Soluzione ERP e Project Management di Fabrizio Nanni

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Soluzione ERP e Project Management di Fabrizio Nanni
Project Management per Project Manager
Soluzione ERP e Project Management
Panoramica sui Sistemi Informativi aziendali e opportunità di utilizzare standard e metodologie
di project management per gestire l’ implementazione di Sistemi Informatici.
di Fabrizio Nanni
In un ambiente sempre più dinamico, complesso e
proteiforme, come quello odierno, le organizzazioni sono
immerse in una situazione di grande complessità gestionale
che le costringe ad amministrare quantità sempre maggiori
di informazioni in modo sempre più efficace, efficiente e
tempestivo per poter rispondere ai continui mutamenti dello
scenario competitivo.
D’altra parte, per poter decidere velocemente, è
fondamentale intercettare e gestire prontamente tutte le
informazioni necessarie, il che presuppone che in azienda sia
configurato un Sistema Informativo in grado di rilevare e
rendere fruibili dati e informazioni con una tempistica
conforme alle reali esigenze.
Oggi l’Information Technology è diventata una necessità aziendale perché essa afferisce a tutte quelle
attività poste a supporto dei processi strategici, tattici e operativi dell’organizzazione.
Di conseguenza, la sopravvivenza di molte aziende sarà sempre più correlata alla capacità di realizzare e
sviluppare adeguati Sistemi Informativi in grado di intercettare puntualmente le informazioni che sono, poi,
i detonatori necessari per innescare un corretto processo di decision-making.
Investire in innovazione organizzativa, in particolare in sistemi informatizzati, permette alle aziende di
ottenere un vantaggio competitivo notevole in quanto un buon sistema informativo supporta tutte le
operazioni all’interno di processi dove l’informazione è l’elemento di input principale e non l'eccipiente.
Per questo, un Sistema Informativo adeguato alle esigenze aziendali rappresenta un patrimonio
inestimabile.
Oggi l’IT andrebbe considerata come un’arma strategica grazie alla quale l’azienda può disporre di
informazioni quantitativamente maggiori e qualitativamente migliori, cosa che facilita e ridefinisce anche i
propri rapporti con clienti, fornitori e altre organizzazioni attraverso quello che viene indicato con
l’acronimo ITSM (Information Technology Service Management).
Dal punto di vista teorico il Sistema Informativo presenta i seguenti aspetti:
 Il Sistema Informativo è la modalità in cui un’azienda governa il
proprio sistema operativo e al cui interno gravitano non solo
dati e informazioni, ma anche il personale, l’infrastruttura e le
procedure.
 Il Sistema Informativo è qualcosa di molto specifico, legato
strettamente all’organizzazione e può, ma non necessariamente
deve, utilizzare un Sistema Informatico. Il Sistema Informativo,
in sostanza, ruota intorno alla comunicazione e all’informazione
e non al calcolo (figura 1).
figura 1
Volendo dare una definizione, il Sistema Informativo è l'insieme delle attività logiche di gestione delle
informazioni, delle relative modalità e degli strumenti tecnologici usati a tale scopo, mentre il Sistema
Informatico ne costituisce la parte infrastrutturale.
La struttura del Sistema Informatico viene declinata secondo la sintassi dei modelli stabiliti dal Sistema
Informativo, di conseguenza, un’eventuale “deficienza” del Sistema Informativo si rifletterà specularmente
sul Sistema Informatico stesso.
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Il Sistema Informatico, infatti, è l’insieme degli strumenti informatici impiegati per il trattamento
automatico delle informazioni che supporta il Sistema Informativo ed è in esso contenuto (figura 2).
Nonostante l’organizzazione dilati il diametro del Sistema Informatico automatizzando, attraverso le
cosiddette verticalizzazioni, i processi che caratterizzano il Sistema Informativo, elementi residuali di
quest’ultimo resteranno sempre fuori dal perimetro del primo.
figura 2
Le organizzazioni nutrono le loro decisioni operative, tattiche e strategiche attraverso un flusso strutturato
di informazioni. Questo flusso bidirezionale, dall’interno verso l’esterno e dall’esterno verso l’interno, è
equiparabile in termini di importanza al flusso delle merci, dei prodotti e delle risorse finanziarie.
Per poter sviluppare il proprio business, le aziende hanno la necessità di prendere decisioni, ma perché si
possa parlare propriamente di decisione è necessario che il decisore abbia di fronte a sé una pluralità di
opzioni: la scelta obbligata, in assenza di alternative, non è una decisione.
Però, chi deve decidere, non sempre dispone di tutte le informazioni, nel senso che ignora talune opzioni o
non è in grado di prevedere tutte le conseguenze, per cui controllare le informazioni diventa un fattore
altrettanto strategico quanto quello legato alla realizzazione dei propri prodotti.
Ma quali sono i fabbisogni informativi all’interno di un organizzazione?
Per rispondere a questa domanda è necessario propedeuticamente introdurre qualche concetto di
organizzazione aziendale, in particolare sarà necessario individuare le principali attività che vengono
portate avanti in azienda. Generalmente le attività svolte all’interno di un’organizzazione possono essere
classificate in tre tipologie: strategiche, tattiche e operative (figura 3).
figura 3
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Attività strategiche
L’etimologia del termine strategia deriva dalla parola greca στρατηγός che significa preposto alla guida
dell’esercito (in tempo di guerra, nell’antica Grecia, gli strateghi avevano il comando supremo).
Le attività strategiche sono tutte quelle attività, poste in essere per guidare l’organizzazione nel suo
complesso, in cui si fissano gli obbiettivi da raggiungere in medio/lungo termine, si determinano le risorse
da investire e le politiche da seguire per il raggiungimento degli scopi definiti. Tali attività afferiscono
all’alta direzione o al top management e sono attività poco strutturate perché generalmente non
avvengono secondo un canovaccio predefinito, ma in modo rapsodico, estemporaneo e destrutturato.
Attività tattiche
Le attività tattiche (dalla parola greca τακτικός che significa mettere in ordine), hanno invece lo scopo di
pianificare al meglio la singola azione considerando tutti i vincoli pratici e contingenti di essa. Le attività di
tipo tattico servono a declinare l’indirizzo strategico in piani operativi, permettendo all'azienda di
raggiungere con efficacia ed efficienza gli obbiettivi definiti dalla direzione.
Tali attività riguardano la gestione ordinaria della azienda e sono di competenza del middle management
(responsabili delle cosiddette direzioni intermedie, siano esse di tipo funzionale o divisionale, ad essi è
frequentemente attribuito il titolo di direttore).
Esempi di attività tattiche sono: la stesura dei Budget, il Controllo di Gestione, le scelte sui progetti in atto,
l'emanazione delle direttive ai collaboratori, le decisioni sugli investimenti correnti, l'impegno efficiente
delle risorse produttive. Sono in pratica attività organizzative, parzialmente strutturate necessarie per
dirigere l’organizzazione verso gli obiettivi definiti dalla strategia.
Attività operative
Le attività operative (dal latino operativus) sono tutte quelle attività compiute per svolgere il lavoro vero e
proprio e non per la sua eventuale progettazione e programmazione. Sono attività molto strutturate e
transazionali, eseguite dal personale esecutivo per il conseguimento delle finalità caratteristiche
dell’azienda.
I tre diversi livelli organizzativi hanno obiettivi gestionali o operativi di diversa lunghezza temporale e quindi
di diversa importanza nel destino della società della quale fanno parte, di conseguenza, anche i fabbisogni
informativi saranno di diversa natura.
Invero, la gamma delle informazioni presentano caratteristiche distintive non solo perché afferiscono a
differenti aree aziendali capaci di interpretare i fenomeni rilevati, ma anche perché il grado di astrazione o
atomicità delle informazioni stesse dipende molto dal tipo di output richiesto dall’attività svolta: analitico,
circostanziato e granulare per le attività operative; ellittico, pluridimensionale e aggregato man mano che si
sale lungo la linea gerarchica (figura 4).
figura 4
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I fruitori delle informazioni aziendali applicano differenti processi cognitivi in funzione delle diverse attività
svolte (decisionali, organizzative e operative), pertanto, hanno bisogno di “oggetti” informativi diversi.
L’alta direzione, ad esempio, ha una visione multidimensionale dei fenomeni aziendali, pertanto, le
informazioni raccolte dovranno possedere un grado di astrazione finalizzato agli scopi strategici.
I dati dovranno essere opportunamente elaborati ed utilizzati come supporto concreto alle decisioni di chi
riveste ruoli direzionali per comprendere l'andamento delle performance dell'azienda, generare stime
previsionali, ipotizzare scenari futuri e successive strategie di risposta. Le attività strategiche chiedono che il
Sistema Informativo tangente l’area direzionale sia in grado di trasformare i dati e le informazioni in
conoscenza.
Come abbiamo visto, mentre le attività manageriali hanno la necessità che il sistema informativo restituisca
informazioni sintetiche, le attività strettamente operative hanno la necessità che il sistema supporti le
operazioni transazionali e offra al contempo una visione più analitica del dato.
Alla luce di quanto sopra detto, la progettazione e lo sviluppo di un Sistema Informativo deve portare ad
ingegnerizzare un sistema in grado di rispondere alle esigenze informative dei differenti “attori” presenti
all’interno dell’organizzazione.
In particolare, riprendendo il modello descritto nella piramide di Antony (figura 5), un Sistema Informativo
adeguato alle esigenze di tutta l’organizzazione dovrebbe contenere:
 il DSS (Decision Support System) cioè un sistema di raccolta dei dati finalizzati all’analisi e alla
comprensione dei fenomeni, le cause dei problemi o le determinanti delle performance ottenute;
 gli OLTP (On Line Transaction Processing) cioè l’insieme di tecniche software utilizzate per la gestione di
applicazioni orientate alle transazioni; e
 i Sistemi Informatici di Automazione.



figura 5
I primi (DSS) sono sistemi software (OLAP, Data Mining, sistemi di reportistica) di supporto alle
decisioni, che permettono di aumentare l'efficacia dell'analisi in quanto forniscono supporto a tutti
coloro che devono prendere decisioni strategiche di fronte a problemi che non possono essere risolti
con i modelli della ricerca operativa
I secondi (OLTP) si riferiscono a tutti quei sistemi (ad esempio sistemi ERP) in grado di integrare i
processi di business rilevanti dell’azienda (vendite, acquisti, gestione magazzino, contabilità etc.).
Infine le tecnologie informatiche di automazione che identificano la tecnologia che usa sistemi di
controllo per gestire macchine e processi, riducendo la necessità dell'intervento umano e vengono
realizzati per l'esecuzione di operazioni ripetitive o complesse, ma anche ove si richieda sicurezza o
certezza dell'azione o semplicemente per maggiore comodità (un esempio potrebbe essere il software
presente su una macchina a controllo numerico capace di compiere un ciclo di lavoro autonomamente,
senza l'intervento diretto di un operatore umano).
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Esperienze personali
Ho lavorato per diverse organizzazioni e sono riuscito a rilevare diverse lacune che i “capitani di impresa”
hanno in merito alla capacità di lettura del reale valore delle soluzioni gestionali.
Le micro e PMI (ma non solo) spesso non comprendono che informatizzare l’azienda significa innanzitutto
comprenderne i bisogni di informazioni realmente presenti, palesi o latenti che siano, ma soprattutto
sottovalutano il fatto che l’integrazione informativa non può prescindere da un’integrazione organizzativa
reale e consistente.
L’integrazione informativa è il trait d’union che unisce l’organizzazione trasversalmente, risolvendo le
frizioni che scaturiscono dalle fisiologiche interdipendenze funzionali, e verticalmente, facilitando i processi
comunicativi tra le attività operative, organizzative e decisionali.
Seguendo un approccio orientato ai fabbisogni informativi si riesce a definire il perimetro all’interno del
quale si muove uno specifico sistema (ERP; CRM; SCMS; ALM; OLAP; Data Mining etc.), oltre a
comprenderne le relative potenzialità in termini di integrazione organizzativa. Alcune aziende fanno molta
confusione sulle reali opportunità e i limiti che le diverse soluzioni gestionali presentano.
C’è chi pensa, ad esempio, che un sistema ERP (Enterprise Resource Planning) sia un software da installare
in azienda per avere report e dashboard, altri ritengono erroneamente che un ERP sia un sistema che
gestisce solo la produzione, altri ancora confondono il sistema ERP con la contabilità aziendale.
Adozione di un sistema ERP
È per questo motivo che vorrei focalizzare l’attenzione proprio sui sistemi ERP, cercando di definirne
l’ambito di applicazione, ma anche i rischi e le opportunità connessi ad una loro adozione in azienda.
Prima però di trattare i sistemi ERP è importante precisare che le organizzazioni possono avere differenti
approcci gestionali: orientati alle funzioni piuttosto che ai processi (figura 6).
figura 6
L’adozione da parte delle imprese di strutture organizzative di tipo funzionale permette di raggiungere
elevati livelli di efficienza all’interno delle singole unità funzionali, ma nel momento in cui aumenta il
numero delle funzioni di un’impresa e aumenta il grado di differenziazione delle stesse, diventa più difficile
gestire le interdipendenze che si formano tra di esse.
L’enfasi posta sull’efficienza funzionale si riflette anche nell’adozione di modelli gestionali che se da un lato
risolvono le esigenze informative delle singole funzioni aziendali (figura 7), dall’altro limitano pesantemente
la circolarità, la consistenza e la congruità dell’informazione stessa.
Mirando esclusivamente all’ottimizzazione delle attività svolte all’interno delle funzioni, senza tenere conto
che l’obiettivo ultimo deve essere quello dell’ottimizzazione globale dei processi, le aziende rischiano di
cancellare elementi potenziali di miglioramento.
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La lettura delle attività aziendali in chiave di processi anziché di funzioni, nasce dall’esigenza di avvicinare
sempre più l’azienda al mercato, nel momento in cui mutano sia l’intensità che le caratteristiche della
competizione. I meccanismi di funzionamento delle aziende, infatti, ruotano intorno al concetto di
processo e non di funzione.
Da questo punto di vista l’ERP si presenta come un sistema integrato di gestione dell’informazione (figura
7) che si basa su una logica di processo; la funzione viene “spogliata” della sua veste istituzionale,
depauperata di alcuni meccanismi “anancastici” e rinnovata per assolvere ad un più alto compito che è
quello di essere a supporto dei processi operativi che caratterizzano il business dell’organizzazione.
figura 7
Dai concetti precedentemente espressi è chiaro come un Enterprise Resource Planning debba occuparsi di
tutta l'azienda e di tutte le sue macro-attività: finanza, pianificazione, amministrazione, marketing, vendite,
distribuzione, produzione, acquisti, gestione del personale.
Solo in queste circostanze un sistema è idoneo a supportare il management nelle proprie decisioni
strategiche e ad individuare quali processi siano creatori di valori e quali no, permettendo di migliorare i
primi e di ridurre od eliminare i secondi.
Potenzialità e limiti di un sistema ERP
Senza entrare nell’aspetto tecnico di funzionamento, chiariamo cosa offre effettivamente una suite ERP, le
sue potenzialità e i suoi limiti e l’importanza che riveste per l’organizzazione nel definire ciò che è plausibile
attendersi da un sistema ERP e ciò che non è. In genere un sistema ERP rappresenta solo una parte di un
più ampio insieme di applicativi aziendali esistenti.
Con il termine ERP (sistema di pianificazione delle risorse d’impresa), si intende identificare i sistemi
integrati di gestione, cioè l’insiemi di applicazioni software integrate, che gestiscono tutte le informazioni
rilevanti dell'azienda in un'unica base dati centralizzata che consenta di gestire in modo coordinato una
molteplicità di attività dell’azienda o, in presenza di pesanti verticalizzazioni, tutte le attività aziendali.
Dal punto di vista strutturale/informatico un ERP è in grado di adattarsi agli eventuali cambiamenti
organizzativi dell'azienda grazie ad un’architettura client-server.
Questa struttura permette di unire in rete più client ad un unico server, è possibile inoltre ottenere tutta la
memoria di cui si può necessitare per l'archiviazione dei dati presso database collegati in parallelo.
Partendo da questi presupposti sull'hardware, la caratteristica che non deve mancare al software è quella
dell'indipendenza dall'hardware: deve cioè poter inter-operare con hardware diversi per poter distribuire il
carico di lavoro.
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Un sistema ERP può essere strutturato in moduli che gestiscono: la contabilità, il controllo di gestione, il
personale, gli acquisti, i magazzini e i depositi, la produzione con la relativa pianificazione dei fabbisogni
(MRP-MRP2), i progetti, le vendite, la distribuzione.
Dal punto di vista della logica funzionale, l’ERP si propone di risolvere l’equazione universale delle imprese
manifatturiere rispondendo alle domande:
 What are we going to make? - Cosa dobbiamo produrre
 What does it take to make? - Di cosa abbiamo bisogno
 What do we have? - Cosa abbiamo in casa
 What do we need? - Cosa ci serve
Molte persone credono, erroneamente, che il motore di un sistema ERP sia la contabilità, invece la
contabilità potrebbe essere anche un modulo a parte o un prodotto di un altro fornitore già presente in
azienda, da integrare con la nuova soluzione.
Contrariamente al cliché sopra citato, il fulcro di un sistema ERP è rappresentato dall’algoritmo MRP
(Material Requirements Planning) e dai suoi “parenti” RCCP (Rough Cut Capacity Planning) e CRP (Capacity
Requirement Planning), gestione ordini clienti, master schedule, gestione dei magazzini e degli acquisti.
Il moduli CRM, gestione HR, gestione Sistema Qualità, SCMS, datawarehouse etc. non sono parti integranti
di una suite ERP anche se molte software house li offrono a corredo.
La struttura di un sistema produttivo `e fortemente condizionata da tre variabili fondamentali:
 l’interazione a monte con i fornitori,
 l’interazione a valle con i clienti,
 le caratteristiche del prodotto.
Le prime due rappresentano l’interazione del sistema produttivo con l’esterno e generano un mutamento
della struttura interna per un migliore interfacciamento con l’ambiente. La terza rappresenta la specificità
dell’oggetto della produzione, attorno alla quale viene costruito il processo produttivo al fine del
conseguimento della conformità del prodotto alle specifiche richieste.
I parametri strategici della produzione sono le variabili interne sulle quali l’impresa può operare per
costruire un’azione che generi all’esterno un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti.
Non entrerò nel merito dei modelli di organizzazione della produzione (job shop - flow shop), tantomeno
nelle tipologie di produzione: MTS; ATO; MTO; PTO; ETO (figura 8); a tal proposito posso solo dire che i
sistemi ERP possono adattarsi a diversi modelli organizzativi e a differenti tipologie di produzione.
figura 8
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Implementazione di un sistema ERP
Cerchiamo ora di capire quali possono essere per un azienda le opportunità e i rischi di investire in un
progetto di implementazione di un ERP.
L’introduzione di un sistema ERP in azienda non è un operazione cosmetica, ma una radicale
trasformazione tecnologica e organizzativa e sottovalutare questo ultimo aspetto è un grave rischio.
L’integrazione informativa produce inesorabilmente un cambiamento organizzativo che si riflette non solo
nella riprogettazione dei procedimenti operativi che non risultano più adeguati alle necessità aziendali, ma
anche nella riorganizzazione aziendale che l’implementazione di un nuovo modello organizzativo comporta.
A titolo di esempio, alcuni dei potenziali effetti conseguenti l’implementazione di un ERP possono essere:
 Modifica della struttura organizzativa,
 Variazione delle relazioni di potere,
 Revisione di alcuni ruoli aziendali,
 Licenziamenti o nuove assunzioni,
 Variazione dei compiti di alcune funzioni aziendali,
 Ridefinizione dei confini di alcune aree organizzative,
 Riprogettazione del layout aziendale
 Alterazione delle relazioni tra i sotto-sistemi.
Resistenza al cambiamento
Questi effetti portano gli individui ad assumere atteggiamenti differenti nei confronti del cambiamento.
L’organizzazione sviluppa l’attività d’impresa tramite processi che, a loro volta, sono “l’insieme di attività
correlate o interagenti che trasformano elementi in entrata in elementi in uscita” (norma ISO 9001).
Le attività, a loro volta, sono eseguite dagli individui.
L’implementazione di un sistema ERP produce cambiamenti che si ripercuotono sugli individui, i quali
potrebbero considerarli forieri di opportunità o di minacce. Peraltro, le persone si trovano, per natura,
comfortable in un ambiente a loro familiare e uncomfortable in una situazione prodotta dal cambiamento.
Mark Twain, uno scrittore statunitense diceva: “l'abitudine è l'abitudine, e nessun uomo può buttarla dalla
finestra; se mai la si può sospingere giù per le scale, un gradino alla volta”.
La domanda quindi è: “per quale motivo un individuo dovrebbe modificare i propri comportamenti?”
La risposta va trovata nei vantaggi che potrebbe offrire il nuovo status rispetto a quelli già acquisiti
attraverso il modus operandi corrente.
Se l’individuo comprende che il sacrificio fatto per abbandonare le proprie abitudini e i propri
comportamenti è compensato dai vantaggi offerti dal nuovo modello, allora sarà disposto ad abbandonare
le vecchie consuetudini.
Nel caso contrario prevarranno elementi di resistenza e di rifiuto rispetto alla “novità”.
Un secondo elemento che può orientare l’individuo verso il cambiamento è uno “stato di bisogno” che si
alimenta soprattutto attraverso elementi deprivativi che portano ad una insoddisfazione per lo status quo.
L’azienda non può imporre il cambiamento attraverso l’utilizzo della manipolazione, della coercizione o del
ricatto, perché questo approccio si ritorcerebbe contro l’organizzazione stessa. Quello che può adottare,
invece, è un modello in grado di rafforzare la componente direzionale di orientamento.
Ad esempio, la capacità di porre obiettivi stimolanti e valutare su di essi le prestazioni potrebbe
rappresentare uno dei meccanismi motivazionali principali. Esiste una formula efficace per comprendere se
un progetto di cambiamento è destinato a fallire:
DxVxF>R
Dove


D sta per Dissatisfaction (per lo status quo), V sta per Vision (del nuovo modello organizzativo),
F sta per First steps (verso la direzione annunciata), e R sta per Resistance (al cambiamento).
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La formula, creata da Richard Beckharde David Gleicher, esprime il concetto fondamentale che il
Cambiamento è possibile solo quando il prodotto delle forze che spingono al Cambiamento è superiore alle
Resistenze che vi si oppongono.
È per questo motivo che un progetto di implementazione di un sistema ERP non può prescindere da un
approccio strutturato (figura 9), basato su processi e tecniche di change management, indispensabile per
mobilitare gli individui verso la direzione indicata dalla vision aziendale.
figura 9
Costi/benefici di un sistema ERP
Per quanto concerne la valutazione economica di un investimento in un progetto di implementazione di un
sistema ERP, il calcolo dei costi/benefici non è di facile elaborazione.
Aggiungo, tra l’altro, che è più agevole imputare i costi relativi all’implementazione e al mantenimento di
un nuovo sistema informatizzato che valutarne in maniera puntuale il valore dei benefici prodotti, perché
non tutti i benefici sono tangibili.
I benefici si basano da un lato sul miglioramento qualitativo dell’organizzazione del lavoro (elemento di non
facile misurazione), dall’altro sulla valutazione di elementi tangibili dei benefici ricavati da stime e
benchmarking di settore (elementi non sempre affidabili).
Dal lato dei costi non vanno considerati solo quelli legati all’acquisto/mantenimento delle licenze o alla
consulenza del fornitore del sistema (configurazione, parametrizzazione, formazione e traning al personale
e/o eventuali verticalizzazioni), ma anche tutti quei costi indiretti (nuova infrastruttura tecnologica,
ore/uomo dipendenti impegnati in formazione/traning, riunioni, gestione del progetto etc.), non
immediatamente rilevabili ma presenti in ogni progetto legato all’implementazione di un ERP.
Tuttavia, una volta che si è riusciti a determinare (anche se attraverso stime approssimative) il valore di un
investimento, si possono utilizzare alcuni strumenti utili per valutarne il ritorno economico.
Fondamentalmente sono utilizzati tre metodi per la valutazione economica di un progetto ERP che hanno
un approccio a rigore crescente:
 Payback period
 ROI (Return On Investment)
 NPV (Net Present Value)
Non entro nel merito di una trattazione tecnica dei metodi suggerendo, ai non addetti ai lavori, di
approfondire l’argomento sul web o su testi specifici.
Una volta che l’organizzazione ha valutato i rischi, le opportunità e la convenienza economica di
implementare una suite ERP in azienda , si può dare il via al progetto.
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Standard e metodologie di project management
Inquadrato il sistema ERP, definito gli ambiti di applicazione e valutato opportunità, minacce e metodi per
stimare la convenienza economica, vediamo una breve panoramica sui principali standard e metodologie
di gestione di progetti che, se utilizzate correttamente, possono offrire un valore aggiunto notevole nella
conduzione di un progetto di implementazione di un ERP.
Quando parliamo di progetto, non possiamo non introdurre alcuni concetti fondamentali legati alla
disciplina del project management.
Innanzitutto va detto che il project management è “l'applicazione di conoscenze, attitudini, strumenti e
tecniche alle attività di un progetto al fine di conseguirne gli obiettivi” (PMBOK-PMI).
La sfida principale del project management è quella di raggiungere gli obiettivi del progetto restando
all'interno del confine costituito dai classici vincoli di costo, tempo e qualità (intesa come conformità a
requisiti). Si parla molto di project management e, visitando diversi profili LinkedIn, trovo ricorrente la
parola project manager; a questo proposito, vorrei precisare che il project manager non è un titolo, ma un
ruolo temporaneo. Di conseguenza, a meno che una persona in quel determinato momento non stia
gestendo effettivamente un progetto, la dicitura project manager è assolutamente inappropriata.
Io ad esempio, ho gestito diversi progetti, ma il mio ruolo è stato quello di Executive Professional e in tale
veste mi presento ai clienti.
Nell’ambito della gestione di un progetto, le aziende possono seguire due strade tout court.
La prima è quella di gestire il progetto attraverso quelle che vengono definiti standard general purpose,
quindi largamente riconosciuti.
Gli standard sono documenti tecnici, cui si perviene dopo opportuni processi di standardizzazione, aventi le
seguenti caratteristiche:
 contengono specifiche tecniche di applicazione volontaria e
 sono elaborati attraverso il consenso delle parti interessate.
Gli standard di riferimento più conosciuti a livello internazionale per la gestione dei progetti sono:
 PMBOK (Project Management Body Of Knowledge) pubblicato dal PMI - Project Management Institute
 ICB (IPMA Competence Baseline) pubblicato dall’IPMA - Intenational Project Management Association
 PRINCE2 (PRojects IN Controlled Environments) pubblicato dall’OGC Office of Government Commerce
 ISO 21500:2012 “Guidance on project management” pubblicato dall’ISO International Organization for
Standardization
Esistono, poi, metodologie proprietarie come TenStep e MPMM di Method123 diffuse a livello mondiale.
Il vantaggio di uno standard è di essere una sorte di koinè cioè un linguaggio convenzionalmente condiviso.
Le metodologie, invece, partendo proprio dagli standard di riferimento, spiegano come effettivamente
realizzare i processi enunciati negli standard, fornendo template e metodi alternativi.
Non entro nel merito dei contenuti di standard e metodologie, tantomeno nell’indicare quale sia il modello
a cui fare riferimento, mi limiterò solo a consigliare di approfondirli tutti per apprezzarne le differenze.
La seconda strada, invece, è quella di approcciarsi alla gestione del progetto con una metodologia “fatta in
casa”, cioè un approccio basato sull’esperienza empirica che in maniera carsica plasma il modello di
condotta da utilizzare nella conduzione dei progetti, né può bastare raccontarsi di essere allineati ad uno
standard. Questo approccio, a mio avviso, è molto rischioso perché una metodologia creata ab ovo usque
ad mala comporta non solo costi enormi, ma soprattutto disallineamenti e fraintendimenti nella
comunicazione con gli stakeholders esterni.
Conclusioni
Purtroppo, mi sono reso conto che le aziende non prendono né l’una né l’altra strada, in buona sostanza,
non decidono come gestire i progetti, ma sostengono di gestirli!
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Project Management per Project Manager
Generalmente una micro, piccola e media impresa (ma anche le grandi), non ha molta dimestichezza con la
disciplina del project management e questo si evince dall’impasse che si genera quando deve gestire
attività diverse da quelle di ordinaria amministrazione.
Talvolta l’azienda un pochino più evoluta cerca di affidare il progetto ad un Project Manager certificato (a
buon mercato), illudendosi che lo stesso possa contribuire anche a creare l’ambiente organizzativo.
E’ l’organizzazione che deve farsi carico di creare un ambiente idoneo per la gestione dei progetti e non il
project manager.
Dico sempre che essere un PM certificato (PMP; IPMA; PRINCE2 ..) incaricato di seguire un progetto in
un’azienda che non ha un livello di maturità adeguato, è come essere un sub con brevetto AOWD e
nuotare nel deserto.
Manca l’ambiente!
Le aziende con un’organizzazione gerarchica funzionale, ad esempio, dimostrano una scarsa, se non
assente, cultura di gestione dei progetti, viceversa, aziende strutturate a matrice, in genere, hanno una
sensibilità e una cultura maggiore nell’ambito della gestione dei progetti (figura 10).
figura 10
Non mi è mai è capitato di incontrare organizzazioni con una struttura a matrice e, di rado, ho visto qualche
azienda organizzata con una funzione interna deputata al supporto dei Project Manager (PMO).
Per esperienza personale, la gestione di un progetto nelle PMI (non mi riferisco solo all’implementazione di
ERP), viene condotta generalmente in maniera improvvisata e dispersiva; spesso si fa confusione tra attività
straordinarie (quali quelle del progetto) e classiche attività ongoing. Il fil rouge che lega queste aziende tra
loro, dal punto di vista dell’approccio alla gestione di un progetto, è il caos assoluto.
I progetti non hanno un ambito definito, i costi sono calcolati a consuntivo (quando rilevati), i requisiti sono
in costante evoluzione, le modifiche sono continue e spesso non autorizzate, i rischi non vengono
identificati tantomeno calcolati, le attività non vengono assegnate e controllate, vi è assenza di
pianificazione e schedulazione con conseguente impossibilità di gestire i tempi e le persone impegnate sulle
attività, non esiste mai un solo coordinatore, si “fondono” i progetti tra loro.
A titolo di esempio, su quest’ultimo punto, riporto un esperienza personale fatta in un’azienda
farmaceutica che la dice lunga sulla capacità di molte imprese di gestire i progetti.
L’azienda si trovava a dover risolvere due problemi completamente indipendenti tra loro:
1. il primo era un progetto di ristrutturazione di un reparto, necessario per rispondere ad una deviazione
segnalata in sede di Audit dall’AIFA,
2. il secondo era la messa a punto di un area per la miscelazione delle polveri per soddisfare l’esigenza di
un grosso committente.
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La cosa incredibile fu che impiegai giorni in riunioni con il personale incaricato di coordinare il lavoro (non
esisteva un PM) solo per convincerli che i due “oggetti” fossero tra loro assolutamente indipendenti e che,
se volevano uscirne, avrebbero dovuto gestire i due progetti in maniera distinta e separata.
Ma torniamo all’argomento legato all’implementazione di un ERP in azienda.
Nell’ambito dei progetti legati all’implementazione di suite ERP, spesso, il project manager è solo la
persona incaricata dal fornitore del servizio, il che è paradossale sia perché il fornitore ha un obiettivo che
può divergere da quello del cliente sia perché il PM lato fornitore non è tenuto, né autorizzato a gestire il
progetto dal lato cliente.
Questo è anche il motivo per il quale spesso i progetti di implementazione di un sistema ERP naufragano
miseramente oppure si prolungano nel tempo più di quanto inizialmente previsto con un indiscutibile
ripercussione sui costi.
Allora quale dovrebbe essere l’approccio corretto e la metodologia che un’azienda dovrebbe usare per la
gestione di un progetto?
A questa domanda rispondo citando una frase contenuta in una famosa canzone di Jarabe De Palo:
“Depende, de qué depende, de según como se mire todo depende”.
 Dipende dal numero di progetti che l’azienda deve portare avanti (ammodernamento o
ricondizionamento degli impianti; nuovi prodotti; eventi e campagne di marketing; progetti di R&S;
innovazioni di prodotto o di processo etc.),
 Dipende dalla frequenza con la quale si ripetono nel tempo attività progettuali;
 Dipende dalla dimensione (economico/temporale) dei progetti; dalla cultura aziendale corrente; dagli
skill presenti in azienda; dal grado di affezione agli equilibri gerarchici-funzionali consolidati etc..
Per un’organizzazione sarebbe più opportuno, facile ed economico adottare una metodologia riconosciuta
dal mercato, basato su uno standard internazionale, piuttosto che affidarsi al “fai da te” o peggio ancora,
non avere alcun modello di riferimento.
In conclusione, la concretizzazione di un progetto di implementazione di un ERP (valida per qualsiasi
progetto), è il passo conclusivo di un cammino lungo e tortuoso che conduce l’azienda, compreso i vertici
nella sua totalità, da un stato as is ad uno stato will be.
Il committment di un progetto di implementazione di un qualsiasi sistema informatizzato da parte del board
non deve essere solo economico, ma innanzitutto strategico-evolutivo al fine di ricavarne benefici tangibili,
diversamente, i progetti saranno destinati a intraprendere una strada che li porterà inesorabilmente, per
dirla alla francese, in un cul-de-sac.
Autore: Fabrizio Nanni
Fabrizio Nanni è un libero professionista che opera da più di quindici anni nella consulenza di direzione.
Ha lavorato in qualità di Executive Professional per imprese di diversi settori industriali dove ho migliorato
l'efficienza e l'efficacia dei processi, riducendo i costi ed accrescendo la cultura organizzativa curando, tra
l'altro, il coordinamento e l’ottimizzazione di tutte le attività operative e progettuali.
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di Fabrizio Nanni
pag. 12