Fiat 131 Abarth Rally
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Città di Viterbo Programma di attività per l’accrescimento dei livelli di sicurezza, per contrastare l’illegalità e per favorire il reinserimento sociale a VITERBO denominato: “ CITTA’ SICURA E SODALE” Domanda di finanziamento regionale ex bando per contributo ai sensi della l.r.15/2001 e successive modificazioni e della deliberazione della Giunta Regionale del 30.5.2008 n.406 Memorandum In conformità con le priorità indicate dal Bando, il presente progetto prevede: a) l’istituzione di una apposita struttura permanente che si occupi di sicurezza integrata rivolta ai cittadini; b) una serie di iniziative congrue con le finalità della Legge regionale 15/2001; c) l’azione in un ambito territoriale ad elevato rischio criminalità come rilevabile dai dati forniti dall’Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza e la legalità; d) interventi in partenariato con enti pubblici e privati per la costruzione di un sistema integrato di sicurezza; e) una serie di iniziative e di strutture che garantiscano una continuità di azione sul territorio oltre il triennio 2008-2010; f) il concorso di altri finanziamenti pubblici e/o privati; g) la partecipazione diretta del Comune di Viterbo con personale dipendente, beni strumentali, lavoro volontario. 1.Introduzione generale 1.1 Città “fortificate” In una fortunata opera pubblicata in Italia nel 2005, Zygmunt Bauman afferma che “ la guerra all’insicurezza, ai rischi e ai pericoli, è in corso dentro la città…le trincee fortificate e i bunker destinati a separare e tener lontani gli estranei, sbarrando loro l’accesso, stanno diventando rapidamente uno dei tratti più visibili delle città contemporanee”. Si avvera la profezia dello scrittore John Ballard, che in un fortunato romanzo di fantascienza intitolato Condominium, negli anni ’70 descriveva la vita segregata e alienata dei cittadini per proteggersi da una città violenta e degradata. In quegli stessi anni (1977), Paul Virilio preconizzava lo sviluppo di una vera e propria “industria della protezione” innescata dal crescente senso di insicurezza che stava pervadendo la società occidentale. 1.2 Una modernizzazione senza certezze Virilio teneva conto del pensiero di un connazionale, Françoise Lyotard (1979), a cui si deve la definizione di postmodernità in campo sociale: Lyotard riteneva che la società occidentale si stesse incamminando verso uno stato di complessità, di crisi, di ridimensionamento dello sviluppo della convivenza civile, che la crescita tecnologica non riusciva a supportare, anzi in qualche caso contribuiva a rendere ancor più precaria. Non più una chiara modernizzazione, ma al contrario una involuzione sociale, che iniziava proprio nelle città: personalismi, competizione consumistica, alienazione sociale, degrado urbano, conflittualità, frattura dei valori collettivi, caduta delle capacità di controllo sociale, decadenza della partecipazione sociale, crisi della società civile. Ne deriva uno stato permanente di incertezza, cognitiva, che si trasforma in una condizione di insicurezza sociale: così la qualità della vita – individuale e collettiva – decade progressivamente. 1.3 Società del rischio, città della paura Così, nel 1977, F. Hirsch può descrivere la città come un terreno privilegiato di scontro sociale, congestionata negli spazi, dispersiva, precaria nei servizi al cittadino. Negli anni a venire, studiosi come Beck (1986), Giddens (1990), Luhmann (1991) hanno cominciato a definire la società moderna come “società del rischio”: e secondo Beck, si deve parlare di rischio quotidiano e persino di rischio globale. Giandomenico Amendola può concludere allora che vivere in città “fa paura”: i pericoli del traffico, le violenze della criminalità urbana, la complessità dei meccanismi della vita comunitaria, la precarietà dei rapporti interpersonali, l’incapacità delle istituzioni di dare risposte, creano sfiducia, insicurezza, e alla fine, appunto, “paura” (2003). Il recente convegno del WSS a Villa Miani a Roma, sulla paura urbana, durante il quale è stata presentata la ricerca del Censis sul sentimento di paura in dieci metropoli tra cui Roma (Censis,2008), ha confermato la gravità e la complessità sociale, culturale, psicologica ed economica del problema. Il senso di insicurezza sta diventando il punto di riferimento per la pianificazione urbanistica delle città, che da comunità urbane, luoghi dell’incontro e della compartecipazione, si trasformano progressivamente in un agglomerato di recinti chiusi, spazi difensivi collegati fra loro dai “non luoghi” delle circonvallazioni e delle metropolitane leggere, e dai punti di consumo collettivo come i supermercati. 1.4 Non solo metropoli Sono insomma le gated communities immaginate da Ballard, descritte da Bauman, e oggi diffuse tanto a New York (Blakely, Sniders, 1997) come a Scampia (Conte, 2006), a diventare la risposta alienata e socialmente degradata al pericolo. Il fatto è che l’esclusione diventa l’unica risposta possibile; la diffidenza costituisce la norma dei rapporti sociali; il controllo visivo degli spazi l’unica azione di contrasto (Castel, 2003). L’aspetto più sorprendente è che tutto ciò avviene non solo nelle metropoli tentacolari – New York, Los Angeles, Londra, Parigi, Tokio, o Roma, Milano, Napoli – ma si sta sviluppando anche nei centri minori, addirittura nelle cittadine di poche migliaia di abitanti, rendendo il fenomeno tale da dover essere preso in considerazione e affrontato ovunque: per quel che riguarda il Lazio, ad esempio, non solo a Roma, ma anche a Latina, a Viterbo, o a Guidonia. 1.5 Perché sta accadendo? In definitiva, quel che sta accadendo attiene al logorio dei rapporti sociali individuali e collettivi, ma anche al progressivo distacco tra istituzioni e cittadini, e ad una crescente perdita di coscienza civica che si evidenzia ad ogni livello della convivenza umana. Perché, in realtà, sta accadendo tutto questo? I sociologi e gli antropologi, ma anche gli operatori sociali e gli amministratori pubblici sono in grado di dare risposte abbastanza circostanziate. Si è detto della complessità urbana. Certamente, la vita quotidiana della città diventa più frenetica e convulsa, il tempo si restringe, i rapporti sociali si rarefanno; crolla quella che Ferdinand Toennies alla fine dell’800 chiamava ancora la “comunità”. Quando il villaggio è diventato villaggio globale, in realtà è diventato anche città e metropoli globale: il nostro vicino non è il vicino di casa, per la sua prossimità spaziale; il nostro vicino è colui che ci è vicino sul piano temporale e comunicazionale, come dice Giddens. Può distare chilometri, ma è nei nostri cellulari, nella nostra posta elettronica, è virtualmente dentro la nostra casa e ci può seguire ovunque noi andiamo. La nostra è anche una società di migranti. Nella modernità le persone si spostano continuamente; c’è una migrazione interna, innescata spesso dal mercato del lavoro. E c’è una migrazione esterna, che mescola le etnie e le culture. Tutto ciò crea problemi di comunicazione, di intesa; e crea problemi di inserimento sociale, di integrazione, e di riconoscimento reciproco. La diversità crea ansia, allarme; perché i rapporti sociali si fondano su processi di categorizzazione sociale preventiva (Tajfel, 1972) che consentono di prevedere il comportamento, le reazioni dell’Altro. Nella società postmoderna delle diversità, siamo circondati da sconosciuti di cui è difficile prevedere la condotta; ciò genera disorientamento, diffidenza, chiusura. La nostra è anche una società dove il conflitto tra generazioni si è trasformato in un dialogo fra sordi. Diversamente da trenta anni fa, quando le nuove generazioni manifestavano atteggiamenti contro la società adulta (Alberoni, 1970), oggi le nuove generazioni vivono solo in separatezza da esse. Dal vuoto di valori, dal disagio della marginalità esistenziale molti giovani credono di distaccarsi inebriandosi del brivido dello sballo; e cercando rifugio e solidarietà nel branco: così si dedicano ad imprese nichiliste, a violenze gratuite contro persone e cose. 1.6 Il cittadino chiede risposte La paura del cittadino non è per i delitti di corruzione, malversazione, truffa, e paradossalmente non è neppure quella per l’omicidio. Il cittadino ha paura che venga offesa la sua esistenza quotidiana, che dietro l’angolo sia minacciata la sua persona, quella dei suoi cari, o siano minacciate le sue cose. Ha paura dei furti in casa; delle rapine in negozio; degli scippi per la strada; dell’aggressione negli angoli più sperduti della città, della violenza gratuita e cieca, della provocazione teppistica del branco che ferisce e a cui è impossibile rispondere individualmente. E’ su questo che il cittadino si sente indifeso, che guarda agli angoli della città e al buio della sera con diffidenza. Ed è a questo disagio, a queste frustrazioni che il cittadino chiede risposte, e le chiede alle istituzioni. Il cittadino, insomma, chiede sicurezza. Chiede una città sicura. Ma attenzione: una città sicura non può essere una città di cerchie chiuse in sé stesse. La città deve continuare a vivere come una comunità: cioè, da un lato deve saper accogliere i nuovi membri, deve aiutarli ad inserirsi nel tessuto di relazioni, nella rete sociale, deve recuperare le sue componenti più marginali attraverso la solidarietà e l’aiuto; ma dall’altro deve sapersi stringere in sé stessa, e deve sentirsi forte, amica, Il cittadino chiede quindi una città solidale, ma anche una città sodale. contro ogni minaccia, contro coloro che mettono a rischio la convivenza civile, pregiudicano il futuro, innescano la paura. 2.Obiettivi di sicurezza urbana 2.1 Una migliore sicurezza, una migliore qualità della vita Una istituzione, un ente locale come un Comune, fra le tante sue missioni, ha anche quella di garantire una migliore qualità della vita ai suoi cittadini. In senso ambientale, controllando le fonti di inquinamento; in senso sociale, migliorando i servizi alla persone, in specie verso quelle categorie più deboli – anziani, bambini, disabili - che hanno più pressante bisogno di aiuto; in senso economico, favorendo quelle attività che portano sviluppo e quindi occupazione; in senso culturale, offrendo stimoli e occasioni di crescita alla cittadinanza. Ma una migliore qualità della vita si offre anche fornendo sicurezza. La sicurezza urbana è, istituzionalmente, affidata agli organi di polizia. Tuttavia i Comuni hanno oggi la possibilità di agire per incrementare questo stato di sicurezza; bonificando gli spazi degradati; rimuovendo le forme di emarginazione; contribuendo a formare e ad educare alla legalità; offrendo aiuto ai cittadini offesi; migliorando la comunicazione con la cittadinanza. In altri termini, l’azione dei Comuni deve contribuire a migliorare la vivibilità, a prevenire e ad attenuare l’incidenza di fenomeni di inciviltà e di illegalità; ad aumentare nel cittadino il senso della comunità, della prossimità con le istituzioni; ad intervenire in aiuto degli emarginati per recuperarli alla comunità civica; a stimolare e ad affiancare la comunità stessa, e la società civile, nella sperimentazione di forme innovative di partecipazione civica. 2.2 Strategie di intervento Questi obiettivi possono essere raggiunti in vari modi. Innanzitutto, articolando un programma di interventi mirati alla prevenzione della criminalità e della devianza, in specie giovanile, e soprattutto ad un recupero degli emarginati che, per vari motivi, corrono maggiormente il rischio di essere coinvolti nella spirale della criminosità (Lemert 1967; Matza, 1969). In questa prospettiva, assume importanza cruciale una strategia di educazione alla legalità, rivolta soprattutto ai giovani e agli immigrati, cioè a coloro che per cause diverse appaiono meno in grado di padroneggiare le regole della società urbana. In terzo luogo, è necessario che il Comune si assuma il compito di restituire fiducia ai cittadini, assistendoli quando sono vittime di reati e di comportamenti devianti, rassicurandoli quando temono per la loro tranquillità quotidiana. Queste strategie si realizzano anche attraverso interventi di controllo diretto delle aree urbane marginali e degradate, ma soprattutto creando centri operativi capaci di dare ascolto alla città e di agire attivamente per il recupero di uno stato di sicurezza sociale. 2.3 Agire significa conoscere, insieme Ma si badi bene: agire significa conoscere, cioè avere chiaramente il quadro delle problematiche locali, delle loro specificità, e soprattutto essere in grado di comprendere esattamente un dato che troppo spesso si crede di poter padroneggiare intuitivamente, e che invece può riservare sorprese non sempre piacevoli: quale è l’opinione dei cittadini e, in particolare, quale è il grado di incertezza, di insicurezza da essi effettivamente percepito. Il peggior rischio, per una istituzione che si accinge a trattare problematiche sociali così delicate, è quello di affidarsi al colpo di fulmine dell’intuizione individuale, e alla supposta esperienza – o al buon senso - degli operatori. L’unica esperienza che vale, nell’affrontare problemi sociali, è quella che si forma, innanzitutto sui valori etici della buona prassi amministrativa, e subito dopo sulla conoscenza scientifica (Weber, 1904; Dewey, 1938, Statera, 1996). Inoltre, agire significa anche creare un coordinamento di interventi da parte di diversi attori sociali che possono essere coinvolti in un progetto del genere: non solo enti pubblici, ma anche istituzioni private, centri di ricerca, associazioni di volontariato. 3.Perché Viterbo 3.1 Fattori di criticità Ancora nei primi anni ’90 il capoluogo della Tuscia era considerato, dagli analisti che si occupavano di statistiche criminali regionali, una sorta di “isola felice”, assieme a Rieti. Ma in realtà, a Viterbo si stavano creando dei fattori di “criticità” che avrebbero intersecato la vita sociale, economica e culturale della città. Vediamoli. Il primo fattore, in ordine temporale, è l’apertura dell’Università della Tuscia negli anni ’80. Non sembri strano che una università sia considerato fattore di criticità: una università porta certamente uno sviluppo culturale, una effervescenza sociale, ma innesca anche un turbinoso processo di “giovanilizzazione” della città. Giovani che cercano dalla città svago, sfogo al tempo libero, che vogliono far vivere la notte: i pub, i winebar e le discoteche si sono moltiplicate nel tessuto cittadino e le sonnacchiose notti viterbesi si sono progressivamente animate, d’estate come d’inverno. In questi casi, è inevitabile che si creino nuovi problemi di ordine pubblico. Il secondo fattore di criticità, forse innescato dal precedente, è costituito dallo sviluppo di cellule dell’estremismo politico, attive anche nel reciproco contrasto. In particolare, si è sviluppata una cellula anarchica che ha portato anche a manifestazioni di aggressività politica estrema (attentati dinamitardi), fino a risultare una delle più organizzate del Lazio. Inoltre, si sono creati gruppuscoli di estrema destra, naziskin, collegate con il tifo calcistico e costituito da bande di giovani spesso minorenni impegnati per lo più a praticare lo scontro fisico generalizzato con altri coetanei, specie di sinistra, o il vandalismo gratuito su beni pubblici e privati. Il terzo fattore di criticità, non sempre adeguatamente valutato ma ben presente ad esempio ai vertici delle forze dell’ordine, è rappresentato dalla presenza del regime del 41 bis nel Carcere di Mammagialla, che inevitabilmente fa entrare surrettiziamente Viterbo nell’area di interesse soggettivo della criminalità organizzata. Un quarto fattore di criticità, seppur largamente condiviso con tutta la Regione, è costituito dal costante incremento di immigrati, specie dall’est europeo e dalla penisola indiana, che inevitabilmente porta ad un confronto etnico e culturale tra le varie componenti della città non sempre pacifico, e soprattutto a problemi di adattamento degli immigrati ad un sistema sociale fortemente consolidato e tradizionalista, che tollera appena l’eccezione e la diversità. I dati che seguono, seppur non eclatanti in valori assoluti, mostrano il costante accrescimento della componente immigrata nella città (Tab.1a): Tabella 1a, Flussi immigratori nella città di Viterbo 2005-2007 (Fonte: Comune di Viterbo) 2005 2007 Incremento 2005/2007 Immigrati 1718 1950 13,5 di cui stranieri % 441 25,67 611 31,33 38,5 Tabella 1b, Studenti immigrati nelle scuole della provincia di Viterbo di ogni ordine e grado (%) (Fonte: Ministero della Pubblica Istruzione) Materne Elementari Medie Medie superiori Totale 9,7 10,0 9,3 5,0 8,1 La Tab.1b evidenzia come poco meno di uno studente su dieci sia un giovane immigrato, il che significa che, tra i giovani viterbesi, la percentuale di immigrati è ben più alta della percentuale di immigrati sulla popolazione totale, che in una classe scolastica vi sono almeno due studenti immigrati, che quindi le tematiche generazionali della popolazione viterbese hanno anche a che fare anche con quelle dell’inserimento sociale e culturale dei giovani immigrati. Ma c’è un quinto fattore di criticità, ed è in prospettiva futura: la presenza dell’aeroporto internazionale, il secondo del Lazio, che dovrà sostituire Ciampino a partire dal 2010-2011. E’ ovvio che la presenza di una simile infrastruttura non calamiterà soltanto flussi turistici e non innescherà soltanto prospettive occupazionali, ma metterà in moto una serie di contraccolpi sociali che andranno a ripercuotersi sull’ordine pubblico e sulle dinamiche della vita quotidiana dei viterbesi, in un certo senso con gli stessi “effetti collaterali” di una università. La distanza chilometrica e temporale tra Viterbo e le aree di maggior effervescenza criminale della regione (Roma, Roma provincia e il litorale) si accorcerà, mentre la prospettiva di investimenti di grandi proporzioni potrebbe interessare anche la criminalità organizzata. 3.2 Le indicazioni dell’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità Di per sé, questi dati già potrebbero suggerire la necessità per il Comune di provvedersi di strutture in grado di fronteggiare certi problemi emergenti. Ma ci sono dati ancor più indicativi per sollecitare e giustificare iniziative di contrasto all’illegalità particolarmente consistenti. Nella sua I Relazione sugli episodi criminosi verificatisi nel biennio 2004-2005, l’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità, intende tracciare un quadro complessivo delle tendenze in atto nella Regione Lazio. I dati sono limitati a quel biennio per due ragioni. Innanzitutto, perché sono cambiate le metodologie di raccolta dei dati, per cui sarebbe incongruo fare raffronti con gli anni precedenti; in secondo luogo, perché i dati affluiscono dal Ministero degli Interni con ritmi lenti che non consentono certe valutazioni in tempo reale. Inoltre, c’è da fare i conti con quei reati che fanno parte del cosiddetto “numero oscuro”, cioè con quei reati che non emergono a livello statistico-demografico perché per vari motivi non vengono denunciati. Nella Relazione si rileva che “nella dimensione del sentimento collettivo ed individuale di “percezione dell’insicurezza” va colto uno dei principali fattori attraverso il quale misurare il benessere delle nostre comunità, nella consapevolezza che questo parametro è connesso solo in parte al dato oggettivo delle manifestazioni criminose e che esso è, anzi, più strettamente legato agli stili di vita, al ruolo dei mass media, alle caratteristiche di personalità, ai pregiudizi culturali ecc. Fattori che sfuggono ai (limitati) riscontri empirici della presente analisi statistica ma che sono abbondantemente noti ed immediatamente intelligibili da ogni decisore politico”. Questo senso di insicurezza di deve certamente alla complessità dello sviluppo socioeconomico del territorio, perché “gli habitat urbani si sono consolidati quali sistemi umani e relazionali sempre più complessi, esigenti ed indocili, in cui la proliferazione dei soggetti tende a determinare, anche e soprattutto, una proliferazione dei rapporti di forza fra gli individui ed i gruppi sociali”. Come si vede, l’Osservatorio coglie proprio il fondamento dei problemi della sicurezza urbana: il senso di impotenza, lo straniamento, la paura, il disorientamento del cittadino rispetto soprattutto a reati apparentemente”minori” ma che in realtà sconvolgono i ritmi della vita quotidiana, rendono precario l’”incontro” con l’Altro, la convivenza civile. E coglie anche un’altra necessità: quello di andare oltre il mero dato statistico e cercare di approfondire la conoscenza della reale condizione della sicurezza urbana così come è percepita dalla cittadinanza. 3.3 Viterbo area ad alto tasso di criminalità Se gli indicatori che contano per comprendere lo stato della sicurezza urbana sono quelli che colpiscono più da vicino il cittadino nel corso della sua vita quotidiana, allora vale la pena fare attenzione ad alcuni dati piuttosto che ad altri. In generale, la descrizione topografica delle attività criminose nel Lazio, pubblicata nella I Relazione dell’Osservatorio, conferma alcune tendenze consolidate: che i comuni capoluoghi, le aree litoranee e quelle interessate dalle grandi direttici infrastrutturali sono i punti critici dello sviluppo della criminalità: infatti, si legge nella Relazione che “dall’esame della mappa della criminalità scaturisce la conferma di una prevalenza dei fenomeni delittuosi nelle città-capoluogo di provincia e nei comuni del litorale laziale. La diffusione, tutt’altro che omogenea, degli episodi criminali è strettamente collegata ad una molteplicità di fattori urbani e sociologici, fra i quali rileva anzitutto l’ampiezza demografica dei singoli comuni e la diffusione dei luoghi che, più di frequente, fanno da scenario alle manifestazioni tipiche della microcriminalità (esercizi commerciali, vasti insediamenti abitativi, istituti bancari, grandi vie di transito, spazi aperti affollati, ampi parcheggi poco illuminati di automobili, eccetera).” Ma non solo: i dati dimostrano che già in generale Viterbo (e persino la sua provincia) non sono un’ ”isola felice”, giacché appare complessivamente più “segnata” che Frosinone e Rieti e in posizione comparabile con Latina: Tabella 2 Indice di delittuosità nei territori del Lazio, anno 2005 (Fonte: Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità) Confrontando i soli comuni capoluoghi, inoltre, l’incremento di criminalità di gran lunga più elevato, tra il 2004 e il 2005, si è avuto a Viterbo: Tabella 3 Incremento di attività criminose nel periodo 2004-2005 (Elaborazione su dati del l’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità) Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone +26,40 - 7,02 + 9,61 + 7,01 0,00 L’Osservatorio non crede ai propri occhi e ritiene che il dato di Viterbo dipenda da una migliorata capacità di raccolta dei dati locali. Sarà così? Vedremo in seguito fino a che punto la spiegazione può essere questa. Si potrebbe obiettare comunque che, nonostante l’incremento, il dato assoluto sia ancora quello di un’”isola felice”: ma neppure questo è vero, giacché l’indice assoluto di criminosità di Viterbo città (490,68) è inferiore solo a quello di Roma città (759,21) e di Latina città (559,06), ma superiore ai valori di Frosinone (402,36) e di Rieti (348,87). Che Roma e Latina abbiano valori superiori è scontato, giacché la criminosità è strettamente correlata con l’ampiezza la complessità urbana; Roma sfiora i tre milioni di abitanti, Latina supera i centomila, a fronte dei 60.000 di Viterbo. Il dato che sorprende, allora, è che se si “correggessero” i dati sulla criminosità con la densità demografica, risulterebbe che Viterbo è il capoluogo di regione con maggiori problemi! 3.4 I crimini che destano maggior senso di insicurezza sociale Se andiamo a valutare i delitti nello specifico, osserviamo che il maggior incremento di quelle attività criminose che destano maggior senso di insicurezza sociale (che l’Osservatorio definisce reati contro le persone e le loro cose e reati della conflittualità quotidiana) si è verificato tra il 2004 e il 2005 soprattutto a Viterbo: Tabella 4 Incremento di alcune attività criminali collegabili al senso di insicurezza quotidiana (Elaborazione su dati del l’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità) A) REATI DELLA CONFLITTUALITA’ QUOTIDIANA (lesioni, minacce, percosse, ingiurie) Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone +16,4 + 1,1 + 8,4 + 6,7 +32,6 B) REATI PREDATORI (furti, rapine, truffe e frodi ) Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone +29,5 - 8,2 + 7,9 +11,1 + 2,0 C) DANNEGGIAMENTI E INCENDI DOLOSI Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone +50,9 - 3,6 +18,8 +37,7 +15,9 Ma se si entra in certi dettagli, le tendenze si chiariscono ulteriormente. L’Osservatorio considera particolarmente odiosi quei reati che creano irruzione nel privato dei cittadini perché “attraverso i furti e le rapine viene aggredito direttamente il patrimonio materiale dell’individuo e, quindi, il risvolto oggettivo della propria personalità, del proprio lavoro, dei propri desideri. I reati vengono consumati, generalmente, all’interno di un ambiente privato di vita (l’abitazione, la propria autovettura ecc.) o in pubblici esercizi (banche, negozi ecc.). La violazione della sfera di vita privata della persona, che è il presupposto stesso del reato di furto e della rapina, vale ad aggravare l’amarezza ed il carico di angoscia percepito dalle vittime ed incide notevolmente sulla percezione di insicurezza/sicurezza collettiva che deriva dalla reiterazione di questi delitti.” La proprietà, in ogni cultura – e segnatamente in quella occidentale - è considerata “sacra” e”inviolabile”; ogni attentato ad essa genera un particolare senso di allarme sociale e diventa un criterio fondamentale per l’individuo nel valutare il suo senso di sicurezza e il suo livello di qualità della vita. Ebbene, tali reati hanno subito il maggior incremento proprio a Viterbo: Tabella 5 Incremento di furti e rapine (Elaborazione su dati del l’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità) FURTI Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone RAPINE +29,4 - 10,1 + 7,6 +12,3 + 2,4 Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone +70,0 +50,6 + 9,5 -10,5 -23,3 L’Osservatorio inoltre considera fonte di insicurezza e di cattiva qualità della vita alti reati: certamente la criminalità organizzata, ma anche la circolazione e lo spaccio di stupefacenti, e il vandalismo gratuito a cose pubbliche e private. Per quel che riguarda la criminalità organizzata, è noto che questa tende a provenire dalle regioni meridionali, specie dalla Campania, e interessa l’area di Latina e in seconda battuta quella di Frosinone, mentre va insinuandosi nell’area romana meridionale. I dati assoluti confermano il trend. Tuttavia il maggior incremento si deve proprio a Viterbo città, segno che l’isola felice rischia di cadere nelle mani di una criminalità tutt’alto che”paesana”. Tabella 6 Incremento di delittuosità della criminalità organizzata (Elaborazione su dati del l’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità) Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone +150,0 - 20,0 - 4,2 + 100,0 + 45,5 Per quel che riguarda le sostanze stupefacenti, l’Osservatorio sottolinea come Viterbo non presenti valori assoluti molto alti, ma un costante aumento dei reati, rispetto al trend regionale, e soprattutto come “allo spaccio si affianchi un dato non trascurabile riguardante la produzione e il traffico degli stupefacenti.” Tabella 7 Incremento di reati connessi a produzione, traffico e spaccio di stupefacenti (Elaborazione su dati del l’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità) Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone + 7,9 -27,3 - 3,2 -14,0 +14,8 Altro dato eclatante, che è spia diretta di uno stato di malessere sociale e di degrado della convivenza civile è il reato di danneggiamento a cose pubbliche e private. Una vecchia tesi di laurea in Sociologia discussa ai primi ani ’90 alla Sapienza illustrava il fatto che nella provincia di Viterbo la cartellonistica stradale venisse deturpata e danneggiata molto più che nelle viciniori province di Roma, Grosseto e Terni. Il dato trova conferme indirette nelle statistiche fornite dall’Osservatorio, che rileva il maggior incremento di danneggiamenti proprio a Viterbo città. L’Osservatorio fa notare che “un danneggiamento o un incendio doloso può essere …il risultato di un semplice atto vandalico, segnale di quel fenomeno conosciuto come bullismo. Bande di ragazzi che per noia o per spirito di emulazione misurano la propria forza o ribadiscono la propria appartenenza commettendo gesti di vandalismo come ad esempio dar fuoco ad un motorino”, ma chiama in causa anche il possibile piano intimidatorio di bande criminali organizzate. Il danneggiamento e il vandalismo sono forse le spie più eclatanti del malessere e del degrado di una società, perché manifestano la presenza di una cieca violenza, di una elevata ignoranza, di una diffusa inciviltà, ma anche la disperazione nichilista di fronte ad una società che non offre valori, solidarietà, entusiasmo. Si veda la tabella relativa ai soli danneggiamenti: Tabella 8 Incremento di reati di danneggiamento (Elaborazione su dati del l’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità) Viterbo Rieti Roma Latina Frosinone +52,7 - 4,1 +17,7 +36,9 +16,0 Si noti che anche in valori assoluti Viterbo città presenta cifre allarmanti: i reati di danneggiamento nel 2005 sono stati 394, contro i 232 di Rieti e i 218 di Frosinone; meno che a Latina (523) e non comparabili con Roma (11692). Ma se si pensa che Viterbo ha 60.000 abitanti e Latina il doppio, si riconferma la complessivamente maggiore criminosità del vandalismo nel capoluogo della Tuscia. Da notare che il vandalismo non genera solo sconforto nella popolazione: esso è un costo per tutta la comunità e una minaccia per il patrimonio artistico e culturale della città. Diventa quindi di particolare gravità in una città d’arte – la seconda del Lazio dopo Roma - come Viterbo. 3.5 Conseguenze disastrose per il futuro turistico della Città Si diceva del dubbio espresso dall’Osservatorio sulla reale validità dell’incremento dei valori per Viterbo, attribuibile forse ad un migliorato sistema di rilevazione. Dubbio che potrebbe però mettere in discussione qualsiasi dato in qualsiasi provincia, in mancanza di informazioni certe. Mentre ci sono altri dati che invece confortano l’ipotesi di un reale incremento di delittuosità, in specie di quella che più si lega al disordine metropolitano. Tra il 2006 e il 2008 Viterbo è salita alle cronache dei quotidiani nazionali per una serie di episodi legati al bullismo (un ragazzino a cui sono stati incendiati i capelli), alle violenza sessuale, ai regolamenti di conti tra gruppi extracomunitari, agli scontri per bande (nel centro cittadino subito dopo il passaggio della Macchina di S. Rosa) che non solo hanno sconvolto l’opinione pubblica locale, finora convinta che una passeggiata dopo cena nel centro storico della città fosse solo pittoresca e rilassante, ma hanno messo in dubbio la capacità di Viterbo di potersi proporre sul mercato turistico come tranquilla città d’arte da preferire, almeno sul piano residenziale, a Roma. Attenzione: se cade questa prerogativa, per il futuro dell’economia viterbese si aprirebbero scenari drammatici. Tutte queste considerazioni rendono Viterbo città che ha pressante bisogno di avviare progetti di intervento per garantire sicurezza, rispetto della legalità, e per investire a lunga scadenza su programmi di educazione alla convivenza civile e al recupero della marginalità. 4.Il compito del Comune di Viterbo: programma di interventi per la sicurezza, la legalità e il reinserimento sociale 4.1 Comprendere l’entità dei fenomeni Il Decreto del Ministro dell’Interno del 5.8.2008 ha introdotto i due profili “della sicurezza urbana e dell’incolumità pubblica”come beni tutelabili anche con ordinanze adottate dai Sindaci preventivamente comunicate al Prefetto. Tuttavia, nella già citata Relazione, l’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità asserisce che “la prima risposta che gli Enti Locali sono chiamati a dare per arginare la minaccia concreta della criminalità … non può non essere di natura propriamente socioculturale. Va compresa l’entità del mutamento che, sulla spinta della crescita complessiva della capitale, ha progressivamente cambiato il volto delle principali città del Lazio che fanno, oggi, da cornice all’incedere di società convulse, da nodo di collegamento di esistenze che possono solo sfiorarsi, da bacini di interessi che tendono a misurarsi col solo metro del denaro e della competitività. Spetta proprio alle Istituzioni pubbliche gestire, nel rispetto della legalità, un simile fermento sociale che anima, nel bene ma anche nel male, tutte le piccole e grandi realtà del Lazio “. 4.2 Cogliere la percezione soggettiva del rischio Il compito del Comune di Viterbo, alla luce di questa osservazione, è chiaro: occorre che l’Ente Locale si renda conto di quali fenomeni sociali, economici e culturali lo attraversano, e come questi vanno ad incidere sulla sicurezza reale e su quella percepita dei cittadini, e ancora sullo stato della legalità nella città. I dati statistico-demografici forniti dall’Osservatorio, dal Ministero degli Interni, dall’Istat hanno il compito di fornire il quadro generale dei fenomeni, le tendenze in atto, ma come tutti i dati statistici veicolano informazioni di carattere generale che non possono tener conto delle specificità territoriali, soprattutto informano su fatti, ma non sulle opinioni. Da questo punto di vista, gli specialisti parlano di “freddezza”dei dati statistici. Franco Ferrarotti, che è considerato il “fondatore” della sociologia in Italia, riprendendo un assunto di Max Weber asserisce che oggetto di studio delle scienze sociali sono soprattutto le rappresentazioni simboliche, gli atteggiamenti, le opinioni e le reazioni degli individui e dei gruppi di fronte ai fenomeni sociali. In effetti, sempre nella Relazione dell’Osservatorio si legge che “i contributi degli urbanisti, dei sociologi e dei criminologi descrivono modelli di città che non sono più semplici “contenitori” ma un insieme di elementi organizzativi e strutturali che creano un tessuto relazionale che deve essere basato su significati e su regole condivise”. Regole condivise che derivano, inevitabilmente dalle modalità con cui i cittadini si rendono conto della qualità della loro vita, e nel nostro caso, del grado di sicurezza della loro vita. Sociologi, antropologi e urbanisti sono convinti che esista uno scarto notevole tra qualità della vita oggettiva (calcolata su parametri oggettivi) e qualità della vita soggettiva valutata proprio sul modo con cui gli individui la percepiscono (Vergati, 1989). Chi vive in un quartiere della periferia romana, profondamente segnato da problemi di convivenza, di ambiente, di identità civica, possiede un grado di tolleranza della microcriminalità e del rischio urbano certamente differente da quello dell’abitante del pittoresco tranquillo quartiere medievale di San Pellegrino a Viterbo, abituato fino a qualche anno fa perfino a lasciare le chiavi sul cruscotto della propria vettura. Se questo abitante del tranquillo quartiere di San Pellegrino un giorno si risveglia tra furti d’auto, danneggiamenti, sguaiate cagnare notturne, scontri tra bande cieche e inferocite, la reazione non può che essere di paura, disorientamento, allarme. D’altronde, il fenomeno della privazione relativa, cioè di uno stato di bisogno soggettivamente inteso che risulta più urgente rispetto ai dati oggettivi è stato largamente studiato dalla psicologia da almeno mezzo secolo ed oggi viene preso in seria considerazione da amministratori, pianificatori e policy makers in generale. 4.3 I “punti fondamentali”di un intervento sulla sicurezza urbana Questa peculiarità delle percezioni sociali e delle rappresentazioni simboliche vanno conosciute e tenute in considerazione sia per valutare e comprendere le problematiche locali della sicurezza, sia per avviare programmi di intervento mirati, consapevoli, efficaci. Infatti, sempre nella Relazione dell’Osservatorio, si legge: “questo mutamento di prospettiva segna il passaggio epocale da un tradizionale modello di governo ad una più opportuna governance della sicurezza urbana che postula un’azione istituzionale integrata”. Ancora una volta: conoscere per governare in modo mirato, tenendo conto della realtà effettiva, e soprattutto chiamando la comunità a riconoscere i propri bisogni, a rendersi conto dei propri problemi. La gestione del problema della sicurezza e della legalità, da parte dell’Ente Locale, passa per cinque punti fondamentali: - - - 1) prevenzione: in termini di educazione dei giovani, soprattutto quelli “a rischio”, ma anche di facilitazione dei meccanismi di solidarietà sociale; 2) miglioramento della qualità della vita sociale: anche in termini di interventi per il miglioramento dei servizi alla persona; 3) ascolto: capacità dell’Ente Locale di apprendere i bisogni dei cittadini in termini di sicurezza e di individuare le metodologie di intervento per dare ad essi risposte concrete; 4) coesione sociale: capacità dell’Ente Locale di favorire la ricomposizione del tessuto reticolare dei rapporti sociali all’interno della cittadinanza, in specie in ordine all’inserimento delle minoranze etnico-culturali e al reinserimento degli emarginati. Anche attraverso iniziative di educazione alla legalità, alla multiculturalità ed alla multi etnicità. 5) controllo: capacità dell’Ente Locale di “fare squadra” con i vari organi di pubblica sicurezza per creare un sistema di controllo del territorio in grado di scoraggiare l’attività criminale. 4. 4 Una città sicura e sodale Avviare un programma di attività in questi termini è un bisogno impellente, che risponde ai più attuali problemi della convivenza urbana; non solo è segno di una attenzione “etica”ai problemi della comunità cittadina, ma è anche la prova che l’Ente Locale sa essere sensibile alle dinamiche del cambiamento sociale e di saper dare immediate risposte ad esse. Il Comune di Viterbo intende quindi avviare un programma di interventi che consenta di affrontare il problema emergente, per la Città, della sicurezza e della criminalità e di migliorare la qualità della vita urbana. Come si è detto, il programma è denominato “CITTA’ SICURA E SODALE” Città sicura: la spiegazione della denominazione è ovvia, perché il programma persegue l’obbiettivo di ricostruire un tessuto di legalità, di sicurezza e di controllo. Città sodale: non basta che la città sia solidale, che i rapporti nella cittadinanza si intensifichino; sodale e solidale hanno la stessa radice etimologica, ma il termine “sodale” (da cui Sodalizio) spinge in particolar modo sull’ ”amicizia”, sulla collaborazione, sull’unione, verificate nei fatti, nel comportamento effettivo. Il Comune di Viterbo auspica che, sul problema della sicurezza, sia la cittadinanza a stringersi unita nell’affrontare e risolvere i problemi insieme. La solidarietà deve esprimersi in una sodalità: l’obiettivo del Programma Città sicura e sodale è proprio questo. 4.5 Una struttura permanente sulla sicurezza integrata che agisca come sportello attivo e come osservatorio Il programma prevede la ISTITUZIONE DI UNA STRUTTURA PERMANENTE CHE SI OCCUPI DI SICUREZZA INTEGRATA RIVOLTA AI CITTADINI Tale struttura è istituita -IN CONGRUITA’ CON I FINI DELLA L.R. 5/7/2001; -IN TERRITORIO AD ELEVATO RISCHIO DI CRIMINALITA’ COSI’ COME EMERGE DAI DATI PUBBLICATI DALL’OSSERVATORIO SCIENTIFICO PER LA SICUREZZA E LA LEGALITA’ (Vedi Tab.2) Il Comune di Viterbo ha da tempo avviato una serie di iniziative che si configurano sia come programmi di intervento nel sociale, sia come apertura ad un sistema di collaborazione con gli organi di pubblica sicurezza. A tal fine, per incrementare il sistema di sicurezza integrata tra Forze di Polizia ed Enti locali, volto non solo a supportare la tradizionale azione di prevenzione e contrasto dei fenomeni criminali, ma anche a migliorare la qualità della vita dei cittadini riducendone la percezione di insicurezza, è in via di stipula un patto per la sicurezza urbana tra Prefettura e Comune di Viterbo, ad esito di una iniziativa del Comune di Viterbo. Tuttavia, anche a causa di gravi problemi finanziari che, negli ultimi anni si sono caricati sul bilancio dell’Ente, tali interventi sono necessariamente rimasti slegati, talvolta funzionanti ai minimi termini, nonostante la professionalità degli operatori. Il fatto è che iniziative del genere necessitano di un programma di comunicazione costante, che consenta ai cittadini di essere adeguatamente informati e sensibilizzati a riguardo. Il Bando della Regione Lazio per contributi a programmi di intervento per la sicurezza e la legalità urbana risponde all’esigenza urgente, per il Comune di Viterbo, di poter finalmente avviare una iniziativa concreta, coerente ed efficace in ordine ai problemi crescenti della sicurezza sociale urbana. Il Programma “Città sicura e sodale” prevede prioritariamente l’istituzione di una struttura permanente che funzioni come sportello attivo e come osservatorio sulla sicurezza urbana, denominata a sua volta “Città sicura e sodale”. 4.6 Perché sportello attivo L’abusato termine di “sportello” consente comunque di sottolineare il fatto che il Comune intende creare un “luogo fisico” a cui il cittadino può rivolgersi per fornire indicazioni, suggerimenti, per cercare informazioni, chiedere aiuto in ordine ai problemi della sicurezza e della criminalità. Uno sportello del genere già con la sua presenza limita il fenomeno del comportamento omertoso, ma stimola anche la partecipazione, l’attenzione dei cittadini. Le indicazioni e le richieste dei cittadini vengono registrate e “girate” immediatamente alle istituzioni e alle autorità competenti per i provvedimenti del caso. Lo sportello in questo caso risponde al punto 3, tra i precedentemente descritti “punti fondamentali” della gestione della sicurezza da parte dell’Ente. Lo sportello, tramite accordi fra il Comune e gli enti di pubblica sicurezza ha con questi ultimi un rapporto privilegiato in termini di scambio di informazioni. Perché sportello “attivo”? In realtà lo sportello non si limita a recepire istanze, ma si muove sul territorio, tra i cittadini: rappresenta un soggetto mediatore sia a livello etno-culturale, sia a livello sociale. Così, l’”attività” dello Sportello riguarderebbe la mediazione culturale tradizionale, che consente agli immigrati di inserirsi più correttamente nel tessuto sociale urbano. Ma l’attività si estenderebbe anche ad una più ampia funzione di mediazione delle istanze di sicurezza che sorgono fra i cittadini, stimolando l’avvio di pratiche virtuose di sorveglianza di vicinato (neighbourhood watching), che implica un più ampio coinvolgimento della comunità di residenti nel controllo del proprio quartiere. Infine, lo sportello si attiverebbe, collaborando ai piani, individuati nella già citata Relazione dell’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità, di “fattiva collaborazione interistituzionale nell’attuazione dei modelli di “giustizia riparativa”. I cittadini coinvolti in vicende criminose di questa natura devono essere messi in condizione di ricorrere all’opera di mediazione di appositi centri e strutture pubbliche e private che vanno creati sul territorio. Al colpevole del delitto di ingiuria e minaccia, così come di percosse e lesioni non gravi, è data inoltre la possibilità di adempiere alla propria sanzione prestando un servizio di pubblica utilità a beneficio degli enti locali, sottraendosi in tal modo al circuito penale (c.d. community service).” E questo potrebbe valere anche per la riparazione dei danni da parte dei colpevoli di danneggiamento e vandalismo, per lo più giovani che, in specie in collaborazione con le famiglie, potrebbero apprendere meglio l’importanza di un corretto comportamento sociale. Questo ruolo “attivo” consente allo sportello di rispondere anche a punti 1, 2, 4 tra i precedentemente descritti “punti fondamentali” della gestione della sicurezza da parte dell’Ente. Lo sportello necessita della presenza di almeno due operatori, specializzati nel gestire le problematiche sociali della sicurezza e della mediazioni interculturale e in grado di agire sia front-office sia nel contesto sociale urbano, ove richiesto. 4.7 Perché osservatorio Si potrebbe obiettare che un Osservatorio sulla sicurezza e la legalità esiste già a livello regionale, e un altro osservatorio locale sarebbe pleonastico. Vero, se l’osservatorio si occupasse di gestire dati statistici affluenti dalle fonti informative, che possono essere reperiti nelle idonee sedi istituzionali. E’ certo che l’osservatorio terrà conto di certi dati statistici per avere un quadro complessivo della situazione locale. Ma in realtà l’osservatorio è al servizio dello Sportello Attivo, e con esso completa la struttura permanente “Città sicura e sodale”. Esso infatti periodicamente è chiamato a ”tastare il polso” della cittadinanza mediante rapidi sondaggi scientificamente garantiti che riguardano la percezione della sicurezza/insicurezza, l’atteggiamento verso la legalità/illegalità, i bisogni crescenti della città con riguardano alla qualità della vita. Solo con questi dati la governante della sicurezza può dare risposte adeguate. Non c’è solo la necessità di periodici sondaggi, ma occorre andare in profondità, almeno all’inizio. L’avvio dello sportello/osservatorio farà capo ad una vera e propria ”indagine sulla sicurezza urbana a Viterbo” che toccherà tutti i punti sensibili del problema: sicurezza percepita, atteggiamento verso la legalità, educazione dei giovani, contributo dei cittadini, inserimento sociale degli emarginati. 4.8 Una ricerca-azione che coinvolge tutta la cittadinanza Non sarà una ricerca da mettere nel cassetto, e per due motivi: a) i dati costituiranno la base scientifica delle strategie di governo dell’Ente Locale sul problema sicurezza, e il punto di riferimento per le attività dello sportello attivo. b) si tratterà di una”ricerca-azione” Sulla ricerca-azione (action-research) occorre soffermarsi. Teorizzata da Kurt Lewin (1951) e ripresa attivamente negli anni ’60 (Ferrarotti, 1968), la ricerca-azione trasforma l’indagine scientifica in un’auto-indagine di un gruppo o di una comunità, che attraverso la raccolta dei dati e la loro discussione, senza venir meno ai vincoli metodologici, apprende e si educa ad affrontare i problemi, ne prende coscienza, individua le soluzioni. In questo caso, coinvolgere i giovani delle scuole nell’indagine, coinvolgere gruppi di cittadini, associazioni sportive, gli stessi immigrati e persino gli autori di comportamenti deviati opportunamente contattati, significa raccogliere una messe di informazioni quantitative e qualitative preziosissime per il governo della sicurezza e della legalità, ma soprattutto si fa opera di sensibilizzazione, di educazione, e di azione effettiva e concreta nei confronti dei problemi emergenti. La ricerca-azione, nel caso specifico, prevede i seguenti step: 1. Invito agli enti pubblici e privati a partecipare (es.: scuole) 2. Definizione di un piano di collaborazione con gli enti interlocutori interessati 3. Presentazione e discussione del progetto di ricerca e delle sue finalità (es.: nelle scuole) 4. Identificazione dei soggetti coinvolti nella ricerca (es.: quali classi, quali studenti) 5. Formazione dei soggetti-ricercatori 6. Distribuzione dei ricercatori sul territorio 7. Raccolta dei dati 8. Elaborazione dei dati 8. Discussione pubblica dei dati Lo schema che segue riassume le strategie di intervento della ricerca-azione nelle varie direzioni individuate. Modalità generali della ricerca azione (settori di ricerca/azione): a) la percezione dell’insicurezza (titolo della ricerca azione: riprendersi la città) destinatari: cittadini delle aree a rischio (quartieri del centro storico, S. Barbara, Ellera, Pilastro, Pianoscarano) attori: studenti delle medie-superiori b) la percezione della marginalità (titolo della ricerca azione: somiglianza delle diversità) destinatari: immigrati extracomunitari e comunitari; disabili attori: immigrati e cittadini di varie categorie sociali volontari c) il vandalismo (titolo della ricerca azione: le pietre hanno già voce) destinatari: studenti delle medie e delle medie superiori attori: studenti delle medie e delle medie superiori d) violenza e teppismo di gruppo (titolo della ricerca azione: la violenza è stupidità) destinatari: studenti di ogni ordine e grado attori: studenti delle medie superiori e universitari ; famiglie Ogni fase della ricerca azione sarà preceduta da una serie di incontri pubblici in luoghi prestabiliti con attori protagonisti. Per il punto a) con esperti della pubblica sicurezza; per il punto b)con rappresentanti della Caritas e delle associazioni di immigrati; per il punto c) con writers e sociologi; per il punto d) con rappresentanti del tifo organizzato, ex detenuti e psicologi 4.9 Un primo quadro in dettaglio delle fasi della ricerca azione E’ ovvio che il dettaglio delle strategie di intervento della ricerca azione si potrà definire solo dopo aver implementato i programmi di coinvolgimento delle varie componenti sociali interessate (istituzioni dell’ordine pubblico, scuole, associazioni sportive e di volontariato, ecc.). Tuttavia qualche ulteriore specificazione può essere offerta fin da ora. Riprendersi la città L’iniziativa tende a stimolare la partecipazione dei cittadini per la creazione di un sistema di controllo capillare a livello comunitario. E’ un incentivo contro il disinteresse, l’omertà, la demotivazione dei cittadini, che spesso restano in balìa di un crescente stato di criminalità socialmente impunita. Si tratta quindi di realizzare le condizioni per una diffusa sorveglianza di vicinato (neighbourhood watching), correttamente condotta e in sintonia con il ruolo istituzionale e le disposizioni degli organi di pubblica sicurezza. I ricercatori saranno studenti delle medie-superiori opportunamente selezionati e addestrati, per due motivi: a) perché tra di essi è più diffusa la presenza di soggetti a rischio, che possono essere motivati e coinvolti, quindi recuperati, proprio attraverso questa forma di auto-osservazione; b) perché potranno stimolare maggiormente l’attenzione e il coinvolgimento degli adulti, che spesso considerano con malcelata diffidenza le più giovani generazioni. La ricerca si svolgerà in quelle aree cittadine tradizionalmente più a rischio, sia per lo stato di marginalità periferica, sia per un più diffuso tasso di criminalità e di comportamenti illegali: quartieri del centro storico, S. Barbara, Ellera, Pilastro, Pianoscarano. Somiglianza delle diversità L’iniziativa affronta il tema dell’esclusione sociale, che è spesso esclusione etnicoculturale. Ma non solo. La diversità crea tensione, diffidenza, allarme, perché non sembra in grado di fornire le risposte attese in un sistema sociale in equilibrio. Non c’è solo la diversità etnica: c’è quella che crea la marginalizzazione del disabile, e quella che impedisce la riabilitazione sociale del deviante. Quest’ultimo punto è importante, perché su di esso si basa la speranza di recuperare soggetti giovani altrimenti destinati a perdersi definitivamente. I progetti di alternativa al carcere avviati dal Ministero della Giustizia da vari anni trova proprio ostacolo nella diffidenza della società. Ne deriva anche un processo di auto-isolamento. La ricerca vuole stimolare l’incontro tra le diversità, il reciproco riconoscimento, la reciproca legittimazione e l’avvio di forme fruttuose di convivenza. In sostanza, è un’azione conto gli stereotipi e i pregiudizi, fonte primaria di conflittualità e di disagio sociale urbano. I ricercatori saranno giovani e adulti opportunamente selezionati e addestrati, che attraverso la ricerca potranno conoscere meglio i reali problemi della diversità. Tra i giovani, anche gli alunni delle scuole elementari. La ricerca si svolgerà prioritariamente presso le comunità di immigrati. Le pietre hanno già voce L’iniziativa è volta ad affrontare il tema del vandalismo. Un problema che, considerato erroneamente di minore importanza, non solo comporta un sostanziale degrado della vivibilità della città (si pensi ai parchi giochi danneggiati,alla cartellonistica, ecc.), ma per la città di Viterbo potrebbe costituire un danno gravissimo, in virtù della sua monumentalità. Il vandalismo è l’espressione più evidente del degrado morale e civile di una comunità, che fa male a sé stessa e tollera tale aggressione. Il titolo della ricerca azione fa riferimento al fatto che le pietre del centro storico, dei monumenti, sanno già parlare a chi voglia avere orecchie; e quindi, non hanno bisogno di riportare ed esprimere le frasi e gli inneggiamenti di chi le deturpa. Atti di questo genere non identificano l’anticonformismo, né una tensione artistica incompresa e inespressa, né tanto meno un bisogno di comunicare, ma il nichilismo degradato dell’inciviltà e dell’ignoranza. E’ su queste basai che si muove la ricerca azione, svolta da e rivolta a giovani, specie agli adolescenti, più inclini a certe manifestazioni. I ricercatori saranno giovani delle medie inferiori e superiori opportunamente selezionati e addestrati, che attraverso la ricerca potranno comprendere meglio il problema del vandalismo e della microdevianza urbana. La ricerca avrà come oggetto gruppi di adolescenti e di giovani writers. La violenza è stupidità L’iniziativa riguarda il comportamento più odioso e più degradato che si verifica nella città, creando un clima di paura, di diffidenza, di allarme tra i cittadini. La violenza e le aggressioni sessuali, le rapine e gli scippi contro le persone, l’aggressione verso gli esercizi pubblici, gli scontri e i raid di bande, la violenza negli stadi. La forza d’opposizione è costituita dagli organi di pubblica sicurezza, ma c’è la sensazione che, trattandosi molto spesso di azioni condotte da minorenni, la società sia di fatto senza strumenti adeguati per la repressione. Con la conseguenza, che nei cittadini aumenta il senso di insicurezza e di impotenza, anticamera, secondo Bauman, del degrado collettivo della comunità cittadina. Occorre allora lavorare molto sulla prevenzione, nelle scuole, ma soprattutto nelle famiglie perché è qui che si gioca il controllo e l’educazione primaria dei giovani. E occorre tentare il recupero di ragazzi che, se abbandonati a sé stessi, non potranno più rientrare nella comunità cittadina. La ricerca quindi deve coinvolgere i giovani, di ogni età, in un processo di autoosservazione, ma anche le famiglie, perché si rendano conto del ruolo insostituibile che ancora oggi possono rivestire a garanzia della sicurezza urbana. Il messaggio è che la violenza è cecità, è vigliaccheria, è ignoranza, in definitiva è stupidità, che non solo non fa onore all’individuo, ma ne degrada la dignità e la forza morale, e prima o poi lo esclude definitivamente dalla convivenza civile.: quindi non è manifestazione di potere e di forza, ma di…stupidità. I ricercatori saranno studenti di ogni ordine e grado opportunamente selezionati e addestrati, perché tra di essi è più diffusa la presenza di soggetti a rischio, che possono essere motivati e coinvolti, quindi recuperati, proprio attraverso questa forma di auto-osservazione. La ricerca si rivolgerà ancora a giovani, in specie adolescenti, ma anche ad un campione di famiglie, soprattutto quelle residenti nelle aree e nei quartieri più marginali e più rischio sociale già citati. La ricerca-azione sarà coordinata da una istituzione di ricerca di altissimo livello (Dipartimento di Sociologia e Comunicazione dell’Università Sapienza di Roma) mediante apposito accordo di partenariato. Così, l’indagine come ricerca-azione viene a rispondere ai punti 1,2,3, 4 tra i precedentemente descritti “punti fondamentali” della gestione della sicurezza da parte dell’Ente. Essa infatti propone interventi “educativi” collegati con attività pratiche fra i giovani; individua percorsi di miglioramento della qualità della vita urbana; pone orecchio alle esigenze della gente; stimola forme di partecipazione attiva e aiuta a riconoscere i problemi delle varie categorie di cittadini. 4.10 Un “vademecum alla sicurezza” per i cittadini L’azione del Programma prevede anche la realizzazione di un vademecum sulla sicurezza urbana, realizzato secondo criteri avanzati di comunicazione pubblica e ideato secondo i modelli già in uso dalla Protezione Civile, con la collaborazione contenutistica e grafica dei cittadini viterbesi. Il vademecum offrirà istruzioni su come comportarsi in tutti i casi in cui il cittadino si trovi di fronte situazioni di disagio determinate da atti di illegalità e criminalità. Altte istruzioni riguarderanno l’organizzazione di procedure di vigilanza spontanea e le modalità di concertazione di tali attività con le forze dell’ordine. Una sezione sarà rivolta espressamente ai giovani per contribuire alla loro educazione alla legalità, con il supporto delle scuole, delle famiglie e delle associazioni sportive e di volontariato. 4.11 Avvio e Continuità della struttura La struttura permanente “Città sicura e sodale”avvierà immediatamente i suoi programmi, realizzando gli obiettivi prefissati di PREVENZIONE DEL RISCHIO, INCLUSIONE SOCIALE, EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’, INCENTIVAZIONE ALLA PARTECIPAZIONE SOCIALE. Poiché la struttura è permanente la sua azione va al di là del triennio 2008-2010. Programma degli interventi: 2009: a) Presentazione del Programma alla cittadinanza, mediante incontri pubblici con istituzioni, associazioni di quartiere, gruppi di interesse (primi due mesi) b) Formazione del personale dello sportello attivo (contestuale: primi due mesi) c) Ricerca-azione (contestuale, primi sei mesi; coinvolgimento di scuole, comitati di quartiere, associazioni di migranti, associazioni sportive e di volontariato, famiglie, ecc.) d) Apertura dello Sportello Attivo (dal III mese) e) Attività dello Sportello attivo a regime (dal VII mese) 2010/2011, ecc.: a) Attività dello Sportello attivo a regime b) Reiterazione di programmi di educazione alla legalità specifiche (migranti, minorenni a rischio, ecc.) per categorie La filosofia generale dello Sportello attivo e dell’Osservatorio è quello della MANUTENZIONE. Per un Ente Pubblico è facile avere idee creative, ed è facile rispondere immediatamente ad un problema. In fin dei conti, un Ente Pubblico è una sorta di finestra aperta sulle necessità della comunità sociale che amministra. La difficoltà sta nel dare continuità agli interventi nel tempo, andare anche al di là del momento e garantire che quel servizio, quella risposta, continuerà ad essere efficace. Una difficoltà determinata talvolta dal venir meno dei mezzi e delle risorse, talaltra dal venir meno dell’urgenza, o ancora, dal venir meno della forza, della determinazione, della motivazione. Se questo spiace quando si tratti di mantenere in ordine un giardino pubblico, in efficienza un manto stradale o di reiterare negli anni una manifestazione culturale, diventa invece grave nel caso della risposta a problemi drammatici, che segnano un clima sociale, che influenzano i destini delle persone. Insomma la “manutenzione”dell’ordine pubblico, della sicurezza, della prevenzione e dell’educazione alla convivenza civile, al rispetto reciproco tra i cittadini, non deve avere cali di tensione. 4.12 Partenariato Il Comune di Viterbo stabilisce, contemporaneamente e per la migliore realizzazione degli obiettivi proposti, ACCORDI DI PARTENARIATO con enti e istituzioni in grado di fornire supporto specializzato al programma. Il Comune di Viterbo affiderà al Dipartimento di Sociologia e Comunicazione dell’Università di Roma ”La Sapienza” il compito di progettare operativamente e di coordinare la ricerca-azione, nonché di curare i programmi conseguenti di educazione, formazione e informazione sulla sicurezza e la legalità. Il Dipartimento si occuperà anche di fornire le metodologie per i sondaggi periodici; inoltre il Dipartimento si occuperà della formazione e dell’aggiornamento dei tecnici del Comune chiamati a gestire tali operazioni. Il Dipartimento ha una larga esperienza sui temi della legalità e della sicurezza: ha collaborato con il Ministero della Giustizia sul problema dell’esecuzione penale esterna (Frudà, 2006), è membro della Commissione Mosca per i problemi dell’inserimento sociale dei nomadi, si occupa di rischio sociale e rischio sociale urbano (Mattioli, 2006), nonché di metodologia della ricerca in aree urbane, di formazione e di mediazione culturale, di comunicazione pubblica e organizzativa. Inoltre, per incrementare il sistema di sicurezza integrata tra Forze di Polizia ed Enti locali, volto non solo a supportare la tradizionale azione di prevenzione e contrasto dei fenomeni criminali, ma anche a migliorare la qualità della vita dei cittadini riducendone la percezione di insicurezza, sono in via di stipula dei protocolli di intesa per la sicurezza urbana tra Prefettura e Comune di Viterbo. Si tratta dell’esito di una iniziativa del Comune di Viterbo, datata 11 agosto 2008 (prot.16231), con cui lì’Ente Locale, anche in vista della partecipazione al Bando ai sensi della l.r. 15/2001, ha sollecitato la Questura di Viterbo e il locale Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri ad una più stretta collaborazione, di concerto con la Polizia Locale e con la Polizia Provinciale. Tale collaborazione è mirata prioritariamente all’istituzione di un sistema di vigilanza elettronica dei punti sensibili del tessuto urbano, ma anche ad una sinergia nella realizzazione di piani di prevenzione, educazione e ascolto nel campo della criminalità e della illegalità. Infine, il programma prevede la richiesta di compartecipazione di: - - - - - - Amministrazione Provinciale, l’altro Ente Locale che può condurre iniziative concertate di formazione, educazione, assistenza e controllo del territorio, che fanno parte integrante delle sue funzioni istituzionali. Scuole e istituti di formazione, che hanno istituzionalmente la funzione di formare e di educare alla cultura, alla convivenza, al rispetto, alla tolleranza, ai valori comuni del comportamento civile. Associazioni sportive, che hanno la capacità di calamitare l’attenzione dei giovani e di divulgare valori della lealtà, dell’impegno comune, del rispetto e distolgono i giovani dalla noia e dall’emarginazione sociale. Associazioni di volontariato laiche e religiose, che sono impegnate nel fornire servizi di assistenza agli emarginati e sono pronte a coinvolgere i giovani in attività di partecipazione consapevole alla vita associativa. Associazioni di immigrati (a Viterbo, ad esempio, quella della comunità rumena e quella della comunità cingalese), che possono coinvolgere i propri associati in iniziative volte a migliorare i rapporti sociali complessivi al’interno della Città. Altre associazioni a carattere sociale e culturale che possono dare il loro contributo nei programmi di formazione e di assistenza. Società di vigilanza privata, che possono entrare in un programma più vasto di controllo dell’ordine pubblico nella città. 4.13 Concorso di altri finanziamenti Vi è già la disponibilità da parte di Aziende del settore, ad esempio la COGITAS S.r.l. di Roma sentita al riguardo, di concorrere alla realizzazione del progetto con contribuzioni in fase di realizzazione. 4.14 Partecipazione diretta dell’Ente Il Comune di Viterbo impegna nel Programma risorse proprie in termini di: - personale dipendente a tempo pieno (operatori dello Sportello Attivo) - personale dipendente a tempo parziale (ricercatori per la ricerca-azione) - lavoro volontario (ricercatori per la ricerca-azione; operatori dello Sportello Attivo) - beni strumentali durevoli (materiale informatico e stigliatura per lo Sportello Attivo) - beni immobili (sede dello SportelloAttivo) 4.15 Un intervento integrato Il programma è in stretta correlazione con un parallelo PROGETTO DI INVESTIMENTO PER LA RIQUALIFICAZIONE DI AREE DEGRADATE E A RISCHIO, MEDIANTE L’INSTALLAZIONE DI STRUMENTI E ATTREZZATURE PER IL CONTROLLO E LA GESTIONE DELLA SICUREZZA URBANA, DENOMINATO “ PROGETTO VEDETTA”, sempre a cura del Comune di Viterbo. 5. Costi del Programma Senza un contributo regionale, come si è detto, il programma non può essere attuato, soprattutto per le carenze straordinarie del bilancio dell’Ente per gli anni immediatamente a venire. Il Bando regionale quindi è una occasione eccezionale per poter avviare il programma. I costi del Progetto si dividono in due parti: a) quelli finanziabili dalla Regione in conto capitale, fino all’80% dei costi totali comunque entro 100.000 Euro; b) quelli a carico dell’Ente, e di eventuali altri enti associati, per il completamento del finanziamento. Il costo lordo del Programma viene calcolato come segue: a) Con finanziamento della Regione Lazio Progettazione esecutiva del Programma Coordinamento e realizzazione del Programma Interventi di soggetti esterni Formazione e stages per personale di ricerca locale e personale dello sportello/osservatorio Materiali d’uso non inventariabili Rimborsi vari Realizzazione del Vademecum Totale Euro 10.000,00 Euro 45.000,00 Euro 10.000,00 Euro 15.000,00 Euro 2.000,00 Euro 3.000,00 Euro 10.000,00 Euro 95.000,00 b) Con finanziamento del Comune di Viterbo e di altri enti in partnership Retribuzione degli operatori della struttura permanente (annua) Canoni e arredi Euro 40.000,00 Euro 10.000,00 Totale Euro 50.000,00 TOTALE: Euro 145.000,00 (di cui il 65,5% a carico della Regione) Riferimenti bibliografici Alberoni F. (1970), Classi e generazioni, Bologna, Il Mulino Amendola G. (1997), La città postmoderna. Magie e paure della metropoli contemporanea, Bari, Laterza Bauman Z. (2003), tr.it. 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