I CLIENTI RACCONTANO I CLIENTI CLAUDIO
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I CLIENTI RACCONTANO I CLIENTI CLAUDIO
I CLIENTI RACCONTANO I CLIENTI Sociologi, giornalisti e politici, maschi e femmine, indagano da tempo la realtà dei clienti e sono rimasti sorpresi quando Isoke ha detto la sua senza criminalizzarli, e soprattutto quando “i clienti” stessi, o quanto meno alcuni tipi di clienti, hanno iniziato a parlare e a scrivere direttamente di se stessi. Sono stato tra i primi a parlare e a scrivere. E questo è il racconto della mia esperienza insieme a quella di molti altri uomini. Non mi sarei mai soffermato ad analizzare i problemi o i presunti problemi dei clienti, di prostitute e non avrei mai considerato i loro comportamenti come un problema, se non fosse che un giorno anche io... L’autostima mi si è sbriciolata addosso; militante da sempre per i diritti umani, per le minoranze, per i popoli oppressi, anche io ero capace, ero stato capace di cercare una scappatoia per affrontare un mio problema di carattere affettivo, sentimentale, sessuale, relazionale... Mi soffermai sulla persona che avevo di fronte e mi resi conto di una cosa che oggi Isoke, la mia compagna, ripete con semplicità ai ragazzi più giovani ai quali è chiamata a parlare per spiegare la violenza della prostituzione coatta: “chiunque cerchi una esperienza di evasione, può ricorrere agli alcolici, alle droghe, al gioco per esaltarsi artificialmente, traendo piacere da un comportamento che, rispetto ad una presunta normalità, è definito deviante... E purtroppo, il numero delle persone che si perdono a questo modo è elevatissimo. Per cercare, però, evasione e soddisfazione sessuale si deve usare non una sostanza o un artifizio, ma un’altra persona...”, I miei primi contatti con i clienti sono legati ad alcuni articoli del 2000 e, soprattutto, all’uscita del mio libro “Akara-Ogun e la ragazza di Benin City” (Jaca Book, 2002), nel quale racconto la mia esperienza. Il libro ha avuto molta visibilità a livello mediatico nazionale e quando l’edizione cartacea è andata esaurita, è stato pubblicato in Internet ed è stato scaricato da diverse migliaia di lettori. La pubblicizzazione del mio indirizzo postale, mail e telefonico e molte occasione di presentazione pubblica del libro, hanno reso possibili i primi contatti e poi gli incontri tra lettori che mi hanno cercato poiché condividevano la mia stessa esperienza e il mio stesso desiderio: “far qualcosa” contro la tratta. E’ nato così il Progetto la ragazza di Benin City e sono stati attuati i primi volantinaggi di informazione e avvicinamento dei clienti, mirati ad aggregarli e a creare una associazione, una organizzazione, una rete... quel ”qualcosa” di inizialmente indefinito, ma in seguito sempre più concreto. Abbiamo effettuato volantinaggi a Torino, Milano, Pavia, Genova, Palermo, Bari, Roma e in alcune località minori (Pinerolo, Bassa Valle d’Aosta, ...). Le prime volte che con il Progetto abbiamo fatto uscite in strada per avvicinare i clienti di prostitute, rivolgendoci a loro “da uomo a uomo e da cliente a cliente”, a parte gli insulti irripetibili che non possono dare un contributo significativo alla nostra analisi, abbiamo percepito in alcuni il fastidio di essere disturbati, mentre altri sono fuggiti, impauriti e vergognosi. Molti, però, hanno accettato il confronto. Le prime volte che abbiamo posto la domanda perchè sei diventato cliente di prostitute?, ci è stata data con spontaneità ed immediatezza questa risposta: e perchè no? Per quale ragione, cioè, esser clienti di prostitute dovrebbe essere un problema? E quando cercavamo di approfondire la questione, dimostrando - ad esempio - che molto spesso in strada ci sono delle minorenni, abbiamo avuto lo stesso tipo di risposta e una precisazione: e come faccio a sapere che una è minorenne? In buona sostanza, a tutta prima ci sarebbe dovuto esser chiaro che non c’è nulla da chiedere e nessuna risposta da aspettarsi dai clienti. Moltissimi non vogliono porsi problemi e affermano: se una donna decide di prostituirsi, un maschio è libero di frequentarla, il resto è solo bieco moralismo. I pensieri che mi ero posti io, però, sono gli stessi che passano nella testa di tanti e che i maschi ammettono di porsi se solo si gratta via la crosta di machismo che “giustifica” la loro ricerca di una prostituta; tant’è che i maschi con i quali abbiamo cercato un dialogo ed hanno deciso di parlare con noi, lo hanno fatto perchè, evidentemente, alcuni interrogativi che noi evidenziavamo, se li ponevano già da soli e mancava loro soltanto un interlocutore maschile con i quali approfondirli. Noi siamo stati l’interlocutore che mancava, i maschi con i quali per parlare da uomo a uomo non è necessario vantarsi di esperienze e di avventure facili ed esaltanti, magari fasulle e mercenarie. Il fatto che la maggior parte delle cosiddette prostitute non siano tali, ma siano delle vittime della tratta e che molte di loro siano giovanissime, spinge molti clienti a ripensare al loro comportamento e alla loro ricerca di prostitute finalmente come ad un comportamento non da criminalizzare, ma neppure da normalizzare addirittura legittimandolo. Come sta scritto nel nostro volantino “cerchi una prostituta e trovi una schiava”... Lo sapevano già, lo hanno sempre saputo, ma fingevano di non saperlo... È bastato togliere loro ogni alibi per smuovere delle sensibilità nascoste. La nostra esperienza tra e con i clienti, ci ha fatto ipotizzare, per questo, che attraverso una attenta e mirata azione di informazione e sensibilizzazione, che per alcuni diventa vera e propria prevenzione, si possa raggiungere l’obiettivo di “dimezzare il numero dei clienti”. Nella nostra scrematura tra clienti che sfuggono e clienti che accettano il dialogo e si fanno risorsa, il rapporto infatti - è esattamente questo: 50%. Ma vediamo di analizzare la storia di questa esperienza con i /sui clienti di prostitute/prostituite e di riflettere sulla base di alcuni dati e proposte che possiamo presentare. Dal 2000 quando la nostra attività è iniziata, ad oggi (il dato è riferito alla fine dell’anno 2009) abbiamo stabilito contatti con circa 6 mila clienti. Per contatti intendiamo almeno un minimo di relazione, la conoscenza dell’identità e la continuità del confronto in almeno tre occasioni (telefono, posta, mail, incontro diretto). Per mettere insieme questo “campione” abbiamo avvicinato oltre 15 mila maschi, con la metà dei quali abbiamo avuto,però, solo scambi di idee molto marginali. Siamo una realtà organizzativamente molto piccola, lo sforzo maggiore è stato sostenuto da poche persone; ci siamo “specializzati”: la nostra attenzione è assorbita quasi esclusivamente dalla realtà nigeriana. Siamo, quindi, un campione numericamente ancor più significativo se applicato non alla vasta realtà generale della prostituzione coatta, ma alla realtà nigeriana. Ai maschi che accettavano il dialogo, abbiamo proposto occasioni di approfondimento di discussione e di autocoscienza e da quando abbiamo attivato per i maschi più problematici, i primi gruppi di auto-mutuo ad oggi, circa 500 maschi hanno accettato di partecipare ad un momento che sotto certi aspetti è “terapeutico”; i gruppi sono composti da almeno tre persone e da non più di sei; ne abbiamo attivati parecchi, ad un certo punto ne avevamo almeno uno in ogni regione. Questi gruppi si sciolgono e si ricompongono a seconda del momento e della necessità; oggi (agosto 2010) ne abbiamo dieci. Purtroppo a volte la loro attività si spegne perchè il nostro lavoro è basato sul volontariato e quando nascono gruppi di persone che vivono nella stessa regione, ma non in città vicine, la gestione del gruppo diventa difficile. Si consideri che l’associazione professionale dei sessuologi ha pubblicato uno studio nel quale afferma che circa il 15% dei maschi italiani è affetto da una qualche forma di dipendenza sessuale, dato che ci sentiamo di confermare. A Bolzano e a Roma sono attive due cliniche che mettono in terapia persone che soffrono di quella che è definita sex addition, cioè la dipendenza sessuale. I nostri gruppi di auto-mutuo hanno, quindi, una loro ragion d’essere. Abbiamo 20 clienti (ma sarebbe più corretto definirli ex clienti, finti clienti, fidanzati e mariti) che hanno partecipato a viso aperto a manifestazioni pubbliche, interviste radio-tv o che hanno firmato con nome e cognome le nostre pubblicazioni. La scarsissima considerazione espressa nei confronti di questa esperienza da parte della rete istituzionale antitratta e dai media, oltre che dalle istituzioni e dall’opinione pubblica, ha causato in molti di loro un ripensamento sulla utilità di presentarsi pubblicamente sempre e soltanto come “clienti” e i più, oggi preferiscono partecipare alle attività in modo anonimo. Come ricordavo, circa il 50% dei clienti che abbiamo avvicinato, non ci ha respinti o insultati ma ha stabilito un rapporto serio con noi, lo ha consolidato e oggi in stragrande maggioranza questi uomini dichiarano di non esser più clienti e “di aver superato il loro egoismo”, trovando nella necessità di sostenere vittime della tratta, un impegno di alto significato umano, capace di determinare la crescita e il cambiamento dei loro comportamenti. Certo noi non indaghiamo la verità di queste dichiarazioni, anche se il dato ci pare sbalorditivo e troppo ottimistico; quel che è certo che queste persone hanno sicuramente affrontato un percorso di coscienza e di consapevolezza e se anche non fossero poi del tutto veramente diventati ex, certo si pongono in modo diverso da prima il problema del loro rapporto con le donne e con le donne che si prostituiscono. Abbiamo realizzato 15 pubblicazioni, raccogliendo le testimonianze di questa nostra “rete”, ecc. ecc. e le abbiamo messe a disposizione gratuitamente in Internet. Abbiamo pubblicato anche un breve un saggio per “spiegare” la tratta e la prostituzione ai bambini e ai ragazzi. Quel che ci interessava, almeno inizialmente, non era tanto occuparci di clienti, ma tentare di trasformarli in risorsa contro la tratta e a sostegno delle ragazze vittime della tratta. Sei mila contatti con dei clienti vuol dire, infatti, almeno 6 mila ragazze vittime della tratta alle quali abbiamo potuto offrire, in dinamica di rete, attraverso i loro clienti, informazioni e proposte di uscita dalla tratta più coerenti e costruttive di quelle che da soli – quantunque ben intenzionati – questi uomini sarebbero stati capaci di offrire. Quali i risultati? Non utilizziamo schede, prese in carico, quadri statistici; al centro della nostra attività ci sono le persone; e dalle storie delle persone possiamo affermare che circa l’85% di quelle ragazze ha trovato una via di uscita. Siamo al corrente della costituzione di almeno 350 nuclei familiari sereni e della nascita di circa 150 bambini. Potrei quasi dichiarare che la mia nuova professione è quella del “testimone” di nozze e battesimi... E’ del tutto evidente che l’uscita dalla tratta non consiste nel trovare marito...noi parliamo, quindi, di matrimoni veri, che possono finir bene o male come tutti i matrimoni, ma sono nati con le migliori intenzioni. Abbiamo comunque accompagnato molti clienti nel percorso di miglioramento della loro relazione di coppia con la loro amica trafficata, potendo contribuire alla costruzione di famiglie stabili e felici. E’ la realtà della società multiculturale che noi abbiamo in qualche modo sperimentato. Non è un caso che la sociologa Lorenza Maluccelli, indaghi la nostra esperienza considerandola, oltre che una esperienza sui e con i clienti, oltre che una esperienza di e fra vittime della tratta, anche un concreto esempio di relazioni multiculturali, nate perchè, come dice il nostro amico Angelo di Roma, tra uomini e donne anche nella realtà della tratta e della prostituzione si producono “comunque incontri”. Ottenere dei successi è diventato il problema del nostro Progetto poichè appena una ragazza o un uomo o una coppia, stabilizzano la loro condizione umana e sociale, quasi automaticamente rallentano i rapporti con noi, fino ad interromperli, per vivere una vita finalmente “normale” e quanto più possibile...”dimenticare”. Solo il 10% dei nostri maschi lamenta di non esser riuscito a concretizzare una via di uscita per la ragazza che - si prenda questo dato nella sua schematicità – “chiedeva solo soldi e documenti”. Del resto basta leggere come i clienti siano visti e considerati da parte delle vittime per comprendere come questo risultato sia straordinariamente positivo, anche se - di nuovo - forse enfatizzato dall’entusiasmo, poichè tutto farebbe pensare che il 90% dei casi, non il 10 soltanto, abbiano come prima connotazione la monetizzazione della relazione. Del resto non possiamo indagare neppure sull’esito finale di una relazione interpersonale: come tutte le coppie e tutte le famiglie, la possibilità che le ragioni della convivenza, della convenienza o dell’amore vengano meno, non è indagabile. Un buon numero di maschi ha favorito la regolarizzazione di ragazze attraverso la sanatoria del 2003 e tra questi quasi tutti hanno poi conservato, se non una relazione affettiva personale, un rapporto di amicizia con le stesse, tutte più o meno completamente uscite dalla prostituzione e dalle altre costrizioni della tratta e se pur a fatica inserite in un percorso di graduale, faticoso inserimento sociale. Molti maschi hanno accettato le nostre tesi iniziali della disobbedienza civile, facendo matrimoni di comodo, assunzioni fittizie, ecc. ecc. pur di consentire alle ragazze di conseguire il permesso di soggiorno che la legge fatica ad attribuir loro. La stragrande maggioranza di questi casi si è risolta comunque positivamente con l’uscita delle ragazze dalla prostituzione e con l’inizio di un percorso di inserimento sociale e lavorativo. Altri stanno ricorrendo ancora disobbedienza civile, provvedendo ad esempio alla assunzione di ragazze con i flussi, anche facendole arrivare legalmente dalla Nigeria. In questi ultimi tempi contiamo anche un buon numero di “regolarizzazioni” tramite l’assunzione delle ragazze come colf e badanti (settembre 2009). Nella maggior parte dei casi, comunque, abbiamo cercato di motivare le ragazze a seguire uno dei percorsi offerti in applicazione della Bossi - Fini, anche se la contestiamo fortemente; insistiamo con le comunità di accoglienza e inserimento sociale affinché richiedano, con sempre maggior determinazione, l’applicazione del 18 bis e, quindi, evitando alle vittime della tratta l’obbligo di presentare una denuncia, obbligo che, in particolar modo per le ragazze nigeriane, è spesso ostativo alla decisione di ogni ragazza di uscire dalla tratta. Ci sono stati tre momenti di criticità nel nostro gruppo “clienti”. Il primo è stato l’uscita del libro di Isoke “Le ragazze di Benin City” (Melampo, 2007) che è stato un pugno allo stomaco per tanti che già conoscevano bene Isoke, ma non avevano ancora compreso appieno qual è la “lettura” dei comportamenti maschili che le vittime della tratta fanno. I maschi si sentivano un po’ “eroi” per il fatto di essere in rete finalmente positiva ed hanno invece capito, leggendo un libro che parlava di loro pur rispettando il loro anonimato, quanto lungo fosse ancora il percorso di crescita che dovevano affrontare. L’uscita del libro è stata preceduta e annunciata con un articolo inserito nel Dossier Stupro della rivista Diario, un numero speciale uscito a fine 2006 nel quale Isoke Aikpitanayi, la fondatrice dell’associazione vittime ed ex vittime della tratta, propone considerazioni e letture durissime del fenomeno della prostitute coatta. Il secondo momento di criticità lo stiamo vivendo ora: la criminalizzazione, le multe, le strumentalizzazioni dei media che ci cercano in quanto clienti solo per sbattere in video o fra le righe, testimonianze più o meno truculente, ci stanno convincendo che anche fra quanti da dieci anni affermano che è indispensabile attivare degli interventi per i clienti, nessuno è davvero intenzionato a fare qualcosa di serio. Il terzo è stato il momento in cui è stato approvato il Decreto sicurezza: la paura che è stata diffusa dalla applicazione di questo Decreto ha reso intrattabili o inavvicinabili molte ragazze vittime della tratta. E a poterle avvicinare sono rimasti solo i clienti e le altre vittime o ex vittime. In questa fase si è rivelato quanto mai prezioso ed insostituibile l’intervento della/delle operatrici pari. E’ questo un ambito di intervento creato dal Progetto la ragazza di Benin City sul quale varrebbe la pena di indagare, anche sociologicamente, per descriverne compiutamente l’ esperienza che Lorenza Maluccelli considera del tutto particolare. Un quarto ulteriore momento di criticità si è sviluppato all’interno di altri movimenti maschili nati per fare autocoscienza e per riflettere contro la violenza maschile sulle donne: la nostra è stata ed è una esperienza concreta, attiva... altri hanno fatto più che altro esperienze di riflessione, analisi e studi filosofici, sociologici. La nostra presenza in questi movimenti è diventata dapprima fastidiosa per molti maschi, così da ritrovarci di nuovo di fronte ad un campione del tutto simile a quello dei clienti: solo il 50% dei maschi ha davvero il coraggio di confrontarsi con le questioni legate ai comportamenti sessuali, solo il 50% dei maschi, anche quelli apparentemente più sensibili, pensa che discutere la questione li riguardi direttamente e personalmente; per cui una massa di uomini, non dichiaratamente clienti, non responsabili di violenze sulle donne, si sono proposti in qualche modo come i buoni, contrapposti ai cattivi, trovando solo in noi “clienti” i maschi capaci di un outing sulle responsabilità maschile oggettive e concrete a partire da una violenza: esser clienti di vittime della tratta, “stupratori a pagamento” come li/ci definisce Isoke Aikpitanyi. Poco a poco, comunque, il nostro Progetto, è diventato il contenitore di diverse dinamiche: quelle con i clienti-risorsa, quelle con i clienti problematici posti in auto-mutuo aiuto, quelle che hanno favorito la costituzione dell’associazione delle vittime ed ex vittime, quelli che si impegnano in un lavoro continuo dei gruppi di riflessione sulla coscienza maschile.. Recentemente abbiamo offerto agli studiosi, ai giornalisti, ai servizi, alle comunità, alle istituzioni, la possibilità di approfondire insieme a noi la conoscenza della realtà dei clienti; con l’analisi dei dati e delle informazioni che abbiamo a disposizione, potrebbero e potremmo infatti, chiarire aspetti specifici e rispondere a quesiti che molti studiosi si pongono senza avere a disposizione un campione significativo di soggetti (i clienti) cui porre le domande necessarie ad un approfondimento “scientifico”. Oltre alle nostre numerose pubblicazioni abbiamo a disposizione anche un archivio: di materiali di circa 250 clienti, dei quali conserviamo soprattutto mail e lettere che siamo autorizzati ad utilizzare - preservando l’anonimato degli autori - per scopi utili quali, appunto, una più adeguata lettura del fenomeno clienti. Alcune delle nostre pubblicazioni indicano gli autori: veri nomi e cognomi per esteso. uomini disponibili a confrontarsi con esperti e studiosi per raccontare e descrivere il profondo psicologico sessuale dei clienti; a volte si tratta di nostri collaboratori che non sono necessariamente passati attraverso l’esperienza dell’esser clienti, o che non l’hanno dichiarata o che intervengono a favore di vittime della tratta come “finti clienti” (avvicinando le ragazze, non richiedendo prestazione alcuna, pagando ugualmente il tempo dell’incontro e costruendo una relazione d’aiuto con le stesse, potendole concretamente sostenere quando e se siano loro stesse a richiederlo e senza aspettarsi nulla in cambio). Quella dei finti clienti è una realtà tutta da indagare ed apre, a nostro avviso, grandi opportunità di lavoro a coloro che hanno operato nelle varie unità di strada e che oggi non possono più avvicinare le ragazze in strada, poichè sono respinte state verso i luoghi chiusi. Dal nostro campione operativo abbiamo tratto l’indicazione della possibilità di realizzare corsi per finti clienti, considerando che un numero sempre maggiore di vittime della tratta è schiavizzato in ambienti chiusi., dove non possono esser avvicinate in particolare dagli operatori di strada, dalle forze dell’ordine, dai volontari e dai sacerdoti. Questi uomini, clienti – ex clienti – finti clienti, costituiscono, inoltre, il nostro spontaneo osservatorio privilegiato della tratta, attraverso il quale monitoriamo la situazione e le modificazioni che si determinano. Non siamo propriamente operatori di strada, ma attenti osservatori “interni” delle dinamiche e dei mutamenti che si producono nelle diverse zone. Abbiamo così potuto articolare una lettura della realtà dal semplice ascolto degli attori non in una zona soltanto, ma su tutto il territorio nazionale, poiché questo è il nostro ambito, l’intero territorio nazionale. Non abbiamo scelto questa dimensione tanto, troppo vasta per le nostre piccole capacità: è la situazione che ha scelto noi. Inoltre abbiamo fatto tesoro delle conoscenze acquisite informalmente e dopo averle organizzate per poterle meglio esaminare, abbiamo individuato alcuni interlocutori privilegiati, scelti nel mondo che si muove sul filo del rasoio tra pornografia, attività notturne e gestione di incontri e contatti tra persone che - sembrerebbe liberamente - sono alla ricerca di emozioni e di prestazioni sessuali di vario tipo. Della nostra rete maschile fanno parte anche persone con competenze scientifiche elevatissime: tra i nostri clienti ritroviamo persone di tutte le età e di tutti i ceti, con altissima o con bassa istruzione, ecc. ecc. Siamo, cioè, una rappresentazione completa della realtà dei clienti Si preferisce generalmente che a rappresentare il problema siano sociologi, sessuologi, forze dell’ordine, religiosi e quant’altri … ritenendo che i clienti rappresentino solo una categoria da indagare: così i media fanno interviste (spesso finte) a clienti che nascondono il viso e camuffano la voce, perché i media hanno solo hanno bisogno di confermare tesi preconcette. Che a parlare in pubblico a nome del nostro Progetto, quindi dei clienti, siano, quindi, uomini che nella loro quotidianità sono impiegati, psicologi giornalisti, studenti, sociologici, studenti, operai, ecc. dimostra che il solo identikit credibili del “cliente” è “il maschio” e che, quindi, la maggior parte di quelli cha parlano anche con distacco professionale, in realtà , sono stati anche loro dei clienti. Un’altra cosa che sconvolge soprattutto i ragazzi ai quali Isoke Aikpitanyi si rivolge è quando lei invita a riflettere sul fatto che se i clienti in Italia sono più di dieci milioni, vuol sicuramente dire che molte donne dovrebbero interrogarsi sui loro fidanzati, mariti o figli e che tutti i maschi devono prendere atto anche se nessuno lo ammette, che se un maschio su due è o è stato un cliente, in ogni gruppo la questione è ben presente anche tra i giovani e i giovanissimi. Ci sono, tuttavia, dati che non è possibile desumere neppure esaminando un campione vasto come il nostro. Quale è, ad esempio, la percentuale esatta di maschi italiani che occasionalmente, di frequente, spesso o compulsivamente cercano prestazioni sessuali a pagamento. Si fanno stime riferite a circa 10 milioni di maschi italiani, il che vorrebbe dire - ripeto - che un maschio italiano su due sarebbe o sarebbe stato un cliente. Ma le stime lasciano il tempo che trovano e forse quella dei dieci milioni di clienti potrebbe essere esagerata. Del resto, del tutto artificiali sono anche alcune delle considerazioni generali che abitualmente sono proposte sul problema: prima fra tutte quella secondo la quale la domanda determinerebbe l’offerta che mentre sembra rispondere ad una normale realtà dei meccanismi di mercato, in realtà non tiene conto del fatto che più spesso è l’esasperazione dell’offerta ad aumentare la domanda. Così come è l’esasperazione e la strumentalizzazione delle notizie diffuse dai media a creare e ad ingigantire gli allarmi sociali; così come è il bombardamento pubblicitario ad assicurare il successo nel mercato di un prodotto qualsiasi, un cellulare, una bibita, un libro, un partito. Il numero dei clienti è accresciuto dal fatto che ad esser clienti sono anche una gran massa di immigrati, lontani dalla patria, dalla famiglia e dai figli, abbruttiti dalle condizioni assurde di sopravvivenza alle quali sono ridotti e comunque provenienti da paesi nei quali la considerazione dei diritti delle donne è bassissima e il disprezzo per le prostitute è legato anche a concezioni religiose. Noi non siamo stati ancora in grado di mettere in rete maschi immigrati che si rivolgessero alle prostitute, quindi il problema resta non indagato. Abbiamo riscontrato molte difficoltà anche ad entrare in contatto con i clienti più anziani e, quindi, non riusciamo ad analizzare appieno neanche il problema dei clienti e della sessualità nella terza età che è delicato e complesso. Così pure non siamo entrati più di tanto, pur avendo avuto contatti significativi, nel problema delicatissimo delle persone affette da handicap fisici e pur sessualmente attivi; per i più giovani si tratta di una vera sofferenza in più, alleviata da prestazioni a pagamento assicurate da prostitute, talora avvicinate dai genitori dei ragazzi stessi. Ci siamo trovati anche di fronte ad un certo numero di situazioni al limite: clienti che cercano ragazze minorenni; con i quali siamo stati categorici poiché i loro comportamenti possono avere anche non solo una componente patologica, ma non sono in nessun modo accettabili e sono perseguibili dalla giustizia. I clienti sono spesso concreti contro i trafficanti: non sono rari i casi di denunce di maman e trafficanti presentate da clienti o da clienti insieme a ragazze e talora queste denunce hanno avuto esiti clamorosi.