La dimensione simbolica nelle decisioni di acquisizione del sistema

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La dimensione simbolica nelle decisioni di acquisizione del sistema
LA DIMENSIONE SIMBOLICA NELLE D ECISIONI DI ACQUISIZIONE
DEL S ISTEMA M ODA
Rossella Cappetta
Federica Zanelli
Anna Ponti
Istituto di Organizzazione e Sistemi Informativi
Università Bocconi
Viale Isonzo, 23
20135 Milano, Italia
Tel. (02) 5836-2632
[email protected]
Paper
4° Workshop dei docenti e ricercatori di Organizzazione Aziendale
Gennaio 2003
---------------------------------------------------------------------------------------------------------Nota sugli autori: Rossella Cappetta è Assistant Professor dell’Istituto di Organizzazione e
Sistemi Informativi dell’Università Bocconi. Federica Zanelli è dottore in Economia e
Legislazione per l’Impresa presso l’Università Bocconi. Anna Ponti è dottoranda del PhD in
Economia Aziendale e Management dell’Università Bocconi.
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LA DIMENSIONE SIMBOLICA NELLE D ECISIONI DI ACQUISIZIONE
DEL S ISTEMA M ODA
1. INTRODUZIONE
Negli ultimi venti anni la moda, da affascinante fenomeno di costume, è divenuta
oggetto di un crescente interesse economico. Le specificità della moda rendono
difficilmente applicabili alcuni modelli teorici e manageriali, in particolare per quanto
riguarda i processi decisionali. Questo articolo si propone di indagare in che modo la
dimensione simbolica caratteristica della moda impatti su un processo decisionale di
grande rilevanza attuale: il processo decisionale di acquisizione di nuovi marchi e di
nuove risorse creative. Come e per quali ragioni il gruppo Marzotto decide di acquisire
un’impresa in gravi difficoltà economiche quale Valentino? Come e per quali ragioni il
gruppo Mariella Burani ha effettuato più di 50 acquisizioni negli ultimi 5 anni?
2. IL S ISTEMA M ODA
La moda, come altre forme di consumo estetico, nasce dal superamento di un bisogno
funzionale (coprirsi) e dall’emergere di un bisogno sociale ed estetico [Dorfles, 1979].
Come descritto alla fine dell’800 dal filosofo Georg Simmel: “A volte sono di moda
cose così brutte e sgradevoli che sembra che la moda voglia dimostrare il suo potere
facendoci portare quanto c’è di più detestabile; proprio la casualità con la quale una
volta impone l’utile, un’altra l’assurdo, una terza ciò che è del tutto indifferente dal
punto di vista pratico e da quello estetico, dimostra la sua completa noncuranza delle
norme oggettive della vita e rinvia ad altre motivazioni, cioè a quelle tipicamente
sociali” [Simmel, 1895 - tr. it. 1998: 18]. La moda è, in primo luogo, un linguaggio da
utilizzare per distinguersi dagli altri [Barthes, 1970]. In questo senso, lo stile diventa
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espressione distintiva di una posizione privilegiata ed esclusiva nello spazio sociale
[Bourdieu, 1979].
La necessità di esclusività non è sempre compatibile con le finalità tipiche del business,
eppure la moda negli ultimi venti anni è diventata anche un fenomeno economico
rilevante e vario. Il sistema economico della moda, d’ora in poi Sistema Moda,
ricomprende almeno tre ambiti economici –accessori, abbigliamento e tessile- e produce
un giro d’affari molto consistente. Solo considerando le prime dieci società per
grandezza, nel 2001 si sono superati i 10.000 milioni di euro di fatturato; molte di
queste società sono quotate e il valore di borsa delle aziende legate al mondo della moda
alla fine del 2001 era di circa 250.000 milioni di euro i.
L’esigenza principale di queste imprese sembra essere la crescita dimensionale,
soprattutto con la finalità di ammortizzare gli elevatissimi costi necessari ad operare in
un mercato globale. La crescita si sta realizzando soprattutto attraverso acquisizioni
(oltre 500 acquisizioni avvenute fra il 1997 e gli inizi del 2002 ii), perché i mercati
crescono poco e molti spazi sono già occupati. Queste acquisizioni hanno determinato la
nascita e l’affermazione di un attore organizzativo più complesso del singolo
stilista/imprenditore, capace di costruire un portafoglio di proposte stilistiche bilanciato
e sorretto da cospicue risorse finanziarie, di promozione e distribuzione.
Sulla scena mondiale si sono affermati due grandi gruppi internazionali (ancora in fase
di ampliamento): Gucci Group e LVMH; nella realtà italiana ci sono gruppi di
dimensioni medio-grandi (come Mariella Burani Fashion Group, si veda il portafoglio
marchi nella Fig.1), gruppi in via di ampliamento (come Marzotto) e gruppi ancora in
cerca di una chiara identità (come Prada). Si tratta di soggetti che, usando ingenti
capitali e risorse, stanno costituendo un insieme di marchi, esperienze e conoscenze, da
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affiancare a quelle del marchio ‘storico’ e consolidato che talvolta dà nome al gruppo.
Più precisamente, questi gruppi si costituiscono come ‘piattaforme organizzative’: sono
dotati di un core di risorse e capacità economiche (reputazione, risorse finanziarie,
management, struttura distributiva e produttiva, relazioni con i fornitori) su cui si
innestano nuove risorse simboliche attraverso i processi di acquisizione [Cappetta,
Perrone, Ponti, 2003].
Nonostante l’evidente corsa alle acquisizioni (che non è stata frenata nemmeno dalla
crisi del tessile-abbigliamento nel corso del 2002), non è possibile dimenticare che
queste operazioni si caratterizzano per alti livelli di complessità manageriale e che
molto spesso si sono rivelate di scarso successo [ad esempio: Ravenscraft e Scherer,
1987; Fowler e Schmidt, 1988].
In questo articolo non intendiamo indagare l’operazione di acquisizione nel suo
complesso, ma vogliano focalizzarci sul processo decisionale che porta all’acquisizione
perché in questo processo possono essere rinvenute molte delle cause di insuccesso.
All’origine del mancato successo di molte acquisizioni, infatti, sono stati identificati
alcuni tipici problemi del processo decisionale: in particolare, errori nella raccolta delle
informazioni, nella formulazione delle alternative realmente fattibili e nella loro
valutazione; problemi di overcommitment e distorsioni di vari tipi [Haspeslagh e
Jemison, 1991; Haunshild et al., 1994].
Più in particolare, in questo articolo si vuole analizzare il processo decisionale di
acquisizione nello specifico Sistema Moda, cercando di capire se e come la dimensione
simbolica tipica di questo ambito interviene a modificare i processi decisionali
manageriali e ad esasperarne alcune già tipiche distorsioni.
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Figura 1: Il portafoglio marchi di Mariella Burani Fashion Group
Fonte: documentazione interna Mariella Burani Fashion Group
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A tal fine si farà riferimento a due letterature principali, quella sul decision-making e
quella relativa alle operazioni di acquisizione, e si procederà alla loro integrazione.
Sebbene l’esigenza di tale integrazione sia costantemente rilevata da numerosi autori
[ad esempio: Pablo, 1994; Haunshild, et al., 1994; Triantis, 1999], in letteratura
mancano contributi definitivi in tale direzione.
3. IL PROCESSO DECISIONALE
La letteratura in materia di decisioni è ormai concorde nel ritenere che l’attività
decisionale non assume valore puntuale o istantaneo, ma si sviluppa come un’articolata
sequenza di fasi nella quale trovano sintesi momenti differenti anche se fra loro
logicamente interconnessi [ad esempio: Simon, 1947, 1960; Mintzberg et al., 1976;
Nutt, 1984; Grandori, 1995]. Il decisore deve svolgere inizialmente un’attività
diagnostica dell’evento/situazione che ha richiesto il suo intervento (problem-finding) e,
successivamente, operare (decision) affinché l’anomalia indesiderata sia rimossa
(problem-solving).
Nutt [1984] individua 5 possibili fasi in cui scomporre il processo decisionale: la
formulazione, la concettualizzazione, il dettaglio, la valutazione e l’implementazione. In
ogni processo si svolge la fase iniziale di formulazione e la fase finale di
implementazione, le altre fasi non sempre sono svolte in modo completo.
Prima fase: Formulazione. La prima fase inizia con la rilevazione, da parte delle
persone coinvolte nella decisione, di segnali che indicano la presenza di un’esigenza o
di un’opportunità da cogliere nel mercato. Obiettivo di questa fase è quindi, da un lato,
la rilevazione di un problema e, dall’altro, il miglioramento della comprensione dello
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stesso. È’ possibile identificare 4 tattiche operative che supportano la formulazione:
idea driven, issue based, objective directed e reframing.
Con la tattica idea driven il decisore preidentifica un’ipotesi risolutiva, la quale funge da
criterio guida in grado di imporre ex ante una determinata direzione all’intera sequenza
decisionale; nello stadio successivo sarà perfezionata o affinata ma non stravolta nei
suoi tratti essenziali. Si riduce così il grado di innovazione, ma, contestualmente, si
abbassano anche i livelli di incertezza e rischiosità connessi alla decisione. In questo
caso la logica utilizzata è di tipo deduttivo.
Con una tattica di tipo issue based il decisore identifica non un’idea ma una situazione
problematica o difficoltosa e ne indaga le caratteristiche costitutive, tentando di estrarne
gli indizi indicanti i possibili interventi risolutivi. L’azione decisionale diventa allora
attività di problem-solving con l’utilizzo di una logica inferenziale-deduttiva.
Con la tattica objective directed si utilizzano previsioni, aspettative e obiettivi in qualità
di criteri guida per la successiva fase di concettualizzazione. Tale tattica non suggerisce,
né tanto meno impone a priori alcuna ipotesi preesistente; l’azione è libera entro uno
spazio di manovra relativamente ampio: ciò incentiva l’innovazione, ma può tradursi in
un aumento significativo dei costi decisionali.
Con la tattica reframing i decisori si preoccupano di giustificare i loro interventi e
utilizzano problemi e soluzioni per supportare la necessità di un ricorso all’azione
decisionale.
In sintesi, issue based e objective directed sono le tattiche di formulazione più aperte e
favorenti l’innovazione; idea driven e reframing sono quelle più legate alla situazione
esistente.
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Seconda fase: Concettualizzazione. Nella seconda fase sono identificate le possibili
alternative con le quali intervenire per risolve il problema. Si tratta di una fase molto
costosa e riveste un ruolo di fondamentale importanza poiché contribuisce in misura
sostanziale al grado d’innovazione connesso alla decisione finale. In tale stadio possono
identificarsi 3 diverse tattiche relative alla generazione di alternative: ready made,
search e design.
Con la tattica ready made i decisori attingono da un patrimonio di conoscenze pregresse
al fine di individuare alternative caratterizzate da immediata disponibilità e già pronte
ad essere rese operative. L’intento di questa tattica, fondata sull’utilizzo di soluzioni
preesistenti, è pertanto quello di convalidare e dimostrare i benefici di un’idea già
adottata, promuovendone e giustificandone un nuovo utilizzo. Quando invece la
soluzione non è disponibile nel patrimonio di un’organizzazione, possono essere attivati
comportamenti di apprendimento vicario, tramite l’inserimento e l’adattamento di idee
altrui nel nuovo contesto di intervento specifico.
Con una tattica search le informazioni rilevanti sono rese disponibili a tutti gli attori
potenzialmente in grado di avanzare proposte per la risoluzione del problema;
successivamente si procede con momenti di attenta analisi di ogni alternativa così
identificata.
Infine, la concettualizzazione può essere svolta utilizzando una tattica di tipo design. In
questo caso si intende confezionare ad hoc progetti risolutivi caratterizzati da alti livelli
di innovazione, anche se ciò comporta significativi costi e dilatazione dei tempi
decisionali. In questo modo è possibile generare con ampi margini di creatività nuove
idee prive di riferimenti a soluzioni preesistenti, procedure altrui o ricerche di proposte
presso altri attori. Si tratta di uno schema procedurale particolarmente adatto ad essere
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utilizzato in presenza di situazioni complesse, caratterizzate da numerose variabili, ma,
spesso, connotato da un elevato livello di rischiosità.
In sintesi, la tattica meno innovativa e più utilizzabile in presenza di alternative
preesistenti è la ready made; in successione, per grado di innovatività prodotto ci sono
la tattica search e quella design. È evidente che il grado di innovatività producibile
utilizzando in questa fase la tattica design è amplificato dall’utilizzo nella fase
precedente di tattiche di tipo issue based e objective directed ed è, invece, limitato
dall’utilizzo nella fase precedente di tattiche di tipo idea driven e reframing.
Terza fase: Dettaglio. Nella terza fase le alternative fattibili sono rifinite in modo tale da
rendere le caratteristiche operative più chiare al fine del test di realizzabilità.
Quarta fase: Valutazione. Nella quarta fase si procede alla valutazione delle alternative.
Nutt identifica 4 tattiche di valutazione principali: la tattica analitica, la tattica di
contrattazione, la tattica di giudizio e la tattica soggettiva. La tattica è chiamata
analitica quando la valutazione deriva dall’utilizzo di strumenti analitici (ad esempio,
modelli
matematici)
su
informazioni
quantitative
archiviate
(database
dell’organizzazione, studi di mercato e del settore, database pubblici, ...) o informazioni
quantitative derivanti da un test pilota sul campo o da una simulazione (ad esempio,
analisi di sensitività, analisi di scenario, ...). Con la tattica di contrattazione si utilizza il
dibattito per trovare un punto di accordo fra differenti soggetti. In questo caso un
periodo di condivisione di informazioni e di negoziazione, precede un momento in cui i
decisori chiave votano o, comunque, trovano un compromesso su un ordine per le
alternative a disposizione, di solito utilizzando dati qualitativi. Con la tattica soggettiva i
decisori traggono inferenze a partire da dati precedentemente archiviati o dalle opinioni
di alcune persone (ad esempio, esperti). Queste inferenze sono chiamate soggettive
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perché i decisori selezionano la scelta in base alla propria percezione di convenienza. La
tattica di giudizio è basata sulle inferenze intuitive dei decisori che utilizzano solo le
proprie esperienze e conoscenze senza raccogliere altri dati o opinioni.
In contesti caratterizzati da alta complessità, dovuta alla numerosità delle variabili e dei
criteri rilevanti o delle alternative da sottoporre a valutazione, non si dimostra utile
l’utilizzo di tattiche soggettive, mentre emerge nettamente l’opportunità di ricorrere
contestualmente a più tattiche. In particolare, si rileva l’utilità della tattica di
contrattazione in presenza di contesti decisionali complessi e con molti attori chiave.
Quinta fase: Implementazione. Nella quinta fase si compiono le attività necessarie a
completare e, soprattutto, a rendere operativa l’alternativa scelta.
Ogni processo decisionale comincia con la fase di formulazione e si chiude con la fase
di implementazione, ma assume caratteristiche specifiche a seconda di quali fasi
intermedie sono svolte in modo completo. In base a questo Nutt distingue cinque tipi di
processi decisionali: tipo historical, tipo off-the-shelf, tipo appraisal, tipo search e tipo
novaiii [Nutt, 1984]. Il processo di tipo nova è il più lungo e costoso e permette il
massimo grado di innovazione; il processo di tipo search è il più breve e meno
approfondito.
Fasi
1 Formulazione
2 Concettualizzazione
3 Dettaglio
4 Valutazione
5 Implementazione
Nova
Process
SI
SI
SI
SI
SI
Off-theShelf
Process
SI
NO
SI
SI
SI
Historical
Process
Appraisal
Process
Search
Process
SI
NO
SI
NO
SI
SI
NO
NO
SI
SI
SI
NO
NO
NO
SI
Tabella 1: I tipi di processi decisionali
Fonte: adattato Nutt, 1984
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4. IL PROCESSO DECISIONALE DI ACQUISIZIONE NEL S ISTEMA M ODA
La decisione di acquisizione presenta tratti caratteristici che la rendono peculiare
rispetto ad altre decisioni [Haspeslagh, Jemison, 1991].
Per acquisizione si intende l’operazione con la quale un’azienda ne “compra un’altra,
inglobandola nelle sue attività o prendendone la ma ggioranza” [Niada, 1988].
Ci sono differenti tipi di acquisizione, conglomerate (con finalità esclusivamente
finanziarie), concentriche (con finalità di diversificazione), verticali (con finalità di
integrazione verticale) e orizzontali (fra aziende con lo stesso core business e spesso
concorrenti). All’aumentare del grado di integrazione [Lawrence e Lorsch, 1967] che ci
si propone come obiettivo finale, del grado di interdipendenza [Thompson, 1967] e del
grado di contiguità di business fra le due aziende coinvolte dall’operazione si passa
dall’acquisizione conglomerata a quella orizzontale [Iacci e Trichilo, 1993].
I processi decisionali di acquisizione assumono configurazioni diverse a seconda dei
tipi: qualora le intenzioni di realizzare integrazione siano elevate, le decisioni sottostanti
l’operazione verteranno un numero maggiore di aspetti coinvolgendo un numero
maggiore di attori.
Attualmente le acquisizioni nel Sistema Moda sono soprattutto di tipo concentrico,
verticale e orizzontale, quasi mai sono di tipo conglomerato.
4.1 Caratteristiche della decisione
Le specificità del processo decisionale di acquisizione emergono direttamente dalla
natura stessa dell’operazione di acquisizione. Essa si presenta, infatti, come
un’operazione ‘straordinaria’ sotto molteplici aspetti, alcuni di questi aspetti sono
accentuati per le acquisizioni del Sistema Moda.
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Sporadicità e distanza dalle esperienze comuni. Per molte imprese le acquisizioni non
sono attività ordinarie. La sporadicità della decisione determina spesso una situazione
molto vicina all’unicità decisionale definita da Drucker [1967] e Simon [1960]. Molti
manager, cioè, non hanno alcuna familiarità con questo tipo di decisione; molto spesso
non hanno alcuna precedente esperienza in materia [Haunshild, Davis-Blake et al.,
1994]. In queste situazioni, diventano quindi fondamentali tutti i supporti alla ritenzione
nel tempo di conoscenze, come la costituzione di un organo aziendale dedicato alle
acquisizioni. Fino a cinque anni fa, nel Sistema Moda le acquisizioni (come altre
operazioni ad alta complessità economico-manageriale) erano una rarità; per cui le
prime imprese che le hanno realizzate si sono trovate di fronte ad una complessità
spesso superiore a quella che erano in grado di gestire. In particolare, si sono trovate in
difficoltà le imprese focalizzate in modo esclusivo sulla dimensione simbolica e prive di
un patrimonio di conoscenze economiche-manageriali. Tuttora nel Sistema Moda
esistono moltissime piccole e medie imprese che non hanno mai gestito un’operazione
di acquisizione. Tuttavia aumenta fortemente il numero di imprese che, al contrario,
realizzano continuamente operazioni di questo tipo. Non sempre, però, in queste
imprese le conoscenze in merito alle acquisizioni passate sono centralizzate su un
organo dedicato, immagazzinate e, soprattutto, riutilizzate al momento in cui è
necessario valutare una nuova acquisizione.
Natura opportunistica e scarsa programmabilità. Molte decisioni di acquisizione
tendono ad essere ispirate principalmente dalle opportunità. Ciò è evidente ancor più nel
Sistema Moda in cui non sono moltissimi i marchi ad alte potenzialità simboliche ed
economiche insieme e questi marchi non sempre sono in vendita. Ciò può creare
sostanziali problemi: spesso quando un marchio è in vendita si sopravvaluta l’aspetto
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opportunistico dell’operazione a scapito di un’attenta valutazione delle caratteristiche
attuali e delle potenzialità effettive del marchio stesso. A ciò si aggiunga che la natura
opportunistica determina una scarsa programmabilità e la conseguente scarsa
preparazione (anche in termini di raccolta informativa) con cui spesso queste imprese
giungono alla decisione di acquisizione.
Rapidità. La necessità di decisioni tempestive è talvolta determinata dal fatto di operare
in un ambiente economico caratterizzato dal moltiplicarsi delle offerte non appena si sa
che un’impresa è ‘sul mercato’. Talvolta, però, la necessità di rapidità è fittizia o
costruita ‘ad hoc’ dai venditori al fine di determinare una decisione poco oculata.
Limiti di accesso alle conoscenze. Molto spesso conoscenze rilevanti sulla possibile
azienda da acquisire non sono disponibili, come quelli sulla clientela, sulla reale
situazione finanziaria e organizzativa. I manager dell’azienda da acquisire evitano di
divulgare informazioni che potrebbero influire negativamente sul prezzo e sulle
condizioni della trattativa. In parte, ciò è avvenuto durante il processo di vendita
dell’azienda Valentino: le poche informazioni disponibili sulle condizioni aziendali
hanno reso molto lungo e complesso il processo di acquisizione. Si pensi solo che Hdp
ha ufficializzato di voler cedere il comparto moda, e quindi anche la maison Valentino,
nel 19 giugno 2001, mentre l'acquisizione da parte del gruppo Marzotto è avvenuta il 28
marzo 2002. Evidentemente decidere nell’ambito di un panorama informativo ed
elaborativo limitato espone fortemente agli effetti negativi di alcuni eurismi [Newell e
Simon, 1972].
Strategicità. Le decisioni di acquisizione si caratterizzano per il rilevante contenuto
strategico: non solo si dispiegano lungo un orizzonte temporale di lungo periodo, ma
tendono anche ad incidere profondamente sull’assetto strutturale e organizzativo
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dell’impresa dimostrandosi potenzialmente in grado di alterarne l’equilibrio gestionale
interno. Questo è particolarmente vero per le acquisizioni verticali ed orizzontali, che
comportano un grado rilevante di integrazione.
Rischiosità. La decisione di acquisizione è inevitabilmente rischiosa, a causa delle
difficoltà connesse con la valutazione prospettica dell’opzione rispetto alle sue
potenziali conseguenze [Stahl e Zimmerer, 1984]. Ciò accade soprattutto quando, al fine
di spuntare un prezzo vantaggioso o per aggiudicarsi un marchio ‘storico’ da punto di
vista simbolico, si punta ad acquisire realtà in evidenti difficoltà economiche: si pensi
all’acquisizione di Yves Saint Laurent da parte di Gucci. Ciò accade anche quando si
scommette su un marchio molto innovativo e sconosciuto al pubblico: si pensi
all’acquisizione di Alexander McQueen o di Stella McCartney sempre da parte di
Gucci. Nel Sistema Moda, cioè, al rischio connesso alla dimensione economica si
aggiunge quello della dimensione simbolica: non è detto che l’immagine di un marchio
si affermi nonostante ottime potenzialità e non è detto che l’immagine del marchio
acquisito si integri bene con il patrimonio simbolico dell’acquirente.
Molteplicità di decisori. Tutte le caratteristiche finora elencate determinano un ulteriore
elemento di difficoltà: per prendere una decisione di acquisizione sono necessari
numerosi attori spesso dotati di competenze e, quindi, linguaggi molto differenziati. Se
la decisione, infatti, è molto ampia in termini di repertorio di conoscenze necessarie ed
ha carattere di eccezionalità è necessario integrare i contributi di differenti soggetti.
Come evidenziato, questo problema è particolarmente forte per le acquisizioni verticali
ed orizzontali ed è ulteriormente esasperato nel Sistema Moda perché, oltre ai differenti
soggetti in grado di presidiare le variabili della dimensione economica-organizzativa, è
fondamentale coinvolgere i soggetti in grado di presidiare la dimensione simbolica.
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Solo un direttore artistico, o comunque un soggetto dotato anche un background
creativo, sa valutare le potenzialità dal punto di vista simbolico delle aziende sul
mercato così come la coerenza fra l’immagine dei marchi esistenti e i marchi da
acquisire. La necessità di coinvolgere soggetti tanto differenti determina evidentemente
un notevolissimo sforzo organizzativo al fine di integrare in maniera sistematica
variabili di diversa natura e provenienza, peraltro in un quadro sistemico di
eccezionalità.
La presenza congiunta delle caratteristiche finora osservate determina un livello elevato
di complessità decisionale. In letteratura si definisce complessa una decisione
caratterizzata da difficoltà tecnica e difficoltà percepita [Nutt, 1998]. La difficoltà
tecnica cresce al crescere delle informazioni necessarie per prendere una decisione,
della numerosità delle alternative disponibili e della molteplicità dei criteri attraverso
cui queste alternative possono essere valutate; la difficoltà percepita deriva dalla
percezione che non ci siano alternative chiare o che non ci sia la possibilità di un
accordo fra alternative differenti.
Considerando questo concetto di complessità e le sopra esposte caratteristiche della
decisione di acquisizione in particolare nel Sistema Moda, possiamo in sintesi sostenere
che:
Proposizione 1: La decisione di acquisizione nel Sistema Moda si caratterizza per
elevati livelli di complessità.
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4.2 Fasi del processo decisionale
La scomposizione del processo decisionale in 5 fasi proposta da Nutt [1984] si rivela
utile per l’analisi del processo decisionale di acquisizione nel Sistema Moda iv .
Fase 1: Formulazione nelle decisioni di acquisizioni del Sistema Moda.
Gli esperti del settore indicano l’esigenza di crescita come il segnale che più spesso da il
via alla decisione di acquisire nel Sistema Moda: alla base di questa decisione c’è
spesso l’esigenza di dare credibilità alla strategia di diversificazione (acquistando
un’azienda che produce un prodotto differente) o alla strategia di integrazione
(acquistando un’azienda a monte o a valle) o alla creazione di un portafoglio di marchi
(acquistando un’azienda concorrente) [Pambianco, 2001]. Talvolta, però, il segnale che
conduce alla decisione di acquisire non è una precisa e ben razionalizzata esigenza, ma
piuttosto la percezione di un’opportunità di mercato. Data la scarsità di marchi esistenti,
nel Sistema Moda ciò accade ogni qualvolta un’azienda è posta in vendita.
La formulazione assume caratteristiche diverse a seconda che nasca da un’esigenza
chiaramente elaborata e supportata da una strategia o da un’opportunità di mercato. Così
come assume caratteristiche diverse a seconda della disponibilità di risorse e della
volontà di innovazione dell’impresa. Alcune imprese preferiscono o sono nelle
condizioni di dover seguire sentieri più protetti e ciò ha ricadute considerevoli in termini
di ampiezza della fase di formulazione.
Alla luce di queste considerazioni si preferiranno alcune tattiche di formulazione
piuttosto che altre. In particolare, quando l’azienda si pone l’obiettivo di massimizzare il
potenziale innovativo della sua decisione allora è più probabile che utilizzi tattiche
‘aperte’, di tipo issue based e objected directed process.
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Proposizione 2a: Nel Sistema Moda quando il decisore ha un obiettivo di innovazione,
è più probabile l’utilizzo delle tattiche issue based e objected directed process nella fase
di formulazione della decisione di acquisizione.
Al contrario, in presenza di un’azienda che cerca di limitare la rischiosità
dell’operazione di acquisizione o che cerca giustificazioni che supportino la necessità di
cogliere un’opportunità sul mercato, ci si dovrebbe aspettare un maggior utilizzo delle
tattiche idea driven e reframing.
Proposizione 2b: Nel Sistema Moda quando il decisore vuole limitare la rischiosità
dell’operazione di acquisizione o giustificare un’opportunità sul mercato, è più
probabile l’utilizzo delle tattiche idea driven e reframing nella fase di formulazione
della decisione di acquisizione.
Fase 2 e 3. Concettualizzazione e dettaglio nelle decisioni di acquisizioni del Sistema
Moda.
Nella fase della concettualizzazione di una decisione di acquisizione, il decisore valuta
in primo luogo due alternative: la crescita per sviluppo interno e quella per sviluppo
esterno v . La scelta dipende dai segnali percepiti: se viene percepito un gap di
performance elevato, se non sono a disposizioni risorse interne giudicate sufficienti,
allora l’acquisizione diventa la scelta più probabile.
Come evidenziato in precedenza, la crescita per acquisizione è diventata una scelta
molto frequente nel Sistema Moda. In fase di concettualizzazione, quindi, il problema
diventa quello di identificare alternative riguardanti le aziende target. In particolare, le
varie alternative nel Sistema Moda sembrano potersi distinguere sulla base di un
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elemento economico e uno simbolico. Dal punto di vista economico, le aziende target
possono essere in condizioni finanziarie e manageriali più o meno solide; le prime sono
alternative meno rischiose ma scontano talvolta un premium price per questo. Dal punto
di vista simbolico, le aziende target possono essere caratterizzate da un grado di
radicalità di stile più o meno elevato e da un grado di similarità con l’azienda acquirente
più o meno elevato. Le alternative caratterizzate da un minor grado di radicalità e da un
maggior grado di similarità sono meno rischiose ma permettono meno innovazione.
A seconda che si vogliano produrre alternative più o meno rischiose e innovative e a
seconda di quante alternative già definite siano a disposizione, si preferiranno alcune
delle tattiche precedentemente indicate
Se l’azienda cerca di limitare la rischiosità dell’operazione di acquisizione o è
fortemente attratta da una specifica opportunità offerta dal mercato, ci si dovrebbe
aspettare un maggior utilizzo della tattica ready-made.
Proposizione 2c: Nel Sistema Moda quando il decisore vuole limitare la rischiosità
dell’operazione di acquisizione o in presenza di una già chiara opportunità sul
mercato, è più probabile l’utilizzo delle tattiche ready-made nella fase di
concettualizzazione della decisione di acquisizione.
Al contrario, quando l’azienda si pone l’obiettivo di massimizzare il potenziale
innovativo della sua decisione allora è più probabile che utilizzi una tattica di tipo
search o più ancora di tipo design. La difficoltà di applicazione della tattica design è
evidente per un’azienda operante in settore maturo e ad alta concentrazione come il
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Sistema Moda. È anche evidente, però, che si tratta della tattica migliore al fine di
trovare alternative completamente nuove, originali e non prevedibili dai concorrenti.
Proposizione 2d: Nel Sistema Moda quando il decisore ha un obiettivo di innovazione,
è più probabile l’utilizzo delle tattiche search e soprattutto design nella fase di
concettualizzazione della decisione di acquisizione.
Fase 4. Valutazione nelle decisioni di acquisizioni del Sistema Modavi.
In generale, la fase di valutazione di un processo decisionale di acquisizione è resa
complessa da due elementi: la molteplicità dei soggetti coinvolti (e quindi di preferenze,
conoscenze e motivazioni) e la molteplicità dei criteri di valutazione utilizzabili. Quanto
alla molteplicità di soggetti coinvolti in un’acquisizione del Sistema Moda, si rimanda a
quanto detto in precedenza per soffermarsi sulla molteplicità dei criteri di valutazione.
Secondo Haspelagh e Jemison [1991] ci sono alcuni criteri fondamentali sulla base dei
quali valutare alternative di acquisizione. Innanzitutto deve essere valutata la
dimensione strategica, ovvero la potenzialità di creazione di valore considerando lo
status attuale dell’impresa, le prospettive e direttrici evolutive, le specifiche condizioni
competitive del mercato di riferimento. L’esigenza di assicurare un fit coerente fra
indirizzo strategico generale, progetto di acquisizione ed eventuali opportunità
emergenti dal mercato [Mintzberg, 1985] risulta una costante sovraordinata rispetto alla
conduzione di tutta l’operazione di acquisizione.
Un altro elemento da valutare con attenzione è rappresentato dalle condizioni
economiche ed organizzative dell’azienda da acquisire, in termini anche di
compatibilità con l’azienda acquirente. A tale proposito nel Sistema Moda i consigli in
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voga in questi anni sono stati essenzialmente due: la coerenza della potenziale acquisita
con la storia, l’immagine e la cultura dell’acquirente [Saviolo, 2002]; e la stabilità e
solidità dell’acquisita [Pambianco, 2001]. Si tratta di criteri di valutazione il primo
simbolico e il secondo economico. Ma anche su questi criteri non esiste unanimità. In
primo luogo, alcune recenti acquisizioni sembrano non confermare il criterio simbolico
della coerenza dell’identità stilistica. Oggi l’instabilità, la varietà ed il cambiamento
vistoso possono essere frutto di strategie deliberate e pianificate allo scopo di ottenere
un mix interessante. Proposte simboliche molto radicali e ancora in evoluzione sono
volutamente associate con identità storiche e riconoscibili, con il duplice risultato che il
core storico fa da garanzia implicita e, al tempo stesso, gode della capacità di
innovazione che il gruppo riesce ad acquisire ed organizzare. Allo stesso modo non è
sempre valido il criterio di puntare esclusivamente su marchi consolidati nonostante la
possibile riduzione di rischiosità: oltre al premium price che in questi casi è inevitabile
pagare, si rinuncia ad utilizzare sul piano strategico la stessa fantasia e capacità di
anticipare il futuro e farne business. In sintesi criteri spesso validi in altre realtà nel
Sistema Moda non sempre possono essere seguiti con successo. I criteri di valutazione
devono, infatti, scontare la valutazione della dimensione simbolica e questa valutazione,
oltre ad avere degli evidenti margini di soggettività, è sempre in cambiamento.
Ai criteri di valutazione basati sulla dimensione strategica e sulle condizioni
dell’acquisita, è necessario aggiungere la valutazione dei tempi per l’implementazione e
del prezzo.
Considerando, infatti, l’insieme di criteri da considerare, è altamente improbabile che la
fase di valutazione di un processo decisionale di acquisizione nel Sistema Moda possa
svilupparsi con riferimento ad una sola delle tattiche suggerite da Nutt [1998], data la
20
mole di informazioni da raccogliere ed elaborare e la molteplicità e varietà di punti di
vista da integrare.
Proposizione 2e: Nel Sistema Moda è probabile l’utilizzo simultaneo di più tattiche di
valutazione, in particolare della tattica analitica e della tattica di contrattazione.
4.3 Tipo di processo decisionale
Nonostante la maggiore frequenza di acquisizioni sviluppatesi negli ultimi anni
all’interno del Sistema Moda, non sembra facile individuare processi decisionali
classificabili come historical o basati sul passato. L’eccezionalità e la strategicità di una
decisione di acquisizione fa si che sia molto difficile sviluppare un patrimonio di
soluzioni esperienziali riutilizzabile nel tempo. Nei vari momenti temporali sono a
disposizioni alternative di soluzioni, in particolare aziende target da acquisire,
completamente diverse, come diverse possono essere in genere le condizioni
dell’azienda acquirente e i suoi obiettivi.
A seconda, però, delle motivazioni che hanno mosso l’azienda acquirente, delle sue
disponibilità di tempo e risorse per creare e indagare molte e differenziate alternative, si
individueranno tipi differenti di processi.
In particolare, le aziende che hanno le risorse (finanziarie, manageriali, di tempo) per
produrre ex novo numerose alternative o considerare con attenzione numerose
opportunità presenti sul mercato, possano mettere in atto processi decisionali di tipo
nova o off the shelf.
Proposizione 3a: Nel Sistema Moda è più probabile che aziende dotate di un
consistente patrimonio di risorse dedicate mettano in atto processi decisionali di
21
acquisizione di tipo nova e off-the-shelf e quelle dotate di minori risorse dedicate
mettano in atto processi di tipo appraisal e search.
Nei processi decisionali lunghi e dettagliati (come nova e off-the-shelf), dato
l’investimento fatto, è probabile che si sviluppi una distorsione di overcommitment, in
particolare in presenza delle condizioni definite da Haunshild, et al. [1994].
Proposizione 3b: Quando il processo decisionale di acquisizione è lungo e costoso, è
più probabile che si sviluppi overcommitment. Questa probabilità è ulteriormente
accresciuta in presenza di responsabilità personali per la decisione di acquisizione, di
competizione per l’azienda target e di pubblicizzazione della decisione di acquisizione.
I processi appraisal e search, centrati più sulle soluzioni e meno sui problemi sono
meno costosi e meno lunghi, ma per questo fortemente sottoposti alle distorsioni di
framing [Kahneman e Tversky, 1981], rappresentatività, disponibilità e ancoraggio
[Kahneman e Tversky, 1974].
Proposizione 3c: Quando il processo decisionale di acquisizione è breve e poco
dettagliato, è più probabile che si sviluppino gli eurismi di framing, disponibilità,
ancoraggio e rappresentatività.
22
5. IL CASO M ARIELLA B URANI FASHION GROUP
5.1 Disegno di ricerca
Al fine di studiare le proposizioni di ricerca, è in costruzione un database di decisioni di
acquisizioni nel Sistema Moda. Ad oggi sono stati raccolti dati per ricostruire 5 processi
decisionali, tutti interni alla stessa impresa, Mariella Burani Fashion Group.
Per sviluppare l’analisi delle decisioni del Mariella Burani Fashion Group sono state
utilizzate differenti fonti informative, soprattutto l’analisi di documenti e le interviste.
I documenti analizzati al fine di raccogliere informazioni in merito al processo
decisionale di acquisizione sono stati: le rassegne stampa (sulle maggiori testate
nazionali e riviste specialistiche del settore); i comunicati stampa dell’azienda; il
company profile e altri documenti interni dall’azienda.
Le informazioni documentali hanno preceduto e integrato le interviste. Queste ultime
sono state condotte su più livelli, finalizzati:
Ø alla descrizione dei processi decisionali e alla loro scomposizione in fasi
Ø all’individuazione delle principali distorsioni cognitive
Ø alla classificazione dei processi decisionali.
Con l’aiuto del management e della proprietà (in particolare, del chief financial officer e
dell’amministratore delegato), sono stati individuati come possibili oggetto di studio 12
dei processi decisionali di acquisizione condotti dal gruppo negli ultimi 5 anni. Si è
proceduto a selezionare questi 12 processi sulla base di due criteri principali: la
vicinanza temporale (solo processi sviluppati negli ultimi due anni per favorire il
ricordo degli intervistati) e il coinvolgimento diretto sia dell’attuale amministratore
delegato che dell’attuale chief financial officer. Si è pervenuti a 5 processi decisionali, il
primo dei quali conclusosi nel giugno 2001 e l’ultimo nel dicembre 2002. Questi
23
processi decisionali hanno portato a due acquisizioni verticali (a monte, con l’azienda
ITM produttrice di tessuti e a valle con il distributore Revedi), ad un’acquisizione
concentrica (con gli Antichi Pellettieri) e a due acquisizioni orizzontali (con l’azienda di
abbigliamento tedesca Renè Lezard e con lo stilista Stephen Fairchild).
La scelta dei soggetti da intervistare è stata fatta con l’intenzione di garantire validità e
affidabilità alle informazioni ricavate dai colloqui stessi. A tale scopo, sono state scelte
le persone che hanno ricoperto una posizione chiave, in quanto artefici e promotori,
delle decisioni di acquisizione. Sono stati intervistati:
Ø Giuseppe Gullo, Chief Financial Officer del gruppo, entrato in azienda nel corso
del 2001 e attuale responsabile per le acquisizioni del Gruppo (4 interviste, per
un totale di 5 ore)
Ø Giovanni Burani, Amministratore Delegato (Sviluppo Strategico) del gruppo (2
interviste, per un totale di 2 ore)
Ø Andrea Burani, Amministratore Delegato (Prodotto e Operations) del gruppo (1
intervista di 1 ora e 30 minuti)
Ø Mariella Burani, stilista e direttore artistico della linea omonima (1 intervista di
45 minuti)
Ø Stephen Fairchild, stilista e direttore artistico della linea omonima, acquisita nel
corso del 2001 da Mariella Burani Fashion Group (1 intervista di 1 ora e 40
minuti)
Ogni intervista, semistrutturata,
è
stata
registrata.
Per
stimolare
l’interesse
dell’intervistato e raccogliere le informazioni preliminari, abbiamo chiesto inizialmente
all’intervistato di scegliere un esempio di decisione di acquisizione a cui avesse preso
parte in prima persona. Nella fase successiva abbiamo chiesto di descrivere tale
24
processo decisionale, focalizzandosi sugli eventi che hanno catturato la sua attenzione.
Dopodiché, è stato chiesto di fornire la descrizione di tutte le fasi che sono seguite alla
prima decisione (ad esempio, dopo che l’intervistato ha descritto il segnale che ha
catturato la sua attenzione, gli è stato richiesto di spiegare perché ciò gli è sembrato
importante e meritevole di un’azione). Infine, le informazioni raccolte da ogni singola
intervista sono state usate per corroborare le informazioni fornite dagli altri intervistati,
secondo il metodo della triangolazione. La triangolazione delle risposte di informatori
multipli è utile a garantire affidabilità e aumentare le aspettative che le risposte siano
veritiere [Lincoln e Guba, 1985]. Le informazioni raccolte sono state infine rielaborate
in un documento scritto che abbiamo sottoposto alle persone intervistate.
Tutte le interviste registrate sono state prima trascritte; si è proceduto, quindi, alla loro
lettura separata da parte di due ricercatori coinvolti nella ricerca e di un ricercatore
esterno, al fine di garantire un’adeguata interrate reliability. Il tasso di accordo dei
ricercatori sulle analisi e sulle classificazioni sviluppate è superiore al 91%.
5.2 Storia e caratteristiche attuali del gruppo
Mariella Burani Fashion Group SpA è un gruppo impegnato nella creazione, produzione
e distribuzione di abbigliamento femminile e pelletteria (calzature, accessori,
abbigliamento di pelle) di fascia alta.
L’azienda è stata fondata nel 1960 da Walter Burani, attuale presidente del consiglio di
amministrazione, con la moglie Mariella che ne curava la direzione creativa. Dal 1977
l’azienda iniziò la produzione di una linea di abbigliamento da donna, con il marchio
Mariella Burani. Nel corso degli anni ’80 la società si è impegnata a consolidare
l’immagine e la notorietà del marchio attraverso la produzione di diverse linee di
25
abbigliamento femminile ed una grande attenzione al dato qualitativo. Nel 1993 la
società ha stipulato contratti di licenza per la produzione di alcune linee di Valentino,
nel 1996 di Gai Mattiolo, nel 1999 di Calvin Klein. Con queste linee, il Gruppo ha
potuto affacciarsi sul mercato internazionale.
Il nome Mariella Burani Fashion Group è stato creato nel 1999, contestualmente con la
costituzione del nuovo assetto istituzionale (società di capitali in forma di SpA) e
l’avvio di una strategia di tendenziale crescita dimensionale attraverso le acquisizioni.
Da quando si è quotato al mercato telematico (nel luglio 2001) il Gruppo ha attivato
rilevanti cambiamenti strategici e organizzativi a seguito dei quali è entrato nel settore
degli accessori e dell’abbigliamento di pelle tramite la costituzione della sub-holding
Antichi Pellettieri SpA.
L’attuale struttura prevede tre divisioni operative: la divisione Apparel, la divisione
Leather Goods e Digital Fashion, (quest’ultima attiva esclusivamente nel supporto
informatico del resto del gruppo). Fra esse può essere individuato un rapporto
d’interdipendenza reciproca giacché si tratta di realtà tra di loro complementari che,
senza sovrapporsi, mirano a comporre per il consumatore finale un’offerta ampia e
diversificata sia in termini di prodotto che in termini di stili e messaggi creativi.
L’abbigliamento costituisce, con un’incidenza del 66% rispetto al fatturato globale, il
core business storico della società attraverso un ampio portafoglio di marchi e linee.
Oltre alle cinque distinte linee prodotte col marchio Mariella Burani, indirizzate a
consumatrici diverse per età e poter d’acquisto, vi sono altri quattro marchi: Mila Schon
(azienda storica acquisita nel 1999, rivitalizzata dall’innesto di un giovane creativo
francese, è presente con tre linee differenti), Stephen Fairchild (stilista americano con
26
cui è stata attivata una joint venture nel 2001), Gabriella Frattini e Dimensione Moda
(produttrici di maglieria di alta qualità sia per donna che per uomo, acquisite nel 2000).
Mariella Burani ricopre il ruolo di Direttrice Stilistica nell’ambito di un team di quindici
professionisti creativi che lavorano esclusivamente sulle linee Mariella Burani. Il design
delle collezioni di Mila Schön e Stephen Fairchild è creato dai rispettivi design team. I
licenziatari del Gruppo (Gai Mattiolo e Toni Gard, aziende che affidano la produzione e
la distribuzione delle loro collezioni di abbigliamento al Gruppo Burani) disegnano le
loro collezioni in collaborazione con il team Mariella Burani. L’Ufficio Stile Mariella
Burani e il Reparto Modelli&Prototipi si avvalgono della collaborazione di circa
sessanta persone fra creativi e modellisti, che si occupano gli uni del disegno delle
collezioni (realizzando schizzi e abbinamenti-tessuti) e gli altri dello studio per la
realizzazione pratica dei cartamodelli e dei relativi prototipi.
La divisione Leather Goods, creata nel 2001, è considerata il principale motore di
crescita del gruppo per l’elevata visibilità che è in grado di dare al marchio e per il
maggior potenziale di crescita rispetto al segmento abbigliamento. Questa divisione è
gestita dalla neo costituita Antichi Pellettieri SpA, sub-holding (controllata al 100% da
MBFG, 50% da Mariella Burani Investment Srl e 50% da Mila Schon Group) cui fanno
capo le sei società del Gruppo, acquisite fra il 2000 e il 2001, dei comparti accessori,
calzature e pelletteria di lusso e rappresenta il 30% del fatturato consolidato, con tassi di
crescita e margini tradizionalmente elevati rispetto all’abbigliamento. Le società della
divisione sono Braccialini, Baldinini, Mario Cerruti, Enrico Mandelli, Deimutti
Compagnia dei Cuoi e Calzaturificio Mafra (con i marchi Sebastian e Saddler).
27
5.3 I processi decisionali di acquisizione
In questo paragrafo si riporta l’analisi di 5 processi decisionali di acquisizione
sviluppati in Mariella Burani Fashion Group fra il 2001 e il 2002. Si è optato per una
trattazione unica dei 5 processi in quanto accomunati da numerose similarità.
Strategia deliberata di acquisizione
Il punto di partenza dei 5 processi considerati è rappresentato da una strategia deliberata
di crescita, rafforzata e ufficializzata con la quotazione della società in borsa. Ciò è
evidente a proposito dell’acquisizione di Itm e di Revedi realizzate nel corso del 2002.
“Il 2002 è stato dedicato al completamento della supply chain con
l’acquisizione della impresa ITM di Como, società fornitrice di materie
prime per la parte abbigliamento. Tutte le acquisizioni del gruppo sono state
sempre pensate sia con una logica di offerta che con una logica di servizio.
Oggi il settore del lusso si è profondamente modificato, assistiamo ad
un’inversione di tendenza: il consumatore non si accontenta della qualità,
ma vuole anche un servizio, che vuol dire riassortimento continuo del
prodotto. E ciò è reso possibile solo attraverso il controllo della supply chain
dall’inizio alla fine. Con l’acquisizione del fornitore di tessuti, Itm, noi
riusciamo ad avere il tessuto in tempi brevi, non più i 90 giorni tradizionali
ma in 30.”
“Per arrivare al controllo completo della supply chain bisognava curare
anche l’ultimo tassello che era quello della gestione delle rimanenze di
magazzino. Nella moda c’è un’obsolescenza intrinseca del prodotto. Il
nostro gruppo riesce a fare una produzione più mirata e oculata attraverso il
28
controllo della supply chain a valle con il distributore; noi così riusciamo a
controllare la situazione delle nostre scorte di magazzino. La gestione delle
rimanenze, che prima venivano date agli stockisti, ora è affidata alla Revedi,
una società che abbiamo acquisito nel 2002. La Revedi distribuisce alcuni
prodotti derivanti dalle collezioni precedenti Mariella Burani e accessori
provenienti delle società della pelletteria, senza procedere alla loro svendita
e senza danneggiare in nessun modo l’immagine del marchio (a differenza
di quanto avviene con l’uso degli stockisti).
Le acquisizioni verticali di Revedi (verso il basso) e di Itm (verso l’alto) sono state
condotte seguendo una strategia accuratamente pianificata, volta a creare un gruppo con
una forte autonomia rispetto a soggetti esterni e dotato di un controllo completo della
supply chain.
Obiettivo di limitazione del rischio
Alla base di tutti i 5 processi di acquisizione vi è l’obiettivo di limitare la rischio
connaturata al Sistema Moda. Per questo motivo, si pone attenzione solo ad aziende
solide dal punto di vista finanziario.
“Noi acquisiamo solo società che abbiano break even point facilmente
raggiungibili, che siano flessibili in termini di strutture, che continuino a
essere profittevoli anche in caso di una riduzione del fatturato.”
Anche la politica di espansione geografica è sviluppata secondo logiche di bassa
rischiosità: si preferiscono i mercati meno volatili.
“Il nostro mercato di riferimento è il mercato europeo, l’11% viene
distribuito in Giappone e il 3% negli Stati Uniti. Questa scelta ha fatto sì che
29
i nostri analisti (20 analisti finanziari) hanno valutato il nostro rischio per gli
anni successivi più basso rispetto a quello di altri competitors (Bulgari,
Gucci) esposti sul mercato americano. Il mercato americano offre grandi
possibilità, ma necessita grandi investimenti. È un mercato in cui è facile
entrare con un alto investimento, ma si può far flop in un istante senza
possibilità di recupero. Nel nostro mercato, quello Europeo, invece, è più
difficile entrare e, una volta dentro, è anche difficile uscirne. Non a caso
abbiamo acquisito al termine del 2002 la Renè Lezard, una società tedesca,
che nell’ultimo esercizio ha fatturato 71 milioni di euro, 50% sulla linea
uomo e 50% sulla linea donna. Siamo andati in un momento particolare del
mercato tedesco perché crediamo molto nel mercato tedesco. È il primo
mercato europeo perché la Germania ha sempre svolto la funzioni di
cerniera d’Europa fra i paesi dell’est e quelli dell’ovest. La Germania sarà il
cuore dell’Europa dal 2004, anno in cui entreranno gli altri paesi
dell’Unione Europa).”
All’obiettivo di limitazione della rischio risponde anche la diversificazione nella
pelletteria sviluppato con l’acquisizione di Antichi Pellettieri: la pelletteria è, infatti,
anticiclica (a differenza dell’abbigliamento); il suo prodotto ha una durata maggiore (in
termini fisici ma anche simbolici) e ha un costo unitario più basso.
In genere il gruppo pianifica accuratamente le acquisizioni, non utilizza opportunità già
presenti sul mercato e non rivolge la sua attenzione a imprese dotate di un’immagine
simbolica molto conosciuta, anche al fine di evitare la competizione con altri potenziali
acquirenti.
30
“Le aziende con immagini famose che tutti vogliono non sono le nostre
aziende target. Noi non partecipiamo ad aste e ci dispiace quando sappiamo
che ci sono altri concorrenti in gioco. Preferiamo evitare di entrare in
competizione con altri possibili acquirenti. Per questo motivo teniamo in
genere tempi di esecuzione molto veloci e la totale segretezza sui contatti in
corso, anche per evitare che si creino opportunità con altri acquirenti.”
Frequenza delle decisioni di acquisizione
Rispetto a quanto precedentemente evidenziato per le decisioni di acquisizione nel
Sistema Moda, in Mariella Burani Fashion Group queste decisioni non assumono
attualmente caratteristiche sporadicità. Al contrario, il gruppo realizza talmente tante
acquisizioni da essersi guadagnato una reputazione come gruppo acquisitivo e da
ricevere spesso nuove proposte da parte di aziende che vogliono entrare a far parte del
gruppo.
“Noi siamo oggi una nuova entità economica: un gruppo di piccole e medie
imprese. Nel tessile e nell’abbigliamento le piccole imprese vivono un
momento di difficoltà e sono spaventate soprattutto dall’affermazione dei
grandi gruppi anche stranieri. Queste imprese riconoscono al gruppo Burani
una capacità aggregante molto forte e un grande rispetto per le imprese
acquisite. Sanno che non abbiamo mai mandato via il management delle
aziende acquisite. Questo è così vero che gli operatori finanziari ci
chiamano gruppo ad alta presenza di minorities. Noi siamo un gruppo che sa
dare alle aziende target una motivazione forte: entrare a far parte di un
progetto imprenditoriale, con una dimensione rilevante, con un’immagine
31
riconosciuta sul mercato. Ciò crea un clima molto positivo anche nel
momento iniziale di trattativa, crea disponibilità a lasciarsi investigare.”
Contestualmente alla riduzione di sporadicità, è in corso il tentativo di costruzione di
una memoria organizzativa di pratiche di acquisizione fatto dal chief financial officer e
dalle persone che lavorano negli uffici finanziari. La finalità è quella di sviluppare un
processo di apprendimento dalle esperienze passate al fine di ripetere i modelli e i
percorsi che hanno portato ad acquisizioni di successo.
Accesso alle informazioni e vicinanza con le imprese target
A ridurre la complessità delle decisioni di acquisizioni analizzate in Mariella Burani
Fashion Group intervengono anche due ulteriori elementi: la disponibilità di
informazioni sulle imprese target e la scelta di imprese target a bassa rischiosità
economica e ad alta vicinanza/similarità sia culturale che di prodotto.
Con riferimento all’accesso alle informazioni, in tutti i 5 casi analizzati si era di fronte
ad acquisizioni non aggressive, in cui l’impresa target traeva evidenti vantaggi dal farsi
acquisire. In genere si tratta di acquisizioni parziali; tranne nel caso di Revedi, acquisita
al 100%, negli altri casi si è proceduto ad acquisizioni del 50-51%, a ciò si aggiunge che
non si è mai estromessa la vecchia proprietà, né sono stati sostituiti i manager
precedentemente coinvolti in azienda.
“Noi siamo un partner di natura industriale ma anche finanziario, che
mantiene il management passato e in più lo supporta con capitali nuovi.”
Nel caso dell’acquisizione di Renè Lezard il comunicato finanziario dichiara:
“Il restante 50% della Società rimarrà di proprietà del Sig. Thomas
Schaefer, socio co-fondatore dell’azienda nata nel 1978, il quale rimarrà
32
responsabile insieme all’attuale management della gestione operativa in
qualità di Chairman del Board of Directors, anche alla luce degli importanti
risultati conseguiti negli ultimi esercizi”
Fare acquisizioni non aggressive e mantenere il management passato è coerente con una
delle motivazioni principali alla base soprattutto delle acquisizioni concentriche: portare
all’interno del gruppo competenze che il gruppo non possiede. Ciò è evidente con
riferimento all’acquisizione di Antichi Pellettieri, che ha rappresentato lo strumento
attraverso cui Mariella Burani Fashion Group è entrata rapidamente nell’ambito della
pelletteria.
Con riferimento all’elemento di vicinanza, si acquisiscono prevalentemente aziende che
appartengono ai distretti con cui Mariella Burani ha sempre lavorato. E anche quando,
per motivi di espansione, si punta a società estere si cercano elementi di similarità e di
stabilità, come l’acquisizione orizzontale di Renè Lezard conferma.
Questa ricerca di vicinanza e similarità si attiva sempre ed è avvenuta anche nel caso
dell’acquisizione di Stephen Fairchild: si è cercato uno stilista che, per quanto creativo,
fosse una persona meno estrosa e attratta dallo show business rispetto a molti altri
stilisti e soprattutto attenta anche all’aspetto di business.
Numero contenuto di decisori
Anche con riferimento al numero dei decisori, le decisioni da noi analizzate non si
caratterizzano per una complessità molto elevata. Nella proprietà le persone
maggiormente coinvolte sono quelle con un background economico e produttivo, con
l’eccezione di Andrea Burani, che non è però un creativo ma un uomo prodotto. Al
contrario la stilista di riferimento del gruppo, Mariella Burani, è totalmente estranea a
33
questo genere di decisioni. Alla proprietà si aggiungono poi gli altri azionisti di
riferimento, fra cui in particolare un azionista bancario.
Decisioni di media complessità
In sintesi, la proposizione 1 non sembra confermata per nessuna delle 5 decisioni
analizzate: un gruppo di medie dimensioni con chiari obiettivi di crescita non rischiosa
può agire per ridurre in misura molto consistente la complessità della decisione di
acquisizione anche all’interno del Sistema Moda.
Tattiche ‘chiuse’ nelle fasi di formulazione e concettualizzazione
Facendo, poi, specifico riferimento alle fasi del processo decisionale, si può in primo
luogo affermare che, coerentemente con quanto affermato nella proposizione 2b, in
presenza di un obiettivo di limitazione della rischiosità la formulazione delle alternative
è sviluppata utilizzando tattiche non ‘aperte’ ma ancorate a poche idee chiare e
pianificate che fanno da guida durante tutto il processo.
Lo stesso vale per la fase di concettualizzazione, per cui anche la proposizione 2c
sembra trovare riscontro: un gruppo che vuole realizzare acquisizioni non rischiose
punta su poche alternative chiare. In particolare, si parte sempre da possibili aziende
target in qualche modo legate da conoscenza diretta con la famiglia Burani; è difficile
che si considerino acquisizioni di aziende sconosciute.
“Perché si considerano alcune imprese e non altre? In primo luogo, si tratta
di relazioni personali, di simpatia, proprio di ‘chemistry’ fra gli
imprenditori, di vicinanza culturale. Ciò è avvenuto anche nel caso
dell’acquisizione della tedesca Renè Lezard: gli imprenditori si sono
34
conosciuti ad una fiera, poi il signor Thomas Schaefer è venuto qui e si è
innamorato dello stile della signora Burani e poi i signori Burani sono stati
in Germania e hanno trovato lo stile ma anche la cultura di quell’azienda
molto vicino al loro.”
Primato della tattica analitica nella fase di valutazione
Infine, in fase di valutazione possono manifestarsi tattiche differenti, ma alcune di
queste prevalgono molto chiaramente. In particolare la tattica di contrattazione non è in
genere fondamentale, perché esiste una gerarchia chiara fra i decisori (prima la proprietà
e prima la parte ‘economica’ della proprietà) e fra i criteri di valutazione (solidità
economica e vicinanza culturale in primis).
“Alla fine tutto deve rispondere ad una logica finanziaria e per questo il
mercato ci ha premiato. Tutte le acquisizioni fatte sino ad oggi sono già state
pagate. Fra gli acquisition criteria del gruppo Burani c’è sempre quello di
fare investimenti prudenti, noi non abbiamo mai pagato cifre folli e
vogliamo preservare la nostra struttura finanziaria equilibrata. Il secondo
criterio fondamentale è quello del potenziale di sviluppo di sinergie e di
evitare ogni forma di cannibalizzazione fra i prodotti. Quest’ultimo criterio
è presidiato soprattutto da Andrea Burani, che è la persona che conosce
meglio i prodotti, insieme ad un team di consulenti di stile e ad alcuni
manager che lavorano sul prodotto nelle altre società del gruppo.”
A tale proposito, con riferimento al comunicato finanziario per l’acquisizione della
Renè Lezard si dichiara:
35
“Renè Lezard, che realizza il 100% del fatturato con il proprio brand, ha
saputo sviluppare il proprio business in modo consistente e ha chiuso
l’ultimo esercizio con un fatturato pari a 71 milioni di euro, un margine
operativo lordo pari a 8 milioni di euro e un utile netto pari a 1.4 milioni di
euro. Con il potenziamento delle sinergie esistenti fra le società, l’ingresso
di Renè Lezard nel Gruppo Mariella Burani contribuirà positivamente ai
risultati a livello consolidato già dal primo trimestre 2003”.
Data l’attenzione ai dati economici finanziari dell’acquisita, molta importanza assume la
tattica analitica (in particolare si utilizzano una serie di test e modelli per l’analisi
economico-finanziaria). In sintesi, la proposizione 2e non sembra confermata nel nostro
caso.
Rapidità e frame di ‘pericolosità’
Quanto ai tipi di processi decisionali, essi sono lungamente pianificati ma poi si
svolgono in termini relativamente stretti (in media cinque mesi e mezzo per i 5 processi
analizzati), non si indugia eccessivamente nelle fasi centrali e, coerentemente con
quanto affermato nelle proposizioni 3b e 3c non si sviluppano fenomeni di
overcommitment ma piuttosto distorsioni di framing. In particolare, il frame dominante
e fortemente influenzante i 5 processi è quello della pericolosità intrinseca del Sistema
Moda a cui si contrappone la solidità e la stabilità del mondo produttivo:
“Noi dobbiamo volare basso. Dobbiamo stare con i piedi per terra.”
36
6. Conclusioni
I processi decisionali di acquisizione del Sistema Moda non sono suscettibili di una
classificazione univoca, ma in ognuno di essi sembra essere rilevante la necessità di
contemperare la dimensione economica tipica di ogni business con la dimensione
simbolica specifica della moda. Questi processi, però, sembrano differenziarsi in modo
consistente a seconda delle risorse dell’impresa acquirente e della situazione in cui essa
si trova ad operare.
Questo articolo ha permesso solo un primo esame di questi processi, analizzando quelli
messi in atto da imprese di medie dimensioni con una quantità abbastanza consistente di
risorse dedicate e un chiaro obiettivo di limitazione della rischiosità delle operazioni di
acquisizione. In questi casi, la presenza di una strategia deliberata per la crescita esterna
e il chiaro obiettivo di limitare i rischi, sembrano ridurre fortemente la complessità delle
decisioni di acquisizioni, fornendo direzioni chiare durante tutte le fasi del processo,
riducendo in misura consistente il numero di alternative effettivamente considerabili e
definendo una chiara gerarchia fra i criteri di valutazione.
Future ricerche permetteranno di confrontare questi processi decisionali con quelli
guidati da un obiettivo di innovazione simbolica o con quelli messi in atto da imprese
del Sistema Moda con patrimoni di risorse molto elevati.
37
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40
i
Fonte: Pambianco, 2001.
Fonte: Pambianco, 2001.
iii
Siamo consapevoli che questa classificazione dei processi decisionali produce dei modelli che hanno forte
similarità rispetto a molti altri identificati in letteratura (ad esempio: modelli di razionalità deduttiva, modelli di
razionalità euristica e modelli di razionalità automatica in Grandori, 1999), si preferisce però fare riferimento alla
classificazione di Nutt [1984] per due motivazioni principali: una motivazione di coerenza, dato l’utilizzo della
scomposizione del processo in fasi dello stesso autore; una motivazione di operatività che questa classificazione ha
rispetto ad altre. Si mantiene la versione inglese delle etichette a fronte della difficoltà per alcuni di esse a trovare un
chiaro e univoco corrispondente in lingua italiana.
iv
Questa scomposizione è coerente con gli schemi di analisi specificamente adottati per le acquisizioni [ad esempio:
ii
Vicari, 1989], ma rispetto a quegli schemi si caratterizza per una migliore generalizzabilità.
v
Per crescita esterna s’intendono tutte quelle operazioni realizzate mediante l’acquisizione di quote azionarie, di
diritti di proprietà o di attività da parte di un nuovo soggetto economico [Conca, 2001]; per crescita interna, invece,
intendiamo lo sviluppo funzionale attuato attraverso l’utilizzo delle risorse interne all’azienda.
vi
La valutazione è l’ultima fase considerata. Non si procederà all’analisi della fase finale di implementazione, perché
nel caso dell’acquisizione questa fase solleva una serie di problematiche molto complesse, soprattutto con riguardo al
problema dell’integrazione fra l’azienda acquirente e l’azienda acquisita [ad esempio: Haspeslagh e Jemison, 1991]
41