le aree produttive: diffusione, frantumazione, qualità

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le aree produttive: diffusione, frantumazione, qualità
LE AREE PRODUTTIVE:
DIFFUSIONE, FRANTUMAZIONE, QUALITÀ
Marco Storelli, Donatella Venti1
Introduzione
Le aree produttive, intese sia come risorse posizionate nei sistemi territoriali sia come
infrastrutturazione in grado di supportare politiche di sviluppo localizzate, sono state
per la prima volta compiutamente indagate, nei 92 Comuni dell’Umbria, nella seconda
metà degli anni ’90, da una ricerca IRRES2 che ne ha evidenziato le principali
dinamiche evolutive, le problematiche emergenti, le modalità di attuazione, le attività
in esse presenti, fornendo al contempo una serie di dati quantitativi fra cui l’estensione
(superficie territoriale e/o fondiaria), il livello di saturazione e di infrastrutturazione
(viabilità e reti tecnologiche), la dotazione e il livello di attuazione degli standards
urbanistici. Per ogni Comune venivano distinti “agglomerati produttivi”, localizzati su
sistema GIS, entità di scala maggiore individuati discrezionalmente ed introdotti ai fini
dell’inquadramento del tessuto produttivo in relazione agli assetti infrastrutturali3.
1 Vanessa Elefante ha collaborato al presente contributo con la realizzazione dell’impianto tabellare e grafico.
Il primo e il terzo paragrafo sono stati redatti da D. Venti, il secondo paragrafo è stato redatto da D. Venti per la
parte relativa alla pianificazione provinciale e da M. Storelli per la parte relativa alla pianificazione comunale; il
quarto paragrafo è stato redatto da M. Storelli, il quinto, sesto e settimo paragrafo da M. Storelli per la parte relativa
alla provincia di Perugia da D. Venti per la parte relativa alla provincia di Terni.
Il Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale della Regione Umbria ha fornito i dati
relativi agli agglomerati produttivi, ha redatto “Il Ruolo del nuovo Sistema informativo regionale ambientale e
territoriale (SIAT) della Regione Umbria” e predisposto l’apparato cartografico consultabile nelle pagine istituzionali
della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, nonché
nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it), in formato Adobe Acrobat Reader PDF.
2 AA.VV. 1997 “Aree classificate produttive dagli strumenti urbanistici generali” IRRES.
3 L’indagine ha quindi dato luogo a tre tipi di output:
un atlante delle aree produttive (elaborazione grafica georeferenziata, riconfluita nel PUT L.R.
27/2000);
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Successivamente il Servizio Informativo Territoriale (oggi Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale) della Regione4 ha tenuto
aggiornate in parte le informazioni allora raccolte, informazioni che hanno supportato
la programmazione regionale e la pianificazione territoriale di area vasta, in particolare
il Piano Urbanistico Territoriale (P.U.T.) del 2000, il Disegno Strategico Territoriale
(D.S.T.) del 2008, i due Piani territoriali di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) di
Perugia e Terni, entrambi approvati nel 2000.
Il tema delle aree produttive ed in particolare delle dinamiche di insediamento, per
essere compiutamente indagato necessita di molteplici approfondimenti, solo in parte
affrontati in questo contributo, data la vastità dell’argomento e l’opportunità di
dedicare ad esso una specifica nuova ricerca, integrando i dati attualmente reperiti.
L’aspetto legislativo e normativo condiziona fortemente le possibilità di ampliamento
ed individuazione delle aree, nonché le loro modalità di gestione: viene pertanto
presentata una panoramica dei provvedimenti normativi di livello nazionale e regionale
che, a vario titolo, intersecano la materia delle aree produttive: dalla definizione di
zona omogenea D introdotta nel 1968 alle tappe fondamentali della produzione
legislativa regionale, oltre che nei PTCP vigenti nelle Province di Perugia e Terni, dei
quali vengono esaminati i contenuti di coordinamento, così come per il Disegno
Strategico Territoriale, il più recente strumento di programmazione territoriale di cui si
è dotata la Regione Umbria, che, partendo dalle problematiche individuate, in
particolare la dispersione e frammentazione, traccia alcuni scenari di loro
qualificazione e rafforzamento, in relazione al sistema infrastrutturale in realizzazione
(Progetto Quadrilatero, Piastre logistiche, Assi e Poli produttivi di livello regionale).
Dal punto di vista dello sviluppo locale, viene offerto un quadro delle risultanze più
significative derivanti dall’esame critico degli strumenti urbanistici comunali e
affrontata la problematica delle aree produttive dismesse, con l’indicazione delle
principali operazioni di recupero (anche ambientale) e rifunzionalizzazione che hanno
contrassegnato il recente periodo a seguito dell’emanazione della L.R. 13/1997
(Programmi Urbani Complessi), della predisposizione dei Contratti di Quartiere, dei
PRUSST e dei recentissimi PUC2.
In particolare vengono approfonditi sei casi di studio, relativi ad altrettante realtà
comunali: Perugia, Città di Castello e Foligno per l’ambito della Provincia di Perugia;
Terni, Narni ed Orvieto per l’ambito della Provincia di Terni, coincidenti con gli
ambiti produttivi di maggior rilevanza nel territorio regionale, come nel caso di TerniNarni, Perugia e Foligno, o provinciale, come nel caso di Orvieto e Città di Castello.
una banca dati in cui sono state riversate tutte le informazioni di tipo alfa-numerico acquisite durante
lo svolgimento del lavoro;
una sintesi dei risultati, suddivisa per ambito di indagine: Obiettivo 5b e Obiettivo 2.
4 Indagini Regione Umbria 2003/2004 sulla totalità dei Comuni e 2009 sui 31 Comuni Docup Ob. 2
2000-2006.
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Si scende dunque a livello di “agglomerato”, definendone ruoli e problematiche,
mentre, attraverso l’esame dei PRG, le valutazioni conseguenti sono di tipo
qualitativo, in quanto vengono esaminati i fattori localizzativi, le relazioni con le altre
funzioni urbane (residenza, aree destinate a servizi pubblici, sistema del verde e
contesto paesaggistico), unitamente ai fattori relazionali connessi alla presenza dei
sistemi produttivi dei Comuni limitrofi.
Da ultimo si affronta il tema dei modelli di gestione (nuovi e tradizionali) delle aree
produttive in ambito regionale, evidenziando le esperienze più innovative come i
Consorzi per lo sviluppo delle aree industriali del Comprensorio Terni-Narni-Spoleto
e di Orvieto, o altre iniziative volte alla razionalizzazione, riqualificazione e
promozione delle aree e dei relativi servizi alle imprese. Questo paragrafo è stato
redatto utilizzando prevalentemente il metodo delle interviste ad interlocutori
privilegiati (stakeholders), quali imprenditori, Associazioni di categoria, referenti dei
Consorzi per le aree industriali, amministratori e tecnici pubblici, fornendo quindi un
quadro molto variegato del “come” le imprese percepiscono le problematiche
emergenti, come vengono affrontate dagli enti pubblici e quali prospettive si possono
aprire al sistema produttivo umbro.
Ricognizione dell’apparato normativo
La pianificazione provinciale
La definizione dei contenuti e del "ruolo" che in Umbria assumono i PTCP
attualmente vigenti discende dalla produzione legislativa regionale della seconda metà
degli anni ‘90, costituita dalla Legge regionale 10 aprile 1995 n.28 e dalla Legge
regionale 31/97. La legge regionale 28 del 95 ha avuto il merito di costituire un primo
riferimento per la pianificazione di livello provinciale, introdotta in Italia dalla
L.142/1990, definendo un quadro normativo esclusivamente volto all’“area vasta”; la
legge infatti ha rimandato ad altro atto legislativo la ridefinizione dei contenuti e delle
procedure di approvazione dei Piani regolatori comunali, oltremodo necessaria in
quanto l'introduzione della pianificazione d'area vasta di livello provinciale e la
riformulazione dei contenuti del Piano Urbanistico Territoriale (PUT) regionale, come
quadro di riferimento programmatico per la pianificazione infraregionale (territoriale,
urbanistica e di settore), avevano posto l’urgenza della rimodulazione del sistema di
relazioni da instaurarsi tra PTCP e PRG. La successiva legge n. 31 del 1997 non ha
risolto efficacemente il coordinamento e l’armonizzazione delle competenze assegnate
ai diversi livelli del governo locale ed ai relativi piani; allo stesso modo la successiva
L.R. 11 del 2005, pur inserendo importanti innovazioni quali la perequazione, un
“parziale” percorso ciclico di risalita dei contenuti dal piano comunale verso il PUT ed
il PTCP attraverso gli accordi di copianificazione, nonché attraverso le possibili
variazioni degli strumenti regionale e provinciale per effetto delle previsioni del PRGS
ed una rivisitazione della parte strutturale ed operativa dei piani comunali, non ha
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raggiunto pienamente l’obiettivo di superare l’ impostazione ancora altalenante delle
leggi vigenti ed avviare un processo di rinnovamento ispirato a principi maggiormente
coerenti con le nuove e ridistribuite funzioni che il sistema delle autonomie locali, nel
suo complesso, e le Regioni in particolare sono chiamate a svolgere5.
In particolare, per quanto attiene le aree produttive, mentre nella L.R. 28/95 appariva
chiaro il ruolo del PTCP di coordinamento delle previsioni dei Piani comunali, a
partire da una visione intercomunale della loro localizzazione, connessa con il sistema
delle infrastrutture (di cui alcune di diretta competenza delle Province, come nel caso
della viabilità di livello provinciale e di interesse regionale), nella successiva L.R. 31/97
tale ruolo non viene richiamato, quanto piuttosto riferito a necessarie “coerenze” tra i
vari strumenti, senza una identificazione chiara degli oggetti di prevalenza normativa. I
piani territoriali provinciali pertanto, entrambi approvati nel 2000, possono interessarsi
delle aree produttive solo in maniera “indiretta” ovvero attraverso lo strumento
dell’accordo volontario di co-pianificazione, nonché tramite norme di indirizzo e/o
prestazionali sulla localizzazione di nuove aree produttive. Nella gestione dei PTCP gli
specifici accordi per ambiti intercomunali (sistemi di complementarietà funzionali),
hanno in parte rivisto le aggregazioni proposte dal PTC assumendo le “geografie
variabili” delle collaborazioni/accordi anche settoriali in atto (quali quelle discendenti
dai programmi filiera TAC, dai programmi complessi quali il PRUSST, dai Contratti
d’area). Nei fatti dunque le Province si sono coerentemente poste come soggetti che,
attraverso le proprie specifiche competenze, coadiuvano i Comuni nel porre in essere
politiche integrate territoriali che, per scala di intervento o per complessità di
tematiche, necessitano dell’apporto sia di più soggetti/enti sia di più competenze
disciplinari/tecniche, come nel caso di programmi complessi volti alla riqualificazione
non solo architettonica, ma anche ambientale, della sostenibilità, dei servizi e delle
infrastrutture. Nel merito il vigente PTCP di Terni, sulla base delle caratteristiche
geografiche, insediative, della accessibilità e della “gravitazione” rispetto ai luoghi
centrali, nonché delle forme di cooperazione tra enti territoriali in atto, individua
alcuni ambiti di livello intercomunale, tra i quali favorire e promuovere accordi di copianificazione, tesi ad uno stretto coordinamento delle strategie territoriali, con
particolare riferimento alla individuazione di poli e agglomerati produttivi
intercomunali, alla distribuzione dei servizi di livello territoriale, nonché di
coordinamento rispetto alle azioni di tutela e salvaguardia, gestione dei rischi e nuova
Questa filosofia di fondo aveva peraltro ispirato la conclusione del percorso, seguito dalla Regione a partire
dalla L.R. 3/99, di attribuzione di competenze agli enti Locali, in attuazione dei decreti Bassanini. Vari
aspetti, tra cui il valore di piano paesistico dei PTCP, l’auto-approvazione degli strumenti urbanistici da
parte dei Comuni esclusivamente previa verifica di congruenza con la pianificazione superiore, il
trasferimento di importanti funzioni in materia ambientale alle Province in attuazione del D.Lgvo.112/98,
hanno di fatto configurato un sistema delle autonomie locali che, seppure faticosamente, subentra all’ente
regionale, seguendo il principio di una aggregazione di competenze relativamente a “settori” di intervento
che connotano i diversi enti territoriali (le competenze ambientali coagulate nell’ente provinciale, i
rapporti autorizzatori incentrati sul Comune, lo sviluppo di adeguati spazi di autonomia decisionale nella
gestione delle risorse finalizzate allo sviluppo di azione strategiche ai vari livelli).
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infrastrutturazione. Attraverso gli Accordi6 si sono definiti i contenuti alla scala
territoriale dei nuovi PRGS, recepiti nei Documenti preliminari, previsti prima dalla
L.R. 31/97 e riproposti dalla L.R. 11/2005; per alcuni ambiti i PRGS si sono
confermati come veri e propri piani intercomunali, seguendo fino alla conclusione un
unico iter procedimentale, mentre, per la maggior parte, hanno dato luogo alla
redazione degli elaborati di piano da parte di un unico gruppo di progettazione,
separandosi poi nelle diverse fasi previste dall’iter di approvazione. In entrambi i casi
hanno consentito una visione di insieme del territorio di ambito, attivando interessanti
progettualità e mettendo a sistema le “vocazioni” di ogni singolo territorio. La
progettualità derivante dalla copianificazione all’interno degli Ambiti Territoriali del
PTCP ha dato risultati soddisfacenti nell’attuazione delle dinamiche territoriali della
pianificazione territoriale provinciale7: fin dalla prima esperienza della pianificazione
condivisa per Ambiti territoriali è emersa infatti la volontà di concepire il PTCP non
come momento determinato e sovraordinato della attività amministrativa, ma «come
un sistema in cui intervengono diversi strumenti sia di tipo tecnico-scientifico, sia di
tipo gestionale amministrativo per la previsione, la simulazione di scenari, il
monitoraggio, la valutazione dei risultati».
Occorre infine evidenziare che il PTC per norma nazionale, discendente dall’art. 57
del D.lgs. 112 del 1998, ha anche valore di Piano di tutela e valorizzazione delle risorse
ambientali, laddove vengano stipulati opportuni accordi o protocolli con gli enti
funzionalmente delegati. Questo contenuto del Piano è stato assunto dai PTCP come
“punta di diamante” per regolamentare e meglio incidere sui processi di
trasformazione del territorio, ponendo limitazioni al consumo delle risorse non
rinnovabili. I Piani Provinciali hanno pertanto cercato di comporre il quadro delle
pianificazioni di settore, tenendo il più possibile aggiornato il quadro di riferimento
normativo/pianificatorio sovraordinato (Piani delle Autorità di Bacino, Piani regionali
di settore, Piani degli enti e aziende di servizio).
La recentissima L.R. del 26 giugno 2009 n.13 “Norme per il governo del territorio e la
pianificazione e per il rilancio dell’economia attraverso la riqualificazione del patrimonio
La maggior parte degli ambiti intercomunali riconosciuti dal PTCP hanno dato luogo ad Accordi di
pianificazione; solo in pochi casi il Comune ha preferito redigere autonomamente il proprio PRGS, sulla
base dei contenuti dell’Accordo e solo in due casi la redazione del PRGS non è stata preventivamente
preceduta da uno specifico Accordo.
7 Rispetto ai contenuti specifici gli Accordi concertano le scelte intercomunali rispetto alle Tipologie
insediative nel rispetto del contenimento delle tendenze diffusive, al Sistema funzionale-relazionale
valorizzando le valenze riconosciute dell’ambito territoriale (produttivo, turistico - culturale, ricettivo per
affari, di scambio modale e che possano favorire il completamento della gamma dei servizi privati di
livello raro), al Sistema produttivo (ad esempio incentivo alla riconversione ad altri usi della parte non
urbanizzata delle aree produttive non idonee e, per contro, incentivo alla qualificazione ed ampliamento
di quelle con buone caratteristiche infrastrutturali e di servizi) alla viabilità e mobilità (ad es. favorendo la
creazione di sistemi di trasporto non convenzionale finalizzato a ridurre l’onerosità del trasporto pubblico
nelle zone con bassi volumi di utenza e a servire le zone penalizzate dalla rete del servizio attuale
privilegiando, ove possibile, l’intermodalità ferroviaria).
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edilizio esistente”, che abroga la L.R.28/95, ridisegna sostanzialmente ruolo e contenuti
della Pianificazione regionale e provinciale, (re)introducendo ben quattro livelli di
pianificazione: quello regionale costituito dal Piano Urbanistico Strategico Territoriale
(PUST), a dimensione strategica e programmatica e dal Piano Paesaggistico Regionale
(PPR), anch’esso a dimensione strategica e programmatica, nonché regolativa; quello
provinciale, il PTCP, “strumento della pianificazione territoriale, urbanistica e
paesaggistica di area vasta”, con dimensione strategica, programmatica e regolativa;
quello comunale, il PRG, costituito da più “parti”, con dimensioni strategiche e
programmatiche (il Documento programmatico e la parte strutturale) e regolative (la
parte strutturale e la parte operativa). La nuova legge insiste molto sulla
“copianificazione” e sul PPR come piano unico, frutto di stretta concertazione tra
Regione ed enti locali, ma risente ancora di una impostazione a cannocchiale tra livelli (il
livello maggiore detta norme e prescrizioni a quello immediatamente successivo)
soprattutto per quanto concerne la pianificazione paesaggistica. I paesaggi di area vasta
sono infatti definiti e “perimetrati” in sede di Piano regionale mentre quello provinciale
dovrà “definire” contenuti e prescrizioni, anche immediatamente prevalenti sulla
pianificazione comunale. Inoltre la legge (re)introduce il Piano Urbanistico Territoriale,
(PUST), mentre nell’originaria bozza, proposta dalla Giunta Regionale, esso veniva
sostituito dal Disegno Strategico Territoriale (DST). Dopo questa decisione del
Consiglio Regionale, rimane aperto il ruolo dei PTCP, come strumenti di governo del
territorio, punto sul quale potrà essere utile continuare una riflessione o un
approfondimento. In questo contesto la legge introduce il ruolo, per l’ente intermedio,
del coordinamento e formazione del PRG parte strutturale, anche intercomunale,
accogliendo un emendamento proposto dalle stesse Amministrazioni Provinciali, le
funzioni di raccordo tra i diversi piani di settore sia provinciali che di interesse sovra
comunale. Da ultimo negli elaborati del PTCP (art. 27) vengono riaffermate le “linee di
intervento in materia di difesa del suolo, di tutela delle acque, di qualità ambientale e
dell’aria, sulla base delle caratteristiche (…) del territorio”. Sembra quindi che il PTCP
ancora assuma caratteri di piano ambientale, anche se fortemente condizionato dai molti
piani di settore regionali, per la maggior parte revisionati o completamente rivisti alla
fine dell’attuale mandato (Piano rifiuti, Piano acque, Piano energetico).
Volendo assumere le positività, comunque presenti, nella nuova legge, così come
illustrate nella presentazione del testo di legge8 , si può evidenziare:
x l’interesse che il PUST (Piano Urbanistico Strategico Territoriale) assuma
effettivamente il ruolo di Piano Strategico, dove la “territorializzazione dello
sviluppo” trova concreto riferimento per l’allocazione delle risorse (fondi
strutturali U.E., Progetti speciali, Programmi Integrati Territoriali), nella
prospettiva del 2014, data in cui tutti i fondi strutturali andranno spesi solo
Interventi dell’ Ing. Luciano Tortoioli, Direttore Area Regione Umbria e dell’Arch. Nicola Beranzoli
all’incontro del 23 giugno 2009 di presentazione della ricerca INU “La pianificazione di area vasta nelle
esperienze regionali- Contributo per la riforma della L.R. Umbria 28/95”
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all’interno di piani territoriali. Ciò consente di non frammentare le aree di
trasformazione ad intervento pubblico, ma di concentrare le risorse, nel
tempo, su definiti programmi strategici di intervento che vedano una
coerenza tra sviluppo economico e componenti territoriali. Partendo da
questo assunto appare importate che i progetti territoriali di interesse
regionale, previsti all’art.11 della nuova legge e all’art. 27 (Elaborati del
PTCP), “da promuovere e coordinare a livello provinciale” possano essere
integrati da progetti di interesse sovra comunale e provinciale, concertati con
gli enti locali e territoriali; questo al fine di dare concreta attuazione al
principio della copianificazione, quindi ad un processo che parta dai territori e
che veda nelle “vision” dei diversi piani a contenuto strategico (PRG
strutturale, PTCP e PUST) percorsi di coerenza e di approfondimento alle
diverse scale.
Di grande interesse, in particolare relativamente ai poli produttivi
intercomunali, la perequazione territoriale introdotta dall’art. 269, che, insieme
alla istituzione di Consorzi per le Aree Produttive, trattati nel paragrafo “Gli
aspetti gestionali”, possono permettere una migliore distribuzione delle
risorse provenienti dalle localizzazioni delle aree industriali (ICI, in primo
luogo e oneri di urbanizzazione) a livello intercomunale, favorendo la
realizzazione di poli industriali ecologicamente attrezzati; è da approfondire
con quali modalità la Provincia possa inoltre istituire un fondo di
compensazione finanziato con risorse degli Enti locali, contributi negoziali,
oneri di urbanizzazione, nonché del gettito della fiscalità comunale, finalizzato
a compensare le esternalità problematiche generate da politiche ed interventi
di interesse sovra comunale. Tale fondo può anche essere relazionato, in
negativo, in ragione degli impatti ambientali e, in positivo, dei servizi
ecosistemici forniti al territorio.
Le Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate
Le Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate (APEA) sono state introdotte dal
D.Lgs 31 marzo 1998 n.112 e recepite da alcune leggi regionali, in particolare dalla
Regione Emilia Romagna con L.R. 20/2000. Possono essere considerate A.P.E.A. le
aree “dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute,
della sicurezza e dell’ambiente”; la legge nazionale prevede inoltre forme di gestione
unitaria delle infrastrutture e servizi da parte di soggetti pubblici o privati ed una
programmazione concertata tra più soggetti attraverso strumenti di accordo tra enti e
“Le province, ai sensi del d.lgs 267/2000, ed in quanto titolari di funzioni di pianificazione territoriale di
area vasta, con il PTCP(…) d) esercitano le funzioni per attuare la perequazione territoriale e la
compartecipazione tra i comuni interessati ai proventi e costi conseguenti a trasformazioni o interventi di
rilevanza sovracomunale.”
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con la partecipazione delle imprese (tramite Protocolli di intesa, Schemi
regolamentativi, Tavoli di concertazione). Gli impianti produttivi localizzati in aree
A.P.E.A. sono esonerati dall’acquisizione delle autorizzazioni concernenti
l’utilizzazione dei servizi ivi presenti.
Secondo quanto previsto dall’articolo 2 del DPR 447/1998 sono le Regioni a
determinare le tipologie generali e i criteri per l’individuazione delle aree da destinare
all’insediamento di impianti produttivi e, secondo quanto richiamato dall’art.23 del
DLgs 112/1998, le stesse Regioni provvedono direttamente o attraverso le
Amministrazioni Provinciali, al coordinamento e al miglioramento dei servizi e
dell’assistenza alle imprese, con particolare riferimento alla localizzazione ed alla
autorizzazione degli impianti produttivi e alla creazione di aree industriali.
Coinvolgendo gli Enti locali interessati (art.26) le aree industriali devono essere poi
individuate, nel rispetto delle tipologie generali, in modo prioritario tra le aree con
nuclei industriali già esistenti, favorendo il risanamento e/o la riconversione
produttiva delle zone totalmente o parzialmente dismesse, rispettando pertanto
l’esigenza di non pregiudicare nuovi siti non ancora compromessi dal punto di vista
ambientale. Questa previsione legislativa mira a creare un organico sviluppo
economico a livello locale tentando di arginare la diffusione scoordinata degli
insediamenti che, oltre a causare danni al territorio, non valorizza il tessuto
imprenditoriale già esistente e lascia sfuggire numerose occasioni di sviluppo, derivanti
da una razionale sistematizzazione degli impianti che, invece, potrebbero avvalersi di
economie di scala. Questi assunti hanno orientato le politiche dei PTCP vigenti: in
particolare il PTCP di Terni considera prioritaria la riqualificazione e potenziamento
dei poli produttivi esistenti, prima di procedere alla individuazione di nuove aree;
inoltre (art.24 N.d.A) prevede una serie di requisiti prestazionali per gli insediamenti
produttivi tra cui fasce di vegetazione perimetrali (da computarsi all’interno dello
standard) per la mitigazione dell’impatto visivo, le riduzione del trasporto delle polveri
e dell’inquinamento acustico, fasce di verde privato sul fronte stradale, all’interno di
ciascun lotto e il mantenimento di una quota parte di permeabilità dei suoli,
l’individuazione di servizi interni, quali uffici postali, sportelli bancari, presidi sanitari,
centri di formazione e aule di stage, invasi artificiali o vasche di raccolta antincendio,
sistemi depurativi a basso impatto (nelle aree artigianali e per la PMI), centri di
raccolta differenziata, adeguati collegamenti viari e ferroviari a centri merci e logistici
per il deposito e lo smistamento, adeguate corsie di raccordo con la viabilità primaria
atti a consentire l’accesso di trasporti eccezionali. Pur non avendo la Regione
legiferato in materia di A.P.E.A. all’art. 25 il PTCP di Terni introduce le Aree
ecologicamente attrezzate, definendo, quale norma di indirizzo, che gli ampliamenti
degli agglomerati produttivi da potenziare, costituenti poli produttivi principali, siano
preferibilmente strutturati come A.P.E.A10; per favorirne la realizzazione prevede
10 L’Ampliamento è in ogni caso condizionato alla presenza di alcuni requisiti minimi tra cui la presenza
di centri servizi alle imprese, l’idoneità dei sistemi di depurazione, la dotazione della viabilità di servizio,
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inoltre che per aree con dimensioni minime di 20 ha ed ove siano previsti o già
realizzati interventi di miglioramento dell’eco compatibilità, le superfici urbanizzate, ai
fini del contenimento del consumo di suolo (art.14 delle stesse N.d.A), vengano
conteggiate pari alla metà.
La norma, introdotta nel 2000, ha avuto applicazione principalmente ad opera dei due
Consorzi per le Aree industriali (si veda il successivo paragrafo “Gli aspetti gestionali”),
anche se molti comuni hanno inserito tali previsioni nei nuovi PRG, in particolare i
comuni che hanno redatto il Piano in forma associata.
La pianificazione comunale
Sebbene nella legislazione nazionale l’individuazione e la previsione delle zone
produttive risalgano all’inizio del XX secolo11, le zone a destinazione industriale
iniziano ad assumere significato urbanistico con l’emanazione della legge 17 agosto
1942, n. 1150 (legge urbanistica); segnatamente in base al disposto dell’articolo 5 che
attribuisce al piano territoriale di coordinamento anche le “direttive” inerenti “alle
zone da riservare a speciali destinazioni”, e al Piano Regolatore Generale l’obbligo
dell’attuazione di tali prescrizioni nell’ambito comunale, le zone dedicate a
insediamenti industriali entrano a far parte, a pieno titolo, della “disciplina” del
territorio, in termini di distribuzione spaziale delle attività.
La legge 1150/1942 introduce inoltre, all’articolo 13, i Piani Particolareggiati Esecutivi
(PPE), con cui si attua il Piano Regolatore Generale. In essi, tra l’altro, debbono essere
individuate “le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia
indicata nel piano”. Più ricorrente, nell’attuazione delle zone produttive, è comunque il
Piano di Lottizzazione (PdL), anch’esso istituito dalla legge urbanistica del 1942 (art. 28),
che può essere formato in presenza di uno strumento urbanistico generale approvato.
L’autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione in cui sia
prevista, tra i vari aspetti, l’assunzione da parte del proprietario degli oneri di
urbanizzazione primaria e di una quota parte degli oneri di urbanizzazione secondaria
relativi alla lottizzazione, nonché i termini non superiori a dieci anni per l’ultimazione
delle opere medesime.
La legge attribuisce al Sindaco la facoltà di invitare i proprietari delle aree fabbricabili
esistenti nelle singole zone a presentare un progetto di lottizzazione entro congruo
l’accessibilità a piattaforme comprensoriali per la raccolta, trattamento e riuso dei rifiuti industriali
assimilati agli urbani, la presenza di reti di distribuzione e smaltimento reflui.
11 Ripercorrendo l’iter normativo specifico, troviamo già nel 1904 un provvedimento speciale per la città
di Napoli, finalizzato all’“istituzione di una zona da destinarsi ad insediamenti industriali”, per favorirne il
“risorgimento economico”. Ulteriori, simili provvedimenti hanno interessato Marghera nel 1917, Livorno
nel 1929, Bolzano nel 1935, Ferrara nel 1936, Massa (zona industriale “Apuana”) nel 1938, Verona nel
1948, Trieste nel 1949, Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni nel 1913, Palermo nel 1940.
Tali leggi speciali avevano lo scopo di precostituire, mediante l’offerta di terreni adeguatamente
infrastrutturati, le migliori condizioni per rendere appetibili e convenienti le scelte localizzative in quelle
zone; con ciò, la zona industriale assumeva una precipua funzione propulsiva e incentivante.
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termine, trascorso inutilmente il quale, egli provvede alla compilazione d’ufficio.
Il processo di pianificazione prefigurato dalla legge urbanistica del 1942 stenta nel
frattempo a decollare, tanto che perlopiù, soltanto in seguito alla legge 6 agosto 1967,
n. 765 (nota come “legge-ponte”) si diffonde la formazione dei piani regolatori e dei
programmi di fabbricazione, lasciando spesso a tempi successivi la pianificazione
sovracomunale.
A definire più compiutamente le aree destinate agli insediamenti produttivi, interviene
il DM 2 aprile 1968, n. 1444, inerente “limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza,
di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti
residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde
pubblico o a parcheggi”. L’articolo 2 codifica le “zone territoriali omogenee”
definendo, tra le altre, le zone “D” come le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti
per impianti industriali o ad essi assimilati.
Il decreto stabilisce dunque, all’articolo 5, i rapporti massimi (di cui all’articolo 17 della
legge 765/1967) tra gli spazi destinati agli insediamenti produttivi e gli spazi pubblici
destinati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi12.
Con la legge 22 ottobre 1971, n. 865 (nota come “legge sulla casa”, recante norme
sull’espropriazione per pubblica utilità) vengono introdotti i Piani per gli Insediamenti
Produttivi (PIP), strumenti specifici che possono essere formati previa autorizzazione
regionale, in presenza di Piano Regolatore Generale o di programma di fabbricazione
approvato. Le aree che costituiscono il PIP vengono individuate, tra le zone destinate
ad insediamenti produttivi dagli strumenti urbanistici generali, con deliberazione del
Consiglio comunale. Il piano, definitivamente approvato con decreto del Presidente
della Giunta Regionale, mantiene un’efficacia di dieci anni dalla data del decreto di
approvazione ed ha valore di piano particolareggiato esecutivo ai sensi della legge 17
agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni.
Il Comune utilizza le aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi di tipo
industriale, artigianale, commerciale e turistico attraverso la cessione in proprietà o la
concessione del diritto di superficie sulle aree stesse.
Successivamente, la legge 28 gennaio 1977, n. 10 (nota come “legge Bucalossi”)
innovando profondamente il regime dell’edificabilità dei suoli mediante la separazione
dello jus aedificandi dal diritto di proprietà, stabilisce all’articolo 10 che “la concessione
relativa a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla
trasformazione di beni ed alla presentazione di servizi comporta la corresponsione di
un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al
trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie
alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali
opere è stabilita con deliberazione del Consiglio comunale in base a parametri che la
12 Per i nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi nelle zone “D” la
superficie da destinare a spazi pubblici o destinata ad attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi
(escluse le sedi viarie) non può essere inferiore al 10% dell’intera superficie destinata a tali insediamenti.
AURAPPORTI: RES 2008-09
483
regione definisce con i criteri di cui alle lettere a) e b) del precedente articolo 5, nonché
in relazione ai tipi di attività produttiva”.
La legge regionale 21 ottobre 1997, n. 31, recante “Disciplina della pianificazione
urbanistica comunale e norme di modificazione delle leggi regionali 2 settembre 1974
n. 53, 18 aprile 1989 n. 26, 17 aprile 1991 n. 6 e 10 aprile 1995 n. 28”, introducendo
l’articolazione del PRG nelle due parti “strutturale” e “operativa”, stabilisce altresì
alcune norme specificamente rivolte alle aree produttive.
All’articolo 16 viene infatti sancita l’“obbligatorietà (fatta salva la disciplina statale in
materia) del piano attuativo nelle zone di tipo “A”, “C” e “D” di cui al DM
1444/1968”, e nelle zone dove siano previsti nuovi insediamenti commerciali o
ampliamenti di quelli esistenti con superficie lorda complessiva di calpestìo di almeno
1.500 mq. Nel medesimo articolo viene esplicitata una particolare attenzione alle zone
“D”, per le quali “la Giunta Regionale, con il concorso dei Comuni e delle Province,
individua tipologie e tecniche costruttive innovative per consentire una ottimizzazione
dell’uso dei manufatti, un loro migliore inserimento ambientale e favorire il recupero
delle aree dismesse”.
Relativamente alle quantità minime di spazi al servizio di insediamenti a carattere
produttivo industriale ed artigianale, la L.R. 31/1997 segna una tappa non trascurabile in
merito all’incremento degli standard, che ora devono essere assicurati,
complessivamente, in ragione del 15% della superficie interessata dall’insediamento;
l’articolo 43 stabilisce infatti che “le aree per parcheggio pubblico, escluse le sedi viarie,
siano in misura non inferiore al 10% dell’intera superficie della zona destinata agli
insediamenti, e che le aree per verde pubblico siano in misura non inferiore al 5% della
stessa superficie, da utilizzare come verde ornamentale”. Viene inoltre sancito che “…
all’interno dei singoli lotti, … negli spazi destinati a verde privato, le alberature di alto e
medio fusto debbono corrispondere almeno al rapporto di una ogni 40 mq di superficie
di area libera dalle costruzioni”.
Nello stesso anno è stato affrontato, sul piano normativo, il tema della riqualificazione
urbana, che trova nella legge regionale 11 aprile 1997, n. 13, una sua precisa
codificazione. Con questo provvedimento, la Regione Umbria ha introdotto i
programmi urbani complessi (PUC)13, quali strumenti operativi di programmazione
economica e territoriale, attuati mediante progetti unitari di interesse pubblico, di
dimensione e consistenza tali da incidere sulla riorganizzazione di parti di città.
L’art. 3 prevede che la formazione dei PUC sia promossa dai Comuni, con particolare
riferimento a centri storici ed aree periferiche degradati e/o privi di identità urbana,
nonché ad “aree con destinazione produttiva e terziaria dismesse, parzialmente
utilizzate o degradate”.
13 La L.R. 13/1997 disciplina la formazione dei PUC in base al disposto della L. 17 febbraio 1992, n. 179
“Norme per l’edilizia residenziale pubblica” e della L. 4 dicembre 1993, n. 493 “Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, recante disposizioni per l’accelerazione degli
investimenti a sostegno dell’occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia”.
484
DENTRO L’UMBRIA due
Risultano evidenti le opportunità di riconversione dei siti dismessi offerte dal testo di
legge che, nel fondere i contenuti dei programmi integrati di intervento di cui alla L.
179/1992 e dei programmi di recupero urbano di cui alla L. 493/1993, ha effettivamente aperto una nuova fase nel processo di riqualificazione delle città, in virtù della
pluralità delle finzioni insediabili nei contesti interessati dai programmi, della
molteplicità delle tipologie di intervento, nonché dell’integrazione tra operatori
pubblici e privati.
L’azione legislativa regionale viene affiancata, tra il 1997 e il 2000, da una serie di
provvedimenti nazionali che, a partire dalla “Delega al Governo per il conferimento di
funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica
Amministrazione e per la semplificazione amministrativa” (L. 15 marzo 1997, n. 59),
introducono elementi innovativi nella gestione delle aree produttive, tra cui
l’istituzione dello sportello unico per le attività produttive, noto come SUAP.
Tra le misure di attuazione del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 11214, rilievo strategico
assumono quelle finalizzate all'avvio dello sportello unico per le attività produttive,
previsti agli articoli 23, 24 e 25 del decreto. Tale strumento è volto ad assicurare,
previa predisposizione di un archivio informatico contenente i necessari elementi
informativi, l'accesso gratuito, anche in via telematica, alle informazioni sugli
adempimenti necessari per le procedure previste dal presente regolamento, all'elenco
delle domande di autorizzazione presentate, allo stato del loro iter procedurale,
nonché a tutte le informazioni utili disponibili a livello regionale comprese quelle
concernenti le attività promozionali15.
Le numerose semplificazioni introdotte dai citati articoli 23 e seguenti del decreto n. 112
del 1998 sono successivamente riconfluite nel D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 come
modificato dal D.P.R. 7 dicembre 2000, n. 440, recante norme di semplificazione dei
procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e
la riconversione di impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati,
nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi a norma
dell'art. 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
La rilevanza del nuovo assetto amministrativo risultante dalla normativa ricordata, e
l'attesa dei positivi effetti del predetto assetto sullo sviluppo economico sono
testimoniate dal ruolo attribuito all’innovazione nel Patto sociale per lo sviluppo e
14 Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del 21 aprile 1998 – Supplemento Ordinario n. 77.
15 La struttura, su richiesta degli interessati, si pronuncia sulla conformità, allo stato degli atti, in possesso
della struttura, dei progetti preliminari dai medesimi sottoposti al suo parere con i vigenti strumenti di
pianificazione paesistica, territoriale e urbanistica, senza che ciò pregiudichi la definizione dell'eventuale
successivo procedimento autorizzatorio. La struttura si pronuncia entro novanta giorni.
Qualora i comuni aderiscano ad un patto territoriale ovvero abbiano sottoscritto un patto d’area la
struttura incaricata dell’esercizio delle funzioni ad essi attribuite può coincidere con il soggetto
responsabile del patto territoriale o con il responsabile unico del contratto d'area.
AURAPPORTI: RES 2008-09
485
l'occupazione, stipulato il 1 febbraio 1999 tra Governo e parti sociali, cui hanno
aderito regioni, province e comuni.
La più recente legge regionale 22 febbraio 2005, n. 11, che ha in sostanza sostituito la
L.R. 31/1997 in quanto recante “Norme in materia di governo del territorio:
pianificazione urbanistica comunale”, riprende il tema delle aree produttive all’articolo
21, confermando che il piano attuativo di iniziativa pubblica riguarda, tra l’altro, “le
aree da acquisire per la realizzazione di insediamenti produttivi ai sensi dell’articolo 27
della legge 22 ottobre 1971, n. 865”, e che “la formazione di tale piano non è soggetta
alla preventiva autorizzazione”.
Un interessante fattore innovativo è rappresentato dall’introduzione del “programma
urbanistico”, strumento di attuazione del PRG, espressamente finalizzato alla
riqualificazione urbana, tema ispiratore di una consistente parte dell’azione di governo
della Regione Umbria impostata con l’emanazione della L.R. 13/1997
precedentemente citata.
L’articolo 28 della L.R. 11/2005 sancisce infatti che “il programma urbanistico è
costituito da un insieme organico di interventi relativi alle opere di urbanizzazione, alle
infrastrutture, all’edilizia per la residenza, per le attività produttive ed i servizi, al
superamento delle barriere architettoniche” e che l’attuazione di tali interventi viene
favorita dal PRG mediante norme di tipo premiale. Lo stesso articolo afferma che, nel
caso il programma urbanistico presenti contenuti e forma dei programmi urbani
complessi di cui alla L.R. 13/1997, “… le maggiorazioni di edificabilità sono
dimensionate tenendo anche conto dei contributi finanziari pubblici eventualmente
attribuiti dalla Regione”.
Le aree produttive nel DST della Regione Umbria
La Regione dell’Umbria nel 2008 ha concluso, dopo una fase ricognitiva e concertativa
svolta nel biennio 2006 e 2008 e sulla scorta dell’insieme dei riferimenti programmatici
di livello nazionale (Quadro Strategico Nazionale) ed europeo (Territorial Agenda for
the EU 2007-2010 ed European Spatial Planning Observatory Network), la
definizione del Disegno Strategico Territoriale.
Il DST è lo strumento con il quale la Regione ha inteso soddisfare due obiettivi
fondamentali: quello di definire una visione strategica del territorio regionale, in
relazione alla collocazione nel contesto nazionale (“territorio snodo”), in collegamento
con le politiche europee in materia di coesione territoriale e all’allocazione ed utilizzo
dei fondi strutturali16 e quello di superare l’ottica del Piano Urbanistico Territoriale,
16 Il DST ha corrisposto anche all’esigenza di contribuire alla costruzione del Disegno Strategico
Regionale, che ha rappresentato uno dei documenti con il quale la Regione Umbria ha partecipato, di
concerto con lo Stato Italiano Italiano, alla EU programmazione 2007-2013, ed in particolare alla
cooperazione territoriale europea per la quale i singoli Stati Membri hanno prodotto i QSN ai quali fanno
pi riferimento i PO Nazionali e Regionali.
486
DENTRO L’UMBRIA due
passando dall’attuale rigidità di “Piano quadro”, ad uno strumento più flessibile, adatto
a promuovere una territorializzazione dello sviluppo, basata sulla formula “Umbria
laboratorio di sostenibilità”, in cui al centro è posta non solo la qualità ambientale come
modello intorno a cui costruire politiche concertate e multilivello, ma anche il
paesaggio “come categoria interpretativa e programmatica essenziale”17 .
Il DST pertanto, a cui è affidato un ruolo programmatico-progettuale, dialoga
strettamente con le politiche paesistiche regionali, articolate e specificate nel Piano
Paesaggistico Regionale. Questa struttura è rafforzata nella nuova L.R.13/2009, che
però “rinomina” il DST trasformandolo in Piano Urbanistico Strategico Territoriale
(P.U.S.T.), generando una seria confusione di strumenti e contenuti.18 E’ inoltre
importante sottolineare l’operatività del DST, attraverso i progetti strategici regionali che
vanno a costituire l’Agenda Territoriale Regionale di riferimento per lo sviluppo, facendo
riferimento ai quali, ed in coerenza con le linee strategiche, le amministrazioni locali
potranno definire progetti di iniziativa locale, ovvero Progetti di Iniziativa dei Territori
(PIT19) per i quali sarà possibile attivare diverse forme di finanziamento (tra cui fondi
POR per i Progetti Integrati Territoriali). Tali progetti faranno parte di uno specifico
Repertorio: il DST stabilisce criteri di scelta per il loro inserimento, che ne consentirà
il finanziamento e la realizzazione.
Pertanto il DST si muove coniugando due approcci: quello top-down, per il quale
viene individuata una visone strategica di sviluppo alla macroscala, trattata per sistemi
strutturanti (infrastrutture, reti di città, sistema ambientale, socio culturale e spazio
rurale, sistema produttivo), linee strategiche di sviluppo (articolate in obiettivi strategici
integrati e strategie settoriali) e progetti strategici regionali20, quello bottom-up che mira a
raccogliere le istanze di sviluppo provenienti dagli enti territoriali attraverso la
costruzione del repertorio delle iniziative locali.
Gli scenari del DST afferenti al sistema produttivo
Il DST individua, estremizzandone le traiettorie evolutive, tre scenari: quello delle
disarticolazioni progressive, dello sviluppo autocentrato e del policentrismo reticolare multilivello,
indicando quest’ultimo quale modello territoriale da percorrere. Rispetto alle tendenze
Dalla Premessa, Territorializzare lo sviluppo.Ruolo e significati del DST, pag.III
Per altre considerazioni sulla nuova legge regionale si veda il precedente paragrafo sugli aspetti
normativi.
19 Nel POR Umbria con Progettazione Integrata Territoriale vengono definiti quell’ “insieme di
operazioni funzionalmente collegate, finalizzate al raggiungimento di un obiettivo comune che potranno
comprendere, altresì, interventi relativi alle aree urbane minori all’interno di un area sovra-communale”.
20 Sono progetti strategici regionali: la Direttrice longitudinale nord – sud; il sistema delle direttrici
trasversali est-ovest; il Progetto Tevere; il Progetto Appennino; il Progetto di Reti e di Centri storici; il
Progetto capacità produttiva e sostenibilità; la rete di cablaggio a banda larga; tali progetti di natura inter e
sovracomunale, si realizzeranno per successivi gradi di approfondimento anche attraverso i progetti
integrati locali.
17
18
AURAPPORTI: RES 2008-09
487
centrifughe di alcune aree regionali (Trasimeno, Città di Castello verso la Toscana,
Narnese-ternano verso Roma, Orvietano verso la Tuscia), in considerazione della
evidente attrazione da parte di aree più forti sotto il profilo occupazionale, della
competitività strategica, in particolare le Marche con il sistema delle PMI, dell’offerta
di servizi alla scala territoriale, l’opzione è quella di trasformare le relazioni da
centrifughe a “biunivoche”, attraverso un riequilibrio fondato sulla “possibilità di
qualificare la massa critica dei sistemi produttivi, legando più strettamente distretti e
territori, riducendo gli effetti negativi di una disarticolazione territoriale delle aree
produttive che nella regione risulta essere eccessivamente frammentata e dispersa.” 21
Lo scenario policentrico reticolare si basa sull’attuazione di diversi programmi di
potenziamento delle reti infrastrutturali (viarie, ferroviarie, aeroporti, logistiche,
telecomunicazioni) “articolati in un telaio multimodale di supporto alla presenza di
città, concepite a loro volta come nodi di reti alle diverse scale”22, ed alla opzione che
tali reti si possano riposizionare ad un livello non solo nazionale (centro Italia), ma
anche internazionale. Il rischio evidenziato è che un troppo forte accento sulle
infrastrutture, così come contenuto nel QSN ed in particolare nella proposta della
“Piattaforma territoriale integrata”, considerate come opere fisiche e non come
relazioni multilivello, comprometta il patrimonio paesaggistico ed ambientale, “risorsa
decisiva per un nuovo modello di sviluppo basato sulla qualità e sull’univocità
dell’offerta regionale di beni non riproducibili”23.
Dal punto di vista delle strategie, fortemente connesse alla riqualificazione e
razionalizzazione del sistema produttivo (sistema strutturante), si afferma che “è
opportuno che al rafforzamento del tessuto infrastrutturale si accompagni uno
sviluppo qualificato del sistema produttivo, con particolare riferimento alla piccola e
media impresa (P.M.I), del sistema insediativo e una ulteriore valorizzazione del
sistema paesistico-ambientale”24. Gli assi portanti del modello infrastrutturale viario,
nella prospettiva a medio-lungo termine, sono costituiti dal tracciato della E45,
trasformato in autostrada (Dorsale Centrale: Mestre-Orte-Civitavecchia), facente parte
del Corridoio 1 Berlino-Palermo, che incrocia i “trasversali” di collegamento tra il
Tirreno (Civitavecchia) e l’Adriatico (Ancona), e la realizzazione del Progetto
Quadrilatero Umbria-Marche con il potenziamento dei collegamenti con le Marche
lungo la Perugia-Ancona (SS.76 e SS.318), della Foligno-Civitavecchia (SS.77), la
Grosseto-Fano (E78), la Tre Valli. Il sistema viario è rafforzato dal “ferro”, attraverso
lo sviluppo della Ferrovia Centrale Umbra, con il prolungamento verso Arezzo per il
collegamento all’alta velocità, il potenziamento e raddoppio della tratta Orte-Falconara
e la velocizzazione della Foligno-Perugia-Terontola. Inoltre la piattaforma territoriale
interregionale (“Appennino centrale”) prevede una migliore connettività dell’area
Dal capitolo “La struttura del Disegno Strategico Territoriale”, pg. 4
Dal capitolo “La struttura del Disegno Strategico Territoriale”, pg. 5
23 Dal capitolo “La struttura del Disegno Strategico Territoriale”, pg. 6
24 Dal capitolo “La struttura del Disegno Strategico Territoriale”, pg. 2
21
22
488
DENTRO L’UMBRIA due
ternana con Rieti, con il completamento della superstrada, e con l’Aquila, attraverso la
linea ferroviaria già esistente. A questo quadro delle reti infrastrutturali per la mobilità
si aggiunge il potenziamento e internazionalizzazione dell’aeroporto di S.Egidio e le
piattaforme logistiche di Città di Castello, Foligno e Terni, essenziali per le attività
produttive in quanto presupposti della riorganizzazione del trasporto e stoccaggio
merci, della logistica e della intermodalità ferro-gomma (Terni e Foligno).
Alla base nel DST risultano inoltre fondamentali gli obiettivi di integrazione tra i
sistemi strutturanti indicati; tra queste, relativamente al tema di interesse degli
insediamenti produttivi, si cita quello di “incentivare la costituzione di comunità di
imprese e consorzi produttivi e forme di coordinamento gestionale, in grado di
migliorare le prestazioni ambientali, attraverso la riduzione degli impatti, l’utilizzo
efficiente delle risorse territoriali (a partire dalla struttura insediativa e dal suolo),
l’impiego di energie rinnovabili, l’organizzazione sostenibile dei cicli produttivi, in vista
del miglioramento ambientale, paesistico e sociale dei contesti insediativi.”25
Le analisi contenute nel D.S.T. evidenziano una sostanziale stazionarietà dei settori
portanti l’economia regionale: il comparto metalmeccanica, con una maggiore
concentrazione nel ternano quale indotto della presenza della grande industria
siderurgica, nonché di “milieu” connesso con le professionalità presenti nel mercato
del lavoro; il settore della chimica, ugualmente concentrato nella conca ternana con i
poli chimici di Terni e Narni, il settore della ceramica nelle aree storicamente
specializzate di Deruta, Gubbio, Gualdo Tadino e Orvieto, il settore tessile, anch’esso
“storicizzato” nel centro Umbria (Magione, Corciano, Perugia, Assisi, Basta Umbra);
l’agroalimentare più diffuso nei centri e comuni minori e nelle aree rurali interne.
Rispetto alle localizzazione delle aree produttive si conferma quanto emerso dalla
ricerca IRRES del 1997: elevata frammentazione della aree, dispersione in piccoli
nuclei, non interrelati, della dimensione media di pochi ettari, in gran parte già saturi
(84% del totale). Nuovo respiro deriva dai Piani comunali di recente o recentissima
formazione, nonché dai siti industriali dismessi o sottoutilizzati.
Le iniziative in corso riportate nel D.S.T. si riferiscono ad una serie di strumenti di
programmazione: i 10 Progetti caratterizzanti contenuti nel D.A.P. 2007-2009, riferiti
agli obiettivi strategici del “Patto per lo Sviluppo dell’Umbria, 2^ fase”(dicembre
2006), tra cui, d’interesse per la tematica delle aree produttive, i progetti 1,2 e 3
(Promozione dell’efficienza e del risparmio energetico, produzione e uso energie
rinnovabili; eliminazione del divario digitale dei territori; promozione della
costituzione di network stabili di imprese orientati all’innovazione); i bandi in corso in
attuazione del POR FESR (2007-2013) tra cui i bandi di aiuti alle imprese per attività
di Ricerca e Sviluppo e investimenti innovativi, che “premiano”, assegnando
percentuali consistenti di risorse, i progetti presentati da network di imprese stabili o
con più evidenti caratteri di stabilità ed il bando nei settori dei materiali speciali
metallurgici, delle micro e nano tecnologie, della meccanica avanzata e della
25
Dal capitolo “La struttura del Disegno Strategico Territoriale”, pg. 14
AURAPPORTI: RES 2008-09
489
meccatronica. Per quanto attiene il miglioramento e potenziamento delle aree
produttive la seconda fase della misura 1.1. del Docup Ob.2 prevede investimenti volti
a “ridurre i gap attinenti l’accessibilità ed altre criticità infrastrutturali, nonché a
realizzare un compendio di arre destinato a migliorare la localizzazione di impianti
produttivi esistenti”. Le aree oggetto di finanziamento riguardano Spoleto, l’eugubinogualdese e Corciano-Magione, aree poste lungo l’asse della E45 (Torgiano, Deruta,
Collazione, Marciano, Todi, Massa Martana), l’alta Valle del Tevere (Città di Castello,
Umbertine, Montone), la Valle Umbra Nord (Assisi e Bastia Umbra), Piegaro, Panicale
e, unica area in provincia di Terni, Baschi.
Relativamente alle strategie settoriali, sintetizzate nella carta n.6, l’obiettivo strategico
di una organizzazione del sistema produttivo orientata all’utilizzo delle risorse
territoriali secondo forme innovative, viene declinata secondo le seguenti azioniindirizzo:
x limitazione della nascita di nuove aree industriali ed all’ulteriore
frammentazione delle zone produttive, attraverso iniziative a base
intercomunale;
x rafforzamento delle filiere produttive di qualità, specializzazione tecnologica e
certificazione ambientale;
x incentivazione di forme di associazione tra imprese e costituzione di consorzi
per la razionalizzazione delle localizzazioni;
x promozione del recupero e riuso delle aree dimesse,
x progetti pilota sulla sostenibilità ambientale, paesistica ed energetica, cicli e
insediamenti produttivi, ridefinizione della logistica a supporto delle città
(piattaforme, autoporti, logistica di prossimità);
x promozione di attività formative specializzate/superiori nel campo della
qualificazione produttiva e sostenibilità ambientale
x promozione ricorso energie alternative, secondo forme compatibili con le
caratteristiche ambientali.
La carta inoltre contiene l’indicazione delle aree produttive e delle aree di eccellenza
produttiva esistenti e di progetto; tra queste, di livello intercomunale, sono indicate:
l’asse Montone-Umbertide e Magione-Corciano; l’area Gualdo Tadino; l’ambito valle
Umbra con i “distretti” di Bastia Umbra, Bettona, Deruta, Marciano; l’area Fratta
Todina, Montecastello di Vibio, Todi; l’area Terni-Narni.
Il DST come accennato contiene inoltre Progetti strategici, tra cui il Progetto Capacità
produttiva e sostenibilità. Il progetto parte da alcuni nodi problematici e carenze
dimostrate dal sistema produttivo ed in particolare dalla “non capacità di rispondere
alla domanda” sia in termini di offerta alle esigenze espresse dalle grandi imprese e
dagli investitori, sia di scarsa produttività ed efficienza delle PMI, compromessa da
costi elevati. Viene a tale proposito fortemente rilevata l’inefficienza in termini di
sfruttamento eccessivo di risorse, un modello che manifesta la sua non–sostenibilità e
che pone pesanti contraddizioni con gli ambiti ed i contesti locali dove è insediato.
490
DENTRO L’UMBRIA due
Obiettivo prioritario è quindi una riconversione produttiva che, oltre a orientarsi verso
forme di alta qualità insediativa e dei cicli produttivi (sul modello degli Environment
Park, degli Eco-industrual Parks o delle italiane APEA), sappia utilizzare creativamente le risorse locali, in termini di capitale sociale, contribuendo a far crescere le
conoscenze e le competenze locali.
Altri nodi sono rilevati nella localizzazione dei nuovi insediamenti, localizzati in aree
residuali ed in contesti territoriali di scarsa fruibilità dal punto di vista logistico ed
infrastrutturale, nonché nelle procedure per la realizzazione che risultano
eccessivamente lunghe, soprattutto qualora collegate a varianti del Piano regolatore,
parte strutturale. Il Progetto Capacità produttiva e sostenibilità evidenzia pertanto
delle politiche, dettagliandole rispetto a quelle riportate sinteticamente nella carta di
sistema, ed una serie di definizioni operative, rimandate in particolare ai PTC
provinciali, volte a definire i requisiti ambientali degli insediamenti produttivi e del
ciclo produttivo, gli aspetti organizzativi, sulla scorta del modello APEA
(individuazione soggetto gestore che attua un programma ambientale condiviso con gli
enti locali, gestione comune con la partecipazione delle imprese dei servizi e delle
infrastrutture per distretto o ambito produttivo), criteri per la pianificazione e
progettazione, distinguendo tra nuovi insediamenti e riqualificazione dell’esistente
(come peraltro già contenuto nel PTCP di Terni n.d.a), individua azioni quali quelle di
legare le filiere produttive ai centri di istruzione e ricerca esistenti (quindi alle reti di
città), disegnare per l’intera regione, specificandole per distretti, le filiere produttive e
l’organizzazione complessiva del sistema, attraverso strumenti del tipo dell’Accordo
Territoriale, avendo quale riferimento il contesto geografico di paesaggio.
Il tema delle aree produttive nella storia della Regione Umbria
L’indagine sullo stato e le caratteristiche delle aree destinate ad insediamenti produttivi dagli
strumenti urbanistici generali (IRRES, 1995-96)
Sia nel Docup Obiettivo 2 che nel Docup Obiettivo 5b era prevista una serie di
Misure finalizzate alla costruzione di un quadro economico conoscitivo e della
conseguente individuazione delle problematiche e delle potenzialità delle aree
produttive presenti nel territorio regionale.
Nel 1° Asse prioritario “Consolidamento, qualificazione e ampliamento della base
produttiva esistente e creazione di nuove iniziative produttive”, il Docup Obiettivo 2
conteneva una specifica Misura (la 1.6) destinata “a finanziare un numero limitato di
aree di insediamento produttivo (industriale e artigianale) dotate di elevati standard
qualitativi, strategicamente funzionali allo sviluppo equilibrato dell’area e all’attrazione
di nuove iniziative … previa ricognizione del sistema insediativo dell’intera area”.
Al contempo, la Misura 1.5 prevedeva l’istituzione di una “agenzia” mirata alla ricerca
e all’attuazione di iniziative imprenditoriali esogene mediante un “marketing d’area”.
AURAPPORTI: RES 2008-09
491
Emergeva, pertanto, la necessità di un adeguato apparato informativo sulla situazione
dell’offerta insediativa nell’intera area di competenza, utile a fornire informazioni circa:
le possibilità di insediamento; le eventuali carenze infrastrutturali e di servizio, nonché
le esigenze di impianto di servizi a rete; i fenomeni di inquinamento di aree industriali
in relazione agli interventi predisposti dal 3° Asse prioritario “Tutela, conservazione e
politiche per l’ambiente al fine di creare condizioni per lo sviluppo sostenibile”,
comprendenti aiuti alle imprese per investimenti ambientali ed interventi per il
recupero dei siti degradati.
Analoghe finalità caratterizzavano il Docup Obiettivo 5b, ed in particolare il
Sottoprogramma 5 “Sviluppo e consolidamento PMI e Artigianato”, volto a
“valorizzare e razionalizzare i servizi resi dalle aree attrezzate presenti nel territorio di
un’indagine preliminare, da finanziare nell’ambito del programma”, sia per trarre i
maggiori vantaggi dall’azione delle diverse Misure del Sottoprogramma, sia per
individuarne le eventuali difficoltà di attuazione, alla luce dello scopo fondamentale, di
rilevanza strategica, di “rafforzare e qualificare l’offerta e la domanda di servizi alla
produzione”.
Si attendevano, peraltro, risposte in grado di supportare la selezione e valutazione
degli interventi relativi alle seguenti Misure:
x 5.2 “Aiuti alle imprese artigiane di produzione e servizi alla produzione”,
comprensiva del sostegno alle “rilocalizzazioni in aree attrezzate” ed il
“recupero di contenitori industriali dismessi”;
x 5.3 “Sostegno e assistenza alla creazione di imprese”;
x 5.4 “Servizi reali alle imprese”, tenendo conto della “agevolazione della
domanda di servizi” e della “predisposizione e promozione pubblica per
l’approntamento di servizi innovativi a carattere orizzontale”.
Non veniva trascurata, infine, l’importanza della Misura 4.1 “Aiuti alle PMI a fini
ambientali”, al fine di impostare azioni efficaci e coordinate nell’ambito di agglomerati
produttivi di varia dimensione.
Dalle istanze sopra menzionate è scaturita, nel 1995, l’esigenza di un apposita ricerca
sullo stato e sulle caratteristiche delle aree produttive previste negli strumenti
urbanistici generali, commissionata all’IRRES dalla Giunta Regionale, condotta
omogeneamente sull’intero territorio dell’Umbria e volta alla realizzazione di un
“Atlante delle aree produttive” e di una banca dati per la gestione delle conoscenze
relative all’offerta insediativa e alla situazione ambientale delle aree stesse.
La ricerca sullo stato e le caratteristiche delle aree destinate ad insediamenti produttivi
dagli strumenti urbanistici, effettuata dall’IRRES nel 1995-1996, ha tenuto conto di
una terminologia apposita, in parte tratta dalle codificazioni fissate dalla legislazione
urbanistica ed in parte elaborata ad hoc, per le specifiche esigenze di trattazione del
dato.
Riepilogando sinteticamente l’impostazione della ricerca, occorre puntualizzare che la
stessa prende in considerazione le aree classificate “produttive” dagli strumenti
492
DENTRO L’UMBRIA due
urbanistici comunali (PRG e/o PdF), e più precisamente, fra queste, le aree a
destinazione industriale ed artigianale, incluse quelle con annesse previsioni
commerciali (ad esempio “zone CAI”: commerciali-artigianali-industriali). Si precisa
con ciò che non sono state prese in considerazione le aree connotate da esclusiva
destinazione commerciale, sebbene queste facciano parte delle zone produttive intese
in senso lato.
Nell’ambito degli strumenti urbanistici di ciascun Comune, sono state rilevate le
singole zone produttive con numerazione progressiva, individuate secondo il criterio
dell’uniformità normativa. Le singole zone sono state contestualmente raggruppate in
“agglomerati”, ovvero in insiemi funzionali per localizzazione e genesi delle aree stesse;
tale operazione ha consentito di esaminare caratteristiche e problematiche non altrimenti
valutabili, come le dotazioni infrastrutturali.
Nelle due Relazioni generali26 inerenti gli ambiti territoriali dell’Obiettivo 5b e
dell’Obiettivo 2 sono sintetizzati gli obiettivi, la metodologia ed i risultati dell’indagine,
con valutazioni generali sul numero complessivo di zone e di agglomerati per comune
e indicazioni circa le classi di disponibilità insediativa.
In esse viene altresì illustrato l’assetto infrastrutturale e dei servizi connessi alle aree
produttive, oltre al quadro complessivo della strumentazione e della normativa per la
gestione delle aree produttive (strumenti urbanistici generali e strumenti attuativi) a
livello comunale.
La Relazione sullo stato dell’ambiente è stata a sua volta articolata secondo gli
aspetti metodologici (analisi dei servizi esistenti negli agglomerati industriali, stima
del fabbisogno idrico e della produzione di reflui e rifiuti), la sintesi delle
informazioni acquisite (analisi a scala di agglomerato industriale) e la sintesi dei
risultati della ricerca nei comuni compresi nei due ambiti.
Tra le tante informazioni acquisite nell’indagine IRRES 1995-96, sembra opportuno
soffermarsi su alcuni dati principali, utili a dare “l’ordine delle grandezze”: sono stati
infatti individuati 578 agglomerati produttivi nel territorio regionale, per una
superficie complessiva di ha 7.293,64.
Quadro di riferimento territoriale regionale al 1996
N° tot.
Sup.
Sup.
Sup.
Agglom. dismesse
servizi
libere
1996
(ha)
(ha)
(ha)
578
14,40
349,99
1196,05
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.
Sup.
miste
(ha)
2517,04
Sup.
sature
(ha)
2845,22
Sup.
verdi
(ha)
201,50
Sup.
variante
(ha)
169,42
Sup.
totale
(ha)
7293,64
26 Le due Relazioni generali contengono inoltre i seguenti allegati:
1) archivio informatizzato derivato dagli archivi esistenti (Cerved, Sviluppumbria, IRRES);
2) schede di rilevamento dati utilizzate per la raccolta di informazioni sull’ambiente presso gli Uffici
Comunali;
3) questionario compilato dagli intervistatori presso gli Uffici Comunali;
4) progetto di informatizzazione e gestione delle informazioni raccolte dall’indagine;
5) appendice metodologica alla Relazione sullo stato dell’ambiente.
AURAPPORTI: RES 2008-09
493
L’articolazione del quadro di riferimento regionale 1996 in base alle diverse tipologie
di zona27 ha evidenziato le quantità più significative in merito alle zone sature e alle
zone miste (rispettivamente il 39,0% e il 34,5% della superficie complessiva degli
agglomerati), cui ha fatto riscontro il 16,4% riferito alle zone totalmente libere.
La rimanente quota di superficie è composta da servizi (4,8%), aree verdi funzionali
alle aree produttive (2,8%), zone soggette a variante urbanistica (2,3%) e siti
dismessi (0,2%).
La riqualificazione dell’offerta insediativa nel Docup Obiettivo 2 2000-2006
L’esigenza di creare un ambiente favorevole alla crescita e allo sviluppo delle imprese
ha connotato le attività perseguite dalla Regione Umbria riferite alla Misura 1.1 del
Docup Ob. 2 2000-200628, codificate nel Programma Regionale “Riqualificazione
dell’offerta insediativa per le attività produttive”. Tale Misura, che ha previsto come
soggetti attuatori gli enti locali e le loro forme associate, si è rivolta all’incremento
dell’efficienza strutturale e delle convenienze localizzative, anche attraverso il recupero
dei siti dismessi, per fronteggiare carenze tecnico-ambientali, di servizi e di
accessibilità.
Glossario – Agglomerato: insieme di zone industriali ed artigianali legate da relazioni reciproche, inclusi
parcheggi, aree per servizi ed aree verdi funzionali alle aree produttive; Zona: area individuata da un unico
perimetro, contraddistinta da omogenea normativa urbanistica; Area dismessa: superficie territoriale
edificata non utilizzata, nella quale l’inserimento di attività produttive comporta consistenti interventi di
ristrutturazione edilizia o urbanistica; Servizi: superfici destinate a servizi pubblici e/o privati (comprese
aree di parcheggio) dallo strumento urbanistico generale, funzionali alle aree produttive; Zona libera: area
disponibile nella quale non risultano insediate attività produttive conformi ai piani urbanistici; Zona mista:
area parzialmente occupata secondo l’Indagine IRRES 1995-96; nel corso dei successivi aggiornamenti
dell’indagine si è convenuto di dare un’accezione più ampia al termine, ricomprendendovi anche aree per
le quali non è possibile identificare in maniera chiara ed univoca l’esclusiva destinazione produttiva; Zona
satura: area occupata, edificata o non edificata, nella quale risultano insediate attività produttive conformi
ai piani urbanistici; Verdi: superfici destinate a verde pubblico e/o privato dallo strumento urbanistico
generale, funzionali alle aree produttive; Varianti: aree produttive interessate da varianti approvate o
adottate allo strumento urbanistico generale.
28 Il Docup Ob. 2 2000-2006 abbraccia un periodo temporale di 8 anni, dal 2001 al 2008. Le aree di
intervento sono rappresentate da tutto il territorio regionale esclusa la zona urbana del Comune di
Perugia. Le aree elegibili, a loro volta, si dividono in aree obiettivo 2 e aree a sostegno transitorio (queste
ultime sono le zone con un più elevato livello di sviluppo e quindi beneficiano di minori risorse). La
popolazione (riferimento anno 1996) delle arre obiettivo 2 è di 440.053 abitanti, mentre quella delle aree a
sostegno transitorio è 253.721.
Le principali infrastrutture realizzate con il Docup hanno riguardato la riqualificazione delle aree per
insediamenti produttivi, il recupero di aree urbane e progetti di valorizzazione di risorse naturali e
culturali (musei, parchi naturali, ecc), senza trascurare anche le infrastrutture ambientali (acquedotti,
depuratori, smaltimento rifiuti e bonifica siti inquinati).
27
494
DENTRO L’UMBRIA due
Le suddette criticità, rilevanti e diffuse nel sistema insediativo regionale, unitamente
all’elevata frammentazione che crea diseconomie e riflessi negativi nell’ambiente, nel
paesaggio e nell’uso del suolo, hanno condotto alla predisposizione di un Programma
Regionale di vasta portata e con effetti nel medio periodo, volto al riequilibrio e alla
riqualificazione su standard qualitativamente elevati dell’offerta insediativa nell’intero
territorio regionale, comprese le aree non elegibili ai fondi comunitari.
La misura è articolata in due azioni: l’azione 1.1.1 “Interventi di realizzazione,
ampliamento e riqualificazione di aree insediative su standard qualitativamente elevati”
e l’azione 1.1.2 “Interventi a sostegno della progettualità”.
Considerata la complessità e la lunghezza dei tempi di definizione del Programma, non
compatibili con i più stringenti tempi della Programmazione Comunitaria, come
indicati nel Reg. CE 1260/99, l’attuazione della suddetta Azione 1.1.1. è avvenuta in
due fasi.
La prima fase è stata avviata, attraverso apposito avviso pubblico (n. 7272 del
7/8/2002), nelle more della predisposizione del Programma Regionale suddetto, in
stretta coerenza con la scheda della Misura 1.1., Azione 1.1.1. e nelle sole zone Ob.2,
in quanto la scarsità delle risorse programmate per le zone in phasing out non avrebbe
consentito di finanziare un apprezzabile numero di progetti. Contestualmente all’avvio
della prima fase, la Giunta Regionale, con lo stesso atto n. 1096 del 31/7/2002, ha
deliberato l’avvio della seconda fase, la cui attuazione è prevista attraverso la
predisposizione del Programma Regionale. In tale ambito si sono volute individuare le
iniziative volte alla riqualificazione e razionalizzazione dell’offerta insediativa, coerenti
con i criteri tracciati nella scheda di Misura e di Azione e ritenute strategiche per lo
sviluppo sostenibile del sistema economico regionale.
Nell’ambito dell’Azione 1.1.2 della Misura 1.1 sono stati avviati interventi differenziati
per il potenziamento delle strutture di monitoraggio ambientale nelle aree produttive,
per l’archiviazione, aggiornamento e diffusione dell’informazione e per il
finanziamento di studi di prefattibilità da redigere a cura degli Enti Locali e loro
Associazioni. Nella stessa Azione 1.1.2 si colloca l’”Avviso per il finanziamento di
studi di prefattibilità redatti da Enti locali e loro forme associate finalizzati agli
interventi di riqualificazione delle aree produttive in ambito Ob. 2 e Phasing-out del
Docup (2000-2006)”, approvato con Determinazione Dirigenziale 16 luglio 2003, n.
6503. Tale iniziativa è volta da un lato a costituire presso ciascun Ente locale o
Associazione un coerente apparato di conoscenze, incrementabile nel tempo, per la
individuazione di carenze quali-quantitative e potenzialità di sviluppo delle aree
produttive, già esistenti o previste nei piani urbanistici, dall’altro a fornire strumenti
per la individuazione delle soluzioni infrastrutturali, urbanistiche, di miglioramento
ambientale e amministrativo/negoziali che meglio rispondono agli obiettivi di
riqualificazione, individuati nella specifica realtà locale.
AURAPPORTI: RES 2008-09
495
Hanno aderito all’Avviso regionale dieci Comuni e due Consorzi29, che hanno
presentato studi riguardanti le tematiche della qualità ambientale, dei servizi allo
sviluppo delle attività produttive, della dotazione Infrastrutturale, dei caratteri
urbanistici ed insediativi. Gli obiettivi fondamentali delle elaborazioni possono essere
identificati nella riduzione delle situazioni di criticità, nel soddisfacimento dei
fabbisogni emergenti, nel miglioramento qualitativo e prestazionale degli agglomerati
esaminati, nel potenziamento delle specifiche opportunità di sviluppo. Il grafico
sintetizza una lettura delle tipologie di intervento complessivamente proposte dagli
Enti partecipanti.
Sintesi degli interventi proposti da Enti locali e loro forme associate negli studi
di prefattibilità finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree
produttive (D.D. Regione Umbria 16 luglio 2003, n. 6503)
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.
29 Gli Enti che hanno partecipato all’Avviso regionale sono i Comuni di Castel Ritaldi, Narni, Nocera
Umbra, Spoleto, Todi, Cascia, Norcia, Otricoli, Spello, Foligno, il Consorzio Parco del Nera ed il
Consorzio Nera-Velino.
496
DENTRO L’UMBRIA due
L’aggiornamento 2003 a cura dell’allora Servizio Informativo Territoriale della Regione Umbria,
oggi Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale
L’aggiornamento dell’Indagine IRRES 1995-96 nasce dalla necessità di intercettare le
opportunità, ma anche le criticità del nuovo tessuto produttivo umbro anche alla luce
delle esigenze espresse nel documento Docup Ob. 2 2000-2006, basate sulle necessità
di riqualificare il quadro dell’offerta insediativa.
Pertanto, la Regione ha scelto di riprendere la base informativa riferita all’intero
territorio regionale, elaborata nel corso della precedente indagine, e sottoporla ad una
profonda revisione, sia in termini quantitativi che in termini qualitativi.
Inoltre le opportunità offerte dalla mutata normativa in materia di pianificazione
urbanistica comunale introdotta dalla L.R. 31/1997, determinavano un favorevole
quadro conoscitivo arricchito anche dai nuovi strumenti tecnologici che invitavano i
Comuni ad informatizzare i nuovi PRG.
L’indagine è stata coordinata dall’allora Servizio Informativo Territoriale della Regione
Umbria (S.I.TER.) e condotta in collaborazione con gli uffici tecnici comunali, che
hanno provveduto a comunicare l’aggiornamento o la revisione dei dati riguardanti le
superfici e le geometrie di ogni singola zona a destinazione produttiva derivante dalle
classificazioni dei PRG e appartenente ad ogni agglomerato. Nella stessa indagine si è
provveduto anche ad aggiornare il set informativo riguardante la dotazione
infrastrutturale dei singoli agglomerati, i cui dati sono andati a popolare il sito web
“Umbriaeconomia”, predisposto e gestito dalla Regione Umbria.
L’aggiornamento 2009 nell’ambito del Progetto “Sistema informatizzato di valutazione dei
livelli di qualità degli insediamenti produttivi” (SITAV)
Anche l’aggiornamento 2009 si colloca nell’ambito del Docup Ob. 2 2000-2006 ed in
particolare nell’Azione 1.1.2 della Misura 1.1, volta a promuovere interventi a sostegno
della progettualità. In questo contesto, è stato realizzato dal Servizio
Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale della Regione Umbria,
un sistema informatizzato di valutazione dei livelli di qualità degli insediamenti
produttivi (SITAV), allo scopo di fornire un punto di osservazione qualificato sullo
stato delle forme insediative del tessuto economico produttivo regionale.
Si è scelto quindi di individuare negli agglomerati produttivi esaminati nelle precedenti
indagini l’elemento conoscitivo elementare per la conoscenza della qualità del tessuto
produttivo.
In questo processo di revisione ed aggiornamento del patrimonio informativo
derivante dalle precedenti indagini sono state nuovamente coinvolte le
amministrazioni comunali, che hanno direttamente fornito i dati. L’ambito di
applicazione territoriale di questo aggiornamento dell’indagine è costituito dai
trentuno Comuni della Regione Umbria appartenenti ai dodici raggruppamenti
omogenei territoriali individuati dal Docup Ob. 2 2000-2006, Misura 1.1, Azione 1.1.2.
AURAPPORTI: RES 2008-09
497
Nella tabella seguente viene ricostruito il quadro numerico degli agglomerati presenti
in tali Comuni, con un raffronto al 1996 e al 2009.
Tabella della frammentazione delle aree produttive – Confronto dati degli anni
1996-200930
COMUNE
ASSISI
BASCHI
BASTIA
CASTEL VISCARDO
CITTA' DELLA PIEVE
CITTA' DI CASTELLO
COLLAZZONE
CORCIANO
DERUTA
FOLIGNO
FOSSATO DI VICO
FRATTA TODINA
GUALDO TADINO
GUBBIO
MAGIONE
MARSCIANO
MASSA MARTANA
MONTONE
NARNI
NOCERA UMBRA
ORVIETO
PANICALE
PERUGIA
PIEGARO
SAN GIUSTINO
SPELLO
SPOLETO
TERNI
TODI
TREVI
UMBERTIDE
Totali
Fonte: Dati SIAT.
30
Numero agglomerati
1996
7
3
7
2
14
14
8
31
11
20
4
5
9
17
34
21
7
4
9
4
2
9
63
8
7
5
11
5
11
6
14
372
Numero agglomerati
2009
7
3
8
2
17
15
6
27
6
17
4
5
9
16
20
10
15
3
8
4
2
10
53
5
7
5
11
6
8
6
11
326
La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice,
disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo:
geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it),
in formato Adobe Acrobat Reader PDF.
498
DENTRO L’UMBRIA due
Offerta delle aree produttive per gli anni 1996 e 2009 per i 31 Comuni
Docup Ob. 2 2000-2006 della Regione Umbria
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.
AURAPPORTI: RES 2008-09
499
Il ruolo del nuovo Sistema informativo regionale ambientale e territoriale (SIAT) della Regione
Umbria
La Regione Umbria con la recente Legge Regionale n. 13 del 26 giugno 2009 ha
istituito il Sistema informativo regionale ambientale e territoriale (SIAT), che
costituisce il riferimento conoscitivo fondamentale per la definizione degli atti di
governo del territorio e per la verifica dei loro effetti. Le funzioni del SIAT sono
ricomprese all’interno della struttura regionale del Servizio Informatico/Informativo:
geografico, ambientale e territoriale della Direzione Ambiente, Territorio e
Infrastrutture della Regione Umbria. Esso si realizza attraverso il coordinamento di
vari attori istituzionali, quali in primo luogo la Regione, le Province, i Comuni singoli o
associati e tramite una infrastruttura di cooperazione applicativa tra i sistemi
informativi appartenenti alle diverse amministrazioni pubbliche (domini applicativi). Il
Sistema informativo regionale ambientale e territoriale ha il compito di definire le
specifiche tecniche e gli standard informatici e informativi per la elaborazione e la
rappresentazione dei dati ambientali e territoriali, implementando ed aggiornando
l’infrastruttura regionale per i dati territoriali intesa come insieme di risorse
informative, di applicazioni, di linee guida e standard per l’acquisizione, il trattamento,
l’elaborazione e la diffusione di dati geografici, ambientali e territoriali e della relativa
metadocumentazione.
La costituzione e l’aggiornamento di un quadro conoscitivo del sistema produttivo
umbro rappresenta uno degli ambiti di sviluppo del patrimonio informativo territoriale
regionale. In questo contesto il SIAT rappresenta un polo di riferimento per
l’informazione geografica e territoriale, che si realizza attraverso l’interoperabilità, la
cooperazione e la condivisione delle informazioni fra gli enti e i soggetti partecipanti
all’infrastruttura regionale.
Le principali emergenze nella lettura dei PTCP
IL PTC DELLA PROVINCIA DI PERUGIA
Attraverso l’analisi dei PRG, il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di
Perugia ha ricostruito un quadro dettagliato per singoli comuni, ma anche articolato
per ambiti territoriali e per aggregazioni dimensionali, della pratica urbanistica dagli
anni ‘70 alla prima metà degli anni ‘90, estraendo il modello evolutivo posto alla base
delle scelte dei Comuni e valutandone i risultati conseguiti. Sebbene non sia stato
possibile stabilire un rapporto di causalità diretta tra la pratica urbanistica dei Comuni
e le trasformazioni territoriali avvenute nel periodo corrispondente all’interno dei
singoli ambiti comunali (e ciò per vari motivi, tra cui la non linearità dei processi di
trasformazione), l’analisi ha contribuito ad individuare se ed in quale misura i PRG
hanno saputo accompagnare alle trasformazioni, originate da diverse cause, un
500
DENTRO L’UMBRIA due
processo di razionalizzazione delle strutture territoriali e garantire una quantità di
elementi che possono essere indicatori di un livello qualitativo accettabile.
Il lavoro svolto dalla Provincia in collaborazione con i Comuni per la formazione dei
BUC31 può essere considerato il primo passo della copianificazione.
Il PTCP ha rilevato, all’interno delle aree urbane, la tendenza dominante di una larga
compatibilità, in tutte le aree a vocazione residenziale, tra residenza, commercio e
servizi, compatibilità spesso non regolamentata. Le destinazioni monofunzionali
invece sono presenti prevalentemente nelle NTA dei PRG particolarmente vecchi e
non rinnovati dalle varianti recenti.
Alla data di redazione del PTCP, per le zone produttive la destinazione
monofunzionale risulta generalmente confermata per quelle di nuova realizzazione,
mentre per quelle già in parte realizzate e oggetto di operazioni di trasformazione, il
modello prevalente è quello di un sistema misto in cui le destinazioni produttive ed i
servizi risultano prevalenti, senza tuttavia escludere possibili quote di residenza.
Il quadro degli insediamenti produttivi presenta una realtà articolata: la consolidata
diffusione di strumenti urbanistici previsionali ha favorito, con il ricorso alla
zonizzazione delle destinazioni d’uso e grazie ad una scarsa attitudine, specialmente
nei Comuni di minori dimensioni, alla pianificazione attuativa, il nascere di zone
artigianali ed industriali in maniera eccessivamente diffusa, di bassa qualità progettuale
ed insediativa e, spesso, con una scarsa capacità di relazionarsi verso l’esterno.
Parallelamente al diffondersi di tale modello insediativo produttivo che i piani hanno
calato su un sistema territoriale direttamente ereditato dalla tradizione agricola
mezzadrile, si sono invece fortemente consolidati alcuni poli produttivi posti in
posizione favorevole nei principali sistemi vallivi e lungo le principali direttrici viarie,
tanto da saldarsi in sistemi pressoché continui di dimensioni regionali (MagionePerugia-Bastia, Foligno, Spoleto) o configurare polarità di rilievo comunque
intercomunale (Fossato di Vico-Gualdo Tadino, San Giustino-Citta’ di Castello,
Deruta-Torgiano-Bettona) in vario modo collegate tra loro e con i primi. Ancora, in
posizione più esterna rispetto alla fascia della grande concentrazione, si riconoscono
alcuni insediamenti di consistenza significativa e con forte ruolo locale (Marsciano e
Todi nella Media Valle del Tevere, Piegaro e Paciano nell’area a sud del Trasimeno).
La lettura dei recenti processi di espansione insediativa lungo i principali assi
territoriali della Provincia, e specialmente nelle aree della concentrazione, mostra
peraltro una pericolosa tendenza al verificarsi di saldature lineari tra gli insediamenti,
che il PTCP intende frenare con una duplice finalità: da una parte la salvaguardia
dell’identità fisica e morfologica dei tessuti urbani, dall’altra il mantenimento degli
elementi naturali di collegamento tra diversi sistemi ambientali, indispensabili per la
31 I BUC (Bilanci Urbanistici Comunali) consistono in una scheda-questionario appositamente
predisposta con l’obiettivo di produrre elaborazioni dei dati quantitativi e qualitativi di base: gli indicatori
riportati nella scheda sono interpretativi del tipo di PRG, della qualità dei piani, delle capacità insediative
residue degli stessi.
AURAPPORTI: RES 2008-09
501
conservazione dell’ambiente fisico. Dalle valutazioni dei ruoli urbani contenute nel
PTCP32, riferiti a quattro temi assunti come particolarmente significativi per la
comprensione dell’assetto del territorio provinciale e che sono: cultura, servizi alla
persona, attività produttive e turismo, è emerso immediatamente che mentre alcune
funzioni risultano fortemente diffuse sul territorio (turismo ed attività produttive),
altre, quali le funzioni connesse alle attività culturali ed ai servizi alla persona, sono
polarizzate in alcuni centri e principalmente in Perugia, ove il ruolo di capoluogo di
regione risulta drasticamente enfatizzato.
La rete del policentrismo sembra avere ancora una buona tenuta in tutto il territorio
provinciale, ad eccezione delle fasce di grande concentrazione lungo i principali
sistemi vallivi ed i collegamenti viari, ove, nell’ambito di un forte addensamento
insediativo continuo, si stanno strutturando alcune polarità che tendono a smantellare
i precedenti sistemi reticolari. Nella fascia compresa tra Magione e Spoleto, ove fine
degli anni ’90 si concentrava il 54% della popolazione provinciale, il 37% degli
insediamenti produttivi, il 72% della grande distribuzione per gli esercizi con
superficie di vendita inferiore a 5000 mq. ed il 100% per quelli con superficie
superiore, si avverte la tendenza relativa al consolidarsi di “strade mercato” che
concentrano in pochi chilometri (Magione-Perugia) la totalità quella grande
distribuzione commerciale, da una parte con la specializzazione di alcuni centri di
maggiori dimensioni che prima erano soltanto piccoli borghi rurali, dall’altra con la
creazione di polarità più forti in corrispondenza dei centri di maggior peso
demografico ed insediativo (Foligno e Spoleto oltre che Perugia).
32 Il Preliminare di PTCP, nell’affrontare il tema del sistema insediativo, individuava sulla base della
morfologia del territorio provinciale e dell’assetto infrastrutturale esistente, quattro differenti ambiti
insediativi:
ƒ
gli assi vallivi della Valle del Tevere, da Sansepolcro a Todi e della Valle Umbra, da Perugia a
Spoleto;
ƒ
l’asse della S.S. Flaminia, che da Foligno a Spoleto si sovrappone al precedente e, come quello,
fortemente supportato dal sistema infrastrutturale;
ƒ
l’anello del Trasimeno;
ƒ
le aree alto-collinari e montane che si interpongono agli assi insediativi fondamentali e che
rappresentano le aree interne come la Valnerina o il sistema dei Monti Martani, o, ancora, le
zone marginali più piccole, ma sempre caratterizzate da una bassa accessibilità e da contenuta
densità insediativa.
Le caratteristiche dimensionali e le posizioni relative fra questi sistemi, oltre ad altri fattori, hanno
consentito che su questo territorio così articolato morfologicamente prendesse forma una trama
insediativa identificabile in una struttura policentrica che poteva distribuire in modo diffuso sul territorio
stesso funzioni ed attività.
Con gli approfondimenti condotti nella stesura definitiva del PTCP, oltre alla parte fortemente descrittiva
dell’assetto territoriale della provincia contenuta nella carta dell’armatura urbana, sono state condotte
valutazioni sintetiche sul ruolo territoriale dei centri urbani cercando di individuare, per ciascuno di essi, il
peso che esprime nel sistema delle relazioni territoriali o nei sottosistemi locali e, in particolare, la capacità
di attrazione e l’ambito di servizio, rilevabili attraverso la concentrazione e la qualità delle funzioni.
502
DENTRO L’UMBRIA due
Il PTCP sottolinea come la caratteristica della “continuità urbana” in questa fascia, che
coinvolge i territori di almeno nove Comuni tra Magione e Spoleto, richieda uno
stretto rapporto tra le varie Amministrazioni sia nella fase della gestione che in quella
della pianificazione territoriale, oltre alla presenza di un coordinamento a scala
sovracomunale. All’interno del tematismo delle aree produttive, il PTCP di Perugia
segnala, assieme alla sua articolazione in aree sature ed aree disponibili, la presenza di
aree industriali dismesse, individuate come punti riferiti alle località, derivante
dall’acquisizione dei risultati di una specifica indagine, effettuata nel 1996 dalla Sezione
Umbria dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU), confluita nel documento “Prime
valutazioni sul fenomeno delle aree produttive dismesse in Umbria”33.
Specifica attenzione è rivolta alle aree di superficie rilevante, per le quali è richiesta una
gestione copianificata in base a soglie dimensionali delle aree stesse e dei comuni in cui
insistono: la Normativa – Criteri, indirizzi, direttive, prescrizioni – del PTCP (Variante
di adeguamento al PUT) prevede infatti all’art. 8 che, qualora non sia disciplinata da
leggi o piani di settore, la localizzazione delle aree produttive superiori a 15 ha per
Comuni con popolazione residente inferiore a 20.000 abitanti, e di quelle superiori a
30 ha per Comuni con più di 20.000 abitanti, siano specificamente soggette al
processo di copianificazione34 tra Provincia e Comune e relativa intesa. Il PTCP
assoggetta inoltre alla medesima disposizione le aree produttive per l'ubicazione degli
stabilimenti a rischio di incidente rilevante, le aree produttive agricole e le attività
estrattive come specificato all'art. 29.
33 Il riuso delle aree produttive dismesse trova successiva e più ampia trattazione nel volume
“Rinascimento urbano. L’esperienza dei programmi complessi in Umbria”, a cura della Sezione Umbria
dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, INU Edizioni, 2005. Vengono illustrate, in particolare, le seguenti
iniziative: PUC Santa Maria degli Angeli, area Fornace, cava ed ex Montedison (Comune di Assisi); PUC
Aree ex Selfire, ex Lima ed ex campo sportivo (Comune di Bettona); PUC Fornaci Hoffmann / Ambito
6a-6b e Parco del Topino (Comune di Foligno); PUC Ex Centro Fiera (Comune di Foligno); PUC
Capoluogo (Comune di Magione); PIR, PPE Ex Cementerie (Comune di Magione); PUC Piazza Carlo
Marx (Comune di Marsciano); PUC Piazza della Repubblica (Comune di Marsciano); PUC Campo della
Fiera (Comune di Massa Martana); PUC Ex Fornace (Comune di Umbertide).
34 Possono, inoltre, essere oggetto di copianificazione le scelte strategiche di assetto del territorio e quelle
relative alle politiche di settore.
AURAPPORTI: RES 2008-09
503
Insediamenti produttivi nel Piano Territoriale di Coordinamento della
Provincia di Perugia, anno 1999
Fonte: PTCP Provincia di Perugia, Atlante del sistema infrastrutturale-insediativo, Elaborato I.4.4.
All’art. 18, il PTCP prevede che il PRG, per le destinazioni d'uso e gli usi compatibili
nelle aree urbanizzate, nel rispetto delle LL. RR. 55/87 e 31/97 e successive
modificazioni ed integrazioni, debba tra l’altro favorire l'integrazione funzionale tra le
504
DENTRO L’UMBRIA due
attività di produzione e quelle di servizio sia per quanto riguarda le aree produttive di
nuova previsione che la riorganizzazione di quelle preesistenti, definendo soluzioni
finalizzate a migliorare e preservare le condizioni ambientali ed insediative dell'intorno
mediante adeguate fasce di rispetto che dovranno essere opportunamente alberate e
sistemate. Il PRG è inoltre tenuto a prevedere che la realizzazione di nuovi insediamenti
commerciali e direzionali, o la ristrutturazione di quelli esistenti, avvenga nel rispetto
delle norme statali e regionali in materia e che tali previsioni debbano essere corredate da
studi di valutazione dei flussi di traffico veicolare da esse indotto, rispetto ai quali vanno
ridefiniti ed adeguati gli standard di parcheggio; che la localizzazione di nuovi complessi
insediativi o l'ampliamento di quelli esistenti non avvenga a distanza inferiore a metri
800 dagli impianti zootecnici o dalle industrie insalubri e viceversa (comma 6 art. 27 L.R.
24 marzo 2000 n. 27 - PUT).
Tra le disposizioni pertinenti al tema trattato, vi sono anche quelle contenute nell’art. 20,
in base alle quali lo strumento urbanistico comunale deve dimensionare le proprie
previsioni secondo ipotesi credibili e attendibili sia rispetto alle dinamiche di sviluppo in
corso, registrate anche dal PTCP, sia rispetto alla effettiva domanda di mercato per il
sistema residenziale e produttivo (artigianale, industriale, commerciale, terziario). In
merito al dimensionamento produttivo delle aree destinate alla produzione di beni e
servizi, viene sancito che “il PRG deve integrare le attività di produzione e le attività di
servizio, tener conto delle previsioni residue confermandole o rilocalizzandole, senza
incrementare le stesse fino al loro esaurimento”. Nello stesso articolo il PTCP definisce
una crescita delle aree per la produzione di beni e servizi a livello provinciale, per il
periodo della sua validità, del 10%; tale incremento può essere attivato qualora i Comuni
dimostrino l’avvenuta utilizzazione, anche a mezzo di piani attuativi adottati, delle aree
produttive già previste dallo strumento urbanistico generale, per almeno l’80%. E’
previsto che l’utilizzo della quota di crescita avvenga in base alle reali dinamiche di
sviluppo, mediante un processo di copianificazione, privilegiando le localizzazioni
definite sulla base di studi ed accordi intercomunali.
Il PTCP si prefigge la salvaguardia del sistema industriale in essere garantendone
prioritariamente l’adeguamento tecnologico e le reali esigenze di ampliamento; ammette
la realizzazione di centri servizi per attività logistiche del trasporto delle merci, nonché di
parcheggi attrezzati per la sosta dei mezzi pesanti e la loro manutenzione, in rapporto
alle dimensioni e qualità degli insediamenti previsti (comma 7 art. 30 L.R. 27/2000 PUT). Esso prevede inoltre che le previsioni localizzative debbano tenere conto della
facilità di accesso attraverso le infrastrutture viarie esistenti o previste.
In relazione ai fattori qualitativi delle aree produttive, nell’art. 29 della Normativa, il
PTCP prescrive che il PRG ed i relativi piani attuativi debbano fissare una disciplina per
la definizione dei verdi pertinenziali nonché per la qualità delle componenti costruttive,
delle finiture esterne e cromatiche degli edifici, degli elementi di arredo e degli impianti
di segnaletica, con particolare riferimento alle aree ricadenti in ambiti vincolati ai sensi
del D.Lgs. 490/1999 (oggi trattati nel “Codice dei beni culturali e del paesaggio” di cui al
D.Lgs. 42/2004).
AURAPPORTI: RES 2008-09
505
IL PTC DELLA PROVINCIA DI TERNI
Nel PTC vigente sono definiti gli obiettivi specifici che la Provincia di Terni intende
assumere e, di conseguenza, quali azioni e/o quali interventi diretti la Provincia di Terni
intende mettere in campo, quali trasformazioni intende effettivamente promuovere e/o
eventualmente sostenere nel tempo di durata del proprio piano, con specifico
riferimento alle parti del territorio provinciale in cui tali interventi, azioni e
trasformazioni dovranno essere localizzati e realizzati, in relazione alle caratteristiche
ambientali e paesaggistiche, al sistema delle principali infrastrutture e servizi, al sistema
insediativo esistente e, più in generale, alle “risorse locali” che possono essere
ragionevolmente attivate e valorizzate. Negli elaborati del “Sistema di gestione” il
sistema delle azioni è relazionato con la capacità di spesa e di intervento diretto,
proponendo schede di progetto e azioni chiave di coordinamento. Nella attività di
gestione del piano (dal 2000 ad oggi) una parte di queste azioni si sono di fatto
concretizzare sia per iniziativa diretta della Provincia sia per iniziativa di altre
amministrazioni, anche secondo modalità di intervento non ipotizzate dal Piano: ad
esempio la valorizzazione dei territori marginali, assunta come obiettivo generale ed
affidata dal Piano ad alcuni progetti di tipo tradizionale, quali i circuiti museali, si è
realizzata attraverso l’Ecomuseo del Paesaggio, che con maggior forza ha saputo
valorizzare le risorse posizionate nei sistemi locali marginali. Una buona percentuale
delle azioni strutturali previste sono state finanziate con risorse derivanti dalla
Programmazione regionale, utilizzando le diverse misure dei DOCUP, mentre un’altra
parte è stata realizzata attraverso strumenti integrati di intervento, quali i Programmi
complessi (Programmi di Riqualificazione Urbana per lo Sviluppo Sostenibile del
territorio- PRUSST, Contratti di quartiere e Programmi Urbani Complessi-PUC). Di
fatto l’aderenza ai processi ha guidato l’azione di più soggetti nelle strategie di fondo,
favorendone l’attuarsi .Tutto questo è stato possibile soprattutto grazie ad un percorso
molto articolato di ascolto delle comunità locali ed al parallelo ruolo di coordinamento
della programmazione regionale in ambito provinciale svolto (ma solo in quella
occasione) dall’Amministrazione Provinciale nel 1996-1998.
Le scelte operate dal PTCP di Terni
Il PTCP, ha cercato di rispondere, attraverso la strumentazione propria di tipo
urbanistico-territoriale dell’ “area vasta”, alle molte istanze maturate, a partire dalla
metà degli anni 90, nei diversi contesti locali. Nella sua gestione ha assunto il carattere
di “quadro complessivo” di riferimento per le politiche sia ambientali che di
valorizzazione delle risorse sul territorio provinciale. In quanto piano territoriale e per
effetto della sua “contiguità”con la programmazione economica, ha colto l’esigenza di
coniugare le specificità locali, tendenzialmente isolate, con l’appartenenza ad un più
ampio sistema, che travalica i confini sia provinciali che regionali: il territorio della
provincia si trova infatti ad essere collocato tra la macroregione metropolitana
506
DENTRO L’UMBRIA due
tirrenica, che ha il suo fulcro principale nell’area metropolitana romana, e la dorsale
adriatica, caratterizzata dall’alternarsi di urbanizzazioni lungo i pettini vallivi e la costa
delle regioni centrali35. La strategia del PTCP si fonda sulla ricerca delle possibilità che
si aprono alle città ed ai territori di utilizzare pienamente le “risorse posizionate”
(economiche, ambientali, storico-culturali e, non ultimo, umane): segnala le
disponibilità locali alla trasformazione, riscopre il territorio come soggetto, legittima la
funzione del piano come interlocutore all’interno della comunità locale e tra comunità,
si esplica come modello normativo da cui derivare comportamenti coerenti e
attribuisce valore non solo alle risorse, ma anche ai “modi” di pensiero locale. Si
poggia su un sistema territoriale in cui anche i centri minori costituiscono importanti
presidi territoriali per ambiti sub-regionali, tanto da non permettere l’affermarsi di
consistenti polarizzazioni da parte dei centri maggiori.
Inoltre le politiche di valorizzazione, tutela e consumo controllato delle risorse locali
devono necessariamente riferirsi alle diversità territoriali. Le chiavi di lettura scelte
sono state sia di tipo relazionale (che identificano i flussi, le reti di complementarità, le
gerarchie e le polarizzazioni, i rapporti esterni), sia di tipo morfologico (ambientale,
storico-culturale, sociale) che indagano i caratteri fondanti l’identità propria di ciascun
territorio36.
A tale strategia ha corrisposto un percorso di scoperta-approfondimento-presa di
coscienza delle risorse proprie di ciascun contesto, in termini di risorse localizzate e di
storia dei territori, attraverso il metodo dell’autodiagnosi.37. Tutto questo è stato
favorito dal nuovo modo di concepire gli strumenti di pianificazione e di
35 Tali configurazioni territoriali sono descritte dalla ricerca ITATEN(1996) ed in particolare nella
relazione introduttiva di Alberto Clementi
36 Ciascun sistema locale pertanto è stato interpretato evidenziando:
a) il “patrimonio genetico”, o insieme di caratteri su cui si fonda l’identità propria (riconoscibilità)
di ciascun territorio;
b) le “condizioni di partenza” ovvero la posizione assunta dal sistema locale rispetto alle principali
traiettorie o dinamiche di sviluppo;
c) le “caratteristiche dei flussi” ovvero i tipi di relazioni prevalenti sia interne che verso l’esterno;
d) i soggetti che agiscono in ciascun territorio.
Tale schema offre il vantaggio, nell’impostazione complessiva del sistema delle conoscenze, di permettere
la ricostruzione dell’evoluzione dei sistemi locali, attraverso una visione retrospettiva costruita a partire
dai dati censuari. E’ inoltre fondamentale per basare la successiva valutazione degli effetti e del grado di
incidenza del piano rispetto a ciascun sistema locale, al fine di comporre un “bilancio consuntivo
urbanistico-ambientale”. Infatti, il sistema delle valutazioni di congruità dei piani Regolatori Comunali
con il PTCP, consente l’implementazione dei Bilanci di Area, attraverso l’aggiornamento e
l’approfondimento degli indicatori ecologici (Indicatori di ecologia del paesaggio) strumento per la
valutazione ed il controllo delle principali trasformazioni.
37 I corsi di autodiagnosi, il cui progetto formativo è stato curato da un gruppo interdisciplinare
coordinato dal Prof. G.B. Montironi, si sono rivolti a tecnici e referenti locali; nel progetto si è
sperimentata la tecnica di indagine locale“dal basso” per quanto attiene i servizi alla persona ed il terzo
settore avvalendosi delle cooperative operanti nel territorio. Recentemente il metodo dell’ autodiagnosi è
stato utilizzato per l’analisi propedeutica allo sviluppo del Progetto Pilota “Ecomuseo del Paesaggio
Orvietano” (2003-2006).
AURAPPORTI: RES 2008-09
507
programmazione: a una territorialità, espressa nei passati strumenti, soggetta a norme
generali sovraordinate e gerarchiche, si sostituisce una “territorialità pattizia, negoziale,
concertata” che, nella nostra regione, prende corpo nella pianificazione urbanistica e
territoriale attraverso le forme della co-pianificazione, delle intese istituzionali tra enti
pubblici e degli accordi tra attori delle trasformazioni territoriali e urbane e il
consolidamento dei progetti di sviluppo locali sul modello dei progetti integrati, dai
Programmi di Riqualificazione Urbana per lo Sviluppo Sostenibile del territorio
(PRUSST) ai Programmi Integrati Territoriali (PIT) di cui al Bando Regionale
Multimisura Turismo Ambiente e Cultura (TAC)38 presentati da parte di quasi tutti i
comuni umbri, variamente aggregati e con la partecipazione di investimenti privati.
I tematismi relativi alle aree produttive, alle reti infrastrutturali, alle aree dismesse e ai siti estrattivi
Il vigente PTCP (1997-2000), parte dalle informazioni disponibili (ricerca IRRES sulle
aree produttive 1997) aggiornando quelle ritenute utili ai fini della pianificazione
(grado di saturazione delle zone censite, modifiche apportate dai nuovi piani
urbanistici e dotazione infrastrutturale). Per migliorare la precisione dell’analisi, sono
stati rielaborati i dati a disposizione, stimando nel dettaglio la superficie occupata e
quella disponibile di ogni zona parzialmente occupata; ai fini pianificatori inoltre il
sistema produttivo è suddiviso in destinazioni “industriale”, “industriale-artigianalecommerciale”, “per servizi ed attrezzature a carattere territoriale” 39. Vengono
pertanto prese in considerazione le aree classificate “produttive” dagli strumenti
urbanistici comunali (PRG e/o PdF), e, fra queste, le aree a destinazione industriale ed
artigianale, comprendendo inoltre le cosiddette “miste” ovvero le zone in cui è
ammissibile, in misura non prevalente, la destinazione d’uso commerciale (le c.d. zone
CAI: commerciali-artigianali-industriali). L’esclusione delle zone destinate al
commercio di grande e grandissima superficie, che peraltro non rientrano tra i
contenuti dei PTC umbri, essendo la localizzazione di competenza regionale e
comunale, mira ad evidenziare la localizzazione territoriale del settore produttivo, in
senso stretto40.
Le singole zone per attività produttiva individuate sono state definite, raggruppandole,
quali facenti parte di “agglomerati”, ovvero insiemi funzionali per localizzazione e
genesi delle aree stesse41. Tale sistematizzazione ha pertanto permesso di relazionare
DOCUP 2000-2006 Obiettivo 2, C4.
Tavola di analisi n.2 “La pianificazione locale. Mosaico dei PRG vigenti” scaricabile dal sito
www.provincia.terni.it/ptcp
40 Da successive analisi Sviluppumbria, incrociando le aree destinate dai Piani comunali con l’elenco
aziende con numero addetti >5 , emerge come la destinazione d’area non è sempre congruente con le
destinazioni d’uso, ponendosi, imprese di tipo artigianale o di servizi localizzarsi in altre zone urbanistiche
(es, zone tipo B o centro storico).
41 Tale operazione ha consentito di esaminare caratteristiche e problematiche non altrimenti valutabili, ad
esempio, non sarebbe stato significativo esaminare le caratteristiche delle principali dotazioni
infrastrutturali a livello di singola zona.
38
39
508
DENTRO L’UMBRIA due
agli agglomerati produttivi le reti infrastrutturali viarie ed energetiche, i centri di servizi
alle imprese, i depuratori e le discariche42 . Infine, sempre nelle tavole di analisi del
PTCP, (tav. 9, “Carta dei siti estrattivi”) sono segnalati gli impianti di prima
lavorazione e trasformazione. Altre analisi del PTCP individuano le parti di territorio
congruenti con la destinazione produttiva, per le quali il Piano definisce l’indirizzo di
ampliamento e/o consolidamento (Tavola I del PTCP “agglomerato o polo da
qualificare e potenziare”), le zone produttive poste in aree critiche per problemi
ambientali, infrastrutturali o storico-artistici, per il quale l’indirizzo è quello del
“contenimento” o riuso con altre destinazioni.43 Nella cartografia di piano (Tav. II B3.
“Aree a rischio e ad elevata vulnerabilità”) sono infine indicate le industrie a rischio di
incidente rilevante sottoposte a notifica (ai sensi del DPR 175/88, art.4), quelle
sottoposte a dichiarazione (ai sensi del DPR 175/1988, art. 6) e i siti degradati.
Aree produttive e principali infrastrutture viarie nel PTCP di Terni, anno 2000
Fonte: SIT Provincia di Terni.
42 Tav. di analisi n. 3, “Infrastrutturazione del territorio e sistema produttivo” scaricabile dal sito
www.provincia.terni.it/ptcp
43 Le aree produttive dismesse, le discariche attive e dismesse sono sempre evidenziate nella Tavola I,
“Progetto di struttura”.
AURAPPORTI: RES 2008-09
509
Le strategie del PTCP vigente
La distribuzione territoriale degli insediamenti a destinazione produttiva alla scala
provinciale è riconducibile a due principali categorie: i grandi insediamenti industriali,
a cui si associano vaste aree prevalentemente artigianali e molti, frammentati
insediamenti a carattere prevalentemente artigianale, localizzate in aree di limitata
espansione e spesso posti anche a notevole distanza l’uno dall’altro. In generale le PMI
e le imprese artigiane localizzate costituiscono un sistema scarsamente integrato
funzionalmente e territorialmente, risultano infatti deboli o assenti i legami di
interdipendenza e/o complementarietà tra unità produttive (si veda al proposito i
risultati delle interviste agli stakeholders del paragrafo “Aspetti gestionali” ). Il riflesso
territoriale di questa scarsa integrazione è l’assenza nel territorio provinciale di distretti
industriali o comunque di una caratterizzazione settoriale prevalente. Se ciò da un lato
implica la difficoltà di sfruttare economie di agglomerazione, in quanto l’agglomerato
assume significato esclusivamente in termini di “parte territoriale”, ma non di sistema,
senza poter recuperare le economie di scala che le singole unità produttive non
riescono a raggiungere, dall’altra parte, come ampiamente trattato in precedenti
Rapporti, produce una certa flessibilità congiunturale delle imprese, grazie alla loro
dimensione contenuta, alla organizzazione spesso “familiare” ed agli stessi scarsi
legami di interdipendenza con altre aziende.
Il PTCP pertanto ha mirato a sviluppare un “ambiente complessivo” (milieu)
favorevole allo sviluppo di innovazione sia a livello di processi produttivi, sia
organizzativi, favorendo ad esempio la creazione di Consorzi per le Aree produttive,
di cui l’Ente Provincia fa parte insieme con i Comuni territorialmente competenti, la
Regione e Sviluppumbria, sia di tecnologie applicate, connesse ai settori di ricercasviluppo tecnologico di livello nazionale ed internazionale, appartenenti alle reti di
livello superiore44. Si configura pertanto una “rete dei luoghi della produzione e della
ricerca-innovazione”, come gamma di opportunità, correlate alle imprese di livello
nazionale ed internazionale presenti ed attive, con l’obiettivo di attrarre altre imprese
dei settori innovativi.
Le indicazioni di assetto del territorio ed in particolare la scelta di polarizzare le
funzioni produttive al fine di determinarne la giusta soglia dimensionale, necessaria a
sviluppare un sistema produttivo di “eccellenza”, sono state preliminarmente valutate
attraverso gli indicatori di ecologia del paesaggio, riportati in tabelle allegate alle schede
normative per le unità di paesaggio a maggior carico antropico, così come per la
riorganizzazione dei sistemi a rete e lo sviluppo dei servizi di area vasta.
Questa strategia, fortemente condivisa a livello regionale, ha peraltro portato alla localizzazione e
consolidamento nel centro di Pentima, a partire dai primi anni 90, della Facoltà di “Ingegneria dei
materiali speciali” dell’Università di Perugia e dell’ISRIM, fortemente impegnati i primi a sviluppare
ricerca in collaborazione con le grandi aziende presenti nel territorio della conca ternana, la seconda nei
sistemi di analisi dei materiali, monitoraggio e bonifica.
44
510
DENTRO L’UMBRIA due
La sovrapposizione dei diversi tematismi ambientali ha inoltre portato alla
individuazione degli agglomerati produttivi da sottoporre ad interventi di
riqualificazione e del relativo grado di priorità contenuto negli indirizzi per Ambiti
Territoriali (Capo IV delle Norme di Attuazione del Piano). In un ottica
maggiormente aderente alla velocità di trasformazione sia dei cicli produttivi sia degli
stessi cambiamenti di destinazione d’uso, che vedono ad esempio la tendenza
all’insediamento nelle zone produttive del commercio, derivante anche dal fatto che le
attività artigianali, alle quali è consentita la vendita dei propri prodotti, spesso si
trasformano in attività essenzialmente commerciali, le future aree produttive dovranno
possedere oltre che requisiti di qualità, anche quelli di “reversibilità”. Pertanto il PTCP
associa alle quantità insediabili regole in materia di rispetto al sistema ambientale anche
nella prospettiva di una possibile dismissione e conseguente cambiamento della
destinazione d’uso. Infine il Piano introduce le “Aree ecologicamente attrezzate”,
riferendosi alle prime esperienze di A.P.E.A all’epoca in sperimentazione nella
Regione Emilia Romagna: a tal fine sono proposti criteri per la
progettazione/riqualificazione degli agglomerati produttivi volti alla mitigazione
dell’impatto visivo, miglioramento climatico, riduzione del trasporto delle polveri e
riduzione dell’inquinamento acustico attraverso fasce di verde privato, con barriere
vegetali della profondità minima di 16 ml, da realizzarsi sul fronte stradale e sui
perimetri esterni dell’area, il parziale mantenimento della permeabilità dei suoli ai fini
della ricarica delle falde acquifere, la previsione di invasi artificiali o vasche di raccolta
dell’acqua piovana, anche ai fini della prevenzione incendi, la previsione di sistemi
depurativi a basso impatto (sistemi di fitodepurazione e lagunaggio, di cui ad uno
specifico allegato di indirizzo), la localizzazione di isole per la raccolta differenziata. La
norma relativa prevede che, ove siano previsti e realizzati interventi ecocompatibili, le
superfici utilizzabili per insediamenti ai fini produttivi vengano conteggiate, ai fini delle
quantità massime ammissibili, con un coefficiente di riduzione pari al 50%.
Dal punto di vista del contenimento della frammentazione territoriale degli
insediamenti produttivi, il PTCP correla la fase di conclusione degli strumenti della
programmazione negoziata (Contratto d’area per Terni, Narni e Spoleto e Patto
territoriale Valdichiana, Trasimeno, Orvietano) con indicazioni relative alla
razionalizzazione del sistema, riportando nella Tav. I “Progetto di struttura”
l’organizzazione proposta, per poli produttivi principali e per agglomerati di interesse
locale. Con questa indicazione il Piano cerca di invertire la tendenza alla
frammentazione, come ben risulta dalla ricerca IRRES del 199745, che compromette
ambiti generalmente di elevata qualità ambientale, comporta un attuazione non
completa degli interventi, considerando l’alta percentuale, registrata alla fine degli anni
90, di lotti non edificati e la non realizzazione delle aree destinate a standard, e, al
contempo, difficoltà di realizzazione, nonché di gestione dei servizi puntuali ed a rete.
45 “Indagine sullo stato e le caratteristiche delle aree destinate ad insediamenti produttivi dagli strumenti
urbanistici generali” su incarico della Regione, Ufficio Industria e Ufficio del Piano
AURAPPORTI: RES 2008-09
511
Il PTCP punta infine ad una migliore organizzazione interna delle aree (viabilità e
segnaletica, cablaggi, acquedotti industriali, permeabilità dei suoli, riduzione
interferenze aree limitrofe mediante dune vegetate, accessibilità e spazi di manovra per
i mezzi pesanti), prevedendo per i poli produttivi una attuazione per nuclei, contenuti
in termini di estensione e rispondenti a requisiti di necessaria funzionalità, in base alle
esigenze di insediamento di nuove imprese o di ampliamento di quelle già insediate;
tale norma è mirata ad evitare realizzazioni parziali che comportino spreco di
territorio, aree di risulta e frammentazione del tessuto paesaggistico.
Obiettivi e scelte strategiche nel processo di revisione del PTCP
La revisione dell’attuale strumento di area vasta, il PTC Provinciale, non si pone solo
come un adempimento posto dalla normativa regionale, alla scadenza di 10 anni dalla
entrata in vigore, ma, anche e soprattutto, quale atto di pianificazione necessario per
restituire una realtà territoriale profondamente mutata rispetto al decennio precedente
rispetto alla quale il PTCP è stato concepito.
Sebbene resti fondamentalmente confermata la validità dell’impianto e la generale
struttura del piano vigente, il processo di revisione si apre alle nuove problematiche di
natura ambientale, all’attenzione alle diverse scale decisionali (internazionale, europea e
nazionale) di diretta ed indiretta applicazione, che rendono la portata degli strumenti
urbanistici molto ampia e, di conseguenza, complessa. Un processo, comunque, di
maturazione non proprio perfetto che si scontra con la mancata uniformità, e di
conseguenza, diversificazione delle competenze provinciali nel panorama nazionale e
che ad oggi sembra non incline a riconfermare il ruolo decisionale affidato alle
province ed al PTC. L’efficacia del processo di revisione dell’attuale PTCP si pone
pertanto in rapporto alle competenze proprie dell’ente provinciale, che direttamente
possano incidere sul coordinamento ed indirizzo dei processi di trasformazione posti
in atto “in primis” dai comuni.
In questo quadro la revisione del PTCP di Terni, aprendo alcune “finestre di
pianificazione”, mutuate dalle più recenti esperienze nazionali, mira a far propri i
contenuti paesaggistici ed ambientali declinati nella più recente normativa di settore e
nei piani regionali e, in secondo luogo, a rafforzare le azioni di coordinamento, in
particolare relativamente alle tematiche degli ambiti produttivi, dei servizi territoriali,
delle reti infrastrutturali e della mobilità. Tale azione sviluppa il percorso in atto dal
2000 con i Comuni, le Comunità Montane e gli altri enti territoriali: è una azione di
supporto e non di “imposizione gerarchica” che assume i principi della sussidiarietà,
della condivisione delle scelte, dell’ascolto delle comunità locali, della negoziazione. In
terzo luogo attraverso i diversi strumenti nazionali e regionali di programmazione,
derivanti anche dalla negoziazione con la EU nell’ambito delle politiche di sviluppo e
coesione regionale, il piano mira a riagganciarsi a dinamiche ed assetti strategici, non
ultima l’allocazione dei fondi strutturali, che saranno a loro volta i punti di partenza
per futuri progetti di sviluppo ed interventi specifici sul territorio regionale.
512
DENTRO L’UMBRIA due
Per quanto attiene agli obiettivi strategici che sottendono alla base del processo di
revisione del PTCP, essi sono così riassumibili46:
x Favorire un trasporto e mobilità sostenibile attraverso azioni e suggerimenti
specifici che indirizzino piuttosto che inseguano, lo sviluppo; rivisitare gli ambiti
delineati nel PTCP vigente correlati alle principali opere infrastrutturali
programmate in ambito regionale e interregionale;
x favorire politiche di localizzazione degli impianti per la produzione energetica da
fonti rinnovabili alla luce della nuova delega assunta dalle Province per effetto
della finanziaria 2007;
x garantire attraverso l’approccio eco-sistemico la migliore valorizzazione delle
risorse locali ed il possibile vantaggio per le comunità locali;
x favorire l’applicazione ampia della Convenzione europea del paesaggio, anche
attraverso la promozione di azioni partecipative delle comunità locali al processo
di sviluppo del territorio.
x promuovere l’affermazione di sistemi locali che, valorizzando le diverse
componenti territoriali, possano efficacemente proporsi come nodi di una
“bioregione”, puntando sulla qualità della vita e del costruito e proponendo un
modello di sviluppo coerente con l’alta qualità del paesaggio.
Gli Ambiti per la produzione
Come precedentemente illustrato il PTCP vigente individua il sistema delle aree
produttive a partire da una lettura di ambito intercomunale, sulla base di una
sistematica ricognizione delle aree industriali, artigianali e miste (zone CAICommerciali, Artigianali e Industriali) esistenti alla data dell’avvio del Piano (1997),
condotta dall’IRRES. Il quadro risultante evidenziava una generale scarsa qualità in
termini di servizi, di accessibilità, di reti e infrastrutture, nonché una disseminazione
delle zone destinate a tali attività dai PRG (e dai Programmi di Fabbricazione P. d.F.),
con conseguenti scarse “economie di scala”. La scelta del PTC era stata quindi quella
di proporre una generale riqualificazione delle aree produttive, indicare gli agglomerati
produttivi che potevano dare luogo a luoghi centrali della produzione di beni e servizi,
localizzati in prossimità dei principali centri urbani, in ambiti caratterizzati da una
buona infrastrutturazione. Inoltre, anche sulla base dell’allocazione delle risorse
regionali, per effetto della programmazione dei fondi strutturali, concentrava in alcune
aree intercomunali gli agglomerati produttivi strategici ed a valenza
regionale/nazionale, proponendo per questi una attuazione nel tempo per “nuclei”,
evitando la disseminazione dei manufatti. Inoltre il Piano assegnava alcuni requisiti di
46 Gli obiettivi riportati ed in parte i presupposti della revisione del PTC sono tratti dal Documento
Preliminare di revisione del PTC di Terni, in gran parte emersi nel corso del workshop di valutazione
dell’attuale PTCP (Villalago 31/3/2008) che ha utilizzato le tecniche partecipate del Cafè Conversation e
le matrici di cui all’analisi SWOT per la valutazione dei principali contenuti del Piano .
AURAPPORTI: RES 2008-09
513
tipo ambientale, edilizio (introducendo la permeabilità parziale dei lotti, il recupero
delle acque, il risparmio energetico, la raccolta differenziata), anticipando principi e
requisiti che, nel tempo, sono divenuti obbligo di legge.
Molte di queste strategie, pur rivelandosi opportune e necessarie per garantire
prospettive di sviluppo alle aree interessate, nell’ottica di un “sistema di
complementarietà funzionali”, non si sono ancora pienamente realizzate. In
particolare la generale crisi economica e la conseguente chiusura totale o parziale di
importanti attività produttive, correlate in filiera con la grande industria, ed in
particolar modo nel settore della chimica, ha evidenziato la debolezza strutturale dei
diversi settori, creando al contempo serie difficoltà nel riuso dei contenitori dismessi.
La revisione del PTC pertanto ripropone in chiave attuale le scelte strategiche del
2000, ponendo particolare attenzione alle integrazioni possibili ed a progetti condivisi
e concertati tra più soggetti pubblico-privati.
La scelta di una maggiore diversificazione dei settori produttivi, facendo “convivere
con pari dignità” le grandi imprese ed il sistema delle aziende medio piccole e piccole,
nonché le imprese artigiane, una migliore logistica nel trasporto merci, correlato alla
individuazione, progettazione e avvio della “Piattaforma logistica” a Terni, al progetto
per il secondo casello di Orvieto, all’attrezzatura delle nuove aree produttive attraverso
scali merci ferroviari, prevista in alcuni nuovi PRG, una offerta energetica diffusa ed a
costi contenuti, in particolare nel settore idroelettrico, alcuni benefit quali la
cogenerazione, il teleriscaldamento, offerti da alcune grandi e medie imprese, nonché
l’aumento degli impianti fotovoltaici e del know how nel settore delle fonti energetiche
alternative che il territorio può vantare, saranno le basi per aumentare l’attrattività del
territorio della provincia di Terni. Nelle nuove aree produttive ed in quelle riqualificate
sarà inoltre fondamentale proporre interventi di bio-edilizia integrata, ovvero edifici
bioclimatici, attenti ai materiali ed al loro recupero, ad alta efficienza energetica, ed, in
generale, introdurre una valutazione della complessiva sostenibilità degli agglomerati
produttivi, sperimentando il sistema SB100 dell’ANAB47 e prevedendo un sistema di
incentivazione per quegli edifici che presentino un più alto punteggio, anche in
conformità con il la L.R. 17/2008.
Da una prima serie di incontri tenutisi con le principali organizzazioni di categoria,
emerge inoltre la necessità di una gestione unitaria dei poli produttivi, attraverso la
diffusione dello strumento dei Consorzi per le aree produttive ed, in prospettiva, della
possibile unificazione dei due consorzi attualmente in essere (Consorzio Terni, Narni,
Spoleto e Consorzio Crescendo). Lo strumento consortile ha infatti consentito una
maggiore velocità nell’acquisizione, infrastrutturazione e collocazione sul mercato
47 L’Amministrazione Provinciale ha stipulato una Convenzione con l’ANAB (Associazione Nazionale
Architettura Bioecologica) per la sperimentazione del Sistema SB100. Il sistema è basato su un set di
indicatori che testano la sostenibilità dell’edificio non solo dal punto di vista energetico, ma anche del
risparmio delle risorse, della smontabilità e recupero delle parti, dell’inserimento nel contesto, della
prevenzione della salute dagli inquinanti (radon, polveri, rumore). La valutazione con il sistemaSB100 è
stata inoltre introdotta nel nuovo Regolamento edilizio del Comune di Terni.
514
DENTRO L’UMBRIA due
delle aree produttive, nonché, quale referente unitario, un buon coordinamento con gli
enti (Comuni e Provincia, che compartecipano il Consorzio) per le pratiche
concessorie ed autorizzative ed, in generale, nelle strategie di ampliamento e
riqualificazione delle zone.
Rispetto all’individuazione di nuovi poli produttivi intercomunali, viene ribadita la
necessità di aree ampie ed ecologicamente attrezzate, già previste nelle norme del
vigente PTC, concentrate in relazione ai principali assi viari e ferroviari. Tra questi è
già in studio quello legato alla piattaforma logistica di Maratta, a Terni, tra i Comuni di
Terni e di Narni, già previsto, per la parte ternana, nel nuovo PRG del Comune di
Terni, approvato nel dicembre 2008. Per questo nuovo polo produttivo si ipotizza una
diversificazione dei settori da ospitare, evidentemente fra quelli in cui la logistica e
movimentazione merci è di maggiore impatto e per i quali la possibilità di usufruire del
nodo di interscambio è strategica. Il Piano inoltre dovrebbe fornire precise linee di
indirizzo e standard di sviluppo facilmente identificabili in modo da poter uniformare
gli strumenti attuativi delle pubbliche Amministrazioni (Regolamento Edilizio) ed
evitare la frammentazione degli interventi, fornendo obiettivi minimi affinché nei
futuri documenti urbanistici comunali siano suggerite indicazioni tecniche ed incentivi
nei settori del risparmio energetico, uso e riciclo delle acque, uso delle fonti
rinnovabili,modalità di individuazione delle aree destinate alla creazione di centrali di
produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili (solari e/o eoliche), modalità di
smaltimento e recupero delle stesse, modalità di recupero e riciclo dei materiali, edilizia
biocompatibile. Il PTCP dovrà pertanto indicare per ogni settore di approfondimento
tematico gli obiettivi, le modalità attuative e gli indicatori di controllo, così che
l’espansione sia produttiva che insediativa possa rispondere a criteri di risparmio delle
risorse. Tali elementi dovranno comunque essere differenziati a seconda dei territori
interessati; in particolare potrebbe essere utile considerare con particolare attenzione
(attraverso le finestre di pianificazione, progetti pilota, etc.) l’individuazione e
applicazione delle strategie di sviluppo e degli indicatori di controllo nelle nuove
espansioni produttive, con particolare attenzione all’uso di fonti energetiche
alternative, all’applicazione dei principi della bioclimatica e alla gestione dei rifiuti e
nella riconversione di edifici industriali con modifica della destinazione d’uso. Dal
punto di vista dell’accessibilità, il raggiungimento di una maggiore efficienza del
sistema viario in termini di sicurezza è uno degli obbiettivi dell’Amministrazione
provinciale: gli interventi sulla viabilità esistente saranno volti all’adeguamento delle
caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, secondo la classificazione stradale
effettuata, e dovranno essere finalizzati a garantire migliori condizioni di sicurezza,
soddisfacenti livelli di servizio e la tutela della qualità ambientale48. Le nuove
infrastrutture previste, mirate ad un miglioramento dell’accessibilità degli agglomerati
produttivi, riguardano la realizzazione della complanare di Orvieto, di collegamento
Nel Documento Preliminare della revisione del PTCP gli interventi sono suddivisi per: * tracciati da
migliorare (con l’adeguamento),* tracciati da potenziare ( per es. con piste ciclabili)
48
AURAPPORTI: RES 2008-09
515
tra il casello di Orvieto e le aree artigianali e produttive di Ciconia; la realizzazione del
secondo Casello autostradale di Orvieto, che permette un accesso diretto al sistema
autostradale dalle aree produttive di Ponte Giulio e Bardano, nonché di collegare l’alto
Lazio alla viabilità di interesse nazionale ed internazionale; la realizzazione del tracciato
Terni-Rieti che connette due territori provinciali in stretta correlazione dal punto di
vista commerciale e produttivo e permette di liberare dal traffico pesante l’area
industriale dismessa di Papigno, oggetto di una complessiva rivistazione progettuale da
parte del Comune di Terni; il potenziamento della Marattana, divenuta asse
commerciale e produttivo intercomunale tra Terni e Narni. Altri interventi riguardano
il miglioramento dei nodi viari (rotatorie ed innesti tra viabilità di diverso rango); in
particolare è in progetto il collegamento sulla Marattana con la base logistica, in fase di
realizzazione (si veda il successivo paragrafo sui casi di studio Terni e Narni).
Le aree dismesse nell’ottica della sostenibilità
Negli ultimi quindici/venti anni, il riuso dei siti dismessi è divenuto occasione per
sperimentare nuove proposte di sviluppo locale integrato, cha vanno dal riutilizzo
industriale a nuove progettualità economiche che, nel rispetto delle valenze
economiche, sociali, storiche e ambientali degli stessi siti, ne orientano l’utilizzo verso
l’innovazione produttiva e la riconversione a fini residenziali, culturali, di interesse
pubblico.
In ambito provinciale sono state realizzate iniziative di riuso di grande interesse, quali
il recupero delle ex Officine Bosco che attualmente ospita Videocentro ed alcuni uffici
della Regione e del Comune di Terni, dell’area ex S.I.R.I., in cui il mix funzionale è
estremamente variegato e va dal commercio (Iper COOP), alla residenza e uffici, al
museale (Museo archeologico cittadino), al culturale (Centro espositivo Caos e sede
principale di Interni), mentre è in completamento lo spazio auditorium; i progetti di
recupero dell’ex carburo di calcio a Papigno, a centro cinematografico e museo
dell’archeologia industriale. E’ inoltre di particolare interesse il recupero a fini
produttivi/industriali di parti od interi agglomerati produttivi (citati nelle interviste
riportate nel paragrafo “Aspetti gestionali”) quali quelli del compendio ex nuova
Bosco a Narni, di alcune aree ex Montedison ed ex Enichem a Terni, dell’ex Lebole ad
Orvieto, interventi realizzati principalmente sotto la regia dei Consorzi per le aree
produttive. In generale i processi di recupero, promossi principalmente dalle
Amministrazioni comunali, vengono attuati mediante l’intervento di diversi attori
locali, l’impiego di diversi strumenti di programmazione e delle conseguenti risorse
(Docup Umbria 2000-2006, Patti V.A.T.O. e V.A.T.O. Verde, Contratto d’Area, ecc.)
nonché grazie alle innovazioni disciplinari costituite dai Programmi Complessi e dai
Programmi Integrati, quali i Programmi Urbani Complessi (P.U.C.), i Programmi di
Riqualificazione e Sviluppo Sostenibile del Territorio (P.R.U.S.S.T), i Programmi
Integrati Territoriali (P.I.T.) ed i progetti di cui al bando regionale multimisura
Turismo Ambiente Cultura (bando T.A.C. programmazione 2000-2006) presentati da
516
DENTRO L’UMBRIA due
parte di quasi tutti i comuni umbri, variamente aggregati e con la partecipazione di
ingenti investimenti privati; parimenti lo sviluppo di forme di collaborazione
orizzontali, centrate su linee di azione e progetti pilota, finalizzate alla circolazione delle
“migliori pratiche”, concorre a determinare un nuovo scenario di azione di grande
interesse.
La rifunzionalizzazione delle aree dimesse, come anche dimostrato nelle più recenti
edizioni di Urbanpromo49, è una straordinaria opportunità non solo negli interventi di
trasformazione urbana, dove produce rilevanti effetti trainanti operando dall’interno
del tessuto urbano consolidato, come nel riuscito caso dell’Ex SIRI a Terni, ma anche
di riposizionamento competitivo dei sistemi locali, potendo ospitare nuove attività
produttive senza compromettere ulteriore suolo agricolo. Come riportato nel
Documento Preliminare di revisione del PTC di Terni “considerando le dinamiche in
atto ed i trend delle maggiori città europee, quando i processi di dismissione
investiranno altri settori (scuole, grande commercio, strutture del tempo libero, spazi
del terziario), le strategie di riuso assumeranno ancora maggior importanza”.
La ricerca AUR del dicembre 2006 “Aree dimesse e sviluppo locale nella Provincia di
Terni”50, commissionata dall’Assessorato all’Urbanistica della Provincia di Terni e
finalizzata alla revisione del PTC, mostra un quadro molto interessante, soprattutto nel
confronto con i risultati dell’indagine del 1998, svolta dalla stessa autrice e sempre
commissionata dall’Amministrazione Provinciale, ricerca che aveva censito 312 siti.
Nel 1998 sul totale di 312 siti censiti la percentuale di dismissione maggiore,
determinata sia dal numero di siti dimessi sia dalle volumetrie interessate, si
concentrava nella conca ternana (Comune di Terni, 29,2% e Narni 17,6%), per effetto
da una parte del declino del settore secondario, dato comune in tutta la regione ed in
generale in Europa, dall’altro per la scelta di avere aree produttive esterne ai centri
abitati e dotate di una migliore connessione con le reti infrastruttali di più elevato
rango. Nel territorio provinciale negli anni 60-80 del novecento, si assiste inoltre alla
dismissione di ambiti legati ad attività agricole, in particolare nel settore
agroalimentare, di vecchi mercati e infrastrutture obsolete: in termini numerici sono
infatti molto elevate le disattivazioni nei comuni in cui il settore agricolo era
particolarmente importante, in particolare nel Comune di Orvieto (19,9%) ed Amelia
(12,8%), come riportato nella seguente figura.
Mentre il periodo di maggiore dismissione per Amelia si colloca dal 1952 al 1961 e per
Orvieto tra il 1962 ed il 1981, nei comuni più industriali è un processo continuo, che
giunge alle soglie più critiche sul finire degli anni ’80 (vedi figura Aree dimesse al 1989Peridodi di dismissione nei principali comuni).
49 Urbanpromo è un evento biennale organizzato dall’Istituto Nazionale di Urbanistica e da urbit, società
di servizi dello stesso Istituto; nel 2009 si terrà a Venezia, dal 4 al 7 novembre.
50 A cura di Marcella Arca Petrucci e Tonino Uffreduzzi, AUR 2006.
AURAPPORTI: RES 2008-09
517
Numero delle aree dismesse per gli anni 1989 e 2004 per tutti i Comuni della
provincia di Terni
Fonte: Ns. elaborazioni su dati AUR (2005).
Il raffronto tra il 1998 ed i dati 2004, evidenzia l’alta capacità di riuso dimostrata dagli
“attori locali”. Come riportato nel diagramma a torta solo il 47% delle aree censite nel
1998 risulta nel 2004 ancora dimessa, mentre il 53% è interamente o parzialmente 3%,
riutilizzato. I dati di livello comunale indicano come a Terni sia stato recuperato e
riusato il 71% dei siti (65 in termini numerici), a Narni il 60% (33 siti), ad Orvieto il
35% (22 siti).
Dai dati del 2004, risultano ancora dismessi 46 siti, di cui 13 a Terni, 10 a Narni, e 3 o
meno di 3 nel resto dei Comuni della provincia. Dei siti inutilizzati la maggior parte
sono siti di dismissione non recente (negli anni che vanno da prima del 1971 al 1991),
mentre la più recente dismissione, per circa il 15% è dopo il 2201, con una netta
ripresa nell’abbandono rispetto al periodo precedente.
518
DENTRO L’UMBRIA due
Aree dismesse al 1989 – I periodi delle dismissioni nei principali comuni
Fonte: Le sedi dismesse del lavoro umano nella Provincia di Terni (Arca Petrucci) (1989) – Elaborazione
AUR, 2005
I settori di attività delle aree riutilizzate (si veda il diagramma a torta: Settori di attività
delle aree riutilizzate) sono prevalentemente a servizi (30% del totale), seguiti dal
commercio (11%), agricoltura (7%) e artigianato (3%), mentre solo il 2% dei siti è
ridestinato ad industria. Ciò deriva da quanto prima descritto e principalmente dalla
non rispondenza in termini di standard dimensionali, nonché di prestazioni
localizzative, dei siti dimessi, nonché dagli alti costi di recupero e bonifica che
comportano la necessità sia di politiche integrate e finanziamento sostenuto dal
pubblico, che quindi orientano verso i servizi, sia per la parte privata un riutilizzo
verso settori con maggiori capacità di spesa nell’infrastrutturazione e capaci di
sfruttare le posizioni spesso strategiche nel contesto urbano.
La ricerca del 2006 aggiunge inoltre nuovi importanti elementi informativi quali i
caratteri territoriali e ambientali (i vincoli presenti, la localizzazione in aree di pregio
naturalistico, archeologico oppure in aree di rischio di inondazione o frana), i progetti
presenti di riuso, evidenziando soggetti proponenti, attività previste, risorse. E’ da
sottolineare come la più alta percentuale del patrimonio dismesso nella provincia sia
rappresentato da manufatti del settore agricolo, in cui è oggi prevalente il riuso per
attività turistico ricettive, riuso già in atto o nelle previsioni dei nuovi PRG.
Di grande interesse, nell’ottica di un costruito sempre meno “energivoro”, l’indagine
sui materiali presenti nelle diverse parti degli edifici dimessi, dalle coperture, alla
struttura portante, alle fondazioni, alle finiture, essenziale in un ottica sia di riuso che
di demolizione-bonifica. La bioarchitettura, o meglio l’architettura sostenibile, ci
insegna infatti a considerare l’intero ciclo di vita di un edificio, attraverso la Life Cycle
Analysis, anche in termini energetici e di materiali “dissipati”, dalla produzione, alla
costruzione, alla gestione, fino alla dismissione.
AURAPPORTI: RES 2008-09
519
Settori di attività delle aree riutilizzate
Fonte: Ns. elaborazioni su dati AUR (2005).
I problemi oggi posti dal riutilizzo delle aree industriali dismesse, tra cui non ultimo il
problema della bonifica, devono pertanto essere uno stimolo al ripensamento del
modo con cui i Piani Urbanistici trattano le aree industriali, ponendole in termini
esclusivamente quantitativi, senza una valutazione degli effetti che tali aree potranno
avere sulla qualità delle risorse (suolo, acque, aria), spesso avviando fenomeni
irreversibili, e sulla loro rinnovabilità, anche in termini di modifiche future della
destinazione d’uso. Inoltre in un ottica anche di marketing urbano la qualità
ambientale sempre più deve essere giocata per attirare investimenti e localizzare
attività pregiate (eco-audit).
In questo contesto le “Aree dismesse” individuate dal PTCP e dai successivi strumenti
di intervento (PRUSST, PIT, Accordi di co-pianificazione) sono quelle che, per ordine
dimensionale, per la durata dello stato di abbandono, per la lentezza delle iniziative di
riuso, dovuta ad una serie di fattori economici, ma anche ambientali, rivestono un
interesse sovracomunale ed hanno necessità, per la loro riqualificazione e
rifunzionalizzazione, di un insieme di azioni concertate fra vari soggetti pubblici e
privati, nonché di specifici strumenti attuativi. In generale si avverte l’esigenza di
formulare ipotesi di trasformazione in grado di mantenere un elevato stato di
adattabilità e flessibilità rispetto ad una realtà in continua trasformazione e allo stesso
tempo dare le garanzie, attraverso regole certe, affinché l’intervento possa essere
innescato in tempi compatibili con la possibilità di essere realizzato. A tal fine il PTCP
vigente considera il processo di dismissione e riuso delle aree industriali, associando
520
DENTRO L’UMBRIA due
alle quantità edificabili regole in materia di prestazioni ambientali delle attività
insediabili, anche nell’ottica di un loro futuro cambio di destinazione urbanistica. Con
questi criteri, a cui si aggiunge il fattore “tempo”, potrebbe essere riorganizzata
l’offerta di aree, rendendola più selettiva, ma, garantendo vantaggi localizzativi ed
economie di agglomerazione specifiche, maggiormente “appetibile”.
Nel piano territoriale le priorità assunte nell’indicare gli ambiti di interesse provinciale
considerano le seguenti caratteristiche:
a) il patrimonio di archeologia industriale presente nell’ambito
b) la collocazione “strategica” rispetto ad ambiti territoriali di particolare sensibilità
e/o qualità ambientale (sistemi fluviali, lacustri, etc.) o rispetto a nodi infrastrutturali
(ferroviari, stradali, etc.) e rispetto alla necessità di bonifica dei suoli.
A livello locale appare decisiva la capacità delle istituzioni preposte al governo del
territorio di favorire la cooperazione tra soggetti privati e svolgere funzioni di
promozione ed organizzazione dell’offerta. Più che operazioni di marketing urbano,
basate prevalentemente sull’advertising dell’entità quantitativa e sul costo contenuto
delle aree offerte per la trasformazione, che non hanno dato risultati esaltanti a livello
nazionale ed internazionale, esperienze come quelle realizzate nella Ruhr in Germania,
ma anche in Francia e nella Gran Bretagna, sembrano mostrare come politiche di
recupero e ripristino ambientale, supportate e promosse dai soggetti pubblici possano
migliorare l’immagine e l’attrattività di regioni caratterizzate in passato da una forte
specializzazione industriale. Dalla ricerca AUR del 2006 appare infatti come le
strategie di maggior successo siano quelle basate su progetti economico-territoriali
integrati, che vedono il coinvolgimento di più soggetti pubblici (Regione, Provincia,
Comuni) e privati congiuntamente a strumenti operativi di supporto, di competenza di
ciascuno degli enti interessati, correlati dai necessari accordi di pianificazione e di
programma.
I casi di studio
Le aree produttive nel territorio della provincia di Perugia
Gli agglomerati produttivi del territorio provinciale di Perugia risultano principalmente
distribuiti lungo le principali direttrici di comunicazione e generalmente ben collegati
ai centri maggiori; non trascurabile, tuttavia, appare la frammentazione del tessuto
insediativo specialmente nei comuni caratterizzati da un’orografia articolata e variabile.
Le aree di maggiore entità sono concentrate nel territorio del capoluogo regionale,
Perugia, e nei territori dei comuni ad esso direttamente collegati dai principali assi viari
e ferroviari: ad ovest, Corciano e Magione, in cui viene a determinarsi un sistema
continuo compreso fra la SS 75 bis e la ferrovia Foligno-Terontola; ad est e sud-est,
Bastia, Assisi, Spello, Foligno, Trevi, con un insediamento di tipo lineare che si attesta
fra la SS 75, la SS 3 “Flaminia” e la ferrovia Foligno-Terontola.
AURAPPORTI: RES 2008-09
521
A nord e a sud di Perugia i “corridoi” produttivi appaiono maggiormente diluiti per
densità e compattezza, sebbene in corrispondenza delle congiungenti Perugia Torgiano - Deruta (SS3 bis e Ferrovia Centrale Umbra) si riscontri una notevole
continuità insediativa. A nord, in particolare, la maggiore concentrazione si ha lungo la
SS3 bis e la FCU, nel tratto che unisce Città di Castello a San Giustino. Altro sistema
lineare degno di nota è quello attestato lungo la SS 3 Flaminia e la ferrovia OrteFalconara in corrispondenza dei tratti Fossato di Vico - Gualdo Tadino - Nocera
Umbra, mentre quello incentrato sulla pianura eugubino-gualdese si configura come
un sistema frammentario che trova nell’asse stradale (la SS 219 Gubbio - Pian
d’Assino) il suo più forte riferimento. Il resto del territorio regionale presenta realtà
identificabili come “sottosistemi”, caratterizzati da una spiccata frammentazione del
tessuto produttivo (generalmente distribuito in posizione decentrata rispetto ai
principali assi viari) e dalla prevalente destinazione artigianale delle relative aree.
Sostanzialmente analogo è l’assetto insediativo nella porzione sud-orientale dell’area,
ovvero del comprensorio della Valnerina. In tale contesto il sistema insediativo vede
accentuarsi tale connotazione, riflettendo una realtà territoriale caratterizzata dalla
prevalenza dell’alta collina e della montagna. Il tessuto, in questo caso, è costituito da
aree produttive di limitata estensione, per lo più destinate ad attività artigianali e
localizzate lungo le strade statali (SS77 Foligno-Civitanova, SS209 Terni-Muccia,
SS319 Borgo Cerreto - Casenove), unitamente ad alcune dislocate lungo le vie di
comunicazione provinciale.
Non si rilevano, in questo ambito territoriale, sufficienti strutture specializzate al
servizio dell’industria e dell’artigianato. Se si eccettua, infatti, il Centro Fiere
“Maschiella” localizzato nei pressi della zona industriale di Bastia Umbra, non si
registrano altre significative presenze. Le previsioni urbanistiche comunali hanno
previsto, d’altra parte, l’inserimento di servizi più generici nell’ambito degli
insediamenti produttivi secondo gli standards vigenti; nei casi in cui tali servizi vengono
realizzati (pochi, in realtà, come testimoniano i dati raccolti), questi sono individuati e
gestiti in vario modo dalle Amministrazioni Comunali in funzione del tipo e dell’entità
delle attività insediate o da insediare. Come accennato, comunque, il livello di
utilizzazione delle superfici caratterizzate da questa destinazione risulta molto basso.
Si assiste altresì, a partire dagli anni ottanta, allo sviluppo di una particolare
residenzialità legata ad una industrializzazione attiva in alcune zone dell’area: è questo,
ad esempio, il caso dei recenti quartieri sorti in posizione non distante dai sistemi
produttivi attestati tra Perugia, Corciano e Magione, lungo la SS75 bis, secondo le linee
delle “new towns” tipiche della prima industrializzazione.
Con riferimento ai dati relativi alla frammentazione delle aree produttive di cui al
paragrafo “Le aree produttive nella storia della Regione Umbria”, cui attingiamo in
questa sede per i comuni della provincia di Perugia, si evidenzia che la
frammentazione delle aree produttive, molto elevata in valore assoluto, fa comunque
registrare una diminuzione nell’arco temporale considerato, ovvero dal 1996 al 2009.
522
DENTRO L’UMBRIA due
Offerta delle aree produttive per gli anni 1996 e 2009 per i Comuni della
Provincia di Perugia
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT e comunali
AURAPPORTI: RES 2008-09
523
Nei 26 comuni oggetto dell’aggiornamento dei dati, si passa dai 351 agglomerati
complessivamente censiti nel 1996 ai 305 del 2009, per una variazione del -13,1%. La
diminuzione del numero di agglomerati va senz’altro ricondotta alle previsioni localizzative
introdotte dai nuovi strumenti urbanistici comunali, elaborati a seguito dell’emanazione
della L.R. 31/1997 e, in misura minore, ai sensi della successiva L.R. 11/2005.
Tabella riepilogativa delle categorie di superfici negli agglomerati del Comune
di Città di Castello, Foligno e Perugia
COMUNE
CITTA' DI
CASTELLO
COMUNE
CITTA' DI
CASTELLO
COMUNE
FOLIGNO
COMUNE
FOLIGNO
COMUNE
PERUGIA
COMUNE
PERUGIA
N°
Dismesse Servizi Libere Miste
AGGL
(ha)
(ha)
(ha)
(ha)
1996
14
19,04
14,06
90,63 232,48 9,40
N°
AGGL Dismesse Servizi Libere Miste
2009
15
N°
AGGL
1996
20
N°
AGGL
2009
17
N°
AGGL
1996
63
N°
AGGL
2009
53
33,75
14,90
5,34
10,79
Sature Verdi Variante
32,96 184,08 55,84
Dismesse Servizi Libere Miste
8,15
Sature Verdi Variante
41,11 285,06 10,00
Dismesse Servizi Libere Miste
18,32
SUP.
Sature Verdi Variante
TOT
(ha)
(ha)
(ha)
(ha)
3,11
Sature Verdi Variante
Dismesse Servizi Libere Miste
32,67
395,61
SUP.
TOT
SUP.
TOT
335,13
Sature Verdi Variante
61,79 130,65 493,98 185,35 63,80
SUP.
TOT
294,31
19,31 137,39 171,15 1,94
Dismesse Servizi Libere Miste
373,76
16,97
Sature Verdi Variante
103,51 377,79 433,73 21,32
SUP.
TOT
952,54
SUP.
TOT
969,02
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT e comunali.
Perugia, Foligno e Città di Castello nelle previsioni di potenziamento infrastrutturale
Le dinamiche connesse alle aree produttive trovano una correlazione diretta con gli
assetti infrastrutturali del territorio regionale, oggetto di specifica attenzione nel
Disegno Strategico Territoriale della Regione Umbria51, che in proposito individua tre
51
Cfr. paragrafo “Le aree produttive nel DST della Regione Umbria”.
524
DENTRO L’UMBRIA due
progetti strategici territoriali: la Direttrice longitudinale nord-sud, il Sistema delle
direttrici trasversali est-ovest e la Rete di cablaggio a banda larga; tali progetti
interessano fortemente i tre comuni oggetti di approfondimento: Perugia, Foligno e
Città di Castello52.
La Direttrice longitudinale nord-sud, fondata sulla prospettiva di potenziamento e
trasformazione del fascio infrastrutturale che attraversa da nord a sud il territorio
regionale (innervato sulla E45 e la Ferrovia Centrale Umbra), si innesta nel sistema di
connessioni che sostanziano il corridoio europeo I Berlino-Palermo, destinato a
collegare più direttamente l’Umbria con il Lazio ed il corridoio tirrenico meridionale, a
sud, e con l’Emilia Romagna e il Nordest verso settentrione. Questa direttrice connette
città e sistemi insediativi di grande importanza per l’economia regionale: fra gli altri, la
caratterizzano in sequenza, oltre Terni, i nodi di Todi, Marsciano, Perugia, Umbertide e
Città di Castello, interessati da politiche di riposizionamento competitivo mirate a
valorizzarne le vocazioni endogene all’interno di flussi sovra regionali, nazionali ed
internazionali. Per quanto attiene ai centri principali, in stretta connessione con il
rafforzamento infrastrutturale, il DST definisce alcuni obiettivi e azioni prioritarie, in
stretto rapporto con gli obiettivi e le azioni previste per le reti di città.
E’ previsto il rafforzamento di Perugia quale “brain-port” di livello europeo, anche in
relazione agli elevati flussi di persone, conoscenze, idee, culture, che offrono notevoli
possibilità di sviluppo di un’economia di servizi avanzati, in sintonia con le prospettive
della società della conoscenza. Alcuni interventi già programmati mirano a rafforzare
le potenzialità connesse al rango di città europea del capoluogo regionale, mentre altri
sono destinati a potenziare l’accessibilità, la capacità di accoglienza e l’offerta
formativa.
Città di Castello vede le sue potenzialità di crescita essenzialmente in funzione
dell’appartenenza al sistema economico e produttivo transregionale, che la lega
storicamente a Sansepolcro (Regione Toscana) e alla Romagna. Qui gli investimenti
per lo sviluppo dovranno cogliere le opportunità connesse alla direttrice trasversale
Grosseto-Fano e alla sua intersezione con la direttrice longitudinale E45, destinate ad
essere potenziate dalla prossima realizzazione della piattaforma logistica di Città di
Castello – San Giustino.
Foligno si inquadra invece nel Sistema delle direttrici trasversali est-ovest, che
rappresentano un vero e proprio sistema di relazioni interregionali, cerniera della
piattaforma territoriale Lazio-Umbria-Marche individuata dal Ministero delle
Infrastrutture al fine di connettere i porti di Civitavecchia e di Ancona.
In analogia con quanto previsto per la Direttrice longitudinale nord-sud, il
potenziamento delle comunicazioni viarie e ferroviarie è in stretta correlazione con il
ridisegno delle connessioni con i nodi urbani e i poli funzionali principali, con la
ridefinizione delle principali strutture di supporto alle aree produttive e alla logistica, al
52 Ai sensi del PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) della Provincia di Perugia, i tre
Comuni prescelti appartengono alla classe della “concentrazione insediativa”.
AURAPPORTI: RES 2008-09
525
ripensamento delle reti di città e del rango dei principali centri. All’interno di questo
scenario, Foligno è un centro destinato ad accrescere il suo ruolo centrale nel sistema
insediativo e produttivo regionale, anche in funzione del completamento del sistema di
connessioni trasversali interappenniniche relative al Quadrilatero Marche-Umbria,
accentuando la sua valenza di “porta est” di accesso alla regione, proiettata verso la
costa adriatica meridionale e, dunque, verso il corridoio trans europeo VIII.
I tre centri esaminati sono peraltro tutti inseriti nel progetto della Rete di cablaggio a
banda larga53, mirato all’eliminazione del divario digitale e all’annullamento delle
distanze fisiche; la realizzazione di un’infrastruttura a banda larga di grande velocità e
capacità di trasmissione è infatti destinata ad offrire servizi avanzati ai cittadini e alle
imprese. Il progetto si articola nella realizzazione iniziale di un backbone regionale in
fibra ottica per l’interconnessione longitudinale del territorio e per il collegamento
“long-distance” con le altre reti nazionali, che sfrutta il tracciato della Ferrovia
Centrale Umbra, e nella realizzazione di reti di distribuzione ed accesso integrate (fibra
ottica e sistemi wireless) nei cinque principali centri umbri, ovvero Perugia, Foligno,
Città di Castello, Terni ed Orvieto.
Perugia
Il Piano Regolatore Generale di Perugia, approvato nel 2002, indica obiettivi coerenti
con una nuova visione dello sviluppo della base produttiva che, per il rapido
modificarsi delle strategie di impresa nel mercato globale, sta modificando le
produzioni e rinnovando le tecnologie; al contempo, un numero non trascurabile di
aziende passa dal comparto produttivo a quello dei servizi, facendo sorgere, tra gli
altri, complessi problemi di riuso delle vecchie strutture industriali.
L’obiettivo di garantire una quantità ragionevole di aree per le esigenze dell’attività
produttiva di tipo industriale viene perseguito dal PRG tenendo conto della differente
potenzialità esistente tra le numerose zone produttive presenti nel territorio comunale.
La stato di salute espresso dall’insieme delle aree produttive ha suggerito l’adozione di
una politica localizzativa delle nuove zone tendente a potenziare solo quelle più
consistenti, per la capacità che esse hanno di porsi a sistema. Questo obiettivo appare
in linea anche con le risultanze dell’indagine IRRES 1995-96, ove si afferma che azioni
più efficaci, per rafforzare e qualificare l’offerta e la domanda di servizi alla
produzione, si possono intraprendere nell’ambito di agglomerati produttivi di varia
dimensione e consistenza, incentivando iniziative consortili.
Le scelte localizzative contenute nel PRG vigente possono essere, pertanto,
sintetizzate come segue:
x bloccare, con alcune eccezioni, l’espansione delle aree piccole, restituendo in
più casi le aree inutilizzate all’uso agricolo;
53 Il Piano Telematico approvato dalla Giunta Regionale con DGR n. 469 del 5 maggio 2008 convoglia le
diverse azioni promosse per lo sviluppo e la diffusione della Banda Larga e per il sostegno al mercato.
526
DENTRO L’UMBRIA due
x
x
consolidare quelle di medie dimensioni che presentano gradi di vitalità;
rafforzare la struttura multi-polare di dimensioni consistenti, elevando a
questo rango l’area produttiva di Ponte Pattoli, posta sulla direttrice forte
nord-sud;
x affidare ad un’area di proprietà comunale (completamente inattuata), in
località Lidarno/Collestrada, una funzione strategica per promuovere lo
sviluppo di attività produttive innovative legate ad una tipologia insediativa,
per forma e contenuti, assimilabile a quella del parco tecnologico.
Tale impostazione viene supportata da altri obiettivi specifici, quali il miglioramento
dell’accessibilità, la promozione di centri di servizio, anche se di tipo tradizionale, il
miglioramento delle qualità prestazionali, anche per la loro promozione, nonché la
riconsiderazione delle aree dismesse per finalità diverse da quelle industriali.
Dal raffronto fra i dati regionali 1996 e 2009, emerge, in coerenza con i principi
ispiratori del PRG sopra richiamati, una diminuzione del numero di agglomerati, che
passa da 63 a 53 (-15,9%); rispetto alle previsioni localizzative del previgente
strumento urbanistico generale, il nuovo Piano ha quindi determinato una
diminuzione del livello di frammentazione delle aree produttive nel territorio
comunale.
Nel periodo considerato, le aree sature risultano notevolmente aumentate (+26%), a
fronte di una sensibile diminuzione delle aree miste (-13%).
Diagramma di confronto percentuale tra le categorie di aree degli agglomerati
del Comune di Perugia per gli anni 1996 e 2009
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.
AURAPPORTI: RES 2008-09
527
Il dato regionale 2009 riporta una superficie complessiva degli agglomerati pari a ha
969,02 a fronte dei corrispondenti ha 952,54 al 1996. Nel periodo considerato, le aree
completamente libere diminuiscono da ha 130,65 a ha 103,51 e quelle miste da ha
493,98 a ha 377,79.54
Il Piano Regolatore Generale individua le aree produttive55 con la seguente
classificazione: D1 “zone per attività industriali”; D2 “zone per le piccole industrie e
per attività artigianali, di completamento”; D3 “zone per le piccole industrie e per
attività artigianali, di sviluppo”; D4 “zone per le piccole industrie e per attività
artigianali a basso indice di edificabilità”; D5 “zone per le piccole industrie, attività
artigianali e attività commerciali”; D6 “zone per attività produttive avanzate”. Con la
sigla Ds vengono classificate le aree destinate ai centri di servizi, mentre sono
individuati come zone Dn i comparti disciplinati da piani per insediamenti produttivi
(P.I.P.) di cui alla L. 865/1971, adottati ed approvati dopo l’entrata in vigore della LR
n. 31/97.
In merito ai parametri edificatori fissati dalle Norme Tecniche di Attuazione del PRG
Parte Operativa, il rapporto fra la superficie coperta degli edifici e la superficie del
lotto varia in base ai tipi di zona sopraelencati, essendo generalmente pari: a 0,50 per le
zone D1 e D2; a 0,40 per le zone D3 e D5; a 0,20 per le zone D4; altri parametri
vengono presi in considerazione per le zone D6, Ds e Dn.
Ai fini del presente Rapporto, si è voluto affrontare una lettura degli agglomerati per
“macrozone”, riconducendo le aree produttive ad entità territoriali che rappresentano i
caratteri omogenei del territorio comunale in base all’assetto insediativo ed
infrastrutturale. Tali entità, già utilizzate dal Comune di Perugia ai fini dell’analisi del
fabbisogno abitativo per la “Formazione del nuovo PEEP del Comune” approvato
nel 2007, sono le macrozone “Caina”, “Marscianese”, “Pievaiola”, “Tezio”, “Tevere
Nord”, “Eugubina”, “Ponti”, “Perugia”; la loro articolazione territoriale è
schematizzata nel grafico successivo.
54 La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice,
disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo:
geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it),
in formato Adobe Acrobat Reader PDF.
55 Il PRG contempla altresì: le “zone per la lavorazione di inerti e per attività estrattive connesse” (D7); le
zone per allevamenti industriali (D8); le zone di promozione di industrie agro-alimentari (D9); le zone per
impianti produttivi speciali a basso impatto visivo (D10).
Le zone per attività produttive a rischio di incidente rilevante, fermo restando quanto previsto dal D.M. 9
maggio 2001, sono disciplinate dall’art. 75.
L’insediamento, ove previsto, delle attività produttive, industriali ed artigianali, classificabili insalubri di 1^
classe, ai sensi del D.M 5 settembre 1994, è ammesso nei limiti e con le modalità previste dal T.U. delle
leggi sanitarie (Regio Decreto 27 luglio 1934, n.1265 ).
528
DENTRO L’UMBRIA due
Individuazione delle macrozone nel territorio comunale
Fonte: Analisi del fabbisogno abitativo per la formazione del nuovo PEEP del Comune di Perugia.
Con riferimento alle macrozone sopra illustrata, la tabella riportata di seguito offre un
quadro riepilogativo della distribuzione degli agglomerati produttivi nel territorio di
Perugia.
AURAPPORTI: RES 2008-09
529
Distribuzione degli agglomerati produttivi nelle macrozone al 2009
Macrozone
Agglomerati produttivi (2009)
N°
Denominazione
1
Caina
3
2
Marscianese
8
3
Pievaiola
6
4
5
Tezio
Tevere Nord
0
9
6
7
Eugubina
Ponti
2
19
8
Perugia
6
Totale
Fonte: Ns. elaborazioni su dati Comune di Perugia.
N° aggl.
53
Denominazione
Madonna dei Piccioni
(Mugnano); Fontignano –
Pietraia; Boschetto.
Madonna del Piano I, S.
Martino in Campo II; S.
Martino in Campo III; S.
Martino in Campo IV; S.
Martino in Campo V; S.
Martino in Campo VI; S.
Fortunato; S. Enea.
S. Mariano; S. Sisto; S.
Sabina; S. Andrea delle
Fratte; Castel del Piano;
Villa Borgia.
Pieve Pagliaccia; La
Cinella; Parlesca; Resina;
Resina – Milizia; Ponte
Pattoli I; Ponte Pattoli II,
Stazione di Resina e
Ponte Pattoli;
Ramazzano.
Piccione; Pianello.
Ponte Valleceppi I –
Ponte Felcino;
Collestrada; Ponte S.
Giovanni I; Ponte S.
Giovanni II; Balanzano I;
Villa Pitignano; Rivalta;
Ponte Felcino I; Osteria;
Ponte Felcino II; Bosco;
Ponte Valleceppi II;
Pretola; Ponte Valleceppi
III; Stazione di Ponte
Valleceppi; S. Egidio;
Balanzano; Balanzano II;
Ferriera.
Fontana – Ellera
Corciano; Settevalli;
Centova I; Centova II;
Pian di Massiano; S.
Lucia.
530
DENTRO L’UMBRIA due
x
x
x
x
x
Macrozona 1 “Caina”: si tratta di un contesto collocato nella porzione sud-ovest
del territorio comunale, lungo la statale Pievaiola, che si sviluppa dall’abitato di
Castel del Piano; oltre questo, Mugnano e Fontignano sono i centri di riferimento
dell’area. Gli insediamenti produttivi sono di limitata entità, salvo quello di
Fontignano (interamente caratterizzato dalla presenza di aree miste per ha 19,10),
ove sono individuati due ampliamenti all’area produttiva preesistente, classificati
come zone D3 ai sensi del PRG. Il tessuto produttivo risente della rarefazione
insediativa del contesto e dell’infrastrutturazione stradale costituita dalla sola
Pievaiola; risultano peraltro assenti linee ferroviarie.
Macrozona 2 “Marscianese”: occupa la parte sud del territorio comunale, lungo la
direttrice Marscianese ed il tratto della E45 sino al confine con Deruta e
Torgiano, incentrandosi sugli abitati di S. Martino in Campo, S. Martino in Colle e
S. Enea. Qui il tessuto produttivo è di apprezzabile consistenza: le aree produttive
più rilevanti sono quelle di Madonna del Piano tra la strada dei Loggi e la FCU,
quelle a ridosso dello svincolo di Montebello lungo la E45 e quelle di S. Martino
in Campo tra la E45 e la FCU, in parte occupate dagli ex allevamenti Valigi. Le
possibilità residue si concentrano essenzialmente nell’agglomerato di Madonna
del Piano I, interessato dall’attuale formazione di un piano attuativo e
completamente libero per ha 19,45; in merito agli insediamenti disposti lungo la
Marscianese, questi risultano tutti di limitata entità ed ampiamente saturi.
Macrozona 3 “Pievaiola”: ubicata ad ovest del territorio, comprende i centri di S.
Sisto, Castel del Piano, S. Andrea delle Fratte e Pila/Casenuove, accogliendo uno
dei maggiori contesti produttivi della provincia, rappresentato dagli agglomerati di
S. Andrea delle Fratte (ha 173,21) e S. Sisto (ha 84,30), quest’ultimo sede della
Nestlè-Perugina. Le principali linee di comunicazione sono costituite dalla statale
Pievaiola e dalla ferrovia Foligno-Terontola, che attraverso una diramazione della
linea serve direttamente la nota industria dolciaria. Le opportunità insediative
sono limitate a lotti residuali nella vasta superficie produttiva; di maggiore
consistenza è l’area libera a margine dell’agglomerato di S. Andrea delle Fratte (ha
2,78), in direzione Strozzacapponi, che ha trovato ampia attuazione mediante un
PIP. Sono inoltre presenti due aree produttive a margine dell’abitato di Castel del
Piano, entrambe sature, mentre limitate possibilità residue sono riscontrabili
nell’agglomerato di Settevalli (ha 10,21).
Macrozona 4 “Tezio”: attestata ad ovest, da Cenerente a S. Giovanni del Pantano,
non accoglie attualmente agglomerati produttivi, in quanto le previsioni localizzative
del previgente strumento urbanistico generale non sono state riconfermate dal
nuovo PRG per dare conto della vocazione ambientale della zona.
Macrozona 5 “Tevere Nord”: collocata a nord del territorio comunale, lungo il
percorso della E45, della Ferrovia Centrale Umbra e della Statale Tiberina, trova i
suoi centri di riferimento nelle frazioni di Ramazzano, Ponte Pattoli, Resina e
Solfagnano. Il tessuto produttivo si sviluppa lungo il corridoio infrastrutturale, a
AURAPPORTI: RES 2008-09
x
x
531
ridosso dei centri abitati, con la sua parte più consistente in prossimità dell’abitato
di Ponte Pattoli, in cui è riscontrabile una disponibilità residua di ha 1,46.
Macrozona 6 “Eugubina”: ubicata nel versante nord-est, lungo la via Eugubina, si
incentra nelle frazioni di Bosco, Colombella, Piccione, Pianello e Ripa. Tra le
infrastrutture più rilevanti, si segnala il tratto realizzato della direttrice PerugiaAncona tra la frazione di Pianello e lo svincolo di Lidarno, cui si affianca il
collegamento stradale S. Egidio – Pianello. Il tessuto produttivo si sviluppa in
parte lungo la via Eugubina, in corrispondenza di Bosco – Pieve Pagliaccia, e in
parte lungo la via Fabrianese, nei pressi di Pianello (per una superficie di ha 10,07
impegnata da aree miste), nel quale è presente una disponibilità residua, peraltro
riscontrabile anche nell’agglomerato di Piccione, libero per l’intera estensione di
ha 5,96.
Macrozona 7 “Ponti”: posta a sud-est, lungo la E45, si sviluppa da Balanzano a
Ponte Felcino – Villa Pitignano; la direttrice stradale è affiancata, per la maggior
parte del contesto, dal tracciato della FCU e dal corso del Tevere. Le frazioni di
Balanzano, Il Sardo, Ponte S. Giovanni, Valtiera, Lidarno – S. Egidio, Ponte
Valleceppi, Ponte Felcino e Villa Pitignano costituiscono il tessuto insediativo di
riferimento, connotato da molteplici poli produttivi. Due sono, in ogni caso, le
concentrazioni prevalenti: quella di Ponte S. Giovanni – Molinaccio e quella di
Ponte Felcino – Ponte Valleceppi. Nella frazione di Ponte S. Giovanni, salvo
alcune zone marginali tuttora libere, i comparti si presentano sostanzialmente
saturi. Analoghe considerazioni possono estese alla località Il Sardo, che risulta
pressoché satura per la parte prospiciente la E45 (interessata da un piano di
lottizzazione di vecchia data), con due aree libere nella fascia retrostante. Tra le
aree dismesse, si evidenzia quella interessata dalla recentissima demolizione del
Pastificio Ponte, situata a Ponte S. Giovanni, di cui il PRG prevede la
riconversione con funzioni plurime: residenza, commercio, terziario; il valore
aggiunto della trasformazione dell’area è da ricercarsi nella realizzazione di un
ampio accesso al Tevere dagli insediamenti abitativi esistenti. Un consistente
impegno delle aree caratterizza inoltre gli agglomerati produttivi di Collestrada e
Ponte S. Giovanni II; per il primo risultano ancora liberi ha 4,44, mentre il
secondo presenta aree miste per l’intera superficie di ha 49,64. Lungo la E45, in
prossimità dello svincolo di Lidarno con la superstrada per Ancona, risulta ad
oggi ancora libera la zona D6 di proprietà comunale nell’agglomerato di S. Egidio
(ha 13,67), mentre gli agglomerati nn. 31 e 33 di Ponte Valleceppi sono saturi. Più
a nord, nell’ambito del vasto agglomerato posto tra Ponte Valleceppi e Ponte
Felcino, dell’estensione di ha 87,80 ed interessato da un PIP, risulta libera una
consistente zona D3 (ha 21,22), cui si aggiunge la disponibilità presente in altre
due zone, di cui una in fase di attuazione. All’agglomerato Ponte Felcino II,
integralmente occupato dal lanificio, si affianca l’altro, ubicato tra la E45 e la
Statale Tiberina, con una modesta disponibilità residua. Satura è infine l’area
produttiva di Villa Pitignano, posta tra la FCU e la Tiberina.
532
DENTRO L’UMBRIA due
x
Macrozona 8 “Perugia”: si incentra nel capoluogo e nelle zone limitrofe quali
Prepo, Pallotta, Madonna Alta, S. Lucia, S. Marco, Olmo, Ferro di Cavallo,
Casaglia, Montelaguardia. Tra gli agglomerati produttivi storici, si segnala quello di
S. Lucia (ha 12,82), per il quale il PRG vigente ha confermato la destinazione
industriale e che accoglie lo stabilimento Spagnoli; si registra, al contempo, la
saturazione dell’agglomerato di Olmo (Officine Piccini). Trattando degli
agglomerati urbani, si evidenzia il processo di rinnovamento delle strutture
collocate nelle aree tra Via Settevalli e Ponte della Pietra, le cui aree risultano
ampiamente impegnate. Il fenomeno riflette qui una marcata propensione alla
modifica delle attività, da produttive a commerciali; in proposito, il nuovo PRG
ha destinato parte delle strutture esistenti a zone per servizi privati, in quanto
concepita come zona mista in cui possano coesistere attività produttive, anche
tradizionali, con funzioni residenziali, commerciali e servizi.
Il diagramma seguente sintetizza, in termini percentuali, la ripartizione delle superfici
degli agglomerati produttivi nelle macrozone sopra descritte. Si nota immediatamente
la maggiore concentrazione di superficie produttiva nelle macrozone “Ponti” (38,2%),
“Pievaiola” (30,3%) e “Perugia” (12,4%).
Diagramma di ripartizione percentuale della consistenza degli agglomerati per
macrozona (2009)
Macrozona 1 - Caina; 2,5%
Macrozona 2 - Marscianese; 6,7%
Macrozona 8 - Perugia; 12,4%
Macrozona 3 - Pievaiola; 30,3%
Macrozona 7 - Ponti; 38,2%
Macrozona 4 - Tezio; 0,0%
Macrozona 5 - Tevere Nord; 8,3%
Macrozona 6 - Eugubina; 1,6%
Fonte: Ns. elaborazioni su dati Comune di Perugia.
AURAPPORTI: RES 2008-09
533
Foligno
Distribuito fra il contesto urbano del capoluogo, i nuclei frazionali del sistema della
pianura e le frazioni montane, il tessuto produttivo di Foligno presenta un’ampia
articolazione localizzativa, interessando la gran parte degli abitati presenti nel territorio
comunale. Gli insediamenti risalgono in alcuni casi a data antichissima, specialmente
per quanto riguarda i settori connessi allo sfruttamento della forza idraulica: il Menotre
offriva un regime idraulico costante, e dunque una costante potenzialità ai fini
produttivi. Successivamente, i fattori di centralità infrastrutturale (ferrovia, statale
Flaminia) hanno conferito progressiva importanza alla città.
Un’importante, storica presenza è costituita dalle industrie alimentari, legate ad una
significativa realtà agricola: sono sorti pastifici, uno zuccherificio, un panificio militare
ed altri opifici afferenti al settore. Egualmente rappresentata risulta l’industria
meccanica, con la presenza dell’AUSA-Macchi, per la meccanica aeronautica di
precisione.
Dopo il secondo conflitto mondiale si assiste al fenomeno di riconversione
dell’industria bellica: tra i settori dell’industria e dei servizi si colloca l’attività delle
Grandi Officine Riparazioni Ferroviarie, strettamente connessa, come l’intero sistema
produttivo folignate, a fenomeni di rilevanza pubblica. Tra i casi di riconversione
dell’industria militare si annovera anche l’insediamento della Umbria Cuscinetti
(recentemente trasferitasi nell’agglomerato Paciana), cui si aggiunge, progressivamente,
un tessuto produttivo minuto che caratterizza tutt’oggi la realtà locale.
Il rilevamento IRRES del 1996 registrava complessivamente venti agglomerati in cui
riconfluivano, ai sensi del PRG ’77, le varie tipologie delle zone produttive, a
cominciare dalle prime realtà legate al passaggio dalla manifattura all’industria tipico
dei primi del Novecento.
Foligno presenta un contesto produttivo articolato in due sistemi principali, situati a
nord e a sud del centro abitato, già classificati dal PUT56 come “ambiti di
concentrazione delle attività produttive nei quali gli agglomerati presentano un alto
grado di saturazione ove sono favoriti processi di riqualificazione ambientale, riordino
urbanistico nonché di adeguamento delle dotazioni infrastrutturali”. E’ infatti possibile
individuare un sistema lineare omogeneo, connotato da fattori di continuità, che si
sviluppa da Spello a Trevi, e che trova i suoi elementi di forza nell’agglomerato
produttivo di Paciana57 (ha 127,73 secondo il dato regionale al 2009, con una
disponibilità residua di ha 7,42), situato nella porzione ovest del territorio di Foligno,
in prossimità del confine comunale con Spello, e in quello di S. Eraclio (ha 126,05),
che viene a saldarsi, a sud, con il contesto produttivo di Trevi.
Piano Urbanistico Territoriale della Regione Umbria, approvato con L.R. 24 marzo 2000, n. 27.
L’agglomerato Paciana accoglie il BIC Umbria, centro servizi con annessi laboratori volto a
promuovere l'imprenditorialità dell'area in cui opera e di conseguenza a sostenere lo sviluppo economico
del territorio. Esso ricopre il ruolo di struttura "incubatrice" di nuove attività produttive con lo scopo di
dare impulso alla creazione di nuove imprese e di favorire lo sviluppo e l'innovazione di quelle esistenti.
56
57
534
DENTRO L’UMBRIA due
Al sistema sopra descritto si aggiungono gli altri contesti produttivi distribuiti nel
vasto territorio comunale, che possono essere raggruppati secondo la loro
collocazione geografica. Alla parte nord-est del territorio, situati in un contesto
collinare ed alto-collinare, appartengono gli agglomerati di Annifo (ha 3,44), Colfiorito
(ha 10,98 con aree libere per complessivi ha 3,23), Verchiano (ha 4,33 con aree libere
pari a ha 1,86) e Casenove (ha 0,72), la cui destinazione produttiva, a prevalente
carattere artigianale, risale alla metà degli anni Ottanta. Può essere inoltre trattato
unitariamente il sistema degli agglomerati di Rasiglia, Scopoli, Pale e Belfiore, la cui
superficie complessiva ammonta a circa ha 4,5 lungo la valle del Menotre, nella
porzione settentrionale del territorio comunale, che presenta caratteristiche di
omogeneità per origine e natura degli insediamenti; si tratta di un sistema produttivo
storico, fondato sulla distribuzione degli opifici lungo il fiume, che assicurava un
tempo la necessaria alimentazione ai cicli produttivi. La sua caratterizzazione è del
tutto peculiare, in quanto presenta aree interessate da processi di dismissione, attestate
nei piccoli centri frazionali della valle. Si ricordano in proposito le officine cartarie e
poligrafiche di Pale e Belfiore (Cartiere Sordini), la cui attività “industriale” si
consolida ai primi del secolo, e l’ex Lanificio Tonti di Rasiglia.
Esaminando a grandi linee i rapporti funzionali tra le aree produttive ed il contesto
urbanistico di riferimento, si può osservare che i due poli maggiori, Paciana e S.
Eraclio, sono connotati da un diverso grado di interazione con la componente
residenziale, che risulta più prossima (sino ad essere inglobata) alle superfici produttive
nel caso di Paciana, mentre questa assume un carattere di maggiore tangenzialità a S.
Eraclio, in quanto l’omonimo abitato lambisce l’estremità nord dell’agglomerato,
rimanendo tuttavia esterno ad esso. Entrambi situati in pieno contesto pianeggiante,
sono ampiamente circondati dal contesto agricolo.
Per quanto attiene alla presenza di servizi, oltre al già citato BIC Umbria a Paciana, si
ricorda che a S. Eraclio, come accennato in precedenza, si incentra la localizzazione di
un’Area Leader del Quadrilatero Marche-Umbria, legata funzionalmente alla
piattaforma logistica progettata per servire, sia su gomma che su ferro, un bacino che
include i comprensori della Valle Umbra Sud, dello Spoletino e della Valnerina. La
particolare localizzazione baricentrica la rende un punto strategico per il collegamento
stradale e ferroviario della Regione Umbria con Roma e il versante marchigiano
dell’Adriatico; compresa tra la linea ferroviaria Orte-Falconara e l’aeroporto di
Foligno, risulterà collegata alla rete viaria principale attraverso la SS3 Flaminia
Flaminia, nel tratto Foligno-Spoleto, e alla rete ferroviaria mediante l’impianto di
movimento all’interno dell’area della stazione FS di Foligno58.
58 La base dispone di un terminal intermodale, un terminal per l’autotrasporto (raggiunto da un’ulteriore
asta di binario, più binario di manovra, che raggiunge i magazzini a ribalta), un centro di distribuzione
urbana e un centro servizi alla persona e ai mezzi, con stazione per rifornimento carburante esterna e
possibilità di realizzare anche una struttura ricettiva.
AURAPPORTI: RES 2008-09
535
Tra gli agglomerati più prossimi al centro urbano vanno inoltre considerati quelli di S.
Paolo - Cappannaccio (ha 4,72), Via Fornaci Hoffman (ha 4,42) e Via Roma (ha
15,52), i primi localizzati a nord-est della città, separati fra loro dal nuovo tratto della
SS3 Flaminia e dal percorso del fiume Topino, l’ultimo inglobato in essa, essendo
parte integrante del tessuto edilizio del capoluogo, che nella sua porzione sud trova la
sua conclusione nell’abitato di S. Eraclio.
Altri agglomerati, come S. Giovanni Profiamma (ha 14,27) e S. Giovanni Nord –
Pontecentesimo (ha 5,67 con aree libere per ha 4,21), pur essendo collocati lungo la
SS3 Flaminia, non stabiliscono relazioni dirette con il contesto urbano. A questi si
aggiungono quelli di Ponte Nuovo (ha 5,77) e Moano (ha 7,69), posti rispettivamente
alle estremità ovest e sud del territorio comunale, entrambi distanti da centri abitati.
Per quanto attiene al livello di utilizzazione delle aree, il grafico seguente offre una
comparazione sintetica fra la situazione rilevata dall’IRRES nel 1995-96 sulla base del
previgente PRG e quella al 2009, derivante dall’assetto configurato dall’attuale
strumento urbanistico generale.
Diagramma di confronto percentuale tra le categorie di aree degli agglomerati
del Comune di Foligno per gli anni 1996 e 2009
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.
Come precedentemente accennato, le previsioni localizzative del PRG ’97 danno
luogo ad una lieve diminuzione del numero di agglomerati rispetto alla situazione
rilevata nel corso dell’indagine IRRES 1995-96. Il livello di frammentazione delle aree
al 2009 è pertanto diminuito, con gli attuali 17 agglomerati a fronte dei 20 desunti dal
PRG previgente. La superficie complessiva degli agglomerati ammonta, secondo il
dato regionale 2009, a ha 335,13, di cui ha 5,34 relativi ad aree dismesse, ha 19,31
536
DENTRO L’UMBRIA due
disponibili da aree libere, ha 137,39 occupate da aree miste, ha 171,15 da aree sature e
ha 1,94 da aree verdi.
Rispetto alla situazione rilevata nel 1996, le aree sature fanno registrare un incremento
del 32%, a fronte di un -22% per le aree miste e un -5% per le aree totalmente
disponibili.59
L’attuale tessuto produttivo riconferma la sostanziale distribuzione delle aree già
presenti e consolidate, sebbene il PRG ’97 presenti una diversa classificazione delle
aree, che tuttavia solo per i principali agglomerati presentano variazioni apprezzabili
nel loro assetto dimensionale; esse trovano, nel nuovo strumento urbanistico generale,
una maggiore “specializzazione” derivante dall’introduzione di destinazioni mirate,
specialmente in merito alle aree dismesse o comunque destinate a funzioni di
ricucitura urbana.
Il grafico sintetizza i tipi di zona individuati dal PRG relativamente agli spazi destinati
alla produzione industriale ed artigianale, cui vanno ad aggiungersi le zone a
caratterizzazione commerciale e turistica, che non vengono trattate in questa sede.
Diagramma relativo all’offerta delle aree produttive sulla base del PRG del
Comune di Foligno
Fonte: Ns. elaborazioni da PRG ’97 Comune di Foligno.
59 La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice,
disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo:
geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it),
in formato Adobe Acrobat Reader PDF.
AURAPPORTI: RES 2008-09
537
Le aree industriali ed artigianali individuate dal PRG ’97 si riferiscono sia a tessuti
urbani a mantenimento produttivo60 (zone UC/MPIA) che a tessuti urbani di
espansione locale61 (zone UC/EPIA). Il Piano individua inoltre le zone soggette a
“disciplina particolareggiata pregressa” (zone UP/PIP, UP/PPE, UP/PDL),
attribuendo tale denominazione a quelle aree produttive già presenti nel PRG
previgente, dunque attuate mediante piani attuativi di precedente formazione, di
iniziativa pubblica e privata62.
Le specifiche modalità di attuazione sono contenute nell’art. 52 (Disciplina dei tessuti)
delle NTA del PRG ’97, che stabiliscono l’attuazione diretta per i tessuti a
mantenimento (zone UC/MPIA) e l’attuazione indiretta per i tessuti di espansione
locale (zone UC/EPIA); per entrambe le tipologie di zona, l’indice di utilizzazione
fondiaria è fissato nel valore di 0,65 mq/mq. Gli standard urbanistici sono prescritti,
dal medesimo articolo, nelle quote del 10% di parcheggi e del 5% di verde per le zone
UC/MPIA, mentre per le zone UC/EPIA le quantità richieste salgono al 10% di
parcheggi e al 10% di verde63; gli standard vanno reperiti anche per gli insediamenti
produttivi soggetti a disciplina particolareggiata pregressa (zone UP/PIP, UP/PPE,
UP/PDL) per le parti non attuate.
Particolare rilevanza assumono inoltre i cosiddetti “Ambiti di strutturazione locale”,
che comprendono le “aree di primo impianto produttivo” (zone UT/SLP), atte a
soddisfare la domanda di nuovo insediamento o reinsediamento produttivo64. La
disciplina di queste zone è definita dalle relative “schede d’ambito” contenute negli
elaborati del Repertorio delle schede degli Ambiti urbani di trasformazione65.
In particolare, l’ex-Zuccherificio e l’ex Centro Fiera - Colorificio Mariotti
rappresentano casi emblematici dei fenomeni di dismissione produttiva nel contesto
60 Ai sensi delle Norme Tecniche di Attuazione del PRG ’97, art. 51, costituiscono i Tessuti urbani
consolidati a Mantenimento le parti della città consolidata in tempi relativamente recenti in attuazione dei
Piani Regolatori Generali del 1960 e del 1973 e successive varianti parziali; detti tessuti sono articolati in
riferimento alla densità edilizia che presentano ed alle prevalenti destinazioni degli edifici.
61 Ai sensi delle stesse NTA, i Tessuti urbani consolidati riguardano piccole porzioni incomplete della città
consolidata e si suddividono in tessuti di Completamento locale (soggetti ad attuazione diretta condizionata) e
in tessuti di Espansione locale (soggetti ad attuazione indiretta).
62 Per queste zone (cfr. art. 54 NTA), il PRG ’97 fa propria la disciplina di cui ai relativi strumenti
urbanistici in vigore anche solo adottati, fermo restando che agli edifici realizzati in attuazione di detti
strumenti si applica, ai fini delle categorie di intervento, la disciplina del Tessuto a mantenimento
produttivo e fermo restando il rispetto dell’indice attribuito dalla disciplina particolareggiata originaria.
63 Gli standard si riferiscono alla superficie fondiaria per le zone ad attuazione diretta e alla superficie
territoriale per le zone ad attuazione indiretta (mediante piano attuativo).
64 A questi si aggiungono le aree dismesse o in dismissione già di pertinenza di opifici industriali o di
impianti ed attrezzature di servizio, classificate come “ambiti urbani di trasformazione” ed articolate in
zone UT/SUAD e UT/SLAD, le prime con valenza di strutturazione urbana, destinate ad un ruolo di
riferimento funzionale e morfologico di rilevanza urbana, le seconde con valenza di strutturazione locale,
la cui rifunzionalizzazione deve assumere rilevanza di quartiere o di parte urbana. Entrambe le tipologie,
ai sensi del PRG ’97, assumono la classificazione di zona omogenea “C”.
65 Elaborato P4 del PRG ’97. Ogni scheda contiene gli elementi prescrittivi del disegno di suolo e la
simulazione dell’assetto di progetto.
538
DENTRO L’UMBRIA due
urbano66. Insieme ad altri siti dismessi, questi agglomerati sono stati classificati dallo
strumento urbanistico generale come “ambiti di trasformazione”, attuabili soltanto
mediante modalità indiretta.
Il PRG ‘97 classifica le due aree sopracitate come zone UT/SUAD, ovvero come
ambiti di “strutturazione urbana”, la cui riconversione deve assumere un significato di
riferimento funzionale e morfologico di rilevanza urbana. L'area dell'ex Centro fiera e
dell'Umbria Cuscinetti è stata peraltro oggetto di un Programma di Recupero Urbano
(PRU) che prevede una consistente quota di edilizia residenziale pubblica.
Tra le iniziative mirate all’incremento dei livelli qualitativi delle aree, si colloca la
partecipazione del Comune di Foligno al bando regionale Docup Ob. 2 (2000-2006),
Misura 1.1. Azione 1.1.2, relativo al finanziamento di studi di prefattibilità redatti da
enti locali e loro forme associate finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree
produttive67, illustrato nelle sue linee generali nel paragrafo “Il tema delle aree
produttive nella storia della Regione Umbria”.
Con riferimento a tale iniziativa, nel 2005 il Comune ha proposto un articolato piano
di interventi per gli agglomerati di Colfiorito (area geografica della montagna), Moano,
Paciana, Ponte Nuovo, San Giovanni Profiamma, San Paolo Cappannaccio,
Sant’Eraclio, Via Roma (area geografica della pianura), mirati al raggiungimento di uno
sviluppo sostenibile locale ispirato ai principi delineati dalla Carta di Aalborg.
66 Il tema delle aree dismesse assume rilevante importanza nel PRG ’97, che individua nella
rifunzionalizzazione di tali aree un'opportunità per ridisegnare l'identità urbana; esso fornisce puntuali
indicazioni sia volumetriche sia relative alle destinazioni d'uso per le aree dismesse o in dismissione.
67 Regione dell’Umbria – Giunta Regionale – Direzione regionale politiche territoriali, ambiente ed
infrastrutture – “Avviso per il finanziamento di studi di prefattibilità redatti da Enti locali e loro forme
associate finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree produttive in ambito Ob. 2 e Phasing-out
del DOCUP (2000-2006). (Approvato con determinazione dirigenziale 16 luglio 2003, n. 6503).
Ai sensi della classificazione Docup sancita nel suddetto Avviso, il territorio del Comune di Foligno
risulta pressoché interamente inserito nell’ambito dell’Obiettivo 2; ne rimane esclusa una porzione che
interessa il quadrante occidentale del capoluogo, estesa sino ai confini comunali con Bevagna e Trevi,
classificata in regime “phasing-out”.
A fronte dell’intera superficie comunale, pari a 263,77 kmq, l’ambito appartenente all’Obiettivo 2 occupa
una superficie di 234,94 kmq (pari all’89% del suolo comunale), mentre la porzione in “phasing-out”
occupa 28,83 kmq (pari al rimanente 11%).
AURAPPORTI: RES 2008-09
539
Studio di prefattibilità per la riqualificazione delle aree produttive di Foligno –
Ripartizione percentuale dei costi degli interventi per agglomerato
Fonte: Studio di prefattibilità per la riqualificazione delle aree produttive di Foligno, predisposto ai sensi della
Determinazione Dirigenziale Regione Umbria 16 luglio 2003, n. 6503 “Avviso per il finanziamento di studi di
prefattibilità redatti da Enti locali e loro forme associate finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree
produttive in ambito Ob. 2 e Phasing-out del Docup (2000-2006).
Città di Castello
Città di Castello, la maggiore realtà comunale dell’Alta Val Tiberina, si caratterizza per
un’ingente presenza di complessi produttivi, spesso concentrati in zone del territorio
urbanizzato anche di grande estensione. Vari sono i settori interessati, e dunque le
configurazioni fisiche e funzionali che ne derivano; risultano in ogni caso
caratterizzanti il tipico modello costituito dalla piccola e media industria e la forte
presenza dell’artigianato. Tra i settori storici di attività, quello grafico e cartotecnico è
senz’altro tra i più rilevanti, risalendo le sue origini industriali al 1700.
Il tessuto produttivo si sviluppa principalmente lungo il corridoio infrastrutturale
costituito dall’asse stradale della E45 e dalla Ferrovia Centrale Umbra, che insieme alla
SS3 bis solcano longitudinalmente il territorio comunale. Quello che si configura è un
sistema ad andamento lineare, con caratteri di continuità da San Giustino ad
Umbertide; il corso del fiume Tevere delimita il sistema produttivo principale lungo il
suo lato ovest. A questo si aggiunge l’insieme degli agglomerati distribuiti nei nuclei
frazionali, che rappresenta comunque una parte cospicua della realtà produttiva locale.
Nel contesto produttivo principale, comprendente gli agglomerati di Cerbara,
Regnano, Zona Industriale Nord - Riosecco, Zona Industriale Sud, Cinquemiglia e
540
DENTRO L’UMBRIA due
Coldipozzo, le aree si presentano pressoché sature; va comunque considerata
l’opportunità del recupero di alcuni siti dismessi, per i quali vanno distinti i casi di
dismissione remota e quelli di dismissione recente. I primi si riferiscono a siti prossimi
al centro urbano, anche classificati come “aree speciali” dal vigente strumento
urbanistico generale; tali aree, interessate da fenomeni di dismissione storica come gli
ex Mulini Brighigna e le ex Manifatture Tabacchi, sono infatti ubicate, in alcuni casi,
anche all’interno della zona A; esse risultano pertanto esterne ai 15 agglomerati
produttivi individuati al 2009 e la loro riconversione prevede destinazioni d’uso
diverse da quella produttiva.
In merito ai fenomeni di dismissione recente, a causa della crisi economica, si assiste
ad un relativo svuotamento degli impianti produttivi, che necessita dei necessari
approfondimenti in quanto oggetto di una veloce evoluzione; si ritiene che
l’Osservatorio delle Aree Produttive68, recentemente istituito, possa essere lo
strumento più idoneo per monitorare tale situazione, evidenziando le opportunità
insediative che di volta in volta vengono a generarsi.
Rispetto al rilevamento delle aree produttive effettuato dall’IRRES nel 1995-96 sulla
base del previgente piano urbanistico, il PRG 200069 ha essenzialmente preso atto e
riconfermato l’assetto localizzativo esistente; in particolare, è stata confermata la zona
di Cerbara come area produttiva prioritaria, introducendo altresì un nuovo
agglomerato produttivo in località Coldipozzo, dell’estensione complessiva di circa 20
ettari, a destinazione artigianale. Questo tessuto è sorto in una zona valliva in
allineamento alle principali infrastrutture di carattere sovra-regionale (E45) ed in
continuità con le previsioni urbanistiche del Comune di Umbertide, limitrofo per
territorio. L’area di Coldipozzo è stata attuata e gestita attraverso un piano attuativo di
iniziativa pubblica (PIP) ai sensi della L. 865/1971.
Le aree produttive di Città di Castello risultano nettamente distinte dalla componente
residenziale; alcuni punti di tangenza possono essere rilevati in corrispondenza
dell’abitato di Cerbara, sebbene questo si trovi ad est della linea ferroviaria della FCU,
che funge da filtro e da elemento separatore fra tessuto produttivo e residenza.
Per quanto attiene alla presenza dei servizi, intesi come uffici ed attività di varia natura,
volti ad offrire prestazioni di supporto alle aziende produttive, va precisato che con i
Cfr. paragrafo “Gli aspetti gestionali”.
Il Piano Regolatore Generale di Città di Castello, approvato con Deliberazioni di Cinsiglio Comunale
nn. 72 e 73 del 18 dicembre 2000 e adeguato con le modifiche apportate dalle Varianti approvate,
individua le aree produttive come zone “D”, articolandole in varie tipologie in funzione della destinazione
d’uso e delle modalità di attuazione.
Alle aree “di completamento”, parzialmente occupate (ad oggi pressoché totalmente edificate),
appartengono le zone D1, a caratterizzazione prettamente industriale, e le zone D2, destinate
all’insediamento delle strutture per la piccola e media impresa; per entrambi i tipi di area l’attuazione
avviene con modalità diretta. A queste si aggiungono le zone DSA, già normate da piani attuativi di
iniziativa pubblica e privata, le zone D3 e D5, più marginali rispetto alle altre, le zone D4 inerenti alle
attività estrattive; infine le zone D6, destinate a comparti attuativi di nuova previsione, anche in questo
caso di iniziativa pubblica e privata.
68
69
AURAPPORTI: RES 2008-09
541
piani urbanistici generali e particolareggiati, è stata prevista la dotazione di appositi
edifici da destinare a centro servizi all’interno delle zone produttive di Cerbara e
Coldipozzo.
La stessa considerazione è valida per i rapporti fra zone D e ambiti commerciali,
sebbene all’interno della zone D1 e D2 sia consentito l’insediamento di specifiche
attività commerciali legate alla media struttura di vendita, riferite a particolari categorie
regolamentate dal PRG Parte Strutturale (cfr. art. 42 NTA).
Nel contesto produttivo principale si colloca inoltre una delle tre piattaforme
logistiche previste nel territorio regionale ai sensi della L. 443/2001, quella di Città di
Castello – San Giustino, per la quale sono in corso le procedure per l’assegnazione dei
lavori su bando di gara europeo. La piattaforma è situata tra le zone industriali dei due
omonimi Comuni, in un’area a cavallo del confine fra i territori dei due Comuni,
vicino a vaste aree industriali, in corrispondenza del nodo stradale tra la E 45 e la E78
(Umbria settentrionale, contigua provincia della Toscana). La base dispone di un
terminale monomodale (trasporto su gomma), costituito da un terminal per
l’autotrasporto, un centro di distribuzione urbana, un’area per i servizi alla persona e ai
mezzi, posta immediatamente all’esterno del varco d’ingresso dell’area, dotata di
officina, stazione rifornimento carburante, struttura ricettiva.
Passando ad esaminare gli agglomerati produttivi dei nuclei frazionali, comprendenti le
Zone Industriali di Lerchi, S. Lucia, S. Secondo, Bivio Lugnano, Trestina, Fabbrecce,
Promano, S. Leo Bastia e Morra, questi risultano generalmente proporzionati all’entità
degli abitati. Si tratta di aree connotate da uno sviluppo a valle dei nuclei residenziali,
dai quali risultano, anche in questo caso, funzionalmente separati. Non va peraltro
trascurato che a Città di Castello sono presenti aziende di rilevanza nazionale ed
europea, che trovano localizzazione anche negli agglomerati delle frazioni.
Nei suddetti contesti si registrano comunque interventi di miglioramento viario per un
più agevole raggiungimento delle sedi produttive; l’area di Trestina ha visto, in
particolare, la recente realizzazione di un’opera stradale volta ad un migliore
collegamento delle singole zone dell’agglomerato; interventi simili hanno interessato il
raccordo fra la zona industriale Nord e Cerbara, precedentemente citati.
Attualmente, anche gli agglomerati frazionali sono caratterizzati da una scarsa
potenzialità residua in termini insediativi; è tuttavia in corso di formazione una
Variante al PRG finalizzata all’individuazione di nuove aree produttive tra Cerbara e
Regnano (appendice sud di Cerbara), utilizzando una porzione di suolo attualmente
classificata a verde e servizi.
Sotto il profilo ambientale, le aree risultano generalmente ben localizzate, in quanto
non determinano particolari interferenze con i sistemi naturalistici di maggior pregio.
L’unica area produttiva introdotta in un ambito totalmente agricolo è la zona di
Coldipozzo, prevista in prossimità del confine con il comune di Umbertide.
Le aree produttive trovano specifica trattazione specifica nelle norme tecniche di
attuazione del PRG Parte Operativa; nel Titolo V delle NTA, relativo a “Disposizioni
riferite allo spazio urbano e periurbano – Ambiti urbani a prevalente destinazione
542
DENTRO L’UMBRIA due
produttiva”, l’art. 26 fissa le disposizioni generali per il tessuto produttivo del territorio
comunale, stabilendo la disciplina delle aree. Nel dettaglio vengono definiti i tipi di
zona, individuando: le zone D1 “Edilizia industriale con caratteri integri”, le zone D2
“Edilizia per la produzione con il modello della piccola impresa familiare”, le zone D3
“Aree di integrazione e ampliamento per gli insediamenti produttivi esistenti”, le zone
D5 “Edifici per la produzione realizzati in ambienti non compatibili”, le zone D6
“Zone da destinare a nuovi insediamenti produttivi”, relative ad una serie di comparti
industriali, riconducibili agli agglomerati di Cerbara, San Secondo, Promano, Morra,
Coldipozzo, San Leo Bastia, stabilendone la disciplina e rimandando la loro attuazione
attraverso Piani Particolareggiati.
Da un esame delle NTA, per questi ambiti l’altezza massima consentita dei fabbricati
si attesta prevalentemente sui 13 ml. fuori terra (altezza modificata con la variante n.
21 al PRG del 2008, in precedenza l’altezza massima era pari a ml. 10), mentre il
rapporto di copertura massimo all’interno di ogni lotto è pari generalmente al 60%
della superficie totale; le quote minime di parcheggio e di verde sono fissate
rispettivamente nella misura del 10% e del 5% della superficie totale del lotto di
riferimento.
Il diagramma successivo fornisce un riepilogo degli agglomerati produttivi distribuiti
nel territorio comunale, con un raffronto tra la situazione risultante dall’Indagine
IRRES 1995-96 e l’aggiornamento al 2009 70.
Diagramma di confronto percentuale tra le categorie di aree degli agglomerati
del Comune di Città di Castello per gli anni 1996 e 2009
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT e Comune di Città di Castello.
70 Il collaudo e la verifica dei dati raccolti per l’indagine 2009 sono in via di completamento da parte dei
competenti Uffici Regionali.
AURAPPORTI: RES 2008-09
543
Dal raffronto tra i dati regionali al 1996 e al 2003, la disponibilità di aree
completamente libere al 2003 fa registrare su un valore prossimo al 5,5% della
superficie totale dei 14 agglomerati, mentre le aree sature continuano ad attestarsi su
valori prossimi al 60%.
I dati forniti dal Comune di Città di Castello, aggiornati al 2009, evidenziano una
ripartizione sensibilmente diversa da quella riscontrata al 1996; la superficie
complessiva degli agglomerati risulta, ad oggi, pari a ha 395,61, con un incremento del
5,8% rispetto all’analogo dato rilevato dall’IRRES nel 1996 (ha 373,76).
L’attuale articolazione di tale superficie presenta aree sature per ha 285,06, fortemente
incrementate rispetto al 1996 (+22,6%) ed aree totalmente disponibili per ha 14,90,
dato, quest’ultimo, molto prossimo a quello del 1996; a queste si aggiungono le aree
miste, che al 2009 misurano ha 41,11, valore più che dimezzato rispetto a quello del
1996. I servizi occupano ha 33,75 a fronte dei circa 19 ettari riscontrati al 199671.
La disponibilità di aree libere o comunque residue va essenzialmente ricercata
nell’ambito delle zone D6 presenti nel tessuto produttivo dei nuclei frazionali; ulteriori
possibilità insediative sono altresì riconducibili alla formazione della Variante n. 22
tuttora allo stato di adozione, volta all’individuazione di una nuova area produttiva di
tipo D6 a sud di Cerbara, dell’estensione di oltre 6 ettari.
Dinamiche insediative e dotazione infrastrutturale: un quadro della situazione nei poli produttivi
principali della provincia di Terni
Nelle aree a carattere produttivo le infrastrutture a rete efficienti e i servizi rivolti
principalmente alle attività produttive contribuiscono alla loro redditività, innescando
economie di scala e di gestione che agevolano le imprese e favoriscono la
compatibilità ambientale dei processi lavorativi.
Dall’aggiornamento dell’indagine del 1996 vengono individuate realtà con gradi di
infrastrutturazione molto differenti tra loro. Ciò è imputabile soprattutto alla diversa
rilevanza dei vari insediamenti produttivi in quanto gli agglomerati maggiori sono i più
dotati di servizi e ospitano le aziende di maggior rilievo, mentre altri ne sono
sprovvisti. Incidono in maniera rilevante carenze in ordine alla accessibilità, derivate
sia dalla stessa conformazione morfologica dei siti (es, siti collinari, valli strette, aree
troppo vicine ai corsi torrentizi o fluviali) che alla diversa valenza strategica, derivante
dalla connessione alle maggiori reti stradali ed autostradali, dalla possibilità di una
mobilità delle merci tramite trasporto su ferro, dalla presenza di basi logistiche e zone
di movimentazione merci. Per la maggio parte le zone produttive sono localizzate
nelle aree di piana o nei territori vallivi, non distanti dai medi centri urbani regionali,
71 La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice,
disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo:
geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it),
in formato Adobe Acrobat Reader PDF.
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DENTRO L’UMBRIA due
dotate di sufficienti collegamenti alle principali vie di comunicazione. Se dal punto di
vista localizzativo questa è sicuramente la migliore situazione per le imprese, dal punto
di vista ambientale e paesaggistico provoca forti contrasti nelle conflittualità tra
destinazioni d’uso del territorio, consumando territorio agricolo spesso di pregio e
configgendo con le matrici ambientali.
Le maggiori aree produttive sono ubicate nei pressi di Terni, capoluogo provinciale,
con una superficie complessiva di quasi 620 ettari72 organizzati in 6 grandi nuclei
produttivi ed aree minori frammiste al tessuto urbano, e degli altri centri ad esso
collegati, quali Narni (6 agglomerati maggiori ed altri 2 nelle frazioni, per un totale di
circa 390 ettari73), San Gemini (24,6 ettari74), Acquasparta (43 ettari75) e Stroncone
(57,4 ettari76), secondo un modello incentrato sulla Conca Ternana e con diramazioni
lungo gli assi viari di collegamento.
Altre aggregazioni di zone produttive di tipo intercomunale sono site in prossimità
degli svincoli autostradali e delle principali stazioni ferroviarie, quali quelle dei comuni
di Fabro, Ficulle e Monteleone di Orvieto, per un totale di 47 ettari77, concentrate
nelle vicinanze dell’uscita dell’autostrada A1 (Casello di Fabro), dei Comuni di
Attigliano e Giove (per complessivi 49 ettari78) nei pressi dello casello autostradale di
Attigliano; Otricoli (14 ettari79) in vicinanza dell’uscita autostradale di Magliano Sabina.
Si evidenzia come tutte queste aree abbiano uno sviluppo lineare lungo la viabilità
principale; allo stesso modo nei comuni di Arrone, Montefranco e Ferentillo le zone
produttive si trovano lungo la Strada Statale Valnerina ed anche nei comuni di
Allerona, Castel Viscardo e Orvieto. In particolare in quest’ultimo Comune gli
agglomerati di Ponte Giulio e Bardano, nonché le nuove aree previste dal PRGS, per
complessivi 188 ettari80, sono situate nelle zone pianeggianti adiacenti alla ferrovia e
all’autostrada, collegate sia all’uscita autostradale di Fabro che a quella di Orvieto.
Nella parte di territorio ricadente nell’ambito provinciale, solamente in pochi comuni
sono site zone industriali e artigianali fortemente connotate, mentre nei pressi di alcuni
centri minori, lontane dagli assi viari principali, sono maggiormente presenti aree
destinate a commercio e artigianato di piccole dimensioni. L’esistenza di queste zone
produttive di modesta estensione è dovuta spesso alla necessità di insediarvi alcune
attività artigianali di interesse essenzialmente locale.
dati SIAT 2009, che non hanno interamente compreso servizi e attività connesse.
dati SIAT 2009, che non hanno interamente compreso servizi e attività connesse.
74 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT.
75 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT.
76 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT.
77 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT.
78 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT.
79 dati ricerca IRRES 1995-1996, elaborati da SIAT
80 dati SIAT 2009, che non hanno interamente compreso servizi e attività connesse
72
73
AURAPPORTI: RES 2008-09
545
Offerta delle aree produttive per gli anni 1996 e 2009 per i Comuni della
Provincia di Terni
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.
Per quanto attiene la lettura dei Piani comunali, per la maggior parte già adeguati alla
L.R. 31/97 ed, in alcuni casi, alla L.R.11/2005 81, la maggior parte delle zone
produttive dei comuni considerati, sono a prevalente destinazione artigianale ed
industriale (zone classificate D ai sensi del D.M. del 1968), essendo o consentite o
ritenute compatibili all’interno della macro area o ambito il commercio, attività
direzionali, servizi connessi all’attività produttiva (mense, archivi, spazi scoperti di
servizio e spazi aperti d’uso pubblico o collettivo, servizi per la mobilità individuale e
81 Per quanto riguarda i Comuni della Provincia di Terni 21 Comuni su 33 hanno piani redatti ai sensi
della L.r. 31/97, per la quasi totalità adeguati al vigente PTCP, 2 PRGS sono stati redatti ai sensi della
L.R.11/05, ulteriori 5 PRGS sono stati già adottati (alcuni in corso di istruttoria da parte degli uffici
provinciali), mentre tre Comuni sono in procinto di avviare/concludere la redazione applicando la
L.r.11/2005.
546
DENTRO L’UMBRIA due
collettiva), la residenza limitata agli alloggi di custodia e/o per il titolare dell’attività
artigianale. Alcuni Piani Comunali, quali quelli di Attigliano, Alviano e Lugnano in
Teverina per l’”Ambito degli insediamenti per la produzione di beni e servizi”
introducono tra le destinazioni d’uso “predominanti”, oltre a quelle manifatture a
carattere artigianale ed industriale, il commercio all’ingrosso e al dettaglio e
l’erogazione diretta di servizi alla persona ed all’impresa; nei primi due PRGS è inoltre
inserita la possibilità di realizzare strutture turistico-produttive e ricreative.
Il Piano di San Gemini e quello di Calvi e Otricoli, che hanno approvato un PRGS
intercomunale, distinguono la aree produttive per tipologie: il primo piano individua le
zone produttive di completamento82, quelle di espansione, per le quali dovranno
essere garantite l’accessibilità dal sistema viario principale di interesse comunale e
sovra comunale e qualificate connessioni con i tessuti edilizi circostanti, nonchè
qualificati i fronti sugli spazi pubblici; il Piano inoltre definisce le “zone per centri a
servizio delle attività produttive”, che integrano e completano le attività propriamente
dette con i servizi, la ricettività, le attività socio sanitarie, il commercio e la residenza e
le “Zone miste”, caratterizzate dalla presenza di infrastrutture ed ubicate in contiguità
con zone di territorio già urbanizzato; tali aree, non specificatamente zonizzate, hanno
capacità potenziali di utilizzazione del suolo ed edificatoria e sono caratterizzate da
destinazioni d’uso quali: attività produttive, commerciali, direzionali, turistico ricettive,
socio sanitarie, scolastiche e residenziali.
Il Piano intercomunale di Calvi e Orticoli, in sintonia con il PTCP, individua il Polo
Artigianale Intercomunale, area di espansione dell’attività produttiva industriale ed
artigianale del territorio, dotata di attrezzature ed impianti tecnologici per l’incremento
delle attività produttive. Nei territori dei due Comuni sono inoltre individuate aree
produttive artigianali, in cui sono insediate o da insediare le attività industriali e
artigianali, nonché altre destinazioni fino al 45% di superficie utile complessiva dei
singoli lotti, e le “zone artigianali di recupero”, aree già destinate ad attività produttiva
ed artigianale in territorio agricolo, interessate da fenomeni di dismissione e degrado
edilizio e destinate dallo strumento urbanistico al recupero e alla riqualificazione
mediante previsioni specifiche; in tali zone la conservazione delle attività produttive è
subordinata alla trasformazione e al recupero dei manufatti edilizi esistenti e delle aree
circostanti, anche mediante l’inserimento di nuove destinazioni compatibili.
Quasi tutti i piani comunali indicano una percentuale massima di superficie a
destinazione commerciale (tendenzialmente tra il 20 ed il 30% della superficie totale,
in alcuni Comuni limitatamente al commercio all’ingrosso ed al magazzinaggio),
direzionale (da un minimo del 15% ad un massimo del 20% della superficie totale, in
alcuni casi limitata agli uffici privati connessi all’attività produttiva), mentre la
82 Nelle zone produttive di completamento sono ammesse tutte le destinazioni produttive, con annessi
servizi aziendali, uffici ed abitazioni di servizio, le attività commerciali all’ingrosso e al dettaglio, con
esclusione del settore alimentari, i servizi ricreativi e gli esercizi di ristorazione, con esclusione delle
attività ricettive, pararicettive, turistiche e turistiche ricettive, nonché quelle inquinanti e pericolose per la
salvaguardia dell’ambiente e della salute.
AURAPPORTI: RES 2008-09
547
destinazione mista (le cosiddette zone C.A.I. commercio, artigianato e industria)
permane nelle zone già esistenti ed in completamento nei Comuni di Baschi,
Montecastrilli e nei P.d.F. o P.R.G. ancora non adeguati alle L.R. 31/97 e L.R. 11/05
ed al PTCP. Zone a destinazione esclusivamente industriale sono presenti ad Amelia,
Arrone, Attigliano, Montefranco, Orvieto, Otricoli, Narni e Terni. In alcuni Comuni la
destinazione prevalente è artigianale (Ficulle, Porano, Monte Gabbione, Montefranco,
Montecchio, Penna in Teverina) e per la piccola industria (Montecastrilli e San
Venanzo83).
Sempre dall’esame delle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) dei nuovi PRG,
emerge una “sostanziale” confluenza verso le logiche impostate dal PTC di Terni,
improntate alla qualità degli insediamenti ed alla loro complessiva sostenibilità o
mitigazione rispetto alle componenti ambientali ed al paesaggio. Molti piani pertanto
introducono normative volte a garantire negli spazi destinati a verde privato, all’interno
dei singoli lotti, la messa a dimora di alberature di alto e medio fusto, definendo dei
rapporti minimi di piantagione (una ogni 40 mq di superficie di area libera dalle
costruzioni), la realizzazione di fasce di verde con funzioni protettive e di schermatura,
indicando, in alcuni casi, anche la profondità minima di 10 ml., da posizionarsi nelle
zone a confine con le fasce di rispetto dei corsi d’acqua pubblici o sul fronte stradale ed
una percentuale non inferiore al 30% dell’intera superficie fondiaria da mantenere
permeabile (PRGS dei Comuni di San Venanzo, Fabro, Ficulle, Monteleone d’Orvieto,
Baschi, Porano, Parrano, Calvi e Otricoli, Orvieto). Il PRGS del Comune di Penna in
Teverina prescrive che, negli ambiti destinati alla produzione, gli interventi dovranno
rispettare i caratteri tipologici ed i materiali tipici dei luoghi, essere omogenei per
materiali, tipologie architettoniche, spazi aperti e recinzioni, prevedere una quinta
alberata di perimetrazione e predisporre le attrezzature tecnologiche di trattamento delle
acque meteoriche. Nei progetti riguardanti queste aree dovranno inoltre essere elencati i
potenziali rischi ambientali dovuti a cattivo funzionamento delle dotazioni tecnologiche
o ad incidenti derivanti l’uso.
Alcuni PRGS, quali quelli di Monteleone d’Orvieto, Alviano, Attigliano e Baschi,
fanno esplicito riferimento agli artt. 23 e 24 delle N.d.A del PTCP84. Baschi riprende
anche la preferenza, a livello di proposte progettuali, per forme a “nucleo”, la
previsione di fasce di connessione ecologica di profondità non inferiore a 50 mt da
realizzarsi nei nuovi insediamenti ed in prossimità di elementi paesistici di maggiore
83 Il PRG, precisando che si tratta di industrie di limitate dimensioni, comprende anche le industrie ed i
laboratori artigianali insalubri di 1° e 2° classe.
84 Le norme di Attuazione del PTCP prevedono la mitigazione dell’impatto visivo; realizzazione di una
fascia di verde privato sul fronte stradale; mantenimento della permeabilità dei suoli; necessari servizi
interni alle aree; previsione di invasi artificiali o vasche di raccolta dell’acqua piovana; previsione ove
necessaria di sistemi depurativi a basso impatto ambientale; localizzazione dei centri di raccolta
differenziata dei rifiuti; incentivazione della permeabilizzazione dei suoli negli insediamenti esistenti a
partire dai parcheggi pubblici; previsione di adeguate corsie di raccordo con la viabilità primaria atte anche
a consentire l’accesso a trasporti eccezionali
548
DENTRO L’UMBRIA due
fragilità (margini delle aree: agricole, boscate, residenziali, dei corsi d’acqua) e negli
interventi di messa a dimora di vegetazione l’impiego delle specie proprie dell’unità di
paesaggio corrispondente, è richiesto inoltre che i complessi produttivi siano realizzati
secondo i criteri di “aree ecologicamente attrezzate” (rif. art.25 delle NTA del PTCP).
Il Piano di Porano prevede che la realizzazione di nuove aree produttive debba essere
accompagnata da indicazioni relative alla pressione ambientale stimata, alla dotazione
tecnologica ed ambientale prevista, alle misure di compensazione e mitigazione degli
impatti esistenti e previsti.
In tutti i PRG esaminati vengono distinte la aree produttive di completamento da
quelle di espansione, intendendo con quest’ultima accezione quelle per cui il PTC
prevede un ruolo territoriale di tipo intercomunale, consentendo un sostanziale
ampliamento. Per gli insediamenti già esistenti è previsto il recupero e/o la
riconversione degli immobili esistenti ed il completamento delle opere di
urbanizzazione; nel caso di Parrano, gli interventi di completamento della zona
artigianale sono soggetti a convenzione con il Comune che dovrà prevedere le opere
di infrastrutturazione per l’allacciamento delle reti tecnologiche, per la realizzazione
della viabilità pubblica, le opere di piantumazione arborea per la realizzazione di fasce
verdi di mitigazione degli impatti visivi.
La frammentazione e altre problematiche emergenti
La presenza di zone produttive frammentate è dovuta alla legittimazione di attività
preesistenti e, in altri casi, alla necessità di soddisfare la domanda insediativa di piccole
attività locali in alcuni centri minori. La frammentazione influisce negativamente
soprattutto rispetto alla dotazione di infrastrutture, anche se, come già precedentemente
esposto, i casi riscontrati sono spesso dovuti a particolari esigenze episodiche. Anche se
nei nuovi piani regolatori i Comuni hanno cercato di “compattare” e qualificare le aree
produttive, riducendo in alcuni casi il numero di agglomerati (come Narni, passato da 9
agglomerati ad 8), ancora esistono numerose aree produttive artigianali e miste “isolate”,
spesso frutto di condono, per le quali è molto difficile prevedere lo spostamento delle
attività insediate in nuclei produttivi meglio organizzati e più opportunamente localizzati.
Nella provincia di Terni comunque la frammentazione è sicuramente inferiore a quella
registrata nella provincia di Perugia, come si può vedere nella tabella che riporta il
numero di agglomerati per Comune (Tabella frammentazione aree produttiveconfronto dati 1996-2009).
Dalle notizie forniteci dai tecnici comunali e dai Consorzi per le aree produttive, che la
richiesta di aree per insediamenti artigianali e industriali ha registrato un forte calo in
tutto il territorio analizzato e particolarmente nelle aree più distanti dai centri di Terni,
Narni e Orvieto. In numerosi comuni non tutte le aree a destinazione produttiva hanno
raggiunto la saturazione. Dai recenti dati messi a disposizione dal SIAT della Regione, su
un campione di 31 Comuni, di cui purtroppo solo 5 della provincia di Terni, emerge
come i comuni di Narni e Orvieto presentino aree libere con un’estensione maggiore ai
AURAPPORTI: RES 2008-09
549
50 ettari, mentre nei comuni di Baschi e Castel Viscardo le superfici libere sono assai
modeste, inferiori ai 5 ettari; nel Comune di Terni le aree libere hanno una estensione
contenuta, inferiore ai 50 ettari, per la maggior parte costituita dalle nuove aree inserite
dal recente PRG (approvato nel 2008), come si evidenzia dalla tabella di confronto
1996-2009 (dati SIAT)85
Tabella riepilogativa delle categorie di superfici negli agglomerati del Comune
di Narni, Orvieto e Terni per gli anni 1996 e 2009
COMUNE
NARNI
COMUNE
NARNI
COMUNE
ORVIETO
COMUNE
ORVIETO
COMUNE
TERNI
COMUNE
TERNI
N°
AGGL
1996
Dismesse
(ha)
Servizi
(ha)
Libere
(ha)
Miste
(ha)
Sature
(ha)
Verdi
(ha)
Variante
(ha)
SUP.
TOT
(ha)
36,38
68,66
31,89
262,16
2,28
24,63
425,99
Variante
SUP.
TOT
9
N°
AGGL
2009
Dismesse
Servizi
Libere
Miste
Sature
Verdi
8
13,67
23,08
54,27
70,51
226,66
0,42
N°
AGGL
1996
Dismesse
Servizi
Libere
Miste
Sature
Verdi
11,39
38,27
76,37
4,32
Libere
Miste
Sature
Verdi
52,4
23,91
98,61
6,1
2
388,61
Variante
SUP.
TOT
130,35
N°
AGGL
2009
Dismesse
2
7,43
N°
AGGL
1996
Dismesse
Servizi
Libere
Miste
Sature
Verdi
Variante
SUP.
TOT
5
2,47
63,14
33,03
110,71
407,79
12,62
1,26
631,03
N°
AGGL
2009
Dismesse
Servizi
Libere
Miste
Sature
Verdi
Variante
SUP.
TOT
6
29,62
48,6
34,49
501,46
4,94
Servizi
Variante
SUP.
TOT
188,45
619,11
Fonte: Ns. elaborazioni su da dati SIAT
85 Nelle superfici, dati anno 2008-2009, non per tutti i comuni sono state inserite alcune nuove previsioni
da PRG, in particolare servizi connessi alle attività produttive. Nei “casi di studio” che seguono vengono
anche considerati i dati dimensionali da PRG (dati GIS).
550
DENTRO L’UMBRIA due
L’accessibilità è un requisito ritenuto di fondamentale importanza per le aree
produttive, in quanto spesso le caratteristiche del tracciato stradale non permette una
adeguata percorribilità da parte dei mezzi pesanti. Inoltre la vicinanza con le stazioni
ferroviarie, gli svincoli delle superstrade ed i caselli delle autostrade incide sulla
velocità di percorrenza, anche se la sempre maggiore congestione della rete nazionale
viaria mette in discussione tale asserzione.
Sono state pertanto considerate estremamente disagevoli distanze superiori a 30 km su
strade a due corsie, considerati tempi medi di percorrenza di un mezzo pesante tra i 30
e i 50 minuti, mentre sono state ritenute accettabili distanze fino a 6 km per le quali il
tempo medio di percorrenza è inferiore ai 10 minuti. Riferito al grafo della rete viaria
provinciale l’accessibilità degli agglomerati esistenti o previsti nei Piano comunali,
risulta nel complesso soddisfacente. Oltre il 90% del totale è infatti collocato a
distanza inferiore a 30 km sia dalle stazioni che dagli svincoli di autostrade o
superstrade e, in ogni caso, a meno di 6 km dalle strade statali o provinciali. Circa il
35% dista meno di 6 km dalle stazioni o dagli svincoli citati e il 5% dista meno di 6 km
da entrambi.
I più importanti agglomerati produttivi di Terni e Narni, per questo aspetto
presentano un’ottima accessibilità sia ai nodi ferroviari che autostradali.
Al contrario, sono oggettivamente difficoltosi i collegamenti di tutte le zone
produttive con i porti marittimi e gli aeroporti nazionali e internazionali. Tutti i centri
considerati distano più di 100 km da essi e solo il 35% ne è distante meno di 120 km
(Calvi, Otricoli, Narni, Terni, San Gemini, Amelia, Attigliano, Giove, Penna, Lugnano,
Alviano e Guardea). I comuni di Monteleone di Orvieto e Montegabbione risultano i
più distanti: 165 km dai porti e 177 km dagli aeroporti.
Per quanto riguarda le caratteristiche delle infrastrutture interne alle singole zone
produttive, riscontriamo generalmente una buona dotazione di viabilità di servizio.
Solo in alcuni lotti nei comuni di Attigliano, Lugnano, Baschi, Narni, Orvieto, Spoleto
e Montegabbione sono presenti accessi posti direttamente sulle strade principali e
prevalentemente per alcune zone di meno recente costituzione. Altre zone, nei comuni
di Acquasparta, Castelgiorgio, Montecchio, Narni, Terni e Avigliano, invece,
possiedono già una viabilità interna anche in presenza di molti lotti ancora liberi.
Relativamente ai servizi collegati al sistema produttivo, le grandi strutture specializzate,
sono concentrate principalmente a Terni, dove sono presenti il Centro Servizi di
Maratta, il Business Innovation Center (BIC), l’Istituto Superiore di Ricerca e
Innovazione sui Materiali Speciali (ISRIM), il Parco Scientifico Tecnologico (strutture
universitarie e di ricerca sui materiali speciali) e il Centro Multimediale. Altre strutture
di rilievo sono l’Exposole di Fabro ed il centro espositivo di Montecastrilli, che
ospitano prevalentemente fiere riservate a operatori nei settori agroalimentare e
artigianale. Servizi più generici, connessi con le attività produttive, sono previsti in tutti
i piani comunali. Tali servizi vengono individuati e gestiti in modo diverso dalle varie
Amministrazioni, anche in funzione dell’entità delle zone produttive presenti.
AURAPPORTI: RES 2008-09
551
I casi di studio: Terni, Narni e Orvieto
Il ruolo territoriale di Terni da sempre si è differenziato dal resto del territorio
regionale per la presenza della grande industria, che ha, dalla fine del secolo XIX in
poi, fortemente connotato l’assetto urbano e definito le grandi espansioni insediative.
Le “Acciaierie di Terni” ora di proprietà della Tyssen Krupp, permangono quale
significativo brano nel tessuto edilizio ternano, superiore per estensione al centro
storico e fortemente connotante il paesaggio urbano nella direttrice est verso la
valnerina. Come evidenziano le tavole86 realizzate sulla base del nuovo PRG, parte
operativa del Comune di Terni confrontando le aree individuate dal PTCP nel 1998 e
quelle previste dal nuovo PRG del 2008, il sistema produttivo è organizzato in tre
principali poli produttivi, corrispondenti rispettivamente al polo siderurgico, al polo
chimico (Polymer) ed alle aree produttive di più recente insediamento lungo la S.P.
Marattana e in loc. Sabbioni, rispettivamente in riva destra e sinistra del Fiume Nera.
Confrontando localizzazione ed estensione delle aree produttive alle due soglie
temporali considerate, al 1996-98 (aree produttive strategiche e agglomerati di
interesse locale indicati nel PTCP di Terni) e al 2008 (aree produttive e servizi ad esse
collegati individuate dal nuovo PRG del Comune di Terni), si evidenzia una
conformazione sostanzialmente stabile, con addizioni lungo la viabilità principale ed
un sostanzioso rafforzamento degli agglomerati lungo la S.P. Marattana ed in
corrispondenza del nuovo svincolo di collegamento tra il raccordo autostradale Terni
Orte (RATO) e la stessa strada provinciale. Un “corridoio ecologico” destinato a
Parco Territoriale lungo il Fiume Nera ed ad usi agricoli separa queste aree dal nuovo
agglomerato previsto in contiguità con la base logistica, che costituisce il principale
ambito di espansione per il sistema produttivo.
La completa saturazione delle aree87, avvenuta nel corso dell’ultimo decennio, ha
posto all’amministrazione comunale l’urgenza di prevedere nel nuovo PRG una nuova
offerta di circa 63 ha, da localizzare nelle aree di Pantano e di Maratta; si strutturano
pertanto agglomerati in cui è reperibile l’offerta di nuove aree: Maratta (per
complessivi 178 ettari), a sinistra del fiume Nera fino al confine con il Comune di
Narni dove è in fase di realizzazione il I° stralcio del Centro Logistico (13,2 ettari);
Sabbioni (135 ettari), a sinistra del canale del Recentino; S. Maria Magale (18 ettari), ad
est del Polo Chimico e l’agglomerato in Loc. Pantano (26 ettari).
Dal punto di vista localizzativo il nuovo PRG pertanto conferma i principali
agglomerati esistenti e ne individua uno nuovo, adiacente alla costruenda base
logistica; viene definita la “grande industria”, coincidente con le zone di insediamento
86
La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice,
disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo:
geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it),
in formato Adobe Acrobat Reader PDF.
87 Le considerazioni che seguono sono estrapolate dalla relazione del nuovo PRG di Terni
552
DENTRO L’UMBRIA due
dei due grandi poli industriali, il polo siderurgico ed il polo chimico. Nelle Norme del
Piano è prevista, da parte delle imprese industriali, la redazione di un “programma
urbanistico interno di relazione con la città” da presentare entro due anni
dall’approvazione del PRG, nel quale andranno regolamentate le demolizioni di
manufatti ed i lavori di bonifica, le previsioni di edificazione di nuovi manufatti
industriali, gli indici di superficie coperta di manufatti e impianti, l’indice di
permeabilità del suolo, il sistema di smaltimento delle acque e loro depurazione, la
separazione delle acque dagli scarichi civili e da quelle della pioggia, la creazione del
verde nelle zone del perimetro dello stabilimento.
Per le altre aree produttive, artigianali ed industriali, in cui sono già presenti le attività
suddette il Piano prevede interventi volti ad ottenere una complessiva “riqualificazione
ambientale” che consenta una mitigazione dell’impatto visivo, la riduzione del
trasporto delle polveri e dell’inquinamento acustico, il mantenimento del massimo
livello possibile di permeabilità dei suoli.
Per le aree destinate, in cui non sono ancora presenti attività insediate, il PRGS
individua le dimensioni dell’ampliamento, al fine di impedire la frammentazione del
sistema produttivo; in applicazione degli indirizzi del PTCP, la possibilità di
ampliamento tiene in considerazione la facilità di approvvigionamento idrico,
l’esistenza di infrastrutture e la disponibilità delle reti tecnologiche. Per ampliamenti
superiori a 10 ettari le previsioni di PRG sono attuate per nuclei; per ciascun nucleo si
dovrà prevedere una superficie fittamente alberata, non inferiore al 5% della superficie
fondiaria. Infine il PRGS norma il “Centro logistico per le attività produttive”, area
destinata prevalentemente ad infrastrutture di interesse pubblico ed a servizi
all’industria ed all’artigianato a carattere territoriale. La localizzazione, lungo la strada
Marattana a cavallo dei territori di Terni e Narni, in adiacenza alla ferrovia OrteFalconara, al raccordo Terni-Orte ed all’innesto della E-45, ne assicura la piena ed
efficace funzionalità di movimentazione integrata delle merci riferita al trasporto su
gomma integrato a quello su rotaia.
La scelta del PRG è inoltre orientata ad integrare i due complessi più grandi delle aree
industriali ternane, quello di Sabbioni e quello della Polymer attraverso il “progetto del
Viale del sistema delle aree industriali” (bretella di raccordo Marattana-Flaminia), che
assolve a più compiti: un collegamento più agevole delle zone Sabbioni e Polymer alla
Marattana con alleggerimento dei flussi di traffico in uscita ed in entrata per il
raccordo autostradale e la E45; un più agevole collegamento con il polo chimico; la
delocalizzazione delle sorgenti di inquinamento diffuse da traffico, migliorando le
criticità della zona della Polymer e della Flaminia in entrata per Terni.
Sono, inoltre, previsti interventi di riqualificazione dei tracciati esistenti, al fine di una
funzionalità del traffico e di una riqualificazione dello spazio urbano relativo alle aree
industriali.
In particolare sono stati presi in considerazione i tratti stradali delle aree industriali e le
loro sezioni, con l’introduzione di alberature e marciapiedi, oggi quasi completamente
non realizzati.
AURAPPORTI: RES 2008-09
553
Nel nuovo PRG la principale destinazione d’uso è “industria, artigianato e
commercio”; sul totale delle superfici previste nel nuovo PRG più di 276 ettari sono a
destinazione industria, artigianato e commercio, altri 217 ettari corrispondono alla
grande industria (zone sature o in lieve espansione) di cui 131,88 ettari al polo
siderurgico ed 85,2 al polo chimico, 37,4 ettari sono destinati ad infrastrutture
tecniche, 45 ettari per attività e servizi correlati (zone D4), per un totale complessivo
di ha. 658,89.
Diagramma relativo all’offerta delle aree produttive e servizi connessi sulla
base del PRG del Comune di Terni
Fonte: Ns. elaborazioni su dati fonte SIT - Provincia di Terni.
Di fondamentale importanza per il sistema produttivo ternano e per quello dei comuni
limitrofi, in particolare di Narni, San Gemini e Stroncone, è la nuova Base logistica di
Maratta, che consente il potenziamento del sistema infrastrutturale, attraverso una
piattaforma logistica intermodale, uno dei tre grandi interventi individuati sul territorio
regionale, insieme a quelli previsti a Foligno e Città di Castello. La creazione della
piattaforma si inserisce in un più ampio contesto di razionalizzazione e rilancio della
logistica e mobilità a scala territoriale, che investe nella intermodalità del trasporto
merci e che vede, inoltre, il coinvolgimento dell’attuale Aviosuperfice “A.Lonardi” con
l’attivazione di servizi alternativi (quali l’avio-taxi e l’eli-taxi) a vantaggio della crescita e
sviluppo dell’imprenditorialità locale. La gestione della base logistica è affidata alla
Holding regionale del Trasporto Pubblico Locale (TPL) di cui farà parte l’ATC spa di
Terni, insieme ad APM, SIT e FCU (Ferrovie Regionali Umbre), attraverso una
riorganizzazione societaria delle attuali aziende locali di trasporto.
554
DENTRO L’UMBRIA due
Le dimensioni complessive della piattaforma (strutture per la logistica, attività
produttive e servizi connessi) sono di oltre 200 ettari nei due Comuni di Terni e Narni;
al suo interno viene prevista la realizzazione di un terminale intermodale, di un
magazzino di raccordo (centro di distribuzione urbana), aree per la movimentazione e
lo stoccaggio di carichi ordinari e di grandi carichi, servizi alle persone e servizi ai
veicoli, centro servizi amministrativi, informatici e telematici, centrale di controllo per
la trasmissione dei dati. E’ già avviata la realizzazione del progetto esecutivo, gestito
dal Consorzio per lo Sviluppo delle aree industriali, per un primo stralcio delle opere
di urbanizzazione su parte dell’area. L’insediamento della base logistica sarà
concentrato essenzialmente nei settori alimentare, cartotecnico, metallurgico, dei
materiali da costruzione, del legno e meccanico88.
Nel Comune di Narni sono presenti 8 agglomerati produttivi: tra i principali quelli
“storici” dell’Elettrocarbonium, limitrofo alla stazione di Narni, e di Narni scalo,
quello di Nera Montoro, che conteneva il polo produttivo della Terni Industrie
Chimiche ora dimesso, nonché la nuova espansione, prevista negli anni 90, per
industrie di eccellenza ed infrastrutturata dal Consorzio TNS, quello di Pescecotto, in
cui si trovano anche attività di trasformazione degli inerti, e quello di tipo lineare, a
carattere artigianale-commerciale, lungo la Flaminia. Altri agglomerati minori, a
carattere prevalentemente artigianale, si trovano nelle frazioni di Case Logato e
Capitone, mentre l’agglomerato di San Pellegrino è prevalentemente destinato agli
impianti di lavorazione degli inerti.
Le direttrici di espansione delle aree produttive del narnese seguono le principali vie di
comunicazione lungo l’asse Terni-Orte, sono connotate da un tessuto produttivo di
tipo industriale-artigianale, il cui mercato di riferimento è individuabile, per la maggior
parte, nella provincia di Terni, ad esclusione di alcune attività produttive rivolte al
mercato estero, tra le quali un’attività relativa alla lavorazione e trattamento dei metalli.
Si vedano a tal proposito le tavole89 realizzate sulla base del PRG del Comune di
Narni, confrontando le aree individuate dal PTCP.
In totale l’offerta di aree produttive è di 435 ettari (dati PRG parte strutturale): in
termini dimensionali gli insediamenti maggiori sono quelli di Nera Monitoro-San
Liberato (139,79 ettari), Stazione FS Elettrocarbonium (50,66 ettari), Narni Scalo
(39,37 ettari), Pescecotto (47,89 ettari), Flaminia (63,78 ettari). La maggior offerta di
aree produttive si trova a Nera Montoro e san Liberato.
Dal diagramma di confronto tra le categorie di aree appare una sostanziale stabilità nel
grado di saturazione delle aree (62% nel 1998, 58% nel 2009), un aumento nella
rilevazione del 2009 delle aree c.d. “miste” in cui si trovano attività diversificate, tra
Le considerazioni del paragrafo sono tratte dalla relazione del PRG di Terni.
La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice,
disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo:
geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it),
in formato Adobe Acrobat Reader PDF.
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89
AURAPPORTI: RES 2008-09
555
cui commercio e terziario; la categoria delle aree “dismesse”, per diversità di
rilevazione non appariva nel 199890.
Diagramma di confronto percentuale tra le categorie di aree degli agglomerati
del Comune di Narni per gli anni 1996 e 2009
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.
Le maggiori problematiche sono riscontrate dal Comune di Narni nell’agglomerato
“Flaminia”91. La zona, percorsa dal fiume Aia e dai suoi affluenti, è in parte collinare e
in parte pianeggiante, posta lungo l’asse costituito dalla strada da cui prende la
denominazione. L’offerta delle aziende localizzate si caratterizza per un basso
contenuto tecnologico, un limitato livello di valore aggiunto e per la prevalenza di
prodotti e servizi comuni e standardizzati. Alle attività produttive si affiancano piccole
e medie imprese a carattere artigianale e ultimamente si è andato affermando con
sempre maggior forza una componente commerciale.
La strategia dell’Amministrazione prevede il miglioramento dell’offerta insediativa:
infatti il territorio si presta a fornire aree che possiedono i requisiti per l’insediamento
di nuove attività produttive, in particolare, avendo quale vantaggio localizzativo la
possibilità di un buon collegamento viario alle rete di livello nazionale e al previsto
polo intermodale di Orte. Le azioni da promuovere e realizzare mirano a
migliorare/mitigare l’inserimento delle attività produttive e commerciali all’interno di
un contesto ambientale e paesaggistico caratterizzato da numerose problematiche, tra
cui interventi atti a evitare i danni provocati da una possibile esondazione dei corpi
Considerazioni e dati sulla dismissione delle aree produttive sono nel precedente paragrafo “Il PTCP di Terni”.
Quanto riportato è ripreso dalla relazione dell’Amministrazione Comunale di Narni in occasione del del
bando, emesso dalla Regione Umbria, relativo a “studi di prefattibilità, finalizzati agli interventi di
riqualificazione delle aree produttive in ambito Ob.2 e Phasing-out del DOCUP (2000-2006)”.
90
91
556
DENTRO L’UMBRIA due
idrici, la realizzazione di strutture ambientali di transizione, tipo fasce tampone, tra
l’agglomerato ed il contesto agricolo e con funzione di barriere al rumore, la
piantumazione di filari di siepi e alberature nonché di spazi pubblici verdi, realizzati in
coerenza con i sistemi ambientali. Inoltre vengono riscontrate carenze nelle
infrastrutture a rete, che necessitano la realizzazione di una rete di scarico specializzata
per tipo di reflui, da conferire a strutture di recapito presenti in zona o da realizzare
all’interno dell’agglomerato stesso, con strutture di pretrattamento delle acque di
piattaforma; la realizzazione di rotatorie nei punti di innesto diretto della viabilità di
distribuzione interna sulla viabilità di collegamento principale e di nuova linea di
illuminazione pubblica lungo le strade di distribuzione interna con pannelli
fotovoltaici.
Per quanto attiene i servizi alle imprese nell’ambito di riferimento, vengono definiti
piuttosto scarsi e non si riscontrano progetti in atto mirati alla realizzazione di servizi
tesi allo sviluppo delle attività produttive presenti; viene pertanto prospettata
l’opportunità di realizzare un centro, nel cuore dell’agglomerato in cui siano localizzati
una serie di servizi alle imprese (sportello postale, sportello per le pari opportunità,
mensa self-service, bar).
Per quanto attiene l’apparato regolativo, nel PRGS, approvato nel 2004, il sistema
della produzione è dotato di una propria e specifica infrastrutturazione, distinta da
quella generale urbana, con proprie forme insediative che fanno riferimento a tecniche
“risparmiatrici di spazio”. Il “progetto di suolo”, previsto nelle norme, è teso a
garantire una sufficiente permeabilità del suolo (superficie permeabile superiore al
25% dell’intera superficie fondiaria), il buon funzionamento della produzione e la
presenza di filtri per l’inquinamento. Al fine di migliorare la sostenibilità degli
insediamenti produttivi, la realizzazione di nuove aree produttive e l’ampliamento delle
aree esistenti devono essere accompagnate da indicazioni relative alla pressione
ambientale stimata, alla dotazione tecnologica ed ambientale prevista, alle misure di
compensazione e mitigazione degli impianti esistenti e previsti. La pressione
ambientale deve essere stimata indicando, oltre la superficie dell’area, la cubatura
edificabile, la superficie impermeabilizzata, il numero degli addetti previsto, i tipi di
attività produttive previste ed anche una stima preventiva dell’inquinamento prodotto
dal traffico, il fabbisogno invernale presunto di energia termica per il riscaldamento, la
produzione annua e giornaliera di acque reflue, il fabbisogno idrico giornaliero, la
produzione annua di rifiuti solidi urbani. Per le aree produttive di nuova edificazione
ricadenti nei sub-sistemi P1(aree industriali) e P2 (aree produttive in aggiunta),
limitrofi ad aree classificate dal PUT di “Particolare interesse agricolo” deve inoltre
essere prevista la realizzazione di adeguate opere di compensazione ambientale
(barriere vegetali).
Il sistema della produzione è caratterizzato dall’uso principale “Attività industriali ed
artigianali” da cui sono escluse le attività agricole, mentre sono consentiti servizi ed
attrezzature, spazi scoperti d’uso pubblico, residenze ed attività terziarie.
Esaminando in dettaglio le norme si distinguono:
AURAPPORTI: RES 2008-09
557
AREE INDUSTRIALI (P1): comprendono le grandi concentrazioni di attività
produttive, fra cui l’Elettrocarbonium, la Linoleum, l’Alcantara e la Carbolux, che si
localizzano lungo il fiume Nera, caratterizzate spesso da insediamenti con un basso
rapporto di copertura (capannoni di grandi e medie dimensioni) e la prevalenza di
impianti tecnologici necessari alle attività produttive. Il Piano prevede che gli
interventi favoriscano la localizzazione di attrezzature e servizi, il mantenimento della
destinazione d’uso, l’adeguamento e ampliamento degli impianti.
AREE PRODUTTIVE IN AGGIUNTA (P2): nel sub-sistema sono comprese le aree
produttive artigianali della città, caratterizzate da un’edilizia costituita, in genere, da
edifici di piccole o medie dimensioni, e da un tessuto dove è presente una certa
mescolanza di funzioni (residenza e commercio). Fra queste sono comprese le aree di
nuova edificazione ubicate nella zona del Basso Nera, lungo la via Flaminia e lungo la
via Marattana. Gli interventi previsti dal Piano favoriscono la configurazione dello
spazio aperto, attraverso il disegno di nuovi parcheggi, del verde di decoro e delle
necessarie aree permeabili e semipermeabili.
AREE PRODUTTIVE PER ADDIZIONE (P3): il sub-sistema comprende aree
produttive ove siano presenti anche attività di servizio e terziarie, in particolare il
commercio, assimilabili per prestazioni richieste alle aree industriali ed artigianali.
Sono ubicate prevalentemente lungo la Marattana, la Flaminia e nella zona di
S.Liberato. Gli interventi sono volti all’adeguamento dell’esistente ed al suo
riuso/recupero e dovranno interessare gli spazi aperti, i parcheggi, le strade, i lotti di
pertinenza, componendoli entro un disegno complessivo che preveda una bassa
percentuale di superfici totalmente impermeabilizzate.
AREE DELL’INNOVAZIONE (P4): il sub-sistema comprende le aree produttive
situate lungo l’asse della Marattana, nelle quali sono previste attività innovative, attività
tecnologicamente avanzate, ecocompatibili e destinate ai fini culturali, di ricerca, legate
all’istruzione, ludiche e ricreative. Gli interventi sono volti all’adeguamento delle
situazioni e degli edifici esistenti ed al loro riuso/recupero e dovranno interessare gli
spazi aperti, i parcheggi, le strade, i lotti di pertinenza; anche in questo sub sistema è
prevista una bassa percentuale di superfici totalmente impermeabilizzate.
Il Comune di Orvieto ha approvato il PRGS nel 2001 e, successivamente, una variante
di adeguamento al PTCP (anno 2008). La variante punta a rafforzare le aree produttive
già esistenti in un’ottica ordinata e compatibile, operando trasformazioni delle
destinazioni d’uso di aree già individuate dal PRG vigente. A tal fine vengono
destinate a zone produttive (zone D) due zone prima a servizi (Zone F) in località
Ponte Giulio, contermini alle aree produttive già realizzate e sature; allo stesso modo
in località Ciconia, lungo il fosso Fanello, gran parte dell’area (circa 1,6 ha) prima
destinata a zona F, viene “riconvertita” a zona produttiva (D). Vengono inoltre
ampliate per modeste superfici alcune zone già destinate ad attività produttive. Si
558
DENTRO L’UMBRIA due
vedano a proposito le tavole92 realizzate sulla base del nuovo PRG del Comune di
Orvieto, confrontando le aree individuate dal PTCP nel 1998.
Tabella di confronto delle superfici degli agglomerati del Comune di Orvieto
per gli anni 1996 e 2009
Comune
Denominazione
agglomerati
Orvieto
S. Letizia – Orvieto
Scalo - Ciconia
Orvieto
Bardano
P.te S. Lorenzo
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT
Sup.
1996 (ha)
Comune
Denominazione
agglomerati
14,99
Orvieto
115,36
Orvieto
S. Letizia – Orvieto
Scalo - Ciconia
Bardano – Ponte
Giulio93
Sup.
2009
(ha)
18,44
170,01
Rispetto all’offerta di aree produttive, il diagramma di confronto (dati SIAT da ricerca
I.R.R.E.S. 1996 e dati SIAT 2009) evidenzia la crescita in termini di disponibilità (9%
nel 1996, 28% nel 2009), conseguenti alle politiche di Piano, così come la diminuzione
delle c.d. aree “miste” (dal 29% al 13%), che si presuppone legata ad una maggiore
distinzione per destinazioni d’uso degli ambiti, assegnando dunque aree dedicate al
commercio ed al terziario.
Diagramma di confronto percentuale tra le categorie di aree degli agglomerati
del Comune di Orvieto per gli anni 1996 e 2009
Fonte: Ns. elaborazioni su dati SIAT.
92 La presente pubblicazione è corredata da un apparato di tavole cartografiche e dal relativo indice,
disponibili nelle pagine istituzionali della Regione Umbria, curate dal Servizio Informatico/Informativo:
geografico, ambientale e territoriale, nonché nel sito dell’Agenzia Umbria Ricerche (www.aur-umbria.it),
in formato Adobe Acrobat Reader PDF.
93 Nuova denominazione da variante PRGS.
AURAPPORTI: RES 2008-09
559
Il PRGS individua in località Bardano-Ponte Giulio le principali aree di ampliamento e
completamento del tessuto produttivo, con una superficie complessiva di 170 ettari a
fronte dei 115 previsti nel 1996. La nuova area è definita quale “Parco Tecnologico”94
per la cui attuazione viene redatto uno studio unitario. Obiettivo dello studio è quello
“pervenire all’adozione di un codice di buone pratiche di comportamenti compatibili
da porre a base della trasformazione”95; gli elaborati cartografici forniscono indirizzi
volti ad un inserimento delle nuove attività nel paesaggio agricolo e sub-urbano
circostante, lascindo tra gli edifici le interruzioni per le connessioni trasversali della
valle (corridoi verdi), evitando quindi costruzioni continue lungo le infrastrutture o i
corsi d’acqua. I lotti vengono organizzati perpendicolarmente alla valle, per nuclei, con
fasce di compensazione di almeno 10 metri di larghezza, con al centro specie arboree
ed ai margini fasce arbustive, finalizzate alla continuità con la rete ecologica, zone di
mitigazione a verde (riduzione impatto visivo, polveri e rumore nelle zone circostanti).
La componente vegetale diviene “parte complessiva dell’intervento, il quale dovrà
anche contribuire, per quanto possibile, alla riconnessione percettiva e funzionale degli
insediamenti esistenti e delle aree a verde nel territorio circostante”. In generale
l’insediamento può avvenire dopo una accurata verifica della capacità portante
dell’Unità di Paesaggio (U.d.P) e dei requisiti di compatibilità ambientale prescritti dal
PTCP, definendo le aree da rinaturalizzare e rimboschire a compensazione degli
interventi di trasformazione. I nuovi complessi produttivi saranno realizzati secondo i
criteri definiti per le “Aree ecologicamente attrezzate” (art.25 delle NTA del PTPC).
Anche per interventi negli agglomerati produttivi da qualificare e/o potenziare, tra cui
l’area dell’ex aeroporto, al confine con il Comune di Castel Giorgio, e l’area di Orvieto
Scalo, è prescritta la realizzazione di opere di mitigazione degli impatti ambientali,
facendo riferimento all’art.20 delle NTA del PTCP.
Ai fini della mitigazione ed inserimento paesaggistico il PRGS prescrive la
realizzazione di spazi verdi con piantagioni ad alto fusto, da realizzare in
corrispondenza degli elementi paesistici di maggiore fragilità, mentre la progettazione
degli edifici e degli spazi aperti di pertinenza dovrà rispondere a requisiti di elevata
qualità architettonica (art.24 delle NTA del PTCP), prevedendo fasce boscate per
limitare l’impatto visivo e ridurre la dispersione delle polveri ed altri elementi
inquinanti. Per favorire la ricarica della falda deve essere lasciata permeabile almeno il
30% della superficie del lotto libera da costruzioni, mentre la superficie permeabile
destinata a viabilità e parcheggi non può essere inferiore al 50% di quella complessiva.
Gli aspetti gestionali
Al fine di produrre, con riferimento ai casi di studio esaminati, una panoramica dei
modelli di gestione delle aree produttive, sono state esaminate le esperienze più
94
95
Art.60 delle N.T.A del PRG parte strutturale.
Dalla relazione generale studio unitario, Arch. Rocco Olivadese, Comune di Orvieto.
560
DENTRO L’UMBRIA due
innovative di gestione quali il Consorzio TNS (Terni-Narni-Spoleto) per lo sviluppo
delle aree industriali ed iniziative industriali ed il Consorzio Crescendo, per lo sviluppo
delle aree produttive dei comuni dell’ovietano e dell’amerino, o altre iniziative volte
alla razionalizzazione, riqualificazione e promozione delle aree e dei relativi servizi alle
imprese. L’analisi è stata realizzata utilizzando prevalentemente il metodo delle
interviste ad interlocutori privilegiati (stakeholders), somministrate attraverso l’analisi
SWOT alle Associazioni di categoria (tra cui Confindustria, CNA, Confartigianato,
Confapi), a Sviluppumbria, ai referenti sia tecnici che politici dei Consorzi per le aree
industriali, ai Dirigenti e funzionari dei settori tecnici dei Comuni prescelti come casi
di studio. Gli argomenti trattati riguardano la diffusione e localizzazione delle aree
produttive, il processo di gestione, la qualità, secondo la successione di temi riportati
nel box n.1. Data la rilevanza delle attività svolte dai due Consorzi per lo sviluppo
delle aree industriali ed iniziative industriali, le principali attività, emerse dall’intervista,
sono riassunte nel box n.2.
I casi di studio di Terni, Narni e Orvieto. La diffusione e localizzazione
La localizzazione delle aree produttive deriva, nel caso di Terni, dalle localizzazioni
storiche ad est (polo siderurgico) e ad ovest (polo chimico) del centro urbano ed alla
articolazione nel territorio delle varie aree per rispondere alla domanda diversificata
che nel tempo si è manifestata. Il polo Maratta – Sabbioni, unitamente alle aree
presenti nei quartieri, offre una variegata opportunità insediativa. Secondo
Confindustria Terni, è un punto di forza la presenza nel bacino Terni-Narni delle
maggiori realtà aziendali regionali nei settori siderurgico, meccanico e chimico,
costituita da multinazionali e grandi imprese; di una imprenditorialità diffusa, presente
nell’intero territorio provinciale, “un fitto tessuto di piccole e medie imprese di tutti i
settori produttivi”.
Sempre per quanto attiene i punti di forza la presenza progressiva dei servizi pubblici e
privati, compresa l’articolazione delle attività commerciali nelle stesse zone produttive,
conferisce alle stesse qualità urbana ed insediativa, mentre secondo altri intervistati, in
particolare il Direttore del Consorzio TNS, pur essendo le aree produttive di Sabbioni
e Maratta aree produttive di interesse regionale, contengono al loro interno troppe
attività commerciali. La stessa limitazione dimensionale, spesso a causa dei caratteri del
territorio, è considerata anche un punto di forza per una gestione più efficace grazie
alle dimensioni contenute, così come i costi relativamente bassi di acquisto.
Opportunità sono inoltre offerte dal Centro Servizi di Maratta, che nasce localizzato
baricentricamente rispetto alle maggiori aree industriali ternane e narnesi. Altro punto
di forza, secondo le Associazioni di categoria, è rappresentato dalla “collocazione in
prossimità del sistema autostradale e ferroviario inserito nelle grandi direttrici nazionali
ed internazionali”, la Conca Ternana è giudicata un “ fondamentale nodo
infrastrutturale nell’ambito del quale si attestano i più importanti sistemi viari e
ferroviari”, svolgendo le aree produttive del ternano-narnese una funzione di cerniera
AURAPPORTI: RES 2008-09
561
tra Lazio ed Umbria; sempre nell’area Terni-Narni è considerata buona la dotazione di
aree e siti industriale dismessi rifunzionalizzati (p.e. ex Bosco) e l’“implementazione ed
accentramento periferico delle aree anche in funzione della diminuzione del traffico
pesante in città”(CNA). Secondo la maggioranza degli intervistati per rispondere alle
esigenze delle imprese, le aree industriali vanno collocate in un contesto urbanistico e
territoriale nel quale possano usufruire di efficienti collegamenti infrastrutturali e, allo
stesso tempo, non vi sia conflitto con le destinazioni residenziali, soprattutto per
quanto attiene i flussi veicolari. Da questo punto di osservazione le aree di proprietà
del Consorzio TNS si trovano quasi tutte in situazioni ottimali da questo punto di
vista, con alcuni miglioramenti da apportare alla viabilità dell’insediamento di Nera
Montoro-Treie, soprattutto nel tratto di sottopasso della SS675 e attraversamento del
fiume Nera della Strada di Vagno. Secondo gli intervistati l’attività del consorzio delle
aree industriali sia nella gestione, nella promozione delle nuove aree produttive, nella
realizzazione dei servizi sia nella riqualificazione di alcuni poli esistenti, favorisce la
politica di localizzazione delle imprese. Inoltre la gestione consortile, definita
“imprenditoriale e snella”, ha garantito interventi complessi di nuova
infrastrutturazione e riqualificazione/bonifica di siti industriali dimessi, come meglio
descritti nel box. n.2. Rispetto alla diffusione, il Consorzio TNS ha raggiunto una
distribuzione equa di almeno un’area greenfield per Comune di competenza (due a
Narni), oltre agli immobili industriali recuperati a cavallo tra Terni e Narni. L’offerta,
in questo momento, è quindi sufficientemente distribuita, attraverso un modello, che
si tenta di perseguire, di concentrazione, razionalizzazione e qualificazione delle aree
industriali. Nell’area di Terni, Narni e Spoleto viene evidenziato che il problema da
affrontare sia quello di riportare in un’unica linea di programmazione-attuazione le
politiche d’insediamento di tutte le aree produttive, industriali e artigianali: infatti
mentre la realizzazione delle aree industriali viene delegata al Consorzio TNS, le aree
artigianali vengono ancora sviluppate autonomamente dai Comuni; questa distinzione
andrebbe invece abbandonata, affidando ai Consorzi l’intero settore produttivo, che
eviterebbe distorsioni nelle politiche di prezzo delle aree che rischiano di rendere
incomprensibile l’azione complessiva a supporto dello sviluppo.In generale comunque
viene affermato che il tema “aree industriali” è solo una parte di una politica
complessiva che non può essere slegata da quello delle risorse finanziarie pubblicoprivate per gli investimenti e dalle politiche attive del lavoro, viste nella loro funzione
di creazione di professionalità, ma anche di contributo al sostenimento del costo del
lavoro. Il buon funzionamento dei Consorzi ha comunque effetti positivi perché
permette ai Comuni e agli altri Enti locali e territoriali di contare su strumenti dedicati
per curare le questioni relative alla costruzione, gestione e manutenzione delle aree
produttive (oltre che a portare fuori dal bilancio comunale importanti quote di
indebitamento) e alle imprese di avere uno “sportello” di riferimento sempre aperto.
Rispetto al tema del riuso delle aree industriali dismesse o sottoutilizzate secondo le
Associazioni di categoria la riqualificazione delle aree industriali dismesse rappresenta
sia un punto di forza che una opportunità per il territorio, così come l’interesse della
562
DENTRO L’UMBRIA due
popolazione nei confronti di forme di fruizione alternativa del territorio dimesso ed
una crescente attenzione alla tutela del paesaggio (CNA).
Positivamente giudicate, quale opportunità per il sistema produttivo, le politiche di
orientamento al mercato e di accompagnamento dell’adattamento, attraverso
l’adozione di innovazioni di processo, di prodotto e di organizzazione di filiera e la
presenza di un rilevante Know how.
Tra le altre opportunità segnalate, oltre alla favorevole localizzazione geografica,
derivante dalla vicinanza all’area economica romana e fiorentina ed il facile accesso al
mercato laziale, il buon effetto immagine, legato all’insediamento in Umbria. La
Confindustria Terni ritiene importante la possibilità di espansione produttive delle
imprese già insediate nonché di nuove localizzazioni fondate sull’ “attitudine ed
esperienze consolidate di programmazione negoziata (Contratto d’Area, Patti
Territoriali, “Patto di Territorio” ecc.)”, su potenziali integrazioni tra diversi settori
produttivi, sulla presenza di strutture per l’innovazione.
Dal punto di vista della programmazione urbanistica, dal Consorzio TNS viene vista
come grande potenzialità l’area del Centro Servizi di Maratta, su cui costruire un
progetto complessivo concertato tra istituzioni e imprese, e, potenzialmente, quale
sede, nella ristrutturazione della Villa Gerardi di proprietà del Consorzio, non solo del
Consorzio stesso, ma anche di Sviluppumbria, Gepafin e di servizi innovativi per le
imprese, oltre che per manifestazioni e presentazioni di prodotti industriali; inoltre la
nuova Piattaforma Logistica di Terni-Narni, oltre a risolvere i problemi legati alla
movimentazione merci e razionalizzarne i flussi, costituisce nuova opportunità
localizzativa per le imprese; parimenti è una opportunità la possibilità di
razionalizzazione e qualificazione delle aree, a partire dall’esistente, mentre viene vista
come minaccia il mancato coordinamento tra politiche urbanistiche e politiche di
sviluppo economico e le incoerenze nella gestione degli insediamenti produttivi tra
Enti diversi. Secondo altri intervistati costituisce una minaccia la tendenza alla
terziarizzazione di vaste aree delle aree produttive, con l’affermarsi di logiche
speculative che possono determinare l’incremento del costo delle aree e la
riconversione a tali scopi delle stesse strutture presenti, così come il degrado ed
abbandono di opere edili di particolare pregio architettonico e storico, conseguente
alla crisi delle industrie storiche ed alla dismissione di queste ed altre aree ad esse
collegate funzionalmente, mentre, dal punto di vista ambientale, l’incremento della
pressione ambientale sulla città ed il territorio è “legata alle quantità produttive ed alle
soluzioni per il fabbisogno energetico del polo siderurgico”. Tra gli aspetti più
propriamente economici, individuati come minaccia, in particolare per CNA, vi è la
perdita di competitività del sistema produttivo locale, che vede aumentare nel corso
degli anni il proprio divario rispetto alle aree più dinamiche del Paese, la riduzione
degli scambi commerciali europei, la marginalizzazione sociale ed economica di alcune
aree del territorio e l’eccessiva teoricità delle azioni di ricerca. I rischi di
delocalizzazione possono inoltre derivare, per Confindustria, dall’erosione dei margini
di competitività delle grandi imprese, dalla riduzione dei margini di competitività dei
AURAPPORTI: RES 2008-09
563
comparti manifatturieri (concorrenza paesi a basso costo), dai ritardi nell’attuazione di
progetti strategici e per il sostegno della R&S e dell’innovazione, da insufficienti
rapporti tra mondo produttivo e scuola/università.
Maggiormente legato all’attuale crisi è infine il rallentamento delle manifestazioni di
interesse per nuovi insediamenti nell’area ternana e narnese, che si sono ridotte in
maniera consistente.
Secondo il referente tecnico del Comune di Terni, la continuità con il centro urbano
del polo siderurgico, la scarsa manutenzione delle infrastrutture legata
prevalentemente alle difficoltà manutentive e la modesta qualità diffusa degli edifici
industriali, legata anche al prevalere di attività secondarie di supporto all’attività
produttiva, rappresentano i punti di debolezza delle aree produttive realizzate; dalle
Associazioni di categoria viene segnalata la difficoltà delle PMI ad abbandonare le sedi
lavorative di origine per accentrarsi in nuove e più funzionali aree, mentre dal punto di
vista infrastrutturale il sistema dei trasporti locali è da incrementare, condizionato dal
forte traffico industriale/commerciale: nel ternano infatti il numero dei veicoli
circolanti per km è tra i primi d’Italia. Collegato a questo viene evidenziato come la
rete stradale sia da potenziare soprattutto per quanto riguarda il collegamento con il
Porto di Civitavecchia. Inoltre vengono ritenuti carenti i servizi alle imprese, scarsa la
dotazione di infrastrutture immateriali e completamente inesistenti le infrastrutture di
servizio alle imprese per lo svolgimento di attività congressuali e promozionali.
Alla domanda: Gli imprenditori sono soddisfatti della collocazione territoriale, della
infrastrutturazione, dei servizi alle imprese? Gli intervistati rispondono che per
collocazione e collegamenti, generalmente sì, ma non completamente, con alcuni
problemi infrastrutturali relativi all’area di Nera Montoro, soprattutto per
l’insediamento di attività nel campo della meccanica con produzioni di grandi
dimensioni. Per quanto riguarda i servizi alle imprese dalle esperienze oramai
decennali di gestione viene evidenziata la difficoltà ad introdurre attività terziarie
(banca, posta, consulenze fiscali e legali, progettazione finanziaria, ecc.) a sostegno di
quelle produttive all’interno delle aree industriali, a meno di non creare una notevole
massa critica di domanda. Viene infine rilevato come incida e appaia problematica la
frammentazione delle aree produttive e come solo in parte i Consorzi abbiano
attivamente favorito le politiche di localizzazione delle imprese.
Per quanto attiene il resto del territorio provinciale viene evidenziato quale punto di
debolezza la dispersione delle aree produttive “minori”; inoltre le limitate dimensioni
delle aree impediscono la realizzazione di servizi “veri” e la nascita di filiere
produttive. Dal punto di vista urbanistico nei territori dei comuni minori le aree
“nascono artigianali, spesso divengono commerciali, ma non ci sono le condizioni per
realizzare aree produttive vere e proprie”.
Ad Orvieto la prevalente concentrazione delle aree produttive è negli agglomerati
produttivi di Bardano – Ponte Giulio; sono considerati punti di forza: dal punto di
vista infrastrutturale la presenza di vie di comunicazione di livello nazionale, che
favorisce la localizzazione delle aree industriali nelle vicinanze dei caselli autostradali,
564
DENTRO L’UMBRIA due
ed, in futuro, la nuova viabilità complanare e il secondo casello Orvieto nord; lo Scalo
merci; il cablaggio e video sorveglianza dell’area industriale e la separazione tra le aree
a vocazione industriale e le aree artigianali, a servizio dei contesti locali, con la
conseguenza che nei piccoli comuni, la classificazione urbanistica delle aree è
esclusivamente artigianale e commerciale; mentre per quanto attiene le imprese
insediate è considerato punto di forza la presenza di un nucleo di alta tecnologia
(telecomunicazioni e meccanica di precisione) da valorizzare attraverso interventi
mirati, appetibili per le eccellenze, e nella filiera componentistica, così come nel tessile
e nella moda.
Per il Consorzio Crescendo è anche punto di forza il ruolo delle associazioni di
categoria nella concertazione degli insediamenti. Tra le politiche da incentivare è
segnalata la riqualificazione della aree produttive con interventi legati allo sviluppo
locale, superando l’attuale mera assegnazione dei lotti, trovando convenienze
reciproche con i Comuni (es. ICI da condividere tra tutti i Comuni aderenti al
Consorzio) e la necessità di un parere consortile sul PTCP, che coordina la
localizzazione delle macro aree, come in altre realtà. Da ultimo sono considerati
necessari strumenti per cofinanziare gli interventi, l’ampliamento delle attività con la
gestione delle utilities (banca, poste, rifornimento carburanti, area per autotrasporti e
service), la realizzazione di acquedotti industriali ed una normativa con ARPA
sull’inquinamento elletromagnetico. Sempre per il Consorzio sono punti di debolezza
la scarsa incidenza del Consorzio sulla programmazione territoriale dei comuni, in
quanto deve limitarsi a dare solo suggerimenti, venendo meno un ruolo di
coordinamento, quale emergeva dalla ricerca IRRES del ’97; altri elementi critici sono
l’assenza di una politica regionale di assistenza finanziaria, che, ad esempio, fornisca
forme di garanzia per i debiti assunti dal Consorzio presso gli Istituti bancari e la
lontananza tra i settori pubblico e privato.
Problematiche emergono relativamente alle autorizzazioni allo scarico acque industriali
nei corsi d’acqua ed alle vasche d’accumulo (per prevenzione incendi), mentre esistono
problemi sulle reti ed i servizi (dall’illuminazione pubblica ai rifiuti).
Secondo Confindustria, infine, è urgente il completamento dei collegamenti fuori
regione, costituiti dai principali assi viari e ferroviari sulle direttrici Tirreno-Adriatiche,
mentre sono punti di debolezza l’insufficiente livello di infrastrutture e di servizi
telematici e presenza di funzioni e servizi reali, la prevalenza di piccole imprese
manifatturiere fortemente legate alla mono committenza produttiva e, nel
Comprensorio Orvietano, l’insufficiente dotazione di infrastrutture di collegamento
viario interno.
La gestione
Le nuove aree industriali sono prevalentemente di iniziativa pubblica attraverso il
P.I.P. (PAIP nel caso di Terni) e sono gestite direttamente dai Comuni e, per i
Comuni aderenti e per alcune aree, dai Consorzi aree industriali, che provvedono
AURAPPORTI: RES 2008-09
565
anche alle urbanizzazioni prevalenti e, nel caso del Consorzio, anche alla realizzazione
diretta di interventi di recupero e riconversione delle stesse strutture produttive
dismesse. I Consorzi si occupano dell’esproprio delle aree (nelle esperienze passate,
solo per la liquidazione delle indennità, questione da rivedere in futuri interventi),
dell’appalto dei lavori di realizzazione, della valutazione dei progetti industriali
proposti dalle imprese per l’insediamento e della successiva vendita. In fase di
gestione, i Consorzi sostengono gran parte dei costi di manutenzione, da ripartire sulle
imprese con criteri proporzionali all’occupazione di spazi. Per l’insediamento
industriale più popolato, quello di San Liberato a Narni, si è scelto di formare un
“condominio” tra tutte le imprese presenti per il sostenimento delle spese di gestione
(es. sicurezza). Il modello è in corso di sperimentazione, con probabili evoluzioni
verso nuove ipotesi allo studio.
“Nel modello applicato fin qui l’azione del Consorzio si svolge all’incrocio di due
ambiti di programmazione: quella della Regione, prevalentemente incardinata nei
Programmi Operativi Regionali FESR che hanno finanziato in varia misura la
realizzazione degli insediamenti e di alcuni impianti a supporto e quella degli Enti
locali, di livello urbanistico-territoriale, che individua la destinazione d’uso delle aree.
Parte delle risorse finanziarie per gli investimenti vengono garantite dal Consorzio
stesso che si finanzia a debito, con varie forme tecniche a seconda delle situazioni. Le
aree industriali finora realizzate, utilizzando quale strumentazione urbanistica i Piani di
Insediamento Produttivo, hanno avuto finalità più urbanistiche (identificazione delle
destinazioni d’uso) che economiche (offerta di opportunità di sviluppo, a tutto
tondo)”96. Secondo il Presidente dl Consorzio TNS nelle esperienze finora condotte è
mancata una visione olistica del problema, limitandosi a destinare parti di territorio alle
imprese con la sola garanzia degli allacciamenti alle reti essenziali. Nel futuro vanno
concepite azioni sinergiche per dotare le aree di reti tecnologiche avanzate (fibra e
wireless), organizzare i servizi di gestione dell’energia, dell’idrico e dei rifiuti in modo
specificamente disegnato per i fabbisogni delle imprese, valorizzare lo spazio
produttivo anche dal punto di vista architettonico, garantire la sicurezza con
tecnologie adeguate. In sintesi, è necessario evolvere verso modelli di insediamento
efficienti dal punto di vista dei servizi e da quello energetico e ambientale. Ai Consorzi
vanno affidati compiti organici per perseguire questi obiettivi e va garantito il loro
coinvolgimento come portatori di interesse fin dalle fasi di pianificazione.
L’ottimizzazione della gestione economica, infatti, si può meglio perseguire
individuando le aree (e di immobili industriali da recuperare) in modo che la loro
acquisizione risulti il più possibile economica; destinando agli Enti risorse che
supportino i programmi di qualificazione delle aree (in particolare, sostenibilità
energetica e ambientale) e definendo strumenti di finanziamento a debito ad hoc;
programmando adeguate misure di marketing (tout court, come strumenti di
pubblicità, e territoriale). In tema di gestione economica, vanno trovate le soluzioni
96
Dall’intervista al Presidente del Consorzio TNS.
566
DENTRO L’UMBRIA due
legislative e regolamentari per esentare i Consorzi dal pagamento dei tributi locali,
pena l’effetto perverso dell’attribuzione agli Enti di pesanti oneri che sottraggono
liquidità agli investimenti, con esiti contro intuitivi rispetto alle motivazioni che ne
consigliano la costituzione.
Secondo le Associazioni di categoria (CNA e Confindustria) sono punti di forza la
pianificazione della strategia di sviluppo economico ed il coordinamento delle
relazioni tra organismi centrali e attori locali, la facilità di contatto con gli enti, deputati
ad espletare sia funzioni di programmazione che di autorizzazione, mentre costituisce
una opportunità il rafforzamento del ruolo attivo delle amministrazioni locali e delle
imprese, la possibilità di accedere a bandi e sfruttare l’opportunità di accordi locali,
l’utilizzo, da parte dei Consorzi di criteri di mercato e l’adozione, seppure parziale, di
procedure di tipo privatistico che consentono una maggiore rapidità nell’assunzione di
atti e decisioni. Sono evidenziate carenze nelle politiche di programmazione e
pianificazione, quali la saturazione di alcune zone industriali rispetto alle aree attigue,
la frammentazione nei singoli comuni delle politiche di sviluppo e consumo del
territorio e delle sue risorse, la mancanza di coordinamento tra enti, il rischio di
speculazioni edilizie, la carenza di informazione, una gestione consortile troppo
burocratizzata e comunque limitata a porzioni del territorio provinciale. E’ segnalata
dalla CNA, quale minaccia, un contesto ambientale delicato e a rischio superamento
delle soglie, dalla Confindustria la carenza di servizi integrativi dell'attività produttiva
(servizi finanziari, organizzativi e gestionali, tecnologici ecc.), una scarsa attenzione alla
domanda di servizi reali ed insufficienti strutture di raccordo tra ricerca e produzione e
per il trasferimento tecnologico.
Viene ribadita dalla maggioranza degli intervistati la positività della presenza di un
soggetto dedicato alla gestione delle aree industriali in modo focalizzato e
professionale e la creazione di competenze di valutazione economica e interlocuzione
con le imprese connessa alla disponibilità di esperienze e competenze per sviluppare
modelli di gestione innovativi; quale opportunità il potenziamento del demanio
consortile per offrire aree ben strutturate puntando sul recupero e riuso della aree
dimesse o sottoutilizzate, la possibilità di estendere le attività del Consorzio all’area
industriale di Vascigliano (Stroncone); diseconomie vengono invece generate da lacune
in fase di programmazione e progettazione e da una disorganicità del disegno di
infrastrutturazione del territorio. Secondo il referente tecnico del Comune di Terni la
gestione pubblica delle aree può favorire anche una politica finalizzata a realizzare
attività produttive qualificate e rispondenti alla necessità di privilegiare l’innovazione e
la ricerca dei nuovi settori di sviluppo, ad esempio i nuovi materiali, mentre l’eccessiva
terziarizzazione dei nuovi insediamenti e la presenza diffusa di attività con limitata
qualità produttiva, unita alla difficile applicazione di criteri selettivi nell’assegnazione
delle aree produttive ed anche nella gestione nel tempo dell'uso delle strutture
realizzate, costituiscono punti di debolezza e minacce nel processo di gestione delle
aree.
AURAPPORTI: RES 2008-09
567
Secondo il referente tecnico del Comune di Orvieto la gestione di parte delle aree da
parte del Consorzio Crescendo garantisce un costo equilibrato delle aree: è anche una
opportunità una gestione unitaria che vada anche oltre la realizzazione delle opere di
urbanizzazione; ciò garantirebbe qualità ambientale, localizzazione di imprese di
qualità, maggiore sostenibilità degli interventi; viene giudicato come punto di
debolezza il fatto che il Consorzio realizzi le opere di urbanizzazione, ma non gestisca
successivamente le aree; l’ eccessiva eterogeneità delle imprese localizzate è vista come
minaccia. Secondo alcuni intervistati inoltre il Consorzio dovrebbe poter dare indirizzi
più forti e organizzare un’offerta qualificata di aree partendo da aree green field
(agricole) attraverso accordi specifici di messa in valore, riconoscendo ai proprietari il
plusvalore nel tempo: ciò dovrebbe essere definito attraverso una specifica legge
regionale, evitando così l’esborso di importanti risorse all’inizio dell’operazione. Dal
Consorzio Crescendo viene inoltre segnalata la necessità della costruzione dell’offerta
(con fondi regionali), di un censimento delle aree di proprietà pubbliche per
trasformazione in aree produttive, dell’introduzione di un sistema di gestione di tipo
“condominiale” per le imprese insediate; quale punto di debolezza viene segnalata una
gestione finanziaria che non tiene conto delle logiche di sviluppo, senza
accompagnamento delle attività e, quale minaccia, il ricorso ad interventi “a pioggia”,
portando ad esempio quanto operato con la Misura 2.1. del DOCUP nella precedente
programmazione regionale. Confindustria richiama ad maggiore attenzione ai
fabbisogni localizzativi delle industrie locali ed esogene, da soddisfare attraverso
un’offerta variegata di tipologie e dimensioni delle aree, alla vivibilità dei luoghi di
produzione e lavoro, alla sicurezza (contrasto ai furti ecc.). Sempre secondo
Confindustria dalla gestione emergono quali indicazioni la necessità di accorciare i
tempi di allestimento e soprattutto di assegnazione delle aree, nonché la necessità di
reperire nuove aree di dimensione adeguata per ospitare nuove iniziative industriali.
La qualità
La gestione pubblica del processo di urbanizzazione e di realizzazione degli
insediamenti, unitamente alla disponibilità di risorse comunitarie, consentono di
realizzare anche sperimentazioni in contenuti ecologici ed insediativi. Su questo fronte
il Consorzio TNS ha affidato un incarico per l’attuazione del modello SIAM
(Sustainable Industrial Areas Model) e avvierà nelle prossime settimane un’attività di
analisi del territorio per verificare le modalità con le quali qualificare in questa
direzione le proprie aree. Secondo il Presidente del Consorzio “Nell’attuazione del
modello potrebbero convergere le soluzioni ai problemi evidenziati, a patto di adottare
una strategia di concertazione adeguata tra tutti i livelli istituzionali coinvolti nella
programmazione urbanistico-territoriale ed economico e forme di partenariato (sociale
e finanziario) pubblico-privato”; sempre secondo il Presidente “E’ necessario
coordinare, ad esempio, le politiche regionali per lo sviluppo delle connessioni
telematiche, soprattutto a favore delle imprese. Vanno poi migliorati i sistemi di
568
DENTRO L’UMBRIA due
gestione ambientale ed energetica delle aree industriali. E’, altresì, necessario
sviluppare una programmazione di lungo periodo che ottimizzi l’uso del territorio,
evitando dispersioni e rincorsi a fabbisogni ipotetici e futuribili, creando le condizioni
per un’ordinata raccolta della domanda di insediamento. A partire da progetti-pilota,
sarebbe auspicabile avviare un percorso per la formulazione di una legge regionale che
dia riconoscimento ai Consorzi e inquadri la loro azione nel contesto degli strumenti
di sviluppo economico-territoriale, mettendo a sistema risorse finanziarie e strumenti
tecnici”. In sintesi: la presenza di modelli di successo da adottare e adattare per il
superamento dei limiti attuali e la spinta ad una nuova progettualità già tradotta in
decisioni, sono punti di forza e opportunità da giocare in questo delicato momento di
transizione, anche se permangono spinte “quantitative” per la realizzazione di aree
industriali e una cultura “rinunciataria” nella progettazione delle aree industriali finora
sviluppata. Dal punto di vista urbanistico, secondo il referente tecnico del Comune di
Terni, le previsioni del nuovo PRG di Terni costituiscono un’opportunità per
completare-qualificare le aree produttive esistenti e per gestire le trasformazioni
interne al polo siderurgico ed a quello chimico, attraverso una preventiva verifica della
sostenibilità ambientale degli stessi insediamenti. Sul fronte delle minacce e dei punti
di debolezza viene segnalata dal Comune di Terni la difficoltà a mantenere in essere le
stesse trasformazioni qualitative realizzate con i fondi comunitari, con il rischio di un
diffondersi progressivo del degrado, mentre nella maggior parte delle aree esistenti,
non soggette alla gestione del Consorzio TNS, l’assenza di forme consortili tra
imprese nella gestione delle aree industriali, la progressiva diminuzione delle risorse
pubbliche per la manutenzione e per la gestione delle stesse aree industriali,
minacciano di frenare il progressivo processo di rafforzamento qualitativo del tessuto
produttivo. Secondo le Associazioni di categoria, anche se le attività finora svolte
congiuntamente dagli enti territoriali e dal Consorzio TNS sono una buona base di
partenza per condurre politiche di qualificazione delle aree ed esiste un certo interesse
delle imprese per aree di qualità, molte sono ancora le carenze riscontrate tra cui la
sottodotazione di spazi pubblici attrezzati e di aree libere all’interno delle zone di
espansione da destinare a servizi (in particolare aree scoperte di sosta e
movimentazione merci ); in particolare secondo la CNA pesa l’inadeguatezza delle
linee ferroviarie, la prevalenza della mobilità privata, che porta al congestionamento
delle aree urbane centrali ed ad una logistica industriale risolta esclusivamente
attraverso il trasporto su gomma, priva di un polo locale ed ad un aggravio alle
necessità infrastrutturali per servire gli insediamenti diffusi, mentre secondo
Confindustria la necessità è quella di completare l’infrastrutturazione di primo livello
(in molte zone) e di provvedere a quella secondaria (quasi ovunque); viene considerata
insufficiente la dotazione di servizi (corrente elettrica, acqua per uso industriale,
metanodotti, via d’accesso, reti telefoniche e telematiche); dal punto di vista delle “reti
di impresa” viene considerata scarsa la capacità delle imprese locali di mettersi in rete
con altri attori di eccellenza, ridotta la capacità di produzione individuale e scarsa la
propensione ad associarsi; parimenti ridotta la propensione ad investire per
AURAPPORTI: RES 2008-09
569
l’integrazione produttiva e l’aggiornamento tecnico: complessivamente si avverte come
minaccia la concorrenza da parte di altre aree industriali poste in regioni limitrofe. Sul
fronte delle aree dismesse, mentre viene considerata, in particolare da Confindustria,
come un’opportunità il riutilizzo delle aree industriali dismesse e la razionalizzazione
delle aree produttive in uso, il rischio è quello di dovere gestire da parte delle imprese,
in caso di mancato recupero delle aree dismesse, complessi e costosi interventi di
bonifica. Sul fronte pubblico le Associazioni lamentano una scarsa attenzione alla
problematica della qualità degli agglomerati produttivi da parte degli enti pubblici e
l’incertezza sulle procedure e sulle normative, anche se l’introduzione (ancora in pochi
Comuni, con funzioni di servizio anche per altri Comuni in convenzione) delle
procedure SUAP (Sportello Unico Per le Attività Produttive) ha in parte accelerato i
tempi complessivi. Il referente tecnico del Comune di Orvieto vede come opportunità
la costruzione di un ambito produttivo a forte qualità ambientale sia per quantità che
per qualità dei beni, mentre segnala come punto di forza i “corridoi ecologici”
rappresentati dai corsi d’acqua e dalla vegetazione ripariale; sono invece punti di
debolezza la scarsa attenzione alla infrastrutture (strade, verde, parcheggi), lo scarso
equipaggiamento vegetale, la saturazione di tutti gli spazi.
Box n.1
SWOT ANALISIS (Strength, Weaknesses, Opportunities,Threats )
La SWOT Analisis è uno dei metodi di analisi, di tipo partecipativo, utilizzati solitamente nelle fasi preparatorie di un
processo di indagine, indirizzato verso stakeholders individuati quali soggetti potenzialmente interessati da una
determinata azione o progetto.
L’analisi SWOT è utilizzata per individuare punti di forza (Strengths) e di debolezza (Weaknesses) interni ad un sistema
rispetto alle opportunità (opportunities) e minacce (Threats) provenienti dall’esterno.
La SWOT può esser utilizzata sia per la restituzione di un quadro generale di analisi sia come punto di partenza per
poter efficacemente indirizzare la soluzione di un determinato problema.
Nel caso delle aree produttive, attraverso la “matrice” SWOT si sono indagate le seguenti tematiche:
DIFFUSIONE E LOCALIZZAZIONE
Punti di discussione: la diffusione e localizzazione attuale delle aree produttive risponde alle esigenze delle imprese? Gli
imprenditori sono soddisfatti della collocazione territoriale, della infrastrutturazione, dei servizi alle imprese? Quanto
incide o appare problematica la frammentazione delle aree produttive? Quanto la costituzione e conseguente gestione
delle aree produttive da parte dei Consorzi per le aree industriali ha attivamente favorito le politiche di localizzazione
delle imprese? (per la provincia di Terni). La costituzione di Consorzi per le aree industriali può favorire le politiche di
localizzazione delle imprese? (per la provincia di Perugia)
PROCESSO DI GESTIONE
Punti di discussione: chi gestisce le aree industriali? (Comune, Consorzio, Associazione di enti, altro). Con quali
strumenti di pianificazione e programmazione vengono gestite? Dal processo di gestione quali indicazioni emergono
per la programmazione? Quali indicazioni per migliorare la gestione?
QUALITA’
Punti di discussione: Quali sono le principali carenze riscontrate (dal punto di vista ambientale, dell’organizzazione,
etc.)? Quali azioni sono in corso per migliorare la qualità delle aree produttive? Quali azioni sarebbero auspicabili?
570
DENTRO L’UMBRIA due
Box n.2
TNS Consorzio - Sviluppo Aree ed Iniziative Industriali
TNS Consorzio è il primo a nascere, correlato al Contratto d’area (1997-1998) per i territori dei Comuni di Terni, Narni
e Spoleto (Comuni Obiettivo 2 in decrescita industriale). Il principale obiettivo del Consorzio è la gestione della aree
produttive comunali; la struttura consortile è di tipo pubblico, ma con un’ottica più imprenditoriale, agile e incisiva. I
primi interventi sono stati soprattutto volti alla messa a disposizione per le imprese di aree ben attrezzate. La volontà
politica della Giunta Regionale di allora, e di quelle a seguire, è stata pertanto quella di vedere nel Consorzio una
struttura adatta a gestire aree industriali “concentrate” e non disperse. Il primo intervento realizzato è stato quello
dell’area Industriale di San Liberato, a Narni, individuata dalla programmazione regionale, che si è rivelata una scelta
adeguata: i lotti sono stati tutti assegnati a imprese di qualità; in questo intervento il Consorzio ha favorito la nascita di
un consorzio con le imprese insediate per la gestione dell’area, primo esempio nella regione. L’area è ad alta qualità in
quanto ci sono impianti di videosorveglianza, portineria comune, una cabina elettrica ad alta tensione per una migliore
fornitura di energia elettrica pulita. Il secondo intervento è stato la realizzazione dell’area industriale di Nera Montoro su
cui sono in fase di start-up iniziative produttive di grande pregio.
A questi primi interventi è seguita la realizzazione del Centro servizi di Maratta, centro di sevizi per le imprese ed
incubatore per micro imprese, con mensa aziendale; il progetto complessivo è ora da sviluppare a seguito del prossimo
trasferimento della sede Universitaria che ha occupato gran parte degli spazi utilizzabili e la riqualificazione dell’area ex
Basell-ENICHEM, con interventi di bonifica (certificata) e recupero delle strutture, ora assegnate alla Novamont.
Altri interventi hanno riguardato i Comuni di Spoleto e Terni (Area Maratta Ovest, inserita all’interno del PRUSST e
area Maratta Est, interventi regolati da convenzione su mandato del Comune), la ristrutturazione di un capannone
locato all’Ansaldo. Si evidenzia che il Consorzio si attiva per aree industriali e non per aree commerciali, anche se questa
è una tendenza in atto (rifunzionalizzazione di aree da produttive a commerciali)
Anche se il Consorzio a livello programmatico non ha ancora pienamente inciso, la nuova impostazione del modo di
realizzare ed attrezzare aree produttive in demanio consortile, permette una facilitazione nelle acquisizioni e
nell’attrezzamento delle stesse, e risulta la maniera più corretta di programmazione da parte dei Soci (nel caso di TNS
Consorzio i Comuni di Terni, Narni e Spoleto, la Provincia di Terni e Sviluppumbria). Lo strumento del bando è
fondamentale per la riqualificazione delle aree dismesse. In tal senso il Consorzio sta lavorando per l’area ex Bosco, area
che è di supporto per la futura base logistica in realizzazione, per la quale sta ricevendo manifestazioni di interesse.
Consorzio Crescendo, per lo sviluppo delle aree produttive dei comuni dell’orvietano e dell’amerino.
L’attività del Consorzio (www.consorziocrescendo.it) si è molto sviluppata nel corso degli anni: dai primi 5 comuni
(Orvieto, Baschi, Castel Viscardo, Fabro, Allerona) agli attuali 19, che comprendono i comuni del comprensorio
orvietano e dell’amerino. Del Consorzio fa inoltre parte Sviluppumbria, la Comunità Montana Trasimeno, Orvietano,
Amerino, Narnese e la Provincia di Terni. Il consiglio di Amministrazione è formato da 5 membri. L’attività del
Consorzio è nella logica di razionalizzazione degli interventi propria dell’area vasta (PTCP), accrescendo il valore della
partecipazione. Per tutte le attività (acquisizione, progettazione, realizzazione) il Consorzio attiva finanziamenti con
istituti di credito, sostenendo quindi oneri per anticipare le spese realizzative. Il Consorzio è pertanto un strumento
molto utile ai Comuni, che non impegnano il loro bilancio per la realizzazione delle aree produttive, ma trasferiscono
solamente una modesta quota pro capite. Un limite riscontato nell’attuale regime, è che solo il Comune in cui viene
localizzato l’intervento percepisce ICI, IRAP ed oneri di urbanizzazione, a fronte delle spese per la gestione ex post
delle infrastrutture.
Le attività svolte, attraverso convenzioni con i Comuni, sono state principalmente volte:
a) alla acquisizione ed infrastrutturazione di nuove aree industriali, seguendo l’intero percorso progettuale e realizzativi,
restituendo al Comune interessato dall’intervento le infrastrutture per la gestione, mentre il Consorzio trattiene i lotti
che sono successivamente assegnati alle singole imprese. Di questa attività già svolta sono esempio la nuova area
produttiva di Baschi, completamente realizzata ed assegnata, l’area produttiva localizzata presso il casello di Fabro (che
ha usufruito dei finanziamenti di cui alla misura 1.1 del DOCUP 200-2006), collaudata nel 2008 di un’estensione
complessiva di 9 ha di cui 5ha per 22 lotti e 4ha a standard (Rc 0,5 e If 2 mc/mq). Per quest’ultima area si è concluso il
31 luglio 2009 il bando di assegnazione dei lotti, di questi 8 sono già stati assegnati. Relativamente alle aree produttive
localizzate nei Comuni più recentemente entrati nel Consorzio, è in conclusione il 2^ stralcio attuativo dell’ area in loc
“La Fornace” ad Amelia ed una nuova area produttiva a Montecchio di 2 ha (area AIP finanziata con fondi DOCUP),
mentre sono in programmazione altri interventi a Castel Viscardo, Fabro ed Orvieto;
AURAPPORTI: RES 2008-09
571
b) alla realizzazione di servizi alle imprese, quali il centro servizi di Castel Viscardo:
c) alla riqualificazione e bonifica di siti industriali dimessi, tra cui è già stata realizzata la riqualificazione e riassegnazione
dell’area ex Lebole a Fontanelle di Bardano.
In generale le aree vengono rese disponibili per le imprese, comprendendo anche aziende edili e società immobiliari
(per la fase di start up). Le convenzioni stipulate con le imprese assegnatarie prevedono che entro 48 mesi sui lotti
assegnati vengano realizzati i manufatti per ospitare i settori merceologici previsti dalle N.T.A. dei singoli PRG
comunali. Vengono generalmente escluse le attività di deposito e logistiche; solo in alcuni casi tale criterio viene
derogato per “far cassa” e chiudere i debiti contratti con le banche e/o le società finanziarie. Inoltre l’attività del
Consorzio si è indirizzata a colmare il divario sull’infrastrutturazione per telecomunicazioni (digital divided) nei Comuni
senza ADSL. Sono stai installati segnali wireless nell’area di Baschi e nell’area ex Lebole (attingendo ai finanziamenti
della Misura 1.1) mentre su 14 Comuni è stata attivata una rete wireless pubblica, attualmente in completamento sui
restanti 5 e nelle frazioni. La stessa rete è stata attivata ad Orvieto per gli eventi di Umbria Jazz. L’operazione è del tipo
“geo marketing”, anche se non consente immediati riscontri di ritorno.
Da ultimo il Consorzio ha attivato in 5 Comuni un bando per l’utilizzo dell’energia da fonte rinnovabile (fotovoltaico)
per interventi in conto energia sia su edifici scolastici sia su un manufatto industriale in project financing (“affitto” del
tetto per 6.000 mq. di superficie). Per questi ultimi interventi un problema deriva dalla scadenza del Consorzio (anno
2020), che crea problemi per i prossimi interventi, in particolare per l’ammortamento degli impianti fotovoltaici.
La gestione delle aree produttive nei Comuni della provincia di Perugia
Il tema della diffusione e della localizzazione delle aree, unitamente al tema della
qualità delle aree stesse, ha dato luogo a spunti degni di interesse, con ampie
convergenze di vedute tra le realtà considerate.
La distribuzione del tessuto è anzitutto valutata in termini complessivamente positivi
dai referenti dei Comuni individuati come casi di studio, per i quali l’obiettivo
fondamentale è stato quello di garantire una dotazione di zone produttive secondo un
principio di razionalizzazione delle realtà già costituite e di previsione di ulteriori
agglomerati produttivi in ampliamento di quelli esistenti.
Le tre amministrazioni comunali sottolineano come anche la frammentazione delle
aree, già evidenziatasi negli strumenti urbanistici degli anni Settanta, non determini
oggi situazioni di forte problematicità in ordine ai possibili conflitti con altre funzioni
urbane. Non è possibile asserire altrettanto, tuttavia, in merito agli impatti negativi che
questa genera nei confronti del paesaggio rurale e, talvolta, anche del paesaggio
storico, come sottolineato dai referenti del Comune di Perugia.
Ad un esame dei fattori qualitativi delle aree, sono ancora le caratteristiche
infrastrutturali ed organizzative ad essere individuate tra i più evidenti punti di
debolezza presso le tre amministrazioni comunali coinvolte nell’approfondimento,
sebbene alcuni interventi in corso di realizzazione vengano inquadrati come
opportunità: ci si riferisce in primo luogo alla realizzazione della rete di cablaggio,
unanimemente considerata imprescindibile per l’incremento dei livelli di competitività
delle imprese, ed inoltre a progetti volti alla riqualificazione della viabilità, anche
mediante la dotazione di piste ciclabili, e al risparmio energetico mediante l’uso delle
energie rinnovabili. Si richiamano, in proposito, le iniziative del Comune di Perugia
per gli agglomerati S. Andrea delle Fratte e Molinaccio, del Comune di Foligno per
572
DENTRO L’UMBRIA due
l’agglomerato Paciana, del Comune di Città di Castello per gli agglomerati Riosecco,
Zona Industriale Nord, Cerbara.
Emerge, in particolare, il recentissimo intervento di cablaggio97 e di adeguamento delle
reti (acqua, illuminazione metano) che ha interessato la zona industriale Nord di Città
di Castello, finalizzato a mantenere nella sede storica e simbolica gli insediamenti e le
unità produttive.
In merito alla qualità delle aree e agli interventi per incrementarne i livelli, i Comuni di
Foligno e Città di Castello hanno ricordato le loro recenti iniziative, tra cui vanno
ricordate: per Foligno, la partecipazione al bando regionale di cui all’Azione 1.1.2 del
Docup Ob.2 2000-2006 (Avviso per il finanziamento di studi di prefattibilità redatti da
Enti locali e loro forme associate finalizzati agli interventi di riqualificazione delle aree
produttive, approvato con Determinazione Dirigenziale 16 luglio 2003, n. 6503); per
Città di Castello, la partecipazione al bando relativo ai Contratti di Quartiere II, che ha
coinvolto una zona del centro storico in cui il polo dello sviluppo urbano è
rappresentato dalla riconversione del sito produttivo dismesso dell’ex Fattoria
autonoma tabacchi, al fine di recuperare e riqualificare spazi, infrastrutture ed
immobili appartenuti alla storia della città.
Passando ad esaminare gli aspetti più propriamente gestionali, si osserva che nel
contesto della provincia di Perugia la gestione delle aree produttive vede tuttora la
netta prevalenza di modelli tradizionali, riconducibili al ruolo preminente del Comune
quale attore principale del processo insediativo delle attività economiche, attuato
mediante la consueta strumentazione urbanistica. Ci si riferisce, ovviamente, al piano
regolatore generale, oggi regolamentato dalla L.R. 11/2005, ai piani attuativi di
iniziativa pubblica che trovano il loro presupposto nella legislazione nazionale inerente
ai PIP (Piani per Insediamenti Produttivi) e ai piani attuativi di iniziativa privata, di cui
il piano di lottizzazione rappresenta l’applicazione più diffusa. Nelle tre realtà oggetto
di approfondimento, la formazione dei PIP ai sensi della L. 865/1971 è infatti risultata
essere la modalità più consueta e diffusa per promuovere l’attuazione delle aree
produttive, ed è concordemente vista come un punto di forza. Il Comune di Città di
Castello, in particolare, sottolinea l’ampio ricorso a tali strumenti attuativi per favorire
l’utenza e calmierare i costi delle aree.
Nell’ultimo decennio questa impostazione ha in ogni caso subito le evoluzioni
connesse all’istituzione di appositi “sportelli” (SUAP), in base alle disposizioni
introdotte dal D.Lgs. 112/199898 e dal DPR 447/1998 come modificato dal DPR
97 Nell’ambito del progetto regionale di cablaggio che correrà lungo la dorsale della FCU, sono state
predisposte le sottocondotte per il passaggio delle fibre ottiche dal centro storico fino al Centro servizi,
alla base logistica fino alla zona dell’ospedale e alla Cittadella dell’emergenza.
98 Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 92 del 21 aprile 1998 – Supplemento Ordinario n. 77.
AURAPPORTI: RES 2008-09
573
440/200099, che prevedono “… uno sportello unico per le attività produttive, al quale
gli interessati si rivolgono per tutti gli adempimenti previsti dai procedimenti …”
Nel 2000 il Comune di Perugia, in attuazione delle norme sopracitate, ha istituito lo
Sportello Unico per le Attività Produttive, ufficio a cui si rivolgono le imprese
interessate per possibili insediamenti, come previsto dal D.Lgs. 447/1998, sia in
riferimento ai procedimenti semplificati, “di cui all’art. 4” per i nuovi insediamenti e gli
ampliamenti di quelli esistenti, sia per le procedure di variante al P.R.G “di cui all’art.
5”. Il SUAP gestisce quindi l’intero procedimento per le imprese, con l’attivazione di
endo-procedimenti finalizzati all’ottenimento dell’atto unico, comprensivo delle varie
autorizzazioni (permesso di costruire, eventuale licenza commerciale, etc.), con
conseguente vantaggio economico e gestionale dell’impresa.
La Deliberazione del Consiglio Comunale n. 69 del 21 aprile 2008, che integra e
sostituisce precedenti deliberazioni quali le DCC nn. 71/2004, 199/2005, 230/2006,
15/2007, esprime la volontà dell’Amministrazione di andare incontro alle esigenze
delle imprese, nel rispetto dell’interesse pubblico, stabilendo l’ammissibilità di
procedure di variante ai sensi dell’art. 5 DPR 447/98 per l’ampliamento di impianti
produttivi esistenti ed attivi al momento della presentazione dell’istanza, entro
determinati limiti e condizioni.
Nel comune di Perugia i casi di gestione consortile risultano limitati, nel tempo, alla
esclusiva attuazione delle opere di urbanizzazione dei comparti produttivi, e
solitamente esauriscono la loro funzione al momento dell’ultimazione delle opere
stesse e degli obblighi convenzionali.
Analogamente, Foligno gestisce le aree produttive del suo territorio attraverso lo
Sportello Unico dell’Edilizia integrato con le procedure edilizie del SUAP, che
provvede alla valutazione integrata dei vari aspetti dell’attività imprenditoriale. Lo
Sportello offre peraltro un servizio di informazione dedicato alla promozione
dell’imprenditoria giovanile ed un’attività di marketing territoriale.
Il Comune di Città di Castello, nell’ambito del servizio SUAP-PIP istituito con
Deliberazione del Consiglio Comunale n. 277 del 27 maggio 1999, ha istituito un
Osservatorio delle Aree Produttive mirato al raggiungimento di molteplici obiettivi:
programmazione urbanistica, gestione delle risorse (aree e contenitori), marketing del
territorio, ambiente (risparmio in termini di aree), occupazione e risorse umane.
L’Osservatorio si avvale di un sistema informativo territoriale dedicato, costituito dalle
informazioni relative ai lotti industriali e alle attività presenti, che progressivamente
implementato (al momento è stato inserita solo l’area industriale Cerbara) consentirà il
costante monitoraggio delle variazioni che avvengono nelle aree produttive, quindi la
99 D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 come modificato dal D.P.R. 7 dicembre 2000, n. 440 "Regolamento
recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento,
la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati,
nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell'articolo 20,
comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59."
574
DENTRO L’UMBRIA due
comprensione immediata delle potenzialità, in modo da orientare la programmazione
dello sviluppo e la pianificazione degli interventi.
Dallo stesso Ente, viene appunto sottolineato come minaccia il difficile controllo delle
dinamiche evolutive delle aziende, che si intende contrastare con gli strumenti di cui
sopra, volti a favorire un’ulteriore opportunità, ravvisata nel censimento puntuale dei
contenitori dismessi ai fini dell’ottimizzazione dell’offerta.
Ulteriori, significativi orientamenti per la gestione delle aree produttive, scaturiscono
dagli strumenti di pianificazione strategica di cui si sono dotate Perugia e Foligno; in
entrambi i casi, il tema delle aree produttive è entrato a pieno titolo negli indirizzi
programmatici di queste città, che fondano la propria idea di sviluppo su una
governance condivisa dalle rispettive comunità.
Nel Piano Strategico “Perugia – Europa 2003-2013”, la linea strategica “Potenziare
imprenditorialità, innovazione e internazionalizzazione” è rivolta ad un aumento della
competitività delle imprese e dell’attrattività del territorio. L’approccio strategico è
riconducibile alla volontà di creare sinergie fra ambiti diversi: politiche economiche,
urbanistiche, trasportistiche, culturali, mentre nell’ambito dell’Obiettivo 2.2
“Accrescere la capacità competitiva e l’innovazione” le politiche più propriamente
economiche sono orientate a individuare interventi finalizzati allo sviluppo di funzioni
in relazione alla presenza universitaria, nonché la qualificazione delle aree industriali
(Azione 2.2.4).
Un intervento in quest’ultima direzione e’ stato, ad esempio, effettuato con la
costituzione del Consorzio S. Andrea delle Fratte, con il quale il comune di Perugia ha
agevolato la costituzione di un soggetto partecipato dagli imprenditori e
successivamente finanziato delle specifiche azioni di riqualificazione dell’area di S.
Andrea delle Fratte sulla base delle indicazioni degli imprenditori e di un apposito
studio.
Per quanto attiene agli aspetti gestionali delle aree produttive, e del sistema produttivo
locale in genere, Foligno ha impostato una specifica programmazione nell’ambito del
Piano Strategico della città e del suo territorio, denominato “Foligno città delle
opportunità: 2008-2015”. Il Piano, siglato il 4 luglio 2008, contiene una linea strategica
mirata a “Potenziare l’imprenditorialità, le opportunità di lavoro e l’integrazione
territoriale”, articolata in una serie di obiettivi, tra cui si evidenziano: l’Obiettivo 2.1
“Sviluppare il potenziale produttivo”, l’Obiettivo 2.2 “Favorire l’integrazione
territoriale e l’internazionalizzazione delle imprese” e l’Obiettivo 2.5 “Promuovere i
servizi alle imprese e la semplificazione amministrativa”.
Dal quadro programmatico delineato dal Piano Strategico di Foligno emergono
interessanti elementi di governance che sottolineano il ruolo dell’Ente pubblico nelle
politiche e nelle decisioni orientate all’integrazione dei sistemi delle relazioni territoriali
e allo sviluppo economico del territorio nei settori produttivi dell’industria, della
nuova agricoltura, dei servizi, del commercio e del turismo.
AURAPPORTI: RES 2008-09
575
L’obiettivo 2.1 “Sviluppare il potenziale produttivo” contiene un progetto-bandiera100
che tende a favorire la trasferibilità nel contesto locale delle migliori pratiche ed
esperienze competitive di altri sistemi produttivi e le azioni tese a garantire la
disponibilità di nuove aree per gli insediamenti produttivi, ipotizzando anche un
assetto intercomunale (area industriale di San Giacomo di Spoleto), sviluppando altresì
integrazioni con le aree produttive della Valle Umbra da Bastia fino a Spoleto,
aumentando la dotazione di servizi per lo sviluppo delle stesse. L'obiettivo, inoltre,
prevede l'azione di riqualificazione delle aree e dei siti industriali dismessi o
sottoutilizzati per insediamenti produttivi presso La Paciana con il potenziamento
delle aree B.I.C. Umbria, Sant Eraclio, Ponte Nuovo, San Giovanni Profiamma,
Moano, il recupero dei siti industriali dismessi o sottoutilizzati per finalità produttive
come l'ex fornace Briziarelli e l'area Leader, prevista dal “progetto quadrilatero”, a
ridosso dell’aeroporto con la localizzazione di insediamenti produttivi del comparto
aeronautico o di servizi per la logistica.
In merito al potenziamento dell’integrazione territoriale e dell’internazionalizzazione
delle imprese, oggetto dell’Obiettivo 2.2 del Piano Strategico, emerge il proposito
dell’Amministrazione Comunale di portare nuovo vigore ai patti territoriali esistenti o
avviati nell’area e di definire dei nuovi partenariati, anche interregionali, al fine di
riprendere percorsi di aggregazione territoriale, integrazione dei sistemi produttivi e
dei servizi, massimizzando la visibilità del tessuto produttivo e dei prodotti dell’area.
In tale direzione si collocano la messa a sistema ed il potenziamento delle relazioni
interregionali sull’asse Tirreno-Adriatico con il collegamento e l’integrazione dei due
porti di Ancona e di Civitavecchia (progetto Quadrilatero), considerati presupposto
essenziale per lo sviluppo di attività di scambio e di cooperazione con i paesi della
penisola balcanica.
Il contributo degli attori territoriali
I risultati delle interviste effettuate ai rappresentanti dei principali attori territoriali
consentono di ottenere una visione più ampia degli aspetti gestionali delle aree
produttive, anche sulla base delle interessanti considerazioni emerse in merito ai temi
della diffusione, della localizzazione e della qualità. I contributi apportati dalle
associazioni di categoria, infatti, hanno preso in considerazione l’argomento nel suo
complesso, sottolineando l’importanza di elementi complementari a quelli evidenziati
dagli enti locali.
In merito alla diffusione e alla localizzazione delle aree, la maggior parte delle
associazioni vede in questo fattore un elemento di debolezza, affermando che gli
assetti configurati non rispondono alle attuali esigenze delle imprese, con varie
Per la loro valenza simbolica, nonché per la loro portata economica, territoriale e culturale, i progettibandiera sviluppano più direttamente la visione indicata e quindi trainano il Piano nel suo complesso,
recando benefici significativi per l’intera area e per un arco temporale considerevole.
100
576
DENTRO L’UMBRIA due
motivazioni. Sotto il profilo localizzativo, da CNA Umbria viene sottolineata l’assenza
di un’efficace programmazione unitaria e condivisa, a fronte di una forte spinta delle
amministrazioni locali a mantenere le imprese nei rispettivi territori, per motivi
prevalentemente connessi all’occupazione; ciò ha determinato un’eccessiva
frammentazione delle aree, che peraltro non sono oggetto di regolare manutenzione.
L’inadeguatezza dei fattori localizzativi è rimarcata anche da Sviluppumbria, che,
nell’ambito della sua azione di marketing territoriale, sottolinea come spesso accada
che il matching domanda - offerta di insediamenti produttivi si scontri con situazioni
territoriali connotate da una scarsa dotazione infrastrutturale delle aree, solo
parzialmente compensata dai risultati della Misura 1.1 del Docup 2000-2006.
Da Confapi Umbria viene segnalata l’ampiezza dei margini di miglioramento dei
fattori localizzativi, sia in termini di politiche che di interventi, nonché la generalizzata
saturazione delle aree produttive, a fronte dei flussi costanti alimentati dalle domande
di insediamento.
Sia Confindustria Perugia che CNA si sono soffermate sulla problematica dei costi
delle aree, con particolare riferimento a quelle oggetto di trattativa privata, che hanno
ormai raggiunto valori tali da scoraggiare l’insediamento di nuove attività. Tale fattore,
secondo Confindustria, deve essere attentamente considerato nella valutazione
dell’offerta delle aree, che se riferita al solo parametro delle superfici disponibili appare
limitata, ma che può essere considerata addirittura sovrabbondante all’esame dei costi
di insediamento. Confartigianato riconosce invece nella diffusione delle aree un punto
di forza, evidenziando come elementi di debolezza la mancanza di adeguate linee di
comunicazione con le altre regioni e la scarsa infrastrutturazione telematica. Sia
Confartigianato che Confapi considerano, tra le minacce, gli impatti negativi sulla
competitività delle imprese connessi agli assetti insediativi.
La frammentazione viene considerata quale elemento di forte criticità sia in quanto
impedisce economie di scala che possono giustificare la creazione di servizi comuni
(Confindustria e Sviluppumbria), sia perché non consente il raggiungimento di
un’adeguata massa critica e quindi non permette di ottimizzare la gestione e la
riqualificazione delle aree (Confapi).
Quali opportunità vengono invece segnalate, da Confapi, la possibilità di mettere a
sistema le aree produttive di comuni limitrofi ed il consistente numero di siti dismessi
da riqualificare, fattore, quest’ultimo, sottolineato da Sviluppumbria.
Le associazioni si sono poi particolarmente soffermate sulle condizioni di criticità
infrastrutturale e tecnologica in cui versano le aree produttive del territorio
provinciale, in termini di viabilità esterna ed interna, segnaletica, reti tecnologiche e
scarsità di servizi; tale elemento di debolezza viene particolarmente evidenziato da
Confindustria. Da CNA è stata richiamata l’importanza della infrastrutturazione
territoriale, peraltro oggetto di una specifica iniziativa messa in campo dalla Regione
Umbria con la Misura 1.1 del Docup 2000-2006 e del marketing territoriale, anch’esso
fortemente connesso alla domanda insediativa e oggetto della Misura 1.2 del Docup
2000-2006.
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577
Con riferimento ai casi di studio (Perugia, Foligno, Città di Castello), Confindustria ha
rimarcato la necessità di un deciso incremento della dotazione infrastrutturale delle
aree e dell’aumento del loro livello qualitativo, evitando di ripetere errori commessi
nell’organizzazione funzionale di un tessuto che presenta tuttora forti criticità.
Per quanto concerne il processo gestionale delle aree produttive, le associazioni di
categoria prendono atto della gestione diretta delle aree stesse da parte dei Comuni,
del tutto prevalente su esperienze consortili circoscritte, a volte limitate a finalità ben
precise come il Consorzio di imprese creato per la realizzazione di opere
infrastrutturali nell’agglomerato di S. Andrea delle Fratte. CNA, in proposito,
sottolinea come anche nelle migliori situazioni i tempi di programmazione e
realizzazione degli interventi necessari siano eccessivi rispetto alle dinamiche
economiche e alle esigenze delle imprese; tale punto di debolezza è pienamente
condiviso da Confapi, che peraltro considera tra le minacce l’eccessiva farraginosità
delle procedure burocratiche. Sviluppumbria individua inoltre come minaccia l’export
localizzativo delle imprese.
Una migliore integrazione fra programmi comunitari, nazionali e regionali da un lato, e
programmi locali dall’altro, viene auspicata da Confapi per incrementare l’efficienza
strutturale e le convenienze localizzative delle aree produttive; a tal fine, l’associazione
indica l’opportunità di una programmazione di interventi su scala intercomunale,
risultando concorde con Confartigianato nel prendere atto che la gestione consortile
inizia a mostrare positivi segnali di efficienza.
La creazione di consorzi viene considerata un’opportunità anche da Confindustria, ma
a condizione che tali soggetti siano finalizzati al raggiungimento di obiettivi specifici,
configurandosi come consorzi di scopo e non come strutture rivolte ad una gestione
“integrale” dei processi.
In merito agli aspetti qualitativi delle aree produttive, i più consistenti punti di
debolezza si concentrano, sia per Sviluppumbria che per Confindustria, Confapi e
CNA, nelle inadeguate condizioni delle infrastrutture e delle reti tecnologiche.
CNA sottolinea peraltro che sarebbe stata più opportuna la scelta di realizzare un
numero più limitato di aree produttive “di qualità” (per le quali sarebbero state
comunque impiegate minori risorse di quelle complessivamente utilizzate), che
avrebbero consentito l’insediamento di nuclei significativi di imprese in un habitat più
consono al miglioramento della competitività.
La rifunzionalizzazione dei siti dismessi rappresenta un’opportunità sia per
Sviluppumbria che per Confapi, che sottolinea, in proposito, anche la promozione di
progetti eco-compatibili, unitamente alle opportunità rappresentate dalla realizzazione
delle piattaforme logistiche nei comuni di Foligno e Città di Csatello, la cui importanza
viene confermata da Confindustria.
L’incremento dei livelli qualitativi nelle aree libere è considerato un punto di forza da
Sviluppumbria, che al contempo evidenzia gli apprezzabili risultati ottenuti nell’ambito
della Misura 1.1 del Docup Ob. 2 (2000-2006), in merito alla riqualificazione delle aree
produttive. La concertazione tra istituzioni e associazioni risulta in ogni caso, secondo
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Confapi, molto attiva; tale fattore è considerato, dall’associazione, un punto di forza,
tra i quali Confartigianato inserisce lo sviluppo di sistemi comuni di recupero
energetico, nonché la costituzione di consorzi.
L’esperienza dei Consorzi nella provincia di Perugia
Seppure meno consolidate di quelle presenti nel Ternano, non mancano
sperimentazioni o comunque previsioni programmatiche che riflettono l’esigenza di
nuovi modelli gestionali in grado di gestire situazioni complesse, a volte riferite a
contesti territoriali sovracomunali.
Oltre al Consorzio TNS, di cui si dà più approfondita illustrazione nel paragrafo
relativo all’ambito provinciale di Terni e che interessa il Perugino limitatamente a
Spoleto, emergono esperienze di gestione innovativa anche nell’ambito della provincia
di Perugia, fra cui quelle relative all’istituzione dei Consorzi “Flaminia Vetus” e
“Valnestore Sviluppo”.
Costituito dai Comuni di Massa Martana, Giano dell’Umbria e da Sviluppumbria, il
Consorzio “Flaminia Vetus” nasce per la la riqualificazione ed il riuso di un’area
industriale dismessa un tempo sede di una fornace di laterizi, la ex Fornace Scarca, in
frazione Villa S. Faustino (località Acqua Rossa) nel Comune di Massa Martana101.
L’area occupa una posizione di particolare interesse strategico, in quanto decentrata
rispetto al centro abitato di Massa Martana, ma ben collegata ad esso ed all’area
industriale adiacente, anche alla luce del previsto potenziamento dell’esistente
connessione viaria, nonché limitrofa alla S.G.C. E 45 (svincolo Massa Martana) ed alla
Ferrovia Centrale Umbra (stazione Massa Martana Scalo).
Il progetto prevede la riqualificazione ed il riuso di tale area mediante la realizzazione
di un polo produttivo destinato a piccole e medie imprese a carattere industrialeartigianale. L’idea alla base dell’intervento progettato è quella di realizzare un
insediamento produttivo con una struttura di tipo consorziale, caratterizzato da due
edifici industriali che corrono parallelamente in posizione baricentrica rispetto all’area
divisi trasversalmente al loro interno in varie unità produttive (max sei per ognuno dei
due edifici); il bando prevede inoltre un numero variabile di unità produttive in
funzione dei lotti acquistati dalle aziende.
Sono attualmente in corso le opere di urbanizzazione dell’area, anche grazie al
sostegno delle risorse relative alla Misura 1.1 del Docup Ob. 2 2000-2006.
Le aziende assegnatarie sono risultate la Archimede Solar Energy102 ed il Consorzio
AMU103, entrambi soggetti impegnati nei settori delle tecnologie innovative e delle
energie rinnovabili.
Tratto dalla Relazione del Bando per l’assegnazione delle aree, pubblicata in Internet.
L’azienda produce, su licenza Enea, tubi ricevitori ad alta efficienza per centrali solari termodinamiche.
Gli impianti solari termodinamici a sali fusi producono energia senza emissioni né inquinamento, non
utilizzano materiali tossici o pericolosi; in particolare il fluido vettore è un comune fertilizzante già
ampiamente utilizzato in agricoltura. La tecnologia del solare termodinamico ad alta temperatura è
101
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579
Il Consorzio “Valnestore Sviluppo” è stato invece creato dai Comuni di Panicale,
Piegaro, dalla Comunità Montana Trasimeno - Medio Tevere e dalla Provincia di
Perugia, per il riutilizzo dell’estesa area di Pietrafitta, nel territorio comunale di
Tavernelle, sede dell’ex Centrale ENEL.
Anche in questo caso sono state attivate le risorse della Misura 1.1 del Docup Ob. 2
2000-2006 finalizzate alla “rifunzionalizzazione” dei siti produttivi dismessi. Le
problematiche che il Consorzio si trova ad affrontare sono tuttavia molteplici, sia per
la vastità dell’area, sia per la caratterizzazione tecnico-funzionale dei fabbricati che vi
insistono, contenenti macchine per la produzione dell’energia elettrica, e dunque
difficilmente riconvertibili per altri usi. Il sito, inoltre, presenta una situazione logistica
sfavorevole, in quanto non è agevolmente raggiungibile attraverso i collegamenti
stradali tra il capoluogo regionale e Città della Pieve; sotto questo profilo, l’area
sembra essere rivolta all’esterno dell’Umbria, risultando più direttamente aggredibile
dall’A1 (svincolo di Chiusi).
Ringraziamenti:
per Servizio Informatico/Informativo: geografico, ambientale e territoriale, Regione Umbria
Arch. Ambra Ciarapica; Dott. Paolo Tamagnini; Dott.ssa Orietta Niciarelli; Sandra Togni
per il Comune di Terni: Arch. Aldo Tarquini
per il Comune di Orvieto: Arch. Rocco Olivadese
per il Comune di Narni: Arch. Antonio Zitti
per il Consorzio TNS: Dott. Massimo Tondi; Ing. Paolo Gentili
per Sviluppumbria (sede di Terni) e Consorzio “Crescendo”: Dott. Luca Scorsolini
per CNA Umbria (sede di Terni): Dott. Mauro Concezzi, Dott. Giulio Cesare Proietti
per Confindustria Terni: Dott. Maurizio Cenci
per il Comune di Perugia: Ing. Enrico Antinoro; Arch. Franco Marini; Arch. Domenico Mariani; Geom. Stefano
Borghi; Geom. Siro Cecconi, Dott.ssa Pina Secci, Dott.ssa Maria Arras
per il Comune di Foligno: Arch. Alfiero Moretti; Arch. Ivo Canfarini; Geom. Luca Piersanti; P.I. Pier Giorgio
Metelli
per il Comune di Città di Castello: Ing. Federico Calderini; Arch. Lucia Bonucci; Geom. Giovanni Pauselli
per Sviluppumbria: Dott. Simone Peruzzi
per Confindustria Perugia: Dott. Alessandro Castagnino
per Confapi Perugia: Dott. Guido Perosino; Dott.ssa Daniela De Paolis
per CNA Umbria (sede di Perugia): Dott. Paolo Arcelli; Dott. Alberto Cerquaglia
per Confartigianato Perugia: Dott. Stelvio Gauzzi; Geom. Giuseppe Mariucci
modulare e può soddisfare esigenze di realizzazione di grandi centrali solari autonome (nell'ordine del
Gigawatt), di integrazione con le centrali termoelettriche attualmente in esercizio.
103 Il Consorzio Produttori Acque Minerali Umbre (AMU) è il frutto di sinergie derivante dall'integrazione del
settore primario, aziende agricole ed Enti Pubblici. Gli imprenditori agricoli consorziati, insieme ai Comuni di
Acquasparta, Amelia, Avigliano Umbro, Massa Martana e San Gemini, intendono così dare seguito, arricchendola, alla
secolare tradizione agricola che caratterizza la loro storia.
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