diario scolastico la sfida Europa il ritorno della povertà la formica e

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diario scolastico la sfida Europa il ritorno della povertà la formica e
Rivista
della
Pro Civitate Christiana
Assisi
71
ANNO
periodico quindicinale
Poste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post.
dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1, comma 1, DCB Perugia
e 2.70
05
1 marzo 2012
diario scolastico
la sfida
Europa
il ritorno
della povertà
la formica
e le cicale
decadenza
dei partiti
emergenza neve
il palleggio
di
responsabilità
università
abolire il valore legale della laurea? antimafia
da beni confiscati
a beni sociali
il fascino
indiscreto
del gioco
d’azzardo
internet
il conflitto
di interessi
fra contenuti
e rete
TAXE PERCUE – BUREAU DE POSTE – 06081 ASSISI – ITALIE
alla ricerca
di un’etica civile
ISSN 0391 – 108X
Rocca
sommario
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Ci scrivono i lettori
Anna Portoghese
Primi Piani Attualità
Giovanni Sabato
Notizie dalla scienza
Vignette
Il meglio della quindicina
Raniero La Valle
Resistenza e pace
Palazzo Chigi e dintorni
Maurizio Salvi
Europa
Il ritorno della povertà
Ritanna Armeni
Politica italiana
Decadenza dei partiti
Romolo Menighetti
Oltre la cronaca
Giornali con stampella
Roberta Carlini
Economia
La formica e le cicale
Tonio Dell’Olio
Camineiro
Benvenuti ad Azzardopoli
Fiorella Farinelli
Emergenza neve
Il palleggio di responsabilità
Oliviero Motta
Terre di vetro
Il punto. Fran
Enrico Fontana
Antimafia sociale
Da beni confiscati a beni comuni
Pietro Greco
Università
Abolire il valore legale della laurea?
Delia Arrigoni
La scuola nell’era della tecnologia digitale
Ripartire dal basso
Enrico Peyretti
Fatti e segni
Non basta essere nati
Claudio Cagnazzo
Società
Il fascino indiscreto del gioco d’azzardo
Marco Gallizioli
Diario scolastico/3
La sfida
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Daniele Doglio
Internet
Il conflitto di interessi fra contenuti e reti
Stefano Cazzato
Pensatori contro
George Steiner
Maestri dell’essenziale
Giuseppe Moscati
Nuova Antologia
Mario Rigoni Stern
Scrivere con una magica penna alpina
Enzo Bianchi
Insieme
Povertà condivisione speranza
Carlo Molari
Teologia
Alla ricerca di un’etica civile
Lilia Sebastiani
Il concreto dello spirito
Autorità e potere
Paolo Vecchi
Cinema
Hugo Cabret
Roberto Carusi
Teatro
Due sogni
Renzo Salvi
Rf&Tv
The Show Must Go Off
Mariano Apa
Arte
Barbarini
Michele De Luca
Fotografia
Ando Gilardi
Enrico Romani
Musica
Lo scioglimento dei R.E.M.
Giovanni Ruggeri
Siti Internet
«.eu», voglia di Europa
Libri
Carlo Timio
Rocca Schede
Paesi in primo piano
Palau
Luigina Morsolin
Fraternità
Togo: echi memi/acqua pulita
ROCCA 1 MARZO 2012
Claudio
Cagnazzo
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a fine delle classi sociali ed il rimescolarsi dei ceti. È questa la fotografia del nuovo millennio.
Ma, insieme con questo occultarsi, c’è il nascere di nuovi raggruppamenti sociali. Coesi o No. Rilevati dell’imperante sondaggismo, o, come
nel caso cui ci riferiamo, da preziose ricerche. Una ricerca, quella che ci guida,
fatta dal Cnr e che ci mostra l’aumento
esponenziale ed irresistibile del numero di
coloro che si avvicinano al gioco d’azzardo: maschi, femmine, giovani, vecchi e di
mezza età. La stessa ricerca c’informa, infatti, che almeno 17 milioni di persone
sono stregate, seppure non con la stessa
continuità o intensità, dal fascino di slotmachine, poker-on line e magari scommesse sportive. Un fiume di persone perse dietro il sogno comune di uscire da sé e dalla
propria condizione. Un’aspettativa che,
innanzi tutto, spinge da subito ad una riflessione generale, in altre parole sull’allentarsi di certe remore morali che, soprattutto per un’educazione religiosa magari
vissuta solo come inconsapevole retaggio,
frenavano gli italiani dall’avvicinarsi a certe realtà. Non è molto tempo fa che, infatti, il gioco d’azzardo, comunemente inteso, era appannaggio solo di determinate
classi sociali. Soprattutto i giochi di carte.
Con il Casinò vissuto come una sorta di
lontana galassia aristocratica dai più umili, per ceto e reddito. Attori come Cary
Grant o Greta Garbo, alle prese con il tavolo verde, erano un’avventura degli occhi
e del cuore per milioni di persone.
L
povertà e rischio
L’azzardo, per le classi subalterne, era una
sorta di peccato che qualche incallito trasgressore sfidava con protervia, a pena della riprovazione silenziosa o appena accennata di qualche donna del paese: «poverina, ha il marito che gioca» era la frase un
po’ ipocrita che si recitava di fronte appunto alla sventurata. Al massimo, ci ricordiamo, l’azzardo era contemplato solo sotto le
feste di Natale, periodo in cui, oltre la tombola, faceva capolino «la bestia» gioco pesante, ma come salvaguardato, negli scopi
e nei fini, dal suo affacciarsi solo durante le
sacre feste. Che, in qualche modo, mondavano da colpe lui e i giocatori. Poi, piano,
piano, la modernità ha allentato la presa
morale mentre, allo stesso tempo, i progressi tecnologici permettevano al gioco d’azzardo di uscire da un recinto riservato per
entrare nel cerchio poco magico della disponibilità allargata per tutti.
Così ora, uscito dal ghetto dorato, il gioco
d’azzardo appartiene a molti, anche se,
sempre la nostra ricerca, ci costringe, con
i suoi numeri, ad una disamina più accurata. Infatti, il prevalere del gioco tra i
maschi, nella misura di circa il 60% ci indica intanto come il marketing sia orientato soprattutto verso il genere maschile.
Del resto, il poker, anche on line, è pur sempre storicamente un patrimonio degli uomini, mentre le slot-machine, spesso angustamente chiuse in piccoli box, popolano appunto il territorio quasi sempre e solo
maschile dei bar. Così come le scommesse
SOCIETÀ
il fascino indiscreto
del gioco d’azzardo
dipendenza e solitudine
Ma le sorprese non sono finite. La ricerca,
infatti, quando prende in esame la dipendenza dal gioco e la possibilità che esso
divenga un tratto imprescindibile della
personalità del giocatore, sino a diventare
una sorta di droga, ci dice che, incredibilmente, la percentuale di possibili vittime
da dipendenza cronica è più alta tra le donne che tra gli uomini. Tra le ragazze più
che tra i ragazzi. L’ultima, paradossale statistica che mostra, inequivocabilmente, la
valenza non solo sociale della dipendenza, ma addirittura un suo riscontro di tipo
politico. Perché, quella delle donne, come
quella dei giovani, degli anziani, dei disoccupati, è tra le categorie più a rischio nel
panorama economico e sociale italiano,
essendo ancora più esposta, per la congenita debolezza economica, per la frustrazione che spesso, specialmente le più povere al suo interno, si portano dietro come
una zavorra esistenziale. Che poi, ancor
più dei coetanei maschi, le donne stesse
possano rimanere impigliate nella dipendenza da gioco d’azzardo è il segno di come
tentino il riscatto più di tutti persino attraverso il rischio. Del resto, una mia conoscente, ha ben esemplificato la dura problematica, quando, da me interrogata sul
perché di quei pomeriggi interamente passati di fronte ad una slot-machine, circondata da uomini di tutte le età, mi ha detto
«senti, io sono sola, mio marito è morto, i
figli sono lontani e si vergognano di me.
Giocare mi impedisce di pensare. Giocare
mi illude di poter cambiare anche solo per
un giorno la mia situazione. E, poi, almeno, sto in compagnia, di gente come me.
Che mi accetta e non mi fa vergognare».
Testuale, feroce e imbarazzante. Soprattutto per me e per chi come me alla sua solitudine non aveva mai pensato.
ROCCA 1 MARZO 2012
sportive segnano l’appartenenza ad un genere tifoso e fazioso come sa essere proprio quello dei maschietti. Per le donne si
affaccia comunque la frequentazione di
giochi un po’ più soft, come bingo o superenalotto. La discriminazione di genere dal
lavoro alla famiglia, passando pure per i
giochi d’azzardo, o simili.
Ma l’analisi statistica dice anche altro. Dice
ad esempio che la povertà e l’emarginazione giocano ancora un proprio ruolo, se è
vero che il gruppo sociale più a rischio è
quello dei giovani maschi dai 15 ai 24 anni,
in possesso di determinate caratteristiche,
quali la bassa scolarizzazione, una inclinazione per l’alcol ed il fumo e, dulcis in fundo, l’abuso di tranquillanti. Un quadro tremendo che, a farci caso, è esattamente quello di un’Italia ai margini, periferica, soggetta
a disoccupazione e senza futuro. Con i giovani alla deriva, impregnati di un falso
machismo che li porta, giovanissimi, ad
impersonare modelli da bullismo anche nei
consumi e nell’evasione. Rinchiusi nei bar
a scimmiottare davanti alle macchinette,
qualche eroe, neppure negativo, ma triste,
da surrogato televisivo o di Internet.
Claudio Cagnazzo
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