Migranti d`élite. NIGRIZIA, gennaio 2009.
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Migranti d`élite. NIGRIZIA, gennaio 2009.
32 WWW.FLICKR.COM NIGRIZIA / M. MERLETTO C ostituiscono una realtà frammentata, unita da un sentimento di appartenenza al medesimo continente. Sono gli africani della cosiddetta “diaspora d’élite”, coloro che in questa categoria non sempre si riconoscono e che dello stesso concetto di diaspora forniscono interpretazioni diverse. Oltretutto, si sentono a disagio nell’essere identificati come un’élite, termine utilizzato in patria per indicare le classi dirigenti, delle quali non condividono né l’atteggiamento chiuso e antidemocratico, né tantomeno l’agiatezza economica. In altre parole, si tratta di una fascia ristretta di migranti, un gruppo variegato, formato da intellettuali, rappresentanti politici, scrittori, artisti, giornalisti, leader religiosi o associativi, diplomatici, mediatori culturali, docenti e lavoratori qualificati. Tutte figure che, rispetto alla maggioranza degli immigrati, sono investite di una considerazione sociale più alta, conquistata con i denti, affannandosi per veder riconosciute in Italia le proprie competenze e praticare le professioni per le quali hanno studiato sodo. Alcuni, in genere gli attivisti politici delle opposizioni, hanno dovuto percorrere un cammino a ritroso, accontentandosi, una volta arrivati nel Belpaese e ottenuto lo status di rifugiati, di svolgere Migranti d’élite mansioni di basso profilo. Ci sono quelli che ce l’hanno fatta a costruire una vita di cui si dicono soddisfatti. Altri devono ancora integrarsi e, nel frattempo, vivono sospesi tra due mondi. Lamentano le difficoltà incontrate nell’integrarsi in un paese, come l’Italia, impreparato ad apprezzare le differenze. Un percorso in salita che genera insicurezza, economica e giuridica, costituendo un forte deterrente a impegnarsi per lo sviluppo nella madrepatria: una missione ancor Jean-Léonard Touadi, più complicata quando queil primo parlamentare italiano sti paesi sono tormentati da di colore. conflitti o governati da dittatori. Vorrebbero ottenere coinvolto sessantasei africani, dei quali la riconoscimento sociale e pubblico dagli maggior parte vive in Italia da un periodo stati di origine, ma anche da istituzioni, compreso tra i dieci e i trent’anni. media e opinione pubblica italiani. In confronto all’organizzazione di coSono queste, in sintesi, alcune delle munità africane in altre nazioni d’Europa, costanti emerse da uno studio realizzato dove queste contribuiscono all’autoafferdal Centro studi politica internazionale mazione della diaspora come soggetto po(Cespi) assieme a Society for Internatiolitico, in Italia la situazione lascia un tantinal Development (Sid), attraverso una no a desiderare. In termini di coesione, soserie d’interviste e focus group, condotti prattutto: le associazioni, costituite in base a Milano, Roma e Udine, e che hanno DIASPORA SPECIALE I DATI DELLA RICERCA CESPI-SID Sono intellettuali, politici, scrittori, artisti, giornalisti, leader religiosi, diplomatici, mediatori culturali, docenti e lavoratori qualificati: tutti immigrati che vorrebbero ottenere riconoscimento sociale e pubblico ric dagli stati di origine, ma anche da istituzioni, media e opinione pubblica italiani. Manca da noi, invece, una diaspora organizzata in e di alto livello in grado di muoversi con più incisività. al criterio di nazionalità, area linguistica, etnica o religiosa, stentano a fare gruppo e, a volte, sono contrapposte da antiche e nuove rivalità. Mancano alleanze forti e c’è una scarsa disponibilità di luoghi per portare avanti un dialogo continuativo. Anche sul web gli africani d’Italia non primeggiano. Scarsamente coinvolti nella gestione dei siti per l’immigrazione o d’informazione sull’Africa – tra i quali ci sono Risulta ovvio che il primo passo che le comunità africane devono compiere, affinché le loro istanze possano realmente emergere, è quello di darsi una struttura. Su quali criteri è meglio costruirla? La proposta del Cespi è di raggruppare gli esponenti della diaspora a partire dalle rispettive competenze professionali e collocazioni sociali. Ci sarebbero, quindi, gli africani del mondo della cultura, dell’eco- AFP / B.B. CARDONA Daniela Bandelli anche quelli espressamente istituiti da associazioni italiane –, vengono superati dai più maturi immigrati di Belgio, Paesi Bassi, Francia e Regno Unito. La ricerca, coordinata da Andrea Stocchiero, suggerisce di guardare proprio alle strutture virtuali di questi paesi, sulla cui falsariga si vorrebbe avviare un portale della diaspora italiana, patrocinato dal ministero degli esteri. Volto a dare impulso alla creazione di una vera e propria rete, il sito sarebbe solo una parte del percorso di coesione più vasto, che il Cespi auspica di poter accompagnare, sviluppando la ricerca in una seconda tranche e arricchendola con un risvolto operativo: la creazione di una piattaforma di rivendicazioni, richieste e posizioni politiche da far confluire in un primo grande forum della diaspora in Italia, da concretizzare la prossima primavera. Un immigrato artigiano. nomia, della politica e quelli impegnati nel sociale. Un modo, spiega il ricercatore Sebastiano Ceschi, per non riprodurre le frammentazioni di oggi. «Una diaspora organizzata e di alto livello accrescerebbe il suo peso politico, potendo così muoversi con più incisività laddove si creano i cambiamenti più importanti, vale a dire nelle relazioni tra istituzioni a livello internazionale», afferma Gabriella Presta, ex coordinatrice del “Tavolo migranti e cooperazione” del Friuli Venezia Giulia. «Va sottolineato – continua – che gli immigrati in Italia incontrano ancora difficoltà di accesso al credito e hanno a disposizione pochi strumenti finanziari adeguati a pratiche transnazionali: un vuoto che scoraggia, di fatto, l’iniziativa di quanti vorrebbero avviare un’attività economica o di sviluppo sociale nei paesi di origine. Agendo come gruppo di pressione, la diaspora potrebbe chiedere politiche adeguate per promuovere il microcredito o fondi di solidarietà». Come osserva ancora Presta, con una diaspora più forte si potrebbe superare l’attuale tendenza a considerare l’immigrazione una questione di emergenza, favorendo invece una maggiore “sensibilità culturale” di istituzioni pubbliche, istituti finanziari e associazioni di categoria, il cui coinvolgimento più attivo sarebbe, senza dubbio, utile nelle iniziative che promuovono lo sviluppo dei paesi d’origine. Intanto, ad accorgersi delle preziose potenzialità della diaspora sono i governi africani. Come sottolineato da un’altra ricerca, condotta sempre da Cespi e Sid, molti stati sono interessati alle comunità all’estero, per le quali vengono create delle istituzioni ad hoc. Si tratta di un fenomeno nascente, senza precedenti, ma ancora disordinato, soprattutto se paragonato alle più avanzate politiche formulate dai paesi del Maghreb. Solo Senegal, Capo Verde e Mauritania hanno inserito l’emigrazione nelle strategie di riduzione della povertà, mentre altri paesi si limitano, per il momento, ad alimentare una retorica pro diaspora, sostenendone le associazioni nei paesi di destinazione e le iniziative economiche transnazionali, mirando ad attrarne le rimesse e tentando di riportare a casa i cervelli fuggiti. NIGRIZIA gennaio 2009 33