SUPERFLUIDIT`A OLTRE LA TEORIA BCS
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SUPERFLUIDIT`A OLTRE LA TEORIA BCS
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI FACOLTÀ DI SCIENZE MM.FF.NN. CORSO DI LAUREA DI II LIVELLO IN FISICA TESI DI LAUREA IN FISICA TEORICA SUPERFLUIDITÀ OLTRE LA TEORIA BCS Relatore: Chiar.mo Prof. Giuseppe NARDULLI Laureanda: Dr.ssa Floriana GIANNUZZI Anno Accademico 2005/2006 Indice 1 Introduzione: Superfluidità e superconduttività al di là della teoria di campo medio 5 2 Superfluidi a bassa temperatura 2.1 La teoria BCS . . . . . . . . . . . . 2.2 Condensazione di Bose-Einstein . . 2.3 Evidenze sperimentali della BEC su 2.4 Risonanza di Feshbach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . atomi bosonici . . . . . . . . . 3 Superconduttori ad alta temperatura 3.1 Crossover BCS-BEC Modello non relativistico in 2D e 3D . . . . 3.2 Crossover BCS-BEC Modello non relativistico in 2D e 3D . . . . 3.2.1 Studio di un modello bidimensionale 3.2.2 Studio di un modello tridimensionale 3.2.3 Pseudogap . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Transizione BKT . . . . . . . . . . . . . . . 4 Superfluidità di sistemi non omogenei 4.1 Gas di Fermi costituiti da due specie . 4.1.1 Fase di Breached Pairing . . . . 4.1.2 Fase FFLO . . . . . . . . . . . 4.1.3 Diagramma di fase . . . . . . . 4.2 Tre specie interagenti . . . . . . . . . . 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 12 18 21 28 34 . . . . . . . . . . . 37 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 38 49 52 55 . . . . . 61 61 63 68 77 81 4.2.1 4.2.2 Tre specie con costanti d’interazione diverse . . . . . . . 81 Tre specie con potenziali chimici diversi . . . . . . . . . . 94 5 Conclusioni 99 A Il punto di Lifshitz 101 B Analisi con il gruppo di rinormalizzazione 105 C Cenni sulla teoria di Eliashberg 109 Bibliografia 114 3 Capitolo 1 Introduzione: Superfluidità e superconduttività al di là della teoria di campo medio La superconduttività fu scoperta nel 1911 dal fisico olandese Kamerlingh Onnes, mentre eseguiva una serie di esperimenti in condizioni di basse temperature. Egli notò che il mercurio, portato a temperature inferiori a 4K, diventa superconduttore, cioè in grado di trasportare corrente elettrica senza resistenza e senza perdite energetiche. Tale comportamento non era mai stato osservato prima di tale data poiché mancavano le tecniche sperimentali per il raggiungimento delle basse temperature alle quali il fenomeno si manifesta. Successivamente cominciarono gli studi in questo campo, sia per trovare un modello teorico per la descrizione microscopica del fenomeno, sia nella ricerca di nuovi materiali che potessero presentare le stesse proprietà superconduttive a temperature più alte di quelle fino ad allora osservate, quindi più facilmente riproducibili sperimentalmente, soprattutto in vista di applicazioni pratiche. Il fisico R. Gavaler scoprı̀ che il Nb3 Ge diventa superconduttore a 23K e furono scoperti altri materiali con temperature critiche dello stesso ordine. I primi superconduttori scoperti furono classificati come superconduttori di I tipo mentre questi ultimi come superconduttori di II tipo. Oltre alla temperatura critica, c’è un’altra fondamentale differenza fra queste due generazioni 4 e riguarda il loro comportamento in presenza di un campo magnetico esterno: mentre i primi hanno la caratteristica di espellere dal loro interno il campo magnetico durante la fase superconduttiva, se la sua intensità non supera un certo valore critico, i secondi, invece, sono caratterizzati da due campi magnetici critici e permettono una parziale penetrazione delle linee di flusso del campo nel range intermedio fra questi due valori. Nei primi, si verifica una transizione di fase del primo ordine quando il campo magnetico supera il valore critico, mentre nei secondi una transizione di fase del secondo ordine all’aumentare dell’intensità del campo magnetico, dal primo valore critico al secondo, al di là del quale il materiale torna nello stato normale. Nel 1986 G. Bednorz e K. A. Muller scoprirono che l’ “LBCO”, un ossido di lantanio, bario e rame, diventa superconduttore a circa 35K; data la rilevanza della scoperta, i due fisici ricevettero il premio Nobel per la Fisica del 1987. Oggi si conoscono materiali che diventano superconduttori a temperature intorno ai 100K; questi materiali, sono stati battezzati col nome di HTSC, High Temperature Superconductors, e sono costituiti da ossidi (spesso ossido di rame) e da metalli prevalentemente delle terre rare. In questi ultimi venti anni, successivi alla scoperta degli HTSC, lo studio della superconduttività ha avuto un grande sviluppo. Questo evento ha, infatti, da una parte, stimolato la ricerca sperimentale, rendendo più facilmente riproducibili gli esperimenti sulla superconduttività, e, dall’altra, ha stimolato la ricerca teorica, che, fino a quel momento, aveva previsto temperature critiche al massimo di 20K, mentre si scopriva che la superconduttività era possibile già a 100K. Un’ulteriore stimolo alle ricerche in questo campo è stato generato dagli studi sulla condensazione di Bose-Einstein (BEC) in atomi ultrafreddi. Nel 1995 si ebbe la prima osservazione di un condensato di bosoni presso i laboratori del JILA, negli Stati Uniti , mediante tecniche che consentono il raffreddamento del gas a bassissime temperature e contemporaneamente ne evitano la liquefazione. Il fenomeno della condensazione era stato previsto già dal 1925 da Einstein e Bose ma, fino a dieci anni fa, le ricerche sperimentali erano basate solo sull’osservazione della superfluidità, che avviene in liquidi quantistici e può pertanto avere caratteristiche diverse rispetto alla condensazione di Bose5 Einstein. Recentemente, invece, sono stati effettuati studi sulla condensazione prima in gas bosonici e, successivamente, in gas fermionici. Come si è detto, la BEC è stata osservata in atomi ultrafreddi, cioè gas di atomi che, a basse temperature (100 nK), hanno una transizione di fase e formano un condensato. Con questi materiali, si possono effettuare esperimenti in cui si può far variare la temperatura, la densità e l’intensità d’interazione, cambiando semplicemente il campo magnetico esterno, sfruttando un metodo detto risonanza di Feshbach: si può in questo modo studiare il comportamento del gas in diverse condizioni e, in particolare, il passaggio fra regimi in cui le particelle in un gas sono debolmente interagenti, come accade nei superconduttori metallici a basse temperature, a regimi in cui esse sono fortemente interagenti, come accade nella BEC. D’altra parte, l’importanza dell’analisi del crossover fra queste due regioni, risiede nel fatto che si ritiene che i nuovi materiali superconduttori ad alta temperatura siano proprio in questo stato intermedio. A conferma di questa ipotesi, c’è il fatto che gli HTSC hanno caratteristiche intermedie fra quelle dei due limiti e che il passaggio da un limte all’altro avviene, come dimostreremo, in maniera continua, attraverso un crossover. La necessità di nuovi studi teorici in materia di superconduttività è dovuta alla inadeguatezza della teoria di Bardeen, Cooper e Schrieffer nello spiegare le caratteristiche dei nuovi superconduttori. Ricordiamo che la teoria BCS, introdotta nel 1957, è stata la prima teoria microscopica della superconduttività metallica ed è risultata una teoria straordinariamente efficace nella spiegazione di questo fenomeno per questa classe di materiali. Secondo la teoria BCS, durante la fase superconduttiva, i portatori della corrente elettrica sono coppie di elettroni debolmente legati, chiamate coppie di Cooper. Esse, per scambiare energia con gli ioni del reticolo, devono superare una barriera energetica (gap) e quindi non possono dissipare energia. I modelli precedenti alla teoria BCS avevano avuto carattere più fenome6 nologico. Ad esempio, i fisici F. e H. London scrissero delle equazioni in grado di descrivere il comportamento dei superconduttori in presenza di un campo magnetico. Successivamente, nel 1950, Ginzburg e Landau costruirono una teoria che descrive la transizione di fase del secondo ordine che avviene nel passaggio dallo stato normale a quello superconduttivo. Nel 1959 Gor’kov riuscı̀ a unificare la teoria BCS e quella di Ginzburg-Landau, mostrando che il gap energetico, introdotto dalla teoria BCS, è proporzionale alla funzione d’onda di Ginzburg-Landau. Nel 1957 Abrikosov costruı̀ una teoria per spiegare il comportamento dei superconduttori di II tipo. Per gli HTSC non c’è ancora una teoria completa. Come già sottolineato, sembra che essi siano in un regime intermedio fra quello relativo alla teoria BCS e quello relativo alla condensazione di Bose-Einstein(BEC). Lo scopo della tesi è quello di presentare alcuni sviluppi teorici recenti in questo campo. Questi sviluppi hanno riguardato sia alcune caratteristiche peculiari dei superconduttori ad alta temperatura, come la presenza di uno pseudogap nello spettro di energia dello stato normale o la loro maggiore lunghezza di correlazione, sia la superconduttività degli atomi freddi, per esempio di atomi bosonici, come il 7 Li, o fermionici, come il 6 Li e il 40 K. Quanto detto, quindi, suggerisce che, per descrivere i nuovi superconduttori, non è più possibile utilizzare un modello basato sulle due ipotesi fondamentali della teoria BCS, ovvero l’ipotesi di accoppiamento debole fra le particelle e l’approssimazione di campo medio. La prima ipotesi va superata poiché, come già sottolineato, le particelle nei nuovi superconduttori hanno accoppiamenti più forti. La seconda ipotesi va superata poiché le fluttuazioni del parametro d’ordine per accoppiamenti più forti diventano importanti e determinano lo pseudogap osservato. Nella tesi si passeranno in rassegna alcuni studi recenti riguardanti i metodi per andare al di là dell’accoppiamento debole, per descrivere il crossover e per superare l’approssimazione di campo medio, mediante l’introduzione nell’Hamiltoniana della teoria di termini contenenti le fluttuazioni del parametro d’ordine. 7 La descrizione del crossover sarà poi estesa al caso di sistemi non omogenei, costituiti cioè da atomi diversi. Per questi si presentano altre possibili fasi, oltre alla fase normale e quella condensata, cioè la fase di Breached Pairing e la fase FFLO (Fulde-Ferrell-Larkin-Ovchinnikov). La prima è caratterizzata dalla contemporanea presenza di condensato e particelle nello stato normale e generalizza la fase BEC per sistemi non omogenei. La seconda è caratterizzata da coppie di Cooper con impulso totale non nullo e generalizza la fase BCS. Inoltre, si sono analizzate le fasi BEC e BCS per sistemi costituiti da tre specie di atomi fermionici. In questo caso lo scopo è capire quali accoppiamenti sono favoriti al variare del potenziale chimico delle specie o delle costanti di accoppiamento che caratterizzano le tre possibili interazioni binarie degli atomi fermionici. Sottolineiamo che questa generalizzazione è necessaria perché l’Hamiltoniana di Hubbard, che è la più semplice Hamiltoniana utilizzata per questi sistemi, prevede sempre un’interazione fra specie diverse (nel caso più semplice, come nella teoria BCS, fra elettroni di spin opposto). Vogliamo infine sottolineare che la BEC si verifica in molti campi della fisica, non solo nella materia condensata. Ad esempio, fenomeni simili sono noti in fisica nucleare, delle particelle elementari e in astrofisica. Essa è prevista anche dalla QCD, in cui sono coppie di q q̄ (a basse densità) e qq (ad alte densità) a condensare. In tabella sono elencati alcuni sistemi di bosoni che mostrano il fenomeno della superfluidità. La tesi è organizzata nel modo seguente. Nei primi due paragrafi del capitolo 2 sono richiamati i concetti fondamentali della teoria BCS e della BEC. Nel primo paragrafo è descritto il modello introdotto da Berdeen, Cooper e Schrieffer e i risultati che esso prevede, mentre nel secondo sono riportati gli argomenti statistici che provano il fenomeno della condensazione dei bosoni a basse temperature. 8 Tabella 1.1: Alcuni sistemi di bosoni in cui avviene il fenomeno della condensazione. Particella coppia di Cooper Composta da e− e− in metalli manifestazione coerenza superconduttività coppia di Cooper h+ h+ ossidi di rame He2+ 2e− 4 He superconduttività ad alta temperatura superfluidità He 2(3 He2+ 2e− ) 3 He superfluidità condensati chirali hq̄qi vuoto condensato di colore hqqi stelle compatte struttura delle particelle elem. rottura SU(3)c 4 He 3 4 Nel paragrafo successivo sono descritte le tecniche sperimentali introdotte negli ultimi dieci anni per realizzare un condensato di bosoni. Il procedimento che oggi si utilizza prevede più fasi, che hanno l’obiettivo di raffreddare e intrappolare il gas: all’inizio, c’è una fase di raffreddamento, mediante luce laser, e, contemporaneamente, di intrappolamento mediante un campo magnetico esterno; poi il gas viene messo all’interno di una trappola magnetica e infine viene fatto evaporare, per abbassare ulteriormente la sua temperatura. Nell’ultimo paragrafo, è descritta la risonanza di Feshbach, tecnica mediante la quale è possibile variare l’interazione fra le particelle di un gas fermionico cambiando il campo magnetico esterno. L’importanza di questa tecnica in questo contesto è dovuta al fatto che essa offre la possibilità di studiare il crossover fra la regione BCS e quella BEC. Nel capitolo 3 sono descritti i superconduttori ad alta temperatura, cioè gli HTSC. È trattato il modello di Hubbard bidimensionale e tridimensionale in approssimazione di campo medio, a T=0, per la descrizione teorica del crossover BCS-BEC. Si giustifica il motivo per cui questo passaggio viene indicato come un crossover e perché gli HTSC possono essere descritti da tale 9 modello. Sono inoltre ricavate l’equazione di gap e quella per il numero medio di particelle, valide per qualsiasi valore della costante d’interazione: entrambe le equazioni sono quindi in grado di descrivere sia il regime BCS, sia il regime BEC (con risultati compatibili con quelli già noti) ed anche la regione intermedia, che interessa gli HTSC. In seguito sono riportati i risultati previsti dal modello a temperature finite e quando si abbandona l’approssimazione di campo medio. In particolare, viene descritto lo pseudogap e la transizione di Berezinskii-Kosterlitz-Thouless, che si verifica quando diventano importanti le fluttuazioni termiche nel sistema. Nel capitolo 4 vengono descritti gas non omogenei, costituiti da atomi di specie diverse. Inizialmente è affrontato il caso di due specie: si analizza il comportamento del sistema quando la differenza dei potenziali chimici delle due specie diventa sempre più grande. Vengono determinati i limiti a cui la fase BEC e quella BCS non sono più stabili e sono descritte le fasi che si possono presentare, oltre allo stato normale, quando il condensato viene rotto. Sono riportati i diagrammi di fase che rappresentano la fase del sistema in funzione della differenza dei potenziali chimici. Successivamente è trattato il caso di tre specie, nell’ipotesi che due dei tre accoppiamenti che si possono stabilire fra atomi di specie diverse siano descritti dalla stessa costante d’interazione mentre l’altro è descritto da una costante diversa. Si è determinato quali coppie si formano per diversi valori delle due costanti d’accoppiamento e, successivamente, per diversi valori dei potenziali chimici. 10 Capitolo 2 Superfluidi a bassa temperatura 2.1 La teoria BCS La teoria BCS è stata formulata nel 1957 dai fisici J. Bardeen, L. N. Cooper e J. R. Schrieffer [1]. Essa rappresenta storicamente la prima interpretazione microscopica del fenomeno della superconduttività. Alla base di questa teoria c’è l’idea che nei superconduttori la corrente elettrica viene trasportata da coppie di elettroni, debolmente legati, che possono muoversi nel metallo senza urtare gli ioni e quindi senza perdite di energia. Queste coppie hanno il nome di coppie di Cooper, essendo state ipotizzate per la prima volta da Cooper in un lavoro del 1956 [2]. In questo lavoro egli dimostra che, in presenza di un’interazione attrattiva fra gli elettroni, arbitrariamente piccola, lo stato fondamentale diventa instabile rispetto alla formazione di coppie di elettroni. Poiché uno stato legato di due elettroni segue la statistica di Bose-Einstein, esso può condensare: da qui ha origine la superconduttività. Nei metalli l’interazione attrattiva, che è alla base di questo fenomeno e che deve competere con la repulsione coulombiana, ha origine dall’interazione dei due elettroni con gli ioni del reticolo. Questa interazione può essere descritta nel modo seguente: un elettrone, muovendosi all’interno del reticolo cristallino, crea una distorsione del reticolo a causa dell’attrazione che esercita sugli ioni positivi che lo costituiscono; se questa distorsione persiste per un tempo finito, 11 può essere sentita da un secondo elettrone in moto, che quindi risulta debolmente attratto dal primo. Poiché l’energia che tiene unita la coppia è molto piccola, è sufficiente innalzare la temperatura anche di poco per separare gli elettroni: esiste cioè una temperatura critica al di sopra della quale le coppie si rompono e il metallo non è più superconduttore. Dal punto di vista quanto-meccanico, questa interazione viene mediata dai fononi, i quanti delle vibrazioni degli atomi di un reticolo, aventi massa nulla e spin 1. Si tratta di un’interazione debole, che coinvolge solo gli elettroni con impulso vicino all’impulso di Fermi: solo questi possono essere eccitati negli stati vuoti che si trovano al di là della superficie di Fermi, mentre gli elettroni più interni non riusciranno a guadagnare abbastanza energia per l’eccitazione. Le coppie di Cooper sono caratterizzate da un’estensione nello spazio molto più grande rispetto alla distanza media fra le particelle nel metallo e sono formate da elettroni aventi spin e impulso opposti. L’argomento con cui si può dimostrare che solo elettroni con impulsi opposti riescono ad accoppiarsi è riportato nell’Appendice B. Analizziamo il modello BCS in dettaglio: consideriamo un gas di Fermi quasi degenere, quindi a basse temperature e alte densità, in cui è presente un potenziale attrattivo fra le particelle. Introduciamo gli operatori a†p,α e ap,α , che, rispettivamente, creano e distruggono un elettrone di impulso p e spin α (↑ o ↓). Essi verificano regole di anticommutazione: n a†p,α , ap0 ,β o = δ(α − β)δ(p − p0 ) {a†p,α , a†p0 ,β } = 0 {ap,α , ap0 ,β } = 0 12 L’Hamiltoniana del sistema è: X † p2 − µ a†p,α ap,α − g ap0 ,+ a†−p0 ,− a−p,− ap,+ 2m p,p0 ! H − µN = X p,α (2.1) in cui N= X a†p,α ap,α p,α è l’operatore numero di particelle, introdotto, attraverso il moltiplicatore di Lagrange µ, poiché si considera il gas di elettroni come un sistema con numero variabile di particelle. Se si impone la condizione che hN i sia uguale al numero di particelle del sistema, allora µ assume il significato di potenziale chimico e si ottiene un’equazione che lo determina. g è la costante di accoppiamento e rappresenta l’intensità dell’interazione fra un elettrone di impulso p e spin ↑ e un elettrone di impulso -p e spin ↓ che, dopo l’interazione, avranno impulso p0 e −p0 e spin ↑ e ↓; si può definire la lunghezza di scattering a < 0 a partire dalla costante di accoppiamento: 4π|a| . m g= Il modello considera solo interazioni fra elettroni che si trovano entro un piccolo guscio intorno alla superficie di Fermi, con spin antiparalleli e impulsi opposti perché queste danno i contributi fondamentali all’Hamiltoniana, mentre gli altri sono trascurabili. Se siamo in regime di accoppiamento debole, si può fare l’approssimazione di campo medio, che consiste nel trascurare le fluttuazioni del prodotto di due operatori di creazione o distruzione intorno al valor medio, cioè: D a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ a−p,↓ ap,↑ = a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ − a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ D E E (a−p,↓ ap,↑ − ha−p,↓ ap,↑ i) + D E +a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ ha−p,↓ ap,↑ i + a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ a−p,↓ ap,↑ − a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ ha−p,↓ ap,↑ i ≈ D E D E ≈ +a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ ha−p,↓ ap,↑ i + a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ a−p,↓ ap,↑ − a†p0 ,↑ a†−p0 ,↓ ha−p,↓ ap,↑ i . 13 Introduciamo la seguente grandezza: ∆=g X hap,↑ a−p,↓ i (2.2) p che rappresenta la funzione d’onda del condensato. Se utilizziamo l’approssimazione di campo medio, l’Hamiltoniana diventa quadratica: X p2 − µ a†p,α ap,α − ∆a†p,↑ a†−p,↓ + ∆∗ a−p,↓ ap,↑ 2m p ! H − µN = X p,α e, scritta in forma matriciale, può essere diagonalizzata, ottenendo: Ep 0 U † HU = 0 −Ep r 2 2 p con ±Ep = ± 2m − µ + |∆|2 autovalori della matrice H. Possiamo supporre che ∆ sia reale, attraverso un’opportuna definizione dei valori di aspettazione. La matrice U che diagonalizza l’Hamiltoniana definisce i nuovi operatori bp,α e b†p,α : bp,↑ ap,↑ = U† † † b−p,↓ a−p,↓ up vp∗ U = −vp∗ u∗p dove up e vp sono gli autovettori dell’Hamiltoniana: |up |2 = 1 1+ 2 p2 2m − µ Ep |vp |2 = tali che |up |2 + |vp |2 = 1. 14 1 1− 2 p2 2m − µ Ep Essi verificano le stesse regole di anticommutazione degli operatori a, a† e assumono il significato di operatori di creazione e distruzione di quasi-particelle fermioniche, che corrispondono alle eccitazioni rispetto allo stato fondamentale. L’Hamiltoniana diventa, in funzione di questi nuovi operatori: H= X Ep b†p,↑ bp,↑ + b†−p,↓ b−p,↓ . p Ep definisce lo spettro energetico delle quasi-particelle, riportato in figura 2.1. Ep D Ξp -D Figura 2.1: Spettro di energia. Le linee tratteggiate rappresentano lo spettro dello stato normale mentre la curva continua rappresenta lo spettro delle quasi particelle. ξp = p2 /2m − µ. Come mostra la figura 2.1, ∆ rappresenta il gap energetico fra il minimo dello spettro e lo zero, cioè la quantità di energia che bisogna fornire per creare una quasi-particella, ∆ funge da parametro d’ordine e ∆ 6= 0 caratterizza la fase superconduttiva. 15 Il passaggio dalla fase superconduttiva alla fase normale è una vera e propria transizione di fase. Infatti le due fasi sono caratterizzate da una rottura della simmetria U(1), che comporta anche l’effetto Meissner, cioè l’espulsione del campo magnetico dal superconduttore. Le quasi-particelle verificano, come detto, regole di anticommutazione e pertanto seguono la statistica di Fermi-Dirac, con µ = 0: D E b†p,↑ bp,↑ = f (Ep ) = D 1 1 + eβEp E b−p,↓ b†−p,↓ = 1 − f (Ep ). (2.3) Le relazioni che legano gli operatori a, a† ai nuovi operatori sono dette trasformazioni di Bogoliubov e si presentano nella forma seguente ap,↑ = up bp,↑ + vp∗ b†−p,↓ ap,↓ = up bp,↓ − vp∗ b†−p,↑ . Dalle 2.3, si ottiene: ha−p,↓ ap,↑ i = up vp∗ tanh ∆ βEp βEp = tanh 2 2Ep 2 e, dalla 3.2: ∆ = g2 X ∆ p 2Ep tanh βEp . 2 Trasformando la sommatoria in integrale sui valori dell’energia compresi entro il sottile guscio intorno all’energia di Fermi, si ottiene la gap equation: ∆=g 2 Z √ β E 2 + ∆2 ∆ tanh dE √ 2 2 E + ∆2 che lega il parametro di gap alla temperatura. La temperatura critica Tc che segna la transizione fra le due fasi si ottiene risolvendo la gap equation per ∆ = 0: per T < Tc si ha ∆ 6= 0 mentre per T ≥ Tc si ha ∆ = 0 e il sistema non è più nello stato superconduttivo. 16 Lo stato del sistema nella fase BCS è descritto dalla funzione d’onda: |ΨBCS i = (u∗p + vp∗ a†p,↑ a†−p,↓ ) |0i Y p dove |0i è lo stato di vuoto, in cui non ci sono particelle. Questa funzione d’onda, cosı̀ definita, non fissa il numero di particelle, ma è una sovrapposizione di stati contenenti zero o un numero pari di elettroni; per un dato impulso p, |vp |2 rappresenta la probabilità che la coppia sia presente mentre |up |2 la probabilità che la coppia sia assente. Alcune grandezze importanti per la fase BCS sono la lunghezza di correlazione e la lunghezza di fase. La lunghezza di correlazione rappresenta la distanza fra particelle con momenti correlati, cioè fra i due elettroni della coppia. Si determina attraverso il principio di indeterminazione, nota l’incertezza sull’impulso, dell’ordine di ∆/vF : ξ0 = h̄vF . ∆ La lunghezza di correlazione risulta molto più grande della distanza media fra le particelle in un gas di Fermi degenere: questo è il motivo per cui le coppie di Cooper vengono indicate come coppie a lungo raggio. Le coppie di Cooper presenti si sovrappongono fra loro e fra i due elettroni legati possono trovarsi molti altri elettroni. La lunghezza di fase, invece, definisce la distanza entro cui varia il parametro d’ordine scelto per la descrizione della transizione di fase, cioè la funzione d’onda del condensato. 2.2 Condensazione di Bose-Einstein La condensazione di Bose-Einstein è un fenomeno statistico che riguarda sistemi di bosoni identici. Essa consiste nell’occupazione da parte di un numero grande di bosoni di un unico stato quantistico, lo stato fondamentale; si veri- 17 fica a temperature inferiori ad una temperatura critica, anche nel caso in cui i bosoni non interagiscono fra loro poiché la sua origine è esclusivamente statistica ed è legata all’indistinguibilità delle particelle. Immediata conseguenza di questo comportamento è che, se molte particelle occupano lo stesso stato, la loro funzione d’onda diventa misurabile in ampiezza e fase, cioè diventa un oggetto classico. Il fenomeno della condensazione di Bose-Einstein riguarda, in generale, sistemi di bosoni interagenti. Tuttavia, per semplicità e per fissare la notazione, consideriamo il modello studiato separatamente da Bose e da Einstein, cioè un gas di bosoni non interagenti. Queste particelle nel gas vengono viste come dei pacchetti d’onda, caratterizzati da un’estensione data dalla lunghezza d’onda termica, che dipende dalla temperatura a cui si trova il gas mediante la relazione: s λ= 2πh̄2 . mkT I pacchetti d’onda possono essere considerati distinti finché λ resta minore della distanza media fra le particelle nel gas; a basse temperature, però, le due grandezze possono diventare confrontabili e di conseguenza si crea una sovrapposizione della funzione d’onda dei bosoni, che diventano cosı̀ particelle indistinguibili. I bosoni seguono la statistica di Bose-Einstein, secondo cui alla temperatura T il numero di bosoni che hanno impulso k è dato da: nk = 1 eβ(Ek −µ) − 1 = z eβEk − z essendo µ il potenziale chimico, β = 1/kB T e z la fugacità, che si ottiene imponendo la condizione X hN i = hnk i . k 18 Nel limite termodinamico possiamo scrivere: √ X z V (2m)3/2 Z ∞ z z z + + dE = hN i = ≈ E βE 3 βE −z 2 k k 1 − z k6=0 e 1−z e −z 0 (2π) h̄ = V z + 3 g3/2 (z), 1−z λ in cui è stato isolato il termine relativo allo stato fondamentale, avente k = 0, perché divergente e 2 Z∞ √ z g3/2 (z) = √ dx x βE −z . π 0 e k g32 2.61 1 z Figura 2.2: Andamento della funzione g3/2 La funzione g3/2 , rappresentata nella figura 2.2, è valutata nell’intervallo [0, 1] poiché, essendo µ 6= 0, il numero di bosoni si conserva e si deve pertanto avere: hni ≥ 0 → 0 ≤ z ≤ 1 Questa condizione pone un limite superiore al numero di bosoni che possono stare nel volume V, al di fuori del livello k = 0; questo numero è dato da: Nmax = 2.61 V . λ3 Il numero di bosoni nello stato fondamentale dipende dalla temperatura a cui 19 si trova il sistema, poiché essa fa variare Nmax : a temperature alte la lunghezza d’onda è piccola e di conseguenza Nmax è grande, mentre a temperature basse si può avere Nmax < N e quindi condensazione. La temperatura critica è definita come la temperatura a cui N = Nmax . Riassumendo: V g3/2 (z); λ3 • T > Tc : N= • T < Tc : N1 = 2.61 2.3 V , λ3 N0 = N − N1 e z = 1. Evidenze sperimentali della BEC su atomi bosonici La prima realizzazione sperimentale di un condensato si ottenne nel 1995 nei laboratori del JILA, negli Stati Uniti, ad opera dei fisici Eric A. Cornell e Carl E. Wieman, utilizzando un gas di atomi di rubidio; successivamente fu realizzato un esperimento al MIT di Cambridge, nel Massachusets, dal fisico Wolfgang Ketterle, utilizzando un gas di atomi di sodio. Erano passati quindi ben 70 anni dal lontano 1925, anno in cui Einstein pubblicò il suo articolo in cui introduceva il fenomeno della condensazione, in seguito all’articolo del fisico indiano Bose del 1924 sui quanti di luce [3]. Questa distanza temporale si spiega per il fatto che solo negli anni ’90 furono introdotte tecniche tali da consentire il raggiungimento di temperature molto basse e densità molto alte senza alterare lo stato del gas, senza cioè farlo solidificare o liquefare. Questo risultato si ottiene lavorando con campioni molto diluiti, in cui è molto bassa la probabilità di collisioni anelastiche a tre corpi, responsabili del cambiamento di fase. Oggi in molti laboratori si fanno esperimenti sui condensati. Si utilizzano campioni di isotopi bosonici di atomi alcalini come rubidio, litio, sodio, potassio, cesio poiché le transizioni fra livelli energetici per questi elementi sono compatibili con le caratteristiche dei laser a disposizione. Finora è stato applicato agli atomi 87 Rb, 23 Na e 7 Li [4] un metodo di raffreddamento che prevede le seguenti tre fasi [5], [6], [7], [8]: 20 1. raffreddamento mediante laser; 2. intrappolamento magnetico; 3. evaporazione. La necessità di utilizzare più fasi di raffreddamento risiede nel fatto che, mentre i metodi ottici funzionano meglio a basse densità, nellequali la luce laser non viene completamente assorbita dal campione, e vengono quindi applicati all’inizio, l’evaporazione, al contrario, funziona meglio ad alte densità, che assicurano rapide ritermalizzazioni, e può essere effettuata solo in un secondo momento. Si parte da un gas di bosoni identici, diluito e in equilibrio termico, in cui sono presenti interazioni fra gli atomi di tipo repulsivo, cioè caratterizzate da una lunghezza di scattering positiva: in questo modo si ottiene un condensato stabile e di dimensioni maggiori rispetto ad uno ottenuto a partire da un gas in assenza di interazioni. L’obiettivo è quello che, a partire da un gas in condizioni normali, avente pressione 105 Pa, temperatura 300K e densità nello spazio delle fasi nλ3dB = 10−8 , dove n è la densità del campione e λ è la lunghezza d’onda di de Broglie, si raggiungano temperature dell’ordine di 10−7 K e densità nello spazio delle fasi di 2.612, corrispondenti a densità del gas dell’ordine di 1014 atomi/cm3 . 1. I fase: Raffreddamento mediante laser Nella prima fase il gas viene raffreddato mediante luce laser, sfruttando i processi di assorbimento ed emissione spontanea. Negli esperimenti, di solito, si utilizza una trappola magneto-ottica (MOT), che ha il duplice risultato di raffreddare e nello stesso tempo confinare gli atomi. Quando il gas viene introdotto in una MOT, esso viene investito da tre paia di fasci laser, nelle tre direzioni dello spazio, che si propagano con versi opposti e tali che quelli che si propagano lungo lo stesso asse hanno polarizzazione circolare opposta: positiva quella del fascio proveniente 21 dal semiasse negativo e negativa per il fascio opposto, come mostrato nella figura 2.3. Figura 2.3: Schema semplificato di una MOT. Le frecce rappresentano i fasci laser nella trappola: quelli che provengono dai semiasse negativi (in rosso) hanno polarizzazione positiva e quelli verdi negativa. I due anelli rappresentano le due spire percorse da corrente in versi opposti, in configurazione anti-Helmotz. Essi hanno la funzione di rallentare e quindi raffreddare il gas: la frequenza della luce emessa dai laser è scelta leggermente inferiore a quella di risonanza del gas in modo che, per effetto Doppler, gli atomi tendono ad assorbire solo i fotoni del fascio contro cui si muovono, come mostrato in figura 2.4. Dopo l’assorbimento, gli atomi acquistano un impulso h̄k nella stessa direzione di propagazione del fotone assorbito e passano allo stato eccitato: di conseguenza, risentono, a causa del rinculo, di una forza dovuta alla pressione di radiazione, in direzione sempre opposta a quella della loro velocità, concorde invece a quella del laser, e data da: F = −γv dove γ > 0 è una costante che dipende dall’intensità e dalla frequenza 22 del laser e v è la velocità dell’atomo. Successivamente tornano allo stato fondamentale per emissione spontanea, ma il fotone viene emesso in direzione casuale. L’effetto complessivo dello scambio di impulso fra gli atomi e la luce è quello di diminuire la velocità dell’atomo e pertanto abbassare la temperatura del gas. Figura 2.4: Un atomo che si muove in avanti tende ad assorbire, per effetto Doppler, il fascio in moto nella direzione opposta e ne viene rallentato. Nella MOT sono presenti anche due spire percorse da corrente di uguale intensità ma di verso opposto, in configurazione anti-Helmoltz, che generano un campo magnetico di quadrupolo, nullo al centro delle spire e crescente linearmente in ogni direzione. Consideriamo un atomo il cui livello fondamentale ha momento angolare totale nullo e il cui livello eccitato ha momento angolare totale pari a 1. Il campo di quadrupolo genera uno shift del livello eccitato dato dalla seguente relazione: ∆E(x) = gµB mB(x) dove g è il fattore di Landé dello stato eccitato, µB è il magnetone di Bohr e m=-1,0,1 è la componente del momento angolare. Lo shift varia quindi linearmente con la distanza, poiché ha la stessa dipendenza spaziale del campo magnetico. Come mostra la figura 2.5, a causa della scelta di laser con frequenza piccola rispetto a quella di risonanza del gas, per un atomo che si muove lungo il semiasse positivo risulta favorita la transizione dal livello fondamentale avente m=0 a quello eccitato avente m=-1 per cui l’atomo tende ad assorbire fotoni con polarizzazione negativa; la situazione opposta si 23 verifica nel caso di un atomo in moto lungo il semiasse negativo. Poiché il fascio laser con polarizzazione negativa è quello diretto verso il semiasse negativo e quello con polarizzazione positiva è diretto verso il semiasse positivo, l’atomo risente di una forza di richiamo diretta sempre verso il centro della trappola, che causa un intrappolamento [61]. Figura 2.5: Schema in una dimensione dei livelli energetici di un atomo avente stato fondamentale con L=0 e stato eccitato con L=1 in presenza del campo magnetico generato dalla MOT. Complessivamente, un atomo che assorbe un fotone in una MOT risente della forza F = −mω 2 x − γv che descrive un oscillatore armonico smorzato. In questa prima fase si riescono a raggiungere temperature dell’ordine del µK e densità nello spazio delle fasi dell’ordine di 10−6 . Il limite inferiore della temperatura è dovuto all’energia che un atomo acquista in seguito all’assorbimento di un fotone mentre quello della densità è legato alla forza repulsiva che si stabilisce fra gli atomi a causa dell’emissione spontanea e conseguente assorbimento di fotoni. Per raggiungere le temperature volute, si deve ricorrere pertanto ad un’ulteriore fase di raffreddamento, quella evaporativa. Essa tuttavia richiede che in precedenza avvenga un ulteriore processo di confinamento del gas, che gli permetta di essere isolato termicamente dall’esterno. 24 2. II fase: Intrappolamento magnetico Una trappola magnetica si ottiene dall’interazione fra il momento di dipolo magnetico dell’atomo e un campo magnetico esterno non omogeneo. Tipicamente si sceglie un campo di tipo armonico, con un minimo diverso da zero. L’energia che si sviluppa è data da U (r) = −µ · B(r) = gµB m|B(r)| Gli atomi tendono ad andare verso il minimo di energia, che si ha nel centro della trappola se gm > 0, condizione per l’intrappolamento. 3. III fase: Evaporazione Infine si passa alla fase di raffreddamento evaporativo, mediante la quale si eliminano dal gas gli atomi più veloci. Attraverso la fase di intrappolamento magnetico, si è ottenuto un gas di bosoni concentrato intorno al centro della trappola, che verifica la condizione di intrappolamento mg > 0. Si può rappresentare questa situazione mediante la figura 2.6, che mostra due livelli energetici in funzione della distanza dal centro della trappola: nel livello superiore, quello popolato, c’è intrappolamento mentre in quello inferiore gli stati sono non intrappolati. Si noti che la differenza di energia fra i due livelli varia con la distanza: scegliendo opportunamente il campo a radiofrequenza, si può allora indurre una transizione fra questi livelli per atomi ad una certa distanza dal centro della trappola. Nel nostro caso, si vuole far avvenire la transizione per gli atomi più lontani dal centro della trappola poiché questi sono i più energetici e si sceglie un campo a radiofrequenza opportuno per questo obiettivo. Su questi quindi si inducono transizioni fra i due livelli Zeeman, al termine delle quali gli atomi invertono il proprio momento magnetico: la forza magnetica diventa per essi deconfinante e vengono cosı̀ espulsi dalla trappola. Si attende poi la ritermalizzazione del gas, al termine della quale, attra- 25 E x Figura 2.6: Livelli energetici di uno stato intrappolato (quello superiore) ed uno libero. Le frecce indicano due diversi salti energetici, per due valori della distanza dal centro della trappola verso collisioni elastiche fra gli atomi del gas, le loro velocità saranno nuovamente distribuite secondo la Maxwell-Boltzmann, caratterizzata però da una temperatura più piccola. Si ripete questo procedimento riducendo progressivamente la frequenza di risonanza in modo da eliminare atomi con energia cinetica sempre più bassa. Perché il metodo funzioni, occorre che sia verificata la condizione che il tempo di ritermalizzazione sia molto più piccolo della vita media degli atomi nella trappola. La difficoltà di questa tecnica consiste nell’evitare che ci siano collisioni anelastiche fra gli atomi, che provocherebbero la perdita di atomi con conseguente diminuzione della densità. Alla fine di queste tre fasi si riescono ad ottenere le giuste condizioni per determinare la condensazione: temperatura di ∼ 100nK e densità di ∼ 1013 cm−3 . 4. Osservazione del condensato Per l’osservazione del condensato si utilizzano telecamere a CCD, che registrano lo spettro di assorbimento proveniente dagli atomi del gas, dopo che questo è stato fatto espandere ed è stato illuminato da un fascio di 26 luce risonante. La componente normale e quella condensata danno due immagini diverse, dovute ad una diversa legge di espansione e ad una diversa densità, più omogenea nel primo caso e con un picco pronunciato nel secondo. Prima dell’espansione, nella trappola, il gas ha una simmetria cilindrica. Durante l’espansione, questa simmetria viene preservata dal gas nello stato normale, poiché esso si espande classicamente, quindi in modo isotropo. Essa, invece, viene modificata dal condensato: questo, infatti, si espande quantisticamente, quindi, a causa del principio di indeterminazione di Heisenberg, più velocemente dove è meno allungato, cioè nella direzione radiale del cilindro. Inoltre, il condensato si trova nel minimo stato energetico e pertanto si espande lentamente: nel suo spettro appare quindi un picco pronunciato di atomi al centro dell’immagine. Questo metodo di osservazione è distruttivo proprio perché si basa sull’espansione del gas e perchè causa un aumento della temperatura, in conseguenza dell’assorbimento di fotoni: alla fine della rilevazione, il gas non è più condensato. 2.4 Risonanza di Feshbach Sebbene il fenomeno della condensazione sia strettamente legato alle caratteristiche dei bosoni, è tuttavia possibile realizzare un condensato di Bose-Einstein a partire da un gas degenere di atomi fermionici. Perché ciò accada, i fermioni del gas devono accoppiarsi per formare degli stati legati e diventare molecole di tipo bosonico, quindi in grado di condensare. D’altra parte lo studio della condensazione di atomi fermionici risulta molto interessante poiché permette di studiare il crossover BCS-BEC: dalle coppie di Cooper, debolmente legate e a lungo raggio, si può passare, aumentando il potenziale di interazione fra gli atomi, alle molecole diatomiche. Questo fenomeno è stato già osservato in esperimenti che utilizzavano gas di 40 K e 6 Li [9], [10]. Sperimentalmente, per raffreddare un gas di fermioni e quindi renderlo 27 degenere, si possono utilizzare le stesse tecniche viste precedentemente per i bosoni, ad eccezione del raffreddamento per evaporazione poiché esso richiede la ritermalizzazione del gas che, nel caso dei fermioni, non può avvenire, dato che fra i fermioni sono inibite le collisioni elastiche. Il raffreddamento evaporativo viene quindi sostituito dal raffreddamento simpatetico: si aggiungono al gas degli atomi di tipo bosonico che hanno la funzione di refrigerante poiché, attraverso collisioni elastiche con i fermioni, consentono la ritermalizzazione. Per esempio, nell’esperimento eseguito con atomi di litio, si utilizzano, come refrigeranti, atomi di sodio. Successivamente si può ottenere un gas di soli atomi di litio eliminando il sodio per evaporazione oppure si può scegliere di studiare la miscela contenente anche il sodio. A questo punto, a seconda del tipo di interazione esistente fra gli atomi, si può ottenere un BEC o il regime BCS. L’interazione fra gli atomi all’interno di un gas è repulsiva entro distanze piccolissime fra gli atomi e diventa poi, al crescere della distanza, debolmente attrattiva, a causa delle forze di Van Der Walls. Questo potenziale, mostrato in figura 2.7 in funzione della distanza relativa fra gli atomi, è abbastanza profondo da contenere diversi livelli vibrazionali relativi a stati legati di tipo molecolare. Consideriamo due curve di energia potenziale, relative a due diverse configurazioni dello spin di una coppia di atomi. Esse sono ottenute aggiungendo al potenziale un termine iperfine, che induce, a seconda del suo segno, uno splitting delle due curve, verso l’alto per una e verso il basso per l’altra. Consideriamo inoltre due atomi con energia cinetica molto più piccola dello splitting fra le due curve, tale che i due atomi non possono, in seguito alla collisione, saltare nel livello superiore. In questo caso, la curva inferiore viene associata ad un canale “aperto” mentre quella superiore ad un canale “chiuso”, perché non raggiungibile dagli atomi. Questa condizione sperimentale si ottiene utilizzando atomi alcalini ultrafreddi. Se, però, l’energia cinetica dei due atomi in collisione risulta uguale all’e28 Figura 2.7: Potenziale d’interazione fra gli atomi di un gas nergia di uno stato legato del canale chiuso, si verifica una risonanza, detta risonanza di Feshbach, [11], [12], [13]. In altre parole, essa accade quando uno stato legato del canale chiuso attraversa l’asintoto del canale aperto. La posizione relativa fra il livello energetico corrispondente allo stato legato e quello corrispondente all’energia cinetica degli atomi in collisione, determina la lunghezza di scattering dell’interazione fra i costituenti del gas. Alla risonanza di Feshbach, la lunghezza di scattering diverge, mentre essa risulta negativa quando il livello molecolare ha energia più grande di quella dei due atomi separati, positiva nel caso contrario. Poiché le due curve si riferiscono a due configurazioni di spin diverse, la presenza di un campo magnetico esterno induce su di esse traslazioni diverse. Ciò significa che, variando il campo magnetico esterno, è possibile variare lo splitting fra le curve e di conseguenza l’interazione fra le particelle. Una relazione approssimata, in accordo con i dati sperimentali, che lega la lunghezza di scattering al campo magnetico esterno è data da: ! a = abg ∆ , 1− B − Bpicco (2.4) dove abg è la lunghezza di scattering di background , Bpicco è il valore del campo magnetico a cui avviene la risonanza e a diventa infinito e ∆ è la larghezza della risonanza per il campo magnetico. La lunghezza di scattering 29 di background caratterizza i processi di scattering diretto fra i due atomi nel canale aperto, senza considerare accoppiamenti con canali chiusi. Di solito questi processi non vengono considerati poiché poco interessanti rispetto alla risonanza di Feshbach, che si verifica in presenza di un canale chiuso e causa il comportamento drammatico della lunghezza di scattering appena descritto [14]. La 2.4 è rappresentata in figura 3.11. aa0 20000 10000 150 160 170 B -10000 -20000 Figura 2.8: Andamento della lunghezza di scattering in funzione dell’intensità del campo magnetico esterno, nelle vicinanze della risonanza di Feshbach. Il grafico è ottenuto per ∆ = 10.709 G, Bpicco = 155.041 G, abg = −443a0 , con a0 raggio di Bohr. Si noti che a diverge per B = Bpicco . Si possono utilizzare questi concetti per creare un apparato sperimentale per studiare la transizione dal regime BCS al regime BEC. Si può infatti mettere il gas all’interno di un campo magnetico in modo che, variando opportunamente il campo, si fa variare la posizione relativa dei livelli energetici del canale chiuso e di quello aperto e, di conseguenza, l’interazione esistente fra le particelle del gas da debolmente repulsiva (fase BEC) a debolmente attrattiva (fase BCS), passando attraverso la regione di crossover, in cui le particelle sono fortemente interagenti, cioè alla risonanza di Feshbach. 30 Nella figura 2.9 sono rappresentati i due canali, nei tre possibili casi che si possono presentare; la curva blu corrisponde al canale chiuso e quella verde al canale aperto (due atomi liberi). Nel primo grafico, lo stato legato ha energia maggiore dell’energia cinetica dei due atomi in collisione (asintoto del canale aperto), pertanto lo stato molecolare non è stabile e a < 0; nel secondo grafico i due livelli sono degeneri, per cui ci troviamo nella regione unitaria, in cui a diverge; nell’ultimo, il livello molecolare è minore di quello dei due atomi, pertanto si forma uno stato molecolare stabile e a > 0. E E canale chiuso canale aperto stato legato stato legato r r E stato legato r Figura 2.9: Livelli energetici del canale aperto (atomi non legati) e del canale chiuso in funzione della distanza relativa fra i due atomi. Le linee tratteggiate rappresentano gli asintoti delle curve, quindi l’energia cinetica degli atomi; il segmento continuo rappresenta il livello di uno stato legato entro il canale chiuso. Nel primo grafico, lo stato legato ha energia maggiore dell’asintoto del canale aperto, pertanto i due atomi restano non legati e la lunghezza di scattering è negativa; nel secondo caso i due livelli coincidono e la lunghezza di scattering diverge; nel terzo grafico lo stato legato ha energia inferiore per cui si formano molecole e la lunghezza di scattering è positiva. Variando il campo magnetico si possono allontanare o avvicinare i due livelli, che saranno circa coincidenti alla risonanza: più sono vicini i livelli, più forte è l’interazione. 31 Riassumendo: • a > 0: il livello energetico dello stato legato è inferiore a quello dei due atomi separati, si forma quindi un condensato di molecole diatomiche, con potenziale di interazione repulsivo e pertanto stabili (regime BEC); • a < 0: le molecole diventano instabili a causa del potenziale attrattivo, ma due fermioni possono ancora formare una coppia a lungo range di dimensioni confrontabili o maggiori della distanza fra le particelle del gas (regime BCS). 32 Capitolo 3 Superconduttori ad alta temperatura La teoria BCS descrive il comportamento dei superconduttori di prima generazione, ma non è invece adatta a descrivere i superconduttori ad alta temperatura, individuati per la prima volta a metà degli anni 0 80 del secolo scorso [15]. Questi nuovi materiali diventano superconduttori a temperature critiche maggiori di quelle tipiche dei superconduttori tradizionali. In alcuni casi, queste temperature possono raggiungere i 100K. L’interpretazione data è che in questi materiali gli elettroni hanno interazioni molto più forti con gli ioni del reticolo, quindi con i fononi, favorendo cosı̀ l’accoppiamento, che resiste anche a temperature più alte. Il modello introdotto nella teoria BCS è costruito sulle ipotesi di accoppiamento debole fra gli elettroni e di alte densità di portatori di carica, caratteristiche ben verificate dai superconduttori di prima generazione, ma non più valide per gli HTSC, che, al contrario, sono caratterizzati da accoppiamento forte fra le particelle e basse densità. Le principali differenze fra le due generazioni, oltre a diverse proprietà elettriche e magnetiche, sono: • come già ricordato e come lo stesso nome suggerisce, hanno una tempe- 33 ratura critica più alta dei primi, quindi più facilmente raggiungibile in laboratorio; • hanno una densità di portatori relativamente bassa; • sono caratterizzati da una lunghezza di correlazione delle coppie ξ0 solo poche volte più grande della distanza fra i siti reticolari. Ciò deriva dalla bassa densità di portatori, che comporta una distanza media fra le particelle abbastanza grande; nei superconduttori tradizionali, invece, la lunghezza di correlazione è molto più grande della distanza media fra le particelle. Per esempio, il fattore kF ξ0 per il La1.95 Sr0.15 CuO4 è 10-20, nel YBa2 Cu3 O7 è 5-10 mentre nei superconduttori di I tipo è 103 − 104 ; • presenza di uno pseudogap nello spettro di particella singola, quindi nello stato normale, a temperature maggiori di quella critica. Gli HTSC sono costituiti da ossidi, prevalentemente ossido di rame, e metalli delle terre rare; essi hanno una struttura a piani di ossido di rame CuO2 , entro cui si stabilisce la superconduttività, per cui comunemente si usa un modello in due dimensioni per descriverli. Il nome pseudogap deriva dall’analogia con il gap superconduttivo. Esso consiste nella soppressione, nello spettro di energia, delle basse frequenze, soppressione che diventa completa durante la fase superconduttiva (gap). La presenza di questo pseudogap è legata alla formazione di molecole, che avviene alla temperatura T∗ >Tc . Lo pseudogap è stato osservato in esperimenti di fotoemissione (ARPES) [16], che mostrano un comportamento anomalo del calore specifico [17], della resistività [18] e altre grandezze termodinamiche a temperature maggiori della temperatura critica. Successivamente sono stati effettuati esperimenti di scanning tunneling spectroscopy [19], che mettono in evidenza l’esistenza sia del gap, al di sotto della temperatura critica, sia dello pseudogap, fra Tc e T∗ . La figura 3.1 mostra la conduttanza del Bi2212 in funzione della tensione applicata al campione, per temperature fra 4.2K e 293K, con temperatura critica pari a 83K. 34 the 83 K underdoped Bi2212. The same data are displayed as a gray scale projection onto the energy-temperature plane in Fig. 3(b), where white corresponds to high conductivity !1.5 GV 21 " and black to zero conductivity. So far most measurements report the existence of a pseudogap in underdoped samples. Our measurements beyond the scope out similar analysi basically the same Several theoreti ity of the presence FIG. 3. (a) Three shown in Fig. 2. measured at Tc . ( FIG. 2. Tunneling spectra measured as a function of temFigura 3.1: Spettro conduttanza del The Bi2212 per temperature comprese perature on della underdoped Bi2212. conductance scale corplane. The line at fra 4.2K responds e 293K. to the 293 K spectrum, the other spectra are offset positive bias condu vertically for clarity. energies above Tc . Nasce quindi l’esigenza di formulare una nuova teoria per spiegare lo stato superconduttivo di questi materiali e che riesca a giustificare le nuove caratteristiche osservate. In particolare, questi sistemi sembrano essere in uno stato intermedio fra il regime della BCS e quello della BEC: si tratta di uno stato caratterizzato proprio da interazioni forti fra le particelle ed è, per questo, difficile da analizzare. 35 3.1 Crossover BCS-BEC Modello non relativistico in 2D e 3D 3.2 Crossover BCS-BEC Modello non relativistico in 2D e 3D Abbiamo visto come la regione BEC e quella BCS siano molto diverse fra loro, anche se entrambe si basano sul fenomeno della condensazione: la differenza fondamentale fra le due è che la prima può avvenire in un gas di bosoni ideale, quindi in assenza di interazioni, mentre la seconda necessita di un’interazione attrattiva fra i fermioni, che, al contrario, nella fase BEC, distruggerebbe il condensato. La condensazione di Bose-Einstein può anche avvenire in un gas fermionico, quando i fermioni, fortemente interagenti fra loro a due a due, formano molecole, quindi bosoni in grado di condensare. Le coppie di Cooper, invece, che si sovrappongono fra loro nello spazio reale, non devono essere considerate bosoni, ma semplicemente coppie correlate solo nello spazio dell’impulso e non nello spazio reale. Inoltre, mentre nella regione BCS solo una piccola frazione di elettroni può formare coppie, nella regione BEC tutti gli elettroni sono legati a formare molecole, quando la temperatura è inferiore ad un limite, indicato con T∗ . Ciò che accomuna le due fasi è la condensazione, cioè l’occupazione macroscopica di un singolo stato quantistico, mentre le loro fasi normali sono completamente diverse: nel limite BCS, è quella di un liquido di Fermi, nel limite BEC è quella di un liquido di Bose di molecole. Questo comunque basta perché le fasi del sistema a basse temperature siano uguali: infatti la condensazione comporta in entrambi i casi una rottura spontanea della simmetria U(1). Questo fa prevedere che anche la regione intermedia sia nella stessa fase e che quindi, nel passaggio da un limite all’altro, non ci siano transizioni di fase al variare dell’interazione, ma soltanto un crossover. Un’altra differenza fra i due limiti riguarda la temperatura critica della 36 transizione di fase: nel caso BCS esiste un’unica temperatura critica, sia per la formazione di coppie sia per la loro condensazione; con l’aumentare dell’interazione, le temperature a cui avvengono questi due processi cominciano a differenziarsi e, nel limite BEC, diventano due processi indipendenti, con scale energetiche separate e con un’unica transizione di fase, quella relativa alla condensazione. Il metodo adottato per lo studio del crossover [20] è quello di partire dalla teoria BCS e analizzare il comportamento del sistema all’aumentare dell’intensità dell’attrazione fra le particelle, in particolare nella zona di confine fra il regime di validità della teoria BCS e quello della BEC, poiché qui si realizzano le condizioni cercate. Diversamente dalla teoria BCS, nell’ipotesi di accoppiamenti forti, bisogna considerare, nella formazione di coppie, tutti gli elettroni, non solo quelli entro un sottile guscio intorno all’energia di Fermi. 3.2.1 Studio di un modello bidimensionale Introduciamo il modello bidimensionale della teoria BCS. Esso descrive un gas di elettroni che interagiscono attraverso un potenziale attrattivo a due corpi, agenti fra particelle con spin opposti. Chiamiamo ψ(x) il campo fermionico e scriviamo la densità di Hamiltoniana del sistema: ∇2 + µ ψσ (x) − U ψ↑+ (x)ψ↓+ (x)ψ↓ (x)ψ↑ (x) 2m ! H= −ψσ+ (x) (3.1) in cui x = (~r, τ ), con ~r vettore a due componenti e τ tempo immaginario, σ è l’indice di spin (↑ o ↓), U è una costante positiva e rappresenta l’intensità del potenziale di interazione fra gli elettroni e µ è il potenziale chimico, che fissa la densità media di elettroni. L’Hamiltoniana 3.1 è la stessa Hamiltoniana di partenza della teoria BCS; da questa, vogliamo ottenere l’equazione di gap, minimizzando il potenziale termodinamico. 37 Definiamo gli spinori di Nambu per i campi fermionici: ψ↑ (x) Ψ(x) = + ψ↓ (x) Ψ+ (x) = ψ↑+ (x) ψ↓ (x) . In funzione di questi nuovi campi, l’hamiltoniana 3.1 diventa: ∇2 H = −Ψ (x) + µ τ3 Ψ(x) − U Ψ+ (x)τ+ Ψ(x)Ψ+ (x)τ− Ψ(x) 2m ! + dove τ1,2,3 sono le matrici di Pauli e τ± = (τ1 ± iτ2 )/2. Calcoliamo ora la funzione di partizione Z(v, µ, T ) = Z + DΨDΨ exp − Z β dτ Z 0 ! 2 + d r(Ψ (x)∂τ Ψ(x) + H(r)) che servirà per il calcolo del potenziale chimico, e introduciamo i campi complessi scalari di Hubbard-Stratonovich: φ(x) = U Ψ+ (x)τ− Ψ(x) = U ψ↓ (x)ψ↑ (x) φ∗ (x) = U Ψ+ (x)τ+ Ψ(x) = U ψ↑+ (x)ψ↓+ (x). Dopo la sostituzione, la funzione di partizione diventa: Z(v, µ, T ) = Z DΨDΨ+ DφDφ∗ e− Rβ 0 dτ R d2 r[ 2 |φ|2 +Ψ+ (x)(∂τ I−τ3 ( ∇ +µ)−τ+ φ(x)−τ− φ∗ (x))Ψ(x)] U 2m Possiamo allora integrare rispetto ai campi Ψ, in modo da ottenere Z(v, µ, T ) = Z ∗ DφDφ exp − Z 0 con dτ Z |φ(x)|2 dr + Tr lnA U 2 ∇2 + µ − τ+ φ(x) − τ− φ∗ (x). 2m ! A = ∂τ I − τ3 β 38 ! . La funzione di Green G(r,τ ) è definita da: ∇2 + µ + τ+ φ(x) + τ− φ∗ (x) G(r, τ ) = δ(r)δ(τ ); 2m ! −I∂τ + τ3 ! si ha allora Z(v, µ, T ) = Z DφDφ∗ e− Rβ 0 R dτ d2 r |φ(x)|2 +T rlnG−1 (r,τ )−T rlnG−1 0 (r,τ ) U dove G0 (r, τ ) = G(r, τ ) |φ,φ∗ ,µ=0 è la funzione di Green libera ed è stata introdotta per regolarizzare il potenziale termodinamico, che, definito dalla relazione Z= Z ∗ (x)) DφDφ∗ e−βΩ(v,µ,T,φ(x),φ , risulta dato da βΩ(v, µ, T, φ(x), φ(x)∗ ) = Z β 0 dτ Z d2 r |φ(x)|2 − Tr ln G−1 (r, τ )+ Tr ln G−1 0 (r, τ ). U Separiamo Ω in due termini: Ω(v, µ, T, φ(x), φ∗ (x)) = Ωpot (v, µ, T, φ, φ∗ ) + Ωkin (v, µ, T, φ(x), φ∗ (x)) (3.2) il primo è funzione solo dei campi medi φ e φ∗ mentre nel secondo ci sono i termini contenenti le fluttuazioni dei campi. Assumiamo, per ora, di poter trascurare le fluttuazioni dei campi e prendiamo quindi solo il primo termine della 3.2, che si ottiene da Ω sostituendo ai campi φ(x) e φ∗ (x) i loro valori all’equilibrio. Questa approssimazione va bene a 39 T=0K in due dimensioni. Ωpot ! 1 1 Zβ Z 2 = dτ d r|φ|2 − Tr ln G−1 (r, τ ) + Tr ln G−1 0 (r, τ ) β U 0 |φ|2 + T Tr ln G−1 = v − T Tr ln G−1 ∗ 0 φ=φ∗ =cost . φ=φ =cost U = φ=φ∗ =cost Per effettuare l’integrale, passiamo alla rappresentazione dell’impulso attraverso le trasformate di Fourier, definite nel modo seguente: F (iωn , k) = Z β Z d2 rF (τ, r)eiωn τ −ik·r 0 +∞ X F (τ, r) = T dτ n=−∞ Z d2 k F (iωn , k)e−iωn τ +ik·r (2π)2 con ωn = πT (2n + 1) = frequenze di Matsubara per i fermioni. Seguendo la definizione data, la trasformata di Fourier della funzione di Green è G(iωn , k) = − iωn Iˆ + τ3 ξ(k) − τ+ φ − τ− φ∗ . ωn2 + ξ 2 (k) + |φ|2 Passando quindi attraverso lo spazio dell’impulso, otteniamo la seguente forma per il potenziale termodinamico: 2 ρ Ωpot = v − U Z 2 √ dk 2T ln (2π)2 ξ 2 +ρ2 cosh 2T cosh 2T − ξ(k) + (k) . Nel limite T→0 si ha Ωpot ! |φ|2 Z d2 k q 2 →v − ξ + |φ|2 − ξ . U (2π)2 Dopo aver risolto l’integrale, detto kB l’impulso massimo, di cui in seguito si 40 2 farà il limite all’infinito, e, dato W = kB /2m, si ottiene Ωpot q m W − µ + (W − µ)2 + |φ|2 1 q ln + = v|φ|2 − U 4π µ2 + |φ|2 − µ + W −µ W −µ+ q (W − µ)2 + |φ|2 µ . +q 2 µ + |φ|2 − µ Chiamiamo h|φ|i = ∆ dove hi sta per valor medio. Per definizione, Ωpot deve avere un minimo in ∆, cioè deve valere: ∂Ωpot =0 ∂φ φ=φ∗=∆ (3.3) e, inoltre, 1 ∂Ωpot − = nf . v ∂µ φ=φ∗=∆ (3.4) Dalle due equazioni precedenti si ottiene un sistema formato dalle seguenti equazioni: q m W − µ + (W − µ)2 + ∆2 1 √ 2 =0 ln ∆ − U 4π µ + ∆2 − µ W− q (W − µ)2 + ∆2 + q µ2 + ∆2 = 2F (3.5) (3.6) con F = πnf /m. Da questo sistema si possono ottenere ∆ e µ come funzioni di W e F . Oltre alla soluzione triviale ∆ = 0 F = µ, esso ammette quest’altra soluzione, che ha significato fisico solo per U > 0: ∆2 = µ = F coth F (W − F ) 2π sinh2 mU 2π W − mU 2 41 (3.7) 2π −1 mU coth (3.8) Nelle figure 3.2 e 3.3 sono riportate le due grandezze in funzione di F /W . 0.25 0.2 ∆2 0.15 0.1 0.05 0 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 εF/W 0.6 0.7 0.8 0.9 1 Figura 3.2: Grafico di ∆2 che si ottiene dalla 3.7 1 µ 0.5 0 −0.5 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 εF/W 0.6 0.7 0.8 0.9 1 Figura 3.3: Grafico di µ che si ottiene dalla 3.8 La loro simmetria rispetto al massimo, che si trova a F = W/2, è legata alla simmetria particella-antiparticella: nell’intervallo W/2 < F < W si considerano quindi le stesse funzioni con la sostituzione m→-m. Più interessante è l’analisi delle due grandezze in funzione del potenziale 42 di interazione U. Definiamo l’energia di legame a due corpi 4π b = −2W e− mU in cui si considera W grande e U piccolo. In funzione di questo parametro, la 3.7 e la 3.8, nel limite di W → ∞, diventano q |b | µ=− ∆ = 2|b |F + F 2 e possono ancora essere scritte nel modo seguente: q q µ2 + ∆2 − µ = |b | µ2 + ∆2 + µ = 2F . Abbiamo quindi ottenuto, nel limite di sistema molto diluito, due equazioni per determinare il parametro ∆ e il potenziale chimico µ per qualsiasi valore dell’intensità dell’interazione, dal limite BCS a quello BEC, a T=0. L’energia delle quasi-particelle è data da: Ek = q (k − µ)2 + |∆|2 per cui il gap energetico nello spettro è: Egap = min k ≥0 q (k − µ)2 + |∆|2 . Per capire il significato fisico dei risultati ottenuti, analizziamo i due casi limite del problema: la regione BCS e quella BEC [21]. • Se siamo in presenza di un’interazione debole fra gli elettroni, caso che si verifica quando c’è un’alta densità di elettroni (nf grande), b è piccola e ci troviamo nel regime di validità della teoria BCS; inoltre µ ∼ F > 0 Egap = ∆ << F • Se invece l’interazione è forte (bassa densità di elettroni), si ha che b >> 43 F ed entriamo nel regime BEC; inoltre µ∼− |b | <0 2 Egap = q µ2 + ∆2 . Il potenziale chimico risulta quindi positivo nella zona BCS e negativo in quella BEC, risultato confermato sperimentalmente. ∆ assume il significato di gap solo nella BCS, mentre nella BEC ha significato geometrico diverso, come mostrano le figure 3.4 e 3.5. Ek D 0 Εk Μ Figura 3.4: Spettro delle quasi-particelle nel limite BCS. Il minimo si ha per k = µ ed è pari a ∆. Riassumendo: se n grande µ ∼ F f se n piccolo µ ∼ −| |/2 < 0 f b e e ∆ << F √ Egap = µ2 + ∆2 . I risultati ottenuti indicano una transizione continua fra il regime BCS e quello BEC, cioè un crossover fra i due senza singolarità. Il punto in cui il potenziale chimico cambia segno corrisponde al confine fra i due i limiti. 44 Ek Egap D Μ Εk 0 Figura 3.5: Spettro√delle quasi-particelle nel limite BEC. Il minimo si ha per k = 0 ed è pari a µ2 + ∆2 . Ritorniamo alla 3.2 e valutiamo ora il secondo termine, quello contenente le fluttuazioni del campo φ, cioè i termini con le derivate dell’espansione di Ω. Assumiamo però che le inomogeneità di φ(x) e φ∗ (x) siano piccole, in modo da considerare nell’espansione solo gli ordini più bassi delle derivate, fermandoci al secondo ordine. Inoltre ci mettiamo nel caso stazionario e consideriamo quindi solo le derivate spaziali. Infine, tenendo conto dell’invarianza della funzione di partizione sotto le trasformazioni del gruppo di simmetria U(1), l’espressione più generale risulta: ∗ Ωkin (v, µ, T, φ(x), φ (x)) = T = T Z β Z d2 rTkin (φ(x), φ∗ (x), ∇φ(x), ∇φ∗ (x)) β Z 2 1 d r T1 (|φ| )|∇φ(x)| + T2 (|φ|2 ) ∇|φ(x)|2 2 0 Z 0 2 2 2 dove T1 e T2 sono calcolati nel valor medio di φ, cioè ∆. Riscriviamo la relazione precedente in funzione di T1 e Te2 , con Te2 cosı̀ definita: Te2 (|φ|2 ) = T1 (|φ|2 ) + 2∆2 T2 (|φ|2 ). 45 Si trova: T1 (∆2 ) = Definiamo 1 16πh̄2 |b | Te2 (|∆|2 ) = 1 (2F − |b |)2 . 24πh̄2 (2F + |b |)3 1 ∂ 2 Ωpot F m a= = 2 v ∂φ∂φ∗ |φ|2 =∆2 2πh̄ 2F + |b | che permette di calcolare la larghezza di coerenza, secondo la definizione di Landau-Pitaevsky: T1 (∆2 ) ξcoh (F ) = h̄ a !1 2 = h̄ 2F + |b | ; 8mF |b | essa stabilisce la lunghezza entro cui varia la funzione d’onda. La lunghezza di correlazione [22], ovvero la lunghezza entro cui la coppia si estende, è data da: 2 ξpair h̄2 1 = 4m ∆ µ2 + 2∆2 µ + 2 ∆ µ + ∆2 π µ + tan−1 2 ∆ −1 ! . Valutiamola nei due limiti, di alte e basse densità: • BCS: ξpair ∼ h̄vF ∆ → ξpair kF >> 1; 2 • BEC: ξpair ∼ h̄2 mb → ξpair kF << 1. Possiamo a questo punto confrontare queste due grandezze nei due limiti prima considerati. Nel primo caso, quindi nel regime BCS, si ha che ξcoh ∼ ξpair , per cui entrambe esprimono la misura della coppia. Inoltre esse sono molto più grandi della distanza fra le particelle, che è data da h̄/kF . Definiamo la grandezza ∆pair come energia di eccitazione per la singola particella, quantità legata a ξpair : essa risulta uguale a ∆. Nel secondo caso invece, ovvero nel regime BEC, si ha che ξcoh >> ξpair e le due grandezze diventano distinte: ξpair esprime il raggio dello stato legato costituito dai due fermioni. 46 Questo ha un’importante conseguenza: si possono infatti definire due diverse grandezze, ∆pair e ∆coh , la prima , indipendente dal tempo, maggiore della seconda, che è invece dipendente dal tempo. La presenza di due gap è dovuta a inomogeneità dello spazio, osservate sperimentalmente attraverso inomogeneità della distribuzione di carica. ∆pair è ancora l’energia necessaria per la formazione di una coppia. ξpair risulta peculiare nella descrizione del crossover [23], in particolare lo with Tc = 93K the ratio µ/!F ! 0.9998 − 0.9995; for BiSrCaCuO with Tc = 100K — µ/!F ! 0.9991 − il prodotto kF ξpairwith . Infatti dalla mostra l’andamento del potenziale 0.9978è and for TlBaCaCuO Tc = 125K — 3.6, µ/!F che ! 0.9986 − 0.9965. It is clear that for a spatially 3ratio µ/!F or at least µ < !F homogeneous model that closeness to the Bose limit implies negative chimico in funzione di kF ξpair per diversi valori di n/k0 , si nota che la zona di which is apparently not the case for optimally doped HTSC. crossover si estende nell’intervallo universale π −1 ≤ kF ξpair ≤ 2π indipendenNote temente also that, dalla since ξbforma kF ∼ ξpair and ξb kF is d’interazione directly related to the dimensionless ratioInoltre, !F /|εb|, it delkFpotenziale o dalla densità [24]. can be inferred that ξpair kF is another physical parameter which can correctly determine the type of stime sperimentali indicano ξpair shown ≈ 10in>Fig. 2π6,per gli examines HTSC, the valore vipairing. There is a very remarkable plotche fromkF[144], which behaviour of thecino dimensionless chemical potential versus kF ξpair risultato (|εb | ≡ !0 in the notations of [144]). Thische plot alla regione di crossover. Questo conferma l’ipotesi fatta appears to be quite “universal”, in the sense that it is remarkably independent of the specific model l’evoluzione da dimensionality BCS a BEC (at è continua universale. Hamiltonian and of the least on thee mean-field level). 14 The Fig. 6 also shows that Fig. 6. Chemical potential µ vs kF ξpair (at zero temperature) for “contact” potential and the dimensionality of space 2 ≤ d 3.6: ≤ 3. Different curves are labeled in by the values ofdi d (in 0.2). Positive valuescurve of µ are Figura Potenziale chimico funzione kF steps ξpair of[20]. Le diverse normalized by the Fermi energy "F = kF2 /2m, while negative values of µ are normalized by half the magnitude tracciate corrispondono a diverse dimensioni del sistema nell’intervallo [2,3]. "0 of the eigenvalue of the two-body problem in d dimensions. This plot was taken from [144]. the crossover between BCS and BEC regimes occurs in a rather narrow range of the parameter kF ξpair . Finally, note that the concentration dependence of the penetration depth was also studied in [141] and that the 2D crossover model (3.1) in the presence of a magnetic field was investigated in [157]. In particular the concentration dependence of the derivative ∂Hc2 /∂T was studied and it was shown that [157] this derivative is substantially less in the Bose than in the BCS limit. 47 14 Notwithstanding these similarities, one should be careful with the Bose limit for the discrete Hubbard model. This limit, as was firstly pointed out in [79], is quite different from that of continuum model (see Sec. 3.3). 26 3.2.2 Studio di un modello tridimensionale Una soluzione analitica del modello di Hubbard è stata trovata anche nel caso tridimensionale, lungo tutta la regione di crossover [25]. Il modello è sempre quello di un sistema di fermioni a T=0 che interagiscono attraverso un potenziale attrattivo di contatto, in cui le grandezze sono valutate nell’approssimazione di campo medio. Consideriamo quindi nuovamente l’hamiltoniana 3.1, in cui però r = (x, y, z) è un vettore tridimensionale. Le equazioni che si ricavano da 3.3 e 3.4 sono: X 1 1 = U k 2Ek n= (3.9) X N vk2 =2 Ω k (3.10) dove N è il numero totale di fermioni, Ω è il volume occupato dal sistema e Ek = ξk = q ξk2 + ∆2 k2 −µ 2m ! vk2 1 ξk = 1− . 2 Ek Bisogna correggere la prima delle due equazioni poiché la somma diverge nel limite ultravioletto. Per questo si introduce, al posto della costante di accoppiamento U, la lunghezza di scattering as , definita da: − m 1 Xm = − . 2 4πas U k k (3.11) Sostituendo la (3.9) nella (3.11) si ottiene: − X 1 m m = − 2 . 4πas 2Ek k k La (3.12) e la (3.10) insieme danno ∆ e µ in funzione di as . 48 (3.12) Introduciamo le seguenti grandezze adimensionali: x2 = k2 1 2m ∆ x0 = µ ∆ ξk = x2 − x0 ∆ Ek q 2 Ex = = ξx + 1 ∆ ξx = e l’energia di Fermi F = (3π 2 n)2/3 /2m. Possiamo allora riscrivere le equazioni nel modo seguente 1 2 =− k F as π 2 3I2 (x0 ) !1/3 ∆ = F 2 3I2 (x0 ) !3/2 dove I1 (x0 ) = ∞ Z dxx 0 e I2 (x0 ) = 2 Z I1 (x0 ) 1 1 − 2 Ex x ! ∞ dxx 0 2 ξx 1− . Ex I membri di destra dipendono solo da x0 pertanto dalla prima si può avere x0 in funzione del prodotto kF as e, sostituendo nella seconda, si ottiene ∆/F ; infine dalla relazione µ/F = x0 ∆/F si ottiene µ/F in funzione di kF as . Risolvendo numericamente queste equazioni e tracciando i grafici del potenziale chimico e del gap in funzione della lunghezza di scattering, si sono trovati gli stessi risultati già trovati nel caso bidimensionale e negli esperimenti, cioè l’esistenza di una zona a potenziale chimico positivo per lunghezze di scattering negative (zona BCS), una zona a potenziale chimico negativo per lunghezze di scattering positive (zona BEC) e una zona di crossover fra la regione BCS e quella BEC, con cambiamento di segno del potenziale chimico e divergenza della lunghezza di scattering. 49 (15) 1! ∞ 1 I2 (x0 ) = dx 4 2 0 (x − 2x0 x2 + x20 + 1)1/2 π 1 F ( , κ), = 2(1 + x20 )1/4 2 x21 κ2 = , (1 + x20 )1/2 " (16) (17) 2 2 x0 + x0 1 riportati µ Nelle figure 3.7x2e = 3.8 ksono e1il+ potenziale chimico , x0 = , il xgap , (18)in funzione 1 = 2m ∆ ∆ 2 di x0 valutati, rispettivamente, nel modello tridimensionale e bidimensionale: and E( π , κ) and F ( π2 , κ) are the usual elliptic integrals. The quantities (12) and (13) are il limite 2BEC si ha per x0 → −∞ mentre quello BCS quando x0 → ∞. plotted as functions of the crossover parameter x0 in Fig. 1. 0 ∆/"F -5 -10 µ/"F -15 -20 -25 -30 -5 0 x0 5 10 Figura 3.7: Gap ∆ e potenziale chimico µ in funzione di x0 nel modello tridimensionale [26]. Figure 1: Gap function ∆ and chemical potential µ at zero temperature as functions of x0 in three dimensions. ∆/!F 0 a nonzero In two dimensions, bound state energy "0 exists for any coupling strength. The cutoff can therefore be eliminated by subtracting from the two-dimensional zero- -100 µ/!F 9 -200 -300 -400 -10 -5 0 x0 5 10 Figura 3.8: Gap ∆ e potenziale chimico µ in funzione di x0 nel modello bidimensionale [26]. Figure 2: Gap function ∆ and chemical potential µ at zero temperature as functions of x0 in two dimensions. In our calculation we use x0 as the most convenient crossover parameter, since it depends via the simple relation (18) on the chemical potential which can be measured rather directly experimentally [56]. The parameter x0 ranges from −∞ in the strongcoupling (Bose-Einstein) limit to ∞ in the weak-coupling (BCS) limit. The relation 50 between x0 and the inverse reduced coupling strength between the electrons 1/kF as is plotted for three-dimensional system in Fig. 3. The corresponding relation (24) in two dimensions between x0 and the bound state energy !0 of the electron pairs is plotted on Fig. 4. In Fig. 5 shows the temperature behavior of ∆ near T = 0 for different coupling strengths in three dimensions. In Fig. 6 does the same thing in two dimensions. Figures 7 and 8 display dependence of the temperature T ∗ where the gap vanishes on the coupling strength parameter x0 . 3.2.3 Pseudogap Finora sono stati considerati sistemi a T=0K e per questi sono stati ricavati risultati esatti nell’approssimazione di campo medio. Vogliamo ora trovare la dipendenza del gap ∆ dalla temperatura [26], [27]. Quando ci troviamo a T>0, non possiamo più risolvere analiticamente la gap equation e l’equazione per µ, ma dobbiamo considerare separatamente i due limiti di accoppiamento debole e forte. Riscriviamo le due equazioni nel modo seguente: √ 2 m3/2 Z ∞ ξ + ∆2 1 1 =√ 2 dξ √ 2 tanh g 2T 2π −µ 2 ξ + ∆2 " ( !#) √ 2 2 m q 2 µ + ∆ µ + ∆2 + µ + 2T log 1 + exp − n= . 2π T Analizziamo i due casi limite, quello BCS e quello BEC, per temperature piccole, vicine a T=0K: • limite BCS: x0 > 1. In questa regione si può assumere la densità degli stati n costante, indipendente da T. Si ottiene, nel limite di basse temperature, [28]: r s π ∆(T ) = ∆(0) − ∆(0) 2 " T ∆(0) exp − ∆(0) T # valida sia in due sia in tre dimensioni. Nel limite x0 → ∞, si riottiene il risultato della teoria BCS. • limite BEC: x0 < −1. In questo caso, non si può più considerare costante la densità degli stati; si ottiene: q ∆(0) δ(0)2 + µ2 ∆(T ) = ∆(0) − E1 , 2 T dove E1 (z) = Z ∞ e−t /tdt. 0 51 Quando imponiamo ∆ = 0, otteniamo la temperatura oltre la quale tutte le coppie o molecole del gas si rompono. Nel limite BCS, questo valore coincide con la temperatura critica oltre la quale la superconduttività viene persa, e risulta: π Tc = 8e e π F exp − 2kF |as | −2 γ ! −1 dove γ=0.577. Nel limite BEC, invece, questi due valori non coincidono e la superconduttività viene rotta già a temperature più basse. La condizione ∆ = 0 viene soddisfatta a: T∗ ≈ Eb 2 log (Eb /F )3/2 . Si può mostrare che questo valore è uguale alla temperatura a cui le molecole si rompono, che si trova imponendo la condizione di equilibrio chimico fra gli elettroni liberi e le molecole, cioè µb = 2µf : Tdiss ≈ Eb 2 log (Eb /F )3/2 . Si è quindi dimostrato che, quando la costante di accoppiamento è grande, il gap ∆ continua ad essere diverso da zero anche quando la superconduttività viene rotta, o, in altre parole, un gap con modulo diverso da zero non implica necessariamente l’esistenza di una fase superconduttiva. Il gap, invece, è indice dell’esistenza di stati legati di due elettroni che, nel limite BEC, sopravvivono anche a temperature maggiori di quella critica, a cui avviene la transizione di fase. Per costanti di accoppiamento molto forti, accade che, a temperature maggiori di quella critica, la fase del parametro d’ordine ∆ comincia a fluttuare 52 tanto violentemente da non rendere possibile una fase ordinata, senza tuttavia rompere le molecole. Nelle figure 3.9 e 3.10 sono riportate le curve che rappresentano ∆ in funzione della temperatura per diversi valori di x0 , rispettivamente nel caso tridimensionale e bidimensionale. 1 0.8 ∆(T )/∆(0) 0.6 0.4 0.2 0 Figure 5: 0.2 0.4 T /T ∗ 0.6 0.8 1 Temperature dependence of gap function in three dimensions. Solid line corresponds parameter x0 =temperatura 10 (i.e., in the BCS regime), the crosses to Figura 3.9: Gaptoincrossover funzione della nel modello tridimensionale x0 = 0 (i.e., in the intermediate regime), lines with boxes and circles represent x0 = −2 [26]. and x0 = −5 cases correspondingly and the dashed line corresponds to x0 = −10 (i.e., in strong-coupling regime). For very strong couplings, Eq. (28) becomes: ∆(T ) = ∆(0) − 1 ! µ2 + ∆(0)2 ∆(0) T ! exp − 2 T µ2 + ∆2 (0) (29) Let us also calculate thermodynamical quantities near T = 0. For the thermodynamic 0.8 Gibbs potential Ω(T, µ, V ) we calculate ∆(T )/∆(0) ! ! 2 & ξk2 + ∆2 ξk2 + ∆2 ∆ 0.6 + ξk . ! − 2T log 2 cosh tanh Ω= 2 2 2T 2T 2 ξk + ∆ k (30) 0.4in this section, ∆(0) will be replaced by ∆. In three dimensions, Here and in the sequel Eq. (30) turns into the Ω = κ3 V Figura [26]. 1 ∞ −µ ! 0.22 dξ ξ + µ ∆2 tanh 2 ξ 2 + ∆2 √ 0 0.2 √ 3 ξ 2 + ∆2 − 2T log 2 cosh 2T 0.4 T /T ∗ 0.6 √ ξ 2 + ∆2 2T 0.8 4 5 +ξ , 1 (31) 14 Figure 6: Temperature dependence of gap function in two dimensions. Solid line corresponds to crossover parameter x0 = 10 (i.e., in the BCS regime), the crosses to x0 = 0 3.10: Gap in funzione della temperatura nel modello bidimensionale (i.e., in the intermediate regime), lines with boxes and circles represent x0 = −2 and x0 = −5 cases correspondingly and the dashed line corresponds to x0 = −10 (i.e., in strong-coupling regime). In two dimensions, we obtain instead: $ % # " √ 2 √ 2 ! ∞ Ω ξ + ∆2 ξ + ∆2 ∆2 +ξ , = κ2 − 2T log 2 cosh dξ √ 2 tanh 2 V 2T 53 2T 2 ξ +∆ −µ (32) We regularize the thermodynamic potential Ωs of the condensate subtracting Ωn = Ω(∆ = 0). At T = 0 and for weak couplings this is found to depend on temperature as follows: Ωs Ω − Ωn √ 1 & ∆2 1 ≡ = κ3 µ − + µ|µ| − µ µ2 + ∆2 V V 4 2 2 " % (33) In the BCS limit (x0 → ∞) this reduces to the well-known result ∆2 Ωs √ . = κ3 µ − V 2 " % (34) In two dimensions, we have a formula valid for any strength of coupling: Ωs " ∆2 1 1 & % 3.3 Transizione BKT Un’importante ipotesi su cui si basa la teoria BCS riguarda l’approssimazione di campo medio, valida finchè sono trascurabili le fluttuazioni della fase e del modulo del parametro d’ordine ∆. Questo non è sempre vero, poiché ci sono casi, per esempio quando le costanti di accoppiamento sono grandi, in cui le fluttuazioni della fase diventano importanti. Si dovrà allora scrivere: ∆ = |∆|eiθ(x) . Il teorema di Coleman-Mermin-Wagner-Hohenberg [29] afferma che non può esistere ordine a lungo range a temperatura finita in sistemi bidimensionali, perché le fluttuazioni termiche tendono a disordinare il sistema. Si verifica invece un’altra transizione di fase, quella di Berezinskii-Kosterlitz-Thouless, che è caratterizzata dalla mancanza di ordine a lungo range e tale che l’energia libera e tutte le sue derivate restano continue. Il motivo per cui è stata inserita questa discussione sulla transizione BKT è che da alcuni autori [20] è stato ipotizzato che la transizione di fase per i superconduttori ad alta temperatura sia proprio una transizione BKT poiché essi possono essere considerati come sistemi bidimensionali. Abbiamo già visto in precedenza che, quando si considerano anche le fluttuazioni del parametro d’ordine, bisogna aggiungere al potenziale termodinamico di campo medio il termine Ωkin . Studiamo quindi come varia il comportamento del sistema quando aggiungiamo il seguente termine all’Hamiltoniana [30], [31]: Hθ = JZ dx(∇θ(x))2 2 (3.13) dove J è detto coefficiente di stiffness ed è tale che, alla temperatura T∗ , quando |∆| = 0, J=0. Abbiamo considerato solo le fluttuazioni della fase del parametro d’ordine, mentre quelle del modulo sono trascurabili. La 3.13 coincide con l’Hamiltoniana del modello XY in due dimensioni, nel limite di basse temperature: possiamo allora utilizzare i risultati previsti dal modello XY [32], [33], [34], [35] per determinare le caratteristiche del sistema. 54 Il modello XY descrive le fluttuazioni di un campo vettoriale in due dimensioni. Consideriamo un sistema in due dimensioni in cui, ad ogni sito, associamo un vettore di spin unitario con componenti (Sx ,Sy ) tali che Sx2 + Sy2 = 1 e interagenti con i loro primi vicini. Questo sistema presenta una simmetria globale rispetto al gruppo O(2). Definiamo l’angolo θ in modo che si abbia: Sx = cos θ → Sy = sin θ S = eiθ = Sx + iSy . Il modello prevede che, al di sopra di una certa temperatura, le fluttuazioni dell’angolo θ siano tanto forti da impedire l’ordine a lungo range. Assumiamo come Hamiltoniana del sistema: H = −J X cos (θi − θj ); (ij) essa definisce un’interazione ferromagnetica, poiché favorisce le configurazioni con spin paralleli. La funzione di partizione risulta: Z= Z Y dθi i 2π exp(βJ X cos (θi − θj )). ij Il già citato teorema di Coleman-Mermin-Wagner-Hohenberg afferma che non ci può essere una fase ordinata in un modello in due dimensioni in cui è presente solo un’interazione a primi vicini e caratterizzato da una simmetria continua. Introduciamo la funzione di correlazione a due punti per gli spin nei siti 0 e n D E hS0 Sn i = ei[θ0 −θn ] = Z Y dθi i J X ei(θ0 −θn ) exp cos (θi − θj ) 2π kT (ij) e valutiamola nei due limiti, di alta e bassa temperatura. Ad alta temperatura, cioè per kT >> J, si può fare un’espansione in serie 55 dell’esponenziale. Si ottiene, per la funzione di correlazione a primi vicini, l’espressione: D E ei(θ0 −θ1 ) ≈ J . 2kT Per una distanza arbitraria fra i siti, si può scrivere: D E D ei(θ0 −θn ) ≈ ei(θ0 −θ1 ) ED E D E ei(θ1 −θ2 ) ..... ei(θn−1 −θn ) . Pertanto risulta: J hS0 Sn i ≈ kT |n| " kT = exp −|n| log J # cioè la funzione di correlazione decresce esponenzialmente al variare della distanza fra i siti. A basse temperature, quando kT << J, si può fare un’espansione in serie del coseno intorno al valore 1, come suggerisce l’espressione dell’Hamiltoniana. La funzione di partizione diventa quindi un integrale gaussiano: Z= i J X (θi − θj )2 exp − 2π 2kT (ij) Z Y dθi in cui sono stati omessi i termini costanti. Calcoliamo la funzione di correlazione in questo limite, in cui, poiché la funzione di partizione è un integrale gaussiano, si può scrivere: D D 2 (θn − θ0 ) E 1 2 ei(θn −θ0 ) = e− 2 h(θn −θ0 ) i E d2 k D 2 E 2kT Z Λ d2 k 1 − eikn ikn = |θk | 1−e = J 0 (2π)2 k 2 0 (2π)2 kT n = log −1 πJ Λ Z Λ 56 dove l’ultimo termine è stato calcolato nel limite n >> Λ−1 ; si ottiene kT Gn0 = n− 2πJ . Nel limite di basse temperature la funzione di correlazione decade a zero con legge di potenza: non ci può essere ordine a lungo range, poiché la deviazione angolare fra gli spin aumenta all’aumentare della loro separazione. Si è quindi trovato un diverso comportamento ad alte e basse temperature: in entrambe non si verifica ordine a lungo range ma, mentre ad alte temperature la funzione di correlazione decresce in modo esponenziale, a basse temperature, invece, con legge di potenza. Questo implica che ci deve essere una transizione di fase ad una temperatura intermedia fra i due limiti, indicata con TKT e nota come temperatura della transizione di Kosterlitz-Thouless; essa è data dalla relazione: kTc ≈ J. Questa temperatura è minore della temperatura critica valutata senza includere le fluttuazioni della fase del parametro d’ordine. Kosterlitz e Thouless trovarono che, in corrispondenza di questa temperatura, avviene la formazione di coppie vortice-antivortice. La presenza dei vortici ad alte temperature è legata alla periodicità della fase, finora non ancora considerata. I vortici sono configurazioni di spin con una singolarità, che si manifesta nel fatto che l’integrale curvilineo di un gradiente di una fase non è nullo, ma assume valori multipli di una data quantità: I dr∇θ = 2πn dove n è chiamato numero di avvolgimenti. Un vortice è rappresentato in figura 3.11. Calcoliamo l’energia associata ad un vortice, entro un cerchio di raggio L intorno al vortice: E1 = L JZ (∇θ)2 d2 r = πJ log −1 . 2 Λ 57 Figura 3.11: Rappresentazione di un vortice di vorticità pari a 1. La croce rappresenta il centro del vortice. In un sistema infinito, l’energia associata ad un singolo vortice è infinita. Per una coppia vortice-antivortice, aventi opposti n, l’energia è: Epair (r) ≈ 2π log r Λ−1 e dipende dalla distanza r fra i due vortici. Per valutare quale delle due configurazioni sia favorita, valutiamo l’entropia del singolo vortice L 2 S = k log Λ−1 da cui si ottiene l’energia libera: F = E1 − T S = (πJ − 2kT ) log L . Λ−1 A bassa temperatura l’energia necessaria per creare un vortice diverge, mentre ad alta temperatura risulta favorevole la creazione di vortici. La temperatura critica a cui le coppie vortice-antivortice si dissociano è Tc = πJ . 2 58 La distanza media vortice-antivortice nella coppia è data da: D E r2 = Z 2πJ drr2 e− kT log (r/r0 ) ∝ 1 4 − 2πJ/T poiché il potenziale d’interazione nella coppia è v(r)=2πJ log (r/r0 ). Anche questa dà la stessa stima per la temperatura critica, che si trova come la temperatura in cui diverge la distanza quadratica media. 59 Capitolo 4 Superfluidità di sistemi non omogenei 4.1 Gas di Fermi costituiti da due specie Lo studio fatto finora riguardava un gas di Fermi omogeneo, in cui l’interazione avveniva fra due elementi aventi identica superficie di Fermi. Vogliamo ora estendere l’analisi al caso più generale in cui nel gas siano presenti specie diverse [36], [37], [38], [39], [40], [41], [60]. In generale la disomogeneità implica una differenza tra le superfici di Fermi delle specie che partecipano all’accoppiamento. La semplice descrizione BCS non è generalmente adeguata a descrivere questa situazione e altre fasi sono possibili. Questa generalizzazione è legata a esigenze sperimentali; spesso, infatti, si studiano delle miscele, per esempio di atomi di 6 Li e 40 K. D’altra parte essa è necessaria anche quando si analizza un gas costituito da un unico elemento, poiché l’interazione in esame avviene fra due atomi in due stati iperfini differenti in presenza di un campo magnetico, che modifica le loro superfici di Fermi in modo diverso. Inoltre, essa serve anche nel caso della QCD, in cui le coppie sono costituite da quark che hanno masse diverse e quindi superfici di Fermi diverse. 60 Immaginiamo di fare un esperimento con un gas costituito da due specie di fermioni fra le quali è presente un piccolo potenziale attrattivo e facciamo variare il potenziale chimico di una delle due specie (per esempio, variando la sua densità di popolazione). Quando la differenza fra i due potenziali chimici diventa abbastanza grande, la fase BCS viene distrutta. Infatti, poiché la fase BCS è caratterizzata da coppie di atomi con impulso totale nullo che si trovano, nello spazio dell’impulso, entro un piccolo guscio intorno alla superficie di Fermi, essa richiede che ci sia una sovrapposizione delle superfici di Fermi dei due atomi, che invece non si verifica se essi hanno potenziali chimici molto diversi fra loro. La fase BCS può sopravvivere finché la differenza degli impulsi di Fermi non supera lo spessore del guscio t, dato da: t= ∆ . vF t pF Figura 4.1: Sfera di Fermi nella fase BCS. L’impulso di Fermi, raggio della sfera, è pF . t rappresenta lo spessore intorno all’energia di Fermi entro cui si formano le coppie di Cooper. 61 Oltre questo valore, il sistema può passare, attraverso una transizione di fase del primo ordine, alla fase normale oppure può passare ad una fase intermedia, se preferisce non rompere del tutto la fase superconduttiva: questa scelta, legata alla minimizzazione dell’energia, dipende dai parametri che caratterizzano il sistema, come, ad esempio, la massa delle particelle. Le due fasi intermedie che si possono verificare, aventi alcune caratteristiche tipiche di quella superconduttiva e altre di quella normale, sono la fase di Breached Pairing (BP) e la fase FFLO. La prima è caratterizzata dalla contemporanea presenza di coppie di Cooper e di particelle nello stato normale; la spiegazione è che ci sono degli stati in più della specie più pesante, che corrispondono a elettroni in più che non hanno partner fra gli elettroni dell’altra specie e restano non accoppiati, quindi nello stato normale. La seconda è invece caratterizzata da coppie con momento finito, non nullo, in cui i centri delle sfere di Fermi sono spostati fra loro per permettere un overlap parziale delle superfici di Fermi e il sistema rompe la simmetria traslazionale. Il sistema sceglie una di queste fasi se ad essa corrisponde uno stato stabile, cioè un minimo dell’energia: questo si verifica quando il guadagno che si ottiene dall’accoppiamento risulta maggiore dell’aumento dell’energia cinetica, che è causato, nel primo caso, dall’eccitazione di alcune particelle e, nell’altro, dalla deformazione delle sfere di Fermi. 4.1.1 Fase di Breached Pairing Consideriamo un gas costituito da due specie, A e B, che interagiscono attraverso un’interazione attrattiva a due corpi descritta dalla costante di accoppiamento negativa g, che supponiamo piccola. In particolare consideriamo il caso in cui mB > mA µA > µB ma tali che pB > pA (4.1) 62 dove pA,B sono gli impulsi di Fermi delle particelle di tipo A e B. Supponiamo inoltre che la differenza fra i potenziali chimici delle due specie sia tale da rompere la fase BCS. Gli atomi di tipo A sono caratterizzati da una superficie di Fermi più piccola rispetto a quelli di tipo B, come rappresentato in figura 4.2. t A HleggeroL B HpesanteL pA pB Figura 4.2: Superfici di Fermi di due specie, A e B, tali che mA < mB , µA > µB e pA < pB . t è lo spessore intorno al raggio più piccolo pA entro cui si formano le coppie di Cooper. La rottura della fase BCS è dovuta al fatto che, poiché la funzione d’onda BCS richiede che si abbia, per ogni valore dell’impulso, o nulla o doppia occupazione, essa non è compatibile con la situazione in cui gli stati fra pA e pB sono pieni. Per permettere la formazione di stati legati bisogna quindi fornire energia al sistema in modo da eccitare gli elettroni di tipo B con impulso compreso fra pA e pB , in stati oltre pB . Successivamente, si potranno creare delle coppie di Cooper fra elettroni entro un piccolo guscio intorno a pA , se il guadagno in energia conseguente alla formazione di coppie e alla condensazione supera l’aumento di energia necessario per eccitare il sistema. In pratica, se chiamiamo t lo spessore del guscio entro cui si formano coppie, che corrisponde al guscio celeste della figura 4.2, il guadagno di energia per ogni 63 coppia formata risulta: pair = con m̃ = pA t m̃ mA mB mA + mB massa ridotta della coppia. L’energia per particella da fornire al sistema per l’eccitazione è invece: p2B − p2A . 2mB La condizione è quindi: pA t p2 − p2A > B m̃ 2mB A questa, va aggiunta la condizione che la fase BCS sia stata rotta, cioè lo spessore del guscio entro cui si formano le coppie non deve essere più grande della distanza fra le superfici di Fermi: pB − pA > t. Le due condizioni sono compatibili se è soddisfatta la seguente disuguaglianza: 1> mA pB + pA . 2pA mA + mB Quando questo si verifica, il sistema entra nella fase di Breached Pairing o, anche detta, di interior gap, caratterizzata dalla contemporanea presenza di un superfluido e di elettroni nello stato normale. Entro il guscio di spessore t, la fase è quella BCS, in cui sono presenti coppie di Cooper di impulso totale nullo, mentre all’esterno ci sono gli elettroni normali. Scriviamo l’Hamiltoniana corrispondente al modello descritto: H− X i=A,B µi Ni = X Z i=A,B 64 d3 p i (p)ψi† (p)ψi (p)+ (2π)3 +g Z d3 p Z d3 p † ψ (p)ψB† (−p)ψB (−p)ψA (p) (2π)3 (2π)3 A con i (p) = p2 − µi . 2mi Effettuando l’approssimazione di campo medio, si ottiene: H− X µi Ni = i=A,B Z d3 p X i (p)ψi† (p)ψi (p) − 3 (2π) i=A,B −∆∗ ψB (−p)ψA (p) − ∆ψA† (p)ψB† (−p) − in cui ∆ = −g |∆|2 g d3 p hψB (−p)ψA (p)i = ∆∗ . (2π)3 Z Introduciamo dei nuovi campi, ψα e ψβ , i campi delle quasi-particelle, definiti da: X Z ψα (p) up −vp ψA (p) = v p up ψB† (−p) ψβ† (−p) Si ha: H− µi Ni = i=A,B i d3 p h † (p) − E (p)ψ (p)ψ (p) − B β i i (2π)3 −∆∗ ψB (−p)ψA (p) − ∆ψA† (p)ψB† (−p) − |∆|2 g (4.2) con † 1 u2p = 1 + q p †2 2 2 p + ∆ † 1 vp2 = 1 − q p †2 2 2 p + ∆ A (p) ± B (p) . (4.3) 2 Eα,β (p) sono le energie dei due tipi di quasi-particelle che si possono formare. Per trovare lo stato fondamentale |φi che minimizza l’energia, possiamo Eα,β (p) = ±− (p) + q + (p)2 + ∆2 65 ± (p) = fare alcune considerazioni riguardo alla 4.2; lo stato fondamentale sarà quello tale che: † se Eα,β (p) < 0 → ψα,β (p) |φi = 0 se Eα,β (p) > 0 → ψα,β (p) |φi = 0 (4.4) in modo che i termini proporzionali a Eα,β contribuiscono al valore di aspettazione dell’Hamiltoniana solo se sono negativi. Le 4.4 corrispondono ad avere, per p tali che Eα,β (p) > 0, stati del tipo BCS, cioè [up + vp ψA† (p)ψB† (−p)] |0i , mentre per p tali che Eβ(α) (p) < 0 stati di particella singola di tipo B (A). Se guardiamo le 4.3, si nota che Eα (p) > 0 per ogni p mentre Eβ (p) risulta negativa per k2 < p < k1 , con k1,2 dati da: s k1,2 = p2A + p2B q 2 2 ± (pB − p2A ) − 16mA mB ∆2 . 2 Se questi valori sono reali, ci sarà un intervallo in cui Eβ (p) < 0, che prende il nome di gapless region. Per esempio, in figura 4.3 sono rappresentati Eα (p) e Eβ (p) in funzione di p per questi valori dei parametri: mB = 7mA pB = 1.4pA ∆ = 0.02µA . Nella figura 4.3 si può vedere che c’è un intervallo di valori di p in cui Eβ (p) < 0: a questi valori corrispondono delle particelle di tipo B nello stato normale, che formano un breach, una trincea, nello spettro, e la fase BP è realizzata. Inoltre, nei punti in cui Eβ (p) = 0 le quasi-particelle hanno gap nullo. Pertanto, lo stato fondamentale risulta: |φi = Y up + vp ψA† (p)ψB† (−p) p6∈[k2 ;k1 ] Y ψB† (p) |0i p∈[k2 ;k1 ] e contiene sia coppie nello stato BCS, con densità di particelle di tipo A uguale alla densità di particelle di tipo B, sia particelle di tipo B nello stato normale. 66 EΑ EΒ p 0 Figura 4.3: Energia delle quasi-particelle di tipo α (blu) e di tipo β (verde). Si nota che, mentre Eα è sempre positiva, c’è, invece, un intervallo di p in cui Eβ è negativa. L’abbondanza di particelle B e l’assenza di quelle A nel breach si può notare nei grafici nelle figure 4.4 e 4.5, che rappresentano la densità di particelle rispettivamente di tipo A e B in funzione del momento: la curva in rosso è relativa allo stato normale mentre quella blu alla fase di BP. 4.1.2 Fase FFLO Oltre alla fase di interior gap, è possibile un’altra fase intermedia, la fase FFLO, che, contrariamente alla prima, è favorita per piccoli valori della costante di accoppiamento. Essa prende il nome dalle iniziali dei fisici che per primi l’hanno prevista e studiata, Fulde, Ferrell, Larkin e Ovchinnikov [42], [43]. Come abbiamo visto in precedenza, quando i potenziali chimici diventano abbastanza diversi fra loro, la fase BCS può non essere più favorita energeticamente; inoltre, per piccole costanti di accoppiamento la fase di interior gap non può avvenire. Ci mettiamo quindi nel caso di costanti di accoppiamento piccole e facciamo l’ipotesi che esiste una fase disomogenea, caratterizzata da coppie di Cooper 67 gnature of breached pair superfluidity BP quantum phase transition from BCS to BP) Figura 4.4: Densità delle particelle di tipo A in funzione dell’impulso. NelINT Sep 2005 l’intervallo di k in cui Eβ < 0, la densità diventa nulla poiché non ci sono particelle singole di tipo A. Figura 4.5: Densità delle particelle di tipo B in funzione dell’impulso. Nell’in- INT Sepdi2005 tervallo k in cui Eβ < 0 la densità è maggiore rispetto a36 quella dello stato normale poiché sono state create altre particelle di tipo B. con momento totale diverso da zero. Dopo aver trovato l’energia libera corrispondente a questa fase, la confrontiamo con quella dello stato condensato (BCS) per valutare quale delle due risulta stabile [44]. 68 Introduciamo due fermioni di impulso p + q e −p + q, per cui la coppia formata da loro avrà impulso 2q, come mostrato in figura 4.6. p+q Èp+qÈ Èp-qÈ 2ÈqÈ Èp-qÈ -p-q Figura 4.6: Nella prima immagine, sono sovrapposte le sfere di Fermi delle due specie, di raggio |p + q| e |p − q|; nella seconda immagine, la seconda sfera è spostata rispetto alla prima in modo da far coincidere una parte delle loro superfici. Mostriamo che la funzione d’onda del condensato è dipendente dallo spazio, quindi non omogenea. Essa è data da: Ξ = hvuoto|ψ(r, t)ψ(r, t)|vuotoi (4.5) Sia: |vuotoi = X cN | N i N con N pari. Supponiamo inoltre che ci siano N/2 particelle con impulso p + q e N/2 con impulso −p + q. La 4.5 diventa: Ξ(r) = X cN c∗M hM |ψ(r, t)ψ(r, t)|N i = NM = X X cM +2 c∗M hM |ψ(r, t)ψ(r, t)|M + 2i = M cM +2 c∗M e2iqM r hM |ψ(0)ψ(0)|M + 2i . M 69 ∆ è proporzionale a Ξ, quindi possiamo scrivere: ∆(r) = X ∆m e2iqm r . m Supponiamo che esiste un unico valore per q, cioè che tutte le coppie del condensato hanno lo stesso impulso (ipotesi di Fulde e Ferrell); si ottiene: ∆(r) = e2iqr ∆; la dipendenza dallo spazio è quindi quella di un’onda piana, mentre nel caso generale si sarebbe dovuto considerare una sovrapposizione di onde piane. Tenendo conto della differenza fra i potenziali chimici e dell’impulso della coppia, le grandezze che definiscono l’energia cambiano nel modo seguente: ξp ± δµ = vF (p − pF ) ± δµ → vF (p ∓ q − pF ) ± δµ = ξp ± µ0p µ0p = δµ − q v̇F essendo δµ = µ1 − µ2 . 2 Determiniamo il valore limite per δµ, oltre il quale la fase BCS non è più stabile. Partiamo dalla gap equation, che si può scrivere nel modo seguente: −1 + g Z d3 p 1 g Z d3 p 1 = (nu (p) + nv (p)) 2 (2π)3 (p, ∆0 ) 2 (2π)3 (p, ∆0 ) dove nu e nv sono le distribuzioni di equilibrio delle quasi-particelle di tipo u e v. Nel limite di accoppiamento debole e a T=0, diventa: √ 2 gρ ∆0 δµ − ∆2 ln = θ(δµ − δ) arcsinh 2 δ ∆ 70 (4.6) cioè ln dove ρ= ∆ √ 02 =0 δµ + δµ − ∆2 p2F π 2 vF ∆0 = 2δe−2/gρ . (4.7) (4.8) ∆0 è il gap calcolato per δµ = 0 mentre δ è il cutoff nell’integrazione rispetto all’energia ξp , che si elimina sostituendolo con ∆0 . La 4.7 non ammette soluzioni se δµ > ∆0 ; posto quindi δµ ≤ ∆0 , ci sono due soluzioni: (a) ∆ = ∆0 (dalla 4.6) (b) ∆2 = 2δµ∆0 − ∆20 . Per trovare il potenziale termodinamico, utilizziamo un noto teorema, per la cui dimostrazione rimandiamo al V volume del corso di fisica teorica di Landau e Lifshitz. Il teorema afferma che, per piccole variazioni dei parametri esterni del sistema, tutte le quantità termodinamiche variano nello stesso modo, sicché si può scrivere: * + ∂Ω ∂H = . ∂g ∂g Effettuando la derivata del termine d’interazione dell’Hamiltoniana BCS si ottiene: Z Ω dg =− |∆|2 V g2 Sostituendo l’integrazione in g con quella in ∆0 attraverso la seconda delle 4.8, si ottiene: ρ Z ∆0 2 d∆0 ∆ Ω ∆ − Ω0 = − 2 ∆f ∆0 in cui ∆f è il valore di ∆0 corrispondente a ∆ = 0, per cui si ha: (a) ∆f = 0 (b) ∆f = 2δµ. Per determinare il δµ massimo tollerabile dalla fase BCS, bisogna confrontare il potenziale termodinamico BCS, calcolato nel caso δµ 6= 0, con quello dello stato normale e ugualmente calcolato per δµ 6= 0. 71 Nello stato normale il potenziale termodinamico, per definizione, è dato da: Ω0 = −2V T Z d3 p (µ−(p))/T ln 1 + e . (2π)3 Nel limite T→ 0 e valutandolo per δµ 6= 0 con un’espansione in δµ/µ, al primo ordine non triviale, si ottiene: Ω0 (δµ) = Ω0 (0) − ρδµ2 . 2 Risulta allora: ρ ρ (a) Ω∆ (δµ) = Ω0 (δµ) − (−2δµ2 + ∆20 ) = − ∆20 4 4 ρ δµ2 ∆2 (b) Ω∆ (δµ) = Ω0 (δµ) − (−4δµ2 + 4δµ∆0 − ∆20 ) = ρ − ρδµ∆0 + ρ 0 . 4 2 4 La soluzione accettabile è la (a) poiché ha Ω minore, come mostra la figura 4.7, che rappresenta i risultati (a) e (b) per il potenziale termodinamico. √ Si può quindi concludere che, per δµ < ∆0 / 2 lo stato BCS è stabile mentre √ al di là di tale valore diventa instabile, passando, quando δµ = ∆0 / 2 = δµ1 , attraverso una transizione di fase del primo ordine, poiché il gap non dipende da δµ. Questo limite è detto limite di Clogston. Abbiamo quindi determinato il valore δµ1 in cui la fase BCS viene rotta. Dobbiamo ora stabilire in quale fase si trova il sistema per δµ maggiori: un possibile candidato è la fase FLLO. Per capire se essa viene realizzata, dobbiamo determinare quando essa risulta stabile. Poiché siamo in presenza di gap piccoli, è possibile effettuare un’espansione di Ginzburg-Landau sia della gap equation sia del potenziale termodinamico rispetto proprio a ∆. Per il potenziale termodinamico si ha: Ω= α 2 β 4 γ 6 ∆ + ∆ + ∆ 2 4 6 (4.9) in cui l’espansione è stata arrestata al sesto ordine poiché ci aspettiamo un 72 W Ρ D0 2 0.2 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 ∆Μ D0 -0.2 -0.4 -0.6 Figura 4.7: Potenziale termodinamico in funzione di δµ. La curva rossa tratteggiata rappresenta la soluzione (a), quella rossa continua la soluzione (b) e l’altra il potenziale nello stato normale. Dalla figura si vede che la soluzione (a) è quella realizzata poiché ad essa corrisponde il minimo potenziale. punto tricritico nel piano T vs δµ, in cui si incontrano la retta della transizione del primo ordine appena descritta con quella di secondo ordine che avviene quando T = Tc e δµ = 0. Minimizzando la 4.9, si ottiene la gap equation: α∆ + β∆3 + γ∆5 = 0. (4.10) Per trovare i coefficienti dell’espansione, possiamo confrontarla con la gap equation che si ottiene dal potenziale termodinamico trovato con il modello di Hubbard, riportato qui di seguito: ∞ Z X v d3 k 2 ln det G−1 (iωn , k) + .... Ω = |∆| − vT 3 g (2π n=−∞ più altri termini che non dipendono da ∆. Dopo aver calcolato il determinante del propagatore si ottiene: ∞ Z X v d3 k Ω = |∆|2 − vT ln (ωn2 + ξ 2 + |∆|2 ) + .... 3 g (2π) n=−∞ 73 dove ξ = k 2 /2m − µ e le ωn sono le frequenze di Matsubara con in più un contributo legato alla differenza di potenziale chimico: ωn = (2n + 1)πT + iδµ. Ricaviamo la gap equation: ∆ = 2T gρ< ∞ Z X δ dξ n=0 0 ∆ ωn2 + ξ 2 + |∆|2 e facciamo un’espansione in ∆: ∆ = 2T gρ< ∞ Z X δ n=0 0 ∆ ∆3 ∆5 dξ 2 − + + .... . ωn + ξ 2 (ωn2 + ξ 2 )2 (ωn2 + ξ 2 )3 " # Dal confronto di quest’ultima espressione con la 4.10 si ottengono i coefficienti da sostituire nella 4.9: ∞ Z δ X 1 2 dξ 2 1 − 2gρT < α= g ωn + ξ 2 n=0 0 ∞ Z X β = 4ρT < δ dξ n=0 0 γ = −4ρT < ∞ Z X (4.11) 1 (ωn2 + ξ 2 )2 δ dξ n=0 0 ! (ωn2 1 . + ξ 2 )3 Il segno di γ deve essere positivo, condizione perché sia giustificato lo sviluppo di Ginzburg-Landau. Fondamentale risulta il ruolo del segno di α nel determinare la fase del sistema. Distinguiamo i due casi: β > 0 e β < 0. • β>0 quando α > 0 (figura 4.8(a)) il potenziale ha un minimo in ∆ = 0, mentre, quando α < 0 (figura 4.8(b)), ∆ = 0 diventa un massimo e nascono due minimi degeneri in 2 ∆ = −β + 74 √ β 2 − 4P αγ . 2γ (4.12) In α = 0 si verifica quindi una transizione di fase del secondo ordine. • β<0 quando α > 0 (figure 4.8(c), 4.8(d) e 4.8(e)) il potenziale ha tre minimi, uno in ∆ = 0 e gli altri due, degeneri, a ∆ dato da 4.12, che competono fra loro, mentre, quando α > 0 (figura 4.8(f)), ∆ = 0 è un massimo e i valori in 4.12 sono minimi degeneri. W Ρ W Ρ 0.04 HaL 0.15 0.03 HbL 0.1 0.05 0.02 D -1 0.01 0.5 -0.5 1 -0.05 D -0.2 0.1 -0.1 -0.1 0.2 W Ρ W Ρ 0.3 HcL 0.3 0.25 HdL 0.25 0.2 0.2 0.15 0.15 0.1 0.1 0.05 0.05 D D -2 1 -1 -1.5 2 -1 0.5 -0.5 1 1.5 W Ρ W Ρ 0.6 1 HeL HfL 0.75 0.4 0.5 0.25 0.2 D -2 D -2 1 -1 2 -1 -0.25 1 2 -0.5 -0.2 -0.75 Figura 4.8: Grafici del potenziale termodinamico in funzione di ∆, con diversi valori dei coefficienti dell’espansione: (a) Pα = 1 β = 2 γ = 1; (b) Pα = −1 β = 2 γ = 1; (c) Pα = 1 β = −2.2 γ = 1; (d) Pα = 1 β = −2.309 γ = 1; (e) Pα = 1 β = −2.4 γ = 1; (f) Pα = −1 β = −1 γ = 1. 75 La fase FFLO risulta stabile sempre quando α < 0, mentre per α > 0 è stabile solo nel caso rappresentato in figura 4.8(e), cioè per α< 3β 2 . 12γ 2 La transizione di fase è del primo ordine e corrisponde alla figura 4.8(d), in cui i tre minimi sono degeneri. Risolvendo la 4.11 si può determinare per quali valori di δµ si ha α < 0 e quindi stabilità della fase FFLO: si ottiene che α = 0 per δµ = δµ2 = 0.754∆0 > δµ1 , pertanto la fase FFLO è stabile per δµ < δµ2 . Unendo i risultati trovati, possiamo concludere che ci sarà fase FFLO a piccole lunghezze di scattering e per δµ1 < δµ < δµ2 . 4.1.3 Diagramma di fase Recentemente sono stati pubblicati i risultati di alcuni studi in cui, attraverso simulazioni numeriche [45] o attraverso considerazioni più qualitative [46], viene ricostruito il diagramma di fase di un sistema costituito da due specie di atomi. Il diagramma di fase ottenuto nel primo dei due articoli citati è riportato in figura 4.9. In esso, viene rappresentata la differenza fra i potenziali chimici delle due specie δµ in funzione della costante di accoppiamento g fra le due specie interagenti, individuando le fasi del sistema per ogni coppia di valori. Come già annunciato, per piccole differenze fra i potenziali chimici, la fase condensata non viene rotta: essa quindi persiste per qualsiasi valore dell’accoppiamento, o come condensazione di coppie di Cooper (interazione debole) o di molecole (interazione forte). Quando la differenza fra i potenziali chimici diventa abbastanza grande, la fase condensata non è più favorita energeticamente e viene rotta, o completamente o parzialmente: nel primo caso, si passa direttamente alla fase normale, 76 expansion we reproduce within a few percent the second order transition lines obtained by the numerical evaluation of the free-energy minima in the full theory . IV. PHASE DIAGRAM We summarize our results in the phase diagram depicted in Fig. 5. In the following discussion of the phase diagram we will show that there is a correspondence between some regions and lines of the phase diagram and of the diagram depicted in Fig. 3. 2 Normal !µ/"0 1 ss ple Ga 1.5 P 0.95 1 0.5 0 0.5 1.05 0.18 0.15 0.12 P LOFF BEC 0.25 0 g BCS -0.25 -0.5 FIG. 5: Phase-diagram at T = 0. The full line (red online) indicates the first order phase transition between the homogeneous Figura Diagramma ottenuto numericamente,< di<un gas costituito gapped superfluid phase4.9: and the LOFF phase di for fase, g< ∼ 0.05 or the normal phase for 0.05 ∼ g ∼ 0.13 or the gapless homogeneous < g < 0.175. The dashed line (black online) indicates the second order phase transition between the superfluid phase 0.13 da for due specie ∼ ∼ aventi diversi potenziali chimici, la cui differenza è pari a δµ. In LOFF phase and the normal phase. The dot-dashed line (blue online) indicates the second order phase transition between the sono riportate le fasi in cuiphase. si trova sistema per ogniline, valore δµ not e della homogeneous esso superconductive phase and the normal Theildotted (green online) whichdidoes correspond to a phase transition, separates the homogeneous gapped phase from the homogeneous gapless phase. In the inset it is shown that costante di accoppiamento g. the full line continues beyond the point where the dot-dashed line and the full line meet. To begin with we describe the full line (red online). At values of g < ∼ 0.05 it indicates the first order phase transition secondo,superconductive si passa ad una faseand intermedia, quellaFor BP0.05 per< line indicates a g< between the nel homogeneous phase the LOFF phase. ∼ 0.13 the full forti ∼accoppiamenti e quella LOFF per accoppiamenti deboli. Per ogni valore di g, chiamiamo δµc la massima differenza che la fase superconduttiva omogenea può sostenere, in modo che per δµ > δµc il sistema non è più completamente condensato. δµc risulta una funzione crescente di g. Dalla figura 4.9, si evince questo comportamento: • −0.5 < g < 0.05: il sistema presenta una transizione dalla fase superconduttiva a quella LOFF e successivamente una transizione dalla fase LOFF alla fase normale; • 0.05 < g < 0.175: il sistema presenta una transizione dalla fase superconduttiva a quella normale; • 0.175 < g < 0.5: il sistema presenta una transizione dalla fase superconduttiva a quella di BP e successivamente a quella normale. La figura 4.10 mostra quali tipi di transizioni avvengono per i diversi valori di g: • g < 0: transizione di fase del primo ordine: ∆ passa da un valore finito (quello della fase BCS) a 0; 77 • 0 < g < 0.175: transizione di fase del primo ordine fra due valori di ∆ finiti, il primo relativo alla fase superconduttiva ed il secondo alla fase BP; successivamente, transizione del secondo ordine fino a ∆ = 0; • g > 0.175: transizione di fase del secondo ordine fino a ∆ = 0. 1.25 g=0.2 1 g=0.135 1 1 0.8 0.8 0.6 0.6 0.5 0.4 0.92 g=-0.1 µ/"F #/"F 0.75 0.4 0.94 0.2 0.25 0 0 0 0.25 0.5 0.75 1 g=-0.1 1.25 1.5 1.75 g=0.135 g=0.2 -0.2 0 2 0.5 !µ/"F 1 !µ FIG. 2: On the left: The gap ∆/!F vs. δµ/!F for three values of the dimensionless coupling g. F Figura 4.10:refer Gap funzione di gδµ/ diversi g: la(black figuraonline). The g = 0.2 F in F per to g∆/ = 0.2 (purple online), = 0.135 (red online)valori and g di = −0.1 mostra che phase per g=0.2 si verifica una phase transizione secondo fase transition to the normal at δµ/!Fdel " 1.27. The ordine g = −0.1alla curve shows a first-order tra at δµ " 0.39! . The intermediate curve (g = 0.135), shown in more detail F normale a δµ/F ≈ 0.127; per g=0.135, si verifica prima una transizione del in the inset, shows transitions. One phase transition is first-order. It leads to a superconductive phase with a differen primo ordine fra due valori finiti del gap ∆, poi una transizione del secondo The second transition leads smoothly to the normal phase. On the right: µ/!F vs. δµ/!F for t ordine alla fase normale;coupling per g=-0.1, si continuous verifica una transizione delonline) primo refers ordine dimensionless g. The upper curve (green to the normal phase ( curves from bottom to top refer to g = 0.2 (purple online), g = 0.135 (red online) and g = −0. alla fase normale a δµ/ [45]. F ≈ 0.39 represents an enlargement of the curve at g = 0.135. In both panels the dotted parts of the g = 0.1 correspond to metastable states. Quando g è scelto nell’intervallo 0.13 ≤ g ≤ 0.175 e δµ è entro un range C correspond to metastable points that are local minima of the free-energy. For g = 0.135 di valori vicini al suo valore critico, la gap equation ha tre soluzioni, cioè tre insets of Fig. 2 as dotted points in the upper curve and lower curve respectively. The poi valori di ∆,correspond di cui uno corrisponde ad unthat massimo e gli ofaltri due a minimi to unstable BP points are maxima the free-energy. The remaining parts to allowed regions. The white area corresponds to the stable gapped phase and the shadow dell’energia libera, come mostrato in figura 4.11. the exclusion of the region C, to the stable gapless superconductive phase. In the shado Per δµ piccolo, minimo dell’energia quello corrispondente al ∆ space. più grande, thereil are gapless excitationsèat one sphere in momentum All the regions meet at corresponding to g = 0.175. The meaning of this point will be clarified al crescere di δµ i due valori diventano quasi degeneri finché il minimo si trovabelow. al ∆ minore. Per δµ ancora più grandi, il ∆ minimo continuerà a diminuire fino a 0 e si ha una transizione di fase del secondo ordine allo stato normale. 1 A B C g=0.0 35 g=0.1 75 g=0.1 78 µ/# g=0.135 0 g=0.175 g=0.25 P g=0.25 g=0.3 g=0.3 -1 0 g=0.4 g=0.4 0.5 1 1.5 2 !µ/# FIG. 3: Full (green online) lines are simultaneous solutions of the gap and number equations for diff constant and of the mismatch between the Fermi spheres. The regions above the full (red online) [0.13, 0.175]. For each value of ∆, the value of µ is determined by the equation ∂F/∂µ = 0, corresponding to Eq. (9). We notice that, since the total number density is fixed, the average chemical potentials of the broken (∆ #= 0) and normal (∆ = 0) phases are in general different. For δµ = 0.936 #F the free-energy has a global minimum at ∆ = ∆0 $ 0.95 #F and a local minimum at ∆ $ 0.75 #F ; at δµ = 0.940 #F the two minima are almost degenerate, and the values of the gap at the local minima are ∆ = ∆0 and ∆ $ 0.625 #F ; finally for δµ = 0.942 #F the former local minimum becomes the global one (and vice-versa), and the gap at the global minimum is ∆ $ 0.6 #F . For higher values of δµ the value of the gap decreases monotonically and for δµ = δµc ∼ 0.955 #F the system has a second order phase transition to the normal phase. #µ = 0.936 "F #µ = 0.940 "F #µ = 0.942 "F 3 (F - F0)/kF"F 0.002 0 -0.002 0 0.5 !/"F 1 FIG. 1: Free energy difference F − F0 as a function of ∆ for various values of δµ at g = 0.135. Figura 4.11: Energia libera in funzione del gap ∆/F per diversi valori di δµ e The dependence on g of [45]. the order of the phase transitions is shown on the left panel in Fig. 2 by three representative a g=0.135 values of the dimensionless coupling constant, one inside the interval [0.13, 0.175], another one on the left, and a third one on the right of the interval. The lowest curve refers to g = −0.1. We have not considered here the possibility of inhomogeneous superconductivity and therefore we have a first order phase transition from the superconductive to < δµ/∆0 ≤ 1 the superconductive phase becomes metastable the normal state.Nel It occurs at δµarticolo $ 0.79∆citato, 0 . For 0.79 ∼ secondo invece, viene ipotizzato il diagramma di fase and is shown as a dotted line. The highest curve is computed at g = +0.2: for this value the transition from the riportato in figura 4.12. superconductive to the normal phase is second order. The intermediate curve is obtained at g = +0.135 and shows, in agreement with the results of Fig. 1, two phase transitions: a first order phase transition from the value 0.95 to the Sull’asse y è riportato value 0.65 of the gap parameter, and a second order phase transition to the normal phase. The values corresponding to the metastable phases are depicted as dotted curves. An enlarged picture of this case is in the inset. On the right 1 µ as a function of δµ, for the same values of panel in Fig. 2 we show the behavior of theHaverage chemical potential H curve = (µ = the figure,con 1 − µ2 ). the dimensionless coupling constant g.η In the upper ∆ 2 (green online) represents the average chemical potential in the normal phase The inset refers again to g = 0.135. It is also worth mentioning that the first order phase transition between the two minima of the free-energy corè il gap del gas non polarizzato. Sull’asse x è The riportato responds to a∆phase transition between a gapped and gapless phase. gapless phase is characterized by having one zero in the quasiparticle dispersion law at one sphere in momentum space. Had the dispersion laws two zeros 1 but this possibility is not realized in this model at then the system could live in the Breached Pairing phase [9, 10], =− . least within the present approximations. To illustratekthis point na3we have reported in Figure 3 the results for µ/∆ vs. δµ/∆ as lines (green online) labeled with various values of g. Since for some values of g there are first order phase transitions, some regions of this diagram are never reached by stable physical states, which is why in some cases the La zona è quella dellathe fase condensata, conline, i limiti e BEC ed uncomparing lines are interrupted. Such Iregions are above thick full (red online) whichBCS has been determined the energies of the various thefase letters A, B andlaC. The III regions labeled crossover fraphases, i due;and la have zonabeen II èlabeled quellawith della normale, zona della fase as A and BP e infine la zona IV è della fase LOFF. La differenza fondamentale fra i due diagrammi di fase è data dalla zona di confine fra le due fasi intermedie: in quest’ultimo grafico, infatti, le due regioni sono separate da una linea che congiunge i punti S e L: il punto S è un punto di splitting, poiché da esso parte una linea che divide la zona (III) in due sottoregioni, mentre il punto P è un punto di Lifshitz, punto che separa, per definizione, una fase ordinata spazialmente uniforme (I), una fase disordinata (II) e una una fase ordinata spazialmente non uniforme (IV). 79 propose the phase diagram of cold polarized atomic Fermi gas with zero-range interaction. dentify four main phases in the plane of density and polarization: the superfluid phase, the al phase, the gapless superfluid phase, and the modulated phase. We argue that there exist hitz point at the junction of the normal, the gapless superfluid and the modulated phases, splitting point where the superfluid, the gapless superfluid and the modulated phases meet. how that the physics near the splitting point is universal and derive an effective field theory bing it. We also show that subregions with one and two Fermi surfaces exist within the normal he gapless superfluid phases. numbers: 03.75.Ss Fermi gas in the regime of large scathas attracted much interest due to its r. The regime can be achieved in atom e technique of Feshbach resonance [2]. focused on systems consisting of two s (e.g., two spin components of a spin- 21 ual number density. When the effective ompared to n−1/3 , where n is the total many properties of the system depend hrough the dimensionless diluteness pa- II ! II III 1 L S IV I BEC "0 1 κ=− 3. na (1) BCS " FIG. 1: The proposed phase diagram. Figura 4.12: Secondo diagramma di fase di un sistema disomogeneo, in cui κ the system interpolates between si rappresenta la fase del sistema per ogni valore della differenza fra i potencondensation (BEC) regime and the fer from each other by the number of Fermi surfaces. On Schrieffer (BCS) regime. For all chimici values delle ziali specie (rappresentata la costante di accoppiamento the left of the dashed line theredais H) one eFermi surface, on tate is believed to be a superfluid. (rappresentatathe daright k) [46]. there are two. Region (IV) is most likely di- case of unequal number density (or untentials) of the two species is much less e case of spin- 12 fermions one refers to a follow this terminology, understanding Come già e sense of asymmetry between the two vided into phases with different patterns of breaking of the rotational symmetry (not shown in Fig. 1). The proposal is an educated guess anchored on a few spiegato in precedenza, la BEC transizione reliable facts: the phases in the and BCS dalla limits, fase the BEC alla fase existence of the points S and L, and the structure of the alla condizione BP avviene attraverso la curva η = 1, in quanto corrisponde phase diagram around S. we propose a phase diagram∆for=a δµ. polarAxes on the phase diagram.—A particular system is the whole range from the BEC to the characterized three scattering length numeriche (fidelle ragionibyper cuiparameters: il risultatothedelle simulazioni proposal is summarized in Fig.Lo 1. studio The a, the chemical potentials of the two species µ↑ and µ↓ . vertical axis roughly corresponds to theha, nella gura 4.9) zona intorno a g=0, un comportamento diverso da quello Because of universality (corresponding to rescaling ination. The phase diagram must have −s 2s variance a → e a, µ → e µ ) the whole phase diagram i i ipotizzato e Stephanov (figura 4.12) è appena iniziato. È possibile che s, corresponding to the gapped super- da Son can be captured in a two-dimensional plot. We introduce phase (I), the normal phase (II), the derivino le differenze dall’uso dell’approssimazione di campo medio nell’analisi the notation phase (III), and a phase with spatially 1 1 figura 4.9, ma non i cui risultati conducono si tratti di effetti te (IV). There are two special points (µ↑ + µ↓ ), H = (µ↑è−escluso µ↓ ) . che(2) µ =alla 2 2 gram. Point S (the splitting point) is puramente numerici, senza significati fisici più profondi [45]. ases (I), (III) and (IV) meet. Point L t where (II), (III) and (IV) meet. The cinity of point S is long-distance, i.e., n be studied within an effective field ore, phases (II) and (III) are each dihed line) into two subregions which dif- 4.2 4.2.1 Then parameter κ on the horizontal axis is defined by (1) where n = n(µ, a) is the density of an unpolarized gas at chemical potential µ and scattering length a. Thus κ is the inverse diluteness parameter of an unpolarized system with chemical potential equal to the average of µ↑ and µ↓ and with the same scattering length a. Tre specie interagenti Tre specie con costanti d’interazione diverse Estendiamo il modello di Hubbard, presentato nel Capitolo 3, al caso in cui nel gas siano presenti atomi fermionici di tre specie diverse ma che hanno uguale massa M [47], [48], [49]. Se supponiamo che le interazioni possano avvenire soltanto fra atomi di 80 specie diverse, come del resto avviene anche nel modello di Hubbard semplice in cui interagiscono solo atomi di spin opposto, servono quattro parametri per descrivere tutte le possibili interazioni che si possono stabilire all’interno del gas: uno per l’interazione a tre corpi, che coinvolge tre atomi delle tre specie diverse, e tre per le interazioni a due corpi, dato che esse possono avvenire in tre combinazioni diverse. Di questi quattro parametri, il primo può essere fissato da osservabili misurate sperimentalmente, per cui ne consideriamo solo tre. Per semplicità, inoltre, studiamo il caso in cui due interazioni sono uguali mentre una è diversa: questa semplificazione permette di avere solo due parametri e di tracciare un diagramma di fase in due dimensioni. Introduciamo i campi ψi per le tre specie e scriviamo la densità di hamiltoniana per questo sistema: H0 = − 3 X ψi† i=1 ∇2 − µ − V (r) ψi ± ḡ 2 |ψ1 |2 |ψ3 |2 ± g 2 |ψ1 |2 |ψ2 |2 ± 2m ±g 2 |ψ2 |2 |ψ3 |2 + G|ψ1 |2 |ψ2 |2 |ψ3 |2 . ! In essa, sono presenti il termine cinetico, un termine di interazione con un potenziale esterno V(r), i termini di interazione a due corpi e infine un termine di interazione fra i tre campi. Le interazioni fra gli atomi di tipo 1 e 2 e fra gli atomi di tipo 2 e 3 sono uguali e descritte dalla stessa costante g 2 , mentre l’interazione fra gli atomi di tipo 1 e 3 ha intensità diversa, descritta da un’altra costante, ḡ 2 . La scelta del segno nei termini di interazione determina il comportamento del sistema: il segno meno indica un’interazione attrattiva mentre il segno più repulsiva. Definite le lunghezze di scattering a e ā, si possono presentare quattro diversi casi: 1. a > 0, ā > 0 2. a > 0, ā < 0 3. a < 0, ā > 0 81 4. a < 0, ā < 0. Questi casi sono stati analizzati separatamente, nel limite di accoppiamento debole. 1. I caso: Lunghezze di scattering positive Esaminiamo il caso in cui a > 0, ā > 0 (segno più nell’hamiltoniana), nel limite na3 << 1 e nā3 << 1. Come nel problema con due sole specie, anche in questo caso, se le lunghezze di scattering sono positive, si ha la formazione di stati legati di tipo molecolare. Inoltre, poiché entrambe le grandezze sono positive, ogni combinazione di due atomi diversi può essere realizzata: le molecole formate da atomi di tipo 1-2 e di tipo 2-3 avranno energia di legame −B = −1/(M a2 ) mentre quelle formate da atomi di tipo 1-3 avranno energia −B̄ = −1/(M ā2 ). Le molecole, essendo bosoni, possono condensare; indichiamo con hψi ψj i la funzione d’onda del condensato di molecole di atomi i-j. Il gruppo di simmetria dell’Hamiltoniana è SU13 (2) × U2 (1) × U123 (1), dove i numeri nei pedici dei gruppi di simmetria indicano lo spazio delle ψ su cui essi agiscono. Chiamiamo, inoltre, nij il numero di stati legati fra gli atomi di tipo i e j e ni il numero di atomi di tipo i non legati. L’energia del sistema è data da: 2/3 3 (6π 2 ) F = 10M 5/3 5/3 5/3 n1 + n2 + n3 − B (n12 + n23 ) − B̄n13 . (4.13) Il primo termine rappresenta l’energia del gas di Fermi in assenza di interazioni a T=0 mentre gli altri due rappresentano il contributo delle molecole che si sono formate. Abbiamo trascurato il termine di interazione a tre corpi, approssimazione valida in condizioni di gas a bassa densità e lunghezze di scattering piccole. 82 Lo stato fondamentale si trova minimizzando la 4.13, tenendo conto delle condizioni che il numero totale di atomi di ogni specie deve essere pari a n: n = n1 + n12 + n13 n=n +n +n 2 12 23 n=n +n +n . 3 13 23 Dato che a12 = a23 = a, si avrà n12 = n23 e quindi n n n 1 = n1 + n12 + n13 = n2 + 2n12 = n3 per cui le condizioni da imporre si possono esprimere nel modo seguente: n = n = 1 (n − n ) 2 12 23 2 n = 1 (n − 2n + n ) . 13 1 2 2 Sostituendo, l’energia del sistema, che vogliamo minimizzare, diventa: 2/3 3 (6π 2 ) F = 5M 2/3 3 (6π 2 ) = 5M 2n1 + n2 2n1 + n2 5/3 5/3 − 2B (n − n2 ) − B̄ (n − 2n1 + n2 ) = 5/3 5/3 + n2 2B − B̄ + 2n1 B̄ + cost. Si possono presentare i seguenti casi: • B̄ < 2B: tutti i contributi all’energia sono positivi, pertanto il minimo si trova semplicemente imponendo che siano nulli, condizione soddisfatta se n1 = n2 = n3 = 0 cioè se tutti gli atomi sono in uno stato legato e si forma un condensato. Si ha quindi hψi ψj i = 6 0 ∀ij con conseguente rottura della simmetria. 83 Resta una simmetria residua sotto il gruppo Z2 , poiché questo stato fondamentale è invariante rispetto al cambiamento simultaneo di segno di ogni ψi . • B̄ > 2B: per trovare il minimo dell’energia, dobbiamo imporre che le derivate parziali fatte rispetto a n1 e n2 siano nulle: 2/3 (6π 2 ) ∂F =0= ∂n1 M 2/3 → n1 + B̄ n1 = n3 = 0 2/3 ∂F (6π 2 ) =0= ∂n2 M 2/3 n2 + 2B − B̄ → n2 = B̄ − 2B M 3/2 6π 2 con in più la condizione che n2 ≤ n, cioè: 3/2 (6π 2 n) B̄ − 2B ≤ M . In questa regione tutti gli atomi di tipo 1 e 3 formano molecole mentre ci sono alcuni atomi di tipo 2 non legati. Si verifica quindi la rottura spontanea della simmetria e il gruppo di simmetria non rotto risulta ancora Z2 . Se, invece, 3/2 (6π 2 n) , M si ha n2 = n, cioè tutti gli atomi di tipo 2 sono non legati. In questo caso, la simmetria viene rotta in SU13 (2) × U2 (1) × Z2 . B̄ − 2B > In entrambi i casi, si ha hψ1 ψ3 i = 6 0 e hψ1 ψ2 i = hψ2 ψ3 i = 0. Abbiamo dimostrato, quindi, che, nel primo intervallo, ci sono soltanto molecole nelle diverse combinazioni di atomi, mentre, nel secondo intervallo, quando g 2 diventa più grande di due volte ḡ 2 , sempre meno atomi di tipo 2 si accoppiano, finché, all’aumentare di g 2 restano tutti liberi. Quando questo avviene, cioè quando 3/2 (6π 2 n) B̄ − 2B = M 84 , si verifica una transizione di fase poiché cambia il gruppo di simmetria del sistema, da Z2 diventa SU13 (2)×U2 (1)×Z2 . Diversamente, a B̄ = 2B non si verificano transizioni di fase ma solo un crossover poiché la simmetria non cambia. In ogni caso, tutta la regione di lunghezze di scattering positive è caratterizzata da una fase superfluida perché è sempre presente un condensato. Riassumendo: B̄ < 2B → n1,2,3 = 0 n12 = n13 = n23 = 2/3 (6π 2 n) 2B < B̄ < 2B + M 2/3 (6π 2 n) B̄ > 2B + M → n1 = n3 = 0 n2 = n 2 B̄ − 2B M 3/2 6π 2 → n1 = n3 = 0 n2 = n. 2. II caso: Lunghezze di scattering negative Esaminiamo ora il caso in cui entrambe le lunghezze di scattering sono negative: nell’Hamiltoniana ci sarà quindi segno meno davanti ai termini con g 2 e ḡ 2 , che indica interazioni attrattive. Anche in questo caso, vogliamo studiare la regione BCS nel limite di lunghezze di scattering, in modulo, molto piccole. Si ha: Hint = −g 2 |ψ1 |2 |ψ2 |2 − g 2 |ψ2 |2 |ψ3 |2 − ḡ 2 |ψ1 |2 |ψ3 |2 = = −g 2 ψ1† ψ1 ψ2† ψ2 − g 2 ψ2† ψ2 ψ3† ψ3 − ḡ 2 ψ1† ψ1 ψ3† ψ3 = = g 2 ψ1† ψ2† ψ1 ψ2 + g 2 ψ2† ψ3† ψ2 ψ3 + ḡ 2 ψ1† ψ3† ψ1 ψ3 85 in cui, anche in questo caso, stiamo trascurando il termine di interazione a tre corpi. In questo regime, è possibile effettuare l’approssimazione di campo medio, per cui si può scrivere: h D E (ψ1 ψ2 − hψ1 ψ2 i) + ψ1† ψ2† hψ1 ψ2 i + D E D E i mf a |∆3 |2 + ψ1† ψ2† ψ1 ψ2 − ψ1† ψ2† hψ1 ψ2 i ≈ ∆3 ψ1† ψ2† − ∆∗3 ψ1 ψ2 + 2 , g g 2 ψ1† ψ2† ψ1 ψ2 = g 2 ψ1† ψ2† − ψ1† ψ2† in cui si è definito: ∆k = ijk ∆k = g 2 hψi ψj i . Anche in questo caso, il termine hψ1 ψ2 i, valore di aspettazione nel vuoto del prodotto dei campi di tipo 1 e 2, corrisponde alla funzione d’onda del condensato, cioè ∆; in questo caso, il condensato è costituito da coppie di atomi e non da molecole. Nell’approssimazione di campo medio, l’hamiltoniana d’interazione diventa: Hint = |∆1 |2 + |∆3 |2 |∆2 |2 1 + 2 + −∆∗3 ψ1 ψ2 + ∆3 ψ1† ψ2† + 2 g ḡ 2 +∆∗3 ψ2 ψ1 − ∆3 ψ2† ψ1† − ∆∗1 ψ2 ψ3 + ∆1 ψ2† ψ3† + ∆∗1 ψ3 ψ2 − −∆1 ψ3† ψ2† − ∆∗2 ψ1 ψ3 + ∆2 ψ1† ψ3† + ∆∗2 ψ3 ψ1 − ∆2 ψ3† ψ1† . Definiamo i seguenti campi: 1 √ Ψ= 2 ψ1 ψ2 ψ3 ψ1† ψ2† ψ3† 1 † Ψ† = √ ψ1 ψ2† ψ3† ψ1 ψ2 ψ3 . 2 86 In funzione dei nuovi campi, nella rappresentazione dell’impulso, si avrà: H0 − µN = Ψ† diag E E E −E −E −E Ψ k2 + V − µ. 2m Scriviamo: dove E = H − µN = Ψ† OΨ (4.14) dove O è la seguente matrice a blocchi A B O= C D con A= E 0 0 0 E 0 0 0 E B= D= −E 0 0 0 −E 0 0 0 −E 0 ∆3 ∆2 −∆3 0 ∆1 −∆2 −∆1 0 Pertanto C = B†. A B . O= † B −A Calcoliamo ora l’energia del sistema, per unità di volume. In assenza di interazioni, essa risulta: F0 = 3 kF Z 0 d3 k (2π)3 k2 −µ . 2m Poiché µ = kF2 /2m, definendo ξ= k2 − µ = k − µ, 2m 87 ! otteniamo F0 Z d3 k d3 k = 3 ( − µ) Θ(k − k) = 3 ξΘ(kF − k) = k F (2π)3 (2π)3 3 Z d3 k = (ξ − |ξ|). 2 (2π)3 Z In presenza di interazioni, dalla 4.14, possiamo scrivere: F =− 1 Z d3 k X |ei |Θ(kF − k) 2 (2π)3 i dove gli ei sono i sei autovalori della matrice O, cioè E, −E, q E2 − → + | ∆|2 (molt.2), → − − E 2 + | ∆|2 (molt.2) q → − dove | ∆|2 = |∆1 |2 + |∆3 |2 + |∆3 |2 . Pertanto si ottiene: q 1 Z d3 k → − F =− 2 E 2 + | ∆|2 + |E| + O(∆2 ) 3 2 (2π) (4.15) dove O(∆2 ) = ∆2 /g 2 . Scriviamo ora l’energia in funzione delle lunghezze di scattering a e ā piuttosto che, rispettivamente, delle costanti g 2 e ḡ 2 . Per trovare le relazioni esistenti fra queste grandezze, possiamo calcolare l’ampiezza dello scattering fra due atomi attraverso i diagrammi di Feynman rappresentati in figura 4.13. = + + + ... Figura 4.13: Diagrammi di Feynman per l’interazione fra due particelle. Ad essi, corrisponde questa ampiezza: i ∞ X 1 4πa = −ig 2 hn = −ig 2 m 1−h n=0 88 con Z d4 p i i 1 d4 p 2 2 ig = −ig h = (−1) = 2 2 4 (2π) p0 − E −p0 − E (2π) p0 − E 2 Z X 1 d3 p g 2 = = g2 3 (2π) 2Ep 2Ep p Z da cui si ottiene − 4πa g2 = P m 1 − g2 p − X 1 m 1 = 2− . 4πa g p 2Ep cioè 1 2Ep Risultano, correttamente, per entrambe le interazioni, lunghezze di scattering negative, che caratterizzano il regime BCS. Al primo ordine: ∆21 + ∆23 ∆21 + ∆23 ∼− m 2 g ∆22 ∆22 m. 2 ∼− ḡ 4πa 4πā Al secondo ordine: X 1 ∆21 + ∆23 ∆21 + ∆23 ∼ − m + (∆21 + ∆23 ) 2 g 4πa p 2Ep Z 2 2 3 2 ∆2 ∆2 d p ∆2 m+ 2 ∼− 3 ḡ 4πā (2π) 2Ep cioè Z ∆21 + ∆23 ∆21 + ∆23 ∼− m+ 2 g 4πa ∆22 ∆22 m+ 2 ∼− ḡ 4πā Z d3 p ∆22 (2π)3 2Ep 89 d3 p (∆21 + ∆23 ) (2π)3 2Ep con Ep = p2 /2m. La necessità di includere anche il secondo ordine è legata al problema della regolarizzazione dell’energia. Aggiungendo anche i nuovi contributi, la 4.15 diventa: → − q Z ∆21 + ∆23 1 Z d3 k ∆22 d3 p | ∆|2 →2 − 2 F =− 2 E + | ∆| + |E| − m− m+ . 2 (2π)3 4πa 4πā (2π)3 2Ep L’energia è definita a meno di una costante, che possiamo determinare attraverso F0 , l’energia calcolata in assenza di interazioni (∆ = 0): 3 Z d3 k 3 Z d3 k |E| = (E − |E|) F0 = costante − 2 (2π)3 2 (2π)3 cosı̀ si ottiene: →2 − q | ∆| 1 Z d3 k → − 3E − 2 E 2 + | ∆|2 − |E| + 2 2m F = 3 2 (2π) k m m − (∆2 + ∆23 ) − ∆2 . 4πa 1 4πā 2 → − Il primo termine dipende solo da | ∆|2 ed è pertanto invariante sotto → − trasformazioni del gruppo SU123 (2), cioè nello spazio dei tre ∆. Gli altri termini però violano questa invarianza, scegliendo una direzione privilegiata nello spazio, che dipende dalla competizione fra le diverse forze di interazione fra gli atomi, cioè dal rapporto fra |a| e |ā|. Come per la BEC, ci potranno essere, quindi, diverse fasi, a seconda che prevalga una o l’altra interazione, caratterizzate dalla presenza di coppie di Cooper che coinvolgono alcune o tutte le specie di atomi. Il gruppo di simmetria dell’Hamiltoniana è, come già osservato in precedenza, SU13 (2) × U2 (1) × U123 (1). Lo stato fondamentale si trova minimizzando la 2; i diversi casi che si possono presentare sono: • |ā| > |a|: lo stato fondamentale è caratterizzato da ∆2 6= 0 e 90 ∆1 = ∆3 = 0, quindi ci sono coppie di Cooper formate da atomi di tipo 1-3, mentre gli atomi di tipo 2 non si accoppiano mai con gli altri atomi. Il gruppo di simmetria viene rotto in SU13 (2) × U2 (1) × Z2 , in cui il gruppo Z2 rappresenta l’invarianza per il contemporaneo cambiamento di segno di due campi. La fase è superfluida, a causa della presenza delle coppie di Cooper, ma ha anche proprietà tipiche dei metalli poiché gli atomi di tipo 2 sono non legati. • |ā| < |a|: lo stato fondamentale è caratterizzato da ∆2 = 0 e |∆1 |2 + |∆3 |2 6= 0, quindi ci sono coppie di Cooper formate da atomi di tipo 1-2 e di tipo 2-3, mentre non ci sono coppie formate da atomi di tipo 1-3. Il gruppo di simmetria viene rotto in Z2 e la fase è superfluida. • |ā| = |a|: avviene una transizione di fase, che separa due fasi superfluide. Nella zona BCS, ci sono due regioni con caratteristiche sia metalliche sia superfluide, separate da una transizione di fase lungo la curva a = ā, in cui c’è solo il condensato. Le due zone limite analizzate presentano quindi caratteristiche comuni: sono entrambe superfluide e presentano una transizione di fase, che separa due fasi aventi, nell’uno e nell’altro caso, gli stessi gruppi di simmetria. Nella regione BCS sono presenti o coppie di atomi di tipo 1-3 o di atomi di tipo 1-2 e 2-3; solo in caso di lunghezze di scattering uguali si ha la contemporanea presenza di tutti i tre tipi di coppie; nella regione BEC invece, cioò risulta possibile entro un range maggiore delle lunghezze di scattering. In entrambe le regioni analizzate è presente una transizione di fase, che 91 avviene fra gli stessi gruppi di simmetria: non ci sono quindi differenze, da questo punto di vista, fra i due limiti. La situazione in queste due regioni è rappresentata e sintetizzata in figura 4.14. - 1 È3 kÈa BCS - 1 k È a È3 BEC Figura 4.14: Regioni in cui viene diviso il piano −1/k|ā|3 vs −1/k|a|3 . Le linee verdi rappresentano delle transizioni di fase. 3. III e IV caso: Lunghezze di scattering con segno diverso. Analizziamo, infine, la fase del sistema nella altre due regioni, caratterizzate da lunghezze di scattering di segno opposto. • a > 0, ā < 0 Abbiamo visto che, quando entrambe sono positive, appena sotto il semiasse negativo x, tutti gli atomi sono legati a formare molecole; nel momento in cui ā diventa negativa, gli atomi di tipo 1 e 3 non sono più legati in molecole, ma formano coppie di Cooper. Non si verifica alcuna transizione di fase perchè resta la simmetria rispetto al gruppo Z2 . • a < 0, ā > 0 92 Quando entrambe sono positive, a sinistra del semiasse y negativo, tutti gli atomi di tipo 1 e 3 sono legati fra loro ma non con quelli di tipo due; appena a diventa negativa, l’interazione con gli atomi di tipo 2 resta debole e non riescono ancora a formare uno stato legato. Non si verifica quindi alcun cambiamento e pertanto nessuna transizione di fase. La zona compresa fra la fase BCS e quella BEC, la unitary region, è difficile da studiare, poiché è caratterizzata da lunghezze di scattering molto grandi e mancano altri parametri piccoli. 4.2.2 Tre specie con potenziali chimici diversi Recentemente è apparso un altro articolo [50] riguardante l’analisi della fase BCS di gas costituiti da tre specie di fermioni diverse. Il problema viene affrontato a partire da ipotesi leggermente diverse, che ora esamineremo. Nel modello descritto, si assume che due specie hanno la stessa massa (tipi 1 e 2) mentre l’altra ha massa diversa (tipo 3) e che una delle interazioni (quella del canale 1-3) sia trascurabile rispetto alle altre, per cui si considera la formazione di due possibili stati legati. Anche in questo caso si trovano diverse fasi, caratterizzate dalla formazione di diverse molecole, a seconda che prevalga una o l’altra interazione. Quando i potenziali chimici delle tre specie vengono presi uguali fra loro, alla temperatura T=0, si trova lo stesso risultato visto precedentemente, cioè la formazione di coppie di Cooper nel canale 1-2 e/o nel canale 2-3, come mostra il grafico riportato in figura 4.15, che rappresenta le curve dell’energia in funzione dei due gap ∆3 e ∆1 : la curva tratteggiata è quella per cui l’energia è minima e corrisponde alla relazione |∆1 |2 + |∆3 |2 ≈ 0.135: In questo modello, quindi, per favorire la formazione di coppie di un solo tipo, si è scelto di lasciare identiche lunghezze di scattering e variare il potenziale chimico delle tre specie. 93 0.15 ∆ 1 0.1 0.05 0 0 0.05 0.1 ∆3 0.15 Figura 4.15: µ1 = µ2 = µ3 = 1 A determinare quale fra i due tipi di coppie si forma è il potenziale chimico medio µij = (µi + µj )/2: la coppia a cui corrisponde un potenziale chimico maggiore viene favorita. Per esempio, se siamo nel caso riportato in figura 4.16, in cui µ1 > µ3 → µ12 > µ23 , il canale 1-2 è quello con energia più bassa e viene realizzato, sono cioè gli atomi di tipo 1 ad accoppiarsi con quelli di tipo 2; nella figura il minimo è rappresentato dal cerchio blu, che indica ∆3 6= 0 e ∆1 = 0, cioè presenza solo delle coppie 1-2. 0.15 ∆ 1 0.1 0.05 0 0 0.05 0.1 ∆3 0.15 Figura 4.16: µ1 = 1.01, µ2 = 1, µ3 = 0.99 94 La situazione opposta si verifica nel caso riportato in figura 4.17, in cui µ3 > µ1 e si formano solo coppie 2-3. 0.15 ∆ 1 0.1 0.05 0 0 0.05 0.1 ∆3 0.15 Figura 4.17: µ1 = 0.99, µ2 = 1, µ3 = 1.01 Come nel problema precedente, si può tracciare un diagramma di fase, mostrato in figura 4.18, in questo caso avente come parametri i potenziali chimici delle due specie in competizione: nella regione BCS esso mostra lo stesso comportamento visto prima, cioè due fasi superfluide, distinte dal tipo di coppie formatesi e separate dalla retta µ1 = µ3 , unico caso in cui entrambe le coppie sono presenti. Infine, consideriamo anche il caso in cui non solo i potenziali chimici delle tre specie sono diversi fra loro, ma anche le loro masse. Per esempio, supponiamo che la specie 1 e la specie 2 siano due stati iperfini del 6 Li mentre la specie 3 sia il 40 K, per cui la relazione fra le loro masse è la seguente: m1 = 0.15m3 . Come nel caso precedente, viene favorito l’accoppiamento con la specie avente potenziale chimico maggiore, come mostra la figura 4.19. 95 Μ3 2 3 3 1 1 2 Μ1 Figura 4.18: Coppie di Cooper che si formano nella regione BCS di un sistema composto da tre specie di atomi: l’atomo di tipo 2 può legarsi a quello di tipo 1 o di tipo 3 se, rispettivamente, il potenziale chimico della prima specie è maggiore o minore di quello della terza specie. (a) 0.25 0.2 ∆ 1 0.15 0.1 0.05 0 0 0.05 0.1 ∆ 0.15 0.2 0.25 3 Figura 4.19: µ1 = 1, µ2 = 1, µ3 = 0.07 Questa tendenza, però, si interrompe quando le superfici di Fermi degli atomi di tipo 1 e 2 si sovrappongono perfettamente, cioè quando è realizzata 96 la condizione: m 1 µ1 = m 2 µ2 . In questa circostanza, l’accoppiamento 1-2 viene molto favorito rispetto a quello 2-3, come mostrato in figura 4.20. (b) 0.25 0.2 ∆ 1 0.15 0.1 0.05 0 0 0.05 0.1 ∆3 0.15 0.2 0.25 Figura 4.20: µ1 = 1, µ2 = 1, µ3 = 0.15 Se aumentiamo ancora µ1 , ritorna ad essere favorito l’accoppiamento 2-3, come mostrato in figura 4.21. (c) 0.25 0.2 ∆ 1 0.15 0.1 0.05 0 0 0.05 0.1 ∆ 0.15 0.2 0.25 3 Figura 4.21: µ1 = 1, µ2 = 1, µ3 = 0.25 97 Capitolo 5 Conclusioni Negli ultimi venti anni è rinato un grande interesse per la ricerca teorica in materia di superconduttività, in seguito alla scoperta di superconduttori con caratteristiche diverse rispetto a quelli noti, fra cui, la più importante, è l’alta temperatura a cui avviene la transizione di fase. La teoria BCS, considerata fino a quel momento spiegazione teorica della superconduttività perché riusciva a giustificare tutte le caratteristiche osservate sperimentalmente, non riusciva ad essere altrettanto predittiva per i nuovi fenomeni osservati. Gli sviluppi ottenuti in questi anni hanno avuto l’obiettivo di superare le due ipotesi della teoria BCS, quella dell’accoppiamento debole e l’approssimazione di campo medio. Se, a partire da un superconduttore che si comporta come previsto dal modello della teoria BCS, aumentiamo la costante d’interazione fra le particelle del gas, la fase condensata non viene rotta, ma si passa con continuità ad un condensato di molecole: la regione intermedia, nel crossover, ha notevole importanza perché sembra essere quella in cui si trovano i superconduttori ad alta temperatura. Infatti le loro caratteristiche sembrano corrispondere a quelle trovate in questa regione, per esempio essi hanno una lunghezza di correlazione tipica più grande di quella prevista dalla teoria BCS e compatibile con quella che si ottiene supponendo un accoppiamento più forte. L’abbandono dell’approssimazione di campo medio ha invece permesso di dare un’interpretazione dello pseudogap osservato nello spettro di particel- 98 la singola dei nuovi superconduttori: la sua origine risale proprio alle fluttuazioni del parametro d’ordine, non più trascurabili quando nel gas ci sono accoppiamenti forti. Ulteriori ricerche in campo teorico sono state rivolte allo studio della superconduttività in gas non omogenei, costituiti cioè da atomi con diversi potenziali chimici. Si è visto che, finché le differenze nei potenziali chimici sono piccole, il condensato non viene distrutto, ma quando superano soglie opportune, la superconduttività viene rotta e si può stabilire la fase normale oppure una fase intermedia, quella di Breached Pairning o quella FFLO. La prima si ha per interazioni forti nel sistema, cioè quando la fase BEC non è più stabile, mentre la seconda per interazioni deboli, cioè quando la fase BCS non è più favorita e le coppie di Cooper acquistano un impulso diverso da zero. 99 Appendice A Il punto di Lifshitz Il punto di Lifshitz è un punto nel diagramma di fase in cui convergono tre linee di transizione, che separano, rispettivamente, la fase ordinata e spazialmente uniforme dalla fase disordinata, la fase disordinata dalla fase spazialmente modulata e la fase spazialmente modulata dalla fase ordinata e uniforme [51] [52] [53]. L’energia libera di Landau per un punto di Lifshitz è data da: F = i 1Z d h 2 d x rφ + c|| (∇|| φ)2 + c⊥ (∇⊥ φ)2 + D(∇2 φ)2 + uφ4 2 in cui il vettore x = (x|| , x⊥ ) è stato diviso in m componenti x⊥ e d − m componenti x|| . Quando sia c|| sia c⊥ sono positive, la fase ordinata resta spazialmente uniforme, ma, se, per esempio, c⊥ < 0, allora il sistema può raggiungere un’energia inferiore creando strutture non uniformi, cioè, che variano nello spazio. Il punto di Lifshitz corrisponde quindi a r = 0 e c⊥ = 0. Analizziamo un esempio, quello del modello di Ising ANNNI, cioè un modello anisotropo ad accoppiamenti di tipo ferromagnetico a primi vicini e antiferromagnetico ai secondi. In altre parole, c’è un’interazione di tipo ferromagnetico fra i siti nello stesso piano, un’interazione ferromagnetica fra siti di 100 due piani adiacenti e un’interazione antiferromagnetca fra siti appartenenti a piani adiacenti allo stesso piano. L’Hamiltoniana corrispondente è data da: H = −J X i,<r,r 0 > Si,r Si,r0 − J1 X Si,r Si+1,r + J2 i,r X Si,r Si+2,r . i,r Nell’approssimazione di campo medio, l’inverso della suscettibilità risulta: χ−1 l,l0 ∂2F = T δl,l0 −Jδi,i0 γr,r0 −δr,r0 [J1 (δi,i0 +1 +δi,i0 −1 )−J2 (δi,i0 +2 +δi,i0 −2 )] = ∂ hSl i ∂ hSl0 i con γr,r0 pari a uno se r e r0 sono primi vicini nello spazio e zero altrimenti. La sua trasformata di Fourier è data da χ−1 (q|| , q⊥ = 0) = T − zJ − 2J1 cos q|| a + 2J2 cos 2q|| a] in cui a è la distanza fra i piani del reticolo e q|| e q⊥ sono le componenti del vettore d’onda q lungo la normale ai piani e lungo i piani. Possiamo minimizzare la χ−1 (q|| , q⊥ = 0) rispetto a q|| : • se J2 < J1 /4: il minimo si trova a q|| = 0 e si verifica una transizione di fase ad uno stato ferromagnetico uniforme quando la temperatura del sistema è T = zJ + 2J1 − 2J2 ; • se J2 > J1 /4: il minimo si trova a q|| a = cos−1 (J1 /4J2 ) = q0 a e si verifica, quando χ−1 (q0 , 0) = 0, una transizione dalla fase paramagnetica a quella spazialmente disomogenea alla temperatura T = zJ − 1 J12 − 2J2 . 4 J2 I due casi sono riportati nelle figure A.1 e A.2. Il punto di Lifshitz è il punto (0.25, −1.5) nel piano (T − zJ)/J1 vs J2 /J1 e separa la fase paramagnetica (N), la fase ferromagnetica (FM) e quella disomogenea (M), come mostrato nella figura A.3. 101 Χ-1 2 Figura A.1: J2 < J1 /4. 4 6 8 10 qÈÈ a Trasformata di Fourier dell’inverso della suscettibilità quando Χ-1 2 4 6 8 10 qÈÈ a Figura A.2: Trasformata di Fourier dell’inverso della suscettibilità quando J2 < J1 /4. 102 T’ N 14 J2 J1 FM -32 M Figura A.3: Diagramma di fase del modello ANNNI. Il punto evidenziato in blu corrisponde al punto di Lifshitz. Sull’asse y, T 0 = (T − zJ)/J1 . 103 Appendice B Analisi con il gruppo di rinormalizzazione In questa appendice vogliamo descrivere la teoria di Landau dei liquidi di Fermi normali con l’approccio del gruppo di rinormalizzazione di Wilson, modificata dalla presenza delle coppie di Cooper [54], [55], [56], [57], [58], [59]. L’approccio del gruppo di rinormalizzazione si basa sul fatto che le interazioni fra i fermioni alla temperatura T=0 possono essere descritte attraverso quasi-particelle libere aventi una legge di dispersione diversa da quella delle particelle libere. Questa è infatti modificata rispetto a quella tipica delle particelle libere poiché contiene un termine che deriva dal termine d’interazione fra i fermioni “nudi”; si dice che le quasi-particelle sono vestite dalle interazioni. Con questa sostituzione il modello risulta semplificato, poiché diventa analogo a quello di un gas di particelle libere. Introduciamo la lagrangiana libera di un gas di fermioni a T≈0: L = ψ̄(i 6 ∂ + µγ0 )ψ, da cui otteniamo l’azione S= Z dtd~pψ † (~p) (i∂t + µ − (~p)) ψ(~p). 104 Scriviamo gli impulsi nel modo seguente p~ = ~k + ~l in cui ~k è l’impulso sulla superficie di Fermi mentre ~l = l~n, con ~n vettore unitario ortogonale alla superficie di Fermi. Scaliamo gli impulsi attraverso un fattore s, in modo che poi, prendendo il limite s → 0, possiamo considerare solo le particelle che si trovano vicino alla superficie di Fermi. Pertanto scriviamo E → sE, ~k → ~k, ~l → s~l. Inoltre ∂ ∂ (~p) − µ → (~k) − µ + (~p − ~k) · = ~l · = lvF (k), ∂~p p~=~k ∂~p p~=~k dove ∂ ~vF (~k) = ∂~p p~=~k è un vettore ortogonale alla superficie di Fermi. Quindi si ha S= Z dtd~kdl ψ † (~p)(i∂t − lvF (~k))ψ(~p). Le trasformazioni di scala inducono anche dt → s−1 dt d3 p~ = d2~kdl → sd2~kdl ∂t → s∂t l → sl Il campo ψ quindi scalerà come s−1/2 in modo che S scali come s0 . Introduciamo nell’azione i termini d’interazione: 105 1. Un termine quadratico nei campi fermionici, del tipo Z dtd2~kdl m(~k)ψ † (~p)ψ(~p), (B.1) che scala come s−1 . Potenzialmente, si tratta di un operatore rilevante, proprio perché scala attraverso una potenza negativa di un numero che tende a zero. Comunque, m(~p) può essere riassorbito nella definizione di (~p), q (~p) = p~2 + m2 , e, di conseguenza, la B.1 non costituisce un termine aggiuntivo all’azione. Questo procedimento è chiamato rinormalizzazione della massa. Gli altri termini quadratici che si possono costruire, come, per esempio, quelli contenenti derivate rispetto al tempo e/o fattori di l, possono anch’essi essere assorbiti nella definizione di energia o sono irrilevanti, cioè svaniscono se s → 0. 2. Un termine quartico del tipo Z dt 4 Y d2~kj dlj ψ † (p~1 )ψ(p~3 ) ψ † (p~2 )ψ(p~4 ) V ({~kj })δ(p~1 + p~2 − p~3 − p~4 ) j=1 che scala come s = s−1 s−4/2+4 moltiplicato per il fattore di scala della delta di Dirac, che è però ininfluente se si assume che δ(p~1 +p~2 −p~3 −p~4 ) = δ(k~1 +l~1 +k~2 +l~2 −k~3 −l~3 −k~4 −l~4 ) → δ(k~1 +k~2 −k~3 −k~4 ). cioè che gli impulsi l siano trascurabili rispetto a k. Sotto questa ipotesi, il termine quartico è irrilevante. 3. Operatori contenenti 2n campi fermionici, con n > 2. Questi scalano come sn−1 e sono pertanto irrilevanti. Nel caso dei materiali superconduttori queste considerazioni devono essere 106 modificate. I termini quadratici possono essere ancora riassorbiti in (~p), ma non è detto che gli altri possibili termini d’interazione siano ancora trascurabili. Consideriamo un termine d’interazione con accoppiamento quartico, in cui i due fermioni iniziali hanno impulsi p~1 e p~2 tali che p~1 + p~2 = 0. Se la superficie di Fermi è simmetrica per parità, ipotesi che assumiamo verificata, allora si ha che k~1 + k~2 = 0 e k~3 + k~4 = 0. Ciò implica che, nel caso particolare di scattering con momento totale nullo, si ha δ(p~1 + p~2 − p~3 − p~4 ) = δ(l~1 + l~2 − l~3 − l~4 ), che scala come s−1 . Ciò significa che, in questo caso, l’operatore quartico non è più irrilevante ma diventa marginale e, poiché non ci sono interazioni rilevanti, può dominare. Gli altri termini quartici con impulsi generici restano irrilevanti. Questo spiega il motivo per cui nei superconduttori BCS consideriamo solo interazioni fra gli elettroni con impulso vicino a quello di Fermi e perché si formano coppie di Cooper solo di momento totale nullo, quindi fra elettroni di impulso opposto. L’accoppiamento di Cooper domina sulla repulsione elettrostatica fra gli elettroni, nonostante le coppie di Cooper abbiano un’estensione grande, pari a ◦ 104 A e l’energia di legame fra gli elettroni della coppia sia dell’ordine di 10−3 eV, mentre le interazioni fra elettroni hanno energia tipicamente dell’ordine dell’eV. Come si è già ricordato nel testo, l’origine di questa interazione attrattiva a quattro elettroni risale nell’interazione elettrone-fonone nel metallo. 107 Appendice C Cenni sulla teoria di Eliashberg Nella tesi è stato discusso il crossover BCS-BEC mediante il modello di Hubbard, in cui si considera un gas di fermioni interagenti attraverso un’interazione istantanea a quattro fermioni. Questa semplificazione deve essere considerata come conseguenza di una più fondamentale interazione, non istantanea, la cui origine, nel caso BCS, può essere attribuita all’interazione elettrone-fonone nei metalli, mentre, nel caso del crossover, non è stata ancora compresa dato che non si è ancora ben capito che tipo di interazione si stabilisce negli HTSC. In generale, si può affermare che l’attrazione fra i fermioni deriva dallo scambio di eccitazioni di un campo bosonico, i fononi nel caso BCS. Questa generalizzazione introduce un ulteriore parametro nel sistema, cioè la frequenza caratteristica ω0 delle eccitazioni bosoniche elementari. Nei superconduttori a bassa temperatura, descritti dalla teoria BCS, ω0 è la frequenza di Debye ed è tale da soddisfare la diseguaglianza ω0 << F . Nel caso degli HTSC, si può avere sia ω0 < F , sia ω0 > F , poiché essi si trovano nella regione intermedia fra i due casi limite. Analizzeremo, di seguito, un modello semplice in cui aggiungiamo all’Hamiltoniana di Hubbard, trattata nella tesi, un termine di interazione elettronefonone. Anche in questo caso, considereremo la densità di portatori variabile, in modo da poter studiare il crossover BCS-BEC. 108 La nuova Hamiltoniana risulta: ∇2 + µ ψσ (r) + Hph (φ(r)) + gel−ph ψσ† (r)ψσ (r)φ(r) 2m ! H= −ψσ† (r) dove Hph è l’operatore che descrive i fononi aventi legge di dispersione ω(k); r è un vettore bidimensionale; ψ(r), φ(r) sono i campi rispettivamente fermionici e bosonici; σ è l’indice di spin; gel−ph è la costante d’interazione elettrone-fonone. Scriviamo l’equazione di Eliashberg per l’energia libera dell’elettrone Σ(p) Σ(p) = igel−ph Z d3 p0 τ3 G(p0 )τ3 gel−ph Dph (p − p0 ) (2π)3 (C.1) dove p = (p0 , p) (p è un vettore bidimensionale) e Dph (p − p0 ) è il propagatore del fonone “vestito”. L’interazione nel vertice è rappresentata dalla costante gel−ph . All’equazione di Eliashberg, aggiungiamo l’equazione che lega il potenziale chimico µ alla densità di fermioni nf = F m/π −i Z d3 p exp(iδp0 τ3 ) Tr[τ3 G(p0 , p)] = nf (2π)3 δ → 0+ . (C.2) Consideriamo inoltre un propagatore per i fononi del tipo Dph (k) = ω 2 (k) k02 − ω 2 (k) + iδ k = k0 , k δ → 0+ . Utilizziamo il modello di Einstein, nel quale si pone ω(k) = ω0 . Supponiamo inoltre che la funzione Σ(p) sia proporzionale al parametro d’ordine φ(p), per cui possiamo scrivere la C.1 come un’equazione per il parametro d’ordine φ, che dipenderà solo dalla freuenza p0 d3 p0 φ(p00 ) ω02 . (2π)3 (p00 )2 − ξ(p0 )2 − |φ(p00 )|2 + iδ (p0 − p00 )2 − ω02 + iδ (C.3) Il sistema da studiare è ora quello composto dalle equazioni C.2 e C.3. 2 φ0 (p0 ) = −igel−ph Z 109 Il parametro fondamentale che caratterizza lo spettro è il gap ∆(nf ) = |φ(p0 = 0, nf )| . Nel limite BCS, cioè nel limite di alte densità, si ha F >> ω0 , che implica µ ≈ F . Si possono presentare due casi: • Sia ∆ << ω0 . Questa disuguaglianza è soddisfatta se 2 m gel−ph << 1, 2π cioè quando l’accoppiamento è debole. Dopo aver risolto il sistema, si ottiene la formula ! ∆ = ∆BCS 2π = 2ω0 exp − 2 . mgel.ph • Sia ∆ >> ω0 (caso di accoppiamenti forti). La soluzione del sistema è ∆ = ω0 v u u t g2 m 1 + el−ph 16 !2 ≈ ω0 2 gel−ph m . 16 Nel limite BEC, cioè a basse densità, si ha F , ∆ << ω0 . Anche in questo caso si possono presentare due casi: • Sia |µ| << ω0 . Dal sistema di equazioni, si ottiene √ ∆ = 2 ω0 F exp − 4π µ = −ω0 exp − 2 mgel−ph 110 ! 2π , 2 mgel−ph (C.4) ! + F . (C.5) Dalla C.5, si vede che la condizione |µ| << ω0 è soddisfatta per 2 gel−ph m << 1, 4π cioè nel caso di accoppiamenti deboli. Le C.4 e la C.5 possono essere riscritte come ∆= q 2|weak |F b µ=− | |weak b + F 2 dove ! weak b 4π = −2ω0 exp − 2 . mgel−ph (C.6) Le due equazioni scritte sono simili a quelle trovate con il modello di Hubbard, in cui si assumeva un’interazione istantanea. Pertanto possialo stesso significato di b , cioè quello di energia dello mo attribuire a weak b stato legato, che si forma in conseguenza dell’interazione fra elettrone e fonone. La differenza sta nel fatto che questa relazione ottenuta qui è valida solo in condizioni di bassa densità e accoppiamenti piccoli. Questo significa che, come già annunciato in precedenza, il ritardo dell’interazione può essere trascurato solo in queste condizioni, in cui si ottengono gli stessi risultati. Al crescere di F , però, il ruolo del ritardo diventa decisivo e valgono altre relazioni. • sia µ >> ω0 (accoppiamento forte). Otteniamo la seguente soluzione del sistema: v u u ∆ = 2tω0 coth µ = −ω0 coth 4π 2 gel−ph m 111 ! 4π F 2 ge l − phm ! 2 + 2F coth 4π 2 gel−ph m ! . Le riscriviamo nel modo seguente ∆= |strong | 4π µ=− b + 2F coth2 2 , 2 gel−ph m ! q 2|strong F b con strong b 4π = −2ω0 coth 2 mgel−ph ! ≈ −ω0 2 mgel−ph . 2π (C.7) Valgono quindi le stesse analogie trovate nel limite di accoppiamento debole. Utilizzando la definizione in C.6, possiamo riscrivere la soluzione trovata nel limite BCS per accoppiamenti deboli nel modo seguente: ∆= q |ω0 . 2|weak b I risultati ottenuti possono essere cosı̀ riassunti: q 2|weak | F ∆(F ) = q b ph 2| |ω b 0 per F << ω0 (ritardata) per F >> ω0 (non ritardata) weak nel nel caso di accoppiamento debole e con strong dove ph b b coincide con b caso di accoppiamento forte. 112 Bibliografia [1] J. Bardeen, L. N. Cooper e J. R. Schrieffer, Phys. Rev. 108 (1957) 1175. [2] L. N. Cooper, Phys. Rev. 104 (1956) 1189. [3] S. N. Bose, Z. Phys. 26 (1924) 178. [4] C. A. Sackett et al., Brazilian Journal of Phys. 27 (1997) 154. [5] L. Fallani, C. Fort e M. Inguscio, Rivista del Nuovo Cimento 28 2 (2005) 1. [6] C. C. 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Ippolito per la sua gentile disponibilità ad ogni richiesta di informazioni e consigli per l’organizzazione del mio lavoro. In conclusione di questo ciclo di cinque indimenticabili anni, un particolare ringraziamento va alla mia famiglia e a tutti gli amici che qui ho conosciuto e che hanno contribuito in maniera decisiva a rendere cosı̀ bella ed entusiasmante questa esperienza, soprattutto per la stima e l’affetto che tutti loro mi hanno sempre dimostrato.