Oratorio - La Parrocchia di Rovellasca
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Oratorio - La Parrocchia di Rovellasca
Comunità Parrocchiale di Rovellasca il bollettino - settembre 2007 sommario Parla il parroco... Preti che cambiano…oratorio che resta 3 Vita parrocchiale Saluto don Stefano Intervista don Stefano e don Alberto Una “Scuola guida”… speciale!!! Vacanze a Sölden per le famiglie Pellegrinaggio a Roma Capiago - Esercizi 18enni Grazie, Emilio La Chiesa e l’Eucaristia La mensa del Corpus Domini 70° anniversario consacrazione Chiesa Chierichetti in Vaticano 100 anni Orsolina Elevazione Spirituale Auguri, don Luigi e Suor Marisa La Scuola Materna Dalla parte dei figli Ama la tua parrocchia 5 6 9 10 12 13 13 14 15 16 18 20 21 22 22 24 25 Gruppi Gruppo pulizie della Chiesa Gruppo vedove Gruppo Missionario 14 17 26 Oratorio Che cos’è stato/ che cos’è per te l’Oratorio? Ricordi di una casacca bianca Se San Filippo Neri ci scrivesse oggi Oratorio: uno sguardo alle origini Voglia di Oratorio Don Giovanni Cocchi San Giovanni Bosco e Maria Ausiliatrice La legge Rattazzi L’oratorio in musica 28 30 32 32 33 34 35 36 37 Correva l’anno 1950 Dall’archivio Hanno offerto Lettura Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger 38 40 41 42 Agiografia Don Giovanni Bosco, Il Santo dei Giovani 42 Testimonia fidei San Domenico Savio 45 parla il parroco... Preti che cambiano… oratorio che resta G razie, don Stefano! Benvenuto, don Alberto! Tempo di avvicendamento, nella nostra Parrocchia. “È cambiato il Vicario”, come si diceva una volta. E diventano quasi cose ovvie i rimpianti, i confronti, le nostalgie, le aspettative. Già, i preti cambiano… e ognuno porta in dono le proprie qualità umane, le proprie caratteristiche spirituali, sempre arricchenti per la Comunità: sottolineature diverse, ma dentro l’unica fede che unisce più di un miliardo di Cattolici in tutto il mondo. Penso ai Vicari che, nei cinquant’anni dell’Oratorio attuale, sono stati presenti nella nostra Parrocchia: preti diversissimi tra loro, che hanno operato in una società in rapida evoluzione, che si sono trovati di fronte a mentalità diverse… Quanto bene ognuno di loro ha fatto! Quante persone, oggi, possono dire di essere cresciute, umanamente e spiritualmente, grazie alle parole e all’opera di “quel” Vicario. Bisogna, però, vincere una tentazione, che è quella, terribile, delle contrapposizioni e degli steccati. Purtroppo quello che scriveva san Paolo alla comunità di Corinto (“Io sono di Cefa, Io sono di Apollo, Io sono di Paolo…”) torna ogni tanto attuale: “Io sono del Vicario Tizio, Io sono del Vicario Caio”, e giù divisioni a più non posso! Come sarebbe bello se tutti fossimo e ci sentissimo di Cristo! Così come sarebbe bello, in questi mesi, ringraziare con particolare intensità il Signore perché abbiamo un Oratorio, una struttura grazie alla quale possiamo ancora accogliere la sÞda educativa che la società moderna ci lancia. Ma la struttura da sola non basta: occorre darle un cuore e un’anima, attraverso la presenza di persone, giovani e non, che offrono il proprio tempo e le proprie energie a servizio dei fratelli. L’Oratorio non può essere svalutato a semplice luogo di ritrovo, dove andare a passare il tempo in mancanza di meglio. L’Oratorio deve essere sempre il luogo dove c’è la possibilità di incontrare Cristo e il Vangelo, dove ognuno deve “rischiare” di sentirsi fare una proposta cristiana di conversione e di impegno, una proposta fatta con dolcezza, ma anche molto esplicita. Altrimenti che senso avrebbe l’Oratorio? Credo che in questo settore ci sia ancora molto da fare. E si richiede impegno. Tanto impegno, da parte di tutti. Mettiamoci al lavoro, almeno per i prossimi cinquant’anni! don Roberto 3 festa del paese In preparazione alla Festa del paese si svolgeranno gli Esercizi Spirituali Parrocchiali (Tema: Maria, Modello del Discepolo) programma Giovedì 13 settembre ore ore ore ore ore ore ore 8.45 9.00 9.30 11.15 20.30 21.00 22.30 Lodi S. Messa Meditazione e adorazione comunitaria Conclusione S. Messa Meditazione e adorazione comunitaria Conclusione Venerdì 14 settembre ore ore ore ore ore ore ore ore 8.45 9.00 9.30 11.15 15.00 18.00 21.00 22.30 Lodi S. Messa Meditazione e adorazione comunitaria Conclusione S. Messa per gli ammalati S. Messa Meditazione e adorazione comunitaria Conclusione Sabato 15 settembre ore 7.00 - 12.00 ore 9.00 ore 14.00 - 18.00 ore 18.00 ore 21.00 Confessioni S. Messa Confessioni S. Messa Elevazione Spirituale in Chiesa Domenica 16 settembre ore 8.00 ore 10.30 S. Messa S. Messa solenne presieduta dal nostro Vescovo, Mons. Diego Coletti, ed esposizione dell’urna di S. Vittore Vespri e Processione S. Messa ore 15.30 ore 18.00 N.B.: per le giornate di giovedì e venerdì è indispensabile portare la Bibbia 4 8 S. I Si i poli stav Ges i po com sid pre del Reg l’es que siam alle ran del que ogn ope sin Gre gaz ché dev vita pre ho ma per zia in q vic si c bile l’im sen non èn per Ch me pro i pr te p frat buon cammino 8 luglio 2007: S. Messa di saluto a Don Stefano e di benvenuto a Don Alberto ma I l brano di Vangelo che abbiamo ascoltato (Lc 10,1-12.17-20) mi ha dato modo di rißettere sul momento che stiamo vivendo oggi. Si inizia col dire che:“il Signore designò altri 72 discepoli e li inviò a 2 a 2 avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi”. Gesù nel suo viaggio ha presente davanti a sé tutti i popoli e ad essi invia i discepoli. Mi piace pensare come quei 72 discepoli inviati possono essere considerati i preti mandati nelle diverse comunità per preannunciare la venuta di Gesù (con l’annuncio della Parola e la catechesi) e annunciare che il suo Regno è vicino (con la celebrazione dei Sacramenti e l’esercizio della carità nell’ascolto e nel servizio). In questa missione e nelle sue caratteristiche noi possiamo capire il senso dell’invio di preti e consacrati alle diverse comunità e la loro permanenza temporanea. Auguro a Don Alberto e a tutti noi ministri della Chiesa di rinnovare ogni giorno l’adesione a questa missione che il Signore (che vede e fa bene ogni cosa) ci afÞda… Ma viene da chiedersi: se “la messe è molta, ma gli operai sono pochi”, perché inviarli a due a due e non singolarmente? Gregorio Magno ci aiuta dandoci una bella spiegazione: Gesù mandò i discepoli a due a due perché la prima predica fosse anzitutto l’amore vicendevole e le loro parole fossero testimoniate con la vita. La comunione tra i fratelli è la prima grande predicazione. Senza dubbio ci sono stati errori che ho commesso per inesperienza e per mie lacune e mancanze umane e pastorali e di queste vi chiedo perdono, ma spero ricordiate, riconosciate e apprezziate la testimonianza della vita di comunione che in questi anni c’è stata, qui a Rovellasca, tra parroco, vicario, suore e diacono e che si è cercato (e penso si cercherà) di comunicare e allargare il più possibile... Certo, per questo sono necessari la preghiera, l’impegno e la disponibilità di tutti: tutti si devono sentire missionari, tutti devono essere “agnelli” e non “lupi”, portatori e testimoni di pace. Per questo è necessario maturare una conoscenza e un amore per Cristo e un senso di appartenenza a Lui, alla Chiesa e, quindi, alla propria Comunità che porti a mettere da parte la pigrizia, le questioni personali, i propri interessi, i rancori, le invidie, le presunzioni, i pregiudizi o altro e porti ad impegnarsi seriamente per crescere nella fede e nel servizio di Dio e dei fratelli attraverso le proposte che vengono fatte. Concludo riprendendo la gioia dei settantadue quando tornano dalla missione… Ad essi Gesù dice di gioire, perché “i loro nomi sono scritti nel cielo”, ossia perché Dio li ama. Io credo che Dio ci ama e lo fa’ in diversi modi e attraverso tante persone per questo, ringrazio il Signore e ricordo con gratitudine don Roberto, le suore, il diacono, i preti, le persone con cui ho collaborato in diversi ambiti e ambienti (Parrocchia, Oratorio, Amministrazione Comunale, Scuola, Associazioni,...), il papà e la mamma di don Roberto e tutti voi per il bene che mi avete voluto e per l’aiuto che ho ricevuto in questi cinque anni, scusandomi se non sempre l’ho ricambiato: ho imparato molto, probabilmente ho ricevuto più di quanto abbia dato e forse avete sperimentato la freschezza dei miei primi anni di sacerdozio, ma anche le “conseguenze” della mia inesperienza… Auguro ogni bene a don Alberto e vi chiedo di volergli bene tanto, quanto ne avete voluto a me e anche di più... Auguriamoci ogni bene, pregate (come già avete fatto e fate) per i vostri sacerdoti, per i consacrati e per chi si sta preparando a donare tutta la propria vita al Signore (penso a Luca e Marie) e ricordiamoci vicendevolmente nella preghiera, perché “occorre pregare il padrone della messe che mandi operai nella sua messe”, operai che si distinguano in quantità, ma soprattutto in qualità… Auguri e Buon cammino! Don Stefano Rampoldi 5 buon cammino Intervista a don Stefano e don Alberto che tan M 19. Con sen za, icrofono in mano e macchina fotograÞca carica pronta per intervistare Don Alberto e Don Stefano. Si sono raccontati rispondendo e condividendo con la comunità qualche ricordo e qualche pensiero. Chiara 1. Nome Don STEFANO 2. Parrocchia di origine Cirimido 3. Data della prima s.messa (Ordinazione presbiterale: 15giugno 2002) 16 giugno 2002 ore 10.30 4. Ricorda la prima S. Messa È stata una giornata calda per la temperatura e segnata da gioia e forti emozioni!Ovviamente il primo ricordo è legato al rito di ordinazione il giorno prima: il momento della prostrazione durante il canto delle litanie dei santi e il momento dell’imposizione delle mani. Il giorno dopo ricordo il momento del rito di benedizione del sacerdote da parte della mamma prima di spostarci in processione verso la Chiesa, il canto dei 12 Kyrie previsto dalla liturgia ambrosiana all’inizio della celebrazione, il momento della consacrazione eucaristica, i ringraziamenti, i saluti e il ricordo anche delle persone che non c’erano più… Inoltre tutti i due giorni sono stati contrassegnati da numerose persone che mi hanno dimostrato tanto affetto e amicizia. 5. Parrocchia di destinazione Destinazione da novello: Rovellasca dopo 5 anni: Talamona 6. Ricorda... un episodio che ha generato una svolta signiÞcativa nella tua vita È difÞcile ricordarne uno solo…nella nostra vita ci sono momenti belli o tristi che segnano delle svolte. Se devo sceglierne legati alla mia vocazione, penso alla confessione vissuta a Lourdes davanti alla grotta dell’apparizione nel giugno 1991. 7. Ricorda... quando hai deciso di farti prete Come già detto ho iniziato a pensarci dopo quel pellegrinaggio a Lourdes del giugno 1991. Poi durante le scuole superiori,oltre a vivere il cammino di fede in Parrocchia, ho iniziato un serio cammino di discernimento partecipando ad incontri vocazionali e soprattutto attraverso la direzione spirituale con don Oscar Cantoni (attuale vescovo di 6 Crema) che, allora, aveva organizzato quel pellegrinaggio ed era mio professore di Religione alle scuole superiori, nonché padre spirituale del seminario di Como e responsabile della pastorale vocazionale. Alla Þne delle superiori ho deciso di entrare in Seminario e, poi, …eccoci qua! 8. Tratto principale del tuo carattere Oltre ad essere un po’ timido, penso di poter dire che il mio carattere mi porta a cercare di fare del bene senza pubblicità 9. Sogno ricorrente È un po’ profano: il Torino che vince qualche competizione importante! 10. Materia scolastica preferita Scuole elementari, medie e superiori: GeograÞa Seminario: Sacra Scrittura 11. Città preferita Como dal punto di vista geograÞco, Assisi e Roma dal punto di vista artistico e culturale 12. Il primo ricordo da piccolo Le gite e le camminate in montagna con la mia famiglia 13. Libro preferito I libri scritti da Giovanni Paolo II; Don Camillo; I promessi sposi (anche se quest’ultimo non sono riuscito ancora a leggerlo tutto…) 14. Autore preferito in prosa Giovanni Paolo II 15. Autore preferito in poesia 16. Personaggio storico ammirato Gesù 17. Il dono che vorresti avere Senza dubbio nessun bene materiale… 18. Il regalo più bello che hai ricevuto Ogni regalo che si riceve è bello perché dimostra il bene 20. For 21. Par li. H preg no il ch fatt fors 22. Mi cap essa inv 23. cin Di fa c Don biso cora mom stan ad e cess pec i gi stan una cam vire stru seg 24. Il m buo par spe non 25. Qu 1. “ buon cammino oe ualara ggio ori, nsai ho e il nza zio- dal lia proan- che ti vogliono e hai un motivo in più per ricordarli. Io ho tanti motivi per ricordarvi… 2. Gesù gli disse di nuovo: “mi ami tu? Pasci le mie pecorelle”. E detto questo aggiunse: “Seguimi” 19. Il regalo più bello che vorresti fare Con l’aiuto di Dio, aiutare le persone a riconoscere la presenza di Dio che vuole loro bene e dar loro gioia, speranza, consolazione e conforto 26. Le parole dei tuoi genitori quando hai deciso di entrare in seminario Mi hanno detto: “Siamo contenti perché abbiamo sempre desiderato e pregato che uno dei due andasse in Seminario, ma non pensavamo che il Signore “prendesse” il più disperato…” Poi mi hanno detto: “mi raccomando, va che è una cosa seria e non bisogna prendere in giro il Signore” 20. Il tuo motto Forza e coraggio! 21. Ricorda... la vita in oratorio da giovane Partecipavo agli incontri di catechesi e ai ritiri spirituali. Ho curato la vita spirituale con confessione frequente, preghiera quotidiana, S. Messa domenicale durante l’anno scolastico e quotidiana durante le vacanze. Ho fatto il chierichetto e poi ho seguito il gruppo chierichetti. Ho fatto il catechista, mentre non ho mai fatto l’animatore (e forse si è capito…) 22. Come ti sei avvicinato all’oratorio Mi sono avvicinato perché i miei genitori mi hanno fatto capire che era importante la vita spirituale e le realtà ad essa collegate e perché ho incontrato preti che mi hanno invitato e fatto proposte. 23. Quali possono essere delle modalità per avvicinare i giovani alla chiesa Di primo acchito direi: quando le trovo o il Signore me le fa capire ve lo dico! Don Bosco diceva che non basta voler bene ai giovani, bisogna che essi capiscano che si vuole loro bene. E, ancora, credo che i giovani si avvicineranno alla Chiesa, nel momento in cui ci sono altri giovani che vanno da loro e stanno con loro e fanno vedere che è bello e si è contenti ad essere cristiani: San Daniele Comboni diceva che è necessario salvare l’Africa con l’Africa, io, che sono molto peccatore, penso che si possa dire che è necessario salvare i giovani coi giovani. I giovani che si dicono cristiani e ci stanno a fare un cammino di formazione in oratorio hanno una grande responsabilità verso i propri coetanei. Stare e camminare in oratorio, aderire alle varie proposte deve servire per maturare quello spirito missionario e avere quegli strumenti per andare verso i giovani “lontani” ed essere segno della vicinanza di Gesù e della Chiesa ai giovani. 27. Da piccolo sognavi diventare…. Un pilota di Formula 1 28. Un augurio all’altro Auguro a don Alberto di sentire sempre viva la presenza di Dio che ci ha amati, ci ama, ci corregge e ci ha chiamati ad essere preti e, inoltre, gli auguro di essere un prete che ricerca e vive in comunione con Dio, con gli altri preti e con la gente e così comunica in modo credibile l’amore di Dio. 29. E perché no.. un augurio a te stesso Auguro a me stesso...ciò che ho augurato a don Alberto e, in più, mi auguro, con l’aiuto di Dio e dei fratelli, di far tesoro degli errori che ho commesso in questi primi 5 anni di sacerdozio per non commetterli più. 30. Canzone che scandisce il tempo del tuo essere sacerdote… Marco Frisina, Jesus Christ you are my life (GMG2000), Angelo Branduardi, Si può fare, Celine Dion, My heart will go on (anche se non capisco le parole perché, come sapete l’inglese non è il mio forte…). 24. Immagina il tuo futuro da vicario a Talamona Il mio futuro sarà quello che Dio vuole e ritiene bene e buono per me e per le persone che mi sono afÞdate. Da parte mia, spero di riconoscere i doni che il Signore mi fa, spero di riconoscere e compiere sempre la sua volontà e di non fare disastri… ene 25. Versetto del vangelo che ha segnato i tuoi passi Quelli che ho messo sull’immaginetta dell’Ordinazione: 1. “Coraggio, sono io, non temete!” 7 buon cammino 1. Nome Don Alberto L’incontro a 15 anni con don Chiari che parlava dei ragazzi del riformatorio di Arese. U 2. Parrocchia di origine Sondrio ss Gervasio e Protasio 12. Tratto principale del tuo carattere Rißessivo. D 3. Data della prima s.messa 10 giugno 2007 4. Ricorda la prima S. Messa La Grazia di capire che eravamo a Messa (non scontata vista la concitazione). Poi tanta partecipazione e la percezione di essere voluto bene. Insomma: un inizio incoraggiante. InÞne alcune parole signiÞcative di don Roberto in predica, tipo: ricordati, dove andrai, di voler bene al tuo parroco; vai a letto presto la sera; …, ma anche altre sul fare “tutto per il Vangelo” e l’augurio di stupirsi sempre. 5. Parrocchia di destinazione Qui (Rovellasca) 6. Ricorda... un episodio che ha generato una svolta signiÞcativa nella tua vita Una decisione maturata nel tempo. Il momento più signiÞcativo per certi versi è avvenuto quando avevo 27 anni. Dopo aver frequentato degli incontri in seminario in un gruppo che allora si chiamava “Preti, perché no?”, ho risposto: “sì”. 7. Le parole dei tuoi genitori quando hai deciso di entrare in seminario “Ah,… ma ci hai pensato bene?” 8. Come ti sei avvicinato all’oratorio Mi sono avvicinato a vivere veramente l’oratorio quando ero già quasi maggiorenne. Sembrava mi venisse chiesto qualcosa, invece stavo per ricevere molto di più. In particolare mi era stato chiesto di fare da aiuto-catechista. 13. Sogno ricorrente Vivere il Vangelo. 14. Materia scolastica preferita Al liceo: matematica e ÞlosoÞa. In università: statistica ed economia politica. In seminario: scrittura (la Bibbia). 15. Città preferita Calcutta 16. Il primo ricordo da piccolo Una sorpresa dell’uovo di Pasqua. 17. Libro preferito La Città della gioia. 18. Autore preferito in prosa G. Bernanos 19. Autore preferito in poesia T.S. Eliot 20. Personaggio storico ammirato In questo momento mi vengono in mente Cavour e più indietro Tommaso Moro. 21. Il dono che vorresti avere La pazienza. 22. Il regalo piu’ bello che hai ricevuto Una visita. 23. Il regalo piu’ bello che vorresti fare La vita. 24. Da piccolo sognavi diventare…. Astronauta o ingegnere astronauta. 25. Il tuo motto “Mi sono fatto tutto a tutti” (1 Cor 9,22) 26. Immagina il tuo futuro da vicario a Rovellasca... Ci sto provando. 27. Versetto del vangelo che ha segnato i tuoi passi “Vedrai cose maggiori di queste” (Gv 1,50). 9. Ricorda... la vita in oratorio da giovane Condivisione, allegria, crescita, Parola di Dio, passione educativa, ricerca, preghiera, amicizia, fede, avventura e qualche sogno. 28. Un augurio all’altro Trovare Gesù nelle persone di Talamona. 10. Quali possono essere delle modalità per avvicare i giovani alla chiesa Credo ascoltando e poi proponendo delle esperienze di Chiesa: amicizia, condivisione, verità (rapporti personali veri), servizio, … 30. Canzone che scandisce il tempo del tuo essere sacerdote… “L’agnello di Dio” di De Gregori. 11. Ricorda.. un episodio che ha generato una svolta signiÞcativa nella tua vita 8 29. E perché no... un augurio a te stesso Sapere coinvolgere e creare comunione. Gro si s tec gu “M tell div pro ral sol pra un ma ded le, la d sia il “ che sfre pre la p si. di sta ma va mi ci ma gra sem ste buo te n cor voi stro vacanze ra- Una “Scuola guida”… speciale!!! D tica a). più a... assi ere al 14 al 21 di luglio in un piccolo paesino della Valtellina si sono svolte delle lezioni davvero speciali. A Ravoledo di Grosio infatti i nostri ragazzi delle scuole medie si sono ritrovati ad assistere, ma anche a partecipare attivamente, a delle lezioni di scuola guida davvero particolari. Hanno scoperto che “Meta”, “Mezzi di trasporto”, “Istruttori” e “Cartelli” possono essere anche visti sotto una luce diversa… Una Luce speciale!!! Don Roberto e gli animatori si sono improvvisati insegnanti per una settimana, naturalmente senza mai sÞgurare. I ragazzi come al solito si sono rivelati buoni ascoltatori, ma soprattutto attivi partecipanti, offrendo sempre un grande contributo. La giornata più importante della settimana è stata senza dubbio quella dell’Esame, dedicata al silenzio e alla meditazione personale, e bagnata anche da un’allegra pioggia. Un’altra giornata particolare è stata quella della gita, anche se, per motivi logistici, non siamo riusciti ad inerpicarci poi tanto. Alla Þne il “Meglio così!” era un po’ sulla bocca di tutti… che scansafatiche!!! I momenti liberi erano riempiti da danze sfrenate, giochi fantastici, e scherzi spaventosi preparati dagli animatori per far accapponare la pelle anche ai più coraggiosi. C’è chi sostiene addirittura di aver visto uomini senza testa con delle falci in mano… mah!?! Una nota particolare va fatta per la parte gastronomica. A rimpinzare il corpo ci hanno pensato i deliziosi manicaretti preparati dalla grande Pinuccia, aiutata come sempre dai suoi fedeli assistenti, il mitico Eugenio e il buon Giancarlo. Naturalmente non andavano sempre d’accordo… lascio immaginare a voi le titaniche lotte e le disastrose conseguenze… Ospite d’onore del campo, in anteprima parrocchiale, il nostro nuovissimo don Alberto. Infatti il nostro nuovo vicario ha passato con noi tre giorni di campo, e il suo contributo è stato davvero bello e prezioso. Abbiamo avuto così modo di conoscerlo già un poco, ma anche di farci conoscere… Il don ha anche il merito di essere il creatore del “tormentone” del campo. Da tutta Ravoledo infatti risuonavano a gran voce le note di “Dalla nascita del sol… Þno al suo tramonto vorrò… lodare il Signor… con tutto il mio cuor…”. C’è già chi è pronto a scommettere che diventerà il nuovo inno dell’oratorio. Come sempre tutte le cose belle Þniscono… ma Þniscono con gioia e festa in questo caso. L’ultimo giorno infatti è stata grande festa, con tutti i genitori, una gran bella Messa e un ottimo pranzo. Ah, dimenticavo… Naturalmente tutti i ragazzi sono riusciti a superare l’esame e a conseguire la patente. Ora sta a loro fare vedere quello di cui sono capaci… Non disperate ragazzi se il campo è Þnito!!! C’è tutto un anno davanti per camminare insieme!!! Gli animatori 9 vacanze Vacanza a Sölden per le famiglie dal diario di bordo di due mozze zaino con la bambina quasi in gola!! Ma che panorama!! oi tutti marinai ci Arrivati abbiamo trovato uno spiazzo per mansiamo ritrovati in- giare… sieme in un posto comune… Tornando indietro abbiamo fatto una bella scorl’Hotel Sunny a Sölden… adesso pacciata di lamponi… mentre rientravamo alla presentiamo tutti gli altri… nostra nave Family. - DON ALBY: capitano - UGO: ammiraglio burlone - ALEX: ammiraglio montanaro - TEDO e ROBY: ammiragli biciclettai - PIER: ammiraglio edile (molto freddoloso) - FABIO: ammiraglio prof. - GIANLUCA, MARCO e PAOLO: ammiragli semplici, dediti ai loro cuccioli - DANIELA, BENE, MONICA, STEFANIA, LAURA, ANNA, LORY, MANU E SILVIA: vedette, cuoche e infermiere - DIDY e ZALUZZA: mozze… - MATTIA, ANDREA, ANDREA, DAVIDE, FRANCY, LARA, GIULIA, MARCO, BEA, CAR- Lunedì, 13 agosto LOTTA, MILLA, RICKY, NICKY, ELY, MATTEO e MATTIA: marinai allegri, spensierati… alliellora… mmm… tatori di giornate… che cosa è successo?! Siamo partiti che faceva freddissimo e ci aspettava una bella tempesta di montagna… grazie alla messa del nostro Capitano è andato tutto bene (per fortuna, perché alcuni marinai soffrivano il mal di mare). Sull’isolotto dove siamo sbarcati abbiamo trovato un bel posto per giocare e rifornirci a dovere per la sfacchinata a cui non siamo abituati. Era comico vedere i grandi ammiragli, amanti della macchina fotograÞca per razziare foto, lanciarsi con lo Skilift! Sabato, 11 agosto N A Domenica, 12 agosto C he levataccia!! Ma ne è valsa la pena… Che bella e soleggiata giornata… anche se si prospettava fredda e piovosa. Inizio in seggiovia… che paura per la mia amica mozza e per alcuni marinai! Una delle infermiere aveva lo 10 An am di q e st M L sem ta loc Du VIG gir me si s M L bia div dir bal un dan la m em nat G C I p gh sui vacanze Anche i piccoli marinai, seguendo le orme degli ammiragli si sono voluti lanciare nell’ebbrezza di questo gioco, facendosi spingere velocemente e stringendo i denti per la strizza… anoralla La passeggiata di ritorno è stata faticosa, un po’ lunga e pericolosa…eravamo sempre sull’orlo di un burrone! Abbiamo percorso tanti sentieri impervi (e spesso impantanati). Martedì, 14 agosto Inoltre la sera abbiamo ripreso il Bus (che fortunatamente era in ritardo) e l’abbiamo ririempito a mattinata si prospettava BRUTTINA…Pio- TUTTO come all’andata… veva… fortunatamente si è rasserenato come La sera i piccoli erano così stanchi che si sono sempre dopo la S. Messa celebrata nella chieset- addormentati (quasi) davanti alla prima de “Gli ta di Sölden dopo parecchia attesa del parroco Incredibili” locale, arrivato in tutta fretta, tutto tranquillo. Durante il pomeriggio abbiamo CIRCUMNAVIGATO l’hotel e abbiamo scorto i ciclisti del giro di Germania… chissà se la TV ci ha ripreso mentre ci abbuffavamo di lamponi (ormai scarsi sulla nave). L Mercoledì, 15 agosto L cepetro er). vaere a mattinata è iniziata meravigliosamente: il sole splendeva ed il cielo era azzurro. Abbiamo ripreso la seggiovia, ma con una meta diversa dalla precedente: questa volta ci siamo diretti verso una stamberga da dove si udivano Venerdì, 17 agosto balli tipici che a noi gente di mare sembravano un po’ strambi. Intanto, mentre continuavano le ltimo giorno tutti insieme al Sunny! Passato un po’ monotamente alla danze, abbiamo costruito un altare di zaini per la messa, nella quale tutti i marinai chierichetti mattina dato che pioveva, mentre nel pomerige ministranti erano distratti dalle bellezze della gio abbiamo visitato il paese entrando e uscennatura che li circondava. do per negozi in cerca di qualche oggetto per ricordarci di questa vacanza meravigliosa (forse anche un po’ corta). U Sabato, 18 agosto P anoto, urtroppo oggi si parte!!!: Peccato, è stata proprio una bella vacanza movimentata, tutti insieme a Sölden! Ora andremo a trovare il nostro ex capitano che ha lasciato la nostra nave per guidare verso altre terre quella di Talamona. Giovedì, 16 agosto Le mozze Diana & Valentina C he giornata FATICOSA!! Ma, che spettacolo però!!! Il ghiacciaio era fantastico!!! I piccoli marinai si sono divertiti a toccare il ghiaccio perenne e a giocare a palle di neve… sui fotograÞ… 11 vacanze Pellegrinaggio a Roma - Sulle Orme di San Filippo Neri Ca L Il Papa durante l’Angelus Foto di gruppo Piazza San Pietro San Paolo fuori le mura SS. Cosma e Damiano San Lorenzo fuori le mura che Ecc per cer deÞ Ese me lett tur Ese che pu Ese Die caz vit Ese alle che han tut Ese re n tro ver Un in n ste tut han “vi am dic G C Pe eg Gr Gr Gr San Sebastiano 12 San Giovanni in Laterano vita parrocchiale Capiago - Esercizi 18enni 2007 L a domanda era: ma cosa faremo durante questi esercizi? Quattro giorni per dare una risposta che, seppur banale, è l’unica che ho saputo dare: esercizio. Ecco cosa sono stati quei fantastici quattro giorni per noi 18enni della diocesi di Como, per noi che cercavamo ognuno un qualcosa seppur non ben deÞnito e un po’ ignoto. Esercizio che si è fatto attraverso il silenzio, la meditazione in gruppo e singola, attraverso la lettura della parola di Dio e dell’adorazione notturna. Esercizi che ci hanno portato a conoscere un Dio che ci ha sbalorditi, un Dio di vero amore, di pura gioia e di inÞnita misericordia. Esercizi che attraverso l’aiuto del nostro vescovo Diego ci hanno mostrato la semplicità della vocazione e il signiÞcato che essa ha nella nostra vita, qualunque essa sia. Esercizi che non sono altro che l’inizio di un duro allenamento che ci impegnerà per tutta la vita, che hanno fatto emergere numerosi dubbi… che hanno fatto capire quanto sia dono Cristo per tutti noi. Esercizi che sono la fonte di gioia da cui attingere nei momenti difÞcili, che sono punto di incontro per chi è alla ricerca di qualcosa che è bello veramente, che è bene veramente: Dio. Un’esperienza che non deve rimanere rinchiusa in noi, che deve essere sì fonte di ricarica per noi stessi, ma anche, e soprattutto, fonte di amore per tutti coloro che per un motivo o per l’altro, non vi hanno potuto partecipare, afÞnché si potrà dire “vi riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amate gli uni gli altri” e perché in fondo, come dice San Paolo “sarete giudicati sull’amore”. E che gioia immensa si prova capendo che Dio è solo Amore, che Lui vuole il Veduta aerea nostro bene, della Casa incontro Cristiani di Capiago il nostro unico bene, e che ognuno di noi, attraverso di Lui, può realizzarlo. Ma è dura capirlo: ecco perché ci siamo “isolati” per ben 4 giorni a Capiago, nella Casa incontro Cristiani con due sacerdoti, due suore, una vergine consacrata, quattro seminaristi e un padre missionario, tutta “gente” pronta a darci una mano a capire che non esiste una ricetta per essere dei buoni cristiani, pronta a far nascere in noi lo spirito giusto per essere dei buoni cristiani. La preghiera è forse l’argomento che più ci ha toccati: come fare, come viverla, o forse più semplicemente, come pregare?… ma anche l’incontro con il nostro vescovo non è stato per niente superÞciale, parlando della nostra libertà, della scelta nostro bene, della nostra libertà di fare il nostro bene. Concludendo poi con l’ascesi, il mezzo con cui raggiungere la santità, il mezzo attraverso il quale, ognuno di noi può, con un bel po’ di impegno, raggiungere la perfezione, o quasi… Ma quel che rimane nel mio cuore è la gioia che si dipingeva sui volti di noi ragazzi ad ogni piccolo passo fatto durante questo cammino, durante questo breve incontro con Dio che cerchiamo di ripetere ogni volta nelle nostre comunità. Daniele Grazie, Emilio C irca un anno fa c’è stato un passaggio di consegne tra le “menti informatiche” che gestiscono il bollettino parrocchiale. Per molto tempo Emilio Borella è stato colui che, nonostante i nostri ritardi, le consegne all’ultimo minuto e gli articoli da trascrivere ha sempre scrupolosamente realizzato il bollettino parrocchiale. Grazie per aver messo a disposizione della comunità la tua professionalità! Grazie per il tuo servizio prezioso! Grazie per la tua presenza silenziosa dietro a uno schermo del computer!! La redazione del bollettino di Rovellasca 13 vita parrocchiale La Chiesa e l’Eucaristia “Q ui c’è sempre un gran movimento!”. L’annotazione esclamativa è del Giancarlo, l’ometto che dirige le complicate operazioni di sagrestia dopo una di quelle feste che tirano in ballo la cittadinanza al completo, di quelle che, in un paesino tra il lago e la montagna, sono ancora un’attrazione. Gli spiriti Þni possono pure tagliar via il colore un po’ retrò delle saghe di paese, ma l’annotazione dell’ometto (che tanto somiglia - per temperamento ed occupazione - al signorile Tredesìn) resta in tutta la sua verità. Da che mondo è cristiano, infatti, chi si imbatte nella storia che ha salvato la terra, si muove; al punto che, se duemila e rotti anni fa ci fossimo trovati sulle rive del lago di Galilea o sui carruggi di Gerusalemme quando il Figlio di Dio camminava sotto i portici del tempio, l’avremmo riconosciuto vedendo un gruppo di gente che si muoveva dietro a Lui. E la storia si è ripetuta, perché vai dovunque c’è un pezzetto di mondo cristiano e c’è gente che si muove. Ad esempio: vai in quel pezzo di mondo cristiano nella pianura comasca e c’è il già summenzionato signorile ometto che si muove ad impreziosire la chiesa del CroceÞsso, l’Adelia magnana che si muove per leggere la lettura, il don Roberto che si muove per andare con le famiglie, il vicario che si muove per fare il grest con i ragazzi, il Peppino che si muove per fare le prove della corale, la Manuela che si muove per chiedere gli articoli del bollettino, il Fabio Cokè che si muove per cercare notizie dal ’47 al ’72 ( e potrebbe muoversi di più per venirmi a trovare), gente che si muove per aiutare i poveri o gente che si muove per pulire la chiesa. Un grande movimento, appunto. La Tuttavia, la cosa più seria è che i soggetti sopraccitati si muovono per andare dietro al rabbì di Nazareth. Lo stesso che duemila e rotti anni fa camminava per i carruggi di Gerusalemme perché, in tutti i pezzi di mondo cristiano che si possono trovare, il Figlio di Dio è ancora lì, come quando moltiplicava i pesci o faceva la poesia sui gigli del campo. Se, come si è detto, da che mondo è cristiano c’è gente che si muove è perché questa gente è certa di questa presenza. È certa che, in mezzo al mondo cristiano in cui vive, c’è l’eucaristia. Il papa ci ha detto: “L’eucaristia è costitutiva dell’essere e dell’agire della Chiesa”; che vuol dire che, senza l’eucaristia, quello che la Chiesa è o fa sarebbe senza senso. Che è come dire: se nel chiesone del CrociÞsso non ci fosse l’eucaristia, l’omino signorile, le lettrici, i catechisti, il prevosto e tutto il resto, si muoverebbero per niente. Tutte le cose infatti che possono fare le parrocchione della bassa o le parrocchiette tra il lago e la montagna, servono solo a dire a questo benedetto mondo che Gesù di Nazareth è ancora vivo e presente. L’eucaristia c’è per questo. È in tutte le nostre chiese perché Lui ha promesso di rimanere con i suoi Þno alla Þne del mondo e, siccome è un galantuomo, mantiene la parola data. Quando si entra in chiesa e si vede la Þammella che brilla - come si insegna ai bambini della prima comunione - ci si accorge che Lui è lì. E quando, nel silenzio, si adora il mistero più grande della terra, ci si accorge che è Lui che fa muovere tutto, perché se Lui non fosse ancora qui a vivere con noi, nessuno sui muoverebbe più. Io per primo. don Andrea Stabellini Gruppo pulizie della Chiesa S iamo un gruppo di volontarie, mettiamo a disposizione della parrocchia qualche ora per la pulizia della chiesa. La chiesa è grande, noi a pieno ritmo siamo circa una decina. Siamo mamme, nonne, vedove, nubili e “udite udite” l’età media è attorno ai 65 - 70 anni. Ci troviamo tutti i lunedì alle 13.30; il signor Luigi ci apre il cancelletto e noi andiamo a incominciare. Se qualche donna che legge decide di aiutare, sara la benvenuta. Un grazie di cuore, il Signore vi ricompenserà. 14 L pre San anc dec le r Mi tà e è fr il n no per d’u vita parrocchiale La mensa del Corpus Domini cciNamhé, ono ndo del c’è rta ondeldire o fa hiemioe e le ella na, che L e Quarantore di adorazione che si sono svolte in parrocchia in occasione della festa del Corpus Domini hanno avuto la presenza di una Sostanza d’eccezione, il Corpo Santissimo di nostro Signore, ed hanno avuto anche una cura particolare per la forma, nella decorazione dell’altare. Sulla mensa erano disposte 84 rose bianche: le rose sono state scelte in onore di Maria, Rosa Mistica, il colore bianco è simbolo della verginità e delle purezza della Madonna; il numero 84 è frutto della moltiplicazioni del numero 12 per il numero 7: 12 erano le tribù d’Israele, 12 erano gli apostoli, 7 è biblicamente il simbolo della perfezione. to legame esistente tra noi, tralci, e nostro Signore, la vite; comparivano anche 12 rami d’edera, come segno di fedeltà. Questa composizione, nella sua interezza, aveva lo scopo di rappresentare la nostra comunità di Rovellasca raccolta, nel suo cammino fedele di santità, attorno al Santissimo Sacramento. Ai lati del tabernacolo c’erano 4 covoni di spighe a rappresentare i Þgli del regno provenienti da tutto il mondo, dai 4 punti cardinali; i due vasi di piante verdi, con le radici nella terra e i rami verso l’alto, indicavano la doppia essenza di Dio, vero Dio e vero Uomo. Inframmezzate alle rose c’erano 12 grappoli d’uva con 7 acini ciascuno, ad esprimere lo stret- hieuoi uoella ma do, ella tto, con o. ini la 15 vita parrocchiale 70° anniversario consacrazione della nostra Chiesa S ettanta anni fa, precisamente il 28 Agosto dell’anno 1937, venne consacrata, con una solenne cerimonia celebrata dal Vescovo di Como mons. Alessandro Macchi la nostra Chiesa Parrocchiale dedicata ai S.S. Apostoli Pietro e Paolo. Una lapide immurata a lato della porta laterale sinistra ricorda l’evento. Consacrare un luogo signiÞca sancire ufÞcialmente la sua sacralità. È dichiarato “luogo sacro”. Una chiesa “consacrata” è eletta a “Casa del Signore” e può essere utilizzata solo ed esclusivamente per celebrarvi cerimonie religiose. Per capire la differenza, le altre chiese di Rovellasca (quella dell’Immacolata, la chiesa di S. Marta, la cappella dell’Oratorio Maschile e della Scuola Materna) possono essere utilizzate sì per celebrare riti religiosi, ma non sono luoghi consacrati. SigniÞca che, al bisogno o in casi di particolare necessità, possono essere adibite ad altri usi (ricoveri, accoglienza, ecc.). La Chiesa Parrocchiale invece non può essere diversamente utilizzata,a meno che non venga prima sconsacrata, proprio perché “luogo sacro, Casa del Signore”. Può apparire strano che nel 1937 la nostra Chiesa Parrocchiale non fosse ancora consacrata, se si pensa che l’ediÞcio risale probabilmente al 1517-1518. Eppure è così. Scorrendo gli archivi non si trova traccia di qualche cerimonia di consacrazione dell’ediÞcio. Solo l’altare maggiore risulta essere stato consacrato dal Vescovo mons. Carlo Romanò il 17 Agosto 1834. Nel corso della visita pastorale del 1892 effettuata dal Vescovo mons. Andrea Ferrari, stando alla relazione che appare negli archivi, si accenna alla consacrazione ma solo per constatare che la chiesa “non venne consacrata” e che “si aspetta di fabbricare il coro”. Una attesa che durerà circa trenta anni. Nel 1928 durante la visita pastorale di mons. Luigi Pagani, parroco don Lorenzo Moiola, si approvano gli interventi all’interno dell’ediÞcio che prevedono il prolungamento delle due navate laterali, la costruzione di due locali ad uso sacrestia, l’ampliamento dell’abside e del coro, la riparazione del tetto e l’intonacatura delle pareti esterne. 16 Poiché l’arredo interno contava solo su una ventina di quadri e qualche statua, e, caso abbastanza insolito, mai i parrocchiani rovellaschesi avevano avuto la possibilità di ammirare delle pitture che dessero importanza alle pareti e al sofÞtto, don Lorenzo Moiola volle colmare la lacuna e si rivolse agli esperti perché anche le pareti, il sofÞtto e le Þnestre parlassero al cuore della gente. Gli esperti, nella Þgura della PontiÞcia Commissione Centrale per l’Arte Sacra bandirono un concorso che fu vinto dal pittore prof. Mario Albertella. Questo artista milanese, autore di lavori pittorici in molte chiese di Milano, Lodi e Caravaggio era già transitato dalle parti di Rovellasca allorché assunse l’incarico di Direttore della locale Scuola di Disegno a cui impresse una svolta decisiva nella programmazione didattica. Alla Þne del 1936 tutti i lavori furono ultimati. Nel 1937 la chiesa venne consacrata e noi oggi siamo qui a celebrarne il 70° anniversario. Per concludere vorremmo ritornare sul signiÞcato di “consacrazione”. Stiamo parlando di un “luogo sacro”, un luogo da cui sono banditi “i mercanti e i mercati”, come volle incisivamente ribadire e dimostrare a suo tempo Gesù in quel di Gerusalemme. Sarebbe bello e auspicabile trasferire questo concetto di sacralità anche nel nostro animo,trasformarlo in luogo sacro. Ci rendiamo conto che l’impegno può apparire gravoso,ambizioso e difÞcoltoso e oltretutto non gode di molta pubblicità nel mondo moderno. Tuttavia dovremmo almeno tentare di prendere in considerazione l’opportunità di ripulire il mercato della nostra anima da quelle bancarelle che vendono merce avariata dannosa al nostro prossimo e che tanto va di moda oggi nei rapporti umani. Una idea, un proposito, un impegno da assumere quando varchiamo la soglia della nostra chiesa consacrata, sia in entrata ma soprattutto in uscita. Solo così pensiamo si possa attribuire un senso reale e concreto alla celebrazione del 70° anniversario della consacrazione. E.C. Lapi della G È di p ritr non Co con tud pot di ma dov mo ea Un vita parrocchiale PER FEDE E DEVOZIONE VERSO DIO CON IL LORO CONTRIBUTO I NOSTRI PADRI QUESTO TEMPIO DEDICATO AI DIVINI APOSTOLI PIETRO E PAOLO COSTRUIRONO NELL’ANNO 1600 PER DELIBERAZIONE ED OPERA DEL PREVOSTO LORENZO MOIA FAVORENDOLO GENEROSAMENTE IL POPOLO NELL’ANNO 1930 COMPLETATO ED ARTISTICAMENTE ABBELLITO ALESSANDRO MACCHI VESCOVO DEI COMASCHI NEL GIORNO 28 AGOSTO 1937 SECONDO IL RITO SOLENNEMENTE CONSACRò enbaesi elle e al la e le ore mun Alori ralladeluna ca. maggi sidi diti nte uel uetro ire non o. dee il elle tro apsutra tto nso ni.C. Lapide commemorativa della consacrazione della Chiesa Parrocchiale Gruppo vedove È passato più di un anno dal giorno in cui abbiamo trascorso momenti di preghiera e di pace a Castelspina e… Quest’anno il nostro gruppo non ha potuto ritrovarsi e nonostante i miei buoni propositi non ho concluso niente, a parte le riunioni del Consiglio Pastorale. Mi sono fermata a rißettere e mi sono resa conto che proprio la nostra condizione di solitudine ci fa mettere a disposizione e così il nipotino da curare e altre cose non ci consentono di fare programmi. Rimane l’appuntamento della messa dei mariti defunti il primo mercoledì del mese dove potremmo fermarci qualche volta per un momento in modo da conoscerci un po’ di più e anche salutarci. Un caro ricordo a tutte voi. Castelspina Casa madre delle suore Francescane Angeline Angela Re Prada 17 vita parrocchiale L Chierichetti in Vaticano Q uest’anno per la prima volta nella nostra parrocchia è stata proposto a quattro chierichetti l’esperienza estiva del servizio liturgico presso la patriarcale Basilica Vaticana. Vi confesso che all’inizio sembrava un esperienza abbastanza facile da organizzare e gestire, ma che con il passare del tempo si è rivelata difÞcoltosa soprattutto per la scelta dei ragazzi. Logicamente tutti i chierichetti (dalla quinta elementare alla seconda media), avrebbero voluto essere scelti: infatti tutti erano idonei per questo compito, tutti “meritavano” di andare in Vaticano e tutti avrebbero svolto al meglio l’incarico. Purtroppo però dovevamo scegliere solo quattro ragazzi, così abbiamo deciso di afÞdare la scelta al caso. Non me ne voglia chi è rimasto a casa! Questa esperienza non è facile da vivere in pienezza soprattutto per i ragazzi, perché è forte il rischio di rimanere abbagliati da quella che io chiamo “chiesa gloriosa”, quella cioè intrecciata di Messe solenni, paramenti dorati, guardie svizzere, cardinali e vescovi, della solenne gerarchia a portata di mano, dell’occasione per visitare posti di solito non aperti al pubblico; rischiando di non percepire la presenza della realtà più vera della Chiesa quella “di un grembiule, di una brocca e di un catino” come scriveva mons. Tonino Bello, dove il Papa è innanzitutto “servo dei servi di Dio, Pastore e Guida della Chiesa e segno di Unità”, dei ministeri visti come l’espressione del servizio ad imitazione del Signore Gesù che è venuto “non per essere servito, ma per servire” (Mt 20,24), di una città dove la terra è stata per secoli irrorata dal sangue di tanti martiri che hanno testimoniato Þno al dono della vita la loro fede e di luoghi nei quale è possibile toccare con mano l’universalità della Chiesa attraverso l’incontro con persone proveniente da tutti i conÞni della terra. Ritengo che comunque sia stata un esperienza forte che ha fatto crescere i ragazzi, anche perché hanno dovuto imparare a gestirsi in modo autonomo senza i genitori e hanno sperimentato sulla propria pelle le gioie e le difÞcoltà della vita comune con altri chierichetti. Gianluigi, diacono G ioia in un mix di paura ed angoscia: questi erano i nostri sentimenti all’idea di prestare servizio in Vaticano, sentimenti che si sono moltiplicati Þno al giorno della partenza. Ma, una volta arrivati a Roma, ci siamo accorti che sarebbero stati 20 giorni fantastici, perché durante questo periodo, non solo avremmo servito Messa ma, avremmo vissuto esperienze toccanti, visitato Roma e luoghi fuori città. Subito dopo due giorni, neppure il tempo di ambientarci e prima dell’udienza del Mercoledì in Sala Nervi, abbiamo incontrato il Santo Padre, il quale dopo aver salutato i pellegrini presenti in Basilica, si è presentato a noi. Emozionati, tutti in alta tenuta di chierichetti di San Pietro, tunica porpora e cotta bianca, perfettamente stirate dalla signora Isabella, nostra parrocchiana, LUI ci ha stretto la mano e con una carezza ci ha ringraziato per il servizio da noi svolto. BUM!!! Che tonfo al cuore. Cosa dire delle Sante Messe solenni domenicali delle 10.30, dove abbiamo avuto l’onore di essere accanto a monsignor Angelo Comastri. Inoltre, in occasione di sant’Enrico abbiamo festeggiato l’onomastico del rettore del preseminario che ci 18 ospitava, monsignor Enrico Radice, ed alla cena in Suo onore ha partecipato anche il cardinale Tarcisio Bertone. C’era naturalmente tempo anche per lo svago durante la nostra giornata. La mattina sveglia all’alba e prima di colazione con i nostri compiti di orciolai, grottai e candelai (così venivamo chiamati) svegliavamo la Basilica. Ci si trovava poi nella grande sacrestia dove ogni chierichetto si prendeva cura dei vari celebranti, li accompagnavamo all’altare prestabilito ed alla presenza di pochi fedeli servivamo la Santa Messa. La giornata continuava con visite in Roma a Chiese e monumenti, gite fuori Roma, Castel Gandolfo, Lago di Albano, Tivoli, giornate in piscina e perÞno al luna park, visitando luoghi che da semplici turisti non ci sarebbe stato possibile vedere. La sera, dopo cena, un po’ di gioco, la preghiera, un po’ di tempo per la nostalgia di casa ed alle 22.00 buona notte a tutti, perché come dice don Enrico, le 06.30 arrivano presto. Grazie don Roberto per questa indimenticabile esperienza. Nicolò e Fabiano tun di S si t ni d pre que cui gio pre sam Bas stro qua vita parrocchiale L etti ire, enatti olto di hio enno, nza ns. Uninon gue ssiutti a Parrocchia di Rovellasca quest’anno, per la prima volta, ha dato a noi chierichetti l’opportunità di svolgere il nostro servizio nella Basilica di San Pietro in Vaticano. All’inizio eravamo un po’ preoccupati perchè si trattava di un periodo abbastanza lungo lontani dalle nostre famiglie, ma la voglia di partire ha prevalso sulle nostre paure. Abbiamo condiviso questa esperienza con ragazzi di altre regioni con cui abbiamo dovuto “convivere” per quasi venti giorni, anche se in certe situazioni non è stato sempre facile, abbiamo fatto nuove amicizie. La nostra giornata iniziava all’alba, più precisamente alle 6.20, ci recavamo nella sacrestia della Basilica dove dopo esserci vestiti svolgevamo il nostro servizio durante le Messe dei vari Sacerdoti. Varie sono state le attività organizzate tra le quali le visite ai monumenti storici e religiosi di Roma alternate a tornei di calcio balilla, partite di pallone, bagni in piscina e giochi di società. Non sono mancati i momenti emozionanti come l’udienza con Papa Benedetto XVI in sala Nervi. Questa esperienza, che inizialmente non ci entusiasmava molto, si è poi rivelata un’occasione per conoscere e frequentare altri ragazzi, ma anche per renderci conto dell’universalità della Chiesa e dei suoi fedeli. Ringraziamo Don Roberto, il Diacono Gianluigi e la Parrocchia per l’esperienza indimenticabile, che a nostro parere vale sicuramente la pena di riproporre in futuro ad altri chierichetti Marco e Giacomo nno elle ono a in rciago zioelai ica. gni i, li preLa ese lfo, perlici hiealle don abiano 19 vita parrocchiale 100 anni Orsolina C ento anni di vita donata agli altri: queste le parole di Don Roberto durante la S. Messa di ringraziamento celebrata in via G. Pascoli il 3 agosto 2007 in occasione dei 100 anni di Orsolina Cattaneo. La redazione del Bollettino porge alla signora Orsolina i più sinceri auguri di Buon Compleanno. El M M ne bea tra nar ria le S po al dei tur ai t spe più alla ra, int C o rs o F id a n za ti Date del nuovo corso Þdanzati 1° Incontro: Sabato 29 Settembre 2007 un far bet sap ce pre ria, tes ti d “vi dal 2° Incontro: Sabato 6 Ottobre 2007 3° Incontro: Sabato 13 Ottobre 2007 4° Incontro: Sabato 20 Ottobre 2007 5° Incontro: Sabato 27 Ottobre 2007 20 N 8° Incontro: Sabato 24 Novembre 2007 6° Incontro: Sabato 10 Novembre 2007 9° Incontro: Sabato 1 Dicembre 2007 7° Incontro: Sabato 17 Novembre 2007 Domenica 2 Dicembre Chiusura Corso vita parrocchiale ata parto nto 007 tta- nom- Elevazione Spirituale Beata Vergine Addolorata Maria di Nazareth M aria di Nazareth è uno spettacolo affascinante. La storia della Vergine Maria, dalla nascita Þno al beato Transito, raccontata tramite gli scritti straordinariamente poetici di Maria Valtorta. L’Associazione Culturale Spazio Scenico - da tempo impegnata a riproporre al pubblico contemporaneo la lettura recitata dei maggiori testi poetici e letterari della cultura di tutti i tempi, con particolare attenzione ai testi della cultura cristiana - propone, in uno spettacolo di racconto in musica, la lettura dei più signiÞcativi passi dedicati da Maria Valtorta alla Vergine Maria nella sua monumentale opera, narrativa e dottrinale, sulla vita del Signore intitolata Il poema dell’Uomo - Dio. Il testo viene drammatizzato attraverso un’interpretazione intensa, che porta gli attori a far rivivere le Þgure di Maria, Giuseppe, Elisabetta, Gesù Cristo ed altri così come sono stati sapientemente ritratti da Maria valtorta, scrittrice dalla personalità eccezionale. Ciò che si rappresenta non è soltanto la vita della Vergine Maria, ma anche lo straordinario tema di fondo del testo della Valtorta, che ha attribuito i suoi scritti di natura religiosa a rivelazioni divine, cioè a “visioni” e a “dettati” che le venivano concessi dall’Alto. Ella non si stancò mai di dichiararsi il “mezzo”, lo “strumento”, la “penna” nelle mani di Dio, come così ben enuncia: “Posso asserire che non ho avuto fonti umane per poter sapere ciò che scrivo, e ciò che, anche scrivendo, non comprendo molte volte”. A tratti il testo ha la potenza della poesia autentica, a tratti la dolcezza della Þaba. La musica della chitarra di Roberto Guarnieri e il violino di Serena Canino a volte accompagnano la recitazione, a volte diventano protagonisti, consentendo allo spettatore di soffermarsi sulla profondità e la poeticità del racconto di Maria Valtorta. Per l’accompagnamento musicale sono state scelte musiche tratte dal repertorio della tradizione ebraica “Yiddish”, nella quale è sempre presente il violino. Roberto Guarnieri ha arrangiato per chitarra e violino alcuni di questi brani tradizionali che accompagneranno le letture, nelle quali l’ambiente ebraico viene descritto con immagini ricche di particolari. Nel corso dello spettacolo ai brani Yiddish vengono accostate alcune composizioni per chitarra e violino di Roberto Guarnieri, di stile molto vicino a quello dei canti ebraici. L’invito caloroso è per sabato 15 settembre alle ore 21, nella nostra Chiesa parrocchiale, a condividere questo momento di elevazione mariana. Notizie ed eventi della nostra vita parrocchiale e non solo potete trovarli anche sul nostro sito o visitateci www.parrocchiadirovellasca.it 21 vita parrocchiale Auguri, don Luigi e suor Marisa Domenica 23 settembre, durante la celebrazione della Santa Messa delle ore 11, Monsignor Luigi Corti festeggerà il 65° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. La Comunità Parrocchiale di Rovellasca si unisce con gioia alla festa, grata a don Luigi di essersi fatto servo del Signore, grata al Signore di aver avuto don Luigi come pastore. Domenica 30 settembre, durante la celebrazione della Santa Messa delle ore 11, Suor Marisa Quarti festeggerà il 25° anniversario della sua consacrazione religiosa nella Congregazione della Suore di Carità fondata dalle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa. La Comunità Parrocchiale di Rovellasca si stringe intorno a lei a festeggiare il suo tempo d’Amore come sposa di Cristo. La Scuola Materna di Rovellasca... C on sede in Piazza Risorgimento 13, sorse nel 1897 mediante la donazione proveniente dai “legati del pane”, che, con R.D. n 382 dell’11.12.1898, furono “…trasformati per la fondazione di un Asilo Infantile in Rovellasca”, contestualmente eretto in Ente Morale. • La custodia e la direzione fu afÞdata all’Ordine religioso delle Suore della Carità dette di “Maria Bambina” e dal 25 agosto 2000 è stata afÞdata all’Ordine religioso delle suore Francescane Angeline, dopo che il predetto Ordine ha disposto la chiusura della comunità religiosa. scimento della personalità giuridica di dirit• Dopo una prima modiÞca nel 1939, approto privato dell’Ente. vata con Decreto del 22.04.1940, di Vittorio Emanuele III Re d’Italia, lo Statuto venne • L’ultima modiÞca statutaria è datata 4 febbraio 2002, approvata con decreto del Presisuccessivamente modiÞcato il 16.06.1959 con dente della Regione Lombardia n. 1368. approvazione del Presidente della Repubbli• La Scuola Materna di Rovellasca è una Fonca in data 29.09.1962. dazione senza scopo di lucro, regolata dagli Un’ulteriore modiÞca fu apportata nel 1985. Artt. 14 e seguenti del Codice Civile. • Il Consiglio di Amministrazione, con provvedimento n. 14 dell’11.10.1999, deliberava la • La Scuola Materna si preÞgge di concorrere, deÞnire e promuovere l’educazione integradepubblicizzazione ed il conseguente ricono22 L’a L’an in dal gra cie bam Si t Scu 120 la s nu Un con rim ha All di rap tag dal di No che mo ind rez a tu di rich No agi la P Og fan I co vita parrocchiale ritebesionagli ere, ra- le ed armonica del bambino/a, secondo una La Provvidenza… concezione dell’uomo come persona, in una visione cristiana della vita, nel rispetto del Quando la situazione economica stava cominprimario diritto educativo dei genitori e della ciando a diventare difÞcile e complessa per il pluralità delle loro prospettive valoriali. mantenimento degli equilibri Þnanziari e verso i fornitori, quasi inaspettatamente è giunL’ampliamento della struttura ta la Provvidenza, attraverso una donazione di 200.000,00 euro messa a disposizione della L’analisi dei fabbisogni delle famiglie, riferita Scuola Materna da parte di Daniela Bellotti, che in particolare all’infanzia, ci ha evidenziato Þn ha desiderato aiutare anche economicamente dall’anno 2000 il crescente andamento demo- questa Scuola dell’Infanzia, volendo nel congraÞco del paese, constatando la reale insufÞ- tempo onorare e mantenere viva la memoria del cienza di posti disponibili ad accogliere tutti i marito Ing. Riccardo Colombo prematuramente bambini interessati alla frequenza. deceduto nell’agosto 2006. Si trattava, allora, di fare una scelta: lasciare la Scuola Materna così com’era, accettando solo … Riccardo Colombo, chi era? 120 iscritti suddivisi su 4 sezioni, o ampliare la struttura per ospitare il continuo e crescente Nato a Legnano il 15 setnumero di bambini/e. tembre 1943, oltre che Una scelta non facile se pensiamo che oltre al ingegnere professionista contributo delle famiglie ed ai moderati trasfe- molto preparato in urrimenti statali, regionali e comunali l’Ente non banistica è sempre stato ha entrate straordinarie. una persona coerente e Alla Þne è prevalso il senso di responsabilità e fedele agli ideali a cui era di coscienza, pur sapendo che per noi l’opera stato educato. rappresentava, sotto tutti gli aspetti, una mon- Anche l’esperienza nel tagna da scalare. Si trattava infatti di un’opera mondo degli scout è stadal costo complessivo notevole: oltre un milione ta per lui segno di vita. di euro. Dopo le scuole medie ed il liceo ScientiÞco freNon nascondiamo le grosse preoccupazioni quentati a Saronno, Riccardo si iscrive al Poliche ci hanno sempre assillato, ma ci interessava tecnico di Milano dove si laurea in ingegneria. molto portare a termine i lavori più urgenti ed Arriva il tempo del lavoro e dell’interesse alla indispensabili, come le aule, il laboratorio, la di- vita pubblica e l’impegno dentro le istituzioni rezione ed un nuovo salone, al Þne di assicurare sia a livello locale che provinciale, come consia tutta la comunità infantile il soddisfacimento gliere poi assessore e Sindaco. di un servizio pubblico educativo e formativo Ha occasione di conoscere persone che per la richiesto dalle oltre 180 famiglie di Rovellasca. loro serietà, entusiasmo, convinzioni e cariche Non c’era più tempo per pensare! Occorreva ideali lo affascinano. agire subito, con urgenza e sperando anche nel- Lavora presso gli ufÞci del Consiglio della Rela Provvidenza. gione Lombardia. Lì si rafforza la sua passione Oggi, a distanza di due anni la scuola dell’In- per il territorio e l’ambiente e per oltre trenta fanzia è pronta. anni svolge la professione di urbanista, redigenI costi sono notevolmente aumentati... do più di cento piani regolatori, numerosi piani di settore e di parchi regionali. La sua vita è sempre stata intensa e continuamente in crescita. Uomo onesto e di spiccata etica morale è stato esempio e maestro tra i colleghi e per tanti giovani che ha incontrato sul lavoro e in università. Nel giugno del 1976 sposa Daniela Bellotti che gli sarà vicina per sempre. 23 vita parrocchiale 16 settembre 2007: INTITOLAZIONE Daniela Bellotti e Riccardo Colombo non hanno avuto Þgli, ma tanti nipoti meravigliosi. Sulla stampa locale Daniela ha recentemente dichiarato: “È inevitabile provare malinconia e tristezza nel ricordare oggi chi non c’è più. In ogni caso contribuire a sostenere l’asilo è stato per me un vero e proprio dono, un’importante occasione per ricordare Riccardo, non solo come uomo pubblico e professionista, ma anche come persona impegnata coerentemente a difesa dei valori, del vivere la vita come un dono, per fare del bene, per contribuire a rendere il mondo un po’ migliore e vedere l’esistenza non già come una corsa al guadagno, allo star bene, ma un cammino per fare il bene”. A Il Consiglio di Amministrazione della Fondazione in data 15 maggio 2007 ha deliberato di accettare la donazione in denaro proposta dalla Signora Bellotti Daniela per l’importo di euro 200.000,00 quale aiuto economico in abbattimento parziale dei costi relativi alla costruzione dell’ampliamento del fabbricato. La nuova denominazione diventa: 1. C con vid fra viz si r “SCUOLA DELL’INFANZIA ING. RICCARDO COLOMBO”. Il 16 settembre 2007, ricorrendo i 110 anni di fondazione e di ininterrotta attenzione educativa all’infanzia, Sua Eccellenza Mons. Diego Coletti, Vescovo di Como, alle ore 9,30 presiederà la cerimonia di inaugurazione e di intitolazione della “Scuola dell’Infanzia Ing. Riccardo Colombo”, alla presenza delle autorità religiose, politiche e civili. Saranno inoltre presenti tutti i nostri bambini, le famiglie e tutta la comunità di Rovellasca. Dalla parte dei figli M ettersi in ascolto dei Þgli vuoi dire essere aperti al dialogo. Accettarli nelle loro intuizioni, nei loro sentimenti, si viene arricchiti. Possono diventare nostri maestri quando ci comunicano i loro sogni, le loro aspettative, il loro mondo. Proprio questi Þgli, che spesso non stimiamo, non ascoltiamo abbastanza, hanno scritto un decalogo per i genitori. Papa e mamma, vi accetto come genitori, per questo: 1. Non viziarmi, so benissimo che non dovrei avere tutto quello che chiedo. 2. Non essere incoerente: mi sconcerta e mi costringe a farla franca tutte le volte che posso. 3. Non fare promesse: potresti non essere in grado di mantenerle. 4. Non correggermi davanti alla gente. Presterò più attenzione se mi parlerai a quattr’occhi. 5. Non brontolare contìnuamente, altrimenti dovrò far fìnta di essere sordo. 6. Non badare troppo alle mie indisposizioni: 24 potrei imparare a godere di cattiva salute, se questo attira la tua attenzione. 7. Non preoccuparti per il poco tempo che passiamo insieme. È come lo passiamo ciò che conta. 8. Non permettere che i miei timori suscitino la tua ansia, perché allora diventerai ancora più pauroso. 9. Non dimenticare che non posso crescere bene senza molta comprensione e incoraggiamento... Ma non ho bisogno di dirtelo, vero? 10. Ricordati: io imparo di più da un esempio che da un rimprovero. 2. C ver anc occ non per Pre no 3. C chi Me Þca ani all’ nei chi 4. ti c rim ne di vit lera 5. L tà: tà. il b Sol me 6. S non fon qu tà per ro be vita parrocchiale un dadi alla uro ttione de- Ama la tua parrocchia 1. Collabora con la tua parrocchia perché devi considerarla come la tua famiglia a cui la Provvidenza ti ha afÞdato; chiedi al Signore che sia fraterna e accogliente, casa aperta a tutti e al servizio di tutti. Da il tuo contributo perché questo si realizzi veramente. 2. Collabora, prega perché la tua parrocchia sia veramente: comunità di fede, rispetta il parroco, anche se avesse mille difetti. Guardalo con gli occhi della fede, non accentuare i suoi difetti, non giudicare con troppa facilità le sue miserie, perché Dio perdoni a tè le tue. Prenditi carico dei suoi bisogni, prega ogni giorno per lui. 7. Ricordati bene che con l’umiltà e la carità si può dire qualunque verità in parrocchia. Spesso è l’arroganza che ferma ogni passo ed alza i muri. La mancanza di pazienza qualche volta crea il rigetto delle migliori iniziative. 8. Quando le cose non vanno, prova a puntare il dito contro tè stesso invece che contro gli altri. Hai le tue responsabilità: se hai il coraggio dell’autocritica, forse avrai una luce maggiore sui limiti degli altri. 9. Se la tua parrocchia fa pietà, la colpa è anche tua: basta un pugno di gente volonterosa a fare una rivoluzione, basta un gruppo di gente decisa a tutto, a dare un volto nuovo alla tua 3. Collabora, prega e soffri perché la tua parroc- parrocchia. chia sia una vera comunità eucaristica. Che la S. Messa domenicale sia la “radice viva su cui edi- 10. E prega per la santità dei tuoi sacerdoti: sono Þcarsi”, non radice secca, senza vita. Offriti per i sacerdoti santi la cosa più straordinaria per le animare la liturgia, se ne hai le doti. Partecipa nostre parrocchie e la salvezza per i nostri gioall’Eucaristia ogni domenica. Godi e sottolinea vani. nei tuoi discorsi le cose belle della tua parrocMovimento P. De Foucault chia. oro gni, nza, 4. Non macchiarti mai la lingua, accanendoti contro l’inerzia della tua parrocchia, invece rimboccati le maniche a fare quello che ti viene richiesto. Ricordati: i pettegolezzi, la voglia di primeggiare, le rivalità sono i parassiti della vita parrocchiale. Detestali, combattili, non tollerarli mai. 5. La legge fondamentale del servizio è l’umiltà: non imporre le tue idee, servi con semplicità. E accetta anche di essere messo da parte, se il bene di tutti a un certo momento lo richiede. Solo non incrociare le braccia e non ti salti in mente di fondare un ‘partito’ di opposizione. 6. Se il parroco è possessivo e non lascia fare, non farne un dramma, la parrocchia non va a fondo per questo. Ci sono sempre settori dove qualunque vecchio parroco ti lascia piena libertà di azione: la preghiera, i poveri, i malati, le persone sole ed emarginate. Basterebbero fossero vivi questi settori e la parrocchia diventerebbe viva. 25 gruppo missionario Progetto di animazione delle realtà missionarie in diocesi L a nostra diocesi presenta una gran varietà di esperienze e di situazioni che è importante valorizzare e considerare come una ricchezza ed uno stimolo per le parrocchie, le zone pastorali e la diocesi intera. Di contro, si nota anche una certa frammentazione, mancanza di conoscenza e collaborazione reciproca fra le varie realtà che si occupano di missione. Inoltre emerge anche il desiderio di una formazione missionaria, che passi attraverso le relazioni fra le persone, il confronto e lo scambio. Da queste rißessioni è nato un progetto che tende al raggiungimento di alcuni obiettivi: ➤ rinnovare missionariamente la pastorale, in linea con quanto chiesto dai vescovi “La missione ad gentes non è solo punto di arrivo ma costante orizzonte e paradigma della nostra pastorale”; ➤ valorizzare le risorse missio- narie esistenti in diocesi; ➤ creare maggior collegamento, reciproca conoscenza e forme di collaborazione fra le varie realtà che si occupano di missione; ➤ creare spazi di incontro e confronto con le realtà che si occupano di ciò che riguarda la mondialità, pur non avendo una esplicita ispirazione o appartenenza ecclesiale; ➤ offrire cammini formativi continuativi a chi fa parte dei vari gruppi; ➤ far sì che la gente si senta sempre più coinvolta nel mondo della missione attraverso una maggiore conoscenza, una solidarietà, un incontro e scambio con chiese sorelle. Il progetto è stato realizzato attraverso incontri a cadenza mensile. Gli incontri sono stati svolti presso l’abitazione del prete referente per la pastorale missionaria di zona, don Vittorio Bianchi, parro- co di Cermenate. L’animatore della pastorale è stato padre Marco Ballabio, saveriano di Tavernerio, missionario in Colombia ora rientrato in Italia. Due rappresentanti del gruppo missionario della nostra parrocchia hanno partecipato alle riunioni, alle quali sono stati presenti anche persone provenienti dai paesi limitroÞ: Cermenate, Bregnano, Lomazzo, Fino Mornasco. Obiettivo del prossimo anno è quello di organizzare gli incontri ruotando nelle varie parrocchie per permettere anche ad altre persone di assistere alle riunioni, apportando esperienze, idee e proposte. Saranno inoltre divulgati maggiormente gli argomenti trattati e il materiale prodotto dal gruppo al Þne di informare e stimolare la parrocchia nei confronti della pastorale missionaria. Maria Grazia Ci scrivono dalle missioni… …O ggi ho avuto la possibilità di scrivervi perché alcuni missionari comboniani sono qua per la giornata di preghiera con noi, perciò posso dargli la mia lettera per spedirla… ho Þnito i miei studi a Roma l’anno scorso e sono tornato in Kenia come missionario. Con gli aiuti che riceviamo, cerchiamo di offrirgli la possibilità di studiare. Vi ringraziamo di cuore per i 100 euro che ci avete donato attraverso Verona per le scuole materne. Quando avrete la possibilità come gruppo o individuo di venire in Kenia siete benvenuti alla nostra missione a vivere le stesse esperienze del Dio che ama tutti. Con affetto John Korir, Amakuriat Mission, Kenia …C arissimi, sto cantando al dono della vita, pensando alla prossima venuta di Benedetto XVI al nostro Brasile. Arriverà vicino a noi; poco più di 1000 chilometri, meno di un giorno di viaggio in corriera, poca cosa per noi. Il nostro popolo è entusiasta per questa visita. La Chiesa nel Brasile pensa all’evento come all’inizio di una grande missione che ci faccia nuovamente tutti cristiani e missionari nel nuovo mondo annunciato ai poveri… Quanto al mio futuro, penso di ritirarmi con i Comboniani presso la Chiesa di S. Daniele Comboni sulla spiaggia dell’Oceano e stare a disposizione delle visite agli ammalati negli ospedali di S. Mateus e nelle residenze… grazie per l’offerta di 200 Euro arrivati a Roma, a nostra disposizione. Un fraterno abbraccio a voi D. Aldo Gerna, Sao Mateus, Brasile 26 … pri e la bis sen Vi p Oss … ho Ter Il P ma Mi di m … Com bin fare Con gruppo missionario …S delrco rio, en- ppo ocriuendai Breco. o è ntri hie ltre nioee e agti e ppo e la pa- crivo per dare notizie sull’andamento del progetto per il Centro di Accoglienza e di Solidarietà dei malati terminali di AIDS alla realizzazione del quale avete generosamente contribuito. Il primo padiglione ha accolto Þnora 500 ammalati: alcuni sono morti, la maggior parte ha ripreso le forze e la vita quotidiana. Tra poco apriremo il secondo padiglione. L’opera per essere completa ed efÞcace ha bisogno di laboratorio, di cucina, di lavanderia e soprattutto di medicinali. Ancora una volta bussiamo alla sensibilità del vostro buon cuore per domandarvi di venirci in aiuto. Vi promettiamo il ricordo costante nelle preghiere. Ossequi Padre Eligio Castaldo, missionario Camilliano in Burkina Faso, Africa …V i mando la fotograÞa della nuova casetta che avete incominciato a pagare. È stata fabbricata nel Bengala centrale, a circa 150 km. da Calcutta, dove io ho lavorato per oltre 30 anni ! E dove la povertà è grande… dove ha lavorato Madre Teresa e tanti altri campioni della fede. Il Paradiso si acquista rispondendo all’invito del Signore: “Avevo fame e mi avete sfamato. Avevo sete… Ero nudo…” Mi sentirei Þero di appartenere al vostro gruppo, se non fossi già missionario, in terra di missione, da 58 anni ! Padre Dino Colussi, New Delhi, India …P ace e bene. Vi spero in buona salute con il vostro carissimo parroco don Roberto. Come abbiamo già parlato tramite il telefono, ecco vi mando subito la foto di un bambino povero e della sua famiglia: il bambino si chiama Efrem, il papà è al fronte per fare il servizio militare e la mamma, senza lavoro, chiede sostegno e fraterno aiuto. Consegna la fotograÞa alla famiglia che si è offerta di aiutarli, che ringrazio in modo particolare. Padre Mariano, Kerem, Eritrea zia informazioni r la miei per me del nia I al gio nsa nel o la lati stra sile Si ricorda che il Gruppo Missionario si ritrova ogni giovedì dalle ore 15 alle ore 17 presso la sede in Via Carducci. Si informa che il Gruppo da quest’anno collabora anche alla ❖ divulgazione di stampa missionaria attraverso abbonamenti ❖ a riviste che si trovano in fondo alla Chiesa nell’apposito distributore e possono essere acquistate e ritirate autonomamente, lasciando l’offerta nella cassetta. i ed LGO eri, n iche. ACCOi ed esttelefon to per uov R nal usa di de azio e sche verrà alati m in li, n a bol toline endit per i lliana o c r v i li n Fra ati; ca della dicina e cam s o n e u o at re m issi aso. cav Il ri quista ella m ina F e ac bra d Burk nes ’Ag le b oD oni t n A tel F ra Si comunica che da settembre, il primo sabato e la prima domenica di ogni mese, presso la sede del Gruppo in via Carducci o sotto il porticato antistante il cinema, saranno presentati e messi in vendita i prodotti del Commercio Equo e Solidale, un approccio alternativo al commercio convenzionale, che promuove giustizia sociale ed economica, sviluppo, rispetto per le persone e per l’ambiente. In fondo alla Chiesa è possibile trovare dei depliant che descrivono il progetto, i prodotti e i punti-vendita della zona. 27 esperienze di oratorio Che cos’è stato / che cos’è per te l’oratorio? A bbiamo posto questa domanda ad alcuni giovani e non più molto giovani che in oratorio vivono o hanno vissuto la propria adolescenza. Riportiamo qualche testimonianza al Þne di inquadrare, attraverso queste esperienze, che cos’è l’oratorio o cosa dovrebbe essere, cosa non meno importante e che è sempre meglio ricordare: Oratorio è un percorso da fare insieme agli altri… verso una sola meta… un luogo di incontro, crescita e preghiera! O ratorio per me, nella mia esperienza: Occasione d’amore, occasione per imparare a stare insieme, accorgersi degli altri, accorgersi di Lui e viverLo. Occasione per imparare ad organizzarsi, per ratorio è… una porta aperta”: è lo slo- imparare a chiedere aiuto e ringraziare. gan scritto su un adesivo messo sulla Occasione di fatica che ti aiuta a crescere. porta dell’aula dove facevamo catechismo. Per Occasione per imparare a parlare e per imparame l’oratorio è stata proprio un’esperienza po- re il silenzio che ascolta e fa parlare. sitiva: ho imparato ad accogliere “l’altro” come Occasione da sfruttare nelle proprie possibilità. dono e a condividere momenti che hanno conecondo me l’oratorio è stato (parlo da giotribuito alla mia crescita personale e spirituale, vane… ora non frequentandolo più spesso come i campi estivi ed invernali, i ritiri spirituanon mi esprimo) un luogo di incontro, scambio li, le varie attività per la preparazione di feste, recite, spettacoli. Anche ora che ho passato l’età e socializzazione. adolescenziale, l’oratorio è un punto di riferi- Si va oltre la socializzazione, poiché vi è anche mento per vivere la vita della comunità insieme condivisione di valori e di ideali. Condividere con gli altri le proprie esperienze ad altre famiglie. è stata una opportunità formativa non indiffeoratorio nella mia esperienza di vita è sta- rente. Mi emozionavo ed ero contento nel vedeto inizialmente un luogo di ritrovo, poi col re, passando da via Monte Grappa, persone di passare degli anni è diventato luogo di formazio- diverse fasce di età che condividono interessi, ne, crescita e condivisione, un luogo dove si sono spazi, giuochi, momenti della giornata in un condivisi gioie e dolori con coloro che ci hanno percorso, fortemente voluto dal don, che era creduto e che sono cresciuti insieme a me. Espe- quello educativo. rienza molto positiva, perchè, comunque, anche on tutti hanno la fortuna di fare delle se i Vicari cambiano, noi giovani dobbiamo sempre avere la forza di continuare con colui che il esperienze,come quelle che noi ragazzi che Signore ci manda come pastore. Non nascondo frequentiamo l’oratorio facciamo abitualmente. che ci sono state tante e tante controversie, ma Esperienze di collaborazione, condivisione e acl’importante è che tutti avessimo uno scopo ed coglienza... un Þne in comune: il Signore. Si, perchè l’orato- In questi anni ho imparato che ognuno di noi rio non è qualcosa di personale, ma è un qualco- può dare qualcosa, chi in misura maggiore e chi in misura minore, e per questa ragione tutti desa che si fa per gli altri a qualsiasi età vono sentirsi accolti e valorizzati. oratorio per me è stato tante cose:un luogo di divertimento da bambina, una seconda er me l’oratorio è un luogo di incontro per casa da adolescente, un luogo di condivisione giovani e anziani. ora! Tutto ciò nel bene e nel male, perchè non Un posto sempre allegro, dove passare piacesempre è facile creare un clima collaborativo ed volmente i pomeriggi liberi. equilibrato! All’oratorio non tutte le persone sono le migliori del mondo, ma molte si. osa signiÞca oratorio? Sicuramente liberer me è stato un luogo di formazione relità, apertura, rispetto… ma anche perdono, giosa (perchè credo che sia ancora imporche sembra molte volte essere stato dimenticato. “O S L’ N L’ P C P 28 tan In ritr att È, i son Cre re pu imp altr me L pri sta ta err sco del “ per don ei pro cad Gra div liti (..e esperienze di oratorio per tante), ma soprattutto umana. In secondo luogo, un luogo importantissimo di ritrovo, dove ho fatto sport e un sacco di altre attvità. È, inÞne, il luogo dove ho incontrato quelli che sono ancora i miei amici più cari... Credo però sia un ambiente da cui imparare tanto ma allo stesso tempo che ad un certo punto “ti deve lasciare andare”, come a dire: hai imparato tanto, ora mettilo in pratica là fuori... altrimenti ci si chiude, mentalmente e culturalmente! ra- L’ alon- raor- tà. iosso bio che nze ffededi ssi, un era elle che te. ac- oratorio è stato per me appartenenza, come un profumo di cui sei intriso;è stato spesso prima e non seconda casa, luogo di cui hai nostalgia quando sei troppo lontano; è stato scelta decisa, coscientemente presa, nonostante gli errori che possono averla accompagnata; è oggi scoperta che è solo(l’oratorio), mezzo e non Þne del mio percorso verso il Padre. “L ’oratorio è una palestra di vita”. Non tutti sembrano farci caso ed è un peccato perchè il messaggio è umile, chiaro e sincero: il don, gli animatori, i baristi, i volontari, gli adulti e i bambini non nascono santi e immacolati ma, proprio per diventarlo, devono poter sbagliare, cadere e perdersi. Grazie di cuore a tutti coloro coi quali ho condiviso gioie e delusioni, trionÞ e tonÞ, risate e litigate... e auguri all’oratorio per altri 50 anni (..e più!) di buon cammino! L’ oratorio è un’occasione. È un’opportunità di crescita, formazione e servizio, un modo, ma non l’unico, di vivere la propria fede e di fare esperienza di comunità. Allo stesso tempo l’oratorio è impegno che signiÞca fatica, responsabilità che, però, ti rendono felice se fai ciò in cui credi senza mentire a te stesso e agli altri, mettendoti sempre in gioco con spontaneità. I n oratorio ci si incontra, si stringono amicizie, lavorando “gomito a gomito” per sistemare i porÞdi, spazzare il portico, arbitrare una partita di scalpo o colorare uno striscione. Credo veramente che questa sia un’occasione! Da vivere con molte attenzioni, però: lasciare a casa le pretese di protagonismo come pure l’aspirazione al titolo assicurato di “bravo ragazzo dell’oratorio”, portare, invece, un sorriso per tutti e la capacità di chiudere, a volte, non solo uno, ma entrambi gli occhi ed anche la bocca (dolorosamente). Perchè la pazienza è la virtù dei forti, si dice, e in oratorio, che è un microcosmo della vita, ne serve tanta. Accettare le cose che non vanno è sempre difÞcile, ma potrebbe risultare meno amaro se ci ricordassimo che l’oratorio non è il Þne, un’industria efÞciente da far funzionare, ma è solo uno strumento, se pur non l’unico certamente, per giungere a Dio. Lucia Carughi noi chi deper ceori elior29 esperienze di oratorio Ricordi di una casacca bianca e una valigetta di metallo P arecchi anni fa dalle nostre parti gli sports praticabili erano tre: il calcio, il ciclismo e l’atletica leggera. Per praticare ciclismo e atletica leggera bisognava migrare nei paesi vicini, per il calcio bastava uscire di casa e attraversare la strada. Si iniziava in “burghè”, si proseguiva all’oratorio e si chiudeva la carriera, tranne rare eccezioni, nella squadra del paese. La prima selezione avveniva in “burghè”. Qui tutti giocavano al pallone, tutti autodidatti. Ognuno sceglieva il proprio ruolo. Io ero un mancino naturale e già questo costituiva un vantaggio: pochi calciavano di sinistro. Primo ruolo scelto: terzino sinistro; poca concorrenza e partita assicurata. (L’altro sicuro di giocare era il proprietario del pallone). Poi si sa come vanno le cose tra bambini che giocano senza allenatore, senza arbitro, senza linee di demarcazione, senza porte deÞnite, senza limite di tempo: tutti a rincorrere il pallone cercando di toccarlo il più possibile tra liti, contestazioni e discussioni inÞnite. Al termine di questa scuola di calcio il terzino sinistro si era trasformato in ala sinistra. Ed è con questo ruolo che esordii in una vera squadra di calcio: la squadra dell’oratorio, la mitica Victor Bianchi. Campionato di categoria juniores, età 15-19 anni, l’unica categoria esistente nel settore giovanile. Una emozione intensa. Divisa indimenticabile: calzoncini blù, calzettoni bianchi orlati di blù, casacca (non maglia,unica squadra ad indossare una casacca) bianca a maniche lunghe con colletto e polsini blù. Nessun numero sulla schiena: non era obbligatorio. Valigetta di metallo a contenere la divisa (unica squadra ad adottare simili contenitori). L’allenatore (Giuliano il nome) era un ex giocatore della Victor, di quella Victor che aveva vinto il campionato lombardo juniores e che per noi bambini costituiva una leggenda. Ai portieri pensava il Renzo, anche lui un ex portiere. Su tutto e tutti vigilava il don Giovanni Rezzonico. Due gli obiettivi della squadra. Primo e principale (quello del don): far maturare nei ragazzi quelle regole di vita ispirate dai valori cristiani che caratterizzavano e giustiÞcavano la pratica oratoriana (traguardo ambizioso, ostico e difÞcile da raggiungere che è costato il posto a parecchi giocatori). Secondo obiettivo: vincere qualche 30 campionato (traguardo mai raggiunto nella mia carriera calcistica). Eravamo un bel gruppo. Si giocava la domenica pomeriggio, in contemporanea con tutti gli altri campionati, serie A, B e C compresi. Due gli allenamenti settimanali: il martedì e il giovedì sempre di sera. I giocatori studenti (pochi) erano esentati: si conÞdava,per mantenere forma e Þato, nell’ora di ginnastica della scuola e sulle partite giocate in “burghè” in qualche pomeriggio libero. Gli altri giocatori (tutti lavoratori già a 15 anni) sgambavano e imparavano i fondamentali nel salone semi interrato degli spogliatoi (non esisteva luce artiÞciale). In campo ci si schierava con il modulo classico in auge negli anni sessanta. Ruoli tradizionali,marcatura rigidamente a uomo, niente libero. La differenza in campo la faceva la diversa stazza Þsica e la “classe” di qualche singolo elemento. Alle ali (io ero quella sinistra) si richiedeva velocità in modo da superare il proprio terzino marcatore e Þlare verso la porta o crossare al centro per il centravanti. In squadra avevamo due elementi decisamente sopra la media: il Guido, un mediano saracinesca forte Þsicamente e tecnicamente e il Giuseppe, una mezz’ala-centravanti che era già un fenomeno nelle elementari. Ricordo particolarmente l’ultimo mio campionato. Eravamo fortissimi. Avevamo stradominato il nostro girone: gioco spettacolare, difesa insuperabile, gol a grappoli, mai una sconÞtta, mai un pareggio, solo vittorie. Morale alle stelle. Perdemmo una sola partita, quella che non si doveva perdere: lo spareggio con la prima classiÞcata dell’altro girone. La vincitrice, oltre al campionato, acquisiva il diritto a partecipare alle qualiÞcazioni regionali. Quello spareggio, giocato in campo neutro a Turate contro il Cistellum di Origgio fu un incubo. Non so cosa sia successo quel pomeriggio. Ricordo solo una attesa snervante e gambe molli durante la g tà g inc gra Era set gra squ Co di dra vic Io n pes Mi del tra te s ti q Ric mia lo a tac va sin, par tra bri bar Ric ricc Di Bia lori mi tur Alm esperienze di oratorio programma festa dell'oratorio mia ica algli edì ano ato, tite ero. nni) nel sten il uoli endiolo hietere al due do, ninti ato. noabieguna : lo roa il li. Tubo. rdo nte Domenica 20 maggio Festa della Famiglia: mostra fotografica (anteprima) dei 50 anni dell’oratorio. Domenica 10 giugno Corpus Domini: durante la processione sosta nel cortile dell’oratorio e benedizione. la gara. Perdemmo tra la delusione e l’incredulità generale. Tornai a casa ingoiando un magone inconsolabile. Patii quella sconÞtta come la più grande ingiustizia sportiva di questo mondo. Eravamo fortissimi e lo dimostrammo qualche settimana dopo a Caronno dove vincemmo alla grande un prestigioso torneo a cui partecipavano squadre dal curricolo più importante del nostro. Come sempre accadeva, chi raggiungeva il limite di età lasciava la Victor e proseguiva nella squadra di categoria superiore del paese o dei paesi vicini. Io non fui richiesto da nessuno e praticamente appesi le scarpette al chiodo. Mi rimangono i ricordi. Ricordi delle emozioni, delle notti agitate alla vigilia delle partite, delle trasferte in bicicletta, delle gioie quando raramente segnavo qualche gol, delle delusioni e dei pianti quando giocavo male. Ricordo il profumo della divisa lavata e stirata che mia madre piegava nella mitica valigetta di metallo assieme alle scarpe da gioco nere, rigide, con i tacchetti di cuoio inchiodati che mio padre lucidava con cura. Ricordo il tè caldo che il buon Tumasin, il papà di tutti noi, instancabile barista, ci preparava per l’intervallo della partita; i rientri dalle trasferte con i nostri tifosi in attesa del risultato; i brindisi di gruppo (era il nostro premio partita) al bar dell’oratorio tra urla e pacche sulle spalle. Ricordi di anni semplici, gioiosi che il tempo arricchisce di luce più luminosa . Di quella esperienza di vita oratoriana nella Victor Bianchi mi è rimasto l’apprezzamento di quei valori morali cui tanto teneva il don e che mai più mi avrebbero abbandonato nonostante le mie future scelte di vita. Almeno il primo obiettivo lo avevo raggiunto. Domenica 16 settembre Festa del paese: S. Messa ore 10.30 presieduta dal Vescovo Mons. Coletti. Da sabato 6 ottobre a sabato 13 ottobre: settimana dedicata al 50° dell’oratorio S. Vittore di Rovellasca. Sabato 6 ottobre: fiaccolata e trasporto dagli animatori “del passato” dell’urna di S. Vittore dalla Chiesa parrocchiale all’oratorio. Domenica 7 ottobre: S. Messa in oratorio. Da lunedì 8 ottobre a venerdì 12 ottobre: settimana di riflessioni, incontri e serate a tema. Sabato 13 ottobre: fiaccolata e trasporto dagli animatori “di oggi” dell’urna di S. Vittore dall’oratorio alla Chiesa parrocchiale. Da sabato 6 ottobre a sabato 13 ottobre: mostra fotografica dei 50 anni dell’oratorio aperta al pubblico. E.C. 31 oratorio Se San Filippo Neri ci scrivesse oggi… C Poche parole, brevi insegnamenti, pronunciati con letizia e pazienza. Dicevo loro che “la santità consiste in tre dita di spaMetà del 500, Roma: ero sacerdote e passavo zio”, dicevo che “un uomo lungo tempo in adorazione ed in preghiera. Preghie- che non prega è un animale ra intensa, a volte notturna nel silenzio delle cata- senza parola”. combe di San Sebastiano. L’incontro con Gesù mi Ogni tanto risuonavano per dava la consapevolezza che solo le leggi del Vangelo la Chiesa di S. Maria in Vallicella le parole “state buoni, conducono alla gioia ed alla felicità. Giravo per la città proponendo a quanti incontra- se potete”. Alcuni di loro divennero sacerdoti: nacque così vo di puntare alla gioia con la preghiera assidua, l’Eucaristia frequente, la Riconciliazione, l’esercizio la Congregazione dell’Oratorio. fecondo della carità fraterna e la devozione alla Ma- Ad ogni Oratoriano consegnai un programma ed uno stile di vita, che consegno anche a voi oggi. donna, modello e vera causa della nostra letizia. Cercavo di essere “sale” tra la gente del popolo, Quattro cose: umiltà, carità, preghiera e gioia. Un immergendomi nei vicoli rinascimentali di Roma, quadrilatero ben saldo su cui appoggiare l’ediÞcio ma desiderai raccogliere la gioventù in un luogo che interiore della propria vita spirituale. ari amici, faccio festa per i cinquant’anni dalla nascita del vostro oratorio e desidero condividere con voi il cammino che mi portò all’intuizione dell’Oratorio. Vo Q ci s “la sian di u pia sati que que duc Vor ess tipi Vi saluto e vi auguro di cuore di essere generosi fosse punto lieto d’incontro, palestra di formazione umana e cristiana e centro d’irradiazione dell’arte, seminatori di gioia, all’Oratorio ed in ogni dove! perché, Þglioli, il bello conduce al bene! Questo luogo San Filippo Neri fu l’oratorio, esperienza che si è diffusa Þno a voi! Þorentino di nascita, romano d’adozione Cosa dicevo ai miei giovani? Oratorio: uno sguardo alle origini I n alcune realtà si parla di oratorio, ma non sempre si sa bene cosa sia, quale funzione svolga. In Italia la sua origine è lontana nei tempi: la si fa risalire al XVI sec quando un prete Castellino da Cappello, verso il 1536 raccoglieva a Milano bambini che vagabondavano nelle strade. A Roma la prima sede di un oratorio (termine che compare per la prima volta) è nel 1560 ad opera di alcu32 ni sacerdoti e laici che fanno te i bisogni della gioventù e capo a San Filippo Neri defi- la necessità di spingere i laici nito il santo della gioia e del ad impegnarsi nel servizio. profondo buon senso (“state Il primo congresso si tenbuoni se potete”). ne a Brescia nel 1895, il seQuesto tipo di oratorio, condo a Torino nel 1902: fu orientato verso i poveri con questo secondo incontro a attività di catechesi, di alfa- spingere lo sviluppo di quebetizzazione e di svago fu ste realtà. preso a modello per gli oraRaffaele De Giorgi tori dell’800 da sacerdoti ed ordini religiosi quali Don Bosco, Filippini, Canossiane, Figlie di Maria Ausiliatrice che sentivano particolarmen- di non Se di a Qu log pre sa c ne h ma qua qua cam L’ac do ma por den pas cate èc gio mo Þdu oratorio Voglia di oratorio Q così ed ggi. Un Þcio rosi Neri one ù e aici o. ensefu a uergi uando ero ragazzo, già vicino alla porta, mi giravo un attimo per dire alla mamma: “Vado all’Oratorio!” sicuro che non ci sarebbero state discussioni o divieti. Era il mio “lasciapassare”. Lì è nata la mia vocazione di salesiano e di sacerdote: ho incontrato persone cariche di umanità, gioiose e creative e mi sono detto: “Mi piacerebbe da grande essere come loro”. Sono passati tanti anni, ma non è cambiato il mio amore per questa che è l’opera più caratteristica di don Bosco, quella che più di altre (scuola, parrocchia…) riproduce il cuore e lo spirito del Santo dei giovani. Vorrei qui presentare brevemente quelle che ritengo essere le caratteristiche fondanti questa istituzione tipica dell’ambiente salesiano. L’Oratorio è 1. CASA CHE ACCOGLIE: ogni giovane si sente considerato come una persona, come un valore e tutto questo si fonda sulla convinzione che in ognuno di loro Dio è presente, che la sua storia, il suo vissuto è “terra di Dio”. Per accogliere occorre essere presenti: questo signiÞca che l’educatore (sacerdote, suora, genitori, animatori…) deve essere presente: è lui che crea il clima, fatto di rispetto, di cordialità, di buona educazione senza il quale non prende il via nessun rapporto educativo serio. Se manca questo clima educativo l’Oratorio è casa di accoglienza solo a parole! Qui ci si incontra con tante persone per giocare, dialogare, diventare amici, per essere ascoltati e compresi. L’Oratorio diventa casa della “mano tesa” che sa con semplicità andare incontro e farsi vicina a chi ne ha più bisogno. Ma attenzione: occorre che questa mano sia amica e adulta allo stesso tempo. Amica in quanto sa dare e offrire amicizia e bontà e adulta in quanto all’occorrenza sa intervenire per indicare un cammino, incoraggiare e anche correggere. L’accoglienza sarebbe ben poca cosa se non è in grado di offrire proposte: non c’è educazione là dove mancano proposte in grado di aiutare i giovani a portare a maturazione le capacità che si portano dentro. Don Bosco parlava di gioco, musica, teatro, passeggiate… Noi oggi possiamo aggiungere sport, catechesi, gruppi, volontariato, missioni... L’amore è creativo e inventivo! Tutto questo in un clima di gioia e di festa, che era per don Bosco “l’undicesimo comandamento”. La gioia nasce dal rapporto di Þducia e di collaborazione tra i giovani e gli edu- catori e dalla consapevolezza della presenza del Signore nella vita di tutti i giorni. 2. CORTILE PER INCONTRARSI DA AMICI: non si può pensare ad una casa di don Bosco senza cortile dove poter dare ai giovani “ampia libertà di saltare, correre, schiamazzare a piacimento”. Nel cortile si vive lo “spirito di famiglia”, distintivo dello spirito educativo di don Bosco. Non per nulla Þn dagli inizi vi fu la presenza di Mamma Margherita, la mamma di don Bosco che divenne la mamma di tutti i ragazzi dell’Oratorio. Il cortile è il cuore dell’opera salesiana: lì si incontrano e si conoscono i giovani e i ragazzi, si stringono amicizie; è il momento dell’incontro, della conÞdenza; lì gli educatori possono dimostrare di “amare ciò che amano i giovani”. “La familiarità porta all’affetto e l’affetto porta alla conÞdenza”. E ancora: “Il maestro visto solo in cattedra è maestro e non più, ma se va in ricreazione con i giovani diventa come fratello… i cuori si aprono e fanno conoscere il loro bisogno e manifestano i loro difetti” (don Bosco). Il cortile è aperto al territorio in cui si trova; proprio perché punto di incontro di tanti giovani, è attento ai problemi della condizione giovanile oggi. È un modo di vivere la missionarietà. 3. SCUOLA CHE AVVIA ALLA VITA: è scuola anzitutto, cioè ambiente in cui S Circolano valori e questi sono rispettati e condivisi S C’è sforzo pedagogico per far interiorizzare detti valori S Si crede al dialogo, al confronto, al maturare progressivo del senso critico dentro la cultura di oggi S Non si ha paura che nasca la richiesta di una maggior partecipazione nella corresponsabilità… che avvia alla VITA, cioè una scuola che S Aiuta il giovane a trovare una strutturazione armonica nella sua personalità, rendendolo cosciente delle sue capacità S Offre la possibilità di elaborare un progetto personale nel quale prendono forma i valori acquisiti e in base ai quali si sanno fare delle scelte di vita S È attenta al mondo del lavoro e, sull’esempio di don Bosco, sa coraggiosamente affrontare i problemi che in esso vi scorge S Punta alla formazione globale della persona: buoni cristiani e onesti cittadini. 33 oratorio Tutto questo nella consapevolezza che non c’è scuola senza maestri, cioè non c’è servizio educativo senza testimonianza e presenza di modelli. 4. PARROCCHIA CHE EVANGELIZZA: questa dimensione vuole mettere in luce quello che diceva don Bosco. “Io voglio essere prete sempre: quando sono in mezzo ai giovani, quando cammino per le strade, quando parlo con il Ministro e quando incontro un povero…” E’ essenziale l’educazione alla fede e questo impegna a creare un ambiente S Che si qualiÞca per i valori cristiani che vive (testimonia) e che propone (annuncia) ai giovani prima che per le cose che fa (sport, animazione del tempo libero…) S Che propone cammini di educazione alla fede e Don Giovanni Cocchi D on Giovanni Cocchi è di due anni più giovane di don Giovanni Bosco: nasce a Druent, un paesino vicino a Torino, nel 1813, e cresce in una grande povertà, tanto da essere costretto ad andare dal suo parroco a chiedere l’elemosina. Il parroco viene colpito dalla sua intelligenza unita al senso di umiltà e lo fa studiare. Così don Cocchi diventa prete nel 1836 con il cuore pieno di desiderio di mettersi al servizio dei poveri. La sua prima iniziativa concreta è quella di aprire un piccolo ospedale in Borgo Vanchiglia, destinato agli anziani che muoiono soli, ma non riuscendo a trovare da altri gli aiuti di cui una struttura del genere ha bisogno, don Cocchi è costretto a chiudere l’ospedaletto nel giro di poco tempo. La sua seconda idea si rivolge alle fanciulle orfane e abbandonate, ma le malelingue lo stroncato ancor prima che possa fare alcunché. Amareggiato, don Giovanni decide di partire missionario in America: arrivato a Roma, vede nei pressi della Bocca della Verità un oratorio e gli nasce il desiderio di creare qualcosa del genere nella sua Torino. Siamo nel 1839. L’anno dopo, il 1840, è l’anno che vede la nascita del primo oratorio torinese, presso un’osteria, nella zona del Meschino (attuale zona dei Murazzi), dove regnano indigenza, delinquenza e malattie. Non osa chiamarlo «oratorio», ma usa un termine piemontese «i saut», i salti, perché i ragazzi di strada che lo frequentano amano dedicarsi alle gare di salto. La Santa Messa e le lezioni di catechismo hanno luogo in parrocchia. Nel 1841, lo stesso anno in cui don Bosco è ordinato prete, don Cocchi riesce a tornare con il suo oratorio nella zona di Borgo Vanchiglia, e unisce il luogo di 34 di catechesi adeguati, differenziati, con una certa continuità S Che aiuta i giovani a scoprire la propria vocazione in una serena e sincera ricerca della volontà di Dio S Che lavora per creare un’autentica Comunità Giovanile, riunita attorno all’unico Signore che perdona (Riconciliazione) e che si offre (Eucaristia), che chiama al suo servizio e alla testimonianza in tutti gli ambienti S Che si apre e collabora con la Chiesa locale S Che con coraggio va in cerca dei lontani S Che presenta un “Dio simpatico”, vicino ad ogni persona, interessato della vita di ognuno, innamorato del nostro essere giovani; il Dio della vita quotidiana da scoprire nel fragore delle cose di tutti i giorni, tra le pieghe dei fatti che ci succedono. Don Gianni Ghiglione ricreazione a quello di preghiera, ediÞcando una cappella che serve anche da teatrino. Lo chiama Oratorio dell’Angelo Custode, e durerà Þno al 1849, quando, dopo la triste iniziativa di far partecipare i ragazzi più grandi del suo oratorio alla battaglia di Novara, ebbe l’idea di creare un istituto per gli Artigianelli, chiamato Collegio Artigianelli, dove ospitare i ragazzi e gli orfani abbandonati, istradandoli ad un lavoro. Nel 1852 don Cocchi afÞda il Collegio ad altri preti e crea una colonia agricola prima nella zona di Lavoretto, poi a Moncucco Torinese, perché si rende conto che non tutti i ragazzi sbandati possono realizzarsi nel lavoro delle fabbriche. Qui ospita anche ex carcerati e ragazzi che gli manda la Questura, e la sua pastorale di cura verso gli ultimi è messa a dura prova, soprattutto dall’ingratitudine della gente. Don Cocchi muore nel 1895 presso il Collegio Artigianelli, mentre ne era direttore don Leonardo Murialdo, oggi Santo, dopo aver dedicato la propria vita ai bisognosi nel corpo e nello spirito della sua Torino. Don Bosco, appena arrivato a Torino, fu attratto dall’insolita pastorale di don Cocchi: anche don Bosco aveva nel cuore la stessa sensibilità verso i poveri e gli emarginati, ma le sue origini contadini gli avevano donato un temperamento più pacato e rißessivo. E così si mosse don Bosco, misurando il proprio passo con prudenza, nella stessa direzione di don Cocchi. M. C. Sa N ne Gio di ave sem dei isti don dif suo rec na, cui min vis ro re est Un gio don per to, mi vo: tut all’ più Ch com Am tav del cor Ver fed ro loro si s re Bos sos sem oratorio erta zioà di Gioperia), nza gni navita di cce- one aporio opo andea Colabti e vonto nel ti e rale rat- . C. San Giovanni Bosco e Maria Ausiliatrice N elle Litanie Lauretane, che dal XII secolo sono divenute una vera e propria orazione alla Vergine, noi invochiamo la Vergine Maria col titolo di Auxilium Christianorum. Don Giovanni Bosco, dunque, non ha inventato nulla di nuovo, ma gli si deve riconoscere il merito di aver centrato l’attenzione su una prerogativa da sempre propria della Vergine Maria: essere Aiuto dei Cristiani. Anche la festa esisteva già: papa Pio VII la istituì nel 1814 e la Þssò per il 24 maggio, ma a don Bosco si deve riconoscere il merito di averne diffuso il culto, perché lui stesso raccomandava ai suoi Salesiani, in qualunque parte del mondo si recassero, di propagare la devozione alla Madonna, con il titolo di Ausiliatrice. Il 12 ottobre 1844 don Bosco fece un sogno in cui una Signora gli aveva indicato un «campo seminato a granturco e patate», e don Bosco aveva visto «una chiesa alta e stupenda», tra un «numero di agnelli grandissimo». Per i 18 anni a seguire don Bosco non perse di vista il campo che si estendeva oltre il muro di cinta del suo Oratorio. Una sera del dicembre 1862, Paolino Albera (un giovane salesiano di 17 anni) si sentì conÞdare da don Bosco: «Io quest’oggi ho confessato tanto e per verità quasi non so che cosa abbia detto o fatto, tanto mi preoccupa un’idea che distraendomi mi traeva irresistibilmente fuori di me. Io pensavo: la nostra chiesa è troppo piccola: non capisce tutti i giovani oppure vi stanno addossati l’uno all’altro. Quindi ne fabbricheremo una più bella, più grande, che sia magniÞca. Le daremo il titolo: Chiesa di Maria Ausiliatrice». Anche a don Giovanni Cagliero, allora suo compaesano e confratello, poi missionario in America Latina e Cardinale, conÞdava che meditava l’erezione di una chiesa grandiosa e degna della Vergine Santissima e aggiungeva: “I tempi corrono così tristi che abbiamo bisogno che la Vergine Santa ci aiuti a conservare e difendere la fede cristiana. E sai tu un altro perché?” Cagliero pensava potesse essere la Chiesa Madre della loro futura Congregazione, ed il centro dal quale si sarebbero diffuse tutte le altre loro opere a favore della gioventù. “Hai indovinato - rispose don Bosco - Maria Santissima è la fondatrice e sarà la sostenitrice delle nostre opere». Così prendono vita i progetti che saranno per sempre associati al nome di don Bosco: la costru- zione della chiesa di Maria Ausiliatrice a Valdocco e l’istituzione della Congregazione femminile delle Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1872; la Congregazione maschile, i Salesiani, era già nata nel 1859, e sarebbe stata messa sotto la protezione della Vergine Maria Aiuto dei Cristiani. Nel 1862 don Bosco non possedeva nemmeno il «campo seminato a granturco e patate», ma ebbe la possibilità di comprarlo l’anno seguente con quattromila lire arrivate inaspettatamente. Il progetto fu presentato ed approvato, ma il nome della chiesa non piaceva proprio e fu proposto di cambiare Maria Aiuto dei Cristiani in qualcosa di più “moderno”. Don Bosco sorrise e rimase del suo pensare, e il progetto fu approvato deÞnitivamente nel 1864, anno in cui iniziò la costruzione. La chiesa fu consacrata quattro anni dopo. I miracoli non hanno preceduto la costruzione della Chiesa di Maria Ausiliatrice, ma l’hanno sicuramente accompagnata e seguita. La stessa costruzione in così breve tempo e con così grande investimento (890.000 lire nel 1868, oltre 1.200.000 euro) faceva pensare a un intervento diretto della Divina Provvidenza, cui don Bosco con frequenza si appellava. Anche altri segni e guarigioni operati da don Bosco che benediva i malati in nome della Beata Vergine Ausiliatrice, sono rimasti nella memoria come “i miracoli della Madonna di don Bosco”, lui che da sempre aveva considerato Maria la “scorciatoia” per arrivare a Gesù, l’apostolo della devozione a Maria Auxilium Christianorum. M. C. 35 oratorio La legge Rattazzi e la maledizione sui Savoia L’o U C morì la Regina Madre Maria Teresa all’età di 54 anni. Il giorno dei funerali della madre, il Re ricevette un’altra lettera di don Bosco: “Persona illuminata dall’alto ha detto: Apri l’occhio, è già morto uno. Se la legge passa, accadranno gravi disgrazie nella tua famiglia. Questo non è che il preludio dei mali. Saranno mali su mali in casa tua. Se non recedi, aprirai un abisso che non potrai scandagliare” e il 20 gennaio morì la moglie, regina Maria Adelaide a soli 33 anni che aveva partorito soli 8 giorni prima. L’11 febbraio inÞne morì l’unico fratello maschio, il duca di Genova Ferdinando anche lui improvvisamente, anche lui a soli 33 anni, il 17 maggio inÞne muore l’ultimo Þglio del re, di appena 4 mesi. Il 29 maggio 1855, consigliato persino da prelati di corte, Þrma comunque la legge. rbano Rattazzi propose una legge che prevedeva la conÞsca dei beni ecclesiastici e la soppressione delle comunità religiose che non si dedicavano all’istruzione, alla predicazione o all’assistenza degli orfani. Avverso a questa legge, don Bosco fece trascrivere ad un allievo l’atto di fondazione dell’abazia di Altacomba in Savoia, l’antico sepolcreto della dinastia e la inviò a Palazzo. In quell’atto del XII secolo Amedeo III e gli avi di casa Savoia scagliavano maledizioni contro i loro discendenti che avessero osato usurpare le proprietà della chiesa. Verso la Þne del 1854 don Bosco sognò di trovarsi nel cortile circondato da preti e chierici, ad un tratto comparve un valletto con una rossa livrea che giunto al suo cospetto, gridò: “Grande notizia, annunzia gran lutto a corte” e poi scomparve. Il giorno seguente scrisse una lettera a Vittorio Emanuele II in cui esponeva il In un opuscolo pubblicato da Don Bosco nel 1855 scriveva “la famiglia di chi ruba a Dio è tricontenuto del sogno. Cinque giorni più tardi era seduto ad un tavo- bolata e non giunge alla quarta generazione”, una profezia che si avverò : lino e sognò il valletto in rossa - Vittorio Emanuele II morì a uniforme che gridò: “Non gran 58 anni presumibilmente per la funerale a corte, ma grandi fumalaria contratta a Roma; nerali a corte”, a questo punto - Umberto I muore a 56 anni a don Bosco scrisse una seconda Monza, sotto i colpi di pistola lettera al sovrano nel quale lo dell’anarchico Bresci; invitava ad impedire che fosse - Vittorio Emanuele III fugge la approvata la legge Rattazzi, che notte dell’8 settembre 1943 e tre avrebbe attirato gravi disgrazie anni più tardi sarà costretto ad sulla casa reale, il re rimase turabdicare; bato da ciò e andò su tutte le fu- Umberto II fu il “re di maggio” rie. In quei giorni conÞdava al e in seguito al referendum pogenerale Lamarmora la contrapolare dovette accettare l’esilio, rietà della madre e della moglie senza più poter far ritorno in a quella legge: “Mia madre e mia Italia. moglie non fanno che ripetermi che …come si può constatare, i Saesse muoiono di dispiacere per cauvoia non arrivarono alla quarta sa mia”. generazione. La discussione del testo cominciò il 9 gennaio Rupert 1855 e immediatamente dopo iniziò una serie di tragici eventi che costrinse più volte il Parlamento a interruzioni per lutto, il 12 gennaio 36 gio mo zio col rio ri p Per nac risc rip l’O vor o c dal In Fin mo col un raz Ne ogn ogn Fu gre ren stra me nel pre Ca Qu Or del so vim all’ atto sen L’O mu ma Ma oratorio L’oratorio in Musica ale, il don alto no. dinè su pridamoche malui 17 di ato e la nel triuna ì a r la ia ola e la tre ad io” polio, in Sarta ert C hi ci crederebbe mai...? Il Paese che ora è colonizzato da teleÞlm americani, da canzonette che si consumano in una stagione, attorno al ‘600 diede vita ed impose al mondo due novità artistico culturali che rivoluzionarono completamente la storia della musica colta occidentale: il “Melodramma” e l’ “Oratorio”. Dal 1600 infatti tutti i maggiori compositori per almeno tre secoli composero tali lavori. Per spiegare bene in cosa consistono e come nacquero questi generi musicali correremo il rischio di cadere nel banale, ma è importante ripercorrere la loro storia. Il Melodramma, quello che poi diventò l’Opera Lirica era appunto un dramma, un lavoro teatrale solitamente di carattere mitologico o comunque profano, completamente cantato dall’inizio alla Þne. In cosa consisteva l’assoluta novità col passato? Fino ad allora i lavori teatrali contenevano sì molta musica, che sottolineava momenti particolari e signiÞcativamente molto intensi, quali una preghiera, un inno di vittoria, una dichiarazione d’amore o altro. Nel Melodramma la musica accompagna invece ogni attimo della recitazione: ogni intervento, ogni dialogo, ogni parola è cantato! Fu il tentativo di far rinascere l’antica tragedia greca ad opera di alcuni eruditi musicisti Þorentini (la Camerata dei Bardi), e fu una sÞda stravinta: il nuovo genere incontrò completamente i gusti del pubblico. Le prime due opere rappresentate appunto nel 1600 furono: l “Euridice” di J Peri e la “Rappresentatione di Anima et di Corpo” di E. de’ Cavalieri. Quest’ultima anche se non è un vero e proprio Oratorio fu comunque il punto di riferimento della sua nascita: tratta un argomento religioso ma contiene anche scenograÞe, balletti, movimenti scenici, caratteristiche queste estranee all’Oratorio nella sua forma deÞnitiva, in cui gli attori reciteranno cantando ma stando fermi e senza alcuna scenograÞa. L’Oratorio si deÞnisce infatti come una forma musicale d’ispirazione religiosa, drammatica ma non rappresentativa. Ma perché si chiamò Oratorio? La sua storia cominciò lì, a Roma! Nel 1551 S. Filippo Neri venne ordinato sacerdote, si dedicò, dopo aver venduto tutti i suoi averi, al sollievo dei poveri e dei sofferenti; fondò poi la “Congregazione dell’Oratorio” che si dedicava, tra l’altro, all’educazione cristiana dei giovani, servendosi anche e soprattutto della musica come strumento pedagogico. San Filippo conosceva bene infatti la capacità della musica di unire, di commuovere! Così le Laudi recitate si riempivano sempre più di dialoghi cantati, risentivano così della stessa energia che negli stessi anni avrebbe portato alla nascita dell’Opera Lirica. Il seme gettato da S. Filippo Neri non rimase sterile: il testo della “Rappresentatione di Anima et di Corpo” fu steso proprio da un suo discepolo, Padre Agostino Manni. L’elenco dei musicisti che in seguito si dedicarono alla composizione di questo genere musicale sarebbe lunghissimo e sempre incompleto, ci limitiamo quindi a citare solo qualche nome tra i più famosi: Carissimi, Scarlatti, Handel, Bach, Mozart, Beethoven, Wagner, Lizst, Stravinskij, Britten, ecc. ecc. Maurizio Moltrasio S. Filippo Neri (1515-1595) 37 Correva l’anno… “P 1950 ossa questo anno veramente santo essere per l’umana famiglia annunziatore di una nuova era di pace, di prosperità, di progresso”: questo l’augurio su un manifesto celebrativo del giubileo 1950, apparso sul numero di gennaio del bollettino parrocchiale di quell’anno. Una delle pratiche più meritorie della sacra ricorrenza è il pellegrinaggio a Roma ed il parroco, don Arturo Galli, se ne fa instancabile promotore: “Roma ci attende!” risuona sulle pagine della nostra pubblicazione. Avvisi di pellegrinaggi, parrocchiali e diocesani, si susseguono praticamente senza sosta: abbiamo contato in quell’annata ben diciassette richiami in tal senso, con tanto di invito a prepararsi e ad andare. Le trasferte, tuttavia, anche quelle animate dalla fede, non si compiono senza quattrini ed il parroco, nel caldeggiare i viaggi a Roma, fornisce sempre i prezzi delle varie iniziative, sottolineandone talvolta la convenienza, e dispensa consigli, come quello di accantonare i soldi per tempo o di chiedere ai padroni un anticipo sulle ferie. Per scuotere i più tiepidi, però, occorrono argomenti forti: meglio il pellegrinaggio della villeggiatura al mare e in montagna, perché “fra venticinque anni questo corpaccio sarà forse già in dissoluzione, ma la grazia del giubileo risplenderà sempre, premio per chi l’avrà acquistata!”. Quelli di villeggiatura, tra l’altro, sono “luoghi di peccato”, ammonisce a rincalzo don Galli, il quale riconosce, comunque, che si può seminare scandalo anche senza allontanarsi da Rovellasca. E qui, bersaglio degli strali del parroco è l’abbigliamento: “gli abiti son fatti per difenderci dal freddo e dal caldo e d’estate soprattutto hanno una funzione igienica molto importante: quella di evitare il rapido volatizzarsi degli essudati che rendono fastidiosi ed antipatici anche gli elegantoni e le elegantonissime del nudismo dernier cri”. “L’ultima vergognosa offesa al pudore ed all’eleganza” viene individuata nei calzoncini per le donne. Parole che inducono forse al sorriso chi vive sotto il tirannico dominio della moda; c’è da 38 chiedersi, tuttavia, se sarebbe completamente fuori luogo oggi un richiamo ad un modo di vestire un po’ meno… estremo. Tornando ai pellegrinaggi a Roma, viene sottolineato con una certa enfasi quello compiuto in bicicletta da due giovani rovellaschesi, accolti al ritorno dal suono a festa delle campane, cosa che non tutti gradiscono, a quanto si legge. Il parroco si indigna con chi ha contestato questa esultanza, ribattendo che “i tromboni della critica disturbano tutti a tutte le ore”, che bestemmie e trivialità non si contano nei pubblici esercizi; eppure, nessuno protesta! A proposito di bestemmie, la pratica deve essere non poco diffusa se don Galli ravvisa gli estremi per bandire una crociata riparatrice, a suon di giaculatorie e comunioni, per combattere il male e convertire i blasfemi. E oggi? Non potendo, per ragioni anagraÞche, fare raffronti con quel passato, sospendiamo prudentemente il giudizio. Crediamo, tuttavia, che sarebbe cosa buona risvegliare le coscienze su un’abitudine forse non sempre consapevole, ma oggettivamente cattiva e diffusa, purtroppo anche in ambienti che dovrebbero esserne immuni. Per mantenere viva l’attenzione sull’anno santo, accanto ai pellegrinaggi occorrono segni più quotidiani: una croce luminosa viene collocata sul campanile; per la “guardia” al SS. Sacramento, gli uomini di Azione Cattolica propongono una lampada a olio, non elettrica, mantenuta accesa da apposite offerte dei fedeli, di cui si dà puntuale resoconto; non mancano, poi, predicazioni straordinarie e gli inviti a frequentare quotidianamente la messa ed i vespri. A ricordo dell’anno santo delle candele saranno benedette in chiesa ed offerte a tutte le famiglie. Coloro che tornano da Roma, intanto, portano con sé l’entusiasmo di chi ha visto il Signore, sigillando l’esperienza con un arrivederci - a Dio piacendo - al 1975. L’anno santo 1950 riveste una particolare importanza anche a motivo dei problemi e delle preoccupazioni che angosciano l’umanità: il clima permanente di guerra, la corsa agli armamenti, senza dimenticare i mali che si annidano nelle ideologie: troviamo elencati “la potente massoneria, le sette acattoliche e poi tutti i materialisti”, oltre al co- vem rac il m con ne mo nos pro ès cia gio All del mo spe “l’u mo rap vi è tam all’ IR der cad no, van ne fare me è g sar al c ed del ne. correva l’anno... uori un eaetta dal gracon che e le nei ere emi giabatmi. oni uel ntettaveine ma usa, che sulagani: ata al zionon dei anti a pri. beano gilpiaorocpernza gie: ette co- munismo, deÞnito il “secondo islam proveniente dall’Oriente dell’Europa”. Contro di esso viene bandita un’altra crociata, quella del “Gran Ritorno” per “ricondurre a Cristo ed alla chiesa i nostri fratelli che si sono lasciati fuorviare dalla diabolica propaganda dei senza Dio”. Oltre che del giubileo, il 1950 è anche l’anno della proclamazione di un dogma: quello dell’Assunzione al cielo in anima e corpo di Maria SS., che avviene, non a caso, il 1 novembre, solennità di tutti i santi. Il parroco, oltre a raccomandare la recita serale del rosario per tutto il mese di ottobre, vuole sottolineare il signiÞcato concreto di questo dogma: la vita non è in funzione solo del mangiare e del divertimento; noi “siamo qui per conquistarci il cielo” perché “lassù è la nostra patria”. Fuori, dunque, da quelle teorie che propugnano il materialismo; Maria, che dal cielo è sempre attiva e intercede per noi, ci preannuncia che “anche noi se ci salveremo celebreremo un giorno la nostra assunzione”. All’indomani della proclamazione del dogma dell’Assunta, il 2 novembre, giorno della commemorazione di tutti i defunti, acquista un carattere speciale. Credo nella resurrezione della carne! Ecco “l’unica speranza buona”. Il colloquio con i nostri morti non può stare senza preghiera. Che cosa può rappresentare una tomba? Se si toglie la fede non vi è che vuoto sconsolato. Visitare i cimiteri è certamente cosa buona, ma occorre anche stringersi all’altare. I Rovellaschesi che hanno passato i sessanta ricorderanno forse le vicissitudini del monumento ai caduti. Abbattuto durante il periodo repubblichino, in ottemperanza alle disposizioni che regolavano la requisizione dei metalli a scopo di guerra, ne nacque ben presto la nostalgia, che dovette però fare i conti con la scarsità dei mezzi. A maggio Þnalmente si può annunciare che il nuovo monumento è già in fonderia; per una fortunata coincidenza sarà un’opera d’autore ad un prezzo d’eccezione, al cui pagamento tutti dovrebbero sentirsi onorati ed obbligati a concorrere. A settembre, nell’ambito della sagra del Mambruck, avviene l’inaugurazione. Il monumento rappresenta un soldato che, sulla via della trincea, si imbatte nella tomba recente di un compagno d’arme, segnata da una croce; si sofferma e piega con devozione il ginocchio, deponendo un Þore sul tumulo. Si vogliono così mettere in risalto i sentimenti delicati, le virtù civiche, la dedizione e l’amore alla patria, anziché l’esaltazione della forza eroica che può suonare come incitamento ad un pericoloso nazionalismo. Il parroco pone l’accento sulla tenacia degli ex combattenti delle due guerre ed il coinvolgimento di tutta la popolazione, ma aggiunge, con un pizzico di polemica, che i soldi si dovrebbero trovare anche per le opere parrocchiali. Anno santo, dogma dell’Assunta e monumento ai caduti si sono accaparrati lo spazio di questo contributo. Altre cose meriterebbero almeno un cenno, ma per non tediare il lettore ne scegliamo due. In fatto di vacanze, ormai alle spalle, giova forse sapere che in quell’anno il Comune acquista due stabili sui monti di Carlazzo, per adibirli a colonia estiva per bambini e ragazzi. Chissà che cosa è stato di quella beneÞca iniziativa? Chiudiamo con una nota dolce e un po’ commovente. Accanto al presepio intonato all’anno santo è stata posta un’autentica culla, offerta da un papà che l’aveva preparata con arte e con affetto per il suo bambino, poi chiamato in paradiso. E così quella culla, drappeggiata in azzurro, ha potuto raccogliere doni e offerte per la gioia di altri bimbi e di altri papà. Fabio Ronchetti Foto: 1. Manifesto celebrativo dell’anno santo 1950 2. “Assunzione di Maria”, dipinto di Tiziano, presso Basilica di S. Maria Gloriosa dei Frari, Venezia Anno 1950 Matrimoni 36 Battesimi 36 Morti 34 Età media 65 anni Il più longevo 84 anni 39 dall’archivio In attesa della risurrezione Cattaneo Adele Pini Felice Discacciati Peppino Vigliaroli Tommaso Cattaneo Alda Giobbio Celestina Marangoni Iolanda Cattaneo Gianluigi Amante Angela Moltrasio Annibale Battesimi Doni Gaia Loretta Girgenti Mathilda Scalercio Giorgia Balzaretti Francesco Sordelli Nicolò Maria Battaglia Mattia Cattaneo Elisa Ardito Davide di Alessio e Rampoldi Laura di Marco e Dell’Acqua Valentina di Andrea e D’Aquino Sabina di Sergio e Porro Anna di Fabio e Lorenzi Alessandra di Domenico e Romani Roberta di Roberto e Bianchi Silvia di Gianni e Di Tanna Sara Sposi in Cristo Crippa Andrea Meneghini Massimo Quarti Andrea D’Agostino Christian Cortesi Andrea Barbato Roberto Ceriani Gianluca Cattaneo Davide Adriani Emanuele Vago Donato 40 Galli Verilde U U A Pe Ba Fr In U U U U Pe In U U U U U U Pe U In In In Em D A C C U Ba U U Fa U U U SP con Litta Valentina con Terni Silvia con Mastroserio Francesca con La Bella Roberta con Gambino Cristina con Poletti Nicoletta con Dos Santos Araujo Fabiana con Ito Naoko con Ranieri Maria con Pizzetti Donata ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ offerte ale Un’ammalata Un’ammalata Ammalati Per un battesimo Bambini Prima Comunione Francesca In Memoria di Dell’Acqua Adele Un benefattore Un’ammalata Un benefattore Un benefattore Per un battesimo In ricordo di Alessandra Un’ammalata Un benefattore Un benefattore Un’ammalata Un’ammalata Un benefattore Per un matrimonio Un’ammalata In memoria di Massimo Vigliaroli In memoria di Cattaneo Alda In memoria di Cattaneo Celestina Emanuele e Maria per Matrimonio Davide per il suo Battesimo Ammalati C.I.S.L. Credito Valtellinese Un benefattore Banca Intesa Un’ammalata Un benefattore Famiglia Peotta Un’ammalata Un’ammalata Un’ammalata 10 5 50 50 860 15 65 10 20 300 20 100 50 10 300 20 10 20 50 200 10 100 300 40 50 50 55 150 5.000 20 50 50 3.000 300 10 5 20 Un Benefattore Un ammalato Un’ammalata Una coppia di sposi Spacagno Anna Un’ammalata In memoria di Cattaneo Adele Un benefattore Un benefattore Valentina e Andrea per Matrimonio Silvia e Massimo per Matrimonio Francesca e Andrea per Matrimonio Barbara e Gian Pietro Un benefattore Un benefattore Roberta e Christian per Matrimonio Per un Battesimo Un’ammalata Un’ammalata Un ammalato Un ammalato Un benefattore Per un 50° di Matrimonio Nicoletta e Roberto per Matrimonio Un ammalato Coscritti 1924 Un benefattore Andrea e Cristina per Matrimonio Mathilda per il suo Battesimo Per un Battesimo Un’ammalata Un benefattore In memoria dei defunti Ceriani e Guarneri In memoria di Giampaolo Cattaneo In memoria di Peppino Discacciati 100 5 10 50 10 5 200 10 250 150 200 200 100 50 60 100 100 10 10 5 5 500 300 100 5 100 20 200 50 50 10 20 20 100 300 SPESE SOSTENUTE DALLA PARROCCHIA PER LA RISTRUTTURAZIONE DEL BAR DELL’ORATORIO E DELLA SALA ADIACENTE ❍ Spese Concessione Edilizia ❍ Licenza ASL ❍ Opere Edili ❍ Pavimenti ❍ Fabbri ❍ Tinteggiatura ❍ Impianto Elettrico ❍ Impianti Idraulici - Servizi Igienici ❍ Vetri TOTALE Euro Euro Euro Euro Euro Euro Euro Euro Euro Euro 100,00 250,00 22.465,00 12.811,00 12.652,53 3.236,00 10.835,00 8.300,00 8.495,85 79.145,38 Si Ringraziano tutti coloro, a partire dai progettisti, che hanno offerto gratuitamente la propria opera 41 lettura Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI «V oi chi dite che io sia?» Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». (Mt. 16, 15-16) I versetti del Vangelo di Matteo evidenziano la chiave di interpretazione dell’intero testo. Il libro di Benedetto XVI risultato di una sua personale ricerca interiore, traccia il percorso da seguire per scoprire il “Volto di Gesù”. Leggendo i dieci capitoli, abbiamo la possibilità di approfondire vari argomenti utili a comprendere il messaggio del Vangelo e la compatibilità del “Gesù storico” con il “Cristo della fede”. Il primo capitolo è dedicato al Battesimo di Gesù considerato come simbolo di redenzione dell’umanità. Gesù entra nel mondo per prendere sulle proprie spalle i peccati dell’uomo e donargli una vita nuova. Successivamente vengono sviluppate le tematiche delle tentazioni ed il Discorso della montagna relativo alle Beatitudini. In queste pagine viene indicata la strada per realizzare il Regno di Dio che ha come regole: rispettare l’uomo, far crescere la Giustizia ed amare il prossimo. Il quinto capitolo spiega la preghiera del Padre nostro. Ci insegna a SantiÞcare Dio che è nostro Padre ed aprire le porte della nostra vita alla Parola del Vangelo, per farci prossimi verso gli altri. Uno spazio importante è stato lasciato al commento delle Parabole, le quali se accolte e capite in profondità sono come un seme che porta frutto. Continuando nella lettura incontriamo la Þgura di Gesù analizzata in relazione al Vangelo di Giovanni, per fare capire che Lui è l’esempio più elevato di Amore. Cercare il “Volto di Gesù” è cercare nelle persone che incontriamo e nelle situazioni che viviamo, il modo per donare gratuitamente qualcosa di noi stessi. Suc un set alla zio è, f fam del rad do che gaz all’ ber Gabriele Forbice Don Giovanni Bosco, il Santo dei Giovani S eppure con un sottilissimo Þlo è possibile, in qualche modo, legare Rovellasca con San Giovanni Bosco? Pare proprio di sì rileggendo uno dei racconti dell’indimenticabile Adele Cattaneo che, ripresi dal “Bollettino Parrocchiale”, sono stati cronologicamente messi assieme nel piacevole libretto “Rovellasca nostra… dolce paese”. Una carrellata di ricordi e aneddoti del nostro passato. In questo vissuto intriso di nostalgia e di memorie tramandate oralmente, per poi essere Þssate in indelebili caratteri di stampa, ci addentriamo per sfogliare il ßuire del tempo Þno a quell’anno 1870 quando, secondo la testimonianza trasmessa, don Bosco “in un giorno di Þne estate, per un forte temporale ed essendo di passaggio in diligenza si fermò in paese e chiese riparo temporaneo in una stalla di vicolo Marconi”. 42 Nella “curt di marches”, che si smoda parallela alla vicinissima via XX Settembre, il futuro santo vi rimase alcune ore, Þno al cessare delle intemperie, attorniato da una quarantina di persone d’ogni età fra le quali una bambina di nome Martina che aveva allora sei anni e che tramandò ai posteri l’episodio “girato” di bocca in bocca. Si arricchì sempre più di particolari quando in seguito sposò Giacomo Moltrasio (Giacumin) titolare d’un avviato negozio di drogheria e salumeria, con il bancone a fare anche da “gazzetta” del vivere quotidiano. Per la Martina quell’incontro con don Bosco era rimasto incancellabile tant’è che di frequente si recava a visitare le opere da lui realizzate e nel 1929 commissionò al pittore Angelo Enria un quadro rafÞgurante il sacerdote piemontese per donarlo alla chiesa parrocchiale. La Mo vor Big d’A ces del Av rita agiografia ole: ed Padre ola . mpite rta Successivamente il dipinto venne sostituito da una riproduzione in tela e collocato nella chiesetta dell’Immacolata dove si trova tuttora. Fino alla morte, avvenuta nel 1938, la grande devozione che Martina Moltrasio ebbe per don Bosco è, fra l’altro, attestata, con il coinvolgimento dei familiari, dal fattivo impegno per la chiesetta del Mambruck accollandosi anche l’onere di un radicale intervento restaurativi sotto lo sguardo benedicente del prete di Castelnuovo d’Asti che possiamo pure vedere, con accanto due ragazzi, in chiesa parrocchiale nell’efÞgie situata all’estremità della navata di destra sopra il tabernacolo. a Þelo pio elle che nte ice lleuro deldi di che ocolasio roche era e si nel un per Riproduzione in tela visibile nella Chiesetta dell’Immacolata La Vita di Don Bosco Modeste le condizioni sociali dei Bosco che lavoravano a mezzadria nella cascina dei nobili Biglione in frazione “Becchi” di Castelnuovo d’Asti (ora Castelnuovo don Bosco). Qui Francesco Bosco era massaro sia della cascina che della fattoria con vigneti, campi e prati. Aveva 21 anni quando nel 1803 sposò Margherita Cagliero che le diede due Þgli: Antonio e Teresa. Ma il secondo parto fu molto travagliato e non si riprese più, tant’è che nel giro d’un anno si spense e con lei anche la Þglioletta, lasciando un grande vuoto che fu colmato con il matrimonio in seconde nozze portando all’altare Margherita Occhiena. Nacquero Giuseppe e Giovanni che vide la luce il 16 agosto 1815. Ma la serenità era destinata a durare poco in casa Bosco perché nel maggio del 1817 una violenta polmonite causò la morte di papà Francesco nel giro di pochi giorni. Ebbe appena il tempo di fare testamento e, fra l’altro, volle che fossero celebrate quaranta messe in suo suffragio. Giovanni aveva appena due anni e nelle sue “Memorie” rievocò questo triste accadimento. “Tutti uscivano dalla camera - scrive don Bosco - dove mio padre era mancato, ma Io non volevo seguirli. Mia madre mi disse: Vieni Giovannino, vieni con me. Risposi: Se non viene papà, non vengo. Povero Þglio, non hai più papà, così dicendo mamma scoppiò a piangere, mi prese per mano e mi portò fuori…quelle parole non hai più papà mi si Þssarono nella mente. Non le ho mai dimenticate”. Mamma Margherita fu un esempio di vita e di insegnamento educativo, oltre che religioso, con il quale si forgiò il carattere di don Giovanni Bosco che sin da ragazzo veniva spinto da un forte senso di generosità nei confronti di chi aveva meno del poco che lui possedeva. Questa spinta verso gli altri venne da un sogno fatto all’età di nove anni e che l’avrebbe guidato per tutta l’esistenza. Nel sogno vide ragazzi che giocavano, ridevano, bestemmiavano e lui si lanciò in mezzo a loro agitando i pugni per farli tacere, ma all’improvviso apparve un Uomo maestoso che disse ammonendolo: “Non con le percosse ma con la bontà acquisterai questi tuoi amici”. Il grande desiderio di Giovanni era quello di poter studiare ma di frequente e per dispetto, il fratello Antonio (maggiore di 7 anni) gli strappava i libri dalle mani e talvolta lo picchiava. Per evitare che subisse ulteriori angherie, la madre seppure a malincuore, decise di mandarlo alla Cascina Moglia, vicino a Moncucco, dove avrebbe fatto il garzone. Aveva undici anni e mezzo nonché ricevuta da poco la prima comunione (26 marzo 1826). Legò subito con i ragazzi del posto mostrando notevoli capacità organizzative, mentre nel novembre del 1829 fece un incontro che gli rimase profondamente dentro il cuore: quello con don Colosso, cappellano di 43 itinerari di fede Morialdo, di ritorno da Buttigliera d’Asti dove aveva predicato in occasione del Giubileo straordinario indetto da Pio VIII per la sua elezione papale. Il sacerdote lo prese a benvolere dandogli le prime lezioni di latino. Però un anno dopo morì. All’età di 18 anni Giovanni Bosco ricevette nella chiesa di Morialdo il sacramento della Cresima. Era il 1833 e due anni prima aveva ripreso a studiare terminando in un quadriennio elementari e ginnasio, pagandosi la scuola facendo vari mestieri: sarto, barista, calzolaio, apprendista fabbro, etc… Tutte esperienze di lavoro che in seguito sarebbero state molto utili per dare corso alle scuole professionali, così come quel forzato andarsene da casa in età ancora infantile gli fece sentire quanto fosse grande e insostituibile il valore della famiglia tanto da costituirne poi una per migliaia di orfani e indigenti. Anche se per sommi capi certo è che raccontare la vita e le opere di San Giovanni Bosco bisogna, purtroppo, prendere molte scorciatoie rischiando magari di essere superÞciali perché ci vorrebbero dei libri interi per tracciare un adeguato percorso della sua luminosa esistenza. È il Santo dei giovani e degli oratori, di cui il primo lo fondò nel 1842 a Torino (rione Valdocco) raccogliendo una ventina di ragazzi. Un anno prima, ed esattamente il 5 giugno 1841, era stato ordinato sacerdote dall’arcivescovo di Torino mons. Fransoni dopo essere entrato il 25 ottobre 1835 nel seminario di Chieri. Nel 1846 i giovani furono trecento e la sede era divenuta troppo piccola per ospitarli tutti per cui venne trovata una locazione provvisoria nell’Ospedaletto di Santa Filomena. Quindi la sede deÞnitiva sempre in Valdocco con l’aggiunta successiva di uno spazio per studenti interni e un laboratorio artigianale facendo da base alla congregazione della Società di San Francesco da Sales (i salesiani) con la collaborazione di don Rua e don Cagliero. Il primo capitolo di questa congregazione si tenne nel 1859 e a Þanco della stessa fondò quella femminile delle Figlie di Maria Ausiliatrice, insieme a Maria Domenica Mazzarello (proclamata santa nel 1951 da Pio XII), e derivanti dall’unione con le Figlie di Maria Immacolata, prendendo il nome di suore salesiane per l’educazione e l’istruzione femminile parallelamente all’analogo apostolato svolto dai salesiani verso i giovani. A Don Bosco si deve anche la Pia unione dei cooperatori salesiani in aggiunta al pro44 liferare di istituzioni professionali per i giovani che ebbero un rapido e largo sviluppo. Sa Le Opere Fig DeÞnito da Giovanni Paolo II “padre e maestro della gioventù” Don Bosco, così spesso chiamato anche dopo la canonizzazione per una sorta di familiarità, è da annoverare fra i più grandi educatori del XIX secolo e intensissima è stata la sua attività pedagogica. Da acuto psicologo aveva come motto “prevenire, non reprimere” posando questo concetto su tre pilastri fondamentali: religione, ragione, amorevolezza. Circondava i giovani di un affetto che non escludeva la vigilanza ma ne mitigava i rigori con una predisposizione alla letizia. Superando i disagi e le ristrettezze iniziali il lavoro svolto da Don Bosco, coadiuvato da validissimi collaboratori, divenne centro pulsante di numerose iniziative la cui articolazione è attualmente connotabile in variegate attività dell’educazione giovanile: oratori, scuole primarie, secondarie, professionali, istituti agricoli, stampa, ecc… Alla sua morte i salesiani contavano ben 250 case per i giovani facendone capo a quella di Torino. I criteri pedagogici di San Giovanni Bosco ebbero notevole diffusione nel mondo ecclesiastico attraverso alcune opere divulgative fra le quali “Il sistema preventivo nell’educazione della gioventù” e, inoltre, la sua vena poetica si espresse in vari scritti storici, così come non mancò talvolta di deprecare la politica dei governi liberali piemontesi specie nei confronti della Chiesa. Ciò malgrado ebbe la stima e la Þducia di molti uomini politici di primo piano, nonché dallo stesso Camillo Benso di Cavour che deteneva il potere. Tutto questo - attestano storici e biograÞ - grazie anche alla benevolenza mostratagli prima da Pio IX e poi da Leone XIII che gli permise, dopo l’Unità d’Italia, di svolgere una preziosa funzione di mediatore e, in taluni casi, di moderatore fra governi e autorità ecclesiastiche, specie in occasione delle delicate questioni riguardanti le nomine vescovili. Seguendo l’esempio e le linee tracciate da San Giovanni Bosco sono 17.000 i salesiani sparsi in tutto il mondo e oltre 16.000 le Figlie di Maria Ausiliatrice (fondate nel 1872). Pietro Aliverti D ed ma van spi di d’A Pap “Pu Ma ono NO SC No stra van (po ni Att na del rio Bos 188 ste Bos Ne van gni nar Val gio per Il s cun not cat lar per tra un ep val alla testimonia fidei ani San Domenico Savio Figura specialmente esemplare per i giovani di ogni tempo tro marta ndi a la veanali: non ori ndo olto laronte one rie, c… 250 di Boclefra one ica non gonti la no, our no nza XIII volin orieliili. San in ria rti D opo la doverosa pausa estiva, in autunno si riapriranno gli Oratori Parrocchiali per il nuovo corso di formazione e di apostolato. È bello e festoso, pertanto, richiamarci a San Domenico Savio, il Santo più giovane della Chiesa Cattolica non martire, Þglio spirituale di San Giovanni Bosco, nato a Riva di Chieri (Torino) nel 1842, morto a Mondonio d’Asti nel 1857, canonizzato nel maggio 1954 da Papa Pio XII°, proclamato nel 1956 patrono dei “Pueri Cantores”. Ma è felice e degnissima coincidenza anche per onorare il CINQUANTESIMO COMPLEANNO DELL’ORATORIO MASCHILE ROVELLASCHESE S.VITTORE (1957-2007). Notizie, documenti e testimonianze qui illustrati son derivati soprattutto dalla “Vita del giovanetto Savio Domenico raccontata da Don Bosco” (popolarmente sempre Don Bosco; San Giovanni Bosco dal 1934), con riferimenti anche agli Atti del Simposio Università PontiÞcia Salesiana - Roma 8/05/2004 - Il titolo completo è “Vita del giovanetto Savio Domenico, allevato nell’oratorio di San Francesco di Sales, per cura del Sacerdote Bosco Giovanni” (Torino, 1859) - ultima edizione 1880 - La foto riprodotta qui nel Bollettino è la stessa della copertina originale del testo di don Bosco. Nella mente dell’autore i destinatari sono “i giovani carissimi dell’Oratorio che erano stati compagni di Domenico, testimoni di gran parte delle cose narrate”. Vale ricordare che Don Bosco scrisse anche “Il giovane provveduto”, un manuale assai prezioso per la cultura religiosa della gioventù. Il sottoscritto articolista ha aggiunto di suo alcune rißessioni su questa Vita che ha avuto un notevole impatto sulla storia dell’educazione cattolica, sulla spiritualità giovanile in particolare, ben oltre la situazione temporale e lo scopo per cui fu composta. Attraverso il suggestivo ritratto biograÞco del Santo adolescente emerge un modello di santità etico - morale, pedagogico e psicologico di estremo candore che è, poi, il valore della pedagogia spirituale di Don Bosco alla base dell’Oratorio. E la vita di Domenico Sa- vio è limpido lume di simbolo e di immagine dell’Oratorio - di ieri, di oggi, di domani - che, seppure in letizia ed in serenità, è di tutto rigore formativo. L’Oratorio, infatti, è casa accogliente, parrocchia che evangelizza, scuola che istruisce, laboratorio che indirizza le attitudini, cortile che fa incontrare e stare assieme in associazioni di individui e di gruppi “per servire il Signore in santa allegria”, attraverso una sana educazione Þsica e morale, civile, ecclesiale: cioè profondamente cristiana! Ecco un ßorilegio della Vita. A pag. 120 un episodio di sorridente freschezza e di profetica intuizione, che qui viene esposto nella lettura testuale: “Un mattino di ottobre - scrive Don Bosco - vedo un fanciullo dodicenne accompagnato dal padre che, con volto ilare ed aria rispettosa, si avvicina per parlarmi. Chi sei, gli dissi, onde vieni? Io sono, rispose, Savio Domenico, di cui le ha parlato Don Cugliero e veniamo da Mondonio. Allora lo chiamai da parte, messici a ragionare dello studio fatto, del tenore di vita praticato, siamo subito entrati in piena cordialità. Conobbi in quel giovanetto un animo secondo lo spirito del Signore e rimasi non poco stupito considerando la Grazia Divina già aveva operato in così tenera età. Dopo un ragionamento alquanto prolungato, prima che Io chiamassi il padre, Domenico mi disse queste precise parole: ebbene che gliene pare? Mi condurrà a Torino per studiare? - Eh! mi pare che ci sia buona stoffa. - A che può servire questa stoffa? - A fare un bell’abito da regalare al Signore. - Dunque Io sono la stoffa; ella ne sia il sarto; dunque mi prenda con lei e farà un bell’abito per il Signore”. E Maestro e Discepolo furono di parola! Domenico spesso affermava: “Sento un desiderio ed un bisogno di farmi santo e sono infelice Þnchè non sarò santo”. Per questo si era proposto di partecipare alla S. Messa, di fare la S. Comunione, di adorare il Santissimo Sacramento, di crescere sempre nella devozione alla Madonna con la recita del S. Rosario (specie dopo la deÞni45 testimonia fidei zione dogmatica di Papa Pio IX sull’Immacolata Concezione): erano questi i pensieri beatiÞcanti delle sue giornate! A pag.141 - Memorabile il fatto che, dopo la S. Comunione di un mattino, Domenico rimase per circa sei ore in ESTASI, Þno a quando Don Bosco, avvisato della sua assenza da scuola e da pranzo, lo ritrova nel coretto della Chiesa immobile e Þsso in Dio. Nella realtà di Gesù e del Suo Vangelo, Domenico attingeva la sorgente della propria interiorità che, al di là di apparenti carismi, è stata esempliÞcata agli occhi della Chiesa e del mondo come “un’adolescenza umana totalmente risolta nel divino”: ben mèmori che Dio parla dalla bocca dei fanciulli (Sal 8,3) e solo ai piccoli rivela i suoi segreti (Mt 11,25). Per la Chiesa il frutto della santità non matura esclusivamente nella situazione eccezionale attraverso la canonizzazione di martiri, di penitenti, di taumaturghi, ma anche attraverso la ferialità dei giorni con l’amicizia, lo studio, il lavoro, la solidarietà, la sofferenza Þsica e morale raddolcita dalla preghiera: tutto ciò, insomma, che è il sentire quotidiano nel sofÞo dello Spirito Divino. A pag. 142 “La Morte ma non peccati!” era il motto ricorrente di Domenico Savio che, ormai con lo sguardo rapito nella trascendente bellezza della Grazia e vivendo il dramma della Passione e Resurrezione di Cristo, identiÞca il tragico dell’esistenza non nella morte - come da sempre insegnano il fatalismo rassegnato e l’edonismo gaudente - ma nella rottura dell’amicizia con Dio e nel riÞuto del Suo Amore. A pag.156 - Don Bosco garantisce che molti, mossi dall’innocenza dei suoi costumi, si raccomandavano alle preghiere di Domenico Savio e si raccontano non poche grazie da lui ottenute, mentre era ancora nella vita mortale. “Io ho veduto sott’occhio guarigioni e celesti favori di Dio per intercessione del Savio prima e dopo di morte. Se continua così a fare miracoli, la Santa Chiesa lo porrà sugli Altari e ne permetterà il culto particolare nell’Oratorio”. 46 A pag.182 - Un ultimo episodio. Ad alcuni compagni che si scusavano di guardare Þgure sconce, dicendo che lo facevano per ridere, Domenico risponde: “Sì, sì, per ridere; intanto Vi preparate ad andare all’Inferno ridendo!”. La Purezza, una delle “virtù eroiche” di Domenico Savio, non poteva tollerare atteggiamenti blasfemi al pudore e ad una coscienza illibata! Talvolta, leggendo la Vita, si ha perÞno l’impressione che, nell’Oratorio di Valdocco, Don Bosco stesse imparando qualcosa dal progresso spirituale di questo suo Þglio: comunque, il rapporto non era più solo quello fra educatore ed educando, ma anche fra “due compagni di cammino” sulla via tracciata dal Signore. Concludendo: festa grande, quindi, nell’Oratorio Cittadino con il ricordo di San Domenico Savio il cui nome resiste, ormai perenne dall’origine, come un Þore che non può né ingiallire né appassire: “Stat rosa pristina nomine!”. Sempre a gloria di Dio, ad onore della nostra Chiesa, per il culto dei giovani ma, ovviamente, anche degli adulti, genitori ed educatori in particolare: tutti custodi della eredità di un Santo in Terra e di un Angelo in Cielo! dr.prof. Gaetano Viganò DO GIO SS Sa Do Gio Gio CO Sa Il P tra che me monnirate una poore il bollettino - settembre 2007 Periodico d’informazione della Comunità Parrocchiale di Rovellasca Responsabile: Don Roberto Pandolfi Responsabile di redazione: Rupert Magnacavallo essco irirto anul- Comitato di Redazione Pietro Aliverti, Mauro Borella, Francesca Brancaccio, Manuela Carugati, Lucia Carughi, Chiara Perego, Gabriele Forbice, Dr. Prof. Gaetano Viganò. toSaiginé ea per egli utti un Si ringrazia per la gentile collaborazione Foto Bianchi, Alberto Discacciati, Diana e Valentina, Daniele Fedrigo, don Andrea Stabellini, Enzo Cattaneo, Giuseppe Vago, Vanna, Angela Re Prada, Diacono e Chierichetti, Scuola Materna, Miriam, don Gianni Ghiglione, Maurizio Moltrasio, Fabio Ronchetti anò Chi volesse scriverci o raccontarci esperienze di vita cristiana, può farlo inviandoci una mail all’indirizzo di posta elettronica [email protected]. Il materiale deve pervenire entro e non oltre il 10 Novembre 2007 DOMENICA: GIORNO DEL SIGNORE SS. MESSE Sabato ore 18.00 Domenica ore 8.00 - 9.30 11.00 - 18.00 Giorni feriali ore 9.00 - 18.00 Giovedì ore 20.30 CONFESSIONI Sabato dalle ore 15.00 alle ore 17.30. Il Parroco è disponibile ad incontrare gli ammalati e le persone che non possono uscire di casa; mettersi in contatto con lui. BATTESIMI I genitori avvertano il Parroco quando nasce un bambino, o meglio quando ancora sono in attesa. Il Parroco avrà con loro un incontro in casa. Il Battesimo viene amministrato ogni ultima domenica del mese. MATRIMONI Prendere contatto con il Parroco vari mesi prima delle nozze perché la preparazione sia un itinerario di crescita cristiana. Si richiede la partecipazione al cor- so per fidanzati. Iscrizioni presso il parroco. Non si celebrano matrimoni di domenica al di fuori delle S. Messe di orario. PARROCO e VICARIO: Don Roberto Pandolfi Via G.B. Grassi Tel. 02 963 42 501 Don Alberto Erba Via S. Giovanni Bosco Tel. 02 963 42 221 47 PRO MANOSCRITTO