CHE COSA B01-iLE IN STRADA

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CHE COSA B01-iLE IN STRADA
P 0 R T F O L I O
CHE COSA
B01-iLE
IN S T RADA
Dalpanino dietro l'angolo allo chef
on the road. Lo streetfood accelera.
E diventa gourmet. Giro del mondo
con i nomadi del mordi e fuggi.
Mentre l'alta cucina segue a ruota
Testo NICOLETTA MELONE
Foto SERGIO COIMBRA
nti: pazienza. Fritti: è lì il bello.
Sgocciolanti sughi e salse, trasudanti oscuri formaggi fila e fondi. Sublimi bombe alimentari: esplosivi
candelotti di grassi saturi, roba da guerrieri della
notte. Wiirstel curvi come parentesi intorno a serate aperte da una fetta di cocomero e chiuse da
una brioche calda passata sotto la serranda di un
panettiere. Poi sono arrivati i gourmet. E il cibo di
strada è diventato chic. Malfamati e sospetti, i panini
e i cartocci, coatti gastronomici appostati all'angolo
come teppisti, sono stati all'improvviso riabilitati. E
la risposta atomica agli snob della cucina molecolare
è stata redenta, come certe ragazze da marciapiede,
in una sorta di Pretty Wontaan alimentare.
Celebrata da autorevoli guide con le ricette degli
chef, esaltata e mappata su siti Internet e blog, la
specialità take-away trova ogni giorno nuovi Principi
Azzurri da Gambero Rosso. Pronti a darle un contorno di rispettabilità. Tra i più impavidi c'è Mauro
Uliassi, due stelle Michelin, ideatore di uno Streetfood Camper che propone alta cucina on the road:
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CHE COSA BOLLE IN STRADA
"II carretto passava e quell'uomo
gridava gelati", cantava
Lucio Battisti. Adesso, nell era dei blog
e delle app, individui
l'ambulantepiù vicino con un clic
Lo scatto è servito. Il fotografo brasiliano Sergio Coimbra
ha una vocazione . Trasforma il cibo in opera d'arte.
Ha immortalato i piatti dei piû grandi chef del mondo ma,
come dirrostrano le immagini pubblicate in
queste pagine, non è tipo da chiudersi in cucina : con Street
Food ha recentemente vinto a Parig il Grand
Prix de la Photographie du Tourisme Gastronomique.
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dal trapizzino (un po' picca, un po' tramezzino) di pollo alla cacciatora, ai
bomboloni caldi formato mignon. Qualcuno si ferma e rinuncia alle ruote,
come Giuseppe Zen con il suo Mangiari di Strada, ristorante-capannone
alla periferia di Milano che propone solo piatti mordi e fuggi. Fritti, bagel,
panzerotti. Un dessert? Alain Ducasse ha aperto a Parigi Choux d'Enfer,
patinato chiosco di design che sforna bignè riempiti al momento. Lo street
food ha persino trovato la via per arrivare in tv. Tra un 41aslerChefe l'altro
spuntano format come Unti e bisunti (Dmax), tiri programma in cui chef
Rubio, tatuatisssimo cuoco-rugbista, gira con una cucina a rimorchio per
sfidare paninari e venditori ambulanti. Nasce un nuovo genere, il travel
cooking show, con le battaglie itineranti di Street Food Heroes (Mediaset),
singolare talent dedicato al cibo di strada e ai suoi supereroi. "Una riscoperta che si deve soprattutto ai giovani, al passaparola e ai social network",
teorizza il critico gastronomico Mauro Rosati, autore di una poderosa Guida al miglior cibo di strada italiano (Gribaudo).
Che per strada si mangiasse bene si sapeva. Soprattutto in Italia, repubblica
della bruschetta, patria di panzerotti e di arancini, dove, calcola Coldiretti, si
contano 35 milioni di consumatori, divisi fra tradizionalisti del made in Italy
(45 per cento) e seguaci dello sfizio internazionale (28 per cento). La novità è
che in tempi di shopping on line si assiste a un'accelerata di chioschi itineranti e furgoncini, "If carretto passava e quell'uomo gridava gelati", cantava Lucio Battisti. Adesso individui l'ambulante più vicino con un clic. C'è chi propone in Rete il tour delle bancarelle palermitane (www.streatpalermo.it), 35
euro per quattro ore e mezzo di visita guidata tra pane e panelle, arancini e
sfincioni, chi organizza contest fotografici, chi s'inventa la app che ti scodella
la mappa cittadina dell'hamburger. T, la fine dello "street food walking dead",
tre passi e sei morto, degli spettrali hot dog da chiosco notturno avvolti come
piccoli zombie nel sudarietto di carta macchiato di ketchup (chi azzannerà
per primo?), Il chilometro zero ori the road sforna panigacci della Lunigiana
e puccia salentina, piade e cassoni a Rimini, arrosticini in Abruzzo. La faccia
virtuosa del fast food, I nuovi gastrosofi (termine indigeribile) decantano la
filosofia del polpo da passeggio, del Finger food comprato in piazza e servito
in salotto, l'eleganza del riccio take-away a Mondello.
entre l'Occidente, complice la crisi che
svuota i ristoranti, rivaluta il pranzo senza cameriere e senza coperto, il resto
del mondo continua, imperterrito, per la sua strada. In molti Paesi ancora
l'unica per nutrirsi. Due miliardi e mezzo: tanti sono i consumatori di street
food, stando alla Fao. E per la maggioranza è una "randa" millenaria, morire di fame non è chic, Acarajé, abará, empada in Brasile. Arepas in Ve-
nezuela. Choripan in Argentina. Tacos e burritos
in Messico. Biryani e samosa in India. Mentre
il kebab, partito dal Medio Oriente, colonizza
l'Europa, con buona pace dei sindaci leghisti, i
confini gastronomici si sfaldano. Erosi da ondate
migratorie e travolti dal nomadismo alimentare.
Stando a una classifica del 2012 stilata dal sito
VrirtunlTourist e rilanciata da Forbes, vince l'Asia.
E, Bangkok, con i suoi mille mercati, la capitale
del cibo oli the road. Seguono Singapore e poi
Penang, in Malesia. Al quinto posto si piazza
Palermo, dopo Marrakech (agnello e cuscus),
merito di cannoli e panini con la milza. Non si
capisce, però, come mai nella top ten compaia
Bruxelles (patate fritte e waffle) e non New York,
dove i food truck sono talmente numerosi da scatenare una spietata guerra dei parcheggi, con relativa richiesta di numero chiuso: non più di 450
aree di sosta con un tetto rasassimo di furgoni fissato per ogni isolato. Sui cellulari newyorkesi non
possono mancare app come Roaming Hunger;
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A New York i furgoncini seguono
i tempi e propongono menu
vegani. In Messico si moltiplicano
i Food Truck Bozar, grandi
parcheggi trasformati in ristoranti
che ti trova all'istante il chiosco più vicino. Inseguiti
da una raffica di multe, i membri della NYC Fece]
Truck Association lanciano una petizione per incassare il supporto degli abitanti, rivendicando un ruolo
sociale: "I furgoni stimolano l'innovazione culinaria,
portano turisti e assicurano lavoro".
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iù o meno abusivi, i camioncini sciamano
all'ora della pausa pranzo davanti a scuole e uffici: l'ultima mania, quelli ecologici
e dietetici, specializzati in piatti vegani.
Lo stesso accade a Città del Messico dove il quotidiano El Uníaersal racconta come i "camiones de
comida" siano ormai così tanti e redditizi da avere
suscitato l'appetito della criminalità e ora pagano il
pizzo (la "mordida") come i ristoranti. Ognuno ha la
sua specialità. Da mettere a confronto in un assaggio collettivo quando, una volta al mese, convergono
tutti in un maxi parcheggio. Benvenuti al Food Truck
Bazar. P, lo stesso scenario che vede, in Italia, il grande revival dell'Apecar, la motoretta a tre ruote della
Piaggio, glorioso simbolo degli Anni 60. Magari a
pois, travestila da mortadella, come quella, a Roma,
di Pizza&Mortazza, u giallo tubero come Lapa-Tatina, che sfida la Sicilia dei pani "ca' meusa" servendo
coni eli patate dop. Riproposta nella versione vintage Calessino, l'Ape ronza da Nord a Sud; all'improvviso chic, offrendo drink davanti alle discoteche
di Milano o sfizi gourmet alle rassegne di slow food,
Laffare è dietro ]'angolo. Fumante. L'importante è
sbrigarsi visto che la Cina ha già chiesto all'Unesco
eli proteggere il suo cibo da strada come patrimonio
dell'umanità. Spiedini eli cavallette compresi.
Per non rischiare sorpassi, l'Italia mette a punto la
road map: darsi al gossip alimentare on line, servire alta cucina itinerante sii] web. Mobilitare la
moda, il marketing e le it girl. Signore, tenete il
passo. La colazione da Tiffany si fa al chiosco. Con
un elegante fritto prêt-à-porter.
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