giovane e contemporaneo

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giovane e contemporaneo
1995 a Carpi
Vende oltre 2.200.000 capi all’anno
Nel 2001 ha avuto un fatturato
di 58 milioni di euro
+12% rispetto al 2010
Gaudì nasce nel
La sede si estende
su
Nel
8.000 metri quadri
2009 l’azienda aveva
85 tra dipendenti e collaboratori
oggi sono 146
In Italia i rivenditori sono
e
1.500
23 i negozi monomarca,
da Milano a Palermo
Stefano Bonacini
passando per Firenze e Roma
Stile
700 rivenditori
e 21 negozi monomarca
con
Ritratti d’impresa | Gaudì
Stefano Bonacini e Roberto Marani
sono i creatori della nota azienda
di abbigliamento made in Carpi
giovane
e contemporaneo
Gaudì è un marchio in costante ascesa che piace a tutti, donne e uomini, adulti e bambini.
Merito di una strategia imprenditoriale che ha saputo inventare il prodotto giusto e giocare
su comunicazione e distribuzione, puntando anche sul mondo dello sport
di Arianna De Micheli - foto Elisabetta Baracchi
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Gaudì esporta in tutta Europa
sprimi un «tuo» concetto. Difendi quell’identità che hai
costruito stagione dopo stagione anche a costo di nuotare
contro corrente. E sii sempre disposto a rimboccarti le maniche di fronte alle difficoltà. Perché l’imprevisto è sempre dietro
l’angolo. Anche se ti chiami Gaudì. Ne sa qualcosa Stefano Bonacini, creatore con Roberto Marani del noto marchio di abbigliamento carpigiano, solida realtà industriale costruita con tenacia. A
fine novembre 2011, nel giro di una notte, Bonacini si vede svanire
nel nulla lunghi mesi di lavoro. Buona parte del nuovo campionario
sparisce da una stireria a un tiro di schioppo dall’azienda: la reazione del team Gaudì è repentina, non c’è tempo per recriminazioni né
per pensare ai colpevoli, bisogna recuperare alla velocità della luce
tutto, idee e suggestioni per la nuova stagione, senza tradire le aspettative. «Abbiamo rifatto l’intero campionario in soli trenta giorni», ricorda il fondatore dell’azienda. «In tutti questi anni non era
mai accaduto nulla di simile. Non crediamo all’ipotesi di una azione mirata allo spionaggio industriale». D’altra parte non pare esserci alcuna traccia di capi clonati.
Una brutta avventura, alla fine, che ha coinvolto un’azienda che
E
si sta ormai consolidando nel panorama della moda internazionale.
Un nome importante se si guardano i risultati, come i 2.200.000
capi venduti ogni anno e i 58 milioni di fatturato registrati nel 2011.
Numeri peraltro in costante crescita. «Lo scorso anno siamo cresciuti di dodici punti percentuali», avverte Bonacini. Che riguardo
al nome ricorda: «Ci suonava bene, è incisivo. E no, non ha nulla a
che vedere con Antoni Gaudì, architetto catalano emblema di
Barcellona». Il merito è di uno stile giovane e contemporaneo che
soddisfa le esigenze total look tanto di «uomini dinamici e donne
decise, consapevoli della propria femminilità», quanto di bambini
«vitali e pieni di energia». Ma anche e soprattutto di una strategia
imprenditoriale che, come un perfetto gioco a incastro tra prodotto,
comunicazione e distribuzione, nulla vuole lasciare al caso. «Da
una decina di anni le campagne pubblicitarie giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’azienda. Siamo partiti con un processo di marketing di grande impatto, coinvolgendo il mondo dello
sport, del calcio in prima battuta», puntualizza Bonacini, oggi azionista di maggioranza di un Carpi calcio che è insieme croce e delizia. «Ma siamo stati sponsor anche della Orizzonte Catania, la
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Ritratti d’impresa | Gaudì
I numeri | Azienda in costante crescita
C
on oltre 2.200.000 capi venduti ogni anno, Gaudì ha archiviato il
2011 con un fatturato consolidato di 58 milioni di euro (+12 per cento rispetto al 2010), di cui quasi il 25 per cento realizzato grazie all’export. La sede dell’azienda di moda si estende su ottomila metri quadri
in via Nuova Ponente a Carpi. Negli ultimi anni, a conferma della volontà di investire, la forza lavoro è aumentata: dipendenti e collaboratori
sono passati da 85 nel 2009, a 120 nel 2010, sino a toccare quota 146
nel 2011.
Sono 1.500 i rivenditori in Italia e 23 i negozi monomarca. Da Milano a
Palermo, passando per Firenze e Roma, il progetto retail di Gaudì si è
sviluppato nel panorama nazionale in tempi record. Altrettante aperture sono previste per l’immediato futuro. Un percorso quello della casa
di moda carpigiana che da tempo travalica anche i confini nazionali:
Gaudì esporta infatti in tutta Europa, soprattutto in Olanda, Belgio,
Francia e nei Paesi dell’Est. I rivenditori presenti sul territorio extraeuropeo sono circa 700, 21 i negozi monomarca.
squadra di pallanuoto femminile più blasonata in Italia, storicamente ai vertici del
campionato di A1. Senza dimenticare la Formula 1: dopo Jarno Trulli, abbiamo infatti
sponsorizzato Tonio Liuzzi e Adrian Sutil
del team Force India. Il contratto è scaduto
da poco e stiamo valutando un rinnovo».
Che non è garantito. Perché anche la comunicazione, al pari dello stile, è in continua
evoluzione.
«Nel corso del tempo il nostro prodotto
ha incrementato la propria qualità guadagnando punti in raffinatezza. Si è quindi
fatta pressante la necessità di un discorso
comunicativo diverso, che contemplasse
una pubblicità più dinamica calibrata ad
hoc sul target di riferimento. Da prevedere
non soltanto negli stadi o nei circuiti sportivi. Ci siamo spostati sulle pagine dei quotidiani nazionali e in altri grandi spazi, come
gli aeroporti e le stazioni ferroviarie». Ossia
luoghi abitati 24 ore su 24, in perenne fermento e ideali per la comunicazione attraverso grandi affissioni. E così l’azienda nata
dalle ceneri di un pronto moda (e Carpi è
stata la madrina per decenni di questo tipo
di aziende) ha alzato il tiro allargando i propri orizzonti. Che oggi sono fatti di 1.500
rivenditori, 23 negozi monomarca: il progetto retail targato Gaudì si traduce in
ampi spazi dall’atmosfera informale dove lo
shopping diventa una nuova, gratificante
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Le tappe di Gaudì
• 1995 Nasce il marchio Gaudì.
• 1997 A Bologna viene aperto il primo centro distributivo.
• 2002 Gaudì entra nel mondo del calcio, facendo conoscere il proprio logo attraverso l’uso degli spazi pubblicitari in diversi stadi italiani. È il primo passo di una
campagna pubblicitaria di grande impatto che in termini di visibilità si rivelerà vincente.
• 2003 Inizio della distribuzione diretta. È l’anno della
svolta.
• 2004 Gaudì intraprende un rapido percorso di internazionalizzazione.
In un paio di anni le quote export passano dal 10 al 20 per cento.
• 2005 Continuano e si rafforzano le partnership con il mondo del calcio. Nel campionato di serie A 2005/2006 l’azienda carpigiana sponsorizza l’Ascoli. Seguono l’Udinese (dal 2006 al 2008) e il Genoa (nella stagione 2009/2010).
• 2006 È l’anno dell’esordio nell’ambito dello sport automobilistico. Gaudì si lega al pilota di Formula 1 Jarno Trulli del
team Toyota.
• 2006 Viene varato il progetto licenze: grazie a scarpe, borse e accessori lo stile Gaudì conquista il mondo della pelletteria.
• 2007 Inaugurazione del primo punto vendita monomarca. Parte il progetto retail.
• 2008 L’azienda lancia GJ, l’anima denim di Gaudì: una
collezione completa uomo/donna di jeans e capi basic.
• 2010 Gaudì sponsorizza Tonio Liuzzi, pilota di Formula
1 del team Force India.
• 2010 Gaudì diventa sponsor ufficiale della squadra di pallanuoto
femminile campione d’Italia Geymonat Orizzonte Catania.
• 2011 La collaborazione di successo tra la maison e il team Force India
continua anche per il 2011 grazie alla sponsorizzazione del giovane Adrian Sutil.
• 2011 Tornano in house le collezioni dedicate ai più piccoli. Viene creata una struttura completamente dedicata a Gaudì Teen&Boy.
«Gaudì è nata nel 1995»,
ricorda l’imprenditore
Stefano Bonacini,
oggi anche azionista
di maggioranza
del Carpi calcio.
«Ma l’anno della svolta
per noi è stato il 2003,
quando abbiamo deciso
di puntare in modo
prepotente sul marchio,
con un forte investimento
di marketing nel mondo
dello sport, dal calcio
alla pallanuoto
alla Formula 1.
Una scelta
che si è rivelata vincente.
Oggi a seguirla
sono in molti,
allora appariva
una mossa azzardata
con una componente
di rischio davvero elevata»
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Ritratti d’impresa | Gaudì
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scoperta. Un progetto ambizioso che, iniziato nel 2007, in breve tempo ha coinvolto da
nord a sud le principali città italiane. Da
Milano a Palermo, passando per Firenze e
Roma, il marchio carpigiano ha colonizzato
lo stivale. Le conquiste più recenti? Trento,
Brunico e Bressanone. Sebbene il vero campo di battaglia resti oltre confine. «Non nascondiamo l’interesse a crescere ulteriormente, non solo in Italia ma anche e soprattutto sul mercato internazionale», ammette
il titolare di Gaudì. «Per questo abbiamo inserito nell’organico nuove figure. Esportiamo infatti in tutta Europa, soprattutto in
Belgio, Olanda, Francia e nei Paesi dell’Est
Europa. Inoltre vantiamo circa 700 rivenditori e oltre 20 negozi monomarca sparsi sul
territorio extraeuropeo. Siamo stati tra i
primi ad andare all’estero, in Ucraina e Romania, e oggi le nostre quote export sfiora-
Da contoterzisti
a produttori al dettaglio
conservando lo stesso marchio:
una rivoluzione ottenuta dal coraggio
di Stefano Bonacini e dall’estro
visionario di Roberto Marani.
«Giocavamo insieme a calcio»,
ricorda Bonacini, «e siamo in sintonia
da oltre vent’anni. Il nostro sodalizio
funziona perché manteniamo
ruoli diversi e complementari.
Io mi occupo dell’aspetto
finanziario e commerciale
mentre lui è il creativo,
e sul suo lavoro non mi permetto
di intervenire se non durante
la supervisione finale»
no il 25 per cento». E Bonacini aggiunge:
«Ma a mio parere non è sufficiente. Dobbiamo arrivare al 40 per cento». Le mete più
ambite? Ancora più a est, dal Medio Oriente
a, ovviamente, la Cina, terra sconfinata dalle mille opportunità i cui ritmi di crescita
continuano a essere impressionanti, in particolare se confrontati con un’economia come
quella europea che le previsioni danno ancora al palo almeno per tutto l’anno.
In tempi come questi, solo le aziende con
la vista acuta e le spalle larghe potranno
non dare ascolto alle voci di un 2012 funesto. «Siamo sempre andati avanti con le
nostre gambe e questo ci ha premiato. Gaudì è un’impresa robusta, solida che non ha
conosciuto battute d’arresto. Ma bisogna
muoversi con cautela ed estrema attenzione perché ci aspetta un anno tutt’altro che
semplice». Sull’invito a non nutrire la falsa
Una piccola innovazione può diventare
un grande valore. Proteggila
"REVETTIPERINVENZIONEs-ODELLIDIUTILITÌs$ISEGNIEMODELLIs-ARCHIs$IRITTODAUTOREs6ARIETÌ6EGETALI
4OPOGRAlEELETTRONICHEs#ONSULENZETECNICOLEGALIs2ICERCHEESORVEGLIANZE
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Ritratti d’impresa | Gaudì
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speranza di una crisi ormai archiviata il
nostro ospite si concede una pausa, posando la penna. Un time out dopo una ventina
di minuti di conversazione, in cui l’imprenditore quarantasettenne non ha smesso un
istante di tracciare geroglifici consumando
il già misero spazio offerto da un vissuto
quadernetto. «È un’abitudine. Di solito scarabocchio case, quelle che ti insegnano a
disegnare da bambino. Oppure ripeto a
oltranza la mia firma. Un modo per concentrarmi», confessa l’imprenditore con un sorriso che rimbalza da una parete all’altra di
un ufficio dal profilo elegante ma essenziale, sobria isola in un oceano di abiti colorati,
superfici trasparenti, bozzetti appesi ovunque. E dove regna un ordine rigoroso e al
tempo stesso rasserenante. «Sono impulsivo, determinato ma non spavaldo. Forse da
ragazzo potevo sembrare addirittura timido», risponde Bonacini sulla sua personalità. «Ho lavorato molto sul mio carattere,
perché volevo fare l’imprenditore. Rispetto
al settore, senza dubbio l’essere cresciuto a
Carpi ha influenzato le mie scelte».
Che vanno contestualizzate alla fine
degli anni Ottanta. Il padre di Bonacini gestisce una piccola azienda, la madre cuce
maglie a domicilio. Stefano, poco più che
ventenne, diventa rappresentante nel ramo
dell’abbigliamento. Intanto Carpi ha già
cambiato volto: la crisi del settore tessileabbigliamento si fa sentire in modo sempre
più preoccupante, ma la città dei Pio rimane comunque l’Eldorado del pronto moda. È
sufficiente un piccolo magazzino, per non
dire il garage dei genitori o di un amico, e
un po’ di ordini di abiti confezionati per il
mercato interno ed estero, senza grandi
pretese. Non fa eccezione nemmeno il binomio Bonacini-Marani che inizia cavalcando
quell’onda ma con la chiara intenzione di
raggiungere obiettivi di tutt’altro tenore.
«Gaudì nasce nel 1995», ricorda l’imprenditore. «Ma l’anno della svolta è il 2003, quando abbiamo deciso di puntare in modo prepotente sul marchio, investendo considerevolmente in marketing. Un vero e proprio
atto di fede che, a posteriori si è rivelato vincente. Oggi a seguire questa strada sono in
molti, allora era una mossa azzardata con
una componente di rischio davvero elevata». Da produttori conto terzi a produttori
al dettaglio conservando il medesimo marchio: una rivoluzione dall’esito non scontato, i cui risultati hanno reso merito al coraggio di Stefano Bonacini e all’estro visionario
del socio degli esordi, Roberto Marani, che
della coppia rappresenta la mente creativa.
«Giocavamo insieme a calcio, e siamo in sintonia da oltre vent’anni. Il nostro sodalizio
funziona perché manteniamo ruoli diversi e
complementari. Io mi occupo dell’aspetto finanziario e commerciale, lui è il creativo, e
sul suo lavoro non mi permetto di intervenire se non durante la supervisione finale».
Forte di un organico che conta ormai 146
unità tra nuovi dipendenti e storici collaboratori (erano 120 nel 2010, 85 nel 2009), oggi l’azienda sente l’esigenza di ristrutturare
i propri spazi. Delocalizzata la logistica,
nella sede cittadina rimangono gli uffici e lo
showroom il cui cambio di look è previsto
per i prossimi mesi. Un’ennesima piccola
rivoluzione gestita con la consueta disinvoltura. «So di avere più volte sottolineato di
essere stato fortunato. È così», ammette
Bonacini, che mai si separa dal corno in argento che gli orna la gola, probabile omaggio alla dea bendata. «Ma considerata la nostra esperienza, ora non credo si tratti solo
di fortuna ma anche di merito. Un merito
che ritengo sia giusto riconoscere a tutti quegli imprenditori le cui aziende hanno otte-
«Abbiamo avuto il merito
di avere fatto decollare
un bel progetto imprenditoriale»,
commenta Bonacini.
«Ma ammetto anche
un po’ di fortuna iniziale:
quella di avere cominciato
l’attività in un periodo
in cui le banche offrivano aiuto
se si presentava un piano valido,
anche senza molto di più
della buona volontà
e della determinazione.
Oggi putroppo la situazione
non potrebbe essere
più diversa:
i giovani che hanno idee
per creare un’impresa
non trovano supporto»
nuto importanti risultati. Ciò non toglie che
negli anni Novanta se ti presentavi in banca per chiedere un finanziamento per un
progetto, senza molto di più della buona volontà e della determinazione, nessuno ti
prendeva per matto. Oggi la situazione non
potrebbe essere più diversa. La nostra è una
società chiusa, che rema contro la libera espressione. E questo danneggia il mondo del
fashion: la moda si nutre di fantasia, l’eccessiva industrializzazione rischia di inaridire il prodotto. Le giovani leve? Il nostro
settore ha sicuramente bisogno di nuove figure, capaci e dinamiche. Però, se devo esprimere un giudizio, mi pare che il panorama risulti oltremodo deprimente. E me ne
rammarico. Una realtà dove ci si può confrontare con nuove personalità, con nuove
idee, è stimolante e utile. Sarei infatti felice
di passare il testimone a qualche giovane
intraprendente. Ma più che un desiderio appare per ora un’utopia».
È il canto del cigno della moda made in
Carpi? I fatturati record realizzati dalla generazione dei quarantenni rappresentano
l’ultimo atto di un sapere emigrato altrove?
È un refrain sentito spesso anche in passato, ciclicamente Carpi è entrata in crisi e poi
è tornata alla ribalta, e questa terra di maglieria e creatività può ancora sorprendere.
Ma ovviamente «del domani non v’è certezza», come già ricordava nel XV secolo Lorenzo il Magnifico.
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