Magioni della nobiltà locale, eleganti alloggi per reali e prelati, i

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Magioni della nobiltà locale, eleganti alloggi per reali e prelati, i
Magioni della nobiltà locale, eleganti alloggi per reali e prelati, i Palazzi Pera e Sbrojavacca - ai
quali si è aggiunto un terzo immobile denominato ex Albergo Danubio - dopo vari passaggi di
proprietà - sono divenuti prestigiosa sede della Provincia di Pordenone.
Il primo insediamento di Pordenone nasce probabilmente in conseguenza delle invasioni ungariche
del 900, quando popolazioni provenienti dai centri vicini cercarono rifugio in questa zona, pur
rimanendo legate per le pratiche religiose alla chiesta matrice di Torre. Questo piccolo centro, posto
su una altura nei pressi del fiume Noncello, proprio dal fiume trarrà lo sviluppo dei suoi rapporti
commerciali. Il primo nucleo è organizzato attorno alla piazzetta “di sotto” con la chiesa di San
Marco ed è circondato da una cerchia muraria, cui si contrappone il castello, posto su una altura
contigua e destinato nel tempo a rimanere slegato dagli sviluppi insediativi.
L’area del Borgo di San Giovanni (dove sorgono i palazzi Pera e Sbrojavacca e attualmente detto
corso Garibaldi), successivo insediamento costituitosi fuori dalla cinta muraria del nucleo
originario della città, nasce con caratteri mercantili e produttivi lungo l’importante strada di
comunicazione che porta a Treviso e fa da contrappunto all’altra via commerciale, il fiume,
all’estremo opposto della città; e funzione commerciale, oltre che abitativa, hanno sicuramente gli
edifici che qui sorgono.
Nel XVI secolo l’organizzazione dell’insediamento adotta come modello organizzativo quello della
città lineare che prevede la costruzione lungo un’unica via, e proprio il Borgo di San Giovanni si
lascia alle spalle la chiesa di San Giorgio, posta dietro la cortina dei palazzi e oltre la roggia,
totalmente indifferente rispetto al fronte principale del borgo stesso.
Dall’analisi visuale eseguita sulle facciate esterne e sulle murature interne, private dell’intonaco, è
ipotizzabile che i palazzi in esame non siano stati realizzati ex novo durante il corso del secolo
XVII, ma siano sorti inglobando edifici preesistenti, che a grandi linee si possono datare intorno alla
fine del secolo XV. Allo scopo di realizzare edifici di dimensioni e altezze maggiori. All’interno di
questo processo, le facciate lungo il Corso si allargarono fino a chiudere la cortina, mentre il corpo
edilizio si estese verso i cortili retrostanti. La fase di ingrandimento dei palazzi Pera e Sbrojavacca
può dirsi conclusa nel secolo XVIII: da allora in poi potranno esservi modifiche distributive e
funzionali, anche consistenti, ma l’aspetto degli edifici, soprattutto verso il Corso, rimane inalterato;
i mutamenti di gusto faranno trasformare cornici, davanzali e aggetti in pietra, però solo all’interno
della forometria stabilita.
L’ex albergo Danubio si presenta come frutto di un’operazione costruttiva unitaria agli inizi del
XIX secolo.
La realizzazione della nuova sede della Provincia di Pordenone ha comportato lavori assai
complessi per interventi strutturali e per operazioni di restauro delle superfici decorate - affreschi e
stucchi - dei paramenti lapidei e dei soffitti lignei.
Palazzo Pera
Il restauro interno ha interessato in modo particolare il primo piano dove sono presenti i locali della
sala degli Affreschi o dei paesaggi e della Sala Giunta, detta del camino, decorate con affreschi e un
locale, adibito ad ufficio, con raffinati stucchi.
Sala degli affreschi: detta dei paesaggi o del monogrammista B.B., nome attribuito per la sigla
accompagnata dalla data 1774 lasciata dall’autore in una delle raffigurazioni. L’ampio vano
passante è completamente decorato: presenta nella parte nord una marina racchiusa da un’elegante
cornice dipinta, abbellita da inserti floreali, di fronte in posizione esattamente simmetrica c’è un
paesaggio con rovine dove s’intravede, a destra, un cippo con le iniziali dell’artista e la data di
esecuzione. Il soffitto presenta al centrom entro cornice mistilinea, un’allegoria e su ogni lato, in
posizione mediana, ovati monocromi con putti; tutte le raffigurazioni sono raccordate da
modanature architettoniche e composizioni di frutta e fiori di gusto decorativo.
Sala Giunta: detta del camino. In questa stanza attigua alla sala degli affreschi il soffitto è decorato
con la tecnica del buon fresco dove al centro in un ovale, è rappresentata un’allegoria della pittura,
in vesti femminili, con tavolozza e pennelli, circondata da putti e adagiata su morbide nuvole che si
stagliano sul cielo chiaro. Anche per quest’opera si ritiene pertinente una sua datazione entro la fine
del XVIII secolo.
Locale adibito ad ufficio della Segreteria Generale: il vano presenta eleganti stucchi settecenteschi,
di raffinata fattura e iconografia attribuiti, anche se in forma dubitativa, ad Antonio Francesco Re,
per le similitudini che intercorrono tra questi stucchi e quelli di Palazzo Montereale-Mantica
realizzati tra il 1762 e il 1763, anno in cui il committente Ottaviano di Montereale-Mantica sposa
Elisabetta di Sbrojavacca.
Si tratta di quattro sovrapporte con decorazioni vegetali e antropomorfe su fondo rosa e verde,
specchiature alle pareti su fondo verde e di una ghirlanda di fiori sul soffitto che racchiude uno
sfondato di cielo con un volo d’uccelli, verosimilmente con significato nuziale.
Gli eleganti soffitti delle stanze realizzati su intonaci supportati da incannicciato, mascheravano più
antiche strutture lignee, costituite da travature e tavolati decorati prevalentemente a tempera su una
base a mezzo-fresco con motivi che variano in ogni vano, a cui si agganciavano con un sistema di
chiodatura i controsoffitti settecenteschi con un sistema di chiodatura sul lato inferiore delle travi.
La struttura dei soffitti e la tipologia della decorazione alla seconda metà del XVI secolo che
permettono di anticipare inequivocabilmente la datazione del palazzo, dato confermato ed
ulteriormente anticipato - dagli affreschi della facciata. I soffitti sono stati smontati e rimontati, con
valore decorativo e senza alcuna funzione statica nei corrispondenti vani del secondo piano che
hanno circa le stesse caratteristiche dimensionali e volumetriche.
Palazzo Sbrojavacca
Gli interventi di restauro al suo interno hanno riguardato gli stucchi e gli affreschi novecenteschi del
salone, di Tiburzio Donadon: L’edificio presenta soprattutto al secondo piano numerosi vani
abbelliti con motivi a finta tappezzeria sulle pareti e fregi affrescati sui soffitti, ipoteticamente
riconducibili alla mano di Donadon o coevi al suo intervento per il salone; inoltre elementi a
trompe l’oeil, verosimilmente dello stesso periodo ornano l’ingresso al piano terra, le pareti e la
cupola dello scalone principale.
Al primo e secondo piano del palazzo quattro locali, tutti prospicenti il Corso, contengono
decorazioni in stucco bianco su marmorino, in genere con gradazioni tenui, di buona fattura anche
se meno raffinate di quelle di Palazzo Pera, realizzate da uno stuccatore friulano, verosimilmente
settecentesche, rispondono al gusto di un’epoca in cui gli immobili storici ricevevano un
rivestimento in stucco che ne modificava, spesso arricchendolo, l’aspetto.
Il locale al primo piano, interrotto nel senso della lunghezza da una paretina successiva, presenta
sulle pareti nord e sud, semplici specchiature su fondo giallo e azzurro e un soffitto più elegante,
dove l’ampia zona decorata a stucco con motivi vegetali, floreali e conchiglie si staglia contro il
fondo scandito da partiture sempre gialle e azzurre che dilatano, illusionisticamente lo spazio.
Dei tre locali al secondo piano, il primo era presumibilmente una stanza da letto per la presenza di
una testiera decorata in stucco, ed ha le pareti sud, est e nord arricchite da cornici che racchiudono
ovati con edifici fantastici e vedute, assi stilizzati, e due interessanti sovrapporte; i fregi e i rilievi
sono campiti su fondi rosa e azzurri. La stanza attigua, un boudoir, è decorata con cornici ovali
destinate ad accogliere specchi e da eleganti sovrapporte con decorazioni vegetali su fondo verde e
giallo: In un’altra sala allo stesso piano il quarto locale, un salottino, le pareti sono arricchite da
pannelli con uccelli, putti, edifici, due sovrapporte di medio spessore, rispettivamente proponenti a
sud un canestro di frutta, un tralcio di vite e un pappagallo e a nord una virtù, mentre il soffitto è
tripartito su fondo rosa e verde.
Salone di Palazzo Sbrojavacca
È un ampio vano passante al secondo piano dell’edificio con ballatoi in corrispondenza del piano
successivo, interamente decorato da Tiburzio Donadon (1881 -1961). L’unitaria e complessa
realizzazione del decoro è legata probabilmente alla storia del palazzo o dei committenti, con
grande profusione di immagini allegoriche con connotazioni stilistiche che tradiscono numerose
influenze.
Nelle raffigurazioni delle pareti, infatti, sono evidenti i richiami alla pittura simbolista e
preraffaellita e un un’inclinazione verso moduli decorativi riferibili al sistema armonico dell’Art
Nouveau mentre, in quella del soffitto, alla cultura figurativa veneziana del Settecento.
La decorazione è costituita da una gradevole alternanza di elementi figurativi e non: le pareti sono
interessate, fino all’altezza dell’architrave delle porte, da partiture a finto marmo, che delimitano
nelle pareti lunghe quattro riquadri, due per lato, che un tempo ospitavano tele sempre di mano del
Donadon, non più in situ quando il palazzo è stato acquistato dall’Amministrazione Provinciale. Al
di sopra, e fino alla cornice marcapiano, in rilievo, delimitata dai ballatoi, corre una fascia decorata
con putti che recano cesti di fiori nei quattro sovrapporta delle estremità e figure femminili con
putti, forse simboleggianti le stagioni o i quattro elementi, nelle altre zone; di fronte all’ingresso
principale è realizzata una lunetta che rappresenta, al centro, Romolo e Remo con la lupa e un
cartiglio con la data intesa ab urbe condita, ovvero dalla fondazione di Roma: MMDCLXXXII.
La fascia successiva comprende la decorazione delle pareti del marcapiano all’imposta del soffitto
ed è realizzata con specchiature a finto marmo che delimitano, al centro sue medaglioni figurati a
monocromo. Conclude il ciclo la decorazione del soffitto, dove un motivo a finta tappezzeria si apre
al centro in un ampio squarcio di cielo, in cui è rappresentato un carro sorretto da putti che trasporta
una figura femminile allegorica, tra putti e altri personaggi: Potrebbe trattarsi di un’allegoria della
vanità, poiché la figura principale si riflette in uno specchio retto da un putto; tuttavia la
rappresentazione si presta anche ad altre letture.
Tondi in finto bronzo agli angoli ed elementi figurativi e decorativi armonizzano e completano
l’insieme. Sotto ai ballatoi sono infine rappresentate, entro clipei, due virtù.
Ex Albergo Danubio
Che hanno interessato questo edificio hanno riguardato esclusivamente le due stanze al primo piano
che si affacciano sul corso, interessate da decorazioni in stucco, realizzate tra il XVIII ed il XIX
secolo da maestranze friulane. Il primo locale presenta un apparato abbastanza articolato che
comprende la decorazione del camino della parete ovest con un soggetto religioso; una testiera sulla
parete opposta realizzata con motivi vegetali e animali su fondo giallo; due riquadri inframmezzati
da un pannello nella parete nord, dal sovrapporta in quella sud. Una cornice aggettante, decorata
con medaglioni e con putti in rilievo agli angoli, definisce il soffitto dove un ampio pannello con
animali, fiori, vasi e teste su fondo verde incornicia un ovale con un affresco che rappresenta una
fiaccola, una faretra e una colomba, uniti chiaramente da un intento simbolico. Il secondo vano
presenta invece una modesta testiera con semplici decori su fondo giallo e azzurro sulla parete e due
cornici ovali aggettanti su entrambe le pareti lunghe.
Prospetti:
Particolarmente significativo si è rivelato l’intervento sulle facciate prospicenti il corso a seguito del
quale sulla facciata dell’ex Albergo è emersa una finitura a marmorino che è stata integralmente
recuperata, su quella di palazzo Sbrojavacca sono stati ritrovati i resti di un importante ciclo
narrativo rinascimentale ad affresco, mentre fregi e altri partiti decorativi, databili tra XV e XVI
secolo, caratterizzano la facciata di palazzo Pera.