolto in un liquido dallo
stato liquido a quello gassoso.
Il percolato viene fatto cadere a pioggia in una colonna contenente materiale di riempimento
modulare che ne consente lo scorrimento come film sottile, in modo da aumentarne la superficie di
scambio, per investirlo in seguito con aria o vapore in controcorrente. L’azoto ammoniacale passa
così dalla fase liquida alla fase gassosa e il gas così ottenuto viene sottoposto ad un trattamento in
uno scrubber con acido solforico che consente di abbattere l’ammoniaca rimossa, restituendo una
soluzione satura di solfato di ammonio, sale che viene recuperato ed utilizzato per la produzione di
fertilizzanti.
Per rendere possibile lo strippaggio è necessario elevare il pH da 8 a 10.5 – 11.5, valori per i
quali l’azoto ammoniacale è presente in massima parte in forma gassosa. Per questo motivo, prima
dell’ingresso del refluo nella colonna di strippaggio, il pH viene elevato con l’aggiunta di una base
(calce o soda).
In condizioni ottimali, ovvero pH >10 e T >40 °C, si possono ottenere rendimenti di
rimozione dell’azoto superiori al 90%, ma in condizioni operative si considera ragionevole una
rimozione dell’80%. Un eccessivo aumento della temperatura di processo, infatti, ha sicuramente
effetti negativi sui costi gestionali e, al tempo stesso, può generare schiume all’interno delle
colonne. Oltre ai costi eccessivi per l'innalzamento della temperatura, il processo può risultare
economicamente svantaggioso anche a causa del notevole impiego di reagenti, quali NaOH (soda
caustica) e H2SO4 (acido solforico).
3.3.2 Evaporazione
Il processo di evaporazione avviene in un'apparecchiatura industriale, l’evaporatore o
concentratore, in cui viene immesso il percolato da trattare. Attraverso tale processo vengono
rimosse, mediante somministrazione di energia termica, sostanze solide non volatili, organiche e
inorganiche, di una soluzione o di una sospensione che viene portata oltre il suo punto di
ebollizione, ottenendo così una soluzione o sospensione più concentrata.
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Tale tecnica è normalmente applicata su percolati particolarmente carichi, aventi COD
superiori a 10.000 mg/l, al fine di separare la frazione acquosa del percolato. Si ottengono così un
concentrato nel quale si addensano la maggior parte delle sostanze inquinanti, costituite dalla
frazione organica e da sali inorganici non evaporati, e un distillato che sarà eventualmente
contaminato solo dalla presenza di una frazione volatile, costituita da vapori di ammoniaca e
composti clorurati, per la rimozione dei quali dovrà essere sottoposto a ulteriori trattamenti, ad
esempio di osmosi inversa.
Di norma l’evaporazione avviene in ambiente acido per mantenere lo ione ammonio
bloccato nella forma NH4+ nel concentrato. Tuttavia, in casi particolari, l’evaporazione viene
effettuata in ambiente basico, strippando l’ammoniaca con aria dall’evaporato condensato basico e
assorbendola in acido solforico con formazione di solfato di ammonio che potrebbe essere
riutilizzato.
I principali svantaggi dell'evaporazione consistono negli elevati consumi energetici e nella
produzione di un concentrato che solitamente viene ricircolato in discarica.
3.3.3 Filtrazione su membrana (osmosi inversa)
Uno dei processi più moderni per il trattamento del percolato è rappresentato dalla
filtrazione su membrana. I processi a cui si fa riferimento quando si parla di separazione a
membrana sono la microfiltrazione, l’ultrafitrazione, la nanofiltrazione e l’osmosi inversa.
In termini generali si può affermare che:
− la microfiltrazione permette la separazione dei solidi sospesi, non facilmente sedimentabili,
mediante l’impiego di membrane di dimensione dei pori comprese tra 0.1 – 10 µm;
− l’ultrafiltrazione trova il suo campo di applicazione per la rimozione di macromolecole e
microrganismi, di dimensioni nel range 0.01 – 2 µm;
− la nanofiltrazione rimuove particelle dell’ordine dei nanometri;
− l’osmosi inversa, mediante l’impiego di membrane aventi un diametro di pori inferiore a
0.001 µm, è in grado di rimuovere dalle acque di scarico i solidi disciolti e i contaminanti
organici.
Nell'osmosi inversa, che è il processo più adatto per il trattamento del percolato, si forza il
passaggio delle molecole di solvente, attraverso la membrana, dalla soluzione più concentrata alla
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soluzione meno concentrata, applicando alla soluzione più concentrata una pressione maggiore della
pressione osmotica. La membrana lascia passare il solvente, vale a dire l'acqua, e trattiene le
sostanze in essa disciolte.
Anche l'osmosi inversa, così come l'evaporazione, avviene in apparecchiature industriali
molto compatte, realizzate in fabbrica, che presso il sito di installazione devono essere
semplicemente collegate idraulicamente con le altre sezioni di trattamento dell'impianto di
depurazione.
Il principale inconveniente legato all'uso delle membrane di osmosi inversa è lo
sporcamento delle membrane stesse, vale a dire l'ostruzione dei pori, su cui si interviene
normalmente con lavaggi in controcorrente. Per ottimizzare l'utilizzo dell'osmosi inversa, riducendo
la frequenza dei lavaggi delle membrane e aumentandone la vita utile, risulta fondamentale il
pretrattamento del percolato che alimenta l’unità di osmosi inversa, che viene tipicamente effettuato
con una filtrazione a sabbia tradizionale, con una microfiltrazione a cartuccia o con una
ultrafiltrazione.
Altro svantaggio dell'osmosi inversa è la produzione di un concentrato che solitamente
viene ricircolato in discarica, direttamente o previo ulteriore trattamento di evaporazione.
4. Criticità dell'impianto di depurazione del percolato della discarica di Carpineto
L'impianto di depurazione in oggetto è un classico impianto di trattamento di percolato di
discarica di "vecchia concezione", costituito da un sistema di trattamento di tipo chimico-fisico a
monte seguito da un sistema di trattamento di tipo biologico a valle. Fino a 10 - 15 anni fa, prima
dell'affermarsi delle tecnologie più moderne e innovative per il trattamento del percolato (osmosi
inversa e evaporazione), gli impianti di depurazione del percolato venivano realizzati in questo
modo in modo da affidare i compiti depurativi, come già detto, prevalentemente al processo
biologico quando la discarica era giovane e successivamente al chimico-fisico quando la stessa
diveniva vecchia.
In particolare l'impianto di Carpineto è costituito dalle seguenti sezioni di trattamento:
sistema chimico-fisico (in doppio stadio)
- miscelazione rapida (dove si aggiungono i reattivi chimici coagulanti e avviene il processo di
coagulazione)
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- miscelazione lenta (dove si aggiungono i polielettroliti e avviene il processo di flocculazione)
-sedimentazione (dove sedimentano i fiocchi di fango chimico prodotti nelle sezioni precedenti)
sistema biologico
- denitrificazione (finalizzata a rimuovere i nitrati prodotti nella sezione di nitrificazione a valle)
- ossidazione e nitrificazione (finalizzata a rimuovere la sostanza organica biodegradabile e a
trasformare l'azoto ammoniacale in nitrati)
- sedimentazione (dove sedimentano i fiocchi di fango biologico prodotti nelle sezioni precedenti)
trattamento fanghi
- disidratazione (finalizzata a ridurre l'umidità del fango)
Il processo chimico-fisico adottato è quindi quello di chiari-flocculazione descritto al punto
3.2.1, mentre il processo biologico è quello di pre-denitrificazione descritto al punto 3.1 e
rappresentato in Fig. 1. La sezione chimico-fisica risulta ben progettata e realizzata, la sezione
biologica, invece, presenta, a parere dello scrivente, una criticità che ne limita l'efficienza di
rimozione dei composti dell'azoto. Risulta, infatti, assente il ricircolo della miscela aerata per
cui i nitrati sono ricircolati alla sezione di denitrificazione solo attraverso il ricircolo del fango
sedimentato, che è insufficiente, da solo, ad assicurare un ricircolo di nitrati tale da garantirne
un'elevata efficienza di rimozione. Nel sistema di pre-denitrificazione proprio il ricircolo della
miscela aerata è il principale deputato a garantire che i nitrati prodotti nella sezione di
nitrificazione possano raggiungere la sezione di denitrificazione ed essere rimossi, pertanto
l'efficienza complessiva di rimozione dei composti dell'azoto nell'impianto in oggetto risulta
ridotta.
Comunque l'impianto di depurazione, nonostante questo limite impiantistico, se gestito
in maniera ottimale e se alimentato con una portata non superiore alla propria potenzialità di
trattamento, pari a 40 m3/giorno, può essere ugualmente in grado di garantire il rispetto dei
limiti di legge allo scarico e questo per due motivi principali. Il primo riguarda la circostanza
favorevole che l'effluente depurato non è scaricato in un corpo idrico naturale, bensì nella pubblica
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fognatura, per cui i limiti di legge (Tabella 1) risultano meno restrittivi sia per l'azoto ammoniacale
(30 mg/l invece di 15 mg/l) sia per i nitrati (vale a dire per l'azoto nitrico: 30 mg/l invece di 20
mg/l). A valle della pubblica fognatura, infatti, è presente un altro impianto di trattamento al quale è
demandato il completamento della depurazione e, in particolare, della rimozione dei composti
dell'azoto.
Il secondo motivo riguarda la possibilità di far avvenire, come descritto al punto 3.1, la
nitrificazione e la denitrificazione in simultanea nella vasca di ossidazione e nitrificazione. Infatti
l'impianto di Carpineto viene gestito con un funzionamento intermittente del sistema di aerazione
della vasca allo scopo di far completare in tale vasca la denitrificazione, sfruttando le ridotte
concentrazioni di ossigeno che si instaurano nei periodi di interruzione dell'insufflazione di aria.
Come detto, però, questa modalità operativa richiede un accurato, quanto complesso, controllo della
concentrazione di ossigeno disciolto che a parere del sottoscritto è molto difficile da ottenere, con il
rischio che non si sviluppi bene né la denitrificazione (per eccesso di ossigeno) e nemmeno la
nitrificazione (per insufficienza di ossigeno).
La criticità sopra descritta, relativa alla configurazione impiantistica dell'impianto e alla
rimozione dei composti dell'azoto, si aggiunge alla criticità più volte richiamata relativa
all'incapacità dell'impianto di trattare tutto il percolato prodotto dalla discarica di Carpineto.
In particolare, come già detto, il bilancio idrico effettuato dal D.L. ha indicato un volume di acqua
piovana invasato mediamente in un anno nella discarica (stimato pari a 19.600 mc) superiore al
volume di percolato trattabile in un anno dall'impianto di depurazione (stimato pari a 13.600 mc).
A tal riguardo, comunque, si ritiene utile precisare che l'impianto di depurazione non risulta
sottodimensionato a causa di un errore di progetto o di costruzione, ma semplicemente perché è
stato realizzato al servizio di una vecchia discarica, e solo successivamente, con la realizzazione
della nuova, è stato messo al servizio anche di quest'ultima.
5. Proposta di up-grading dell'impianto di depurazione
Il Direttore dei Lavori, per far fronte al sottodimensionamento dell'impianto di depurazione,
ha proposto alla Regione Basilicata, con nota prot. n. 21887 del 11/11/2010, un progetto preliminare
di raddoppio dell'impianto, che però non è stato approvato.
Il sottoscritto concorda con il D.L. sulla necessità di un upgrading dell'impianto, ma ritiene
che lo stesso debba essere effettuato con i sistemi di trattamento più moderni e innovativi oggi
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disponibili. Il raddoppio dell'impianto di depurazione, infatti, consentirebbe di trattare una portata
di percolato doppia rispetto a quella che è in grado di trattare l'impianto esistente, ma non
permetterebbe di superare il limite legato alla presenza del processo biologico che, come detto,
risulta poco adatto per la depurazione di percolati vecchi.
I sistemi di trattamento che, a parere dello scrivente, sono più idonei alla depurazione
del percolato prodotto dalla discarica di Carpineto sono l'osmosi inversa e l'evaporazione che
rispetto alla configurazione attuale dell'impianto presentano i seguenti vantaggi:
- offrono efficienze depurative decisamente superiori;
- sono in grado di rimuovere sia la sostanza organica biodegradabile (abbondante nel percolato di
discariche giovani), sia la sostanza organica non biodegradabile (prevalente nel caso di percolato di
discariche vecchie);
- sono in grado di rimuovere i composti dell'azoto senza richiedere la realizzazione di vasche di
grandi dimensioni come quelle necessarie per i processi biologici di nitrificazione e
denitrificazione;
- sono in grado di rimuovere anche ioni come i cloruri che negli impianti tradizionali di depurazione
del percolato risultano impossibili da trattare e spesso si ritrovano negli effluenti degli impianti in
concentrazioni molto superiori ai limiti di legge;
- sono in grado di rimuovere anche sostanze tossiche eventualmente presenti nel percolato, sia di
tipo inorganico, come i metalli pesanti, sia di tipo organico, come gli idrocarburi policiclici
aromatici, che negli impianti tradizionali inibirebbero il processo biologico con scadimento
dell'efficienza depurativa complessiva;
- presentano ingombri decisamente più bassi;
- hanno tempi di realizzazione molto più bassi perché sono prefabbricati;
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prof. ing. Giovanni Esposito
-hanno tempi di avviamento istantanei a differenza dei sistemi biologici che richiedono diverse
settimane per la formazione della massa microbica idonea alla depurazione.
Si ritiene, pertanto, opportuna la realizzazione di un nuovo impianto di depurazione, basato
su tecnologie moderne di trattamento del percolato, come evaporazione e osmosi inversa, in grado
di trattare una portata di percolato maggiore (pari a 100 m3/giorno) rispetto a quello esistente, con
efficienze depurative molto più alte.
In particolare un impianto di depurazione a osmosi inversa e evaporazione, occupando
spazi molto ridotti, può essere realizzato nella stessa area dove si trova l'impianto esistente.
Tra l'altro è possibile optare per un impianto di trattamento del percolato di tipo mobile, vale a dire
un impianto interamente installato in container a tenuta stagna che una volta chiusa la discarica e
terminata la produzione di percolato può essere spostato e utilizzato per un'altra discarica.
L'installazione delle diverse sezioni di trattamento dell'impianto all'interno dei container può
avvenire in fabbrica, riducendo a poche settimane il tempo necessario per l'assemblaggio e
l'avviamento dell'impianto presso il sito di Carpineto.
L'impianto esistente, quindi, potrebbe essere dismesso completamente oppure si
potrebbe optare per dismettere solo la sezione di trattamento biologico, conservando il
processo
chimico-fisico
come
eventuale
trattamento
di
emergenza
in
caso
di
malfunzionamento del nuovo impianto o come pre-trattamento al servizio di quest'ultimo.
Per quanto riguarda lo schema funzionale del nuovo impianto, il cuore dovrà essere
l'osmosi inversa che, assicurando elevati rendimenti depurativi, si presta, come detto più
volte, al trattamento di liquami con carichi inquinanti particolarmente elevati come il
percolato. Per assicurare la protezione delle membrane di osmosi inversa, saranno previsti
diversi tipi di pre-trattamento a monte tra cui, in particolare, la flottazione e la
microfiltrazione. L'evaporazione, invece, sarà utilizzata per il trattamento del concentrato
prodotto dall'osmosi inversa.
In conclusione è utile evidenziare, in particolare, i vantaggi ambientali che il nuovo
impianto di depurazione presenta rispetto a quello esistente. Questi riguardano la
componente ambientale "acqua" poiché la depurazione dello scarico idrico è molto più spinta,
la componente "suolo" poiché la produzione di fanghi è ridotta e inoltre non si producono
fanghi biologici di difficile gestione, e la componente "aria" in quanto il nuovo impianto non
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prof. ing. Giovanni Esposito
contiene vasche biologiche aperte che possano dare luogo alla formazione di aerosols ed
emissioni maleodoranti.
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prof. ing. Giovanni Esposito
Comune di Lauria
SISTEMA INTEGRATO DI GESTIONE DEI RIFIUTI
SOLIDI URBANI ED ASSIMILATI
(Lauria – località Carpineto)
RELAZIONE TECNICA
Confronto tra l'esecuzione del capping della discarica e la
realizzazione di un nuovo impianto di depurazione del percolato
Pozzuoli, 30/05/2014
Il Tecnico incaricato
(prof. ing. Giovanni Esposito)
INDICE
1. PREMESSA...................................................................................................................................................3
2. CORRELAZIONE TRA LA VASCA DI DISCARICA E LA POTENZIALE CONTAMINAZIONE ............................... 4
3. ACCUMULO DEL PERCOLATO NELLA VASCA DI DISCARICA ............................................................... 10
4. CONCLUSIONI ......................................................................................................................................... 11
___________________________________________________________________________ 2
prof. ing. Giovanni Esposito – Docente di Ingegneria Sanitaria-Ambientale
via Solfatara 101 – 80078 Pozzuoli (NA)
1. Premessa
Il Comune di Lauria, con nota prot. n. 23537 del 15/12/2011, ai sensi dell'art. 245 e 242
comma 3 del D.Lgs. 152/06, ha comunicato alla Regione Basilicata, alla Prefettura, alla Provincia
di Potenza, all'ARPAB e all'ASL di Potenza la situazione di potenziale contaminazione del sito in
località Carpineto di Lauria dove è localizzato il sistema di gestione dei rifiuti solidi urbani,
determinata dal superamento nelle acque di falda delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione
(C.S.C.), di cui alla tabella 2 dell'allegato 5 Titolo V del D.Lgs. 152/06, per gli analiti Toluene e
Ferro, come indicato dalle analisi chimiche effettuate dalla RE.AL. Service S.p.A.
In data 21/12/2011 è pervenuto il certificato delle analisi effettuate dall’ARPAB che, oltre a
confermare la presenza di Toluene e Ferro, segnalava il superamento delle C.S.C. anche per i
parametri Arsenico, Manganese e 1,2 Dicloropropano.
Il giorno 23/12/2011 la Regione ha inviato al Comune di Lauria e a tutti gli altri Enti
preposti la nota prot. 0220706/75AA, con la quale prendeva atto della comunicazione del Comune
(nota prot.23537 del 15/12/2011), restando in attesa del Piano di Caratterizzazione (PdC) ai sensi
del D.Lgs. 152/06.
In data 30/01/2012 il Comune con nota prot. n. 1831 ha trasmesso agli Enti territorialmente
preposti il PdC che veniva approvato con prescrizioni/integrazioni nella conferenza dei servizi
dell'8/05/2012 convocata con nota del Sindaco di Lauria prot. n. 6829 del 23/04/2012.
Nella stessa seduta dell'8 maggio 2012 è stato richiesto al Comune di Lauria di confrontare
l'ipotesi di messa in opera, come intervento di messa in sicurezza di emergenza, di un telo
impermeabile sui rifiuti abbancati (capping) in discarica con l'ipotesi di smaltimento a regime del
percolato nell'impianto di depurazione esistente, facendo derivare da tale confronto la scelta tecnica
più opportuna.
Con deliberazione della G.R. n. 1523 del 13/11/2012 la Regione ha concesso al Comune un
finanziamento di € 1.541.378,00 sul fondo di rotazione istituito dall'art. 14 della legge Regionale
n.26 del 30/12/2011, per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza della vasca e di
caratterizzazione del sito. Tale finanziamento è stato prorogato con deliberazione della G.R. n.
57/2013.
___________________________________________________________________________ 3
prof. ing. Giovanni Esposito
Il Comune di Lauria, con nota prot. n. 4299 del 11/02/2013, ha avanzato l'ipotesi di
utilizzare parte del finanziamento suddetto per la realizzazione di un nuovo impianto di depurazione
del percolato in sostituzione del capping della discarica.
Nella conferenza dei servizi dell'8/10/2013 il Comune di Lauria si è impegnato a trasmettere
a tutti i soggetti interessati una relazione tecnica finalizzata ad individuare la migliore scelta
progettuale per l'esecuzione di ulteriori attività di MISE tra il capping e la realizzazione di un
nuovo impianto di depurazione del percolato.
Pertanto in data 19/05/2014 l'Amministrazione Comunale di Lauria ha conferito al
sottoscritto prof. ing. Giovanni Esposito un incarico specialistico volto alla stesura della presente
relazione tecnica sul confronto tra l'esecuzione del capping della discarica e la realizzazione di un
nuovo impianto di depurazione del percolato.
2. Correlazione tra la vasca di discarica e la potenziale contaminazione
Il Comune di Lauria nel Novembre 2012 ha affidato al sottoscritto un precedente incarico
mirato, tra le altre cose, a verificare l'eventuale esistenza di una correlazione tra la discarica di
Carpineto e la potenziale contaminazione del sito. Per espletate tale incarico, lo scrivente ha
analizzato i dati di monitoraggio riportati nell'allegato O al Piano di Caratterizzazione,
restringendo l'esame a due soli parametri - Azoto Ammoniacale e Carbonio Organico Totale
(TOC) - che, essendo tipicamente presenti in alte concentrazioni nei percolati di discarica e in
concentrazioni molto basse nelle acque di falda, consentono, meglio di altri parametri, di
verificare l'esistenza di una correlazione tra le caratteristiche del percolato presente in
discarica e la contaminazione delle acque sotterranee.
Qualora, infatti, la presenza di concentrazioni eccessive di Toluene, Ferro, Arsenico,
Manganese e 1,2 Dicloropropano non fosse accompagnata anche dalla presenza di
concentrazioni elevate di Azoto Ammoniacale e TOC si potrebbe escludere la correlazione dei
contaminanti rinvenuti nelle acque sotterranee con il percolato prodotto dalla discarica in
quanto una contaminazione dovuta al percolato comporterebbe concentrazioni elevate in
falda soprattutto delle sostanze maggiormente presenti nello stesso.
I dati di monitoraggio riportati nel citato allegato O riguardano campioni prelevati nel
periodo dal 21/11/2011 al 02/03/2012 dalla vasca, dal sottodreno e dai pozzi PM2, PM3, PM4 e
PM5 e sono riportati nelle seguenti tabelle limitatamente ai parametri Azoto Ammoniacale e TOC:
___________________________________________________________________________ 4
prof. ing. Giovanni Esposito
Tabella 1. Azoto ammoniacale e TOC in campioni prelevati in data 21/11/2011
Parametro
Unità di
Percolato
Percolato
Pozzo
Pozzo
Pozzo
Pozzo
misura
in vasca
nel
PM2
PM3
PM4
PM5
mg/l
< 0,020
< 0,020
< 0,020
mg/l
<1
<1
25,1
sottodreno
Azoto
ammoniacale
(come NH4+)
Carbonio
Organico
Totale (TOC)
Tabella 2. Azoto ammoniacale e TOC in campioni prelevati in data 09/01/2012
Parametro
Unità di
Percolato
Percolato
Pozzo
Pozzo
Pozzo
Pozzo
misura
in vasca
nel
PM2
PM3
PM4
PM5
sottodreno
Azoto
ammoniacale
mg/l
7,13
0,58
mg/l
2,50
3,51
(come NH4+)
Carbonio
Organico
Totale (TOC)
___________________________________________________________________________ 5
prof. ing. Giovanni Esposito
Tabella 3. Azoto ammoniacale e TOC in campioni prelevati in data 17/01/2012
Parametro
Unità di
Percolato
Percolato
Pozzo
Pozzo
Pozzo
Pozzo
misura
in vasca
nel
PM2
PM3
PM4
PM5
sottodreno
Azoto
ammoniacale
mg/l
10,3
7,02
3,72
< 0,020
0,52
mg/l
1,7
3,1
2,1
2,6
2,9
(come NH4+)
Carbonio
Organico
Totale (TOC)
Tabella 4. Azoto ammoniacale e TOC in campioni prelevati in data 24/01/2012
Parametro
Unità di
Percolato
Percolato
Pozzo
Pozzo
Pozzo
Pozzo
misura
in vasca
nel
PM2
PM3
PM4
PM5
sottodreno
Azoto
ammoniacale
mg/l
282
365
165
< 0,020
4,96
mg/l
828
977
378
231
85
(come NH4+)
Carbonio
Organico
Totale (TOC)
___________________________________________________________________________ 6
prof. ing. Giovanni Esposito
Tabella 5. Azoto ammoniacale e TOC in campioni prelevati in data 31/01/2012
Parametro
Unità di
Percolato
Percolato
Pozzo
Pozzo
Pozzo
Pozzo
misura
in vasca
nel
PM2
PM3
PM4
PM5
sottodreno
Azoto
ammoniacale
mg/l
972
394
75,9
< 0,020
4,12
mg/l
783
1044
369
220
134
(come NH4+)
Carbonio
Organico
Totale (TOC)
Tabella 6. Azoto ammoniacale e TOC in campioni prelevati in data 16/02/2012
Parametro
Unità di
Percolato
Percolato
Pozzo
Pozzo
Pozzo
Pozzo
misura
in vasca
nel
PM2
PM3
PM4
PM5
sottodreno
Azoto
ammoniacale
mg/l
2,45
440
115
< 0,020
mg/l
22,3
837
3094
< 1,00
(come NH4+)
Carbonio
Organico
5,34
Totale (TOC)
___________________________________________________________________________ 7
prof. ing. Giovanni Esposito
Tabella 7. Azoto ammoniacale e TOC in campioni prelevati in data 24/02/2012
Parametro
Unità di
Percolato
Percolato
Pozzo
Pozzo
Pozzo
Pozzo
misura
in vasca
nel
PM2
PM3
PM4
PM5
sottodreno
Azoto
ammoniacale
mg/l
1335
428
194
< 0,020
16,3
1,72
mg/l
2109
243
343
< 1,00
6,71
14,3
(come NH4+)
Carbonio
Organico
Totale (TOC)
Tabella 8. Azoto ammoniacale e TOC in campioni prelevati in data 02/03/2012
Parametro
Unità di
Percolato
Percolato
Pozzo
Pozzo
Pozzo
Pozzo
misura
in vasca
nel
PM2
PM3
PM4
PM5
sottodreno
Azoto
ammoniacale
mg/l
926
755
105
< 0,020
< 0,020
mg/l
464
218
145
< 1,00
2,53
(come NH4+)
Carbonio
Organico
Totale (TOC)
I risultati delle analisi sopra riportati indicano che l'acqua di falda in corrispondenza
del pozzo PM2 presenta una contaminazione verosimilmente dovuta a una perdita di
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percolato. Comunque non è possibile affermare che tale perdita provenga dalla discarica in
oggetto, poiché potrebbe derivare anche dalla vecchia discarica "chiusa" adiacente a quella in
esame.
Per quanto riguarda gli altri pozzi si osserva che i prelievi del 24/01/2012 e 31/01/2012
hanno evidenziato valori elevati di TOC anche per il PM3 e il PM5, che stranamente però non
sono accompagnati da valori elevati anche di Azoto Ammoniacale.
I dati sopra illustrati, purtroppo, non sono sufficienti ad addivenire a conclusioni certe
sull'eventuale presenza di una correlazione tra la discarica e la potenziale contaminazione delle
acque sotterranee. Pertanto solo l'attuazione del Piano di Caratterizzazione potrà fornire
risposte più precise, ricostruendo in maniera completa gli eventuali fenomeni di inquinamento
e individuando le cause che li hanno determinati. La Caratterizzazione, tra l'altro, dovrà chiarire
le caratteristiche della falda idrica sottostante in termini di profondità dal piano campagna nei
diversi periodi dell'anno, direzioni di flusso e gradienti piezometrici, ovvero il modello concettuale
definitivo del sito.
In ogni caso, la presenza di percolato nel sottodreno indica l'esistenza di perdite della
guaina impermeabilizzante e pertanto, a parere dello scrivente, rende necessario un
intervento finalizzato ad individuare la discontinuità o le discontinuità nel sistema di
impermeabilizzazione attraverso le quali tali perdite si determinano e ad eliminare le stesse
attraverso opportuni interventi di ripristino della continuità della guaina stessa, al fine di
tutelare le matrici ambientali nell'eventualità che il percolato rinvenuto nelle acque
sotterranee provenga proprio dalla discarica in oggetto. Pur rendendosi conto delle notevoli
difficoltà legate a tali interventi derivanti dalla presenza in discarica di elevate quantità di
rifiuti già abbancati e di percolato accumulato, il sottoscritto ritiene che il ripristino della
perfetta tenuta e quindi della perfetta funzionalità della guaina di impermeabilizzazione sia il
solo intervento in grado di azzerare il rischio di un'eventuale contaminazione del sottosuolo
dovuta alla perdita di percolato.
Gli interventi di MISE, oggetto della presente relazione, infatti, vale a dire capping
della discarica e realizzazione di un nuovo impianto di depurazione, pur riducendo il rischio
di contaminazione in quanto riducono l'accumulo del percolato nella vasca di discarica (cfr.
paragrafo 3) non sono in grado di evitare le eventuali fuoriuscite di percolato dalla guaina di
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impermeabilizzazione e l'eventuale perdita dello stesso dal sottodreno della discarica verso il
sottosuolo.
3. Accumulo del percolato nella vasca di discarica
L'impianto di depurazione del percolato esistente rappresenta una criticità del sistema di
gestione dei rifiuti solidi urbani in località Carpineto di Lauria in quanto, come più volte
evidenziato dal Direttore dei Lavori (D.L.) di realizzazione della piattaforma, risulta insufficiente a
trattare tutto il percolato prodotto dalla discarica di Carpineto. In particolare, il bilancio idrico
effettuato dal D.L. tra il volume di acqua piovana invasato mediamente in un anno (stimato pari a
19.600 mc) e il volume di percolato trattabile in un anno dall'impianto di depurazione esistente
(stimato pari a 13.600 mc), risulta in un accumulo medio annuo di percolato nella vasca di discarica
pari a 6.000 mc.
Pertanto l'impianto di depurazione esistente non è in grado, da solo, di abbattere i rischi
di esondazione e contaminazione legati all'accumulo di percolato in discarica. Tale
problematica può essere affrontata con entrambi gli interventi di MISE oggetto della presente
relazione, infatti sia il capping della discarica che, evitando l'ingresso delle acque di pioggia nella
vasca e il contatto delle stesse con i rifiuti, riduce notevolmente la produzione di percolato, sia la
realizzazione di un nuovo impianto di depurazione di potenzialità maggiore di quello esistente e
quindi in grado di trattare tutto il percolato prodotto dalla discarica, e anche quello ancora prodotto
dalla vecchia discarica "chiusa", consentono di risolvere completamente il problema. Entrambi i
sistemi, tra l'altro, sono in grado non solo di evitare la formazione di nuovi accumuli, ma anche di
garantire lo svuotamento dell'invaso dal percolato attualmente contenuto. Il capping, infatti,
riducendo enormemente la produzione di nuovo percolato metterebbe l'impianto di depurazione
esistente nelle condizioni di provvedere alla depurazione di quello attualmente contenuto in vasca e
quindi allo svuotamento della stessa. Allo stesso modo il nuovo impianto di depurazione avrebbe
una potenzialità tale da garantire al contempo la depurazione del nuovo percolato prodotto dalle
discariche, vecchia e nuova, di Carpineto, e di quello attualmente accumulato nella stessa.
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4. Conclusioni
Sulla base di quanto illustrato nei paragrafi precedenti è possibile concludere che sia il
capping della discarica, sia la realizzazione di un nuovo impianto di depurazione di
potenzialità superiore a quello esistente, sono in grado di risolvere la problematica relativa
all'accumulo di percolato nell'invaso della discarica.
Allo stesso modo sia il capping della discarica, sia la realizzazione del nuovo impianto di
depurazione, pur riducendo il rischio di contaminazione in quanto riducono l'accumulo del
percolato nella vasca di discarica, non sono in grado di evitare le eventuali fuoriuscite di
percolato dalla guaina di impermeabilizzazione e l'eventuale perdita dello stesso dal
sottodreno della discarica verso il sottosuolo. A tal riguardo si ritiene che qualora queste
perdite fossero effettivamente presenti - ma come detto questo dovrà essere chiarito
dall'attuazione del Piano di Caratterizzazione - solo un intervento finalizzato ad individuare
la discontinuità o le discontinuità nel sistema di impermeabilizzazione attraverso le quali tali
perdite si determinano e ad eliminare le stesse attraverso opportuni interventi di ripristino
della continuità della guaina stessa potrebbe assicurare l'annullamento dei relativi rischi di
contaminazione.
Tuttavia esistono una serie di ulteriori fattori da prendere in considerazione che, a parere
dello scrivente, rendono la realizzazione del nuovo impianto di depurazione vantaggiosa
rispetto al capping della discarica. La prima motivazione riguarda l'eventualità in futuro di
rimettere in esercizio la discarica, ovviamente qualora non risultasse necessaria la bonifica o dopo
averla effettuata. In tal caso la realizzazione del capping renderebbe più complicate le operazioni di
messa in esercizio della discarica perché oltre al ripristino della guaina di impermeabilizzazione
risulterebbe necessario anche provvedere alla rimozione del telo impermeabile utilizzato per il
capping stesso.
Il secondo motivo che rende preferibile la realizzazione del nuovo impianto di depurazione è
la possibilità di utilizzarlo non solo per il trattamento del percolato prodotto dalle due
discariche di Carpineto, ma anche di eventuali altre discariche che venissero autorizzate e
realizzate nelle vicinanze dell'impianto. A tal riguardo si precisa che l'impianto proposto, di portata
pari a 100 mc/giorno, quindi già superiore a quella prodotta dalle due discariche di Carpineto, è di
tipo modulare per cui può facilmente essere ulteriormente potenziato con l'aggiunta di nuovi moduli
di trattamento.
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Il terzo motivo, infine, riguarda la possibilità di riutilizzo del nuovo impianto di
depurazione. Optando, infatti, per un moderno impianto di trattamento del percolato di tipo mobile,
vale a dire un impianto interamente installato in container, una volta chiusa la discarica e terminata
la produzione di percolato, esso potrebbe essere spostato e utilizzato in un altro sito per un'altra
discarica.
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