Che attrice di figlia

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Che attrice di figlia
3 Esperienze di vita – In famiglia
Nantas Salvalaggio
Che attrice di figlia!
Ed ecco un’altra scena familiare in cui voi ragazzi potete riconoscervi facilmente. L’autore presenta, seppure in forma ironica, un
problema reale: il fatto cioè che i figli con i loro salti di umore,
con il loro comportamento imprevedibile e talvolta indisponente,
mettono in seria crisi i genitori.
Come, infatti, comportarsi con questi benedetti figli? Certo le maniere dure sono da scartare, ma d’altra parte anche un’educazione troppo permissiva non va bene… Ecco perché il padre del racconto che stai per leggere a un certo punto viene colto dal desiderio di «dimettersi da padre».
1. Olivia: Olivia, Marco
e Laura sono i tre figli
dell’autore.
2. secondo la luna: se-
condo il tipo di umore
che ha.
3. scaramuccia: polemica, scontro.
4. Giunone: dea della
mitologia romana, moglie di Giove.
5. dentro il raggio d’azione: a breve distanza
dal padre così da permettergli di agire.
6. granatiere: soldato
di un corpo scelto di
fanteria, di statura superiore alla media.
7. Chi no magna, ga
magnà: espressione
dialettale che significa
«Chi non mangia, ha
mangiato».
8. evoco: richiamo dal
mondo dei morti.
La Olivia1 odia la carne poco cotta. Marco mette il muso se in cucina trova solo marmellata di ciliegie o di fragole, invece delle sue adorate «albicocche della nonna». La Laura detesta quasi tutto, a fasi alterne, secondo la luna2.
Stando così le cose, abbiamo almeno una scaramuccia3 a pasto.
La Olivia si affaccia sulla porta del soggiorno, avvolta in un asciugamano giallo come la superba Giunone4 nei libri di mitologia; e buttando uno sguardo gelido sulla tavola preparata, osserva con la sua
voce fine e tagliente: «Dio, che schifo di roba».
Avessi detto io una frase del genere trent’anni fa, dentro il raggio
d’azione5 dell’Ernesto, padre mio e granatiere6 di Sardegna, avrei
beccato un ceffone solenne, fiondato alla velocità della luce. Poi
l’Ernesto avrebbe pronunciato la sua massima definitiva: «Chi no
magna, ga magnà7».
Naturalmente so già cosa penseranno le più miti fra le lettrici: questi non son tempi da maniere dure, i figli indisponenti non si battono neppure con un fiore, eccetera eccetera.
Difatti: molli idee permissive hanno messo radici anche a casa nostra. Olivia non ha quel che si meriterebbe, e io tengo in tasca la mano che pizzica dalla voglia di sculacciare.
E mia moglie? La tenera, ipersensibile genitrice, trema al solo pensiero che Olivia rifiuti il cibo, e sussurra: «Ma Olivia, ti ho cucinato
la carne che ti piace, guarda com’è cotta bene».
«Non mi piace la forma.»
«Va bene, allora prendi la mia…»
«No, mi è passata la voglia… In questa casa non c’è mai fantasia,
sempre la stessa roba: carne zucchini pomodoro, pomodoro carne
zucchini…»
La mano, che ho ancora in tasca, mi pizzica talmente che devo andare in bagno a metterla sotto il rubinetto. Intanto evoco8, in una
sorta di preghiera casalinga, il fantasma buonanima dell’Ernesto, e a
occhi lucidi lo interrogo. «Padre, suggerisci e spiega: dove e quando
Rosetta Zordan, Il quadrato magico, Fabbri Editori © 2004 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
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3 Esperienze di vita – In famiglia
9. che ho visto: l’au-
tore fa qui riferimento
alla sua attività di giornalista che lo ha portato
in India per alcuni servizi.
10. drastica: energica
e decisa.
11. sono un po’…
Hyde: hanno due per-
sonalità. A volte sono
buoni, docili; a volte,
invece, sono indisponenti.
12. malleabili: arrendevoli, cedevoli.
13. lustro: lucido.
abbiamo sbagliato? Perché i figli del benessere sono così insopportabili?»
Quando torno in camera da pranzo, l’Olivia sta accostando alla bocca un centimetro quadrato di bistecca, con un’aria di sacrificio e degnazione insieme.
Penso alle frotte di bambini indiani che ho visto9 nelle baracche lerce di Bombay e di Calcutta, i miserabili che si spingevano e graffiavano per cogliere al volo una moneta, un biscotto, una scatola di latte condensato. Ma non mi va di ripetere ad alta voce i miei pensieri,
perché i miei figli comincerebbero a sbuffare, ad alzare le spalle,
«uffa co ’ste storie degli indiani», «ma possibile che non sapete inventare altro di più divertente?».
Sono i momenti in cui mi viene una voglia matta di recarmi all’ufficio postale e di spedire al presidente della Repubblica una formale
lettera di dimissioni: dimissioni da cittadino e da padre.
Dopo di che mi illudo che potrei correre all’aeroporto, e aspettare il
primo aereo per una remota isola della Polinesia, dove il clima è dolce, la natura benigna; la mattina stacchi un frutto dall’albero sotto il
quale hai dormito: è l’albero del pane. È pane fresco. In quell’isola
che so io, dove sono vissuto per pochissimi giorni, i figli non contestano, non vogliono tutto e subito.
Purtroppo non ho abbastanza coraggio per una decisione così drastica10; oppure sono troppo vecchio. E poi, c’è un altro guaio: i miei
figli sono un po’ dottor Jekyll e un po’ mister Hyde11. Hanno due
umori e due facce. Non sono sempre indisponenti come l’Olivia davanti alla bistecca. Alle volte, nel giro di un quarto d’ora, sanno diventare docili, malleabili12. Specie quando hanno bisogno di denaro. L’altra sera Olivia mi ha buttato le braccia al collo e ha detto:
«Papà, scusami per il mio cattivo carattere, ma anch’io ho i miei problemi, sai!». Che attrice! Ho pensato, baciandola sul naso lustro13 di
sole.
(da Mi dimetto da padre, Mondadori, Milano, rid. e adatt.)
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Rosetta Zordan, Il quadrato magico, Fabbri Editori © 2004 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education