fuori i secondi - Il Giornale D`Italia
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Anno IV - Numero 261 - Giovedì 5 novembre 2015 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 L’iniziativa Stato-mafia Vaticano La Meloni lancia “Terra Nostra” Mannino assolto, si scaglia contro i pm Ora s’indaga pure per riciclaggio a pag. 2 a pag. 3 a pag. 4 SI ARRIVANO A TARTASSARE PERSINO I MINORI A CAUSA DI UNA BUROCRAZIA CHE NON CONTROLLA CHI COLPISCE. ZINGARETTI SI SCUSI CON I GENITORI DELLA MINORE di Francesco Storace artassare e minacciare persino una bambina di dieci anni per una visita medica quando ne aveva quattro è cosa che francamente non pensavamo mai di dover raccontare. Eppure succede alla regione Lazio. Memore di quando militava nel Pci mangia bambini, Nicola Zingaretti, dinosauro del terzo millennio, deve aver instillato un po’ di antica ideologia ai suoi dirigenti regionali, che ne hanno preso alla lettera gli insegnamenti di gioventù. È quanto accade proprio nel Lazio, come abbiamo denunciato in una interrogazione depositata ieri in consiglio regionale e sulla quale sarebbe opportuna una sollecita risposta da parte del governatore. In questi giorni le case di molti cittadini sono invase dalla posta della regione, cartelle pazze - così le chiamano arrivano a chi è sospettato di aver evaso il pagamento del ticket per le prestazioni sanitarie anche diversi anni addietro. Tutto giusto, per carità, se uno non paga gli arriva il conto, prima o poi. Ma che il compito di verificare sia fatto con una imprudenza che sconfina nella dabbenaggine è qualcosa di intollerabile. Nel caso che abbiamo verificato personalmente e che abbiamo denunciato nell’interrogazione si rac- T di erogazioni a danno dello Stato e truffa aggravata”. La truffa “scoperta” dai solerti uffici della regione era stata commessa sei anni prima, alla bella età di quattro anni, presso l’ospedale Bambin Gesù.... Posso dire vergogna per chi non si è preoccupato di chiedersi se in quel nosocomio si ricoverano bambini? Se si è peritato di verificare se si trattasse di una minore? Peraltro non punibile? Il caso ha voluto che il padre di questa ragazzina abbia potuto asciugare facilmente le lacrime della figlia, avendo conservato la ricevuta del ticket di venti euro che aveva invece regolarmente pagato. E la regione, per recuperare quella somma che aveva invece già incassato, aveva scatenato il suo potente apparato fiscale con precisissime pistole ad acqua. È così che la regione Lazio va a caccia di evasori, presidente Zingaretti? A quando le vecchiette dopo le bambine? E qualche cagnolino ferito ad una zampa dovrà esibire la ricevuta dell’osso sgraffignato nella cucina della mensa ospedaliera? Non si oltrepassi più la soglia del ridicolo e si sanzioni piuttosto chi ha indotto l’amministrazione in un errore così grossolano. Quella famiglia deve essere risarcita moralmente, la vada a trovare il governatore e porga le sue scuse a nome di chi ha sbagliato. MANGIA BAMBINI La regione Lazio manda cartelle pazze a tutti, persino a una ragazzina di dieci anni L’incredibile storia di una famiglia che aveva invece fatto il suo dovere conta una storia di odiosa burocrazia che mi auguro venga risolta almeno scusandosi da parte dell’amministrazione regionale con la famiglia di una bambina destinataria di una lettera che definire minacciosa è poco. Mettetevi nei panni di una ragaz- MAFIA CAPITALE, VIA AL MAXIPROCESSO zina di dieci anni che riceve personalmente una missiva dalla regione Lazio. La bimba penserà ad un premio, ad un encomio, a un riconoscimento per il profitto scolastico o a una vacanza per cui è stata sorteggiata. I genitori se la guardano tutti contenti e poi ve- dono la figlia trasformarsi, cominciare a piangere dopo aver compreso che se non paga, “la relativa documentazione” sarà trasmessa “alla Guardia di Finanza e/o alla Procura della Repubblica per le relative sanzioni previste dal codice penale: indebita percezione MINEO AL VELENO CONTRO RENZI: “E’ SUBALTERNO A UNA BELLEZZA MOLTO… DECISA” Donne e telefoni, gioie e dolori di Robert Vignola iange il telefonino. Perché è là dentro gli smartphone, questi arnesi del mestiere renziano, che si annida una faccenda tale da far invidia ai corvi vaticani. Con ricatti e ricattini, retroscena e dietro le quinte, detto e non detto. Tutta una serie di tracce che formano una pista. E la pista porta dritta ad una specie di dama grigia, bella e potente, che tiene Renzi come una specie di marionetta. Possibile? Possibile, assicura Corradino Mineo, giornalista Rai di lungo corso e poi finito in Parlamento a sostenere la bandiera di quella sinistra del Pd che ormai è in rotta e fuoriesce dal partito in mano al premier con una emorragia disordinata e irrefrenabile. Con Mineo che, accusato da Renzi con un libro sul piano personale, sul piano personale risponde. “So quanto si senta insicuro quando non si muove sul terreno che meglio conosce, quello della politica contingente. P FUORI I SECONDI a pag. 8 So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa. Fino al punto - rincara - di rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo. Io so, ma non rivelo i dettagli di conversazioni private. Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini, non sono nato a Rignano”. Particolari (Piccanti?) svelati dopo una giornata passata a spiegare che “nel Pd c’è una mutazione genetica compiuta, non c’è più spazio per una battaglia interna: Renzi sta facendo un partito di centro che guarda a destra”. Accompagnando con questo l’uscita di D’Attorre, Galli e Folino dai dem e svelando anche come è nata la vicenda del sms alla quale ha alluso Renzi. “Se volessimo diventare una democrazia matura, bisognerebbe imparare a non usare i rapporti personali per fare polemica politica. Io non ho mai detto mi dimetto dal Senato. Una volta, di fronte allo squallore dell’attacco violento e strumentale che mi fece davanti all’assemblea nazionale del Pd, profondamente indignato, gli mandai un sms dicendo: basta, mi dimetto. Fu Cuperlo a convincermi di non farlo. Ecco, Renzi ha usato questo sms per accusarmi”. Chissà, invece, che “prove” ha Mineo per accusare il suo accusatore:ci sarà una Procura che glielo chiederà? Intanto, dal Pd cercano di disinnescare la bomba definendo sessista il senatore perché tira un ballo una donna: avesse tirato in ballo un uomo, lo avrebbero bollato come omofobo? Corto circuito a sinistra… 2 Giovedì 5 novembre 2015 ATTuALITA’ L’INIZIATIVA “Terra Nostra”, l’elemento di Meloni Lanciato il comitato nazionale, aderiscono anche Giorgetti (Forza Italia) e Rizzetto (ex M5S) La presidente di Fdi: “Non è un partito ma una casa comune per i valori della destra italiana” ulla strada verso Bologna, nasce il Comitato nazionale “Terra nostra-italiani con Giorgia Meloni”. Un nuovo contenitore politico con tanto di simbolo, che raggruppi tutti i cittadini ed esponenti politici o della società civile non iscritti a Fratelli d'Italia con l'obiettivo di ricostruire il centrodestra e rilanciarlo. Lo hanno annunciato in una conferenza stampa a Montecitorio Giorgia Meloni, presidente di Fdi, il deputato di Fi, Alberto Giorgetti, l'ex sottosegretario alla Difesa del governo Berlusconi Giuseppe Cossiga, l'ex M5S ora deputato di “Alternativa libera”, Walter Rizzetto e l'avvocato Leopoldo Facciotti. "Questo Comitato non è un partito", chiarisce subito Meloni, che precisa: "Vogliamo costruire una casa comune, siamo pronti al dialogo con tutti coloro che condividono i valori della destra e vogliono difendere i diritti degli italiani. Faccio un appello a tutte le persone che hanno condiviso le nostre battaglie: oggi non ci sono più alibi. Da una parte c'è Fdi, che continua a fare il suo lavoro, dall'altra parte c'è questa realtà nuova che nasce per arrivare a costruire insieme una casa più grande". "Terra nostra -insiste- è un comitato S di persone libere, un percorso parallelo per arrivare a costruire insieme qualcosa di nuovo. Il prossimo sarà la prima assemblea del movimento domenica 29 novembre, un'occasione per raccontare i percorsi e le aggregazioni che stiamo portando avanti". A gennaio "voglia- mo fare il Congresso Nazionale aperto di Fdi-An per passare a una fase due di Fratelli d'Italia. Siamo disponibili a mettere tutto in discussione". Riguardo al rapporto tra “Terra Nostra” la Lega e Fi, Meloni mette in chiaro: "Un conto è questo movi- mento che nasce per aggregare, e un conto è la coalizione che noi vogliamo comunque ricostruire con tutti quelli che fanno reale opposizione al governo Renzi". In attesa del Congresso nazionale aperto di gennaio, infatti, Fdi si rende disponibile a un dialogo con le forze so- LA MANIFESTAZIONE DI DOMENICA PROSSIMA: A PIAZZA MAGGIORE SARÀ UN “PALCO APERTO” Salvini dribbla il tira e molla del Cav “Berlusconi? Spero che non prevalga la parte ‘inciuciante’ degli azzurri” n 8 novembre a Bologna di grande partecipazione. Un palco aperto a tutti è quello che offre Matteo Salvini. Che anche ieri ha voluto svelare altri particolari del programma. “Parlerà gente che non c`entra con la Lega, ad esempio parlerà di Islam, sicurezza, immigrazione, Magdi Allam, interverranno rappresentati di esodati, ricercatori universitari, quindi è un palco e una piazza apertissima. Ovviamente è promossa dalla Lega, ma è aperta a tanta gente, e mi auguro che ci sarà anche Berlusconi, perché è aper- U ta a chi contesta questa sinistra che ne aiuta pochi e ne condanna molti, quindi mi auguro che Berlusconi ci sia perché gli assenti hanno sempre torto”. Quello resta uno dei nodi più importanti, anche se il leader leghista dimostra che se non verrà, se ne farà una ragione. “Spero che Berlusconi ci sia e spero che in Forza Italia non prevalga la parte “inciuciante”, quelli che sono sempre con un piede di qua e uno di là, quelli che “vediamo, valutiamo, una volta sì, una volta no, pensiamo ad essere rieletti, alla nostra poltrona” – conclude Salvini -. No, se uno pensa alla poltrona ha sbagliato mestiere in questo momento”. Anche Umberto Bossi, che martedì aveva confermato la sua presenza, ha voluto dire la sua sull’opportunità per il leader di Forza Italia di disertare l’appuntamento. "Se Berlusconi non va a Bologna alla manifestazione organizzata dalla Lega, Salvini è l'unico anti-Renzi, l’unica alternativa alla sinistra”, ha detto il Senatùr all’Adnkronos. E quando gli è stato chiesto se il Cav a Bologna finirebbe o meno (andando alla manifestazione) ciali, si legge in un documento distribuito alla stampa, "libere da condizionamenti che ragionino su un progetto politico serio, inclusivo, indiscutibilmente alternativo alla sinistra, più forte e più pronto alle sfide che attendono il centrodestra e l'Italia". Meloni, continua il comunicato, assicura il suo "pieno apporto e la più ampia disponibilità del suo partito a lavorare per convergere, in sede congressuale, in un grande movimento rappresentativo della destra politica italiana". Ignazio La Russa parla dell'importanza di aver coinvolto insieme deputati di partiti diversi come Giorgetti e Rizzetto, anche se tutti provenienti dal mondo della destra: "L'obiettivo di Fdi è raccogliere tutta la destra che oggi è sparpagliata nel centrodestra ma anche fuori". "Ora deve partire una sorta di fase 2" del centrodestra, assicura l'azzurro Giorgetti. Per Cossiga "il centrodestra attuale non ha più anima, la gente lo percepisce, ha bisogno di contaminazione. Dobbiamo sporcarci le mani, contaminarci" per avviare un rilancio. Rizzetto non ha dubbi: "Il centrodestra deve essere il più trasversale possibile, condivido in pieno questo progetto della Meloni". LE CIFRE per riconoscere ufficialmente la leadership di Salvini nel centrodestra, ha risposto: “Non è così, se mai è il contrario...”. Berlusconi però non ha sciolto le riserve. Ieri vi è stata a Palazzo Grazioli un’altra riunione tra il Cav, rientrato a Roma, e i vertici azzurri. Sul tavolo c’era anche e soprattutto la partecipazione della delegazione azzurra alla manifestazione di Bologna. “L'alleanza con la Lega è una cosa assolutamente concreta, non è in discussione. A Bologna è una manifestazione della Lega, Salvini ha invitato Berlusconi e Berlusconi deciderà se andare”, ha brevemente detto il consigliere politico Giovanni Toti ai cronisti al termine dell’incontro. R.V. Cresce il numero dei pullman de La Destra verso Bologna a Destra verso Bologna. Nella speranza che sia soprattutto il battesimo di quel fronte sovranista di cui il segretario nazionale, Francesco Storace, va facendosi promotore ormai da mesi, con appelli ai leader degli altri partiti, dalla Lega a Fratelli d’Italia. Proprio Storace ieri ha voluto rendere noto lo sforzo organizzativo del partito per dare vita ad una manifestazione ancora più partecipata l’8 novembre prossimo a piazza Maggiore. “Due pullman da Roma. Uno dal Veneto. E tanti altri militanti de La Destra do- L IERI LA CONFERENZA SULLA LEGGE DI STABILITÀ SI È CONCLUSA CON UN INCONTRO INTERLOCUTORIO Il premier e Regioni non si “divertono” anto rumore per nulla. Se le Regioni mostravano infatti chiari segnali di nervosismo verso i tagli previsti nella legge di stabilità, e se Renzi prometteva che si sarebbe “divertito” con le loro richieste, il tanto atteso incontro di ieri, una sorta di sfida all’Ok Corral (come era stata definita) si è chiusa con il più scialbo dei pareggi. Ovviamente commentato dalle seconde linee del governo con abbondanti iniezioni di camomilla, che vista la situazione rischia pure di diventare il principale ingrediente, causa mancanza fondi, del sistema sanitario nazionale. “Renzi ha sottolineato T come con questo governo il fondo sanitario nazionale sia cresciuto anno dopo anno. È un primo passaggio molto importante, capiamo che le Regioni avrebbero voluto un maggior aumento ma il fondo continua a crescere”, giura il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti al termine del vertice. Aggiungendo che è stato “stabilito di proseguire con tavolo di confronto che deve portare ad un'intesa sulla legge di stabilità e due tavoli tecnici sulla governance della spesa farmaceutica e su costi standard”. Nella verità era stato lo stesso pre- mier a cercare di stemperare gli animi, non senza qualche sbruffoneria, in apertura di confronto. “Abbiamo due strade: o scegliamo il muro contro muro e la demagogia o giochiamo la carta della serietà e noi ci siamo. Se vogliamo – avrebbe detto il premier secondo le agenzie, evidentemente ben imbeccate da qualcuno dei numerosi testimoni possiamo lavorare insieme per governare i processi complicati della sanità. Però dobbiamo essere chiari: non c'è taglio alla Sanità, ci sono meno soldi di quanto le Regioni chiedono ma i fondi comunque aumentano e si passa a 111 miliardi". La delegazione delle regioni era guidata dal presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, che ha accettato la falsariga dettata dall’eminenza grigia governativa De Vincenti. “Mi pare si sia definita un'intesa di percorso e per alcuni aspetti di merito che mi pare possa portare a condividere la legge di stabilità, che peraltro in una conferenza definimmo un bicchiere mezzo pieno”, ha commentato il governatore piemontese, non senza rimarcare che sotto le belle parole restano da definire pessimi numeri. Come a dire che il bicchiere è mezzo pieno. Al consiglio dei ministri in programma domani si scoprirà se era mezzo pieno… di vino cattivo. R. V. menica a Bologna da tutta Italia”. Un contributo di centinaia di persone che andrà ad aggiungersi a quello proveniente da tutta Italia. Circa cinquanta dovrebbero essere i torpedoni diretti a Bologna domenica, organizzati da Noi Con Salvini e Lega. Il “convoglio” partente dalla Toscana sarà, cosa singolare, aperto da una ruspa. R. V. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Capo Redattore Igor Traboni Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Giovedì 5 novembre 2015 ATTUALITA’ ERA ACCUSATO DI AVER AVVIATO LA PRESUNTA TRATTATIVA FRA PEZZI DELLE ISTITUZIONI E I VERTICI DI COSA NOSTRA Stato-mafia, assolto Mannino L’ex ministro Dc grida “giustizia” e attacca i pm Teresi e Di Matteo: “Questo processo nasce da una loro voglia” - La procura di Palermo, che aveva chiesto nove anni, impugnerà la sentenza di Marcello Calvo entiquattro anni di gogna mediatica conditi da accuse praticamente inesistenti, avvisi di garanzia, nove mesi di carcere e tredici di arresti domiciliari. E ancora: processi e un’assoluzione (la prima) definitiva arrivata solo nel 2010 dopo ricorsi e controricorsi. E una certezza, scritta su un foglio di carta: quella di essere innocente e di non aver mai stretto alcun patto con la mafia per avere voti in cambio di favori. Tutto questo non è bastato a Calogero Mannino per essere considerato dalla giustizia italiana come un incolpevole. E’ servita l’ennesima dimostrazione, da parte del gup Marina Patruzzella, per ribadire un concetto, chiaro, che alla procura di Palermo proprio non sembra entrare in testa. Un’altra assoluzione, per non aver commesso il fatto, nell’ambito del processo stralcio, celebratosi col rito abbreviato, su quella presunta trattativa – mai provata – tra pezzi delle istituzioni e Cosa Nostra. L’ex ministro democristiano, deputato per otto legislature, può finalmente gridare giustizia. Altro che violenza o minaccia ad un corpo dello Stato, accusa pesantissima che aveva portato i pm a chiedere per l’eccellente imputato ben nove anni di carcere. Una pena spropositata per quell’ex leader della si- V nistra Dc in Sicilia, sospettato di essere l’“ispiratore” della trattativa, il politico che per salvarsi la vita avrebbe avviato i primi contatti, ben prima di quelli tra il Ros e Ciancimino. “Interferendo pesantemente col Dap per dare ai mafiosi quanto si poteva loro concedere e per deviare i comportamenti politici e amministrativi delle istituzioni”. Nulla di tutto questo. Il castello accusatorio dell’accusa, rappresentata dai pm Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, crolla dopo appena un’ora e mezza di camera di consiglio. Tanto è bastato al gup per mettere la parola fine a oltre due anni di udienze prive di prove concrete. E’ un verdetto significativo, che ridimensiona la tesi degli inquirenti e rischia di creare un precedente. Perché si tratta della prima sentenza riguardo alla presunta trattativa con il collegio difensivo di Mannino che nel 2012 optò per il rito abbreviato. In Corte di Assise sono infatti imputati gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno e Mario Obinu. E ancora: l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino (accusato di falsa testimonianza) e l’ex parlamentare di Forza Italia Marcello Dell’Utri (recluso nel carcere di massima sicurezza di Parma a scontare una condanna a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa). Ma anche i boss Salvatore Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà e il pentito Giovanni Brusca. Fino ad arrivare al figlio di don Vito Ciancimino, Massimo. Una pronuncia che apre dunque le porte a un’altra probabile sentenza assolutoria, che rischia di mettere la parola fine a un procedimento che al momento non ha rappresentato altro che uno spreco di energie e denaro. Mannino esulta, ringrazia i suoi avvocati e lo “Spirito Santo che ha illuminato un giudice che ha trovato non solo la forza per comprendere, discernere i documenti, le arringhe e le mie personali dichiarazioni, ma pure il coraggio di resistere alle pressioni ambientali. Perché questo processo – rivela a Radio Radicale - nasce da una voglia di alcuni pubblici ministeri, non della procura di Palermo, che ostinatamente hanno elaborato la dottrina della trattativa senza sviluppare gli avvenimenti”. Sulla stessa lunghezza d’onda, le parole di uno dei suoi legali, Nino Caleca (che insieme a Grazia Volo, Carlo Federico Grosso e Marcello Montalbano ha difeso l’ex ministro nel procedimento): “E’ la fine di un incubo giudiziario. I processi penali – l’accusa – non sono i luoghi più adatti a ricostruire la storia. Si celebrano con i fatti e per accertare precise condotte”. Cala il sipario. Ma incredibilmente la procura non si arrende e tramite il pm Di Matteo annuncia che la battaglia non è ancora finita.“Andremo avanti – la promessa – opponendoci alla sentenza di assoluzione”. DAL CAPO DELLO STATO AL MINISTRO DELLA DIFESA, NELLA GIORNATA DELLE FORZE ARMATE SOLIDARIETÀ AI DUE SOLDATI Solito sostegno a parole per i Marò Quattro anni di chiacchiere e promesse, ma l’incubo di Latorre e Girone continua ella giornata delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale, non poteva mancare il solito incoraggiamento a parole dello Stato italiano nei confronti dei Marò. Dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha confermato “pieno sostegno” a Massimilano Latorre e Salvatore Girone, fino ad arrivare al ministro della Difesa, Roberta Pinotti. Che ha dichiarato come i due Fucilieri di Marina “verranno sostenuti fino alla fine della loro difficile e delicata vicenda”. Viene spontaneo, a questo punto, domandarsi in che modo le istituzioni stiano difendendo due militari che, da (quasi) quattro anni, stanno subendo ingiustizie a ripetizione e ancora non possono intravedere la luce in fondo al tunnel. Lecito, dunque, porsi degli interrogativi dopo 45 mesi di vergogne dove è successo tutto e il contrario di tutto. Dalle prime accuse agli arresti. Passando per un processo mai iniziato con decine e decine di udienze rinviate. Fino ad arrivare a presunte N BLOCCATO A LONDRA DALLA POLIZIA ALBANESE Fermato Francesco Becchetti, fondatore e patron di Agon Tv rancesco Becchetti, l’imprenditore italiano fondatore proprietario di Agon Channel (la tv che trasmette sul digitale terrestre ma lo fa da studi ubicati in Albania, aperta tra star e squilli di tromba che in realtà non ha avuto il successo preventivato) è stato fermato dalla polizia britannica a Londra, dove è proprietario di una villa. Becchetti – che in Albania opera anche nei settori dei rifiuti e dell’energia è accusato dalla procura di Tirana per evasione fiscale, riciclaggio di denaro e falso in documentazione. Becchetti è stato poi rilasciato ma – come ha tenuto a spiegare Interpol Tirana - è sorvegliato per evitare una possibile fuga. Secondo la Procura albanese, Becchetti, la madre (e socia) Liliana Condomitti, il suo collaboratore Mauro de Renzis, la collaboratrice locale Erjona Troplini F prove manipolate, senza tralasciare le trattative mai andate in porto sulla pelle dei nostri Marò. Vittime di una persecuzione iniziata il 15 febbraio 2012 e non ancora conclusasi. Parole, parole, soltanto parole per Latorre e Girone. Ma zero fatti compiuti. Con ogni tentativo (spesso sbagliato) da parte dell’Italia per riportarli in patria che ha prodotto un nulla di fatto. Non è questo il modo di difendere due militari che in India hanno perfino rischiato la pena di morte. Nonostante nessun tribunale abbia ancora accertato che ad uccidere due pescatori indiani (scambiati per pirati) siano stati loro, i due Marò stanno scontando una pena (mai ricevuta) anticipata severissima. Con Girone in ostaggio all’interno della nostra ambasciata a New Delhi e Latorre in convalescenza a casa per motivi di salute. E adesso non resta che spe- rare nel tribunale internazionale per il diritto del mare di Amburgo (Itlos), chiamato a stabilire se la giurisdizione del caso sarà indiana o italiana. Una decisione che tiene tutti col fiato sospeso, ma che potrebbe non arrivare prima di qualche anno. Una vergogna, l’ennesima, che sta caratterizzando questa storiaccia ormai da troppo tempo. Ancora sostegno per i Marò. A chiacchiere. Marco Zappa e la dipendente di una banca di Tirana avrebbero messo in piedi “un gigantesco schema di riciclaggio” che gli avrebbe fruttato alcuni milioni di euro. L’imprenditore è sospettato in particolare di aver evaso il fisco per 770 milioni di lek, pari a circa 5,5 milioni di euro. Ora Becchetti può decidere di consegnarsi lui stesso in Albania, oppure aspettare la metà di dicembre quando un giudice londinese deciderà in maniera definitiva sulla sua estradizione, in esecuzione del mandato di cattura internazionale emesso dalla procura di Tirana l’8 giugno scorso. 4 Giovedì 5 novembre 2015 ATTUALITA’ NON SOLO CORVI: ORA SI INDAGA PURE SU ALCUNE TRANSAZIONI E COMPRAVENDITA DI TITOLI Vaticano: anche un’inchiesta per riciclaggio Al centro della vicenda c’è di nuovo l’Amministrazione per il patrimonio della sede apostolica CAMBIA LA GESTIONE DELL’OSPEDALE “DEL PAPA” Nuovi vertici al Bambin Gesù dopo le polemiche sui soldi N ei libri di Gianluigi Nuzzi («Via Crucis») ed Emiliano Fittipaldi («Avarizia») di imminente pubblicazione e al centro in questi giorni di tanti rumors, e in qualche modo direttamente collegati anche alla vicenda dei nuovi ‘corvi’, si fa riferimento anche a soldi per bambini malati che in realtà sarebbero serviti per altri scopi, ad iniziare dal rifacimento delle lussuose abitazioni di alcuni monsignori. E così, proprio mentre vengono pubblicati documenti su un utilizzo improprio di fondi dell’Ospedale vaticano Bambin Gesù, il segretario di Stato Pietro Parolin ha deciso ieri di metter mano un profondo alla gestione del nosocomio pediatrico con “nuovi consiglieri, nuovo statuto e nuova mission. I nuovi consiglieri – fa sapere l’ufficio stampa del Bambin Gesù - sono sette, compresa la neo presidente N on è un altro scandalo vero e proprio e non ha nulla a che vedere con i ‘corvi’ di questi ultimi giorni, fatto sta che anche ieri il Vaticano è stato interessato da notizie più vicine alla cronaca giudiziaria che ad altro. L'ufficio del promotore di giustizia presso il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, a seguito di un rapporto dell'Autorità di informazione finanziaria arrivato a febbraio scorso, ha infatti avviato le indagine relative ad operazioni di compravendita di titoli e transazioni riconducibili a Gianpietro Nattino, presidente di Banca Finnat Euroamerica. Così ha ufficialmente dichiarato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, commentando una notizia anticipata dalla Reuters in merito a ipotesi di riciclaggio e insider trading all'Apsa (Amministrazione per il patrimonio della sede apostolica). L’ufficio vaticano ha già chiesto la collaborazione dell'autorità giudiziaria italiana e di quella svizzera, mediante lettere rogatorie inoltrate per vie diplomatiche partite nell’agosto scorso. La Reuters ha scritto di aver visionato un rapporto che riguarda "un dipartimento del Vaticano che in passato (tra il 2000 e il 2011) sarebbe stato utilizzato come "scatola per il riciclaggio". Reati su cui indagano sia inquirenti del Vaticano, sia per l’appunto quelli italiani e svizzeri. Al centro dell'inchiesta ci sarebbe ancora una volta il dipartimento dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, l'Apsa, quella di cui Monsignor Scarano (indagati nei mesi scorsi a Salerno) era contabile, e in particolare la divisione che gestisce il portafoglio finanziario e le azioni del Vaticano. Su questo settore dell’amministrazione vaticana si concentrerebbero le 33 pagine del rapporto degli inquirenti in cui vengono evidenziati i business "estranei" al Vaticano attraverso la complicità del personale Apsa, "in violazione dei Mariella Enoc: Pietro Brunetti, Ferruccio de Bortoli (ex direttore del Corriere della Sera), Maria Bianca Farina, Caterina Sansone, Anna Maria Tarantola (ex presidente della Rai) e Antonio Zanardi Landi. Parolin, in un messaggio, li ha pubblicamente ringraziati «per aver accettato questo non facile compito, mossi da quel nobile spirito di servizio, umile e disinteressato, che deve contraddistinguere i discepoli di Gesù e, nel nostro caso, quanti lavorano, ai diversi livelli, nell’ospedale del Papa”. propri regolamenti". Nattino in una nota ha poi fatto sapere: “Con riferimento alle recenti indiscrezioni di stampa, esprimo la totale serenità e fiducia: il mio operato è sempre stato improntato alla massima trasparenza e correttezza, nel rispetto delle normative in vigore. Confido che possa essere fatta quanto prima chiarezza definitiva. Ribadisco di aver sempre operato nel pieno rispetto delle normative in vigore, con la massima trasparenza e correttezza. Sono ovviamente a disposizione delle Autorità competenti per fornire ogni chiarimento”. ALFANO ESULTA PER SETTANTA IMMIGRATI “RICOLLOCATI”. E DALLA GRECIA VANNO VIA SOLO IN TRENTA I profughi rimpatriati? Cifre ridicole F abrice Leggeri, il responsabile di Frontex, l'agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne, fa sapere che nel 2015 nei Paesi dell’Unione Europea ci sono stati circa 800mila "ingressi illegali". In un'intervista alla tedesca Bild, Fabrice Leggeri ha avvisato che l'afflusso di migranti non ha probabilmente ancora "raggiunto il suo picco" e che dunque il numero potrebbe di fatto arrivare ad 1 milione. Leggeri ha inoltre sollecitato gli stati europei ad arrestare i richiedenti asilo che vedono respinte le loro domande, in modo che possano essere "rapidamente" rimpatriati verso i Paesi d'origine. Intanto ieri trenta persone, in maggioranza iracheni e siriani, sono partiti dalla Grecia per il Lussemburgo nel quadro del primo ricollocamento all'interno dell’Europa di migranti giunti sul suolo greco. “Partirà dalla Grecia il primo volo nell'ambito dello schema europeo di ricollocamento. POCHE RISORSE DALLA LEGGE DI STABILITÀ Scuole e università al palo, altre manifestazioni di protesta Sono oltre 600mila le persone entrate in Europa dall'inizio dell'anno attraverso la Grecia - anticipava l’altro ieri una nota della Commissione Ue il ricollocamento è un momento simbolico, ma anche un primo passo importante di un processo che deve diventare sistematico". Il piano europeo approvato lo scorso settembre prevede il ricollocamento di 160mila richiedenti asilo arrivati in Italia e in Grecia in tutto il vecchio continente nel corso dei prossimi due anni. Il primo volo è partito lo scorso 9 ottobre da Roma con 19 richiedenti asilo eritrei diretti in Svezia; il 21 ottobre altri 19 richiedenti asilo eritrei e siriani sono volati dall'Italia alla volta della Svezia e altri 48 alla volta della Finlandia. Complessivamente sono 86 i richiedenti asilo ricollocati finora dall'Italia. Numeri assolutamente ridicoli, rispetto ai quali il solito ministro Angelino Alfano ostenta invece il massimo della soddisfazione, nell’annunciare che "Domani (oggi, ndr) altri 20 migranti saranno ricollocati in Francia e domenica 50 in Spagna. Abbiamo cominciato e pochi mesi fa nessuno lo immaginava possibile". Certo, nessuno immaginava ‘possibili’ numeri così bassi… O ggi gli studenti medi e universitari, in concomitanza con il lancio della campagna ''+ Uguale'', manifesteranno in diverse città italiane fuori dalle sedi di regioni, prefetture, enti per il diritto allo studio, uffici scolastici regionali per chiedere ancora una volta alle istituzioni maggiori investimenti in scuola ed università ed un impegno politico nel rendere l'istruzione non più un privilegio ma un diritto accessibile a tutti. "Vogliamo lanciare un messaggio preciso: non possiamo accettare che le disuguaglianze nella nostra società crescano ancora, concentrando ricchezza nelle mani di pochi e togliendo opportunità ad un numero sempre maggiore di persone, a partire da tanti studenti e giovani espulsi dai luoghi d'istruzione ed esclusi dal welfare", dichiara Alberto Irone, della Rete. "L'investimento in istruzione e in diritto allo studio è fondamentale- Continua Jacopo Dionisio, coordinatore nazionale Unione degli Universitari- le condizioni materiali e socio-economiche di partenza condizionano ancora pesantemente l''accesso all''istruzione e la carriera degli studenti. In questo modo viene meno la funzione di ascensore sociale e di sviluppo, sia culturale che economico, che l'istruzione ha sempre avuto in tutta Europa. La legge di stabilità non va in questa direzione perché i fondi per il diritto allo studio ad ogni livello sono totalmente assenti: questa legge deve cambiare prevedendo risorse certe e strutturali per l''accesso e l'inclusione di tutti, a partire dalla legge nazionale sul diritto allo studio per gli studenti medi e dalla totale copertura delle borse di studio universitarie. Vogliamo essere liberi di studiare" 5 Giovedì 5 novembre 2015 ESTERI L’ISIS TORNA A RIVENDICARE L’ABBATTIMENTO DELL’AEREO RUSSO NEL SINAI E SFIDA IL MONDO “Non siamo stati noi? Dimostratelo” Un audio dello Stato islamico annuncia che le modalità dell’attentato saranno reso note “soltanto al momento opportuno”. Evidente la volontà di colpire nei propri interessi tanto Il Cairo quanto Mosca di Robert Vignola Isis ci mette il cappello. Insiste nell'attribuirsi la responsabilità dell'abbattimento dell'aereo russo nella penisola del Sinai, e se ne vanta Tutto ciò, senza offrire alcun dettaglio su come avrebbe realizzato l'operazione: per la serie, decideremo noi quando e come spiegare i fatti. Un atteggiamento che in qualche misura smentisce il governo egiziano e soprattutto dà la stura a tutta una serie di ipotesi. A partire da quella, emersa da una fonte investigativa anonima sentita dal quotidiano Al-Masry Al-Youm, secondo cui a causare il disastro aereo sarebbe stata l'esplosione di un motore. Non è ancora chiaro, tuttavia, se tale esplosione sia stata determinata da una bomba o un guasto. Nonostante le perplessità di inquirenti ed esperti, il ramo egiziano dell'Isis, Wilayat Sinai, è tornato così ad attribuirsi la responsabilità del disastro aereo di sabato scorso, costato 224 morti. Il gruppo terroristico aveva avanzato un'analoga rivendicazione a caldo, sabato stesso, ma senza fornire alcun dettaglio: aveva solo spiegato che l'attentato era una vendetta per i bombardamenti russi in Siria. A qualche giorno di distanza, con un messaggio audio postato online e la cui attendibilità non è verificabile, l'Isis afferma che renderà noti i particolari in seguito, decidendo a proprio arbitrio quando, e sfida gli scettici a dimostrare la sua estra- L’ neità alla carneficina. "Non abbiamo alcun obbligo di spiegare come l'aereo sia caduto", taglia corto una voce registrata. "Ispezionate pure la carcassa, analizzate le scatole nere, e comunicateci i risultati delle vostre indagini", sfida la voce che parla a nome dei terroristi. "Dimostrate che non siamo stati noi, e come sono andate le cose. Esporremo le mo- dalità dell'accaduto in un momento di nostra scelta". Proprio riguardo alla scelta della tempistica, ci sarebbe pure una possibile lettura. Avvenuto nel diciassettesimo giorno di Muharram, il primo mese del calendario lunare islamico, l'attacco terroristico sarebbe stato fatto coincidere a titolo celebrativo con il primo anniversario del giuramento di fedeltà al califfato da parte della sedicente Provincia del Sinai, già Ansar Bayt al-Maqdis, formazione salafita egiziana attiva proprio nella penisola. Fatto sta che le cause della tragedia sono ancora ignote e per il momento si è capito solo che l'aereo si è probabilmente spezzato in aria appena 23 minuti dopo il decollo. Il velivolo si trovava a 31mila piedi di altezza e, secondo esperti e inquirenti, è improbabile che i gruppo terrorista disponga di armi così sofisticate da essere in grado di abbatterlo da terra. Non è escluso invece che un ordigno sia esploso a bordo. In quel caso, la “falla” sarebbe tutta del sistema di sicurezza egiziano. Che lo Stato islamico ha tutto l’interesse a colpire, almeno quanto la Russia. LIBIA E SORTE DI MORSI AL CENTRO DEI DELICATI COLLOQUI IN CORSO Al Sisi, un egiziano a Londra n intervento in Libia. A chiederlo alla Nato, per evitare che il paese nordafricano si trasformi in una nuova Siria, è quanto chiede il presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi in un'intervista concessa al quotidiano britannico "Daily Telegraph" prima della sua visita a Londra, dove incontrerà il premier David Cameron. "La Libia è un pericolo per tutti noi. Se non si forma un governo ci sarà un vuoto di potere dove U gli estremisti possono prosperare", ha detto al Sisi. Il capo dello Stato egiziano ha esortato tutti i membri della Nato che hanno contribuito a rovesciare Muhammar Gheddafi a "sostenere qualsiasi sforzo per aiutare il popolo libico e l'economia libica". Il presidente ha spiegato che è necessario "fermare il flusso di denaro e di armi agli estremisti, oltre che di combattenti stranieri". Un messaggio chiaro, che evita di mettere il dito nella piaga delle origini della destabilizzazione libica, nata proprio con gli interventi voluti da Francia e Gran Bretagna, ad inaugurare la sua visita nel Regno Unito. Il programma della visita non è stato reso noto per motivi di sicurezza, ma secondo il ministro degli Affari Esteri britannico, Tobias Ellwood, "le discussioni con il presidente al Sisi riguarderanno una vasta gamma di questioni di comune interesse, tra cui il commercio e la sicurezza". E non è affatto escluso che posa anche riguardare la sorte dell’ex presidente Morsi, condannato a morte dalle autorità egiziani. II Regno Unito è uno dei principali investitori esteri dell'Egitto e diversi osservatori prevedono la firma di accordi commerciali, incluso il settore dell'industria della difesa. Lo scorso 3 ottobre, 44 parlamentari britannici hanno firmato una mozione per chiedere al governo di revocare l'invito ad al Sisi, accusato di aver or- chestrato un colpo di Stato contro Morsi e di "violazioni dei diritti umani" contro gli oppositori. Nel corso delle ultime settimane Londra e Il Cairo hanno intensificato i loro colloqui in ambito militare inerenti alla situazione in Medio Oriente e alla guerra al terrorismo. Ancora, una delegazione militare del Regno Unito, guidata dal capo di stato maggiore per le operazioni presso l'esercito britannico, è giunta lo scorso mese al Cairo per una visita di due giorni. Lo scorso 18 settembre il ministro della Difesa britannico Michael Fallon aveva confermato il sostegno del suo paese all'Egitto. A giugno, poco dopo la condanna a morte comminata a Morsi, il portavoce del premier britannico aveva annunciato l'intenzione da parte di Londra di tenere colloqui con il presidente al Sisi non solo sui rapporti bilaterali tra i due paesi, ma anche sulle questioni regionali. Nei primi tre mesi del 2015 gli aiuti militari britannici all'Egitto sono aumentati fino a quota 76,3 milioni di euro. In gennaio l'ammontare degli aiuti è stato pari a 12,98 milioni di dollari, cifra salita a 64 milioni nel mese di marzo. R. V. DIETRO LA VISITA DEL VICECANCELLIERE GABRIEL IL TENTATIVO DI UN RIAVVICINAMENTO La Germania torna a guardare a Est di Tatiana Ovidi G randi manovre sono in atto per un riavvicinamento tra Berlino e Mosca. Già prima del G7 tedesco, quando Obama "rimise in riga" Merkel ed Hollande, i tedeschi cercarono di smarcarsi da Washington e Bruxelles per superare le sanzioni e tornare ad un dialogo con il Cremlino. Come riportato dal blog "Sputnik", la ripresa delle relazioni con la Russia torna a soddisfare gli interessi economici della Germania. Certo, Berlino perseguendo questa linea teme contrasti con i Paesi dell'Europa centro-orientale, nonché con gli Stati uniti. Comunque la visita del vice cancelliere e ministro dell'Economia della Germania Sigmar Gabriel a Mosca dimostra che Berlino sta ripensando alle sue relazioni con la Russia. Queste le affermazioni degli esperti del centro di analisi statunitense "Stratfor", pubblicate da "Sputnik": "Lo scopo ufficiale della visita era quello di discutere il commercio bilaterale, ma per quanto le questioni commerciali sono legate alle sanzioni dell'unione Europea contro la Russia, l'incontro suggerisce che Berlino è alla ricerca di modi per mitigare o addirittura annullare le misure punitive in vigore contro Mosca". È bene ricordare che le sanzioni della uE hanno complicato l'export delle merci tedesche verso la Russia. Nella prima metà del 2015 le esportazioni di prodotti tedeschi nella Federazione Russa sono diminuite del 31,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Berlino è inoltre interessata a rafforzare i legami energetici con Mosca. Inoltre la Germania vede la Russia come un attore chiave nella risoluzione della crisi siriana, evento direttamente connesso con l'afflusso di profughi in Europa. La Russia a sua volta è interessata al dialogo con la Germania e con il leader del Partito Socialdemocratico Sigmar Gabriel, che può aumentare la sua popolarità sullo sfondo di un calo di fiducia dell'elettorato tedesco nei confronti di Angela Merkel. Auguriamoci che la strategia tedesca risulti vincente e che la Germania, soprattutto dopo il "colpo volkswagen" (che rischia di mettere in ginocchio l'economia tedesca) ricevuto dagli americani comprenda che il futuro dell'Europa passa attraverso Mosca. 6 Giovedì 5 novembre 2015 ESTERI ROMANIA - STRADE PIENE DI MANIFESTANTI CONTRO IL GOVERNO DOPO I 32 MORTI NEL ROGO DI UNA DISCOTECA La piazza manda a casa il premier Sul socialdemocatico Victor Ponta pesano anche recenti accuse di corruzione e la richiesta di arresto DURANTE IL GENOCIDIO DEL 1994 Armi francesi in Ruanda, sollecitata un’inchiesta n gruppo di attivisti francesi ha formalmente chiesto alla magistratura di indagare su vendite di armi da parte di Parigi alle autorità ruandesi che erano in carica durante il genocidio che nel 1994 sconvolse il Paese africano. L'accusa, presente nella denuncia contro ignoti presentata dall'associazione Survie, è quella molto grave di "complicità in genocidio e crimini contro l'umanita". L’associazione Survie ha ripreso documenti già resi pubblici e particolari di precedenti inchieste dei suoi stessi attivisti, puntando così il dito contro varie forniture di armi e munizioni avvenute sia prima dell'aprile 1994 sia in quello stesso mese, quando già erano in corso in tutto il Ruanda i massacri di centinaia di migliaia di tutsi e hutu moderati. Questi elementi, secondo gli attivisti di Survie, bastano a definire Parigi "l'alleato principale dei genocidari". U l premier rumeno Victor Ponta ha lasciato il suo incarico, assieme a tutti i ministro del governo, dopo le manifestazioni di protesta cui hanno preso parte decine di migliaia di persone per contestare la reazione del governo di Bucarest al rogo in discoteca che venerdì scorso ha causato la morte di 32 persone. Il rogo, che aveva causato anche 180 feriti ed è il più grave avvenuto nella capitale rumena negli ultimi anni, si è verificato nella notte del 30 ottobre nel club Collectiv, un locale noto ai giovani della città e dell’intera nazionale, poco fuori dal centro storico della capitale. Il rogo è stato generato I con tutta probabilità da uno spettacolo di fuochi pirotecnici. In pochi minuti ha provocato un vero e proprio inferno, con i giovani presenti – almeno 400 - che hanno cercato disperatamente di mettersi in salvo attraverso l’unica via di uscita disponibile. Nel panico e nella calca, con il locale avvolto da una densa coltre di fumo, in tanti sono rimasti travolti e schiacciati dalla folla in fuga. L’altro ieri più di 20 mila persone hanno manifestato contro il governo, mentre in un’altra parte della città si svolgevano i funerali di un fotografo e blogger di 36 anni che, con un atto di eroismo, era morto lanciandosi tra le fiamme per salvare una donna. I manifestanti avevano quindi sollecitato le dimissioni del premier Victor Ponta, del ministro dell’Interno, Gabriel Opres, e del presidente della circoscrizione dove si trova il locale andato a fuoco, al grido di “Vergogna», assassini” , accusando altresì le autorità di non effettuare i controlli dovuti sugli standard di sicurezza nei locali pubblici. Accuse ai responsabili della discoteca, e implicitamente ai dirigenti politici, erano arrivate anche dallo stesso presidente romeno, il conservatore Klaus Iohannis, esponente della minoranza tedesca del Paese balcanico. “I politici non possono ignorare tale sen- timento di rivolta popolare”, aveva scritto Iohannis sulla sua pagina Facebook, in pratica sollecitando le dimissioni in blocco. Con il premier, il socialdemocratico Victor Ponta, si è quindi dimesso l’intero governo romeno: “Rimetto il mio mandato, mi dimetto, e di conseguenza si dimette l’intero mio governo. Ho l’obbligo di constatare la Il comunicato torna inoltre sulla recente decisione del presidente francese François Hollande di togliere il segreto di Stato su numerosi documenti relativi a quel periodo. Tra questi, aggiunge l'associazione nel suo comunicato, manca una nota (citata peraltro già nel 1995 da un articolo dal giornalista Patrick de Sant-Exupery) che proverebbe come le vendite di armi siano avvenute anche dopo l'embargo imposto dalle Nazioni Unite il 17 maggio 1994. legittima rabbia esistente all’interno della società e di assumermi le mie responsabilità. Spero che le dimissioni mie e del governo servano a riportare tranquillità nella popolazione”. Ma Ponta deve anche difendersi da recenti accuse di corruzione: a salvarlo dall’arresto è stato finora il rifiuto del parlamento di revocare la sua immunità. RESTA MOLTO DIFFICILE LA SITUAZIONE IN SUD SUDAN, DOVE DA DUE ANNI REGNA LA GUERRA CIVILE Migliaia di sfollati nei campi di accoglienza n questi giorni l'unico sollievo per gli sfollati è la fine della stagione delle piogge" dice all’agenzia Misna monsignor Vincent Mojwok Nyiker, vescovo emerito di Malakal, riferendo di uno ''scetticismo'' diffuso che gli annunci su una ''fine della guerra'' in Sud Sudan non riescono a scalfire. La notizia è arrivata da Addis Abeba, la capitale etiopica tornata il 21 ottobre a ospitare i negoziati tra le parti in conflitto. Seyoum Mesfin, ''inviato speciale'' dell'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), ha detto che la firma di un nuovo accordo sulla sicurezza segna la conclusione della guerra civile cominciata nel dicembre 2013. L'intesa prevede il dispiegamento di unità militari e di polizia congiunte nella capitale Juba ma anche nelle città di Bor, Malakal e Bentiu. A sottoscriverla, sulla scia dell'accordo di pace dello scorso 26 agosto, sono stati gli emissari del presidente Salva Kiir, del capo dei ribelli Riek Machar e degli oppositori di Pagan Amum. Ma a Juba in molti hanno difficoltà a credere che questo I un po' migliorata grazie alla fine della stagione delle piogge, che per altro ha consentito al governo di annunciare la fine dell''emergenza colera cominciata a giugno. "Per altre buone notizie bisognerà aspettare- sottolinea monsi- gnor Mojwok- e soprattutto bisognerà sottoporle a verifiche". Stando all''intesa siglata ieri, Juba sarà presidiata da una forza mista composta da 4830 soldati, 1410 dei quali inquadrati ora nelle file dei ribelli. I militari risponderanno a un comando unificato, come accadrà anche con un contingente di mille guardie presidenziali e con unità di polizia formate da 400 uomini che dovrebbero essere dispiegate a Bor, Malakal e Bentiu. (Dire) TRAGEDIA NEI PRESSI DELLA CITTÀ AFRICANA DI GIUBA Aereo-cargo cade su un isolotto abitato e uccide una donna e sette bambini n aereo cargo di una compagnia armena, e non russa come si era detto in un primo momento, con a bordo cinque membri dell'equipaggio e sette passeggeri (ma altre fonti parlano di un totale di almeno 20 persone) è precipitato nella capitale del Sudan del Sud, Giuba, poco dopo il decollo; le vittime sarebbero almeno 41 e tra queste ci sarebbero almeno 7 bambini e una donna morti, secondo quanto riporta la testata locale National Courier citata da Russia Today. L'aereo, spiegano fonti locali, U accordo possa essere rispettato a differenza di altri messi nero su bianco nel recente passato. "Migliaia di sfollati originari della mia diocesi restano bloccati qui, ammassati nei campi di accoglienza, perché tornare a casa è impossibile" sottolinea monsignor Mojwok, nella capitale ormai dallo scorso anno. Malakal sarebbe in mano alle forze governative ma i combattimenti che attraversano il paese, in particolare le regioni petrolifere di Upper Nile e di Unity, l'hanno resa una città fantasma. "La gente non si fida degli annunci- dice il vescovo- perché Kiir e Machar continuano ad accusarsi a vicenda, perché gli scontri non sono cessati nonostante i tanti accordi e i nodi politici, in particolare l''annunciata formazione di un governo di unità nazionale, non sono stati sciolti". Gli sfollati giunti a Juba da Malakal, perlopiù di etnia Shilluk, sono migliaia. Per loro la situazione è è caduto su un'isoletta sul Nilo Bianco dove sorgono delle case di pescatori, provocando vittime anche tra gli abitanti. Due dei passeggeri del cargo, diretto nella città di Paloich, sarebbero invece sopravvissuti al terribile schianto. Difficile però stabilire con esattezza quanto realmente accaduto, considerata la frammentarietà delle notizie arrivate da Giuba. 7 Giovedì 5 novembre 2015 STORIA DAL 7 AL 10 NOVEMBRE UNA MOSTRA PER RACCONTARE IL COMBATTENTE D’Annunzio, appuntamento a Latina Dall’interventismo a Fiume, le imprese del Vate ripercorse con volantini, giornali, riviste, cartoline, manifesti di Emma Moriconi Gabriele D'Annunzio il protagonista di una mostra che sarà inaugurata a Latina il prossimo 7 novembre. L'esposizione sarà visitabile fino al 10 dello stesso mese a Palazzo M, in Corso della Repubblica. Il grande poeta e scrittore viene messo in luce, in questa iniziativa, soprattutto per le sue eroiche imprese di combattente, forse meno conosciute rispetto alla sua attività letteraria e alle meravigliose opere che ci ha lasciato. Questa mostra è dedicata infatti alla sua straordinaria attività di interventista e combattente e racconta, attraverso giornali, riviste, volantini, manifesti (tutti originali) e anche attraverso fotografie estratte dai libri, le imprese del Vate dal maggio 1915 quando D'Annunzio ebbe un ruolo cruciale nella mobilitazione delle masse a favore dell'intervento in guerra dell'Italia - fino alle vicende di Fiume, passando per la sua attività militare nel corso del conflitto. Episodi noti, certamente, ma che con questa esposizione assumono la rilevanza che ad essi si deve, come il volo su Trieste del 1915, la grande azione a bordo dell'aereo recante il motto "Iterum rudit leo", con la quale fece piovere sulla città volantini in cui esortava i "fratelli" ad avere "coraggio e fede" perché vicini ormai alla "fine del È vostro martirio". O come l'assalto al Veliki del 1916, e a questo proposito varrebbe la pena citare il bollettino di guerra del 28 maggio 1917, che riferì che "il maggiore Giovanni Randaccio, Gabriele D'Annunzio e un manipolo di altri audaci si erano spinti innanzi tra la violenta tempesta di proiettili, recando un bandierone di dodici metri che volevano piantare sulla sommità del castello di Duino per segnalarne ai Triestini la conquista. Nella ritirata, Randaccio e D'Annunzio, rimasti ultimi, stavano attraversando su una passerella volante il Timavo quando il primo, colpito a morte, cadde. Aveva 34 anni. Nell'offensiva, del novembre 1916, sul Carso, da capitano, alla testa di un battaglione si era lanciato all'assalto del Veliki Kribak e del Faiti, che aveva poi conquistato, e issata la bandiera tricolore portata da D'Annunzio sulla linea del fuoco". E quando si parla del Valiki non può non tornare alla mente il meraviglioso racconto del Vate: "Eravamo su per il Veliki, all'assalto. I fanti mordevano l'azzurro. Ma l'azzurro mi rosseggiava. Mi pareva che tutti avessero il mio cuore per insegna vermiglia. Ed ecco, odo alla mia sinistra un accento d'Abruzzo, un suono di terra natale. Il linguaggio natale mi rifluisce alla gola, alle labbra. Chiamo, grido, interrogo. M'è risposto. M'è dato il rude e fiero 'tu' paesano e romano. 'E tu chi si'? E tu chi sei?'. 'Io so' D'Annunzio'. 'Tu si' D'Annunzie? Gabbriele!'. Lo stupore spalancava la bocca al piccolo fante. 'E che si da' a ècche! Vattene! Vattene! Si i' me more, n'n è niende. Ma si tu te muore, chi t'arrefà?'". A Randaccio, D'Annunzio dedicò parole meravigliose al cimitero di Aquileia, dove era stato sepolto, e ricoprì la sua salma con la bandiera del Timavo. Personaggio straordinario, Gabriele D'Annunzio è narrato, nella mostra di Latina, in tutta la sua magnifica entità di soldato e di combattente. Sono rievocate in questa esposizione il Volo su Vienna, la Beffa di Buccari, la storica impresa di Fiume fino al Natale di Sangue e all'uscita da Fiume nel 1921. Nell'esposizione saranno poi apprezzabili autografi del Poeta, libri sulla sua attività militare, e tante altre meraviglie relative a questo grande uomo di cultura della nostra poesia e della nostra letteratura che è stato anche un grande eroe della nostra storia. L'iniziativa nasce per commemorare questo personaggio in occasione del centenario della Grande Guerra, "per onorare - dice l'organizzatore Cesare Bruni - un grande combattente, un difensore della libertà e dei diritti degli italiani di Fiume e della Dalmazia, e con lui onorare tutti i nostri padri che si immolarono perché l'Italia fosse una e libera". [email protected] 8 Giovedì 5 novembre 2015 DA ROMA E DAL LAZIO PARTE LA MARATONA PROCESSUALE. IN PROGRAMMA 4 UDIENZE A SETTIMANA PER UN TOTALE DI 136 DATE Mafia capitale, suona il gong Il Comune parte civile, intanto gli avvocato accostano “Mondo di mezzo” alla Banda della Magliana. Il prefetto Gabrielli: “Roma è una città ancora malata” i parte. La lunga maratona processuale è iniziata per i 46 imputati di Mafia capitale, mandati a giudizio con rito abbreviato. Sono in programma quattro udienze a settimana per un totale, fino a luglio, di 136 date. I riflettori sono puntati sull’aula bunker di Rebibbia, dove stamane è prevista la prima udienza. Il dibattimento entra nel vivo. Ovviamente il processo verterà nella prima fase sui presunti rapporti, i legami e gli affari messi in campo da Massimo Carminati, ritenuto da chi indaga il vero capo del clan, e Salvatore Buzzi, il ras delle cooperative e, per l’impianto accusatorio, il braccio operativo del gruppo criminale che negli ultimi anni è riuscito ad infiltrarsi nella macchina organizzativa e burocratica del Comune di Roma per ottenere appalti e commesse milionarie. I due, per motivi di sicurezza, non potranno essere fisicamente in aula per tutta la durata del processo. Non sarà presente neanche Riccardo Burgia, braccio destro di Carminati, attualmente nel carcere di Terni. Associazione per delinquere di stampo mafioso è anche l’accusa che il procuratore aggiunto Michele Prestipino e i sostituti Paolo Ielo, Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini contestano ad un cospicuo numero di imputati tra cui Franzo Panzironi, l’ex amministratore delegato di Ama (Azienda della nettezza urbana), e Luca Odevaine, già membro del ta- S volo nazionale per l’immigrazione e prima ancora vice capo di gabinetto dell’ex sindaco Veltroni e capo della polizia provinciale durante la giunta Zingaretti, che ha ammesso di aver ricevuto soldi da Buzzi. Poi ci sono un’infinità di ex assessori e consiglieri di Roma Capitale, ma anche della Regione Lazio. Fino ai collaboratori più stretti degli imputati. Invece, sono in tutto 282 i nomi inseriti nella lista delle persone da ascoltare, depositata dall’avvocato MASSACRÒ DI BOTTE L’EX FIDANZATA Sedici anni a Falcioni, Chiara disabile a vita La madre della ragazza ai giudici: “Vergogna” Il marito, colto da un malore, è ricoverato in ospedale Q uattro anni di sconto in Appello per Maurizio Falcioni, 37enne, accusato di aver massacrato di botte l’ex fidanzata, Chiara Insidioso Monda. L’uomo le ha rovinato la vita, la 20enne resterà disabile in modo permanente. Per questo, Falcioni è stato condannato a 16 anni dalla prima corte d’Appello di Roma. “Vergogna, vergogna”. E’ stata immediata la reazione della madre di Chiara, durante la lettura della sentenza. La donna ha urlato le frasi all’indirizzo dei giudici mentre il marito ha accusato un malore ed è stato ricoverato. Momenti di tensione anche fuori dal Tribunale da parte di tanti amici della ragazza e della famiglia. “Chiara è stata condannata a vita - ha detto poi la mamma - Falcioni ha chie- sto scusa e uscirà tra 16 anni”. “Sei stata oltraggiata da lui, dal suo avvocato e dai giudici che non hanno coraggio. L’Italia è un paese dove non c’è dignità e oggi (ieri, ndr) in quell’aula si parlava solo del modo in cui riabilitare al mondo quel verme di Falcioni”, ha scritto il padre, ricoverato in ospedale, in un lungo post pubblicato su Facebook. I fatti. La sera del 4 febbraio 2014, Falcioni aggredì la ragazza con calci e pugni, sbattendole più volte la testa e colpendola al cranio. Poi, chiese “aiuto per la fidanzata svenuta”. Negò quanto era accaduto. Chiara è stata ben 11 mesi in coma. S’è svegliata, ma la ragazza è ridotta in stato vegetativo. Motivo? La gelosia. un’assurdità. Il web: “un’ingiustizia”. Diddi, difensore di Buzzi. Una lista fitta di politici, imprenditori e funzionari, che comunque i giudici dovranno vagliare per decidere se ammetterli. Da Giuliano Poletti, ministro del Lavoro ed ex presidente della LegaCoop, a Gianni Letta, già sottosegretario nei vari governi di Silvio Berlusconi, da Ignazio Marino a Gianni Alemanno fino al governatore del Lazio Nicola Zingaretti. Con loro anche i deputati dem Marroni e Campana e la senatrice di Sel, De Petris. Spiccano diversi uomini di Stato: da Gabrielli a Pecoraro, da Cantone a Morcone, commissario straordinario di Roma dopo le dimissioni di Veltroni nel 2008. C’è pure l’ex assessore e magistrato Sabella. Poi una sfilza di ex consiglieri e assessori di Roma Capitale, generali dei carabinieri e noti giornalisti. A Rebibbia il procedimento entrerà presto nel vivo con le audizioni dei primi testimoni. La lista stilata dalla procura comprende una sessantina di persone e, oltre alle forze dell’ordine, ci sono nomi eccellenti, indagati di peso ed ex politici di spicco. Si va da Roberto Grilli, il narcotrafficante che con le sue dichiarazioni al pm Cascini, nel 2012, ha dato il là alla maxi indagine su Buzzi, Carminati e soci, fino all’ex deputato Marco Mario Milanese. Che verrà ascoltato nel processo in “ordine alla provenienza delle pressioni esercitate per la conferma di Fabrizio Franco Testa”, tra i principali indagati nel Mondo di mezzo, nel cda di Enav. “Nessuna vendetta, ho collaborato per i miei reati”, ha spiegato Grilli in un’intervista su Sky tg24. In merito ad Ama spa i pm ascolteranno ciò che ha da dire in aula Giovanna Giuseppina Anelli, anche lei indagata della maxi inchiesta, già dg della municipalizzata. I pm le chiederanno di chiarire il ruolo di Pinzaroni. Oggi la costituzione di parte civile del comune di Roma, redatta dagli avvocati Enrico Maggiore e Rodolfo Murra e sottoscritta dal prefetto Francesco Paolo Tronca, sarà depositata nel corso dell’udienza. “Non eravamo certo abituati a pensare la nostra Città come coinvolta in trame mafiose in metodi mafiosi, inquinata da associazioni mafiose scrivono i legali nell’atto - questa è invece la contestazione sottesa in tutti i capi di imputazione ed espressa al capo 1”. “Il risultato - continuano gli avvocati, riferendosi all’azione dell’associazione - è dunque il totale scardinamento del sistema, e la creazione di un ‘apparato’ parallelo e alternativo a quello legittimamente costituito”. “Mafia capitale - si legge ancora in uno dei passaggi del testo - risulta aver mutuato dalla Banda della Magliana alcune delle sue principali caratteristiche organizzative”, ma “ha assunto una fisionomia del tutto originale, raggiungendo uno stadio di evoluzione avanzato, nel quale il ricorso alla violenza e ai reati tipici delle organizzazioni mafiose è ridotto al minimo indispensabile, e il core business dell’associazione è rappresentato dagli affari e dagli appalti pubblici”. Si costituiranno parte civile anche la Regione Lazio e diverse associazioni. Alla vigilia del processo, il prefetto Gabrielli ha sottolineato che “Roma è una città ancora malata” e “il lavoro da fare è ancora tantissimo”. BEATRICE LORENZIN SPINGE PER UN’ALLEANZA TRASVERSALE A SOSTEGNO DEL COSTRUTTORE Il “sogno”: Pd, FI e Ncd per Marchini FdI: “Il patto del Nazareno alla vaccinara”. Civati corteggia Marino, Salvini contro Renzi: “Fino a due mesi fa diceva: ‘guai a chi lo tocca’” archini sì, Marchini no. In molti sfogliano la margherita e vorrebbero sostenere un civico per nascondere il fallimento dei partiti, incapaci di creare una nuova classe dirigente e soprattutto rappresentare gli umori e le esigenze dei cittadini nelle istituzioni. Accade a sinistra ma anche a destra, dove Forza Italia e Nuovo centrodestra non sono stati mai così vicini. L’imprenditore ringrazia e ripete che “concorrerà con la sua lista”, ma il corteggiamento continua. Beatrice Lorenzin ha addirittura ipotizzato il trait d’union tra Forza Italia e Partito democratico per Marchini sindaco, smentito però da Orfini un eventuale appoggio all’imprenditore, ovviamente con il sostegno di Ncd, sempre più orientato a sinistra, che potrebbe perdere - si vocifera nei corridoi di Palazzo Madama - pure il senatore M Augello, ultimo baluardo romano, oltre ai tanti fuoriusciti delle ultime settimane. “Una strada percorribile ha argomentato il ministro della Salute, ospite di Corriere Tv - se si riesce però a fare un azzeramento delle classi politiche che hanno governato questa città. Anche per non rischiare una deriva M5S”. Insomma, un calderone di civiche per il costruttore Marchini. “Non faccio l’inno civismo ha precisato il ministro e candidata alle scorse Europee - io dico che in questo momento bisogna andare oltre i partiti. Roma ha bisogno di una visione di ampio respiro, un contenitore dove stanno insieme anche colori politici diversi”. Perché? “Marino non ha saputo fare l’amministratore”. “Il patto del Nazareno alla vaccinara”, ha sentenziato Fabio Rampelli (FdI-An). “FdI si schiera a difesa del bipolarismo e per le primarie del centrodestra - ha aggiunto ancora una volta dalla parte del gioco pulito”. Marino, il grande sconfitto, ha già un alleato per le prossime amministrative. Si tratta di Pippo Civati, ex Pd, ora leader di Possibile. “Può essere sicuramente un interlocutore”, ha spiegato l’ex dem che ha colto l’occasione per criticare il pre- mier-segretario: “E’ incredibile quello che ha fatto”. Da destra, invece, Matteo Salvini continua ad attaccare il centrosinistra, in primis Renzi e ovviamente Marino. “Come è finita a Roma? E’ stata una farsa. La colpa non è di Marino - ha spiegato il leader del Carroccio a Rtl ma di chi l’ha messo e tenuto lì, perché fino a due mesi fa Renzi diceva ‘Guai a chi tocca Marino’”. 9 Giovedì 5 novembre 2015 ECONOMIA NE HA DATO NOTIZIA LA VOLKSWAGEN, STIMANDO UN DANNO, IN VIA PRELIMINARE, IN DUE MILIARDI DI EURO Dieselgate a macchia d’olio, nel mirino ottocentomila auto La Porsche ha annunciato il blocco delle vendite dei modelli dal 2014 al 2016 della Cayenne, in Usa e Canada. L’Ue: chi non rispetta gli obiettivi, sarà sanzionato n altro colpo di scena nello scandalo Dieselgate. La Volkswagen ha scoperto nuove irregolarità nelle emissioni di CO2, nel mirino sono finite così ulteriori 800.000 auto del gruppo, vetture nuove di zecca. Un danno gigantesco, stimato, in via preliminare, in due miliardi di euro dal colosso tedesco. “Il consiglio e la commissione fondata per l’accertamento dei fatti ha comunicato il gruppo di Wolfsburg - si riuniranno presto per consultarsi su nuove conseguenze e misure”. Spiegando i passi successivi: “Il Cda di Volkswagen inizierà immediatamente un dialogo con le autorità competenti riguardo le conseguenze di quanto emerso”, si legge nella nota diffusa, e ciò “dovrebbe condurre ad un’affidabile valutazione delle conseguenze economiche e legali di questo problema, che attualmente non è stato ancora spiegato nella sua completezza”. Ma non è tutto. La divisione nordamericana di Porsche ha annunciato il blocco “volontario” delle vendite dei modelli dal 2014 al 2016 della Cayenne diesel, negli Stati Uniti e in Canada. Una decisione presa dopo che l’Epa, l’authority Usa sulla protezione ambientale, ha puntato il dito contro la casa tedesca, rea di aver “truccato” U il controllo sulle emissioni non solo sui motori più piccoli ma anche sulle auto di grossa cilindrata comprese le Cayenne, le Touareg e diverse Audi. “Stiamo lavorando intensamente per risolvere questo problema. I clienti possono continuare a usare i veicoli normalmente”, ha fatto sapere Porsche al riguardo. Finora Volkswagen, dal canto suo, ha respinto le accuse dell’Epa ma si è dichiarata pronta a collaborare per risolvere la questione. Il mondo dell’automobile è sotto choc. Anche l’Adac, l’equivalente dell’Automobile club d’Italia (Aci), non ha nascosto il profondo disorientamento sul caso. Nei motori Volkswagen “ci sono cose che neanche noi dell’Adac comprendiamo: il fatto è che al momento VW è come una ‘scatola nera’ nella quale non riusciamo a vedere”. Sono le perplessità espresse da un portavoce dell’Adac all’Adnkronos. L’EXPO SI È CONFERMATA UN’ESSENZIALE VETRINA PER I PRODUTTORI ITALIANI Al centro del contendere, le nuove accuse che coinvolgerebbero anche una famiglia di motori diesel, di cilindrata tre litri. Motori peraltro già controllati dall’ente nel quadro dei maxi-test annuali, con risultati in termini di emissioni molto differenti: infatti lo stesso motore sull’Audi A7 supera di 2,5 volte il limite di NOX fissato dall’Unione Europea mentre sulla Q5 e sulla Porsche Macan si va oltre 5 volte il tetto. “Noi consideriamo ragionevoli emissioni 1,5 volte superiori al massimo attuale - ha aggiunto il portavoce - e ci sono auto che rispettano questo parametro”. Il fatto è che “con i giusti investimenti si possono costruire automobili pulite. L’importante è utilizzare le tecnologie, come quella Selective Catalytic Reduction (la riduzione catalitica dei gas di scarico, attraverso additivi) che permette di abbattere il 90% delle emissioni nocive”. Quanto all’allarme dell’Associazione dei costruttori europei di automobili (Acea) che ha ipotizzato il prematuro pensionamento di molti modelli per l’impossibilità di rispettare le normative, dall’Adac è ammesso: “E’ vero alcune auto non potranno rispettare i limiti dei nuovi test europei, è una questione di motorizzazioni, ma ripeto, in futuro, utilizzando le giuste tecnologie potremo costruire auto davvero ‘clean’”. E la Commissione europea è pronta a colpire. L’attenzione da Bruxelles è massima e presto saranno inflitte sanzioni alle case automobilistiche che non rispettano gli obiettivi Ue di emissioni di Co2. Lo ha detto a chiare lettere il portavoce della Commissione Ue con delega all’Industria dopo che Volkswagen ha annunciato livelli di emissione di Co2 irregolari per alcuni motori diesel e benzina che potrebbero riguardare 800mila autovetture. Sulla base di un regolamento del 2009, la Commissione “ha a disposizione una serie di strumenti per far rispettare alle case automobilistiche i target sulle emissioni di Co2, comprese le penali”, ha ricordato, sottolineando che è “importante ora stabilire i fatti e la Commissione invita Volkswagen ad accelerare la propria indagine interna e a spiegare nel dettaglio quali irregolarità nelle emissioni di Co2 sono state individuate, cosa le ha causate, quali sono le vetture coinvolte e quali misure intende prendere per rimediare”. PORTO MARGHERA, IL SITO “GIUSEPPE VOLPI” E TUTTA L’AREA CIRCOSTANTE FINISCONO NELLE MANI DI TRE DIVERSE SOCIETÀ Volano prosciutti e salumi Enel, venduta la centrale termoelettrica L’ Expo è stata una vetrina eccezionale per l’agroalimentare italiano, di cui ne hanno beneficiato i prosciutti e i salumi. Confermati i risultati positivi del comparto per il Consorzio del Prosciutto di San Daniele anche per i primi nove mesi del 2015. Nonostante i generali andamenti recessivi del mercato dei salumi che fa segnare un calo della spesa delle famiglie italiane del -0,8% sullo stesso periodo del 2014, il prosciutto di San Daniele, in netta controtendenza, ha fatto registrare un +8,6% sugli acquisti delle famiglie italiane. Il dato emerge da un’elaborazione Ismea sui dati Nielsen. Il San Daniele vale in quantità il 12,2% dei prosciutti crudi italiani e il 14,7% della spesa in valore. Nei primi nove mesi dell’anno, sono stati venduti circa 2.200.000 prosciutti che determinano un incremento fortemente positivo del +3,7% sullo stesso periodo del 2014. I dati di export nei principali mercati esteri completano il poker di segni positivi. Da gennaio a settembre 2015, cresce del 10,36% la quota Il Progetto Futur-e si basa su valorizzazione e riqualificazione degli impianti meno efficienti, alcuni dei quali non producono da tempo i è conclusa la vendita del sito Enel di Porto Marghera. La centrale termoelettrica “Giuseppe Volpi”, alimentata a carbone e sostanzialmente inattiva da circa 3 anni, è stata venduta, insieme all’area circostante, a tre soggetti già presenti con le loro attività nell’area industriale e che si occupano di logistica portuale, carpenteria metallica e impiantistica: Porto Invest Srl, Simic SpA e CITI srl. Si tratta del primo impianto Enel che viene dismesso all’interno del progetto Futur-e, che prevede la riqualificazione di 23 impianti termoelettrici, molti dei quali non più attivi. In funzione fino al 2012, la centrale “Giuseppe Volpi”, con una potenza di 140 MW, su un’area complessiva di circa 10 ettari, è andata limitando la propria produzione energetica a causa della diminuzione pro- S sul totale delle vendite in Europa (nei principali mercati di Belgio, Germania, Regno Unito e Francia). Stesso incremento con una crescita del 10.7% se si analizza il mercato extra Unione europea: Australia, Giappone, USA e Svizzera rispetto allo stesso periodo del 2014. Un andamento positivo anche per i prosciutti e i salumi friulani. La Wolf di Sauris, nota per le sue produzioni in alta Carnia, registra infatti un ottimo bilancio della sua presenza all’Esposizione che si è appena chiusa. I prodotti saurani Wolf, nel solo mese di ottobre, hanno messo a punto a Milano un vero record: affettati e serviti ai visitatori dell'Esposizione universale oltre 100 prosciutti Igp Sauris e 50 pancette arrotolate. “Un successo straordinario: la qualità, oltre che la tipicità dei nostri prodotti, sono stati apprezzati molto, con un ottimo ritorno - ha commentato Stefano Petris, ad della Wolf - anche dal punto di vista dell'immagine territoriale. Il Friuli Venezia Giulia è foriero di eccellenze, i nostri numeri, rappresentano una profonda conferma”. gressiva della domanda elettrica nazionale: nel 2013 e nel 2014 non è mai stata chiamata in servizio. Due dei tre acquirenti (CITI e Simic) svilupperanno nel sito nuovi insediamenti industriali, mentre il terzo (Porto Invest), anche tramite società collegate, amplierà le proprie capacità logistiche che già svolge in prossimità dell’area; gli investimenti associati a tali iniziative determineranno un importante indotto economico e occupazionale a beneficio dell’area di Porto Marghera, sia nella fase realizzativa, sia in quella di esercizio delle nuove attività industriali. Il Progetto Futur-e che Enel sta portando avanti vede l’azienda impegnata nella guida di un nuovo modello industriale, basato sulla valorizzazione e riqualificazione di quegli impianti meno efficienti, alcuni dei quali non producono già da diversi anni, anche nel ruolo di “capacità di riserva”. Impianti che non potrebbero tornare a produrre nemmeno se la domanda elettrica aumentasse. Si tratta di centrali (o parti di esse) che hanno esaurito il proprio ciclo di vita (o stanno per farlo) e la propria funzione. In Italia sono 23 i siti Enel oggetto di questa trasformazione, per una potenza installata complessiva di 13 GW (gigawatt): oltre a Porto Marghera (VE), Trino vercellese (VC), Alessandria, Genova, La Spezia, Carpi (MO), Porto Tolle (RO), Livorno, Piombino (LI), Camerata Picena (AN), Pietrafitta (PG), Gualdo Cattaneo (PG), Montalto di Castro (VT), Campo Marino (CB), Larino (CB), Maddaloni (CE), Giugliano (NA), Bari, Rossano Calabro (CS), Termini Imerese (PA), Augusta (SR), Porto Scuso (CI), Assemini (CA). j 10 Giovedì 5 novembre 2015 DALL’ITALIA CUNEO – LA PROTESTA DOPO I TAGLI ANNUNCIATI DALLA MULTINAZIONALE FRANCESE Chiusura Michelin, gli operai bloccano la statale Quasi seicento i lavoratori a rischio, di cui quattrocento nella sede di Fossano. Manifestazioni anche ad Alessandria anno bloccato la statale per protesta dopo aver saputo che perderanno il lavoro. Sono i circa quattrocento lavoratori del dello stabilimento Michelin di Fossano, in provincia di Cuneo. La multinazionale francese, presentando il nuovo piano di investimenti, aveva annunciato martedì la chiusura della sede entro il 2016. Ieri lo sciopero di quattro ore. Bandiere, interventi e un corteo che ha bloccato per circa un’ora la statale 28 di fronte alla fabbrica con striscioni cartelli, fischi e slogan. Presenti, oltre ai dipendenti di Fossano, anche i colleghi arrivati con un pullman a Cuneo e lavoratori solidali di altre aziende. Alla manifestazione ha partecipato il segretario della Fiom-Cgil, Maurizio Landini. “È una decisione inaccettabile – ha detto Landini durante il presidio davanti ai cancelli – Vogliamo aprire con l’azienda una discussione sul piano industriale, che finora non c’è stata. Non siamo disponibili ad accompagnare processi di chiusura di stabilimenti e licenziamenti. Se lo scordino. Finora ci sono stati solo annunci. È necessario che il gruppo Michelin si renda disponibile a fare una discussione vera su come gli investimenti e il processo di riorganizzazione possano ottenere due risultati: salvaguardare di tutto il ciclo produttivo nel Paese ed evitare licenziamenti. Oggi è importante dimostrare che non è solo un problema di Fossano, decideremo con H i lavoratori come proseguire”. Il segretario della Fiom aggiungendo che nello stabilimento cuneese “si fanno produzioni importanti, non si capisce perché si debba delocalizzare in altri luoghi”, ha poi invitato l’esecutivo ad intervenire: “Il governo dovrebbe agire senza che qualcuno glielo chieda. C'è una certa differenza tra l'immagine di un Paese che funziona e quello reale in cui si continua a delocalizzare”. Presente anche il sindaco Davide Sordella, che è stato contestato dai sindacati ma anche da alcuni lavoratori, per aver comunicato su Facebook la decisione dell’azienda francese di chiudere completamente lo stabilimento presente in città. Un comportamento ritenuto indelicato, dal momento che gli stessi lavoratori, non erano ancora a conoscenza del loro destino, anche se in realtà le voci circolavano da tempo. Dal canto suo il primo cittadino si è difeso dicendo si essere venuto a conoscenza della decisione lunedì. Ora i lavoratori chiedono comunque certezze per il futuro. “Ho già contattato i parlamentari del territorio, che si sono resi disponibili ad aiutarci con ogni mezzo” ha spiegato Sordella promettendo di seguire personalmente la situazione “Il territorio vi supporterà, la politica è l’unica risposta in situazioni come queste”. La Ugl ha inoltre proclamato altre 8 ore di sciopero, da pianificare a livello locale, “per sollecitare l’apertura di un confronto urgente con tutti i soggetti interessati”. Il piano strategico 2016-2020 del gruppo degli pneumatici, si ricorda, prevede il taglio di 578 posti nella Penisola (annunciata la chiusura anche degli stabilimenti di Oranienburg in Germania e Ballymena nell’Irlanda del Nord). A pagare il prezzo più alto è proprio lo stabilimento di Fossano, con oltre 400 lavoratori a rischio per la chiusura totale. Indicati inoltre 120 esuberi a Torino, 30 ad Alessandria e 28 a Tribano (Padova). Non sono mancate infatti le manifestazioni di protesta anche negli altri siti. Braccia incrociate a Spinetta Marengo (Alessandria) dove oltre ai 30 operai, le organizzazioni sindacali sono preoccupate anche le possibili ripercussioni del piano sui circa 160 lavoratori impiegati nel sito con contratto di somministrazione. Sciopero anche nello stabilimento di Ronchi, alle porte di Cuneo, dove non si sono presentati per il turno notturno in tanti, pare fino all'80%. Un gesto di solidarietà verso i loro colleghi. Mentre insomma i lavoratori sono in agitazione, la Michelin, che in Italia ha oltre 4mila dipendenti e realizza più del 10% della sua produzione europea, si è impegnata “ad assistere personalmente ogni dipendente nel trovare un impiego alternativo e implementerà un innovativo programma di supporto al ritorno al lavoro” che verrà “messo a punto con i sindacati nel corso delle prossime settimane”. Di certo centinaia di lavoratori rischiano, nel giro di un anno, di perdere lo stipendio. Il tutto mentre il Premier Renzi continua a vantarsi della ripresa economica, come sottolineato anche dal segretario della Lega Nord Matteo Salvini. “Altre 578 famiglie nell'angoscia – scrive su facebbok – alla faccia della ‘ripresa economica’. Io sarò, anche personalmente, al fianco di donne e uomini di queste fabbriche. Renzi, tu che sei al governo, che fai?”. Barbara Fruch MANTOVA AVELLINO Uccide il figlio disabile e si impicca Violenze in convento: la denuncia della suora Riprendono il prof: sospesa una classe ragedia della disperazione nel Mantovano. Un 88enne, Luigi Santachiara, ha ucciso il figlio disabile dalla nascita e poi si è ammazzato. È successo ieri mattina a Suzzara. Sono stati i vicini a trovare l’anziano impiccato al balcone di casa, lanciando l’allarme. Avvertiti i soccorsi, i vigili del fuoco, una volta sfondata la porta di casa, hanno trovato all’interno, steso sul letto, il cadavere del figlio Paolo, 51 anni, tetraplegico. A spingerlo a compiere il gesto sarebbero state proprio le condizioni del’uomo disabile dalla nascita, costretto su una carrozzina e attaccato al respiratore. Secondo quanto ricostruito all’alba di ieri, solo in casa, iolenze, abusi e addirittura prostituzione. Sono le accuse pesantissime lanciate da una ex suora del convento dei frati francescani dell’Immacolata di Frigento, in provincia di Avellino. Per dodici anni la donna ha vissuto nella comunità dove, come ha raccontato, sarebbero avvenute le presunte violenze. Su queste e altre testimonianze, contenute in un dossier, indaga la Procura di Avellino. Si parla anche di giri di denaro e d’istigazione alla prostituzione. “Ci mandavano da alcuni ‘benefattori’ molto ricchi – racconta una testimone – e ci chiedevano di essere accondiscendenti”. Addirittura anche le promesse di obbedienza sarebbero state scritte con il sangue. “La sera rima hanno filmato i professori durante le lezioni, poi hanno diffuso il video su Whatsapp, con tanto di ‘commentini’. Per questo sono stati sospesi 22 studenti di una scuola media di San Francesco al Campo (Torino). Per la vicenda, al momento, non è stata presentata alcuna denuncia. La preside, Adriana Veiluva, ha firmato il provvedimento dopo che un professore aveva sequestrato lo smartphone ad alcuni alunni. I ragazzi, in classe, stavano ridendo dell’insegnante e durante il controllo dei cellulari sono stati trovati vari filmati e immagini corredate da commenti ironici degli studenti. I provvedimenti sono di diversa entità: alcuni alunni sono stati sospesi per un giorno intero T l’88enne si sarebbe avvicinato al figlio, quell’uomo cha ha accudito tutta la vita, gli ha staccato il respiratore, mettendogli del nastro sulla bocca e sul naso e lasciandolo disteso nel letto. Poi sarebbe uscito sul balcone per impiccarsi. Vicino all’uomo è stato trovato un biglietto che lascia pochi dubbi sulla tragedia. “Scusate per il gesto folle” ha scritto l’anziano ai familiari. La moglie e madre, Selene Zaolini, 84 anni, quando è successo il fatto non era presente: è infatti ricoverata in ospedale. Motivo che forse avrebbe aumentato la preoccupazione dell’anziano che, con l’avanzare dell’età, temeva di non essere più in grado di accudire il figlio. B.F. V ci frustavamo con la disciplina, uno strumento con delle punte di ferro – emerge da un’altra testimonianza – Mentre lo facevamo dovevamo pregare e gli schizzi di sangue imbrattavano i muri. Portavamo anche un cuore fatto con dei chiodini. Lo mettevamo a contatto con la pelle. Io mi sono anche marchiata a fuoco due volte”. Tutte le accuse dovranno essere però verificate. In estate fu presentato un esposto alla procura dall’avvocato Giuseppe Sarno. In precedenza si era mosso anche un commissario apostolico del Vaticano, padre Fidenzio Volpi, che raccolse le testimonianze. Intanto dal convento si difendono. Si tratta solo di calunnie, sostiene padre Manelli, fondatore dell'istituto religioso. TORINO P mentre altri solo per qualche ora. Molti genitori, però, non hanno gradito l’intervento punitivo perché sostengono che il sequestro dei telefonini e la visione dei contenuti siano atti che violerebbero le leggi sulla privacy. Intanto la preside e gli insegnanti stanno valutando l’opportunità di organizzare incontri per tutti gli iscritti dell’istituto comprensivo sul corretto uso dei telefonini. “Il caso fa capire ancora di più quanto sia indispensabile la media education - afferma Luca Borgomeo, presidente dell'associazione di telespettatori cattolici Aiart - Lo studio delle nuove tecnologie è ancora molto limitato nelle nostre scuole”. Alcune studentesse inoltre si sarebbero fotografate tra loro nello spogliatoio. 11 Giovedì 5 novembre 2015 DALL’ITALIA RUBINETTI A SECCO A MESSINA Attivato il bypass, ma è ancora emergenza Nei prossimi giorni si aumenterà la portata fino al 50% ma per il ripristino della condotta ci vorranno diverse settimane. Disagi in particolare nella parte alta della città: autobotti nuovamente in funzione l bypass è stato attivato, ma alcune zone sono ancora a secco mentre per riparare il guasto all’acquedotto ci vorranno diverse settimane. Prosegue l’emergenza idrica a Messina, dopo la “nuova” rottura martedì della condotta a causa di una frana a Calatabiano. A partire dalle 21 di martedì sera l’Amam, l’azienda Meridionale acque di Messina, ha attivato il bypass tra la condotta di Fiumefreddo e quella Alcantara con una portata iniziale di 245 litri al secondo, che può essere aumentata fino a cinquecento litri al secondo. Un’operazione che consente di soddisfare quasi la metà del fabbisogno giornaliero della città. Notizia confermata anche dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, che ha spiegato come questo “consente di avere una portata d’acqua di 1/3 e nei prossimi tre giorni al 50%. La città bassa dovrebbe tornare alla normalità in 3 giorni, per la parte alta il lavoro è più complicato; si lavora alla sistemazione dell'acquedotto Fiumefreddo” ha affermato spiegando come la situazione sia “drammatica” in quanto “ormai 10 giorni manca l'acqua”. Anche ieri infatti ci sono stati problemi di approvvigionamento in particolare nelle parti alte della città. Diciotto autobotti, condotte da personale messo a disposizione anche I dall’ATM e dalla Città Metropolitana di Messina, hanno effettuato la distribuzione d’acqua nei quartieri dove si prevedono maggiori disagi. In campo è sceso nuovamente anche l’esercito, con cinque autobotti da 8mila litri. Come emerso dalla riunione in pre- fettura già martedì sarà necessario poter disporre di un numero notevolmente superiore di autobotti e si provvederà ad un ulteriore incremento delle risorse idriche tramite una nave cisterna della capacità di cinquemila tonnellate con immissione diretta nella rete cittadina ogni due giorni. L'organizzazione della distribuzione idrica sarà curata da una cabina di regia facente capo al Dirigente dell'Ispettorato Dipartimentale Foreste. Tra le priorità per i rifornimenti di acqua l’ospedale Papardo, per il quale è stata prevista per quanto possibile un'erogazione mirata. Di seguito, presidi ospedalieri minori, Case di Cura, mense dei poveri, scuole di ogni ordine e grado e fasce deboli attraverso attività di volontariato. Intanto la Protezione civile nazionale, congiuntamente alla Protezione civile regionale e comunale, sta provvedendo alla verifica dei luoghi a Calatabiano per la valutazione degli interventi più idonei alla risoluzione del movimento franoso che ha interessato la condotta dell’acquedotto comunale. “Sono in corso ulteriori accertamenti per verificare la possibilità di un immediato intervento di ripristino della condotta” ha detto il capo della Protezione civile della Regione Sicilia, Calogero Foti. Ma ci vorranno diversi giorni. “Si deve stabilizzare un versante, ci sono dei tempi tecnici di circa 1520 giorni. Ma non è certo perché quando di lavora su una frana ci sono degli studi e delle verifiche da fare”, osserva Curcio. Per l'intervento ci vorrà circa un milione di euro e complessivamente almeno un altro milione per il resto dei lavori di prima emergenza che dovrebbe arrivare anche dalla Protezione civile nazionale e regionale. Insomma chi pensava che a Messina l'emergenza idrica fosse ormai stata risolta dopo 10 giorni di disagi si è dovuto ricredere già da martedì. E pare che la situazione sia tutt’altro che provvisoria. Barbara Fruch IL GIUDICE DI ASTI HA ACCOLTO LA RICHIESTA DEL PM Caso Ceste, Buoninconti condannato a trent’anni Riconosciuto anche il risarcimento ai familiari. Ma l’uomo si continua a professare innocente: ‘Elena si allontanò da sola, non stava bene”. E i legali annunciano il ricorso MILANO Rapine con pestaggi: presa gang di egiziani anno commesso quindici rapine negli ultimi quindici giorni. Protagonisti quattro ragazzi egiziani, di cui due minorenni, che sono stati fermati dalla Polizia di Milano. Si tratta di un 21enne, un 20enne e due 17enni. Secondo quanto trapelato la baby-gand agiva nella zona semicentrale tra parco Solari, via Bocconi e via Castelbarco e colpiva con estrema violenza. Utilizzavano sempre lo stesso modus operandi: puntavano un passante, lo circondavano, lo minacciavano coltello alla gola e si facevano consegnare i suoi averi. Per chi mostrava qualche esitazione scattava il pestaggio. Bottino: portafogli, cellulari e tablet. H Quindici le rapine perpetrate, durante alcune delle quali si sono realizzati episodi di violenza, culminate almeno in un caso in trauma cranico per la vittima. Le indagini sono partite proprio grazie alle descrizioni delle vittime e in seguito con un pattugliamento in borghese delle zone già colpite dalla gang. I quattro, tutti con precedenti, residenti in Italia da almeno 3 anni e senza fissa, sono stati arrestati la notte di Halloween dopo giorni di appostamenti. Uno di loro ha provato a fare resistenza coinvolgendo altri passeggeri ma non ci sono stati feriti. Il gip ieri ha convalidato l’arresto. L’accusa è di rapina aggravata in concorso. rent’anni di carcere per aver ucciso la moglie Elena Ceste. È la condanna inflitta ieri a Michele Buoninconti. Lo ha deciso il gup di Asti Roberto Amerio, che riconoscendo l’imputato colpevole dell’omicidio volontario premeditato e di occultamento di cadavere, ha accolto la richiesta del pm Laura Deodato del massimo della pena in un processo con rito abbreviato. Il togato ha inoltre stabilito un risarcimento alla famiglia della vittima: 300mila euro per ciascuno dei quattro figli, 180mila euro per i genitori e la sorella, e di 50mila euro per il cognato. Soddisfazione è stata espressa proprio famigliari della donna, la casalinga di Costigliole d’Asti, scomparsa da casa il 24 gennaio 2014 e ritrovata cadavere nove mesi dopo. “I genitori, Lucia e Franco, sono provati, si sono messi a piangere durante la lettura della sentenza perché pensavano ai figli di Elena a cui dovranno spiegare, tra poco, quanto deciso dal tribunale – hanno spiegato i legali della famiglia Ceste, gli avvocati Deborah Abate Zaro e Carlo Tabbia – Siamo assolutamente soddisfatti perché è stato condannato al massimo della pena. La famiglia è soddisfatta ma ha una grande delusione nel cuore perché c’è la consapevolezza che Michele ha ucciso Elena”. L’uomo, dal canto suo, si era sempre dichiarato innocente, come ha ribadito anche ieri in aula al tribunale della città piemontese, nell’udienza T che si è chiusa con la sua condanna. “Elena è morta per una tragica fatalità, sono vittima di un errore giudiziario. Sono innocente” aveva detto Buoninconti, leggendo anche un passo della Bibbia, la storia di Susanna dell’Antico Testamento, e commuovendosi quando ha ricordato i figli. “Signor Giudice, io mi trovo davanti a lei senza un motivo vero, non c’è alcuna certezza che mia moglie sia stata uccisa e la procura non può provarlo, né ora, né mai, semplicemente perché non è accaduto. Ci vogliono le prove per condannare un uomo - ha aggiunto leggendo un testo di cinque pagine e la procura non le ha perché non esistono, non si può trasformare a piacimento un innocente in un colpevole, tra l'altro, di un omicidio che non c'è stato”. “Elena delirava e sentiva le voci quella notte e si picchiava in testa - ha sostenuto l’uomo non me lo sono inventato, questa crisi psicotica si ascrive perfettamente nel quadro dei suoi disturbi precedenti, quei disturbi di ottobre e novembre, li chiami crisi psicotica come l'accusa o pensieri ossessivi persecutori come la consulente della difesa”. Buoninconti si è poi soffermato su quel 24 gennaio 2014, giorno della scomparsa di Elena Ceste. “Quella mattina con i miei figli ho lasciato Elena a casa verso le 8.10 e, circa 35 minuti dopo, Elena non c’era più e la casa era nelle stesse condizioni in cui l'avevo lasciata, nonostante Elena fosse rimasta per fare le faccende domestiche” ha detto spiegando “Elena non stava bene, per questo non accompagnò i bambini a scuola quella mattina, per questo saremmo dovuti andare dal dottore e per questo si allontanò”. Fu proprio il marito ad avvertire i carabinieri, la mattina del 24 gennaio 2014, raccontando che la donna era uscita di casa in stato confusionale, allontanandosi a piedi completamente nuda. I vestiti, perfettamente piegati, furono ritrovati a casa, insieme agli occhiali da vista. Si moltiplicarono gli avvistamenti, ma si rivelarono tutti inattendibili finché, il 18 ottobre, un cadavere in avanzato stato di decomposizione fu ritrovato in un canale di scolo a Isola d'Asti, a due chilometri dalla casa di Elena Ceste. Il marito Michele Buoninconti fu indagato per omicidio volontario, poi arrestato nel gennaio 2015. Ieri la condanna Ora i legali aspettano le motivazioni per poi fare ricorso. “Buoninconti rivendica la sua innocenza - ha dichiarato il suo legale, Giuseppe Marazzita - Riteniamo che il reato non ci sia stato per cui ci aspettavamo l'assoluzione. Sapevamo fosse un processo complesso per il condizionamento mediatico. Michele sperava in un risultato positivo, noi lo abbiamo tranquillizzato sul suo eccessivo ottimismo. Tra novanta giorni leggeremo le motivazioni della sentenza e valuteremo come impostare il ricorso. Andremo in Appello e, se necessario, in Cassazione”. B.F. 12 Giovedì 5 novembre 2015 SOCIETA’ MUSICA CONTROCORRENTE PROSEGUE SPEDITO IL CAMMINO ARTISTICO DELL’EDIZIONE NUMERO 11 In tredici per la finalissima l teatro del CET di Mogol si è svolta la seconda della semifinale di Musica Controcorrente, il concorso giunto alla sua XI^ Edizione. Tredici artisti provenienti da tutti le parti d’Italia si sono avvicendati sul palco per conquistare una borsa di studio al CET di Mogol, sei notti a Marrakesh e lo stage di “Casamusica” di Luca Angelosanti e Francesco Morettini un duo, composto da un autore e compositore, che di successi ne ha firmati tanti. Ha aperto la serata un gruppo del nord, il consolidato “Effetto Primacy”, con una performance molto intensa e di certo articolata con tre chitarre elettriche, batteria e basso e, alla voce solista Jacopo Bettinotti. A seguire la più giovane, Sara Caldora Emanuela; quindi il bolognese Michele Viviani con la sua “ Memoria viva”. Pamela D’Amico, da poco rientrata dalla sua tournee brasiliana a seguire, ma anche ad anticipare l’esibizione dell’abruzzese Simone Flammini. Poi è stata la volta di Lucio Matricardi con “Cielo di marmo e di vetro” e di Pamela Placitelli della provincia di Latina. Con il brano “Noia” la performance, davvero di rilievo, della cantautrice e pianista Michela Franceschina che ha preceduto l’esibizione del siciliano Vincenzo Nicosia con un testo toccante sul Padre. Dalla Campania Massimo Sorgente A ARRIVA “TRACCE DI LIBERTÀ” Il primo Pino Daniele, compresi alcuni inediti primi 3 album di Pino Daniele con le versioni alternative, le prime stesure dei brani, i provini e i brani inediti mai ascoltati: questo è "Tracce di libertà”, un vero e proprio documento che racconta il percorso artistico e umano del cantautore napoletano, in uscita il 4 dicembre per Universal Music Italia in collaborazione con Blue Drag Publishing. Dalle vicissitudini della realizzazione di "Terra mia" (1977) alla nascita delle prime canzoni, dai provini ai brani inediti che non furono inseriti nelle tracklist originali, da "Pino Daniele" (1979) a "Nero a metà” (1980): "Tracce di liberta” permette di vivere e respirare il percorso che ha portato quel ragazzone di Santa Maria la Nova al palcoscenico internazionale, tracciando un ritratto unico di un giovane Pino Daniele, anche attraverso le testimonianze e le immagini inedite raccolte in un libro di 60 pagine. L'album sarà disponibile nelle seguenti versioni: I giunto in Umbria con tutta la sua numerosa e deliziosa famiglia, la moglie e 4 figlie delle quali due sul palco, per il riarrangiamento del brano di Mogol con un brano, “Tonino”, che narra di una delle realtà di lavoro minorile del dopoguerra. Infine la splendida esibizione della toscana Tina Quaranta con il suo “ Inchino”, omaggio dell’artista che si piega dinanzi al suo pubblico. La serata si è conclusa con una vibrante ed energica interpretazione del gruppo di Davide Battisti proveniente dalla Valsugana e portatori di una ventata di rock con la loro Tequila invecchiata. Infine, il maestro Francesco Valente che ha accompagnato una promessa della musica Italiana, la ternana Valeria Crescenzi, già vincitrice in un’edizione precedente di Musica Controcorrente con una pregevole interpretazione di “ la Nevicata del 56” in una della ultime apparizioni del suo autore, l’indimenticabile Franco Califano. Una seconda serata di musica d’au- - Super Deluxe: 6 CD + libro di 60 pagine con foto inedite, aneddoti, curiosità e testi biografici. Contiene 6 brani inediti degli anni '70 ("Napule se scet' sotto 'o sole", "Mannaggia 'a morte", "Stappistopota", "Figliemo è nu buono guaglione", "Na voglia 'e jastemma" ed un brano strumentale senza titolo); - Deluxe: 3 CD + booklet di 60 pagine con foto inedite, aneddoti, curiosità e testi biografici. Contiene 1 brano inedito degli anni '70 ("Na voglia ''e jastemma"); - Digitale: contenuti audio della versione Deluxe + digital booklet con 6 foto inedite. tore che fa presagire una finale piena di sorprese perché la giuria avrà davvero un difficile compito nello scegliere i vincitori. COINVOLTO UN COMPAGNO DELLA NAZIONALE Ricatto a luci rosse, arrestato Benzema resunto ricatto a luci rosse ai danni del compagno di Nazionale Mathieu Valbuena: arrestato Karim Benzema. Clamoroso colpo di scena nello scandalo che vede coinvolto il centrocampista dell’Olympique Lione. L’attaccante del Real Madrid è stato posto in stato di fermo dalla polizia francese perché sospettato di essere tra i protagonisti del tentativo di estorsione ai danni del folletto francese immortalato in un video hard con la propria compagna. Ben 150 mila euro, questa la cifra che la stella dei Blues, insieme ai suoi presunti complici, avrebbe chiesto al regista dei transalpini per non mettere in mondovisione quel filmato bollente che avrebbe suscitato un vero e proprio scandalo. E così la stella dei Blues è stato preso in custodia dalla polizia giudiziaria di Versailles P salvo poi essere interrogato dagli inquirenti. Per lo stesso motivo, il 13 ottobre scorso, era stato fermato pure l’ex giocatore della Lazio, Djibril Cissè, rilasciato poche ore dopo – con tanto di scuse – perché considerato “in buona fede”. Si arricchisce dell’ennesimo capitolo il giallo a luci rosse che sta scuotendo la Nazionale francese di calcio. E a farne le spese questa volta è l’asso dei Blancos. Già finito nel mirino della giustizia (nel 2013) transalpina per sfruttamento della prostituzione, insieme a Frank Ribery, perché accusati di aver fatto sesso con una prostituta all’epoca minorenne, Zahia Dehar. Un caso che aveva sconvolto un’intera nazione, conclusosi con l’assoluzione di entrambi i fuoriclasse per insufficienza di prove. Da un’inchiesta passionale all’altra: Benzema ancora nei F.Co. guai.