L`azienda cresce con la lean production
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L`azienda cresce con la lean production
IMPRESA & TERRITORI20 FEBBRAIO 2015Il Sole 24 Ore Competitività. Osservatorio Bocconi con Piccola Industria: grazie ai metodi di efficientamento il valore mediano della redditività può salire del 60% L’azienda cresce con la lean production Barel (Club dei 15): «Dalla crisi una spinta in più, la fabbrica può essere luogo di ordine e bellezza» «Maniaci? Per nulla, solo che così è più facile». Giulio Guadalupi ci mostra con orgoglio la parete attrezzata. Martelli, chiavi e cacciaviti sono appesi con cura, ciascuno all’interno di un contorno tracciato a pennarello, per non sbagliarsi. E ogni postazione è uguale, replicata per ogni addetto, «in modo che chiunque lavori lì - spiega -trovi un ambiente noto, senza impazzire per cercare un attrezzo». Potenza dei metodi “lean”, le tecniche di efficientamento produttivo di cui la standardizzazione delle postazioni di lavoro è in fondo solo una parte marginale. Tecniche mutuate dai metodi Toyota e poi riadattate in chiave occidentale per arrivare a ridurre sprechi, tempi, investimenti in capitale circolante, dimensioni dei magazzini. Interventi grazie ai quali la piccola VinService, inserendo ipad e nuovi software di dialogo con i fornitori, cambiando radicalmente il flusso degli assemblaggi, abbattendo i magazzini interni facendo spazio a nuovi macchinari, è riuscita in pochi anni a raddoppiare la propria produttività, con un balzo del fatturato,ora al record storico, realizzato quasi a parità di addetti. Relegati in passato a pochi “big”, alle aziende più strutturate, oggi i percorsi lean sono scelti con sempre maggiore frequenza anche dalle Pmi, (almeno 500, secondo le ultime stime, con riguardo agli interventi radicali sui processi), impegnate a fare i conti con una crisi che ha rimesso in discussione ogni teorema e alzato le richieste del mercato in termini di efficienza. «Attenzione però - avverte Arnaldo Camuffo, docente di lean management all’Università Bocconi di Milano - perché i risultati si ottengono solo a patto di avere un coinvolgimento pieno da parte dell’imprenditore, di investire in modo massiccio e costante, solo se il lean thinking non è un mero strumento di taglio dei costi ma un modello di management per la generazione sostenibile di valore». E di valore, in effetti, se ne può creare parecchio. L’osservatorio lean promosso dalla Bocconi e patrocinato dalla Piccola Industria di Confindustria guidata da Alberto Baban, evidenzia infatti una netta divaricazione nei risultati economici tra chi utilizza questi strumenti e il resto del mercato. Dopo tre anni di “lavoro” sui metodi lean la redditività mediana aziendale (campione di 50 aziende “lean”) supera del 19%?quella del settore di riferimento, dopo cinque anni di oltre il 60%, con risultati mediamente migliori anche sotto il profilo della creazione di posti di lavoro. «A noi è andata proprio così - racconta Claudia Mona, quarta generazione imprenditoriale nel settore aeronautico - e d’altra parte l’aumento dell’efficienza era l’unica strada per restare sul mercato di fronte alle richieste di clienti come Boeing o Airbus». Secondo Mona, l’azienda di Claudia, oggi è al record storico di ricavi, produce il triplo dei pezzi rispetto a 10 anni fa con addetti aumentati del 50%. Altro esempio è Agrati, storica azienda meccanica da 1.900 addetti e 370 milioni di ricavi realizzati con bulloni, viti e dadi ad alta resistenza, dedicati in massima parte all'industria dell'auto. «Prima della crisi - spiega il direttore generale Paolo Pozzi potevamo permetterci di avere una struttura del capitale meno efficiente, con un livello di circolante che arrivava a metà dei volumi». Oggi il livello è crollato al di sotto del 10%, proprio grazie all’adozione di una serie di tecniche di efficientamento dell’attività, eliminando molti magazzini intermedi e ottimizzando i flussi di lavoro interni in modo da abbattere drasticamente l’investimento in materie prime, dunque circolante. «Queste azioni - aggiunge Pozzi - hanno un impatto anche sul conto economico, migliorando i nostri flussi di cassa e creando lo spazio per maggiori investimenti. Grazie a questi interventi siamo nelle condizioni di dipendere sempre meno dalle banche». La crescente necessità di migliorare la propria competitività e di preservare i margini anche in presenza di mercati complessi o calanti (come accade da anni in Italia), ha spinto numerose associazioni a promuovere pesantemente i metodi lean tra le aziende associate. Il Club dei 15 di Confindustria, sezione che raggruppa le realtà territoriali a maggiore vocazione manifatturiera, ha messo in particolare questi metodi al centro della propria azione, con l’obiettivo di diffondere il più possibile la cultura dell’efficienza. «Noi i taliani siamo bravi a lavorare sul baratro - spiega Sergio Barel, presidente della sezione lean del Club dei 15 - e la crisi ha accelerato questi processi mettendo le aziende di fronte alla realtà di un mercato sempre più competitivo. Purtroppo l’adozione di questi metodi avviene per ora in un ristretto numero di aziende ed è invece bene che questa cultura si diffonda e diventi il normale metodo di lavoro: è il miglioramento continuo la strada per mantenere la nostra competitività . E’ anche il modo per dimostare che la “vituperata” fabbrica può essere un luogo di ordine, pulizia e bellezza». © RIPRODUZIONE RISERVATA Luca Orlando