Dai colossi di Abu Simbel, voluti da Ramsete II come guardiani delle

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Dai colossi di Abu Simbel, voluti da Ramsete II come guardiani delle
RENZO ANGELINI
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ALTO EGITTO
Dai colossi di Abu Simbel, voluti da Ramsete II come
guardiani delle porte della Nubia, al brulicare dei bazar
di Assuan, a due passi dal Tropico, alle meraviglie della
zona tebana, dove il Nilo separa ancora oggi la terra dei
vivi da quella dei morti.
Renzo Angelini
Dromedari nel deserto
Dal finestrino del vecchio Fokker, a
circa trecento chilometri da Assuan,
in territorio nubiano vicino al confine
con il Sudan, ci appare la più bella e
grandiosa costruzione del più grande
faraone della storia egiziana: il Tempio
di Ramsete II di Abu Simbel. E’ anche
il simbolo di una operazione titanica di
salvataggio che ha permesso di tagliare in blocchi i due splendidi tempi rupestri (compreso il tempio di Hathor,
dedicato alla propria sposa – Nefertari) e spostarli a 180 metri di distanza
e 64 metri più in alto, per sottrarli alle
acque del Lago Nasser, che si formò
con la costruzione della Grande Diga
di Assuan (1964). Anche se l’illusione
è perfetta, ogni pietra è stata rimessa al
proprio posto con precisione millimetrica e rispettando rigorosamente l’orientamento delle costruzioni, trattasi
comunque di una ricostruzione su una calotta di cemento armato, che sopporta il peso
il peso della montagna e la spinta dei muri
inferiori del tempio, dove il “dietro le quinte”
merita una visita del capolavoro ingegneristico realizzato tra il 1964 e il 1970. Il Grande
Tempio fu costruito in onore di Ramsete II
durante la diciannovesima Dinastia; tagliato
nella roccia e di dimensioni gigantesche è il
risultato della megalomania del faraone. In
un periodo in cui l’Egitto attraversava una
fase di declino, a seguito della crescita della
civiltà ittita, i faraoni intrapresero programmi edilizi simili a quelli dell’età delle piramidi. La facciata del tempio, scolpita nella
montagna, è lunga 38 metri e alta 31; quattro
statue colossali di Ramsete II seduto, alte 20
metri – due metri in più dei colossi di Mennone, siedono in trono all’ingresso del tem-
Abu Simbel
pio, la cui facciata ha funzione di pilone. Ai
piedi dei colossi si vedono la regina Nefertari, la figlia Merit Amon ed il figlio Ramesse.
I muri interni sono ricoperti di rilievi raffiguranti temi religiosi e secolari e soprattutto
scene di battaglia che raccontano le vittorie
del faraone sui vari nemici.
A poca distanza a nord c’è il Tempio di Hathor, dedicato da Ramsete II alla moglie Nefertari, i cui lineamenti sono usati per rappresentare la dea. Anch’esso scavato nella roccia,
sulla facciata 6 nicchie contengono 4 statue
del faraone e due della regina disposte attorno ad un portale centrale.
Dopo aver assistito al tramonto rientriamo
ad Assuan. Situata alle porte di quella che un
tempo era la Bassa Nubia, ora sommersa dal
grande Lago Nasser, era famosa al tempo dei
faraoni per le cave di granito rosso e nero,
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lori dell’Africa animano il quartiere ad ogni
ora del giorno.
A circa 7 chilometri a sud di Assuan, l’Isola
di File è ormai sommersa tra i due sbarramenti di Assuan, costruito dagli inglesi nel
1902, e la Grande Diga; come nel caso di Abu
Simbel, gli edifici di File furono smontati in
40.000 pezzi catalogati e rimontati sull’ isola
di Agilkia, ad opera dell’Unesco, dal 1972 al
1980. Il Tempio di File è uno dei 3 templi tolemaici meglio conservati insieme a quelli di
Edfu e di Dendera. Il complesso si compone
del Padiglione di Nectanebo, dedicato al culto di Iside e di suo figlio Horus, del Bastione
di Adriano, eretto dall’imperatore romano e
poi completato da Marco Aurelio è dedicato
le conseguenze. Dalla terrazza dell’Hotel Old
Cataract, famoso nella cinematografia per
aver ospitato il set di “Assassinio sul Nilo”,
si può godere una vista indimenticabile sull’
Isola Elefantina situata su una formazione di
roccia granitica, lambita dalle acque del Nilo
che contrastano con il candore delle vele delle feluche, agili imbarcazioni a fondo piatto
che trasportano i turisti da una riva all’altra
del fiume, sull’ Isola Elefantina e sull’Isola
di Kitchener che ospita un ricchissimo orto
botanico di piante esotiche provenienti da
tutto l’Oriente. Per capire il modo di vivere
della popolazione locale merita una visita la
strada-mercato di Assuan, parallela al Nilo e
chiamata “suk”, dove gli odori , i suoni e i co-
metri ha dato vita al Lago Nasser, lungo oltre
480 km e secondo lago artificiale al mondo,
per grandezza. Da subito ha animato due
correnti: coloro che sostenevano che avrebbe
aumentato la superficie coltivata dell’Egitto,
assicurando l’acqua di irrigazione tutto l’anno, aumentato la produttività, protetto il paese dalle grandi piene, generato energia elettrica per lo sviluppo agricolo e industriale; i
contrari sostengono che il mancato deflusso
del limo fino al Delta, costituisca un depauperamento del terreno coltivabile e la perdita
di materie prime per l’industria della ceramica e dei mattoni. Sicuramente essa ha garantito nuovi terreni produttivi e nuova potenza
per il paese ma anche contribuito al cambiamento climatico di cui oggi risentiamo tutti
come testimoniato da un enorme obelisco
abbandonato in quanto la pietra era fessurata.
Con i suoi 150.000 abitanti è rinomato centro
climatico, salito agli onori della cronaca per
essere stato scelto dall’Aga Khan come luogo
di villeggiatura e poi come ultima dimora;
sorge qui il Mausoleo dell’Aga Khan, costruito in arenaria rossa e affacciato in posizione
panoramica sulla riva occidentale del Nilo.
Luogo favorito di riposo invernale grazie
al clima secco ed alla posizione invidiabile;
raccomandata per la cura dell’asma e per la
pelle, utilizza sabbie leggermente radioattive.
Oggi il vero colosso della città è la Grande
Diga, costruita 7 chilometri a sud della Vecchia Diga, realizzata nel 1902. Completata
nel 1964, lunga oltre 3 chilometri e alta 110
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tempo degli imperatori Claudio e Vespasiano
ed i loro nomi sono scolpiti nella cornice della porta, ornata al centro da un disco solare
alato. Le 24 colonne alte oltre 11 metri sorreggono il soffitto della sala con rappresentazioni astronomiche nelle campate laterali.
A circa 600 chilometri a sud del Cairo, Luxor
è il principale centro turistico dell’Egitto con
la maggiore concentrazione di monumenti
antichi nella valle del Nilo, in rappresentanza delle più grandi rappresentazioni artistiche degli antichi Egizi dalla XIII alla XXX
Dinastia. In età faraonica qui sorgeva Tebe,
la capitale Dell’Egitto al massimo splendore
durante il Medio e il Nuovo Regno, citata da
Omero come la “la città dalle cento porte” e
occupava tutta l’area tra Luxor e Karnak, un
villaggio a pochi chilometri a nord di Luxor.
I monumenti a quel tempo erano riccamente
lavorati: le pareti ricoperte con oro, argento
e alabastro, i portoni rivestiti d’oro e i templi
tra loro collegati da giardini, portici e cortili.
Nei tempi antichi la riva destra del Nilo, dove
si leva il sole, era quella dei vivi, con la città,
i giardini, le attività, i grandi templi, la sede
della amministrazione reale e sacerdotale; la
riva sinistra, dove il sole muore, era la terra
dei morti con le dimore eterne, i templi funerari, una pianura priva di vegetazione ed una
montagna a picco, nelle cui pieghe torride offre le condizioni ideali per la conservazione
dei corpi mummificati dei sovrani e dei loro
servi, con tutto il necessario per affrontare la
vita eterna. Solo artigiani e operai che lavo-
ne del periodo greco-romano.
A Edfu, sulla sponda occidentale del Nilo,
detta dai greci Apollonopolis Magna, da
Apollo o Horus, a cui è dedicato il tempio faraonico secondo solo a Karnak, perfettamente conservato grazie alla sabbia che lo ha sepolto per secoli. Grazie a queste strutture di
epoca tolemaica è possibile colmare lacune
relative a templi precedenti in peggiori condizioni. Le magnifiche statue del dio Horus
di granito nero ci accolgono all’entrata del
tempio dove un grande pilone separa l’ interno con interminabili cortili con colonne dai
capitelli decorati a motivi floreali, e sale che
conducono alla sancta santorum.
Proseguendo verso Luxor, sempre sulla riva
occidentale del fiume, raggiungiamo il grande villaggio di Esna dove si trova un altro
tempio tolemaico dedicato a Khnum, il dio
ariete creatore del mondo. Il tempio è ben
conservato e restaurato; la sala ipostila è del
a Osiride, del Tempio di Hathor costruito da
Tolomeo III e sul quale Augusto vi pose i rilievi tra cui il cartiglio di Cleopatra, ed infine
il Chiostro di Traiano, con i suoi 14 pilastri è
diventato il simbolo di File. L’architettura ed i
disegni rappresentano la fusione di tre grandi civiltà: egiziana, greca e romana.
A circa 50 chilometri a nord di Assuan, sulla riva orientale del Nilo dove il fiume disegna una grande ansa verso ovest, troviamo il
Tempio di Kom Ombo posizionato su una
collinetta, fatto abbastanza eccezionale che
ricorda un’acropoli ellenistica. Altra particolarità è che il tempio è doppio, ottenuto
dall’unione di due templi; uno dedicato a Sobek, dalla testa di coccodrillo – dio della fertilità e creatore del mondo, e l’altro a Horus,
dalla testa di falco – dio solare e guerriero. Le
colonne della sala ipostila sono una diversa
dall’altra e la stessa esuberanza decorativa si
ritrova sulle pareti istoriate secondo tradizio-
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trasportato su una nave sacra dal tempio di
Karnak al tempio di Luxor, seguito dalla statua della sua sposa, del figlio e dal dio in terra: il faraone. Nei dieci giorni in cui Amon
restava in compagnia della sposa, l’universo
veniva fecondato; le statue quindi tornavano
a Karnak lungo il viale delle sfingi, appositamente costruito. Le porte di Luxor venivano
chiuse fino all’anno seguente e il popolo, accorso da ogni parte dell’impero per portare i
loro doni – se il raccolto era stato abbondante, tornava al proprio lavoro, convinto che il
prossimo raccolto sarebbe stato abbondante.
Attraversato il Viale delle Sfingi (i sovrani
della XXX dinastia ne ridussero il volto a
sembianze umane) si incontra il Grande Pilone di Ramsete II con i colossi che lo rappresentano: l’obelisco mancante (a destra del-
ravano alla costruzione dei templi avevano
il diritto di abitare su questa riva ed era loro
proibito lasciarla.
Il Tempio di Luxor si staglia sulla riva del Nilo,
parallelo al fiume; fu iniziato da da Amenofi
III, a metà del Nuovo Impero (1400), mentre
completava Karnak e costruiva un complesso di cui restano solo i Colossi di Mennone,
è dedicato ad Amon, alla sua sposa Mut e al
figlio Konsu. Terminato da Ramsete II, insieme a Karnak con cui era un tempo collegato,
costituisce l’espressione più alta del potere
e dello splendore dei faraoni. Trattasi di un
“tempio dinastico” frutto di aggiunte e rifacimenti come testimoniato dal fatto di non
essere in asse ma sviluppato secondo due direttrici. Il 19 luglio, in corrispondenza della
festa del Rinnovamento il dio Amon veniva
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restano, pertanto, chiuse al pubblico. La più
famosa è quella di Nefertari, la Grande Sposa
Reale di Ramsete II, che vanta la decorazione
più evocativa e perfetta nella qualità grafica e
pittorica.
Nella vallata che porta a Deir al-Bahari si attraversa il piccolo villaggio di Sheikh al-Qurnah, poche case abitate dai guardiani della
Valle dei Nobili; intorno sono le “dimore” degli alti dignitari della XVIII e IXX dinastia, di
grande interesse “documentaristico” poiché
i dipinti che coprono le pareti dei corridoi e
dei vestiboli sono autentiche fotografie della
vita professionale e familiare del tempo.
Il Tempio della Regina Hatshepsut, opera
del geniale restauro di italiani e polacchi,
crea una scenografia cinematografica con
tre lunghe terrazze, ritmate da portici, che si
pientemente orientati dai custodi. Oltre
450 ipogei furono scoperti ed esplorati, di
cui 62 tombe reali; quasi tutte erano state
profanate e saccheggiate. La celebre Tomba di Tutankhamon (N° 62), scoperta da
Howard Carter nel 1922 e inviolata, appare
oggi come un modesto ipogeo della Valle
dei Re, dopo che il suo prodigioso tesoro è
stato trasferito al Museo del Cairo. Da non
perdere sono le Tombe Reali di Sethi I (N°
17), Ramsete VI (N°9), Ramsete III (N°11)
e Amenofi II (N°35).
A sud della Valle dei Re si trovano 80 ipogei
con le tombe delle regine, dei principi e delle principesse del Nuovo Regno, scavate nel
fianco di una vallata dove il suolo è più friabile e meno secco della Valle dei Re; crolli frequenti hanno deteriorato molte dimore che
mare l’ombrello del papiro. Ogni superficie
è coperta da figure e geroglifici, dalle pareti
dei fusti ai capitelli agli immensi architravi
monolitici. Indimenticabile lo spettacolo di
“Suoni e luci” ambientato dopo il tramonto
in uno scenario di incomparabile bellezza e
atmosfera.
La visita dei luoghi dell’Antica Tebe prosegue con le necropoli (Valle dei Re, Valle
delle Regine e Valle dei Nobili), i templi di
Deir al-Bahari, il Ramesseum e i villaggi
dell’arida riva sinistra del Nilo; il regno dei
morti. La visita alle tombe tebane è lunga e
faticosa sotto una calura opprimente, attraverso discese e salite in cunicoli sotterranei
anche di 60 metri; all’interno delle tombe
l’aria scarseggia e la luce entra attraverso
un antico sistema di gioco di specchi sa-
la porta) fu trasportato nel 1833 al centro di
Place de la Concorde a Parigi, mentre quello
rimasto è alto 25 metri. I colonnati costituiscono la parte più notevole dell’architettura e
sono detti “fascicolati”, ricordando i fasci dei
fusti di papiro; le decorazioni consistono in
rilievi con iscrizioni geroglifiche e pannelli illustrativi alternando scene di culto e soggetti
profani.
L’immensa zona monumentale di Karnak si
trova a circa 3 chilometri dal Tempio di Luxor; in essa domina il complesso destinato ad
Amon-Ra; qui ogni sovrano dal Nuovo Impero in poi volle ingrandire e arricchire. La
foresta di colonne giganti della sala ipostila
rappresenta uno dei più grandi capolavori
della architettura universale; sono alte 23 metri, dal corpo affusolato che si allarga per for-
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del 27 a.C., gran parte del tempio crollò e i
Colossi si fessurarono dalle spalle al bacino;
da quel momento le statue, al levar del sole,
cominciarono ad emettere suoni ed a parlare, diventando luogo di pellegrinaggio per i
greci e per i romani. Settimio Severo, con lo
scopo di ingraziarsi l’”oracolo di Mennone” –
come venne chiamato il fenomeno, fece restaurare le statue le quali, da quel momento,
non parlarono più.
stagliano davanti ad una parete dolomitica
modellata dal vento. Molte scene del Tempio furono martellate dal successore Tutmosis III e poi da Akhenaton; circa un secolo e
mezzo più tardi Sethi I le restaurò, rendendo
omaggio alla regina che aveva conquistato il
paese di Punt, terra dell’ incenso e dell’avorio.
Ritornando verso la riva del Nilo, quando si
intravedono i primi campi coltivati, al limitare delle piantagioni di canna da zucchero,
si incontrano i Colossi di Mennone, i mitici
guardiani dello scomparso palazzo di Amenofi III. Le 2 statue monolitiche di arenaria,
alte 18 metri, sorgevano a guardia del gigantesco pilone d’accesso al tempio funerario
del faraone; il loro basamento è ricoperto di
graffiti in tutti gli alfabeti. Strabone, storico e
geografo greco, riferisce che, con il terremoto
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