Il fast-food della comunicazione
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Il fast-food della comunicazione
Dal brasato calligrafico al cheeseburger alfabetico C 31 navig@ndo CIVILTÀ DELLA SCRITTURA Il fast-food della comunicazione di INDRO NERI ome sono cambiati i tempi. Prima c’era la posta, con missive e ceralacca, penne d’oca, fogli di carta fina vergati a mano recapitati in involucri talvolta profumati. Come una pietanza cucinata a fuoco lento, vi era dietro una preparazione puntigliosa, fatta con i migliori ingredienti; erano importanti tanto il contenuto quanto la presentazione. Quindi l’emozione dell’attesa, ed il gusto di ricevere una busta che veniva aperta come fosse un regalo, con dentro una lettera da assaporare, leggere e rileggere, magari da portarsi dietro come un documento prezioso. Negli anni Settanta sono cominciate a circolare le prime e-mail, missive elettroniche che tramite il proprio computer hanno permesso e permettono di scrivere ad amici di penna all’altro capo del mondo nel giro di qualche minuto. La corrispondenza si è infittita a scapito della qualità, la ricetta è diventata un po’ meno raffinata, il piatto finale un nientediché dal sapore uniforme. Questo nuovo sistema di trasmissione scritta ha però avuto un impatto notevole sulla posta tradizionale, che da quel momento in poi è diventata "Snail-mail" (posta lumaca), bollata da un rigurgito futurista che sposa l’amore per la velocità e la tecnologia. È però nel novembre del 1996 con l’arrivo di ICQ, la prima applicazione di Instant Messaging (messaggistica istantanea), che si assiste all’avvento di un vero e proprio fast-food della comunicazione. I programmi di instant messaging permettono di condurre, in tempo reale, una conversazione a distanza mediante la digitazione reciproca di testo. Parallelamente alla diffusione della messaggistica istantanea, si è venuto a delineare un sistema di scrittura rapida nato per tenere il passo con questa nuova tecnologia che ora sta spopolando fra le nuove generazioni. Gli studiosi del Pew Internet and American Life Project nel 2004 hanno condotto uno studio secondo il quale il 75% degli adolescenti americani (quasi cento milioni), contro il 40% degli adulti, preferisce ormai di gran lunga la comunicazione istantanea alla posta elettronica. Ma chi si serve dell’instant messaging, per l’intrinseca immediatezza d’u- so, tende molto spesso a sorvolare su errori ortografici e sgrammaticature, ed a volte questa pratica è così diffusa che gli errori non solo vengono accettati ma addirittura codificati in un nuovo “gergo istantaneo”, uno fra tutti l’articolo “the” (il/la), la cui variante “teh” – dovuta ad un comunissimo errore di digitazione – viene ormai utilizzata deliberatamente per sottolineare un maggiore entusiasmo, per esempio in esclamazioni quali “teh coolest!” (il meglio!). Ecco che quindi non è raro trovarsi di fronte a quello che potremmo chiamare un “cheeseburger alfabetico”: in un digitare sempre più veloce di messaggi, la comunicazione avviene in maniera coloratissima ma di fatto composta da testo-spazzatura, che in niente ricorda il forbito scambio epistolare pre-elettronico. I più comuni elementi di questo trasandato gergo futurista sono senz’altro ASAP (“as soon as possible”, il più presto possibile), BRB (“be right back”, torno subito), BTW (“by the way”, a proposito), FYI (“for your information”, per tua informazione), IMO (“in my opinion”, secondo me), LOL (“laugh out loud”, rido a squarciagola), NP (“no problem”), ROFL (“rolling on floor laughing”, mi rotolo in terra dalle risate), TTYL (“talk to you later”, a dopo), TY (“thank you”, grazie), YW (“you’re welcome”, prego) e anche ZOMG (“oh my god”, oh mio dio, prefissato da una zeta: un errore dovuto a troppo fervore dattilografico, anche in questo caso codificato ed assurto a neologismo). Fra i segni di espressione grafica la fanno invece da padrone le emoticon (le cosiddette “faccine”, contrazione di “emotive” + “icon”), la prima delle quali venne disegnata da Harvey R. Ball nel Il 19 settembre 1982 Scott Fahlman, sulla bacheca elettronica della Carnegie Mellon University, invia un messaggio che cambierà la storia di Internet, utilizzando per la prima volta l’emoticon :-) che vista piegando la testa a sinistra, rappresenta una faccia sorridente Lo “smiley” di Harvey R. Ball il sorridente simbolo giallo ormai assurto a vera e propria icona culturale del nostro tempo venne commissionato nel 1963 per una campagna pubblicitaria interna tesa a smorzare il malcontento dei lavoratori di entrambe le parti a seguito di una fusione di due compagnie di assicurazione 1963 e... non aveva niente a che fare con Internet. Lo “smiley” di Ball – il sorridente simbolo giallo ormai assurto a vera e propria icona culturale del nostro tempo – venne infatti commissionato per una campagna pubblicitaria interna tesa a smorzare il malcontento dei lavoratori di entrambe le parti a seguito di una fusione di due compagnie di assicurazione. Una prima rudimentale emoticon elettronica appare nel 1979 in un messaggio inviato da Kevin Mackenzie, ma è il 19 settembre 1982 che Scott Fahlman, sulla bacheca elettronica della Carnegie Mellon University, invia un messaggio che cambierà la storia di Internet, utilizzando per la prima volta l’emoticon :-) che, vista piegando la testa verso sinistra, rappresenta appunto una faccia sorridente. L’idea colpisce l’immaginario collettivo: nel giro di qualche mese il numero delle faccine si moltiplica a dismisura ed Internet è ormai contaminata da questo fenomeno. E se allo “smiley” di Ball nel 1999 le Poste americane hanno dedicato un francobollo, la faccina di CIVILTÀ DELLA SCRITTURA 32 e proprio non di vera stenografia si tratta, ci troviamo certamente di fronte ad un complesso sistema di comunicazione veloce che si basa su acronimi, abbreviazioni, contrazioni e altri segni di espressione grafica. Riguardo alle “faccine”, resta da chiedersi come abbiamo fatto a scriverci da migliaia di anni senza avere a nostra disposizione questi indicatori di emozioni senza i quali sembra che nessuno oggi riesca più a comunicare. I detrattori delle emoticon affermano che basterebbe scrivere meglio per non averne affatto bisogno, i sostenitori ribattono invece che non essendo tutti scrittori di calibro, le “faccine” rendono di fatto la comunicazione comprensibile a tutti. Certo, scambiarsi messaggi via Internet non è la stessa cosa che trasmettere le proprie emozioni sulla carta stampata, ma va senz’altro notata l’ironia di fondo e cioè il fatto che le prime emoticon sono nate in un ambiente, quello universitario, che proprio illetterato non era. Se non possiamo aspettarci che tutti siano della statura di un Dante Alighieri o di un Alessandro Manzoni, e quindi grandi “chef” della comunicazione, è altrettanto vero che quando Dante vergava la lista della spesa, non lo faceva certo in rima. LE EMOTICON NON RISPARMIANO NEANCHE IL PAPA Harvey R. Ball nel suo studio Il francobollo del 1999 da 33 centesimi che le Poste americane hanno dedicato allo “smiley” di Harvey R. Ball S Fahlman si è conquistata un posto sui francobolli elettronici. Per la loro popolarità le emoticon sono ora incorporate di default in tutti programmi di messaggistica istantanea e per far presa sulle nuove generazioni sono state trasformate in immagini, graficamente ridisegnate in versioni che ricordano molto da vicino lo “smiley” di Ball (e c’è addirittura un sito Internet, funnyfacy.com, che trasforma la vostra foto personale in una emoticon). Ecco una serie di esempi di emoticon fra le più curiose e divertenti. Il numero delle faccine oggi in circolazione ammonta ad oltre duemila differenti versioni. :-0 "Oh no!" / urlare / sbadigliare ;-) Fare l’occhiolino B-) Persona con gli occhiali 3:-o Mucca [:] Robot :-D Ridere :*) Essere ubriaco :-’| Avere il raffreddore {(:-) Indossare una parrucca +-(:-) Il Papa 5:-) Elvis Presley 0-) Il ciclope Polifemo C|:-= Charlie Chaplin @@@@8^) Marge Simpson =(_8^(1) Homer Simpson 38^) Bart Simpson :-.) Cindy Crawford *<|:o)> Babbo Natale @>--->--Una rosa =====:} Un serpente