aspetti della vita amministrativa di maddaloni tratti dalle delibere

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aspetti della vita amministrativa di maddaloni tratti dalle delibere
Francesco d’Orologio
ASPETTI DELLA VITA AMMINISTRATIVA DI
MADDALONI
TRATTI DALLE DELIBERE COMUNALI
DAL 1900 AL 1950
(Ricerca tratta dall’archivio storico della Biblioteca Comunale di Maddaloni)
MADDALONI 2007
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Introduzione
Il lavoro che segue è il risultato di quasi due anni di ricerca sulle delibere
consiliari, della giunta, dei Commissari prefettizi, e dei Podestà conservate
nell’archivio storico della Biblioteca comunale di Maddaloni.
Ho preso a campione circa seicento delibere, riguardanti particolari aspetti
della vita amministrativa della nostra città. Noi vediamo scorrere la vita pubblica
del nostro paese, ma non sappiamo come i nostri amministratori assolvono i loro
compiti e cercano di gestire la cosa pubblica: cosa che ci appartiene perché noi
cittadini siamo i principali protagonisti e quelli che si dovrebbero maggiormente
interessare del corretto funzionamento dei servizi pubblici, perchè se paghiamo le
tasse abbiamo anche il dovere di vigilare e concorrere al rispetto della cosa
pubblica.
Ho preso in esame i primi cinquanta anni del 1900, perché in questi anni si sono
avverati eventi di portata mondiale: la Grande Guerra, l’avvento del Fascismo, la
Seconda Guerra Mondiale e la Ricostruzione. Inoltre ci sono stati anche grandi
cambiamenti, si passò dal liberismo all’autoratismo ed in ultimo alla democrazia.
Eventi e cambiamenti che furono vissuti e sentiti anche nella nostra città, come
negli altri comuni d’Italia.
Nelle deliberazioni trattate si possono riscontrare le prime tracce del progresso e
della civiltà di Maddaloni: una delle più floride e popolose città di Terra di Lavoro
di quei tempi.
Maddaloni era un paese prettamente agricolo, ma aveva il pregio di avere alcune
industrie agricole e commerciali, due istituti importantissimi: il Convitto Giordano
Bruno e il Deposito Allievi della Guardia di Finanza, un mercato-fiera settimanale
frequentato da venditori ambulanti locali e provinciali, il foro boario che aveva la
presenza di quasi 600 capi di bestiame nel giorno del mercato; un artigianato
floridissimo come quello delle sedie, cesti, cuoio, cretaglia, ecc. alcuni molini, e
un popolo laborioso, civile e tranquillo.
Non poche sono state le difficoltà incontrate durante la ricerca, per prima ho
dovuto trascrivere, per mancanza dei mezzi adatti, tutte le delibere
integralmente, a mano, copiarle sul computer e poi leggerle e riscriverle,
prendendo da esse solo le notizie più importanti e concise
1
Dall’analisi delle delibere ho cercato di ricostruire alcuni aspetti della vita della
nostra città: elezioni, nomina e dimissioni di sindaci, consiglieri e assessori, crisi
economiche e passaggio dalla gestione consiliare a commissariale, stesura dei
vari regolamenti dei servizi pubblici del comune, passaggio dell’illuminazione a
petrolio alla luce elettrica, rifornimento idrico dai pozzi ai primi acquedotti, il
convitto nazionale G. Bruno e la caserma Bixio, i conventi degli Ex Cappuccini,
degli ex Domenicani e delle Domenicane: loro utilizzo, scuole ed asili infantili,
associazioni ed opere di beneficenza, il colera del 1900, e tanti altri argomenti
che troverete leggendo le delibere.
Maddaloni vista dal Castello
Alcune deliberazioni sono state riportate, quasi integre, riguardanti il colera,
l’acqua potabile e la luce elettrica, e quelle dei lavori pubblici e aperture di nuove
strade e restaurazioni d’edifici pubblici.
Le delibere sono identificate dalla data e dall’anno in cui furono trascritte; e
che le potete trovare nei vari registri dell’archivio storico della Biblioteca di
Maddaloni.
Ho cercato di dividere il lavoro, il cui titolo è “Cronistoria della vita
amministrativa di Maddaloni”, in argomenti: Amministratori, bilancio, personale,
servizi pubblici, lavori pubblici, assistenza e beneficenza, vigili urbani e guardie
campestri, banda musicale, dazio e attività commerciali, mercato, macello, scuola
e cultura, attività sportive, istituzioni ecclesiastiche, cimitero, colera, istituzioni
militari, storia dell’acqua e della luce elettrica, case popolari e Casa del Fanciullo.
Abbreviazioni
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P.N.F.- Partito Nazionale Fascista, O.N.B - Opera Nazionale Balilla, G.I.L.Gioventù
Italiana Littorio -, O.N.C - Opera Nazionale Combattenti, M.V.S.N. - Milizia
Volontaria Sicurezza Nazionale, G.P.A - Giunta Provinciale Amministrativa, Cassa
DD.PP. - Cassa Depositi e Prestiti, O.N.D. - Opera Nazionale Dopolavoro, A.N.M.I.
- Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi, N.U.F. - Nucleo Universitario
Fascista, CC.NN. - Camicie Nere, A.A.S.S. - Azienda Autonoma Statale delle Strade,
O.N.M.I. - Opera Nazionale Maternità ed Infanzia.
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Presentazione
In un certo senso, non si scopre che quello che si vuol trovare.
Per lo meno è sempre vero che non si scopre senza una volontà di
trovare e senza qualche ipotesi di ricerca. Non si cerca con la
testa vuota, ma con la testa piena: di cultura, di idee, di
domande, di curiosità, di desideri, di aspettative, di previsioni, e
talora, di felici errori. Ho pensato a tutto questo dopo aver letto
un libro straordinario.
Questo libro lo ha scritto Francesco d’Orologio: una ricerca
(così “definisce” la sua opera il suo autore….). E Francesco
d’Orologio ha ragione. Un “fazzoletto” di cinquanta anni di cronaca
verace (la quale, secondo noi, spessissimo, prende il posto della
semplice
“cronistoria”
durante
una
preziosa
narrazione
dell’autore), di avvenimenti che hanno “caratterizzato” la vita
amministrativa della Città di Maddaloni (dal 1900 al 1950) sul filo
di “atti” i quali, oggi, fanno conoscere (con severo puntiglio) le
qualità peculiari e distintive di persone che quegli “atti”
deliberativi assunsero, spesso, con coraggiosa onestà, “volitiva”
consapevolezza, ma soprattutto con tanto amore per la propria
Città.
Quelle che Francesco d’Orologio narra sono tutte cose vere:
veramente accadute, le quali ci insegnano che la “verità” non è un
acquisto né una conquista, ma una luce che diffondiamo intorno a
noi; chi ne ha di più con alone più grande, e chi ne ha di meno
con una luce da lucciola. Ed allora, basterà leggere l’Introduzione
di questo ricchissimo libro perché il lettore si renda conto che la
sollecitudine di Francesco d’Orologio è viva e addirittura ansiosa)
per la piena conformità al suo dovere di raccontare cose che non
implicano sensi di inquietudine o di dubbio, ma solo entusiasmo e
piacere pieno. I quali discendono da una “sorridente” scelta di
delibere (di amministratori, seri e capaci), le quali sono state
registrate non in “maniche di camicia” ma con il preciso intento di
voler significare all’attento lettore che un “certo mondo” è
scomparso, nel quale, però, l’individuo poté, poi, conservare
dentro di esso intatta personalità singolare ma mai indeterminata
o sconosciuta. E’ qui il valore della “faticosa” ricerca del nostro
autore che ha saputo regalarci l’elastica idea che ci facciamo del
tempo e dell’esistenza, cioè di una “storia” di vita amministrativa
la quale non può somigliare a “opera di vetrinisti” che dura poco
quanto le scintille di un focherello, ma a opera che ha lasciato
profonde tracce che “segnano” anni dietro i quali, ancora oggi, si
sentono echi di larga risonanza.
Preside Giuseppe Giusti
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Capitolo primo
MADDALONI nel tempo: alcuni spaccati di vita amministrativa
Dall’Ottocento al Novecento
Nel 1800 Maddaloni si presentava come un grande centro rurale forte di una società
incentrata principalmente sulla distinzione dei ceti e sulla centralità della famiglia. Il
tessuto sociale era costituito da un gruppo di nobili conservatori, da un’altra fetta di piccoli
mercanti e proprietari a metà strada tra ricchezza e povertà e da un terzo composto di
artigiani, maestri e proprietari di botteghe. Chiudeva la gerarchia sociale una parte
consistente di braccianti e lavoratori dipendenti che per censo non avevano purtroppo
nessun peso nella società.
Nel 1850 per lo stato anagrafico la città delle due torri poteva contare su circa 18.000
abitanti. Ma la casta degli eleggibili, che erano anche elettori, erano solo 167 di cui 71
proprietari, 34 possidenti, 20 negozianti, 40 professionisti e 2 massai, piccoli proprietari
terrieri.
Secondo una ricerca
del tempo all’apice della
piramide delle rendite
c’erano i commercianti di
bestiame e dei cereali tra
cui ricordiamo il grossista
di carni Gennaro Castaldi
forte di 300 ducati;
l’appaltatore
di
dazi
Vincenzo Barletta e il
commerciante di cuoio
Michele
Vitale.
Gli
impiegati inclusi nella
lista
elettorale
erano
solamente tre appartenenti tutti del Regio Lotto. Tra i professionisti primeggiavano undici
sanitari mentre legali e notai formavano il gruppo molto compatto e significativo anche dal
punto di visto patrimoniale. Tra loro c’erano membri di famiglie proprietarie le più antiche
della città.I principali incettatori di grano erano Vincenzo Barletta, Proto Ferdinando,
Nicola Scalera, Antonio Lombardi, Francesco Grauso, Domenico Racca e Giovanni Izzo.
Ma don Ferdinando Proto insieme ai due figli acquistava la maggiore parte del grano che
era venduto all’ingrosso e al minuto.Il grado d’istruzione della casta degli eleggibili
risultava “conveniente” mentre il gruppo dei negozianti era meno istruito. Nel giro di pochi
anni la borghesia terriera, commerciale e professionale, considerato “ceto emergente” si
sostituì a poco a poco all’aristocrazia imponendosi in maniera forte e prepotente nella
gestione del potere locale. Composto di poche famiglie il nuovo ceto sociale emergente si
arricchì a discapito degli altri attraverso la scaltra assunzione d’appalti e di dazi,
strettamente collegati ai commerci e industrie non senza grossi investimenti in beni
demaniali ed ecclesiastici messi all’asta fin dal 1864. In stretta alleanza con il tessuto
urbano, oltre ai figli della nobiltà la Chiesa accettava volentieri negli ordini ecclesiastici
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anche le genti di campagna. Insieme poi gestivano gli interessi economici della nostra città.
Il clero a sua volta era solito chiudere “un occhio” sulle malefatte dei borghesi che
venivano fatte a discapito del popolo minuto che in cambio di donazioni era chiamato
spesso all’obbedienza e alla sottomissione.
La nuova borghesia annotava tra le sue file avvocati, medici e notai e qualche
esponente di rilievo della maggiore proprietà fondiaria che era d’avanguardia e piena di
vitalità, assai diversa da quella immobile e sonnolente vecchia borghesia parassitaria ed
inerte. Con un’azione incisiva seppe dare un peso importante nella trasformazione dei
processi economici e sociali in atto riuscendo inoltre con il commercio e gli affari ad
occupare un posto importante nella società di allora. Era nata la classe d’elite maddalonese.
Con un suo convincente modo di fare instaurò nel popolo una sorta di servilismo sotto
forma di sostegno politico di tipo clientelare.
Nella nostra città si sviluppò un clientelismo equivoco, spesso di bassa lega che si
metteva a disposizione ora dell’una e ora dell’altra parte politica con conseguenze
facilmente intuibili per gli altri ceti sociali.
Ben presto il gruppo sociale degli artigiani fece subito lega con la borghesia. Con
questo matrimonio sociale gli artigiani oltre a condurre una vita più agiata, piena di
privilegi e ricchezze, ebbero nel contempo la possibilità di poter entrare nei loro ranghi
sociali. Ma il comando delle operazioni era sempre nelle mani dei signori. Dal suo canto il
popolo minuto assente nella vita sociale, consumava la sua esistenza, anche se modesta
dando spazio e vigore ai costumi folcloristici e tradizionali in uso in quei tempi. Secondo
la stima fatta l’elite amministrativa di quei tempi presentava un vertice assai esiguo,
mentre la base era composta di piccoli proprietari di terre e fabbricati e da professionisti ed
impiegati. Inoltre il ceto emergente cercava di accaparrarsi a più non posso dei vari appalti
dei dazi comunali. L’assegnazione era aggiudicata alla persona o gruppo che prometteva
più garanzie o più sottobanchi.
Da annotare che nel 1860 per una forte siccità l’economia cittadina subì una grave crisi
aggravata ancor più dalla perdita dei raccolti dei fagioli e del granone. Per invocare la
pioggia che avrebbe salvato in un certo senso i raccolti, i proprietari terrieri e i contadini
chiesero il permesso all’Amministrazione comunale di poter portare, seguendo un costume
antico, la statua del protettore S. Michele Arcangelo per le strade cittadine.
Ben presto prese corpo e consuetudine la moda dello svago. I borghesi, commercianti e
professionisti cercarono di adeguarsi praticando vari sport. Andarono di moda nella nostra
città palestre, circoli, caffè, sale da bigliardi, osterie, pasticcerie e associazioni di
beneficenza.
Non mancò l’argomento di attualità del momento. Infatti, il 30 ottobre 1864 il
Consiglio comunale prese in esame il provvedimento di sorveglianza sanitaria delle
prostitute che secondo la mentalità del tempo costituivano un’offesa alla pubblica moralità
e al buon costume con eventuali gravi conseguenze per la salute pubblica. In mancanza di
appositi locali esercitavano il loro antico mestiere ovunque si trovavano.
Come conseguenza più logica si diffusero con facilità le varie malattie veneree anche
perché le donne di facile costume non erano sempre visitate e mai controllate. Una pratica
molto antica che trovò terreno fertile che ebbe come amica la diffusa povertà: le donne si
prostituivano facilmente anche e soprattutto per bisogno. La prostituzione divenne così un
malcostume sociale difficilmente guaribile per le tristi condizioni del popolo minuto. Il
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Comune per rimediare a tale sconcio morale adibì locali appositi per il mestiere di dette
“signore” in modo che la Pubblica Sicurezza e gli addetti alla Sanità potevano esercitare la
dovuta e costante sorveglianza.
Per una grave crisi economica che mise in ginocchio l’esile economia locale
l’Amministrazione comunale nel maggio del 1899 dovette ricorrere ad un cospicuo
prestito. In una riunione del Consiglio comunale l’assessore delegato dr. Alfonso Raffone
ribadì che era dovere dell’Amministrazione far conoscere l’attuale situazione economica ai
cittadini che pagando le tasse avevano il diritto di sapere come gli Amministratori
spendevano il denaro pubblico. Inoltre l’Assessore per superare la crisi in atto e per
agevolare la ripresa, chiese la soppressione per due anni di alcune spese correnti. Agendo
in tal modo non fu appesantito ulteriormente l’onere dei cittadini.
All’inizio del Novecento con le strutture economiche in una situazione sostanzialmente
stagnante il surplus agricolo, antica tradizione della città, divenne il pomo della discordia o
meglio della disputa tra l’Amministrazione comunale e un gruppo di borghesi che
miravano ad accaparrarsi il potere e a gestire alle loro condizioni la cosa pubblica.
Grazie agli affari e agli impieghi pubblici, giorno per giorno, il ceto dei borghesi oltre a
diventare sempre più numeroso e importante faceva di tutto per mettere da parte i notabili
dell’ancién regime, i residui “signori” e i vecchi proprietari terrieri. Inoltre
impossessandosi delle cariche pubbliche e amministrative cercavano di accrescere il loro
benessere attuando una costante ascesa sociale. Con il tempo diventarono una vera élite
amministrativa e con l’avallo degli apparati costituzionali riuscirono a controllare il
mercato, le risorse produttive e l’apparato dell’occupazione.
In quella epoca le liste degli eleggibili alle cariche
comunali erano costituite da un gruppo ristretto di
famiglie, in cui si emergevano nettamente i grandi
proprietari terrieri sia per le particolarità dei patrimoni
che per la forte endogamia (matrimoni tra gli stessi
gruppo etnici), i gruppi dei possidenti, quelli dei
negozianti in possesso di grandi patrimoni urbani e
immobiliari, e quelli dei professionisti. Ben presto a
queste antiche famiglie subentrarono altri gruppi che
arricchitisi con il monopolio dell’immagazzinamento e
della commercializzazione delle derrate alimentari e
degli animali, dell’affitto di fondi rustici e di immobili
costumi tradizionali
urbani avanzarono prepotentemente nella società maddalonese entrando a far parte pure del
sistema elettorale. Il nuovo ceto emergente entrò subito in possesso di appalti comunali, di
esercizi che gestivano le funzioni amministrative, di tesoreria e giurisdizioni presso privati
e di enti pubblici e religiosi. Inoltre alleandosi con gli imprenditori riuscirono insieme a
conquistare spazi importanti per gestire potere e di ricchezza e usando il prestito con
interesse (attuale usura) fronteggiarono nelle principali attività economiche gli esponenti
dell’aristocrazia fondiaria, antica casta privilegiata. Con questa comune politica di alleanza
riuscirono a colmare parzialmente tra di loro quel divario di ricchezza e di potere che
tradizionalmente li aveva tradizionalmente divisi. Avvertendo questa subdola manovra e
temendo di perdere il loro potere i grandi proprietari terrieri fecero di tutto per mantenere e
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rafforzare la loro vecchia egemonia, intrufolandosi in modo attivo e partecipativo nei vari
settori legati al commercio delle derrate agricole e in modo particolare del grano.
Poi, visto che a farsi battaglia era deleteria per i loro affari, si unirono ed insieme,
ancora, per molti anni costituirono la struttura portante della classe politica di Maddaloni.
Cosi facendo, la borghesia oltre a mantenere per lunghi anni il controllo di classe nell’élite
maddalonese riuscì ad istaurare una sorta di servilismo di tipo borbonico che nel nuovo
clima liberale assumeva la forma di sostegno politico di tipo clientelare. Era un omaggio
alle famiglie potenti e autorevoli del tempo.
Di contro la categoria dei professionisti composta di avvocati, medici e notai fece
sentire ben presto il suo peso politico. Questi notabili in maggior parte rampolli di
negozianti e appaltatori con il patrimonio ereditato dai padri diventarono con il tempo
l’ago della bilancia tra il ceto medio ed il popolo minuto.
Con l’infido sistema di solidarietà, i “notabili maddalonesi” tenevano sotto controllo il
suffragio dei voti nelle elezioni amministrative. Senza contare poi che attraverso il sottile
clientelismo gestivano direttamente o indirettamente l’erogazione dei muti delle banche, le
società di mutuo soccorso, le cooperative e le opere di beneficenza.
L’élite maddalonese economicamente sostenuta dal reddito agrario, alquanto
emancipata per cultura e per impegno professionale, ebbe cura solamente dei propri
interessi senza muovere un dito per cercare di migliorare qualitativamente la vita paesana.
Inoltre si rilevò cieca ed incapace di superare le meschine gelosie paesane delle fazioni
locali, spesso impulsive, specialmente, nelle competizioni politiche. Tra loro non ci fu mai
un senso di collaborazione per cercare di far avanzare lo sviluppo culturale ed economico
della città.
La collaborazione esistente in alcuni strati della società era sola apparente ed era tenuta
in auge da vecchie consuetudini di servitù e di prestazioni e da certi rapporti interpersonali
che cercavano di mascherare solo la reale subalternità sociale. Sull’altro versante della
scala sociale c’erano i numerosi gruppi anonimi della piccola e piccolissima borghesia
dell’artigianato, dei negozianti, della massa senza volto del popolo. Non mancavano quelli
dei “ naturali poveri” dei mestieri più umili ed occasionali, dei lavoratori agricoli,
giornalieri e bracciali, dei “senza professione” e dei poveri erranti. Spesso questo nuovo
volto sociale si alleava con l’uno o l’atro schieramento in cambio di lavoro e del proprio
voto. Il povero contadino aveva nella società la sola facoltà di porre una croce sulla scheda
elettorale per eleggere quelli che erano poi i suoi aguzzini.
Chi stava peggio era il bracciante stagionale che viveva in condizioni di estrema
indigenza, costretto a mandare i propri figli a servizio presso i proprietari terrieri solo per
vitto senza ricevere altri compensi. Questa categoria costituiva un notevole bacino di
manodopera, cui attingere per qualsiasi lavoro agricolo. Era una categoria osservata con
cura da parte dei “grandi” e della classe dirigente che all’uopo li occupavano in lavori
pubblici e privati del comune, specialmente nel periodo invernale. Alla pari dei braccianti
c’erano i fabbri, i muratori, i sarti, i falegnami e le altre categorie dell’artigianato che
provavano a distinguersi dal mondo contadino, ma che non vivevano in condizioni di gran
lunga migliore. Quando le stagioni andavano bene e la congiuntura era favorevole c’era di
che mangiare. In caso contrario anche gli artigiani erano costretti a far la fame.
Oggi come allora esistevano i vandali della quieta pubblica. Di fronte alla grande parte
della popolazione di Maddaloni di indole tanto buona e rispettosa delle leggi e
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dell’Autorità, c’era una ristretta categoria d’individui che in certe occasioni si lasciava
dominare da uno spirito vandalico sfogando la sua collera contro i lampioni e i vespasiani.
Gli onesti cittadini, talvolta, pur vedendo ed assistendo a simili atti vandalici, lasciavano
perdere, per amore del quieto vivere senza riflettere che tutto poi sarebbe ricaduto sulle
loro finanze per l’aumento del carico delle tasse da parte dell’’Amministrazione che
rimediava così ai danni causati dal vandalismo. Il Commissario di allora per ovviare in
parte a questi scempi fece installare 18 vespasiani nuovi in ferro molto resistenti e di
difficile manomissione. Nello stesso tempo fece sopprimere per l’igiene pubblica due
vespasiani: uno all’angolo della chiesa dell’Annunziata e l’altro a fianco della trattoria del
signore Serafino in piazza dell’Unione. Non avendo scoli questi ammorbavano con il
maleodorante puzzo l’aria in un raggio di mezzo chilometro diventando nel contempo
veicoli d’infezione.
Dopo vari insuccessi il 1911 fu un anno storico per la popolazione di Maddaloni che
potette avere acqua a sufficienza dall’acquedotto del Serino. Dopo oltre un trentennio di
studi e di progetti e controprogetti e di tante speranze deluse e grazie alla tenacia e forte
volontà del sindaco di allora Alfonso Raffone la nostra città ebbe la sua condotta di acqua
potabile tanto da potere servire caserma, scuole, servizi pubblici e tutti i bisogni della
popolazione. Con l’Amministrazione Raffone e dei suoi collaboratori nella nostra città
migliorarono i servizi pubblici, la luce elettrica, la viabilità, il servizio idrico, il bilancio
con un servizio di cassa che nulla lasciava a desiderare. Di conseguenza migliorò il
patrimonio comunale tanto da portare ad un certo livellamento dei debiti.
Inoltre la legge del 1913 sul suffragio universale permise al popolo minuto di potersi
far valere nella società maddalonese. Ma il debole grado d’istruzione, inesistente per la
maggior parte fu di ostacolo per avvalersi appieno della libertà di voto E questo ceto
sociale continuò ancora ad essere assoggettato a quelli che lo sfruttavano ma che gli
davano quel minimo di sostegno economico per mandare avanti una vita decisamente
travagliata.
Nella nostra città, non essendosi sviluppate vere e proprie attività industriali, non si
formò una coscienza di classe proletariato, come nel resto d’Italia; e non ebbe neanche un
autentico movimento contadino, diretto alla rivendicazione delle terre e alla diretta
gestione dei fondi, quando in tutto Terra di Lavoro si avverarono parecchie sommosse
contadine. Il socialismo non ebbe molta probabilità di successo sia per la profonda
cattolicità del popolo e sia perché con la guerra il ceto emergente si era maggiormente
rafforzato riuscendo a rimanere a galla in quei tristi momenti di crisi generale.
Alla fine della Prima Guerra spesso in città si verificavano disordini legati come nel
1917 al ritardato pagamento dei sussidi per le famiglie dei richiamati alle armi. Per
l’occasione si scatenò una vera sommossa popolare tanto che dovettero intervenire i
militari del Battaglione di Finanza per disperdere la folla ed evitare gravi minacce per
l’ordine pubblico. Furono arrestati come “responsabili del reato” e come sobillatori
parecchi cittadini maddalonesi.
Dopo la guerra a Maddaloni, come in gran parte dell’Italia, si sentì il peso della crisi
economica nazionale; ovunque regnava la miseria, la carestia e la disoccupazione. Da noi
la crisi fu maggiormente avvertita per carenze d’industrie. Il commercio era fermo e
l’edilizia e l’agricoltura non riuscivano ad impiegare solo una minima parte della
popolazione maddalonese.
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Per vivere la povera gente si accontentava dei frutti della terra e dell’obolo elargiti dai
tanti benestanti arricchitesi con i profitti della guerra, dagli enti assistenziali come le
congreghe ed i monti di carità. Per poter mettere qualcosa sotto i denti i poveretti
ricorrevano spesso all’usura, impegnando quelle poche cose che possedevano, a volta
anche i materassi, per racimolare qualche lira onde poter sfamare i propri figli. Non a torto
si diceva e si dice che “L’usura è una piaga della società, è un male oscuro che miete tante
innocenti vittime senza che queste possano difendersi”.
Castello – torre Artus
Ad accentuare maggiormente la
miseria,
specie
nei
comuni
meridionali, fu la grave crisi
dell’agricoltura e dei mercati. Le classi
più deboli precipitarono nel profondo
stato della più nera sopravvivenza: La
piccola e media borghesia, gravata
dalle pesanti imposte e dal timore dei
loro redditi immobiliari bloccati a
stento riusciva a tirare avanti. Ma le
classi che maggiormente restarono
amareggiate furono gli impiegati e gli
operai perché con i modesti aumenti non riuscivano a compensare minimamente la perdita
del poter d’acquisto degli stipendi e dei salari.
La maggior parte degli ex fanti-contadini, andati in guerra con scarsi ideali patriottici,
non vedendosi riconosciuto neanche il diritto di voto e sentendosi totalmente abbandonati
dalla classe liberale governativa, reclamavano a gran voce i propri diritti chiedendo inoltre
una giustizia più equa e nuovi posti di lavoro. Tornando a casa avevano trovato una cruda
realtà: l’inflazione galoppante, i tassi di scambio sempre sfavorevoli tra la lira e le altre
monete. Senza contare che le classi borghesi arricchitesi durante il conflitto e con
l’appoggio dello Stato si permettevano di fare quello che volevano, spadroneggiavano su
tutti e dettando legge con abusi e corruzioni.
Il malcontento si diffuse non solo nel mondo rurale e quello industriale, ma anche in
coloro che, reduci e stanchi della guerra, speravano dopo la vittoria in una maggiore libertà
e in un cambiamento in meglio delle loro condizioni di vita.
Nella nostra città i reduci cercarono di reinserirsi nella società. Alcuni riebbero i loro
vecchi posti ed altri, invece restarono senza sussidi e senza lavoro. L’inserimento dei
reduci, specialmente, nei posti comunali mise in serie crisi l’esile finanza comunale.
Si ebbe pure nel dopoguerra una grave crisi dell’agricoltura e dei mercati: le classi più
deboli precipitarono in un pauroso impoverimento. La piccola e media borghesia fu
avvilita dalle imposte e dal timore per i redditi immobiliari bloccati. Tutti questi malumori
sociali ed economici e le agitazioni politiche non fecero altro che creare i presupposti per
l’avvento del Fascismo.
Sotto l’Amministrazione fascista a Maddaloni fu un rifiorire di nuove costruzioni e
istituzioni. Furono edificati il campo sportivo “Cappuccini”, i nuovi locali per la Pretura, la
fabbrica di ghiaccio e il Largo Monte dei Pegni fu strasformato in un piccolo giardino con
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il Monumento ai Caduti maddalonesi. Alcune strade furono intitolate a grandi personaggi
storici, religiosi e politici. La chiesa del Corpo di Cristo fu consegnata al Vescovo di
Caserta nel contempo furono redatti i progetti di una palestra coperta e scoperta, di un
nuovo foro boario e di un mercato per i commestibili alla Starza. Senza contare la
costruzione dell’edificio scolastico di Via Roma, gli importanti lavori all’acquedotto
comunale, la stesura del regolamento sull’affissione e sulle tariffe delle vetture da nolo, i
premi di nuzialità e natività, la sistemazione del piazzale antistante la stazione ferroviaria
per il parcheggio delle vetture e l’adozione definitiva dello stemma e del gonfalone del
Comune. E tante altre opere che il lettore potrà trovare leggendo nel suddetto lavoro.
Al Largo Cappuccini si costituirono le associazioni “Nazionali combattenti” e “Invalidi
di guerra”. Intanto gli appassionati dei colori granata sotto la guida del prof. Giuseppe
Ferraro fondarono “l’Unione Sportiva Maddalonese”.
All’insorgere delle agitazioni politiche e sociali una larga fascia del popolo si avvicinò
al nuovo partito fascista che prometteva una vita migliore e un cambiamento della vita
sociale ed economica equa per tutti. Il centro della città aderì in massa al nuovo partito
mentre la periferia Messercola e Cervino restarono estranee e riuscirono a mantenere alta
la fede del socialismo.
Il Fascismo si diffuse maggiormente tra i giovani grazie all’opera attiva della sezione
giovanile del Partito Nazionale Fascista presieduta dal rag. Armando Di Vico e dall’avv.
Salvatore Renga, quest’ultimo fu pure amministratore del Reale Convitto “G.Bruno”,
commissario prefettizio e podestà. Dopo il Di Vico fu segretario del Fascio locale il dr.
Francesco Cerreto. Le massime autorità politiche fasciste del tempo erano: il duca
Leonardo Tixon, ufficiale ex-combattente con croce di guerra, fascista della prima ora;
Ernesto. Borgia che nel 1938 raggiunse la carica di componente del Direttorio Federale di
Napoli; Aniello Cerreto che nel 1938 ricoprì la carica di comandante della “Gioventù
Italiana del Littorio” e la signorina Amalia Di Vico, segretaria politica del Fascio
femminile della città. L’élite del fascismo era costituita dall’avv. Carlo Zerbino, presidente
dell’opera Balilla, l’ing. Domenico Vigliotta centurione della Milizia, il veterinario
comunale Aldo Binosi e i notai Giuseppe Iorio, Carlo Barletta e Girolamo De Laurentis.
Con l’istituzione della Gestione Podestarile Maddaloni ebbe come primo Podestà il cav.
Amedeo Sorvillo, ex colonnello di artiglieria.
Dopo la gestione del colonnello Sorvillo seguirono come commissari prefettizi il
marchese Renato de Zerbi, l’avv. Salvatore Renga che rimase in carica fino al 1941 in
qualità di podestà, l’avvocato Alfredo Di Vico, l’avv. Enrico Barra e l’avv. Antonio
Brancaccio che rimase in carica fino all’occupazione tedesca di Maddaloni.
Nella nostra città furono istituite tutte quelle iniziative volute dal Regime:
l’O.N.B.(Opera Nazionale Balilla), l’O.M.N.I.(Opera Nazionale Mutilati ed Invalidi),
G.I.L.(Gioventù Italiana del Littorio), O.N.D.(Oper Nazionale Dopolavoro),
N.U.F.(Nucleo Universitario Fascista), O.N.C.(Opera Nazionale Combattenti), M.V.S.N
(Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale), e le Associazioni Sindacali Fasciste delle varie
categorie. Inoltre su tutti gli edifici pubblici fu collocato il “Fascio littorio”.
Durante il periodo bellico sulla Casa comunale fu impiantata la sirena, detta “tufa”, per
avvisare gli abitanti dell’arrivo degli aerei nemici. Manifesti affissi ovunque per il paese
avvisavano i cittadini come comportarsi durante le incursioni: opportuno uso della
maschera antigas, come oscurare dalla prima sera le case e le strade incollando vistose
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strisce di carta sui vetri; le luci elettriche dovevano essere spente o parzialmente ricoperte
con fogli di carta in modo che i raggi luminosi non filtravano dalle aperture delle
abitazioni. Si attuò anche il razionamento dei generi alimentari, essendo questi insufficienti
a soddisfare i bisogni alimentari di tutti. A tale scopo fu deciso di distribuire molti generi
di consumo agli abitanti attraverso una rete di distribuzione abituale.
Inoltre fu stabilito l’obbligo della consegna all’ammasso di molte derrate alimentari: i
produttori tolto il quantitativo necessario alla propria famiglia, imposto per legge e tolta la
quantità necessaria per la futura semina dovevano consegnare a prezzo di calmiere tutto il
rimanente del raccolto agli speciali centri di ammasso.
Ad ogni famiglia furono distribuite le carte annonarie o “tessere del pane” tante quanti
erano i membri famigliari. Periodicamente o ogni giorno il bottegaio di fiducia staccava il
bollino numerato con la data per poi consegnare all’acquirente il corrispettivo di pasta o
pane o olio o zucchero. Il caffè, genero di lusso e proibito, scomparve del tutto fin
dall’inizio della guerra. Nei bar fu sostituito con il famigerato surrogato fatto di misture
varie confezionato con orzo, bacche secche, fave e cicorie.
Con il razionamento ebbe inizio su tutto il territorio il mercato nero dove con prezzi
esosi si poteva trovare un po’ di tutto. Nella nostra città non fu molto avvertita lo stato di
carestia dei prodotti commestibili perché come paese agricolo offriva molti sotterfugi e
sistemi per arrangiarsi. Parecchi si recavano a fare razzie dei prodotti della terra nelle
campagne maddalonesi rischiando anche di essere impallinati dal guardiano o dal
proprietario del fondo terriero. A volte bastava mettersi d’accordo con un colono che dietro
un adeguato compenso consegnava un pezzo di pane o una “mappata” di fagioli o di farina
di mais. Con il passare del tempo i vari espedienti non furono sufficienti a sfamare i
paesani che cominciarono a mangiare bucce di melone o di piselli seccati al sole, gusci di
uova tritati e sciolti nell’acqua.
Pure i ragazzi seppero organizzarsi in quei periodi di crisi. Essi si riunivano in gruppi e
assaltavano i campi coltivati circondati da una cinta muraria raccogliendo dai campi e dai
giardini dei signorotti prugne, noci e qualche rapa e dei broccoli dai campi.
In quel periodo le famiglie povere gradivano molto mangiare le arringhe: pesce
affumicato che era una vera leccornia dei buongustai. Il suo odore che oggi farebbe
arricciare il naso allora era assai gradito. La povera gente poteva mangiare la carne rossa
quando moriva qualche bestia accidentata. La sua carne era venduta a buon mercato dalla
macelleria comunale. La carne rossa allora era un alimento non accessibile alle famiglie
povere a causa del suo prezzo piuttosto salato.
Il popolino faceva inoltre largo consumo delle interiori degli animali: trippa fegato e
cuore. Tipiche in certi vicoli antichi della città delle due torri erano le bancarelle dove si
cocevano e si vendevano le “budelle cotte”.
Durante il periodo di guerra molti giovani maddalonesi furono mandati a combattere in
Africa, Grecia, Albania e Russia: molti morirono e tanti furono fatti prigionieri secondo la
zona dagli inglesi, russi e americani.
Nel 1943 prima che arrivassero gli Alleati, a seguito dell’Armistizio dell’8 settembre,
si verificò un rapido abbandono e sbandamento delle nostre truppe. L’esercito abbandonò
armi e caserme. I tedeschi subito presero possesso della nostra città e imposero la loro
autorità con leggi severe e con il coprifuoco. Era stato stilato un proclama che obbligava i
maddalonesi a presentarsi al Comando tedesco in determinate occasioni per essere
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impiegati in fini bellici. Parecchi giovani furono mandati nei campi di lavoro in Germania.
Si cominciarono a vedere le prime scene tristi: la deportazione stipata sui camion tedeschi
che prima toccavano Sparanise e poi raggiungevano i vari campi nazisti di
concentramento.
A Maddaloni i tedeschi, prima dell’arrivo degli Alleati, cercarono di minare la caserma
Annunziata sita in Via Roma. Ma non fecero in tempo perché incalzati dagli Alleati la
dovettero abbandonare in fretta lasciandola ad un nuovo saccheggio. Per evitare l’avanzata
degli alleati i tedeschi fecero saltare il ponte “a Vapore” detto Monata situato in Via
Cancello. Gli americani per poter passare dovettero farsi strada con la pala meccanica.
Nella ritirata fecero saltare parecchie centinaia di metri di binari e diedero fuoco ad alcuni
vagoni e alla stazione ferroviaria, e minarono l’acquedotto civico, la Casa comunale e la
caserma dell’Annunziata.
Fino al 4 ottobre 1943 il Comando tedesco di Maddaloni aveva sede a villa Correra
situata lungo l’Appia nei pressi di S. Maria a Vico. In una masseria di Via Feudo c’era il
Centro Territoriale di campagna ove operava il Comando tedesco.
L’attuale caserma SMICA con l’annesso Palazzo Palladino, ex residenza dei Carafa, fu
adibita come campo di prigionia differenziato.
Durante il periodo di transizione le nostre caserme rimaste senza vigilanza, furono
svaligiate dal popolo che cercò di arraffare con tutti i mezzi più che poteva. Di mira furono
presi il “Quartiere”, attuale caserma Annunziata ormai abbandonata e l’ospedale militare
“Littorio” di Via Caudina. I predatori arrivavano con carri, biciclette, carriole e parecchi
usavano le loro braccia per trasportare fuori scatolame d’ogni tipo, enormi forme di
formaggio, gallette, zucchero, riso, farina, stoffa militare, rotoli di tela per lenzuola, scarpe,
coperte e tante altre cose che trovavano.
Durante il saccheggio nella ressa morirono alcuni maddalonesi calpestati dagli stessi
compaesani.
Non fu risparmiato neanche l’ospedale militare nonostante l’opposizione dei soldati
tedeschi. Gli alleati bombardarono Maddaloni con colpi di cannoni che danneggiarono
parecchi edifici pubblici e case. Un aereo accidentalmente sganciò delle bombe che
causarono la morte di alcuni maddalonesi.
Durante il periodo di guerra parecchie famiglie furono contagiate dai pidocchi. Per
combatterli le persone colpite si lavavano i capelli con l’aceto e naftalina: rimedi che
procuravano tremendi dolori di testa. Parecchie famiglie sfollarono recandosi in alcuni
paesi sanniti.
Partiti i tedeschi Maddaloni passò sotto l’amministrazione militare americana. Il Lt.
Col. Karl F. Glos varcò la soglia della Casa comunale della città di Maddaloni il 6 ottobre
del 1943 sotto l’Amministrazione commissariale retta dal cav. Eugenio Iorio. Finì per la
nostra città la dittatura podestarile imposta dal fascismo. Come primo atto oltre alla legge il
liberatore ripristinò ogni forma di convivenza sociale. Iniziò nella nostra città l’avvento
della ricostruzione: il popolo aveva bisogno di pace, stabilità, democrazia e doveva
soprattutto recuperare la dignità umana calpestata dai più forti e da una dittatura a volte
disumana. Finì il periodo della paura delle retate nazi-fasciste, della prigionia, della
deportazione e delle incursioni e bombardanti degli Alleati annunciati dalle sirene delle
“tufe” sinonimo di paura e di oscurità. I cittadini per ripararsi correvano nei rifugi antiaerei
e nelle cantine dei loro palazzi illuminati dalle fioche luci dei ceri o dalle lampade a
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petrolio. Qui purtroppo restavano nell’oblio, senza sapere cosa succedeva e cosa avrebbero
trovato fuori dopo lo squillo delle sirene che annunciavano il cessato allarme.
A differenza delle città limitrofe Maddaloni non subì gravi danni dalle incursioni aeree
alleate. Caserta, Capua di contro furono devastate e accusarono parecchie vittime.
La nostra città fu bombardata da cannoni dell’artiglieria pesante inglese posta nei
pressi di Nola e Marigliano, che cercava di annientare i tedeschi rimasti in città che
rispondevano con grossi cannoni piazzati su vagoni merci della stazione ferroviaria.
Alcune bombe dei cannoni inglesi danneggiarono la sede della Setap in Piazza Umberto I,
le chiese del Corpo di Cristo, del Carmine e di S. Benedetto. Alcuni feriti furono ricoverati
nell’ospedale del Vallone detto ricovero Landolfi.
Nella notte del 16 luglio 1943, verso le ore 23.00, un pilota di un quadrimotore alleato
colpito da aerei italiani, prima di cadere nei pressi di Messercola si liberò del carico delle
bombe e dei serbatoi che caddero nel territorio urbano tra “Eustacchio” e “Cittadella”
causando la morte di tante persone.
I maddalonesi assistevano dalle loro case al bombardamento della città di Napoli,
durata parecchi giorni. I bagliori squarciavano il cielo oscuro e cadevano sui palazzi ove
causavano danni e morte.
Legato al momento si fece sentire il problema dell’esodo degli sfollati napoletani che
interessò la nostra città e altri paesi limitrofi. Maddaloni fu scelta perché era bel collegata
con Napoli. I maddalonesi li accolsero con vero senso di umanità e di solidarietà dividendo
con loro le poche risorsero che ancora disponevano, perché allora era ancora in uso l’uso
del tesseramento del pane e di altri viveri comuni. La maggior parte di questi sfollati erano
persone legate da vincoli
di parentela o di amicizia
con famiglie maddalonesi.
Con l’armistizio dell’8
settembre
1943
la
situazione
urbana
precipitò del tutto dopo un
momento
difficile.
L’esercito abbandonò le
armi e le caserme e i
soldati rimasti cercarono
la via di casa. Ne
approfittarono i tedeschi
che
occuparono
Maddaloni e tanti altri
centri.
Le prime truppe alleate furono quelle di colore composte di marocchini ed indiani,
riconoscibili nei loro tipici barracani e turbanti arabi che si insediarono nella caserma
Magroni, ex ospedale militare “Littorio”.
L’arrivo degli alleati fu avvertito dal grande stridio dei cingoli dei carri armati che
rumore a parte annunciavano la libertà, la liberazione, la fine di un incubo che aveva
assillato la città delle due torri per un ventennio. Dopo le truppe di colore arrivarono gli
inglesi e poi gli americani.
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I liberatori donarono caramelle e cioccolate ai ragazzi mentre alla gente comune
donavano scatolette di carne, pane bianco, sigarette, dentifricio ed altri generi. Vedere
passare soldati, carri armati, cannoni, jeep, cucina da campo, fu per i ragazzi un vero
spettacolo. Con il loro arrivo finì l’incubo di incontrare i tedeschi con i loro cani ringhiosi
che facevano sempre paura.
Gli inglesi si insediarono in Piazza Mercato, in alcuni palazzi di Corso Umberto 1,
vicino al caffè degli aranci requisito per alloggiarvi le soldatesse alleate. Nella caserma
Bixio, attuale “Fondazione Villaggio dei Ragazzi”, fu istituita la mensa ufficiale degli
inglesi e americani. Gli altri reparti si stabilirono nella caserma Annunziata e nel Palazzo
Scalera di Via Roma.
Al campo sportivo Cappuccini gli americani istituirono un gran deposito di materiale
vario. Lungo Via Napoli costruirono un pista di fortuna per l’atterraggio di aerei leggeri e
un campo di prigionia adibito pure a campo sportivo. Organizzarono il loro comando nel
Convitto Nazionale e nella villa Correra, nei pressi della chiesetta Madonna delle Grazie.
Nel Palazzo Piscitelli, in Piazza S. Sofia, fu dislocata il Comando della polizia militare.
La truppa di colore si stabilì una Compagnia nei giardini del Convitto “G. Bruno”, altri
reparti si stabilirono sul monte San Michele e Castello; mentre un’intera divisione si
dislocò lungo il territorio compreso tra il Cimitero, villa Grado e Ponti della Valle. I soldati
di colore instaurarono nel paese un certo panico, specialmente nelle ore serali, i quali si
ubriacavano e andavano in giro in cerca di donne per violentarle. In quei tempi le case
erano sbrancate con robusti pali alle porte, e c’era sempre un familiare di guardia per
evitare brutte sorprese.
Alla vigilia della Madonna dell’Immacolata arrivò a Maddaloni il Corpo di spedizione
italiano (Corpo di liberazione), composto di circa cinquantamila uomini, che si accampò
lungo la Via Consolazione e via Caudina; stette sul nostro territorio per quasi due giorni,
poi, parti per Montelungo. Il Corpo era comandato dal principe Umberto di Savoia con la
carica di reggente che dormì nella caserma Annunziata.
Verso la fine del ’44 e l’inizio del ’45 per una forte nebbia sulla collina di San Michele
in località villa Quarto cadde un aereo postale inglese; morì tutto l’equipaggio composto di
donne.
L’arrivo dei soldati alleati turbò molto le coscienze di allora per il dilagarsi della
prostituzione e del mercato nero. Nella nostra città sorsero nell’occasione parecchi ritrovi e
bettole frequentati dalla truppa di colore e dagli americani ove si ubriacavano e si
accompagnavano con le “signorine”: donne di facile costume che si prostituivano per
soldi; le quali non godevano molto simpatie e stima dai paesani, che le emarginavano e le
ignoravano, ad eccezione d’alcuni maddalonesi che le sfruttarono facendosi intermediatori
tra queste e la truppa alleata, mettendo a disposizione dei locali e la loro vigilanza, per uso
e profitto proprio.
Certo la condizione delle donne, in quei tempi di carestia, con i mariti e fidanzati in
campi di prigionia oppure dichiarati dispersi, non era tanta rosea. Senza alcun aiuto
economico e dovendo portare avanti la famiglia e dar da magiare i propri figli, le poverette
cercarono di adattarsi ai tempi correnti. Si può dire che parecchie di loro furono attratte
dalle lusinghe e dal miraggio di una vita migliore in America.
Un altro male della società di allora fu il contrabbando di sigarette americane e il
mercato nero di generi diversi alimentato della truppa alleata, e le case di appuntamento
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che proliferarono nei rioni più malfamati di Maddaloni. La miseria più nera induceva le
donne a vendere il loro corpo. Ad accompagnare i soldati nei luoghi di piacere erano i
cocchieri e gli “sciuscià maddalonesi”, ragazzi che avevano imparato qualche parola
d’inglese e facevano da intermediari e da interprete con le “signorine”. Partendo dalla
Piazza S. Sofia i cocchieri portavano gli americani prima nelle cantine dove bevevano vino
annacquato e poi, sbronzi, li accompagnavano presso le case delle “madame”. Gli
“sciuscià” erano pagati dai soldati e dalle donnine.
Oltre a far da interpreti gli “sciuscià” che erano figli di famiglie numerose e sbandate
per poche am-lire (moneta emessa dal Comando alleato) pulivano le scarpe dei soldati e
facevano contrabbando di sigarette rubate. I soldati ubriachi a volte erano considerati come
merce privilegiata e di scambio. Spesso erano derubati d’ogni avere, malmenati e barattati
con poche lire con altri sfruttatori.
Per arginare il triste fenomeno il Comando Alleato faceva pattugliare dalla ronda
alcuni i rioni della nostra città. In special modo, in uno di essi proibì categoricamente
l’entrata dei suoi soldati, facendo sostare i militi della Polizia Militare e, inoltre, fece
scrivere in caratteri cubitali “Off Limits”. Con l’aiuto del Governo militare alleato il
Sindaco di Maddaloni riuscì a migliorare le condizioni vita dei più bisognosi e degli
infermi facendo distribuire medicinali e viveri per l’ospedale e per il mendicomio. Inoltre
elargì sussidi agli sfollati ed ai profughi di guerra e soccorse molte famiglie povere.
Un’altra piaga sociale era la borsa nera. In quei tempi per poter mangiare meglio si
doveva ricorrere al mercato nero. A prezzi salati si potevano trovare carni, salumi,
formaggi, caffè ed altri generi commestibili. Per comprare i prodotti della borsa nera si
doveva andare di prima mattino e a volte si doveva molto girovagare tanto per portare a
casa qualche genere di lusso.
All’inizio i contadini si arricchirono con la borsa nera. Ma ben presto finirono sotto il
controllo dei piccoli trafficanti gestiti dalla camorra locale. Con il contrabbando ebbe
inizio una nuova camorra che faceva uso del mitra e non più con del coltello.
Intanto con il mercato nero della “roba americana” sorse una complessa burocrazia
italo-alleata basata sulla corruzione che faceva da tramite tra il mercato legale e quello
clandestino. I soldati sottraevano le merci, i corrieri le trasportavano, i controllori
lasciavano superare la cinta daziaria e cosi nascevano veri e propri mercati specializzati
nella vendita di sigarette, delle scarpe e d’altri generi. Con queste attività sorsero i nuovi
ricchi che oltre a ciò erano protettori e sfruttatori delle donne che si prostituivano con
poche amlire.
Con la tessera il pane nero costava normalmente 5 lire il chilo mentre alla borsa nera
arrivava a 170 che era umido, poco cotto e quasi immangiabile. I fornai si giustificavano
affermando che la colpa era della mancanza del combustibile. L’Annona rigettava tutta la
responsabilità su di loro. Inoltre la legna distribuita regolarmente era usata dai fornai per
cuocere vivande in teglie che erano vendute ogni giorno a quelli che le pagavano a peso
d’oro.
In parecchie famiglie si diffuse il contagio del tifo petecchiale: le persone colpite
avevano un tremendo prurito in testa e si lamentavano. Per combattere i pidocchi si usava
lavare i capelli con aceto e naftalina. Inoltre si ricorreva ad un pettine piccolo speciale ( a
denti strettissimi) che passato tra i capelli li tratteneva e poi con una piccola pressione
dell’unghia del pollici erano schiacciati. Spesso lungo le strade si poteva vedere delle
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donne che ricercavano con le mani i pidocchi nei capelli dei loro figli e poi li
schiacciavano facendo sentire un piccolo rumore “tac”che annunciava la morte del piccolo
e fastidioso animaletto.
La liberazione che fece proliferare prostituzione, furti e contrabbando ci affrancò dal
giogo del Regime ma non riuscì a risolvere i problemi che assillavano la maggior parte
della popolazione. La guerra aveva impoverito la piccola borghesia a reddito fisso e aveva
stremato le classi popolari che poco o nulla avevano da mangiare. Nello stesso tempo le
ristrettezze imposte dal conflitto bellico avevano creato le condizioni per illeciti
arricchimenti di alcune famiglie appartenenti anche al popolo minuto che avevano lucrato
sulle disgrazie altrui. L’occupazione alleata che avrebbe dovuto avviare una nuova vita
civile e politica era portatrice purtroppo di corruzione e degenerazione dei costumi: il
contrabbando era l’unica possibilità di sopravvivenza materiale per la famiglia, ma anche
una possibile fonte di arricchimento.
La moneta che circolava allora era l’A- lire (Al lied military currency) valuta militare
alleata. I tagli monetari erano da 1, 5, 10 lire di forma quadrata di colore giallo, verde
pallido e arancione. I tagli da 50, 100, 500, 1000 lire di forma rettangolare erano di colori
di tono più forte, più scuro. Il governo militare alleato sapeva di aver a che fare con un
paese in cui, specialmente al Sud, gran parte della popolazione era ancora analfabeta e in
questo modo la gente avrebbe riconosciuto il valore soltanto dall’immagine della
banconota senza dover capire le scritte.
Con queste monete gli Alleati pagavano tutto: dalla manodopera alle “signorine”. Le
Am-lire circolarono in Italia accanto alla moneta ufficiale fino al giugno del 1950. L’anno
dopo caddero in prescrizione.
Dove mettevano piede gli Alleati si perdeva qualsiasi forma di sovranità; diventava
soltanto un territorio occupato.
Il 22 aprile 1944 il Sindaco autorizzò alcune ditte specializzate a ritirare e a distribuire
generi alimentari di prima necessità che erano raccolti e depositati nell’atrio della Casa
comunale.
A Maddaloni il 20 giugno 1944 furono distribuite 5706 carte annonarie alle famiglie ed
ai profughi.
A tutto il 26 aprile 1945 risultavano iscritti nelle liste elettorali 6.499 uomini e 7.457
donne. Le liste furono però suscettibili di cancellazione per gli individui, uomini o donne,
che si sarebbero trovati nelle condizioni di non poter essere inclusi in relazione agli atti
trasmessi dai casellari giudiziari e dagli altri Enti.
Intanto la nostra città fu divisa in 15 sezioni di cui sette per gli uomini e otto per le
donne. Inoltre furono compilati schedari distinti per uomini e donne.
Per poter dare l’assistenza sanitaria gratuita la Giunta ritenne opportuno riesaminare
nello stesso anno l’elenco dei poveri aventi diritto all’assistenza medico-chirurgicaostretica e alla somministrazione dei medicinali gratuiti. Erano considerati poveri coloro
che avevano un reddito non superiore alle 6mila lire. Tale limite era elevato a 9mila
quando i componenti a carico della famiglia erano più di 5. I mutilati, gli invalidi e le
vedove dei caduti in guerra non erano soggetti agli accertamenti ed avevano tutti diritto
alla gratuità.
Prima del referendum del ’46 incominciarono a delinearsi due schieramenti: i “rossi”
del partito comunista e dei socialisti del “Fronte Popolare, e i “bianchi” che erano i
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cattolici, il clero e le organizzazioni facendo capo alla Chiesa, all’Azione cattolica e al
F.U.C.I. (Universitari cattolici). Le persone che ebbero il privilegio di lavorare presso le
strutture degli alleati vivevano abbastanza bene e non risentivano dalla crisi economica in
atto. Anche se percepivano circa 75 lire il giorno, una somma irrisoria per vivere allora
avevano la fortuna di essere ammessi a frequentare le mense degli alleati da cui riuscivano
a portare sempre qualche cosa da mangiare a casa.
Nell’esercizio finanziario del 1946 l’Amministrazione comunale di Maddaloni, pur
essendo in un grave deficit fu costretta ad assumere in servizio 22 tra reduci, partigiani e
combattenti che per aver dato gran parte della loro vita alla Patria erano meritevoli della
maggior benevolenza del Comune. Meritavano di essere sollevati dal gran disagio
economico in cui versavano.
Ma, nel momento in cui questi erano assunti, altri impiegati avventizi furono licenziati
creando un problema doppiamente angoscioso per lo stesso Comune. Bisognava inoltre
tener conto che il numero dei reduci assunti era sempre esiguo rispetto agli altri rimasti
fuori, i quali vistosi alla stretta economica incominciarono a reclamare duramente in
piazza. L’Amministrazione comunale per evitare che i tumulti si potessero trasformare in
vere lotte sociali si impegnò ad assumere altre persone.
E cosi il Comune per accontentare gli incontentabili era costretto a licenziare altri
impiegati avventizi riducendo i caroviveri a tutto il personale fuori ruolo. Dopo una lunga
discussione la Giunta, per non mettere sul lastrico un cospicuo numero d’impiegati ormai
esperti e navigati adottò solo la riduzione del caroviveri.
Sempre nel ’46 a Maddaloni nei “Formali” abitati dagli zingari accaddero alcuni casi di
vaiolo. Le autorità sanitarie inglesi intervennero con rapidità facendo trasportare i
contagiati all’ospedale Cotugno di Napoli. Morirono comunque parecchi zingari.
Le condizioni sanitarie lasciavano molto a desiderare, aumentò la mortalità infantile e
la tubercolosi perché mancavano gli alimenti necessari e l’igiene e le medicine erano
idonee: la tubercolosi era curata con cure empiriche.
Allora il freddo causava i geloni che colpivano le signore borghesi e le serve, gli operai
e i contadini. Si manifestavano con un po’ di prurito sull’orecchio superiore e poi
dilagavano sulle mani, sui piedi e sulle ginocchia. Contro di loro c’era ben poco da fare.
Nell’agosto del ’46, l’assessore Enrico Tammaro riferì che le condizioni igienicosanitarie della nostra città dovute in gran parte agli strascichi dolorosi di una guerra lunga,
durissima e sfortunata lasciavano molto a desiderare. Inoltre la denutrizione dovuta
all’insufficientissima alimentazione, l’igiene trascurata in parte per la miseria economica,
avevano determinato l’insorgere – specie nei bambini – di fenomeni morbosi.
La tubercolosi già esplosa dopo la guerra 1915-18 si era diffusa sia per la scarsa
reazione dell’organismo delimitato dalle molte privazioni che per il diffondersi del germe
di cui erano portatori molti reduci confinati nei campi di concentramento.
Per fronteggiare la delicata situazione del momento l’Amministrazione comunale cercò
di stipulare una convenzione con il Demanio dello Stato per la fornitura dell’acqua del
condotto Carolino, in modo che la popolazione potesse avere a disposizione questo
prezioso liquido per la cura della pulizia personale e per soddisfare gli essenziali bisogni
della casa. Fece inoltre disinfettare le fognature e intraprese una dura battaglia contro le
mosche inducendo gli esercenti a munirsi di camici e a coprire con velo i generi messi in
vendita. Senza contare che aumentò lo stanziamento per far fronte al ricovero in ospedali
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di ammalati bisognosi per i quali occorreva una lunga degenza e una spesa non indifferente
per il ricovero in luoghi specializzati.
Nel referendum del 2 giugno 1946 ci fu nella nostra città una netta preponderanza degli
schieramenti monarchici i quali ebbero oltre l’ottanta per cento dei consensi.
Continuando nella politica di risanamento nel 19 ottobre del 1946 l’Amministrazione
comunale per ragioni sociali, igieniche ed economiche, com’era già avvenuto in altre città,
dovette affrontare il problema delle case popolari. Di conseguenza il Consiglio comunale
approvò la fondazione dell’Istituto autonomo delle case popolari, riservandosi la facoltà
nella scelta delle aree da adibire a tale uso. Nel mese di novembre fu preparato il
programma dei lavori pubblici per danni di guerra e per dar sollievo alla disoccupazione.
Per non aver ricevuto alcun sussidio nel 1947 alcuni disoccupati insorsero contro
l’Amministrazione provvisoria. La Giunta per sedare la rivolta ricorse alla forza pubblica;
intervenne un plotone di carabinieri che oltre ad usare il cinturone ed i calci dei loro
moschetti ricorsero ai gas lacrimogeni. Negli scontri si ebbero da ambi le parti alcuni feriti
e contusi.
Entra in scena il rev. D’Angelo Salvatore che nell’ottobre del 1947 fece istanza per
ottenere l’autorizzazione ad occupare per fini educativi parte dell’ex caserma Bixio.
Nello stesso anno con le ferite ancora aperte inferte dalla lunga e disumana guerra Don
Salvatore, spinto dal fervore della carità di contribuire alla “ricostruzione”, si dedicò con
tutte le sue energie all’educazione dei bambini più poveri e privi d’affetto. Li curò nel
corpo e nell’animo dando loro un letto, un piatto ed una parola buona. Dalla colonia
elioterapeutica del ’47, prima iniziativa destinata a svilupparsi subito in un piccolo centro
di addestramento agrario all’istituzione delle scuole elementari e medie, alla creazione
della banda musicale e all’Istituto Magistrale e Liceo linguistico il passo è stato breve.
Siamo nel dicembre 1947 e nei locali dell’ex convento delle Domenicane e dell’ex
caserma Bixio vivevano ancora alcune famiglie di sfollati e di sinistrati. In merito
l’Amministrazione deliberò che oltre al pagamento dell’acqua e della luce gli occupanti
pagassero una pigione mensile.
Nelle elezioni del 18 aprile
1948
il
partito
della
Democrazia Cristiana ebbe il
maggior numero di consensi da
parte dell’elettorato.
Nel 1 agosto del 1948 fu
istituita a Maddaloni la Scuola
Militare di Commissariato e
d’Amministrazione (SMICA)
che fu intitolata al Ten. Comm.
Giacomo Rispoli, medaglia
d’argento alla memoria.
Negli
anni
Cinquanta
Maddaloni aveva un’economia
prevalentemente agricola. Di fabbriche non c’erano nemmeno l’ombra. Ma la stessa
agricoltura non era sviluppata abbastanza da soddisfare i bisogni della città. Anche dal lato
occupazionale parecchi maddalonesi furono costretti ad emigrare verso l'Italia
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settentrionale ed in altre nazioni dell’Europa.
Nel dopoguerra si ebbe la rivalutazione della famiglia dove si trascorrevano le festività
più importanti: Natale, Pasqua, le prime Comunioni, i compleanni e gli sposalizi. Presso la
casa paterna si mangiava e si festeggiava intorno ad un gran tavolo; il padre predominava e
manteneva unita la famiglia. Le donne, generalmente, si occupavano di lavori domestici,
curavano la casa e si preoccupavano dell’educazione dei figli. Alcune imparavano pure un
mestiere.
In quei tempi non esistevano le vacanze estive. Solo i cosiddetti “signori” potevano
andare al mare. Nel periodo estivavo in tanti cortili le altre famiglie si dedicava a
confezionare in modo artigianale conserve, bottiglie di pomodori, melanzane sott’olio,
peperoni sott’aceto e marmellate varie.
In occasione delle feste ricordevoli le sartorie da uomo e da donna erano impegnate a
confezionare nuovi vestiti da indossare proprio in quelle date. Allora non tutti si potevano
permettere un vestito per ogni occasione. Al massimo si poteva avere un vestito l’anno
come pure per le scarpe. Il cappotto era un lusso che solo pochi potevano permettersi.
Quelli di cammello o principe di Galles divennero simboli di eleganza, erano quasi un
obbligo per le persone più raffinate. S’incominciarono a vedere costumi da bagno più
audaci e comparvero i primi bikini: costumi sconci ed immorali.
Con gli Alleati americani esplose il “rock and roll”, “scuotiti e dimenati”. Pur trovando
l’opposizione della Chiesa e dei genitori il ballo riuscì a penetrare tra un vasto numero di
giovani e ben presto conquistò folle più vasta.
Gli anni ’50 furono caratterizzati dalla nascita di un nuovo sentimento di fiducia nel
futuro, sentimento che permise alla gente di superare i dolori, le tragedie e le distruzioni di
una guerra che aveva dilaniato l’umanità. Fu il periodo in cui arrivarono alcuni mutamenti
nelle case: si videro i primi frigoriferi, cucine più attrezzate, mobili più consoni al loro uso,
e qualche altro elettrodomestico utile alla famiglia. Il boiler fece mettere da parte le
tinozze. Questi conforti erano un privilegio delle persone che avevano un certo tenore di
vita superiore al normale. La povera gente continuò a vivere nell’oblio della sua ignoranza
e dell’abbandono.
Le condizioni sanitarie di allora non erano molto felici. I nostri nonni erano tormentati
dal freddo, minacciati dalla tisi, malaria e dalla sifilide. Già i wc in casa erano un miraggio,
figurarsi la vasca da bagno! Solo i benestanti potevano disporre di questi conforti. Di notte
c’era il pitale e di giorno quello dislocato nel cortile alla turca. Come carta igienica era
riciclata la carta del macellaio o quella dei giornali. Il bagno fu una conquista del
dopoguerra con la ricostruzione delle case distrutte.
Gli anni ‘50 furono gli anni della rinascita di un nuovo sentimento di fiducia nel futuro,
sentimento che permise alla gente di superare dolori, tragedie e distruzioni causate da una
guerra che oltre a condizionare e cambiare l’esistenza di tutti aveva dilaniato l’umanità. Al
risanamento dell’economia del Sud contribuì anche la Cassa del Mezzogiorno che diede
subito impulso alle costruzioni d’infrastrutture con le agevolazioni all’impresa privata
grazie all’intervento diretto dello Stato. Si può dire però che il suo operato fu un parziale
fallimento: oltre a realizzare specie nel Sud immensi insediamenti industriali, chiamati
“cattedrali nel deserto”, non fu in grado di utilizzare e formare l’abbondante manodopera
locale creando nel contempo una rete di piccole e medie imprese di fornitura in ausilio alle
grandi imprese.
19
A pagarne le conseguenze fu la popolazione del Sud che dal 1950 abbandonò in massa
le proprie case per cercare di fortuna al nord Milano, Torino, Genova e in Svizzera, Belgio
e Germania. Quando il flusso migratorio divenne imponente lo Stato attrezzò un’apposita
linea ferrovia “Treno del sole” che attraversava l’Italia da nord a sud in modo tale da
favorire e permettere nel migliore dei modi il dispiegarsi di questi spostamenti.
Gli uomini trovarono lavoro come operai nelle numerose fabbriche e nei tanti cantieri
edili. Le donne al contrario erano occupate in lavori a domicilio spaziando in quello della
maglieria, del filato e della sartoria senza trascurare l’impegno nelle fabbriche. Molti di
questi manovali e operai acquisirono in quegli anni un’esperienza tale da permettere loro di
diventare in seguito imprenditori nei vari settori in cui avevano prima lavorato.
Il cospicuo movimento migratorio creò diversi problemi e inevitabili sconvolgimenti
sociali.
Oltre ad avere problemi di lingua e di clima la gente proveniente dal Sud trovò
difficoltà a reperire un’abitazione. Inevitabili furono le ripercussioni sul posto di lavoro e
sulla scolarizzazione dei propri figli che erano abituati a parlare solo in dialetto.
Nel dopoguerra il settore edile ebbe un notevole sviluppo. Il mattone diede lavoro a
parecchi muratori disoccupati. Si pensò alla ricostruzione delle case danneggiate dai
bombardamenti edificando nel contempo nuovi e funzionali edifici.
Fra la povera gente prese piede la raccolta d’oggetti metallici per rivenderli a poche lire
ai rigattieri. Nel raccogliere questi oggetti la gente trovava pure ordigni di guerra che
esplodendo provocavano morte e mutilazioni. L’esplosione economica migliorò il tenore di
vita delle classi lavoratrici, rendendo possibile anche a famiglie operaie di mantenere i
propri figli allo studio sino al conseguimento di un diploma e spesso di una laurea. Gli
studenti che fino a pochi decenni prima erano stati una minoranza privilegiata diventarono
una categoria assai più numerosa.
venditore di latte
Con il piano Mashall gli Stati
Uniti aiutarono a risolvere molti i
problemi dell’Italia.
Il piano
prevedeva aiuti monetari a prestito
condizionato. In altre parole i
beneficiari eravamo costretti ad
acquistare i prodotti necessari dalla
stessa America. Molti di questi
prestiti andarono alle industrie del
Nord, lasciando al Sud solo poche
briciole. Un comune detto suona: “si
stava meglio quando si stava
peggio”. E’ doveroso aggiungere che
la salute di allora non era curata come quella di oggi perchè si mangiava poco e si vestiva
male.
20
Capitolo secondo
Gli Amministratori
Il 5 gennaio 1899 dopo il mandato del Real Commissario avv. Attilio cav. de Johannis
si costituì un nuovo consiglio comunale composto: cav. Giuseppe Tammaro, cav. Nicola
Stravino, Vincenzo Raffone, cav. Vincenzo Iadaresta, Alfonso Raffone, Nicola Delle
Cave, Ferdinando Proto, Francesco Barbati, cav. Carmelo Destino, Francesco Iulio, ing.
Vincenzo Borgia, dr. Alfonso Vico, cav. Giovanni Brancaccio, Antonio Pisanti, Felice
Quintavalle, cav. Achille Del Monaco, Antonio De Sivo, Gabriele Barbati, Savino
Ardolino, Antonio Cerreto, Michele Bove, Antonio Scalera, prof. Pasquale Castaldi,
Ferdinando Lombardi, dr. Michele Correra, Luigi Verrone, Alfonso De Simone, Enrico
Prisco. Assenti: Giuseppe Barletta, prof. Pasquale Rossi. La prima azione che intrapresa il
nuovo consiglio comunale fu quella di inviare alle Autorità competenti un telegramma
dell’avvenuta costituzione. Poi si procedette alla nomina del Sindaco e degli assessori della
Giunta. Con 24 voti il cav. Giuseppe Tammaro fu eletto Sindaco della città. Gli assessori
ordinari furono: Antonio De Sivo, cav. Vincenzo Iadaresta, dr. Alfonso Raffone, ing.
Vincenzo Borgia; invece quelli supplenti furono dr. Alfonso Vico e Luigi Verrone. Il 15
maggio dello stesso anno il Sindaco cav. Tammaro propose al Consiglio comunale di dare
la Cittadinanza onoraria a Giuseppe Fisone uno dei grandi negozianti di cereali della
Provincia che durante l’epoca del rincaro del pane per evitare tumultuose dimostrazioni del
popolo aveva fornito ai cittadini maddalonesi il pane di prima qualità ad un prezzo minore
degli altri esercenti. Il consigliere Vincenzo Raffone d’accordo con la proposta del Sindaco
propose invece della cittadinanza onoraria di dargli un attestato di benemerenza. La
proposta del Raffone fu approvata all’unanimità dal Consiglio. Nel mese di giugno
l’assessore Borgia riferì al Consiglio che il Presidente della Congrega di Carità per la
salvaguardia del lavoro dei braccianti aveva chiesto di imporre una forte tassa sui
proprietari che usavano macchine agricole. Il Consiglio non potendo imporre la tassa
richiesta inviò l’istanza al Prefetto affinché la inviasse al Governo del Re per cercare di
studiare il modo di venire in aiuto ai suddetti operai.
Il 30 luglio 1900 il Sindaco Tammaro propose al Consiglio che era suo intento
organizzare una serie di pubbliche manifestazioni di cordoglio per la morte di S.M. il Re
Umberto I di Savoia. L’assessore cav. Vincenzo Borgia intervenendo nella discussione
face presente che il Re aveva fatto promessa di venire a Maddaloni per rendere omaggio al
Monumento dei Ponti della Valle e che aveva elargito un congruo concorso per la sua
erezione, propose di ricordarlo con una lapide. Inoltre suggerì che il seggio presidenziale
fosse abbrunito per sei mesi e di sospendere per un mese i concerti pubblici della banda
musicale. L’assessore cav. Iadaresta associandosi ai precedenti oratori propose di intitolare
la maggiore piazza della città – denominata dell’Unione – “Piazza Umberto I”. Nel mese di
agosto il Consiglio comunale nominò i componenti dell’Ufficio di Conciliazione per il
1901: Gabriele Iorio di Giuseppe (medico chirurgo), Giuseppe Iorio di Giovanni (notaio),
Benedetto Quintavalle fu Carlo (medico chirurgo), Giuseppe Quintavalle fu Carlo
(laureando in giurisprudenza). Successivamente nel 1901 Sebastiano Bove fu Vito
(contribuente), Cosimo Caruso fu Gabriele (professore), Salvatore Tammaro fu Domenico
(contribuente) subentrarono a: Michele Iaderosa, Felice Quintavalle e Michele Lombardi
perché scomparsi.
21
Il 3 gennaio 1901 dopo varie sedute consiliari andate vuote per non aver raggiunto il
numero legale la Giunta comunale diede le dimissioni e il 5 febbraio dello stesso anno il
Consiglio comunale in seduta straordinaria, presieduto dal cav. Vincenzo Iadaresta,
discusse sulle dimissioni della Giunta. Il Presidente all’apertura della seduta lesse la nota
del Prefetto del 1° febbraio 1901 con cui erano rinviate le dimissioni della Giunta al
Consiglio. Il consigliere Prisco fu il primo a proporre di rigettare le dimissioni per non
provocare una crisi. La proposta, messa a votazione, con il sistema delle palline bianche e
nere di cui le bianche favorevoli e le nere contrarie. Su 16 presenze il proponente ottenne
11 palline bianche ed una nera; si astennero gli ex assessori cav. Vincenzo Iadaresta, dr.
Alfredo Vico, cav. Vincenzo Borgia e Luigi Verrone. Il Presidente constatato l’esito della
votazione proclamò accolta la proposta del Prisco. Il 18 febbraio l’Assemblea consiliare
presieduta del comm. Giuseppe Tammaro discusse di nuovo le dimissioni degli assessori.
Prima che iniziasse la discussione dell’O.d.G. alcuni consiglieri criticarono l’orario di
inizio della seduta. Il consigliere Alfredo Vico fece rilevare che erano le ore 5 e otto
minuti, ed erano già oltrepassati otto minuti oltre l’ora di aspettativa quindi invitava il
presidente ad aprire la seduta. Il Sindaco fece notare al consigliere che il suo orologio
portava le cinque meno cinque minuti e che in un articolo di legge era scritto che si doveva
aspettare un’ora da quella indetta dagli avvisi di convocazione che non poteva né essere
anticipata né superare alcuni secondi. Poi il primo cittadino riferì che la Giunta il 9
febbraio aveva rassegnato di nuovo le dimissioni solo due assessori cav. Alfonso Raffone e
Alfredo Vico le avevano ritirate. Le dimissioni in parola non potevano costituire un atto
singolo ma interessavano l’intera Giunta che le aveva date per bene due volte quindi non si
poteva accettare l’assenza dei due assessori. Il Consiglio ad unanimità e per alzata e seduta
approvò le dimissioni della Giunta che diedero origine ad una dura protesta dei consiglieri
Raffone e Vico che seduto stante abbandonarono l’aula. Nella stessa tornata il Consiglio
nominò i nuovi assessori: cav. ing. VincenzoBorgia, cav. uff. Vincenzo Iadaresta, cav. uff.
Carmelo Destino, cav. avv. Giovanni Brancaccio come ordinari e il dr. Michele Correra e
Luigi Verrone come supplenti. Dopo l’elezione dei nuovi assessori, il consigliere cav.
Nicola Stravino diede le dimissioni adducendo il motivo che non poteva convenientemente
disimpegnare il suo incarico perché era impegnato in altre occupazioni private e non aveva
tempo disponibile per dedicarlo alla Cosa pubblica. Il Presidente propose al Consiglio di
respingerle perché l’Amministrazione non poteva perdere l’opera lodevole ed efficace di
uomo valente come lo Stravino. Il Consiglio rigettò le dimissioni e incaricò il Sindaco
comm. Giuseppe Tammaro e i consiglieri Iadaresta e Brancaccio di recarsi dallo Stravino
per esortarlo a desistere dalla dimissioni date.
Il 22 maggio 1901 fu sorteggiata la metà dei consiglieri comunali, cioè 15, in rispetto
del nuovo testo della legge comunale. Prima di iniziare la votazione il Sindaco comm.
Giuseppe Tammaro dichiarò che i consiglieri da sorteggiare erano tredici e non quindici
perché mancavano dal numero totale i consiglieri Felice Quintavalle deceduto e Pasquale
Castaldi dimessosi nel 1899. Per lo scrutinio furono impiegati i consiglieri Antonio Pisanti,
Giovani avv. Brancaccio e Carmelo cav. Destino i quali collaborarono con il Sindaco
all’operazione del sorteggio. Lo stesso Presidente poi lesse ad uno ad uno ad alta voce i
nomi segnati sulle 28 cartelle dei consiglieri in carica. Le stesse dopo controllate e
riconosciute uniformi, sia per le dimensioni sia per la carta adoperata, riavvolte ad un ad
una, conficcate in anelletti di ferro, di eguale calibro; furono messe nell’urna. Dopo queste
22
operazioni il comm. Tammaro tirò fuori dall’urna 13 cartelle e una alla volta lesse i
nominativi degli estratti. Risultarono sorteggiati. Gabriele Barbato, Michele Bove,
Giuseppe Barletta, dr. Alfredo Vico, cav. Nicola Stravino, cav. uff. Vincenzo Iadaresta,
Enrico Prisco, Alfonso De Simone, cav. dr. Alfonso Raffone, Antonio Cerreto, Antonio
Pisanti, Ferdinando Lombardi, Francesco Iulio. Nel mese di luglio l’assessore supplente
Luigi Verrone si dimise dalla carica per motivi di salute. Il Consiglio presieduto dal cav.
Tammaro per farlo desistere dal suo intento deliberò di dargli un mese di congedo con il
voto di augurio di una pronta guarigione. Il 20 settembre il civico consesso si riunì per
nominare il Sindaco ed i componenti della Giunta. Assunse la presidenza il cav. Borgia
come assessore più anziano, il quale invitò i consiglieri a votare a schede segrete il nuovo
Sindaco. Furono eletti come scrutatori i consiglieri Vincenzo Iadaresta, Giuseppe
Santonastaso e Sebastiano Bove. Dallo spoglio delle schede risultò come Sindaco con 19
voti Giuseppe comm. Tammaro. Il nuovo sindaco invitò il Consiglio a votare i sei assessori
componenti della Giunta. Risultarono eletti: cav. uff. Carmelo Destino, cav. uff. Vincenzo
Iadaresta, cav. Vincenzo Borgia e cav. Giovanni Brancaccio come assessori ordinari;
Alfonso De Simone e dr. Michele Correra come assessori supplenti. Nella stessa seduta il
Consiglio procedette anche al rinnovo di alcuni componenti della Congregazione di Carità
e della Commissione direttiva della banda musicale. Il 20 luglio in occasione del 1°
Anniversario della morte del re Umberto 1° fu organizzata una grande manifestazione
nazionale con un solenne pellegrinaggio presso il Pantheon di Roma. Il Consiglio comunale
incaricò il Sindaco, 2 assessori, il segretario capo e il gonfaloniere di presenziare alla
suddetta cerimonia. Il 2 ottobre il consigliere Nicola cav. Stravino che già precedentemente
aveva rassegnato le dimissioni. Per lo scarso numero di voti avuti nell’ultima elezione
amministrativa le rassegnò per la seconda volta. Il Consigliere Vincenzo Borgia per
incoraggiare il dimissionario a restare al suo posto propose al Civico consesso di non
prendere atto delle sue dimissioni proponendo al sindaco di nominare una commissione di
tre consiglieri, i quali dovevano recarsi dal cav. Stravino per esprimergli il desiderio del
Consiglio di recedere dal suo proposito.
Il 26 gennaio 1902 il Consiglio
comunale
presieduto
dal
cav.
Tammaro
espresse
voto
di
ringraziamento all’assessore Michele
dr. Correra. Il Sindaco riferì che aveva
il dovere di ricordare ai colleghi della
Giunta l’abnegazione, l’attività e
l’opera illuminata e gratuita espletata
dall’assessore supplente Michele dr.
Correra che si era prodigato con tutte
le sue forze e con ogni sorte di
sacrifici per far cessare quanto prima
l’epidemia del vaiolo che aveva
colpita il popolo maddalonese. Il dr. Correra prestò
via S. Andrea ora G. Amendola
gratuitamente l’assistenza medica ad una famiglia
maddalonese recandosi con la sua vettura per ben diciotto volte presso la sua abitazione. Il
18 aprile gli assessori Iadaresta e Correra rassegnarono le dimissioni. Il Consiglio
23
comunale nominò i consiglieri Ferdinando Proto e Giovanni Lombardi al posto dei
dimissionari. Per motivi di salute l’assessore Proto il 30 maggio si dimise dalla carica. Il
Consiglio all’unanimità le respinse concedendogli due mesi di congedo. Il 29 ottobre
l’assessore Vincenzo cav. Borgia si dimise per contrasti avuti con il sindaco cui aveva
chiesto un sollecito sulla risoluzione di alcuni problemi importanti della città. Il Consiglio
nonostante che il cav. Destino avesse proposto di mandare una commissione dal Borgia per
farlo desistere dalle dimissioni, accettò le dimissioni.
Il 20 aprile 1904 il Consiglio comunale sorteggiò un terzo dei consiglieri in conformità
della nuova legge “11 febbraio 1904”. Furono sorteggiati: Nicola Delle Cave, Achille Del
Monaco, Ferdinando Proto, Giovanni Brancaccio, Antonio Scalera, Luigi Verrone, cav.
Vincenzo Raffone e Francesco Iulio. Il 10 agosto lo stesso consiglio elesse Sindaco il
comm. Giuseppe Tammaro; assessori ordinari cav. Vincenzo Raffone, Luigi Verrone, cav.
Giovanni Brancaccio e cav. uff. Carmelo Destino e come assessori supplenti Alfonso De
Simone e Francesco Barbato.
Il 28 agosto 1905 dopo una lunga gestione di commissariamento del Comune fu eletta
la nuova Amministrazione costituita dai seguenti consiglieri: Enrico Prisco, Giovanni Iorio,
Ottavio Carbone, cav. dr. Alfonso Raffone, Vincenzo Ferraro, Stefano Raffone, Vincenzo
Barletta, prof. Pasquale Castaldi, Saverio Cerreto, dr. Domenico Iorio, cav. Nicola
Stravino, Gennaro Castaldi, cav. ing. Vincenzo Borgia, dr. Pietro Ferrante, Alfonso de
Laurentis, Giuseppe Iadevaia, Vincenzo Zaza, ArturoVitelli, Antonio Ventriglia, Antonio
Cerreto, Antonio D’Alessandro, Felice Santonastaso, Luigi Buffardi, Michele Bove,
Francesco Barbato, Francesco Iulio, Nicola Delle Cave, Salvatore Lombardi, Donato Proto,
Antonio Senneca. Il nuovo Civico consesso presieduto dal consigliere anziano Enrico
Prisco inviò un telegramma a S. Maestà il Re per la costituzione della nuova
Amministrazione, e nel contempo diede la cittadinanza onoraria al cav. avv. Giuseppe
Starone, Commissario prefettizio uscente. Il nuovo Consiglio procedette alla nomina del
Sindaco e degli assessori. Nella prima votazione il Presidente con l’aiuto degli scrutatori
Nicola Delle Cave, Vincenzo Zaza e Vincenzo Barletta in virtù dell’esito finale proclamò
eletto Sindaco Alfonso cav. Raffone. Il civico consesso elesse dopo gli assessori ordinari:
Gabriele Iorio, Vincenzo Borgia, Enrico Prisco e Pietro Ferrante, e poi quelli supplenti:
Gennaro Castaldi e Alfonso de Laurentis.
Il 29 maggio 1907 il Consiglio comunale in base alle leggi vigenti procedette al
sorteggio di un terzo dei suoi consiglieri. Per la scomparsa di Giovanni Iorio il numero dei
sorteggiati si ridusse a 9 invece di 10. Risultarono eletti: Gennaro Castaldo, Saverio
Cerreto, cav. Nicola Stravino, Ottavio Carbone, Antonio D’Alessandro, Antonio Senneca,
cav. Vincenzo Borgia, Vincenzo Barletta, Salvatore Lombardi. Il 29 luglio lo stesso
Consiglio procedette alla nomina degli assessori ordinari e supplenti vacanti. Il consigliere
Castaldi prima che iniziasse la votazione dichiarò di astenersi dal votare perché non si era
provveduto prima alla nomina dei posti degli assessori vacanti. Il Sindaco Raffone ribadì
che già nel passato era stata fatta la nomina degli assessori dopo quella dei nuovi
consiglieri. Successivamente richiamò il consigliere dissidente dicendogli che avrebbe
potuto evitare di rivolgersi al Prefetto per reclamare l’accaduto. Il Castaldi protestando si
allontanò dall’aula. Prima di procedere alle nomine il primo cittadino propose che si
dovevano eleggere prima i quattro assessori ordinari: due erano rimasti vacanti per le
dimissioni di Enrico Prisco e Pietro dr. Ferrante, il terzo per la scomparsa di Giovanni Iorio
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e il quarto perché era stato sorteggiato come consigliere. Il cav. Alfonso Raffone precisò
che oltre ai suddetti assessori ordinari doveva essere eletto anche un supplente al posto di
Gennaro notaio Castaldo perché sorteggiato in precedenza come consigliere. Risultarono
eletti: cav. Vincenzo Raffone, cav. Vincenzo Borgia, dr. Raffaele Rienzo e Ambrogio Del
Pennino. Il 17 dicembre il civico consesso si riunì per discutere un ricorso contro l’elezione
dei consiglieri Ambrogio del Pennino e Filippo dr. Iorio. Dopo aver sentito un’esauriente
relazione fatta dal consigliere Vincenzo Zaza rigettò il ricorso in oggetto.
Il 13 novembre 1908 i consiglieri Enrico Prisco, Vincenzo Ferraro, Arturo avv. Vitelli,
Pasquale prof. Castaldi, Gennaro Castaldo e Pietro dr. Ferrante rassegnarono le dimissioni
per i seguenti motivi: “Coerenti della loro responsabilità di amministratori comunali, e
non potendo esercitare il loro diritto ed il loro dovere, perché le adunanze comunali
avvenivano nelle ore antimeridiane. Varie volte, avevano chiesto al sindaco di cambiare
detto orario, ma il Sindaco non aveva mai preso in seria considerazione la loro richiesta”.
Nel contempo con una dichiarazione congiunta declinarono ogni responsabilità in atti che
non potevano ne esaminare ne descrivere. Il Sindaco ribadì che la richiesta di non tenere le
sedute consiliari nelle ore del pomeriggio era partita proprio da alcuni dei suddetti
firmatari, i quali avendo perso e non godendo la fiducia degli altri colleghi volevano
trovare con la petizione una giustificazione alle loro eventuali assenze. Secondo le leggi
vigenti la civica assemblea aveva la facoltà di indire le sedute qualora ce ne fosse stata
l’opportunità. Scelta che non aveva mai fatto rimettendo tutto alla decisione del Consiglio
comunale. Inoltre aggiunse che se veramente i suddetti consiglieri avessero avuto a cuore i
fatti della comunità maddalonese sarebbe stato per loro doveroso anteporre agli affari
privati quelli della cosa pubblica. I consiglieri non dissidenti (23 su 29) pur essendo tutti
professionisti e commercianti, avevano sempre trovato qualche ora disponibile da dedicare
alla gestione comunale. L’Assemblea consiliare decise di respingere la formula usata dai
pochi consiglieri dimissionari sia perché poco corretta all’indirizzo del presidente del
civico consesso e del primo magistrato della città; sia perché gli stessi volevano ad ogni
costo imporsi alla volontà della rappresentanza del paese.
Il 31 agosto 1910 fu eletto il nuovo Consiglio comunale composto dal Sindaco cav. uff.
dr. Alfonso Raffone e dai consiglieri: Giuseppe Iadevaia, Alfonso de Laurentis, Stefano
Raffone, Vincenzo Zaza, Antonio Ventriglia, Antonio Cerreto, Luigi Buffardi, Michele
Bove, Francesco Barbato, cav. Vincenzo Raffone, dr. Raffaele Rienzo, Antonio
D’Alessandro, Vincenzo Iorio, Saverio Cerreto, Ambrogio Del Pennino, cav. Vincenzo
Borgia, dr. Filippo Iorio, cav. Giuseppe Martirani, Francesco Della Ventura, Antonio Izzo,
Felice Santonastaso, Francesco Lombardi, dr. Domenico Iorio, notaio Gennaio Castaldo,
Donato Proto, Francesco Iulio, Mattia Setaro, Marco Sferragatta, Lorenzo Della Peruta
(assente) Il segretario comunale era l’avv. Alfonso Lerro. La seduta straordinaria fu
presieduta dall’assessore anziano cav. Vincenzo Raffone. A scrutinio segreto con il metodo
delle schede il cav. uff. dr. Alfonso Raffone all’unanimità fu rieletto Sindaco, mentre
furono eletti assessori ordinari: cav. Vincenzo Borgia, dr. Raffaele Rienzo, Ambrogio Del
Pennino e Alfonso de Laurentis, e assessori supplenti Francesco Barbato fu Nicola e
Vincenzo Zaza.
Il 22 luglio 1912 il Primo cittadino dr. Raffone riferì nella pubblica assemblea che
l’assessore Vincenzo ing. cav. Borgia nel disimpegno della sua opera professionale, in
occasione di una verifica, fu aggredito dall’imprenditore che stava eseguendo i lavori tanto
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da costringerlo a letto per diversi giorni. Inoltre ricordò che era ritornato dalla Libia, in
licenza, il dr. Filippo Renga, ufficiale medico a Bengasi, distintosi nella sua opera
professionale. Propose che il Consiglio gli esprimesse il benemerito augurio di continuare,
sempre con maggiori onori, a rendersi sempre degno e meritevole della Patria, della
famiglia e del paese d’origine. Il 28 dicembre nel palazzo municipale di Maddaloni si
svolse una seduta pubblica straordinaria del Consiglio comunale con la presenza di: cav.
uff. Alfonso Raffone, Stefano Raffone, Mattia Setaro, Antonio D’Alessandro, Vincenzo
Zaza, Saverio Cerreto, Antonio Ventriglia, Ambrogio Del Pennino, Antonio Cerreto, cav.
Giuseppe Martirani, Michele Bove, Francesco Della Ventura, Francesco Barbato, dr.
Filippo Iorio, cav.Vincenzo Raffone, Francesco Lombardi, Vincenzo Iorio, notaio Gennaro
Castaldo. Assenti: Alfonso de Laurentis, Giuseppe Iadevaia, Luigi Buffardi, dr. Raffaele
Rienzo, dr. Domenico Iorio, cav. Vincenzo Borgia, Antonio Izzo, Felice Santonastaso,
Donato Proto, Lorenzo Della Peruta, Francesco Iulio (defunto) e Mario Sferragatta.
Assunse la presidenza il dr. Raffone cav. uff. Alfonso con Alfonso avv. Lerro segretario.
Un’ora dopo il Presidente fatto l’appello nominale dei consiglieri annotò che erano
presenti 18 su 30 quindi c’era il numero legale per poter discutere e approvare l’ordine del
giorno: “Modifica del deliberato consiliare 22 luglio u.s. circa la cessione d’una parte di
terreno di proprietà comunale per i lavori di bonifica delle contrade Pagliano e
Frassitelli”. Il Consiglio comunale sulla richiesta dell’ufficio del Genio civile in Caserta
concedeva il nulla osta alla cessione d’una zona di terreno di proprietà comunale di mq.
547 a Cent. 75 il mq per l’occupazione permanente, e Cent. 15 per l’occupazione
temporanea dovendo effettuare lavori di bonifica nelle contrade Pagliano e Frassitelli.
28 luglio 1913 il Sindaco Alfonso dr. cav. Raffone dovette, suo malgrado, affrontare e
superare all’unanimità il primo e unico atto di sfiducia amministrativa del suo mandato.
Alcuni assessori avevano infatti sfiduciato il Sindaco in carica perché aveva fatto
approvare alcuni atti dal Consiglio comunale che invece erano di competenza della Giunta
esecutiva. Il gruppo di minoranza contestava, infatti, questa decisione arbitraria del sindaco
che avevano sottoposto all’esame del civico consesso alcuni atti di moralità richiesti da
alcuni cittadini maddalonesi per uso scolastico che invece dovevano essere presi in esame
ed approvati solo dalla Giunta municipale. Ne seguì un dibattito vivace e sotto certi aspetti
critico. Ma alla fine il Sindaco Raffone
riuscì a strappare la fiducia unanime della
maggioranza. Il 19 novembre il
consigliere Alfonso de Laurentis notificò
al Consiglio comunale la seguente
dichiarazione: “In nome mio e dei
colleghi del Pennino e Rienzo, faccio
notare al Consiglio che tanto la seduta
odierna, quanto quelle del 10 sono nulle,
perché illegalmente convocate, essendo
mancata la preventiva deliberazione
Piazza Santacroce
della Giunta di apertura della sessione. Mentre la legge stabiliva tassativamente
appartenere alla Giunta e non al Consiglio il diritto di fissare il giorno per l’apertura della
sessione ordinaria e per le convocazioni straordinarie del Consiglio. La mancanza di tale
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formalità voluta dalla legge importa la nullità delle deliberazioni adottate dal Consiglio,
come ha ritenuto il Consiglio di Stato. Per questa violazione di legge richiamo l’attenzione
dell’ill.mo sig. Prefetto per i provvedimenti del caso”. Il Consiglio rinviò l’argomento ad
una prossima seduta.
Il 28 giugno 1914 nella seduta straordinaria del Consiglio comunale intervennero i
nuovi eletti: avv. Giuseppe Iorio, cav. Giuseppe Martirani, dr. Filippo Iorio, cav. uff.
Giovanni Nuzzi, comm. Alfonso Raffone, Francesco Iorio, Lorenzo della Peruta, dr.
Domenico Iorio, cav. Clemente Verdicchio, notaio Gennaro Castaldo, Stefano Raffone,
avv. Vincenzo Tammaro, Filippo Vitale, Antonio Izzo, Giuseppe Cortese, Mattia Setaro,
Nicola Iulio, Francesco Lombardi, Felice Santonastaso, Antonio Ventriglia, Saverio
Cerreto, avv. Vincenzo Brancaccio, Francesco Barbato, Pasquale Fossataro, Vincenzo
Ferraro, Alfonso de Laurentis, dr. Ignazio Assumma, Antonio Apperti, Antonio Omaggio,
Antonio Finocchiaro (assente). Come ex Sindaco Alfonso dr. comm. Raffone assunse la
presidenza della nuova civica assemblea procedendo successivamente alla nomina del
sindaco e degli assessori. Alcuni consiglieri misero in discussione la carica di presidenza.
Il segretario Alfonso avv. Lerro interpellato rispose che la presidenza doveva essere
assunta dall’assessore anziano come prescriveva la vigente legge comunale e provinciale. Il
consigliere Vincenzo avv. Brancaccio fece presente che trattandosi della costituzione
dell’intera Amministrazione la presidenza del civico consesso doveva essere assunta dal
consigliere più anziano. Il consigliere Giovanni cav. uff. Nuzzi intervenendo fece osservare
che per lui era indifferente se la presidenza fosse assunta dall’assessore anziano o dal
consigliere anziano bastava prendere accordi tra le parti in causa. Gli assessori anziani
Alfonso de Laurentis e Francesco Barbato rinunciarono pubblicamente all’eventuale
incarico per cui la presidenza dell’assemblea fu assunta dal consigliere anziano Giuseppe
avv. Iorio. Il nuovo presidente oltre a salutare l’assemblea per la fiducia in lui risposta
invitando tutti alla concordia per risolvere gli annosi problemi che assillavano
l’Amministrazione comunale. Dopo questi interventi l’assemblea rielesse Sindaco con 23
voti Alfonso comm. Raffone, mentre furono nominati assessori ordinari: Filippo dr Iorio.
Giovanni cav.Nuzzi, Vincenzo avv. Brancaccio e Vincenzo avv. Tammaro e quelli
supplenti: Clemente cav. Verdicchio e Nicola Iulio.
Il 26 ottobre 1914 il Consiglio comunale elesse i sette componenti della Commissione
sindacale per l’imposizione delle tasse comunali: Giuseppe Iorio, Pasquale Fossataro,
Mattia Setaro, Lorenzo Della Peruta, Antonio Finocchiaro, Antonio Ventriglia e Antonio
Izzo. Il 9 dicembre 1920 toccò anche alla Commissione elettorale comunale. Il Sindaco
Alfonso Raffone invitò il Consiglio a procedere con due distinte votazioni per la nomina di
quattro commissari effettivi e di altrettanti supplenti con l’avvertenza che ciascun
consigliere doveva segnare un solo nome sulla propria scheda, e che i commissari potevano
essere scelti anche dall’ambito del Consiglio tra gli elettori del Comune compresi nelle liste
dei giurati o in possesso dei requisiti contemplati dalla legge del 1913 ma estranei alla
Commissione del biennio precedente. Inoltre precisò che per essere eletti occorrevano
almeno 3 voti. La prima votazione segreta, presenti e vontanti 28, diede il seguente
risultato: cav. Enrico Prisco voti 6, Michele Bove fu Antonio 4, cav. Francesco Barbato fu
Michele 6, dr. Raffaele Rienzo fu Michele 6, cav. Giovanni Brancaccio fu Antonio 6.
Furono scelti quindi: Brancaccio, Prisco, Barbato e Rienzo per aver avuto il maggiore
numero di voti. Nella seconda votazione con la stessa procedura risultarono eletti
27
commissari supplenti: Salvatore Nuzzi, Francesco Lombardi, Lorenzo Della Peruta. Il 21
dicembre il consigliere Antonio Finocchiaro rassegnò le dimissioni e con una lettera ne
motivò le ragioni al Sindaco in carica che propose di nominare un’apposita commissione
con l’incarico di pregare il consigliere Finocchiaro a ritirarle. Di contro il consigliere
Fossataro fece rilevare che le dimissioni non erano opportunamente motivate. Il consigliere
Assumma chiamò in causa il sindaco se rispondeva al vero la voce che altri consiglieri
avevano presentate le loro dimissioni. Il primo cittadino replicò che c’erano state altre
dimissioni e che si era prodigato per farle rientrare. I consiglieri Fossataro, Ferraro, Setaro
e de Laurentis furono incaricati dal Sindaco a contattare il consigliere Fossataro per farlo
desistere dalle sue dimissioni.
Il 30 dicembre 1914 gli assessori Filippo dr. Iorio, Giovanni Nuzzi, Vincenzo
Brancaccio, Vincenzo Tammaro, Clemente Verdicchio e Nicola Iulio si dimisero a sua
volta perché il Consiglio (senza alcuna opposizione del Sindaco) aveva rinviato alla Giunta
il Bilancio preventivo da loro approvato indicando nel contempo i nuovi criteri per la
nuova stesura mantenendo le due rilevanti voci facoltative riguardanti i concerti civici e la
scuola tecnica. Era ferma volontà della Giunta di non aggravare ulteriormente la
popolazione con spese non obbligatorie date le attuali condizioni critiche in cui versava
l’Italia della e in modo particolare la città di Maddaloni per cui era importante ora come
ora, provvedere con urgenza ad occuparsi dell’istruzione elementare, viabilità interna e
acqua potabile. Il consigliere Pasquale Fossataro nel controllare le varie voci del bilancio
preventivo redatto dalla Giunta fece notare ai presenti che lo stesso atto amministrativo
aveva bisogno di alcune modifiche prima di essere ripresentato in Consiglio per la relativa
approvazione. Il consigliere Giuseppe avv. Iorio dichiarando di essere d’accordo con il
Fossataro propose il seguente O.d.G., poiché il Consiglio, con la deliberazione del 21
corrente, che ha determinato le dimissioni degli Assessori, di cui è chiamata ad occuparsi
non ebbe in animo di fare atto di sfiducia e di insurrezione contro i componenti della
Giunta, verso dei quali conserva tuttora integra la fede come diligenti ed operosi
amministratori, ma intese adottare un provvedimento rispondente ai criteri sereni, liberi ed
obbiettivi, ritenuti necessari per il momento attuale e per le condizioni di bilancio, pur non
revocando il principio informato della deliberazione consiliare del 21 corrente mese (che
mai in questo momento potrebbe essere esaminato e modificato) e, confermando ancora
una volta la fiducia negli Assessori invita gli stessi a ritirare le dimissioni, ritornando al
lavoro utile e necessario per un funzionamento della vita amministrativa di questo
Comune”.
Prima che si procedesse alla votazione il consigliere dr. Assuma, in nome proprio e dei
suoi colleghi de Laurentis, Apperti e Ferraro, fece la seguente dichiarazione di voto: “I
sottoscritti dichiarano che nell’esprimere il loro voto non intendono fare questione
personale nei riguardi dei sottoscrittori della lettera di dimissione, ma ispirandosi
unicamente alla loro ragione di essere nel Consiglio comunale delegata loro dal Corpo
elettorale, non possono fare dichiarazione di fiducia verso chiunque risulta far parte della
lista avversaria che rappresenta emanazione di indirizzo e programma amministrativo,
combattuta nell’ultima elezione, e per questa ragione non possono che accettare le loro
dimissioni. Maddaloni 31 dicembre 1914 – f.to Assumma, de Laurentis, Apperti e
Ferraro”. Il Consiglio approvò la proposta Iorio con 14 voti favorevoli e 4 contrari.
Il 3 febbraio 1915 fu di nuovo discusso sulle dimissioni degli Assessori comunali. Il
28
Sindaco comm. Alfonso Raffone riferì sui precedenti della pratica ricordando la
deliberazione del Consiglio comunale in data 30 dicembre che respinse le dimissioni
rassegnate dagli Assessori. Il consigliere Fossataro dopo aver fatto un esame accurato delle
cifre stanziate nel bilancio propose il seguente O.d.G. “Il Consiglio, letta la lettera del 3
gennaio u.s. con la quale gli Assessori dimissionari dichiararono che il pareggio del
bilancio 1915 è semplicemente contabile. Esaminato il vero stato della Finanza comunale
– constatato che il disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 1914 è di gran lungo
superiore alle 22mila lire – Ritenuto che per la formazione di un bilancio reale bisogna
eliminare dall’introito lire 31mila della cauzione dell’ex tesoriere Merrone e passarle
nell’elenco dei residui attivi del 1914. Perché a voler provvedere al mantenimento del
concerto civico e della scuola tecnica occorrerebbe inasprire eccessivamente le tasse
comunali, cosa con compatibile coi tempi e l’indole della cittadinanza. Per la scuola
tecnica specialmente occorrerebbero subito locali convenienti e gran parte del materiale
scolastico. Augurandoci che con i saggi ed economici criteri di amministrazione della
Giunta si possa in breve tempo ristabilire la finanza comunale, e quindi ripristinarsi il
concerto civico e la scuola tecnica. Fattori eminenti di civiltà. Delibera: 1) respingersi le
dimissioni della Giunta. 2) Confermarsi la fiducia e la stima agli stessi assessori dal
Sindaco per l’opera benefica da essi spiegata nell’Amministrazione. 3) Mantenersi gli
stanziamenti nel bilancio del 1915 come furono proposti dalla Giunta”. L’O.d.G. Fossataro
messo a votazione fu approvato all’unanimità.
Il 14 giugno 1915 iniziò la gestione amministrativa straordinaria del Commissario
prefettizio, cav. Michele Gizzio subentrato al Sindaco Raffone. Il 29 novembre 1920 fu
eletto il nuovo Consiglio comunale costituito dai seguenti consiglieri: comm. Lorenzo
Ferraro, notaio Gennaro de Laurentis, Luigi Ferrante, avv. Silvio Borgia, avv. Antonio
Della Peruta, rag. Armando di Vico, avv. Michele Cuccaro, cav. avv. Antonio Piscitelli,
cav. dr. Ignazio Assumma, Bernardino Martirano, avv. Vincenzo Tammaro, Salvatore
Renga, Antonio Cerreto, Aniello Cerreto, Evangelista Sagnelli, Luigi Roberti, Vincenzo
Pascarella, Clemente Barletta fu Giovanbattista, Antonio Senneca, Angelo Lerro, Gennaro
Olivieri, Arcangelo Correra, Casimiro Lombardi, Nicola Quintavalle, avv. Eugenio
Forgillo, cav. avv. Arturo Vitelli, comm. dr. Alfonso Raffone, cav. dr. Clemente Barletta,
Alfredo De Sivo, avv. notaio Giuseppe Iorio. Il nuovo Consiglio nominò Sindaco di
Maddaloni il comm. Lorenzo Ferraro.
Il 23 febbraio 1921 il Consiglio comunale presieduto dall’assessore anziano Vincenzo
avv. Tammaro funzionate da sindaco si riunì per la “Commemorazione del defunto Sindaco
comm. Lorenzo Ferraro generale a riposo e consigliere provinciale del mandamento”.
L’avv. Brancaccio e i consiglieri avv. Borgia e avv. Vitelli misero in risalto le grandi e non
comuni virtù della nobile figura dell’estinto come soldato, come cittadino e come uomo
pubblico e politico. Il presidente dell’assemblea propose che la strada Pignatari dove si
trovava la casa in cui nacque il compianto Sindaco di intitolarla al nome di Lorenzo
Ferraro. L’8 marzo il consigliere Renga propose di far voto per l’istituzione della Tenenza
dei Reali Carabinieri a Maddaloni. Il 10 marzo gli assessori Antonio avv. Piscitelli e
Ignazio cav. dr. Assumma rassegnarono le dimissioni nelle mani del sindaco. Prima che
iniziassero le votazioni il dimissionario dr. cav. Assumma rivolse preghiera al presidente
perché dichiarasse “se durante il tempo che egli aveva occupato la carica di assessore
delegato si sia avuto nulla da ridire sul suo conto”. Il Sindaco affermò che il dottor
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Assumma aveva svolto la sua carica con vera abnegazione e con alto sentimento del
dovere. Con una votazione segreta e espresso con schede furono nominati assessori
ordinari: Girolamo notaio de Laurentis e Michele avv. Cuccaro. Si astennero: Assumma,
Piscitelli, Vitelli, Raffone, Forgillo e Barletta dr. Clemente. Votarono contro la nomina del
neo sindaco i consiglieri: Antonio avv. cav. Piscitelli, Ignazio dr. cav. Assumma, Eugenio
avv. Forgillo, Arturo avv. Vitelli, Alfonso comm. dr. Raffone, Clemente dr. cav. Barletta,
Alfredo De Sivo, Giuseppe avv. Iorio.
L’8 giugno 1921 il Consiglio nominò a scrutinio segreto espresso con schede nuovo
Sindaco il cav. avv. Vincenzo Tammaro in sostituzione dello scomparso comm. generale
Lorenzo Ferraro. Nella stessa seduta il Consiglio nominò due assessori supplenti: Antonio
avv. Della Peruta e Salvatore avv. Renga in sostituzione di Girolamo notaio de Laurentis e
Michele avv. Cuccaro. Michele. Il 25 giugno 1921 fu
nominato assessore ordinario Antonio avv. Della Peruta
al posto dell’assessore anziano Vincenzo avv.Tammaro
eletto sindaco, successivamente il 3 agosto 1921 fu
nominato assessore supplente Luigi. Ferrante al posto di
Della Peruta promosso effettivo.
Nel suo intervento il neoeletto primo cittadino disse
tra l’altro: “Signori consiglieri, - non faccio
programma, perché assieme ai miei cari e valorosi
colleghi della Giunta ebbi a condividere il programma
amministrativo dettato in questa aula consiliare dal mio
illustre e compianto predecessore comm. Lorenzo
Ferraro, alla memoria del quale rendendomi anche
interprete dei vostri sentimenti umani un reverente e
devoto saluto. Vivissimi e senti ringraziamenti rivolto a
tutti voi che raccogliendo i vostri voti nel mio modesto
nome avete voluto onorarmi a gendarme alla carica di
primo magistrato cittadino, carica della quale io sento
tutta la responsabilità, specie nell’ora che volge ed alla
quale darò tutto il contributo della mia attività e della mia capacità, affermandovi che se
queste forza mi potranno venire meno, la buona volontà non mi verrà meno giammai.
Mando poi un cordiale saluto ai nostri colleghi che militano nel campo dell’opposizione,
anch’essi come noi mirano al benessere della nostra Città natale e perciò auguriamo di
averli validi collaboratori per il raggiungimento del nostro comune ideale. Mando infine
un affettuoso saluto a tutti i figli di questa laboriosa, gentile e patriottica Città”. Il
consigliere avv. Borgia oltre a sottolineare che già un altro Tammaro, zio dell’attuale neo
sindaco, ave va retto le sorti della città per oltre 25 anni, porse l’augurio che anche il nuovo
Sindaco potesse rimanere per tanto tempo alla direzione della Casa pubblica di Maddaloni.
Il 29 dicembre 1921 nella seduta straordinaria del Consiglio intervennero: notaio
Girolamo de Laurentis, Luigi Ferrante, avv. Borgia avv. Edilio, avv. Vincenzo Della
Peruta, Clemente Barletta fu Gianbattista, Antonio Cerreto, cav. dr. Ignazio Assumma, rag.
Armando Di Vico, avv. Michele Cuccaro, cav. avv. Antonio Piscitelli, Bernardino
Martirani, cav. Vincenzo Tammaro, avv. Salvatore Renga, Evangelista Sagnelli, Antonio
Cerreto, Vincenzo Pascarella, Gennaro Olivieri, Arcangelo Correra, Casimiro Lombardi,
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Nicola Quintavalle, avv. Eugenio Forgillo, cav. avv. Arturo Vitelli, comm. dr. Alfonso
Raffone, cav. dr. Clemente Barletta, Alfredo De Sivo, notaio Giuseppe Iorio. Assenti:
Lorenzo Ferraro (defunto), Aniello Cerreto, Luigi Roberti e Angelo Lerro. All’inizio della
seduta fu letta la nota con cui il Prefetto in data 12 dicembre comunicava che in seguito di
un controllo amministrativo, risultato negativo, il Comune passava sotto la gestione
straordinaria del Commissario prefettizio cav. uff. Giovanni dottor Anelli. Il 18 febbraio
1922 furono nominati i nuovi componenti della Commissione per la risoluzione di ricorsi
contro l’imposizione delle tasse comunali. Dopo aver sciolto il Consiglio comunale Il Real
Commissario di allora dovette procedere con urgenza a causa di molti ricorsi pervenuti alla
nomina dei nuovi commissari. Cosi furono nominati: cav. Enrico Prisco fu Vincenzo, avv.
cav. Giuseppe Iorio fu Giovanni, Ventriglia Antonio fu Francesco, Vitale Michele fu
Giuseppe, Ferrante Luigi fu Pietro, Cerreto Aniello fu Antonio. Il 15 marzo de Laurentis,
Ferrante e Cerreto componenti della Commissione rassegnarono le dimissioni e al loro
posto il commissario prefettizio fece subentrare il cav. dr. Domenico Letizia fu Vincenzo,
Pasquale Fossataro fu Gennaro e Arturo Nappi fu Antonio. Il 9 luglio si costituì il nuovo
Consiglio comunale composto da: cav. Enrico Prisco, cav. uff. avv. Arturo Vitelli, Antonio
Apperti, cav. notaio Giuseppe Iorio, cav. Alfredo De Sivo, cav. Ottavio Carbone, dr.
Andrea delli Paoli, cav. Giuseppe Cortese, Bartolomeo Merola, Luigi Cerreto, dr. Nicola
Iulio, avv. Eugenio Forgillo, comm. dr. Alfonso Raffone, cav. prof. Domenico Letizia, cav.
Francesco Farina, Antonio Brancaccio di Vincenzo, Giuseppe Madonna, Carlo Scalera,
Arturo Nappi, Francesco Tagliaferro, avv. Gennaro Fossataro, Pellegrino de Lucia, Luigi
Merola, Alfonso de Laurentis, Antonio Ventriglia, Domenico dr. Renga, Gaetano Cibelli,
Antonio Omaggio, Clemente cav. dr. Barletta (assente), avv. Adolfo Tontoli (assente). Il
Real Commissario cav. dr. Francesco Falcetti constatato il numero legale dei presenti aprì
la seduta e lesse la sua relazione sugli atti da lui compiuti, e dichiarò in nome del Re
ricostituito il Consiglio comunale invitando ad assumere la presidenza dello stesso il cav.
Prisco Enrico il più anziano. Il Presidente nel suo discorso di apertura rivolse parole di
ringraziamento al corpo elettorale promettendo che la nuova Amministrazione avrebbe
dedicato tutte le sue energie a occuparsi dei problemi della Città.
Il consigliere Arturo avv. cav. Uff. Vitelli fece rilevare che il popolo di Maddaloni con
il suo voto aveva voluto dimostrare di aver acquistato la coscienza dei propri doveri e dei
propri diritti. Dal suo canto egli si sentì orgoglioso di essere rappresentante del popolo
maddalonese e che lui ed i suoi si sarebbero dedicati al miglioramento della città di
Maddaloni. Nella stessa seduta gli eletti furono sottoposti da un notaio alla prova del
leggere e scrivere. Dei presenti 28 consiglieri superarono la prova mentre al consigliere
Clemente dr. cav. Barletta fu preso in esame il diploma di laurea di medicina e chirurgia e
al consigliere Giuseppe avv. notaio Iorio fu verificata la copia del diploma di notaio e
procuratore debitamente autenticato del notaio Mazzetti. Poi la civica assemblea a scrutinio
segreto tramite schede nominò Sindaco Alfonso comm. dr. Raffone mentre cav. dr. Barletta
Clemente, cav. Prisco, cav. Letizia prof. Domenico e cav. uff. avv. Vitelli Arturo divennero
assessori ordinari con Iulio dr. Nicola fu Francesco e Brancaccio Antonio fu Vincenzo
assessori supplenti.
Il 10 febbraio 1923 il Prefetto di Caserta sciolse l’Amministrazione comunale e inviò il
Commissario prefettizio prof. Bernardo de Spagnolis.
Il 3 giugno il Commissario conferì la Cittadinanza onoraria a Sua Eccellenza Benito
31
Mussolini con la seguente delibera: “Nell’intendimento di rendere nel giorno consacrato
alla solennità dello Statuto, in omaggio fervido e riverente a Sua Eccellenza Benito
Mussolini”. Ritenuto che all’indomani della nostra guerra vittoriosa, nel cielo grigio di
una politica che aveva in un’angoscia senza nome, delusi gli animi degli Italiani, allo
spettacolo di una triste decadenza ed al contatto d’ogni disonorante bassezza, l’attuale
presidente del Consiglio apparve come l’astro d’un nuovo risorgimento. Che la sua nobile
e radiosa figura di grande cittadino, di prode combattente, di politico illuminato, di
sapiente amministratore riassume in quella forte e prodigiosa coscienza che è oggi l’anima
della Patria. Nostra, tutte le speranze più liete e le promesse migliori per l’avvenire del
nostro Paese, di cui egli sarà guida sicura verso gli alti destini. Per questo modello
magnifico del genio e della virtù di nostra gente, se non può essere imitato, deve però
costituire ammonimento costante per rinfondere in tutti il senso di una volontà energica ed
operosa per il pubblico bene”.
Il 23 agosto 1923 il Direttorio del Fascio locale chiese al Comune di ottenere in fitto un
quartino di 3 stanza sito in via 1° Ottobre gia adibito ad Esattoria comunale per la loro sede
e per la Sezione della Milizia nazionale. Il Commissario deliberò concedere il suddetto
quartino al Direttorio ed alla Sezione della Milizia nazionale in fitto per una pigione di 70
lire mensili.
Il 28 dicembre 1924 fu eletto il nuovo Consiglio comunale composto da: avv.
Vincenzo Tammaro, Stefano Raffone, Crescenzo Ventura, dr. Francesco Cerreto, Giovanni
Sferragatta, dr. Vincenzo Zaza d’Aulisio, Gaetano Merola, Francesco Patturelli, Angelo
Lerro, avv. Gioacchino Castaldo, rag. Armando Di Vico, avv. Adolfo Tontoli, Alfonso
Iorio, avv. Vincenzo Ferrante, dr. Michele Iadevaia, cav. Clemente Verdicchio, ing.
Raffaele Del Monaco, cav. Ambrogio Del Pennino, Luigi Iadicicco, Antonio Suppa,
Raffaele Della Monica, rag. Vincenzo Ciano, Giovanni Foggiai, Luigi de Lucia, Francesco
Ginolfi, Salvatore di Nuzzo, Vincenzo Grauso, Raffaele Velardo, Antonio Petrillo e Mattia
Lombardi (assente). Dopo la verifica della legalità della seduta assunse la presidenza il
primo degli eletti Vincenzo avv. cav. Tammaro passò all’esame dell’O.d.G. non senza aver
prima verificato la condizione degli eletti sotto il profilo istruzione. Successivamente il
civico consesso con votazione segreta tramite schede scelse con 28 voti il nuovo Sindaco
nella persona di Castaldo cav. Gioacchino. Con lo stesso metodo si arrivò ad eleggere gli
assessori ordinari: cav. Ambrogio Del Pennino (voti 24), rag. Armando di Vico (voti 23),
avv. Vincenzo Ferrante (voti 23), dr. Francesco Cerreto (voti 23), e quelli supplenti: ing.
Raffaele Del Monaco e avv. Adolfo Tontoli.
Il 27 aprile 1925 il Segretario politico della Sezione del Fascio di Maddaloni inviò al
Sindaco cav. Gioacchino Castaldo la seguente lettera: “Ill.mo sig. Sindaco in nome di
questo Direttorio mi pregio di pregarla di prendere in considerazione quanto segue:
L’egregio commissario prof. De Spagnolis con la sua delibera del 26 agosto 1923 fittava a
questa Sezione tre vani del fabbricato di proprietà del Comune in Via I° Ottobre con una
pigione mensile di lire ottanta. I locali di cui sopra per brevissimo tempo restarono in uso
al Fascio perché con una successiva deliberazione in fata 8 marzo 1924, ed in seguito a
trasferimento dell’Ufficio daziario i locali furono occupati dai Sindacati alle medesime
condizioni di quelle di cui precedentemente occupati e cioè gratis. La Sezione fascista fu
obbligata ad istallarsi nei due piccoli vani a pianterreno senza che si fosse pensato a
modificare le condizioni stabilite dalla prima deliberazione. Intanto uno dei locali occupati
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dalla Sezione fin dall’inizio è tenuto dal Comando locale della Milizia per la sicurezza
nazionale volontaria, perché il Comune, per noncuranza, non fu in condizione di mettere a
sua disposizione alcun altro vano com’è suo dovere. Di conseguenza la Sezione fascista
finora effettivamente ha avuto a sua disposizione un solo vano piccolissimo e di nessun
valore”.
“Alla S. V. ill.ma intanto non sarà di certo sfuggito il benefico risveglio operato in
questo ultimo tempo nella nostra gioventù per esclusivo merito del Fascio e le diverse
organizzazioni alle quali essa con entusiasmo sta provvedendo. Mi permetto rammentarle
l’organizzazione dei “Balilla” che già è un fatto compiuto e l’istituzione del dopo scuola
aperto a tutti i nostri fanciulli senza distinzione che tende ad un altissimo scopo, qual è
quello di sottrarre la nascente gioventù all’influenza spesso funesta della strada nella
quale si perdono i nostri migliori elementi. A tale scopo sorgerà pure subito un fascio
femminile composto di gentili signore e signorine la cui opera riuscirà certo molto
proficua per il raggiungimento dei fini di cui sopra. Inoltre con il concorso di volenterosi
giovani stiamo provvedendo alla costituzione di una biblioteca, nella quale i nostri
giovani, e specialmente quelli che versano in condizioni economiche non troppo buone,
potranno trovare i libri per loro studi e per la cultura in genere, libri che specialmente in
questi tempi hanno raggiunto prezzi proibitivi. A tutto ciò aggiungesi che il Commissario
per la Federazione combattenti di Terra di Lavoro che sta provvedendo alla
riorganizzazione delle forze combattentistiche della nostra provincia, ha rilevato che
manca completamente in questa Città un ufficio di assistenza per i combattenti e ci ha
chiesto d’impiantarlo in uno dei nostri locali.Per tutte queste ragioni che in questa
rinascita spirituale della nostra Patria nella quale sono tornati a brillare tutti i valori
morali ed intellettuali della nostra giovane generazione, ragioni che si propongono un fine
sociale di grande valore che molto potrà giovare all’educazione del nostro popolo, prego
la S. V. ed i signori componenti codesta Spettabile Giunta: Voler proporre all’On
Consiglio comunale la revoca della deliberazione commissariale 26 agosto 1923 e la
conseguente concessione gratis a questo fascio per cinque vani di tutto il fabbricato di
proprietà del Comune sito in Via I° Ottobre onde permetterci di portare a compimento
l’opera così bene iniziata. Con perfetta osservanza della S. V. F.to–il Segretario Politico –
10 marzo 1925”. Il Consiglio comunale ritenuto doveroso facilitare le proficue iniziative
della locale Sezione del Fascio deliberò all’umanità: accogliere la richiesta del locale
Segretario Politico della Sezione fascista. Modificare la delibera del Commissario del 26
agosto 1923. Concedere gratuitamente per la durata di un quinquennio al locale Fascio tutto
il fabbricato di proprietà del Comune, sito in Via I° Ottobre. Il 28 novembre dello stesso
anno i 416 elettori della frazione di S. Marco Evangelista dipendente dal Comune di
Maddaloni chiesero al Prefetto di costituirsi in comune autonomo. Il Consiglio comunale
letta la nota prefettizia con cui comunicava la volontà degli abitanti della citata frazione
non ritenne opportuno aderire alla loro richiesta in quanto le leggi vigenti favorivano
l’aggregazione di più comuni in consorzio sia sotto il rapporto economico che del
miglioramento dei pubblici servizi. Nello stesso giorno il Prefetto comunicò al Sindaco
cav. Gioacchino Castaldo che il Comune non poteva concedere in uso gratuito i locali di
via 1° Ottobre alla Sezione del Fascio locale. L’assessore Di Vico riferì al Consiglio che in
merito alla nota prefettizia il Sindaco rispose con la seguente lettera: “Ill.mo sig. Prefetto –
Caserta – Con il foglio a margine distinto la S.V. ill.ma mi comunicava che l’On. G.P.A.
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aveva rinviato la decisione sulla deliberazione in oggetto per la ragione che il Comune non
può concedere gratuitamente i suoi beni. In merito alla suddetta ordinanza la S. V. vorrà
consentirmi le seguenti considerazioni: “Che ove voglia parlarsi di concessione gratuita di
locali alla Sezione fascista faccio presente che identica concessione fu fatta con deliberato
commissariale del 17 settembre 1920 (approvato dalla G.P.A. nella seduta del 30
settembre 1920) ) all’antica Camera degli operai ora Sindacati fascisti. Detta concessione
fu riconfermata dal Commissario prefettizio cav. prof. Bernardo de Spagnolis con la
determinazione 8 marzo 1924, vistata per ratifica il 28 stesso mese. Che la concessione
fatta al Fascio con il deliberato 27 aprile era gratuita solo in apparenza perché in sostanza
faceva risparmiare al Comune oneri non indifferenti. La Sezione fascista cedette un vano
al Comando della Milizia “V.S.N: ” che per legge l’Amministrazione comunale doveva
fornire un locale per il citato comando. Inoltre furono concessi gratuitamente 3 vani: 1 al
Sindacato fascista; 1 all’Associazione Arditi d’Italia ed un altro alla Sezione dei
Combattenti”.
“Che presso al Sezione del Fascio una squadra di “balilla” aveva istituito un dopo
scuola per i ragazzi meno abbienti che oltre a dare loro un indirizzo educativo li sottraeva
all’influenza “deleteria” della strada. Che la stessa sezione stava istituendo una biblioteca
per metterla a disposizione dei giovani maddalonesi. E poiché il Comune, nell’accettare
l’atto di liberalità con cui Alfonso Castaldi donava una ricca collezione di libri si
assumeva l’obbligo di collocare i medesimi in un decoroso locale municipale alla portata
della gioventù studiosa, la biblioteca promossa dal Fascio si presentava propizia per
accogliere la detta collezione facendo risparmiare al Comune spese che doveva sostenere
per una persona addetta alla custodia e distribuzione. Da quanto sopra ho avuto l’onore di
esporle la S.V. ill.ma rileverà facilmente che se il Comune concedeva al Fascio alcuni vani
di sua proprietà, non si poteva parlare di una vera e propria concessione a titolo gratuito
perché se mancava il corrispettivo in denaro. L’Amministrazione comunale avrebbe
ricevuto in contraccambio altre prestazioni che superavano per gran lunga in valore le
poche centinaia di lire che potrebbero ricavarsi dall’affitto a privati. Dai vantaggi e dai
benefizi morali e materiali che avrebbe beneficiato la cittadinanza dalle nobili iniziative
dei dirigenti del Fascio una concessione del tutto gratuita non poteva non ricevere il
plauso ed il benestare della S.V. ill.ma e dell’On. G.P.A. – Con osservanza – il Sindaco f.to
Castaldi”. Il Consiglio comunale preso atto dell’esposto del Sindaco deliberò all’unanimità
di fissare in 100 lire l’affitto dei citati locali.
Il 7 agosto 1926 nel Consiglio comunale riunito in seduta straordinaria presieduto dal
Sindaco Castaldo oltre a commemorare con espressioni affettuose alcuni illustri
concittadini recentemente scomparsi: Ambrogio cav. del Pennino, dott. cav. Enrico
Santamaria Nicolini ed il dott. Raffaele Rienzo, rivolse un deferente e devoto pensiero
all’uomo insigne che era oggetto di viva ammirazione, non solo da parte del popolo
italiano, ma del mondo intero, al generale Umberto Nobile, al quale propose l’invio del
seguente telegramma: “Generale Nobile – Roma – Questo Consiglio comunale iniziando
suoi lavori seduta straordinaria rivolge suo primo deferente pensiero vossignoria che
attraverso periglioso volo trasvolare confermava eterno genio italico Sindaco Castaldo.”.
Il 22 novembre lo stesso Consiglio si riunì in seduta ordinaria di autunno. Il primo cittadino
cav. Castaldo prima di iniziare la discussione dell’O.d.G. con elette e sentite parole
commemorò la morte della principessa Letizia facendo rilevare che ogni gioia ed ogni lutto
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di Casa Savoia apparteneva al popolo Italiano, e invitò il Consiglio a rivolgere deferente
pensiero agli amatissimi Sovrani salvaguardia e presidio delle patrie istituzioni. Dopo
stigmatizzò il vile attentato perpetrato contro Benito Mussolini capo del Governo, passando
successivamente alla discussione dell’O.d.G. Diversi consiglieri proposero lo spostamento
di alcune proposte privilegiando le dimissioni di. Tammaro, Lombardi, Zaza d’Aulisio,
Velardi e Raffone dalla carica di consigliere comunale, motivate come segue con una
lettera indirizzata anche al Prefetto della Provincia:
“A S.E. il Prefetto della Provincia di Caserta – I sottoscritti consiglieri comunali di
Maddaloni, eletti e rappresentanti delle organizzazioni Sindacali fasciste di questo
Comune. Considerando che nel Paese si aggrava maggiormente la voce di abusi, illegalità
e gravi sperperi, per opera di questa Giunta comunale, la quale nessuno dei problemi di
grande interesse cittadino ha finora non solo risoluto ma neanche prospettato, a tutela
della loro dignità, ed a scanso di qualsiasi responsabilità di fronte alla legge, alla
cittadinanza, ed alle locali istituzioni fasciste, pur rimanendo sempre fermi nella loro fede
fascista, rassegnano nelle mani di V.E. le loro dimissioni da consiglieri comunali. Con
perfetta osservanza – Maddaloni 22 ottobre 1926 – f.to Tammaro Vincenzo, Mattia
Lombardi di Francesco, Vincenzo Zaza d’Aulisio, Raffaele Velardi, Stefano Raffone”.
Largo Monte dei Pegni
Il Sindaco, dopo aver fatto
rilevare
l’infondatezza
delle
generiche accuse, soggiunse che
sarebbe stato ben lieto se i
dimissionari fossero intervenuti alla
seduta, perché era suo intendimento
chiedere loro spiegazione di quanto,
con soverchia leggerezza, si erano
permessi di affermare. Egli che
sentiva vivo il dovere di tutelare la
dignità degli assessori, si fece
sollecito a dichiarare che erano tutti
giovani pieni di attività, di energia e di zelo, i quali per circa due anni seppero far i
maggiori sacrifici nell’interesse del Paese. Temeraria, pertanto, era l’accusa dei consiglieri
dimissionari e ne davano essi stessi la prova con l’invio di un’altra lettera, pervenutogli nel
pomeriggio, con la quale si cercava di mitigare l’assunto nel foglio di dimissioni.
Il Sindaco, pur rilevando che la seconda lettera, a giustifica del mancato intervento alla
seduta, poteva rappresentare un gesto apprezzabile, si affrettò ad affermare che il contenuto
non corrispondeva affatto al vero o per lo meno poco esatto. Quindi lasciando ampia libertà
di emettere il proprio giudizio, pregò i signori consiglieri a vagliare serenamente l’operato
della Giunta. Alla discussione presero parte i consiglieri Della Monica e rag. Ciano, nonché
gli assessori Di Vico rag. Armando e l’avv. Ferrante. Tutti concordemente deplorarono la
linea di condotta seguita dai dimissionari ed affermarono essere niente altro che un
“mendacio” il loro assunto, il quale mirava solo ai fini reconditi ed insidiosi. L’assessore
Di Vico fece presente nel suo intervento come segretario politico che i consiglieri
dimissionari per il loro ambiguo comportamento non sufficientemente comprovato non
erano degni di stare nella grande famiglia fascista, dalla quale quasi tutti furono già da
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parecchio tempo espulsi.
Il Presidente mise a votazione la presa atto o meno delle dimissioni presentate dai
consiglieri dopo aver spiegato che: “ la deliberazione cui alludevano i signori dimissionari
riguardava l’assunzione di due straordinari all’ufficio daziario; la quale deliberazione, era
vero, che non fu ratificata dal Prefetto per ragioni di economia, ma la Giunta, per
provvedere alla deficienza nel personale dell’amministrazione daziaria, era stata costretta a
chiamare, saltuariamente in aiuto del personale, due militi fascisti, vecchi elementi di
provata fede, corrispondendo loro il modesto minimo compenso di lire 10 il giorno,
compenso pagato con mandati d’autorizzazione e ripetutamente approvati dalla Real
Prefettura. Tutto ciò era perfettamente legale perché il regolamento dazio dava tale facoltà
alla Giunta”. Il Consiglio ad unanimità accettò le dimissioni dei consiglieri.
29 novembre 1926 su desiderio espresso da alcuni consiglieri il Sindaco cav.
Gioacchino Castaldo propose al Consiglio di cambiare le denominazioni di una piazza e
due strade: “Che il largo Corpus Domini, dinanzi alla chiesa omonima patronato comunale,
prendesse il nome di un insigne figlio di questa città Giacinto De Sivo essendo quel luogo
il più adatto perché in detta piazza sorgeva l’antico palazzo della famiglia De Sivo. Inoltre
soggiunge che Giacinto De Sivo fu istoriografico e letterato profondo e scrisse la storia del
suo paese natio illustrando fin dalle prime origini con documenti inoppugnabili che gli
costarono sacrifici immensi. Così Maddaloni ebbe la sua storia. Giacinto De Sivo fu anche
autore della storia del reame delle due Sicilie e romanziere di sommo valore; basta
ricordare il Corrado Capece che rimaneva all’altezza dei maggiori romanzi degli scrittori
italiani dell’epoca della prima metà del secolo scorso. Fu infine scrittore molto apprezzato
di tragedie che ebbero tutte e più volte l’onore della scena presso la Corte di Napoli.
Giacinto De Sivo fu di una tempera e carattere “adamantino”: sul suo animo nobile non
fecero breccia le lusinghe della politica come accadeva a quasi tutti i grandi uomini che
morirono in esilio nel 1870”.
“Che il tratto di strada detto Ponte Carolino che andava dall’innesto con la via 1°
Ottobre al Trivio prendesse il nome del santo che fu detto il più italiano dei santi ed il più
santo degli italiani cioè S. Francesco d’Assisi che quest’anno si celebrava in Italia e nel
mondo cattolico il settimo anniversario della morte: “Sulla detta strada, l’apostolo del più
grande ideale d’amore e di fratellanza, quale fu Francesco d’Assisi, rimase traccia della
sua opera altamente cristiana istituendo il convento di S. Francesco dove attualmente ha
sede il Convitto nazionale attiguo allo stesso sorse pure la monumentale chiesa di S.
Francesco che oggi s’appella di S. Antonio, la quale fino a poco tempo fa era rimasta
abbandonata, ma che sorse recentemente all’antico splendore con l0obolo dei fedeli e
mediante l’opera di un solerte Comitato dei cittadini maddalonese ai quali va tributato
viva e sincera lode”. “Infine il cav. Castaldo suggerì che la strada denominata S. Andrea
prendesse il nome di Armando Casalini vittima innocente soppresso per opera di nemici
della patria che credevano nel sangue di lui sopprimere i più alti ideali del Fascismo, ma
non fecero altro che provocare un grido di esecuzione di tutto il popolo italiano per
l’orrendo delitto”. Il Consiglio comunale all’unanimità approvò le proposte dal Sindaco su
parere favorevole della Giunta municipale. Inoltre incaricò il sindaco di comunicare il
contenuto del presente deliberato al figlio primogenito di Giacinto De Sivo avv. Luigi
abitante in Napoli, alla vedova Casalini di esprimere il vivo compiacimento di questo
civico consenso a tutti i componenti del citato Comitato cittadino che con la sua opera
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piena di abnegazione di amore e talvolta anche di sacrificio fecero ritornare all’antico
splendore la monumentale chiesa di S. Francesco oggi detta di S. Antonio.
Dal 20 giugno 1927 iniziò la gestione podestarile del colonnello cav. Amedeo Sorvillo.
Il 25 marzo 1928 furono nominati i consultori dei servizi municipali. Il Podestà per rendere
più spediti i vari servizi comunali prepose l’assunzione di alcuni consultori municipali
preposti ad una sorveglianza continua ed attiva: cav. Alfredo De Sivo al Corso pubblico,
ing. Ernesto Penzi ai Lavori pubblici, avv. Amedeo De Roberto alle Scuole elementari e
medie, cav. Luigi Cerreto all’Annona e macello, Vincenzo Barletta al Cimitero e Stato
civile e Antonio Ventriglia al Mercato, pubblico spazzamento e funzioni di pubblico
ministero presso la Pretura. Il 24 settembre dello stesso anno concesse un contributo di 500
lire per la costruzione di un monumento ai caduti maddalonesi della 1^ Guerra mondiale da
situare sul territorio del Comune. Il 27 aprile del 1929 il Podestà cav. Sorvillo concesse alla
locale sezione dell’Opera Nazionale Dopolavoro un contributo di 1200 lire per l’affitto di
un locale sito nel palazzo Barletta in via 1° Ottobre. Il 26 settembre 1931 una circolare
dell’Alto Commissario di Napoli chiedeva che tutti i centri urbani dovevano avere una via
non secondaria intitolata a “Roma” Il Podestà tra le varie strade di Maddaloni scelse il
corso Campano perché era una delle principali arterie della città ed era l’unica che portava
a Aroma. Avuto l’autorizzazione dalla Real Soprintendenza dell’arte medievale e moderna
della Campania cambiò l’intestazione del corso Campano in via Roma.
Dall’inizio dell’anno 1932 per un certo periodo il cav. dr. Filippo Iorio Vice-Podestà
assunse la carica di Podestà essendo il cav. Sorvillo in malattia. L’11 aprile 1938 l’avv.
cav. Salvatore Renga fu nominato prima Commissario prefettizio e il 20 luglio 1939
assunse la carica di Podestà.
Il 3 novembre del 1934 il Podestà cav. Sorvillo, rientrato dalla malattia, fece costruire
da una ditta locale delle mattonelle di marmo con inciso sopra i numeri civici per farle
apporre all’entrata dei portoni e delle case. Il 18 luglio 1938 il Commissario prefettizio avv.
Salvatore Renga approvò che il tratto di via che andava dalla piazza gen. Ferraro al
passaggio livello della linea Napoli Roma via Cassino denominata genericamente via
Ferrovia fosse intestata al sergente carrista Antonio Del Monaco decorato di medaglie di
bronzo al valore militare. Il 7 gennaio del 1939 una circolare del Prefetto comunicava che il
Ministero dell’Interno chiedeva di intitolare una via o piazza alla memoria di Guglielmo
Marconi. Il Commissario prefettizio intitolò a G: Marconi la via Tifatina nel tratto che
andava dalla piazza 1° Ottobre all’innesto della via Pignatari
Il 22 giugno 1940 il Podestà cav. avv. Salvatore Renga ritenne opportuno che il tratto di
strada di circumvallazione che andava dalla via sergente Del Monaco (palazzo Bove) al
bivio con il prolungamento della via Roma fosse denominato al Maresciallo Italo Balbo. Il
1° febbraio 1941 il cav. dr. Alfredo Di Vico fu nominato Commissario prefettizio, mentre
dal luglio 1942 la stessa carica fu assegnata all’avv. Enrico Barra. Il 10 agosto dello stesso
anno invece il dr. Antonio Brancaccio fu nominato Vice-Commissario di Maddaloni e il 23
ottobre 1942 assunse la carica di Commissario prefettizio. Il 18 ottobre 1943 il cav.
Eugenio Iorio fu nominato Commissario prefettizio e poi dal marzo 1944 ricoprì la carica
di sindaco.
Il 13 dicembre 1943 il Commissario prefettizio dr. Antonio Brancaccio “constatato che
il giorno 6 del mese di ottobre del 1943 mentre in questa “plaga” (area), denominata nei
secoli Campania Felice e poi Terra di Lavoro, infuriava ancora la battaglia fra le Armate
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liberatrici giunte d’oltre Oceano e l’oppressore tedesco che rovine e lutti aveva
freddamente seminato nella sua attività distruttrice, il signor L.T. colonnello Karl F. Glos
– Ispector General 3 rd Div. U.S. Army, primo ufficiale superiore della V Armata degli
Stati Uniti di America, varcò la soglia della Casa comunale e della città di Maddaloni,
offrendo senza riserve, il palpito di affetto del suo cuore generoso alla virile sofferenza
della cittadinanza tutta che pur tra lagrime e sangue mai aveva cessato di difendere la
dignità della Patria nel nome di un ideale di libertà e giustizia”.
“Il primo atto del colonnello americano fu quello di ristabilire la legge restituendo ai
poteri costituiti dalla volontà del popolo libero la dignità e la forza necessaria alla
possibilità di vita di ogni convivenza sociale. Il giorno 8 del mese di ottobre nel salone
dello storico edificio intitolato al nome del martire dell’idea Giordano Bruno e tra le cui
pareti visse e studiò l’apostolo della libertà italica Luigi Settembrini, il colonnello davanti
al popolo maddalonese volle solennemente amministrare giustizia nell’esplicazione
dell’alto ministero dimostrando serena saggezza, alto senso di umanità, di deferente
rispetto per l’istituto sacro della difesa, di dottrina versatile e profonda intuizione
giuridica. Diede inoltre luminosa prova attraverso la perspicua applicazione di quei
principi di diritto che per varcare i limiti del dettato della legge propria ad ogni Nazione
attinsero i vertici dell’universalità del concetto di civile giustizia”.
Il Commissario ritenne doveroso quale interprete
dei sentimenti dei cittadini di Maddaloni dare al Lt.
Col. Karl F. Glos – Ispettore Generale della III
Divisione dell’Armata americana - la Cittadinanza
onoraria della città di Maddaloni per le sue
benemerenze verso il popolo.
Il 14 agosto 1943 il Commissario prefettizio dr.
Antonio Brancaccio cambiò le intestazioni di due
strade: il viale Italo Balbo in Viale Libertà e la Via
Armando Casalini e i relativi vicoli in Luigi
Settembrini. Il 30 ottobre dello stesso anno il
Commissario prefettizio cambiò di nuove le
intestazioni della due strada intitolando il Viale Libertà
a Luigi Settembrini e la Via Settembrini a Giovanni
Amendola. Il 26 novembre su richiamo del Prefetto il
Commissario cav. Iorio con urgenza istituì la
Commissione comunale per i soccorsi alle famiglie dei
Piazza S. Andrea
richiamati in guerra per il pagamento dei sussidi
militari. Prima di procedere alla nomina dei nuovi componenti per le disposizioni impartite
dagli Enti preposti dovette togliere dalla precedente Commissione: il rappresentante dell’ex
Fascio di Combattimento, la segretaria dell’ex Fascio femminile e il rappresentante della
sezione Combattenti perché quest’ultimo era stato portato in un campo di concentramento.
Inoltre il Commissario prefettizio riconfermò presidente l’avv. Giuseppe Castaldi giudice
conciliatore come rappresentante della Pubblica Amministrazione e nominò componenti:
l’avv. Silvio De Lucia - presidente della Sezione Combattenti, il cav. Angelo Cafissecancelliere capo di Tribunale, ex mutilato di guerra, Antonio Renga fu Luigi e Michele
Fraolino - comandante della Stazione dei Reali Carabinieri.
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Il 18 marzo 1944 alcuni proprietari della località Starza inviarono un’istanza al
Sindaco cav. Eugenio Iorio in cui lamentavano che le piante di platano con la loro
prolungata ramificazione danneggiavano i loro terreni. Il Sindaco ritenuto che la Via Starza
si trovava in uno stato di abbandono e che le 29 piante non davano alcun tornaconto sia dal
lato economico che estetico della città decise di metterle in vendita mediante pubblici
incanti con il metodo della “candela vergine”(**) al prezzo di 75400 lire. Inoltre deliberò:
le spese di abbattimento delle piante erano a carico dell’aggiudicatario che doveva anche
espletare le pratiche per la richiesta dei permessi all’Amministrazione dei Telegrafi e della
Società elettrica della Campania che avevano condutture elettriche lunga la Via Starza. Il
pagamento di eventuali danni alla carreggiata, persone e cose era a carico
dell’aggiudicatario. Durante l’abbattimento delle piante per non ostacolare il traffico la via
doveva essere sgombra del materiale risultante dal taglio per la metà della sua larghezza.
Inoltre il Sindaco stabilì che il ricavato della vendita delle piante doveva essere destinato
alla sistemazione dei locali municipali e nel contempo depositato al Banco di Napoli con il
vincolo che non poteva essere farsi altro uso.
(**) L'asta si svolgeva tramite l'accensione di una candela vergine, fino a quando
questa rimaneva accesa, si accettavano le offerte.
Il 13 maggio 1944 si insediò la prima Giunta comunale dopo liberazione della città da
parte degli Alleati, sotto la presidenza del Sindaco cav. Iorio Eugenio, con l’assistenza del
Segretario capo cav. Giandomenico Ciccarelli. Nello stesso giorno si procedette anche alla
nomina dei sei nuovi assessori: Pasquale Delli Paoli, prof. dr. Francesco Balsamo, dr.
Domenico Ronza, cav. Angelo Cafisse, prof. Antonio Renga e Stefano Lepore. Il primo
cittadino dopo l’avvenuta nomina dei nuovi assessori pronunciò il seguente discorso:
“Nell’insediarvi oggi, quali assessori di questo Comune, in rappresentanza del Consiglio
comunale, espressione del popolo, sono lieto porgervi il mio deferente e cordiale saluto.
Circondato e coadiuvato da Voi, menti eletti e professionisti di valore e di fede, sarà più
agevole il compito mio, in quest’ora difficile, in cui sono in gioco le sorti della nostra
Patria, perché dai Vostri illuminati consigli potrà trarre tutta la mia forza di volontà per il
bene e la prosperità del popolo, di questo popolo martoriato dalla guerra, liberato
finalmente dall’oppressione e dal servaggio fascista. Come nel Governo cosi nei Comuni,
oggi tutti i partiti, pur rimanendo intatte le loro idee, sono affratellati in un unico scopo:
quello della vittoria finale, insieme ai nostri valorosi e magnanimi Alleati. Io confido in
Voi e nella Vostra opera indefessa, sicuro, come ho detto, che non mi mancherà il Vostro
appoggio e la Vostra sagace collaborazione”.
“E con questi voti e con questa fede, con la religione del dovere, dichiaro insediata la
Giunta comunale di questa città. Vi prego intanto di ascoltare la mia relazione relativa
all’opera da me svolta quale Capo di questa Amministrazione comunale dal 5 ottobre
1943, in cui fui, per designazione del popolo e del Comando Alleato, nominato
Commissario prefettizio. Parla dei provvedimenti presi, dopo la cacciata dei tedeschi, per
la requisizione dei generi alimentari di prima necessità e della loro distribuzione al popolo
bisognoso”.
“Riparazione dell’acquedotto – In seguito allo scoppio di mine poste dalle truppe
tedesche in ritirata fu danneggiato molto sensibilmente il nostro acquedotto. Quando
assunsi il potere, la città era quasi completamente sprovvista di acqua. Immediatamente
feci eseguire i lavori necessari per il suo ripristino. Provvedimenti a carico impiegati che
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avevano goduti benefici per benemerenze fasciste ed a carico di squadristi. Feci revocare
tutti questi benefici concessi dalle cessate amministrazioni. Miglioramento della finanza
comunale. Provvedimenti per la pubblica sanità ed igiene. Furono eseguiti lavori di
somma importanza: espurgo del Vallone in Via Ponte Carolino, lavori per evitare
sversamenti nelle cave De Sivo, costruzione di un tratto di fognatura in via Roma,
copertura della fogna scoperta in via Campolongo e sistemazione della fogna al Vallone in
via P. Carolino. Opere pubbliche. Durante il ventennio del fascismo, (se si eccettuano due
opere non ad iniziativa di maddalonesi l’acquedotto e l’edificio scolastico) nessuna opera
pubblica è stata costruita in questo Comune che pur aveva e ne ha bisogno. Assistenza e
beneficenza: molto mi sono occupato per migliorare le condizioni dei bisognosi e degli
infermi, con l’aiuto del Governo militare alleato ho potuto ottenere la somministrazione di
medicinali per l’ospedale e dei viveri per l’ospedale e per il mendicomio. Con solerzia
sono state corrisposte i sussidi per gli sfollati e per i profughi di guerra, ed oltre a ciò, con
i fondi di lire 30mila presi sugli utili dello spaccio sono state soccorse molte famiglie
bisognose”.
Il 23 maggio 1944 il Sindaco cav. Iorio intitolò il largo antistante al Municipio “Piazza
Giacomo Matteotti e su proposta dell’assessore prof. Francesco Balsamo la strada Trivio S.
Giovanni la denominò al concittadino Domenico Raffone: volontario di guerra (1915-18)
come ufficiale di fanteria e laureato in scienze politiche. Il 26 aprile 1945 cav. Iorio riferì
alla Giunta municipale che dalla ricerca eseguita per la formazione delle liste elettorali
risultò che erano iscritti nelle liste 6499 uomini e 7457 donne. Il numero degli iscritti
poteva subire lievi variazioni perché alcuni iscritti dai casellari giudiziari potevano risultare
non avendo diritto al voto. Del numero degli elettori accertato aveva diviso il territorio di
Maddaloni in 15 sezioni di cui 7 per gli uomini e 8 per le donne e fatto compilare uno
schedario distinto per uomini e donne. Il 13 marzo dello stesso anno la Giunta comunale
nominò gli scrutatori per gli uffici elettorali assegnando 5 scrutatori per ognuno sezione
scegliendoli tra gli eleggibili di ambo i sessi e dai consiglieri comunali non candidati per le
prossime elezioni
Il 20 aprile 1946 si riunì il Consiglio comunale eletto il 7 aprile 1946, prima
espressione pubblica del dopo guerra, composto da: Pietro Balbi, rag. Vincenzo Lombardi,
avv. Luigi Brancaccio, Domenico Marzaioli, Alberto Cerreto, Alfredo Massimo, Francesco
D’Angelo, Salvatore Morbillo, notaio Girolamo De Laurentis, Paolo Palmieri, Alessandro
delli Paoli, avv. Aniello Raffone, Alfredo De Sivo, gen. Domenico Renga, Antonio De
Vincenzo, Elio Rosati, dr. Felice Di Vico, dr. Salvatore Sagnelli, Salvatore Farina,
Francesco Senneca, dr. Eugenio Forgillo, Gabriele Sforza, Francesco Ginolfi, Giuseppe
Sollitto, avv. Angelo Grauso, dr. Enrico Tammaro, dr. Michele Iadevaia, Alberto Zaza
d’Aulisio. Assenti Pietro Padova e dr. Giuseppe Iorio. Assunse la presidenza il consigliere
anziano cav. notaio Girolamo de Laurentis che riferì: che l’art. 54 del D.L. 7 gennaio 1946
sanciva che nella seduta immediatamente successiva alle elezioni, il Consiglio comunale,
prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, doveva esaminare la condizione degli eletti,
a norma degli articoli 12-13-14-15 e 16 e dichiarare la ineleggibilità di color che si
trovavano in uno dei casi enumerati dagli articoli stessi, provvedendo eventualmente alla
sostituzione ai sensi dell’art. 50”.
Esaminate le condizioni degli eletti, fu osservato che tutti avevano il requisito di saper
leggere e scrivere. I consiglieri Brancaccio, De Laurentis, Di Vico, Morbillo, Grauso,
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Iadevaia, Iorio, Lombardi, Raffone, Renga, Sagnelli, Tammaro erano tutti laureati o
diplomati ed esercenti libera professione mentre Rosati e Sollitto erano studenti
universitari, De Sivo aveva la licenza liceale avendo già altre volte ricoperta la carica di
consigliere, Palmieri era in possesso della licenza ginnasiale, Zaza d’Aulisio Alberto era
ufficiale della Real Guardia di Finanza, Farina, De Vincenzo e Sforza avevano compiuto
con profitto lo studio delle cinque classi elementari come risulta dagli attestati; infine
Balbi, Cerreto, D’Angelo, Delli Paoli, Ginolfi, Marzaioli, Massimo, Morbillo, Padova e
Senneca come accertato dal notaio Barletta, dal Sindaco e dal segretario comunale si
trovavano nei casi previsti dagli articoli citati. Ritenuto alla fine che tutti gli eletti al
Consiglio comunale, nelle elezioni del 7 aprile 1946, avevano i requisiti per la carica a loro
conferita dal Corpo elettorale, dichiarò la loro eleggibilità.
Successivamente il civico consesso provvide con 22 voti su 28 (sei schede bianche) alla
nomina del Sindaco nella persona del cav. Luigi Brancaccio. Per la nomina degli assessori
effettivi si ebbe la seguente votazione: Girolamo de Laurentis voti 20, Enrico Tammaro 20,
Paolo Palmieri 21, Angelo Grauso 19, Michele Iadevaia 1, Elio Rosati 2, Alberto Zaza
d’Aulisio 1, Giuseppe Iorio 2, Domenico Renga 1. Schede bianche 6. Risultarono eletti
assessori effettivi: Paolo Palmieri¸ Girolamo de Laurentis, Enrico Tammaro e Angelo
Grauso. Per la nomina di due assessori supplenti riportavano voti: Elio Rosati voti 19,
Francesco D’Angelo 18, Michele Iadevaia 1, Domenico Renga 1, Salvatore Sagnelli 1,
Giuseppe Iorio 2. Schede bianche 7. Furono quindi eletti assessori supplenti: Elio Rosati e
Francesco D’Angelo.
Il consigliere Francesco D’Angelo, chiesta ed ottenuta la parola, ringraziando il
Consiglio dell’onore conferitogli dichiarò di non poter accettare l’incarico per le sue
molteplici occupazioni. Il Presidente cav. Brancaccio pregò il consigliere D’Angelo a
desistere dalla sua decisione, ma avendo questi insistito nelle date dimissioni, invitò il
Consiglio adottare i provvedimenti relativi. L’Assemblea comunale di fronte alle insistenze
del consigliere D’Angelo dopo aver preso atto in modo definitivo delle sue dimissioni
procedette ad una nuova votazione per la nomina del suo successore: votanti 29; avv.
Alberto Zaza voti 17, Vincenzo Lombardi 1, Antonio De Vincenzo voti 1, Michele
Iadevaia 1, Domenico Marzaioli 1. Schede bianche 7. Risultò quindi nominato assessore
supplente Alberto Zaza d’Aulisio.
Il 25 aprile 1946 ai nuovi assessori furono assegnati gli incarichi inerenti alle varie
branche dell’Amministrazione comunale: Paolo Palmieri allo Stato civile, Anagrafe e Leva,
notaio Girolamo de Laurentis ai Tributi, Lavori pubblici e Acquedotto, dr. Enrico Tammaro
all’Annona, Igiene, Razionamenti e sostituzione del Sindaco in caso di assenza o
impedimento, avv. Angelo Grauso al Contenzioso e Finanze, Elio Rosati alla Pubblica
istruzione, Assistenza, Beneficenza e Cimitero, Alberto Zaza al Corso pubblico, Nettezza
urbana e Illuminazione. Il 27 giugno la nuova Giunta municipale ritenuto che la quantità di
crusca assegnata normalmente dall’Ispettore provinciale dell’agricoltura per le 120 vacche
da latte destinato all’alimentazione della popolazione e dei malati e per gli 80 cavalli da tiro
adibiti al trasporto delle persone e cose per i pubblici servizi era insufficiente per la
supernutrizione degli animali. Dovendo aumentare le tariffe dei trasporti e del prezzo del
latte in misura non gravosa per la popolazione la Giunta ritenne opportuno escludere dai
suddetti aumenti i proprietari degli animali per evitare che questi per il mangine dei loro
animali si rivolgessero al mercato nero. Per venire incontro ai citati proprietari la Giunta
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deliberò di assegnare una razione mensile di 1 quintale di
mangime per ogni animale sia cavallo che vacca e obbligò ai
proprietari delle vacche di fornire una sufficiente quantità di
latte al prezzo modico per i bisogni dell’ospedale civico, degli
asili infantili e del ricovero di mendicità.
Il 2 agosto 1946 il Sindaco Brancaccio fece la seguente
dichiarazione: “Dichiaro di sentire innanzi tutto il dovere di
porgere ai Consiglieri tutti, dopo l’avvenuta seduta
d’insediamento – il suo sincero e deferente saluto e di chiedere
a loro venia (perdono) di aver convocato l’Assemblea con un
certo ritardo ed in piena estate quando più sensibili sono i
vicolo di via Roma
disagi. Aggiunge di sperare di ottenere considerazione e
benevolenza, da parte dei colleghi quando avrà fatto ad essi
rilevare le gravi difficoltà in cui è venuta a trovarsi la Giunta in conseguenza della grave
crisi in cui si dibattono tutte le pubbliche amministrazioni. La Giunta, infatti, ha dovuto in
primo luogo rendersi conto dello stato degli uffici e dei servizi pubblici e portare in essi
ordine e disciplina che sono le premesse necessarie per il loro buon funzionamento.
Successivamente ho dovuto prendere in esame la situazione finanziaria del Comune resa
oltremodo grave del deficit dell’esercizio finanziario 1946 e dall’enorme aumento delle
spese per i miglioramenti economici al personale per effetto del D.L.L. 21/11/1945. Ma il
problema di una parziale assunzione dei reduci, partigiani e combattenti che vivevano in
condizioni economiche precarie meritavano di certo una maggiore benevolenza da parte
dell’Amministrazione e fu in considerazione di ciò che la Giunta, con determinazione n°
142 del 28 maggio, dispose l’assunzione in servizio di 22 di loro”.
“Un altro grave assillo per la Giunta – continua la dichiarazione del sindaco - fu
quello di dover provvedere, con mezzi tratti dalla produzione locale, alla provvista del
pane alla popolazione per la mancata fornitura della farina da parte della Sepral nel
periodo di saldatura tra il vecchio e il nuovo raccolto. Gli sforzi e le ansie non furono
poche, ma il pericolo della fame fu scongiurato. Altra fonte di preoccupazione era la
deficienza dell’acqua potabile che veniva a costituire per la popolazione un tormento non
immane di quello della fame. Tale grave iattura è stata scongiurata da questa
Amministrazione che ha tempestivamente stipulato con il Demanio dello Stato un’apposita
convenzione per l’immissione nel civico acquedotto di un quantitativo di acqua del
condotto Carolino tale da lasciare tranquilli e fiduciosi che il prezioso elemento non verrà
a mancare”.
“Si è presentato inoltre per la Giunta il problema di procurare al bilancio un certo
sollievo con l’ottenere dall’appaltatore della gestione delle Imposte di consumo un
sensibile aumento del minimo garantito che è stato portato a lire 7.200.000. Infine
permanendo lo stato di disagio dei reduci, questa Giunta si è trovata nella necessità di
dover riconsiderare il problema e cosi si è stabilito l’accordo con le loro rappresentanze di
procedere ad una nuova assunzione, che porta come imprescindibile conseguenza il
licenziamento di un gran numero di avventizi: problema doppiamente angoscioso e che è
stato portato all’esame del Consiglio dell’odierna seduta. Tutto questo complesso di
problemi – conclude il primo cittadino - ha costituito delle gravi remore per la
convocazione del Consiglio che, per poter svolgere un proficuo lavoro, aveva bisogno che
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gli fosse spianata la via con la riduzione degli ostacoli ritardatari. La Giunta ha il
convincimento di aver assolto tale compito con zelo e buona volontà e pertanto spera che
l’On. Consiglio vorrà confortare col proprio voto il suo operato“.
Il 7 ottobre 1946 l’Assemblea consiliare ratificò le delibere adottate dalla Giunta con i
poteri del Consiglio. Il Sindaco avv. Luigi Brancaccio chiarì che all’avviso di
convocazione, recapitato a ciascuno consigliere, era allegato l’elenco di tutte le
deliberazioni già adottate dalla Giunta con i poteri del Consiglio, e che nella seduta odierna
dovevano essere ratificate. Sicuro che ciascun consigliere avesse già piena cognizione delle
delibere da ratificare anche perché queste furono depositate in Segreteria dal 5 ottobre,
disse che ove i consiglieri non avevano nulla da obiettare le delibere si intendevano
senz’altro ratificate appena avutane lettura. Il Consiglio ad unanimità approvò la proposta
del Sindaco. Il 26 maggio 1947 il Consiglio sull’O.d.G. n° 1 ad unanimità approvò e
ratificò le deliberazioni adottate d’urgenza dalla Giunta: aumento carovita ai pensionati
comunali, nuovo trattamento economico ai dipendenti comunali, premio di presenza ai
dipendenti comunali, lavori di ordinaria manutenzione delle strada comunali basolate per
l’anno 1947, lavori di ordinaria manutenzione della fognatura cittadina per il 1947, lavori
di ordinaria manutenzione delle strade inghiaiate per il 1947, armamento vigili urbani,
contributo al Comitato Reduci di lire 5.000, programma di lavori pubblici per danni di
guerra e per sollievo disoccupazione, approvazione preventivo per i lavori di
disoccupazione ed impegno con lo Stato, approvazione di urgenza di puntellamento del
corpo di fabbrica ospedale civile ed asilo infantile, consorzio per l’approvvigionamento
idrico con le acque del Torano, nuovo trattamento economico agli impiegati comunali,
profilassi antirabbica e aumento dell’imposta di consumo, della tariffa su cani, della tariffa
sulle vetture pubbliche e private, della tariffa imposta sui domestici, della tariffa sui
pianoforti e bigliardi, della tariffa sulle insegne e dell’imposta sulle macchine da caffè
espresso.
Il 3 luglio 1948 su richiesta del Consiglio comunale di Caserta la Giunta municipale a
nome dell’Assemblea comunale e della Cittadinanza deliberò di far voto presso le Autorità
competenti per la ricostituzione dell’Accademia Aeronautica nel palazzo della Reggia di
Caserta. Il 21 luglio l’Assemblea consiliare fu riunita per prendere in esame le dimissioni
del Sindaco. Il consigliere Paolo Palmieri, nella qualità di assessore anziano per il sindaco
assente, assunse la presidenza e invitò il civico consesso a deliberare sulla proposta in
oggetto e poi lesse la lettera del dimissionario avv. Luigi Brancaccio diretta al Consiglio:
“Maddaloni 20 luglio 1948 – Al Consiglio comunale di Maddaloni – Signori consiglieri,
per il senso di responsabilità e per la chiara consapevolezza dei miei doveri di
amministratore, che in questi due anni di duro travaglio e di sacrificio, purtroppo quasi da
nessuno compreso, mi furono guida costante e viatico sicuro per conseguire l’ambita
approvazione della mia coscienza, sono costretto a rassegnare le dimissioni dalla carica di
Sindaco. Non ritengo necessario accennare ai motivi di questa mia decisione perché essi
sono ormai noti a voi tutti ed al popolo di Maddaloni, al quale ho consacrato le risorse del
mio impegno modesto e del mio cuore per alleviarne il più che sia possibile la miseria ed i
dolori, non senza rivolgere la mia cura costante alla necessità di una distensione di animi
attraverso un’azione amministrativa scevra da prevenzione e da rancori politici e fondata
unicamente su principi di equità e di giustizia. Lascio senza rammarico e senza rancore il
mandato, che voi mi avete conferito con il voto quasi unanime nel 1946 e che ho tenuto in
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tempo non lieti né sereni senza macchie e senza paura. Iddio voglia illuminare il mio
successore e concedergli di realizzare in pieno il programma amministrativo al quale so di
aver dato sicuro impulso, quotidiana fatica, fermezza di propositi e nobiltà di intento. Avv.
Luigi Brancaccio”.
Il presidente in carica espresse il suo pensiero su quanto scritto dal Sindaco Brancaccio:
“In questa lettera, che io vi ho letto, il Sindaco afferma che sono noti i motivi delle sue
dimissioni. Ciò credo che sia esatto. Tuttavia, perché vi può essere qualcuno che ignora
tali motivi, per debiti di precisione tengo far presente che le dimissioni del Sindaco sono
dovute al fatto che egli intendeva mantenere ferma la imposta di famiglia per esigenza
imprescindibile di bilancio, procedendo in sede di concordato alla tariffa di qualsiasi
errore si fosse potuto verificare nell’accertamento, e usando nei confronti di tutti i
contribuenti la maggiore larghezza e comprensione fino a rendere la imposta accettabile a
tutti. All’uopo il Sindaco, nella seduta del 3 luglio 1948, aveva già preposto e la Giunta
aveva approvato tale concetto, deliberando quanto segue, nei casi di manifestati errori
nell’applicazione dell’imposta, si procederà caso per caso al riesame, da parte della
Giunta comunale, dell’accertamento e della eventuale rettifica. Sicuro di interpretare il
pensiero della maggioranza dei cittadini di Maddaloni, propongo, per un doveroso
omaggio a cittadino che, per due anni e più si è sacrificato per il bene del suo paese, che le
dimissioni del Sindaco siano respinte ad unanimità di voti. Se non vi siano osservazioni in
contrario, le dimissioni si intendono respinte ad unanimità”. Il consigliere Grauso
intervenendo disse che nella lettera del sindaco dimissionario non si faceva un solo cenno
ai suoi collaboratori e metteva in rilievo che occorreva dar atto al Brancaccio di quanto con
spirito di sacrificio costante e talvolta coraggioso aveva fatto nell’interesse del Comune e
della cittadinanza. IL consigliere Raffone dichiarò che la minoranza aderiva al voto
espresso dal Presidente di respingere le dimissioni del sindaco ed in linea pregiudiziale
propose che prima che il Consiglio provvedesse all’O.d.G. fosse riunita di urgenza la
Giunta municipale in carica per provvedere alla sospensione temporanea dell’imposta di
famiglia allo scopo di tranquillizzare la cittadinanza, e chiese inoltre che la Giunta
assumesse impegno fin da ora di provvedere in merito.
IL consigliere Renga si associò alla proposta del Raffone, mentre il Grauso spiegò che
quanto chiesto dall’avv. Raffone coincideva con l’orientamento del Consiglio che a larga
maggioranza era per la revoca degli accertamenti per dar luogo alla correzione dei
molteplici errori non sanabili in sede di concordati. Anche il consigliere Di Vico aderì alla
proposta di revisione in toto e radicale degli accertamenti sull’imposta di famiglia finora
eseguiti. Invece Rosati chiese alcuni chiarimenti sull’argomento, mentre il consigliere
Grauso fece osservare che quanto proposto dal Raffone circa l’impegno della Giunta in
carica era inattuabile per lo stato di fatto determinatosi in seguito alle dimissioni del
Sindaco.
Il Consiglio concordemente infine deliberò di aggiornare la seduta a venerdì successivo
per trattare la revoca o la sospensione dell’imposta di famiglia all’O.d.G. della seduta non
esaurito. Nonostante quanto espresso dall’Assemblea si aprì una vivace discussione
inerente al fatto di trattare le dimissioni del Sindaco e della Giunta municipale procedendo
alle relative nomine. Il Presidente a questo punto propose di votare per verificare se il
Consiglio intendeva aggiornarsi senza trattare le dimissioni del Sindaco e della Giunta e le
relative eventuali nomine. Per appello nominale si procedette alla votazione che dette il
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seguente risultato: 19 schede con il no che non volevano il rinvio e 7 con il si quelli che lo
propugnavano. I consiglieri Alberto Cerreto, Francesco D’Angelo e dr. Felice Di Vico si
allontanarono dalla sala consiliare. Il consigliere Rosati protestò per l’allontanamento dei
tre rappresentanti della minoranza facendo rilevare che la minoranza aveva il dovere di
esplicare il controllo della maggioranza. Il Raffone facendo parte della minoranza protestò
vivamente contro le espressioni formulate da Rosati invitandolo a non mortificare la
minoranza intera che aveva sempre frequentato le sedute consiliari. L’Assemblea dopo altri
interventi procedette alla votazione per le dimissioni del sindaco con il seguente risultato:
presenti e votanti 23, 13 schede con il si che accettava le dimissioni e 7 con il no che le
respingevano non senza 3 schede bianche. Il Presidente dell’Assemblea verificato l’esito
della votazione dichiarò che erano state accettate le dimissioni del Sindaco cav. avv. Luigi
Brancaccio. Successivamente rassegnarono le dimissioni anche gli assessori municipali.
Il consigliere Grauso fece rilevare che il dissenso determinatosi in seno alla Giunta
relativamente ai criteri adottati ed al metodo lacunoso per l’applicazione dell’imposta di
famiglia causò un unanime malcontento nella popolazione. Lui in seguito a questo
prospettò di rivedere “ex-novo” gli accertamenti e di renderli di pubblica ragione.
Precedentemente erano stati adottati criteri radicalmente contrari a quelli da lui preposti. Il
dissenso fra il suo sistema e quello della maggioranza del Consiglio era reso insuperabile
dall’intransigenza del sindaco. Il bisogno di non condividere responsabilità infondate in
una materia delicata e grave che costituiva applicazione non soltanto dei principi di diritto
tributario, ma di concreta attuazione di principi etico-politico-sociale, rendevano
impossibile ogni ulteriore collaborazione. Il Presidente poi invitò il Consiglio a votare sulle
dimissioni della Giunta che furono accettate da 20 consiglieri con 3 schede bianche.
Il 21 luglio 1948 l’Assemblea comunale si riunì per la nomina del nuovo Sindaco. Il
consigliere anziano Girolamo notaio De Laurentis dopo aver assunto la presidenza con il
sistema della scheda segreta su cui ogni consigliere doveva scrivere un solo nome fece
procedere alla votazione del primo cittadino. Risultò eletto Sindaco con 23 voti il gen. cav.
Domenico Renga che si rivolse poi ai consiglieri con le seguenti parole: “Signori
consiglieri sento il dovere di rivolgere, a nome della Giunta e del Consiglio, un sincero e
affettuoso ringraziamento al precedente sindaco avv. Brancaccio ed ai componenti della
Giunta uscenti per aver prestato la loro opera a vantaggio del Comune per oltre due anni
con intelligenza, passione e sacrifici in momenti non facili della vita del paese. Noi
abbiamo accettato questo duro compito per continuare a servire la nostra Città, poiché
abbiamo sentito come un dovere non disertare questo posto di responsabilità e di lavoro.
Noi ci metteremo presto all’opera. Ma qual è il nostro programma? E’ un programma che
qualsiasi buon padre di famiglia è costretto a fare, quando si trova in tempo di necessità e
cioè aumentare per quanto è possibile le entrate e diminuire per quanto è possibile le
uscite per arrivare al pareggio del bilancio. Per ottenere questo noi agiremo con onestà e
giustizia nell’interesse di tutti i cittadini”.
“Speriamo che le nostre modeste forze siano pari alla nostra volontà ed al nostro
compito. Viviamo in tempi difficili la situazione è grave ed è per questo che ogni cittadino
deve sentire il dovere e deve avere l’orgoglio di contribuire al risanamento del bilancio
comunale. Tutti devono concorrervi, secondo le loro possibilità, con questo criterio
applicheremo l’imposta di famiglia che ormai è attuata in quasi tutti i comuni d’Italia. La
situazione finanziaria è tale che non ci consente di far per ora l’ordinaria
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amministrazione. Speriamo di affrontare a breve tempo qualcuno dei più importanti
problemi cittadini venendo incontro nel contempo a quelli che vivono in gravi ristrettezze
economiche. Rivolgo un invito alla minoranza consiliare a partecipare al nostro Consiglio.
La buona regola democratica esige che altri partiti controllino l’operato della
maggioranza facendo sempre critica costruttiva. Con questi criteri noi ci accingiamo ad
amministrare il nostro Comune e speriamo di soddisfare l’aspettativa della cittadinanza”.
Nella stessa giornata l’Assemblea comunale arrivò alla nomina degli assessori con il
sistema delle schede su cui si potevano esprimere 4 preferenze: Angelo Grauso voti 20,
Salvatore Sagnelli 15, Giuseppe Iorio 14, Salvatore Farina 14, Michele Iadevaia 2, Alfredo
Massimo 2, Domenico Marzaioli 2, Antonio De Vincenzo 2,
Alfredo De Sivo 1, Elio Rosati 1, Vincenzo Lombardi 1.
Schede bianche 3. Risultarono eletti assessori effettivi: avv.
Angelo Grauso, dr. Salvatore Sagnelli, dr. Giuseppe Iorio e
Salvatore Farina e assessori supplenti dr. Giuseppe Sollitto e
rag. Vincenzo Lombardi.
Il 7 febbraio 1949 l’Amministrazione comunale intitolò
vicolo Marconi
alcune piazze e tratti stradali ad illustri concittadini
scomparsi. Il Sindaco cav. generale Domenico Renga
commemorò tre illustri concittadini scomparsi: prof. dr.
Vincenzo Rossi (oculista), prof. dr. Francesco Caruso
(ostetrico) e avv. Pietro Di Vico (procuratore generale
militare): “L’illustre nostro concittadino, il prof. Vincenzo
Rossi, nato nel 1890, direttore della Clinica oculistica di Pisa, fu maestro ed un
appassionato cultore di arte, autore di numerose pregevoli pubblicazioni. Per il suo
grande ingegno e per gli studi da cui compiuti fu più volte designato quale autorevole
rappresentante italiano nei consensi internazionali. Egli fu Vice-rettore dell’Università di
Pisa e Preside della facoltà di Medicina e Chirurgia di tetto Ateneo, Vice-preside dalla
Società Italiana di Oftalmologia, Vice-preside e Maestro fondatore della Società Latina di
Oftalmologia, Membro e Delegato per l’Italia della Società francese di Oftalmologia e
Membro della Società belga di Oftalmologia, Direttore dell’Archivio di Oftalmologia e
Membro del Comitato Internazionale di Oftalmologia (a Londra) composto di sette
rappresentanti di tutto il mondo. Egli, dotato di un grande cuore non fu mai assente nelle
opere di bene, e per le sue spiccate virtù organizzative, fu Presidente della C.R.I. di Pisa,
Presidente del Rotare Club, del Comitato del Giugno Pisano (mostra del 300 pisano ecc.).
Il nostro prof. Rossi fu un lavoratore instancabile, ma, la sua forte fibra cedette durante
un’operazione chirurgica. Mentre si apprestava a dare la luce ad un infermo gli occhi suoi
espressione di intelligenza e di dolcezza si chiudevano lentamente e per sempre”.
“Altro Grande medico e maestro, nostro concittadino, fu il prof. Francesco Caruso,
nato nel 1860e laureato a 22 anni percorse rapidamente e brillantemente la sua carriera, e
raggiunse tappe scientifiche internazionali. Operò nella Clinica Ostetrica-ginecologica di
Napoli, ove ebbe Maestro il grande Molisani, passò poi a dirigere la scuola di ostetrica di
Novara e di poi la Clinica Universitaria di Cagliari e finalmente quella di Catania.
Frequentò i grandi Istituti clinici di Dresda, Lipsia, Londra, Parigi e New York ed
interessò alle sue pubblicazioni il mondo scientifico del campo diagnostico e terapeutico.
Altri studi minori apportò notevole contributo a quello sulle ciste ovariche e al taglio
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cesareo sul fondo ed a ricerche applicate alla medicina legale, di cui tenne l’insegnamento
per alcuni anni all’Università di Catania. Storico e letterato impresse il rigore classico ai
suoi trattati ed agli scritti che costituiscono anche capolavori di stile e di lingua, studioso
di lingue, tra le quali conosceva benissimo il francese, l’inglese e tedesco, scrisse su
diverse riviste estere ed ottenne recensioni pregevolissime su i suoi scritti. Moriva a
Catania nel 1929, quando era per realizzarsi il suo sogno di ritornare da direttore alla
Clinica Ostetrica di Napoli, che lo aveva avuto discepolo e poi libero docente”.
“Di Vico Pietro, nato nel 1853, si laureò giovanissimo in legge, entrato nella
magistratura Militare, fece brillante carriera e raggiunse il più alto grado di Procuratore
Generale Militare. Pubblicò una lunga seria di articoli di monografie e di studi nel vecchio
“Digesto Italiano”, nella rivista penale, nell’Enciclopedia del Pessina, negli annali di
diritto e procedura penale militare che hanno contribuito a dare carattere scientifico al
diritto penale militare, a dimostrare l’autonomia, e a preparare la riforma dei codici
penali militari, attualmente in vigore alla quale Egli attese e dette opera apprezzatissima
quale Presidente della Commissione Reale, incaricato della riforma stessa. Giuseppe
Ciardi, docente di diritto e procedura penale che pubblicò nel 1942 in un volume i nuovi
codici penali militari, definisce Pietro Di Vico Principe del Giure Militare Italiano e
Sommo Maestro di tutti noi. Fu nominato Senatore del Regno nel 1913, ed ebbe le massime
onorificenze tra le quali di Cavaliere di Gran Croce dei SS. Maurizio e Lazzaro”. Dopo
aver messo in evidenza le doti degli stimati concittadini il primo cittadino rivolgendosi al
Consiglio disse: “Signori consiglieri questi illustri nostri concittadini si distinsero per
altezza di ingegno, ma anche per i loro studi, il “diuturno” lavoro, l’attività professionale
instancabile, la dirittura di carattere, la semplicità di vita e di costume, la grande bontà di
animo. Essi servirono i grandi ideali della vita per il progresso della scienza e per il bene
dell’umanità. Con le loro virtù hanno onorato la città di Maddaloni che oggi intende
onorarli intestando al loro nome due piazze ed una strada affinché la loro luce di pensiero
e di opere non sia offuscata dall’oblio ma serva alle future generazioni per incitamento a
bene operare.”. Il cav. Renga dopo il suo intervento propose di intestare al prof. Rossi
l’attuale piazza Umberto 1°; al senatore Di Vico l’attuale piazza Santacroce ed al prof.
Caruso il tratto della strada Bixio compreso tra l’angolo di via Concezione a quella di via
Trivio S. Giovanni.
Il 20 aprile 1950 il Consiglio comunale espresse sentita solidarietà al Sindaco per la
“vigliacca” aggressione subita il 18 aprile 1950. L’assessore Angelo avv. Grauso assunta la
presidenza come assessore anziano in assenza del Sindaco espresse il suo sdegno e la
riprovazione dell’insano gesto compiuto da un criminale pur essendo presenti i tutori
dell’ordine. Il gesto era ingiustificato perché il criminale agì da vero delinquente pur
avendo avuto molte attenzioni da parte del sindaco. Inoltre riferì che la Giunta municipale
aveva convocato d’urgenza il Consiglio per stigmatizzare l’accaduto presentando il
seguente O.d.G. “Il Consiglio comunale di Maddaloni convocato d’urgenza, esprime
all’unanimità lo sdegno per il vigliacco gesto del criminale, che aggredendo il Sindaco,
non arrecava soltanto onta all’Amministrazione comunale in persona del suo Capo, ma
calpestava ogni principio di vivere civile. Si stringe unitario al Sindaco, al quale rinnova
profondamente la sua devozione l’augurio che possa proseguire nel faticoso cammino che
il dovere della Civica amministrazione impone.”. Il Consiglio unanime approvò l’O.d.G.
del Presidente. Il 20 maggio il sindaco dopo aver rassegnato le dimissioni lesse la seguente
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lettera: “Signori Consiglieri, fin dal 25 marzo, presentai le dimissioni da Sindaco nelle
mani del. Prefetto della Provincia per ragioni di salute. Ora un altro motivo di ordine
morale mi induce a notificarvi la mia irrevocabile decisione. Voi sapete che nel luglio 1948
molti amici consiglieri mi pregarono insistentemente perché accettassi la carica di Sindaco
e riuscirono a vincere la mia riluttanza e perplessità. Ho fatto del mio meglio per assolvere
l’incarico affidatomi, interessandomi in especial modo dell’attuazione dei lavori pubblici a
sollievo della disoccupazione dei quali una prima realizzazione è già in atto ed altre
seguiranno, non appena saranno finanziati i relativi lavori già progettati. Alla
manifestazione di solidarietà, da me non promossa, me che tuttavia giudicai opportuno per
ragioni di chiarificazioni, in seguito all’aggressione da me patita il 18 aprile, molti
consiglieri non crebbero partecipare. Tali assenze, senza altre volute potevo consideralo
apatia od indifferenza, ora devo ritenere mancanza di fiducia alla mia persona, per cui
sento il dovere di confermare le dimissioni e non rimanere più un giorno al mio posto. Vi
rivolgo perciò viva preghiera di accettarle e di non fare voti, perché io abbia a rimanere in
carica, essendo fermo nella decisione presa. Mi allontano dal Comune colla sicura
coscienza di aver adempiuto interamente il mio dovere, moltiplicando le mie modeste
energie per il bene della città di Maddaloni. Cordiali saluti. Domenico Renga.”Il
Consiglio prese atto delle dimissioni. Nella stessa seduta si dimise anche la Giunta
municipale e il Consiglio aggiornò i lavori per arrivare alla nomina del Sindaco e del
rispettivo esecutivo.
Il 10 giugno 1950 fu fatta la prima riunione del Consiglio comunale per la nomina del
Sindaco che fu annullata dal presidente notaio Girolamo De Laurentis per mancanza di
numero legale. Nel giorno stabilito il civico consesso si riunì sotto la presidenza dello
stesso notaio che nominò come scrutatori i consiglieri Lombardi, Ginolfi e Marzaioli. A
seguito della votazione a scrutinio segreto risultò eletto con 20 voti ed una scheda bianca
Primo cittadino di Maddaloni il dr. Elio Rosati. Era l’anno 1950. Il nuovo Sindaco
rivolgendosi al Consiglio ed al pubblico, oltre a profferire espressioni di riconoscenza per
la fiducia a lui riposta e manifestata con la votazione all’unanimità accettò l’incarico
oneroso non per pura vanità ma per un sentito adempimento per il proprio dovere. Inoltre il
neo primo cittadino chiese la collaborazione della futura Giunta municipale e dei cittadini
ai quali rivolse un accorato invito ad essere sempre disciplinati ed ossequiosi ad ogni
norma del vivere civile. Nel concludere il suo intervento Rosati ribadì il principio che i
servizi pubblici avrebbero dato migliori risultati con il concorso e il contributo di tutta la
popolazione. Successivamente il Consiglio procedette alla nomina della Giunta municipale
con questa votazione: Angelo Grauso voti 16, Giuseppe Iorio 16, Girolamo de Laurentis
17, Salvatore Farina 19, Pietro Balbi 2, Gabriele Sforza 1, Enrico Tammaro 2, Giuseppe
Sollitto 2, Alfredo De Sivo 1, Michele Iadevaia 1, Antonio De Vncenzo 1. Risultarono
quindi eletti assessori effettivi: Salvatore Farina, Girolamo de Laurentis, Angelo Grauso e
Giuseppe Iorio. Per la nomina dei due assessori supplenti si ebbe la seguente votazione:
Vincenzo Lombardi voti 17, Antonio De Vincenzo 16, Giuseppe Sollitto 1, Alfredo
Massimo 1, Domenico Marzaioli 1, Salvatore Morbillo 1. Risultarono quindi eletti:
Vincenzo Lombardi e Antonio De Vincenzo.
Capitolo terzo
Il bilancio comunale
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Il 15 maggio 1899 il Consiglio comunale prese alcuni provvedimenti per sanare la
passività del bilancio. A relazionare sull’argomento intervenne l’assessore al bilancio
delegato dal Sindaco Giuseppe cav. Tammaro, dr. Alfonso Raffone il quale disse che se si
voleva risanare l’economia comunale in crisi era necessario chiedere un prestito con l’aiuto
dei cittadini. Nella compilazione del bilancio preventivo il Consiglio e la Giunta comunale
si erano attenuti ai bisogni di una città di 23mila abitanti, una delle più industriose di Terra
di Lavoro, il cui proficuo suolo la rendeva una delle prime Province d’Italia. Lo stesso
relatore propose nel contesto della discussione di abolire per due anni alcune voci in modo
da poter raggiungere l’estinzione della passività della precedente gestione. Il relatore
inoltre si oppose fermamente all’abolizione del Corpo delle guardie campestri perché tale
istituzione era indispensabile per Maddaloni, sia per i compiti di agenti di Pubblica
Sicurezza sia come agenti municipali tanto utili e indispensabili in una città estesa e dedita
alle industrie sia rurali che cittadine. Inoltre chiese pure di non abolire i due Asili Infantili
esistenti che erano necessari per la popolazione maddalonese molto dedita all’agricoltura e
alle sue faticose occupazioni.
Il 5 gennaio 1901 nel Bilancio preventivo del 1901 fu proposto di mettere all’O.d.G.
dal consigliere dr. Michele Correra la nomina di un avvocato comunale con un assegno
fisso annuo,
Affinché potesse rappresentare il Comune in ogni vertenza sia amministrativa sia
giudiziaria. L’11 marzo l’assessore cav. avv. Giovanni Brancaccio fece apportare alcune
modifiche al bilancio approvato dalla Giunta comunale senza alterare le cifre del passivo.
Piazza della Vittoria
Le modifiche interessarono
le seguenti voci: Illuminazione
pubblica,
spese
per
le
vaccinazioni, spese per liti,
arredi scolastici, opere e lavori
pubblici, aumento dell’indennità
cavallo al capo delle Guardie
campestri, perché doveva girare
e sorvegliare i propri dipendenti
sparsi in varie zone del nostro
territorio, aumento dell’assegno
all’accalappiacani ed al custode
del
lazzaretto
perché
il
nosocomio, quanto prima, una
parte doveva servire come Sanatorio per tubercolosi, l’aumento alla banda musicale e
scuola allievi musicanti. Il 26 giugno dello stesso anno la Giunta municipale autorizzo il
pagamento del fitto relativo al ricovero del custode situato sotto un’arcata dei Ponti della
Valle. Il 19 settembre 1903 il Comune di Maddaloni secondo una nota del Prefetto stabilì
una tassa comunale sui cani, in misura di lire tre per i maschi e lire otto per femmine.
Esentò dalla stessa i cani esclusivamente adibiti alla custodia dei greggi e degli edifici
rurali e i proprietari di quelli che non avevano fissa dimora nel comune che non doveva
però superare i due mesi.
L’11 gennaio 1905 il Sindaco sicuri della fiducia che godevano dalla larga
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maggioranza del Consiglio chiesero al Prefetto di Caserta di mandare un ispettore per
controllare l’amministrazione della gestione comunale. Essi addivennero a tale richiesta in
seguito ai durissimi attacchi da parte di alcuni consiglieri che per pura fantasia si erano
inventati false e insidiose critiche nei loro confronti. Il Prefetto visto i malumori
serpeggianti tra i consiglieri e che non si riusciva mai ad arrivare al quorum utile per le
deliberazioni sciolse il Consiglio comunale ed inviò a Maddaloni il Commissario
prefettizio facendo un’analisi sulle varie attività gestionali del Comune incontrò difficoltà e
problemi per mettere in ordine la gestione finanziaria comunale. Egli addivenne che se non
si fosse risolto prima la crisi finanziaria non si potevano risolvere i problemi più urgenti
della città, come l’acqua potabile, l’illuminazione, ed altri ancora. Con la sua tenacia il
Commissario riuscì ad organizzare i servizi di contabilità, di sanità pubblica, di polizia
rurale, e sistemò la situazione finanziaria della civica azienda ripristinando i regolamenti
mancanti e i ruoli delle tasse.
In precedenza il personale addetto era reclutato in base ad alcune virtù umane,
compassionevoli e accomodanti. Il Commissario cambiò le regole dando precedenza alle
capacità umane che dovevano tener conto dell’onestà e della rettitudine In sostanza il
futuro impiegato comunale doveva essere un uomo adatto, capace, valente, attivo ed onesto
per l’impegno da assumere. Per alleviare il disagio di alcuni impiegati soggetti a lavorare
stipati in locali angusti, mal disposti ed incomodi fece costruire due nuovi locali nella Casa
comunale, uno adibito per l’ufficio archivio e l’altro per l’ufficio anagrafe. Inoltre eliminò
la piccola cisterna d’acqua piovana che stava al centro del cortiletto del fabbricato
comunale perchè era diventata uno stagno malsano e ingombrava il libero passaggio del
cortiletto.
Visto che nel Comune vigevano alcune cattive abitudini, come quella che tutti gli
impiegati, a cominciare dall’usciere, si permettevano di dare ed assumere impegni a carico
del bilancio comunale, senza dare preavviso, che alla chiusura del bilancio causavano una
passività invisibile che sarebbe poi ricaduta sui bilanci successivi. Inoltre
l’Amministrazione non soleva sollecitare i suoi creditori a presentare le note di pagamento
causando un ritardo che veniva a ricadere sulla gestione amministrativa. Un’altra piaga
della città era costituita dall’arbitrario operato dei sensali che non si attenevano con
diligenza e scrupolosità a comunicare in tempo debito le variazioni dei prezzi di
compravendite, all’ufficio dell’Annona. La popolazione ed i piccoli venditori si
lamentavano contro l’operato non certo lineare degli stessi che imponevano i prezzi che
volevano sui prodotti comprati e messi in vendita andando a danno del cittadino che
vedendosi aumentare i prezzi andava a reclamare sotto la casa comunale. Il Commissario
dopo aver informato emanò dei provvedimenti contro i sensali il cui numero fu ridotto al
massimo uno per ogni categoria di prodotto comprato o venduto. Il 9 luglio 1905 il cav.
Giuseppe Starone approvò l’imposta sul valore locativo e il relativo regolamento (*), la
tassa sulle vetture pubbliche e private (*) e quella relativa ai domestici (*).
Il 17 febbraio 1908 fu presentato al Consiglio il bilancio preventivo per il 1908,
compilato dalla Giunta, per la sua approvazione. Il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone
incaricò il ragioniere del comune a leggere il bilancio articolo per articolo chiarendo che
ogni articolo discusso s’intendeva automaticamente approvato. Alla fine della lettura, dopo
vari chiarimenti, il Sindaco mise a votazione il bilancio. Il consigliere avv. Arturo Vitelli
invitò l’Assemblea a non votarlo giustificando l’atto adducendo i seguenti motivi: “Il
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bilancio era effimero perché le entrate preventivate erano superiori alle somme
effettivamente introitate nei passati esercizi, come i proventi della vendita dell’acqua del
Ducatone, del dazio e vari. Inoltre la voce spesa era aumentata per le spese straordinarie
non obbligatorie, come quella del Cimitero, sussidi e feste religiose. Il bilancio era pure
illegale perchè non erano espresse le spese facoltative, mentre era stato deliberato
l’eccedenza dei centesimi addizionali e l’imposizione di tre tasse comunali di servizi e
rivendite del valore locativo sui domestici e sulle vetture pubbliche e private. Lo stesso
infine era insufficiente perché non provvedeva l’attuazione di un programma serio e vero
per risolvere alcuni problemi della città, come l’acqua potabile, l’edilizia scolastica e la
risoluzione di atti amministrativi importanti”. Alla protesta del consigliere Vitelli si
aggregarono Ferraro, Prisco e Ferrante. L’assessore cav. Borgia fece osservare ai dissidenti
ch’egli elementi di fatto espressi nel bilancio bastavano da sola a controbattere le
osservazioni fatte dai precedenti oratori. Le entrate erano andate sempre migliorate e se il
bilancio conteneva maggiori spese queste erano dovute all’aumento degli stipendi del
personale comunale. Inoltre il cavaliere ribadiva che c’erano in programma le spese per il
potenziamento dell’acqua potabile e per il miglioramento dell’edilizia scolastica. Il bilancio
messo a votazione fu approvato a maggioranza con solo 4 voti contrari.
Il 13 febbraio 1914 il Sindaco dr. comm. Alfonso Raffone ricevette dal Prefetto di
Caserta una nota riguardante il Bilancio di Previsione per l’esercizio finanziario 1914.
L’assessore de Laurentis intervenendo nel dibattito disse: “Ancora una volta si continua ad
ignorare il dispositivo della legge comunale e provinciale secondo cui è compito della
Giunta fissare il giorno delle convocazioni ordinarie e straordinarie del Consiglio il cui
relativo O.d.G. deve essere sempre portato a conoscenza dei componenti almeno tre giorni
della relativa convocazione. Perché si vuole ad ogni costo disattendere un diritto acquisito
da ogni consigliere. Questo stato anormale delle cose va a danneggiare il buon andamento
dell’Azienda comunale. Pertanto chiedo di verbalizzare il mio intervento portandolo
possibilmente alla conoscenza delle Autorità preposte. F.to de Laurentis”. Il Sindaco
rispondendo al de Laurentis fece notare che trattandosi di convocazione d’urgenza del
Consiglio non era obbligato a far stabilire dalla Giunta preventivamente il giorno della
convocazione e relativo ordine del giorno. I termini erano stati rispettati, perché il
Consiglio era stato convocato oltre le ore 24 stabilite dalla legge e cosi dicendo fece
proseguire l’adunanza facendo dal leggere dal ragioniere la nota inviata dal Prefetto: “Sig.
Sindaco, Maddaloni, il preventivo deliberato da codesta Amministrazione pel corrente
esercizio, è stato in generale regolarmente compilato sia per la forma sia per la sostanza”.
Dopodiché seguì il normale svolgimento dell’adunanza per gli altri punti all’O. d.G.
Il 5 dicembre 1914 il Consiglio comunale discusse sul deliberato d’urgenza ratificato
dalla Giunta comunale circa l’abolizione della banda musicale e la scuola tecnica per
esigenza di bilancio. L’assessore avv. Vincenzo Brancaccio espose e chiarì largamente i
criteri adottati dalla Giunta per deliberare lo scioglimento del Corpo civico musicale per
non imporre nuove tasse alla popolazione. Il consigliere avv. Giuseppe Iorio dichiarò di
non condividere i criteri della Giunta, e che non doveva adottare un deliberato d’urgenza
senza sottoporre il caso alla discussione del Consiglio. L’assessore Brancaccio ribadì che il
deliberato non poteva essere dilazionato in quanto il regolamento del Corpo stabiliva che
almeno un mese primo, in caso di scioglimento, ogni componente avrebbe dovuto ricevere
una regolare diffida. Il deliberato d’urgenza adottato il 27 novembre fu notificato a tutti i
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componenti il giorno 29 giusto un mese prima per arrivare allo scioglimento. Il consigliere
Pasquale Fossataro sollecitò la Giunta a trovare fra le more del bilancio preventivo del
1915 un piccolo sussidio da corrispondere a favore della banda musicale. Il consigliere
Finocchiaro, pur rilevando l’utilità della musica, sotto il rapporto educativo non condivise i
criteri adottati e successivamente diede le dimissioni. Il deliberato della Giunta che aprì
ampi contrasti tra i membri del Consiglio e grande costernazione in città per il mancato
rispetto delle tradizioni popolari, fu approvato con 18 voti favorevoli e 2 contrari. Nella
stessa data gli assessori minacciarono di mettere in crisi l’Amministrazione se fosse stato
cambiato il bilancio preventivo in corso. Inoltre per alleviare la crisi economica del
Comune propose l’aumento dell’uno a due per cento della tassa valore locativo. I
consiglieri Giuseppe Iorio, Antonio Omaggio, Alfonso de Laurentis, Ignazio Assumma,
Gennaro Castaldo e Antonio Apperti votarono contro la suddetta proposta. Ancora una
volta, il Prefetto di Caserta visto che c’era una larga maggioranza di consiglieri dissidenti,
dopo le dimissioni del Sindaco e della Giunta comunale, mandò a Maddaloni il
Commissario prefettizio, dr. Michele Gizzio, per cercare di ripianare le gravi difficoltà in
cui versava l’Amministrazione comunale.
Il 25 marzo 1916 nel compilare il bilancio preventivo del 1916 il Commissario
prefettizio dr. Giuseppe Marzano tenne conto dell’effettivo fabbisogno economico dei
pubblici servizi. La precedente Amministrazione aveva adottato lo stesso sistema per
migliorare gradualmente gli stipendi dei vari organici del personale che da anni non
avevano ricevuto alcun aumento facendo stanziare anno per anno una certa somma e nel
contempo iniziò a diminuire gli organici delle diverse categorie. Nel bilancio del 1914 il
civico consesso aveva cercato di aumentare gli stipendi delle guardie campestri e urbane,
personale più numeroso. Ma essendo stato poi disciolto dal Prefetto solo poche categorie
beneficiarono del miglioramento economico. Di contro il Commissario prefettizio per dare
un miglioramento equo al personale della Segreteria comunale, degli uscieri, del vigilatore
della pubblica illuminazione, del Cimitero e del tesoriere comunale tolse dal bilancio
parecchie voci di spese inutili.
L’8 marzo 1921 il Consiglio comunale presieduto dall’avv. Vincenzo Tammaro
facendo funzione del Sindaco comm. Ferraro recentemente scomparso si riunì per discutere
il Bilancio preventivo. L’assessore Armando rag. Di Vico relatore del bilancio prima della
discussione dell’O.d.G. propose al Consiglio di prendere in esame l’aumento di una nuova
sovrimposta e la contrattazione di un mutuo con la Cassa Deposito e Prestiti per poter
arrivare al pareggio del bilancio approvato all’unanimità. Poi lesse la relazione sul bilancio
preventivo del 1920: “Appena assunti all’Amministrazione di questo Comune, nostra
doverosa preoccupazione fu quella di rivolgere a questa finanza municipale la nostra
speciale attenzione, siccome a niuno di capitale importanza, sul quale posa l’esistenza
materiale e morale non di singoli, ma della collettività di tutti i cittadini. E tanto più fu
niuno preoccupato, perché mentre da ogni parte si creavano proteste di atti giudiziali per
ritardato o mancato pagamento, la Cassa comunale trovammo esausta, fin al punto, che
per fronteggiare le spese fisse obbligatorie, l’Amministrazione straordinaria che ci ha
preceduta ha dovuto fare ricorso a operazioni chirurgiche per ingenti somme, e noi pure vi
fummo costretti per non mancare i pagamenti di stipendi e salari al personale municipale.
Indubbiamente un tale stato di fatto, cosi accertato, ad esercizio inoltrato ci indusse ad un
ponderoso esame delle cause generali determinanti l’accennato perturbante economica-
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finanziario, esame, che appalesò a luce meridiana, che non solamente per ripercussioni
della guerra si era giunti a tale, ma che il dissesto era anche in dipendenza d’una finanza
allegra, di parecchi anni, in cui è doloroso il costatarlo, sia pure senza recriminazioni, i
bilanci furono redatti, unicamente, per assolvere un compito imposto da legge, ma senza
mai provvedersi in armonia delle cresciute e crescenti esigenze in tutti i rami dei pubblici
servizi, a fronteggiare i quali, erano impari le risorse attive del Comune, che anzi, noi
rilevammo che molte entrate erano prospettate in rinfusa non rispondenti al vero, mentre
dall’altro canto, le spese venivano ristrette, aritmeticamente, in angusti confini, per puro
comodo di pareggio, dal che la insufficienza degli stanziamenti passivi nel corpo
dell’esercizio e il rinvio ai futuri di liquidazioni e pagamenti di spese, fino al punto, che noi
saremo costretti a proporvi la contrattazione di un mutuo di oltre mezzo milione, oltre
quello di lire 300mila deliberato dal cessato R. Commissario. Indubbiamente a tanta
iattura si è arrivato specialmente per lo stato di completo abbandono in cui fu lasciato
soprattutto l’ufficio di ragioneria durante l’assenza del titolare chiamato alle armi. Si
ponga mente che dal 1914, mai più si procedette a chirurgie di esercizio, che per qualche
anno si mancò la tenuta del libro mastro delle competenze e dei residui, che sono circa
sedici anni che nessun consuntivo fu superiormente approvato, che sono undici anni che il
Consiglio comunale non ha più portato il suo esame sui conti residui tesorieri, e completo
si avrà il quadro di quale eredita per la finanza, noi fummo beneficiati, specialmente in
queste ore di assillanti pubbliche esigenze, a fronte della più doverosa preoccupazione di
non aggravare le sorti del cittadino contribuente. Ogni commento qui, nocerebbe al testo,
la Giunta, mentre non vuole recriminare, sente però imperioso il dovere ed il bisogno di
parlare chiaro, proponendovi il progetto di Bilancio in esame, non per scansare la propria
responsabilità, ma appunto perché il paese sappia dove finiscono quelli degli altri, e dove
incominciano le proprie. E’ fortuna per noi, però, che le doti, non siano purtroppo un
opinione e che l’eloquenza delle cifre non comporti lusso di sentimentalismo, dal che
saremo lieti, se il ponderoso nostro compito voi approvante nel suo dettaglio di
sistemazione finanziaria, che è per noi consolidamento di questo Bilancio. Premesso
quanto sopra, vi diremo ancora in linea generale, che noi, fummo costretti a preparare un
bilancio di fretta competenza è vero, ma che a tanto fummo indotti per lo stato attuale degli
atti contabili ammalati. Che è un assurdo sperare di porvi rimedio, ove non si addivenga
ad una riorganizzazione completa dell’ufficio di ragioneria, che per un Comune come
questo di Maddaloni, non deve limitare la sua azione ad un ufficio di spedizione di mandati
d’incasso e di pagamenti, ma deve essere la guida vera, sincera e costante
dell’Amministrazione, che in esso deve vedere rispecchiato, osservato e registrato ogni
fatto economico-finanziario della pubblica azienda, interpellato e chiamato sempre a
fornire i suoi illuminati pareri nei molteplici e svariati fatti amministrativi, pareri e dati,
che purtroppo, se trascurati o non richiesti conducono un Comune sul precipizio, come il
nostro è arrivato. Il Ragioniere di un Comune, e l’amministratore vero, non diciamo
questo qui, per esaltare la funzione, ma da lui dipendono una folla di circostanze tutte
importantissime, che se neglette o non curate, traggono le inevitabili conseguenze dei gravi
perturbamenti economici-finanziari, quelli gravissimi delle responsabilità degli
amministratori, a riparare le quali, non bastano i soccorsi, siano pur sapienti, dell’ufficio
di Segreteria, dal che la necessaria imprescindibile alleanza tra i due importantissimi
uffici, che mentre devono avere provetti capi, le mani dei quali, a differenza di quelle
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bibliche della carità, devono fare il bene, sapendo a fondo quello che l’altra pratica!
Scendendo intanto al dettaglio del Bilancio in esame, mentre dalle note di variazioni
rileverete le ragioni singole, degli aumenti e delle diminuzioni degli stanziamenti attivi e
passivi, in confronto di quelli per l’esercizio 1919, vi diciamo che mentre questa si eleva a
lire 1.600.105 pel 1920 tale cifra cifre ammonta a lire 1.745.117, in apparenza quindi un
aumento di lire 145mila, ponendosi appena mente, che nel Bilancio in parola, furono
eliminate lire 600.000 del fondo sussidi militari”.
Nel concludere il suo intervento l’assessore Di Vico aggiunse: “Non vogliamo
prolungarci nell’elenco di tutto le anomalie finanziarie che abbiamo riscontrato
nell’esame dei bilanci del passato che non furono mai mandati alle Autorità competenti per
l’approvazione. Noi nella compilazione del bilancio abbiamo cercato di non far gravare
ulteriormente il peso di nuove tasse alla popolazione maddalonese. Noi in linea generale
siamo stati costretti a preparare un bilancio per sanare quanto prima la crisi economica
della nostra Amministrazione e per farlo dobbiamo ricorrere alla Cassa Depositi e Prestiti.
Una delle prime nostre azioni è quella di proporvi l’assunzione di un Ragioniere comunale
che fu licenziato per economia di bilancio durante la guerra in modo di poter avere sempre
aggiornata la situazione economica del comune”.
Il 29 dicembre 1921 il Prefetto di Caserta per gravi motivi amministrativi sciolse il
Consiglio comunale e inviò il Commissario prefettizio cav. uff. Giovanni dr. Anelli che il
18 febbraio 1922 per pareggiare il Bilancio comunale aumentò la tasse sugli esercizi e
rivendite commerciali. Il 29 luglio 1922 l’Amministrazione comunale retta dal Sindaco
comm. dr. Alfonso Raffone ricevette un prestito di lire 120mila dalla Cassa Depositi e
Prestiti senza interessi da investire in opere pubbliche per dare lavoro ad alcuni disoccupati.
Con voti 24 favorevoli su 30 presenti in aula il civico consesso formalizzò il prestito da
pagare in 35 annualità con rate bimestrali. E per poterlo estinguere il Consiglio fu costretto
ad applicare una sovrimposta sui terreni e fabbricati che doveva essere riscossa da
un’agente incaricato dal Comune. Il 25 novembre 1922 l’Amministrazione comunale
stanziò un somma nel bilancio preventivo 1923 per il Monumento a caduti maddalonese
nella Grande Guerra 1915-18. L’assessore avv. cav. Arturo Vitelli visto che in città era
sorto un Comitato per la raccolta dei fondi necessari alla costruzione del monumento,
propose al Comune di integrare i fondi raccolti con un contributo di 20mila lire
prelevandolo dal fondo daziario. Il Consiglio comunale all’unanimità approvò la proposta
dell’assessore. Successivamente il 20 dicembre dello stesso anno 16 consiglieri su 21
presenti votarono contro l’approvazione del bilancio preventivo. Il pubblico presente in
aula consiliare dopo aver ascoltato l’esito della votazione protestò energicamente contro
alcuni consiglieri causando la rottura di alcuni vetri e lumi a petrolio. Il Presidente per
calmare la protesta invitò il Commissario di Pubblica Sicurezza a far sgombrare l’aula
rinviando la seduta con data da decidere.
Il 27 giugno 1931 il Podestà cav. Amedeo Sorvillo contrasse un mutuo di lire
centomila con la banca Cerreto di Maddaloni per poter pagare alcuni creditori del Comune
che minacciavano di portare in giudizio l’Amministrazione comunale. Il titolare della
banca fece sapere di essere disposto a concedere il mutuo ma a determinate condizioni. Il
15 febbraio 1932 il Vice-Podestà cav. Iorio in base ad una legge del Governo ridusse nella
misura del 15% i contratti di affitto dei fondi rustici di proprietà comunale e il 27 febbraio
dello stesso anno deliberò l’applicazione dei ruoli pubblici per la tassazione del 1932:
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Tassa di occupazione di spazi ed aree pubbliche riferibile ai passi carrabili, tassa sui
pianoforti e bigliardi e tassa sulle macchine per caffè espresso.
Il 9 gennaio 1945 il Sindaco cav. Eugenio Iorio riferì al Consiglio: “Come è noto
questa Amministrazione per ottenere il pareggio del proprio bilancio, ha applicato finora
tutte le imposte e tasse consentite dal T. U. F. L. ad eccezione del “corrispettivo ritiro
spazzatura” per la quale non si ritiene opportuno l’imposizione in considerazione del
meschino gettito che ne deriverebbe e delle difficoltà per la riscossione. Come già gli uffici
del Comune ebbero a suggerire con relazione del maggio 1944, si rende indispensabile
appurare quale sarebbe il gettito della imposta di famiglia che eventualmente dovrebbe
sostituire quella locativa. Tutti ritengono che il provvedimento dovrebbe essere di molto
maggiore colpendo esse tutta la classe degli agricoltori che è in maggioranza esonerata
dal pagamento dell’imposta valore locativo”. Per sanare la crisi economica il primo
cittadino ricorse all’applicazione dell’imposta di famiglia facendola pagare principalmente
a tutta la classe degli agricoltori che erano in maggioranza esonerati dal pagamento
dell’imposta valore locativo.
via S. Margherita
Capitolo quarto
Personale comunale
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Nel 1887 gli impiegati della segreteria comunale percepivano i seguenti stipendi:
Segretario capo 2700 lire, sottosegretario di 1^ classe 1420, sottosegretario di 2^ classe
1400, ragioniere 1400, archivista 1100, caposezione 1100, capo dell’ufficio annonario
1050, ufficiale d’ordine di 1^ classe 1050, ufficiale d’ordine di 2^ classe 980, ufficiale
d’ordine di 3^ classe 800, scrivano 600. Poi al posto del caposezione subentrò il vicesegretario con uno stipendio 1500
lire.
Il 20 febbraio 1899 il
Consiglio comunale revocando la
deliberazione
del
Reale
Commissario cav. avv. Attilio de
Johannis modificò il Regolamento
e la pianta organica del personale
stipendiato e salariato degli uffici
municipali e delle guardie urbane.
L’assessore ing. Vincenzo Borgia
fece presente che il Commissario
prefettizio durante la sua gestione aveva diminuito l’organico
del personale comunale senza tener conto del bisogno e delle reali esigenze dei vari servizi,
e che al personale collocato a riposo si doveva corrispondere una pensione o un’indennità e
che era giusta quindi revocare la delibera commissariale.
Il 2 gennaio 1902 la Giunta municipale autorizzò il pagamento di un compenso al
calligrafo Egidio Varone per la speciale scritturazione di 3 copie del nuovo capitolato della
luce elettrica. Il 31 ottobre 1903 il Sindaco comm. Giuseppe Tammaro assunse Crisci
Eduardo come accalappiacani supplementare perché alcuni cittadini maddalonesi avevano
reclamato per l’invasione di cani randagi che disturbavano la quieta pubblica e spesso
avevano azzannati dei passanti che erano dovuti ricorrere alle cure mediche. Il 12 ottobre
1905 alcuni impiegati comunali chiesero al Sindaco un compenso per il lavoro
straordinario prestato in ore fuori ufficio e anche di notte in occasione del passaggio dei
militari che si recavano alle grandi manovre in Irpinia. L’assessore delegato all’ufficio
annonario dr. Pietro Ferrante riferì al sindaco che per il supporto logistico dato alla truppa
il Comandante del 10° Corpo d’Armata aveva fatto pervenire al Comune una lettera di
encomio e di ringraziamenti. Il Consiglio deliberò l’erogazione dei compensi richiesti.
Nel 1906 la pianta organica della segreteria comunale con i relativi stipendi degli
impiegati era composta dal segretario capo 2400 lire; vice-segretario 1600; ragioniere
1500; 4 capi uffici ciascuno 1900; 4 applicati di concetto: due di 1^ classe ciascuno 1250 e
due di 2^ classe ciascuno 800; 4 ufficiali d’ordine: due di 1^ classe 950 e due di 2^ classe
ciascuno 800; un usciere capo 660; 2 uscieri ciascuno 500; 2 messi comunali ciascuno 450
e un portiere 510. Nel 29 gennaio dello stesso anno il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone
chiese al Reale Governo affinché prendesse in considerazione un’eventuale riduzione sui
biglietti ferroviari per gli impiegati comunali.
Il 10 marzo 1906 l’Amministrazione comunale retta dal Sindaco cav. dr. Alfonso
Raffone dovette far fronte al problema dell’aumento d’assegno per il personale della
corso 1° Ottobre
56
Segreteria. Prima di iniziare la seduta si allontanò dall’aula il vice-segretario avv. Alfonso
Lerro autore dell’istanza in nome degli impiegati della segreteria che fu letta dallo stesso
Sindaco: “I tempi mutati, le attuali condizioni sociali, in continuato rincaro dei viveri,
hanno fatto divenire perfettamente irrisorio lo stipendio col quale gli impiagati del
Comune di Maddaloni sono retribuiti. Sicché non è più possibile a loro tirare innanzi la
vita anche nel modo più modesto. E ciò senza tener conto che, date le mansioni sempre più
crescenti degli uffici municipali, il lavoro per loro per lo meno si è raddoppiato e si è
accresciuto di molto la rispettiva responsabilità. Già da qualche tempo, On. sig. Sindaco,
fu inteso il bisogno dalle precedenti Amministrazioni di migliorare agli impiegati di questo
Comune, gli assegni, che, come è noto, sono molto al disotto di quelli degli altri Comuni
della stessa importanza di Maddaloni, e V.S. sostenne sempre la loro causa, per cui si è
lieti di esprimere a voi i sensi della mia più viva gratitudine. Nulla però finora si è fatto,
perché vari ostacoli furono frapposti ai vostri intendimenti onesti e da un ventennio in qua
si è soltanto promesso senza mai nulla mettere in attuazione. Oggi però le impellenti
esigenze dei tempi nuovi impongono il soddisfacimento del bisogno vivamente inteso e non
la promessa di soddisfarli in avvenire. Il Governo, compenetrandosi di questa realtà di
cose, ha già provveduto per gli insegnanti elementari aumentando sensibilmente i loro
assegni. Le SS. LL. ill.me componenti l’attuale Amministrazione comunale hanno
provveduto equamente per alcuni impiegati. Deve forse il sol personale di Segreteria, la
cui modesta opera è generalmente tanto apprezzata e riconosciuta utile alla Società,
rimanere negletto. Ciò non li consentiranno i componenti di questa Amministrazione,
animati come sono da principi giusti e retti. Ed è perciò che i sottoscritti si rivolgono alle
SS. LL. ill.me sicuri, nelle presenti difficili contingenze, di essere appagati nei loro voti che
suonano soltanto legalità e giustizia. F.to Alfonso Lerro, Quintavalle Vincenzo, Leonardo
Boschi, Patrelli Tito, Lerro Giacinto, Muoio Luigi, Muoio Paolo, Lombardi Vincenzo,
Vitale Eduardo, Francesco Calzolaio, Domenico Rossi”. Il presidente infine propose che il
Consiglio rinviasse la programmazione della nuova pianta organica del personale comunale
ad una prossima seduta.
Il 22 novembre 1906 il Consiglio comunale approvò il nuovo regolamento per uffici ed
impiegati comunali (*). Il consigliere Zaza relazionò sull’argomento: “La Commissione per
le modifiche al Regolamento si è ispirata al criterio rigoroso delle nuove disposizioni
legislative, consone alle esigenze dei nuovi tempi ed ai locali bisogni. Ha creduto colmare
le lacune nell’interesse dell’Amministrazione, per cui ne soffre il normale andamento di
questo importantissimo servizio pubblico, che è la vita di una retta Amministrazione. Ha
riscontrato che spesso, nonostante la buona volontà, gli atti amministrativi subiscono un
ritardo quasi sempre giustificato per mancanza di personale e per i crescenti bisogni. La
mancanza di adatti locali contribuisce anche a questa specie di ristagno, richiamano
l’attenzione dei consiglieri perché sia provveduto, in tempo non lontano, ad una
conveniente sede degli uffici comunali tutti riuniti in un unico stabile, comodo, igienico.
Tutto questo serve in riguardo allo sviluppo agricolo, industriale, commerciale sempre
crescente, che la nostra città, con la risoluzione del problema dell’acqua, che ci
auguriamo presto effettuata, e con i benefici della legge pel Mezzogiorno, è destinato a
prendere, perché cittadini volenterosi ed Amministratori solerti s’ispirano alle nuove
economie che formano la ricchezza ed il vanto delle Civili Amministrazioni”.
“Le principali osservazioni, che nell’attuale Regolamento sono rinvenute richiamando
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l’attenzione nostra sui vari inconvenienti lamentati sono: Un’organizzazione degli uffici
troppo frazionata, la mancanza dei titoli nelle commissioni e dell’obbligo della residenza,
le modalità delle promozioni. E mentre pel basso personale si determina l’età, questa
importante disposizione, non sappiamo perchè viene invece trascurata addirittura per gli
impiegati. E notiamo inoltre una sperequazione negli stipendi e la deficienza di personale
di concetto munito di titoli legali che ne affidano per coltura e capacità tecnica. La
questione dell’età poi è un fatto gravissimo per il peso delle pensioni che viene a gravare
sul bisogno comunale con una certa progressione per cui mentre richiediamo l’ammissione
il 30° anno di età al massimo dall’aspirante, salvo alcune eccezioni trascritte da leggi
speciali. Richiediamo per il personale di concetto: il Vice-segretario il con diploma di
“Segretario comunale, quello di “Ragioneria” per il Capo d’ufficio di contabilità, mentre
pel Segretario Capo oltre il diploma specifico richiediamo a maggior garanzia anche la
laurea in legge. Inoltre, in base ai criteri che reggono gli uffici governativi, in rapporto
alle locali esigenze, si propone di dividere la Segreteria in 4 uffici, di cui il 1° con a capo il
Vice-segretario diplomato, ed il 4° della Contabilità ha per capo il ragioniere patentato.
Inoltre per raggiungere lo scopo del riordinamento degli uffici e del miglioramento
economico del personale sull’attuale cifra del Bilancio in lire 17190 col nuovo organico si
spenderebbero lire 16600 con un’economia di circa 600 lire una parte servirebbe per
qualche maggior assegno ora percepito un’altra verrebbe posto come fondo di riserva. A
Capi d’uffici si dovrà pervenire dalla categoria degli applicati di concetto, e questi nel
numero di quattro, di cui tre debbono avere i titoli prescritti dalla legge per l’ammissione
all’esame di patente di segretario comunale, mentre l’altro deve avere, esclusivamente, la
licenza di istituto tecnico (sezione Ragioneria). Quattro ufficiali d’ordine, per i quali
richiediamo la licenza ginnasiale o di scuola tecnica, completano il personale idi
Segreteria poiché colle nuove idee e coi nuovi bisogni, coi nuovi mezzi scrivani, ed
amanuensi non hanno più ragione di essere e quindi una certa cultura è indispensabile
anche per i posti infimi dell’ufficio di Segretaria comunale. A parità di merito desideriamo
che vi sia la preferenza ai maddalonesi. Col nostro organico, mentre miglioriamo gli
stipendi, richiediamo un lavoro più attivo, diligente e produttivo degli impiegati, sia perché
non si verifichino ritardi, ed ogni cosa stia al corrente, per non aversi più a deplorare
richieste per lavori straordinari che non fanno sempre generalmente una buona
impressione. Pure l’obbligo della residenza richiediamo da tutti gli stipendiati dal
Comune. Non dimentichiamo, certamente, il personale salariato del Comune, per le
strettezze del bilancio, che non ci permette attualmente, del suo miglioramento economico
e morale, di largheggiare, vi raccomandiamo, magari, di facilitargli le iscrizioni presso le
istituzioni di previdenza e mutuo soccorso autorizzate legalmente, che costituiscono le
moderne aziende idonee a sollievo le classi meno abbienti nel bisogno e del dolore”.
Il 5 aprile 1910 il Sindaco cav. uff. Alfonso Raffone fece acquistare una macchina
dattilografica e una ciclostile per gli uffici della segreteria comunale perché era utile e che
avrebbe fatto risparmiare persone e lavoro. Inoltre il ciclostile fu utilizzato per la
riproduzione degli stampati comunali. Nel 1913 l’Amministrazione comunale aggiornò gli
stipendi del personale della segreteria comunale: Segretario capo 2800 lire, vice-segretario
2100, ragioniere 2100, 2 capi sezioni ognuno 1700, 3 applicati di concetto: uno di 1^ classe
1500 e due di 2^ classe ognuno 1350, 5 ufficiali d’ordine: uno di 1^ classe 1250, due di 2^
classe ognuno 1100 e due di 3^ classe ognuno 950 e uno straordinario scelto dalla Giunta
58
municipale 900 lire. Il 28 aprile 1913 il Consiglio tenendo conto che l’impiegato
provvisorio Muoio era stato costretto ad allontanarsi dall’ufficio comunale per poter
svolgere un servizio obbligatorio nell’interesse dello Stato con 19 voti favorevoli e con
l’astensione dei consiglieri: Mattia Setaro e Vincenzo Zaza accettò l’istanza dell’impiegato
che chiedeva la corresponsione dell’assegno familiare mensile. Il 16 novembre 1914 il
Sindaco comm. Alfonso Raffone assunse Domenico Romeo come “amanuense”
provvisorio da destinare all’ufficio di segretaria comunale per carenza di personale
ordinario. Si voleva in tal modo operare una revisione rapida delle liste elettorali e una
compilazione lineare del bilancio preventivo, Successivamente sarebbero stati sostituiti con
nuovo personale i due posti rimasti a causa del decesso dell’archivista e del ragioniere del
Comune.
Il 1 luglio 1915 il Commissario prefettizio cav. Michele Gizzio facendo un attento
controllo degli inventari depositati nell’archivio comunale verificò che alcuni atti relativi
agli anni 1809 e 1891 erano senza la firma del sindaco, del segretario e del consegnatario
responsabile. Di conseguenza fu costretto a fare un inventario di tutti i beni comunali
affidandolo alla diligenza di alcuni impiegati comunali che dovevano lavorare fuori orario
d’ufficio. Il 21 gennaio 1916 il Commissario prefettizio assunse Eugenio Iorio come
economo municipale provvisorio per il servizio di mobilitazione in quanto il tesoriere
comunale avv. Agostino Santamaria aveva chiesto di essere esonerato dal servizio
economato e dal pagamento dei sussidi alle famiglie dei richiamati ( circa 700 famiglie per
lire 5.000 settimanali). Nello stesso anno il Commissario in seguito ad un Decreto
luogotenenziale fece inserire nel bilancio corrente un’apposita somma per aumentare del
15% gli stipendi e salari del personale della Segreteria comunale, degli uscieri e portiere,
del personale del Cimitero, del vigilatore della pubblica illuminazione e del tesoriere
comunale. La proposta del Commissario fu bocciata dalla Giunta Provinciale
Amministrativa ma egli considerato che gli impiegati statali avevano già ricevuto tale
beneficio decise ugualmente di concederlo. Il 25 giugno 1917 il Commissario prefettizio di
allora aumentò il caroviveri nella misura del 15% sulla base degli stipendi e salari percepiti
dal seguente personale: applicati di ragioneria e scritturali straordinari della Segreteria;
custode e vice custode del carcere; custode ed inserviente del pubblico macello; veterinario
comunale, accalappiacani e nettatoi degli orinatoi; bidelli delle scuole elementari, spazzini
e guardie urbane e campestri. L’8 dicembre il Commissario prefettizio per snellire la
compilazione delle tessere riguardante pane e pasta dovette assumere nuovo personale che
lavoravano in stretta collaborazione con gli impiegati comunali. Al nuovo personale:
Ferdinando Canalino, Francesco Tontoli, Aurelio Bottoni, Giuseppe Bottoni, Antonio
Galasso, Filippo de Caro, Alfredo Corcioni, Francesco Bottone, Alcide Senneca e Michele
Madonna corrispose una diaria di tre lire, mentre a quello ordinario: Domenico Rossi,
Giuseppe Rienzo, Tommaso Briganti, Ciro Aveta, Filippo Pisanti, Raffaele Roberti e il
segretario capo avv. Alfonso Lerro tributò una nota di lode.
Il 27 luglio 1918 il Commissario prefettizio Federico dr Arcamone per evitare ingenti
spese che il Comune annualmente sosteneva per incarichi d’indole tecnico a vari ingegneri
nominò come ingegnere comunale l’ing. Gaetano de Lillo con i seguenti compiti:
direzione, sorveglianza coordinamento di tutti i lavori comunali eseguiti in economia. Lo
stesso doveva poi provvedere a compilare progetti, dirigere lavori e effettuare le relative
liquidazioni. Inoltre doveva curare la manutenzione delle proprietà comunali sia rustica che
59
urbana e del patrimonio delle strade inghiaiate e lastricate dando pareri sulle questioni
tecniche e legali che interessavano il Comune. La scelta del Commissario ricadde sull’ing.
Gaetano de Lillo che fu assunto come ingegnere comunale per la durata di 4 anni e per un
compenso di lire 2.200 l’anno pagabile a rate mensili posticipate, inoltre l’ingegnere
avrebbe ricevuto dalle imprese l’abituale diritto professionali sui lavori eseguiti e il 2% per
i progetti. Il 26 settembre dello stesso anno il Prefetto di Caserta in merito alla nomina
dell’ingegnere comunale, ingiunse il Comune ad apportare alcune modifiche sulla sua
deliberazione del 21 luglio 1918. Il 28 luglio 1919 il Commissario di allora rilevò che
alcuni impiegati e salariati, oltre a ricevere lo stipendio dal Comune, percepivano lo stesso
da altre istituzioni. Il 19 luglio del 1919 lo stesso Commissario ritenne opportuno chiedere
all’impiegato Guglielmino Trapasso la restituzione di una somma che aveva ricevuto in più
per un’erronea interpretazione di un disposto di legge durante la sua permanenza sotto le
armi. Inoltre su richiesta dell’impiegato per agevolarlo ridusse nella misura del decimo
anziché del quinto su quanto doveva rimborsare. Il 14 agosto 1920 il Commissario
Giovanni comm. avv. Testa elargì un compenso di 2 centesimi per ogni nome iscritto nella
lista agli impiegati Musumeci, Romano Pisanti incaricati di scrivere in doppia copia le liste
sezionali elettorali politiche 1920.
Il 9 dicembre 1920 il nuovo Consiglio comunale presieduto dal Sindaco comm.
Lorenzo Ferraro si riunì in seduta straordinaria, presenti 28 consiglieri su 30; assenti:
Sagnelli e Borgia per discutere sulle nuove tabelle organiche dei dipendenti del Comune. Il
primo cittadino riferì: “L’aumento dei generi di prima necessità dall’inizio della guerra si
erano centuplicato influì negativamente sul tenore di vita degli impiegati, giacché gli
stipendi che percepivano non erano adeguati a far fronte all’effettivo fabbisogno delle loro
famiglie. Rimediare a tale stato di cose l’Amministrazione comunale doveva cercare di
dare un aumento di stipendio compatibilmente con le esigenze del Bilancio. Dagli atti da
lui visionati si rilevava che il Reale Commissario di allora per fronteggiare in parte il
problema si
limitò a ridurre l’organico
del personale
della
Segreteria
sopprimendo i
posti di vice-ragioniere e
dell’ufficiale
di
seconda
classe,
riducendo il
numero delle guardie
urbane da 9 a
6
e
delle
guardie
campestri da
21 a 12 e applicando i
seguenti
stipendi: Segretario Capo
da 10.000 a
9500 lire. Cinque capi
reparti: Vice
Segretario da 8000 a
via Ponte Carolino
7500,
Ragioniere da 8000 a 7500, Capo
reparto di 1° classe da 6700 a 6500, Capo reparto di 2° classe da 6300 a 6250, Ufficiale di
concetto 6000. Cinque applicati d’ordine per ciascuno 4500. Un vigilatore della pubblica
illuminazione 6000, un custode del macello 3500. Cinque uscieri per ciascuno 3500. Un
portiere 3500. Un Capo per le guardie urbane e campestri 4500, 6 guardie urbane per
ciascuna lire 3500, un sotto capo delle guardie campestri 3800, 12 guardie campestri per
ciascuno 3500”. Un’ordinanza della Giunta Provinciale Amministrativa comunicava
all’Amministrazione comunale di Maddaloni una nuova tabella organica del personale
60
della Segretaria: 1° Segretario capo 7000 lire, Vice-Segretario 6000, Ragioniere 6000, 10
applicati d’ordine 4500, dattilografo 3500, 5 uscieri ed un portiere ciascuno 3500”. Il
Sindaco in seguito all’ordinanza della G. P. A. propose una nuova pianta organica anche
per i corpi armati comunali: 1 capo per le guardie urbani e campestri 4500 lire, 6 guardie
urbane per ciascuna 3500, 1 sotto capo delle guardie campestri 3800 e 12 guardie campestri
per ciascuna 3500.
Per gli altri organici la Giunta comunale si riservò di intervenire anche con
soppressione di qualche posto per ragioni di economia in una prossima seduta del Consiglio
comunale. Il consigliere Arturo Vitelli in nome dei colleghi della minoranza dichiarò che il
Consiglio non poteva deliberare solo sulle nuove tabelle organiche per gli impiegati della
segreteria e dei corpi armati comunali ma doveva provvedere alle tabelle organiche anche
delle altre categorie del personale: Ufficio sanitario, medici condotti, veterinario comunale,
levatrice condotta, vigili sanitari, accalappiacani, ricevitrice di proietti (trovatelli), uffici
scolastici, bidelli, scuola musicale, cimitero, macello, carcere, tesoreria comunale,
economato, ecc. Per evitare sperequazioni di trattamento economico tra le varie categorie
del personale il Vitelli propose al Consiglio di rimandare quanto proposto dal sindaco in
una prossima riunione consiliare.
Il Sindaco di rimando fece rilevare al consigliere Vitelli che il Consiglio prendendo in
esame solo alcune categorie si era attenuto alle direttive della Giunta Provinciale
L’Assessore dr Ignazio Assumma intervenendo nella discussione fece rilevare che non
si poteva esaminare contemporaneamente tutte le tabelle organiche, giacché il loro studio
doveva tener conto oltre la revoca di quei posti ritenuti superflui delle esigenze economiche
dell’Amministrazione comunale. Dopo questo ultimo intervento, la proposta della Giunta
municipale, relativa alle nuove tabelle organiche dei soli impiegati di concetto, di capi
reparti, di ragioneria, segretario capo e vice segretario, messa a votazione ottenne il
seguente risultato: 23 voti favorevoli su 29 consiglieri presenti avendo votato contro i
consiglieri Eugenio Forgillo, Arturo Vitelli, Vincenzo Raffone, Clemente Barletta, Alfredo
De Sivo e Giuseppe Iorio.
Il 10 marzo 1921 l’assessore anziano avv. Vincenzo Tammaro facendo funzione del
Sindaco comm. Ferraro recentemente scomparso riferì al Consiglio che la Giunta
municipale per ragioni economiche aveva soppresso i posti di Economo e di Ingegnere. Il
consigliere Arturo Vitelli assieme ai colleghi Vincenzo Raffone, dr. Clemente Barletta e
Eugenio Forgillo dichiararono che non potevano votare a favore della proposta perchè il
posto di economo oltre ad essere utile al normale funzionamento della vita amministrativafinanziaria, era una garanzia per la conservazione e manutenzione del patrimonio mobile:
uffici di segreteria, scuole, lazzaretto, macello, commissione comunale di avviamento al
lavoro ed altri. Inoltre lo stesso era necessario per il rapido disbrigo delle pratiche
dell’Amministrazione e il pagamento dei sussidi di stato alle famiglie dei militari
richiamati alle armi. Nello stesso tempo i dichiaranti erano anche contro la revoca del posto
dell’ingegnere comunale. Il consigliere Silvio Borgia fece rilevare nel suo intervento che il
posto di economo nel Comune di Maddaloni non era mai esistito. Esso fu provvisoriamente
istituito dal Commissario prefettizio dr. Marzano unicamente per il pagamento dei sussidi
alle famiglie dei militari. I sussidi ridotti al minimo potevano essere pagati direttamente dal
tesoriere comunale come avveniva per il passato. In merito al posto dell’ingegnere
comunale il cav. Borgia fece notare che il Comune non aveva mai avuto un vero e proprio
61
Ufficio tecnico e quindi doveva essere abilito soprattutto per ragioni di economia. Con 22
voti favorevoli e 4 contrari (Vitelli, Raffone, Forgillo e Barletta dr. Clemente) il Consiglio
comunale accettò la proposta della Giunta. Il 15 marzo 1922 fu compilato l’elenco del
personale comunale (*).
Il 10 aprile 1922 per la scrittura di 29.840 copie delle liste elettorali l’Amministrazione
comunale incaricò gli impiegati: Luigi Aveta, Filippo de Caro, Michele delle Cave, Luigi
Iacobelli, Domenico Romano, Francesco della Ventura, Eduardo Vitale e Pisanti Filippo. Il
20 maggio il Commissario prefettizio cav. dr. Francesco Falcetti con i poteri del Consiglio
assunse Augusto Vitagliano, Salvatore Di Caprio, Antonio Candela e Carmine Barbato per
la compilazione delle liste elettorali per un compenso di lire 250 ciascuno.
Il 12 giugno lo stesso Commissario su richiesta di alcuni pensionati comunali che
percepivano pensioni irrisorie in confronto della vita di allora aumentò l’indennità di caroviveri ai richiedenti dando un’indennità maggiore a chi percepiva di meno.
Il 28 febbraio 1923 per non far devolvere l’accantonamento delle trattenute mensili
sugli assegni del personale a titolo di indennità sul Monte Pensione per altri bisogni
amministrativi del Comune che riteneva illegalmente il Commissario decise di impiegarli
in buoni di rendita pubblica vincolati a favore del personale dipendente del Comune. Il 25
giugno dello stesso anno i pensionati del Comune chiesero un nuovo aumento della
pensione per poter far fronte alle esigenze della vita. Il commissario per ragioni di giustizia
ed umanità fece stanziare nel bilancio preventivo la somma di lire 8.000 per l’aumento
delle pensioni ai richiedenti stabilendo le seguenti percentuali: Per le pensioni di oltre lire
100 mensili il 10%, da lire 50 a 100 il 30%, da lire 40 a 50 il 35%, da lire 30 a 40 il 45%,
da lire 20 a 30 il 55%, da lire 10 a 20 il 75%, inferiore a lire 10 mensili il 100%.
Il 28 novembre 1925 il Consiglio presieduto dal Sindaco cav. Gioacchino Castaldo
deliberò di pagare gli impiegati della 1^ Sezione della segretaria comunale Luigi Iacobelli,
Eduardo Vitale, Filippo Pisanti e Ciro Aveta per il lavoro straordinario effettuato per la
compilazione delle liste elettorali politiche ed amministrative del 1925. Il 23 luglio 1927 il
Podestà cav. Amedeo Sorvillo subentrato al Sindaco Castaldo, in esecuzione del Regio
Decreto Legge 23 giugno 1927 ridusse l’indennità di caro-viveri e il 1 settembre dello
stesso anno in conformità alla richiesta del Procuratore capo dell’Ufficio imposte dirette e
del catasto per l’applicazione dell’imposta sui celibi incaricò gli impiegati Domenico Della
Ventura e Raffaele Roberti diretti dal Capo ufficio Stato civile e leva Giacomo Lerro di
provvedere alla compilazione dell’elenco nominativo di tutti i celibi compresi tra i 25 ed i
65 anni. Il 23 settembre dello stesso anno invece il Podestà per le crescenti esigenze dei
servizi affidati alla segreteria comunale assunse Annunziata Salamiti in qualità di
dattilografa provvisoria e come addetta al funzionamento del ciclostile per non distrarre
altro personale comunale. Il 28 gennaio 1928 in base a disposizioni impartite dall’Alto
Commissario il Podestà assunse per la durata di un mese Carlo Doria, Antonio Apperti,
Pasquale Prudenzano e Eugenio Roberti e per due invece il dr. Tommaso Pignataro. Con il
supporto del personale addetto all’Ufficio Stato civile retto da Gaetano Lerro e con
l’impiegato Filippo Pisanti tutti, sotto la sorveglianza del Segretario capo avv. Alfonso
Lerro, attuarono il lavoro di revisione del registro della popolazione. Per meglio facilitare
l’impegno il lavoro fu diviso in due momenti impegnando il primo nella ricerca dei dati
personali e il secondo in quello della trascrizione degli stessi nel nuovo registro anagrafico.
Il 6 maggio 1933 l’Ispettore dell’Alto Commissario durante una sua ispezione al
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Comune di Maddaloni rilevò che nell’archivio comunale erano conservati atti che non
avevano alcun interesse per gli studi storici, economici e statistici e quindi potevano essere
distrutti. Il Podestà cav. Sorvillo in seguito alla richiesta dell’Ispettore fece scaricare
dall’archivio i seguenti atti: registro di protocollo antecedente l’anno 1922 (inizio
amministrazione podestarile), raccolta incompleta della “Gazzetta ufficiale del Regno”
anteriore al 1922, registri e mandati di pagamento anteriori l’anno 1900 e mastro delle
entrate e delle spese. Inoltre fece consegnare alla Croce Rossa tutti gli atti scartati e gli
stampati fuori uso. Nello stesso mese il Podestà cav. comprò 150 “sputacchiere di ferro
smaltate” per tutti gli uffici comunali. Nello stesso anno fu elargito un compenso di lire
1000 all’impiegato Antonio Apperti per aver trascritto a mano circa 134.000 nominativi
con le relative indicazioni accessorie nei registri degli indici decennali 1866-1915 dello
Stato civile.
Il 22 giugno 1940 il Podestà avv. cav. Salvatore Renga diede un compenso agli
impiegati per il lavoro straordinario effettuato per la “Mobilitazione civile dei cittadini” che
furono inclusi in apposite liste di censimento cosi divisi: dei minori maschi dai 14 a 18 anni
compiuti; delle donne nubili, maritate e vedove senza prole dai 14 ai 45 anni.
Il 20 giugno 1944 il Sindaco cav. Eugenio Iorio fece distribuire 5706 tessere annonarie
alle famiglie maddalonesi ai profughi rifugiatesi nella nostra città durante i bombardamenti
di Napoli e dintorni. Nella stessa seduta per la preparazione dei ruoli relativi al pagamento
dei sussidi alle famiglie dei richiamati alle armi il sindaco autorizzò degli impiegati
comunali ad eseguire il lavoro nelle ore straordinarie. Nella stessa seduta il Primo cittadino
riferì alla Giunta municipale: “Prima delle istruzioni date dal Ministero dell’agricoltura,
industria e commercio, dall’Ufficio prov. Statistico dell’agricoltura e dal Governatore di
Caserta del Governo militare alleato circa le denunzie aziendali, il funzionamento dei
Comitati comunali dell’agricoltura e il conferimento dei cereali ai granai del popolo mi
ero preoccupato di richiamare gli agricoltori del Comune all’osservanza delle norme
stabilite dal R.D.L. 10 maggio (manifesto 18 maggio) termine che fu prorogato al 20
giugno in esecuzione del decreto prefettizio del 23 maggio. Con altro manifesto del 1°
giugno esposi la comunicazione agli agricoltori del decreto ministeriale 1944 circa il
conferimento dei cereali ai granai del popolo e circa le assegnazioni dei cereali fatte a
favore dei conduttori diretti”.
“Preoccupato affinché tutti denunziassero l’effettivo quantitativo di grano raccolto
disposi che le guardie giurate, incaricate alla custodia dei campi, presentassero entro il 30
maggio l’elenco dei cerealicoltori indicando per ciascuno la contrada, l’estensione del
terreno seminato ed il presumibile prodotto. Le squadre rispettarono quanto avevo
ordinato e passai tutto l’incarto all’Ufficio comunale dell’agricoltura per gli opportuni
controlli cui era assegnato un solo impiegato Francesco Cerreto che da solo non poteva
disimpegnare i compiti d’ufficio. Nonostante le ripetute richieste di personale da parte del
Cerreto l’Ufficio provinciale dell’agricoltura non ritenne opportuno aumentare il
personale dell’Ufficio comunale. Per non perdere il lavoro eseguito dalle guardie giurate e
per la consegna dei cereali ai granai del popolo crebbi opportuno assegnare al detto
ufficio altri due impiegati provvisori promettendogli un compenso anticipato dal Comune
che sarebbe poi stato chiesto al Stato da cui dipendeva l’Ufficio in questione”.
La Giunta a voti unanimi approvò la proposta del Sindaco.
Il 28 dicembre 1944 la Giunta comunale su lettera circolare prefettizia deliberò un
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compenso per lavoro straordinario effettuato da personale qualificato impiegato sia per
riordinare il registro della popolazione sia per la compilazione dell’elenco generale della
stessa.
Il 2 agosto 1946 il Sindaco avv. Luigi Brancaccio propose al Consiglio il licenziamento
degli avventizi da sostituire con i reduci di guerra. Sull’argomento intervenne l’assessore
alle finanze avv. Angelo Grauso: “Oltre ai tanti altri gravi e preoccupanti problemi che si
erano presentati la Giunta aveva dovuto affrontare pure l’ardua e spinosa situazione della
sistemazione dei reduci che, tornati stanchi e malati dai campi della prigionia, avevano
immediato ed urgente bisogno di un aiuto da parte dell’Amministrazione comunale. Pur
trovandosi di fronte ad una situazione finanziaria deficitaria per l’onere derivante dal
mantenimento in servizio del numeroso personale avventizio assunto sia durante la guerra
che nel periodo turbinoso post-armistiziale l’esecutivo comunale accolse, nei limiti del
possibile, le reiterate istanze dei reduci, partigiani e combattenti.
Con una deliberazione del 28 maggio
1946 assunse in servizio 25 di loro come
impiegati e salariati. Di contro i reduci
assillati caro-vita e privi di lavoro non erano
contenti di tale opportunità. Con pressanti
insistenze, trascese anche a tumulti in
piazza, avevano proposto altre ulteriori
assunzioni”. Dopo numerosi e lunghi
contatti con i rappresentanti delle varie
Associazioni combattentistiche la Giunta si
era impegnata ad assumere altri 26 reduci.
struscio in piazza Umberto 1°
Ma per rendere l’atto esecutivo bisognava
sciogliere prima il dilemma che si era
prospettato: o licenziare un congruo numero di avventizi già in servizio, o ridurre
sensibilmente il carovita a tutto il personale fuori ruolo. Dopo molte perplessità, la Giunta
arrivò alla conclusione che era meglio “falcidiare” l’indennità caroviveri anziché mettere
sul lastrico un cospicuo numero di impiegati provvisori per tanti lati già provetti al servizio
e degni di ogni considerazione. All’unanimità la Giunta comunale propose al Consiglio che
l’indennità carovita corrisposte ai 128 avventizi fosse ridotta del 40% per avere una
disponibilità di circa lire 366.000 mensili. Il provvedimento permetteva
all’Amministrazione di far fronte all’assunzione degli altri 26 reduci, con un’ulteriore spesa
in economia concesse invece la possibilità agli impiegati di ruolo ed avventizi di lavorare
ore fuori l’orario normale. Il consigliere cav. Alfredo De Sivo propose che la riduzione si
limitasse al 30% e che si accantonasse di fare lavorare gli impiegati fuori orario di servizio.
L’assessore avv. Grauso propose che un’apposita commissione composta da consiglieri
comunali concordasse con i rappresentanti dei reduci, artigiani e combattenti la lista delle
26 unità da assumersi in servizio dopo aver vagliati i requisiti di vario genere (morale,
militari, economici, ecc.) di ciascuno. Il Consiglio all’unanimità deliberò: L’assunzione di
altri 26 partigiani, reduci e combattenti in linea di massima nominati secondo le proprie
competenze dalla Giunta o dal Consiglio su designazione dalle rappresentanze
64
combattentistiche e dalla commissione proposta dalla Giunta. Stabilì che l’indennità
carovita fosse ridotta al 20%. Incaricò i consiglieri: avv. Aniello Raffone; dr. Felice Di
Vico; gen. Domenico Renga; dr. Giuseppe Iorio; dr. Salvatore Sagnelli; Francesco Ginolfi;
Domenico Marzaioli alla collaborazione con i rappresentanti dei reduci.
Il 17 dicembre 1947 alcune famiglie di sfollati e sinistrati rimasti senza tetto
occuparono i locali dell’ex convento delle Domenicane e quelli dell’ex caserma Bixio
gestiti dal Comune. La Giunta municipale riscontrato che i suddetti inquilini non pagavano
l’affitto incaricò l’Ufficio tecnico di fare una stima del numero e della qualità dei vani di
ciascuna famiglia per poter stimare l’importo del canone d’affitto. Tenuto conto dello stato
economico della maggior parte degli occupanti la Giunta stabilì che dovevano pagare il
canone d’affitto dal 1° gennaio 1948 e il consumo dell’acqua dell’energia elettrica
consumata da quanto avevano preso possesso dei locali.
Caserma Annunziata - Magazzini Sanitari 1
Capitolo quinto
Servizi pubblici
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Il 15 maggio 1899 gli ingegneri Boldoni, Carena e Rispoli chiesero al Comune di
Maddaloni la concessione per un impianto di una tranvia elettrica Caserta-Capua con
diramazione Caserta-Centurano-Maddaloni che doveva attraversare alcune strade: Corso
Campano fino alla Piazza S.Sofia. Il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco cav.
Giuseppe Tammaro accettò la domanda riservandosi di dare una risposta alla ricezione del
progetto particolareggiato. Nella stessa data l’assessore ing. Vincenzo Borgia riferì che gli
ingegneri Tarantini e Martorelli avevano chiesto la concessione di impiantare una tranvia
elettrica da Caserta a Napoli con derivazione a Maddaloni. Richiesero inoltre la prelazione
dell’impianto dell’illuminazione elettrica pubblica e l’occupazione del Corso I Ottobre e
della Piazza Municipio. Il Consiglio all’unanimità si riservò di accordare la concessione
prendendo in considerazione solo l’impianto della tranvia elettrica nel tratto esterno prima
della barriera ferroviaria e al Corso I Ottobre e non oltre la Casa comunale escludendo la
Piazza dell’Unione che comprendeva la zona che andava dal Municipio alla Piazza De
Sivo. E rigettò la domanda riguardante l’impianto d’illuminazione non essendo l’offerta
conveniente agli interessi dell’Amministrazione comunale.
Il 20 agosto 1900 per la fornitura d’acqua
del Serino prelevata in una località nei pressi
della stazione di Cancello Scalo la Giunta
comunale deliberò di pagare il bottaio Michele
Fusco per aver costruito sei botti. Approvò
anche il pagamento della fornitura di sei
rubinetti d’ottone da applicare alle botti a
vettura da nolo in sosta
Raffaele Barletta di Caserta. Il 5 febbraio 1901
il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco Tammaro fece richiesta al Ministero dei
Lavori Pubblici per far fermare alla stazione di Maddaloni due treni diretti Roma-Napoli e
viceversa perché la città con una popolazione di oltre 20mila abitanti essendo un centro
industriale e commerciale ed avendo due rinomati istituti: il Reale Liceo Ginnasiale e
Convitto Nazionale G. Bruno, e il Deposito della Reale Guardia di Finanza di oltre 630
allievi non aveva la fermata di treni diretti sia a Napoli che Caserta e S. Maria C.V. sede
del Tribunale. Nel marzo dello stesso anno per la fornitura di petrolio, calzette e tubi per
l’accessione dei lampione la Giunta municipale emise un mandato di pagamento a favore
dell’appaltatore del servizio illuminazione.
Il 12 novembre 1901 il Consiglio comunale presieduto dal cav. Giuseppe Tammaro
discusse sui provvedimenti da prendere per il miglioramento del servizio di “spazzamento”
pubblico. L’assessore delegato Alfonso De Simone riferì che il servizio dello spazzamento
ed inaffiamento della città, in appalto, negli ultimi tempi non aveva dato buoni risultati e
non rispondeva più alle esigenze di una città come Maddaloni. Era venuto quindi alla
conclusione, d’accordo con la Giunta, di far effettuare il servizio in economia e di sostituire
il personale anziano con quello giovane che poteva rispondere meglio ai bisogni del
servizio di nettezza urbana. Il civico consesso approvò la proposta dell‘assessore. Nella
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stessa seduta l’assessore delegato all’igiene dr. Michele Correra informò il Consiglio che si
doveva nominare il nuovo veterinario del Comune al posto del dr. Vincenzo Aliperti
deceduto che doveva essere fatta sia per concorso che per titoli con lo stipendio di lire 900.
I concorrenti dovevano avere un’età non superiore ai 40anni. L’esame dei loro titoli doveva
essere sottoposto ad una Commissione composta dal sindaco presidente, di un professore
della Reale Scuola Veterinaria di Napoli, dal veterinario provinciale, dall’assessore
delegato all’igiene e da un altro componente della Giunta. Il consigliere cav. Nicola
Stravino affermò che era contrario alla nomina di un’apposita commissione perché questa
avrebbe tolto un’attribuzione devoluta al Consiglio comunale. Il consigliere Vincenzo
Raffone invece propose che il concorso doveva essere riservato ai soli maddalonesi e i titoli
dovevano essere sottoposti all’esame del Consiglio e non alla commissione prospettata
dall’assessore Correra. Le due proposte messe a votazione la prima ebbe 12 voti contrari e
11 favorevoli essendosi astenuto il consigliere Michelangelo Cerreto, e la seconda 13 voti
favorevoli ed un astenuto. Il Sindaco visto, l’esito delle votazioni dichiarò che per la
nomina del veterinario dovevano concorrere solo i cittadini maddalonesi e dovevano
presentare i loro titoli all’esame del Consiglio comunale. Il 7 febbraio 1902 lo stesso
Consiglio approvò il regolamento per il servizio dello spazzamento in economia (*) . Il 27
luglio 1904 in base ad una circolare del Prefetto il Sindaco cav. Tammaro fece gestire
direttamente dall’Amministrazione comunale i seguenti servizi pubblici: riscossione del
dazio consumo, macello, illuminazione, fornitura degli stampati e spazzatura. Nel 21
novembre del 1904 per aver trasportato nel casotto comunale, situato fuori dell’abitato, con
uno speciale carretto dei cani randagi sequestrati dall’accalappiacani Michele Fabrazzo e
Salvatore Pascarella ricevettero un compenso di 4,50 lire ciascuno.
Il 5 maggio 1905 il Commissario prefettizio cav. avv. Giuseppe Starone riscontrò che
la pianta organica composta di sei medici condotti e il servizio sanitario era esplicato solo
dai due più giovani e l’ufficiale sanitario che rivestiva anche la carica di medico condotto.
Con le dimissioni dell’ufficiale, il servizio medico chirurgico per i poveri rimase affidato ai
medici condotti Gabriele Iorio e Benedetto Quintavalle che continuò a funzionare senza
inconvenienti di sorta e non ci furono lamentele da parte della popolazione ad eccezione
dei due medici che facevano osservare che lo stipendio non era proporzionato al lavoro che
esplicavano. Da un attento esame risultarono quattro posti vacanti: uno per la rinuncia
dell’ufficiale sanitario, un altro per la morte del dr. Aniello Farina e il terzo ed il quarto da
anni titolari si trovavano in condizioni d’età e salute da non poter più esercitare l’ufficio:
uno 90enne e l’altro quasi sessantenne aveva fatto la domanda per ottenere il collocamento
a riposo. Per migliorare il servizio il Commissario divise la condotta medica per i poveri in
tre riparti: due rioni Pescara e Oliveto con circa 170 famiglie povere ciascuno e la frazione
di Montedecore distante circa tre chilometri con poche famiglie povere. E modificò la
pianta organica dei medici condotti portandola a tre e aumentò lo stipendio da 350 lire a
600 annue.
Il 10 giugno 1905 lo stesso Commissario in seguito ad un’accurata ispezione ai vari
uffici comunali riscontrò che alcuni di questi erano angusti, malsani e mal disposti e
mancavano i locali per l’archivio, per il registro di popolazione e per altri uffici importanti
della vita comunale. Inoltre costatò le seguenti deficienze: il Comune pagava annualmente
2000 lire per i locali delle scuole elementari che per quanto concerneva l’igiene e i principi
della civiltà e della pedagogia lasciavano molto a desiderare. I due asili d’infanzia erano
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dislocati in locali angusti e pessimi sotto ogni aspetto dei dettami del progresso umano. Gli
uffici giudiziari si trovavano in locali poco pratici per le esigenze operative. Al riguardo il
cav. Starone ricordò anche che il Comune manteneva a sue spese degli enti dipendenti dai
vari ministeri: il Liceo ed il Convitto Nazionale “Giordano Bruno” 80mila lire, il Deposito
Allievi Guardia di Finanza 70mila e l’Ufficio postale oltre 70mila. Oltre a prendere in
considerazione il convento dei Domenicani, in Piazza Umberto I^, di cui
l’Amministrazione comunale usufruiva solo d’alcuni locali adibiti ad Uffici e ad Ufficio di
Conciliazione ma venuto a conoscenza che era stato richiesto dal Ministero della Guerra
per deposito di fucili vecchio modello, chiese al Ministero preposto la concessione dell’ex
convento delle Domenicane per uso d’uffici comunali, scuole, asili e pretura mandamentale
in modo da concentrare in un unico posto tutte le attività dei servizi pubblici comunali.
Il 17 febbraio 1906 durante la gestione del Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone
l’assessore dr. Pietro Ferrante delegato al servizio sanitario approntò un Capitolato per il
concorso della nomina del medico condotto.(*). Il 21 aprile 1909 il servizio di spazzamento
pubblico gestito direttamente dal Comune fu attribuito in appalto a Raffaele Bove che già
in passato lo aveva gestito. La Giunta comunale compilò un apposito capitolato d’appalto
(*) che successivamente fu approvato dal Consiglio comunale. Nel maggio dello stesso
anno il Consiglio all’unanimità deliberò la revisione del Capitolato chirurgico e il
Regolamento per i medici condotti (*) nel mese di dicembre approvò il regolamento di
vigilanza sanitaria sui laboratori di carne (*).
Il 21 gennaio 1911 il Sindaco dr. Raffone riferì al Consiglio che il 31 dicembre dello
scorso anno era scaduto il contratto del servizio “spazzamento” ed inaffiamento delle vie e
piazze della città che aveva lasciato molto a desiderare maggiormente durante il triste
periodo dell’epidemia colerica. La Giunta voleva gestirlo in economia sotto la gestione
diretta dell’Amministrazione comunale. Per poterlo migliorare dal punto di vista
organizzativo e operativo aumentò da 18 a 20 il numero degli spazzini di cui 18 erano
addetti esclusivamente allo spazzamento delle strade e gli altri due come conduttori
d’appositi carrettini trainati da asini che provvedevano alla rimozione e al trasporto della
spazzatura che veniva deposita fuori del centro l’abitato in una località indicata
dall’Amministrazione comunale. Nello stesso tempo aumentò di 10 centesimi il salario
degli spazzini portandolo da 60 a 70 il giorno. Lo scopo era doppio dare un premio agli
addetti ai lavori e nello stesso tempo costituire un fondo cassa in caso d’abbandono, senza
giustificato motivo del posto di lavoro. Infine stabilì che l’età d’ammissione andava dai 18
a 55 anni.
Il 20 luglio 1914 Filomena Di Chiara responsabile dell’ufficio di ricezione trovatelli
con una lettera informò il Consiglio comunale di aver trovato la balia necessaria per gli
adempimenti del suo ufficio. Si trattava di Alessandra Finelli, moglie di Carlo Finelli,
proveniente da Forchia di Arpaia (BN) che per l’allattamento aveva chiesto un compenso di
60 lire mensile. Il dr Assumma oltre a ritenere troppo elevato il compenso chiesto dalla
nutrice fece osservare che bisogna essere scrupolosi sia nel visitare che nell’accogliere i
trovatelli. Alla fine il Consiglio dopo un’ampia discussione autorizzò il Sindaco Raffone ad
essere oculato e rispettoso della legge nella scelta della balia per il suddetto ufficio. Inoltre
lo incaricò di fare una richiesta specifica alla Provincia per ottenere un concorso di spese
per andare incontro alla richiesta della balia e per provvedere al mantenimento dei
trovatelli.
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Il 10 luglio 1915 durante un’ispezione delle strade cittadine il Commissario prefettizio
cav. dr. Michele Gizzio riscontrò che lo stato delle vie e piazze riguardo alla pulizia ed
all’igiene lasciava molto a desiderare dal modo come era regolato il servizio di
spazzamento specialmente sia per la perdita di tempo e di energia legata alla trazione a
mano fuori del paese dell’immondizia raccolta sia per la pigrizia del personale avventizio
pagato a giornata. Per migliorare il
servizio in questione decise di
sostituire la trainazione umana
precedentemente adottata con
quella animale e nel contempo
tolse di mezzo i vecchi carrettini
sostituendoli con altri più grandi e
più idonei per un sollecito
sgombro dell’immondizia. Inoltre
decise di impiegare solo personale
a stipendio fisso restringendo nei
limiti possibili il numero degli
spazzini. Con i poteri del Consiglio
panorama di Maddaloni visto dalla collina di S. Michele
il Commissario apportò le seguenti
modifiche: il servizio dello spazzamento pubblico era sottoposto alla vigilanza diretta
dell’Ufficiale sanitario. Il Comandante delle guardie municipali doveva sorvegliare con un
vigile per ogni zona della città il personale addetto ed il lavoro svolto giornalieramente
dallo stesso. Personale addetto: il Commissario prefettizio scelse inoltre due capi da
destinare uno per la contrada Pescara e l’altro per l’Oliveto con uno stipendio annuo di 720
lire. I due dirigenti avevano a disposizione sei spazzini cadauno con uno stipendio di 300
lire annue. La raccolta dell’immondizia, scaricata poi in un luogo prescelto, doveva essere
effettuata tramite due carretti trainati da altrettanti asini. La relativa vendita
dell’immondizia, atto consentito di allora, era devoluta a beneficio degli spazzini. I
responsabili del servizio avevano il compito di provvedere al mantenimento dell’asino
(cibo, stalla e ferratura) con la somma di lire 365 l’anno assegnata per ogni zona dal
Comune che forniva anche le scope. Inoltre il commissario provvide ai fondi occorrenti per
l’acquisto del materiale di primo impianto: due asini, due carretti grandi e due guarnièmenti
stornando lire 300 da un altro fondo. Il 25 gennaio 1920 il Commissario comm. avv.
Giovanni Testa sciolse il contratto con l’appaltatore del pubblico spazzamento perché non
aveva gestito correttamente il servizio e lo passò di nuovo sotto la diretta gestione
dell’Amministrazione comunale. Il 24 settembre dello stesso anno il Podestà cav. Sorvillo
approvò il regolamento per il servizio comunale delle pubbliche affissioni e della pubblicità
affine (*).
Il 16 febbraio 1929 il Podestà cav. Sorvillo chiuse la Casa di ricezione dei trovatelli
sita in Via Tifatina per un’espressa richiesta fatta dal medico provinciale tramite un invito
prefettizio per pessime condizioni igienico-sanitarie in cui era la suddetta Casa. Inoltre il
mantenimento della stessa comportava una spesa abbastanza esosa da parte
dell’Amministrazione comunale per il salario e caroviveri che era corrisposta alla
responsabile Maria Sagnelli e anche per il canone d’affitto del locale. Inoltre il podestà
nella sua relazione costatò pure che il numero dei trovatelli era notevolmente diminuito.
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Nella Casa ricovero c’era, infatti, un solo bambino da accudire. Per il futuro il cav. Sorvillo
prese accordo sia con l’ospedale civile di Maddaloni – gestito dalla Congregazione di
Carità del Comune – per il ricovero delle gestanti con i neonati e di eventuali trovatelli sia
con il Comitato comunale pro maternità ed infanzia che avrebbe dovuto fare opera di
persuasione e di assistenza alle poverette. In questo modo l’intervento del Podestà eliminò
per sempre il deplorevole avanzo medioevale della “Ruota” ove erano lasciati i figli
indesiderati.
Sentito il parere della Consulta municipale prese le seguenti decisioni: con la data del
1° aprile 1929 era chiusa la Casa di ricezione degli esposti con la relativa revoca del salario
di 1.695,60 lire alla responsabile signora Sagnelli. Il 31 agosto dello stesso anno, data di
scadenza del fitto, cessava il conseguente contratto d’affitto con l’ing. Nicolino Santamaria
che era di 1.600 lire. Con la data 1° aprile 1929, l’immediata sorveglianza per la ricezione,
nutrizione e educazione dei trovatelli del Comune di Maddaloni è affidata alla
Congregazione di Carità di Maddaloni con l’obbligo che doveva mantenere costantemente
presso l’ospedale civile un reparto speciale per la ricezione degli esposti e di attenersi
scrupolosamente a tutti i doveri legati al relativo regolamento. Inoltre con un apposito
stanziamento di bilancio il Podestà stabilì che dal 1° gennaio 1930 la somma di 3.295,60
lire spesa per fitto locali e salario alla ricevitrice sarebbe stata erogata a favore della
Congregazione di Carità concedendo alla Sagnelli una buona uscita di 546 lire
corrispondente a sei mesi di salario.
Il 6 novembre 1931 il Podestà cav. Sorvillo elargì un premio a del personale impiegato
in occasione dell’inaugurazione dell’elettrificazione del tronco ferroviario NapoliBenevento che attraversava la stazione di Maddaloni superiore.
Il 13 luglio 1932 lo stesso Podestà su esplicita richiesta dei Sindacati fascisti dei
trasporti terrestri e navigazione interna rappresentati dal prof. Giuseppe Ferraro aumentò la
tariffa delle vetture da nolo (*) perché non rispondeva più alle esigenze dei tempi. Il 22
ottobre stesso anno cambiò la gestione dell’Ufficio di ricezione dei trovatelli dalla
Congregazione di Carità – patronato comunale – all’Operare nazionale di maternità ed
infanzia che avrebbe provveduto soprattutto ad eliminare per sempre la triste piaga degli
esposti. Nel contempo avrebbe fatto opera di persuasione di far conoscere dalla madre il
neonato e nel caso di assoluta impossibilità lo avrebbe affidato ad una balia fino all’età di
tre anni e poi lo avrebbe passato all’Amministrazione provinciale. Il 20 gennaio 1933 il
podestà letto il rapporto redatto dall’ing. Silvio Biffis direttore dell’Ufficio del Civico
acquedotto in cui rilevava che la pressione piezometrico (misura delle pressioni
specialmente quelle elevate) delle tubazioni nelle parti alte più elevate della città era
minima e insufficiente per essere utilizzata in caso di spegnimento incendi. Vero che nello
spegnere un incendio scoppiato in casa di Tommaso Farina sita in Via Pignatari la
pressione dell’acqua risultò molto scarsa. Di conseguenza gli addetti incontrarono tante
difficoltà a domarlo evitando che si potesse propagare alle case vicine. Per scongiurare
altre possibili sciagure era necessario provvedere al più presto all’acquisto di una speciale
motopompa che erogava 120 litri il minuto secondo con una prolunga di 30 metri in modo
da allargare i raggi d’azione. Con tale pressione sarebbe stato possibile fronteggiare e
spegnere eventuali incendi che sarebbero scoppiati nei punti più sopraelevati della città. Al
bando di concorso indetto dal Podestà fecero pervenire i loro preventivi 3 ditte
specializzate: ditta Sbano per la sola motopompa e senza tubazioni ed accessori, lire 3.800,
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ditta ing. Serafini & C. per la motopompa con tubazioni ed accessori, compresa la lancia,
lire 3.810, ditta Gabbioneta per la motopompa con tubazioni ed accessori relativi, compresa
la lancia, lire 3.600. In una nota datata 12 dicembre 1932 il direttore del civico acquedotto
faceva presente che era da prendere in considerazione l’offerta della ditta Serafini che oltre
pur essendo superiore al prezzo presentato dalla ditta Gabbionetta perché offriva maggiori
garanzie dal punto di vista del funzionamento pratico. Dal punto di vista tecnica e
funzionale la motopompa in questione non era multicellulare, ma aveva una sola rotante
che offriva molto più garanzie da ogni punto di vista. Il Podestà nel deliberare l’acquisto
della motopompa offerta della ditta Serafini tenne conto del parere espresso dall’ing. Biffis
che tra l’altro era anche responsabile del servizio incendi del civico acquedotto comunale.
Il 29 gennaio 1933 l’Alto Commissario inviò al Podestà cav. Sorvillo la seguente nota:
“Oggetto - danni arrecati dalle capre ai seminati - Podestà di Maddaloni – Comunico a
codesta Amministrazione la seguente nota della Cattedra Ambulante di Agricoltura con
preghiera d’impartire con ogni urgenza le occorrenti disposizioni di vigilanza e favorirmi
assicurazioni. In data 23 novembre è pervenuta a questo ufficio per il tramite della Sezione
di Caserta una protesta da parte della Federazione fascista degli agricoltori di S. Nicola la
Strada.- La protesta esprime quanto segue Da parecchio tempo si verificano senza tregua
pascoli abusivi di capre, con danno alla cultura erbacea in genere, ai grani precoci in
specie. I comuni di Maddaloni e Caserta sono i maggiormente frustati. Le capre
danneggiano di solito per una profondità di metri 5, sulla destra e sulla sinistra delle
strade campestri, però talvolta si addentrano addirittura nei seminati. I caprai stessi con
prepotenza e minacce hanno qualche volta ragione sugli agricoltori. I nostri beneamati
agricoltori per tramite della Cattedra fanno voti a codesto On. Comm/to perché voglia
compiacersi dare disposizioni affinché siano presi tempestivamente i provvedimenti del
caso. – per l’Alto Comm/to. – F.to Ausiello”.Il Podestà riconosciuto la realtà degli abusi commessi dai caprai ai danni degli
agricoltori e non avendo il Comune un Corpo delle guardie campestri, ritenne opportuno
impiegare dei militi della M.V.S.N. per la custodia e vigilanza dei campi durante il periodo
in cui i grani e le altre colture erbacee si trovavano nello stadio di primo sviluppo. Il 25
febbraio il Podestà a seguito di uno sprofondamento dell’ultimo tratto di Via Roma, unica
arteria che univa Caserta a Maddaloni, dovendo provvedere alla sistemazione della strada
deviò il traffico veicolare lungo un percorso alternativo che comprendeva le seguenti vie:
larario (largo) Teglia, via Pignatari, via Pintime fino alla località “Brecciale” (oggi via
Brecciame) dove si innestava la via provinciale proveniente da Caserta e viceversa. In
considerazione che il nuovo percorso era piuttosto lungo e di difficile percorrenza: la Via
Pintima era una strada di campagna con salite e discese e la località Brecciale distava
parecchi centinaia di metri dall’ultimo limite dell’abitato, per regolare il traffico impiegò
alcuni militi della Centuria M.V.S.N. dislocandoli a turno di giorno e di notte lungo il
percorso alternativo.
Il 24 aprile 1933 per far applicare la tassa di circolazione stradale il Podestà cav.
Sorvillo affidò il servizio verifica immatricolazione e targazione veicoli a trazione animale
e meccanica all’Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra di Napoli. Il 14 marzo
1936 in riferimento alla circolare del Presidente dell’Istituto centrale di statistica il podestà
istituì inoltre l’ufficio comunale di censimento scegliendo il personale in base l’art. 15 del
regolamento per redigere l’VIII Censimento generale della popolazione: Filippo Pisanti,
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funzionario di segreteria addetto all’ufficio anagrafe fu nominato dirigente responsabile.
Goffredo Glaviano vigile urbano distaccato all’ufficio anagrafe componente; Alberto Zaza
ex maresciallo della Reale. Guardia di Finanza, assunto provvisoriamente come impiegato
comunale componente e Alfonso Galasso usciere comunale addetto all’ufficio di Stato
civile componente. Inoltre all’ufficio cosi costituito soprintendeva il Segretario capo del
Comune. Nel mese di marzo dello stesso anno istituì in un locale del comune l’ufficio
notizie dei militari richiamati sotto la presidenza del consultore cav. Enrico Prisco.
L’8 agosto 1936 il Podestà in base alle circolari emanate dall’Alto Commissario per la
provincia di Napoli deliberò l’aumento dello stipendio delle due levatrici condotte
portandolo in 2 anni da 2500 a 4000 lire annue lorde. Il 22 agosto dello stesso anno su
un’ordinanza prefettizia assunse dei giovani per impiegarli al controllo del traffico veicolari
che stava dando seri problemi alla popolazione maddalonese. Il 16 novembre 1936 i
militari del Genio di Caserta intervennero per lo spegnimento dell’incendio sviluppatesi
sulla collina del Castello.
Nel marzo del 1937 si sviluppò invece un grande incendio in una casa rurale sita in Via
Starza. Per evitare che le fiamme si potessero propagare nelle case rurali vicine a causa del
forte vento il Podestà fece intervenire oltre ad una compagnia di soldati del Presidio
militare di Maddaloni anche una squadra di Vigili del Fuoco.
Il 5 febbraio 1938 il Commissario
prefettizio dr. Renato marchese de Zerbi
prese in affitto uno stabile situato tra
Piazza Gen. Ferraro e Via S. Francesco
d’Assisi, di proprietà degli avvocati
Gustavo e Nicola Prisco fu Alberto per
adibirlo a sede dell’Opera maternità ed
infanzia. La scelta fu dettata dal fatto
che i precedenti locali non erano
soddisfacenti secondo le più elementari
regole di comodità e di igiene pubblica.
Prima di essere occupati i locali furono
ammodernati e opportunamente adattati.
A seguito di opportuna trattativa con
l’avv. Gustavo Prisco che era disposto a cedere in locazione al Comune i locali, di cui già
quattro erano fittati per uso di scuola fino al 31 agosto 1938. La decorrenza del nuovo
affitto restava per loro fissata dal 1° settembre 1938 fino al 31 agosto 1939 in base all’anno
scolastico in corso. Per gli altri vani l’ammontare del contratto era fissato nella misura di
lire 266,65 al mese, mentre per gli altri (con decorrenza dal 1° settembre) l’ammontare
restava determinata in lire 480 mensili.
Il 26 agosto 1939 il Podestà cav. avv. Salvatore Renga revocò l’incarico a Evangelista
Sagnelli di addetto alla manutenzione dei pubblici orologi. Il provvedimento fu adottato
perché il Sagnelli non poteva avere un doppio incarico dato che era già operaio meccanico
presso il locale stabilimento militare per la produzione dei mangimi da destinare ai cavalli,
muli ed asini del Real Esercito.
Il 18 ottobre 1943 il Commissario prefettizio cav. Eugenio Iorio visto che la
piazza S. Sofia attuale gen. Ferraro
72
popolazione era rimasta sprovvista di sale ritenne conveniente di provvedere con urgenza
per evitare esose speculazioni del mercato nero. Il magazziniere dei “Sali e Tabacchi” al
riguardo fece presente al cav. Iorio che non era stato possibile ritirare il quantitativo di sale
da Castellammare di Stabia per la mancanza dei mezzi di trasporto. Il Commissario dopo
aver ascoltato il magazziniere deliberò: il Comune doveva assumere a suo carico il
trasporto da Castellammare e ritorno con carri trainati da animali per il ritiro del
quantitativo di 80 quintali settimanali. Il magazziniere doveva distribuire direttamente agli
spacci di sale e tabacchi il sale al prezzo stabilito dall’Amministrazione dei Monopoli. Il
sale doveva essere distribuiti mediante la consegna di un tagliando della tessera per generi
vari.
Il 29 gennaio 1944 lo stesso commissario visto che il medico, libero esercente, dr.
Enrico Tammaro aveva tutti i requisiti di moralità e capacità per il disimpegno dell’incarico
di medico condotto deliberò la sua assunzione al posto del dr. Francesco Cerreto. Nel mese
di febbraio dello stesso anno in base alla nota del 22 dicembre 1943 pervenuta al Comune
dall’Ufficio centrale di collocamento inviata dalla Divisione del lavoro del Governo
militare alleato, il cav. Iorio istituì l’Ufficio comunale di collocamento per registrare i
disoccupati del Comune distinti per categorie professionali. Per il buon andamento
dell’ufficio il controllo e la responsabilità era affidata ai Capi delle varie Amministrazioni
comunali cui spettava anche il relativo onere di gestione finanziaria. Il cav. Iorio ritenne
opportuno affidare la direzione di questo nuovo ufficio a Ciro Aveta provetto impiegato del
comune cui era dato 150 lire lorde mensili. Come “scritturale” fu scelto Vincenzo Bove con
una retribuzione di 500 lire lorde mensili. Antonio D’Aiello infine diventò fattorino
provvisorio.
Il 26 maggio 1947 l’assessore all’Igiene dr. Enrico Tammaro discusse e propose al
Consiglio comunale l’istituzione a Maddaloni di un dispensario dermo-venereo per il cui
funzionamento fu prevista una spesa annua non superiore a lire 25mila. Per la spesa
d’impianto era programmata una somma non superiore a lire 100.000. Con una circolare la
Prefettura faceva rilevare l’urgenza della istituzione di detto dispensario legato anche alla
posizione demografico del Comune. Si aggiungeva con la detta circolare che lo Stato
avrebbe adeguatamente contribuito nella spesa di istituzione e di esercizio. Il dr. Tammaro
confidava anche in un parere favorevole da parte del Consiglio comunale in quanto la
succitata istituzione di capitale importanza per un territorio in cui si erano già manifestati
frequentissimi casi di malattie veneree. Sulla scorta di queste informazioni e sollecitazioni
fatte pervenire dalle Autorità preposte il Consiglio approvò la costituzione del dispensario
comunale cercando cosi di risolvere una delle piaghe sociali più in vista del momento.
Il 22 giugno 1949 la Società S.A.C.S.A. di Sora fece istanza per l’installazione di una
filovia Maddaloni-Caserta. Visto l’istanza della suddetta Società con cui chiedeva di poter
installare una rete filoviaria su alcune strade dell’abitato di Maddaloni la Giunta municipale
approvò il relativo progetto a condizione la Società estendesse il servizio urbano fino al
Largo Mulini.
Capitolo sesto
Interpellanza del consigliere Antonio d’Alessandro sull’andamento dei
73
pubblici servizi. - 16 aprile 1913
All’apertura della seduta del Consiglio comunale presieduto dal Sindaco cav. dr.
Alfonso Raffone il consigliere d’Alessandro chiedeva ed otteneva la parola per esporre una
sua interpellanza relativa all’andamento dei servizi pubblici: “Ill.mo sig. Sindaco ed On.li
signori del Consiglio. – In data 3 febbraio scorso, io muovevo per lettera un’interpellanza
al sig. Sindaco, sul funzionamento dei pubblici esercizi in Maddaloni. Eccomi ora pronto a
giustificare, con motivi che spero vi sembreranno sufficienti; una tale mia risoluzione
dovuta unicamente al grande primo interesse ed all’amore vivissimo che stringe me come
voi tutti, a questa disgraziata nostra Città. Ma prima ancora che io entri sull’argomento,
permettete illustri signori che io chiedeva a voi senza di questo mio parlare semplice e
privo di foga oratoria, che dipende dagli scarsi miei studi, che mi hanno costretto a
mettere per iscritto le mie idee, acciocché io possa esporle a voi in forma chiara e
perspicacia. Al primo movente di questa mia interpellanza vi dirò, che verso la fine dello
scorso mese di gennaio, io tornando insieme al cav. Giuseppe Martirani da Napoli, dovetti
assistere ad una scena incivile che mi disgustò profondamente. Nell’uscire dalla stazione
ferroviaria trovammo una moltitudine di cocchieri da nolo, che con le loro vetture,
avevano bloccato la strada, facendo rissa intorno ai passeggeri per indurli a montare
ciascun nella propria carrozza, e mancando una qualsiasi persona addetta a tale
sorveglianza, era tanto la confusione, che il cav. De Simone da Caserta, anche presente, ed
il cav. Martirani, furono ad un pelo per essere investiti”.
“E fu allora che il cav. De Simone sdegnato, riconoscendo nel Martirano ed in me due
consiglieri comunali, esclamò in tono vibrato che questa Amministrazione non aveva
assolutamente né capo né coda. Ed è proprio cosi noi non potemmo in quel momento
ribattere nulla al cav. De Simone, costretti invece a costatare anche noi il deplorevole
disservizio e la mancanza assoluta di vigilanza d’una Guardia municipale. E di questi
inconvenienti la cui responsabilità cade tutta come è logico, sui casi che si ripetono per
tutti i servizi pubblici cittadini, è anche doveroso affermarlo. Che cosa fanno dunque
queste guardie municipali se esse non girono mai per la città sorvegliando la pulizia e
l’igiene? Lo spazzamento è affidato a pochi spazzini, è eseguito una sola volta al giorno ed
è addirittura insufficiente, perché ormai ognuno esercita nelle vie il proprio mestiere,
governando perfino i cavalli e gli asini. E’ permesso tutto questo? E se non è permesso
perché non si elevano le dovute contravvenzioni, non si richiamano al dovere gli agenti
municipali cui riesce comodo chiudere gli occhi. A tale proposito ricorderò un altro
sconcio che si verifica nelle strade dove si vede quotidianamente scorrere delle lave di
acqua fetide di rifiuto, cosi dette “lavature”, e che recano danno alla pubblica igiene; ed è
facile immaginarsi. E perciò proibirle e farle scorrere di notte? Né gli altri servizi
funzionano meglio. Torme di cani girano per la città pur essendovi per tale servizio un
apposito impiegato”.
“La sorveglianza sulla vendita dei commestibili lascia anche molto a desiderare,
perché essi oltre a costare più che negli altri paesi, sono per qualità scadentissimi. Come
ad esempio il pane, che si vende caldo, è pieno di cenere, oltre ad essere di pessima
qualità. Per dappiù la cattiva farina che serve a fare tale pane è esportata sui carretti che
la trasportano in città da lontani paesi senza copertura, aggiungendosi la polvere ed il
fango delle strade, in modo che a farlo formarsi di tutta una mischia di fango, polvere e
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cenere. Il pane, questo vitale e quasi unico nutrimento del nostro popolo, ne risulta di
pessima qualità ed adulterato. Non diciamo nulla dei vini, i quali più che vini sono veleno.
Perché mai non si verificano costantemente, o non si sorvegliano le cantine dall’Ufficiale
sanitario o chi per esso? Che dirò poi del fatto che vi sono venditori che si servono in
commercio di pesi fraudolentemente falsificati o ridotti con astuzia? Perché non si vigila, e
perché non si vigila pure presso i venditori di carne, pasta, vino, olio e sugna nell’interesse
della salute pubblica? Non parliamo poi della frutta e degli ortaggi messi in
piazza che sono di pessima qualità e si vendono a prezzi esageratissimi a ragione della
straordinaria quantità di sensali, cui
via S. Francesco d'Assisi
si danno troppo facilmente le relative
patenti.
I poveri contadini costretti a sottostare ai loro arbitri vedono diminuito di molto i loro
guadagni, e sono naturalmente obbligati ad aumentare i prezzi per rifarsi in qualche modo.
Ad esempio, i pomidori che a S. Maria C. V. l’estate scorsa si vendevano a lire 5,50 o 6 al
quintale, da noi sono saliti al prezzo di lire 10 a 11”. “Vi sembra ciò giusto ed onesto? Un
altro servizio pubblico importantissimo, qual è quello della pubblica illuminazione non
procede in modo soddisfacente. La luce spesso è fioca o manca del tutto per frequenti
interruzioni della corrente. Le lampade sono smorzate o invece senza regolare orario.
Eppure noi abbiamo un impiegato con lire 1200 annue il quale è addetto alla vigilanza di
tale servizio. Il consigliere Ventriglia afferma che la lampada vicino alla sua abitazione è
seralmente smorzata; dei suoi rapporti non si è mai tenuto conto, né la società è stata mai
multata. Ne aveva diritto il Comune almeno una volta multarla per tali disservizi che
giornalmente si verificano? Bisognerebbe conseguentemente obbligare la società a
rispettare il Capitolato o licenziare l’impiegato risparmiando lo stipendio che gli si
corrisponde). E veniamo ora al decoro del paese. Mesi or sono, come ricorderete, per
ordine prefettizio era imposto ai cittadini di intonacare ed attintare i fabbricati, colla
75
sanzione che il Municipio potesse procedere d’ufficio ai lavori necessari ove i proprietari
si rendessero negligenti, salvo il rimborso di costoro. Or bene, come mai tale
provvedimento non è stato per tutti adottato. Per modo che è stato lecito a qualcuno ridersi
degli ordini superiori. D’altra parte perché provvedere solo alle facciate esterne dei
palazzi, quando i cortili sono sporchi e pieni d’immondizia. E come si permette che in
contravvenzione di leggi e regolamenti si tengono in città i “suppegni” pieni di paglia e di
altre materie infiammabili, quanto per giunto e per incuria di noi altri amministratori, o
meglio coloro che soprintendono e dirigono e possono comandare non si è saputo risolvere
il grandissimo problema dell’acqua? In caso d’incendio a chi santo si rivolge? Non
vediamo forse, con nostra somma vergogna, scaricare nella nostra stazione vagoni interi
di tubi per l’incanalatura dell’acqua del Serino per il vicino comune di S. Maria C. V.”.
“E affermare che tali lavori si percorrono a 5 metri da Maddaloni! Pare che la stessa
acqua mormori al nostro indirizzo, ci dice: Imbelle popolo di inetti, ecco che io vado a
portare il benessere, la salute, la ricchezza ad altra gente, passando per il vostro territorio,
poco lontano delle vostre vie piene di immondizia e di luridume, acciocché vi sfuggo
perché la vostra inerzia, la vostra stoltezza hanno trionfato ancora una volta! Ma questo
discorso che l’acqua sembra che faccia al popolo maddalonese, e più specialmente ai suoi
Amministratori che sperperano in denaro in liti infeconde e disastrose, in sussidi e
gratificazioni. A tale proposito voglio ricordare un fatto che meriterebbe di essere scritto a
lettere d’oro sulla tavola di bronzo degli annali d’inesperienze maddalonese. Maddaloni,
come sapete, è circondata di acquedotti. Ed una conduttura passa per il Ponte Carolino,
un altro per il Macello, ed una terza che va a Marcianise. Orbene proprio presso tale
ultimo acquedotto si trova un fabbricato adibito all’ingrasso dei maiali. Il proprietario che
era maddalonese, all’epoca della costruzione dell’acquedotto ebbe, a differenza degli
amministratori, l’accortezza di riservarsi due prese d’acqua per la sua industria. Di modo
che, in questo nostro ineffabile paese, accade che proprio ed unicamente i maiali godono
un beneficio che al popolo maddalonese è negato. Fatene l’apprezzamento: non sono più
rispettati i maiali? Maddaloni città abbandonata da Dio, per i suoi ciechi Amministratori.
Circa due anni or sono, si fecero le necessarie espropriazioni di fondi privati per la strada
di circonvallazione, perché non si procura che con sollecitudine vengono compiuti i
relativi lavori? Quando per effetto di tale trascuranza vediamo ridotte le strade del paese
in condizioni da non potersi praticare, sicché si faranno poi necessarie enormi spese per
riattivarle. Non fa comodo forse all’ing. del ramo o chi per esso? Trascurataggine da far
tutto i bisogni dell’Amministrazione, tutto dorme e tace”.
“Maddaloni, città inerte ed apatica, si è lasciata sfuggire altri cespiti di lucro.
Abbiamo grandi locali comodissimi che avrebbero potuto servire da alloggi a massa di
soldati. La mancanza d’acqua lo ha impedito. Avevamo il Comando delle guardie degli
allievi di finanza. Ebbene abbiamo perduto anche questo per la mancanza d’acqua. Pochi
allievi ancora rimangono, e forse anche questi andranno via, e vedremo quei locali adibito
ad ospedale e depositi governativi, che non danno nessuno utile al nostro popolo, come lo
stesso Convitto non dà nessuno utile; e veniamo alla questione. In altri tempi questo
Convitto era di utile al paese, perché dato in appalto ed ispezionato e sorvegliato con cura.
Ora lo vediamo indipendente. Ritirano stoffe da altri paesi, uccidono maiali per loro conto,
acquistano il pane da Caserta, vendono un po’ di tutto, somministrano i viveri ai convittori
secondo la propria convenienza. Ditemi quale utile hanno questi poveri commercianti che
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sono carichi di tasse. Un altro sconcio grandissimo che con dispendio dello Stato e con
notevole consumo di energia elettrica, si fornisce ad alcuni privilegiati l’acqua, di cui
potrebbe tra vantaggio tutto il rione. Non si può dunque porre un riparo a simili
inconvenienti che viene di grave danno a quel rione? Si va dunque di male in peggio, ed il
popolo maddalonese vive di ingannatrici promesse, che si fanno più vive ed impertinenti in
periodo elettorale. Che cosa dunque si aspetta? Che i nostri avversari raddoppiano i loro
sforzi e mediante la stampa destino l’allarme nella cittadinanza? Ed è perciò, e
nell’interesse esclusivo del nostro paese, che io ho creduto, illustre sig. Sindaco, e voi
amici consiglieri. Denunziare gli inconvenienti e gli abusi che quotidianamente vediamo
verificarsi nei pubblici servizi. E’ suonata l’ora del risveglio, è suonata l’ora in cui il
popolo fidente fin d’ora nei suoi amministratori, acquistarne la conoscenza dei suoi diritti,
chiede che il paese rinasca a novella vita e si inauguri un’era novella di prosperità e di
ricchezza”.
personaggi in piazza Municipio
Il Sindaco rispose ai rilievi del consigliere d’Alessandro capo per capo:
“Per l’incidente verificatosi alla ferrovia, avvenne che la guardia colà di servizio,
chiamata urgentemente in casa perché la moglie era partorita, si allontanò senza avvertire
chicchessia, tanto che per questa mancanza è in corso un provvedimento disciplinare a
carico della guardia. In ordine poi allo spazzamento ribatte quanto si è detto con
consigliere d’Alessandro, facendo il parallelo anche con altri Comuni della Provincia e
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rilevando che quello di Maddaloni è stato sempre ritenuto da tutti il più pulito, e che
d’altra parte ad alcuni inconvenienti non si può ovviare, dato la natura della popolazione
in gran parte agricola. Per le lamentele mosse per il pane che si mette in vendita appena
uscito dal forno, è un inconveniente questo sorto a seguito dell’abolizione del lavoro
notturno, per cui gli esercenti panettieri sono costretti, con i pochi operai di cui
dispongono, di vendere subito il pane appena uscito dal forno per essere in grado di
soddisfare le molteplici esigenze della clientela. In ordine dell’andamento del servizio di
illuminazione pubblica, tutto è regolato secondo le norme del Capitolato in vigore. Non si
può perciò certamente pretendere dalla Ditta qualche cosa di diverso o in più di quello che
fu oggetto del patto contrattuale. In ordine al problema per la conduttura dell’acqua di
Serino, rileva che ingiusti sono gli attacchi che si fanno all’Amministrazione comunale, la
quale non è stata mai inerte nel cercare di vedere risoluto il grave problema. E difatti già
la Giunta comunale di Napoli ha in massimo deliberato di proporre all’On. Consiglio la
concessione dell’acqua del Serino al Comune di Maddaloni, e a questo si è giunto anche
mediante la valida cooperazione del Deputato del Collegio On. Agostino Santamaria”.
“E’ da sperare perciò che non appena il Consiglio comunale di Napoli avrà deliberato
sull’obbietto favorevolmente, saranno ripigliate le pratiche con la Cassa DD. E PP. Che in
massima dichiari non essere alinea del concedere il chiesto mutuo e quindi, determinando
il fabbisogno, si potrà con la buona volontà di tutti e col sacrificio di ogni classe di
cittadini, risolvere il problema della conduttura dell’acqua. In ordine alla strada di
circumvallazione, la Cassa Depositi e Prestiti ha fatto ancora altri rilievi per la
concessione del mutuo di lire 40mila occorrenti per l’oggetto, e questo Comune non ha
mancato di sollecitamente rispondere ai rilievi medesimi e può affermarsi che la pratica
sia in via di soluzione.
Per quanto riguarda gli Allievi della R. Guardia di Finanza, egli non ha mancato mai
di interessare chi di dovere perché il Comando della Legione non fosse trasferito a Roma,
che, però nulla si poteva ottenere, perché i Comandi di tutti i Corpi sono istallati nella
Capitale, cosi anche quello della Legione allievi R. GG. di Finanza doveva essere colà
istallato, e quindi quale colpa ha l’Amministrazione comunale di tutto questo? Che d’altra
parte quasi nulla è venuto a perdere il Comune di Maddaloni, giacché la forza numerica
del Deposito si manterrà su per giù sempre la stessa di quella che ordinariamente era col
Comando della Legione. Per i lavori del Convitto infine, giustifica l’operato
dell’Amministrazione del Convitto, rilevando che si fu costretto a ricorrere fuori al
Comune di Maddaloni per diversi lavori per mancanza di mano d’opera, e se in ordine alla
fornitura del pane si fu costretti ricorrere ai fornai del vicino Comune di Caserta, ciò
avvenne perché da quelli di Maddaloni non vollero accettare le condizioni determinate
dall’Amministrazione del Convitto.
Ad ogni modo egli non mancherà di insistere presso l’Amministrazione stessa perché
si adottino provvedimenti intesi a raggiungere l’obbiettivo che i lavori in genere siano
affidati sempre ad operai di Maddaloni e che come pure tutte le forniture occorrenti si
facciano dagli industriali di questo Comune, quando non vi siano ragioni gravi che lo
impediscono”.
Capitolo settimo
Lavori pubblici
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Il 1° marzo 1899 il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco cav. Giuseppe
Tammaro approvò una delibera della Giunta su direttiva del Prefetto di Caserta in cui si
sollecitava l’inizio dei lavori di “compianamento” al Cimitero nuovo in modo da poter
impiegare alcuni disoccupati maddalanesi. In tal modo l’Amministrazione comunale
evitava di dar loro un sussidio che sarebbe stato oneroso per le finanze comunali. Cosi
facendo il Comune in cambio del sussidio avrebbe ricevuto un miglioramento del servizio
cimiteriale e avrebbe assicurato un piccolo onere di consistenza alle famiglie degli operai.
Successivamente l’Amministrazione comunale fece ristrutturare 2 orinatoi pubblici: uno
vicino alla chiesa degli ex Cappuccini e l’altro presso la chiesa di S. Aniello. Inoltre fece
smontare per “indecenza” quello vicino alla chiesa di S. Antonio (S.Francesco d’Assisi)
perché era usato da molti ragazzini che frequentavano Convitto e Liceo-Ginnasio
“Giordano Bruno” uno dei più antichi e rinomati istituti scolastici del tempo.
Il 2 ottobre 1900 la Giunta municipale deliberò di pagare Antonio Pisanti per aver
fornito la canapa necessaria per le funi dei pozzi pubblici siti in località “Feudo” e in Via
Tifatina. Il 24 agosto 1901 a seguito di una sollecitazione da parte dell’opinione pubblica il
Sindaco comm. Tammaro fece dedicare all’Eroe dei due Mondi 4 lapide di cui la prima in
Piazza Umberto attualmente visibile sulla facciata esterna dell’ex palazzo vescovile:
Uno
sii di fede e di armi o popolo
Uno sarai di patria e di leggi
così da questa casa parlò Giuseppe Garibaldi E
XIV giorni appresso al Volturno la parola fu
storia MDCCCLXX
la seconda si trova a destra del Palazzo civico:
Il 1° ottobre 1860
Gli animosi volontari italiani
dall’intrepido Bixio capitanati
lanciatisi dal colle San Michele
a’ Ponti della Valle
ruppero fugarono dispersero
le numerose schiere avverse
che feroci minacciavano
eccidio a questa città
servaggio alla Patria
la terza si trova invece sulla parte sinistra del Palazzo comunale:
Il 9 aprile 1734
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Carlo Borbone infante di Spagna
Valicato il Volturno
Superate le gole del Tifata
alla Valle di Maddaloni
stringeva lo scettro delle due Sicilie
Il 1 ottobre 1860
Garibaldi
vincitore al Volturno al Tifata alla Valle
infrangendo quello scettro
dava libere queste province
alla Madre Patria
e la quarta a Quarto da cui Garibaldi partì con le sue camice rosse:
Considerato che questa storica Città dal 1° Ottobre è sempre la cultrice assidua della
memoria del Cavaliere del genere umano,
e che un ricordo di questa Città tanto diletta all’Eroe,
compirà l’onoranza,
e soddisferà il desiderio vivissimo dei superstiti del Generale nell’epica spedizione.
Il 27 aprile 1902 l’Amministrazione comunale incaricò il fabbro-ferraro Nicola
Santagelo di riparare il cancello di ferro che cingeva il giardinetto situato al largo S. Sofia.
Il 28 maggio il Sindaco Tammaro letto la nota dell’Ufficiale sanitario con cui faceva
rilevare che l’eccessiva “replezione” (riempimento) dei pozzetti della fognatura stradale
dispose che fossero svuotati e disinfettati. Nella stessa data una nota del Prefetto diretta
all’Amministrazione comunale faceva rilevare che la torre del Castello feudale una
memoria di notevole interesse per la storia di Maddaloni aveva bisogno d’urgenti restauri.
Era quindi opportuno il concorso del Comune nelle spese. La Giunta municipale letta la
nota all’unanimità rispose che le precarie condizioni economiche non permettevano di
assumere qualsiasi impegno, ma avrebbe potuto esaminare la richiesta solo nell’ipotesi che
la torre fosse dichiarata “Monumento Nazionale”.
Il 9 maggio 1903 su espressa richiesta dell’allora Pretore di Maddaloni la Giunta
poiché il fabbricato comunale, residuo dell’ex casa Della Corte, a destra di via 1° Ottobre,
rappresentava l’unico fabbricato da poter trasformare poi in ufficio della Pretura, sollecitò
il Consiglio comunale ad incaricare un tecnico per la redazione di un progetto relativo
all’adattamento dello stabile in questione. Si faceva notare che la Pretura, posta in un punto
centrale della città in un locale rispondente all’altezza e alla dignità dell’Ufficio sarebbe
stato un vanto e prestigio per la città di Maddaloni. Tra l’altro il Comune avrebbe
risparmiato 829,2 lire di affitto per il locale dove era situata la stessa Pretura. Con la
somma che si risparmiava il Comune poteva benissimo far fronte, in rate annuali, alle spese
necessarie per il restauro del fabbricato Della Corte. Il Consiglio all’unanimità incaricò
l’ing. Salvatore De Masi a redigere il relativo progetto.
Il 17 luglio 1905 l’Amministrazione comunale incaricò l’appaltatore Vincenzo di Cicco
di provvedere all’espurgo dei condotti pluviali sottoposti alle strade interne della città
secondo i seguenti patti e condizioni: l’imprenditore doveva levare ed asportare il materiale
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di qualunque specie e natura dai pozzetti sottoposti ai chiusini nei rametti e nelle
condutture principali delle strade e dei vicoli. Il materiale dell’espurgo man mano che era
accumulato fuori le fogne per non ingombrare gli spazi pubblici e le vie doveva essere
trasportato con carri a spese dell’imprenditore nei pubblici scaricatori. Una volta pulito il
condotto di una strada o di un vicolo l’appaltatore doveva disinfettarlo con lavaggio di
acqua e calce al 50% nella quantità stabilita dal Sanitario comunale sotto la sorveglianza
degli agenti municipali. Nell’aprire e chiudere i chiusini doveva usare la massima diligenza
e far in modo di non scheggiare, rompere e deprezzare le lapidi ed i telai di pietra. Lo
espurgo di ogni strada o vicolo doveva iniziare dalla parte sopra corrente. L’appaltatore era
responsabile di tutti i danni che opera sua poteva causare alla “lastricatura” stradale e
quindi era obbligato a sue spese ripararli. Il lavoro doveva iniziare dal giorno 25 corrente
mese e doveva aver termine dopo un mese lavorativo senza interruzioni. Per l’espurgo
completo compreso il trasporto, carico e scarico del materiale e la lavatura della conduttura
era corrisposto all’appaltatore 400 lire dopo il collaudo del lavoro. Il compimento e
l’esattezza del lavoro doveva essere accertato da un certificato rilasciato da un ingegnere di
fiducia del Municipio. Le spese occorrenti agli obblighi stabiliti nel presente foglio
comprese quelle del contratto doveva essere a carico dell’imprenditore. Mancante
l’appaltatore ad un solo obbligo stabilito dovrà pagare una multa di 50 lire.
Il 24 luglio 1905 il Commissario prefettizio cav. avv. Giuseppe Starone fece costruire
nei locali della Casa comunale un basso per poter meglio riordinare l’archivio e una stanza
per impiantare l’ufficio del registro di popolazione. Il progetto per la realizzazione dei
suddetti nuovi locali fu redatto dall’ing. De Masi Salvatore: per la costruzione fu
preventivata una spesa di 1.228,45 lire, mentre furono destinate 111,57 lire per spese
impreviste ed eventuali e 27,80 lire per competenze dovute all’ingegnere. Il Commissario
evitò il bando di concorso tramite aste che avrebbero comportato perdite di tempo e prese
la decisione di farli in economia sotto la direzione dell’ingegnere redattore del progetto. Il
27 luglio dello stesso anno l’Ufficiale sanitario dr. Picozzi, in un rapporto, riferì che
l’acqua piovana che finiva nella cisterna esistente nel cortile della Casa comunale e usata
per la relativa raccolta con il passare del tempo ristagnava ed imputridiva. Era necessario
quindi sosteneva il sanitario eliminarla sostituendola nello stesso cortile con un pozzo
d’acqua sorgiva. Il Commissario poiché la cisterna era un incomodo per il cortile e per dar
più spazio al cortile, decise di farla abbattere.
Il 17 aprile 1906 il Comune bandì una gara d’appalto per risolvere il problema
dell’espurgo dei condotti pluviali, sottoposti alle strade interne del paese, e in conseguenza
approntò un’apposito capitolato d’appalto.(*) Il 29 maggio 1907 l’Amministrazione
comunale per poter completare la circumvallazione della Cucciarella dovette coprire un
canale adibito a raccogliere anche le acque luride. Con questo tratto di strada oltre a
collegare il rione Feudo alla chiesa della Madonna delle Grazie si evitava al traffico
veicolare proveniente dal Sannio e da Caserta Via Ponte Carolino di attraversare le strade
cittadine di allora. Un provvedimento questo che fu opportuno per snellire il traffico
proveniente da e con il Sannio e zone limitrofe. Il 13 Aprile 1912 dopo aver approvato il
regolamento d’igiene il Consiglio comunale deliberò l’approvazione del regolamento
edilizio. (*) A introdurre l’argomento fu il consigliere Vincenzo Zaza che invece di
“rattoppare” il vecchio regolamento era opportuno prendere in considerazione il lavoro
stretto di una Commissione che aveva riunito il tutto in unico testo che teneva conto dei
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possibili vantaggi legati al progresso e alla civiltà e allo sviluppo edilizio cittadino. Il
lavoro della commissione era inoltre era legato alle modalità occorrenti agli scavi, ai
depositi di materiali per costruzione, ai restauri, agli sgombri, alle demolizioni, nonché alle
occupazioni di suolo pubblico, e alla decenza dell’abitato. Lo Zaza sottolineò pure che per
la sua attuazione occorreva il piano regolatore della città dimostrando cosi che Maddaloni
non era seconda a nessun altra città d’Italia. Il 19 giugno con una relativa delibera, inviata
al Ministero dei lavori pubblici il Consiglio propose l’ampliamento e l’ammodernamento
della locale stazione ferroviaria inferiore sita all’inizio di Via Napoli, una volta estrema
periferia del paese. Il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone riferì in un suo intervento che
aveva raccolto parecchie lamentele pervenute da parte dei commercianti e degli industrianti
del tempo perché la stazione non rispondeva per la sua ristrettezza agli effettivi bisogni del
pubblico servizio. In effetto secondo loro la stazione ferroviaria non offriva i necessari
supporti logistici allo sviluppo del commercio. Difettava di binari accessoriali, non aveva
una “basculla” (pesa pubblica) a ponte e non c’erano adeguati magazzini merci a grande
velocità. I carri carichi in arrivo prima di poterli scaricare dovevano essere manovrati a
mano da personale impiegato dai destinatari della merce, i quali solo dopo qualche ora e
più dallo svincolo potevano avere i carri a disposizione. La stessa manovra ed il medesimo
tempo era impiegato nel momento in cui si dovevano caricare i carri spesso diretti
all’estero. Tutto questo ritardo e perdita di tempo era legato all’assoluta insufficienza dei
binari. Il magazzino a grande velocità esistente sul posto era angustissimo e non si poteva
accedere che dal piazzale interno, gremito da molti viaggiatori, in arrivo e in partenza che
senza volerlo ostacolavano lo spostamento delle carrette a mano che dovevano ritirare la
loro merce. Continue contrarietà si verificavano spesso tra mittenti e destinatari della merce
per il peso dei carri. Ecco il motivo per cui si chiedeva l’installazione di una basculla a
ponte. Essendo Maddaloni sede di un mercato di bestiame si verificava inoltre che ogni
martedì gli acquirenti terminati i loro affari volevano trovare pronti i carri per poter fare le
loro spedizioni. E di conseguenza erano costretti a condurre a piedi alle stazioni di Caserta
o di Cancello Scalo il bestiame comprato al mercato.
Per quanto concerne al traffico viaggiatori risultava che alla stazione ferroviaria di
Maddaloni inferiore c’era un movimento, arrivo e partenza, di circa 500 persone il giorno.
Eppure con tutto questo movimento di viaggiatori, a Maddaloni città di circa 22mila
abitanti non si fermavano, per motivi diversi i treni diretti. Il che causava danni anche
economici e perdita di tempo ai viaggiatori che una volta giunti a Caserta o a Cancello,
dovevano noleggiare apposite vetture per poter ritornare a Maddaloni. Approfondendo
questi dati si rileva infine che lo Stato riceveva da Maddaloni introiti ammontando a oltre
400mila lire l’anno. Forse potevano essere anche di più potesse disporre di mezzi necessari
per soddisfare le accresciute esigenze dei viaggiatori e del commercio.
Il 4 maggio 1914 il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone riferì al Consiglio che la
Provincia avrebbe coperto il canale di scarico e sistemato la Via Appia che attraversava il
territorio di Maddaloni lungo la località denominata “Starza”. La sistemazione della strada
era stato chiesto più volte dagli abitanti del luogo perché le acque piovane non potendo
defluire stagnavano dando origine a zone pantanose che diventavano dannose per la salute
degli abitanti del luogo. Con la copertura dei fossi laterali con relativi parapetti si sarebbero
migliorate le condizioni igieniche della contrada. Inoltre gli abitanti del luogo avevano
reclamato in precedenza la costruzione di un marciapiede esistente in terra battuta che fosse
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prolungato per tutto il percorso della strada. Dovendo la Provincia effettuare la
sistemazione di Via Appia il sindaco propose al Consiglio di chiedere al suddetto Ente di
costruire il relativo marciapiede con il concorso dell’Amministrazione comunale. Il
Consiglio approvò all’unanimità la proposta del sindaco. Il 13 maggio il Consiglio
comunale in vista della scadenza del contratto di appalto per la manutenzione a brecciame
dei tronchi di strade interne di Maddaloni e tenendo conto dei nuovi bandi e con il continuo
rincaro della manodopera decise di apportare un lieve aumento all’attuale canone in misura
del 10% elevandolo da lire 2.595,88 a lire 2.855,46 cifra che sarebbe stata considerata una
base d’asta per i nuovi incanti. Inoltre con una richiesta vistata dal Prefetto si chiedeva alla
Deputazione Provinciale di Caserta che fosse “cilindrato” il tronco comunale denominato
“Zi Peppe” restando a carico del Comune la spesa del brecciame. Il Consiglio deliberò di
procedere ai nuovi incanti, per l’appalto, in base alle condizioni determinate dal Capitolato
d’onere. (*).
Il 19 settembre 1914 il cav. uff. dr. Giovanni Nuzzi, assessore delegato, riferì al
Consiglio che la via a basoli vulcanici, denominata “Ponte Carolino” che si estendeva dal
largo S. Sofia fino alla salita denominata “Zi Peppe” e innestandosi sul tratto di via a
brecciame che attraverso i Ponti della Valle conduceva a Benevento, si trovava in uno stato
pessimo e pericoloso. Detta strada, la migliore e la più lunga arteria della città, aveva
bisogno di essere ripavimentata perché i basoli con il tempo erano per la maggior parte
rotti, rosi ed avvallati. In considerazione del fatto che per i citati lavori ci doveva essere in
concorso dell’Amministrazione provinciale l’assessore Nuzzi chiese il Consiglio di
deliberare i seguenti interventi: la pavimentazione della strada; lo stanziamento dei fondi di
copertura da inserire nel bilancio 1915; una richiesta motivata indirizzata alla Deputazione
Provinciale perché delegasse un ingegnere del proprio ufficio a redigere gratuitamente e
con la maggior sollecitudine possibile il relativo progetto tecnico. Il civico consesso prese
in considerazione la proposta dell’assessore Nuzzi.
Il 12 ottobre 1914 il Consiglio approvò il progetto per la pavimentazione della via
Ponte Carolino tenendo conto della nota dell’Ufficio tecnico provinciale di Caserta:
“Oggetto - strada provinciale Sannitica – Traversa provinciale nell’abitato di Maddaloni –
Lavori di basolato in detta traversa – Progetto nell’interesse del Comune. Ill.mo sig.
Sindaco di Maddaloni – Caserta 10 ottobre 1914 – A richiesta di codesta On.
Amministrazione incaricato questo ufficio e per esso il sottoscritto a redigere il progetto
dei lavori di rinnovamento del basolato della traversa interno della contrassegnata strada
Sannitica, per i quali, a norma di legge compete il concorso della Provincia, sono in
grado, nei limiti del tempo assegnatomi ed in base del progetto che per orae in “bono”, di
esporre quanto appresso” “La traversa provinciale sannitica, pavimentata a basoli, parte
dal passo a livello della ferrovia Napoli-Roma e passando pel Largo S. Sofia, Largo S.
Antonio, Piazza Trivio S. Giovanni, Largo dei Mulini, raggiunge il suo termine poco dopo
nel tratto rasente il fabbricato di detto mulino. Detta traversa nell’abitato di Maddaloni
prende il nome di Via 1° Ottobre (I° tratto) dalla origine al Largo S. Sofia, e per tutto il
resto prende il nome di Via Ponte Carolino. Il progetto stabilisce i lavori di rinnovamento
del basolato pel tronco della Piazza Trivio S. Giovanni e propriamente dall’innesto della
Via Starza al termine, di lunghezza m. 930 ed inoltre i lavori di riparazione nell’altro
tronco da ivi all’origine, cioè il passo a livello ferroviario di lunghezza m. 960. L’intero
importo del progetto è di lire 100mila, in base del quale la provincia dovrà contribuire per
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lire 25mila. Non mancherò di provvedere a che il progetto sia allestito nella sua piena
forma e mandato a Codesta Amministrazione appena pronto. L’ingegnere capo – F.to
Vincenzo Borgia”. I lavori dovevano essere eseguiti nella prossima stagione invernale per
poter dare sollievo e un mezzo di sussistenza agli operai disoccupati.
Nella stessa seduta il Consiglio ratificò la delibera della Giunta comunale per la
pavimentazione e sistemazione di altre 4 vie interne comunali, lavori che oltre a migliorare
la condizione igienica-sanitaria e la viabilità delle strade costituiva un mezzo di sussistenza
per parecchie famiglie di operai: Via Montano – traversa “accosta” al Reale Convitto
Nazionale o vicoletto Ponte Carolino; Piazza S. Pietro e parte di via Biscio (Bixio); Viella
S. Andrea (denominata Scalera). Successivamente il civico consesso incaricò l’ing. cav.
Vincenzo Borgia di redigere i relativi progetti per una spesa complessiva di 32.800 lire.
Oltre alla sistemazione delle suddette strade approvò pure la pavimentazione e
sistemazione del tronco stradale denominato Feudo che s’innestava in via Cucciarella, il cui
importo stimato, sempre dal Borgia, ammontava a lire 15.600.Ovviamente il mutuo
complessivo da chiedere alla Cassa Depositi e prestiti sarebbe stato di 48.300 lire.
Il 12 ottobre 1914 il civico consesso ritenne opportuno di ammodernare i vecchi
orinatoi in modo che fossero più funzionali e maggiormente rispondenti alle accresciute
esigenze. L’assessore all’igiene Nuzzi propose un nuovo tipo di orinatoio a sifone “Idriol”,
progettato dall’ing. Mario Rasile e ritenuto necessario per la decenza dell’igiene pubblica
ed inoltre sollecitò l’installazione di un impianto di una “latrina pubblica”da collocarsi in
piazza Mercato in un punto più comodo e centrale. Il 26 ottobre fu approvato invece anche
il progetto per la strada Via Ponte Carolino trasmesso dall’Ufficio tecnico provinciale e
relativo capitolato (*).
Il 10 luglio 1915 il Commissario prefettizio cav. dr. Michele Gizzio emise il pagamento
di lire 117,95, a favore del muratore
Pascarella Francesco per lavori di
misurazione di diversi pozzi siti nel
territorio del Comune. Tali lavori
furono fatti per indagare se c’era la
possibilità o meno di costruire altri
pozzi artesiani. Il 4 novembre dello
stesso anno il cav. Gizzio stipulò una
convenzione con l’Amministrazione
delle Ferrovie dello Stato per la
consegna al Comune del piazzale
esterno della stazione di Maddaloni
torre dell'orologio in via P. Carolino
inferiore.
Per aprirla al pubblico bisognava fare un collegamento con il piazzale esterno della
stazione per renderlo accessibile ai pedoni ed alle vetture. Le Ferrovie dello Stato con una
nota dell’Ispettore capo dei lavori del Compartimento di Napoli inviava al Comune la
convezione (*) con cui era consegnato il suddetto piazzale.
Il 20 maggio 1916 dopo il rifiuto dell’imprenditore Vincenzo di Cicco il Commissario
prefettizio richiese l’autorizzazione di poter procedere con una trattativa privata all’appalto
dei lavori per la costruzione della strada di circonvallazione. Avuto il nullaosta dal Prefetto
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prese prima in esame l’istanza di Pietro Argentino, Michele Corbo, Vincenzo e Domenico
Iorio, appaltatori d’opera murarie che chiedevano l'esecuzione dei lavori per una somma
inferiore sottomettendosi a tutte le condizioni del Capitolato d’onere. La costruzione della
circonvallazione esterna era necessaria per dar sfogo al traffico specie pesante. Inoltre
l’Amministrazione comunale prima sollecitò il ribasolamento delle arterie interne in modo
da non ostacolare il traffico e di non arrecare danni ai tronchi stradali appena pavimentati e
poi concesse la relativa autorizzazione. Dato che i lavori avevano subito un evidente ritardo
di attuazione da parte delle ditte interessate e siccome questi non potevano essere
ulteriormente procrastinati, il dr. Giuseppe Marzano Commissario prefettizio di allora
ritenne opportuno fissare un premio all’appaltatore nel caso in cui questi avesse consegnato
la nuova strada prima del termine fissato dal capitolato.
Il 27 aprile 1918 il nuovo Commissario prefettizio dr. Federico Arcamone per ragioni
di norme igieniche decise di far eseguire, al più presto, l’espurgo dei condotti fluviali che
erano sottoposti alle strade interne della città. Per tale intervento prese in considerazione
l’offerta dell’impresa Desiato Luigi per una somma di lire 1.500 con tutte le voci de
Capitolato d’appalto (*).Il 12 aprile 1919 per far rimuovere alcuni inconvenienti di igiene e
di sicurezza dalla Via Rosa Domenico Cuccaro inviò al Comune la seguente lettera: “Che
si possiede dal Cuccaro al Corso Umberto I°, già I° Ottobre un fabbricato a ridosso del
quale vi sono alcune case vetuste e cadenti che hanno il loro fronte sul tratto di strada
inghiaiate detta antica via Napoli. Che abbattendosi dette case si stabilirebbe mercé
apposti muro una linea continua e non frastagliata con grande vantaggio di questa strada.
Che tale nuova linea riuscirebbe compensativa dell’angolo del fabbricato Barletta
nell’angolo esterno delle case da abbattersi”. Su parere favorevole dell’ing. Comunale
Gaetano de Lillo il Commissario prefettizio dr. Federico Arcamone concesse al Cuccaro un
pezzo di suolo per fargli eliminare i problemi relativi al pezzo di strada interessanti la sua
proprietà.
Il 16 giugno 1922 il cav. dr. Francesco Falcetti Commissario di allora incaricò
l’ingegnere comunale Gaetano de Lillo di redigere un apposito progetto per l’adattamento
di parte del locale delle ex Domenicane ad uso di uffici di Pretura. Il Giudice, del
Mandamento di Maddaloni inviò una lettera al Commissario in cui oltre a richiamarsi alle
precedenti richieste rinnovava la preghiera di tradurre in atto la promessa fatta per poter
adattare ad uffici la Real Pretura il locale dell’ex convento delle Domenicane di proprietà
del Comune. Il 24 giugno 1922 l’Ufficiale sanitario dr. Vincenzo Borgia nel maggio 1922
aveva inviato una relazione al commissario in cui faceva presente gli inconvenienti igienici
derivanti dall’attuale sistema di funzionamento dei 5 orinatoi pubblici sparsi per la città.
Per l’assoluta mancanza di acqua non era possibile adottare alcun sistema idraulico tanto
utile nella stagione estiva per evitare il cattivo odore e le “ammortanti” esalazioni che
esalavano. E per ovviare a tali inconvenienti propose l’impianto di orinatoi ad olio “Idrol”
già largamente usato in altre città.
Il 14 aprile 1923 il Commissario prefettizio prof. Bernardo de Spagnolis approvò il
Piano regolatore e di ampliamento redatto dall’ing. comunale sig. Gaetano De Lillo che
rispondeva a tutti i criteri e le esigenze di una città in continua espansione e nel contempo
si riservò di provvedere al bisogno economico occorrente per la sua attuazione nel
prossimo bilancio preventivo e di farlo immediatamente pubblicarlo ai sensi di legge. Il 10
settembre Giovanni Magliocca proprietario di un palazzo sito in Via Pignatari fece istanza
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al Comune per ottenere l’autorizzazione a costruire due paracarri per difendere il suo
stabile dal continuo urto dei veicoli. Il Commissario prefettizio su parere favorevole dato
dall’ingegnere capo del Comune cav. Vincenzo Borgia, autorizzò il Magliocca che aveva
prodotto l’istanza in nome di sua madre Alfonsina Lombardi a costruire due “colonne
scostacarri” secondo forma, dimensioni e materia prescritte dall’ingegnere del Comune.
Quattro giorni dopo il rev. canonico D. Agnello Rossi come amministratore della locale
filiale dell’Istituto per ciechi di Napoli chiese al Comune l’autorizzazione per costruire un
fognotto di scarico delle acque piovane e di riflusso nella fogna comunale del Corso
Campano. Nella sua relazione l’ingegnere comunale cav. Borgia metteva in risalto che la
costruzione di tale fognotto oltre a non arrecare alcun danno alla pubblica salute anzi
avrebbe eliminato tutti gli inconvenienti derivanti dall’irregolare deflusso delle acque
piovane e non nel giardino dei ricoverati. Letta la relazione il Commissario concesse la
relativa autorizzazione a patto che fossero rispettate alcune precise norme e determinate
condizioni prescritte dall’Amministrazione comunale. (*)
Il 30 settembre 1923 il professore Bernardo de Spagnolis prese in visione la relazione
dell’ing. Silvio Biffis relativa al progetto di trasformazione del Largo Monte dei Pegni in
un piccolo giardino pubblico che oltre ad abbellire la località rispondeva alle esigenze di
ordine igienico: “Ill.mo sig. Commissario Prefettizio del Comune di Maddaloni, il richiesto
studio di trasformazione del Largo Monte dei pegni in un piccolo giardino pubblico, come
rilevasi dal disegno allegato, il terreno messo a disposizione verrebbe coltivato a prato con
un unico viale che mette capo al cancello di accesso. La parte di centro, con forma
circolare avrà una o più aiole coltivate a fiori. La forma ed il numero delle stesse, potrà di
tempo in tempo venire modificata. Nel rimanente terreno a prato saranno piantate gli
alberelli e gli arbusti destinati a formare le messe verdi. Nella scelta delle varie piante da
impiegarsi fu presa in particolare considerazione il portamento delle stesse e la
colorazione del fogliame sì da raggiungere nei limiti concessi della ristrettezza del terreno
messo a disposizione, un giardino che appaghi alle esigenze paesaggistiche o
scenografiche dei piccoli parchi. La parte anteriore verso il Corso 1° Ottobre, a porzione
di quello verso il manufatto Barletta saranno limitate da una cancellata di ferro. All’uopo,
sarà fatto uso di quello esistente oggi giorno nei pressi del Palazzo comunale. Il cancello
di accesso sarà d ferro e sostenuto da due pilastri di cemento armato. Il rimanente
giardino sarà limitato a levante ed a mezzogiorno da una serie di massi calcarei di grosse
dimensioni alti circa m. 0,50 x m. 6; questi massi saranno riuniti tra loro con un po’ di
calce in, maniera da mantenere la struttura della roccia naturale. Sopra questi muriccioli
saranno infissi dei paletti di legno di castagno e tesata alcuni fili di ferro spinoso. Nel
computo delle spese, che ammontano a lire 5.200, sono previste solo lire 500 per acquisto
di piante in genere, e ciò per le assicurazioni avute che la massima parte delle stesse si
potrà avere gratuitamente dai giardini di Enti e di privati, che elogiando l’idea avuta dalla
S.V. ill.ma desiderano di concorrere e di facilitare la costruzione del piccolo giardino che
riuscirà di abbellimento alla Città. Per l’inaffiamento delle piante, delle aiuole, e dei
tappeti erbosi fu preventivato un apposito idrante. Si allega alla presente: a) Il computo
del lavoro; b) una pianta del giardino con l’indicazione delle varie qualità di alberi ed
arbusti previsti. Con tanto ossequi. F.to Silvio Biffis”. Letta la relazione e chiesta la relativa
approvazione al Prefetto il Commissario deliberò l’esecuzione dei lavori a trattativa
privata.
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L’11 ottobre 1924 il prof. De Spagnolis esaminato il progetto redatto dall’ing. Silvio
Biffis autorizzò la costruzione di un altro orinatoio pubblico, in corrispondenza al largo
Monte dei Pegni nel locale di proprietà del Comune, sito al Corso 1° Ottobre dalla parte del
vicoletto denominato S. Andrea. I lavori in parola, considerato della massima urgenza,
furono affidati all’impresa Alfredo Bove di Angelo eseguiti sotto la direzione del
progettista ing. Biffis. Nella stessa data fu approvata la costruzione di un abbeveratoio, in
corrispondenza della torre dell’orologio, in Via Ponte Carolino. Il progetto fu redatto
dall’ing. direttore dei lavori dell’acquedotto, sig. Silvio Biffis, l’abbeveratoio pubblico
sarebbe servito anche alla popolazione che poteva attingere l’acqua potabile per usi
domestici.
Il 13 gennaio 1928 il Podestà cav. Sorvillo tolse dalla pianta organica del Comune
l’Ufficio tecnico comunale perchè “l’ingegnere capo del Comune Francesco Ignarra non
disponendo di personale tecnico adeguato non poteva da solo far fronte ai numerosi e
svariati compiti necessari all’attuazione dei lavori pubblici. L’Amministrazione comunale
per la carenza di personale tecnico era costretta a servirsi dell’opera di altri ingegneri con
un notevole aggravio sul precario bilancio comunale. Il funzionamento e la manutenzione
del nuovo acquedotto richiedevano uno speciale Ufficio tecnico. Il dirigente dell’Ufficio
tecnico comunale non era specializzato nei lavori idraulici e quindi non poteva essere
messo a capo del nuovo ufficio. Per ragioni di bilancio l’Amministrazione comunale non
poteva mantenere i due uffici e quindi era opportuno costituire il primo e togliere il
secondo”.
Il Podestà cav. su parere favorevole della Consulta municipale deliberò: Lo
scioglimento dell’Ufficio tecnico municipale. L’istituzione del nuovo Ufficio tecnico per il
servizio dell’acquedotto costituito dal seguente personale: Un direttore tecnico ing. Silvio
Biffis, un assistente tecnico, un vigilatore dell’acqua e dell’illuminazione elettrica, un capo
fontaniere meccanico, un aiuto fontaniere e un esattore letturista. Il personale del vecchio
ufficio tecnico sarebbe stato trasferito al nuovo ufficio. L’ing. direttore Francesco Ignara e
il giardiniere Francesco Cassaro del disciolto ufficio tecnico erano licenziati con la
corresponsione a titolo di indennità sei mesi di stipendio. Al nuovo direttore e al letturista
Gaetano Di Bernardo non sarà corrisposto alcun assegno fisso ma soltanto la percentuale
sugli introiti dell’acquedotto: al primo nella misura del 3% ed al secondo il 3% sulle prime
100mila lire, il 2% sulle somme fino a 200mila lire e del 1% sulle somme superiori alle
200mila lire. Il direttore tecnico e il letturista non erano considerati impiegati in pianta
stabile del Comune.
Il 2 maggio 1928 furono effettuati dei lavori di restauro e di finitura del 1° piano del
fabbricato comunale, in via 1° Ottobre. Il Podestà constatato che il fabbricato comunale sito
in via 1° Ottobre per vetustà e per il completo abbandono di manutenzione in cui era stato
lasciato da molti anni si trovava in deplorevole condizione di conservazione ed era
inabitabile sia nei rispetti dell’igiene che del decoro. Per evitare danni maggiori a tutto il
fabbricato che avrebbe comportato all’Amministrazione una grossa spesa ritenne opportuno
provvedere a radicali lavori di restauro e di finitura e essendo i locali tenuti in fitto e non
potendoli farli sgombrare ritenne conveniente intervenire nel restauro primo al pianoterra e
poi al 1° piano. Il pianoterra essendo privo del servizio igienico fece costruire una “latrina”.
Il cav. Sorvillo approvò il progetto redatto dall’ing. Ernesto Penzi per un importo di 5500
lire e affidò l’esecuzione dei lavori alla ditta Gaetano Giannini. Il 18 luglio lo stesso
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podestà emise una circolare con cui ordinava a tutti i proprietari degli stabili e muri di cinta
prospicienti aventi segni di vetustà che si affacciavano lungo: Corso Galazia, Piazza gen.
Ferraro, Corso 1° Ottobre, Largo Monte dei Pegni, Piazza Umberto 1°, Via Armando
Casalini e via Tifata di provvedere entro il termine di 180 giorni alla relativa attintatura
previo restauro dell’intonaco di tutte le facciate esterne esposte alla pubblica vista. Anche
la Casa comunale sita nella Piazza Umberto 1° aveva bisogno di lavori di restauro, di
intonacatura e di riattintatura. Per dare il buono esempio agli altri proprietari interessati al
problema il Podestà sollecitò l’ingegnere comunale ad iniziare per prima i suddetti in modo
che fossero completati nel tempo stabilito dall’ordinanza. Presa visione della perizia dei
lavori occorrenti per il palazzo municipale redatta dal geometra Michele Compagnino dello
studio tecnico di ingegneria Pane e Campopiano che ammontava a 8.500 lire deliberò di
affidare i lavori allo stuccatore Antimo Ricciardi di Maddaloni proposto dallo stesso
geometra.
Il 27 aprile 1929 il Podestà:
visto che il canale di fognario
posto a ponente del Corso 1°
Ottobre non scorreva in modo
lineare per circa 10 metri
creando nel contempo rigurgiti
agli scoli che erano immessi nel
canale. Letta la relazione
dell’Ufficiale sanitario che a
causa della discontinuità del
condotto fognario il materiale
putrido ristagnava creando cosi
stazione Maddaloni Inferiore
un ammorbante cattivo odore che poteva inoltre rappresentare un gravissimo pericolo per le
sorgenti del pozzo comunale sito poco distanza che alimentava il civico acquedotto. Per la
tutela della pubblica igiene era necessario ed urgente provvedere ad eliminare subito detto
gravissimo inconveniente. Per detti lavori la cui priorità di esecuzione spettava al ripristino
del lastricato stradale di accesso al Largo dei Pegni occorreva una spesa di 1330 lire. Lo
scalpellino Alfredo Bove era l’unico specializzato in città per lavori di lastricati. Il Podestà
quindi dopo aver tenuto in debita considerazione il parere della Consulta affidò i suddetti
lavori alla direzione e sorveglianza dell’ing. Biffis e allo scalpellino Bove che godeva della
piena fiducia da parte dell’Amministrazione.
Il 3 ottobre 1929 a Maddaloni si verificò una vera rinascita edilizia e di giorno in
giorno si trasformava con l’attuazione dei restauri dei suoi palazzi, con l’attintatura delle
facciate delle case e dei muri di cinta in una città che per decoro edilizio, per le opere
igieniche e per i servizi pubblici poteva definirsi una delle città più importante della
Provincia. Per abbellire e per rendere più efficiente la Piazza Monte dei Pegni dove aveva
sede il Monumento ai Caduti maddalonesi che era circondato da un bellissimo giardino e a
un’artistica cancellata il Podestà ritenne opportuno di sistemare con un’adeguata
pavimentazione la metà della detta piazza costituita da un calpestio in terra battuta. Su
parere favorevole della Consulta municipale il podestà approvò il progetto dell’importo di
88
23000 lire presentato dalla studio tecnico ing. & C. Pane e Campopiano per la sistemazione
e lastricamento di una parte della detta piazza. Inoltre stabilì un capitolato d’appalto per
l’ammissione alla gara d’appalto e che il pagamento della somma totale avvenisse in tre
rate annuali.
Il 2 marzo 1931 furono effettuati dei lavori stradali, atti ad eliminare infiltrazione di
acqua riscontrate in alcuni bassi della Via Fabio Massimo. A seguito dei lavori effettuati
sull’impianto dell’acquedotto in Via Castello (3° Formale) si verificarono alcune
infiltrazioni di acqua nei bassi situati lungo la via Fabio Massimo. Per calmare le proteste
degli abitanti del posto e per evitare danni alla sede stradale il Podestà cav. Sorvillo
deliberò con urgenza i detti lavori affidandoli al capomastro muratore Corbo Michele di
Vincenzo con uno sconto del 5%. Il 2 maggio il podestà ridusse il compenso al meccanico
Evangelista Sagnelli addetto alla manutenzione degli orologi pubblici in Piazza S. Martino,
Via Ponte Carolino e Piazza Umberto 1° (Villaggio dei Ragazzi). Il 9 maggio invece fece
effettuare la riparazione e la rinnovazione di chiusini e di basoli situati in Via Capillo e
Corso Campano. Inoltre deliberò pure i lavori di riparazione e di rifacimento al basolato nel
violetto S. Pietro, in Piazza gen. Ferraro e Corso Campano.
Il 15 febbraio 1932 per la mancanza di un’adeguata rete fognaria alcuni cittadini
abitanti nelle vie Pignatari, Maddalena, S. Antonio Abate e Fabio Massimo reclamarono
presso Comune perché erano costretti a riversare lungo le strade gli scoli e le acque luride
delle loro abitazioni causando pestifere esalazioni dannose alla salute pubblica. Per poter
migliorare le condizioni igienico-sanitarie delle su citate strade il Vice Podestà cav. dr.
Filippo Iorio ritenne opportuno provvedere alla costruzione della relativa fognatura. Visto
il progetto redatto dall’ing. Biffis che prevedeva la costruzione della fognatura e la
sistemazione del lastricato stradale per una spesa cosi suddivisa: Via Pignatari 18.500 lire,
Via Maddalena 22.100 lire; Via S. Antonio Abate 18.900 lire e Via Fabio Massimo 42.500
lire lo approvò con la clausola che ogni tronco delle 4 strade doveva costituire un lotto
distinto dagli altri per i pubblici incanti. Il 12 dicembre dello stesso anno sentito il parere
dell’Ufficiale sanitario di allora che sottolineava l’urgenza dell’espurgo di alcune strade il
Podestà cav. Sorvillo indisse una licitazione privata fra le ditte della città che avevano
presentato il progetto per l’esecuzione dei lavori d’espurgo lungo le vie: Troiani, Pignatari,
Fabio Massimo, Ponte Carolino, S. Francesco d’Assisi, Bixio e Piazza Umberto 1°. Oltre
ad approvare i suddetti lavori accettò il progetto redatto dall’ing. Domenico Vigliotta
relativo ai lavori di sistemazione e di mantenimento delle strade “inghiaiate”: “Zipeppe”,
Cucciarella, Caudina e Macello vecchio.
Il 20 gennaio 1933 per venire incontro alle richieste degli abitanti della zona detta
“Macello vecchio” che chiedevano un impianto d’acqua potabile in quanto erano costretti a
bere acqua dei pozzi che oltre a non rispondere alle principali norme d’igiene costituiva un
pericolo continuo la loro salute. Il Podestà cav. Sorvillo accogliendo la richiesta dei
cittadini interessati al problema approvò il progetto redatto dall’ing. Penzi relativo
all’ampliamento dell’impianto di distribuzione dell’acqua potabile lungo la via provinciale
di Nola ove si trovava la suddetta zona. Nella stessa data il podestà visto le condizioni
disastrose di alcune strade “inghiaiate” causato dall’incuria e dalla stagione piovosa ritenne
opportuno provvedere alla loro sistemazione per dare lavoro ai numerosi disoccupati
maddalonesi. Sentito il parere della consulta municipale deliberò approvare la perizia e il
preventivo dell’ing. Vigliotta relativa ai lavori delle strade inghiaiate: Cornato, Montella,
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Loreto, Capillo, Montano, Starza e Cinquevie. I lavori di sistemazione con l’impiego di
brecciame dovevano essere diretti da un ingegnere e appaltati tramite licitazione privata
secondo un capitolato d’appalto. Nella stessa data il Podestà approvò il progetto dei lavori
di sistemazione e costruzione di una piazzetta al Largo Ferrovia con una nuova
pavimentazione della traversa prospiciente la stazione ferroviaria e parte di Corso 1°
Ottobre. Detta sistemazione della piazzetta era stata già precedentemente trattata dalle
precedenti amministrazioni comunali: “Che con deliberazione commissariale del 4
novembre 1915, approvata dalla G.P.A. dell’ex provincia di Caserta, il Commissario
prefettizio di allora deliberava approvare lo schema di cessione al Comune del piazzale
esterno della stazione di Maddaloni inferiore di proprietà delle Ferrovie dello Stato
(piazzale chiuso alle vetture ed aperto ai
pedoni) e ciò allo scopo di permettere al
Comune di allacciare una costruendo
piazza adiacente alla stazione con la
strada 1° Ottobre e rendere cosi la
stazione accessibile anche alle vetture.
La cessione in base al suddetto schema
era subordinata fra l’altro all’obbligo da
parte del Comune dei seguenti lavori: a)
automobile e carrozzella d'epoca
Lastricatura con basoli il piazzale, b)
costruire un marciapiede parimenti basolato dinnanzi al fabbricato viaggiatori, c)
assicurare lo scolo dell’acqua del piazzale. Obblighi questi che dal Comune non sono stati
mai adempiuti.
“Il tratto della strada basolata 1° Ottobre che va dall’innesto con la Via Caudina al
passaggio a livello della Roma-Napoli rappresenta la continuazione nell’interno della città
della strada provinciale sannitica, ed è l’unica grand’arteria di comunicazione tra la città di
Napoli con la provincia di Benevento, ed è in più passaggi obbligatori di una gran parte del
traffico proveniente dall’ex provincia di Caserta e delle centinaia e centinaia di carri
agricoli che mattina e sera fanno la spola fra la città e la campagna dell’agro maddalonese.
Che tale tratto di strada già esausto per più di un trentennio di vita è oggi in cosi cattive
condizioni di conservazione da rappresentare un serio ostacolo al traffico stesso, specie per
quello pesantissimo dei numerosi carri che dalle molteplici cave di Maddaloni sono
obbligati a passare per tale tratto di strada per trasportare il materiale calcareo ai diversi
paesi della provincia”.
“Considerato, per primo, che l’unica via d’accesso al fabbricato della stazione era
costituita dalla piccola zona di terreno ceduta al Comune dalle FF.SS. il cui piano stradale
era mantenuto a brecciame e che non aveva scolo per le acque, né marciapiedi, di modo
che, specie nella stagione invernale, tale piano per l’azione delle acque si riduceva in una
vasta zona di pozzanghera e di fango, tanto da rendere quasi impraticabile il transito dei
viaggiatori. Considerato, altresì, che mancava addirittura dello spazio necessario per lo
stanziamento delle pubbliche vetture e servizio dei viaggiatori, e degli autobus della linea
Maddaloni-S. Agata dei Goti, sicché, di conseguenza si rendeva necessario sia per il lato
igienico, ma per la necessità di servizio e di transito, come di necessario decoro della città,
giungere ad una sistemazione completa della zona prospiciente la stazione provvedendosi
90
alla sistemazione delle acque con apposita fognatura, in collegamento con quelle già
esistenti, alla pavimentazione con basoli del piano stradale ed alla costruzione di un
marciapiede per i pedoni, lungo il tratto del fabbricato della stazione”.
“Fatto presente che per rendere possibile il regolare servizio dello stanziamento e del
movimento per i viaggiatori delle pubbliche vetture e degli autobus, si prospettava la
possibilità di aprire, nell’adiacenza della stazione, una piazza adatta allo scopo. Rilevato
che la completa sistemazione del tratto di via 1° Ottobre si poteva ottenere provvedendo
alla sostituzione completa di tutto il piano stradale con basoli di prima classe e ciò allo
scopo non solo di dare al piano stradale la resistenza necessaria voluta da un’arteria di gran
transito, ma anche di ottenere, con tale ottima sistemazione, una durata di conservazione
assai rilevante, in vista della grave difficoltà che si presentava per il transito che non si
poteva deviare su altre strade urbane”.
“Visto il progetto di sistemazione e costruzione di una piazzetta al Largo ferrovia con
nuova pavimentazione della traversa adiacente alla stazione ferroviaria e parte del Corso 1°
ottobre presentato dall’ing. Ernesto Penzi con cui oltre ai suddetti lavori prevedeva alla
costruzione della fogna nella traversa anteriore alla stazione ed alla pavimentazione con i
basoli di risulta di detta traversa e della piazzetta per un importo di lire 141.673,20.
Esaminata la domanda presentata dalla Ditta Romolo Farnetti disposta ad eseguire i lavori
in base ai pagamenti prefissati con una riduzione nella misura del 10% il podestà ritenne
conveniente l’offerta per le seguenti ragioni: “La ditta Farnetti essendo di Maddaloni
sarebbe stata soggetta al controllo materiale e morale dall’intera cittadinanza e quindi
obbligata ad un’esecuzione dei lavori se non perfettissimi almeno sempre tale da soddisfare
non solo le esigenze del Comune ma da far fronte sempre e vittoriosamente alle critiche ed
ai facili biasimi della popolazione. La ditta essendo locale avrebbe avuto tutto l’interesse di
favorire l’economia locale evitando cosi “esulazione” di denaro dal proprio Comune:
elemento questo che nel periodo di crisi economica era da tenersi in seria considerazione.
La ditta Farnetti già per altri importanti lavori eseguiti per conto del Comune offriva tutte le
garanzie per un ottima esecuzione degli stessi. La trattativa privata con la ditta Farnetti
permetteva di iniziare subito dopo il visto d’approvazione dall’Autorità Superiore oltre a
far guadagnare tempo aiutava a fronteggiare nei prossimi mesi la disoccupazione sempre
sensibile degli edili, e specie quella degli operai scalpellini che erano numerosi in
Maddaloni e da molto tempo senza lavoro. Quindi era il caso di presentare la domanda
all’Alta Autorità tutoria perchè volesse autorizzare l’Amministrazione comunale a
concedere l’appalto dei lavori alla ditta Farnetti mediante trattativa privata”. Il Podestà
quindi approvo il progetto in questione.
Il 25 febbraio 1933 il Podestà fece riparare il basolato nelle vie Roma, Montano e S.
Francesco d’Assisi e sistemare il brecciame in Via Caudina strada che poi fu interessata ad
altri interventi per renderla più efficiente e funzionale. Il progetto in merito presentato
dall’ing. Domenico Vigliotta per un importo di 6000 lire prevedeva la costruzione di una
banchina sul lato destro e gavetta su quello sinistro per poter regolare il convogliamento
delle acque piovane e non. L’intervento era dettato dal fatto che detta strada era soggetta al
passaggio carri pesanti che ne logoravano il manto stradale. Nell’aprile dello stesso anno
furono effettuati lavori di riparazione con la sostituzione del basolato lungo il tratto di
strada dalla Piazza generale Ferraro all’angolo della chiesa in Via S. Francesco d’Assisi
convento dei Frati minori e Convitto Nazionale “G.Bruno”. Inoltre nell’ottobre dello stesso
91
anno il podestà deliberò la costruzione di un marciapiede lungo il fabbricato della stazione
ferrovia di Maddaloni Inferiore: “Premesso che per la piazzetta che si sarebbe aperta
davanti alla stazione ferrovia, la quale serviva, come unico transito ed accesso, ai
viaggiatori in partenza ed in arrivo, era ancora in terreno battuto e senza la dovuta
regolarizzazione dell’acqua piovana; cosicché nella stagione invernale, per le pozzanghere
ed il fango che si ristagnavano, diventava quasi impraticabile, con grave disagio dei
viaggiatori e con poco decoro per la città. Considerato che nella attesa che si provvedesse
ai lavori di fognatura ed alla pavimentazione di tutta la piazzetta, si rendeva opportuno e
doveroso di costruire almeno un marciapiede, lungo il fabbricato della stazione, che
prospettava sulla piazzetta, in modo da concedere ai viaggiatori un passaggio pulito e
sicuro, dell’adiacente strada a basolato, ai locali interni della stazione. Visto il progetto
presentato dall’ing. Domenico Vigliotta, per la somma di lire 1.678,50; sentita la ditta
Alfredo Bove che accettava di eseguire i lavori offrendo un ribasso del 5%, deliberò i
suddetti lavori”.
Il 20 ottobre 1933 l’ing. Domenico Vigliotta presentò i progetti per la sistemazione e
mantenimento delle strade comunali inghiaiate: “Progetto n. 1 comprendeva le strade
Maddaloni superiore, tronco sannitico ai Mulini e Zipeppe, Cucciarella, Starza, Montano,
Macello vecchio e Caudina, Sannitica, Maddaloni inferiore, Capillo e Bixio. Progetto n. 2
comprendeva le strade: Pintime, Campolongo 1° e 2° tratta, Montevergine, Cornato,
Montella, Loreto e Cinquevie. Progetto n. 3 comprendeva le strade: Ficucella, Boscorotto,
Calabricito, Montedecore. In tutto per una spesa di lire 45.100”. Il 26 aprile 1935 il Podestà
cav. Sorvillo per poter eseguire alcuni lavori onde alleviare la crescente disoccupazione
diffusa in maggior parte nella classe dei contadini dei terrazzieri deliberò l’approvazione
delle seguenti spese: “Lire 2.600 per pagamento di giornate lavorative, acquisto e trasporto
materiale e di attrezzi da lavori di spianamento della Piazza Mercato. Lire 1.478,09 per il
pagamento di giornate ed acquisto materiali per i lavori di sistemazione delle vie comunali
Montano e Cucciarella. Lire 302 per acquisto di calce e per giornate occorse per la pulizia
generale e disinfezione delle stalle in occasione del passaggio e permanenza del
Reggimento di Cavalleria Aosta. Lire 265 per giornate lavorative ad operai adibiti allo
spianamento del campo sportivo. Lire 160 per giornate lavorative occorse per lo
spianamento del recinto del Cimitero. Lire 50 per giornate lavorative occorse per la pulizia
della villa comunale e del viale che conduce al serbatoio del Civico acquedotto. Lire
4.899,05 occorsa per lavori ordinati in economia dal Comune per fronteggiare la
disoccupazione”. Il 15 luglio dello stesso anno il podestà in virtù delle nuove norme sulla
tutela dell’igiene e sanità emise un’ordinanza con cui faceva obbligo ad alcuni proprietari
di uno stabile sito in Via Casalini attuale S. Andrea di eseguir i lavori di riparazione della
fognatura del palazzo che refluendo nella pubblica strada metteva in serie pericolo la salute
pubblica. Visto che nonostante i ripetuti richiami impartiti dai vigili sanitari ai proprietari
per far effettuare i suddetti lavori che non si erano per niente preoccupati dell’ordinanza
municipale il Podestà fece eseguire i lavori d’ufficio su progetto redatto dell’ing. Raffaele
Del Monaco dividendo la spesa tra gli interessati.
Il 14 marzo 1936 i coloni abitanti nella strada comunale denominata “Calabricita”
inoltrarono ripetuti reclami al Comune chiedendo la sua sistemazione e riparazione a causa
delle continue piogge era diventata impraticabile per raggiungere i loro poderi con i carri e
i carretti di campagna. Il Podestà constatato che realmente la citata strada si trovava in un
92
cattivo stato di manutenzione approvò i lavori di sistemazione impiegando terrazzieri e
carrettieri disoccupati Il 5 luglio dello stesso anno fu stipulato uno schema di convenzione
fra l’Azienda Autonoma Statale Stradale con sede a Caserta ed il Comune per la
costruzione di una variante esterna in sostituzione del tratto della strada statale n. 7 Via
Appia che attraversava l’abitato di Maddaloni. Secondo un capitolato d’intesa fin dall’anno
1934 era stato stabilito che Via Roma sarebbe diventata parte integrante della nuova strada
statale Capua-Caserta-Benevento-Ponte Calore con l’obbligo da parte del Comune di
provvedere alla sua regolare manutenzione. Via Roma lunga circa 800 metri era costituita
da un tracciato curvilineo con diverse strozzature e privo di marciapiede tale da rendere
difficoltosa la visibilità ed il transito dei veicoli. Inoltre la stessa arteria oltre ad essere
trafficata dalla numerosa popolazione e dagli scolari che giornalmente si recavano presso il
nuovo edificio scolastico di Via Roma annotava numerosi bassi abitati che si affacciavano
sulla stessa. La sua pavimentazione a basoli vulcanici era in uno stato pietoso tanto da non
consentire lo svolgimento dell’intenso traffico dei mezzi pesanti. Il Podestà prendendo in
considerazione tutti questi aspetti fece richiesta al Compartimento dell’A.A.S.S. di Caserta
di costruire una variante il cui tracciato (oggi Viale Libertà) sarebbe venuto a passare
esternamente alla città toccando le strade comunali: Montevergine, Cornato, Caudina e le
piazze S. Sofia e generale Ferraro. Nell’aprile del 1937 il cav. Sorvillo fece poi restaurare i
locali del 1° piano di uno stabile comunale sito al Corso 1° Ottobre per adibirlo a sede degli
studenti universitari.
Il 28 giugno 1941 il direttore dell’Ufficio tecnico comunale metteva in risalto in una
relazione la necessità di costruire per ragione d’igiene e di decenza un marciapiede davanti
all’edificio di proprietà di Antonio Bove adibito a caserma dei Reali Carabinieri sito tra Via
Sergente Del Monaco e la Piazza generale Ferraro. Il Commissario prefettizio cav. dr.
Alfredo Di Vico accolse l’istanza dell’Ufficio tecnico ed eseguì i lavori in questione.
Il 16 agosto 1944 il Sindaco cav. Luigi Brancaccio riferì alla Giunta municipale
comunale che per costruire i rifugi necessari al ricovero della popolazione maddalonese
durante le incursioni aeree furono ostruite e danneggiate diverse strade comunali. Per
ripristinarle al libero transito e per evitare problemi ed inconvenienti alla pubblica
incolumità aveva incaricato l'impresa Alfredo Bove di riparare le strade danneggiate per
l’esecuzione dei predetti lavori. La Giunta dal suo canto approvò all’unanimità l’operato
del Sindaco. Nel mese di agosto il primo cittadino fece notare che erano state trovate per
caso nella caserma Annunziata le due campane dell’orologio della torre della caserma N.
Bixio precedentemente riparate a Milano da una ditta specializzata. Le stesse furono
rimesse al loro posto dal manutentore Evangelista Sagnelli per richiesta del Comando
dell’Ospedale militare alleato. In autunno poi la Giunta municipale dopo aver chiesto
l’autorizzazione al Governo militare alleato deliberò alcuni lavori straordinari per riparare
alcune strade cittadine disastrate dal passaggio dei carri armati e la conseguente rete idrica
urbana. Nel ottobre del 1944 l’Amministrazione comunale effettuò la manutenzione degli
edifici municipali occupati dalla Polizia americana e dal Corpo dei Vigili urbani.
Nel gennaio del 1945 il Sindaco cav. Brancaccio prese urgenti provvedimenti per
riparare i guasti causati dal traffico pesante degli automezzi alleati alle condutture private
dell’acquedotto la cui riparazione non rientrava nei compiti dell’Amministrazione
comunale secondo: “L’art. 5 del regolamento per la distribuzione dell’acqua potabile
attualmente vigente nel Comune, al comma 2 stabilisce la manutenzione delle diramazioni
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private della tubatura principale stradale al contatore è ad esclusivo carico degli utenti”.
Fece notare il primo cittadino che dal giorno della liberazione della nostra città dagli
Alleati il traffico degli autoveicoli pesanti che trasportavano carri armati ed altro materiale
aveva reso inutilizzabili alcune strade cittadine causando di conseguenza la rottura delle
tubazioni private dell’acqua. In seguito a ciò, ne conseguiva che gli utenti dell’acquedotto
chiedevano che le spese di riparazioni delle condutture fossero sostenute
dall’Amministrazione comunale, non potendo essi rivalersene contro le truppe alleate. Il
Sindaco riteneva invece che in base all’art. 5 l’Amministrazione doveva mettere a carico
degli utenti la manutenzione delle private tubazioni logorate dal tempo e dall’impiego di
pessimo materiale. Invece i danni causati alle private condutture per rottura dei pavimenti
stradali dovevano ricadere necessariamente all’Amministrazione comunale che era tenuta
alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria. Il 18 ottobre del medesimo anno in base a
un Decreto Legge del giugno 1945 che conteneva le disposizioni per il ricovero dei rimasti
senza tetto e degli edifici danneggiati dagli eventi bellici la Giunta municipale istituì
un’apposito Comitato composto dal sindaco o da un suo delegato e da due membri della
Giunta stessa per le riparare i danni causati dalla trascorsa guerra. Con una votazione
segreta all’unanimità furono nominati membri del Comitato: prof. Arcangelo De Simone rappresentante dei senza tetti e Vito Bove - rappresentante dei proprietari di fabbricati.
Il 14 dicembre 1946 il Sindaco cav. Brancaccio riferì al Consiglio comunale che il
Ministero dei Lavori pubblici aveva assegnato al Comune la somma di 25 milioni da
restituire in 30 annualità senza interesse per un lotto di lavori per le riparazioni dei danni di
guerra. Per dar lavoro ai numerosi disoccupati il primo cittadino propose di approntare un
programma onde stabilire quali lavori entravano nella categoria dei danni di guerra
completamente a carico dello Stato e quelli per aiutare i disoccupati che metà erano a
carico dello Stato e l’altra metà gestita dal Comune. Dopo una lunga discussione
l’Assemblea consiliare approvò un programma che prevedeva i lavori di riparazione dei
danni di guerra cosi distribuiti: Restauro e riparazione dei locali del Liceo e dell’edificio
scolastico “Cap. Mario Sena” e fornitura di arredamenti scolastici lire 2.000.000,
sistemazione della pavimentazione delle strade comunali basolate lire 5 milioni e
pavimentazione di quelle esterne lire 4 milioni, rafforzamento e restauro dell’edificio
scolastico ex Domenicane lire 3.200.000 e ristrutturazione al Carcere mandamentale lire
400.00. Per un totale Lire 12.600.000. Inoltre il civico consesso approvò altri interventi per
dare un sostanzioso sollievo alla disoccupazione invernale: Lavori alla centrale di
sollevamento civico acquedotto lire 3 milioni; impegni al Cimitero diretti ad evitare la parte
soggetta alle acque piovane lire 80.000, restauro, ampliamento e sistemazione dell’ospedale
civile lire 3.200.000, sistemazione della fognatura al vicolo 1° di Via N. Bixio (tra via
Bixio e via Maddalena antica) lire 60.000, risanamento della contrada “Rotonda” lire
1.200.000, costruzione di “latrine” e orinatoi e bagni pubblici lire 1.600.000”.
Il 1 novembre 1947 a seguito di persistenti piogge l’acqua piovana mista a detriti vari
dalle colline a nord dell’abitato di Maddaloni ed a oriente della strada provinciale Sannitica
prive di boschi si riversò con furia nell’abitato e nelle campagne adiacenti. Nella sua
incontrollata corsa l’acqua non essendo opportunamente incanalata travolse e danneggiò
qualsiasi cosa lungo il suo cammino provocando la morte di due giovani e notevoli danni
alle abitazioni ed ai frutteti. Per fronteggiare i danni causati dall’alluvione la Giunta
programmò i seguenti interventi: il rimboschimento delle colline circostanti l’abitato,
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l’imbrigliamento dei canaloni di scarico, il riscavamento ed ampliamento del fosso di scolo
lungo la strada sannitica e la costruzione di opere murarie agli imbocchi e alla immissione
degli scarichi nel recipiente naturale costituito dai corsi dei Regi Lagni inoltre fece richiesta
al Genio civile di predisporre gli accertamenti necessari per la preparazione dei lavori
occorrenti per eliminare i numerosi inconvenienti.
L’11 febbraio 1948 l’Ufficiale sanitario di allora riferì alle Autorità costituite che nel
rione denominato “Macello vecchio”, a causa del caldo afoso, si erano verificati parecchi
casi di malattie infettive perché gli abitanti del luogo bevevano l’acqua non potabile dei
pozzi. Dopo aver letto la relazione del sanitario che metteva il risalto le impellenti ragioni
igienico-sanitarie la Giunta municipale fece impiantare
dall’impresa Alfredo Bove un fontanino pubblico per
assicurare l’approvvigionamento idrico agli abitanti meno
abbienti del rione.
Il 28 febbraio 1949 per poter costruire case
economiche e popolari e per poter riparare le altre
abitazioni per i danni subiti durante il periodo bellici la
Giunta municipale, anche per motivi igenico-sanitari fece
richiesta di opportuni fondi alla E. R. P. (Piano di
Ricostruzione europea) al Ministero dei Lavori Pubblici. Per i danni di guerra si parlava di
riparare e sistemare la strada “Calabricito”, restaurare i locali dell’ospedale civile e
sistemare il brecciame in Via Cucciarella e intervenire sui basoli delle vie S. Francesco e
Ponte Carolino. Per quanto riguardava la bonifica agraria le zone interessate erano situate
nella contrada “Rotonda”. Inoltre bisogna intervenire sul sistema idraulico-agrario dei
bacini Calvario e Grado e sul canalone del Vallone di Cervino. Per quanto concerne le case
bisognava prima restaurare e ampliare la Casa comunale; inoltre si dovevano costruire case
popolari da destinare anche agli impiegati e infine era opportuno sistemare i locali del
Lazzaretto comunale. In relazione alle opere igienico-sanitarie era opportuno sistemare gli
scarichi delle fognature urbane in Via Cucciarella e Campolongo e il sistema idraulicostradale in via Ponte Carolino (2° tratto). Senza contare che andava costruita una nuova
fogna in Via Starza e nel primo tratto di via Cimitero; infine bisognava dotare il centro
urbano ed il cimitero di orinatoi e di “latrine”. Per quanto concerne le altre opere: era
opportuno “basolare” Via Tiglio S. Biagio, Capillo, la Rosa, Starza e Montedecore; riparare
la pavimentazione delle strade della zona alta via Alturi, S. Benedetto, Sambuco, Fabio
Massimo e Formali e costruire un canale e una vasca in muratura per evitare gli allagamenti
al Cimitero comunale. Il 27 giugno dello stesso anno la Giunta comunale, constatato che
nell’abitato urbano mancavano orinatoi pubblici il che aveva creato disagi ed inconvenienti
ai cittadini e ai forestieri, fece installare 5 vespasiani in cemento armato a due posti dotati
di acqua corrente e scarichi: nello Scalo ferroviario di Maddaloni Inferiore, in Piazza
Umberto 1°, in località Starza, nel largo “Mulini” ed in Via Roma (largo Cappuccini ed
inoltre dotò il Mercato di un efficiente servizio igienico per poter soddisfare le necessità
fisiologiche di quanti frequentavano il mercato e fiera settimanale nella giornata di martedì.
orinatoio pubblico di una volta
Capitolo ottavo
Sanità e Assistenza sociale
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Il 7 novembre 1879 l’Amministrazione comunale presieduta dal Sindaco Filippo
Lombardi istituì un asilo infantile denominandolo “Regina Margherita” nel rione Pescara.
Il 28 marzo 1899 la Giunta comunale ritenne opportuno assumere come levatrici
condotte Caterina Cianciola e Leonilda Tocco per sostituire Carolina Ruotolo partita per
l’America e un’altra occorreva per poter fronteggiare il crescente servizio ostretico. Il 15
maggio la Giunta impegnò una spesa di lire 2.300 necessaria per dare medicinali ai
bisognosi e per provvedere ad una serie di casse da morto da destinare ai poveri. Inoltre la
spesa stanziata in precedenza per la “lattazione” gratuita ai poveri a stento riusciva a
coprire il pagamento delle balie che dovevano allattare i figli delle numerose mamme
bisognose che versavano in condizioni di salute “cagionevoli” perchè impiegate in continui
faticosissimi lavori campestri. Nella stessa data la Giunta comunale per far fronte alla crisi
economica in corso abolì gli asili infantili. Essendo di parere contrario l’assessore Alfonso
dr. Raffone fece osservare che il mantenimento dei due Asili Infantili era necessario per le
famiglie maddalonesi dedite ai lavori dei campi che non potevano distrarsi per accudire ai
loro figli. Il 23 maggio del medesimo anno il Presidente della Congrega di Carità Enrico
Santamaria Nicolini chiese al Comune l’uso del secondo piano dell’ex convento dei
Cappuccini che si trovava in pessime condizioni di stabilità per costituire il ricovero
Landolfi. Oltre, all’uso, chiese il concorso dell’Amministrazione comunale per attuare la
riattazione del locale mentre le spese del funzionamento andavano a carico della Congrega.
Il Sindaco cav. Giuseppe Tammaro, dopo gli interventi dei consiglieri Vincenzo Borgia e
Giovanni Brancaccio, propose: di concedere l’uso di parte del secondo piano dell’ex
convento dei Cappuccini per impiantarvi l’Asilo di mendicità; di concorrere alla spesa di
riattazione del locale con la somma di 2.400 lire ripartita in tante rate. Il Consiglio approvò
le propose del sindaco.
Il 3 giugno 1899 secondo il vecchio statuto dell’Ospedale civile permetteva la
ricezione dei soli febbricitanti escludendo per il momento feriti, fratturati, erniosi e quanti
erano affetti da malattie chirurgiche o mediche ai quali l’opera ospedaliera poteva essere di
grande aiuto. Era necessario quindi modificare lo statuto precedente. A tale uopo stando la
scarsezza dei mezzi fu deciso di unificare il servizio sanitario affidandolo ad un solo
medico assistito da un supplente nominato “ad honorem”. Inoltre dato la scarsezza dei posti
letti furono esclusi dalla ricezione tutti gli infermi affetti da malattie “genio epidermico
contagiose”e mali sifilitici perché la loro presenza avrebbe potuto causare inconvenienti
mali agli infermi e al personale di servizio. Inoltre l’Assemblea consiliare per proposta del
sindaco raggruppò in una sola Opera Pia quelle esistenti a Maddaloni. Le opere
elemosinarie Lombardi, Alessandro e S. Gaetano furono concentrate in un'unica opera
denominata “Opera Pia Sussidi Alessandro, Lombardi e S. Gaetano, con uno statuto unico.
Nella stessa riunione il Consiglio comunale apportò un’altra modifica agli statuti delle
Opere pie dipendenti dalla Congrega di Carità facendo confluire i cespiti del “Maritaggio
Landolfi”nell’istituente Ospizio per i vecchi. Il Presidente della Congrega dr. Errico
Santamaria invitato dal Sindaco sull’argomento fece presente che “la fondazione di Asilo
per ricovero dei poveri vecchi era una necessità prioritaria per la città di Maddaloni per la
sua peculiarità di essere un paese eminentemente agricolo. Il povero bracciante per
sostenere la sua famiglia non aveva altra risorsa che le sue braccia e quanto queste
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venivano meno il “misero” uomo piombava nella più squallida povertà. Il povero vecchio
diventato un peso per la famiglia stremato di forze indebolito dalla fame preso dallo
sconforto andava a finire i suoi giorni o sulla pubblica piazza o in qualche casolare
abbandonato. Ciò, era indegno e incivile, per la società benestante e per l’Amministrazione
comunale l’aiuto a questi poveri vecchi doveva essere uno dei primi doveri di quanti
sentivano la dignità di esseri umani”: Per rimediare a tanta “iattura” il dr. Santamaria
sostenne fortemente la necessita di istituire un ricovero che desse a questi un po’ di
serenità, un pasto caldo ed un riparo dalle intemperie.
Il Sindaco, dopo aver ascoltato la relazione e aver esaminato i cespiti della Congrega di
Carità ribadì che l’unico cespite “investibile” nell’opera poteva essere quello del
“Maritaggio Landolfi”. Infatti, nel testamento del benefico risultava che il “Landolfi aveva
in un certo senso aveva già previsto il suddetto passaggio. Inoltre, riferì che l’elargizione
degli otto voti doveva essere elevata da 12 a 15 anni il limite minimo d’iscrizione al
“bussolo”. Il consigliere Prisco rispose che doveva essere lasciato il limite dei dodici anni.
Il Sindaco rispondendo al consigliere Enrico Prisco fece notare che il limite dei 12 anni era
immorale, giacché la ragazza in tale età era inesperta. Inoltre essendo in possesso di una
buona dote diventava mira degli sfaccendati i quali la circuivano e più delle volte uno di
loro più audace riusciva a sposarla e una volta entrato in possesso della dote l’avviava quasi
sempre sulla cattiva strada. Per avere fede al testamento del Landolfi, l’opera pia fu
denominata “Asilo per i poveri vecchi Giacinto Landolfi”. Il Consiglio all’unanimità
approvò la proposta del Sindaco.
Il 17 marzo 1900 per il ricovero di un cittadino maddalonese presso l’ospedale civile di
Postiglione della Pescara la Giunta municipale autorizzò il relativo pagamento a favore
della Congrega di Carità del citato paese. Il 20 agosto dopo un parto gemellare una mamma
trovandosi nell’impossibilità di poter allattarli a causa di una secrezione lattea minima
chiese all’Amministrazione comunale di poter usufruire della lattazione gratuita. La Giunta
dopo aver esaminato l’istanza prendendo a cuore lo stato della signora gli assegnò una balia
per nutrire uno dei gemelli.
Il 19 aprile 1901 essendosi verificato il primo caso d’infezione vaiolosa la Giunta
municipale per evitare il diffondersi del morbo incaricò il dr. Alfredo Di Vico di prestare i
primi aiuti agli ammalati isolati presso il Lazzaretto. Il 22 aprile il Sindaco comm.
Giuseppe Tammaro riferì al Consiglio di aver ricevuto delle lamentele dal cav. Achille Del
Monaco sullo sconcio che molestava il buon andamento dell’igiene e della quieta pubblica
causato dall’uso “invalso” di parcheggiare i carri funebri nel centro abitato che per legge
dovevano stare fuori città. Inoltre faceva presente che gli addetti nel preparare e addobbare
i carri funebri sulle strade cittadine le ingombravano e mettevano a repentaglio la vita dei
passanti. Intervenendo nella discussione l’assessore delegato all’igiene di allora si disse
favorevole a quanto riferito dal cav. Del Monaco. Inoltre sottolineava che il paragrafo 14
“pulizia mortuaria del codice d’igiene e sanità”diceva: “I Comuni per il trasporto dei
cadaveri si dovevano avvalere di appositi carri che dovevano essere foderati di lamina
metallica facilmente lavabili e interamente rivestiti di lamine di ferro. Dovevano essere
custoditi fuori dell’abitato in un luogo rispondente alle esigenze igieniche ad una distanza
non inferiore ai 200 metri dall’abitato riconosciuti idonei dall’Autorità municipale. Il
Consiglio all’unanimità approvò in via d’urgenza la proposta del Sindaco. Nel mese di
maggio la Giunta autorizzò il pagamento a Maria Ignara vedova Rossi per aver fornito vitto
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e materiale di pulizia agli infetti da vaiolo con le rispettive famiglie isolate nel Lazzaretto e
l’erogazione di un sussidio ad un cittadino maddalonese per far curare la figlia affetta da
“ozena” tramite doccia “Weber” presso un istituto specializzato.
Il 26 gennaio 1902 il Sindaco comm. Giuseppe Tammaro riferì al Consiglio che
l’assessore supplente dr. Michele Correra con abnegazione e con grande senso del dovere
nella triste e recente periodo del vaiolo si era prodigato per evitare che il morbo si
diffondesse in tutti i rioni di Maddaloni. Inoltre il primo cittadino fece notare che
l’assessore Correra prestò gratuitamente la sua opera ad una famiglia dimorante a Cancello
recandosi con la sua vettura per ben 18 volte. Il Consiglio all’unanimità elogiò l’operato
dell’assessore. Il 23 maggio dello stesso anno per il servizio straordinario prestato durante
l’epidemia del vaiolo il civico consesso pagò 100 lire ciascuno ai dottori Antonio Picozzi,
Benedetto Quintavale e Gabriele Iorio. Invece Il 22 ottobre il primo cittadino sensibile ai
problemi della povera gente acquistò una coperta e un saccone (materasso ripieno di storpie
di mais) per donarli ad una coppia non in condizione economiche floride che doveva unirsi
in matrimonio.
Il 17 dicembre 1907 con un’ordinanza prefettizia fu comunicato all’Amministrazione
comunale di apportare alcune modifiche allo statuto organico del Monte dei Pegni
amministrato dalla Congrega di Carità. Il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone letta
l’ordinanza propose al Consiglio di apportare al suddetto statuto: “La durata del pegno
doveva passare da un anno e sei mesi a solo sei mesi in modo che ci fosse un maggiore
movimento di capitali. I membri della Congrega dovevano assistere alle operazioni del
Monte, firmare le bollette e sorvegliare gli impiegati addetti. Il Consiglio constatato che la
Congrega non era favorevole alle modifiche e per venire incontro ai contadini che
chiedevano di pagare il pegno annualmente essendo soggetti al ricavo annuale dei loro
fondi portò la durata della rata ad un anno
Il 29 novembre 1911 su
Decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri sorse a Roma un
Comitato sotto la presidenza del
Duca d’Aosta per la reperibilità di
fondi da distribuire alle famiglie
bisognose dei militari morti e feriti
nella guerra italo-turca. Il Sindaco
cav. Raffone visto che anche nella
nostra città era sorto un comitato per
lo stesso scopo concorse con un
struscio lungo il corso Umberto 1° oggi 1° Ottobre
contributo di 500 lire. Il 20
marzo 1912 alcuni cittadini danneggiati da forti grandinate chiesero all’Amministrazione
comunale di ottenere uno sgravio sulle tasse da versare. Il Sindaco per venire in aiuto dei
danneggiati propose di chiedere al Ministero delle Finanze un sussidio a loro favore. Inoltre
il primo cittadino chiese al dirigente dell’Ufficio dell’imposta di effettuare le dovute
verifiche fondiarie. Il dirigente in questione avvisò l’Amministrazione comunale che i
danneggiati dovevano produrre i seguenti documenti: originale o copia conforme del
contratto di affitto, dichiarazione del colono (vistata dal sindaco) comprovante che era stato
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pattuito l’”escomputo” di almeno la metà dell’estaglio (prezzo d’affitto di un bene
immobile) e atto di notorietà comprovante che il fondo era tenuto in economia. In merito
alla produzione dei certificati quelli che non avevano il contratto di fitto registrato
riuscirono ad avere facilmente l’atto di notorietà, mentre gli altri in regola non potettero
aver l’atto perché nel contratto era stabilito che il fittuario non aveva diritto all’escomputo
per qualsiasi causa fortuita e ne potevano rilasciare ai loro fittuari la dichiarazione richiesta.
Il Sindaco continuò a ripetere che i primi potevano accedere allo sgravio fiscale, mentre i
secondi non avevano alcun diritto di sorta. Per venire in aiuto dei secondi aveva spedito al
Ministero un elenco dei poveri danneggiati affinché anche questi potessero ricevere un
sussidio che li ripagasse dei danni subiti.
Il 27 marzo dello stesso anno il Consiglio presieduto dal Sindaco cav. Raffone
approvò il nuovo regolamento d’igiene (*). Il civico consesso precedentemente aveva
incaricata una Commissione composta dai consiglieri Mattia Setaro, Antonio Izzo, notaio
Gennaro Castaldo e Vincenzo Zaza (presidente) di studiare ed apportare le relative
modifiche al vecchio regolamento. Il presidente Zaza relazionò sul nuovo regolamento:
“Egregi Colleghi, dopo la pubblicazione della nuova legge sanitaria 22 dicembre 1888 e
del Regolamento generale per l’esecuzione di essa del 19 ottobre 1890, l’ufficiale sanitario
di quel tempo, dr. Picozzi, mi affidava, in via privata, l’incarico di compilare il
regolamento locale d’igiene, che mi sforzai, per quanto non fu possibile, di farlo adatto ai
bisogni cittadini ed in armonia colle nuove esigenze igieniche. L’opera mia fu altresì
messa a disposizione della relativa Commissione consiliare, composta dai chiarissimi
avvocati cav. Luigi de Sivo e cav. Giovanni Brancaccio, per alcune rettifiche dovute
apportare al detto regolamento, suggerite dall’On. Consiglio Provinciale Sanitario. Ed ora
che della vostra benevolenza mi è stato affidato l’incarico della riforma del regolamento in
esame, e questa volta in via ufficiale, io vi ringrazio della fiducia in me riposta, perché mi
mette in grado di colmare alcune lacune, fra cui quella importantissima della mancanza
delle piante organiche del personale, che, con una grande sorpresa, nel suddetto mio
progetto approvato nel 1893 dall’Amministrazione comunale di quel tempo, furono lasciate
nel dimenticatoio, insieme alle tabelle dei diritti sanitari da istituirsi a vantaggio del
Bilancio comunale. Cosi si sarebbe sopperito in buona parte alle nuove spese imposte
dalla legge sanitaria e delle nuove esigenze reclamate dall’igiene pubblica. Nuovi bisogni
si fanno sentire, provvedimenti sono reclamati dall’esperienza e dalla pratica, e quindi si
impone la necessità di procedere con sollecitudine alla riforma del nostro locale
regolamento d’igiene”.
“Altra necessità delle modifiche è l’entrata in vigore dei nuovi regolamenti e per gli
impiegati e salariati comunali e per l’esecuzione della legge comunale e provinciale per
cui siamo costretti, anche dal lato amministrativo, di sistemare questo ramo vitale
dell’azienda comunale che a preferenza di qualsiasi altro servizio pubblico, merita tutta la
vostra attenzione e considerazione. Noi non possiamo vivere sotto il sospetto di non
conoscere la civiltà e di spese (opere) inadatti a saper risolvere i vari problemi interessanti
la provvista dell’acqua potabile, la nettezza pubblica, l’edilizia igienica. Bisogna quindi
saper spendere a tempo e saper spendere bene, perché in casi di gravi circostanze, come
quelle passate, i mezzi adatti a fronteggiare, ad isolare, a distruggere sul nascere
l’epidemia, non manchino e siano adeguati a tutti i servizi sanitari inerenti si trovino ben
organizzati, pronti, e direi quasi allenati a strozzare, a debellare il morbo fin dal suo
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apparire. Si vis pacem para bellumo. E noi, provvedendo a questo principalissimo servizio
pubblico che imperiosamente si impone col progresso e con la civiltà, abbiamo la
coscienza di seri ed onesti amministratori, che ritengono un alto dovere di responsabilità
morale, compiere la sistemazione di tutto ciò che riguarda l’igiene e sanità. Non curare
l’igiene in tempi normali significa perdita di migliaia e migliaia di vite umane, e disastri
da non potersi calcolare di enormi interessi finanziari pubblici e privati. Per le suddette
considerazioni noi siamo convinti che una benintesa igiene, crea buona organizzata polizia
sanitaria, un’attiva e continua vigilanza igienico-sanitaria e edilizio-igienica per la
salubrità. Del suolo e delle abitazioni in particolare modo, ci mettono in grado di
provvedere completamente senza grandi sacrifici e senza sforzi di sorta, in ogni
occorrenza, per qualsiasi sventura possa capitare”.
“Ed a conferma di quanto ho avuto l’onore di esporvi, mi piace far notare che nella
celebre epidemia colerica del 1896-99 in Francia, nella casa penale delle Madelonettes di
Parigi, ove erano raccolti 1100 detenuti, mercé una rigorosa igiene preventiva,
energicamente praticata dai Sanitari ad essa preparati, si ebbero appena 19 casi con 12
decessi; mentre il morbo faceva strage nella stessa Parigi, e nello anno seguente, nella
stessa casa penale, con le medesime norme igieniche, rigorosamente attuate e continuate,
da 2186 detenuti si ebbero appena 30 casi senza alcun decesso. E nella nostra Italia,
mentre la mortalità per colera fu enorme nell’epidemia del 1894, invece in grazia dei
provvedimenti igienici adottati scese nel 1899 negli Stati Sardi al 53,33%,, in Napoli al
58,8%, al 69% in Roma e dal 71,19% che era nel 1894 raggiunse il 50% in Parma – cifre
queste che man mano nelle successive epidemie, sono venute sempre più assottigliandosi
per i nuovi studi, per i nuovi provvedimenti perfezionati, per i nuovi progressi della
pubblica igiene e della polizia sanitaria, in rapporto alle migliorate condizioni
dell’economia nazionale e della pubblica istruzione”.
“Ed anche a Maddaloni, nel nostro R. Convitto Nazionale e nella storica caserma
“Bixio” della Legione Allievi R. Guardie di Finanza, non si ebbero caso alcun nell’ultima
epidemia 1910-1911, grazie ai provvedimenti igienici eseguiti. L’esperienza dei
provvedimenti igienico-sanitari adottata dal magnanimo Re Carlo Alberto già dal 7
settembre 1839 e proseguita con costante perseveranza dal R. Governo e dalle autorità
preposte alle tutela della salute pubblica, con zelo, con fermo, con prontezza non è andata
perduta. Ed una prova l’abbiamo avuta proprio qui nella nostra Maddaloni, in persona del
nostro Sindaco beneamato. Voi conoscete al pari di me quanto si è fatto e speso
nell’epidemia colerica del 1910. Invece l’esperienza, questa grande maestria della vita,
consigliò al nostro Sindaco una via diversa da tenere, e nella seguente epidemia del 1911,
senza allarmi, senza chiassi, senza apparati impressionanti, ma con calma e ponderazione
egli coadiuvato non da valenti, ma da pochissimi volenterosi e modesti al par di lui, da
tutto il corpo sanitario cittadino e soprattutto dal personale dell’ufficio d’igiene intero, a
capo quel solerte ed infaticabile ufficiale sanitario dr. Vincenzo Borgia, a tutto provvide
con prontezza, con larghezza, con praticità, da riscuotere l’unanime approvazione di
questo Consiglio e della cittadinanza, senza distinzione di sorta”.
Il 20 maggio 1912 secondo un’ordinanza del Prefetto il cav. dr. Alfonso Raffone riferì
al Consiglio che aveva fatto modificare l’articolo del Regolamento d’igiene relativo per
quanto concerne l’attività legata agli “introduttori” di capelli. Secondo le nuove
disposizioni i commercianti in questione dovevano sottoporre la loro merce alla
100
disinfezione in un apposito locale comunale sotto il controllo dell’Ufficiale sanitario. Lo
stesso trattamento doveva essere applicato anche agli introduttori di mobili usati per farne
commercio nonché ai rivenditori di stracci e simili. Inoltre il Sindaco fece presente di aver
affittato un locale sito nella via che andava alla Rotonda per collocarvi l’ufficio adibito al
controllo. Il civico consesso approvò all’unanimità la proposta del Sindaco. Il 22 luglio in
base a una nota del presidente dell’Esposizione Internazionale d’igiene che si sarebbe
svolta a Roma con lo scopo precipuo di poter intensificare la lotta contro la tubercolosi
tramite istituti permanenti, curativi e preventivi il Consiglio comunale inviò un contributo
di 100 lire e nel contempo incarico il Sindaco dr. Alfonso Raffone di contattare le
associazioni e le attività commerciali per la raccolta di fondi da inviare al citato ente. Il 20
novembre il primo cittadino riferì che aveva ricevuto un’istanza da Vincenzo Di Caprio fu
Salvatore con cui chiedeva un contributo necessario per istruire la figliola Maria nell’arte
del canto che a parere dei competenti professori aveva tutte le doti necessarie per diventare
un’ottima cantante lirica. Il consigliere notaio Gennaro Castaldo faceva rilevare che il prof.
Di canto Cesare Bernardo Bellini di Napoli in una sua lettera aveva evidenziato con
eloquenti parole le doti canore della Di Caprio affermando che “lasciare in asso la
giovinetta che aveva innanzi a sé uno così lieto e ricco avvenire solo perché per un paio di
anni le mancavano poche lire per la spesa di viaggio da Maddaloni a Napoli per prendere
lezioni di canto era veramente una cosa dolorosa”. Inoltre rilevò che i suoi genitori avevano
otto figli ed erano privi di beni di fortuna essendo dei modesti impiegati: il padre era
occupato in un’azienda privata e la madre era insegnante elementare del Comune”. Il
Castaldo propose che il Consiglio deliberasse di pagare per i soli anni 1913 e 1914 alla
figlia dell’”astante” un sussidio mensile di lire 40 giustificato da un attestato di frequenza
di una scuola di canto pubblica o privata. Diversi consiglieri si associarono alla proposta
del Castaldi. Anzi alcuni avrebbero voluto che si assegnasse una somma maggiore delle lire
40. Il Presidente dell’Assemblea, dopo aver ascoltato i vari interventi fece osservare che
bisognava tener presente le attuali condizioni e gli impegni economici dell’Azienda
comunale quindi tralasciando le altre proposte fece mettere a votazione quella espressa dal
Castaldo che fu approvata con 22 palline bianche (favorevoli) e 3 nere (contrarie).
Il 16 novembre 1914 il padre della giovane musicista Vincenzo Di Caprio inviò una
nuova istanza per ottenere la continuazione del sussidio già assegnato: “Il sottoscritto
Vincenzo di Caprio espone alle SS.VV. Ill.me quanto segue: A seguito di istanza avanzata a
questo On. Consiglio il 9 novembre 1912 per ottenere un sussidio mensile per quattro anni
perché la figliuola dell’esponente Maria avesse potuto recarsi in Napoli a frequentare la
scuola di canto e compensare il suo prof. Bellini il Consiglio aveva deliberato lire 40
mensili fino al 31 dicembre 1914 per tre anni. Intanto la Maria dovendo completare i suoi
studi che erano molto bene avanzati con profitto evidente come si rilevava dalla lettera del
prof. Bellini riportata in seguito e diretta sindaco avrebbe avuto bisogno di altri due anni
di studi e con frequenza di tre volte la settimana invece di due. A causa delle peggiorate
condizioni finanziarie dell’esponente per la numerosa figliolanza e per i tempi non lieti che
correvano e col sensibile aumento dei biglietti ferroviari il sottoscritto prega le SS.VV. a
voler concedere alla figliola Maria un ulteriore sussidio in modo da poterla mettere in
grado di conseguire la finalità prepostasi. Con osservanza 23 ottobre 1914”. Di contro
nella sua lettera il prof Bellini rilevava: “Ill.mo sig. Sindaco della città di Maddaloni. Con
la presente Le faccio noto come la signorina Maria di Caprio, allieva di canto nel mio
101
Istituto musicale, fin dal gennaio 1913 ad oggi ha frequentato con assiduità la mia scuola,
ottenendo progressi, sia nel timbro vocale come nella tessitura del vero soprano lindo.
Nello studio della non facile opera “la Traviata”, o nell’opera “Faust” che già ha
incominciato, ha dato prove della sua buona disposizione a raggiungere alti ideali
artistici. Ma perché possa raggiungere l’intento, ha bisogno ancora, per lo meno di altri
due anni di studio indefesso, non solo, ma quanto occorre che estenda le sue lezioni a tre
volte la settimana invece di due, come finora ha fatto ecc.ecc.”. Il Consiglio all’unanimità
deliberò di continuare per altri due anni, 1915 e 1916, il sussidio di lire 40.
L’8 febbraio 1915 appena avuto notizie relative ai gravi disastri causati dal terremoto
del 13 gennaio scorso nella città di Maddaloni si costituì un Comitato che con la
promozione di feste di beneficenza raccolse fondi a favore dei terremotati. Il Sindaco dr.
Alfonso Raffone plaudendo alle iniziative del costituito Comitato propose che gli fosse
assegnato un contributo di 500 lire con la clausola che 300 lire dovevano essere inviate alle
zone terremotate e le restanti 200 lire dovevano restare a disposizione della Giunta
municipale per venire in aiuto in caso di bisogno degli eventuali orfani di famiglie
maddalonese residenti ad Avezzano. Il Consiglio comunale all’unanimità approvò la
proposta del Sindaco.
Il 5 giugno 1916 in base ad una circolare ministeriale con cui si chiedeva ai Comuni un
contributo annuale per aiutare gli orfani dei contadini morti in guerra il Commissario
prefettizio dr. Giuseppe Marzano considerò il Comune di Maddaloni socio ordinario
all’Opera nazionale per gli orfani con un contributo di 10 lire. Nell’agosto dello stesso anno
il presidente dell’Ente associato avanzò la richiesta di incorporare nella Congregazione di
Carità il “concentramento” dei legati del cav. Matteo Lombardi fu Gabriele che erano stati
stabiliti nel suo testamento olografo del 6 febbraio 1913, pubblicato dal notaio Ferraro di
Napoli il 24 luglio stesso anno ed amministrati dal parroco di S. Benedetto. Il Consiglio
comunale esprimendo il parere favorevole all’atto obbligò, però la Congregazione a tenere
separate le spese di culto testamentarie. Il cav. Lombardi nel suo testamento aveva stabilito
a favore delle pie istituzioni un fondo di 4 “maritaggi” annuali da distribuire tra le diverse
opere di beneficenza, a favore di altre pie istituzioni, istituì 4 “maritaggi annuali”, di 100
lire ognuna da elargire alle “donzelle” povere della parrocchia di San Benedetto
riservandone uno per sorteggio alle figlie dei suoi coloni che coltivavano il terreno
paludoso denominato “San Francesco di Maddaloni e inoltre dispose che annualmente
fossero distribuite 150 lire ai poveri divise in tre epoche: lire 50 a Pasqua, lire 50 a Natale e
lire 50 nel giorno dell’anniversario della sua morte. Oltre alle suddette opere di beneficenza
il Lombardi aggiunse ai legati i seguenti oneri di culto: La celebrazione di una messa in
tutti i venerdì dell’anno e nel giorno del 2 novembre in suffragio della sua anima e di quelle
dei suoi genitori e dei suoi “germani” donando la Cappella di sua proprietà con tutti gli
arredi sacri. La “ufficiatura” di ogni anno di un funerale nella parrocchia di S. Benedetto e
nel giorno dell’anniversario della sua morte officiata dai reverendi sacerdoti D. Agnello
Rossi e D. Vincenzo Aiello di Maddaloni. Per i legati e per le opere di culto il cav.
Lombardi lasciò una rendita annua di 1.800 lire ricavata da una masseria con annesso
terreno dell’estensione di ettari 6.66,66, pari a moggi 20 di antica misura, da un orto, da
una cappella con gli arredi sacri in tenimenti di S. Clemente di Caserta luogo detto
“Materchioccia”.
Nello stesso giorno fu ufficializzato alla stessa Congrega di carità anche il passaggio
102
dei legati di Nicola Zanni Raffaele lasciati con testamento del 28 giugno 1880 redatto dal
notaio Francesco di Vico di Maddaloni amministrati dal parroco pro-tempore della chiesa
di S. Margherita. Anche per questo passaggio il Consiglio comunale diede parere
favorevole chiedendo come il primo di tenere a parte la contabilità relativa ai desideri
testamentari. Nel suo testamento lo Zanni aveva istituito 2 doti di maritaggi di lire 85
ognuno a favore delle zitelle povere della parrocchia di S. Margherita che dovevano essere
sorteggiate il giorno della festività di S. Nicola (6 dicembre) con una celebrazione di una
messa cantata la cui spesa doveva ammontare a 20 lire. Per questi legati lasciava due stanze
superiori site nel cortile comune della famiglia in Via Ponte Carolino nel luogo detto
Vallone. Inoltre dispose che le disposizioni testamentarie dovevano andare in vigore un
anno dopo la sua morte e l’esecutore in un primo tempo doveva essere Michele Vigliotti fu
Tommaso e poi il parroco di S. Margherita.
Il 9 settembre 1916 per costituire un fondo per le
opere di assistenza civile il Commissario prefettizio dr.
Marzano in applicazione del Decreto Legge approvò un
contributo a favore dell’opera assistenziale sul tributo
complessivo compresa la sovrimposta dei terreni e dei
fabbricati che i cittadini dovevano cosi versare al
Comune: Da lire 10-25 il 5%, da 26-50 il 7%, da 51200 il 10%, da 201-500 il 15%, da 501-1000 il 20%, da
1001-2000 il 25% e da 2001 in poi il 30%. Nel
dicembre dello stesso anno l’Amministrazione
comunale offrì un contributo di 100 lire per far
comprare dei doni da consegnare ai feriti di guerra
ricoverati nell’ospedale militare di riserva.
Il 28 gennaio 1917 per il ritardato pagamento dei sussidi alle famiglie dei richiamati
alle armi la popolazione maddalonese protestò vivacemente sotto la Casa comunale. Per
sedare la contestazione e disperdere i dimostranti dovettero intervenire i finanzieri del
Battaglione di Finanza dislocato nella caserma Bixio oggi Villaggio del Ragazzo. Il 27
luglio 1918 in base ad una circolare il Commissario prefettizio dr. Federico Arcamone
approvò un contributo annuo nella misura di 3 centesimi per abitanti a favore degli orfani
di guerra. Inoltre decise che il suddetto fosse ripartito una metà agli orfani di guerra e
l’altra metà agli orfani poveri delle altre categorie sociali. Il 25 maggio 1923
l’Amministrazione comunale concesse ai poveri ricoverati nel Mendicomio Landolfi alcuni
effetti letterecci di sua proprietà. Il 15 maggio 1926 il Consiglio comunale ratificò la
deliberazione d’urgenza della Giunta municipale la spesa di 1.200 lire occorsa per la
refezione dei balilla radunatosi a Caserta. E il 4 febbraio 1928 il Comune elargì un
contributo per la befana a favore dei balilla.
Il 28 febbraio 1931 la suora Luisa Maresca superiore dell’Asilo infantile comunale
“Umberto 1°”, morì all’improvviso. La Cittadinanza voleva offrire un attestato di
gratitudine alla compianta suora per l’opera di bontà e di assistenza spesa tutta a beneficio
dei bimbi poveri. Il Comune raccolto l’istanza dei cittadini e liberando la Comunità
religiosa da ogni spesa per i funerali decise di addossarsi la suddetta spesa anche perché la
portatrice d'acqua
103
suora era una dipendente salariata del Comune. Il podestà cav. Sorvillo lette le note della
Ditta Eugenio Iorio per quanto concerne le spese del carro funebre e della sepoltura
ammontante ad un importo di lire 308, quella del falegname Guerrino Arturo per la
fornitura di una cassa funebre in lire 150, l’altra del sacerdote Salvatore Santonastaso per la
spesa della funzione in chiesa e l’onere ai becchini quantificabile in lire 108,50 per un
totale complessivo di lire 566,50 sentito anche il parere della Consulta municipale deliberò
il pagamento delle su indicate spese. Il 27 giugno fu stipulata una convenzione (*) tra il
Comune ed il Civico ospedale circa le spese per gli atti operatori agli ammalati poveri che
prima si recavano a Napoli.
Il 15 febbraio 1932 il Comitato assistenziale per la disoccupazione chiese un dono per
la lotteria di beneficenza a favore dei bisognosi. Il Comitato inviò al Vice-Podestà dr.
Filippo Iorio la seguente lettera: “Illustre sig. Podestà, come Ella sa, il nostro Comitato coi
soli fondi della privata beneficenza fornisce il pane quotidiano a non meno di 400
bisognosi. E poiché le fonti ove ha finora attinto vanno affievolendosi, il Comitato stesso
ha deciso una grande lotteria. La maestà del nostro R ed il suo Augusto figliuolo hanno
risposto al nostro appello inviando due magnifici doni ed altri hanno inviati Enti e
cittadini, cui il Comitato ha rivolto l’appello. Manca il dono del Comune, lo chiediamo,
certo che, col Vostro autorevole appoggio, il Comitato vedrà anche il Municipio tra i più
generosi donatori. Con ossequi. Per il Comitato. F.to De Longis”. Considerato che il
Comune doveva degnamente rispondere al nobile appello, dando il suo concorso per
l’esplicazione di un’opera tanto benefica e filantropica, compatibilmente alle esigenze del
bilancio. Considerato che bisogna provvedere all’acquisto di un donativo del valore di circa
200, somma con la quale si poteva acquistare un buon oggetto. Il Vice-Podestà deliberò
offrire al Comitato un
donativo di tale somma.
Nell‘aprile dello stesso anno
fu emesso dal Comune un
contributo di lire 5.000 a
favore
del
Comitato
assistenziale comunale per le
opere assistenziali.
Il 12 dicembre 1932 si
arrivò alla soppressione di un
posto di un medico condotto
precedentemente contemplato
via Corpo di Cristo oggi piazza Umberto I
da una delibera commissariale
dell’8 ottobre 1924 che prevedeva la
presenza di tre medici condotti su altrettante zone (Oliveto, Pescara e Montedecore). A
seguito della collocazione a riposo del dr. Benedetto Quintavalle uno dei 3 medici
impegnati il Podestà ritenne opportuno non sostituirlo affidando di conseguenza la terza
zona ai due medici operanti già sul territorio. I 2 medici condotti responsabili delle 3 zone
Gabriele Iorio e Alfredo Di Vico inviarono al podestà la seguente lettera: “Maddaloni
26/11/1932, Ill.mo sig. Podestà – Maddaloni – Oggetto Collocamento a riposo del dott.
Quintavalle -. I sottoscritti, medici condotti, nell’accusare ricezione della nota
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contrascritta, fanno noto alla S.V. ill.ma quanto segue. Il dott. Iorio Gabriele fu nominato
medico condotto alla sezione Pescara-città il 22 marzo 1901; il dott. Di Vico Alfredo fu
nominato medico condotto alla sezione Oliveto il 12 ottobre 1907. Entrambi perciò furono
nominati medici condotti del centro e non della frazione di Montedicore, come dal
capitolato di servizio. Essi sono disposti ad accettare servizio nella frazione, però fanno
notare che è umanamente impossibile prestare servizio al centro ed alla frazione per le
seguenti ragioni: la frazione dista dal centro quattro chilometri e vi sono molte case sparse
che arrivano fino al limite di Cancello, Cervino e S. Maria a Vico le quali distano
dall’abitato di Montedecore 3 o 4 km con via non carrozzabili e disagevoli specialmente
d’inverno, per cui si è obbligati a recarsi a piedi in tale tragitto cosi lungo. Il tempo viene
a mancare senz’altro ed il servizio sarà deficiente tanto nella sezione città quanto nella
borgata. Il numero dei poveri si è eccessivamente aumentato e ciò per il grave disagio
economico e per la disoccupazione; per tale ragione essi appena possono disimpegnare
attualmente il servizio del centro. Fanno inoltre presente che la spesa per il trasporto nella
frazione è insufficiente perché il vetturino deve aspettare dalle quattro alle cinque ore,
salvo casi imprevisti, nella borgata. La somma stanziata è perciò irrisoria. Con
l’occasione fanno viva premura alla S.V. ill.ma di voler loro comunicare l’elenco dei
poveri aggiornato, trovandosi in difficoltà sulla cernita degli stessi. Con molta osserva.
F.ti Iorio e Di Vico. – N.B. I sottoscritti fanno ancora noto a S. V. che bisogna
disimpegnare il servizio necroscopia, il servizio sanitario al carcere ed ai RR. CC.”.
Inoltre il Podestà lesse anche della lettera dell’Ufficiale sanitario “10 dicembre 1932.
Ill.mo sig. Podestà. Come da richiesta faccio tenere alla S.V. Ill.ma il seguente rapporto.
Le considerazioni messe innanzi dai dott. Iorio e Di Vico sul collocamento a riposo del
dott. Quintavalle e sull’abolizione della terza condotta rispondono a verità. Metto in
evidenza che le distanze da Maddaloni a Montedecore e dal centro della borgata alle case
sparse, il Comune spenderà parecchie migliaia di lire, tra stipendio e indennità, ma i
poveri, attualmente di molto aumentati, non usufruiranno del servizio sanitario né nel
centro né nella borgata. Oltre ai servizi elencati dai due medici, essi hanno l’obbligo del
servizio gratuito anche all’ospedale ed al mendicomio Landolfi. Faccio presente inoltre
alla S.V. ill.ma che la condotta pel medico non può paragonarsi alla condotta per la
levatrice. Mentre l’assistenza ad un eventuale parto può essere a periodi ed una volta
tanto, l’assistenza medica deve essere continua e giornaliera. Giudico opportuno che la
terza condotta sia mantenuta”. Il Podestà sentito il parere della Consulta revocò la
deliberazione commissariale del 18/10/1924 e deliberò di mantenere le tre condotte.
Il 27 febbraio 1933 il Podestà cav. Sorvillo fece compilare l’elenco dei poveri.
Considerato che l’aggravarsi della crisi economica si rendeva necessario procedere ad una
revisione dell’elenco dei poveri allo scopo precipuo di includere altri cittadini che
versavano in disagiate condizioni erano meritevoli di ogni considerazione ed assistenza.
Esaminò i vari elenchi trasmessi dall’Ufficiale sanitario, dai medici condotti e dai parroci
dei rioni gente che era a contatto diretto con la popolazione e ne conoscevano quindi
condizioni e bisogni. E il dirigente responsabile constatò che effettivamente le persone
designate dai predetti funzionari e dai parroci erano meritevoli dell’assistenza sanitaria
gratuita e approvando quindi gli stessi corrispondenti a 566 famiglie di poveri: Parrocchia
S. Martino n. 152, S. Margherita n. 53, S. Alfonso n. 67 (tutte del rione Pescara). S. Pietro
n. 56, S. Aniello n. 74 e S. Benedetto n. 64 (tutte del rione Oliveto). Borgata Montedecore
105
n. 100.
Il 1 aprile 1935 furono istituiti 6 premi di nuzialità da lire 500 ciascuno. Il Podestà cav.
Sorvillo allo scopo di incrementare la nuzialità e la natalità del Comune di Maddaloni,
deliberò: Istituire 6 premi di nuzialità di lire 500 ciascuno. Tali premi sarebbero stati
assegnati alle prime sei coppie che avrebbero celebrato il loro matrimonio a partire dal
giorno 10 aprile 1935 e trovandosi nelle condizioni seguenti che lo sposo fosse nato e
domiciliato in Maddaloni, che la nascita dello sposo decorresse dal 1° gennaio 1905 al 31
dicembre 1910, che entrambi gli sposi fossero poveri o di modeste condizioni finanziarie,
che si trovassero in buone condizioni fisiche e che avessero avuto ed avrebbero tuttora
illibata condotta morale. Il 28 settembre furono emanate le norme per l’assegnazione dei
premi di nuzialità e natalità. Il Podestà cav. Sorvillo in base alla circolare dell’Alto
Commissario che aveva come oggetto: “Premi di nuzialità e natalità; con la quale
facendosi seguito all’altra del 14 agosto, per opportuna conoscenza si comunicavano le
norme emanate dall’On. Ministero dell’Interno, in ordine alla concessione dei premi di
nuzialità e natalità a favore del personale dipendente dello Stato”. In rapporto alle
disponibilità del bilancio preventivo del Comune il Podestà ritenne opportuno stabilire che
la concessione dei premi fosse in misura più modesta di quella elargita al personale
dipendente dello Stato in base alle norme fissate in precedenza. Premi di nuzialità:
Personale di concetto ed assimilati lire 1.000, personale d’ordine ed assimilati lire 800 e
personale sanitario ed assimilati lire 500. Premi di natalità per il 1° figlio lire 200, per il 2°
lire 300, per il 3° lire 400, per il 4° lire 500, per il 5° lire 600 e per il 6° lire 700.
Il 23 aprile 1938 l’Amministrazione podestarile elargì un contributo per la fornitura di
capi di vestiario per distribuirli ai giovani fascisti poveri facenti parte della Gioventù
Italiana Littorio.
Il 21 marzo 1940 l’Amministrazione comunale assegnò i premi alle madri prolifiche.
In occasione della cerimonia per la consegna delle medaglie d’oro promossa dal Governo
centrale il Podestà cav. avv. Salvatore Renga deliberò di assegnare 3 premi alle madri
prolifere maddalonese: 1° premio di lire 200, 2° di lire 100 e 3° di lire 50 tenendo conto del
numero dei figli avuti in rapporto dell’età ed alla data del matrimonio. Nella stessa data fu
effettuata la compilazione delle situazioni di famiglie dei braccianti agricoli necessarie per
l’assistenza generica.
L’11 luglio 1942 il Commissario prefettizio avv. Enrico Barra: “Ritenuto che il dr. cav.
Clemente Barletta con lo spirito filantropico che sempre lo ha distinto è disposto a donare
per l’istituzione di un orfanotrofio femminile da erigersi in Ente morale sotto
l’Amministrazione dell’Ente comunale di assistenza lire 40.000 in titoli di rendita pubblica
consolidati al 5% e dieci letti completi di materassi, guanciali, lenzuola, coperte e altre
suppellettili e biancheria al completo per le dieci ricoverate. Ritenuto che con un
orfanotrofio di almeno dieci letti si rende necessaria una rendita annua per lo meno di lire
10.000”. “Ritenuto che questa Amministrazione non può far “abortire” l’ottima iniziativa
del cav. Barletta, iniziativa che merita di essere incoraggiata sotto ogni rapporto”.
“Riservandosi di adottare tutti i provvedimenti del caso per l’elezione ad Ente morale
dell’istituente orfanotrofio. Riservandosi ancora di far adottare dall’Ente Comunale
Assistenza analogo provvedimento”. Deliberò: “L’Amministrazione comunale di
Maddaloni assume impegno di contribuire annualmente con la somma di lire 5.000 nelle
spese dell’istituente orfanotrofio che dovrà essere subito eletto in Ente morale;
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l’Amministrazione stessa cede gratuitamente tre vani prospicienti al corridoio di accesso,
una sala da adibire a dormitorio oltre ad un altro corridoio largo da poter usare come
laboratorio e tutti gli altri accessori indispensabili per il regolare funzionamento
dell’orfanotrofio suddetto, i locali erano situati al 1° piano dell’ex convento dei
Cappuccini”.
Il 21 febbraio 1944 in base ad una circolare prefettizia che dava disposizioni ai
Comuni di distribuire una certa quantità di carbone alle famiglie dei caduti in guerra senza
alcun corrispettivo il Commissario prefettizio cav. Eugenio Iorio approvò la nota presentata
da Berardino Della Peruta da cui risultava di aver somministrato kg. 1120 di carbone a 14
famiglie su consegna dei buoni emessi dal Comune. Nell’aprile dello stesso il direttore
dell’Ospedale civile, l’Ufficiale sanitario e l’Ufficio tecnico comunale di comune accordo
facevano presente al sindaco che i locali dell’Ospedale erano sufficienti e inadeguati per il
ricovero degli ammalati: infatti, nel mese scorso si erano presentati 60 infermi, mentre i
posti disponibili non raggiungono i 40. Per la mancanza di posti l’Amministrazione
comunale emise un’ordinanza con cui vietava l’afflusso di nuovi ammalati: “Cosa che non
era corretto sia dal lato umanitario che dall’assistenza ai più bisognosi”. Su sollecitazioni
del Governatore Militare di Caserta il quale chiedeva di provvedere con un’urgenza ad altri
locali per l’ospedale il Primo cittadino decise di annettere all’ospedale i locali dell’ex
convento dei Cappuccini adibiti a ricovero Landolfi e Asilo infantile Umberto 1°. Ritenuto
poi che la spesa relativa all’adattamento dei nuovi locali spettava al Governo militare
deliberò: Per il ricovero degli ammalati poveri e a pagamento, per le cure ospedaliere e per
le operazioni chirurgiche e relativa assistenza sarebbero stati usati i locali del ricovero
Landolfi e dell’Asilo
infantile. Per il ricovero
dei vecchi e degli inabili
al lavoro sarebbe stato
usato il primo piano
dell’Ospedale civile sito
in Via Ponte Carolino.
Per il funzionamento
dell’Asilo
infantile
sarebbero stati usati dei
locali del pianoterra dello
stesso ospedale. Con lo
scambio dei locali restava
invariato lo stato di
proprietà
e
nessuna
somma per qualsiasi titolo era loro dovuta per la durata di 29 anni. Le spese di
manutenzioni ordinarie e straordinarie erano a carico dell’Ente possessore, mentre le
imposte fondiarie dovevano essere pagate dagli enti proprietari. Le spese di adattamento
dei locali saranno sostenute dall’Amministrazione comunale sulla somma di 200.000 lire
che sarà emessa dalla Reale Prefettura.
Il 20 febbraio 1945 fu presa in esame l’elenco delle famiglie povere per l’assistenza
sanitaria gratuita. Per la compilazione dell’elenco l’Amministrazione comunale divise il
territorio in sette zone corrispondenti alla circoscrizione di ciascuna parrocchia (*).
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Il 2 agosto 1946 l’assessore Enrico Tammaro relazionò sulle condizioni igienicosanitarie della città benché non gravi che erano alquanto precarie per gli strascichi dolorosi
di una guerra lunga, durissima e sfortunata, che aveva lasciato il paese “prostrato” e privo
di quei sussidi che in tempo normali servivano a combattere efficacemente tutte le cause
che insediavano la salute dei cittadini. In primo luogo c’era la denutrizione dovuta alla
insufficiente alimentazione. Da non trascurare era l’igiene legata in parte alla miseria
economica. Cause che avevano fatto sorgere specie nei bambini fenomeni morbosi molto
difficile da combattere. Davvero preoccupante era la tubercolosi già molto diffusa nel dopo
la guerra 1915-18 sia per la debole reazione dell’organismo indebolito dalle molte
privazioni che per il diffondersi del germe di cui erano portatori molti reduci confinati nei
campi di concentramenti che erano delle vere tombe per molti dei nostri fratelli. La Giunta
municipale si era resa conto del grave problema ed aveva cercato nei limiti del possibile di
ovviare o limitare gli effetti delle cause che insidiavano la salute dei cittadini. Il Sindaco
avv. Antonio Brancaccio assicurò nel suo intervento che aveva stipulato con il Demanio
dello Stato una convenzione per la fornitura di acqua prelevata dal condotto Carolino in
modo da permettere alla popolazione di aver il quantitativo di acqua sufficiente per curare
la pulizia personale ed i più essenziali bisogni della famiglia. Inoltre il primo cittadino
aveva fatto acquistare un discreto quantitativo di disinfettante per la disinfestare le
fognature e di insetticida per la lotta contro le mosche. Aveva poi emesso un’ordinanza che
obbligava gli esercenti pubblici di munirsi di appositi camici e di coprire con veli i generi
di prima necessità messi in vendita allo scopo di tutelare al meglio l’igiene pubblica. Aveva
inoltre fatto mettere nel bilancio preventivo una voce per far fronte con urgenza al ricovero
negli ospedali di ammalati bisognosi che dovevano curarsi a lungo. Si era pure interessato
presso enti e autorità costituite perché fossero inviati in più larga misura i soccorsi
dell’U.N.R.A.A. (**) che avrebbero permesso di assistere più largamente e più
efficacemente le madri ed i bambini che versavano in condizioni economiche precarie.
Infine il Sindaco riferì che aveva provveduto alla nomina presso il Consultorio Opera
Nazionale Maternità ed Infanzia, fornito largamente di “armamentario” chirurgico e di una
discreta scorta di medicinali e di viveri, di due specialisti nel ramo pediatrico ed ostetricoginecologico che avrebbero consentito diagnosticare tempestivamente e con precisione le
varie infermità dei bambini e delle madri e di ricorrere ove ne era il caso ai mezzi più
efficaci e radicali per combattere le infermità riscontrate.
(**) (United Nations Relief and Rehabilitaions Addministration = Amministrazione
delle Nazione Unite per il Soccorso e la Ricostruzione).
L’assessore Tammaro concluse la sua relazione dicendo che aveva fatto di tutto per
cercare di risolvere i vari problemi nel ramo igienico-sanitario e di aver avviato i
presupposti necessari per la loro risoluzione. Il Consiglio approvò all’unanimità la
relazione dell’assessore Tammaro.
Il 7 settembre 1946 in base ad una circolare prefettizia relativa alla distribuzione degli
indumenti proveniente dall’America il Sindaco avv. Luigi Brancaccio riferì al Consiglio
comunale di aver costituito un apposito Comitato comunale per la compilazione ed
approvazione degli elenchi delle persone avendo diritto ai pacchi. Inoltre fece presente di
aver incaricato l’assessore Elio Rosati a presiedere il Comitato, l’Ufficiale sanitario e
medico condotto dr. Giuseppe Cardarelli e il rev. mons. Antonio Zaza d’Aulisio parroco di
S. Alfonso. Il Civico consesso all’unanimità approvò le proposte del sindaco. Il 16
108
novembre la Giunta municipale su proposta dell’assessore dr. Enrico Tammaro e
dell’Ufficiale sanitario dr. Cardarelli approvò le spese occorse per l’irrogazione di
disinfettante necessaria alla lotta contro le mosche.
Il 15 ottobre 1949 il
Sindaco gen. Domenico Renga
riferì che
nonostante il
funzionamento delle Casse
Mutue Malattie la spesa delle
medicine ai poveri aumentava
sempre di più. Il Comune
doveva dare ai farmacisti locali
una
rilevante
somma
ammontante a 1.700.000 lire.
Avendo
l’Amministrazione
comunale sperimentata più di
un
sistema
per
evitare
lavatoio pubblico
l’aumento della spesa sanitaria
propose di acquistare il
medicinale per i poveri direttamente all’ingrosso presso le case farmaceutiche. Il Consiglio
comunale all’unanimità approvò la proposta del Sindaco.
sfilata di truppa in piazza Umberto I
Capitolo nono
Vigili urbani, Guardie campestri e Banda musicale
109
Il 12 novembre 1870 fu istituito il Corpo delle guardie campestri. L’Amministrazione
comunale per mantenere il Corpo delle guardie campestri recentemente istituito impose una
sovrimposta sui terreni di lire 12mila. All’origine, era composto di 30 guardie e poi in
seguito fu ridotto a 21. Il Corpo delle guardie campestri era indispensabile per la nostra
città sia per la sua estensione e sia per le industrie rurali ed urbane. Le guardie erano
impiegate come agenti di Pubblica sicurezza e di polizia municipale, inoltre, parecchi
componenti sia per regolamento e sia per contratto avevano diritto ad una pensione ed altri
ad indennità condizioni che aumentarono la passività delle finanze comunali.
Il 3 novembre 1898 il Real Commissario avv. Attilio cav. de Johannis deliberò la
soppressione della banda musicale mantenendo in servizio il direttore senza alcun
stipendio.
Il 20 gennaio 1899 il nuovo Consiglio comunale presieduto dal Sindaco cav. Vincenzo
Tammaro deliberò la ricostituzione del corpo musicale soppresso dal commissario. Il
consigliere prof. Pasquale Castaldi, pur dicendo che amava la musica, ma per economia di
bilancio era contrario alla ricostituzione della banda. Il consigliere cav. Giovanni
Brancaccio ribatté che determinati criteri economici erano possibili solamente nelle
economie private, ma trattandosi di pubblica amministrazione dovevano essere sacrificati
all’esigenza generale. Desideroso della ricostituzione della banda mise in evidenza che la
città non offriva tanti svaghi, il solo divertimento che poteva allietare il popolo era la banda
musicale che rappresentava ormai una tradizione “inveterata” nel paese e che per prestigio
poteva avvalersi di una banda musicale. Il civico consesso approvò la proposta del
Brancaccio. Il 20 febbraio il Consiglio revocò la deliberazione del commissario relativa
allo scioglimento del Corpo delle Guardie municipali riammettendolo in servizio. Nel
maggio dello stesso anno il direttore la banda musicale di allora chiese di avere in
dotazione nuovi strumenti sia perché quelli usati erano consumati ed inservibili sia perché i
musicanti che erano andati via avevano portati via gli strumenti di loro pertinenza. Il cav
Tammaro constatato che occorrevano realmente questi strumenti per la banda, propose la
compra degli stessi che sarebbero diventati poi proprietà del Comune. Il 13 maggio la
Giunta municipale approvò il regolamento provvisorio (*) per la banda musicale che
doveva suonare nella Piazza Unione nell’angolo della chiesa dell’Annunziata e presso il
Municipio. Inoltre fu stabilito che la banda non doveva più suonare al Trivio S. Giovanni
perché non essendovi né una piazza e né uno spazio sufficiente costringeva gli agricoltori
provenienti dalle loro campagne per ritornare alla propria casa, impediti nel transito, erano
costretti a fare un percorso più lungo comportando a loro svantaggio disagi e ritardi delle
loro faccende. Il consigliere Brancaccio fu favorevole a mantenere il concerto al Trivio. Le
due proposte messe a votazione quella della Giunta fu approvata all’unanimità eccetto il
voto del Brancaccio.
Il 12 settembre 1900 per la celebrazione di una messa funebre in suffragio del Re
Umberto 1° la Giunta municipale autorizzò il pagamento di 500 lire al maestro Gaetano
Barbati per aver suonata una sua composizione musicale. Il 13 febbraio 1902 il Consiglio
comunale presieduto dal cav. Tammaro deliberò il regolamento per il Corpo delle guardie
che in linea generale doveva essere composta da 8 unità con uno stipendio di 60 lire il mese
110
e da un Capo con 70 lire. Il Civico consesso nominò al posto del comandante Tito Patrelli
che era passato all’ufficio archivio Leonardo Romeo. Il 5 febbraio 1904 la Giunta
municipale autorizzò il pagamento dell’indennità prevista sulle contravvenzioni a favore
del Capo Leonardo Romeo 21,63 lire e alle guardie Domenico Bruno 21,55, Antonio
Cerreto 21,55, Luigi Penque 21,55, Michele Olivieri 7,18, Alfonso Galasso 7,18, Antonio
Romano 7,18 e Salvatore d’Ambrosio 7,18.
Il 20 settembre 1905 la stazione ferroviaria di Maddaloni e corso 1° Ottobre furono
imbandierate con festoni e bandiere, forniti dalla ditta Forgillo, in occasione della venuta
del Duca d’Aosta.
Inoltre la banda musicale ebbe l’onore di suonare alla Reggia di Caserta in omaggio
allo stesso duca. Il 13 aprile 1912 il Consiglio comunale presieduto dal cav. dr. Alfonso
Raffone arrivò all’approvazione di alcuni regolamenti inerenti alla polizia rurale (*) e a
quella urbana (*).
Il 27 aprile 1914 su proposta della Commissione della banda musicale il Consiglio
comunale deliberò: Nominare Marco D’Angelo musicante effettivo con un assegno di 10
lire e inoltre di concedergli 50 lire per il servizio prestato gratuitamente durante l’anno.
Aumentare l’assegno ai musicanti Filippo Abitabile da 20 a 25 lire, Giuseppe Murante da
15 a 20, Onofrio Marotta da 10 a 12, Luigi Pascarella da 3 a 10, Giuseppe Bassi da 4 a 8,
Andrea Lettieri da 4 a 8, Pasquale Prudenzano da 3 a 7, Antonio de Cristofaro da 3 a 7,
Michele Tramontano da 3 a 7, Michele Ignara da 3 a 6, Luigi Tramontano da 3 a 6 e
Michele Papa (senza paga) 4 lire. Rimunerare il prof. Nicola Rotunno con la somma di 100
lire per le lezioni impartite agli allievi musicanti, rimborsare il prof. Giuseppe Rescigno la
somma di 50 lire per l’acquisto di un trombone e pagare Vincenzo Barletta rappresentante
delle ditte editrici Ricordi e Sansogno la somma di 100 lire per i diritti d’autori.
Il 26 ottobre 1914 l’Assemblea consiliare retta dal comm. Dr. Alfonso Raffone nominò
Domenico Cerreto e Antonio Romano da guardie municipali a vigili sanitari dotandoli di
un’apposita uniforme. Nel dicembre dello stesso anno per esigenza di bilancio il Consiglio
comunale ratificò il deliberato d’urgenza della Giunta comunale che prevedeva l’abolizione
della Banda civica musicale con l’astensione consiglieri Vincenzo Ferraro, Alfonso de
Laurentis, Antonio Apperti e Antonio Omaggio e con il voto contrario del dr. Filippo Iorio
e del notaio Gennaro Castaldo.
Il 28 giugno 1915 il Commissario prefettizio cav. dr. Michele Gizzio ordinò il
pagamento dei sussidi alle mogli di alcune guardie campestri richiamate alle armi
autorizzando il tesoriere comunale ad elargire la somma spettante in modo che potessero
sopperire alle accresciute esigenze della vita quotidiana. Nel settembre dello stesso anno il
Commissario in merito all’abolizione della banda musicale cittadina attuata per ragione
d’indole finanziaria che comportava una spesa annua di circa lire 12.900. Ritenendo che era
utile e educativa mantenere in essere questa istituzione che apportava benefici a molte
famiglie decise di ripristinarla con una spesa istituendo nel contempo anche una scuola
musicale e approvò il relativo regolamento (*).
L’11 maggio 1918 Giuseppe Barranco fu incaricato dall’Amministrazione comunale di
svolgere la funzione di capo delle guardie municipali e campestri, comando che fu
successivamente unificato. Il 2 gennaio 1920 i suddetti corpi furono sciolti
dall’Amministrazione comunale per motivi economici e il 6 maggio dello stesso anno la
nuova Amministrazione li ricostituì e modificò i loro regolamenti.
111
Il 17 luglio 1923 essendo stato sciolto per motivi economici il Corpo delle guardie
campestri dalla precedente Amministrazione comunale gli agricoltori dell’agro
maddalonese fecero presente che durante il periodo del raccolto si verificavano furti e
distruzioni dei loro campi da pastori che facevano pascolare il loro gregge abusivamente.
Per combattere questi sconci gli agricoltori furono costretti ad assoldare dei volontari per
poter vigilare sui loro campi. Nel frattempo il Sindacato agricolo locale ritenne opportuno
organizzare un corpo organico di guardie private giurate chiedendo all’Amministrazione
comunale un sussidio a titolo di incoraggiamento per poterle compensare. Il Commissario
prefettizio prof. Bernardo de Spagnolis una volta letta l’istanza e ritenutola meritoria
deliberò un sussidio di 1800 lire da suddividersi alle nove guardie giurate. Il 22 novembre
in occasione della commemorazione della Marcia fascista la banda musicale di Maddaloni
suonò sia Caserta che a Maddaloni in Piazza Umberto 1°. Il Commissario prefettizio pagò
la somma di 1000 lire da dividersi tra il direttore Salvatore Pomponio e i componenti della
banda musicale.
Il
18
luglio 1928
in occasione
della
celebrazione
del
24
maggio 1915
il
Podestà
cav. Amedeo
Sorvillo
approvò
il
pagamento di
600,70 lire a
favore della
Corpo delle guardie municipali
banda musicale privata diretta dal maestro Antonio Grauso. Infatti per la celebrazione
furono organizzate una serie di manifestazione: corteo di tutte le associazioni fasciste e
sindacali per portare una corona di alloro alla cappella votiva dei caduti in guerra,
conferenza pubblica nel teatro “La vita” sul tema: La giornata coloniale”e canti degli inni
patriottici da parte dei balilla e piccole italiane, grande corteo serale per le vie della città e
trattenimento musicale in piazza a beneficio della popolazione.
Il 28 dicembre 1935 per l’arrivo in Maddaloni delle truppe della Divisione Tevere e in
occasione della rivista militare proposta da S.M. il Re il Podestà cav. Sorvillo incaricò la
banda di suonare la banda musicale della Guardia di Finanza.
Il 19 dicembre 1944 il Sindaco cav. Eugenio Iorio riferì che a causa del crescente
112
traffico di automezzi delle Forze Militari Alleate si verificavano spesso sulle vie cittadine
incidenti e ingorghi stradali mettendo a repentaglio la pubblica incolumità. Per fronteggiare
tale inconveniente nominò un vigilatore provvisorio che si occupava espressamente per il
servizio delle segnalazioni stradali. Il Sindaco poi deliberò l’istituzione del servizio delle
guardie campestri che oltre a custodire e vigilare sulle proprietà agricole avevano il
compito di fare rispettare il regolamento di Polizia rurale con tutte le disposizioni
legislative in materia. Il Corpo era costituito da un dirigente responsabile, 2 vice-capi e 22
guardie. Per il loro mantenimento economico davano un contributo del 20% prelevato dal
reddito imponibile e dei beni i relativi proprietari dei fondi rustici che a loro volta si
potevano rifare sugli affittuari. Nel novembre 1945 per ottemperare ad alcune recenti
disposizioni legislative l’Amministrazione comunale assunse alcuni reduci, partigiani e
patrioti destinandoli al compito di vigili urbani provvisori. Nel maggio 1946 per poter
reprimere il protrarsi dei crescenti furti il Sindaco cav. Luigi Brancaccio organizzò
pattuglioni di guardie municipali che unitamente all’Arma dei Reali Carabinieri
effettuavano anche di notte soventi ispezioni nei vari rioni della città
militari in divisa d'epoca
Il 7 gennaio 1948 l’Amministrazione comunale provvide ad acquistate dieci divise di
color grigio-verdi da destinare ai vigili urbani che in precedenza effettuavano il servizio in
abiti borghesi riconoscibili da un bracciale con la scritta “vigile urbano”.
Capitolo decimo
Commercio e Dazio
113
L’11 marzo 1899 per evitare la sofisticazione abusiva del pane il Comune di
Maddaloni fu costretto ad aumentare la tariffa daziaria a 13 lire il quintale su un tipo di
farina denominata “residui farinacei di vegetali” usata per uso industriale. Per venire
incontro ai lavoratori di capelli che avevano reclamato per l’esoso prezzo applicato alla
farina da loro usata, la Giunta comunale ridusse il prezzo e li obbligò di consegnare la
farina nel deposito del dazio dove potevano prelevarla giornalmente in minima quantità. Il
21 marzo dello stesso anno il Sindaco cav. Giuseppe Tammaro emise un’ordinanza che
imponeva agli esercenti di esporre all’esterno del negozio una tabella indicante i prezzi dei
generi in vendita in moneta italiana con ragguaglio corrispondente all’antica moneta
italiana e gli stessi esercenti dovevano inoltre aggiungere su ogni genero soggetto
all’annona una tabella con grossi numeri indicante chiaramente il costo per il peso unitario.
Il 16 marzo 1900 a Maddaloni si sviluppò l’allevamento dei bachi da seta. Per
incrementarlo adeguatamente furono piantati filari di gelsi lungo la Via Appia e nella
località detta “Starza”. Probabilmente Maddaloni almeno ai quei tempi era uno dei paesi
riforniva l’opificio di S. Leucio. Il 20 agosto dello stesso anno la Giunta municipale
autorizzò a Vincenzo Vaccarella ad aprire in Piazza Umberto una Caffetteria con relativa
bottiglieria e bigliardo; permesso concesso successivamente anche a Michele Di Chiara che
mise su una locanda in Via Ponte Carolino. Un anno dopo anche Angelamaria Lombardi di
Antonio fu autorizzata ad aprire un caffè in Via S. Croce. Nel mese di ottobre si ebbe una
diminuzione sull’abbonamento del dazio sulla calce che veniva cotta nelle due fornaci site
in Via Cappuccini Vecchio gestite dal proprietario Luigi De Sivo.
Il 2 gennaio 1902 la Giunta comunale presieduta dal Sindaco comm. Giuseppe
Tammaro autorizzò un pagamento a favore del falegname Luigi Marotta per aver fornito e
messa in opera 5 argani con le relative catene di attacco alle secchie usate per attingere
l’acqua dai pozzi comunali. La stessa Giunta autorizzò Mattia Setaro ad aprire un deposito
di paste, di fiore di crusca e di carrube presso la stazione di Maddaloni Inferiore. Il Comune
mise all’asta la cavalla dell’ex capo delle guardie campestri che fu aggiudicata per 360 lire
a Giacinto De Sivo. Successivamente fu approvata una normativa per regolare il mestiere
del capraio (*) e poi fu deliberato di modificare la voce del regolamento d’igiene relativa
alla panificazione del pane e della pasta (*).
Il 20 aprile 1903 per controllare il possibile contrabbando d’alcune merci di vitale
interesse alla popolazione maddalonese, l’Amministrazione comunale ritenne opportuno
spostare l’ufficio centrale del dazio da un locale dall’ingresso della ferrovia Maddaloni
Inferiore considerata periferia in un locale sito in piazza dell’Unione punto centrale della
città. Lo scopo era anche quello di tenere sotto controllo eventuale evasione al dazio
comunale.
Il 7 maggio 1904 il Prefetto di Caserta rigettò una delibera dell’Amministrazione
comunale inerente al divieto dell’impianto e della permanenza nell’abitato degli opifici
azionati da energia termica. In base al regolamento d’igiene le fabbriche dovevano essere
situati fuori dell’abitato perché i fumi, le scariche d’acqua calda nelle fogne non erano
assorbite dal sistema cloacale per l’assenza della circolazione e della fuoriuscita a distanza.
Inoltre gli accumuli di combustibili e i rumori diventavano pericolosi per la salute pubblica.
Per la loro collocazione si dovevano utilizzare zone periferiche. Il Consiglio comunale in
base ad una legge sanitaria del 1888 che toccava la salvaguardia della pubblica salute aveva
114
la facoltà deliberò ad unanimità di spostare in periferia gli opifici ubicati nel centro abitato.
Nell’ottobre del 1905 per garantire le opportune condizioni igienico-sanitarie
l’Amministrazione comunale impose agli esercenti degli spacci di avvolgere i generi
alimentari non in carta usata, stampata o manoscritta che oltre a cedere il colore o altre
sostanze si prestava nel contempo a frodare il peso. Un anno dopo il civico consesso
approvò il regolamento per l’applicazione della tassa sugli esercizi e rivendite (*) che agli
effetti della tassazione erano classificate in 18 categorie di cui la prima pagava 250 e
l’ultima 4 lire. Il 19 gennaio 1906 per venire incontro alle istanze di diversi esercenti la
Giunta comunale modificò l’orario di chiusura dei pubblici esercizi modificando una
delibera precedente che fissava i seguenti orari:a dicembre, gennaio e febbraio l’apertura
era dalle ore 6 alle 22; a giugno, luglio ed agosto si apriva dalle 4 all’una di notte; negli
altri mesi dell’anno l’apertura andava dalle 15 alle 24. Inoltre gli alberghi per tutto l’anno
dovevano chiudere all’una di notte. Con il nuovo orario i pubblici esercizi chiudevano alle
ore 24 dal 1° novembre al 30 aprile; e all’una di notte dal 1° maggio al 31 ottobre restando
inalterata nelle altre sue parti la succitata deliberazione. Nel gennaio dello stesso anno il
Consiglio comunale approvò il Capitolato (*) per la riscossione dei dazi di consumo
governativi e comunali relativi alla tassa sugli animali vivi che si vendevano al pubblico
mercato, alle tasse sul suolo pubblico, sull’esercizio macello comunale e sul diritto di peso
e misura pubblica relativo al quinquennio 1906-1910. Inoltre non venivano più tassati i letti
in ferro usati, il materiale usato per l’impianto e mantenimento della luce elettrica e quello
impiegato per la conduttura dell’acqua.
Il 20 marzo 1912 su istanza di Luigi Bove tendente ad ottenere la concessione di un
pezzo di suolo sito in Piazza Umberto 1° per la costruzione di un chiosco in ferro destinato
alla vendita dei giornali il Consiglio comunale lo invitò a presentare il relativo progetto e
rinviò la discussione in una prossima seduta. Nel maggio dello stesso anno ricevuto il
suddetto progetto il civico consesso accettò l’istanza del Bove alle seguenti disposizioni: il
chiosco doveva essere costruito al largo Monte dei Pegni tra la 2^ e 3^ pianta ombrellifera
a sinistra scendente il corso 1° ottobre all’interno del relativo marciapiede. La durata della
concessione era stabilita a 5 anni con un canone di lire annue.
Il 28 aprile 1913 l’avv. Vincenzo Brancaccio inviò un’istanza al Comune per poter
modificare la cinta daziaria:“Ill.mi sigg. Sindaco ed Assessori del Comune di Maddaloni. Il
sottoscritto avvocato Vincenzo Brancaccio fu Antonio espone e domanda alle SS. VV.
Ill.me quanto segue: ”Per una circoscrizione daziaria, illogica e non consona allo sviluppo
topografico del paese, la villetta del sottoscritto, sita presso la ferrovia adriatica, lontano
dal centro abitato, e con un’unica strada di accesso (la provinciale Sannitica) è
annoverata entro la cita. E a premettersi e a considerarsi che verso il Ponte Carolino ed
oltre, non esservi posto di approvvigionamento e che, perciò, tutto quello che per la
persona e famiglia del sottoscritto, deve pagare il tributo daziario prima di essere
trasportato alla villetta. Sia, facendosi una provvista doverosamente vantaggiosa, che il
più delle volte, supera le previsioni, avviene che nel rientrare in città, sul supero si esige
un nuovo ed ingiusto dazio, e si assoggetti il sottoscritto, o che e per lui, a tutte le molestie
dell’operazione di daziamento, tra le quali, principalissima, la duplice fermata in luoghi
aperti e ventilati. Dalla premessa ed obbiettiva esposizione, il senno e l’equanimità delle
SS. VV. Ill.me rileveranno di leggersi che al sottoscritto viene usato un trattamento
illegale, che accede nell’arbitrario e prepotenza quando si sottopone due volte al dazio la
115
medesima cosa. Sebbene confortato dal diritto e dalla giustizia, il sottoscritto preferisce
rimettere l’eliminazione di tale inconveniente al prudente criterio delle SS. VV. Ill.me
piuttostocché al pronunciato di un giudice. Giova far rilevare alle SS. VV. Ill.me che
questa domanda costituisce un omaggio ai doverosi sentimenti di galantomismo, in quanto
che, a mente di legge, avrebbe facoltà il sottoscritto di prevenire e scongiurare i ripetuti
abusi fattigli, facendo trasportare le cose sue attraverso i vari sentieri montani che
congiungono il proprio fondo al centro abitato. Ad ogni modo ad evitare ciò a qualsiasi
litigio, il sottoscritto domanda e prega le SS. VV. Ill.me perché, con apposito deliberato
dichiarino il sottoscritto e le persone della famiglia di lui esenti da visita alle barriere
Ponte Carolino e Mulini, ed i generi per colà da essi introdotti, immuni da dazio. Il
sottoscritto ha fiducia nel senno, prudenza ed equanimità delle SS. VV. Ill.me. Maddaloni,
l8 febbraio 1913. f.to Avv. Vincenzo Brancaccio”. Sulla scorta di altri casi verificatosi in
precedenza il Consiglio istituì un’apposita commissione consiliare composta dal Sindaco
cav. Alfonso Raffone e dai consiglieri dr. Filippo Iorio, ing. Vincenzo Borgia, Mattia
Setaro e Vincenzo Zaza per apportare le dovute modiche alla cinta daziaria in seguito
all’istanza presentata dal Brancaccio.
Il 19 marzo 1915 per la
vendita del pane alle classi
più disagiate l’assessore
delegato all’Annona avv.
Vincenzo Brancaccio ritenne
opportuno abbassare il prezzo
a 38 centesimi con una
riduzione di sei a carico del
Comune e nello stesso tempo
fece istituire due spacci
comunali: uno nel rione
Oliveto e l’altro nel Pescara.
Inoltre emanò
un’ordinanza
che
obbligava i fornai degli spacci di
consegnare giornalmente un sufficiente quantitativo di pane in rapporto alla loro ordinaria
vendita. L’avv. Brancaccio riferì poi al Consiglio che il principale fautore della suddetta
operazione fu il primo cittadino cav. Alfonso Raffone che ancora una volta si era reso
disponibile a venire incontro alla cittadinanza e alla Civica Rappresentanza. Nel giugno
dello stesso anno il Commissario prefettizio cav. Michele Gizzio subentrato
all’Amministrazione del Sindaco cav. Raffone, avendo costatato che non esisteva più la
necessità di provvedere al fabbisogno del grano, facilmente recuperabile sul mercato,
eliminò la contabilità relativa all’acquisto e rivendita del grano e i forni comunali. Nel
novembre dello stesso anno il cav. Gizzio istituì un’apposita commissione pubblica formata
da: Alfredo Onesti titolare della ditta daziaria, Giuseppe Verzillo direttore daziario e
Francesco della Monica vicesegretario comunale per poter adeguare il tracciato della cinta
daziaria (*) al nuovo assetto urbanistico di Maddaloni.
Il 19 luglio 1920 a causa del ritardato arrivo della farina al deposito comunale e per
evitare eventuali proteste da parte della popolazione il Commissario prefettizio cav. Gizzio
Via Trivio - incrocio via Starza
116
impose ai garzoni dei fornai di continuare a lavorare fino alla consegna del pane. Inoltre i
garzoni impegnati con la panificazione furono gratificati dal Commissario con un doppio
salario per il lavoro straordinario svolto. Furono dunque assegnati 7, 50 lire a Ferdinando
Cioffi, Giuseppe Roberti, Salvatore Lombardi, Domenico De Vincenzo, Vincenzo
Savastano, Raffaele Simeone, Vincenzo Bucciero, Nicola Micco, Antonio Prisco, Michele
Lombardi, Giuseppe Magliocca, Aniello Renga, Antonio Renga, Antonio Della Ventura,
Antonio Formato e 5 lire a Michele Lombardi, Bartolomeo Marotta, Innocenzo Salatini,
Antonio Letizia, Domenico Lombardi e Domenico Diodati.
L’8 marzo 1921 il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco facente funzione avv.
Vincenzo Tammaro ratificò la delibera della Giunta municipale che prevedeva il
licenziamento del personale daziario dopo l’abolizione della cinta daziaria. L’assessore
delegato al servizio di riscossione daziario avv. Michele Cuccaro riferì: “On.li Colleghi
l’abolizione della cinta daziaria deliberata da questo Consiglio nelle sedute 29 novembre,
10 e 16 dicembre 1920 e approvate dalla G.P.A. il 18 detto mese portò la necessità il
licenziamento di tutto il personale daziario in servizio a “Comune chiuso”. Tale
licenziamento fu debitamente notificato agli interessati e parte dei quali ricorse alla
Giunta Provinciale Amministrativa. Poiché il deliberato di licenziamento costituiva per
l’Amministrazione comunale non una semplice facoltà, ma un tassativo obbligo
determinato dal passaggio del Comune alla categoria dei Comuni aperti. Infatti, l’art. 29
del testo unico 7 maggio 1908 numero 284 sui dazi interni di consumo contemplando il
caso del passaggio di un comune chiuso alla categoria dei comuni aperti, e
dell’inderogabile conseguente licenziamento degli impiegati ed agenti daziari, la cui
stabilità ancorché legalmente acquisita, è subordinata all’evento suddetto, sancisce che i
detti impiegati ed agenti, ancorché abbiano titolo al conseguimento della pensione di
riposo a norma dei regolamenti comunali in vigore, e, non avendo tale titolo, non accettino
le eventuali indennità di licenziamento deliberata dall’Amministrazione comunale, non
hanno altro diritto che quello di essere preferiti nella nomina ad altri impieghi municipali,
nei limiti dei posti che si rendano disponibili in conformità degli organici attuali, e
semprochè posseggono i prescritti requisiti d’idoneità. Epperò si impone la ratifica
dell’adottata deliberazione, che nell’interesse del Comune, la Giunta vi chiede impartire a
norma di legge”.
Intervenendo nel dibattito il consigliere avv. Arturo Vitelli dichiarò che il Consiglio
non poteva ratificare la delibera della Giunta per le seguenti ragioni: “La deliberazione in
esame comportava il licenziamento di tutto il personale daziario che comprendeva agenti
nominati dalla Giunta e funzionari come il direttore, l’ispettore, il contabile, i controllori, i
ricevitori di nomina consiliare. Il licenziamento dei funzionari doveva essere deliberato dal
Civico consesso e non dalla Giunta comunale. La Giunta nel suo deliberato doveva
indicare il quantitativo dell’indennità di licenziamento da corrispondere a quel personale
che non poteva essere riassunto per aiutarlo provvisoriamente a vivere fino a quanto non
si sarebbe trovato una nuova occupazione”. Nel ribattere il relatore Cuccaro l’avvocato
Vitelli affermò che era legittimo la delibera della Giunta adottata in linea d’urgenza. Dopo i
vari interventi il presidente dell’Assemblea consiliare mise a votazione la delibera della
Giunta che fu approvata con 22 voti favorevoli e 4 contrari espressi dai consiglieri Arturo
Vitelli, Alfonso Raffone, Eugenio Forgillo e Barletta Clemente. Nella stessa data il
Consiglio comunale riprese in servizio il personale daziario, precedentemente rimosso che
117
doveva far funzionare il nuovo sistema daziario a regime aperto gestito a livello comunale.
Furono così nominati Giuseppe Verzillo direttore con uno stipendio di 7680 lire, Michele
Verrone contabile con 6000, Francesco Cianciola controllore con 450, Ercole Sorrentino
ispettore con 450 e Andrea Scalera ricevitore con 450 lire. Inoltre il Civico consesso
deliberò che oltre al caroviveri il pagamento degli stipendi fosse a carico della ditta. E nella
stessa seduta ratificò la delibera della Giunta comunale relativa all’appalto del servizio per
la riscossione della tassa daziaria relativa al quinquennio 1921-1925. Per l’abolizione della
cinta daziaria entrata in vigore con il nuovo regime a comune chiuso la Giunta comunale,
contraria alla gestione in economia, appaltò il servizio a trattativa privata affidandolo alla
ditta Salvatore Dinacci per un impegno economico di 210.000 lire.
Il 18 febbraio 1922 con decreto del Prefetto il Real Commissario cav. uff. dr. Giovanni
Anelli dichiarò la decadenza dell’appalto daziario della Ditta Salvatore Dinacci perché la
stessa non aveva versata puntualmente ad ogni decade le rate del canone precedentemente
pattuito. Inoltre non aveva impiantato, come da appalto, un posto centrale per la vendita al
pubblico del ghiaccio e della neve. Non aveva infine pagato il salario al guardiano del
macello sospendendo arbitrariamente la riscossione del dazio sui foraggi. Nel febbraio
dello stesso anno il Comune di Maddaloni passò dalla categoria dei chiusi a quella degli
aperti. In seguito a questo cambio lo stesso Commissario applicò per il nuovo regime la
tariffa più alta prevista dalla legge in vigore e deliberò le seguenti disposizioni: “A partire
dal primo gennaio 1922 i dazi di consumo governativi, addizionali e comunali, saranno
riscossi in base alla nuova tariffa). La riscossione dei dazi sarà gestita direttamente dal
Comune o data in appalto per un quinquennio, in conformità dei deliberati
dell’Amministrazione comunale debitamente approvati dall’Autorità superiore a norma di
legge del regolamento generale. L’Ufficio centrale daziario è tenuto nel locale che sarà
designato dal Comune. Le operazioni daziarie in generale e cioè quelle che riguardano
l’introduzione dei generi nei luoghi di vendita, la macellazione, l’accertamento della
qualità, la presentazione delle denunzie e dichiarazioni, la liquidazione e riscossione del
dazio, devono aver luogo in tutte le stazioni dal sorgere al tramonto del sole. L’ufficio
daziario sarà aperto al pubblico dalle ore 5 alle ore 20 dal 1° aprile al 30 settembre e
dalle ore 8 alle 17 dal 1° ottobre al 31 marzo”. Per rendere più efficiente il servizio
daziario comunale nell’aprile del 1922 il cav. dr. Anelli operò in linea provvisoria
l’assunzione di 6 impiegati e salariati: Nicola Sprizzi vice-direttore, Clemente Olivieri
ispettore, Euriale Ferraro e Vincenzo Lombardi controllori, Luigi Aveta ricevitore,
Domenico Lombardi e Gabriele Tramontano guardie daziarie e Francesco Serpentino
commesso. Nello stesso mese il Commissario prefettizio prese in considerazione l’offerta
fatta dalla Ditta Clemente Domenico per la fornitura della neve (*). Non essendoci allora
frigoriferi che oggi usiamo il servizio pubblico di approvvigionamento del ghiaccio e della
neve era importante per provvedere al fabbisogno sia degli ammalati che della popolazione.
Il 30 aprile 1923 per la sistemazione e il controllo del servizio di vendita del ghiaccio
nell’aprile del 1923 l’Amministrazione comunale decise di farlo gestire dai privati. Vista
l’istanza presentata dal mutilato di guerra Agostino Girgenti tendente ad ottenere detto
servizio alle condizioni stabilite dal Comune il Commissario prof. Bernardo de Spagnolis
accettò l’offerta obbligando il nuovo gestore a rispettare la relativa normativa (*). Il 17
luglio dello stesso anno per l’esagerata tariffa richiesta dai proprietari di macchine
trebbiatrici del grano che pretendevano 6 lire al tomolo la classe agraria maddalonese
118
chiese all’Amministrazione civica di far adottare la stessa tariffa praticata nei Comuni del
Circondario. Il Commissario “sentite le numerose lagnanze degli agricoltori e letto la
lettera del Sindacato agricolo maddalonese in cui evidenziava i prezzi praticati nei Comuni
di S. Clemente, S. Benedetto, Curti, Macerata, S. Maria, Centurano, Tredici e Caserta che
variavano da un minimo di 2,50 lire ad un massimo di 4 al tomolo alle stesse condizioni e
spese per far cessare la sempre più crescente agitazione dei richiedenti e per ragioni di
ordine pubblico intervenne con urgenza fissando la tariffa della trebbiatura del grano in 4
lire al tomolo”. Nel luglio del 1932 fu aumentata la tariffa delle vetture da nolo (*).
Il 25 giugno 1937 il Podestà cav. Sorvillo prese in considerazione la vendita della carne
a bassa macellazione che era venduta all’aperto sia d’inverno che d’estate dando luogo a
molteplici inconvenienti in merito all’igiene e alla salute pubblica.
Per fronteggiare il dilagante malcostume il Podestà ritenne opportuno effettuare la
vendita di tali carni in un luogo chiuso in modo da evitare pericoli e inconvenienti derivanti
dall’inosservanza dei regolamenti di polizia veterinaria.
Il 6 maggio 1939 il Commissario
prefettizio avv. cav. Salvatore Renga
ritenuta la necessità, per ovvie ragioni di
igiene e decenza, istituì un centro
opportunamente controllato dal lato igienico
per la raccolta del latte destinato al consumo
locale. Nel chiedere l’esclusività della
vendita del latte i germani Francesco e
Eduardo Girolami si impegnarono a
municipio negli anni '30
rispettare tutte le disposizioni emanate dal regolamento del
1929 che prevedevano di filtrare e refrigerare tutto il latte
raccolto che doveva essere distribuito a domicilio alla popolazione in bottiglie sigillate con
tappo di alluminio e in bidoni di alluminio. Inoltre era necessario provvedere alla
vaccinazione e alla prova della tubercolina di tutte le vacche da latte del Comune. Il latte
doveva essere venduto ad un prezzo non superiore a lire 1,30 al litro. Il 6 aprile 1940 il
Podestà avv. Salvatore Renga ritenne opportuno disciplinare con un apposito regolamento
(*) il servizio della vendita di ghiaccio. Ritenuto la necessità e l’urgenza del servizio tanto
utile alla popolazione sia per uso industriale che medicamentose l’avv. Renga accettò
l’istanza presentata da Eugenio Forgillo e Francesco Fucci per l’impianto di una fabbrica e
per la vendita del ghiaccio nel centro di Maddaloni.
Il 15 aprile 1944 il Sindaco cav. Eugenio Iorio in base ad un’ordinanza del Governo
militare alleato nominò una squadra di cittadini per poter combattere il mercato nero. Il
comm. Salvatore Nappi fu Aniello fu nominato comandante; Aniello Di Vico fu Antonio –
vice; e prof. Giuseppe Guarino di Antonio, Giuseppe Pietropaolo fu Ferdinando, Vincenzo
Iorio fu Francesco, Luigi Cuccaro fu Antonio, Nicola Tammaro fu Francesco, Guido
Pascarella fu Luigi, Vito Bove fu Domenico, Natale Iovinelli fu Paolo, Salvatore Falanga
fu Gaetano e Gaetano Gines fu Gaetano guardie giurate. Nell’aprile dello stesso anno il
primo cittadino riferì che dopo la partenza dei tedeschi la popolazione maddalonese
raggruppata in squadre girava per il paese alla ricerca di generi alimentari di prima
necessità che venivano depositati nell’atrio della Casa comunale per essere distribuiti
119
direttamente agli abitanti. Inoltre il cav. Iorio fece rilevare che il ritiro e la distribuzione dei
generi razionati e contingentati avvenivano in modo caotico e con grande confusione che
provocavano spesso gravi agitazioni da parte dei cittadini e non eliminavano del tutto
l’intervento dei vecchi distributori legati al vecchio regime. Non potendo il Comune per
ragioni di economia gestire detto servizio il primo cittadino decise di affidarlo a ditte
specializzate e tecnicamente attrezzate per cui la distribuzione della farina era affidata a
Vincenzo Magliocca; per l’olio si faceva capo a Michele Formato; Gennaro Merola gestiva
la distribuzione del il sapone mentre Giovanni e Lorenzo Merola si occupavano di tutti gli
altri generi. Inoltre il Sindaco stabilì che le ditte interessate alla distribuzione dovevano
provvedere a proprio a spese e a proprio rischio e pericolo al ritiro ed al trasporto degli
stessi generi reperendo nel contempo sacchi, casse, botti ed altri recipienti utili alla loro
confezione. Le ditte dovevano pure comprare in proprio i generi che dovevano essere
conservati in locali capaci, igienici e sicuri. Inoltre la loro distribuzione ai singoli esercenti
doveva avvenire in base a buoni rilasciati dall’Ufficio tesseramento e razionamento
comunale. L’Amministrazione civica avrebbe poi curato il ritiro dei buoni presso gli Enti
competenti per consegnarli alle ditte autorizzate. Doveva essere il sindaco insieme
all’assessore all’Annona e al segretario capo controllare i locali, vigilare sulla merce e
stabilire il relativo prezzo.
In base ad una circolare della Real Prefettura di Napoli pervenuta il 18 ottobre del 1945
che disciplinava i ristornati e le rosticcerie la Giunta municipale dopo aver esaminato le
licenze degli esercenti in discussione, su proposta del Sindaco Iorio, classificò per categoria
gli esercizi pubblici di Maddaloni. Entrarono a far parte della seconda Marianno Bove Via
Guglielmo Marconi; Giuseppe Di Chiara Via Napoli. Nella terza categoria entrarono
Samuele Affinito Via Roma 61; Mariantonia Arciuolo Via Ponte Carolino 431; Michele
Balbi Via Appia, 71; Tommaso Barletta Via Fabio Massimo; Filomena Via Calabricito;
Sebastiano Carpendone Via P. Carolino; Enrico Cicchelli Via S. Francesco d’Assisi;
Antonio Cirma Via Napoli; Raffaele Crisci Via P. Carolino; Maria Delle Cave Via P.
Carolino; Michele Delle Cave Via S. Giovanni; Giovanni Di Vico Via S. Giovanni 54;
Ersilia Ferraro Vico Maddalena; Cesare Formato Ponti della Valle; Cesare Formato Via
Bixio; Michele Formato Via Trivio S. Giovanni; Ersilia Guarino Messercola; Giuseppina
Marotta Via Feudo; Angela Maria Mastroianni Via Caudina; Lorenzo Merola Via P.
Carolino 125; Michele Murante Via Fabio Massimo; Elisabetta Piscitelli Via Ferrovia;
Nicola Raffone Nicola Via Regina Margherita; Anna Santonastaso Via Roma; Antonio
Santonastaso Via Bixio; Angelina Stefanelli Via P. Carolino; Raffaele Stravino Via Roma;
Felice Suppa Via Troiani; Antonietta Troiani Via Montano; Maria Varvo Via Bixio;
Giovannina Velardo Madonna delle Grazie; Francesco Sacco Lucia Via Montella.
Il 13 marzo 1946 l’Amministrazione comunale concesse un pezzo di suolo pubblico
sito in Piazza Umberto 1° tra l’angolo dell’entrata nord della chiesa Annunziata e lo spazio
antistante il palazzo Renga a Gaetano Pascarella per la costruzione di un chiosco per la
vendita di rinfreschi. La Giunta municipale autorizzò la costruzione del chiosco per una
durata di 5 anni dal 1° giugno dell’anno in corso mediante il corrispettivo mensile di 240
lire che doveva essere pagato a trimestri anticipati. Inoltre obbligò il Pascarella ad
osservare le norme prescritte dalla Commissione edilizia su come doveva essere costruito e
in base alle leggi sanitarie e di pubblica sicurezza. Nel maggio dello stesso anno la Giunta
chiese l’autorizzazione alle competenti Autorità per istituire uno spaccio di generi
120
alimentari ed un forno di “paragone”. Allora il livello medio dei prezzi praticato nel
Comune era notevolmente elevato rispetto a quelli dei viciniori. Di conseguenza l’assessore
delegato di allora chiese alle Autorità superiori di fare aprire ad un privato un forno di
paragone, opportunamente controllato dalle Autorità competenti, per la vendita di generi di
prima necessità di buona qualità e a prezzi ragionevoli. Nello stesso mese di maggio la
Giunta autorizzò un cittadino privato ad aprire un impianto di distribuzione di benzina con
relativi serbatoi in Via Tiglio S. Biagio. Il 2 agosto dello stesso anno l’assessore
all’Annona Paolo Palmieri riferì che le Commissioni a suo tempo nominate ed incaricate
del rilascio di licenze per l’esercizio del commercio a posto fisso ed ambulante
praticamente avevano cessati di funzionare durante il periodo bellico. Per meglio
disciplinare tali attività propose che le medesime fossero ricostituite ex nuovo e con
elementi scelti tra i commercianti, i lavoratori del commercio e gli intellettuali che
avrebbero dato pieno affidamento di leale ed efficace collaborazione. La Giunta municipale
nominò quindi per il rilascio delle licenze posti fissi Vincenzo Lombardi, Domenico
Cuccaro, Clemente Lerro e Luigi Iadicicco e per il commercio ambulante Arcangelo
Correra, Vincenzo Cardillo, Alessandro Pascarella e Umberto Proto.
Il 20 novembre 1948 il farmacista dr. Francesco Iadevaia inviò un’istanza indirizzata
al Sindaco generale cav. Domenico Renga e per conoscenza al Consiglio comunale:
“Premesso che in data 14 giugno c.a. il dr. Enrico Tammaro – assessore pro-tempore
delegato all’igiene e sanità – aderendo gentilmente a richiesta scritta dei direttori delle
locali farmacie, convocò gli stessi in uno degli uffici del Comune, presente il Segretario
per ascoltare i loro desiderati; che dopo esaurienti discussioni su alcune formalità, fu
concordata e da tutti firmata una convenzione di fornitura dei medicinali ai poveri sul tipo
di quella dei mutilati del INADEL, nel senso cioè che l’assistente era reso libero di poter
spedire la ricetta presso la farmacia ciò che più gli ispirava fiducia. Che in data 30 dello
stesso mese, il precitato assessore indirizzò lettera circolare a tutti i farmacisti, e per
conoscenza ai medici condotti, con la quale, oltre a notiziari che senza obbligo di turno il
servizio di distribuzione di medicinali ai poveri sarebbe cominciato il giorno successivo,
dava anche istruzioni in merito. Che il 29 del mese successivo la Giunta municipale, dalla
S.V. presieduta, esaminate le lamentele di qualche farmacista poco accreditato, e convinto
che, il turno obbligatorio suona limitazione di libertà da parte del povero di potersi
appoggiare alla farmacia che gli ispira maggior fiducia sanziona a voti unanimi di
continuare il sistema finora adottato nella fornitura dei medicinali ai poveri, nel senso che
il povero è libero di spedire le prescrizioni mediche a quella farmacia che crede Con
osservanza f.to Iadevaia Francesco fu Giuseppe. Maddaloni 26 ott. 1948”. Per meglio
controllare la spesa sanitaria che negli ultimi tempi era aumentata durante il turno della
libera scelta del farmacista nella fornitura dei medicinali ai poveri la Giunta municipale
ritenne opportuno adottare il turno obbligatorio.
Il consigliere Tammaro dal suo canto spiegò che la differenza della spesa farmaceutica
era dovuta ai diversi periodi di mobilità. Il Rosati intervenendo nella discussione diede
parere favorevole al turno del sistema libero. Il presidente dell’assemblea visto che non
c’erano altri interventi fece mettere a votazione per appello nominale il sistema da adottare.
Capitolo undicesimo
Il Mercato e il Macello
121
Una delle prime notizie del Mercato di Maddaloni è riportata da un opuscolo di
Giacinto De Sivo intitolato “Notamentum ex fasciculis in archivio regiae Siclae”, scritto da
Carlo de Lellis. Si legge nella prima pagina del volume 1° pagina: “Univesitati Magdaloni
provisio contra eam pro revocandis nundinis tamquam praeiudicialibus convicinis.”
(tradotto al popolo tutto di Maddaloni provvedimento contro di esso a favore della revoca
del mercato come da denuncia dei confinanti), datato 1296. Con la costruzione del palazzo
ducale il mercato settimanale si svolgeva nella piazza antistante sotto il diretto controllo del
duca. Poi nel 1859 fu spostato in piazza d’Armi ricavata dallo spianamento del giardino
ducale. Nel 1893 l’ing. Pasquale Mastellone nel progettare una condotta d’acqua per
Maddaloni così descrive la nostra fiera settimanale: “La città di Maddaloni sede della
Legione allievi Real. Guardia di Finanza ha un mercato-fiera settimanale importantissimo
di cui principalmente è importante il suo Mercato di bovini, di suini ed altri animali. E’ il
principale della Provincia che provvede alla vita di Napoli ed altre città viciniori: varie
migliaia di tali animali vi affluivano da tutte le contrade”.
Il 12 maggio 1906 l’Amministrazione comunale stabilì l’importo della tassa di
posteggio nel Mercato per gli animali: 2 lire per ogni bue o bufalo, 1 per vitello o vitello
lattante, 0,50 per maiale grande, 0,25 per maiale piccolo, 025 per pecora e capra e 0,15 per
capretto o agnello lattante. Il 31 maggio dello stesso anno il Sindaco dr. Alfonso Raffone
nella sua relazione inviata al Governo del Re tendente a chiedere la fermata di alcuni treni
nella stazione di Maddaloni Inferiore scriveva: “Maddaloni con una popolazione di 21mila
abitanti vantava una fiera settimanale con il suo celebre mercato del martedì da cui
prendevano a norma non solo i comuni di Terra di Lavoro ma anche paesi più lontani i
prezzi dei cereali e degli animali”.
Il 27 marzo 1912 Il macello comunale
aveva tre ammazzatoi: uno per buoi, vacche,
vitelli e bufali, uno per ovini e caprini e un
altro per maiali. Oltre a tre stalle di sosta per
bovini, maiali e ovini e caprini c’erano
inoltre un locale per la lavatura delle
interiore degli animali macellati e un altro
per l’ammollamento del merluzzo secco,
baccalà e simili e due stanze per lo
piazza Mercato ora piazza della Pace
“spanditoio” e per la distruzione degli
animali o parti di essi ammalati, un sotterraneo per il deposito delle carni macellate e un
ufficio per il veterinario e un’altro per il custode. La direzione e l’ispezione sanitaria del
macello erano affidate esclusivamente al veterinario comunale che doveva adempiere a tutti
gli obblighi imposti dalle leggi e dai regolamenti sanitari e prestare la sua opera gratuita per
gli animali dei poveri dopo l’orario di servizio. La struttura comunale restava aperta tutti i
giorni meno la domenica dalle 7 alle ore 14 in estate e dalle 8 alle 14 in inverno. Su ordine
del Sindaco poteva essere fatta una variazione sull’orario di chiusura e apertura.
La macellazione era regolata dal seguente orario: dalle 8 alle ore 11, tutti i giorni
dell’anno tranne la domenica. Invece il martedì ed il sabato e nei casi di bisogno con turni
122
straordinari stabiliti dal Sindaco e dal veterinario il macello era aperto dalle ore 8 alle 12. I
privati potevano macellare in casa per uso proprio i maiali dopo un perentorio avviso al
veterinario comunale che percepiva 2 lire a capo con le spese di trasporto quando si recava
nelle frazioni. Le bestie da macellare prima di passare all’ammazzatoio dovevano essere
visitate nella stalla di sosta dal veterinario che rilasciava una bolletta con una numerazione
progressiva per ogni capo o per ogni mandria. Agli animali appena ammazzati erano tolte
le interiore che poi dai mandriani e “trippariuoli” erano trasportate nell’apposito locale. Il
sangue invece posto in appositi contenitori era portato fuori dal macello. Dopo una giornata
il sangue che non era ritirato dai proprietari diventava proprietà comunale. I bovini
ammazzati non potevano essere appesi con i tendini (cordoni) delle gambe fino all’uscita
dell’ultima goccia di sangue. Per la vendita delle pelli alle relative fabbriche conciarie
occorreva un nullaosta del sindaco. I maiali destinati alla pubblica vendita, divisi in due
pezzi, dovevano essere trasportati e sospesi agli uncini nello spanditoio dove restavano per
un periodo di tempo necessario per far acquistare alle carni la debita consistenza. Inoltre le
stesse bestie non potevano essere bollite per la depilazione che doveva avvenire solo con
l’acqua calda fornita dal Macello.
L’addetto all’ufficio del macello doveva segnare su un registro d’ingresso la data e il
numero progressivo degli animali da macellare e l’esito della visita fatta dal veterinario.
Durante la macellazione si dovevano tenere chiuse le entrate del macello e proibire
l’ingresso alle persone estranee e a quelli di età inferiore agli anni 14. Inoltre era vietato
assolutamente introdurre cani nel macello. Il custode aveva il compito di assegnare ad ogni
“beccaio” proprietario di bestie i posti delle stalle di sosta ai quali spettava l’obbligo della
fornitura della paglia per la giacitura dei propri animali. Il letame delle stalle, dei depositi e
dell’intero macello apparteneva al Comune che a proprio cura doveva lavarlo e poi
depositarlo nel “rognone” o in un altro locale appositamente attrezzato. Nelle stalle delle
bestie da macellare non erano ammessi quelli da tiro e altre bestie di qualsiasi genere
mentre quelle autorizzate non potevano vagare nell’interno del macello né essere attaccate
ai cancelli e in altre parti fuori delle stalle. Soltanto le bestie “indomite” potevano essere
tenute libere nel recinto mentre quelle da tiro dovevano essere legate agli appositi anelli.
Senza il permesso del custode sia di giorno che di notte era vietato l’ingresso nel macello a
qualsiasi persona ad eccezione del personale daziario, della Forza pubblica, delle Autorità e
dell’Ufficio d’igiene. Non potevano accedere nella struttura comunale le persone vestite
con abiti sudici e cenciosi. Inoltre non si potevano imbrattare le strutture, nè scrivere o
disegnare sui muri, né applicare candele contro i muri, né piantare coltelli, chiodi o altri
arnesi in tutte le parti del macello. Gli esercenti dovevano curare la pulizia evitando
qualsiasi disordine del locale che usavano per la macellazione dei propri animali. I
macellai, i trippariuoli, i lavoranti e i garzoni non dovevano uscire e andare in giro
portando in mano coltelli o altri strumenti pericolosi. Le stesse persone dovevano indossare
camici e cappucci durante la macellazione. Non potevano mostrarsi con abiti laceri e sudici
nel pubblico Macello. Non si poteva cantare e gridare ad alta voce; compiere atti contrari
alla decenza e al buoncostume e non bisognava usare crudeltà verso le bestie da macellare.
Ogni macellaio o trippariuolo doveva lasciare opportunamente puliti tutti gli arnesi
adoperati e usati. Mentre i mandriani dovevano lavare con cura il rispettivo ammazzatoio.
Era consentito fronteggiare le insidie dei topi, degli insetti e di altri animali dannosi usando
solo trappole meccaniche al posto di polveri ed altri preparati velenosi, combustibili e
123
pericolosi per la pubblica salute
La carne macellata proveniente dagli altri Comuni doveva essere sottoposta ai controlli
daziari situati nelle vie Napoli, Starza e Ponte Carolino e Corso Campano e controllata
nelle ore di apertura del macello dal veterinario prima di essere consegnata agli spacci
pubblici maddalonesi. Inoltre la carne fresca, congelata o refrigerata poteva essere entrare
nel territorio comunale previo un controllo sanitario, in una quantità non superiore a 5 chili
mentre quella dei maiali era di peso diverso. Le stesse disposizioni erano adottate per teste,
piedi, trippe e arti inferiori freschi. Gli agenti di servizio alle barriere daziarie avevano
l’obbligo di ritirare le carni infette o provenienti da animali morti provenienti dagli altri
Comuni. Era tassativamente proibito la macellazione degli equini e la loro entrata nella
cinta daziaria sotto qualsiasi pretesto. Inoltre le stessi carni non dovevano essere mescolate
nella confezione delle carni insaccate. Nell’interesse della pubblica igiene gli industriali
che trattavano merluzzo secco, baccalà e altri generi simili avevano l’obbligo di farli
ammollare previa visita del veterinario nelle vasche del Macello. Lo stesso dovevano fare i
venditori di baccalà e simili al dettaglio.
Il custode del Macello dipendeva dal Comune e dal veterinario comunale e oltre ad
osservare aveva il compito di fare applicare tutte le prescrizioni contenute nel Regolamento
del Macello e quelle emanate dall’Autorità comunale e dal veterinario. Un inserviente
aiutava il custode in tutti i compiti inerenti alla pulizia e al decoro del Macello. Su
ordinanza del sindaco il periodo della macellazione era cosi diviso: tutto l’anno per
“vaccini”, castrati, capretti e agnelli; luglio e agosto per pecore e caprini; da settembre fino
a 10 novembre per capre e bufale da settembre fino al 10 e da ottobre fino al il 15 marzo
per maiali. In caso di malattie epidemiche o contagiose il sindaco su disposizione
dell’Ufficiale sanitario per tutto il periodo del morbo doveva vietare la macellazione e lo
smercio di carni degli animali. Le carni macellate, il baccalà e altro pesce salato prima di
essere messi in vendita dovevano essere muniti del bollo dell’Ufficio igienico comunale.
Senza la preventiva visita veterinaria l’Ufficio daziario non poteva consentire l’entrata
delle carni affette da tubercolosi che dovevano essere bollite prima di essere vendute a
bassa macellazione.
I diritti comunali per la macellazione erano cosi “tariffati”: 5 lire a capo per buoi,
vacche e bufali; 3 per vitelli e vitelle; 2 per maiali, 0,40 per pecore e capre e 0,15 per
agnelli e capretti. Per lo “stallaggio” ogni animale per il periodo primo di sosta costava
0,40 centesimi per buoi, vacche, bufali; 0,30 per vitelli; 0,20 per maiali; 0,15 per pecore e
capre e 0,05 per agnelli e capretti. Per l’”ammollimento” dei baccalà e simili si doveva
pagare per ogni kg. di pesce secco 0,05 centesimi.
Il 13 maggio 1924 il Commissario prefettizio prof. Bernardo de Spagnolis concesse a
Pasquale Castaldi la gestione del servizio delle pubbliche misure con una stadera a ponte a
bilico sul mercato sotto la sorveglianza dell’Ufficio daziario con l’obbligo di devolvere la
metà degli introiti all’Amministrazione comunale. La tassa prevista per l’uso della pesa era
di 1 lira. Il 4 luglio 1927 per evitare che si verificasse una diserzione e per non perdere la
riscossione della tassa comunale pagata dai commercianti che costituiva una delle maggiori
entrate del bilancio comunale il Podestà cav. Sorvillo fece costruire un abbeveratoio che
oltre alle ragioni finanziarie avrebbe dato agio ai numerosissimi frequentatori di potersi
dissetare e di poter abbeverare gli animali. Inoltre l’abbeveratoio avrebbe contribuito ad
incrementare l’aumento della tassa che era pagata dai commercianti per il posteggio sul
124
mercato.
Il 1 luglio 1932 l’Amministrazione podestarile fece sistemare il Reparto di
macellazione e lavorazione della carne suina al Civico macello. Il cav. Sorvillo riscontrò
che la struttura comunale non aveva né l’attrezzatura necessaria per la scannatura e la
depilazione dei 30 e 40 animali da macellare, né un locale “spanditoio” per appendere le
carni degli animali macellati, né un mezzo celere per il trasporto degli animali uccisi dalla
vasca di scottatura allo spanditoio e né le vaschette di sgrassamento e di lavaggio della
tripperia. Inoltre mancava anche di una stadera a ponte per il controllo del peso degli
animali e delle carni macellati. Per l’applicazione dell’imposta di consumo gli agenti
daziari erano costretti a pesare gli animali al ponte bilico comunale distante più di un
chilometro. Nella struttura comunale inoltre mancavano una stalla di sosta per suini
adiacente alla sala lavorazione, un impianto elettrico nella sala di macellazione, negli uffici
e nell’alloggio del custode. Per rimediare alle deficienze della struttura comunale il podestà
provvide all’impiego di apposite ditte specializzate. Il 9 dicembre 1933 l’Amministrazione
comunale chiese l’autorizzazione per la costruzione di un Foro boario e di un mercato
coperto per commestibili e relativo piano di finanziamento. Per far approvare la richiesta il
Podestà cav. Sorvillo fece avere al Prefetto la seguente relazione: “Il Comune di
Maddaloni aveva un mercato settimanale esistente già dal periodo feudale che era svolto il
martedì
nell’interno
del
il vaccaio
palazzo
baronale
oggi
Fondazione Villaggio dei
Ragazzi. Poi con la caduta del
feudalismo il mercato fu
trasferito nell’antica Piazza
Mercato adibita pure a Piazza
d’Armi per le esercitazioni
delle truppe accasermate nella
caserma Nino Bixio sita nel
punto più centrale della città
dove
avevano
sede
il
Municipio, gli uffici pubblici e
tutte le organizzazioni fasciste. Il mercato di Maddaloni è stato sempre fiorentissimo ed il
più importante di tutta l’ex provincia di Caserta per il rilevante numero di grossi capi di
bestiame bovino che per la vendita che in certi periodi raggiungevano il numero di 700800; per l’affluenza annualmente di oltre 5000 capi tra suini, ovini e caprini; per la
vendita all’ingrosso di tutti i prodotti agricoli e manufatti della piccola industria e del
piccolo commercio della regione. Nei giorni di martedì e sulla stessa piazza per tradizione
ormai inveterata conveniva tutta la popolazione di Maddaloni che era in grandissima
maggioranza prettamente agricola e quella di tutti i comuni vicini per le loro provviste
settimanali”.
“L’affollamento era quindi vastissimo e nonostante la piazza avesse una superficie di
circa due ettari i compratori ed i visitatori unitamente ai molti rivenditori, ed ai veicoli di
ogni sorta, che non trovavano spazio sufficiente per adattarsi in piazza erano obbligati a
riversarsi nelle vie adiacenti ingombrando ed ostacolando in ogni modo il pubblico
transito e rendendo questo assai difficile e pericoloso, specie nelle ore in cui gli animali, a
125
grossi branchi, attraversavano le vie principali della città per far ritorno ai loro luoghi di
partenza o per portarsi ai susseguenti mercati di Nola e di Napoli. Ad un inconveniente
cosi sensibile per il pubblico transito se ne aggiungeva un altro assai più grave che aveva
attinenza con le norme igieniche che ormai si imponevano e che regolavano e
disciplinavano i mercati d’ogni genere era causato appunto dall’agglomeramento d’ogni
genere di prodotti che erano rivenduti sul mercato e che non trovando spazio sufficiente né
comodità di qualsiasi specie per le necessarie e dovute separazioni. Le baracche dei
venditori erano addossate le une alle altre, mischiate, confuse, spinte fin sotto le zampe
degli animali. Inoltre la polvere che i pedoni ed i veicoli sollevano o il fango che gli stessi
trasportavano coprivano, imbrattavano, danneggiavano e forse infettavano i generi
commestibili che erano depositati su tozze tavole di legno o su cesti d’ogni specie posati a
terra”. Il mercato settimanale con il suo piccolo commercio era parte vitale della
popolazione maddalonese che coscienziosamente avrebbe sopportato qualsiasi sacrificio
pur di mantenerlo e migliorarlo secondo le nuove tecniche non avendo il Comune alcuna
industria né altre risorse ma solo lo smercio dei suoi prodotti agricoli al mercato che
costituiva oltre alla tassa di posteggio di circa 90000 lire annuali una risorsa per la
finanza comunale”.
Per dare alla popolazione maddalonese un mercato più funzionale e più capiente il
Podestà decise di trasferire il mercato settimanale nella località detta “Starza” ritenuta la
più adatta perché era situata fuori della città e ben collegata con il centro e con la strada
provinciale Caudina che univa Maddaloni a Napoli e Caserta e a quelle provinciali di
Benevento e Campobasso. La nuova struttura avrebbe compresa un foro boario e un
mercato coperto per i commestibili comportando una spesa di circa 400.000 lire. L’importo
sarebbe stato speso per le seguenti operazioni: esproprio di 3 ettari di terreno; spianamento
e recinzione della zona; costruzione di una rete idrica e fognaria; tettoie necessarie al riparo
dal sole e dalla pioggia sia per gli uomini che per gli animali; stalle di isolamento e di
osservazione degli animali infetti o sospetti; uffici del veterinario e del personale daziario;
casotto del custode; deposito degli apparecchi di disinfezione; servizi igienici; vasche e
tettoie per il mercato coperto e altri servizi di sistemazione della vendita dei generi
alimentari non solo per il giorno di mercato per gli altri. Per la costruzione delle nuove
strutture il Podestà bandì un pubblico concorso per la redazione del relativo progetto tra gli
ingegneri e i geometri residenti a Maddaloni. Il vincitore del progetto scelto da un’apposita
commissione avrebbe ricevuto un compenso di 5.000 lire a condizione che per la sua
attuazione l’Amministrazione comunale poteva affidarlo ad un ingegnere di sua scelta.
Inoltre il cav. Sorvillo stabilì che il pagamento dell’intera somma sarebbe stato effettuato in
5 annualità con interessi a scalare nella misura del 5%. Infine sentito il parere della
Consulta municipale il Podestà chiese al Superiore ufficio l’autorizzazione per costruire un
foro boario ed un mercato coperto in località Starza e per bandire un concorso fra gli
ingegneri e i geometri residenti a Maddaloni.
Il 9 luglio 1938 il Commissario prefettizio avv. cav. Salvatore Renga rilevò che la città
di Maddaloni con oltre 24mila abitanti non aveva un idoneo servizio igienico. La gente
quindi andava a soddisfare i propri bisogni in punti poco frequenti sfuggendo alla vigilanza
degli agenti municipali. Sconci e problemi igienici legati a questo malcostume si
verificavano spesso lungo corso 1° Ottobre, centro della vita cittadina e nell’antica piazza
d’Armi dove il martedì di ogni settimana si svolgeva la fiera-mercato settimanale sempre
126
affollata da compratori, visitatori e turisti provenienti anche dai paesi vicini. Per evitare
questi inconvenienti e per dare un’immagine diversa dal punti di vista igienico il
Commissario provvide alla costruzione di una “latrina” pubblica ubicata in un lato del
Mercato e composta da due cabine una per l’orinatoio e l’altra per un “cesso” detto alla
turca. Il 7 gennaio 1939 per l’applicazione del nuovo il regolamento del Mercato
all’ingrosso dei prodotti ortofrutticoli il cav. Salvatore Renga, Commissario prefettizio,
nominò un’apposita commissione composta: dallo stesso Commissario; Francesco De
Simone rappresentante del Partito Nazionale Fascista; cav. Giandomenico Ciccarelli capo
del servizio Annona; dr. cav. Vincenzo Borgia ufficiale sanitario; Antonio Cerreto e
Alfredo De Sivo entrambi rappresentanti dell’Organizzazione sindacale dei datori lavori
agricoli; Domenico Della Rocca rappresentante dell’Organizzazione sindacale lavoratori
agricoli; Giuseppe Cortese rappresentante sindacale dei datori lavori industriali; Giuseppe
Albigese rappresentante dell’Organizzazione sindacale lavoratori industriali; Francesco
D’Angelo rappresentante dell’Organizzazione sindacale dei commercianti grossisti;
Francesco Farina rappresentante dell’Organizzazione sindacale dei commercianti al
minuto; Giovanni Vertucci rappresentante dell’Organizzazione sindacale dei venditori
ambulanti; Antonio D’Errico rappresentante dell’Organizzazione sindacale dei lavoratori
commercio, Tommaso Vigliotti rappresentante dell’Organizzazione sindacale degli
ausiliari commercio, Ferdinando Cerreto rappresentante dell’Ente Nazionale Fascista di
cooperazione.
Il 18 luglio 1944 il Sindaco cav. Iorio
riferì alla Giunta municipale che “il
mercato ortofrutticolo del Comune non
procedeva in modo regolare per svariate
cause e non era più adatto ai bisogni della
popolazione maddalonese. Per migliorare
l’efficienza della struttura occorrevano
oltre a un nuovo regolamento prendere
provvedimenti radicali per la costruzione
di una nuova struttura comunale. Inoltre
bisognava sostituire i vecchi commissari
legati al vecchio regime con nuovi
personaggi. La Giunta sentita l’esposizione
del sindaco attuò in via di urgenza le
seguenti disposizioni: “L’Amministrazione
comunale
rinunziava
alla
facoltà
dell’esercizio del mercato ortofrutticolo
pur conservandone l’alta vigilanza ed il controllo. L’abrogazione del regolamento e la
cessazione dalle loro funzioni i commissari nominati nel 1939. Inoltre stabilì che la pesa
dei prodotti ortofrutticoli doveva avvenire nel mercato dal Comune con diritto di
privativa”.
bancarelle alla fiera settimanale
Capitolo dodicesimo
Scuola, cultura e sport
127
Il 28 marzo 1899 l’Amministrazione comunale concesse alla scuola elementare un
piccolo giardino sito nella vinella 1° Ottobre per uso pratico dell’insegnamento agrario
incaricando la maestra della 5 classe Teresa Penta.
L’8 novembre 1899 i locali privati adibiti a scuole comunali erano dislocati: in Via S.
Martino di proprietà della signora Caruso; Ponte Carolino di Luigi Verrone; laghetto a
ridotto della chiesa di S. Pietro di Donato Proto; Montedecore di Francesco Piscitelli.
Inoltre la Casa comunale era allocata in 4 stanze site al Largo piazza dell’Unione di
proprietà della Congrega di Carità invece per la discarica del materiale di scarto delle
fabbriche ed altro materiale pubblico e privato l’Amministrazione comunale teneva in
affitto un’area della cava di tufo sita in contrada “Rotonda” di proprietà di Antonio De
Sivo.
Il 25 marzo 1901 a seguito dei numerosi reclami fatti dai genitori il Consiglio
comunale presieduto dal Sindaco cav. Giuseppe Tammaro constatato che l’ubicazione delle
scuole comunali nei vari locali del centro causava non lievi inconvenienti come quello di
vedere un maggiore numero di alunni stipati nei banchi e perfino seduti a terra rispetto a
quelli delle aule più ampie, decise di spostare in ogni rione le tre scuole maschili e
femminili e le scuole superiori al centro compresa la direzione didattica. Nella stessa data
la Giunta municipale prima incaricò il vetraio Michele Pellegrino di fornire un certo
numero di calamai di stagno sostituendo i vetri delle finestre di alcuni istituti scolastici
cambiando nel contempo l’orario delle lezioni sia nelle scuole superiori: 07.30-10 lezioni;
10-10.30 ricreazione; 10.30-12.30 ripresa. Per quelle inferiori l’orario delle elezioni
andava: 07.30-9.30; 9.30-10 ricreazione e 10-12 ripresa. Il 29 maggio 1907 il Prefetto di
Caserta chiese al Comune un contributo per organizzare la V gara di tiro a segno. Su
proposta del primo cittadino cav. dr. Alfonso Raffone il Consiglio oltre a deliberare
un’offerta di 100 lire incaricò l’assessore dello sport dr. Pietro Ferrante a rappresentare il
Comune di Maddaloni nella riunione del Comitato provinciale.
L’11 gennaio 1909 il consigliere Vincenzo Zaza fece domanda al Ministero della
Pubblica Istruzione il nullaosta per poter istituire una scuola tecnica con una sezione
agricola e commerciale annessa al Real Liceo-Ginnasio. Inoltre fece presente che
l’istituzione della stessa avrebbe apportato grandi vantaggi a Maddaloni e ai paesi limitrofi
Cervino, Valle, S. Maria a Vico, S. Felice a Cancello ed altri centri. Provvedimento che
avrebbe fatto cessare l’inconveniente di vedere ogni giorno tanti ragazzi maddalonesi
recarsi anche a piedi a Caserta onde poter frequentare la scuola che poteva dargli un posto
“agognato” nella società. L’idea fu messa in atto dal Presidente della Camera degli Operai
di Maddaloni inviando al Comune la seguente lettera: “Maddaloni 14 novembre 1908 – A
S.E. Ministro della P.I. – Roma. Eccellenza, la città di Maddaloni, sede della Legione
allievi R. Guardia di Finanza, con un mercato-fiera settimanale importantissimo,
circondato da popolosi comuni in continui affari con essa, conta a un di presso 25mila
abitanti, in gran parte commercianti, industriali e agricoltori commercianti. Con una
popolazione cosi formata gli studi tecnici sono di un’imprescrivibile necessità. Se non che
mentre altri piccoli centri meno popolosi godono il vantaggio di una scuola tecnica, la
città di Maddaloni, che pure ha una pagina gloriosa nella storia del patrio risorgimento, la
invoca da anni senza vedere mai appagato il giusto desiderio suo. Vi è, in vero un R.
Liceo-Ginnasio fiorente, che ha il vanto di nobilissime tradizione, ma i mutati tempi fece
128
sentire il bisogno di una scuola tecnica, poiché è universalmente riconosciuto che la scuola
classica non può più adeguatamente corrispondere da sola a tutte le esigenze della vita
sociale. Una buona istruzione tecnica, agricola e commerciale ha un valore incomparabile
ai giorni nostri. Gli economisti hanno dimostrato che quasi tutti gli altri stati d’Europa
sono più avanti di noi nel progresso e nella civiltà, appunto, perché da tempo lasciando le
lingue classiche ai veramente dotti si sono rivolti alle lingue vive e agli studi industriali e
commerciali. Se essi occupano un posto nella scala sociale lo debbono essenzialmente a
tali studi che fanno aumentare la produzione della ricchezza. Giova altresì tenere presente
che ai funzionari di questo importantissimo Convitto nazionale è occorso di notar che
alcuni padri di famiglie non hanno collocato, nell’istituto, i loro figliuoli per difetto di una
scuola tecnica. Ora la città di Maddaloni posta quasi al centro di Terra di lavoro,
circondata da ricche e ubertose campagne, allietata e fecondata dal caldo sole del
Mezzogiorno, in posizione vantaggiassimo tra Napoli e Roma, che vede incrociarsi i suoi
treni in tutte le ore del giorno e della notte, di quanto non si avvantaggerebbe con
l’istituzione di una scuola tecnica? E dovere quindi di ogni ordine di cittadini, per mezzo
dei loro rappresentanti, far sentire al Governo centrale i bisogni di questo lembo
paradisiaco della Campania Felice. Per la Camera degli Operai. Il Presidente Direttore
f.to Vincenzo Zaza d’Aulisio”.
Il 3 maggio 1909 alcuni genitori chiesero al Consiglio scolastico di far impartire nelle
classi dei loro figli l’insegnamento della religione cattolica. Il Sindaco cav. dr. Alfonso
Raffone accettando l’istanza del Patronato propose di interpellare i maestri delle scuole
obbligatorie per sapere se erano o non disposti ad accettare tale incarico. Nel caso contrario
con l’approvazione del Consiglio scolastico dovevano essere incaricate persone al di fuori
dell’ambito scolastico. Il 31 agosto 1910 il sindaco fece eseguire diversi lavori per adattare
il convento dell’ex Domenicane da destinare alla Sezione dell’Asilo infantile “Regina
Margherita”. Dato che l’istituto in questione era più conveniente e comodo per poter
accogliere il maggior numero di bambini. Il primo cittadino fece trasferire diverse scuole
comunali riconosciute dal Reale Ispettore scolastico del circondario nel vecchio istituto.
Nell’anno successivo, constatato che le varie richieste inoltrate al Ministero della Pubblica
Istruzione non avevano dato alcun risultato, il cav. Raffone propose al Consiglio comunale
di istituire a proprie spese una scuola tecnica che successivamente sarebbe diventata da
comunale a statale. La nuova scuola avrebbe evitato inconvenienti a molti studenti che si
recavano con ogni mezzo a Caserta. Inoltre la scuola tecnica oltre a sfollare le scuole di
Caserta avrebbe anche spopolato il Liceo-Ginnasio che ogni anno doveva istituire doppie
prime classi. Per facilitare l’istituzione del nuovo istituto scolastico l’Amministrazione del
Convitto Nazionale “G. Bruno” mise a disposizione alcuni suoi locali. Per far fronte alla
spesa di 10mila lire il cav. Raffone fece presente che si poteva chiedere una tassa scolastica
di 50 lire per ogni alunno e un sussidio al Reale Governo.
Il 25 ottobre 1911 il Consiglio comunale provvide alla nomina del personale insegnate
subalterno da destinare alla nuova scuola tecnica per l’anno scolastico 1911-12. Per non
aggravare il bilancio preventivo di un’ulteriore spesa economica il civico consesso, letta la
relazione e ascoltata la proposta del Sindaco dr. Alfonso Raffone procedette alla nomina di
alcuni professori provenienti da Liceo-Ginnasio e dal Convitto G: Bruno: Giuseppe Calò
(titolare) - italiano - assegno 1.800 lire; Luigi D’Aquino (incaricato) - matematica - 1.100;
Giuseppe Vigliardo (incaricato) - storia naturale - 400 lire; Giovanni Colizza (incaricato) -
129
geografia - 480; Luigi Borgia (incaricato) - storia e dei diritti e doveri - 560; Egidio Pane
(incaricato) - computisteria - 500; Nicola Corcioni (incaricato) - calligrafia - 525; Daniele
Villamena (incaricato) - francese - 1.000; Manfredo Canale (incaricato) - ginnastica - 450
e Vincenzo Castaldo (incaricato) - disegno - 1.200 lire. Il preside del Liceo prof. Giuseppe
Morsolin fu nominato pro-tempore nell’incarico con un assegno di 750 lire. Nel novembre
dello stesso anno il Consiglio comunale revocò l’incarico ai prof. Luigi D’Aquino perché si
era trasferito altrove da Maddaloni e il prof. Egidio Pane perché non aveva mai accettata la
nomina. Il prof. Euclide Arrenante fu nominato insegnante di matematica nella scuola
tecnica con uno stipendio annuo di lire 1.800 pagabile a rate mensili. Nella stessa seduta il
prof. di stenografia Sebastiano Ferraro fece domanda al Comune per poter insegnare la sua
materia nella scuola tecnica con un sussidio a piacere stabilito dall’Amministrazione
comunale. Lo stesso insegnante oltre a praticare l’insegnamento gratuito per tutti doveva
nel contempo segnalare 4 alunni bisognosi che avrebbero usufruito dell’insegnamento
gratuito. Per esigenze economiche il Consiglio comunale affidò l’incarico allo stesso
l’insegnamento senza alcuna retribuzione. Nel novembre dello stesso anno al posto del
prof. Egidio Pane fu nominato docente di computisteria il prof. Pietro Starano proveniente
da S. Maria C.V. con un assegno annuo di 600 lire di cui 450 lire per lo stipendio e 150 per
l’indennizzo delle spese di viaggio. Il 19 giugno 1912 il Consiglio comunale accettò la
convenzione (*) pattuita tra il Convitto Nazionale “G. Bruno” ed il Comune per la
consegna dei locali da adibire ad aule della nuova scuola tecnica.
Il 16 ottobre 1912 il Consiglio comunale approvò la
tassa scolastica per la scuola tecnica comunale: 10 lire per
l’ammissione con o senza esame; 50 per l’iscrizione annua
per ciascuna classe; 20 per gli esami di licenza e 5 per il
diploma. Nella stessa seduta nominò il personale direttivo,
insegnate e subalterno da destinare alla scuola tecnica.
Pertanto il preside del Real Liceo-Ginnasio doventò
direttore pro-tempore. Inoltre prof. Giuseppe Calò fu
chiamato ad insegnare l’italiano; prof. Lucio Mastropietro
storia e geografia; prof. Euclide Arenante matematica con
l’incarico delle scienze naturali; prof. Vincenzo Castaldi
disegno; prof. Pietro Starano computisteria; prof. Daniele
Villamene francese; prof. Nicola Corcioni calligrafia; prof.
Manfredo Canale Parlato ginnastica; della Monica
Francesco segretario; Luigi Costantini assistente al Gabinetto di chimica e Giannetto
Mammoli bidello. Alla maestra Enrichetta Longo fu affidato l’insegnamento della
ginnastica per le ragazze che frequentavano la scuola. Nel novembre dello stesso anno il
Rettore del Convitto Nazionale G.Bruno comunicò al Comune che il Consiglio
d’Amministrazione aveva accordato l’uso di altre due aule da destinare alla stessa scuola.
Il 16 aprile 1913 l’Assemblea consiliare su proposta della Giunta deliberò l’istituzione
di un corso per l’insegnamento della lingua araba nella scuola tecnica affidandolo al prof.
Giovanni Colizza senza rimunerazione fissa. La lingua doveva essere insegnata
gratuitamente a docenti e agli alunni della scuola tecnica comunale e del Reale LiceoGinnasio. Per l’iscrizione al corso di arabo si doveva pagare anticipatamente una tassa di 5
convittori in parata
130
lire a favore del Comune. Le lezioni dovevano essere svolte nei locali della scuola tecnica
due volte alla settimana con orario stabilito dal direttore dell’istituto. Nel giugno dello
stesso anno il Sindaco dr. Raffone integrò il contributo raccolto tra i genitori degli alunni
per poter dotare di una bandiera il Liceo-Ginnasio G. Bruno. L’8 ottobre dello stesso anno
rilevante era il numero degli alunni interni ed esterni che frequentavano ogni anno il Reale
Liceo-Ginnasio considerato uno dei primi della Provincia forse tra i primi cinque d’Italia.
In virtù di questa massiccia frequenza il Consiglio comunale di Maddaloni ritenne
opportuno inviare un’istanza al Ministero della Pubblica Istruzione in modo che il Reale
Liceo Giordano Bruno diventasse anche sede di Liceo moderno. Nel dicembre dello stesso
anno il Consiglio comunale approvò lo statuto del Patronato scolastico (*). Nello stesso
mese il Sindaco cav. Raffone riferì che il dr. Alfredo Di Vico, Michelangelo Vitale e
Filippo Barbato avevano chiesto un pezzo di suolo pubblico sito alle spalle della Casa
comunale nel luogo denominato Largo dei Pegni per poter costruire un cinema-teatro che
dopo 4 anni sarebbe diventato di proprietà comunale. Il Consiglio all’unanimità deliberò di
accogliere in linea di massima la richiesta riservandosi di stabilire poi alla ricezione del
progetto le relative disposizioni del contratto. Nel dicembre del 1914 richiedenti
presentarono il progetto relativo alla costruzione di un teatro che avrebbe occupato una
superficie, situata al Largo Monte dei Pegni, di 434,50 mq di cui 75,20 per la sala d’aspetto
mentre quella per gli spettacoli aveva una lunghezza di 15,10 e una larghezza di 13 m. Il
teatro avrebbe avuto 3 ordini di posti: platea con 300 sedie poste in 16 file; loggia di 1°
rango con 110 e loggione superiore con 12 posti. Sia la platea, la loggia e il loggione
avrebbero avuto una propria uscita e entrata. La copertura dello stabile sarebbe stata fatta
con manufatti di legno e eternit.
Dopo un attento esame del progetto la commissione incaricata precedentemente dal
Consiglio comunale stabilì le seguenti osservazioni e raccomandazioni: Il palcoscenico
doveva avere una propria entrata e uscita. Le pareti della sala dovevano essere costruite in
modo tale che in caso di incendio potessero essere facilmente asportabili. In caso di
pericolo il teatro doveva più uscite e entrate di quelle progettate in modo da poter
permettere un rapido sgombro ed evitare nel contempo guai che potrebbero nascere tra la
folla. La cabina cinematografica doveva essere rivestita di lamiera e protetta con mezzi ad
alta garanzia di sicurezza. L’edificio doveva essere equidistante dal Palazzo comunale e
dagli altri palazzi situati nel lato opposto del Comune. Per l’abbellimento del teatro e
dell’intera piazza doveva essere abbattuta la “casupola” adibita ad ufficio del Capo delle
guardie comunali. Infine la commissione propose di accogliere favorevolmente l’istanza
dei richiedenti concedendo gratuitamente il suolo comunale per una durata di 40 anni.
Decorso tale termine il teatro con tutte le apparecchiature, gli utensili, i mobili e
suppellettili di arredamento sarebbe diventato proprietà comunale. Il Consiglio comunale
all’unanimità approvò la proposta della Commissione. Il 6 ottobre 1915 il Commissario
approvò l’esecuzione dei lavori di riparazione per le aule scolastiche site nel ex convento
delle Domenicane.
Il 6 giugno 1917 il nipote ed erede del prof. Alfonso Castaldi inviò al Comune la
seguente lettera: “Ill.mo sig. Commissario prefettizio di Maddaloni – Lo zio mio prof.
Pasquale Castaldi prima di morire donò la sua libreria, consistente in due scaffali, alla
città di Maddaloni, sua patria, sperando che fosse come il germe di una Biblioteca
comunale aperta agli studiosi, cosa di cui, si sente, diceva lui il bisogno in questa città, ove
131
l’istituto Giordano Bruno, centro di cultura classica. E pochi giorni prima di morire ne
incaricò il prof. Giovanni Aristide Cipullo anche di famiglia, desiderando la sua libreria,
fatta dei suoi sudori, ed i libri suoi, compagni, anzi fattori della sua fortuna, avessero
presto la loro determinata e stabile sede. Ma la catastrofe avvenuta e la compilazione del
catalogo ne hanno ritardata la consegna. Il prof. Giovanni Cipullo mi ha asserito che già
verbalmente ha discusso di ciò con la S.V. Ill.ma ed ella verbalmente ha accettato,
promettendo dare ad essi libri una decente sede nell’ex convento delle Domenicane. Ora,
io come erede di mio zio, che assieme all’Arciprete Giovanni prof. Cipullo, me ne diede
mandato espresso, presento la domanda perché la S.V. Ill.ma sappia ufficialmente del dono
della libreria fatta dallo zio mio, prof. Pasquale Castaldi, alla città di Maddaloni, onde
possa espletare le pratiche opportune per la legale accettazione e ricezione del dono. Con
tanti ossequi – Maddaloni 5 maggio 1917 – dr. Alfonso Castaldi”. Nel far rimanere sempre
viva la memoria del donatore il Commissario prefettizio di allora constatato che la libreria
si componeva di 434 libri tutti sulla cultura classica li fece sistemare in un locale dell’ex
convento delle Domenicane con la seguente dicitura: “Libreria donata dal prof. Pasquale
Castaldi alla città di Maddaloni”. Il 1 aprile 1918 il Comune indisse una nuova gara
d’appalto, a trattativa privata, per ultimare i lavori occorrenti per la trasformazione dell’ex
convento delle Domenicane in un edificio scolastico.
Il 15 luglio 1921 il prof. Giuseppe Ferraro in qualità di presidente dell’Unione Sportiva
Maddalonese inviò un’istanza al Comune per poter ottenere una porzione del giardino
dell’ex convento dei Cappuccini dove voleva costruire un campo sportivo. L’assessore avv.
Renga Salvatore fu incaricato di leggere l’istanza del prof. Ferraro: “All’Ill.mo Signor
Sindaco e Componenti il Consiglio comunale di Maddaloni. Signori, or sono due anni per
volontà di pochi giovani, sorse in questa Città un’associazione sportiva, non per semplice
diletto e passatempo, come da molti si ritiene, ma per migliorare e sviluppare nei giovani,
non solo la forza fisica, ma anche lo spirito d’iniziativa, l’energia e la perseveranza nella
aspre lotte, colla incrollabile volontà di vincere. Gli eroi dell’antica Grecia si formavano
nei Ginnasi o nelle palestre di Sparta ed Atene. Roma antica favorì con tutti i mezzi
l’incremento dello Sport e la Guerra mondiale ha fatto constatare gli immensi vantaggi
dello sport, perché la corsa podistica con ostacoli, diventava la corsa attraverso un terreno
rotto da buche, camminamenti, reticolati, ecc., il lancio del disco o del giavellotto, si
trasformava nel getto della bomba a mano, la lotta si esplicava nel corpo a corpo, fra
assalitore ed attaccante, quando entrambi restavano disarmati, la scherma con la
baionetta e con coltello, hanno la loro origine nella scherma propriamente detta, basata
sull’abilità di colpire il punto dove l’occhio ha scoperto l’assenza di una difesa, quindi
misura di tempo, e di spazio, cioè le basi quasi tutti gli sport di gara. La nostra Unione,
sorta così povera, senza mezzi ed aiuti finanziari, pure seppe svilupparsi tenendo alto il
nome di Maddaloni, prese parte all’ultimo concorso ginnico-nazionale, tenuto l’anno
scorso in Venezia, fra 350 squadre fu classificata 29° e la terza fra le squadre meridionali
e dire che essa fu l’unica e sola della nostra Provincia. All’ultima gara a Palazzo Reale di
Caserta si guadagnò due primi premi, a Santamaria Capua Vetere tre primi premi ed un
secondo premio anche nelle feste a Castellammare di Stabia, tanto da essere annoverata
oggi fra le migliori squadre del mezzogiorno, essa potrebbe fare dappiù, ma e manca la
vita: il campo. Ed è perciò che essa si rivolge a Voi ill.mi signori per avere da voi il mezzo
come curare ed esercitare le membra, addestrare la gioventù negli esercizi ginnasi, che
132
rendono l’uomo più forte dico agile, più intrepido, più coraggioso, più sensibile ed anche
più intelligente, da fargli acquistare, con la fisica nella propria forza l’energia della mente
e l’equilibrio dei nervi, per le lotte quotidiane. Come tante città d’Italia hanno concesso
campi sportivi, cosi anche Maddaloni dovrebbe dare alla nostra associazione,
temporaneamente, una porzione del giardino dell’ex convento dei Cappuccini. E questa
associazione ne farebbe un campo sportivo, rispondendo alle esigenze moderne, a vanto ed
onore della nostra città, che Venezia non sapevano neanche dove esistesse. Sicuro che
questo nobile Consenso vorrà dare alla città tale sito di educazione, non tenendo conto
delle poche centinaia di lire che verrebbe a mancare al bilancio comunale, ma che
viceversa la città guadagnerebbe ad usura coll’affluire dei forestieri quando le gare si
inizieranno. Con ossequi – Devotissimo. F.to Ferraro Giuseppe Presidente dell’Unione
Sportiva Maddalonese”. In data successiva l’Amministrazione comunale concesse il
nullaosta per l’impianto sportivo che successivamente fu dotato di una tribuna scoperta e
per il parco della Rimembranza.
Il 10 settembre 1922 il Comitato dell’“Unione sportiva maddalonese” chiese al
Comune la concessione di un sussidio per poter effettuare il 1° ottobre 1922 una gara
ciclistica denominata “il primo giro di Terra di lavoro”. Il 4 giugno 1923
l’Amministrazione comunale prese alcuni provvedimenti per la fornitura dei banchi
occorrenti alle scuole comunali. Il 25 luglio dello stesso anno il Commissario prefettizio di
allora prese in esame il progetto per la ricostruzione del porticato ad oriente del cortile
grande
dell’ex
convento
delle
Domenicane.
Il 26 agosto 1923 subentrato il
nuovo Consiglio comunale tra i suoi
primi costitutivi revocò la delibera
commissariale del 2 giugno 1917
relativa alla donazione della libreria
appartenente al defunto Sac. prof.
Castaldi Pasquale. Solo per ragioni
porticato del Real Liceo
strettamente economiche il civico
consesso non fu in grado di istituire una
biblioteca comunale per cui i 434 volumi, in gran parte antichi libri ecclesiastici e pochi
classici, in un primo momento furono depositati presso l’ex convento delle Domenicane e
poi restituiti direttamente al donante. Nello stesso mese il Commissario prefettizio prof.
Bernardo de Spagnolis “lette le note del sig. Prefetto del 13 luglio 1923 e del 25 agosto
successivo con le quali nel comunicare che in Roma per iniziativa di S.E. Luigi Luzzati era
sorta l’Università libera il cui oggetto si proponeva di promuovere in tutte le Province del
Regno l’istituzione di borse di studio con l’assegno annuo di lire 3.500 da conferirsi con
pubblico concorso ad un allievo residente nella provincia invitava i maggiori Comuni del
primo Circondario a riunirsi in consorzio per la ripartizione dell’onere di lire 3.000 con il
criterio proporzionale del numero degli abitanti. Considerato che l’iniziativa promossa e
patrocinata dall’alto intelletto di uno degli uomini più competente in materia di
133
cooperativismo e di mutualità, era tale che meritava plauso e il più incondizionato
appoggio per il fine nobilissimo che si prefiggeva, deliberò di concorrere con la somma di
lire 250 al finanziamento della su accennata borsa di studio”.
Il 10 settembre 1923 il Commissario prefettizio prof. De Spagnolis prendendo in
esame la delibera consiliare del 7 febbraio 1907 approvata pure dal Consiglio Scolastico
Provinciale, ripristinò la scuola di disegno applicata alle arti e mestieri affidandola al prof.
Vincenzo Castaldo docente diplomato presso l’Istituto delle Belle Arti di Napoli. Con una
lettera il segretario dei Sindacati riuniti di Maddaloni esprimesse favorevoli consensi per la
rinascita di detta scuola che fu ubicata nel convento dell’ex Domenicane. Le materie
insegnate riguardavano il disegno applicato alle arti decorative della casa e alle plastiche
statuarie, la dattilografia e stenografia, scuola di taglio, falegnameria, ebanisteria e
tipografia. Veniva anche introdotto l’insegnamento pratico di agricoltura con l’istituzione
di relativi campi sperimentali. Il 13 maggio 1924 fu erogato un contributo di lire 900 per la
costruzione nell’edificio scolastico dell’ex convento delle Domenicane di un teatro per le
scuole primarie.
L’8 settembre 1924 il Commissario prefettizio di allora visto il Real Decreto con cui si
dava la facoltà al Comune di istituire le classi 6°, 7° e 8° che dovevano integrare il corso di
avviamento professionale ed il grado superiore dell’istruzione elementare.
L’Amministrazione comunale dal proprio canto doveva dotare la scuola di mezzi didattici e
di personale sussidiario per gli esercizi di avviamento professionale. Con lo stesso
provvedimento il corso integrativo fu disciplinato con le seguenti materie: Agraria pratica
con apposite esercitazioni da attuarsi in un campi sperimentali; disegno applicato alle
industrie con speciale riguardo alla fabbricazione delle sedie “paesane” e decorative; corso
di dattilografia e corso di tagli per confezioni e “modisterie”. Il fine di queste classi oltre a
rispondere all’indole e alle caratteristiche della popolazione maddalonese poteva riuscire di
grande giovamento all’incremento della cultura di quelle classi sociali che non avevano
mezzi sufficienti per acquistare particolari cognizioni tecniche. Successivamente all’elenco
delle materie della scuola d’arte e mestieri fu aggiunto l’insegnamento della musica. Il 9
dicembre 1924 il Comune concorse nella spesa per l’acquisto di una macchina
cinematografica per il Real Liceo-Ginnasio i cui locali furono successivamente riadattati.
Nel giugno del 1929 il Podestà cav. Sorvillo deliberò una somma di 1527,75 lire per poter
acquistare indumenti ginnici ginnica e cibi supercalorici da destinare ai giovani atleti che
dovevano partecipare al concorso “Dux Roma” nella città di Roma.
28 febbraio 1931 il Podestà cav. Sorvillo progettò la realizzazione di una palestra
coperta e scoperta per poter impartire l’educazione fisica agli allievi delle scuole
secondarie della città di Maddaloni. Nell’aprile 1931 fu approvato il progetto dei lavori di
ampliamento e restauro dei locali del Real Liceo-Ginnasio “G. Bruno”con appalto a
trattativa privata. A marzo poi furono approvati i lavori di riparazione per i danni causati
dal terremoto del Volture alle scuole Domenicane site nell’ex convento anonimo. Nel
novembre 1931 il cav. Sorvillo propose l’istituzione di un nuovo edificio scolastico in
quanto la città di Maddaloni annoverava oltre 3000 ragazzi che dovevano frequentare la
scuola dell'obbligo. Detto progetto prevede l’istituzione di due centri scolastici da ubicare
uno nel rione Pescara comprendente le zone di S. Margherita, S. Giovanni e Formali e
l’altro nel rione Oliveto che raccoglieva quelle di Pignatari e dintorni. Le scuole elementari
del rione Pescara erano riunite nel vecchio e vasto edificio del convento dell’ex
134
Domenicane. Quelle invece del rione Oliveto erano sistemate in numerosi locali privati
presi in fitto dal Comune e privi per la maggior parte di tutti i servizi necessari e prescritti
atti a salvaguardia l’igiene generale e la salute dei fanciulli. “Osservato che si rendeva
necessario mettere fine ad un così deplorevole stato di cose, dotando anche il rione Oliveto
di un vasto edificio scolastico ove riunire la numerosa scolaresca del rione e nelle migliori
condizioni possibili di igiene e di funzionamento scolastico. Osservato pure che la città
mancava di un qualsiasi grande fabbricato da adibire ad uso delle scuole elementari e che
conseguentemente si rendeva necessario provvedere alla costruzione di un nuovo vasto
edificio capace di contenere non solo la presente popolazione scolastica del rione Oliveto
(che per il nuovo anno scolastico avrebbe raggiunto il migliaio) ma anche un sensibile
maggior numero di alunni che certi si sarebbero presentati negli anni seguenti, dato che
per mancanza di locali il numero degli alunni che frequentavano la scuola era
sensibilmente inferiore al numero degli obbligati” “Considerato che la costruzione
dell’edificio scolastico per il rione Oliveto era anche giustificato dal fatto che il Comune
per fitto dei vari locali adibiti a scuole elementari spendeva annualmente la forte somma di
lire 17.000 circa, con un rendimento nei riguardi dell’igiene e dell’istruzione non certo
proporzionale al grave onere finanziario che sopportava. Tenuto presente che la
Commissione del R. Provveditore delle Opere pubbliche della Campania, con sopralluogo
eseguito il 20 febbraio 1930, scelse come suolo d’impianto del futuro edificio quello di
proprietà del sig. Roberti Mario e cioè parte di un giardino, sito nel centro del rione
Oliveto, riportato nel catasto urbano alla partita n. 2110 al foglio di mappa 9 allegato 4
particella n. 496; ed osservato che tale area sita sull’importante arteria di via Roma (già
corso Campano) rispondeva pienamente a tutte le esigenze di salubrità di esposizione e di
ubicazione per un vasto edificio scolastico, così che si poteva approvare e riconfermare
l’area scelta”.
Undici membri della Consulta municipale: cav. Luigi Cerreto, Antonio Ventriglia, cav.
Alfredo De Sivo, Luigi De Lucia, Mattia Lombardi, Romolo Farnetti e Nicola Iulio diedero
parere favorevole alla proposta del Podestà, mentre Giuseppe Finocchiaro, Barletta
Salvatore e Ernesto Penzi espressero parere sfavorevole con la relativa motivazione.
Finocchiaro sostenne nel suo intervento: “Il sottoscritto non disconosce la necessità di
aver locali scolastici rispondenti alle esigenze dell’istruzione elementare con il corredo di
tutta l’attrezzatura richiesta dalle condizioni didattiche-sanitarie. Riconosce che da tempo
remoto, stante l’ubicazione dell’abitato a forma semicircolare, d’una lunghezza massima
di km 3 e 145 metri dagli estremi dei due rioni Oliveto e Pescara non si può risolvere
definitivamente il problema della costruzione degli edifici scolastici, attenendosi
all’esecuzione di un progetto che soddisferebbe solo gli alunni del rione Oliveto. Necessita
quindi di risolvere contemporaneamente i problemi in parola, per non dare parvenza di
parzialità. E’ notorio l’incremento degli alunni iscritti alle scuole pubbliche, oggi in
numero di 2.300 di fronte a 1.285 scritti nel 1905. Come pure è notorio che il rione
Pescara per la vastità della zona abitata ha bisogno di un edificio scolastico contenente un
certo numero di aule superiore ad un terzo di quelle necessarie per il rione Oliveto.
Presentemente gli alunni elementari, specie nel rione Oliveto vivono la vita scolastica in
ambienti malsani, dall’aspetto di stamberghe. Occorreva risolvere il problema scolastico
nello stesso tempo per i due rioni, bandendo anche il concorso per i progetti ed i preventivi
di spesa contenuti in limiti massimi della potenzialità economica dei tributi comunali, al
135
fine di non camminare nel buio e di non allarmare i contribuenti per carichi eccessivi ed
insostenibili di tasse comunali. Sotto questo punto obbiettivo e coscienzioso respingo il
progetto già elaborato e presentato senza il previo parere dei componenti la Consulta.
Intendo in questo modo di sentire il mandato a me affidato di consultore per gli interessi
veri ed obbiettivi della cittadinanza. Maddaloni 5 novembre 1931. – f.to Finocchiaro
Giuseppe”.
Il Podestà replicò:”Esaminato il voto presentato dal consultore sig. Finocchiaro
Giuseppe prende atto che lo stesso, mentre riconosce la necessità per il Comune di aver
locali scolastici rispondenti alle esigenze dell’istruzione, e denunzia, nel contempo che gli
alunni delle scuole elementari, specie quelli del rione Oliveto vivono la vita scolastica in
ambienti malsani (ciò che è esagerato e non rispondente a verità) respinge poi il progetto
dell’edificio. Secondo quanto è esposto nel suddetto voto, parrebbe che la costruzione
dell’edificio per il rione oliveto soddisfarebbe soltanto gli alunni del detto rione, dando
così una parvenza di parzialità, e che di conseguenza sarebbe stato necessario bandire un
corso per il nuovo edificio per gli alunni del rione Pescara. Ma il consultore dimentica che
nel rione Pescara già esiste un vasto edificio scolastico nell’ex convento delle Domenicane
ospitando ben 1.250 alunni e che superfluo ed ingiustificato sarebbe quindi per il momento
sottoporre il Comune ad una spesa quasi doppia di quella preventivata per la costruzione
di un nuovo edificio, tanto più che egli stesso raccomanda di non camminare nel buio e di
non allarmare i contribuenti con nuove tasse”.
Il 1 luglio 1932 il Podestà cav. Sorvillo “letta l’istanza con la quale un gruppo di padri
di famiglie chiedevano l’istituzione nella loro contrada denominata “Grotticella” di una
scuola “non classificata” in modo di poter far dare ai loro figli almeno quella istruzione
elementare che l’eccentricità del luogo non consentiva di ricevere dalle scuole ordinarie
poste a grande distanza”. “Considerato che effettivamente i poveri bimbi tutti nell’età
richiesta dalla legge sull’istruzione elementare obbligatoria si trovano nella materiale
impossibilità di istruirsi convenientemente a causa della grande distanza e della
impraticabilità delle vie di accesso ai centri scolastici dei comuni vicini. Infatti tra la
contrada “Grotticella” ed il centro di Maddaloni e di Arienzo, S. Felice c’era una distanza
di oltre sette e di oltre due chilometri tenendo anche presente che le vie che andavano ai
detti centri non erano altro che dei sentieri di campagna malagevoli e impraticabili sia
d’inverno che d’estate. Inoltre i bambini erano costretti a percorrere un lungo tratto della
linea ferroviaria che costituiva un vero e grave pericolo. Tutte queste cause facevano
comprendere che quei poveri ragazzi erano condannati all’ignoranza”. “Rilevato che il
numero degli obbligati a frequentare le scuole elementari residente nella detta contrada
raggiungeva la cifra cospicua di circa trenta quindi era socialmente inopportuno lasciare
tante giovani esistenze nell’abbandono e nella miseria intellettuale”. “Considerato che lo
Stato nella sua alta missione sociale aveva saggiamente provveduto ad emanare le
opportune provvidenze di legge per la diffusione della cultura popolare ed alla istituzione
di nuove scuole da parte del Consorzio di Emigrazione e Lavoro delegato per l’opera
contro l’analfabetismo per la Campania ed il Molise”. “Ritenuto che era deplorevole non
tenere in conto l’aiuto che veniva dalla legge per l’impianto nella frazione “Grotticella” di
una scuola non classificata che avrebbe rappresenterebbe per tante famiglie e per tanti
fanciulli la provvidenziale risoluzione di un angoscioso problema”. “Visto che la spesa dei
locali della istituendo scuola non classificata sia per l’aula scolastica che per l’abitazione
136
dell’insegnante doveva essere a carico dell’Amministrazione comunale”. “Visto che il
Comune di Arienzo e S. Felice erano disposti a concorrere alla spesa per i locali”. Udito il
parere della Consulta il Podestà deliberò: di chiedere al Consorzio Regionale di
Emigrazioni e Lavoro di provvedere alla istituzione nella citata frazione di una scuola
rurale. L’Amministrazione comunale si sarebbe assunta l’onere delle spese relative ai locali
da adibire per l’aula e per l’abitazione dell’insegnante.
Il 14 marzo 1932 a seguito di un forte colpo di vento crollò una parte del muro di cinta
del campo sportivo creando una spaccatura che era pericolosa per i cittadini che
transitavano lungo via Montevergine. Con il parere favorevole della Consulta municipale
su progetto dell’ing. Domenico Vigliotta il Podestà incaricò il mastro muratore Vincenzo
Sagnelli di riparare la porzione del muro crollato. Nell’anno 1933 fu approvato il progetto
di restauro per i locali scolastici dell’ex convento delle Domenicane adiacente al cortiletto
S. Domenico. Due anni dopo l’Amministrazione comunale bandì il pubblico incanto per
appalto della costruzione dell’edificio scolastico con le relative modalità e nel contempo
diede un contributo di 150 lire per una corsa ciclistica denominata “Coppa Volturno” che
attraversava maddalonese. Il geom. Benedetto Rosati fu nominato assistente ai lavori di
costruzione dell’edificio scolastico sito in via Roma che successivamente fu intitolato
“Costanzo Ciano”. Il 2 novembre 1936 fu approvato il 1° certificato di avanzamento e
pagamento per i lavori dell’edificio scolastico, e della specifica della direzione lavori
(eseguiti dall’impresa Castaldo Ferdinando fu Dante da Afragola).
Il 1 febbraio 1937 già da anni funzionava a Maddaloni comune agricolo nei locali
scolastici concessi gratuitamente dall’Amministrazione comunale il Real Corso biennale di
tipo agrario con programmi normali e un vasto campo sperimentale. Tale corso non
rispondeva più ai bisogni della popolazione scolastica né agli scopi per i quali era stato
istituito. C’è da aggiungere inoltre che i pochi promossi dalla seconda alla terza classe per
poter continuare gli studi agrari dovevano allontanarsi da Maddaloni e iscriversi alle scuole
di Sarno e di Ponticelli entrambe di tipo agrario. Le dette scuole non erano accessibili per la
spesa di trasporto ai figli delle famiglie degli agricoltori che volendo potevano conseguire
la licenza frequentando la terza classe presso la Real Scuola di avviamento professionale di
Caserta che era di tipo commerciale. Prendendo in esame la relazione del direttore didattico
delle scuole di Maddaloni inviata pure al Provveditore agli Studi il Podestà cav. Sorvillo si
fece promotore di una proposta per istituire un Real Corso di Avviamento Professionale di
tipo Agrario anche sul territorio di Maddaloni in modo da venire incontro alle esigenze
degli studenti maddalonesi.
Il 20 novembre 1939 furono istituite due borse di studio presso la Cassa scolastica del
Real Liceo intitolate a Carlo Scalera cav. di Gran Croce al merito per poter stimolare ed
incoraggiare agli studi la gioventù maddalonese. Il 27 febbraio 1943 fu presa in
considerazione l’istanza del Comandante il Battaglione Misto del 31° Reggimento di
Fanteria di stanza a Maddaloni per l’offerta di un pallone alla squadra di calcio formatasi in
seno allo stesso. Nel luglio l’edificio scolastico del rione Oliveto cambiò denominazione e
fu intitolato alla memoria della medaglia d’oro Mario Sena cittadino capitano di fanteria
morto eroicamente nella guerra albano-greca. Anche la Real Scuola di Avviamento
Professionale tipo agrario, già Luigi Razza fu intestata poi a Luigi Settembrini.
Capitolo tredicesimo
Origini del Convitto Nazionale “G.Bruno”
137
Il 27 aprile 1925 il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco cav. Gioacchino
Castaldo incaricò l’assessore avv. Adolfo Tontoli membro della Commissione incaricata di
studiare gli atti riferiti alle origini del Convitto Nazionale “G. Bruno” a leggere la relativa
relazione: “Onorevoli signori del Consiglio comunale il compito da Voi affidatoci è arduo
e abbastanza delicato però noi non possiamo non lodare gli alti sentimenti dell’animo
vostro nel voler che uno studio si fosse fatto per ovviare al
danno gravissimo che viene al Comune da talune
disposizioni governative e sia sbugiardare l’opera nefanda
di qualcun che predica la distruzione di questo illustre
Ateneo che tante illustrazioni diede all’Italia. E senza più
preamboli né dissertazioni inutili noi ci sentiamo in dovere
di poter affermare precisamente che tutto quanto si ordisce a
danno del nostro liceo è una vera infamia che si vuole
commettere con piena scienza e coscienza di chi sa far del
male. Al certo chi pronunziò la bestemmia che il nostro liceo
avrebbe dovuto finire era in male fede o ignorante assoluto
di tutte le istituzioni relative alla pubblica istruzione. La
nostra non è un’affermazione gratuita ma ha il suo
Ingresso Convitto “G. Bruno”
fondamento storico e non occorre grande indagine, ne
grande acume per potersi convincere che la istituzione, e con questa frase, intendiamo
riferirci alla istituzione dei Licei era prima che il pensiero fosse rivolto al
“collegialismo”la creazione dei Licei per chi ha sfiorato la storia si riferisce al Governo
francese, specialmente dopo la grande rivoluzione, la quale mutò la coscienza dei popoli e
iniziò il nuovo periodo di sistemazione dei costumi e dell’insegnamento. Certamente questa
rivoluzione, la quale aveva sconvolto tutta l’umanità doveva produrre i suoi effetti nella
propagazione di quei principi e di quei sentimenti a cui essa si era ispirata e quindi
conseguenza legittima che dai conquistatori trasfondessero in Italia anche qui sistemi
educativi i quali fossero atti a consolidare la coscienza dei cittadini e ad uniformare la
loro coscienza a quei principi di educazione morale e scientifica, come già esistevano nella
Potenza conquistatrice. Tra queste istituzioni prima furono i Licei e poi le altre scuole
secondarie. Erano, già periodo di perfetta fioritura, i licei quando ritornarono al trono di
Napoli i Borboni: costoro più che forse per sviluppare lo studio scientifico ma fare
insinuare i sentimenti religiosi e di servilismo dei collegi nazionali, cioè dei luoghi dove si
avrebbe dovuto raccogliere bambini sotto la direzione dei vescovi e sacerdoti. Però al
certo che nella creazione di questi collegi si fece obbligo a quei dipendenti da un
dipartimento di essere ammessi ai Licei. In ciò dunque è legittima la situazione che
l’esistenza dei Licei è anteriore a quella dei Collegi; e poiché come già abbiamo visto essi
traggono origine dalla rivoluzione francese e per esso dai diversi conquistatori che
vennero in Italia, i quali introdussero già gli stessi usi e le stesse costumanze e perciò come
in Francia i Licei e tutti i locali scientifici erano a spesa governativa, cosi in Italia le prime
dotazioni furono ai Licei. E se non bastasse a giustificare il nostro assunto di quanto
abbiamo già detto, farebbero giustizia i diversi decreti emanati dai borboni, dai quali
emerge chiaramente che i sussidi ai Collegi erano dati esclusivamente per il mantenimento
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di quegli alunni che erano rinchiusi per disposizioni governative o che avessero avuto
diritto a mezzo o intera piazza. Al di sopra di tutti questi decreti vi fu quello di Giuseppe
Bonaparte, in data 8 marzo 1807 (n. 104) con cui determinava i fondi pel Liceo, detto di
Terra di Lavoro, in rendita annuo per 104 moggi di terreno, con una piccola masseria in
Montedicore di maddaloni (posteriormente ebbe anche un lascito di alcuni terreni in S.
Giuseppe Vesuviano in Ottaviano e due quartini in Napoli). Detti beni furono
malauguratamente venduti pochi anni or sono e la somma fu investita in rendita sul debito
pubblico. E con ciò, Giuseppe Bonaparte si diede cura dei Licei e del loro mantenimento.
E come suggello che ogni uomo (sgambi o sgammi), possiamo ricordare che la questione
della priorità non è nuova e che i Licei
avessero diritto a dotazioni indipendenti,
giacché ebbe ad occuparsi la Corte di
Cassazione di Napoli in una lite tra il nostro
Liceo e la Provincia, la quale era obbligata a
concorrere al mantenimento: La Corte decise
nel 1882 a favore del Liceo con sentenza più
larga la noiosa vertenza. Da quanto
brevemente abbiamo esposto si rileva di
leggere che a torti si sono incamerate rendite
Real Convitto Giordano Bruno
e arretrate di rendite del Convitto mentre esse
costituiscono dotazioni per il mantenimento degli studi classici e scientifici e non è
giustizia che mentre il Comune è obbligato a sentire un peso per il mantenimento della
istruzione non debba godere i vantaggi, i quali costituiscono diritti acquisiti per il nostro
Liceo. Né la legge Gentile dell’aprile 1923 poteva ledere i diritti dell’istituto, essa colpisce
quei licei che avevano dotazioni proprie ma che dipendevano esclusivamente dai Convitti,
perché erano a carico di questi. Male si è fatto dai preposti al nostro Convitto Nazionale a
incamerare tutte le rendite giacché esse la maggior parte costituivano la dotazione del
nostro Liceo-ginnasiale. Con questo abbiamo avuto l’onore di sottoporre al vostro esame,
ma non abbiamo inteso di farvi una relazione piena e dettagliata sull’oggetto controverso,
giacché il tempo assegnatoci è brevissimo e la materia da studiare e svolgere è lunga e
intricata, però possiamo garantirvi che il buon Diritto del Comune a rivendicare i diritti
manomessi, giacché la sua opera è ispirata non solo dalla carità di Patria ma da quei
sentimenti di affetto e di venerazione che ogni cittadino ha attinto dalla scuola del dovere,
oltre a quella che è la misura di ogni azione e per l’interesse il quale è troppo colpito dalla
legge nuova. Quindi proponiamo che il Consiglio nomini una persona legale la quale con
vera coscienza possa compulsare gli atti che trovasi nell’archivio Provinciale ed in altri,
onde potere avere un’esatta relazione che metta il Comune nelle condizioni di ricorrere ai
Tribunali, con esiti indubbiamente favorevoli, dato il caso che le trattative col Ministero
dell’Istruzione risultassero sfavorevoli. Con perfetta osservanza – la Commissione – F.to
Luigi Briganti estentore – Adolfo Tontoli – Antonio Suppa – Maddaloni 13 febbraio 1925”.
Il Consiglio comunale all’unanimità incaricò il Sindaco di nominare il legale che come
rappresentante del Comune avrebbe curato l’interesse amministrativo del Reale Convitto.
Capitolo quattordicesimo
Enti ecclesiastici - Cimitero
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Il 1 marzo 1899 per poter ampliare il nuovo Cimitero il Consiglio comunale di
Maddaloni su richiesta della Prefettura di Caserta si rivolse agli operai disoccupati. La
Giunta comunale invece di dare loro un sussidio che sarebbe stato solo oneroso per le
finanze comunali decise di impiegarli per effettuare i lavori del Cimitero. Il 22 marzo 1901
il rettore di allora della chiesa dell’Annunziata fece presente al Comune che l’artistico ed
antico coro in legno di noce esistente dietro l’altare maggiore era in pessime condizioni. Lo
stesso aveva urgente bisogno di riparazioni molto costose per non farlo ulteriormente
deperire. Per reperire parte della somma occorrente il rettore propose di vendere un altarino
in legno esistente in sagrestia che in stato di deperimento. Il 9 ottobre 1901 il Provinciale
Padre Feliciano da Sorrento fece richiesta al Comune di Maddaloni di poter acquistare
parte dell’ex convento dei Cappuccini per la somma di 1.500 lire. Il 2 gennaio 1902
l’Amministrazione comunale incaricò il perito Tommaso Izzo di fare una perizia del valore
di parte del convento dei Cappuccini da cedersi ai frati.
Il 14 gennaio 1902 l’Amministrazione
comunale prese in esame la perizia
riguardante una parte dei locali degli ex
convento dei Cappuccini richiesti dai frati
da cui risultò: “Di non cedere in uso la
chiesa e dipendenze con il carico della
manutenzione
sia
ordinaria
che
Chiesa dell’Annunziata
straordinaria a spese del concessionario.
Di cedere in uso e proprietà n° 13 celle, la libreria e l’antilibreria e corridoi conclusivi ed
altre dipendenze. Di cedere in uso e proprietà una porzione di suolo nel cortile rustico con
le fabbriche dirute e la terrasanta, cioè la cripta e l’anticripta, essendo locali inservibili
destinazioni”. Il 12 febbraio 1902 il colono Izzo Pasquale chiese il permesso al Comune di
poter abbattere 26 piante nel giardino degli ex Cappuccini corrispondenti: 13 noci, 5
giovani pini e 8 pioppi. Il 15 ottobre 1902 i Padri Cappuccini inviarono una nuova richiesta
all’Amministrazione comunale per ottenere il suolo del cortile rustico. Il 9 maggio 1903 fu
redatto un nuovo disciplinare (*) circa la vendita di parte del locale degli ex Cappuccini. Il
19 settembre 1903 fu presentata da Tommaso Izzo la perizia per la cessione del locale degli
ex Cappuccini secondo il nuovo disciplinare della delibera del 9 maggio.
Il 5 febbraio 1904 il Sindaco comm. Giuseppe Tammaro fece presente che nel giorno
31 gennaio era crollato parte del tetto del convento degli ex Cappuccini finora occupato da
pochi frati. Nello stesso giorno invitò l’ing. Salvatore De Masi a recarsi sul posto per
rendersi conto dell’accaduto per prendere poi i provvedimenti necessari per scongiurare
eventuali pericoli. Nel contempo il primo cittadino consigliò i frati Cappuccini ad
allontanarsi dal luogo per motivi di sicurezza. Nell’allontanare i frati il “popolino” del
rione andò su tutte le furie protestando vivacemente per la decisione presa dal Sindaco.
L’Amministrazione comunale per evitare il continuarsi dei disordini chiese al vescovo di
Caserta di mandare un sacerdote che incaricò Marotta Salvatore arciprete della Collegiale
di S. Pietro ad officiare provvisoriamente le funzioni religiose, provvisoriamente in attesa
140
di insediare un nuovo ordine monacale. Il 5 maggio 1905 il Commissario prefettizio cav.
Giuseppe Starone per rinnovare il contratto di affitto dei giardini degli ex Cappuccini
scaduto indisse una nuova asta pubblica chiedendo la somma di 600 lire.
Il 10 maggio 1905 il Commissario prefettizio di allora inviò un’istanza al Ministero
competente per la concessione al Comune del monastero delle Domenicane. Nello stesso
mese il Commissario diede in uso alla “Società Operaia” una sala dell’ex convento dei
Cappuccini. 27 novembre 1905 Padre Aristide Ferri chiese di poter acquistare una di parte
del locale dell’ex convento dei Cappuccini. Il Consiglio già il 20 aprile 1904 aveva stabilito
di vendere una parte dell’ex convento, e che era disponibile a cedere, in uso perpetuo ed
alienabile, la chiesa e sue dipendenze con l’obbligo dell’acquirente della manutenzione
ordinaria e straordinaria. Padre Aristide in una nuova istanza offrì la somma di lire tremila
e richiese che fosse escluso l’obbligo della manutenzione straordinaria della chiesa e sue
dipendenze. Il civico consesso addivenne a quanto chiedeva Padre Ferri, cioè che
all’usuraio competenza solo la manutenzione ordinaria in conformità del Codice Civile
mentre il Comune avrebbe concorso nella manutenzione straordinaria, quale proprietario
della chiesa che aveva l’obbligo alla sua perenne conservazione, in tutte le sue parti
costruttive della sua assenza. Il 5 febbraio 1906 il Prefetto di Caserta inviò una nota al
Comune di Maddaloni circa la vendita di parte del fabbricato dell’ex convento dei
Cappuccini.
Il 21 aprile 1909 il convento delle Domenicane fu concesso dal Fondo Culto al
Comune di Maddaloni.
Il locale Ufficiale del registro comunicò al Comune il dispaccio ricevuto dalla
Direzione Generale del Fondo Culto: “L’Onorevole Intendenza di Finanza della Provincia
mi comunica il dispaccio della Direzione Fondo Culto che trascrivo alla S.V. perché
potesse disporre l’eseguimento di quanto è di sua competenza. Dal momento che le suore
ancora dimoranti nel fabbricato, del soppresso monastero delle Domenicane in
Maddaloni, sono ridotte al numero di sei, e che quel Comune non sarebbe alieno da
lasciarle e mantenerle, vita loro naturale durante, in una parte comoda e sufficiente del
chiostro, evitandone, in tal modo, il concentramento in altro locale, potrà accogliersi la
domanda di cessione avanzata il 21 maggio 1908 dal Municipio stesso, a sensi dell’art. 2
della legge 7 luglio 1896. Per l’accettazione, pertanto, della cessione del monastero e delle
relative obbligazioni, fra cui quelle di cui sopra riguardano l’ulteriore permanenza delle
religiose in una parte del fabbricato, e l’altra del pagamento in favore di
quest’Amministrazione di un’annua rendita corrispettiva delle parti ed adiacenze redditizie
da comprendersi nella cessione, il sindaco dovrà promuovere apposita deliberazione del
Consiglio comunale da approvarsi poi dalla G.P.A. a termini di legge. Intanto la S. V. darà
subito incarico ad un ingegnere del dipendente Ufficio tecnico di Finanza di compilare,
d’urgenza, sopralluogo, la perizia del valore delle suddette parti ed adiacenze redditizie
del monastero, stabilendo l’annua rendita netta 5% che il Comune dovrà pagare in
corrispettivo al Fondo per il Culto. La chiesa annessa al monastero, che trovasi
presentemente aperta al pubblico, verrà compresa, ma per il semplice uso, nella cessione
al Comune, il quale dovrà lasciarla e mantenerla a sue spese, in tale condizioni, poiché il
Governo ne autorizzi o ne disponga la chiusura. A tale scopo saranno consegnati al
Municipio i mobili ed arredi sacri appartenenti a detta chiesa. Eseguito quanto sopra, e
approntati tutti i documenti e cioè deliberazione del Consiglio comunale approvato dalla
141
G.P.A., la perizia del valore delle parti redditizie e la liquidazione della rendita da
corrispondere al Fondo per il Culto , nonché l’elenco dei mobili ed arredi sacri della
chiesa, la S. V. potrà senz’altro autorizzare la stipulazione dell’atto di cessione in favore
del Comune di Maddaloni, giusto l’unita bozza concordata, per tutti i casi della specie,
trasmettendomi poi detto atto regolarmente documentato come sopra per la definitiva
approvazione espressamente riservata, avendo cura di riunirvi la minuta da predisporsi
della nota della ipoteca da iscriversi contro il Comune cessionario, giusto l’art. 6 dello
stipulato. Il Ricevitore. F.to Mariani.”
Il 14 novembre 1910 il Sindaco dr. Raffone riferì al Consiglio di aver ricevuto dal
locale Ufficiale del registro due note di sollecito e verifica dei lavori in atto per la cessione
del monastero delle Domenicane. Il 20 novembre 1912 il Rettore dei Padri Oblati Giuseppe
Zoppoli inoltrò una richiesta al Comune per poter ottenere un concorso nella spesa per gli
urgenti restauri da effettuare nella chiesa degli ex Cappuccini gestito dal Comune. 17 aprile
1931 furono effettuati alcuni lavori di restauro all’orologio pubblico comunale e alla chiesa
degli ex Cappuccini. Il Comune contribuì con la somma di lire 4.000 per la manutenzione
della chiesa ora degli Oblati Maria Immacolata ridotta poi a lire tremila secondo una nota
del 27 giugno 1931 della Giunta Provinciale Amministrativa di Napoli. Il 10 novembre
1913 il Consiglio comunale discusse sul sussidio per il mantenimento della chiesa dell’ex
convento delle Domenicane. Il 21 luglio 1915 il Comune concorse ai lavori urgenti di
riparazione del campanile della chiesa di. S.Martino, sul quale c’era un pubblico orologio.
L’8 ottobre 1915 le suore Domenicane rinunziarono al loro diritto di abitazione nell’ex
convento, per un vitalizio di lire 100 ciascuna.
sala udienze Convitto Giordano Bruno
Il 16 marzo 1923 il
Sindaco dr. Alfonso Raffone
si fece promotore di un
contributo per i lavori di
restauro
alla
chiesa
dell’Annunziata.
Nella
richiesta al Comune il
Rettore fece presente quanto
segue:“La chiesa suddetta è
antichissima; essa sorge nel
centro della città di
Maddaloni, sin dal XIII
secolo e per le sue opere d’arte e vicende artiche costituisce un vero monumento della città
di Maddaloni. Ma se è ricca di arte e di storici ricordi, è poverissima di mezzi, perché
priva di qualsiasi reddito, atteso l’incameramento dei suoi beni. Ad onore del vero è gloria
della Città possedere una chiesa ricca di opere d’arte perché questa fornita di un’artistica
soffitta, opera meravigliosa di Giovanni Balducci, esimio pittore fiorentino, degno
discepolo del Naldini, protetto da Alessandro dei Medici, v’ha fare michelangesco e un bel
colorito cosi vivo che dopo tre secoli si vede ancora freschissimo. Adesso, opera così
immortale, va sempre deperendo, perché il tetto minaccia rovina, le grandiose cupole della
chiesa sono già lesionate e pericolanti, coro artistico di noce marcito in parte dal tempo, le
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porte già consumate dall’intemperie ed il fabbricato, a causa dei mancati restauri, si è
ridotto in condizione deplorevole, da destare grande apprensione, sia per il pericolo cui
sono esposti i fedeli che la frequentano, sia pel continuo e crescente deterioramento della
bellissima soffitta che è un vero tesoro di arte antica, oggi valgono di parecchi milioni. In
questo stato di cose, all’uopo fu pregato l’illustre ing. sig. Santamaria Nicolini Luigi, il
quale avendo esaminato, lo stato veramente pericoloso di questa chiesa, per i restauri,
offriva un preventivo di circa 43mila lire. Dopo un accurato esame fatto dal Genio civile di
Caserta, e dopo una domanda indirizzata agli Enti competenti, dai quali ben poca cosa fu
concessa relativamente ai lavori preventivati dall’ing. Santamaria, il sottoscritto prima di
fare appello al suo nobile cuore per concorso finanziario, la prega caldamente, perché
presto ci onori personalmente in chiesa per vedere i lavori d’urgenza, già iniziati alle
grandiose cupole. Fiducioso che la S.V. Ill.ma vorrà accogliere la sua umile preghiera
anticipatamente la ringrazia. Maddaloni, marzo 1922, Sac. Emilio Galasso – Rettore della
chiesa dell’Annunziata.”.
Il 7 agosto 1926 Germanico Del Monaco priore dell’Arciconfraternita di S. Maria de
Commendatis chiese al Comune di poter acquistare 12 mq di suolo al Cimitero. Il 29
novembre 1926 Eugenio Forgillo inoltrò la domanda al Comune per poter dotare il
Cimitero di una illuminazione elettrica stabile. Il 4 febbraio 1928 il Comune concesse
l’impianto gratuito dell’acqua potabile al convento dei Reali. Padri Carmelitani. Nella
stessa data il Comune cedette alla chiesa di S. Alfonso di Maddaloni alcuni stalli dell’ex
sala del Consiglio comunale.
Il 29 luglio 1929 fu presentato un progetto per la costruzione di un nicchiario nel
Cimitero comunale di Maddaloni con colonnato e porticato di copertura. Il Podestà:
“Constatato che si era resa necessaria la sistemazione generale del Cimitero
comunale, principalmente per quanto riguardava le sepolture e le inumazioni definitive
nelle nicchie di deposito, e che conseguentemente si era presentato il bisogno di costruire
nel Cimitero un nicchiario comunale, il quale, mentre risolveva il problema preponderante
di estetica nel camposanto, d’altro canto avrebbe permesso al Comune di realizzare –
sezione pressione tributaria – dei sensibili guadagni che potevano essere utilizzati per la
manutenzione ordinaria e straordinaria del Cimitero”.
“Esaminato il progetto generale del nicchiario del sig. ing. Ernesto Penzi che
prevedeva la costruzione di n. 917 nicchie, nella parte occidentale del Cimitero, spazio
comunemente denominato “cimitero nuovo”, e precisamente sui tre lati liberi e cinti da
muro”
“Rilevato che il progetto rispondeva pienamente al concetto ed alle direttive espresse e
volute dall’Amministrazione comunale”.
“Rilevato che il lavoro complessivo era per un importo di lire 385.000, di cui lire
345.353,56 per i lavori a base d’asta e la restante somma di lire 39.464,44 a disposizione
dell’Amministrazione per spese generali ed imprevisti. Considerato che data la somma
complessiva della spesa in lire 385.000, la spesa per ogni nicchia sarebbe stata di circa
lire 400; e che di conseguenza per la stessa ubicazione delle nicchie, su ogni
perpendicolare, queste si potevano vendere ai cittadini ad un prezzo medio di lire 750
ognuna, con il guadagno per il Comune di lire 320.950”.
“Considerato che il prezzo di lire 750 per ogni nicchia era sensibilmente inferiore di
quello praticato dalle locali Congreghe per simili nicchie. Di conseguenza la costruzione
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del nicchiario si sarebbe risolta per i cittadini, non soltanto in un sensibile vantaggio
finanziario, ma avrebbe permesso ad essi di inumare i loro cari in un luogo assai decorso
ed estetico e completamente riparato dalle intemperie e, quindi, con la possibilità di
trattenersi a pregare o a deporre fiori e ceri, nei giorni in cui il tempo fosse stato cattivo”.
“Considerato, altresì, che la costruzione agli effetti della sufficienza del suolo per le
sepolture, in relazione all’occupazione per le nuove fabbriche, non sottraeva alcuna parte
del suolo indispensabile per le sepolture, perché il suolo che si andava ad occupare era di
soli mq. 961,65 e non era adibito alle sepolture ordinarie, restava nel Cimitero un’intera e
vasta zona vergine di mq. 5.075, dove non era stato ancora iniziato il seppellimento dei
cadaveri, comunque restava abbastanza suolo sia per le sepolture ordinarie che per i casi
di epidemie, essendo la quota di maggiore superficie superiore al sesto di quella
necessaria per il seppellimento dei cadaveri col turno decennale per la esumazione”.
“Esaminato lo stralcio del progetto generale dei lavori costituente il 1° lotto, per la
costruzione del nicchiario con colonnato e portico di copertura che comprendeva la
costruzione di porzione del colonnato con nicchie nel lato orientale, a sinistra della
Congrega di S. Maria del Soccorso”.
“Tenuto presente, che con l’esecuzione di n° 126 nicchie, lungo il colonnato, e di n° 50
nicchie circa dentro la cappella; le quali nicchie cedute, al prezzo medio di lire 750,
avrebbero dato un ricavato di lire 132.000 e quindi un margine di guadagno, sulla spesa
preventivata di circa di lire 90.344, di ben lire 41.656; margine più che sufficiente per
coprire qualsiasi eventuale spesa imprevista, oltre quella già preventivata”.
“Considerato che per le numerose richieste, già avanzate dai cittadini, e per l’urgente
bisogno che si presentava di nuove nicchie per la prossima esumazione di tutto il campo
del Cimitero, l’Amministrazione aveva la sicurezza di poter vendere, in brevissimo tempo,
120 nicchie, per introitare la somma di lire 90.344 occorrente per il pagamento del 1° lotto
e che di conseguenza non c’era alcun pericolo che l’Amministrazione si sarebbe trovata
nell’impossibilità di far fronte ai suoi impegni verso la ditta appaltatrice”.
“Considerato che il margine di guadagno derivante, dalla
vendita delle nicchie, all’Amministrazione, questa poteva
utilizzarlo per sopperire agli urgenti e numerosi bisogni di
restauro
e
di
manutenzione
del
Cimitero
comunale”.“Stabilito che per il completamento di tutto il
nicchiario, l’Amministrazione non poteva procedere
all’esecuzione di nuovi lotti se prima non avesse raccolto un
numero di richieste di nicchie pari alla somma per la
costruzione delle nuove, onde impedire che fossero fissati sui
bilanci speciali stanziamenti per la costruzione del
nicchiario”.
“Con riserva di fissare in seguito, con apposito
regolamento interno, sulla base del prezzo medio di lire 750 e
delle singole richieste il prezzo di ciascuna nicchia, in
rapporto alla posizione da essa occupata sulla perpendicolare delle sette nicchie costruite
in ogni vano di colonnato e nella Cappella” Su conforme parere della Consulta il Podestà
approvò il progetto in questione.
Il netturbino di una volta
144
L’8 agosto 1930 fu ultimato l’impianto permanente dell’illuminazione elettrica (lux
perpetua) nel Cimitero comunale. Il 9 maggio 1931 il Podestà cav. Sorvillo programmò
nuovi interventi per l’arricchimento architettonico ed ornamentale del Nicchiario comunale
in costruzione al Cimitero. “Riconosciuta la necessità di un arricchimento architettonico ed
ornamentale del Nicchiario comunale in costruzione limitatamente al 1° lotto di lavori,
affidati all’impresa Bove Antonio, tendente a trasformare il Cimitero comunale in un
campo oltre che mistico anche monumentale ed artistico”. Presa conoscenza della relazione
presentata dal Consultore ing. E. Penzi progettista e direttore dei lavori del nicchiario e
Consultore delegato:
“……..Facendo seguito ai desideri espressimi ripetute volte a voce, da V.S. per un
arricchimento architettonico ed ornamentale, nella rifinitura degli stucchi del Nicchiario
in costruzione, limitatamente al 1° lotto dei lavori, ho studiato il modo migliore,
compatibilmente nella somma a disposizione per imprevisti, per assecondare tale suo, del
resto encomiabile desiderio, tendente a trasformare effettivamente il Cimitero, in un
Campo oltre che mistico per il culto dei nostro morti, anche monumentale ed artistico, per
la parte riflettente le sue linee architettoniche. Premetto che tali lavori, consistenti in
lavori aggiunti o di trasformazione di altri già progettati, per l’importo complessivo di
essi, dovranno oltrepassare l’importo della somma a disposizione del Comune per
imprevisti e possibili economie per partite di lavori risparmiate durante l’esecuzione, in
modo da non trovarsi il Comune nella necessità di dover deliberare una somma suppletiva
per lavori in più oltre di quella di lire 406.000.000, ma deliberando soltanto in linea di
massima, con un atto interno non soggetto all’approvazione dell’Autorità tutoria i soli
lavori di cui si fa cenno. Tali lavori più precisamente consistono nei seguenti:
1) L’intonaco sotto il porticato e nelle cappelle, anziché essere liscio, sarà arricchito di
fasce bugnate scorniciate, su ogni pilastrino divisorio fra i vari registri di nicchie; inoltre
verrà eseguita tutto in giro alla soffitta del porticato e delle cappelle una cornice
abbastanza ricca per l’altezza di circa 30 cm. interrotta all’altezza di ogni pilastrino da
una cimosa di coronamento dei pilastrini stessi.
2) Alle nicchie in giro sarà eseguita una battita in sostituzione dello spigolo vivo, per
maggior ornamento.
3) In corrispondenza delle cimose di cui al n° 1 e delle rispettive colonne del fronte,
saranno eseguite tante fasce scorniciate e bugnate, dividenti la soffitta dal porticato in
tanti quadri, per quanto sono gli spazi fra le colonne, e tali quadri saranno arricchiti da un
ornato centrale decorato a stucco.
4) La soffitta della Cappella sarà arricchita di una fascia a telaio in giro, nonché di
una decorazione centrale, consistente in una croce contornata da un gruppo di dieci putti
avvolti fra nubi.
5) Il pavimento sarà costruito con mattonelle di cemento a marmette, anziché di
mattonelle a cemento semplici, riuscendo cosi di maggior consistenza e di maggior effetto
artistico. Conseguentemente la soglia del porticato, progettata in marmo, sarà sostituita da
lastre di cemento lucidato a finto marmo, lavorato a graniglia con intonazione relativa al
pavimento; tale soglia avrà nel lato esterno la cornice della zoccolatura rilevata a vivo.
6) Il porticato sarà arricchito nel lato opposto alle cappelle di altre scalinate di
accesso, per evitare in caso di celebrazione della messa nella cappella il congestionamento
del pubblico.
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7) L’intonaco esterno, progettato a stucco liscio, ad imitazione di marmorino, sarà
eseguito invece imitando il travertino romano, ciò con grande effetto artistico e per
maggior decorazione di tutta l’opera.
8) L’ingresso principale delle cappelle verrà arricchito di due getti di cemento bianco
ad imitazione marmo di Carraro, riproducendo due allegorie od opere d’arte”. Il Podestà
approvò l’esecuzione dei lavori aggiuntivi.
Il 13 luglio 1931 furono acquistate delle piante per il
Cimitero comunale. Nel mese di agosto poi fu preso in
considerazione l’impianto permanente dell’illuminazione
elettrica (lux perpetua) del Cimitero comunale. Il 31 ottobre
1931 l’Amministrazione comunale aumentò l’assegno al
Cappellano del Cimitero che avrebbe dovuto svolgere anche
la mansione di custode in assenza di questi. Il 2 giugno 1933
il fontanino
il Comune adottò il ribasso di alcuni prezzi di vendita dei
loculi del Nicchiario comunale.
Il Podestà cav. Sorvillo “premesso che con deliberazione podestarile del 29/7/1929 fu
approvato il progetto generale dell’ing. Penzi per la costruzione di un nicchiario al
Cimitero, determinando fra l’altro in lire 750 il prezzo medio di ogni nicchia, con riserva
di fissare in seguito, con apposito regolamento interno, sulla base del prezzo medio nonché
delle richieste, l’effettivo prezzo di ogni nicchia, in rapporto all’ubicazione delle stesse.
Premesso che con successiva deliberazione del 17/2/1930 veniva modificato il deliberato
del 29/7/1929 in alcune sue parti relative alla costruzione del nicchiario, restando fermo
quanto già era stato determinato in merito al prezzo medio e che tale deliberazione era
munita del visto di approvazione di S. E. l’Alto Commissario in data 19/2/1930. Premesso
ancora che con regolamento interno, il prezzo delle nicchie, site nel porticato, fu così
stabilito:
Nicchia prima fila lire 800; nicchia seconda fila 850; nicchia terza fila 850; nicchia
quarta fila 800; nicchia quinta fila 750; nicchia sesta fila 700; nicchia settima fila da 650 a
500”.
“Fatto presente che fin allora le nicchie vendute erano soltanto quelle delle prime
quattro file e considerato che in effetto il prezzo fissato per le ultime tre file era
sensibilmente forte rispetto alle possibilità finanziarie di chi potrebbe acquistare tali
nicchie, e che di conseguente si presentava l’opportunità di ribassare il prezzo di vendita
di tali nicchie: 5^ fila da lire 750 a 650; 6^ fila da lire 700 a 600; 7^ fila da lire 650 a 500.
Il 25 maggio 1934 fu dato incarico all’ing. arch. Francesco Guerino di effettuare i
lavori di restauro, di sistemazione e di decorazione della grande Cappella ossario
comunale.
Capitolo quindicesimo
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Chiesa del Corpo di Cristo
27 aprile 1903 furono presi dei provvedimenti per assicurare la stabilità del campanile
della chiesa Corpo di Cristo. Il prof. Pasquale Castaldi del Real Ispettorato degli scavi e dei
monumenti con una lettera fece presente al Sindaco di Maddaloni che in seguito
all’abbassamento del livello stradale, ai piedi del campanile del Corpus Domini di
“patronato” del Comune essendo rimasta scoperta una parte delle fondamenta al di sotto
all’ultimo “listino” di pietra calcare, lo invitava a curarne il rivestimento con “somiglianti”
pietre per decenza e per solidità dell’opera del grande Vanvitelli evitando cosi danni
all’uomo e il relativo deterioramento. Inoltre chiese che il rivestimento avvenisse con
travertini formanti a scalino. Infatti questi travertini si possono vedere ai piedi del
campanile a mo di gradini, tanti comodi per potersi sedere o mettersi a leggere il giornale o
riposarsi. Il 25 settembre 1905 il Consiglio comunale presieduto cav. dr. Alfonso Raffone
visto che il rettore rev. sac. Luigi Merola cappellano e capo coro della chiesa del SS. Corpo
di Cristo fu nominato dal Vescovo di Caserta mons. Cosenza mansionario capo del coro
della cattedrale di Caserta dovette procedere alla nomina del Cappellano e del Capo coro
tra i cappellani della chiesa del Corpo di Cristo. A seguito delle votazioni risultarono eletti
Antonio Formato come Cappellano e rev. sac. Salvatore Raffone come Capo del coro.
Il 20 aprile 1914 il Comune
ricevette dall’ingegnere del Genio
civile il rapporto del sopralluogo
effettuato alle cupole della chiesa
monumentale del SS. Corpo di
Cristo:
“A
seguito
della
comunicazione fattami, con nota a
margine, informa la R. Prefettura
che il giorno 14 corrente mese, un
ingegnere di questo Ufficio ha
effettuato
in
Maddaloni
il
sopralluogo chiesto con la nota di
Duomo oggi Basilica Minore
quel Sindaco, in data 16 dicembre u.s. Nella visita sono state mostrate al detto ingegnere le
due cupole di quella chiesa Monumentale, le quali, per effetto delle forti piogge e dei venti,
verificatosi nel dicembre dello scorso anno, hanno sensibilmente ricurvate le aste in ferro
che sostengono le grosse palle di rame, situate all’estremo superiore della parte muraria
delle cupole e sulle quali è collocato una croce pure in ferro. Le attuali condizioni dei
luoghi non hanno permesso una visita a distanza perché non si è potuto, in alcun modo,
avvicinarsi all’estremità danneggiata, per la qual cosa sarebbe occorso un elevato castello
in legname, e perciò non è stato possibile avere un’esatta idea delle effettive condizioni di
fatto per riconoscere l’attuale stato di stabilità della parte superiore delle cuspidi. Da
quanto può desumersi da un esame a distanza, è risultato che, tenendo conto della duttilità
del ferro che porta la palla e la croce, se fino ad oggi, e cioè a due mesi di distanza dal
nubifragio che provocò la deformazione, la caduta del corpo non si è verificata, può
ritenersi non imminente il pericolo del distacco dell’anzidetta estremità dal rimanente
147
della cuspide. Ciò non pertanto sarà convenente che il Comune di Maddaloni affidi ad un
ingegnere di propria fiducia la verifica delle condizioni statiche dell’estremità delle due
cupole in parole ed adotti con sollecitudine i provvedimenti che all’uopo verranno
suggeriti, per garantire l’incolumità dei propri cittadini. L’ing. Capo. F.to…….”
Il 28 febbraio 1931 la chiesa del SS. Corpo di Cristo passò sotto la giurisdizione
ecclesiastica S.E. il Vescovo di Caserta Natale Gabriele Moriondo che inviò al Podesta la
seguente lettera:“Caserta 27 ottobre 1930 (VIII9 – All’ill.mo sig. Podestà Maddaloni – A
norma dell’art. 27, comma 3, del Concordato felicemente conchiuso tra la S. Sede ed il
Regno d’Italia, gli Ordinari diocesani possono rivendicare dalle Amministrazioni civili la
libera gestione delle chiese con i beni, edifici ed opere annesse, escluse quelle di carattere
meramente laico. In conseguenza mi onoro chiedere alla S.V. ill.ma di voler disporre che
mi venga fatta la consegna della chiesa del Corpo di Cristo con i beni ad essa
appartenenti. Intanto, poiché questa chiesa, come consta alla S.V. ill.ma, ha bisogno
d’urgenti riparazioni e richiede una spesa non indifferente di manutenzione e
conservazione, prego S.V. ill.ma di voler deliberare in merito un congruo assegno. In
attesa che la S.V. ill.ma vorrà compiacersi di farmi conoscere l’assegno deliberato a
favore della chiesa de Corpo di Cristo con i beni ad essa appartenenti. Intanto, poiché
questa chiesa, come consta alla S.V. ill.ma, ha bisogno d’urgenti riparazioni e richiede una
spesa non indifferente di manutenzione e conservazione, prego S.V. ill.ma di voler
deliberare in merito un congruo assegno. In attesa che la S.V. ill.ma vorrà compiacersi di
farmi conoscere l’assegno deliberato a favore della chiesa del Corpo di cristo ed il giorno,
in cui, assieme al rappresentante di codesto Comune si potrà procedere al verbale di
consegna con le formalità voluta dalla legge. Con perfetta osservanza – F.to N.G.
Moriondo Vescovo”.
Cronistoria: “Premesso che il Tempio del SS. Corpo di Cristo col campanile, elevato
nella parte più alta della Piazza, ammirazione dei passanti per la loro architettura ed
ampiezza, ebbe principio da una pia adunanza laica, stabilita prima bella parrocchia di S.
Benedetto (1536), essendovi parroco l’abate canonico D. Enrico Abenante e poi, di tempo
in tempo, trasferita nella chiesa della Maddalena, di S. Aniello e di S. Martino della terra
di Mataluni. Ranaldo Tennerelli, magister di quella adunanza, per ministero del giudice a
contratti Don Melchiorre Izzo, a 12 settembre 1546 donò alla Basilica di S. Giovanni in
Laterano a Roma “unus terrenut situd sintus burgum Magdaloni, ubi dicitur alla fecola o
S. Agata”, col peso di una libbra di cera bianca da presentarsi ogni anno in Roma, nella
ricorrenza di S. Giovanni Battista, alla mentovata Basilica, per edificare qui una Cappella
seu Ecclesia, che avesse del romano Tempio le stesse grazie, indulgenze, privilegi e fosse
soggetta al patrimonio dell’Università di Maddaloni. A 5 dicembre dello stesso anno, per
atto dello stesso notar Melchiorre Izzo, presenti il Sindaco e gli Eletti della terra di
Mataluni si riunirono, a suon di campana, innanzi alla facciata della chiesa
dell’Annunziata (località solita alle riunioni dei civici amministratori, per deliberare
nell’interesse paesano), il mentovato Tennerelli ed i fratelli chierici e secolari della
Congregazione del Corpo di Cristo, i quali accolsero la donazione del suolo del grande
benefattore e gettarono lo statuto per la creazione delle Cappellanie e dei Cappellani, ad
corum arbitrarum, ita que elemosine et introdus assignandi e donandi in futurum ditta
ecclesiae costrunde, sunt ditte ecclesiace. In breve si elevò la cappella, ed il Tennerelli al 3
aprile 1532 l’istituì erede universale dei suoi beni, di cui i soli stabili furono 22 moggia di
148
terreno, dette le “piscuie” o Gentile (oggi Salvatore). Al 4 novembre 1577 Agapito
Bellomo, vescovo di Caserta censì agli economi et procuratori della Compagnia del SS.
Sacramento 22 passi di orto (steriles infruttuosi petrosi ac parios fruttuos percepit), per
allungare ed allargare la nave di detta Cappella et per ornato d’essa, col canone annuo di
trenta carlini. Il censo fu in capo ad otto anni affrancato dall’Università per ducati 200,
che furono corrisposti alla mensa vescovile di Caserta che a sua volta s’impiegò
nell’acquisto di un pezzo di terra nel casale di S. Benedetto. Oltre ai beni dell’eredità
Tennerelli, molti altri pervennero per donazioni e per acquisto alla detta chiesa e la loro
indicazione risulta da una “Platea magna” del Corpo di cristo del 1760 e dal Magistrale
che si conservano nell’archivio della chiesa, mentre nel registro censuario conciario del
1754, esistente in discreto stato di conservazione nell’archivio comunale, si trovano
perfettamente registrati tutti i beni della chiesa, siano rustici che urbani, capitoli, censi ed
altri col carico delle rendite, col relativo peso e gravame di messe. Si hanno le risultanze
del possesso di 454 moggi di terre, ducati 2.100 di capitali, 8.748 messe piane (fiane)
annue, oltre la celebrazione degli anniversari. In forza del R. dispaccio 3 luglio 1798
furono venduti 354 moggi e quattro passi dei migliori terreni che la chiesa possedeva, con
una rendita di ducati 4.462 e grane 40, tutti soggetti a pesi di messe gravate da Pii
disponenti. Per compenso furono assegnati alla chiesa ducati 4.000 lordi di pesi fiscali
sulla Regia Soprintendenza della decima, dei quali si ricevettero degli acconti fino al 1805
e da detta epoca niente più si ricevette, nonostante ripetute suppliche fatte al Re, sia
dall’Amministrazione municipale, che dagli amministratori della Venerabile chiesa del SS.
Corpo di Cristo. Nel periodo aureo delle rendite patrimoniali, la chiesa era officiata da 30
cappellani ordinari, ai quali si contribuivano ducati 72 per celebrazioni di messe ed un
mese libero in caso di malattia e ducati 18 per l’officiatura e servizio del coro. Con la
perdita del grosso della proprietà terriera che risale al luglio 1798, venne a mancare di
giorno in giorno il numero dei cappellani, rimasti al 1860 ridotti nel numero di 22, con la
contribuzione di ducati sei per il coro e di ducati 18 per le messe. Gli straordinari, con
godimento delle medesime insegne dei cappellani ordinari non percepivano, dalla
straordinaria riduzione delle rendite, niuno emolumento dalla chiesa, ma percepiscono ai
soli lucri avventizi. Considerato che la chiesa del SS. Corpo di Cristo è un Tempio
destinato al pubblico culto, soggetto solamente al patronato del Comune ed era autorizzato
ad accettare e possedere legati, i cui beni appunto ne formano la dotazione, della quale
l’Amministrazione comunale non aveva la tutela perché patrona. La tutela era esercita per
mezzo della Commissione amministratrice della chiesa del Corpo di Cristo, nominata dal
Comune, col diritto di esaminare i conti e col diritto ancora della nomina dei cappellani
destinati all’ufficiatura”.
Tenuto presente che il patrimonio della chiesa nel 1868 fu incamerato al Demanio dello
Stato per effetto della legge 18 agosto 1867 e che in seguito la Chiesa rientrò in possesso
del suo patrimonio, come appunto era spiegato nel foglio dell’Ufficio del registro di
Maddaloni. “Maddaloni 17 settembre 1870 n° 798, al sig. Sindaco di Maddaloni – oggetto:
Per la chiesa del Corpo di Cristo di Maddaloni – L’Intendenza di Finanza di Caserta circa
il reclamo prodotto per la chiesa del Corpo di Cristo di questo Comune, con una nota del
15 volgente mese sezione A/3 n° 426/91 scrive quanto segue:Ritenuta dal Ministero la
vertenza tra cotesto Municipio con l’Amministrazione demaniale relativamente al
patrimonio della chiesa del Corpo di Cristo in Maddaloni, il prefato Ministero con nota del
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dì 8 corrente settembre si esprime nei seguenti termini: Esaminati accuratamente tutti i
documenti avuti in comunicazione e sentito l’avviso del Ministero di Grazia e Giustizia,
questo Generale Ufficio, in conformità di detto avviso dichiara”:
“Che i cappellani e sacerdoti dai quali è officiata la chiesa del Corpo di Cristo in
Maddaloni non costituiscono alcuni degli Enti collettivi colpiti dall’art. 1 della legge di
soppressione del 15 agosto 1867.
Che la chiesa predetta non è un oratorio privato compreso nel patrimonio del
Municipio, ma è invece una chiesa pubblica soggetta al patrimonio del Municipio
autorizzata ad accettare e possedere legati, i cui beni, appunto ne formano la dotazione,
della quale il Municipio ha la tutela e l’Amministrazione perché Patrono;
Che i beni di detta chiesa non appartenenti al Municipio patrono, ma provenienti
invece da legati e donazioni fatte per il culto della stessa dai privati cittadini e per
suffragio delle anime loro sono soggetti, in quanto stabili, alla conservazione in rendita,
ordinata dall’art. 11 della legge 7 luglio 1866, alla pari del patrimonio stabile di tutte le
altre chiese cui allude la circolare n° 548, non potendo farvi ostacolo la circostanza di
essere la chiesa in questione di patronato del Municipio, dacchè l’eccezione di cui alla
linea 4 dell’art. 18 della legge del 1866 è stabilito tassativamente ed esclusivamente per i
benefizi e Cappellanie di patronati laicali”.
“Nel partecipare quanto sopra al Municipio di Maddaloni, codesta Intendenza
provvederà sollecitamente per la dismissione del possesso delle sostanze mobiliari appesi
alla chiesa su ripetuta, tenendo fermo il relativo verbale di presa di possesso per ciò solo
che concerne i beni stabili soggetti a conversione. Pel verbale che verrà redatto per far
constatare di detta dismissione (ma per far luogo alla quale dovranno osservarsi le norme
tracciate dalla circolare n° 538) codesta Intendenza trasmetterà a questo Ministero
unitamente a copia delle annotazioni da praticarsi sul verbale di presa possesso. Rendonsi
le carte. – Il Direttore Generale – F.to G. Saracco”.
“Ciò premesso nel restituire a questo ufficio tutti i documenti che conserverà in
archivio prodotti dal Municipio. Ella eseguirà le prescrizioni Superiori, trasmettendo il
verbale in doppio per la dismissione del bene mobiliare, unitamente alla liquidazione
anche in doppio delle somme che potranno essere restituite dal Demanio a tenore della
circolare n° 538. – L’Intendente. F.to Tesseretti. Si comunica alla S.V. pregandola
renderne consapevoli i componenti della chiesa – il Ricevitore. – F.to Tesseretti”.
“Tenuto presente altresì che in seguito ad avviso d’asta dell’Intendenza di Finanza
dell’ex provincia di Caserta per la vendita dei beni pervenuti al Demanio per effetto delle
leggi 7 luglio 1866 e 15 agosto 1867, alle ore 10 antim. Del giorno 8 aprile 1876 in una
sala della Pretura di Maddaloni alla presenza di quel Pretore delegato dalla Commissione
Provinciale di Sorveglianza e con l’intervento di un rappresentante dell’Amministrazione
Finanziaria, si procedette ai pubblici incanti per l’aggiudicazione a favore del migliore
offerente dei beni terrieri di proprietà della chiesa del Corpo di Cristo; e che il ricavato di
detta vendita fu convertito in rendita e tale rendita assegnata come patrimonio della chiesa
stessa”.
“Considerato che il Comune di Maddaloni nulla aveva da eccepire in merito alla
richiesta avanzata da S.E. il Vescovo di Caserta, col suo foglio del 27 ottobre 1930 anno
VIII, per la consegna da parte del Comune al Vescovo dell’intera chiesa del SS. Corpo di
Cristo, con tutti i beni ad essa appartenenti, ma al contrario era ben lieto di addivenire al
150
più presto a tale consegna, convinto, come esso era, che soltanto col trapasso dell’autorità
ecclesiastica l’antica e bellissima chiesa col suo monumentale campanile poteva salvarsi
dal deplorevole abbandono in cui era stata lasciata per lungo periodo di tempo e risorgere
cosi a quel decoro e splendore, ai quali il massimo Tempio di Maddaloni aveva ben diritto
per la sua antica storia e per il valore dei suoi pregi artistici. Di conseguenza, presi gli
opportuni accordi con la Curia vescovile, il Comune provvedeva subito alla consegna della
chiesa e dei beni ad essa appartenenti, seguendo tutte le norme e le formalità volute dalla
legge, dando l’incarico della detta generale consegna alla vigente Commissione
amministratrice dei beni della chiesa del SS. Corpo di Cristo”.
“Presa poi in esame la domanda presentata da S.E. il Vescovo, con lo stesso suo foglio
del 27 ottobre 1930, circa un contributo annuo da fissarsi dal Comune a beneficio della
chiesa onde far fronte alla spesa, non indifferente, di manutenzione e di conservazione, di
cui la Curia vescovile sarebbe venuta a gravarsi al
Interno duomo del Corpo di Cristo
nuovo possesso della chiesa”.
“Considerato che la chiesa, dato lo stato di
abbandono in cui era stata lasciata per mancanza
assoluta di fondi, si trovava in deplorevoli condizioni
di conservazione ed aveva urgente bisogno di molti
lavori di riparazioni e di restauro, sia all’esterno che
all’interno, con una spesa preventivata ingente”.
“Considerato che la modesta rendita annua di cui la
chiesa godeva era quasi per intera assorbita dalle
spese di culto, di conseguenza, come non era stato
possibile fino allora prelevare da detta rendita fondo
alcuno per la manutenzione, non lo sarebbe stato
possibile nemmeno per l’avvenire. Così sarebbe
spettato alla Curia vescovile di provvedere alla
ricerca di altri mezzi finanziari onde far fronte ai
lavori occorrenti di riparazioni e di restauro”.
Considerato che se la chiesa non fosse stata richiesta
dall’Autorità ecclesiastica ed avesse quindi dovuto mantenersi a carico del suo
modestissimo patrimonio, il Comune, per la speciale condizione della chiesa stessa e per il
fatto che di essa era l’unico Patrono, non avrebbe potuto esimersi di provvedere, in un
avvenire più o meno prossimo, a gran parte dei lavori di riparazioni e di restauro che ogni
giorno più si rendevano necessari, caricandosi cosi di una spesa assai urgente. Quindi di
conseguenza, dato che la Curia vescovile si addossava tutto il carico della spesa, era
opportuno e doveroso che il Comune (che di tale forte spesa se ne liberasse per sempre)
concorresse in minima parte alle spese di conservazione del monumentale Tempio, con un
contratto fisso, per una somma sufficiente di lire 2.000 annue, da pagarsi lire 1.000 nel 1°
semestre e lire 1.000 nel secondo semestre di ogni anno”.
“Tenuto presente, in merito a tale contributo di lire 2.000 annue, che il Comune nella
sua qualità di Patrono della chiesa del SS. Corpo di Cristo, aveva speso fino allora più di un
migliaio di lire all’anno, per l’officiatura di alcuni speciali funzioni religiose che
interessavano la Comunità. Perciò il nuovo peso finanziario, di cui il Comune veniva a
gravarsi per il detto contributo, sarebbe stato soltanto di altre mille lire circa, restando bene
151
inteso e sanzionato che con tale contributo di lire 2.000 annue, il Comune restava esonerato
e, per sempre, da ogni e qualsiasi ulteriore spesa occorrente per la manutenzione e
conservazione della chiesa e per l’officiatura di qualsiasi funzione religiosa comprese
quelle interessanti la Comunità”.
“Considerato che dalla fondazione della chiesa risalente al secolo XVI, la cittadinanza
per sentimento religioso e per tradizione avita, haveva annualmente ascoltata la
predicazione per l’intero periodo quaresimale nel sacro suo recinto come, pure,
annualmente si era solennizzata la grande festa del Corpus Domini e suo Ottavario nonché
quella del Patrono l’Arcangelo S. Michele ricorrente il 29 settembre di ciascun anno. Il
Comune, per secondare il sentimento religioso della cittadinanza, nonché le sue avite
tradizioni, nel cedere la chiesa, riponeva l’officiatura delle tre menzionate solennità, a
cura ed a carico dell’Autorità ecclesiastica della chiesa, di cui avrebbe conservato soltanto
il semplice diritto di Patronato”. “Considerato altresì che, in corrispettivo di tale
contributo annuo di lire 2.000, il Comune per il su accennato oggetto assegnava alla
chiesa, corrispondendole a S.E. il Vescovo di Caserta, mantenendo il diritto di Patronato
sulla chiesa si riservava sempre il diritto dell’uso della chiesa come Tempio ufficiale e con
esso il diritto della gratuita ufficiatura del clero e del personale della chiesa di speciali
funzioni religiose che rivestivano carattere di feste e di commemorazioni nazionali. Per
questo, si poteva ritenere che la suddetta somma sarebbe stata quasi sempre giustificata ad
altrettanti titoli di spese, dei quali il Comune non solo non avrebbe avuto più carico ma ne
avrebbe direttamente a beneficiarsi, distruggendo così ogni osservazione sul fatto che tale
spesa di lire 2.000 annue potesse rappresentare per il Comune un atto di pura liberalità a
favore dell’Autorità ecclesiastica. Udito il parere della Consulta municipale, la quale, su
rilievo del consultore sig. dottor Barletta Salvatore, pur riconoscendo la necessità ed
opportunità che la chiesa del SS. Corpo di Cristo fosse ceduta all’Ordinario Diocesano,
espresse, all’unanimità, l’avviso che si stabilissero norme capaci di tutelare, soprattutto, il
patrimonio artistico della chiesa, che era di rilevante valore, per far in modo che il
patrimonio stesso non potesse essere trasferito altrove, come in altri casi si era
deplorevolmente verificato per il passato”.
La Consulta municipale associandosi al rilievo del consultore ing. Ernesto Penzi non
ritenne opportuno corrispondere alla chiesa del Corpo di Cristo la somma di 2000 secondo
le seguenti disposizioni: “Che la cura e le spese dell’Autorità ecclesiastica della chiesa sia
provveduto anche alla funzione che annualmente si celebra al Cimitero in occasione della
commemorazione dei defunti; che dalla Curia vescovile di Caserta sia provveduto ed
assicurato che in tutte le funzioni suaccennate l’intervento gratuito del clero sia sempre in
un numero di sacerdoti adeguato all’importanza delle funzioni medesime”.
Il Podestà considerato quanto espresso dalla Consulta deliberò: “Cedere l’intera chiesa
del SS. Corpo di Cristo e relativi annessi a S.E. il Vescovo di Caserta al quale sarà fatta
pure consegna di tutti i beni patrimoniali appartenenti alla detta chiesa e come innanzi
elencati e descritti. A titolo di contributo per tutte le spese di manutenzione ordinarie e
straordinarie della chiesa e per le spese di ufficiatura di speciali funzioni il Comune
assuma l’obbligo di corrispondere annualmente ed in perpetua a S. E. il Vescovo di
Caserta la somma di lire 2.000, al pagamento in due rate, e cioè la prima lire 1.000 nel 1°
semestre e la seconda anche di lire 1.000 nel secondo semestre. In corrispettivo di tale
contributo annuo il Comune si riserva il diritto dell’uso della chiesa come Tempio ufficiale
152
per le funzioni religiose che rivestono carattere di feste e commemorazioni nazionali. Per
l’officiatura di tali funzioni il Comune prenderà accordo coll’Autorità ecclesiastica della
chiesa, restando inteso che per tali speciali funzioni l’opera del clero e del personale della
chiesa sarà gratuita. Rimarranno altresì a carico dell’Autorità ecclesiastica della chiesa
l’officiatura annuale e gratuite delle seguenti funzioni religiose: a) Predicazione per
l’intero periodo quaresimale; b) grande festa del Corpus Domini e suo ottavario; c)
grande festa del Patrono l’Arcangelo S. Michele; d) messa funebre al Cimitero in
occasione della commemorazione dei defunti”.
“Per tutte queste quattro funzioni religiose come in quelle innanzi accennate la Curia
vescovile di Caserta dovrà garantire l’intervento gratuito del clero ad un numero di
sacerdoti adeguato all’importanza della funzione stessa. Resterà inibito all’Autorità
ecclesiastica della chiesa ed a qualsiasi altra autorità ecclesiastica ad essa superiore di
rimuovere, sia pure per trasferirlo in altre chiese, qualsiasi oggetto, sia mobile che
immobile che possa rivestire il carattere di patrimonio artistico della chiesa in parola,
dovendo l’Autorità ecclesiastica della chiesa rispondere in qualsiasi momento degli oggetti
stessi ed in triplice esemplare, di cui uno rimarrà presso S.E. il Vescovo di Caserta, uno
presso l’Autorità ecclesiastica della chiesa ed il terzo resterà depositato nell’archivio del
Comune annesso al verbale di consegna. Il Comune mantiene l’attuale diritto di Patronato
sulla chiesa: diritto che si conserva puramente e semplicemente a titolo di tradizione, ma
che consisterà effettivamente nella semplice vigilanza all’osservanza degli obblighi che
l’Autorità ecclesiastica verrà ad assumere. Rimane incaricata dell’intera consegna l’attuale
Commissione amministratrice della chiesa, allorquando il presente deliberato sarà stato
reso esecutorio con l’approvazione dell’Autorità tutoria. Stanziarsi nel bilancio
dell’esercizio 1932 la somma di lire 2.000 per detto contributo”.
Il patrimonio della chiesa del SS. Corpo di Cristo era costituito:
A) Da titoli del debito pubblico, e cioè certificati 3,50% n. 162.377, rendita annua lire
3,50 – certificato 3,50% n. 164.398, rendita annua lire 66,50 – certificato 3,50% n:
164.399, rendita annua lire 10,50, tutti e tre intestati a favore della chiesa del Corpo di
Cristo di Maddaloni; certificato 3,50% n. 164.397, rendita annua lire 4.144, intestato a
favore della chiesa del Corpo di Cristo; certificato 3,50% n. 172.027, rendita annua lire
73,50 a favore della chiesa del Corpo di Cristo e con la seguente avvertenza <<Della
presente rendita venne chiesta l’inserzione con dichiarazione che proviene dall’impiego
della somma di lire 2.125 conchenute nella Fede di Credito del banco di Napoli – Cassa
Caserta - in data 7 ottobre 1886 – foglio 35 n. 1.184 intestato a De Sivo Antonio>>;
certificato 3,50% n. 174.489, rendita annua lire 14 a favore della chiesa del Corpo di
Cristo con la seguente annotazione <<La presente rendita è vincolata per le spese
occorrenti a migliorare il culto che si presta alla immagine della Madonna dell’Arco che si
venera in detta chiesa titolare giusta la dichiarazione 2182 emessa presso la Direzione
generale del debito pubblico il 2 aprile 1887>>; certificato 3,50% n. 230.356, rendita
annua lire 42, intestata a favore della chiesa del Corpo di Cristo con la seguente
avvertenza <<Della presente rendita viene chiesta l’iscrizione con dichiarazione che la
medesima proviene dall’impiego della somma di lire 1.219,92 già depositata alla Cassa
deposito e prestiti dal Municipio di Maddaloni per indennità di espropriazione a causa di
pubblica utilità a danno degli eredi del debitore dell’Amministrazione della suddetta
chiesa signor Rossi Antonio>>; certificato 3,50% n. 633.985, rendita annua lire 59,50 a
153
favore della chiesa del Corpo di Cristo, con la seguente avvertenza <<Questa rendita
viene iscritta con dichiarazione che proviene dalla restituzione del capitale quantunque
dovuto all’Ente titolare dai sigg. Giuseppe e Carlo Iorio, come risulta dall’atto di
quietanza 7 luglio 1911, erogito Castaldo notar in Valle di Maddaloni>>; certificato
3,50% n. 16.077, rendita annua di lire 21 a favore della chiesa del Corpo di Cristo;
certificato 5% n. 377.899, rendita annua lire 150 a favore della chiesa del Corpo di Cristo
con la seguente avvertenza <<Proviene dall’affiancazione di canoni dovuti da
Santonastaso Nicola e fratelli e gravanti sul fondo via Bixio>>; certificato 5% n. 393.845,
rendita annua lire 260 a favore della chiesa collegiale del SS. Corpo di Cristo,
amministrato dal Comune, con la seguente avvertenza <<Proviene da affranco di capitali
dovuti da De Angelis Andrea>>; certificato 5% n. 026.622, rendita annua lire 70 a favore
dell’opera Pia chiesa del SS. Corpo di Cristo, con la seguente avvertenza - Proviene
dall’affranco Santamaria Luigi, e cioè in complesso n. 13 certificati del Debito pubblico
per una rendita complessiva di lire 4.929,50 annue - .
B) Rendite in genere: dovuta dai fratelli Mottola ed altri interessati di Calis (Nelinio) e
cioè tomoli 16 di grano pari a q.le 704 ( in ragione di kg. 44 il tomolo) che si valuta
approssimativamente a lire 750 annue.
Piazza Umberto I
C) Dagli interessi di capitali e cioè: 1) Francesco Cortese fu Saverio e Giuseppe Cicia
aventi causa che Cesare Barletta interessi su capitale di lire 199,75 – lire 11,30; 2) dai
seguenti per interesse su capitale di lire 255 e cioè da Giovanni Furolo ed Angelo Maria
eredi del loro padre Domenico avente causa da Salvatore Bisceglia lire 7,20; da Antonio
Tetrarca fu Francesco avente causa da Angela Maria, ora Arcangela Falcone lire 3,60; da
Giovanni De Lucia di Domenico avente causa da Angela Delle Cave ora Arcangela
Falcone lire 3,6; 3) Antonio Pellegrino, erede dal padre Domenico, e questi avente causa da
Giovanni Furolo per interessi su capitale di lire 212,50, lire 10; 4) Nicolini Santamaria,
Federico, Enrico, Eduardo ed altri eredi del loro padre Agostino, e questi aventi causa da
154
Filippo Ferraro, interessi su capitali di lire 212,50, lite 16,68; 5) Concetta Fermiano,
vedova Francesco Pascarella e figlio Alessandro e Costanza, avente causa da Nicola
Minieri, interessi su capitale di lire 212,50 ora Cesare Formato lire 12; 6) Eustacchio Pisani
e figli Bernardo, Maria ed altri, interessi su capitali di lire 425 ora Dottor Benedetto
Quintavalle per una complessiva rendita annua lire 79,70.
D) Da canoni enfiteusi e cioè: 1) Tommaso Apperti fu Mariano avente causa da Luca
Vieto per quarta parte del canone di lire 68 infisso sul territorio posto in Maddaloni luogo
detto S. Salvatore; 2) Giuseppe Vigliotta fu Michele per quarta parte sullo stesso canone di
lire 68 avente causa di Gerino Ardolino lire 24,30; 3) Pasquale Castaldo fu Angelomario
avente causa da Domenico Di Maio per una quota sullo stesso canone di lire 60 in lire
36,90; 4) Municipio di Maddaloni avente causa dagli eredi di Vincenzo Rossi per canone
infisso su di un basso ad uso di cantina in Maddaloni “Piazza dell’Unione” in lire 66; 5)
Aniello Farina fu Francesco per canone infisso sul territorio Paladini in Maddaloni in lire
7,35; 6) Enrico Prisco ed Achille eredi del loro padre Vincenzo e questi aventi causa da
Aniello Farina del canone infisso sul territorio in Maddaloni detto “Fosso di papi” in lire
45,10; 7) Enrico Prisco ed Achille eredi del loro padre Vincenzo aventi causa da Andrea
Madonna pel canone infisso su di un orto in Maddaloni Via Pignatari in lire 118,30; 8)
Aniello Orbato fu Gaetano avente causa da Giuseppe Finocchiaro pel canone infisso sul
territorio “Perrone” in Maddaloni in lire 210,30; 9) Domenico Santonastaso fu Aniello
avente causa da Aniello Felice pel canone infisso su di un casamento in Maddaloni in via
Pintime in lire 17,90; 10) Andrea Montuori fu Marino pel canone infisso sul casamento in
Maddaloni via Bixio in lire 98,45;11) Filippo Ginolfi fu Tommaso per canone infisso sul
territorio detto “Prezioso” in Maddaloni in lire 24,50; 12) Eredi Salvatore Petrucciani fu
Felice pel canone infisso su di un casamento alla via Pignatari ora Rachela Squillante in lire
26,65; 13) Lucia Sollitto fu Antonio e Nicola Merola fu Domenico, la prima erede
usufruttuaria di suo marito Tommaso Del Monaco e l’altro erede proprietario dello stesso
canone infisso su di una sezione di casamento in Maddaloni in via Ponte Carolino in lire
0,75; 14) Modestino Razzano fu Domenico ed altri pel canone infisso su di una parte del
suddetto casamento in via Ponte Carolino in lire 0,75; 15) Pietro Della Valle fu
Michelangelo pel canone infisso sì una parte dello stesso casamento in via P: Carolino in
lire 0,75; 16) Teresa Del Monaco fu Luigi pel canone infisso su di un’altra parte dello
stesso casamento in via P. Carolino in lire 0,75; 17) Giuseppe Zampilla fu Andrea avente
causa da Emanuele Rossi e questi da Lorenzo Bisceglia pel canone infisso su di un orto
detto “Tiglio” in Maddaloni in lire 110,15; 18) Crescenzo Bove fu Pasquale avente causa
da Antonio Quartaro pel canone infisso su di un casamento in Maddaloni in via P. Carolino
in lire 45,90; 19) Gabriele Nuzzo fu Tommaso domiciliato in Valle di Maddaloni avente
causa dagli eredi di Ottavio Marruncelli pel canone sul territorio detto “Bagnati” in lire
61,20. per una complessiva rendita di lire 918,40).
E) Da entrate straordinarie costituite dal fitto delle sedie, da contributi dati dal Comune
per feste religiose, da oblazioni dei fedeli ed elemosine, e che variano di anno in anno e
delle quali viene tenuto esatto conto in sede di bilancio. Risultando cosi che l’attuale
patrimonio della chiesa del SS. Corpo di Cristo nel suo complesso era così costituito: A) n.
13 titoli del Debito pubblico, in rendita annua di lire 4.929,50; B) Rendite in genere di lire
750; C) Interessi di capitali in lire 79,70; D) Canoni enfiteusi in lire 918,70; - per una
rendita annua in lire 6.677,60”.
155
L’11 marzo 1945 fu deliberato un contributo per i lavori di riparazione alla chiesa del
Corpo di Cristo. Il Sindaco cav. Eugenio Iorio riferì che il rettore della chiesa del Corpo di
Cristo sac. Gennaro Bove aveva chiesto un contributo per la ricostruzione del finestrone
“abbattuto” a seguito dello scoppio della polveriera di Capua. Il rettore fece sapere che la
spesa si aggirava sulle 40mila lire somma che non poteva essere solo coperta da una
sottoiscrizione aperta tra i fedeli.
In merito alla richiesta del rettore il primo cittadino fece rilevare all’adunanza
consiliare che la chiesa del Corpo di Cristo, lustro e decoro della città di Maddaloni, era di
“patronato” comunale e che soltanto nell’anno 1932, con una scrittura privata del Podestà
del tempo e del Vescovo di Caserta, fu ceduta dal Comune alla Curia vescovile perché ne
curasse la manutenzione e vi celebrasse gli uffici.
L’Amministrazione comunale con il passaggio della chiesa al Vescovo di Caserta
cedette anche le poche rendite che possedeva e inoltre si obbligò a corrispondere
annualmente la somma di lire 2.000 per le spese di riparazione della stessa. Il contributo del
Comune era diretto a sostenere le spese di riparazioni ordinarie. All’uopo il primo cittadino
fece rilevare che le riparazioni al finestrone dovevano essere effettuate con urgenza onde
evitare che altri danni avrebbero potuto minare la stabilità del Tempio e creare
inconvenienti per
l’incolumità
dei
cittadini
che
frequentavano
la
chiesa. La Giunta
municipale infine
su proposta del
primo
cittadino
approvò
di
concorrere con la
somma di 200o lire
nelle spese per la
ricostruzione
del
finestrone
truppe in parata in piazza Umberto I
Capitolo sedicesimo
156
Istituzioni militari
Il 10 aprile 1884 il Sindaco cav. Giuseppe Tammaro propose al Consiglio di
comunicare al Ministero delle Finanze che per l’ubicazione del Deposito delle Guardie
doganali di Napoli l’Amministrazione comunale avrebbe messo a disposizione la caserma
Mercato gia sede dell’Annunziatella rimasta libera dal 1886 dopo la partenza del
Battaglione d’Istruzione. Nella sua oratoria il Sindaco fece un’attenta analisi della caserma
in questione dicendo che era la sede appropriata sia per l’ampiezza e disposizione dei locali
che per le condizioni di salubrità, di comodità. E che i treni in partenza ed arrivo alla
stazione ferroviaria di Maddaloni inferiore si potevano raggiungere sia Napoli che Roma.
Inoltre il Sindaco disse che la popolazione maddalonese avrebbe ricevuto ricchezza e
prosperità perché gli allievi in libera uscita avrebbero speso parte della loro paga nelle
attività commerciali e negli esercizi paesani. Il consiglio comunale deliberò all’unanimità
la proposta del primo cittadino e nella stessa seduta approvò anche i lavori di
completamento del marciapiede della piazza dell’Unione e il tratto riguardante il padiglione
militare. Il 18 febbraio 1887 fu apposta a spese del Comune una lapide per commemorare i
caduti di Dogali nella campagna d’Africa nella chiesa del Corpus Domini.
Il 17 ottobre 1900 il Comune di Maddaloni diede un contributo di lire 32 alla “Società
padovana Solforino e S. Martino” per la celebrazione della battaglia del 24 giugno 1859 a
cui avevano partecipato 406 maddalonesi aggregati a un contingente di 8.178 combattenti
di Terra di Lavoro. Il 9 novembre dello stesso anno per la fornitura di metri cubi 86 e 600
litri d’acqua al Deposito della Reale Guardia di Finanza fu pagato il capostazione di
Cancello Scalo responsabile dell’acquedotto del Serino. 15 novembre 1904 il Genio
Militare di Caserta ingiunse il Comune di lasciare liberi i locali della caserma Annunziata
usati per Uffici di Conciliazione e di
Commissione di 1^ istanza per le imposte
dirette. La caserma era stata messa in
vendita tramite un’asta pubblica dal
Ministero della Guerra.
Il 18 ottobre 1905 l’Ispettore
Comandante del Deposito d’istruzione degli
allievi di Guardia di Finanza fece presente
alla Giunta comunale di Maddaloni che il
Caserma N. Bixio - cortile
lato meridionale del quartiere Mercato usato
per le esercitazioni militari dagli allievi poco curato da tempo era ridotto in uno stato di
completo abbandono ed era di intralcio alle esercitazioni militari. Inoltre ribadì che il
Mercato demanio dello Stato fu ceduto all’Amministrazione comunale a patto di tenerlo
nelle condizioni ideali per lo svolgimento delle dette istruzioni. Infine il Comandante
chiese al Comune di voler provvedere con una certa urgenza al riassetto definitivo della
Piazza d’Armi. La Giunta municipale letta la nota dell’Ispettore deliberò di provvedere al
“compiacimento” della Piazza Mercato con i mezzi economici permessi dal bilancio
comunale che non dovevano superare le 500 lire e in base ad un progetto giudicato idoneo
da una Commissione scelta in seno alla Giunta e dal Comandante del Deposito.
Il 31 maggio 1906 il Comune fece voto al Governo del Re per ottenere la caserma
157
Annunziata vecchia. Il Sindaco dr. Alfonso Raffone fece rilevare al Consiglio comunale
“che il convento degli ex Domenicani fu già una volta consegnato al Comune, con verbale
del 2 maggio 1821, e per lungo tempo fu adibito per uso di Casa comunale, Giustizia Regia
e caserma di Gendarmeria. Nel 1850 il Comune con delibera decurionale del 3 marzo
diede al Governo l’intero locale dell’abolito convento perché vi fosse costruito un
quartiere di Cavalleria. Lo Stato, invece, a sue spese vi costruì un grande quartiere per
fanti (denominato poi caserma Annunziata nuova) nel giardino del convento e il vecchio
edificio fu aggiunto alla nuova costruzione pur essendone distinto. Il vecchio edificio, pur
essendo stato riattato, rimase inabitato per molti anni per mancanza di truppa ed era
addirittura cadente quindi occorrevano radicali restauri. Ottenendone ancora una volta la
cessione dal Governo il Comune avrebbe potuto provvedere a sue spese a tali restauri
adibendo la caserma per uso di scuole, asili infantili e altre opere di pubblica utilità come
d’altronde prevedeva il disegno di legge sulla soppressione delle corporazioni religiose”.
Il Consiglio all’unanimità deliberò esprimere speciale voto al Governo del Re per ottenere
la concessione gratuita del suddetto locale.
22 luglio 1912 si ammalò il mulo adibito al trasporto dell’acqua del Serino per il
Deposito allievi Real Guardia di Finanza. Il Sindaco cav. Raffone propose che il mulo non
più abile al servizio in questione doveva essere sostituito. Il veterinario comunale, dr.
Pugliese, con foglio datato 10 luglio 1912, aveva comunicato di aver visitato l’animale in
parola. Dalla visita risultò che il mulo era abbastanza vecchio, aveva gli arti posteriori con
traccia di antiche applicazioni di fuoco, da lasciare supporre, precedenti malattie. L’arto
destro posteriore, dapprima “rampino”, presentava grave ritrazione del flessore profondo
delle falangi con distensione del tendine dell’estensore delle falangi, per cui l’animale era
costretto a poggiare le punte dello zoccolo, zoppicando in modo vistoso. Per tali lesioni, il
veterinario riferì che si poteva tentare una cura non sicura, e in considerazione di ciò,
propose la “riforma” dell’animale salvo a provvedere per l’acquisto di un altro mulo. A
seguito del suddetto rapporto fu deciso di sostituire il mulo pregando nell’attesa Salvatore
Picillo a mettere a disposizione la sua cavalla per il trasporto dell’acqua. Il mulo riformato
fu ceduto al migliore offerente. Il 5 ottobre il Consiglio comunale si riunì per
commemorare il Sottotenente Camillo Raffone caduto gloriosamente a Zanzur il 20
settembre 1912. “Il Presidente porse lettura di una lettera del consigliere cav. Giuseppe
Martirano, il quale pure si scusa di non poter intervenire alla seduta perché infermo. Indi
annunzia che il Sindaco cav. dr. Raffone Alfonso ed il consigliere cav. Raffone Vincenzo
hanno fatto sapere a suo mezzo di non intervenire alla stessa per ragioni di delicatezza. Indi
lo stesso Presidente, Assessore anziano cav. Borgia, ringrazia vivamente tutto il Consiglio
del voto espressogli in una delle ultime tornate, perché egli fosse ritornato guarito al più
presto ed assumere l’ufficio di Assessore del Comune, allorquando fu vittima della nota
brutale aggressione, nell’esercizio della sua professione, per opera di un imprenditore di
questa città. Dopo di che con nobili e sentite parola commemora il Sottotenente Raffone:
“La generale espressione cittadina e i nostri sentimenti, sia come cittadini che come
amministratori che essa rivelano? Certamente rivelano il riconoscimento dell’eroismo del
compianto Camillo Raffone nell’attuale campagna d’Africa. In quest’aula, in tutte le
circostanze, si retribuirono onori alla virtù ed al valore: Ricordi commemorativi per altri
prodi, medaglie ai benemeriti, diplomi di nomine a cittadini onorari, pergamene di
benemerenze, conferiti tutti con solennità sia a spesa dell’Amministrazione e sia anche
158
quando altrimenti vennero offerti. In quest’aula, stasera si compie il dovere di tener conto
dell’eroismo di Camillo Raffone, nostro concittadino, sottotenente dell’82 fanteria, caduto
da prode a Zanzur. L’eroismo si ha, quando si dimostra di aver sperimentato il diritto del
sostenuto dovere. Tutti hanno il dovere di brandire le armi per la Patria, ma quando
l’avvenimento è accompagnato dalle circostanze di essersi prediletta il diritto per compiere
il dovere, l’avvenimento stesso dà la determinazione dell’eroismo. Le circostanze possono
accompagnare l’avvenimento e possono essere come predisposizioni. Nel presente caso
abbiamo la concomitanza e la predisposizione”.
“La biografia di Camillo Raffone e le circostanze che accompagnarono la sua morte,
sono elementi di una fulgida cronaca che si eleva ad epopea. Egli, nato nel 1890, da unica
famiglia, percorse gli studi classici con successo. Nel 1909, con licenza liceale conseguita
a primo scrutinio, avrebbe coi suoi mezzi potuto incamminarsi in una professione: invece
dimentico di aver questi mezzi
predilige la carriere militare,
non per impiego, ma per vero
sentimento. Nella scuola degli
ufficiali di Modena egli
applica le sue doti di mente,
distinguendosi negli studi, ed
esercita le sue doti finché con
tutto l’affetto e l’impulso delle
sue forze. L’estrinsecazione
del suo cuore, della sua mente
e di tutta la sua persona fu
Caserma Real Guardia di Finanza - Cortile dell’Annuniatella
ammirata nello svolgimento del
tema “il patriottismo” additato ad esempio in quella scuola. Nel 1911 esce dalla scuola
encomiato ed è aggregato all’82° Fanteria, nel momento in cui tutti palpitavano per
l’impresa della Nazione, ed egli domanda di essere tra quelli che debbono formare il primo
scaglione per la Libia. Ivi è sempre primo tra i primi: dunque non sono tutte queste
circostanze predisposte all’avvenimento per alimentar questo eroismo? Lieto cosi di essere
fra quelli che dovevano avanzarsi nell’interno della Libia – come scrive in una cartolina,
ultima, diretta allo zio, nostro Sindaco cav. dr. Raffone Alfonso - , si trova appena dopo
due giorni al 20 settembre, nella memorabile battaglia di Zanzur. Là in quella mischia,
vola all’assalto, ma una palla nemica lo colpisce in una gamba. Crede di non essere ferito,
ma che sia stato un semplice urto quello ricevuto, che lo ha fatto cadere a terra, si solleva
esclamando: “Avanti! Soldati della nostra V Compagnia!” In quell’assalto furioso ricade
novellamente, si alza ancora una volta e tenta di lottare, agitando la sciabola e ripetendo:
“Avanti compagni!”, ma finì non può reggere, perché sfinito. Lo raccolgono e lo
trasportarono nel posto del pronto soccorso ancor vivo, mentre pensa forse di poter al più
presto migliorare e riprendere all’azione, ma la gravità della ferita gli spezza la vita,
quando nel delirio della morte ancora pronunciava: “Avanti vittoriosi delle nostra V
Compagnia.”, diceva cosi, ora diciamo: Salve, o Raffone, che contribuisti a quella vittoria
col tuo incitamento, col tuo martirio, con la tua morte!”
“L’espressione cittadina è quella di magnificare tanto eroismo, e con un primo impulso
159
tende a dare le dovute onoranze. Questa civica Amministrazione, che è animata dallo stesso
sentimento, coronerà la nobile iniziativa con lo stesso amore cittadino, per additare ad
esempio l’Eroe. La Giunta comunale con i poteri del Consiglio, stante le altre ragioni che
non ammettono rimando, ha reclamato la sala dell’Eroe a spesa dell’Amministrazione, e
sono sicuro che si plaude a questo proponimento di aver qui l’urna gloriosa, che è gloria di
Maddaloni. Quelle spoglie saranno preziose reliquie per mantenere sempre più vivo nei
nostri cuori l’amor di patria. O Camillo, ti ho conosciuto ancora minorenne, quando, sotto
la tutela morale di tuo zio e mio amico Alfonso Raffone, e sotto la tutela dei pieni affetti di
tua madre accompagnato dai tuoi fratelli maggiori, hai mostrato il tuo compiacimento che
la decisione di certi interessi era a me affidata. Al 22 settembre 1891, negai la mia firma
sotto la perizia, al 22 settembre di quest’anno successivo ho accolto l’ufficiale notizia della
tua eroica morte, e mi trovo condotto ora a spargere questi fiori sulla tua gloriosa tomba.
L’articolista dell’”Unione”, testé pubblicato, non ha ombra dello spirito di Camillo
Raffone, perché attraversò le brulle arene della Libia, i flutti graneggiati dal Mediterraneo e
le acque placide del golfo delle Sirene, e baci la nostra terra, dove, ai piè dei Ponti della
Valle, è monumento ai gloriosi del 1860 di Nino Bixio, per cantare con loro l’inno di
Tirteo? – Canti pure agli Italiani le esortazioni alla guerra o l’onore delle virtù militari.
Soggiungo, però, nell’enfasi della mia commozione, che per Camillo Raffone il poeta greco
Tirteo avrebbe fatto a meno delle sue elegie, giacché con ardore tutto proprio ha consacrato
la sua vita alla Patria in onore di questa Maddaloni”. Quindi porge lettura della seguente
nota in data 3 corrente, dal sig. cav. del Giudice Angelo, Tenente Colonnello a riposo, e
pervenuta a quest’ufficio cosi”:
“ Ill.mo sig. Sindaco – Ho il dovere di informare la V. S. per la voluta
commemorazione all’On. Consiglio comunale, che per iniziativa degli Ufficiali in congedo,
dei cittadini e dei residenti in questa Città, si aprì una volontaria sottoscrizione allo scopo
di raccogliere somme per onorare la memoria del Sottotenente Camillo Raffone, perito a
Zanzur, valorosamente, combattendo il 20 settembre scorso. Detta iniziativa è ora un fatto
compiuto e la Commissione a tale uopo nominata avrebbe deciso di eternare la memoria
del Raffone con apposita iscrizione sopra lapide in marmo con annessa foglia di palma in
bronzo, e come complemento nel funerale religioso da eseguire nella chiesa collegiale del
Corpo di Cristo. In conseguenza si notifica qui di seguito l’iscrizione che si stabilita di
apporre nella lapide, per il voluto nulla osta, e si pregherebbe il Consiglio a voler
approvare che detta lapide venga collocata nell’atrio della Casa comunale, come la più
adatta per ricordare il valoroso estinto all’affetto riconoscente dei cittadini. Salvo
imprevedibili circostanze le due funzioni si effettuerebbero in uno stesso giorno – da
indicarsi – non oltre la fine del corrente mese. Con ogni ossequi – Per la Commissione.
F.to Tenente Colonnello Angelo del Giudice”. Iscrizione sulla lapide: Camillo Raffone –
Baldo Ufficiale dell’89° Fucilieri – partì Volontario per la guerra di Libia – sorridendo - A Zanzur – Combattendo da Prode il XX settembre 1912 – il gentil riso si spense - Cittadini siate memori – Qui nacque il 4 novembre 1890 – Non morrà mai. Fa noto quindi
che il Comune, dietro accordi presi coi componenti la detta Commissione, darebbe
l’ufficialità alla cerimonia, pigliando anche la direttiva per gli inviti di Autorità, cittadini,
ecc. Il Consiglio plaudendo alla patriottica comunicazione fatta dal Presidente cav.
Borgia, nonché alla nobile iniziativa presa dal cav. Del Giudice e dal detto Comitato dei
cittadini: A voti unanimi e per alzata e seduta delibera: 1) Dichiara il suo nulla osta per
160
l’approvazione alla lapide con l’iscrizione sotto l’atrio della Casa comunale. 2) Incarica la
Giunta di provvedere insieme ai Componenti la detta Commissione, perché tanto la
funzione civile che religiosa proposta, riesca degna dell’Eroe. 3) Delibera altresì
esprimersi un voto di ringraziamento e di plaudo al cav. del Giudice e ai Componenti la
cennata Commissione per la nobile iniziativa presa. 4) Delibera infine incaricarsi l’illustre
Presidente perché insieme al Segretario si rechi dopo la seduta in casa della famiglia del
sottotenente Raffone e dal Sindaco cav. Raffone, zio dell’Estinto, ad esprimere a viva voce
le più sentite condoglianze di questo Consiglio”.
Il 10 novembre 1913 il Consiglio comunale discusse e propose di far concedere
un’onorificenza o ricompensa al maresciallo maggiore a cavallo Achille De Stefano,
comandante della locale stazione dei Real Carabinieri. In occasione dell’incendio
sviluppatosi in Via Ponte Carolino, nella notte tra il 18 e il 19 ottobre riuscì a salvare due
donne avvolte dalle fiamme. Il 16 novembre 1914 il Civico consesso plaudendo alla
proposta del Sindaco di allora che era anche l’espressione della volontà dell’intera
cittadinanza, a voti unanimi inviò una richiesta al Ministero della Guerra per ottenere la
cessione gratuita della caserma Annunziata.
Il 30 ottobre 1915 le Autorità militari chiesero al Commissario prefettizio cav. Michele
Gizzio di poter approntare un ospedale per i militari colpiti da malattie infettive. Una volta
recepita la richiesta il Commissario fece subito provvedere alla pulizia, disinfezione e
riattazione dei locali e suppellettili del Lazzaretto comunale. Il 30 agosto 1916 dopo il
trasferimento del 1° Reggimento Bersaglieri a Teano la caserma Annunziata fu adibita per
il concentramento dei prigionieri di guerra austriaci. Per non aggravare la crisi economica
del paese il delegato della Pubblica Sicurezza Nazareno Musco fece una richiesta al
Prefetto di Caserta per dislocare altri reparti di truppa nella città per cercare di venire
incontro ai commercianti maddalonesi che non avevano avuto il tempo di rifarsi delle spese
sostenute per lo smercio dei loro prodotti ai militari. Il 28 gennaio 1917 per sedare una
sommossa popolare scoppiata in piazza Umberto fu chiesto l’intervento dei militari del
Battaglione di Finanza che riuscirono a disperdere i dimostranti evitando gravi minacce
all’ordine pubblico.
L’8 marzo 1921 l’assessore notaio Girolamo de Laurentis incaricato dal Sindaco
commemorò con nobili parole i maddalonesi caduti nella prima guerra mondiale 1915-18.
Il 7 marzo 1923 la sezione Nazionale mutilati ed invali di guerra fece istanza al Comune
per ottenere la concessione di un altro locale in sostituzione di quello attualmente occupato.
Il 26 gennaio 1925 fu discusso dall’Assemblea consiliare la costruzione del monumento ai
gloriosi caduti Maddalonesi nell’ultima Grande Guerra. Il 22 maggio 1933
l’Amministrazione comunale deliberò la fornitura di acqua potabile alla caserma N. Bixio.
Il 17 giugno il Comune approvò una spesa di lire 175 occorsi per aver effettuato lavori per
l’illuminazione provvisoria dell’ex convento delle Domenicane onde permettere l’alloggio
ai militi della 141.ma Legione.
Il 20 maggio 1935 furono costruite 2 cucine con tettoie, nella caserma Nino Bixio per
la distribuzione del rancio alla truppa di passaggio per la città di Maddaloni. Il 28 settembre
fu organizzato un servizio di guardia armata al campo Pintime per impedire ai soliti ignoti
il saccheggiamento di tutti i materiali esistenti nel campo. Il 24 febbraio 1936 il civico
consesso prese in affitto 5 vani, siti in Piazza Gen. Ferraro, per istituire un magazzino
militare dei generi alimentari e foraggi. Il 24 ottobre Maddaloni si organizzò alla meglio
161
per accogliere degnamente le Autorità politiche e militari che avrebbero poi prese parte alla
grandi manovre che si svolgevano in Irpinia. Per l’occasione il Podestà cav. Amedeo
Sorvillo ordinò la riparazione e l’attintatura degli stabili, dei muri e dei giardini che si
affacciavano il lungo il Corso 1° Ottobre, Via Roma, piazza gen. Ferraro, via Bixio, via
Ferrovia e via Caudina fino ai confini della
frazione di Montedecore. Il 16 agosto 1937 letti gli atti e le disposizioni del Real
Decreto 30 aprile 1851, il Podestà segnalò alle Autorità competenti per un encomio
l’eroico gesto del caporale Antonio Fadda appartenente al Distaccamento IV Compagnia
Africa Orientale Italiana e dislocato presso il Deposito 31° Reggimento Fanteria. Il militare
aveva salvato un vecchio ospite del mendimonio Landolfi in procinto di suicidarsi. Il 2
agosto 1939 l’Amministrazione militare (Comando del Corpo di Armata di Napoli) occupò
alcuni tratti stradali di proprietà del Comune per poter installare nel sottosuolo, una
tubazione per portare l’acqua del condotto Carolino allo stabilimento militare Energon che
produceva mangimi concentrati per i quadrupedi dell’esercito. Nello stesso anno l’edificio
scolastico “Costanzo Ciano” fu adibito come
caserma dall’Amministrazione militare fino alla
data del 24 marzo 1941. Dopo di che la stessa fu
adibito ad ospedale militare territoriale. Il 28
marzo 1942 fu stipulata una convenzione tra il
Comune di Maddaloni e l’Amministrazione
militare per la fornitura dell’acqua potabile al
locale Ospedale militare “Littorio”. Il 18 ottobre
1943 il Commissario prefettizio dr. Antonio
Brancaccio prese urgenti provvedimenti per poter
riparare i danni causati alla Casa comunale,
all’acquedotto ed alla fognatura dalle incursioni
nemiche e dallo scoppio di mine. Il 5 agosto 1944
il Sindaco cav. Eugenio Iorio riferì alla Giunta
che nel mese di luglio del 1943 un quadrimotore
americano era precipitato sul territorio
maddalonese con la perdita dell’equipaggio.
L’Amministrazione comunale del tempo
ordinò la rimozione dei cadaveri che furono
seppelliti nel Cimitero di Maddaloni da una ditta
privata che ottenne il pagamento del servizio
dopo il parere favorevole della Giunta comunale.
Caserma dell’Annunziata detta
“Quartiere”
Il 7 giugno 1950 con una solenne cerimonia cui presero
parte Autorità civili e militari e una folta rappresentanza popolare fu consegnata la bandiera
nazionale alla locale stazione dei Carabinieri.
Capitolo diciassettesimo
162
L’acqua e la luce elettrica a Maddaloni
Storia dell’acqua
Molti progetti furono presentati per dotare di acqua potabile la Città di Maddaloni.
Fin dal 1870 si progettò di costruire grandi serbatoi per raccogliere le acque piovane
durante l’inverno, ed alimentare alcuni fontanini nei mesi estivi. Il progetto che ammontava
a circa L. 200.000 fu presto abbandonato perché non rispondeva alle esigenze igieniche dei
tempi, né proporzionato ai bisogni della città che contava 21.000 abitanti.
Nel 1874 fu bandito un concorso per la redazione di un progetto di condotta d’acqua
alla semplice condizione che l’ingegnere, di cui fosse stato preferito il progetto, avrebbe
ricevuto in premio L. 2.000 senz’altro diritto. Fu preso in considerazione quello relativo
alle sorgive esistenti una in contrada “Revullo”e un’altra in contrada “Sommano” sul
territorio casertano chiamata “Atellana”. La gara fu vinta dall’ing. Pasquale Mastellone.
Secondo il progetto che sarebbe costato 300.000 lire Maddaloni avrebbe avuto una portata
d’acqua con un massimo di m.c. 3.456 ed un minimo di m.c. 1.290. Nell’ottobre del 1876 il
Consiglio comunale dopo aver invitato l’ing. Pasquale Mastellone a progettare il tracciato
definitivo e un molino ad acqua fornendo nel contempo l’elenco delle proprietà da
espropriare rimandò l’esecuzione a tempo opportuno. In risposta, l’ingegnere Mastellone
chiamò in giudizio il Comune davanti al Tribunale di S. Maria C.V. che diede ragione
all’ingegnere Mastellone inducendo il Comune a pagare le spese del progetto. Dieci anni
dopo l’Amministrazione prese in considerazione l’idea di approvvigionarsi dell’acqua col
sistema della “concessione” per la costruzione dell’acquedotto e per il suo esercizio
stipulando un anno dopo un contratto con la ditta Patricolo e compagni che avrebbe dovuto
portare a Maddaloni le acque delle sorgenti del Monte Castone situate nella località S.
Agata dei Goti. Anche questo contratto rimase ineseguito.
Nel 1889 l’Amministrazione comunale si rivolse alla società francese d’Eau et de Gaz
di Parigi ma non trovò conveniente il relativo progetto incaricando un’apposita
Commissione a prendere in considerazione altri progetti. Nel frattempo il Comune analizzò
le acque del Serino, definita “elisir tocca sana”. Il 24 gennaio 1892 il Real Commissario
avv. Attilio cav. de Johannis accettò l’offerta presentata dalla Società “Entreprise gènèrale
de distributions e concessions d’eaux et de gaz” di Parigi per la concessione della
costruzione e dell’esercizio di un acquedotto con le acque sgorganti dal Monte Castone
presso S. Agata dei Goti.
Il nuovo Consiglio comunale retto dal cav. Giuseppe Tammaro su proposta del
consigliere Luigi De Sivo revocando il precedente atto commissariale e incaricando di
nuovo l’ing. Pasquale Mastellone decise di far costruire direttamente dall’Amministrazione
comunale l’acquedotto con le acque provenienti dalle sei sorgive esistenti ai piedi del
monte Castone capaci di dare un massimo di 7285 metri cubi al giorno. Poi il 25 maggio
dello stesso anno la civica assemblea approvò il progetto del cav. Mastellone che
prevedeva una spesa di 93000 lire, la richiesta del relativo mutuo alla Cassa Depositi e
Prestiti e il capitolato dei lavori occorrenti per l’acquedotto e per l’incanalamento delle
acque reflue. Neanche queste deliberazioni ebbero esito positivo. Infatti il progetto riveduto
dall’Ufficio del Genio Civile fu modificato nel prezzo che fece nascere una forte sfiducia
per la sua esecuzione a tal punto che lo stesso Consiglio comunale non l’accettò. Nello
stesso anno fu bocciato il progetto presentato dall’ing. Salvatore De Masi che prevedeva lo
163
sfruttamento delle acque del Serino da utilizzare per l’acquedotto maddalonese.
Nel novembre del 1902 per una spesa inferiore a quella precedente l’Amministrazione
comunale accettò un nuovo progetto presentato dallo stesso De Masi che per economia
aveva estrapolato dallo stesso la costruzione del serbatoio e del canale di scarico. Il
progetto fu respinto dalla Reale Prefettura e dal Comune di Napoli che non volle concedere
l’uso dell’acqua del Serino essendo di sua proprietà.
Il 2 maggio 1903 il Consiglio comunale forte del visto prefettizio autorizzò la Giunta
municipale a trattare, oltreché con il Municipio di Napoli, anche con la Compagnia
dell'acquedotto del Serino per ottenere la concessione d'acqua in base al progetto deliberato
il 5 novembre 1902 e non mai approvato dalle Autorità Superiori. Con istanza del 12 luglio
1904 il Sindaco Giuseppe cav. Tammaro chiese al Municipio di Napoli la concessione di
una quantità d'acqua corrispondente alle previsioni del primitivo progetto de Masi, cioè 300
m. c. al giorno, nel primo anno, 600 nel secondo, 900 nel terzo, e 1500 nel quarto anno e
successivamente. Il Sindaco di Napoli con nota 28 luglio 1904, aderì alla richiesta dal
nostro primo cittadino. Con l’approvazione e l'autorizzazione del Consiglio comunale di
Maddaloni la Compagnia dell'acquedotto del Serino, con nota 20 febbraio 1905, comunicò
al Comune di Maddaloni l'avvenuta concessione. Nonostante la stipula firmata per
convogliare a Maddaloni le acque del Serino, su parere di autorevoli cittadini di Maddaloni,
finirono esaminate altre proposte:
-Rivolgersi allo stesso Mastellone, ma con patti chiari e categorici, se intendeva e se
poteva rendere possibile il suo progetto che interessava le acque di S. Agata dei Goti;
-ricorrere all'acqua del Torano in Piedimonte d'Alife;
-far scandagliare il sottosuolo in Maddaloni e cercare col mezzo della terebrazione, e,
se per avventura si sarebbe trovata una falda d'acqua potabile sufficiente, applicare il
sistema dei pozzi Artesiani o Northon, innalzando poi l'acqua per portarla ad un serbatoio
da costruirsi nella parte alta della Città, per distribuirla. E infine, si pensò pure di prendere
in considerazione le acque del canale Carolino.
Il 23 maggio 1910 in base al mutuo il Consiglio comunale apportò alcune modifiche al
progetto per la conduttura dell’acqua del Serino. L’anno dopo Su insistenza del Prefetto e
in attesa della risoluzione definitiva del problema dell’acqua il Sindaco cav. uff. Alfonso
dr. Raffone ritenne opportuno far prelevare l’acqua dai pozzi pubblici tramite impianti di
gruppi motori-pompe e delle relative opere di adattamento che sarebbero stati forniti dalla
ditta degli ingegneri De Luca e Cuonzo di Napoli. Per far fronte alla spesa relativa ai
motori ammontante a 20mila lire si sarebbero usati per metà i fondi depositati presso la
Cassa postale di Maddaloni accantonati per la risoluzione del problema dell’acqua e per
l’altra metà dalle somme che sarebbero state riscosse per il ruolo acqua dell’anno in corso.
Il Consiglio comunale a voti unanimi deliberò di incaricare la Giunta di svolgere con la
massima urgenza la pratica relativa alle trattative in corso e di compilare il Capitolato (*) di
base prendendo accordi con la ditta De Luca- Cuonzo.
Nel 12 ottobre 1914 il problema dell’acqua ritornò ancora una volta alla ribalta che fu
discusso in un’Assemblea pubblica. Il Sindaco dr. Alfonso Raffone incaricò l’assessore
avv. Brancaccio di relazionare sull’argomento: “Colleghi, intima e preponderante
aspirazione dell’animo nostro è stata sempre la soluzione del grave ed arduo problema
dell’acqua potabile, che ha occupato e preoccupato la mente degli amministratori che ci
hanno preceduto da quasi due generazioni. Nel cedere al lusinghiero invito ed alle cortesi
164
premure del nostro beneamato Sindaco, ideammo spontanei e concordi un programma di
riordinamento dei pubblici servizi, l’avviamento ad un’era novella di polizia, abbellimento,
prosperità collettiva, e, prima di ogni altro, la rigenerazione igienica, salutare ed
economica della industre ed operosa cittadinanza. Anzi giurammo a noi stessi, che se mai,
per fatalità, ci fossimo sentiti impari al compito prefissoci, ci saremmo reputati indegni del
mandato ed avremmo lasciato, senza rammarico, ma ben poco soddisfatti di noi medesimi,
il posto ad altri ben di noi più abili e fortunati. Nel nostro divisamento, per rispetto a noi
stessi e per un sentito omaggio ai nostri concittadini (da tanti anni delusi) non abbiamo
fatto cenno neppure nei comizi elettorali. L’impegno, quindi, non fu assunto con il corpo
elettorale, ma l’immenso amore filiale lo giurò alla terra natia, votando ad essa mente,
energia e riguardi salutari. Però non ci pentiamo dichiararvi con tutta lealtà che non ci
saremmo mai atteso di iniziare cosi sollecitamente all’assoluzione anche di questa parte
del nostro programma. Opinavamo che, provvedendosi all’appalto del dazio, riordinati i
pubblici servizi, potevano dedicarci unicamente alla preparazione del Bilancio, quando
nella tornata della Giunta del cinque volgente mese, l’amico e collega Nuzzi, Assessore
dell’igiene, ammoniva che serie considerazioni di ordine generale e particolare, tra le
quali non ultime quella di opportunità, esigevano dagli Amministratori la sollecita
soluzione di vari problemi e di quello dell’acqua potabile”.
“La bella ed encomiabile idea trovò eco armoniosa nei cuori di tutti gli assessori che,
facendola propria, affidarono il non facile compito di studiare e riferire ad una
Commissione, la quale affidò a me il compito della redazione della relazione. Non per
falsa modestia, ma con animo sincero, vi confesso che questo compito, cosi lusinghiero ed
agognato, mi rese perplesso, non per la mole di lavoro, non per il breve tempo destinato,
ma per la grande responsabilità morale che io ignavo dei precedenti, assumo di fronte a
voi e di fronte al paese. Ma carità di patria me lo hanno imposto; le speranze della Vostra
benevolenza e della Vostra fiducia mi ha sorretto. Noi vi presenteremo una relazione
sommaria dei proposti e deliberati dei predecessori, li esamineremo fugacemente e vi
proveremo il nostro modesto avviso. Non vi faremo, quindi, feciale e noiosa ostentazione di
sapere; non vi formuleremo giudizi acri sugli errori da altri commessi, non vi esporremo
critiche passionate ed odiose. (Majore premuunt…..)”.
“Prima di ogni altra cosa, però, ci incomba l’obbligo di spiegarvi perché con tanta
urgenza vi abbiamo inviati ad occuparvi di questa questione. L’urgenza è voluta da
considerazioni di ordine subbiettivo e locale, di ordine obbiettivo e generali. Il bisogno di
acqua salubre e sufficiente, sempre imperioso per il passato, oggi, per l’aumentata
popolazione, per l’accresciuto consumo richiesto dalle leggi igieniche e sanitarie, per il
miglioramento dei pubblici servizi, per lo sviluppo maggiore delle industrie e del
commercio, è indispensabile ed improcrastinabile. Noi difettiamo assolutamente anche
dell’acqua non buona, perché i pozzi per porgersi, perché l’acqua del Ducatone o
Condotta Carmignano (che in tempo pur essendo nocivo alla salute, alimentava la parte
del paese e ne irrigava gli orti) di anno in anno è andata diminuendo, ed ora tende a
scomparire del tutto, sia perché l’avvallamento verificatosi sotto il foro di immissione
destinato alla nostra Città, si è fraudolentemente o naturalmente, molto pronunziato, sia
perché il Comune di Napoli, proprietario, opina avvantaggiarsi interamente del rivo per i
suoi bisogni industriali. Si potrebbe forse muovere lite o far valere secolari concessioni ed
anche diritti dominicali, ma, a prescindere dall’incertezza dell’esito, il ricavato non
165
fiancherebbe la spesa. Impellenti, adunque, sono le considerazioni subbiettive, e non meno
inappellanti ravvisasi le obbiettive; giacché trattasi di farci prenotare e destinare quella
porticina, che legge ed equità ci assegnano sulle somme che il provvide governo del Re ha
messo a disposizione dei Comuni o delle Province per procurare lavoro ai connazionali
disoccupati a causa della contrazione europea. Le leggi ed i regolamenti sanitari, le
circolari ed istruzioni ministeriali e prefettizie speciali di ogni specie, non sono stati
sufficienti perché i Comuni si fossero migliorati o premuniti contro l’invocazione di
critiche malattie, rese più frequenti dal progredito sviluppo nazionale del commercio,
dell’industria, nell’espansione. Molti comuni ancora versano in condizioni pressoché
identiche alle nostre. Per essi, noi compresi, e la benefica rassegnazione. La gara è
indetta; guai al pigro! A noi, provvisti di mezzi molto esegui ed impari ai bisogni,
necessitano acqua, vie, locali scolastici, quindi più grave incombe l’obbligo della diligenza
e sollecitudine nel far pervenire voti e proposte seri e concreti. Eccoci giustificati,
speriamo, il motivo della dimandata urgenza. Com’è stata prospettata sinora la soluzione
del problema dell’acqua? E’ opportuno seguire i medesimi criteri, o è mestiere prendere
un nuovo indirizzo! Risponderemo al primo quesito con esposizione storica, sintetica ed
imparziale, la quale avrà un valore qualsiasi per quei Colleghi che, al pari di noi,
ignorarono i precedenti, pur, riconfermali in carica, poi varrà per rinfrancare loro la
memoria. Tra costoro annoveriamo colui che ebbe agii di occuparsi di propositi della
materia la cui incoronabile monografia, insieme a quella dettata dal cav. Starone, ci è
tornata di grande vantaggio nello studio alacre, ma intensivo, degli atti esistenti
nell’archivio”.
“Per fornire di acqua potabile la
nostra città, furono finora escogitati
due soli mezzi: a) sorgenti più o meno
prossime; b) acquedotto del Serino.
Del primo avviso furono l’ingegnere
Pasquale Mastellone (1873 e 1892) e
la Ditta Patricola e Comp. (1887) e la
Societè d’entrefrize gènerale de
distributions d’eaux e di gas (1891).
Molteplici ingegneri, poi, e varie
Ditte progettarono, con maggiori o
minori difetti e svantaggi, la
Corso 1° Ottobre
conduttura dell’acqua del Serino. Ma
di tutti i progetti, soli quelli redatti
dall’ing. De Masi Salvatore furono approvati dal Genio Civile. Questa gara di progettisti,
denigrandosi e denudandosi a vicenda, e che molte volte, pur di arrivare primi,
trascuravano elementi e calcoli indispensabili e davano un carattere di veruna serietà alle
loro proposte, forse è stata causa non ultima perché questo problema, di capitale
importanza e vitale intense, sia pervenuto a noi insoluto. Altro motivo di insoluzione è
forse stato l’imbattersi di due uomini egualmente alteri, despoti e fegatosi, la cui lotta
personale si è riversata e risentita dal paese, che ha pagato cautamente pretese non
sempre esatte e giuste”.
“Nel 1873 l’ing. Mastellone vinse il concorso indetto dal Comune, progettando dare a
166
Maddaloni l’acqua della sorgente Revullo, non molto lontana da Valle di Maddaloni, e
quella di altra sorgente avente origine da “Dommano”. Abbandonatasi l’idea della
conduttura, per di un primo giudizio, definito con transazione del 31 luglio 1885.
Il medesimo ingegnere, richiesto dal Comune nel 1892, propose di convogliare la
sorgente di Monte Gastone, in quel di S. Agata dei Goti, elle quali cinque denominavansi
Viparelli e la sesta Mongillo. Ad essa opinava aggiungere anche la Revullo, ideata nel
1873. Imperbo miraggio faceva il progettista intravedere, dappoichè il Comune avrebbe
avuto a disposizione una massa d’acqua superiore ai 6000 m.c. ogni ventiquattr’ore, e
quindi non sola rigenerazione sanitaria prospettatasi, ma sviluppo di industrie,
miglioramento agricolo con l’irrigazione dei campi, rinsanguamento delle finanze
comunali mercè la concessione ad altri Comuni. Però il Genio Civile interruppe
bruscamente il sogno utopistico, rilevando vizi intrinseci che rendevano inattuabile il
progetto, e valutando al doppio del previsto l’ammontare della costruzione, cioè, in cifra
tonda, un milione! Questa doccia gelida fugò le dolci ed auree visioni dei nostri
predecessori, e produsse in essi un giusto raffreddamento che offrì pretesto ad un secondo
giudizio, che fruttò al Mastellone il pagamento di altre lire cinquantamila”.
“Il dissidio tra progettista ed Autorità tecnica, l’ingente costo che, secondo alcuni,
specie per il rincaro della mano d’opera e dei materiali deve risalire a circa due milioni, il
tempo imprevedibilmente lungo per l’esecuzione, la potabilità relativa e non assoluta delle
acque che si convogliassero, la maggiore spesa per renderle assolutamente sanitari, e
(quello che è ancora più grave) il dissenamento parziale sopravvenuto alle sorgenti per
modo che esse oggi non sarebbero in grado di dare quella quantità che in primo tempo
presentatasi, ci autorizzano, anzi ci inducono, a stimare oggi inattuabile e contrario agli
interessi vitali del paese, il convogliamento delle acque del Monte Gastone. La conduttura
del Serino, poi, non conveniente all’epoca delle trattative, non è oggi possibile ed
ottenibile. Per amore di brevità tacciamo dei progetti derisori ed inattuabili, e ci fermiamo
solo a quelli redatti dal De Masi, approvati dal Genio Civile, ed a quelle dell’ing.
Variale”.
Il De Masi nel 1899 prometteva una quantità di m.c. 1500 giornalieri, partendo dal
presupposto di una popolazione di 20mila abitanti e non tenendo presento il numero degli
animali industriali ed agricoli ( che sorpassano il migliaio) né i pubblici servizi
d’inaffiamento, bocche d’incendio, pubblico macello. Oggi il quantitativo previsto per
l’aumento della popolazione e di bisogni sarebbe non solo insufficiente ma derisorio. Che
dirò poi della riduzione del progetto, che l’Amministrazione del tempo, pur non assumersi
la spesa di lire 544.000, infelicemente commise al medesimo ingegnere, riducendosi da un
minimo di 200 ad un massimo di 800 m.c. giornalieri ed abolendosi il serbatoio? Il Variale
preventivava un quantitativo possibilmente adeguato in 2000 m.c. giornalieri e stabiliva un
prezzo convenientissimo di centesimi 12 a m.c. mentre per gli altri sarebbe stato di Cent.
17 a m.c.. Per opportunità ed economia quella del Variale sarebbe stata una conduttura
ideale, ma anche essa risentiva di quelle condizioni aleatorie e draconiane imposte dal
Comune di Napoli, che consigliavano ogni accorto amministratore a rinunziare a qualsiasi
velleità di condutture. Possibile aumento del prezzo per sé stesso già elevato, temporaneità
della concessione, obbligo del concessionario alla costruzione di un canale di scarico a
beneficio di quello di Napoli, la cui spesa si presentava non inferiore alle lire 61mila;
facoltà nel concedente di sospendere l’acqua per lavori all’acquedotto e per diminuzione
167
di portata delle sorgenti; facoltà di riduzione al solo minimo possibile per concessione da
darsi ad altri Comuni e simili patti non meno vessatori circa il pagamento del canone e le
modalità di esso. Se si aggiunge a tutto ciò che, per la verificata magia alle sorgenti,
l’acqua del Serino, nella quantità incanalata è limitatamente bastevole al Comune di
Napoli, che ha sentito la necessità di avvalersi di altri mezzi per scopi industriali ed i
pubblici servizi, si viene logicamente alla conclusione che la conduttura di tale acqua oggi
è assolutamente inconcepibile”.
“In epoca non lontana ma indeterminabile, e che, nelle migliori delle ipotesi, non
potrebbe essere mai inferiore ad un decennio aumentandosi il volume dell’acqua del
Serino, convogliandosi quella gran parte di essa, che oggi va perduta, si potrebbe forse
sperare da noi possibilità di concessione e miglioramento di condizioni. Ma è lecito, è
umano cullarsi nell’ipotetico sogno e prolungare alla città ritibonda il supplizio di
Tantalo? Ed allora occorrerà divergere e provvedere altrimenti. Abbiamo portato il nostro
esame anche al condotto Carolino ed al Turano. Avremmo proposto il primo, anche
sorpassando sui difetti di infiltrazione ed inquinamento (che oggi, mercè filtri di
purificazione e l’ozonizzazione sono completamente eliminati) se non fosse stato preso
dalla città di Caserta, la quale non è affatto entusiasta dell’acquisto per la scarsezza del
volume e per l’insufficienza, quindi, delle sue esigenze; l’idea, poi, dell’acquedotto del
Turano, poi quanto seducente, per la grandiosità e vantaggiosità dell’opera, viene
combattuta dall’urgenza dei nostri bisogni. Il Turano, per la sua mole, per le opere d’arte
che richiede, per i vantaggi che arrecherà, per la spesa che importerà, potrà, ad opera
compiuta, gareggiare con il Sele. Come per questo grandioso acquedotto, occorrerà la
direzione di uomini intelligenti, facoltosi, fattivi, occorreranno milioni e milioni;
occorreranno buone volontà, disinteresse, abnegazione nei proprietari delle terre
espropriante. Ma non bastano riunioni di Sindaci, né voti né indirizzi .Fortunato colui, tra
noi, che vedrà compiuto si vasta opera! Lungi però da noi qualsiasi preconcetto di
inattuabilità e di non adesione. Associamo anche il nostro voto, per quel poco che passa
veloce, a quelli degli altri; aderiamo pure perché l’opera sia tradotta in pratica, ma che la
nostra adesione non vincoli il nostro bilancio, né mette le pastoie alla nostra libertà di
prelazione e di azione. Eliminate le sorgenti che formarono oggetto di discussioni, e non
esistendone altre, siamo di avviso potersi provvedere l’acqua al nostro paese o colla
raccolta r distribuzione delle acque piovane rese perfettamente salubri con i moderni
ritrovati scientifici, o sfruttando il nostro sottosuolo, domandandogli a buon diritto la
salute e la prosperità cittadina. L’idea delle acque piovane non è nuova, né il suo uso è
peregrino. Sorse nella mente del più antico progettista, l’ing. Domenico Martirani, fin dal
1868, che prevedeva all’uopo una spesa di circa lire 22mila. Questo divisamento non fu
preso in considerazione e venne sepolto nell’oblio. Il sistema del nostro compaesano è
attuato oggi da varie città italiane, come Livorno e Genova; ma noi, per ora, non ce ne
facciamo propugnatori, perché reputiamo doversi ad esso ricorrere sole quando fatalità
voglia che le nostre speranze, che hanno il conforto di prove evidenti e secolari,
svaniscono”.
“La ricchezza di acqua del nostro sottosuolo, la salubrità di esso non si può da
qualsivoglia scettico o dissidente pessimista revocare un dubbio. Anche se non fosse
suffragata da considerazioni tecniche, la nostra tesi si avvantaggerebbe della secolare
esperienza dei rinvenimenti di acqua a profondità poco rilevante nell’escavazione degli
168
innumerevoli pozzi; profondità che a mano a mano diminuisce a misura che si scende
verso il piano. E la presenza di acqua perenne ed in quantità relativamente abbondante,
che si offre a dissetare gli abitanti della contrada del Salvatore, e, più giù ancora nella
proprietà de Laurentis, non attesta forse la ricchezza del nostro sottosuolo? Ora, se la
provvidenza consente di rinvenire in tali contrade, la mercè di pozzi Artesiani o Norton,
gran volume di acqua, possiamo esultare a buon diritto gridare: Eureka! Il Problema
dell’acqua sarebbe al fine risoluto con numerosi vantaggi e con spesa relativamente
minima! La distanza dal centro abitato sarebbe poco più di mille metri, più breve ancora
di quel luogo ove gli ingg. Mastellone e De Masi progettarono costruire i serbatoi. Né poi
sarebbervi motivo a spaventarsi e disperare qualora per avventura gli scandagli in quei
pressi, dessero risultati non molto promettenti e sicuri; giacché scendendo più giù, si
rinverrebbe non solo il sufficiente, ma anche l’eccedente. Né dati i progressi
dell’elettrotecnica, darebbe motivo a preoccupazione il livello dell’acqua inferiore a quello
stabilito per i serbatoi”.
“Il primo è indispensabile passo è quello di richiedere l’invio di un ingegnere geologo
che studi, saggi e scruti il nostro sottosuolo; al resto si provvederebbe in conformità del
parere tecnico. Nessun sistema può garantire i vantaggi che arrecano i pozzi Artesiani.
Innanzi tutta l’acqua da essi fornita è idealmente salubre, come abbiamo appreso
dall’ill.mo prof. De Giasco, all’uopo interpellato. Non si è tributari di qualsiasi Comune
od Ente o Società; un assoluto proprietario delle proprie sorgenti. Non si corre il rischio di
magra o di essiccamento; la spesa occorrente è inferiore, e per noi, divenuti proprietari
dei piani e piante di distribuzioni; tale spesa sarebbe relativamente molta lieve.
Concludendo vi domandiamo: Che onorate le nostre proposte di vostra fiducia,
“guiderdone” ambito al lavoro sostenuto; che eleviate voto concorde e solenne al
Provveditore del Governo del Re, perché con la sollecitudine che il caso richiede, invii qui,
a spese del Ministero dei Lavori Pubblici, un ingegnere geologo con operai, istrumenti e
mezzi tecnici, per scrutare il sottosuolo e riferirne e dirigere poi le opere ad eseguirsi per
ottenere acqua perenne a sufficienza; che eleviate voto al Ministero dell’Interno ed alla
Dipendente Direzione di Sanità, perché facilitano, con tutti i mezzi, quanto innanzi si è
chiesto; che eleviate voto al Ministero dei Lavori Pubblici, perchè nel Bilancio della
somma messa a disposizione di lui, stanzi a favore del Comune di Maddaloni le somme
previste dal progettista per la sistemazione o pavimentazione delle strada Ponte Carolino e
delle traverse Feudo, Montano e violetto I° P. Carolino, per la pavimentazione e
sistemazione di parte della via Biscio (Bixio) (Piazza S. Pietro) e per gli altri lavori
pubblici, di carattere necessario ed urgente occorrenti al detto Comune; che nominiate con
ampio mandato di fiducia, una Commissione che, guidata dall’On. Agostino Santamaria
(gentilmente esibenti) si rechi una o più volte a Roma per presentare ed illustrare i Vostri
voti, eseguire quando in ordine ad essi si richiede e per dare opera costante e diligente
perché vengano favorevolmente accolti”. “Nutriamo viva speranza di ottenere vivo
interessamento alle nostre condizioni e bastevole concorso pecuniario. Ma se per
avventura le nostre speranze emergeranno ardite, se il sussidio risulterà insufficiente, non
per questo ci avviliremo ed abbandoneremo l’iniziativa. Con il vostro prezioso concorso
aboliremo ogni spesa facoltativa, ridurremo con rimaneggiamenti di voci daziarie e tasse
meno effimere e più profane. Ogni sacrificio è benedetto quanto esso è richiesto per dar
vita, salute e benessere alla popolazione. Ben fortunati ci reputeremo se piacesse al sommo
169
Iddio concedere l’attuazione dei nostri propositi, della nostra viva e sentita aspirazione”!
L’assessore cav. uff. dott. Giovanni Nuzzi prima complimentandosi con l’assessore
Brancaccio per la sua relazione sul problema dell’acqua soggiunse che aveva chiesto al
Ministero competente un ing. geologo per far ricercare nel sottosolo del territorio di
Maddaloni la presenza delle falde acquifere. Il consigliere Finocchiaro intervenendo nella
discussione propose che un’apposita Commissione composta dal Sindaco e dagli assessori
Nuzzi e Brancaccio e qualche consigliere di recarsi a Roma, a proprie spese, per chiedere
che il Ministero inviasse quanto prima il geologo per i sondaggi del terreno.
Il Consiglio a voti unanimi deliberò: “ Far plauso all’Assessore avv. Brancaccio per la
relazione medesima, approvandone tutte le conclusioni e proposte. Prendere atto delle
dichiarazioni dell’Assessore cav. uff. dott. Nuzzi e del consigliere Finocchiaro”. E su
proposta del consigliere Antonio Ventriglia approvò che la relazione dell’assessore
Brancaccio fosse data alla stampa a spese del Comune. Per far fronte alle spese occorrenti
per far eseguire i saggi nel sottosuolo alla ricerca dell’acqua il civico consesso chiese un
apposito mutuo pagabile in 35 anni alla Cassa Depositi e Prestiti.
L’11 giugno 1923 il
Comune mise in discussione
l’approvazione del progetto
redatto dall’ing. Silvio Biffis
che avrebbe prelevato l’acqua
potabile dalla falda acquifera
esistente nel sottosuolo di
Maddaloni a quota m. 35,
circa ossia ad una profondità
superiore di m. 30 del piano
stradale.
Acquedotto comunale
Il 29 ottobre 1924 il Commissario prefettizio cav. Bernardo de Spagnolis deliberò la
continuazione dei lavori, per la costruzione dell’impianto, per la provvista e distribuzione
dell’acqua potabile. I nuovi lavori dovevano portare il prezioso liquido nelle condutture
delle vie: S. Croce, S. Andrea, Ponte Carolino, S. Margherita, Tifatina, S. Giovanni, S.
Alfonso allungandola la fornitura di acqua potabile fino all’abitato di Montedecore.
Il 4 luglio 1927 il Podestà cav. Sorvillo fece costruire un abbeveratoio al mercato che
era necessario per evitare che si verificasse una diserzione da parte dei commercianti del
mercato di bestiame che era considerato uno dei principali mercati della provincia di
Caserta e che costituiva una delle maggiori entrate del bilancio. L’opera oltre che per
ragioni finanziarie era necessaria anche per motivi di igiene pubblica e comodità in quanto
avrebbe dato agio ai numerosissimi frequentatori di potersi dissetare e di poter abbeverare
gli animali.
170
Il 21 marzo 1932 il Podestà di allora abolì l’obbligo per gli utenti del civico acquedotto
relativo al quantitativo minimo mensile di consumo e nel contempo aumentò il prezzo di
vendita dell’acqua per tutti gli utenti da 1 a 2 lire. Fu costretto a adottare questo rincaro
perchè “il grave onere che pesava sulla classe dei cittadini meno abbienti dell’obbligo del
pagamento del quantitativo minimo mensile di consumo dell’acqua, privilegiava le famiglie
abbienti a discapito dei più deboli. L’obbligo imposto alle famiglie più disagiate di pagare
un quantitativo d’acqua che in realtà non consumavano e che non riuscivano a consumare,
era ingiusto ma anche poco morale, specie,nei riguardi delle famiglie abbienti, per le quali
il minimo di mc 8 mensili era sempre inferiore al quantitativo che esse largamente
consumavano. L’applicazione dell’obbligo del minimo consumo generava un sensibile
disagio della massa degli utenti e un certo malcontento tra quelli più poveri. Inoltre
l’abolizione avrebbe fatto diminuire la causa per la quale molti utenti, fra i meno abbienti,
facevano istanza per disdire i contratti in vigore di fornitura d’acqua o si lasciavano
addirittura togliere l’acqua, per il mancato pagamento; di conseguenza si sarebbe, pure,
evitato che la popolazione povera non potendosi servire dell’acqua potabile, si sarebbe
servita di quella delle cisterne a scapito della pubblica igiene.
Il 20 gennaio 1933 poiché gli abitanti della zona denominata “Macello vecchio”erano
costretti ad usare l’acqua dei loro pozzi che non davano alcuna garanzia sotto il profilo
della salute pubblica. Il Podestà di allora approvò il progetto presentato dall’ing. Ernesto
Penzi relativo all’impianto e alla distribuzione dell’acqua potabile nella suddetta zona.
La luce elettrica
Alla fine del 1900 oltre il problema dell’acqua quello che assillava di più la città di
Maddaloni era quello della pubblica illuminazione che era usava fanali a petrolio.
Nel 1892 l’Amministrazione comunale retta dal Sindaco cav. Giuseppe Tammaro
volendosi dotare di impianto di illuminazione elettrica approvò il Capitolato d’appalto con
il relativo bando di concorso che purtroppo andò deserto. Nel capitolato redatto nello stesso
anno fu incluso l’adozione di tre sistemi di produzione di corrente elettrica: idraulico,
termico e da corrente presa in affitto dai paesi limitrofi. Con alcune delibere consiliari fu
stabilito di bandire una gara d’appalto relativo al servizio elettrico pubblico e privato a
licitazione privata mediante avvisi al pubblico. Il 26 marzo 1900 l’Amministrazione
comunale approvò la trasformazione della illuminazione pubblica dal sistema a petrolio in
energia elettrica. Due anni dopo lo stesso primo cittadino fece redigere il regolamento
relativo al servizio di pubblica illuminazione (*) che era gestito in economia direttamente
dall’Amministrazione comunale.
Il 18 gennaio 1904 a seguito di numerose istanze inviate dagli abitanti della via
Maddalena antica il Sindaco Tammaro fece impiantare un fanale per l’illuminazione della
detta strada. Il 21 maggio 1905 il Commissario prefettizio cav. avv. Giuseppe Starone prese
in esame l’istanza dell’ing. Francesco Ruffolo tendente ad ottenere la concessione
d’impianto ed esercizio di condutture elettriche nell’abitato di Maddaloni che prevedeva:
Illuminazione e fornitura di forza motrice per poter sollevare l’acqua nei locali e
distribuirla al quartiere e al Deposito d’istruzione allievi Guardia di Finanza e al LiceoGinnasio e Convitto “G. Bruno”; fornitura di energia elettrica adibita per illuminazione
171
pubblica e privata e per usi industriali. Il Commissario “intuendo le dannose conseguenze
che sarebbero derivate all’abitato ed all’Amministrazione comunale perché il progetto
prevedeva di investire le strade e le piazze del paese da una fitta rete di conduttori che
oltre che poteva procurare un grave pericolo per la popolazione ingombrava e diminuiva
lo spazio delle vie a danno del traffico veicolare”. Il cav. Starone desideroso di dare la luce
elettrica al paese visitò i mulini ed il pastificio del Balducci ai Ponti della Valle che erano
alimentati dall’acqua del canale Carolino. Visto che con questo sistema si poteva avere la
luce elettrica stipulò una trattativa per l’appalto del servizio dell’illuminazione con
Balducci che accettò.
Il 19 luglio 1905 l’Amministrazione comunale
accettò l’offerta di Giovanni Balducci relativa al
servizio della pubblica e privata illuminazione cittadina
rigettando nel contempo quella prodotta dall’ing.
Ruffolo. Nel mese di ottobre il Balducci chiese al
Comune di acquistare il fabbricato comunale sito in via
1° Ottobre per poterlo adibire ad uso uffici usandolo
anche come deposito di materiale elettrico e stazione
trasformatrice per l’illuminazione pubblica e privata al
Comune di Maddaloni. Un anno dopo il Sindaco cav.
dr. Alfonso Raffone fece estendere oltre alla piazza e al
corso 1° Ottobre l’illuminazione elettrica ad arco nelle
vie principali della città: Corso Campano (attuale via Roma), Via Ponte Carolino, Via
Trivio S. Giovanni, S. Martino (attuale via Nino Bixio), Via Tifatina, S. Croce, Cappuccini
e Via S. Andrea. Il 26 ottobre 1908 per poter eseguire alcune modifiche alla centrale
elettrica dei Ponti della Valle la ditta Balducci inviò un’istanza al Comune per poter
ottenere la concessione di ridurre a metà l’illuminazione pubblica.
Il 21 aprile 1909 a causa dell’insufficienza del servizio elettrico nella borgata di
Montedecore il Sindaco riferì che gli abitanti con insistenza avevano chiesto di aumentare
il numero dei fanali portandoli da 4 a 12. Per cercare di venire incontro ai richiedenti la
Giunta comunale chiese alla ditta Balducci di approntare un progetto per poter illuminare
anche la borgata in questione. Nel dicembre dello stesso anno l’Amministrazione comunale
istituì il posto d’ispettore addetto al servizio dell’illuminazione elettrica con il relativo
regolamento (*). Il 9 maggio dell’anno dopo il Consiglio comunale su proposta della
Giunta approvò l’istanza dell’ing. Mario Borghi amministratore della Società elettrica della
Campania relativa alla costruzione di una cabina nelle vicinanze della strada comunale che
portava alla stazione di Maddaloni Inferiore.
Il 29 novembre 1911 a seguito di vari incontri avuti con l’avv. comunale cav. Filippo
Festa e con l’ing. comm. Mario Borghi amministratore delegato della Società elettrica della
Campania il Sindaco cav. Raffone riferì che si erano stabilite le condizioni per il
riconoscimento del passaggio dell’illuminazione pubblica e privata di Maddaloni dalla ditta
Balducci alla Società elettrica della Campania, atto stipulato con il relativo contratto (*). Il
Consiglio comunale approvò all’unanimità l’operato del Sindaco. Il 9 dicembre 1913 nella
nostra città si verificò un grande avvenimento storico: fu inaugurato l’impianto della luce
elettrica. L’avvenimento fu sancito con una giornata di festa e con un rinfresco offerto
nell’atrio del palazzo comunale illuminato a giorno. L’8 febbraio del 1915 i consiglieri
172
Ignazio Assumma e Pasquale Fossataro fecero rilevare al Sindaco dr. Alfonso Raffone che
avevano riscontrato gravi inconvenienti del servizio dell’illuminazione elettrica
specialmente nelle ore serali. Il Fossataro chiese al riguardo di sospendere il pagamento del
canone all’Impresa Campania perché non aveva tenuto fede alle norme stabilite nel
contratto. L’assessore delegato al servizio avv. Vincenzo Tammaro di contro ribadì che già
al riguardo era stata richiamata la Società elettrica affinché assicurasse il corretto
funzionamento del servizio in base al contratto stipulato. Nel caso contrario
l’Amministrazione comunale avvalendosi di tutti i mezzi consentiti dalla legge di adire la
Società che già aveva ricevuto parecchi verbali di contravvenzioni. La Società da parte sua
rispose che i disservizi furono causati dalla riduzione della portata dell’acqua che
alimentava l’officina idroelettrica dei Ponti della Valle che produceva energia per la rete
elettrica. Tenuto conto di quanto affermato la Ditta l’assessore propose di nominare un
ingegnere elettronico affinché studiasse le cause che avevano causati i suddetti
inconvenienti e desse i relativi suggerimenti per eliminarli. Il Consiglio all’unanimità
approvò la proposta dell’assessore.
Il 3 agosto 1921 il consigliere avv. Arturo Vitelli fece rilevare che il tratto di strada che
andava dal viottolo dirimpetto alla chiesa di Montevergine fiancheggiando il muro della
proprietà Cerreto aveva bisogno di un impianto elettrico. All’uopo chiese che lo stesso
impianto doveva essere attuato non oltre il termine di tre mesi. Il Consiglio comunale
riservandosi di contattare la società elettrica della Campania accettò la proposta del Vitelli..
Il 17 giugno 1933 per poter dotare di una pubblica illuminazione provvisoria l’ex
convento delle Domenicane ove erano dislocate le Camice nere della 141° Legione il
Podestà cav. Sorvillo incaricò la ditta Forgillo di effettuare i relativi lavori. La stessa ditta
nel 1935 realizzò l’impianto elettrico per l’accampamento della contrada Pintime dove era
sistemato momentaneamente il 5 Battaglione mitraglieri della 3° Divisione Camice nere 1°
febbraio.
173
Capitolo diciottesimo
Progetto della condotta d’acqua dell’ing. cav. Pasquale Mastellone
Nell’aprile del 1893 l’ing. Pasquale Mastellone presentò al Consiglio comunale il
progetto relativo alla costruzione di un acquedotto per la città di Maddaloni: “Ill.mo sig.
Sindaco della città di Maddaloni il progetto di condotta d’acque potabili per codesta città
che ho l’onore di presentare alla S.V. è stato informato a tutti quei criteri e richieste, che
nelle numerose riunioni da codesta Giunta tenute col mio intervento, mi sono state
manifestate. Desse possonsi riassumere come segue:
1° Convogliare quanta più acqua e possibile, affinché sia piuttosto esuberante che
deficiente ai bisogni del paese.
2° Che mentre sia curata per quanto è possibile l’economia, pure non si ottenga questa
a detrimento della buona riuscita dell’opera, della sua durata e del buon esercizio di essa.
3° Che le acque, sia curata in modo la conduttura, che arrivino il più fresche possibili
alla città.
4° Che le opere siano progettate in modo ed eseguite, che facile riesca
all’Amministrazione esercitare la Condotta con la minima spesa e cura la massima facilità
e sicurezza, poiché per una piccola azienda non è utile aver bisogno di molto personale
tecnico e di grandi apparecchi.
5° Che l’acqua si raccolga dopo condottata in un serbatoio di distribuzione che sia
della maggiore capacità possibile, e tale che concorra a raffreddare l’acqua e nona
riscaldarla.
6° Che l’acqua sia distribuita nella città fra i confini indicati, in modo da animare 40
pubblici fontanili, due fontane ornamentali, e tutte le abitazioni esistenti in essa; ed oltre a
ciò sia provveduto di acque potabili il Macello, il Camposanto, il Lazzaretto e la borgata
di Montedecore.
L’opera progettata, mi sembra che risponda agli indicati criteri e richieste; ne
riassumo qui i principali caratteri e modalità.
Si convogliano tutte le acque delle sei sorgive esistenti a piè del Monte Gastone a
Sant’Agata dei Goti. Si progetta pure di convogliare la sorgiva esistente in Contrada
Revullo di proprietà De Blasio, una volta De Curtis.
Il Condotto è stato progettato ad acqua libera e non forzata, della lunghezza del
casotto di presa alle sorgenti al casotto di arrivo alla città in km. 14,287; è stato
progettato a sezione trafficabile in tutta la sua lunghezza, posto sempre a molta profondità
nel suolo, affinché l’acqua non si riscaldi, anzi possa raffreddarsi, al qual fatto concorre
molto la lunghezza dei tronchi in cui l’acquedotto passa in traforo nel tufo e nel calcare e
che riuniti arrivano a 4 chilometri; vi concorre pure l’aver dato al canale lieve pendenza,
sezione ampia e ventilata, e i serbatoi di raccolta progettati nel tufo a Sant’Agata dei Goti.
Con la pendenza lieve l’acqua staziona nell’acquedotto per lungo tempo, ed acquista la
temperatura dell’ambiente.
Il serbatoio di distribuzione è stato progettato a traforo nel Monte ad un’altezza che
può soddisfare a tutti i bisogni della città.
L’acqua nel passare dall’acquedotto al serbatoio di distribuzione offre una caduta di
m. 30 di altezza, capace di un’energia in media di 37 cavalli-dinamo di valore, che in
qualunque modo si vorrà utilizzare rappresenta un reddito annuo importantissimo, che
174
rinfranca per buona parte la spesa dell’acquedotto che si va a fare.
L’acqua nella città è distribuita con sifoni di tubi in ghisa che alimentano come detto i
fontanili, le fontane e tutte le abitazioni.
E con questa enumerazione di ciò che otterrà l’Amministrazione dall’opera progettata
in compenso della somma che deve spendere, finisco per chiedere venia alla S. V. ed
agl’Illustrissimi Amministratori del Comune, se il mio lavoro non ha corrisposto ai
desideri, valgami ad ottenerla se non altro il lungo studio ed il grande amore. Ingegnere
Pasquale Mastellone”
L’ing. Mastellone prevedeva di convogliare le acque di sei sorgive: cinque di proprietà
Viparelli ed una di Giovanni Mongillo), e un’altra della sorgiva De Blasi in contrada
Revullo site ai piedi del Monte Castone in tenimento di S. Agata dei Goti che erano capaci
di dare 8.985 m.c. di acqua al giorno. Il costo complessivo dell’opera fu preventivato in
532.971 lire cosi ripartite:
- Esproprio delle sorgive £. 27.000; occupazione dei terreni 21.000; movimenti di terra
105.000; opere murarie e d’arte 289.500 e distribuzione nella città 90.471.
Le sorgive anche nei periodi di magra dovevano assicurare l’acqua necessaria alla città
di Maddaloni che fu stimata di 4189 m.c.
al giorni cosi ripartita:
- Popolazione al 31 dicembre 1892
21.637 – litri al giorno 60 – tot. 1298, 220;
cavalli da nolo e di lusso 537 – 75 – tot.
40,275; asini 560 – 20 – tot. 11,200; Muli
311 – 30 – tot. 9,430; Buoi e vacche 234 –
30 – tot. 7,020; Pecore 425 – 2 – tot. 0,
850; Capre 270 – 2 – tot. 0,540; Maiali
280 – 14 – tot. 3,920; Animali bovini che
accedono al mercato con una dimora
media di 1 giorno 800 riportare 456 –
Abbeveratoio per animali
30 – 13,680; Vetture a 2 e 4 ruote da nolo e private 150 e stabilimenti industriali per
fabbriche di cuoio e di altra natura 70 – 10,500; Fontane ornamentali 2 – tot. 516;
Inaffiamento di vie m.q. 20000 – 1 e mezzo – 30; Inaffiamento o irrigazione dei giardini
compresi nella città m.q. 200000 – 1 e mezzo – 300; Bocche d’incendio 20 – 110 – tot. 220;
per 40 fontanini parte a getto perenne e parte a getto intermittente a mezzo litro a 1
ciascuno – 40 – 1 e mezzo – 1728.
Le acque delle sorgive affluivano a Maddaloni ad est attraverso la vallata chiusa tra il
monte Longano e monte Calvarino ad ovest dal monte Calvo e monte San Michele. La
sezione della condotta doveva essere fatta a grandezza d’uomo in modo da poter essere
attraversata facilmente per effettuare le operazioni di spurgo ed eventuali riparazioni.
L’acquedotto sarebbe arrivato al casotto situato sul ciglio della Cava Sivo. Le acque per
caduta potevano far funzionare o uno stabilimento industriale o produrre energia elettrica
per l’illuminazione pubblica. Dal casotto situato a metri 100,05 sul livello del mare l’acqua
poi passava al serbatoio di distribuzione.
Le quote delle case più alte di Maddaloni erano: Villino Finocchiaro al Belvedere m.
88,233; Villino Sivo m. 88,210; Chiesa di S. Benedetto (rampa) m. 96,726; Villino
Santamaria a S. Benedetto m. 10.6,890; Casa Romeo al Sambuco m. 102,770; Casa
175
Romano a S. Margherita m. 96,100; Casa Michele Vigliotti al Grado m. 93,177.
Le case in costruzione di Santamaria e Romeo non potevano ricevere l’acqua perché si
trovavano ad una quota superiore a quella del serbatoio di distribuzione. Per rifornirsi di
acqua i suddetti proprietari dovevano prelevarla il primo presso la chiesa di S. Benedetto
dove era stato progettato un fontanino e il secondo al Sambuco. Il serbatoio aveva la
capacità d’acqua della durata di due giorni per l’esigenza idrica della città.
L’acqua era distribuita nei vari luoghi della città attraverso sifoni che erano dislocati:
Il 1° dal casotto di arrivo alla via Provinciale; 2° da serbatoio a San Giovanni; 3° dal
serbatoio alla via Sambuco; 4° in via S. Giovanni; 5° da S. Giovanni a S. Margherita; 6°
in via Regina Margherita; 7° in via S. Margherita; 8° tratto del corso Carolino dal Trivio
ai Mulini; 9° dai Mulini al Grado; 10° dai Mulini al Camposanto; 11° dal Camposanto al
Lazzaretto; 12° dal Lazzaretto a Montedecore; 13° dal Trivio alla Starza; 14° dal corso
Carolino e dal Trivio a S. Sofia; 15° dal corso Carolino alla Stazione; 16° dalle ultime
case al Macello; 17° dal corso Carolino alla Starza; 18° dalla Stazione alla Starza; 19°
dalla Stazione per la via Montella; 20° da via S. Giovanni per S. Martino a S. Pietro alla
piazza Unione; 21° per la via Sambuco; 22° per la via S. Antonio; 23° per la via
Concezione; 24° per la via S. Pietro e Mercato; 25° per il corso 1° Ottobre e piazza; 26°
per via S. Andrea; 27° per corso Campano; 28° per via Cittadella alla Madonna di Loreto;
29° per via Campolongo; 30° fra le piazze Unione e Santa Croce; 31° da Santa Croce ai
Cappuccini; 32° per via Corpo di Cristo a Santa Croce; 33° dal Corpo di cristo alla
Maddalena; 34° per via Troiano a S. Benedetto; 35° per via Pignatari a Belvedere; 36° per
via Tifatina; 37° per I^ tratto via Troiano e 38° per via
Cave ed Altura.
L’Amministrazione comunale dando l’incarico all’ing.
Mastellone intese servirsi dell’acqua per i seguenti scopi:
Alimentazione dei 40 fontanini per uso della popolazione
più povera che non aveva la possibilità di pagare il
consumo dell’acqua; alimentazione delle due fontane
ornamentali: una in piazza S. Sofia le cui acque di rifiuto
dovevano alimentare il lavatoio pubblico di via Montella
mentre l’altra in piazza dell’Unione alimentava il lavatoio
di via Campolongo; Inaffiamento della piazza dell’Unione,
corso Umberto, piazza S. Sofia e via Ferrovia;
Fontanino pubblico
Alimentazione delle bocche d’incendio; distribuzione per
uso domestico ai privati nei vari punti della città: Estremo corso Campano, Belvedere, San
Benedetto, San Giovanni, Santa Margherita, salita del Grado, camposanto, villa Palladino
alla Starza, dalla Starza alla via Montano, Stazione ferroviaria Maddaloni Inferiore,
macello, cappella di Loreto, villa Delli Paoli a Campolongo; distribuita ai privati per uso
di irrigazione dei giardini e delle campagne; distribuzione alla borgata di Montedecore.
I 40 fontanini dovevano essere dislocati: Alla stazione della Ferrovia Napoli-Roma;
angolo via Cittadella sul corso Campano; piazza del Cappuccini; piazza del Tiglio; incrocio
tra via S. Benedetto e via Belvedere; incrocio tra via S. Benedetto e via Troiano; - chiesa
di S. Benedetto; incrocio tra via Alturi e via Troiano; piazza Santa Croce; angolo palazzo
Iorio con viella del Bene; chiesa del SS. Corpo di Cristo; piazza antico Mercato delle
vaccine; piazza d’Armi (due fontanini); via Bixio; piazza S. Pietro; piazza S. Antonio;
176
Starza su via Montano; Starza al palazzo ducale; corso Carolino al Trivio; corso Carolino a
Santa Margherita; corso Carolino all’Orologio; vecchia chiesa S. Alfonso ai Mulini; sul
Grado; sui vicoli Formali; via Santa Margherita; chiesa S. Margherita; - nei vicoli della
strada S. Margherita; via Fabio Massimo; via Sambuco angolo e estremo palazzo Stravino
(2 fontanini); via S. Antonio Abate angolo palazzo Martirano; chiesa S. Giovanni; chiesa S.
Martino; vicolo Santella (attuale via Costanza); Macello; Montedecore (2 fontanini);
Lazzaretto.
I 30 fontanini erano a getto intermittente cioè che non erogavano l’acqua se non si
calcava il bottone che apre il flusso di erogazione invece 10 erano a getto continuo. I
fontanini addossati al muro erano di metallo mentre quelli a colonna era fatti per una parte
in metallo e l’altra in travertino. Nella piazza d’Armi dove si svolgeva il mercato
settimanale erano progettati dei fontanini a getto continuo ed a intermittenza con vasche per
abbeverare gli animali. Inoltre i fontanini erano dislocati in modo tale che le acque di
rifiuto potevano essere utilizzate per l’irrigazione dei giardini. Delle due fontane
ornamentali: una doveva essere ubicata nella piazza dell’Unione e un’altra in piazza S.
Sofia. Le acque di rifiuto delle dette fontane sarebbero state utilizzate per alimentare i
lavatoi pubblici di cui uno doveva essere costruito nella via Montella animato dalla fontana
di S. Sofia e l’altro nella via Campolongo animato da quella della piazza dell’Unione. Non
avendo la città di Maddaloni né scarichi regolari per le acque piovane né corsi d’acqua il
cav. Mastellone prima di iniziare gli eventuali lavori consigliò il Comune di risolvere prima
il suddetto problema. Nella parte occidentale del paese le acque piovane venivano scaricate
nei fondi privati della conga di Montevergine e Campolongo dove erano assorbite dal suolo
e quelle della parte meridionale si versavano nella fogna ubicata presso la stazione
ferroviari di Napoli-Roma che poi ristagnando si versavano nei fondi limitrofi. Invece le
acque della parte Orientale venivano scaricate lungo due vie di campagna denominate i
“Valloni”. Il Consiglio comunale approvando il progetto Mastellone fece includere anche
la costruzione di nuovi condotti fognari per convogliare le acque di rifiuto fuori
dell’abitato.
Il 29 maggio 1893 il Consiglio
comunale costituito dal Sindaco cav.
Giuseppe Tammaro, dal segretario
Domenico Romano e dai consiglieri:
Gabriele Iorio, Filippo Iorio, Gennaro
Delli Paoli, Vincenzo Raffone, Luigi De
Sivo, Nicola Stravino, Francesco Rocco,
Giuseppe Romeo, Paolo Del Bene, Nicola
Delle Cave, Felice Quintavalle, Tommaso
Del
Monaco,
Francesco
Barbato,
Francesco Iulio, Michele Bove, Domenico
Tammaro, Antonio De Sivo, Giuseppe Barletta, Giovanni Brancaccio e Antonio De
Simone con l’assenza di Aniello Raffone, cav. Rossi Pasquale, Nicola Della Peruta, Achille
Del Monaco, Gavino Ardolino, Giuseppe Iorio, cav. Vincenzo Iadaresta, Francesco
Lombardi, Giuseppe Lombardi approvò in seconda lettura il progetto del cav. Mastellone
per la costruzione dell’acquedotto e per l’incanalamento delle acque di rifiuto della Città.
177
Capitolo diciannovesimo
Case popolari- Casa del Fanciullo
Case popolari
Il 19 ottobre 1946 fu costituito l’Istituto autonomo case popolari. L’assessore cav.
notaio Girolamo De Laurentis riferì: “che i Comuni avevano la facoltà di far costruire
direttamente le case popolari finanziandone con mutui da contrarre con la Cassa Depositi e
Prestiti a norma degli articoli 5 e 7 del Testo Unico legge per le Case popolari approvato
con Real Decreto novembre 1919. In base allo stesso decreto le Amministrazioni comunali
potevano costituire appositi istituti autonomi per la costruzione delle case conferendo ad
essi in tutto o in parte i capitali già assegnati per le case popolari. Gli istituti dovevano
essere riconosciuti con decreto del Capo dello Stato su proposta del Ministro dell’Industrie.
Per ragioni sociali, igieniche e economiche l’Amministrazione comunale poteva benissimo
far fronte al problema finanziario assegnandone la gestione ad un istituto nominato e
controllato dal Comune. Il Sindaco avv. Luigi Brancaccio sentiti i vari interventi ritenne
opportuno chiarire che la fondazione dell’Istituto autonomo della case popolari non vietava
alla costituente Società cooperativa sorta tra reduci e combattenti di poter costruire ed
acquistare case popolari come chiaramente sanciva l’art. 7 del T.U. il Sindaco inoltre fece
presente che la Cooperativa era costituita da muratori, falegnami, e fabbri e altri artigiani
che davano affidamento sia per la
conoscenza della loro arte che per la loro
onestà.
Il
Consiglio
comunale
all’unanimità approvò la proposta
dell’assessore riservandosi la facoltà di far
compilare il relativo statuto e la scelta
delle aree da adibire per la costruzione
delle case. L’anno dopo il Consiglio
scelse come area edificabile delle case la
zona urbana compresa tra via Starza, la
Nazionale Appia e via Montano.
L’8 novembre 1948 furono presi
Case popolari
provvedimenti per la costruzione di case e relativo
voto all’Ina-casa.
La Giunta comunale “Considerato che a seguito delle distruzioni belliche il Comune
aveva subito perdite e danneggiamenti di case in misura circa del 10%. Constatato che
l’incremento della popolazione era circa del 2,90%; che notevole era il numero degli
sfollati e di quelli rimasti senza tetto provenienti da Napoli e da altri centri viciniori
durante il periodo bellico; che il numero degli sfollati era consistente e avevano trovato
sistemazione quasi definitiva occupando quasi tutti gli edifici comunale disponibili e gran
parte della caserma Bixio la cui concessione era oggetto di revoca dal parte delle Autorità
militari. Considerato che per attenuare la sproporzione tra i vani disponibili ed i bisognosi
della popolazione occorrevano almeno 1.200 vani di nuova costruzione e che di tale
imperiosa necessità l’Amministrazione si dovette rendere conto fin dall’anno 1946 allorché
con deliberazione 14 dicembre il Consiglio comunale procedette alla costituzione
178
dell’Istituto autonomo delle Case popolari il cui corso ultimamente aveva subito la
restrizione imposta dalle Superiori autorità centrali”.
“Considerato che per il primo anno di applicazione del piano Fanfani era opportuno
contenere le richieste nei limiti dello stretto indispensabile. Considerato che nel Comune
privo di risorse industriali e povero di quelle commerciali vi erano attualmente oltre
duemila disoccupati su 28mila abitanti circa. Considerato che nel Comune che non
disponeva di suolo proprio si propose di espropriarlo nelle vicinanze dello scalo ferroviario
del Centro cittadino precisamente sulla via che menava a Napoli ove poteva ottenersi
un’estensione di suolo, sufficiente al fabbisogno costruttivo indicato di 1.200 vani al prezzo
attualmente corrente dalle lire 1.000 a lire 1.200 il mq.”.
La Giunta municipale assunti a se i poteri del Consiglio comunale a voti unanimi
deliberò di chiedere all’Ina-Casa la costruzione di 1.200 vani facendo voti che la relativa
fabbrica avesse inizio al più presto sia per soddisfare le esigenze impellenti della
popolazione che per portare un sollievo al problema della disoccupazione.
Il 7 febbraio 1949 fu fatto al Comune una richiesta di costruzione alloggi per lavoratori
(piano Fanfani).
Il Consiglio comunale presieduto dal gen. cav. Domenico Renga “visto la precedente
deliberazione n. 321 adottata nella seduta del 8 gennaio 1948 tenuto presente che il piano
Fanfani relativo all’incremento dell’occupazione operaia nella costruzione di case per
lavoratori di cui alla legge 20/2/1949 n. 43 entrata in vigore. Considerato che nel Comune
l’incremento della popolazione era del 2,90%; le famiglie degli operai e degli impiegati
rappresentavano il 20% dell’intera popolazione; la massima parte delle famiglie operaie
ed impiegatizie era malamente alloggiata ed una parte di essa era accampata in edifici
comunali (scuole) o di altri enti (ex caserma Bixio, ecc.). Visto che esisteva una forte
sproporzione fra i vani disponibili e la necessità locativa della popolazione con particolare
riguardo alla popolazione operaia e impiegatizia. Visto che occorreva senza frapporre
altri ritardi andare incontro alle suddette necessità locativa con la costruzione di nuovi
vani avvantaggiandosi della provvidenza del piano Fanfani per il quale erano in atto le
ritenute sui salari degli operai e sugli stipendi degli impiegati. Visto che la zona che si
presentava adatta per lo sviluppo delle dette costruzioni era la porzione a fronte del
mercato della lunghezza di m. 48 e della profondità di m.6 facente parte della maggiore
estensione di fondo riportato nel Catasto urbano di Maddaloni al foglio 9, particella
946/A”.
“Tenuto presente altresì che detta zona di mq. 288 poteva essere integrata con una parte
del suolo del Mercato di proprietà comunale. Considerato che il bilancio comunale poteva
affrontare la spesa per l’acquisto del detto suolo o con bonario accordo e con la procedura
di rigore. Considerato che lo stesso bilancio poteva far fronte alle spese per fognature,
servizi ed acquedotto, illuminazione strade il cui importo attesa l’ubicazione della zona ed i
servizi già esistenti era di modesto ammontare. Considerato infine che una volta ottenuta
l’inserzione nel piano dell’INA-Casa, approvato dal Ministero competente, delle nuove
costruzioni tutti gli uffici municipali avevano possibilità di fiancheggiare l’opera
dell’Amministrazione nelle diverse fasi amministrative, finanziarie e tecniche ed in
particolare l’Ufficio tecnico integrato con la prestazione professionale di un architetto e con
le attrezzature necessarie per far fronte a tutti gli apprestamenti concernenti la
progettazione, direzione, assistenza e contabilità sotto le norme del disciplinario che
179
avrebbe fissato l’INA-Casa”. Deliberò: Chiedere all’INA-Casa presso il Ministero del
Lavoro e della Provvidenza Sociale l’inserzione nel prossimo piano della costruzione di n.
150 vani per operai ed impiegati; prendere impegno di cedere all’INA-Casa a t titolo
gratuito mq 600 di terreno cosi come prescritto nelle premesse della presente deliberazione;
obbligarsi fin d’ora a costruire con fondi del bilancio comunale le fognature, la rete
dell’acquedotto e quella dell’illuminazione; chiedere all’INA-Casa che fosse attribuita al
Comune la funzione di stazione appaltatrice e dirigente dei lavori; dare ampio mandato al
Sindaco ed all’assessore ai Lavori pubblici per ogni ulteriore apprestamento e procedura”.
Il 24 ottobre 1949 fu deliberato la concessione del suolo e l’assicurazione dei servizi
per le case popolati con la relativa garanzia.
Il Presidente cav. Renga fece rilevare che al Comune di Maddaloni oltre
all’assegnazione di lire 90.000.0000 dell’INA-Casa per la costruzione di case per impiegati
ed operai erano stati destinati lire 38.000.000 dall’Istituto autonomo per le Case popolari di
Caserta di cui era Presidente l’avv. Angelo Grauso. La costruzione della case popolari oltre
a dare un tetto ai più bisognosi avrebbe dato lavoro a tanti disoccupati maddalonesi. Il cav.
Renga inoltre riferì che l’Istituto avrebbe proceduto alla costruzione di case con il patto che
dopo si sarebbe arrivato alla loro vendita. Il Comune oltre a fornire gratuitamente il suolo
occorrente ed assicurare i servizi di fognatura, illuminazione, stradali e idrici doveva
assumersi l’impegno di contrarre con la Cassa Depositi e Prestiti il mutuo dell’importo dei
lavori. Il pagamento dello stesso doveva essere garantito con la riscossione della
sovrimposta fondiaria ed in caso di insufficienza l’operazione doveva essere effettuata con
le Imposte comunali. Inoltre il Sindaco fece rilevare che dopo vari sopralluogo sul territorio
la scelta del suolo era ricaduta sulla zona denominata “Starza”che era già munita di una
strada comunale con marciapiedi, da condutture di acqua potabile e da un elettrodotto la cui
spesa non sarebbe stata molto onerosa. Con la costruzione della case popolari nasceva il
primo nucleo abitativo di un rione (attuale Starza). All’unanimità il Consiglio comunale
deliberò quanto proposto dal Sindaco.
Il 9 febbraio 1950 furono presi i provvedimenti per apprestare il suolo per la
costruzione di case popolari.
Il Sindaco gen. Renga iniziò la seduta affermando che la Direzione Edilizia Statale e
Sovvenzione del Ministero dei Lavori Pubblici avevano comunicato che in applicazione
della legge 2 luglio 1949 ed in relazione alle richieste di sovvenzioni avanzate dal Comune
il Ministero era disposto ad esaminare la possibilità di assegnare all’Amministrazione
comunale un contributo in misura costante del 4% per 35 anni sulla spesa di lire 20.000.000
da destinare al “programma costruttivo” della città. Il civico consesso doveva provvedere
con propri mezzi o con mutui da richiedere alla costruzione di abitazioni e doveva
presentare entro 90 giorni dalla data di comunicazione al Genio Civile gli atti relativi al
progetto con la dichiarazione di un Istituto di credito che avrebbe concesso il mutuo
occorrente. Nel frattempo erano in corso pratiche con la Cassa DD. e PP. e con il Banco di
Napoli per la concessione del mutuo di venti milioni specificando il suolo doveva essere
costruito il fabbricato. Aggiunse inoltre che egli in qualità di Presidente, per economia di
tempo, aveva incaricato l’ing. Luigi Giaquinto dell’Istituto provinciale delle Case popolari
di redigere il relativo progetto. In merito alla scelta del suolo si indicava la zona del
Mercato e precisamente una striscia di giardino di proprietà Assunta Renga ed il resto del
mercato stesso. Il consigliere Palmieri si fece portavoce del risentimento di alcuni ingegneri
180
locali per l’incarico assegnato ad un tecnico forestiero non ritenendo giusto l’operato del
Sindaco. In merito al suolo fece anche rilevare che il Comune già possedeva una zona di
terreno in Via Starza su cui dovevano sorgere le case popolari dell’INA-Casa e dell’Istituto
provinciale delle Case popolari. Sarebbe più giusto stato costruire anche le case in oggetto
nella stessa zona evitandosi cosi la spesa del suolo. Il consigliere Grauso si associò in linea
di massima a quanto detto dal Palmieri ritenendo opportuno che tutte le case popolari
fossero raggruppate in un solo posto alla proposta aderì pure il consigliere Iorio. Dopo
questi interventi il Presidente Renga confermò la sua precedente proposta di far sorgere il
fabbricato sull’area del Mercato ritenendo utile per il Comune che poteva meglio sfruttare i
terranei da adibirsi a negozi ed a servizi pubblici. Il Consiglio comunale approvò la
proposta del Sindaco con voti 14 favorevoli e 4 contrari.
Il 10 giugno 1950 fu accettata la convenzione
per il conferimento al Comune dell’incarico d’Ente
appaltatore per la costruzione alloggi INA-Casa. Il
Presidente gen. Renga per regolarizzare i rapporti
tra l’Ina-Casa e l’Ente comunale comunicò che
“l’Ente in questione aveva trasmesso lo scheda di
convenzione al Comune che è stata poi approvata
dal Consiglio comunale. Nello stesso anno furono
presi provvedimenti per l’area di edificazione della
gestione INA-Casa secondo anno. L’assessore ai
Lavori Pubblici riferì che la Gestione INA-Casa
con lettera del 15/6/1950 aveva notificato
l’assegnazione a favore del Comune di lire
51.000.000 per il piano del 2° anno (1950-51). In
seguito con lettera del 22 detto mese aveva chiesto
l’invio entro 15 giorni delle prime pratiche e cioè la
proposta dell’area con relativi allegati. Poiché già
esisteva una deliberazione che fissava l’area
Monumento ai Caduti
l’Ufficio comunale aveva risposto con nota del 4
riservandosi l’invio di altri documenti fra cui la deliberazione circa il titolo di cessione
dell’area alla Gestione predetta con le dichiarazioni prescritte. Riferì altresì che il
Consiglio doveva decidere l’acquisto ed il titolo di cessione dell’area all’INA-Casa che
com’era noto per il primo del 1° anno (1949-50) era stato gratuito. L’area proposta era
quella risultante dal disegno che l’assessore stesso fece esaminare ai singoli consiglieri
aggiungendo che le dimensioni erano obbligate dalla condizione espressamente dettata
dalla gestione INA-Casa che tra un fabbricato e l’altro doveva esservi una distanza di una
volta e mezzo l’altezza. Circa la spesa si aggirava sulle lire 700.000 che allo stato delle
cose sembrava troppo onerosa per il Comune onde a differenza dell’area per le costruzioni
del 1° anno, offerta gratuitamente, quella per le costruzioni del 2° anno doveva purtroppo
essere ceduta a titolo oneroso gravandola sulla somma di lire 51.000.000 assegnate. Il
consigliere Palmieri chiese di evitare possibilmente l’occupazione del terreno del
Mendicomio unico patrimonio dell’Istituto benefico. L’assessore Grauso fece osservare
che esisteva già un piano di massimo per la costruzione degli edifici. A questo punto si
accese una discussione cui parteciparono anche i consiglieri Tammaro, Palmieri, Grauso e
181
Iorio circa la opportunità o meno di costruire in altro posto le case in parola”.
Dopo l’ampia discussione il Presidente propose di indicare alla Gestione INA-Casa la
zona per le nuove costruzioni ricadente tutta nella proprietà Goglia di cedere l’area a titolo
oneroso e di far le dichiarazioni richieste dalla suddetta gestione. Il Consiglio inteso
l’esposizione dell’assessore ai LL.PP. e tenuta presente le discussioni svoltasi deliberò:
“Indicare l’area di mq. 3.330 segnata nella pianta dell’Ufficio tecnico comunale ed
appartenente agli eredi Goglia su cui dovevano essere progettati ed indi costruiti gli
alloggi; cedere alla Gestione l’area stessa a titolo oneroso facendo ricadere la relativa
spesa sulla somma segnata di lire 51.000.000; impegnandosi a provvedere a spese del
Comune alla sistemazione della strade entro la fine delle costruzioni e dotare le case dei
servizi pubblici mancanti”. Il Presidente dichiarò inoltre che l’area non era soggetta a
vincoli di natura paesaggistica, monumentale ed archeologica.
Casa del Fanciullo
Il 9 ottobre 1947 il Reverendo Don D’Angelo Salvatore fece istanza per
l’autorizzazione ad occupare parte dell’ex caserma Bixio per fini espressamente educativi.
La Giunta municipale presieduta dal Sindaco avv. Luigi cav. Brancaccio vista l’istanza
del 13 settembre 1947 con cui il rev. Don Salvatore D’Angelo, presidente della
sottosezione interprovinciale della Pontificia Commissione di assistenza si rivolgeva
all’Amministrazione comunale per aver appoggio morale e materiale con relativo parere
favorevole per la cessione dell’ala vanvitelliana dell’ex caserma Bixio dove poter istituire
un centro per l’educazione dei fanciulli della strada.
“Considerato che il nobile proposito del rev. D’Angelo di trasformazione in una
istituzione permanente la colonia continua per l’assistenza di cento bambini accolti
durante l’estate meritava l’incondizionato plauso dell’Amministrazione municipale che si
182
riservava di venire incontro alle necessità dell’istituendo collegio con i mezzi finanziari
consentiti dalla situazione economica”. “Osservato che dei cento bambini da assistere in
modo permanente, una metà poteva essere ammessa all’educandato con il pagamento di
una quota molto modesta da parte delle famiglie interessate e l’altra metà veniva
ricoverata con l’esenzione di qualsiasi pagamento e quindi con l’onere completo di
mantenimento a carico dell’ente”. “Vista la recente comunicazione del Ministro
dell’Interno che dava facoltà al Comune di utilizzare i locali dell’ex caserma Bixio per
alloggio dei senza tetti e sinistrati previa autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei
Ministri”. “Constatato che della vastissima caserma Bixio dopo l’alloggio delle cennate
categorie di persone restavano ancora disponibili molti altri locali che potevano, senza
inconvenienti, assegnarsi alla nascente istituzione”. La Giunta municipale deliberò:
“rivolgere un voto di plauso al rev. Don Salvatore D’Angelo per l’opera “indefessa” che
aveva “spiegato” a favore dei bambini della strada e per il proposito di accogliere gli stessi
in un istituto permanente di educazione; rivolgere all’On. Presidente del Consiglio dei
Ministri viva premura perché si compiacesse autorizzare l’Amministrazione a concedere a
beneficio dell’istituendo collegio per i bambini l’ala vanvitelliana della caserma Bixio
come risultava dalla pianta che si allegava alla deliberazione consiliare”.
Il 29 novembre 1947 l’Amministrazione comunale assegnò un contributo a favore
della Casa del Fanciullo. La Giunta comunale “visto che gli utili del mercato riscossi da
mediatori erano stati destinati fino allora a favore della Commissione dei festeggiamenti
del Santo Patrono e metà a favore dei reduci per assistenza e simili; visto che la direzione
della Casa del fanciullo di recente istituzione aveva indetto una sottoscrizione per
raccogliere fondi per il funzionamento dell’istituto rivolgendo anche al Comune una
richiesta di contributo; considerato che allo stato delle cose il Comune si trovava nella
impossibilità di corrispondere somme con prelevamento dalla cassa comunale; ritenuto
che si poteva concorrere alla benefica opera devolvendo parte degli utili destinati ai
festeggiamenti del Santo Patrono precisamente quelli ricadenti nel periodo 1° novembre
1947 al 30 aprile 1948”. La Giunta a voti unanimi deliberò il contributo alla Casa del
fanciullo. Nell’anno successivo la stessa approvò un contributo di 20.000 lire allo stesso
istituto.
Il 15 luglio 1948 l’assessore Palmieri
propose di dare gratuitamente la
fornitura della luce e dell’acqua alla
Casa del fanciullo. La Giunta comunale
intesa la proposta del Palmieri rilevato
che
per
delicatezza
essendo
l’Amministrazione
consiliare
dimissionaria la rinviò all’esame dalla
nuova amministrazione. Il 29 dicembre
1949 fu deciso di dare dal nuovo
Consiglio un contributo alla Casa del
Fanciullo. Il Presidente cav. generale
Ala vanvitelliana– Casa del Fanciullo
Domenico Renga riferì: “Come è a tutti noto,
all’inizio del periodo della ricostruzione materiale e morale della Nazione, anche in questo
183
Comune, per iniziativa del giovane sacerdote Don Salvatore D’Angelo, sorse un ricovero
per fanciulli, che in quanto orfani o appartenenti a famiglie bisognose, vivevano in uno
stato di abbandono sotto il profilo morale e educativo oltre che materiale. Il giovane
sacerdote, con amore di Apostolo, dedicando tutte le sue energie alla nobile istituzione,
che chiamò “Casa del Fanciullo” e attingendo alle più varie fonti i mezzi occorrenti ha
bonificata buona parte del ceto povero della città, raccogliendo quasi 200 fanciulli, a cui
viene fornito tutto quanto è necessario alla vita dei piccoli alimentazione, istruzione,
vestiario, alloggio, ecc. da renderli modelli di disciplina e di educazione e riscuotendo
l’ammirazione di quanti conoscono la vita dei ricoverati. Con l’autorizzazione del
Comune, a sua volta autorizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Casa del
fanciullo occupa fin dalla istituzione tutta l’ala vanvitelliana dell’ex caserma Bixio. La
detta caserma è ora passata all’Amministrazione militare, i cui rappresentanti
apprezzando i risultati conseguiti della nobile opera del sac. D’Angelo, hanno plaudito ed
hanno promesso ogni interessamento, perché la benefica istituzione continui, indisturbata,
ad usare tutti i locali dell’ala vanvitelliana. Alla vita della Casa del Fanciullo, concorrono
la Pontificia Commissione di Assistenza, parecchie famiglie cittadine ed il Comune. Il
Comune concorre con la fornitura dell’acqua potabile e dell’illuminazione elettrica,
contributo molto modesto quello del Comune, quando si pensa che la Casa del Fanciullo,
ricovera gratuitamente oltre cento ragazzi di Maddaloni – gli altri sono forestieri – onde si
ravvisa la necessità di regolare in maniera adeguata il cennato contributo, che potrebbe
essere costituito della fornitura gratuita dell’energia elettrica: kw 8 giornalieri per
l’illuminazione e kw 20 per forza motrice, rimanendo a carico dell’Istituto la spesa del
consumo eccedente, dell’acqua potabile e di una somma in danaro di lire 150.000 annue,
pagabili a rate bimestrali, oltre beninteso l’appoggio morale, che tutti debbono dare e
specie il Comune, perché la benefica opera si sviluppi maggiormente. Il Comune, non vi è
dubbio, fiancheggerà l’opera di apostolo di carità cristiana, intrapresa dal Sac. D’Angelo
e principalmente dovrà attivarsi perché i locali restino a disposizione della Casa del
Fanciullo tanto più che i ragazzi incominciano ad apprendere alcuni mestieri:
falegnameria, tipografia, ecc. di cui l’Istituzione già dispone l’attrezzatura, oltre
l’insegnamento elementare di cui esistono regolari scuole”.
Il Presidente propose che la Giunta consacrassi in questo deliberato quanto egli aveva
esposto perché restasse a garanzia dell’impegno doveroso del Comune di contribuire al
funzionamento e sviluppo della filantropica istituzione. La Giunta intesa quanto il
Presidente aveva riferito ed aderendo alla iniziativa di rivedere e definire la maniera e la
misura del contributo morale e materiale del Comune alla Casa del Fanciullo a voti
unanimi deliberò: “Approvare la proposta del Sindaco di contribuire al funzionamento
della Casa del Fanciullo come detto sopra; impegnare la stessa Giunta a fiancheggiare
l’opera filantropica del Sac. D’Angelo al quale il Comune prometteva anche un
appassionato interessamento morale perché l’istituto fiorisse conseguendo sempre migliori
risultati a beneficio di bisognosi e con la formazione di buoni cittadini”.
184
Capitolo ventesimo
Il colera
Il colera del 1910
14 novembre 1910 l’assessore delegato dr. Raffaele Rienzo su autorizzazione del
Sindaco dr. Alfonso Raffone lesse la sua relazione sulla recente epidemia colerica che si
era sviluppata a Maddaloni: “Onorevoli Colleghi dopo la triste pagina di dolore scritta dal
nostro paese con la recente epidemia colerica ora che la triste parentesi è stata chiusa per
sempre e la Sanità pubblica ristabilita mi è grado rilevare in questo momento come nulla è
stato tralasciato da parte dell’Autorità e dai cittadini per arrestare il morbo nel suo corso
fatale. E io credo di leggervi nel cuore che dato il momento ed il pericolo eccezionale
corso dalla nostra Città non si possa meglio inaugurare i nostri lavori autunnali
ricordando alla pubblica Amministrazione tutti coloro che nella recente calamità si sono
resi veramente benemeriti della pubblica salute. Per prima cosa bisogna ricordare il Capo
della Provincia il quale si recò personalmente nel nostro Comune dandoci consigli e aiuti
e chiese l’intervento del Governo centrale e l’Amministrazione comunale che dal Sindaco
al consigliere, dall’impiegato al salariato, a tutti dipendenti del Comune è stata tutta una
gara continua e mirabile di attività e di sacrificio che ha rappresentato la prova più bella
del civismo più evoluto e progressivo. Debbo invece ricordare l’opera inaudita, spontanea
efficacissima del nostro rappresentante politico On. Avv. Agostino Santamaria il quale al
primo apparire del morbo è corso in mezzo a noi senza badare ai disagi e pericoli di
contagio si mise a disposizione dell’Amministrazione e dell’intero paese visitando le zone
infette della Città, le case dei colpiti ed il Lazzaretto elargendo ovunque conforto e sussidi
per i più bisognosi. Degno del maggior encomio è il Corpo sanitario locale retto
dall’instancabile Ufficiale sanitario dr. Vincenzo Borgia, corpo sanitario che ha dato
l’esempio più luminoso di abnegazione in tutte le ore, in tutti i momenti di giorno e di notte
dimostrando ancora una volta che all’avanguardia di ogni progresso civile ci sono sempre
i medici. I veri eroi della lotta anticolerica sono stati i due medici relegati laggiù nel
Lazzaretto: il direttore dr. Benedetto Quintavalle e il dr. Filippo Renga un distinto giovane
esordiente che ha avuto il battesimo del fuoco iniziando nel modo più onorifico e brillante
la sua carriera scientifica con gli auspici di un radioso avvenire”.
“Ricordo ancora il Corpo sanitario militare diretto dal cap. Ciauri e la Croce Rossa che
collaborarono con noi per arrestare il dilagarsi del morbo. Nella luttuosa circostanza anche
il Clero della nostra Città ha risposto prontamente all’appello ovunque veniva richiesta la
sua opera rivelandosi come sempre all’altezza della sua nobile e santa missione. Al
Lazzaretto fu distaccato un Cappellano fisso nella persona del dr. Giuseppe Renga. Anche
mons. Cosenza Capo illustre della nostra diocesi è venuto a visitare due volte il nostro
Lazzaretto per portare oltre la sua dolce parola sussidi per quei poveri infelici colpiti da
morbo. In ultimo chiedo che tutte le Autorità militari, civili ed ecclesiali siano dovutamente
ringraziati dal Consiglio comunale”.
Visto che l’epidemia era stata debellata l’assessore propose al Consiglio comunale di
chiedere a S. E. On prof. Luigi Luzzatti Presidente del Consiglio dei Ministri l’immunità
del nostro Comune e di votare il seguente O.d.G.: “Considerato che le condizioni sanitarie
di Maddaloni sono di ben otto giorni migliorate al segno di potersi ritenere il Comune
completamente immune da qualsiasi epidemia e specie della infezione colerica.
185
Considerato che si rende indispensabile la dichiarazione di immunità del Comune
soprattutto perché essendo Maddaloni un centro importante specie sotto il rapporto del
commercio e delle industrie che se perdurava la dichiarazione di zona infetta ne avrebbe
risentito principalmente il loro incremento e sviluppo. Esprimendosi perciò seduta stante
uno speciale voto al Governo del re perché per le sue esposte ragioni si dichiari subito
immune il Comune di Maddaloni dall’epidemia colerica adottandosi il trattamento già
usato ad altre città come a Napoli”. Il Consiglio comunale all’unanimità approvò la
proposta dell’assessore Rienzo.
14 novembre 1910 su parere
dell’Ufficiale sanitario dr. Vincenzo
Borgia l’assessore dr. Rienzo
delegato all’Ufficio d’igiene e Sanità
pubblica lesse una seconda relazione
sull’epidemia colerica: “On. Colleghi
dopo una lotta titanica sostenuta e
vinta in nome dell’umanità e della
scienza contro la recente epidemia
colerica che ha seminato la morte in
tante famiglie del nostro Comune
spetta a me l’onore come delegato
alla Pubblica igiene d’informare il
Consiglio comunale di quanto si è
fatto per combattere il morbo ferale.
Iniziato in una forma rapida e
fulminea che avrebbe assunto
proporzioni molto vaste se non si
fosse intervenuto subito e con
provvedimenti adeguati e risoluti.
Nella mia ultima relazione lasciai
qualche lacuna involontaria che oggi
S. Michele - patrono della città di Maddaloni
può essere colmata perché il nostro
Ufficiale sanitario Dottor Vincenzo Borgia ha presentato Sindaco una pregevole relazione
sull’epidemia colerica che riproduce fedelmente quel periodo turbinoso attraversato dal
nostro paese. Ho letto la relazione e l’ho ponderata: è un lavoro minuto, esatto, sobrio,
coscienzioso, onesto, intelligente e scrupoloso che senza giro di parole e tentennamenti
descriva tutto il suo operato. E’ la storia particolareggiante di un momento doloroso
percorso dal nostro paese raccontata con forma piana e semplice senza fronzoli e retorica
ma che ha tutta la sua classica importanza perché non è la statistica nuda e cruda di
quanto è successo con l’enunciazione di quanto hanno fatto le Autorità per debellare il
morbo, ma è una pagina intera della nostra vita paesana di due o tre mesi completamento
sospesa con i suoi palpiti, le sue ansie, le sue emozioni e i suoi timori ed anche i suoi
pregiudizi sotto il nerbo di una grave iattura. Per i doveri inerenti alla mia carica sento
l’obbligo più d’ogni altro di esternare pubblicamente all’ottimo funzionario il mio alto
186
compiacimento sicuro che sarà condiviso indubbiamente da quanti siamo qui raccolti. Ad
illuminare il Consiglio di quanto fatto dalla nostra Amministrazione comunale nella
luttuosa circostanza credo opportuno innanzitutto dividere tutta l’epoca nefasta in due
grandi periodi: uno che precede l’epidemia che io chiamerò “Periodo preemidemico o
preventivo” e un altro proprio della epidemia “Periodo epidemico”.
“Il primo periodo preventivo iniziò nel mese di agosto quando le voci di colera di paesi
a noi vicini specie di Napoli ci arrivavano più insistenti inducendoci cosi a premunirci
contro una possibile invasione del morbo data la loro vicinanza e la comunanza di rapporti
quotidiani dei nostri cittadini con Napoli. Dietro il parere dell’Ufficiale sanitario come
primo passo l’Amministrazione decise di intensificare la vigilanza igienica del suolo e
dell’abitato. A tale uopo si migliorò lo spazzamento aumentandone il personale che oltre a
tenere le vie pulite nel miglior modo possibile servì anche a fare sgombrare i vicoli dei
Formali e della Pintime delle materie ingombranti che potevano essere fonte d’infezione. Si
aumentarono le visite dei cortili e si ottenne che pur data la vasta estensione del paese e la
natura eminentemente agricola della sua popolazione si riuscì in grandissima parte a
sradicare annose e secolari abitudini incivili e pericolose intervenendo anche con l’imperio
della legge. Si intensificò la vigilanza sanitaria sulle derrate alimentari si intensificò la
vigilanza sanitaria con continue e ininterrotte ispezioni ai pubblici esercizi. Furono fatte
ordinanze per la pulizia dei pozzi, delle cisterne e dei pozzi neri nonché per l’immediato
trasporto fuori dell’abitato degli animali domestici, capre, maiali. Fu vietata la vendita del
pesce in genere, del baccalà, dei fichi, dei cocomeri e fu impedita l’introduzione dei capelli,
dei mobili usati. Per meglio controllare l’igiene pubblica e privata il territorio comunale fu
diviso in 6 zone ciascuna affidata ad una speciale Commissione detta di “Vigilanza”
composta ognuna di uno o più consiglieri, di alcuni giovani volenterosi della Croce Bianca
offertesi spontaneamente e di un Agente comunale. Ogni Commissione aveva il compito di
visitare la propria zona palmo per palmo riferendo poi in apposita relazione gli sconci
rivenuti ed i punti dove bisognava provvedere con urgenza. In seguito ai rapporti delle
Commissioni l’Ufficiale sanitario non mancò di metter in atto quanto consigliato e
suggerito da queste.
“Il 19 agosto 1910 il Sindaco Raffone ricevette un telegramma dal Sindaco di Trani in
cui lo metteva in allarme essendosi verificato un caso di colera ad un commerciante di vino
presso il quale si rifornivano alcuni cittadini maddalonesi. Incaricò subito l’Ufficiale
sanitario di effettuare la vigilanza sanitaria allo scalo ferroviario di Maddaloni Superiore
per i viaggiatori e il dottor Antonio Pugliese veterinario comunale per le bestie provenienti
dai luoghi infetti. Per tutta la campagna colerica medici condotti intensificarono la
vigilanza sanitaria in ambo gli scali ferroviari di Maddaloni Inferiore e Superiore visitando
e disinfettando i viaggiatori e i loro effetti. Si istituirono alla stretta dipendenza
dell’Ufficiale sanitario delle squadre per disinfettare le vie e le fogne della città con
abbondanti lavaggi di latte di calce ed acido fenico a “Cresofenal” della Ditta Libretti e
Dozza di Novara. Per evitare la diffusione del morbo l’Amministrazione comunale fece
isolare e curare nel Lazzaretto che lo dotò degli strumenti necessari e di personale medico e
infermieristico. La nuova organizzazione del Lazzaretto ci ha procurato l’encomio solenne
dell’Ill.mo prof. Ungano medico provinciale di Caserta e di tutte le Autorità scientifiche
che vennero per ragioni d’ufficio a visitarlo. Con l’allestimento del Lazzaretto si chiuse il
primo periodo preventivo”.
187
“Dal 22 settembre al 7 novembre 1910 si ebbe il secondo periodo epidemico. La sera
del 22 settembre un’abitante di Miano presso Napoli dove si erano avverati alcuni casi di
colera si trasferì nella nostra città presso una sua parente abitante in via Altomari.
L’Ufficiale sanitario e il medico condotto dr. Alfredo Vico visitandola la dichiararono
affetta da colera immediatamente la fecero ricoverare al Lazzaretto. La casa dove era
stata ospite fu subito disinfettata e chiusa e abbondantemente furono disinfettate tutte le
case adiacenti. In seguito a questo primo caso la direzione del Lazzaretto fu affidata al
medico della borgata dottor Benedetto Quintavalle coadiuvato da un servizio di 7 suore
della Carità, da un custode, da 4 infermieri, un servizio di guardie campestri per la polizia
locale che in seguito fu anche disimpegnato dai Reali carabinieri, un servizio di lavanderia
con 3 lavandaie e da un servizio di disinfezione fornito dalla Prefettura di Napoli con
personale ad hoc. La Prefettura subito inviò nella nostra città il prof. Ungaro che fece
subito mettere in moto tutti i mezzi necessari per arrestare o limitare il morbo sul suo
nascere. Il 25 settembre si ebbe il primo caso indigeno di colera in via Ponte Carolino
presso i Mulini e nella notte dal 25 al 26 fu colpita una zingarella che andava chiedendo
l’elemosina nei vari vicoli dei Formali. Il 28 settembre si ebbe il primo decesso seguito
dopo pochi giorni da un altro. L’8 ottobre furono denunziati 5 casi di cui 4 decessi seguiti
da morte; il 9 cinque casi con quattro decessi; il 12 5 casi con 3 decessi; il 13 4 casi con 2
decessi, il14 4 casi con 2 decessi; il giorno 15 6 casi con 3 decessi; i 16 1 caso seguito da
morte; il 17 2 casi con 1 decesso; il 18 3 casi con2 decessi; il 19 1 caso; il 21 2 casi con un
decesso; il 22 1 caso; il 23 1 caso; il 24 1 caso; il 25 1 caso con decesso; il 27 1 caso; il 29
2 casi con due decessi; il 2 novembre 1 caso con decesso; il 6 novembre 1 caso con
decesso. Riepilogando al 6 novembre si ebbero 59 casi con 33 decessi di cui 7 trovati morti
nelle loro case, 26 morti su altrettanti usciti guariti dal Lazzaretto che si può dire si ebbero
il 50% di guarigioni.”.
“I medici addetti al Lazzaretto
erano il direttore dr. Benedetto
Quintavalle
medico
pratico,
provetto e coscienzioso era già
noto per le passate battaglie
combattute e vinte e l’altro il dr.
Filippo Renga un distintissimo
giovane esordiente. Escludendo il
caso importatoci da Miano che non
ebbe alcun seguito quale sarà stata
la causa vera del colera a
Maddaloni?
Una
causa
apprezzabile
si
potrebbe
presumibilmente riscontrare nel
contatto avuto per diversi giorni da
Massaie che si recano al lavatoio pubblico
una persona di S. Antimo con
la famiglia di via Ponte Carolino per ragione di commercio che morì di colera appena
rientrata al proprio paese. Un’altra causa apprezzabile poteva essere che la suddetta
famiglia avrebbe ricettata dei sacchi vecchi venuti dal Cerignola nel colmo del colera che
non furono sottoposti a disinfezione. La ragione poi perché l’infezione si limitò ad una sola
188
zona della Città e propriamente a quella lunga la linea del Formale si deve ricercare nella
causa derivante dall’uso dell’acqua del Formale dalla popolazione fu inquinata da una
donna del Rione che a scopo di lucro lavò la biancheria di individui morti di colera nel
Formale. Gli abitanti del luogo quindi bevendo la detta acqua furono senza dubbio infettati.
Sviluppatosi l’infezione in un modo abbastanza violento incombeva all’Amministrazione
l’obbligo di limitarla quanto più possibile ed evitarne la diffusione in altre zone della Città.
Cosi si adottò il sistema che i colpiti venissero subito trasportati al Lazzaretto ed i restanti
membri delle loro famiglie isolati in un locale appartato dello stesso per cui
l’Amministrazione comunale fu costretta ad acquisire altri due locali in prossimità della
struttura sanitaria per alloggiare gli isolati ed i convalescenti. I due nuovi locali furono
puliti e disinfettati e recintati con reti metalliche di palafitte e quello adibito ad infermeria
fu completamente isolato dagli altri locali di convalescenza e di isolamento tramite
chiusura con reti metalliche mentre alle finestre furono applicati fitte reti moschiere. Inoltre
per l’isolamento delle famiglie dei colpiti su intervento dell’On. Santamaria il Ministero
degli Interni inviò due grosse tende ognuna capace di 18 letti e 4 dello stesso tipo ciascuna
capace di 6 posti letti”.
“Il 12 ottobre il Prefetto di Caserta inviò il capitano medico dr. Rosolino Ciauri come
Commissario tecnico prefettizio che aveva alla sua dipendenza il tenente medico della
Croce Rossa dr. Luisi, il sottotenente medico dr. Ingravalle ed il sottotenente medico della
Croce Rossa dr. Rocchi e 22 militi della Croce Rossa. Dopo aver espressa la sua sincera
ammirazione per il modo esemplare come procedevano i molteplici servizi sanitari il
Ciauri suggerì al direttore del Lazzaretto di farsi coadiuvare dal giovane Renga e che
all’Ufficiale sanitario fosse affidato la direzione del servizio sanitario facendosi aiutare
nelle sue molteplici mansioni da un turno di servizio fatto da altri medici di giorno e di
notte. Bisogna ricordare che tutti i medici, niuno escluso, dal primo insorgere del male
avevano già risposto all’appello dell’Amministrazione comunale e fra di essi il dr. Michele
Correra si offerse volontariamente prima di tutti durante il periodo preventivo. Con
orgoglio posso dire il Corpo sanitario maddalonese diretto dall’Ufficiale sanitario dr.
Borgia è stato degno del maggiore encomio dando prova della maggiore attività ed
abnegazione trovandosi sempre pronto in tutte le ore là al posto di combattimento. Da
questo proposito debbo protestare con tutte le forze dell’animo mio e respingere
sdegnosamente la vigliacca ed insulsa insinuazione che si è voluto fare contro il nostro
rispettabile Corpo sanitario dicendo che i medici di Maddaloni si fossero rifiutati nell’ora
del pericolo e che perciò l’Amministrazione comunale fosse stata costretta a requisire
medici da fuori a 30 lire al giorno ognuno. I medici di Maddaloni per chi mal sappia o
mostri di ignorarlo per nobiltà di sentire e per altezza di carattere ed anche “modestia a
parte” per capacità non sono secondi a nessuno e nella luttuosa circostanza tutti
indistintamente diedero dato prova del maggiore sacrificio e del più forte coraggio
riscuotendo dovunque plauso generale dall’intera cittadinanza.
“Il 15 ottobre il Prefetto della provincia comm. Carnevali insieme ai professori Ungano
e Satta della Direzione di Sanità venne a Maddaloni per assicurarsi “de visu” del modo
come procedevano i servizi. Visitò la zona infetta nonché il condotto del Carmignano che
con la sua acqua inquinata aveva seminato tanti morti. Il Prefetto approvò l’operato
dell’Amministrazione comunale di aver chiuso il condotto del Formale e promise di
interessarsi vivamente perché l’acqua del Serino già richiesta dal Comune non fosse mai
189
mancata giornalmente alla popolazione specie nella zona infetta. Il giorno 7 ottobre con
l’avvenuta concessione dell’acqua del Serino incominciò la distribuzione gratuita che durò
fino al 15 dicembre. La distribuzione avveniva mediante botti cariche d’acqua miracolosa
trasportata su carri che si fermavano nelle piazze e nei punti fissati dall’Amministrazione
comunale. Il maggior quantitativo dell’acqua era dato agli abitanti della zona infetta. Per
facilitare la distribuzione dell’acqua i seguenti cittadini si offrirono spontaneamente:
Giuseppe Cortese fu Giovanni mise a disposizione un numero considerevole di botti nuove
per il trasporto dell’acqua del Serino dallo scalo ferroviario al centro della città invece
Luigi Cielo fu Pietro e Clemente Barletta fu Gianbattista diedero le loro pompe per far
travasare l’acqua dai serbatoi dei carri ferroviari alle botti. Per la distribuzione dell’acqua
nei diversi punti della Città e per il mantenimento dell’ordine pubblico il Tenente
Colonnello della Real Guardia di Finanza cav. Silvestri mise a disposizione 100 guardie di
finanza di cui alcuni furono destinati allo scalo ferroviario inferiore per servizio di pubblica
sicurezza all’arrivo dei treni”.
“Su parere dell’Ufficiale sanitario e del
Commissario
prefettizio
l’Amministrazione
comunale per evitare la diffusione del morbo
emanò alcune ordinanze sanitarie: la chiusura
anticipata delle osterie e delle cantine, la
proibizione della vendita della verdura, la
disinfezione dei pozzi neri e delle abitazioni e
l’imbiancamento di tutti i vani terranei. Per
venire incontro i cittadini l’Amministrazione
comunale fornì gratuitamente una grandissima
quantità di calce all’intera popolazione. Nel
momento della nostra disgrazia e del nostro
dolore l’Autorità politica non ci ha fatto mancare
il suo massimo confronto ed il più valido
appoggio. Nel periodo dell’epidemia non sono
mancate le solite voci dei malevoli che erano
arrivati ad insinuato che qualche nostro
sacerdote non avrebbe prestato soccorso nelle
case dei colpiti. Tutto questo era solo malignità.
L’Arciprete canonico Don Salvatore Marotta
correva ovunque c’era bisogno della sua opera
invece don Giuseppe Renga esplicò la funzione di cappellano presso il Lazzaretto per tutto
il periodo del morbo. Anche le Suore della Carità esercitando l’assistenza agli infermi con
sacrificio ed abnegazione. Inoltre due agenti comunali si sono distinti nell’espletamento
dei loro compiti: il Comandante delle Guardie municipali urbane Leonardo Romeo che nel
pieno esercizio delle sue funzioni fu attaccato di colera in forma gravissima scampando
miracolosamente e il vigile sanitario Domenico Cerreto che diede anche lui prova di
coraggio, di abnegazione e di sacrifici. Né si deve dimenticare l’opera prestata dal Corpo
delle Guardie municipali campestri dirette dal solerte sottocapo Giovanni Piscitelli. Fin
dall’inizio del morbo si cominciò col rinforzare l’unità daziaria per intensificare la
vigilanza sanitaria e impedire alle persone affetti o sospetti d’introdursi in paese per le vie
190
rotabili eludendo cosi la sorveglianza sanitaria degli scali ferroviari. Furono intensificati
il servizio di piantonamento alle case dei colpiti; il servizio di pulizia al Lazzaretto e il
servizio di mantenimento dell’ordine pubblico per la distribuzione dell’acqua del Serino.
Infine l’assessore propose che il Sindaco con l’intero Consiglio di conferire un encomio e
scrivere nel libro d’oro il nome del dr. Vincenzo Borgia ufficiale sanitario del Comune di
Maddaloni”.
Nella stessa data la Giunta propose di compensare con una speciale rimunerazione
l’opera del personale che prestò servizio in quei giorni tristi: “Dr. Borgia Vincenzo
(Ufficiale sanitario 800 lire, dr Quintavalle Benedetto (medico condotto incaricato della
direzione del Lazzaretto 800, dr.Vico Alfredo (medico condotto) 300, dr. Iorio Gabriele
(idem) 300, dr. Pugliese Antonio (veterinario comunale) 200, Cerreto Domenico (vigile
sanitario) 200, Romeo Leonardo (Capo guardie municipali) 200, Vairo Felice (addetto alla
direzione di diverse squadre per il servizio di disinfezione) 200, Renga Sac. Giuseppe
(cappellano al Lazzaretto) 100. Personale della segreteria: Alfonso avv. Lerro (Segretario
capo) 200, Francesco Della Monica (Vice-segretario) 150 e gli impiegati cav. Leonardo
Boschi 120, Paolo Muoio 120; Giacomo Lerro 120, Tito Patrelli 120, Francesco Bove 120,
Leonardo Vitale, 120, Francesco Calzolaio 120, Vincenzo Lombardi 120, Domenico Rossi
120, Giuseppe Rienzo 120 e Ettore Apperti 120. Uscieri, messi e portieri municipali:
Francesco Della Ventura 60, Angelo Guerrieri 60, Antonio Galasso 60, Raffaele Roberti
60, Pasquale Romeo 60 e Felice Ginolfi 60. Guardie municipali urbane: Salvatore
D’Ambrosio 60, Antonio Pipiciello 60, Raffaele Bernardo 60, Saverio Ricciardi 60 e
Domenico Bruno 60. Guardie campestri effettive: Giovanni Piscitelli (sottocapo) 200,
Giuseppe Rivetti 100, Vincenzo De Nicola 100, Antonio Arciero 100, Alfonso Vinciguerra
100, Antonio Centore 100, Antonio Savinelli 100, Luigi De Francesco 100, Antonio
D’Angelo 100, Vincenzo Stravino 100, Luigi De Rosa 100, Domenico Carozza 100,
Antonio Bove 100, Luigi Monteforte 100, Luigi Rivetti 100, Silvestro Nuzzo 100, Raffaele
Eliseo 100, Raffaele Savinelli 100, Antonio De Lucia 100, Antonio Spallieri 100. Guardie
campestri di riserva ( alla ragione di lire tre al giorno tenuto conto che dovettero
abbandonare per due mesi ogni loro privato lavoro che costituiva l’unica fonte di lucro
ebbero lire 180 ciascuna): Luciano Ventrone, Francesco Esposito De Lucia, Salvatore De
Rosa, Giuseppe Cortese, Pasquale Di Benedetto, Antonio Schioppa, Pietro Antonio e
Antonio De Rosa. Becchini del Cimitero: Nicola Pisanti 40, Tommaso Iorio 40, Antonio
Iorio 40, Salvatore Maccarone 40, Antonio Rodriques (Vice custode del cimitero) 50.
I medici del Corpo sanitario locale che furono premiati con medaglie d’oro erano:
Assuma Ignazio, Nicola Correra, Andrea Delli Paolo, Filippo Renga, Domenico Letizia,
Clemente Barletta, Filippo Iorio, Nicola Iulio, Vincenzo Borgia (Ufficiale san.), Alfredo
Vico, Benedetto Quintavalle e Gabriele Iorio. Il personale sanitario, i volontari della Croce
Bianca e le suore di Carità furono premiati con una medaglia d’argento. Per essere rimasto
45 giorni al Lazzaretto il dr. Filippo Renga oltre alla medaglia gli fu dato il compenso 450
lire. La medaglia d’oro da un lato aveva inciso lo stemma del Comune e la scritta: “il
Municipio di Maddaloni” e dall’altro lato: “Al Dottore………..benemerito della pubblica
salute. Colera 1910”. Invece le medaglie d’argento avendo la grandezza di un doppio soldo
portavano inciso da un lato: Ai benemeriti della pubblica salute. Colera 1910” e dall’altro il
Comune di Maddaloni con lo stemma. La spesa complessiva pagata per tutto il personale
sopra elencato ammontò a dì lire 11.680.
191
Il 21 gennaio 1911 per far fronte alle ingenti spese per la profilassi anticolerica
l’Amministrazione comunale chiese un mutuo alla Cassa Depositi e Prestiti. Il Presidente
dr. Raffone riferì che le spese sostenute dal Comune in occasione della recente epidemia
colerica ammontavano a circa 37mila lire pagate in parte con le 12.500 lire elargite dal
Governo. Restavano quindi da pagare le altre spese cosi suddivise: per calce 2221 lire;
trasporto di disinfettante, distribuzione di acqua del Serino e spese per la stampa,
corrispondenza e per piccoli servizi 2892,95; trasporto colerosi, fornitura di casse funebri
e per gli operai del Lazzaretto 857,50; indennizzi di danni, concessionari di alloggi e vitto
795,75; arredamenti ed il funzionamento del Lazzaretto ed uffici Sanitari (lavori per la
riattazione del locale, viveri, ecc 9830,75; nolo di vetture e biciclette per la Croce Bianca
1463,75, mercede ad operai adibiti alla disinfezione delle vie 3803,05; rimunerazione al
personale sanitario ed amministrativo che prestò servizio straordinario durante l’epidemia
colerico 11.680,00; oggetti di casermaggio fornito dal Comando della Legione della Real
Guardia di Finanza 1316,00; - indennità ai proprietari dei locali in prossimità del
Lazzaretto e ceduti durante l’epidemia per uso del Lazzaretto stesso per cui finora non è
stato ancora liquidato il compenso dovuto. Per un totale di 34.860,25 lire.
Il Consiglio comunale all’unanimità deliberò: “Autorizza la Giunta a contrarre il
mutuo che resta altresì incaricata di stabilire le modalità anche in ordine della restituzione
della somma che si andrà a prendere in prestito. Prega il Sindaco di espletare quelle
ulteriori pratiche che crederà necessarie presso il Real Governo per ottenere qualche altro
aiuto a titolo di concorso nelle ingenti spese di sopra menzionate”.
Il colera del 1911
Il 30 novembre 1911 Il Sindaco dr. Alfonso Raffone lesse la relazione dell’Ufficiale
sanitario dr. Vincenzo Borgia relativa all’epidemia colerica che colpì per la seconda volta
la città di Maddaloni: “Ill.mo signor Sindaco nel chiudere la mia relazione dell’epidemia
colerica dell’anno passato auguravo fervidamente che il nostro paese venisse risparmiato
da una novella sciagura. Tutto faceva bene sperare della salute dei nostri concittadini
giacché mentre da un lato all’altro dell’Italia serpeggiava l’infezione colerica e buona
parte della nostra provincia veniva colpita dallo stesso morbo a cominciare dalla vicina
città di Caserta, S. Maria C. V., Aversa ed altre limitrofe, Maddaloni che nel 1910 era
sulla bocca di tutti italiani e stranieri facendo si che i nostri naturali venissero espulsi
come tanti lebbrosi dai luoghi in cui forse l’infezione era ignorata. Maddaloni ripeto
restava immune, allorquando nelle ore pomeridiane del 18 giugno venivo reclamato per
accorrere in via Fabio Massimo presso una famiglia del luogo che un suo familiare
presentava sintomi di colera asiatico. La mia parola di allarme venne accolta con
sgomento e differenza ancora una volta la forma colerica che si ripresentava molto più
grave, più violenta e più micidiale! Come sia pervenuta a noi l’infezione e un punto
interrogativo. Senza tema di errare ritengo che l’infezione ci venne importata dalla località
dei cosi detti “Mazzoni” che si trova sul limite della nostra provincia e che fu il centro di
propagazione della stessa a mezzo di contadini e commercianti di paglia di sedie che per
rifornirsi di fieno e di paglia furono costretti a fermarsi per alcuni giorni. Infatti i primi
colpiti furono proprio coloro che di là tornarono ed il morbo ferale perciò si “sparpagliò”
per tutta Maddaloni. Mentre nell’anno decorso fu colpita una sola via cioè quella del corso
192
del Formale; quest’anno nel nostro paese non ci è rimasta una strada libera o per meglio
dire un angolo solo senza opera funestata dalla terribile malattia. Come nel 1910 il
vibrione colerogeno prese il suo massimo sviluppo in una zona popolata e popolosa di
contadini e da gente “foresa” seminando la morte e lo spavento fra gli abitanti del rione
che va da via Troiano a via Pignatari incolti e poco curanti di regole igieniche e
profilattiche. Oltre al centro di Maddaloni abbiamo avuti anche tre casi nella fazione di S.
Marco Evangelista e 5 nella borgata di Montedecore. Furono colpiti 154 persone e
morirono 108. Nel Lazzaretto morirono circa 60 persone mentre 48 furono trovati morti e
guarirono circa 46”.
“Riepilogando l’epidemia colerica ebbe inizio nel 18 giugno e terminò nel 31 agosto: i
colpiti di colera furono 154 di cui 146 di Maddaloni centro, 3 a S. Marco Evangelista e 5 a
Montedecore. Si adottò lo stesso sistema imposto dalla legge sanitaria nella precedente
epidemia: di trasportare subito gli infermi al Lazzaretto nel momento stesso cioè in cui
l’ufficio aveva certezza di un nuovo caso. Per riuscire nell’intento si ricorse ai confidenti.
Dei 154 solo 113 vennero ricoverati al Lazzaretto giacché 41 furono trovati morti nelle
proprie abitazioni senza aver avuto né conforti né aiuto di persone tecniche per i soliti
“spauracchi”, per le solite insinuazione case e triviali e per i soliti mestatori poco amanti
del bene dei cittadini. Vennero accertati batterioscopicamente con l’esame delle feci 87 casi
positivi.. Nel recinto del Lazzaretto furono ricoverati nei locali di contumacia 237 familiari
dei colpiti dei quali 33 furono riconosciuti bacilliferi. Fra i contumaci poi si svilupparono
70 casi di colera che se fossero rimasti nelle proprie abitazioni avrebbero moltiplicato
l’espansione colerica. Dei 113 colpiti ricoverati al Lazzaretto ne uscirono guariti 46. Il
Lazzaretto venne chiuso quando il di 18 settembre uscì l’ultimo ricoverato guarito. Solo 88
ammalati furono sottoposti all’amorosa cura del dr. Benedetto Quintavalle che riuscì a
strappare alla morte crudele ben 46 persone mentre per gli altri nulla potette fare a causa
dell’avanzatissimo stato di malattia. Tenendo presente l’operato del dr. Quintavalle la
statistica vera dei morti scende al disotto del 47% anche se
a differenza della precedente epidemia che durò 40 giorni
quella dell’anno in corso ebbe una durata di 2 mesi e 12
giorni”.
“Nel 1910 per fronteggiare il morbo furono impiegati
dal Comune oltre i medici liberi locali, circa 40 militi della
Croce Rossa, tutti gli impiegati dell’Amministrazione
comunale, i vigili urbani e guardie campestri effettive e
riserve, una trentina di giovani della Croce Bianca, un
centinaia di manovali, una diecina di carabinieri, 4
ufficiali medici. Allora, come è noto, vi furono a
disposizione dell’ufficio centinaia di manovali, parecchi
diecina di carabinieri e 4 ufficiali medici. Quest’anno le Campanile Corpo di Cristo
condizioni sono state ben differenti perchè da parte dello Stato per la grave diffusione del
193
morbo in tutta l’Italia non vi è stato quel concorso di mezzi e di aiuti come per l’anno
passato. Le finanze comunali esauritesi per il danno patito nell’anno decorso non hanno
permesso di aver quella abbondanza di personale che l’Ufficio di igiene ebbe nell’altra
epidemia. Eppure l’infezione è finita nel più breve limite di tempo data l’enorme diffusione
che aveva assunto. Ognuno a proprio posto non solo fece quel che gli incombeva di fare
ma si moltiplicò in mille modi non badando né a disagi né a pericoli. Non può passare
sotto silenzio l’opera attiva, continua ed indefessa prestata dall’esperto delegato di
Pubblica Sicurezza Mariano Mulè che fu al mio fianco giorno e notte. L’ufficio sanitario
ebbe il solo aiuto del dr. Gabriele Iorio perché l’altro medico condotto dr. Alfredo Di Vico
era affetto da una gravissima malattia. In seguito ai casi del 1 e 2 agosto il di 3 agosto
dovetti ricorrere all’opera dei medici liberi del Comune che accorsero immediatamente al
primo invito dando ancora una volta prova non dubbia di coraggio, di abnegazione e di
sacrifici. Il 9 agosto il morbo ferale stava scemando i colpiti andarono man mano
diminuendo tanto che il 18 agosto dovetti abolire il turno di servizio dei medici; turno che
scomparve definitivamente”.
“Il 31 agosto il cav. Gaetano Miscureca medico provinciale restò meravigliato
dell’esatto adempimento delle regole profilattiche che furono rapidamente profuse. Un vivo
ringraziamento va al capitano Cotronei che in qualità di Commissario tecnico restò per
lunghi mesi sul nostro territorio espletando buona parte del piano sanitario. Un reverendo
saluto invio al capitano Cotronei che dopo aver combattuto nella provincia di Terra di
Lavoro ora si trova sul suolo africano a combattere una guerra ancora più insidiosa in nome
del progresso, della civiltà e della Patria nostra. Né posso dimenticare i due segretari
dell’ufficio Paolo Muoio e
Ettore Apperti e l’usciere
Pasquale
Romeo
che
restarono nel locale dal
sorgere del sole alle ore
inoltrate della notte per
accogliere e riferire i
reclami, per attendere ai non
pochi
lavori
di
scritturazione ed a tutto
quello che occorreva per il
disbrigo delle molteplici
pratiche che l’occasione ed
il servizio richiedeva. Un
mio plauso va ai Reali
Carabinieri comandati dal
stazione ferroviaria Maddaloni inferiore
distinto Masella, che furono sempre
pronti al benché minimo invito per garantire le nostre azioni e l’ordine pubblico; ne posso
dimenticare le guardie campestri, comandante da Giuseppe Barranco per il valido aiuto
dato nel Lazzaretto”. Alla fine della relazione il Consiglio plaudì in pieno quanto detto
dall’Ufficiale sanitario.
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Capitolo ventunesimo
Monumento ai caduti del 1860
Monumento ai caduti del 1° Ottobre 1860 sito ai Ponti della Valle
Nel 1888 per raccogliere le ossa dei caduti garibaldini del 1° ottobre 1860 su iniziativa
dell’Associazione dei Superstiti delle patrie battaglie di Napoli fu progettato un
monumento ossario ai Ponti della Valle. L’autore del progetto per la parte architettonica e
direttore dei lavori fu nominato l’ing. Carmelo Destino, per le opere scultoree il maestro
Enrico Mossutti e per la costruzione fu incaricato il cav. Giuseppe Cozzolino. Il
monumento di eleva per circa 19 metri con un obelisco di forma triangolare in cima al
quale è posta la stella d’Italia. L’obelisco sorge su una base, anch’essa di forma triangolare,
in mezzo alla quale appare la porta che dà l’accesso all’ossario. Ai lati di questa ci sono
degli altorilievi rappresentanti insieme a Garibaldi Nino Bixio, Bronzetti, Fabrizi, Cairoli,
Dezza, Avezzana, Medici, De Martino ed altri. Le loro figure scolpite nella pietra viva sono
come la revocazione dell’epopea garibaldina e sembrano uscire dalla tomba. La base
poggia su tre scalini sul terzo dei quali vi erano fino al furto nel 1990 dei fasci d’arme
addossati alla roccia dalla quale parevano uscire “naturalmente”. L’ingresso della cripta è
custodito da una porta in ferro ornata da due rami di palma. Questo ingresso è sormontato
da un “serto” di quercia che cinge la
data 1° ottobre 1860.
La vittoria delle camicie rosse è
raffigurata da una statua colossale di
bronzo che ha una falce fiammeggiante
nella destra e rami di palma nella
sinistra si posa sul “plinto” dopo il volo
glorioso per deporre la palma auspicata
sul monumento che tanti ricordi e tanto
eroismo rammenta. La statua della
vittoria si eleva a ricordo perenne della
Ossario garibaldino
battaglia che suggellò l’unità della patria.
La stessa fatta dall’artista Mossutti è stata fusa nella fonderia Bracale. Il monumento è
chiuso con largo cancello alto 2 metri in stile egiziano.
Per la sua costruzione tra lavori veri ed interruzioni prolungate varie occorsero circa
dieci anni. A Maddaloni si costituì un Comitato promotore che tramite un manifesto
sollecitò l’attuazione del progetto. Maddaloni, 11 Ottobre 1888 La battaglia del 1° Ottobre
1860, eroicamente combattuta ai Ponti della Valle dai prodi volontari italiani, sotto il
comando dell’intrepido Nino Bixio, segna per certo uno dei più meravigliosi avvenimenti
della storia del risorgimento nazionale; perché, restituendo le province meridionali alla
comune patria, compiva una delle più importanti opere pel conseguimento dell’unità
d’Italia. Le sacre ossa dei valorosi che caddero in quel sanguinoso combattimento
giacciono ancora senza l’onore di un modesto sepolcro. Innalzare quindi un monumento
che ricordi quel glorioso fatto, e dare nello stesso tempo onorata e conveniente sepoltura
agli avanzi dei caduti, è un dovere sacrosanto che incombe ad ogni italiano. La città di
Maddaloni, avendo partecipato ai palpiti ed all’entusiasmo di quella memorabile giornata,
195
inizia oggi una pubblica sottoscrizione per concorrere alla spesa del monumento. Ed il
Comitato, all’uopo istituito, nella fiducia che ogni cittadino italiano vorrà rispondere al
patriottico appello, invita le rappresentanze comunali e provinciali del Regno ad inviare le
loro generose offerte.
Il manifesto era firmato dal Presidente Giuseppe Tammaro e dagli assessori effettivi e
supplenti: Antonio De Sivo, Michele Lombardi, cav. Vincenzo Iadaresta e Federico
Farina; Paolo Del Bene; Vice Presidente dei Superstiti delle patrie battaglie Vincenzo
Migliori; cav. Mattia Carbone; Domenico Tammaro; ing. cav. Carmelo Destino; avv.
Gabriele Merrone; notaio Giuseppe Vitale; avv. Nicola Stravino; avv. Giovanni
Brancaccio; avv. Ernesto Lombardi; Antonio Merrone; Felice Quintavalle; Antonio De
Simone; Segretari: Domenico Romano e Vincenzo Quintavalle. La somma raccolta anche
attraverso un contributo popolare fu lire 9.000. Tra le offerte più significative c’erano:
Provincia di Caserta con 2.000 lire, il Municipio di Maddaloni 1.000, il Banco di Napoli
2.000 ed altri enti.
Per meglio rappresentare la società civile e militare il precedente Comitato fu integrato
da un imponente e qualificata rappresentanza politica: “S. E. Francesco cav. Crispi,
Presidente onorario; On. Luigi comm. Micelli comm. Vice Presidente onorario; cav.
Giuseppe Tammaro Sindaco di Maddaloni, Presidente effettivo; avv. Olindo Amore
deputato; comm. Vincenzo De Bernardis deputato; comm. Teodorico Bonacci; Gavino
Ardolino; Francesco Barbato; Gabriele Barbato; Giuseppe Barletta; ing. Vincenzo
Borgia; Michele Bove; cav. Giovanni Brancaccio; Luigi Buffardi; cav. Mattia Carbone;
Antonio Cerreto; cav. Mario Chevier - Vice Presidente dei Superstiti;comm. Francesco
Cucchi senatore del Regno; Conte Luigi Gaetani di Laurenzana deputato;comm. Federico
Grossi deputato; dr. Michele Correra; Nicola Delle Cave; ing. cav. Carmelo Destino; cav.
Vincenzo Iadaresta; avv. Filippo Iorio; Francesco Iulio; Ferdinando Lombardi; cav.
Achille Monaco (Del); cav. Raffaele Leonetti deputato; prof. Enrico Mossutti; Ferdinando
Proto; Felice Quintavalle; dr. Alfonso Raffone; Vincenzo Raffone; cav. Pasquale Rossi;
comm. Francesco Santamaria Nicolini Senatore del Regno; Antonio Scalera; Alfonso
Simone (de); Antonio Simone (de); Sivo(de) Antonio,cav. Nicola Stravino; Luigi Verrone;
dr. Alfredo di Vico; cav. Tommaso Vitale deputato; Tommaso Iorio Tesoriere e Vincenzo
Quintavalle Segretario”.
Il 19 giugno 1899 l’Amministrazione comunale acquistò un’area di 50 mq di terreno ad
erbaggio sito ai Ponti della Valle di proprietà demaniale per collocarvi il Monumento ai
caduti del 1° ottobre 1860 che fu eretto nel 1899. Per l’inaugurazione del Monumento
l’Amministrazione comunale di allora programmò 3 giorni di festa coincidendo con la
ricorrenza del Santo Patrono (S. Michele Arcangelo) con concerti musicali, corse, giuochi
popolari e ricche illuminarie.
Il 3 ottobre dello stesso anno il Comune organizzò una grande manifestazione per
l’inaugurazione del Monumento-Ossario. Per la buona riuscita di essa non lesinò nel pagare
le esose somme occorse per i servizi e forniture materiali: addobbi, buffet, nolo carrozze,
illuminarie, musica, fuochi pirotecnici, festoni, nolo sedie, manifesti, cartelloni, regalie
varie, granate, colpi di cannone, locandieri, bacchette di legno, ghirlande e carrettieri. Altre
spese andarono a: Gaetano Santoro per le tribune costruite al Ponti della Valle e per
l’addobbo della Casa comunale e per il buffet; ditta Andrea Forgiane di Napoli per
l’impegno di 50 carrozze occorse per il trasporto delle Autorità sul luogo
196
dell’inaugurazione nonché per la mancia ai cocchieri; caffettiere Salvatore Di Vico per
fornitura di buffet preparato nella Casa comunale composto da paste, vini, granite e sigari;
Forgillo Michele per l’illuminazione e fuochi pirotecnici nel giorno 1° ottobre; apparatore
Suppa Alfonso per addobbi alla stazione ferroviaria e per 50 festoni messi sulla via Ponte
Carolino; sediaio Bove Luigi per 600 sedie date in affitto sistemate nelle tribune ai Ponti
della Valle; Antonio De Simone quale rappresentante della tipografia Francesco Bellet per
stampati vari e manifesti, cartelloni recanti motti patriottici; Cuccaro Arcangelo per aver
ave fornito 50 bottiglie di vermouth; apparatore Suppa Alfonso per addobbi aggiunti
all’entrate del Convitto Nazionale G. Bruno di Maddaloni ed altre adiacenze; Esposito
Giuseppe fu Vincenzo capo mastro degli operai della ditta Cazzolino addetto alla erezione
del Monumento a titolo d’incoraggiamento; Forgillo Michele per 4 pennoni e trofei annessi
con scritte e bandiere per nove grandi festoni di foglie e fiori nonché per “guarnitura” di
foglie e fiori ai cancelli della stazione ferroviaria e per altre decorazioni messe all’entrate
della città; Forgillo Michele per 24 granate colpi a cannone esplose nelle località circostanti
al punto dell’inaugurazione del Monumento; Iannotta Gabriele per 25 granate colpi a
cannone esplose sul monte S. Michele; locandiere Letizia Domenico per aver alloggiato 50
cavalli e 25 carrozze nonché per altre piccole spese; locandiere Pingue Urbano per aver
alloggiato 26 cavalli e 13 carrozze; locandiere Bifulco Antonio per aver alloggiato 24
cavalli e 12 carrozze; Stanco Antonio per 100 bacchette di legno occorse per attaccare le
banderuole dei vetturini; vetturini Mosca Michele e Del Monaco Giuseppe per nolo di
vettura occorse per l’Ispettore ed altro personale; giardiniere Michele Vigliotti per una
ghirlanda apposta alla lapide di Garibaldi in Piazza dell’Unione; cappellaio Vitagliano
Paolo per nastri e distintivi; locandiere Michele Di Chiara per alloggio di 4 guardie di
Pubblica Sicurezza; pittore Narciso Pasquale per 6 stemmi piccoli su carta e trofei per
l’addobbatura alla stazione ferroviaria, 100 bandiere per le vetture e 25 motti; carrettiere
Benedetto Merola per raccolta arena sparsa sulle vie P. Carolino e 1° Ottobre; Antonio
Loffredo per aver fornito 500 canne per attaccarvi le bandierine piazzate sui balconi della
città. In tutto la spesa complessiva fu 9.891,23 lire.
12 dicembre 1932 Commemorazione ai Ponti della Valle del 1° Ottobre 1860.
Il Podestà cav. Sorvillo con nota del 24 agosto 1932 diretta a S.E. l’Alto Commissario
facendo presente la necessità di solennizzare contemporaneamente il Cinquantenario della
morte di Giuseppe Garibaldi e il Decennale dell’era fascista con una commemorazione
pubblica ai Ponti della Valle la patriottica e gloriosa battaglia del Volturno del 1° Ottobre
1860 chiese a S.E. l’Alto Commissario l’autorizzazione e le relative direttive. “Visto che
avvicinandosi la data della pubblica funzione non aveva ancora ricevuto le richieste
direttive il Podestà deferentemente con nota del 27 settembre 1932 inoltrò una seconda
richiesta all’Alto Commissario che con telegramma del 29 settembre gli concesse
l’autorizzazione e nel contempo gli chiese di inviargli una breve relazione sullo
svolgimento della manifestazione. Fatto presente che il monumento “Ossario ai caduti del
1° Ottobre 1860” si trova ai Ponti della Valle in aperta campagna e che dal giorno
dell’inaugurazione fino allora non era mai stato eseguito alcun lavoro di sistemazione del
terreno adiacente che si presentava tutto “sconvolto” e pieno di cespugli e di alte erbe.
Per renderlo efficiente e praticabile il Podestà provvide ad una parziale sistemazione e
pulizia della zona circostante il Monumento e fece aprire e tracciare un’agevole via di
accesso ordinando i lavori occorrenti per un importo di 650 lire alla ditta Alfredo Bove
197
Alfredo sotto la direzione e sorveglianza dell’ing. Ernesto Penzi e dal Vice Podestà. Fatto
presente che per meglio solennizzare la storica data del 1° Ottobre 1860 ed abbinarla
all’esaltazione ed al ricordo del 1° Decennale dell’era fascista decise di apporre sullo
stesso monumento ossario una targa in marmo con relativa epigrafe fatta dalla ditta Pietro
Abramo per un importo preventivato di lire 200,10 e ridotto poi a lire 170. Fatto presente
che la località Ponti della Valle si trovava a circa 4 km dal centro della città che la strada
per accedervi era in ripida salita e non agevole. Per assicurare alla funzione un largo
concorso di Autorità, di mutilati, di madri e vedove dei caduti in guerra, di Balilla e
Piccole italiane il cav. Sorvillo ritenne opportuno servirsi di un comodo mezzo di trasporto
per l’andata e per il ritorno noleggiando dalla ditta Pasquale Bernardo 3 automobili al
prezzo di lire 180 e dalla ditta Coppola Gaetano un camion per il prezzo convenuto di lire
100. Fatto presente che per la solennità della funzione credette opportuno di servirsi della
banda musicale per il prezzo convenuto di lire 200. Sentito il parere favorevole della
Consulta il Podestà deliberò: Approvare le spese occorse per la pubblica commemorazione
del 1° ottobre 1860 ai Ponti della Valle in occasione del cinquantenario della morte di
Giuseppe Garibaldi e del 1° Decennale dell’era fascista: Ditta Alfredo Bove 650 lire; ditta
Pietro Abramo 170; ditta Pasquale Bernardo 180; ditta Gaetano Coppola lire 100 e
maestro Antonio Grauso lire 200; per un totale di lire 1.300”.
Il 1° Ottobre 1960 fu ricordato al Monumento-ossario garibaldino il Centenario
dell’Unità d’Italia e la Battaglia dei Ponti della Valle.
La battaglia
ai Ponti della
Valle
Il 2 ottobre
dello stesso anno
il
giornale
Il
Tempo con il
titolo “Celebrata a
Maddaloni la più
cruenta battaglia
dell’impresa così
ricordò
l’avvenimento: “Il
fatto più romantico del secolo scorso è stato rievocato nella sua tappa più fulgida e
gloriosa ai piedi del monumento ossario eretto a memoria degli eroi garibaldini, presenti il
Sottosegretario On. Vittorio Pugliese in rappresentanza del Governo, il generale dei
Carabinieri Assumma, il generale Andreani, il generale Ridolfi, il Vescovo di Caserta e il
Prefetto Tino, sito su una balza della valle di Maddaloni, la stessa che l’italianissimo
sangue dell’esercito di Garibaldi bagnò di rosso e fece vibrare di passione. Esattamente
cento anni fa, proprio in questa valle, il 1° ottobre del 1860 la brigata garibaldina, al
comando di Nino Bixio, riuscì a fermare i tremila tedeschi al comando del generale Von
198
Meckel, impedendo così ai due tronconi dell’esercito borbonico la manovra aggirante che
con il previsto congiungimento avrebbe senza dubbio determinato la disfatta e creato una
non favorevole situazione per la decisiva battaglia del Volturno. Ma i 2000 uomini di
Pilade Bronzetti e quelli di Bixio seppero tener testa al nemico: il primo scrivendo forse la
pagina più gloriosa dell’epopea garibaldina giacchè con il suo piccolo manipolo di eroi
resistette ai 5 mila soldati borbonici per ben quattro ore immolando la sua vita e quella dei
compagni; il secondo per aver saputo mettere a profitto l’eroica resistenza riorganizzando
le file, tamponando la falla apertasi sull’ala destra in modo da sconfiggere definitivamente
il nemico. L’esercito borbonico subì nella vallata di Maddaloni una cocente sconfitta che
andava al di là del fatto d’armi; infatti con quella vittoria si precludeva ai borbonici la via
per Napoli dove se un solo plotone borbonico fosse giunto certamente l’esito della impresa
di Garibaldi sarebbe stato in molti aspetti diversa. A cento anni di distanza era quindi
bello, commovente ma soprattutto giusto che tanto fosse ricordato: Nel primo centenario
della cruente battaglia che da Villa Quarto ai Ponti della Valle fu combattuta e vinta
dall’ardimento eroico dei volontari guidati da Nino Bixio spianando col loro sacrificio la
via della vittoria su le rive del Volturno: La città di Maddaloni ne tramanda ai posteri la
memoria sacra. Questa è la significativa lapide scoperta sul lato destro del monumento
ossario ai garibaldini, benedetta dal Vescovo di Caserta, mons. Mangino. Poche, semplici
parole, ma che nella loro poetica “scheletricità” danno l’esatta versione di quanto
avvenne cento anni addietro in quella valle”.
“Mentre l’oratore ufficiale avv. De Lucia teneva la commemorazione l’eco delle sue
parole sembrava ripetere quella ormai secolare dell’incitamento di Bixio ai garibaldini e
all’applauso del numeroso pubblico convenuto echeggiava il crepitio dei fucili e le grida
della battaglia: Per molto tempo la commozione ha pervaso gli astanti e se lagrime non
sono sgorgate è stato per un caldo sole autunnale lo stesso probabilmente che illuminò
questa valle il 1° ottobre 1860 e che accompagnò fino al tramonto l’ora della vittoria i
protagonisti di quelle epiche gesta. Questa dei Ponti della Valle è forse la più significativa
delle celebrazioni del centenario dell’unità d’Italia e delle imprese garibaldine che si
tengono nei diversi comuni della provincia di Caserta come lo riprova il crisma di
ufficialità dato dal Governo alla manifestazione inviando a rappresentarlo il
Sottosegretario alla difesa On. Vittorio Pugliese; poiché con o senza il consenso degli
storici e degli strateghi è lecito affermare che l’unità della patria ebbe in questa verde ed
ubertosa valle di Maddaloni tra le colline di S. Michele i ponti vanvitelliani e monte
Longano la saldatura duratura del sangue con gli ideali. I Ponti della Valle grandiosa
opera del geniale Vanvitelli testimoniano la grandezza dei re che lasciano i monumenti; le
ossa dei trecento e otto garibaldini perpetuano nei secoli l’ideale della libertà e della
giustizia. Rifacendosi proprio a questo concetto il Sottosegretario Pugliese ha affermato,
con sottile arte polemica che gli Italiani di oggi e specie i politici devono aver sempre
presente questo messaggio scritto nel sangue dei Caduti, nell’ideale di una patria una,
senza scompensi fra nord e sud, senza linea gotica che ne mozzi il progresso e il respiro.
Quando avremo eliminato ciò ha concluso l’On. Pugliese potremo dire che il sacrificio di
tanti eroi non è stato vano” ( Da quotidiano Il Tempo del 2 ottobre, n. 273 – Cronista Gino
De Martino).
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Capitolo ventiduesimo
Lo stemma della città di Maddaloni
Il 16 settembre 1939 avvenne l’adozione dello stemma e del gonfalone del Comune.
Il Podestà cav. Sorvillo “viste le deliberazioni
consiliari del 18 agosto 1879 e del 6 gennaio 1880 con
le quali si ripristinava l’uso del primo stemma di
Maddaloni; rilevato che il primo stemma di Maddaloni
rappresentava un castello quadro sormontato da tre
torri rotonde. Che tale stemma fu usato dal Comunità
maddalonese fino all’anno 1704; che in detto anno esso
fu dal duca Carlo Carafa sostituito con altro
raffigurante una piramide quadra che reca sulla punta
una mezza luna; che ancor, nell’anno 1740 il duca
Marzio Domenico IV dei Carafa impose un altro
mutamento e fece adottare un terzo stemma
rappresentante una bica conica di stoppia recante sulla
punta una mezza luna e fiancheggiata da due leoni
rampanti coronati col distintivo ducale. Questo terzo stemma fu usato sino a quando con le
citate deliberazioni del 1879 e 1880 il Comune ripristinò l’uso del primo stemma il quale
difatti compare, sia pure alquanto deformato, in tutti gli atti ufficiali sino ai giorni nostri;
che però il Comune non curò mai di far legittimare per le vie ufficiali quel ripristino onde
quei deliberati avevano soltanto un conseguente valore interno”
Intanto mentre il Comune usava il primo stemma fuori di Maddaloni la città era ancora
un po’ dovunque rappresentata col terzo stemma; non risultavano presso la Consulta
araldica alcune tracce di uno stemma di Maddaloni quindi poteva considerarsi arbitrario
qualsiasi blasone. Per ovviare alle lamentate inconseguenze e per ottemperare alle succitate
disposizioni il Comune decise di risolvere definitivamente il problema dello stemma
ordinando le opportune indagini storiche ed iconografiche e conseguentemente la
documentazione ed i grafici.
“Visti i bozzetti redatti da Francesco Ignara e la
documentazione allegata al quale fu conferito specifico
incarico con nota 3 aprile 1937 a cura del Podestà e con
altra nota del 26 febbraio 1938 da parte del Commissario
prof. Dottor De Zerbi. Considerato che non vi poteva
essere effige più degna ed efficace del primo stemma il
quale peraltro era legittimato nel suo antico e pubblico
uso; Visto che il detto stemma andava integrato con
l’aggiunta del Capo littorio istituito col Real Decreto 12
ottobre 1933; Considerato infine che vennero
definitivamente fissate anche le caratteristiche del
gonfalone. Il cav. Sorvillo deliberò: adottarsi
definitivamente il primo stemma di Maddaloni con le
Secondo stemma
200
seguenti caratteristiche:
a) unica immagine: un castello trecentesco a base quadrata sormontato da tre torri
cilindriche e sorgente sopra un picco; b) il castello era sagomato, inferiormente, a tronco
di piramide e superiormente a parallelepipedo. Esso presentava nel piano inferiore una
porta centrale e due feritoie laterali, mentre, al primo piano, recava tre finestrelle
coassiali coi detti tre vani. La muratura del pianoterra troncopiramidale era in “opus
incertum”, mentre la sovrastane è in “opus isidoma”. Il coronamento presentava otto
merli a coda di rondine; c) delle tre torri, la centrale era la maggiore e recava due vani di
luce, mentre le laterali avevano un solo vano ciascuno. Dette torri presentavano tutte un
coronamento a tamburo di tipo longobardo, sostenuto da mensoline lunari e sormontate da
merli quadri in numero di cinque sulla faccia;
d) il castello era – salvo effetti di smacchiatura – di color bleu-grigio /colore della
pietrarsa e del piperno) mentre le torri erano di color giallo-bruno (tinta del vecchio tufo
giallo). Il picco era grigio-scuro. Il fondo era di azzurro cielo con cenno di nubi.
Aggiungere al detto stemma il Capo del Littorio di cui al R.D. 12 ottobre 1937” Adottarsi
il gonfalone con le seguenti caratteristiche:
a) “Drappo azzurro a perimetro pentagonale e longitudinale verticale. La sagoma
risulta dall’unione di un rettangolo di cm. 86X104 e di un sottostante triangolo alto cm. 27
che forma la punta inferiore. Il drappo è teso mediante otto bandelle rettangolari infilate
ad anello nel bastone orizzontale. Questo bastone è sospeso, agli estremi, medianti un
cordone aureo legato al pomo lanceolato dell’asta verticale portante. Il cordone di
prolunga, ai lati, in due fiocchi pendenti. I due lati inferiori del perimetro, quelli cioè che
costituiscono la punta inferiore, sono ornati con frangia d’oro. Lo stemma è centrale nel
rettangolo superiore della sagoma.
4) Approvasi i grafici redatti dal sig. Francesco Ignara”.
terzo stemma In uso fino al 1879
stemma attuale della città di Maddaloni
201
Capitolo ventitreesimo
Il re Vittorio Emanuele III a Maddaloni con il figlio
II 13 dicembre 1935, in compagnia del principe Umberto, il re arrivò in città,
quasi in forma privata, per spronare gli uomini della Divisione Tevere.
La scoperta
•La fonte, storica è il Registro del Podestà, dove sono annotate anche le spese
sostenute dall'economo del Comune per la banda musicale
E Vittorio Emanuele III salutò i «soldatini» in partenza per l'Africa
La fonte della verità storica è stata stavolta il Registro del Podestà del 1935, indicato
anche dallo studioso maddalonese Pietro Vuolo, autore tra l'altro di «Maddalóni nelle
immagini» e «Maddalo-ni nella storia di Terra di Lavoro dall'Unità al Fascismo».
Effettivamente, il re Vittorio Emanuele III, figura minuta ma imponente con il suo spadone,
è venuto a Maddalóni il 13 dicembre del 1935, unitamente al figlio principe Umberto e a
numerose autorità militari e governative. »
Uno strappo reale materializzato non in forma ufficiale, secondo i protocolli reali, ma
dettato solo dalla circostanza di far sentire la presenza reale agli studenti universitari ed agli
202
uomini della Divisione Tevere in partenza per l'Africa Orientale.
La prima conferma della venuta del monarca è arrivata leggendo tra le righe del
documento 468 - foglio 235, del Registro datato 1935.
«Il Podestà - si legge - ha pagato a favore dell'Economo del Comune di Maddalóni la
somma di lire 300 (trecento) a titolo di rimborso per altrettante lire versate al segretario
politico per il servizio prestato dalla banda musicale della GG.FF. nei giorni 12 e 13
novembre in occasione dell'arrivo a Maddalóni delle Truppe della Divisione Tevere e nella
giornata del 13 dicembre in occasione della rivista militare passata in rassegna da Sua
Maestà il Re nell'ex caserma Nino Bixio». Banda che si è esibita anche il 14 dicembre 1935
in occasione della partenza per l'Africa della Divisione Tevere.
Altra riprova della presenza del sovrano nella nostra Città è scaturita decifrando il
documento 470 - foglio 436 - sempre del lo stesso Registro. Il Podestà - si deduce - ha
devoluto a favore di Pasquale Recupito la somma di lire 130 (centotrenta) per la
costruzione di una pedana in legno nell'ex Caserma Nino Bixio, occorsa per Sua Maestà il
Re in occasione della rivista passata alle truppe della Divisione CC.NN. «Tevere». Altre
130 lire sono state elargite inoltre al Comune di Maddalóni per «l'alloggio delle altre truppe
di transito».
Nell'ex Caserma Bixio, ora Villaggio dei
Ragazzi, il re Vittorio Emanuele III (in alto)
passò in rassegna le truppe
A Maddalóni perciò nel 1935 sono state
accampate, o come allora si diceva, accantonate
truppe delle più diverse specializzazioni. I mitraglieri del quinto battaglione della quinta
Divisione misero tenda in località Pintime.
L'Ottavo Battaglione del genio militare fu
alloggiato nell'edificio ex domenicane. Reparti
di assistenza e sanità della Divisione Tevere furono sistemati nell'ex Caserma della
Finanza. Il Comune prese in fitto un padiglione di proprietà Farina per ospitare i soldati del
Curtatone e Montanara mentre i soldati della Gravinara trovarono ospitalità nei locali del
Convitto Nazionale.
Maddaloni sembrò allora idonea al concentramento delle truppe destinate alla conquista
dell'Etiopia. Tale scelta andò in un certo senso a compensare - almeno si dice - la recente
perdita della Scuola Allievi del Corpo delle Fiamme Gialle, decretata nel 932 dal Comando
Generale tra la cocente delusione di tutta la cittadinanza. Molte fanciulle maddalonesi
avevano infatti sposato i finanzieri.
PASQUALE PIRONE
203
Copie di alcune delibere
Copia processo verbale n. 1
204
205
206
207
208
209
210
211
Processo verbale n. 2
212
213
214
Ponti della Valle e Ossario garibaldino
215
Verbale n° 3
216
Elenco nomi
A
Abenante canonico D. Enrico 148
Abitabile Filippo 111
Abramo (ditta) Pietro 172
Affinito Samuele 120
D. Aiello Vincenzo 102
Albigese Giuseppe 127
Aliperti dr. Vincenzo 67
Amendola Giovanni 38
Amore avv. Olindo 196
Anelli dr. Giovanni 31,54,101,118
Apperti Antonio 27,31,62, 111
Apperti Ettore 166, 169, 191, 194
Apperti Tommaso fu Mariano 155
Arcamone dr. Federico 58,85,89,103
Arciero Antonio 191
Arciuolo Mariantonia 120
Ardolino Gavino 171, 177, 196
Ardolino Savino 21, 152
Arenante D. Enrico 128
Argentino Pietro 83
Arrenante prof. Euclide 130
Assumma dr. Ignazio 27,29, 52, 61,
68, 149, 173, 191
Assumma generale dei Carabinieri
199
Aveta Ciro 59, 62, 73
Aveta Luigi 54, 62, 118
B
Balbi Michele 120
Balbi Pietro 35, 39, 41, 48
Balbo Italo 38
Balducci Giovanni 123, \48, 172
Balsamo prof. Dr. Francesco 39
Barbati Francesco 21
Barbati Gaetano 110
Barbato Carmine 62
Barbato Gabriele 21, 171
Barbato Filippo 131
Barbato Francesco 21,23,25, 27,
152, 171, 196
Barbato cav. Francesco fu Michele
27, 1771
Barbato Francesco fu Nicola 25
Barbato Gabriele 20, 196
Barletta Cesare 154
Barletta Clemente fu Giovanbattista
29, 30, 190
Barletta Clemente 118, 191
Barletta dr. Clemente 29, 31, 61,106
Barletta Giuseppe 21, 152, 171,
177, 196
Barletta Raffaele 66
Barletta Salvatore 135
Barletta dr. Salvatore 131
Barletta Tommaso 120
Barletta Vincenzo 4,24,37,111
Barra avv. Enrico 9, 37, 106
Barranco Giuseppe 11, 169, 194
Bassi Giuseppe 111
Bellet Francesco 197
Bellomo Agapito vescovo di
Caserta 128
Bernardo Bellini prof. Cesare 87
Bernardo Pasquale 172, 198
Bernardo Raffaele 166, 191
Biffis ing. Silvio 70, 86, 89,
147,170
Bifulco Antonio 172, 197
Binosi Aldo 9
Bisceglia Lorenzo 155
Bisceglia Salvatore 154
Ing. Boldoni 66
Bonacci comm. Teodorico 196
Borghi ing. Mario 172
Borgia avv. Edilio 30
Borgia Ernesto 9
Borgia Luigi 130
Borgia avv. Silvio 29, 61
Borgia dr. cav. Vincenzo 43, 85,
96, 127, 161, 166, 185, 191, 192
Borgia ing. cav. 21, 23, 25, 56, 66,
72, 84, 116, 171, 196
Boschi Leonardo 57, 191
Bottone Francesco 59
Bottoni Aurelio 59
Bottoni Giuseppe 59
Ditta Bove Alfredo 172, 198
Bove Alfredo di Angelo 87, 92,
93,197
Bove Antonio 93, 145, 166, 191
Bove Crescenzo 155
Bove Francesco 166, 191
Sac. Bove Gennaro 156
Bove Luigi 115, 171, 196
Bove Marianna 120
Bove Michele 21, 24, 26, 152, 171,
177, 196
Bove Michele fu Antonio 27
Bove Raffaele 68
Bove Sebastiano fu Vito 21
Bove Vincenzo 73
217
Bove Vito 94, 119
Brancaccio Antonio 9
Brancaccio avv. Antonio 108, 177
Brancaccio dr. Antonio 32,37,140,
162
Brancaccio Antonio di Vincenzo 31
Brancaccio Antonio fu Vincenzo 28
Brancaccio avv. cav. Giovanni 21,
25, 49, 83, 96, 110, 152, 171, 177,
196
Brancaccio avv. Luigi 39, 41, 43, 45,
64, 93, 108, 114, 154, 158, 178
Brancaccio avv. Vincenzo 24, 27, 51,
115, 116
Briganti Luigi 139
Briganti Tommaso 59
Bruno Domenico 111, 166, 191
Bucchero Vincenzo 117
Buffardi Luigi 24, 26, 171, 196
C
Cafisse cav. Angelo 38
Calò Giuseppe 129
Calzolaio Francesco 57, 166, 191
Canale Parlato prof. Manfredo 130
Canalino Ferdinando 59
Candela Antonio 62
Carbone cav. Mattia 21, 24, 31
Carbone cav. Ottavio 21, 24, 31
Cardarelli dr. Giuseppe 109
Cardillo Vincenzo 121
ing. Carena 66
Carozza Domenico 191
Carozza Pietro Antonio 166
Carpendone Sebastiano 120
Caruso Cosimo fu Gabriele 19
Caruso prof. Francesco 41, 46
Casalini Armando 36
Cassaro Francesco 87
Castaldi prof. Alfonso 131
Castaldi avv. Giuseppe 38
Castaldi prof. Pasquale 21, 24, 110,
147
Castaldi sac. prof. Pasquale 131, 133
Castaldo Ferdinando (impresa) 137
Castaldo notaio Gennaro 4, 21, 23,
25, 27, 52, 99, 101, 111
Castaldo avv. Gioacchino 32, 36, 62,
119, 138
Castaldo Pasquale 155
Castaldo prof. Vincenzo 130, 134
Cazzolino (ditta) 171
Centore Antonio 166, 191
Cerreto (banca) 54
Cerreto Alberto 39, 41, 45
Cerreto Aniello 39, 31
Cerreto Antonio 21, 24, 26, 29, 111,
127, 171
Cerreto Domenico 111, 190
Cerreto Ferdinando 127
Cerreto dr. Francesco 28, 32, 73
Cerreto Francesco 63
Cerreto cav. Luigi 31, 37, 116, 135
Cerreto Michelangelo 67
Cerreto Saverio 24, 26, 27
Chevier cav. Mario 196
Cianciola Caterina 96
Cianciola Francesco 101, 118
Ciano Costanzo 117, 162
Ciano rag. Vincenzo 32, 35
Ciauri cap. dr. Rosolino 161, 164,
189
Cibelli Gaetano 31
Ciccarelli cav. Giandomenico 39,
127
Cicia Giuseppe 154
Cielo Luigi fu Pietro 190
Cioffi Ferdinando 117
Cipullo prof. Giovanni Aristide 132
Cirma Antonio 120
Clemente Domenico (ditta) 118
Colizza prof. Giovanni 130
Compagnino Michele 88
Conte Luigi 196
Coppola Gaetano 198
Corbo Michele 85, 89
Corcioni Alfredo 59
Corcioni prof. Nicola 130
Correra Arcangelo 29, 31, 121
Correra dr. Michele 21, 49, 67, 98,
164, 171, 189, 196
Correra Nicola 166, 191
Cortese Francesco fu Saverio 154
Cortese Giuseppe 166, 191
Cortese cav. Giuseppe 31, 127
Cortese Giuseppe fu Giovanni 190
Mons. Cosenza vescovo di Caserta
147, 161, 185
Costantini Luigi 130
Cozzolino cav. Giuseppe 195
Crisci Eduardo 56
S.E. Crispi cav. Francesco 196
Cotronei (capitano) 169, 194
Cuccaro Arcangelo 171, 197
Cuccaro Domenico 85, 104, 121
Cuccaro Luigi fu Antonio 119
Cuccaro avv. Michele 29, 117
Cucchi comm. Francesco 196
Ing. Cuonzo 142
D
D’Aiello Antonio 73
D’Alessandro Antonio 24, 26, 73
d’Ambrosio Salvatore 111, 166,
191
D’Angelo Antonio 191
D’Angelo Francesco 39, 41, 45,
121
D’Angelo Marco 111
D’Angelo rev. Don Salvatore 16,
158, 182
D’Angelo Francesco 35, 39
D’Aquino Luigi 130
De Angelis Andrea 154
De Barnardis comm. Vincenzo 196
De Caro Filippo 59, 62
De Cristofaro Antonio 111
D’Errico Antonio 127
De Francesco Luigi 166, 191
De Johannis avv. Attilio 21, 56,
95, 110, 163
Del Bene Paolo 152, 171, 177, 196
De Lellis Carlo 105
Del Giudice cav. Angelo 160
De Lillo ing. Gaetano 59, 73
De Laurentis Alfonso 21, 23, 25,
31, 51, 111
De Laurentis notaio Gennaro 29
De Laurentis notaio Girolamo 9,
30, 39, 41, 45, 48, 139, 161, 178
Della Monica Francesco 116, 130,
191
Della Monica Raffaele 35
Della Peruta avv. Antonio 39
Della Peruta Bernardino 92
Della Peruta Lorenzo 25, 27
Della Peruta Nicola 177
Della Peruta avv. Vincenzo 30
Della Rocca Domenico 127
Della valle Pietro 155
Della Ventura Antonio 117
Della Ventura Domenico 62
Della Ventura Francesco 25, 62,
166, 191
Delle Cave Angela 154
Delle Cave Maria 120
Delle Cave Michele 62, 120
Delle Cave Nicola 21,24,177,196
218
delli Paoli Alessandro 36, 39, 41
delli Paoli dr. Andrea 31, 191
Delli Paoli Andrea 166
Delli Paoli Gennaro 177
Delli Paoli Pasquale 39
Del Monaco cav. Achille 21, 97, 177,
196
Del Monaco Germanico 143
Del Monaco ing. Raffaele 32, 92
Del Monaco Tommaso 155, 177
De Lucia Antonio 191
De Lucia Luigi 32, 135
De Lucia Pellegrino 31
De Lucia avv. Silvio 38
Del Pennino Ambrogio 25, 32
De Roberto avv. Amedeo 37
De Masi ing. Salvatore 80, 140, 164
De Nicola Vincenzo 191
De Rosa Luigi 191
De Rosa Salvatore 191
De Simone Alfonso 21, 66, 74, 196
De Simone Antonio 177, 196
De Simone prof. Arcangelo 94
De Simone Francesco 127
de Sivo cav. Alfredo 39, 31, 36, 39,
41, 46, 48, 61, 64, 135
de Sivo Antonio 21, 128, 153, 171,
177, 196
de Sivo Giacinto 36, 114, 122
de Sivo avv. Luigi 36, 86, 114, 141,
152, 177
de Spagnolis prof. Bernardo 31, 34,
85, 96, 112, 118, 133, 170
De Stefano Achille 161
Destino cav. Carmelo 21, 43
Destino ing. Carmelo 195
De Vincenzo Antonio 39, 42, 46, 48
De Vincenzo Domenico 117
de Zerbi dr. Renato 9, 72
Di Benedetto Pasquale 191
Di Bernardo Gaetano 87
Di Caprio Maria 88
Di Caprio Salvatore 62
Di Caprio Vincenzo 101
Di Chiara Filomena 68
Di Chiara Giuseppe 120
Di Chiara Michele 114, 197
Di Maio Domenico 155
Dinacci Salvatore 118
di Nuzzo Salvatore 32
Diodati Domenico 117
Di Vico dr. Alfredo 33, 37, 80, 97,
104, 112, 131, 194, 196
Di Vico avv. Alfredo 9
Di Vico Amalia 9
Di Vico Aniello 119
Di Vico rag. Armando 9, 29, 31, 35,
52, 54
Di Vico dr. Felice 39, 41, 45, 65
Di Vico notaio Francesco 89
Di Vico Giovanni 120
Di Vico avv. Pietro 46
Di Vico Salvatore 197
Doria Carlo 62
E
Eliseo Raffaele 191
Esposito Giuseppe 171, 197
F
Fabrozzo Michele 67
Fadda Antonio 162
Falanga Salvatore 119
Falcetti dr. Francesco 31, 62, 85
Falcone Arcangela 154
Farina Aniello fu Francesco 155
Farina dr. Aniello 67
Farina cav. Francesco 31, 127
Farina Salvatore 39, 41, 46, 48
Farina Tommaso 70
Farnetti Romolo 91, 116, 135
Padre Feliciano da Sorrento 140
Fermiano Concetta 155
Ferrante Luigi 29
Ferrante Luigi fu Pietro 31
Ferrante dr. Pietro 24, 56, 68, 128
Ferrante avv. Vincenzo 28, 31, 35
Ferraro ersilia 120
Ferraro Euriale 118
Ferraro Filippo 155
Ferraro Giuseppe 9, 43
Ferraro prof. Giuseppe 70, 132
Ferraro comm. Lorenzo 29, 31, 46,
60
Ferraro Sebastiano 130
Ferraro Vincenzo 24, 27, 111
Padre Ferri Aristide 141
Festa cav. Filippo 172
Finocchiaro Antonio 27, 52, 147
Finocchiaro Giuseppe 135, 155
Fisone Giuseppe 21
Soffia Giovanni 32
Forgiane Andrea 171
Forgillo (ditta) 111, 119, 173
Forgillo avv. Eugenio 29, 31, 62,
118, 143
Forgillo dr. Eugenio 39
Forgillo Michele 171, 197
Formato Antonio 117, 147
Formato Cesare 120
Formato Michele 120
Fossataro avv. Gennaro 31
Fossataro Pasquale 27, 29, 52, 149,
173
Fossataro Pasquale fu Gennaro 31
Fraolino Michele 38
Fucci Francesco 119
Furolo Giovanni 154
Fusco Michele 66
Gaetani Luigi conte di Laurenzana
171
Galasso Alfonso 72, 111
Galasso Antonio 59, 166, 191
Galasso sac. Emilio 143
Giannini Gaetano 88
Giaquinto ing. Luigi 180
Gines Gaetano 119
Ginolfi Felice 191
Ginolfi Filippo 155
Ginolfi Francesco 32, 39, 41, 48,
65
Girgenti Agostino 118
Girolami Eduardo e Francesco 118
Gizzio dr. Michele 29, 52, 69, 72,
84, 111, 116, 139, 161
Glaviano Goffredo 72
Glos Karl Lt. Col.(USA) 11, 38
Grauso avv. Angelo 39, 41, 46, 48,
64, 156, 180
Grauso Antonio 112, 172
Grauso Francesco 4
Grossi comm. Federico 196
Guarino Ersilia 120
Guarino prof. Giuseppe 119
Guerrieri Angelo 166, 191
Guerrino Arturo 104
Gerrino arch. Francesco 146
Iadevaia dr. Michele 32, 39, 42, 46,
48
Iadicicco Luigi 32, 121
Iannotta Gabriele 172, 197
Ignara ing. Francesco 87, 175, 200
Ignara Maria 98
Ignara Michele 111
Iorio Alfonso 32
Iorio Antonio 166, 191
Iorio Carlo 154
Iorio dr. Domenico 21, 23, 25
Iorio Domenico 85
Iorio cav. Eugenio 11, 33, 37, 39, 48,
59, 73, 92, 107, 127, 156, 162
Iorio Eugenio (ditta) 104
Iorio Filippo 177, 191, 196
Iorio dr. Filippo 22, 24, 26, 28, 33,
37, 89, 104, 111, 116, 152, 166, 191
Iorio Francesco 27
Iorio dr. Gabriele 22, 24, 67, 98, 104,
177, 191, 194
Iorio Gabriele di Giuseppe 21
Iorio Giovanni 24
Iorio Giuseppe di Giovanni
Iorio avv. Giuseppe fu Giovanni 31
Iorio Giuseppe 27, 61, 152, 154, 177
Iorio avv. Giuseppe 9, 24, 27, 29, 31,
51, 52
Iorio dr. Giuseppe 39, 41, 46, 65
Iorio Vincenzo 23, 25
Iorio Vincenzo (edile) 85
Iorio Vincenzo fu Francesco 119
Iorio Tommaso 166, 171, 191, 196
Iulio Francesco 21, 24, 152, 171,
177, 196
Iulio dr. Nicola 31
Iulio Nicola 28, 31, 135, 191
Iovinelli Natale 119
Izzo Antonio 25, 27, 99
Izzo Giovanni 4
Izzo D. Melchiore 128
Izzo notaio Melchiore 148
Izzo Pasquale 121
Izzo Tommaso 121
I
L
G
Iacobelli Luigi 62
Iaderesta cav. Vincenzo 21, 152,
171, 177, 196
Iaderosa Michele 21
Iadevaia dr. Francesco 121
Iadevaia Giuseppe 25
Marzano dr. Giuseppe 52, 61, 85,
89, 102
219
Landolfi Giacinto 97
Leonetti cav. Raffaele 196
Lepore Stefano 39
Lerro avv. Alfonso 23, 25, 27, 57,
59, 62, 166, 191
Lerro Angelo 29, 31,
Lerro Clemente 121
Lerro Gaetano 54
Lerro Giacinto 57
Lerro Giacomo 62, 166, 191
Letizia Antonio 117
Letizia prof. Domenico 31
Lettieri Andrea 111
Loffredo Antonio 172, 197
Lombardi Alfonsina 86
Lombardi Angelamaria 98
Lombardi Antonio 4
Lombardi Casimiro 29, 31
Lombardi Domenico 117
Lombardi avv. Ernesto 196
Lombardi Ferdinando 21, 171, 196
Lombardi Filippo 96
Lombardi Francesco 23, 25, 27, 152,
177
Lombardi Giovanni 21
Lombardi Giuseppe 152, 177
Lombardi cav. Matteo 102
Lombardi Mattia 32, 135
Lombardi Mattia di Francesco 35
Lombardi Michele 21, 117, 171, 196
Lombardi Salvatore 24, 117
Lombardi rag. Vincenzo 39, 41, 46,
48, 121
Lombardi Vincenzo 118, 191
Longo Enrichetta 130
On. Luzzatti prof. Luigi 114, 161,
185
M
Maccarone Salvatore 191
Madonna Andrea 155
Madonna Giuseppe 23, 31
Madonna Michele 59
Magliocca Giovanni 86
Magliocca Giuseppe 117
Magliocca Vincenzo 120
Mammoli Giannetto 130
Mons. Mangino vescovo di Caserta
173, 198
Maresca suor Luisa 103
Marotta Bartolomeo 117
Marotta Luigi 114
Marotta Salvatore (arciprete) 121,
141, 190
Martirani Bernardino 22, 29
Martirani ing. Domenico 145
Martirani cav. Giuseppe 21, 25, 27,
158
Martirani cav. Giuseppe (Napoli) 74
Marzaioli Domenico 39, 41, 46, 65
Massimo Alfredo 39, 41, 46
Mastellone ing. Pasquale 105, 122,
141, 144, 163, 166, 174, 177
Mastroianni Angelamaria 120
Mastropietro prof. Lucio 130
Matteotti Giacomo 39
Mazzetti (notaio) 23, 31
Merola Bartolomeo 23, 31
Merola Benedetto 172, 197
Merola Gaetano 32
Merola Gennaro 120
Merola Lorenzo 120
Merola Giovanni 120
Merola Luigi 23, 31
Merola sac. Luigi 147
Merola Nicola 155
Merrone Antonio 171, 196
Merrone avv. Gabriele 196
Micco Nicola 117
On. Micelli comm. Luigi 196
Migliori Vincenzo 196
Minieri Nicola 155
Miscureca cav. Gaetano 194
Monteforte Luigi 191
Montuori Andrea 155
Morbillo Salvatore 39, 41
Mons. Moriondo Natale Gabriele
148
Morsolin prof. Giuseppe 130
Mosca Michele 172, 197
Mossutti prof. Enrico 170, 195
Murante Giuseppe 111
Murante Michele 120
Mulè Mariano 194
Muoio Luigi 57
Muoio Paolo 57, 166, 169, 191,
194
Musco Nazareno 161
N
Nappi Arturo 23, 31
Nappi Salvatore 102
Narciso Pasquale 197
Nuzzi cav. Uff. Giovanni 27, 83,
143, 147, 170
Nuzzi Salvatore 28
Nuzzo Gabriele 155
Nuzzo Silvestro 166, 191
220
O
Olivieri Clemente 118
Olivieri Gennaro 22, 29, 31
Olivieri Michele 111
Omaggio Antonio 27, 31, 52, 111
Onesti Alfredo 116
Orbato Aniello 155
P
Padova Pietro 39, 41
Calmieri Paolo 39, 41, 104, 121, 180,
183
Pane Egidio 130
Papa Michele 111
Pascarella Alessandro 121
Pascarella Francesco 84, 155
Pascarella Gaetano 120
Pascascarella Guido 119
Pascarella Salvatore 67
Pascarella Vincenzo 29, 31
Patrelli Tito 57, 111, 166, 191
Patturelli Francesco 32
Pellegrino Antonio 154
Pellegrino Michele 128
Penque Luigi 111
Penta Teresa 128
Penzi ing. Ernesto 37, 88, 91, 143,
145, 152, 198
Petrillo Antonio 32
Petrucciani Salvatore 155
Picillo Salvatore 136
Picozzi dr. Antonio 85, 98,
Pietropaolo Giuseppe 119
Pignataro dr. Tommaso 62
Pinque Urbano 172, 197
Pipiciello Antonio 166, 191
Pisani Eustacchio 154
Pisanti Antonio 21, 52, 79
Pisanti Filippo 59, 72
Pisanti Nicola 166, 191
Piscitelli avv. Antonio 29
Piscitelli Elisabetta 120
Piscitelli Francesco 110
Piscitelli Giovanni 190
Pomponio Salvatore 111
Prisco Antonio 117
Prisco cav. Enrico 21, 24, 27, 31, 51,
72, 97
Prisco avv. Gustavo fu Alberto 72
Prisco avv. Nicola fu Alberto 72
Proto Donato 24, 26, 110
Proto Umberto 121
Proto Ferdinando 4, 21, 171, 196
Prudenzano Pasquale 62, 111
Pugliese dr. Antonio 136,158,187,
191
On. Pugliese Vittorio 198
Q
Quartaro Antonio 155
Quintavalle dr. Benedetto fu Carlo
21, 67, 98, 104, 161, 164, 166, 168
Quintavalle dr.Benedetto 155, 185,
188, 191
Quintavalle Felice 21, 152, 171,
177, 196
Quintavalle Giuseppe fu Carlo 21
Quintavalle Nicola 29, 31
Quintavalle Vincenzo 57, 171, 196
R
Racca Domenico 4
Raffone dr. Alfonso 21, 23, 25, 27,
30, 43, 45, 56, 68, 74, 82, 85, 87, 98,
100, 105, 128, 131, 158, 164, 171,
185, 192, 196
Raffone avv. Aniello 36, 39, 41, 45,
65, 152, 177
Sottoten. Raffone Camillo 158
Raffone Domenico 39
Raffone Nicola 120
Raffone sac. Salvatore 147
Raffone Stefano 21, 23, 25, 32, 35
Raffone cav. Vincenzo 21, 25, 43,
61, 67, 158, 177, 196
Rasile ing. Mario 84
Razza Luigi 137
Razzano Modestino 155
Renga Aniello 117
Renga prof. Antonio fu Luigi 38
Renga Antonio 117
Renga Assunta 180
Renga dr. Domenico 31
Renga gen. Domenico 39, 42, 45,
48, 65, 94, 104, 121, 154, 159, 183
Renga dr. Filippo 26, 161, 164, 179,
185, 191
Renga dr. Giuseppe 161, 185, 190
Renga Don Giuseppe 165, 191
Renga avv. Salvatore 9, 29, 33, 37,
55, 72, 106, 109, 113, 119, 126, 132
Rescigno prof. Giuseppe 111
Ricciardi Antimo 88
Ricciardi Saverio 191
Rienzo Giuseppe 59, 166, 191
Rienzo dr. Raffaele 22, 25, 27, 30,
34, 161, 185
Generale Ridolfi 173
Ing. Rispoli 66
Rispoli Giacomo 16
Rivetti Giuseppe 166, 191
Rivetti Luigi 166, 191
Roberti Eugenio 54, 62
Roberti Luigi 29, 31
Roberti Giuseppe 117
Roberti Mario 116
Roberti Raffaele 59, 62, 191
Rocco Francesco 177
Rodriquez Antonio 166, 191
Romano Antonio 111
Romano Domenico 62, 152, 177
Romeo Domenico 59
Romeo Giuseppe 177, 196
Romeo Leonardo 111, 190
Romeo Pasquale 169, 191, 194
Ronza dr. Domenico 39
Rosati geom. Benedetto 137
Rosati dr. Elio 39, 41, 45, 48, 108,
121
Rossi D. Agnello 102
Rossi Antonio 154
Rossi Domenico 57, 59, 166, 191,
Rossi prof. Pasquale 21, 152, 171,
177, 196
Rossi prof. Vincenzo 40, 46
Rossi Vincenzo 155
Rotunno prof. Nicola 111
Ing. Ruffolo 148
Ruotolo Carolina 96
S
Sacco Francesco 120
Sagnelli Evangelista 29, 30, 52, 72,
76, 93
Sagnelli Maria 70
Sagnelli dr. Salvatore 39, 46, 65
Sagnelli Vincenzo 137
Salamiti Annunziata 62
Salatini Innocenzo 117
Santamaria avv. Agostino 59
On. Santamaria Agostino 67, 78,
146, 161, 185
Santamaria Nicolini dott. cav.
Enrico 34, 96
Santamaria
Nicolini
comm.
Francesco 171, 196
Santamaria Luigi 154
Santamaria Nicolini Federico 154
221
Santamaria ing. Nicolino 70
Santangelo Nicola 80
Santonastaso Anna 120
Santonastaso Antonio 120
Santonastaso Domenico 155
Santonastaso Giuseppe 20
Santonastaso Felice 21, 23, 26
Santonastaso Nicola 154
Santonastaso sac. Salvatore 104
Santoro Gaetano
Savastano Vincenzo 117
Savinelli Antonio 191
Savinelli Raffaele 166, 191
Scalera Andrea 118
Scalera Antonio 21, 171, 196
Scalera Carlo 28, 31, 137
Scalera Nicola 4
Schioppa Antonio 166, 191
Sena cap. Mario 94, 137
Senneca Alcide 59
Senneca Antonio 24, 29
Senneca Francesco 39, 41
Serpentino Francesco 118
Setaro Mattia 23, 25, 27, 59, 99, 114,
116
Settembrini Luigi 38, 137
Sferragatta Mario 26
Sforza Gabriele 39, 41, 48
Simeone Raffaele 117
Sollitto dr. Giuseppe 39, 41, 48
Sollitto Lucia 155
Sorrentino Ercole 118
Sorvillo cav. Amedeo 9, 32, 37, 54,
62, 69, 71, 87, 92, 97, 102, 112, 134,
145, 162, 170, 172, 197, 200
Spallieri Antonio 191
Squillante Rachela 155
Sprizzi Nicola 118
Stanco Antonio 172, 197
Starone avv. Giuseppe 24, 50, 67, 81,
121, 143, 148, 172
Starano prof. Pietro 130
Stefanelli Angelina 120
Stravino cav. Nicola 21, 24, 67, 152,
171, 177, 196
Stravino avv. Nicola 196
Stravino Raffaele 120
Stravino Vincenzo 191
Studio
ingegneria
Pane
e
Campopiano 76
Suppa Alfonso 171, 196, 197
Suppa Antonio 32, 139
Suppa Felice 120
T
Tagliafierro Francesco 31
Tammaro Domenico 152, 171, 176,
196
Tammaro dr. Enrico 15, 39, 41, 48,
73, 93, 108, 121
Tammaro comm. Giuseppe 18, 20,
43, 56, 66, 79, 96, 114, 128, 135,
157, 163, 171, 177, 196
Tammaro Nicola fu Francesco 119
Tammaro salvatore fu Domenico 21
Tammaro avv. Vincenzo 24, 26, 28,
30, 32, 46, 61, 95, 110, 117, 149,
173
Tammaro Vincenzo 35
Ing. Tarantini 66
Tennerelli Ranaldo 148
Testa avv. Giovanni 60, 69
Tetrarca Antonio 154
Tocco Leonilda 96
Tontoli avv. Adolfo 31, 119, 138
Tontoli Francesco 59
Tramontano Gabriele 118
Tramontano Luigi 111
Tramontano Michele 111
Trapasso Guglielmino 60
Troiani Antonietta 120
V
Vigliotti Michele fu Tommaso 103
Vigliotti Tommaso 127
Villamena prof. Daniele 130
Vinciguerra Alfonso 191
Vitagliano Augusto 62
Vitagliano Paolo 172, 197
Vitale Eduardo 57, 62
Vitale Filippo 24, 27
Vitale notaio Giuseppe 196
Vitale Leonardo 116, 191
Vitale Michelangelo 131
Vitale Michele 4
Vitale Michele fu Giuseppe 31
Vitale cav. Tommaso 171, 196
Vitelli avv. Arturo 24, 27, 29, 31,
51, 61, 101, 117, 149, 173
Z
Zampella Giuseppe 155
Zanni Nicola 103
Zaza d’Aulisio avv. Alberto 39, 41
Zaza Alberto 72
Mons. Zaza d’Aulisio Antonio 109
Zaza Vincenzo 23, 25, 57, 59, 70,
81, 99, 116, 128
Zaza d’Aulisio dr. Vincenzo 32,
35, 111
Zerbino Carlo 9
Padre Zoppoli Giuseppe 142
Vaccarella Vincenzo 114
Vairo Felice 166, 191
Varone Egidio 56
Varvo Maria 120
Velardi Raffaele 35
Velardo Giovannina 120
Ventriglia Antonio 24, 26, 31, 37,
135, 147, 170
Ventriglia Antonio fu Francesco 31
Ventrone Luciano 191
Ventura Crescenzo 31
Verdicchio cav. Clemente 27, 32
Verrone Luigi 21, 43, 110, 171, 196
Verrone Michele 101, 118
Vertucci Giovanni 127
Verzillo Giuseppe 116
Vico dr. Alfredo 188, 191
Vico dr. Alfonso 21
Vigliardo Giuseppe 130
Vigliotta ing. Domenico 9, 91, 137
Vigliotta Giuseppe fu Michele 155
Vigliotti Michele 172, 197
222
:
223
APPENDICI
Regolamenti – normative e capitolati
1. Regolamento per l’applicazione dell’imposta sul valore locativo.
(approvato il 9 luglio 1905)
1) E’ istituita nel Comune di Maddaloni dal 1° gennaio 1905 in poi la imposta sul valore locativo
nella misura proporzionata di cui l’art. 28 del U.D. 31 gennaio 1867.
2) Essa è dovuta da chiunque privato cittadino o straniero che tenga a sua disposizione sul
terreno del Comune e suoi aggregati una casa od un appartamento con mobili, siano questi propri
od altrui. L’imposta è dovuta anche quando la casa o l’appartamento non sia abitato o lo sia di rado
o solo qualche mese all’anno ed anche quando per una parte dell’anno resta sprovvisto di mobili.
Trattandosi di appartamenti o camere che sia affittano mobiliate la imposta è dovuta dal
proprietario, è invece dovuta dal primo inquilino quando si tratta di appartamenti o camere che si
subaffittano con mobili o senza. Tanto nell’uno, quanto nell’altro caso, il proprietario o il primo
inquilino hanno il diritto di rivalersi dell’imposta verso gli inquilini o subinquilini. Le società, i circoli, i
casini, i stabilimenti privati sono imposte in nome collettivo in ragione dei locali di cui hanno l’uso o
la disponibilità.
3) Sono esenti dell’imposta gli enti indicati nell’art. 7 del M.D. 31 gennaio 1867, cioè: - Le case
che non siano fornite di mobili inverun tempo dell’anno; - le costruzioni rurali destinate
esclusivamente all’abitazione di coltivatori, o ad ricovero del bestiame o alla conservazione e prima
manipolazione di prodotti agrari; - gli opifici e gli stabilimenti industriali, cosi magazzini che ne
dipendono; - i locali degli uffici pubblici, di collegi convitti, delle scuole pubbliche e private, delle
società di muto soccorso, degli stabilimenti di beneficenza, come ospedali, orfanotrofi ed asili
infantili.
4) Il valore locativo delle abitazioni si desume dal loro fitto reale o presunto, senza veruna
detrazione. Per le abitazioni affittate senza mobili il valore locativo da dichiararsi è quello risultante
dalle scritture di locazioni o dalle convenzioni verbali. Per quelle affittate con mobili si dichiarerà la
pigione complessiva, attribuendone in via prudenziale all’abitazione quella parte che le spetterebbe
qualora fosse fittato senza mobili. Per le abitazioni non affittate il valore locativo si dichiarerà
presuntivamente in quella somma, che si potrebbe ricavare affittandoli.
5) Le dichiarazioni dovranno farsi per iscritto entro 15 giorni dalla data dei contratti verbali, o
scritti alla Segreteria comunale.
2. Tassa per le vetture pubbliche e private. (approvata il 9 luglio 1905)
1) Sono considerate vetture tutti i veicoli di ogni forma e dimensioni sospesi sopra ruote e
destinate al trasporto delle persone.
2) La tassa è dovuta dal possessore della vettura il quale dovrà risiedere nel Comune da oltre
un semestre.
3) La tassa varia, da un limite di lire due ad limite massimo di lire otto, e il relativo ruolo ha
quattro categorie: La prima di lire 8, la seconda di lire 5, la terza di lire 4 e la quarta di lire 2.
4) Le vetture private a due cavalli vanno nella prima categoria, quelle pubbliche a due cavalli in
seconda categoria, le vetture o legni privati a quattro oppure a due ruote vanno alla terza cat., le
vetture ad un solo cavallo vanno alla quarta categoria. Sono esclusi i carri funebri. I possessori di
più vetture private pagheranno una sola tassa cioè quella della vettura che va soggetta alla tassa
più alta.
3. Tassa per i domestici. (approvata il 9 luglio 1905)
1) Ogni individuo che per mercede attende al servizio di una persona o famiglia è considerato
come domestico, riceva o no dalla medesima l’alloggio ed il vitto.
2) Non sono compresi nel noveri dei domestici per gli effetti del presente Regolamento:
a) Commessi, fattorini, operai, giornalieri, coloro che durante l’anno prestano servizio per lavori
agricoli, industriali e commerciali;
b) i vetturali, sorveglianti, conduttori i mozzi delle vetture pubbliche;
c) i familiari al servizio del Comune;
d) coloro che nella giornata prestano servizio a più persone, non conviventi nel medesimo
alloggio;
e) i portinai delle case, delle private abitazioni ed i custodi degli uffici e stabilimenti pubblici;
f) le persone addette al servizio esclusivo degli infermi.
224
3) La tassa è dovuta dalla persona o famiglia al servizio della quale si trova abitualmente un
domestico.
4) La tassa varrà da l’una cinque lire ed il ruolo ha tre categorie; la prima di lire cinque; la
seconda di lire 2,50 e la terza di lire 2, e si applica a criterio descrittivo dall’Amministrazione
comunale secondo l’importanza del domestico.
4. Regolamento per uffici ed impiegati comunali
(Approvato il 22 novembre 1906)
Capo I – Disposizioni generali
Art. 1) Sono impiegati municipali coloro che prestano la loro opera a servizio
dell’Amministrazione. Essi si distinguono in stipendiati e salariati. Appartengono ai primi il
Segretario comunale e gli altri impiegati della Segreteria. Diconsi salariati gli inservienti ed in
generale tutte le persone subalterno addette ai servizi puramente materiali.
2) Nomina impiegati…..omissis…
3) L’impiegato che dopo un mese dalla sua nomina non abbia preso possesso del proprio
ufficio, s’intenderà decaduto.
4) Il pagamento degli stipendi e salari, sarà fatto nel giorno 27 di ciascun mese, ne potrà
essere sospeso che per i motivi di disciplina stabiliti nel presente Regolamento.
Capo II – Segreteria comunale
Art. 5) La Segreteria comunale è divisa in quattro uffici avente ciascuno le attribuzioni
determinate, secondo le varie indole degli affari, dal Segretario coll’intesa del Sindaco, meno pel 4°
ufficio destinato alla Contabilità.
Capo III – Impiegati della Segreteria
Art. 6) Presso la Segreteria comunale, vi sarà il seguente personale:
a) Il Segretario capo;
b) Vice-segretario (Capo 1° Ufficio);
c) due Capi d’ufficio;
d) 1 Ragioniere (Capo 4° ufficio);
e) 4 Applicati di cui uno aiutante Ragioniere: n° 2 di 1^ classe e n° 2 di 2^ classe;
f) 4 Ufficiali di ordine: n° 2 di 1^ classe e n° 2 di 2^ classe;
g) 1 usciere Capo;
h) 2 uscieri;
i) 2 messi;
l) 1 portiere.
Art. 7) Alle promozioni fra gli impiegati della Segreteria si provvederà per concorso innanzi
apposita Commissione.
8) La suddetta Commissione volta per volta stabilirà, secondo l’ufficio che dovrà occuparsi, le
materie sulle quali dovrà versarsi l’esame. Per gli ufficiali d’ordine si richiede inoltre la calligrafia. Le
promozioni da una categoria all’altra si fanno per titoli ed esami; quelle da una classe inferiore ad
una superiore della medesima categoria si fanno per anzianità.
9) La Commissione sarà composto dal Sindaco, il quale assumerà la presidenza, dal
Segretario comunale, di un consigliere comunale, di un Segretario e di un Ragioniere di Prefettura
nominati dal Consiglio.
10) Le condizioni per la nomina degli impiegati sono:
a) età non superiore ai 30 anni, certificato di moralità, qualità, di cittadinanza italiana di data
recente. Titoli a laurea in giurisprudenza e diploma di segretario per l’Ufficio di Segretario capo.
Diploma di segretario per il posto di Vice-segretario. Diploma di ragioniere per il posto di Capo
ufficio di Contabilità. Diploma di segretario per Vice-segretario;
b) per applicati di concetto occorrono i titoli prescritti dalle legge per l’ammissione all’esame di
patente di Segretario comunale, mentre per l’applicato della contabilità per cui occorrono
esclusivamente la licenza d’istituto tecnico, sezione Ragioneria;
c) per gli ufficiali di ordine si richiede la licenza Ginnasiale o scuola Tecnica.
11) Ove nessuno impiegato abbia i titoli richiesti per un posto di categoria superiore rimasto
vuoto, il Comune aprirà il concorso libero.
12) A parità di merito di merito si preferisce il cittadino domiciliato in Maddaloni; e se fra
impiegati il più anziano.
13) Vacante il posto di Segreteria, il Comune apre il concorso relativo senza che il Vice od altro
impiegato qualsiasi vanti pretese sul posto vacante per diritto acquisiti, potendo solo concorrere
come qualsiasi libero candidato.
14) ….omissis.
15) Tutti gli stipendiati del Comune in pianta stabile hanno l’obbligo della residenza nel
225
Comune.
16) L’impiegato non ritenuto idoneo all’esame di promozione alla categoria superiore non ha
diritto a ripetere la prova e resta stazionario nella categoria in cui si trova. Può solo essere
promosso di classe per anzianità.
17) Il Segretario capo, oltre l’assistenza alla Giunta ed al Consiglio, ed oltre il compimento degli
atti a lui specialmente demandati delle leggi e dai Regolamenti, curerà la esecuzione di tutti i lavori
assegnati a ciascun ufficio della Segreteria per mezzo dei rispettivi Capi, ed anche direttamente per
taluni pratiche speciali, quando il Sindaco od egli stesso lo crederanno opportuno per la loro
importanza . Gli articoli
18-19-20…..omissis…..
21) Quando per la esecuzione di taluni speciali lavori, o per l’urgenza d’altri, fosse necessario il
concorso di parte o di tutti gli impiegati della Segreteria, non potranno i medesimi esimersi da tale
concorso, dovendo in tal caso dipendere dagli ordini del Capo Ufficio, o dal Segretario capo.
22) Per la esecuzione dei lavori straordinari, i quali richiedono l’impiego di molti impiegati, per
parecchie ore del giorno e per lungo tempo, sarà provveduto con speciali disposizioni, le quali
saranno emesse nell’occorrenza, affinché non abbia a soffrire ritardi l’espletamento dei lavori
ordinari.
23) La destinazione degli impiegati presso ciascuno ufficio sarà fatta da Segretario Capo
coll’intesa del Sindaco.
24 …..omissis…….
25) L’orario degli uffici municipali sarà stabilito dalla Giunta, in modo che le ore di occupazione
non siano meno di sei continue. Nel tempo delle sessioni ordinarie del Consiglio e sempre quando il
bisogno lo esigerà, l’orario sarà protratto secondo il criterio del Sindaco e del Segretario capo. Nei
dì festivi dovranno essere presenti in ufficio due impiegati dalle ore 9 alle 12. Questo servizio sarà
prestato per turno fra tutti gli Impiegati indistintamente. Durante le ore di ufficio, gli Impiegati
subalterni, non potranno assentarsi senza licenza del Segretario, e questi senza quella del Sindaco,
se quest’ultimo è in ufficio.
26) Il Segretario capo non è obbligato a serbare strettamente l’orario sovra stabilito, potendolo
o dovendolo variare per se nel modo che meglio conviene al disimpegno delle sue funzioni. Egli
però nell’avvalersi di tale facoltà, dovrà dipendere direttamente dal Sindaco.
27) In apposti registro sarà giorno per giorno apposta la firma da ciascun impiegato al suo
arrivo in ufficio. Trascorsi quindici minuti dell’ora prefissa, sarà chiuso la sottoscrizione e ritirato il
registro dal Segretario, il quale vi apporrà il suo visto. In assenza del Segretario, quest’incarico sarà
disimpegnato dal Vice. L’impiegato la cui firma non figura nel registro di presenza sarà ritenuto
assente, anche quando si fosse recato in ufficio dopo la chiusura del detto registro.
28) ………omissis…….
29) Negli uffici di Segreteria niuno potrà essere ammesso che nelle ore stabilite. Gli impiegati
non potranno ricevere persone estranee all’Amministrazione senza il permesso del Segretario.
30) E’ vietato a chiunque d’introdurre negli uffici comunali con armi, bastoni, ombrelli, ed altri
arnesi, restarvi col capo coperto od in altro modo poco decente oppure fumarvi. Gli uscieri hanno
l’obbligo sotto la loro più stretta responsabilità di curare l’adempimento di queste disposizioni, e di
dare accesso ai richiedenti nelle sale d’ufficio, nelle ore fissate, dopo averli annunziati ed ottenuta
licenza di ricevimento.
31) Gli impiegati in ufficio non possono attendere ad occupazioni loro private o divagarsi
diversamente dai lavori di segreteria. Niuno di essi potrà trasportare fuori della Segreteria pratiche o
documenti qualsiasi.
32) ……omissis……...
33) Gli impiegati in generale debbono tenere verso il pubblico una condotta cortese e gentile.
34) Quando non lo vietino le esigenze del servizio, ogni impiegato potrà chiedere ed ottenere
dalla Giunta, una licenza nel corso dell’anno, la quale non potrà mai eccedere giorni venti. Per i
motivi di salute o per altra speciale circostanza, la Giunta potrà estendere la licenza fino ad un
mese. Oltre questi termini provvederà il Consiglio sulla proposta del Sindaco. Il Consiglio non potrà
dare un congedo superiore ai mesi due, dopo di che l’impiegato potrà aver diritto all’aspettativa per
cagione di salute o per
motivi di famiglia, la quale non dovrà superare i dodici mesi. Trascorso tale termine il posto
sarà dichiarato vacante e l’impiegato potrà liquidare i diritti che gli spettano. L’assegno durante
l’aspettativa sarà lo stesso prescritto dalla legge per gli impiegati dello Stato.
35, 36, 37, 38………omissis………
Capo IV – Misure disciplinari per gli Impiegati della Segreteria.
Art. 39) Gli Impiegati che contravvengono ai doveri d’ufficio, compromettono in qualunque
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modo la loro dignità personale o quella dell’impiego, saranno puniti:
1) Con l’ammonizione verbale;
2) con l’ammonizione scritta;
3) con la sospensione dello stipendio;
4) con la sospensione dell’Ufficio;
5) con la destituzione.
Art. 40) L’ammonizione verbale sarà fatta dal Sindaco o dal Segretario. L’ammonizione scritta
sarà sempre fatta dal Sindaco, estendendosi apposito verbale in apposito registro.
41) La pena della sospensione sia del solo stipendio , sia dell’ufficio e stipendio sarà inflitta dal
Sindaco, salvo a riferirne al Consiglio per gli opportuni provvedimenti a norma di legge. Tale
sospensione non potrà oltrepassare il termine di due mesi.
42) La destituzione sarà pronunziata dal Consiglio sopra speciale proposta del Sindaco fatta
con dettagliato rapporto e col parere della Giunta.
43) Le cause che danno luogo alle pene, di cui numeri 1 e 2 dell’art. 39 sono: negligenza e
mancanze lievi in servizio; difetto d’inurbanità e decenza verso il pubblico; mancanza lievi contro la
disciplina ed il rispetto dovuto ai superiori immediati e alle loro prescrizioni ufficiali ed inosservanza
dell’orario d’ufficio.
44) Va punito con una pena maggiore di quella sopra l’impiegato che sia recidivo.
45) In tutti i casi di applicazione delle sanzioni disciplinari, di cui nei precedenti articoli, questi
saranno sempre applicate nel loro massimo grado, quando si trattasse di una mancanza commessa
per la terza volta in un anno.
46) Va punito alla ritenuta dello stipendio, e nei casi più gravi o di recidiva con la sospensione,
l’impiegato che abitualmente sia negligente, che serbi riprovevole condotta, che trascuri per
involenza gli affari d’ufficio o ne propali i provvedimenti dati, o le informazioni ricevute, mostri
insubordinazione verso i suoi superiori, ed infine che accetti doni da chi abbia interesse nella
soluzione di un affare d’ufficio.
47) La destituzione sarà deliberata dal consiglio per quell’impiegato che mancasse contro
l’onore, o riportasse condanne a pena criminale o da pena correzionale per furto, falsità, frode
truffa, malversazione ed attentato ai costumi. La destituzione sarà pure inflitta a quell’impiegato che
incorresse per la terza volta in quel fatto, pel quale già sospeso due volte di stipendio e funzioni. Gli
effetti della sospensione per l’applicazione della pena della destituzione saranno prescritti dopo
cinque anni di buona condotta. Il rinvio a giudizio di uno dei suddetti reati avrà di conseguenza la
immediata sospensione dell’impiegato imputato fino alla risoluzione della causa. Però la
sospensione sarà priva di effetti nel caso in cui venisse dichiarato la innocenza dell’accusato con la
formula assolutoria di non aver commesso il reato o per la inesistenza di reato, o perché il fatto non
costituisce reato, o per difetto di indirizzi. Il tale ipotesi l’impiegato avrà diritto alla reintegra nel
posto, e sempre al pagamento degli assegni.
48) Nel caso che la formula dell’assoluzione sia per non provata reità o per insufficienza
d’indizi, allora resta all’arbitrio dell’Amministrazione reintegrarlo nel posto e dargli o non gli arretrati.
49) L’impiegato destituito non potrà giammai essere riammesso ai servizi municipali in
qualsiasi ufficio.
50) Tutte le funzioni inflitte agli impiegati saranno scritte in apposti registro e controfirmato dal
Sindaco.
51) In tutte le punizioni si dovrà sempre sentire l’incolpato nelle sue discolpe.
Capo V – Stabilità – Sessennio
Art. 52) La nomina dell’impiegato della Segreteria determinata attualmente nella relativa pianta
organica
in numero di tredici acquista carattere di stabilità solo dopo cinque anni di esperimento dalla
data di essa.
53) Gli impiegati della Segreteria comunale determinati attualmente nella relativa pianta
organica, avranno diritto all’aumento del decimo sul loro stipendio, dopo sei anni di lodevole
servizio prestato senza interruzione. Tale aumento sessennale però è limitato a due per ciascun
impiegato.
Capo VI – Delle altre categoria d’impiegati del Comune
Art. 54) Al servizio di tutti gli altri uffici ed impiegati del Municipio provvederanno i rispettivi
speciali Regolamenti organici, ed in mancanza di questi sarà provveduto con le nome speciali che
saranno adottate a termini di legge da che ha facoltà di sovrintendere a tutti gli uffici ed istituti
comunali.
Capo VII – Delle Pensioni
Art. 55) Tutti gli impiegati municipali indistintamente enunciati nell’art. 1 avranno diritto ad una
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pensione di riposo o ad una indennità per una sola volta, purché abbiano rilasciato sui loro assegni
fissi a favore dell’erario Comunale una quota annua.
56) Tanto la suddetta quota annua di ritenuta quanto il diritto di collocamento a riposo, e la
pensione o indennità, si determineranno in base alla legge vigente per gli impiegati dello Stato, e
con le norme del relativo Regolamento, per quanto siano applicabili.
57) Il collocamento a riposo sarà deliberato dal Consiglio comunale su domanda
dell’interessato, e la pensione o indennità sarà liquidata dal Consiglio stesso. Il detto collocamento
a riposo potrà essere ancora promosso dal Sindaco per quegli impiegati, che o per motivi di salute,
o per altri speciali circostanze, sicuri inabili, o incompatibili col disimpegno del loro uffizio.
58) Il diritto della vedova o della prole dell’impiegato municipale sarà regolato anche in base
alla legge vigente per gli impiegati dello Stato.
59) Le quote annue che saranno rilasciate dagli impiegati a termini degli art. 55 e 56 saranno
rese fruttifere versandosi in una cassa pubblica per la costituzione del Monte delle pensioni, il quale
sarà amministrato separatamente dai fondi comunali dalla Giunta municipale.
Capo VIII – Servizio di Cassa e Contabilità Comunale
Art. 60) Il servizio di Tesoreria è affidato ad apposito tesoriere comunale.
61) La nomina del Tesoriere è temporanea, e sarà conferita da quinquennio in quinquennio.
62) Il Tesoriere comunale sarà retribuito a stipendio fisso né potrà pretendere retribuzione
diversa dallo stipendio per qualunque servizio contabile nell’interesse dell’Amministrazione.
63) L’Ufficio di Tesoreria sarà stabilito nella Casa Comunale a cura e spesa del Municipio.
64) Nel locale della Tesoreria vi saranno due casseforti, la prima sarà a tre serrature, le cui
chiavi saranno custodite: una dal Tesoriere, un’altra dal sindaco o dall’Assessore delegato, la terza
dal Segretario o dal Ragioniere.
65) orario omissis…...
66)…. Licenza…… omissis…….
67) La nomina del Tesoriere sarà fatta dal Consiglio nel modo che meglio crederà, cioè, o per
concorso all’asta pubblica o per scelta.
68) Il candidato eletto dovrà, nel termine di giorni 15 dalla data della partecipazione di nomina,
presentarsi alla stipula del contratto e delle condizioni negli appositi capitoli, nonché a costituire la
cauzione nella misura che sarà stata fissata. La cauzione potrà costituirsi o sopra stabili, di cui sia
provato il libero possesso, o sopra rendita del debito pubblico.
69) Il Tesoriere dovrà mettere ogni maggiore esattezza nel disimpegno del suo mandato,
rimanendo altresì responsabile verso il municipio di tutti i fatti ed operazioni degli aiutanti e
commessi da lui adoperati, i quali per altro non potranno da lui essere adoperati, senza
l’autorizzazione del Sindaco.
70) Alla Ragioniere comunale è affidata ogni operazione contabile, ed ogni controllo
nell’interesse del Municipio. A sua cura saranno comunicate al Tesoriere tutte le operazioni,
contratti, concessioni, appalti, vendite e simili, da cui possa desumersi credito o debito significante il
Comune, per prenderne nota, nonché ogni deliberazione relativa ad affari finanziari per risaltamene
tanto attivi quanti passivi.
71) La Ragioneria curerà il disbrigo di tutte le pratiche per la compilazione dei Ruoli.
Applicazione delle Tasse, ed ogni altro affare relativo alla gestione finanziaria del Comune.
72) Tanto nella Ragioneria che nell’ufficio di Tesoreria, oltre dei Bilanci ed altri Registri
contabili, dovrà esservi, per la desunzione di tutto l’esercizio di Cassa, un Registro Generale, che
verrà aperto in
ogni
anno per contro dell’Entrate e delle Uscite; quale registro sarà portato in partita doppia, ed avrà
in corrispondenza il libro Mastro.
73 e 74 …….omissis…….
75) Il ragioniere assisterà il Sindaco o l’Assessore delegato, ed il Segretario nelle verifiche di
Cassa; vidimandone il relativo verbale. Sottoscriverà pure qualsiasi mandato di pagamento, e
l’Amministrazione nel suo interesse non riconoscerà alcuna quietanza rilasciata dal Tesoriere se
questa non sia stata vidimata e controllata dal ragioniere nelle ventiquattro ore dalla sua data.
76) Il ragioniere veglierà e riferirà al Sindaco sulla condotta del tesoriere, sia nei suoi rapporti al
pubblico, sia pel modo come adempia alle sue incombenze ed ai doveri del proprio ufficio.
77) Il tesoriere, oltre all’obbligo della tenuta dei libri e registri contabili indicati nell’art. 72, e di
quelli che all’uopo gli venissero prescritti, dovrà soprattutto tener un registro bollettario per rilascio
delle quietanze di qualsiasi pagamento. Curerà inoltre come è detto nell’art. 73 che tutti i suoi
registri siano tenuti precisa e chiarezza, evitando qualunque cassatura e riusura, e procurando
sovra ogni altro la nitidezza del carattere e la esattezza sulla disposizione delle cifre.
78, 79 e 80……….omissis………
228
81) Il tesoriere dovrà pure alla fine di ogni trimestre trasmettere al Sindaco per semplice
intelligenza, e senza che punto ne scemi la sua responsabilità per gli atti coattivi ed altre pratiche
non eseguite, o malamente intrapresi, uno stato dei debitori morosi compresi nelle liste di carico.
82, 83, 84 e 85……omissis…….
Capo IX – Degli uscieri e messi
Art. 86) Niuno potrà essere ammesso all’ufficio di Usciere o Messo del Municipio se non abbia
il titolo legale di aver adempito alla legge di prosvolgimento sull’istruzione obbligatoria ed alle altre
condizioni di cui nel seguente articolo.
87) Oltre ai requisiti di cui sopra, i salariati comunali dovranno avere anche i seguenti:
a) Età non minore di 18 anni né maggiore di 30;
b) costituzione fisica sana ed idonea all’ufficio di cui sopra;
c) condotta precedente alla nomina scevra da condanne o pene criminali o per reati di furto,
truffa, frode, od attentanti ai costumi.
88) Le qualità di cui sopra, dovranno essere riconosciute dalla Giunta municipale, la quale a
parità di condizioni dovrà sempre prescegliere coloro che avessero prestato servizio nell’esercito od
in altri corpi consimili, purché non siano stato in alcuni dei Corpi disciplinari.
89) Gli usciere e messi saranno tenuti alla maggior subordinazione verso i loro Capi ed altri
Impiegati comunali, specialmente verso il Sindaco ed i consiglieri, corrisponderanno con rispetto ed
urbanità verso il pubblico, rimanendo loro espressamente vietati immischiarsi in affari estranei alle
loro incombenze, od in altre faccende d’ufficio.
90) I messi comunali sono specialmente incaricati dei diversi servizi esterni dell’ufficio
municipale pel recapito di avvisi, notificazioni, biglietti o plichi che vengono spediti nell’interesse
dell’Amministrazione, od al servizio pubblico, curando la pubblicazione ed affissione di tutti gli atti
dallo stesso emanato ed vicinati, nonché la propagazione di quelli interessanti la legge degli abitanti
mercè pubblici bandi.
91) Uscieri e messi attendono alla custodia, conservazione e decenza di tutti gli uffici comunali
e del loro mobilio, e dovranno prestarsi ancora a richiesta del Sindaco, o del Segretario Capo a quei
servizi che venissero loro ordinati sebbene estranei alle rispettive ordinarie attribuzioni.
92) Gli uscieri dell’ufficio municipale devono rimanere nelle anticamere delle sale del Comune
in tutte le ore in cui vi saranno impiegati ed in quelle da questi determinate per mezzo del
Segretario Capo e dando l’esempio di un portamento dignitoso, cureranno che sia mantenuto
l’ordine e la decenza dei locali.
93) Gli usciere medesimi cureranno pure che chiunque entri negli uffici comunali non asporta
armi e bastoni, ne vi stia né qualsiasi altra maniera con poco rispetto. E perciò ne allontaneranno
tutti quegli individui i quali non volessero uniformarsi alle prescrizioni d’ufficio, ed in altri modi si
mostrassero non compresi nei doveri di deferenza alla dignità dell’ufficio.
94)…..omissis…….
95) La spesa per la divisa o del distintivo sarà anticipato dal Comune e pagata dagli interessati
con apposita ritenuta mensile.
96) Nel caso d’infrazione ai loro doveri preveduti nel seguente Regolamento, gli inservienti
comunali potranno essere sottoposti:
a) Ammonizione verbale o scritta;
b) ad una piccola ritenuta sul loro salario;
c) alla sospensione colla perdita di tutto o metà del salario, la quale però non potrà durare più
di due mesi;
d) alla destituzione ed espulsione.
97) Per l’applicazione delle suindicate misure disciplinari, sarà provveduto in conformità del
Capo 4° per quanto sarà applicabile.
98) Le ritenute sui salari di cui ai precedenti articoli, saranno in ogni fine anno distribuite a
giudizio della Giunta ai più meritevoli fra gli interessati.
99) Fino a quando il monte delle Pensioni non sarà nel grado di provvedere da se al
pagamento delle pensioni che potranno liquidarsi, queste seguiteranno a pagarsi dai fondi
comunali.
Pianta organica della Segreteria comunale:

1 Segretario capo lire 2400

1 Vice-segretario 1600

4 Capi d’ufficio (2 Capi d’uff. 1480 ciascuno) 2900

1 Ragioniere 1500

4 Applicati di (2 di 1^ cl. lire 1250 ciascuno) 2500
Concetto di ( 2 di 2^ cl. lire 800 ciascuno) 1600
229

4 Ufficiali d’ordine ( 2 di 1^ cl. lire 950 ciascuno)
2 di 2^ cl lire 800 ciascuno) 1600

1 Usciere capo 660

2 Usciere (ciascuno lire 500) 1000

2 Messi (ciascuno lire 450) 900

1 Portiere 510
Disposizioni transitorie…omissis
1900
Elenco impiegati e salariati del Comune al 15 marzo 1922:
1) Lerro avv. Alfonso- Segr. Capo; 2) Trapassi rag. Guglielmo; 3) Muoio Paolo- Capo Sezione;
4) Lerro Giacomo- Capo Sezione; 5) Vitale Eduardo - Ufficiale di concetto; 6) Calzolaio Francesco
Ufficiale di concetto; 7) Briganti Tommaso Ufficiale d’ordine; 8) Romeo Domenico Ufficiale d’ordine;
9) Galasso Antonio Capo usciere; 10) Roberti Raffaele Usciere; 11) Bernardo Raffaele Usciere; 12)
Eliseo Raffaele Messo; 13) Vinciguerra Alfonso Messo; 14) Pipiciello Antonio Portiere; 15) De Siena
Luigi Custode Monumento; 16) Sagnelli Maria Ricevitrice poveretti; 17) Barranco Giuseppe Capo
Guardia; 18) Piscitelli Giovanni Sotto capo Guardie campestri; 19) De Rosa Luigi Guardia
campestre; 20) D’Angelo Antonio Guardia campestre; 21) Carrozza Domenico Guardia campestre;
22) Savinelli Raffaele Guardia campestre; 23) Rivetti Luigi Guardia. Campestre; 24) Di Nuzzo
Silvestro Guardia campestre; 25) Monteforte Luigi Guardia campestre; 26) De Lucia Antonio
Guardia campestre; 27) Spalliero Antonio Guardia campestre; 28) Ventrone Luciano Guardia
campestre; 29) De Rosa Salvatore Guardia campestre; 30) Esposito de Lucia Francesco Guardia
campestre; 31) Bruno Domenico Guardia urbana; 32) Ricciardi Saverio Guardia urbana; 33)
Ricciardi Anastasio Guardia urbana; 34) Iorio Andrea Guardia urbana; 35) Di Nuzzo Giuseppe
Guardia urbana; 36) Vairo Felice Vigilanza Illuminazione; 37) Ciuffi Maria Anna Levatrice condotta;
38) Palazzini Alfonsina Levatrice condotta; 39) Bardi Maria Levatrice condotta; 40) Barbato
Vincenzo Vice custode Cimitero; 41) Vigliotti Michele Giardiniere Cimitero; 42) Pisanti Nicola
Becchino; 43) Iorio Antonio Becchino; 44) Borgia dr. Vincenzo Ufficiale Sanitario; 45) Pugliese dr.
Antonio Veterinario; 46) Cerreto Domenico Vigile sanitario; 47) Romano Antonio Vigile sanitario; 48)
Procino Raffaele Inserviente Macello; 49) Tontoli Francesco Custode carcere; 50) Senneca Maria
Guardiana detenute; 51) Iovane Andrea Capo bidello; 52) Bisceglia Tommaso Bidello; 53) Bisceglia
Rosa Bidella; 54) Iadicicco Gennaro Bidello; 55) Miniero Francesco Bidello; 56) Morbillo Marco
Bidello; 57) della Valle Michela Bidella; 58) De Lucia Pasquarella Bidella; 59) Santamaria avv.
Agostino Tesoriere; 60) Lombardi Cristina Maestra supplente; 61) Della Ventura FrancescoMaestro supplente; 62) Barbati Luigi Maestro supplente; 63) Camposanto Luigi-Ufficiale telegrafico;
64) Barbato Gaetano Maestro scuola musica; 65) Borino Salvatore; 66) Verzillo Giuseppe Direttore
dazi; 67) Verrone Michele Contabile; 68) Cianciola Francesco Controllore; 69) Sorrentino Ercole
Controllore; 70) Scalera Andrea Ricevitore; 71) Iorio dr. Gabriele Medico condotto; 72) Quintavalle
dr. Benedetto Medico condotto; 73) Di Vico dr. Alfredo- Medico condotto; 74) Di Nardo Giovanni
Becchino provvisorio; 75) Vinciguerra Francesco Becchino provvisorio.
5. Regolamento per il servizio dello spazzamento in economia
(Approvato il 7 febbraio 1902)
1) Il servizio veniva svolta da un numero non inferiore a quindici spazzini, nominati dalla
Giunta.
2) E’ obbligo degli spazzini di spazzare, raschiare e mantenere sempre nette le strade,
marciapiedi e piazze della città, la corte del palazzo municipale e di ogni altro pubblico stabilimento,
e di spazzare due volte la settimana la piazza del mercato con l’obbligo ancora di sgombrarlo delle
pietre poi avventane ivi depositate.
3) I confini estremi per lo spezzamento restano definiti e circoscritti nell’ambito dell’abitato, cioè
stazione delle Ferrovie Romane, Molino sulla Via Ponte Carolino, Casino Rossi sul Corso
Campano, casa Senneca sulla Via Appia, e casino della Peruta sulla Via S. Eustacchio.
4) Lo spezzamento sarà fatto con sistema generale e continuo. Verrà perciò eseguito nel
seguente modo: “Alle tre antimeridiane comincerà lo spezzamento generale ai vai punti della città,
per squadriglie ordinate a cura del Capo delle Guardie municipali in guisa che per le sette
antimeridiane nel primo periodo e per le nove nel secondo, la spazzatura generale sia finita. Le
strade a brecciame saranno spazzate con quella diligenza compatibile con gli interessi
dell’appaltatore dei lavori del mantenimento.”
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5) Man mano che ciascuna strada sarà interamente spazzata, verranno lasciati in essi dei
cantonieri fissi, i quali avranno l’obbligo di rimanere ivi fino a mezzodì, e quindi ritornarvi alle ore 2
poi per rimanervi fino al tocco dell’avemaria, e curerà le continua nettezza dell’area loro assegnata.
Gli altri spazzini contemporaneamente allo spezzamento generale raccoglieranno in appositi carretti
le immondizie, e le trasporteranno fuori l’abitato, depositandole in quei siti che saranno determinati
dall’Autorità comunale. La raccolta verrà eseguita almeno due volte al giorno oltre quella della
spazzatura generale del mattino.
6) Le spazzature, con l’obbligo di vendersi a preferenza ai coloni del Comune, sono di proprietà
degli spazzini, i quali si divideranno fra loro il provento in parti uguali. Rimarrà però a loro carico
l’affitto del suolo pel deposito delle immondizie raccolte.
7) La spesa dei carretti, della manutenzione, riparazione e disinfettazione dei medesimi sarà a
carico dell’Amministrazione. I cofani, le scope e tutti gli oggetti per raccogliere le immondizie
saranno a carico degli spazzini.
8) I carretti saranno chiusi e dipinti ad olio non meno di una volta al mese, l’interno dei carretti,
sarà lavato a cura degli stessi con soluzione disinfettante.
9) Gli spazzini sono tenuti a raccogliere ancora le immondizie che i privati avessero spazzate
nelle loro corte e porte di strada, sempre che dai medesimi fosse richiesto.
10) Le Guardie municipali vigileranno sulla regolarità del servizio, rimettendone analogo
rapporto quotidiano all’Autorità comunale a mezzo del loro Capo.
11) Gli spazzini saranno forniti, a cura e spesa dell’Amministrazione, di un camiciotto di tela e
di un cappello impermeabile con la scritta “Spazzamento” ed il numero di ciascuno assunto.
12) L’inaffiamento è limitato alla sola Piazza Umberto I e dovrà farsi nei soli mesi di giugno,
luglio, agosto e settembre, una sola volta al giorno e nell’ora che sarà stabilita dall’Autorità
comunale.
E altri articoli omessi.
6. Capitolato concorso per la nomina del medico condotto
(Approvato il 17 febbraio 1906)
Art. 1) Il Comune ha tre medici; due per il centro ed uno per la borgata. I medici del centro
dovranno dividersi il territorio del Comune in due zone Pescara e Oliveto. L’assegnazione a
ciascuna zona sarà fatta dal Sindaco.
2) Il medico condotto è sottoposto a tutte le disposizioni vigenti, che riguardano l’igiene e la
sanità pubblica, a norma delle leggi e regolamenti governativi.
3) La nomina del medico condotto è fatta mediante concorso, al quale potranno essere
ammessi soltanto coloro che hanno un’età inferiore agli anni 40.
4) Il servizio di condotta s’intende fatto per i soli poveri determinati in apposito elenco da
formarsi dalla Giunta municipale anno per anno, dai quali il medico non potrà percepire compenso
di sorta, ed in caso di trasgressione andrà soggetto ad una pena disciplinare, che gli verrà inflitta
dall’autorità comunale e che varierà dalla semplice ammonizione, che può essere inflitta dal
Sindaco, alla sospensione dal soldo e dall’impiego, fino al definitivo licenziamento, che debbono
essere decisi dal Consiglio comunale, udito il parere del medico provinciale con 2/3 dei voti dei
consiglieri.
5) Il medico condotto è obbligato ai servizi di vaccinazione, necroscopia, ed a prestarsi all’invito
di altro collega condotto, in aiuto di infermi poveri, in qualunque ora, salvo casi di forza maggiore.
6) I medici condotti debbono prestare servizio gratuito per turno di assistenza ai detenuti nel
carcere, e ai bambini del brefotrofio municipale.
7) Il medico condotto ha l’obbligo della residenza nel Comune. Non può più allontanarsi più di
24 ore, se non per motivi giustificati,e col permesso del Sindaco.
8) Il medico condotto ha diritto a 15 giorni di vacanza all’anno a carico del Comune.
9) Non si nega il diritto di difesa al medico condotto, il quale desse motivo di lagnanze del
pubblico, o per inadempienza agli obblighi inerenti al suo ufficio, o per immoralità. Ma quando le
prove, prodotte a carico del medesimo, anche dopo un maturo e sereno esame, lo raggiungono
completamente, egli sarà senz’altro destituito, salvo facendogli ogni diritto ed azione.
10) In caso di violazione del presente capitolato per conto di una delle parti contraenti, prima di
adire il magistrato, è sempre preferibile un amichevole o bonario componimento che dovrà essere
deciso dal medico provinciale alla Giunta.
11) L’assegno del medico condotto sarà quello- determinato dalla pianta organica cioè di lire
1000 lorde.
231
E altri articoli omessi.
7. Capitolo d’appalto del servizio spazzamento pubblico
(Approvato il 21 aprile 1909)
1) L’Amministrazione di Maddaloni dà e concede in appalto il servizio pubblico spazzamento di
tutte le piazze, strade e vicoli della Città, come quello delle corte di tutti gli edifici destinati a pubblici
servizi sieno o non di proprietà del Comune;
2) Il servizio di pubblico spazzamento ha per scopo di far spazzare , raschiare e mantenere
continuamente nette, sgombrando da qualsiasi immondizie, pietre, rottami ed altro, tutte le strade,
vicoli, piazze e marciapiedi della Città, nonché tutti i cortili comunali come al precedente articolo;
come pure di spazzare due volte la settimana la piazza Mercato, sgombrandolo ancora delle pietre
ivi abbandonate;
3) I confini estremi per lo spazzamento restano definiti e circoscritti nell’ambito della Città di
Maddaloni, cioè:””a) stazione ferroviaria inferiore, già ferrovia Romana: b) mulino sulla via Ponte
Carolino; c) casino Roberti gia Rossi, sul Corso Campano; d) casino della Peruta nella via S.
Eustacchio Campolongo; e) casa Senneca sulla via Appia; f) casa Borgia, gia Quintavalle, alla via
Montano; g) casa Rocco alla via Starza””;
4) Lo spazzamento sarà fatto con sistema generale e continuo. Esso verrà eseguito nel
seguente modo: Un’ora prima del giorno durante l’estate e all’alba durante l’inverno, cominciando lo
spazzamento generale in vari punti della Città, dividendosi gli spazzini in gruppi a secondo le
disposizioni all’uopo impartite dall’appaltatore, in guisa che per le ore sette dal primo Aprile a tutto
Settembre e per le ore nove negli altri mesi lo spazzamento generale sia finito. Le strade a
brecciame saranno spazzate con quella diligenza compatibile con gli interessi dell’appalto dei lavori
di manutenzione;
5) Man mano che ciascuna delle principali strade più trafficate sarà interamente spazzata
verranno lasciati in esse dei cantonieri fissi, i quali avranno l’obbligo di rimanervi fino a mezzodì e
quindi ritornarsi non più tardi delle ore quattordici per rimanervi sino all’accensione dei fanali della
pubblica illuminazione, curando la continua nettezza del tratto di strada loro assegnato. Gli altri
spazzini contemporaneamente allo spazzamento generale raccoglieranno in apposti carretti, non
inferiori a dieci, le immondizie e le trasporteranno fuori l’abitato, depositandole in quei siti, che
saranno stati prescelti dall’autorità municipale. La raccolta delle immondizie verrà eseguita almeno
due volte al giorno, oltre quella della spazzatura generale del mattino;
6) Agli effetti dell’art. 5 precedente sono principali le stradi:: a9 Ponte Carolino; b) Corso
Campano; c) 1° Ottobre; d) Piazza Umberto I° già Unione; e) Largo S. Sofia; f) Appia; g) Tifatina; h)
S. Croce; i) Maddalena antica; l) Bixio o S. Martino; m) S. Andrea; n) Troiani; o) Fabio Massimo; p)
S. Margherita; q) Trivio S. Giovanni; r) Piazza S. Croce; s) Idem S. Pietro;
7) L’affitto dei suoli pel deposito delle spazzature è a carico dell’appaltatore, come è a favore di
costui il ricavato della vendita di esse, coll’obbligo di cederle a preferenza agli agricoltori del
Comune;
8) La spesa dei nuovi carretti pel trasporto della spazzatura, durante l’appalto; la loro
manutenzione e riparazione nonché la disinfezione di essi, sarà a carico dell’appaltatore, come
pure l’acquisto delle scope, delle cesti o cofani, delle pale e di ogni altro utensile o strumento
indispensabile pel servizio dello spazzamento sarà sempre a carico dell’appaltatore;
9) I carretti saranno chiusi e dipinti ad olii all’esterno e rivestiti interamente di latta all’interno.
Due volte la settimana da Aprile a Settembre ed una volta per settimana da Ottobre a Marzo i
carretti adibiti al trasporto della spazzatura dovranno lavarsi a cura e spese dell’appaltatore con
quella soluzione di disinfettante che prescriverà l’Ufficiale sanitario del Comune;
10) L’appaltatore avrà l’obbligo anche di far raccogliere dagli spazzini, suoi dipendenti, tutte le
immondizie che i privati depositeranno nei cortili delle proprie abitazioni o avanti di esse, sempre
che ne venga richiesto;
11) L’appaltatore a richiesta della competente Autorità municipale, e mediante posticipato
compenso, sarà tenuto a tutti quei lavori di spazzamento, sgombro, pulizia od altro di cui la predetta
Autorità credesse d’incaricarlo;
12) L’abbigliamento degli spazzini sarà fatto a cura e spese dell’appaltatore. Esso dovrà essere
sempre decente e consisterà in un camiciotto di tela conformo al modello prescritto dell’autorità
municipale ed in un cappello coverto di tela incerata con la scritta “Pubblico Spazzamento”;
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13) L’appaltatore dovrà curare che egli o un suo incaricato vigili continuamente il servizio del
pubblico spazzamento nei modi e termine voluto del presente Capitolato e contratto d’appalto,
essendo egli solo responsabile verso l’Amministrazione comunale del buon andamento del servizio
e della condotta degli spazzini;
14) Volta per volta che l’appaltatore assumerà in servizio nuovi spazzini, dovrà, almeno 24 ore
prima, riportarne sulla relativa istanza, il nulla-osta del Sindaco. Un elenco degli spazzini, con le
loro generalità e con l’indicazione della casa dove abitano, dovrà tenersi al corrente dal
Comandante della Guardie municipali e dall’Ufficio annonario nei predetti uffici, e preventivamente
le variazioni che si avverassero nel personale degli spazzini;
15) Dal primo Giugno al trenta Settembre l’appaltatore dovrà far innaffiare a sue spese ed una
volta la giorno, nelle ore che gli verrà indicato dall’Autorità comunale la piazza Umberto I e via 1°
Ottobre sino ala largo Monte dei Pegni;
16) L’appaltatore sarà obbligato, sempre quando ne venisse richiesto di porre a disposizione
dell’Amministrazione comunale due spazzini per lavori manuali d’interesse della stessa, non
dovendo eccedere la durata del lavoro i tre giorni per ogni spazzino;
17) Il numero degli spazzini che l’appaltatore dovrà costantemente tenere pel servizio dello
spazzamento non potrà essere inferiore a diciotto, e ciascun di essi dovrà avere non meno di 15 e
più di 60 anni di età. Dovranno inoltre essere cittadini di regolare condotta, né vigilati, né ammoniti
ai termini della vigente legge di pubblica sicurezza ed avere il domicilio fisso nella Città di
Maddaloni;
18) Gli spazzini al momento dell’appalto del servizio del pubblico spazzamento si trovassero
già in servizio del Comune o dell’appaltatore uscente dovranno essere mantenuti tali della nuova
Impresa sino a quando presteranno la loro opera con zelo ed onestà;
19) Il ritardo nel servizio dello spazzamento, la totale o parziale cattiva sua esecuzione, il
ritardo od il cattivo inaffiamento nei giorni ed ora stabilita ed ogni altra violazione totale o parziale
del presente Capitolato verrà punita per la prima volta con multa di lire 5 a 20, per ogni giorno di
ritardo nell’adempimento degli ordini ricevuti; per la seconda volta con multa da lire 20 a 50 e per la
terza volta con la recessione del contratto e col conseguente riappalto in danno dell’appaltatore
inadempiente. In ogni caso qualora il Comune è costretto a procedere d’ufficio la tariffa del
pagamento al personale e quella del Regolamento attuale pel servizio in economia rimanendo il
prodotto dell’immondizia a favore degli spazzini;
20) Le multe di cui al precedente art. 19 verranno applicate dall’Autorità municipale a seguito di
verbale degli agenti giurati del Comune e dopo le deliberazioni in scritto a discolpo dell’appaltatore.
L’Ammontare di tali multe verrà ritenuto volta per volta sul canone mensile dovuto all’appaltatore;
21) E’ vietato il subaffitto del servizio senza il consenso in iscritto dell’Amministrazione
appaltante;
22) Su semplice richiesta del Sindaco l’appaltatore deve ipsofact la cauzione e mettere fuori
servizio quegli spazzini che gli verranno indicati senza poter nulla eccepire in contrario;
23) L’appalto avrà la durata dello scorcio di questo anno e di tutti il venturo anno 1910;
24) L’appaltatore dovrà avere il domicilio reale in Maddaloni (città). Dovrà eseguire
preventivamente, nella Cassa del Comune, di lire trecento oltre al deposito di lire 150 in conto
spese del contratto che andranno tutte a carico di lui niuna esclusa ed eccettuata. La cauzione
definiva è fissata in lire 400 e dovrà essere in contanti o titoli di rendita ragguagliabili al corso
corrente di Borsa. Essa dovrà prestarsi dall’appaltatore entro giorni 15 della seguita partecipazione
della esecutoria degli atti d’incanto. Il Consiglio approva l’appalto al Bove con il canone di lire 4242.
8. Regolamento per i medici condotti (Approvato il 3 maggio1909)
1) Il Comune di Maddaloni ha una popolazione complessiva di 21310 abitanti, ed ha tre medici
condotti, due per il centro ed uno per la borgata di Montedecore;
2) I medici del centro sono destinati per le due zone in cui è diviso il Comune, cioè Pescara ed
Oliveto;
3) Nella Sezione Pescara sono n° 76 poveri. Nella sezione Oliveto vi sono 162. Il numero dei
poveri qui sopra segnati, ai sensi dell’art. 27 del regolamento sanitario 19 luglio 1906, non ha valore
contrattuale;
4) Se per qualunque causa ed in qualunque tempo, cresce temporaneamente la popolazione, i
medici sono tenuti al maggior servizio, quando l’aumento non sorpassi i due decimi della popolazione
normale. In ogni altro caso il Comune provvederà ai sensi dell’art. 3 della legge sull’assistenza
sanitaria 23 febbraio 1904;
5) La nomina del medico condotto è fatta mediante concorso per titoli o per esami nei tre mesi
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successivi alla vacanza. Rendendosi vacante un’altra volta il posto, nei tre mesi del concorso
espletato, è data facoltà al Comune di poter nominare il medico tra i dichiarati meritevoli ai sensi
dell’art. 35 del Regolamento sanitario. Al concorso potranno essere ammessi soltanto coloro che
hanno un’età inferiore agli anni quaranta;
6) L’avviso di concorso conterrà tutte le notizie di cui all’art. 27 del Regolamento sanitario;
7) La nomina sarà fatta a tenore di legge. Il nominato avrà 15 giorni di tempo, dalla
partecipazione ufficiale per l’accettazione, ad un mese per assumere il servizio. I termini sono a pena
di decadenza;
8) A parità di merito per i posti vacanti in Città, nel concorso avrà la preferenza che è già medico
della Borgata;
9) Il titolare che vorrà dimettersi dovrà preavvisare l’Amministrazione comunale tre mesi prima.
Potrà essergli data facoltà di abbandonare prima della scadenza dei tre mesi il servizio, provvedere a
sue spese la supplenza;
10) I provvedimenti disciplinari contro il medico condotto saranno soltanto presi con le norme del
Regolamento;
11) I ricorsi e le colpe che si addebitano al medico condotto, saranno a lui contestati dall’Autorità
comunale, non oltre i quindici giorni del che sono venute di essi a conoscenza. Doveri del medico
condotto:
12) Il medico condotto deve assistere gratuitamente:
a) I soli poveri scritti nell’elenco debitamente redatto ed approvato;
b) I poveri di passaggio per il Comune;
c) I militari dell’Arma dei R. Regio Carabinieri.
13) Gli abbienti del Comune avranno diritto alla cura e saranno tenuti al pagamento a norma di
tariffa stabilita dal Consiglio dell’Ordine dei Sanitari, alla quale saranno rapportati anche i casi di cui
all’art. 21 del Regolamento;
14) I medici condotti a richiesta dell’Ufficiale sanitario sono tenuti a coadiuvare l’Ufficio Igienico,
nei servizi d’ispezione e di vigilanza sanitaria;
15) Il medico condotto dovrà, ai termini dell’art. 28 del Regolamento, eseguire gratuitamente le
vaccinazioni e rivaccinazioni, sia ordinarie sia straordinarie, ed adempiere al servizio necroscopico.
Le vaccinazioni ordinarie e straordinarie debbono eseguirsi nei luoghi pubblici, previo avviso delle
Autorità municipali;
16) Per la spedizione dei medicinali ai poveri, cosi il medico che il Comune si atterranno a
quanto dispongono gli artt. 67, 68 e 69 del Regolamento;
17) Il medico deve rispondere con premura e zelo alle incombenze del proprio ufficio;
18) Il medico deve prestarsi gratuitamente per consulti a malati poveri anche in altre zone,
qualora ne sia richiesto dal collega curante, e nei casi di parti anormali, richiesti dalla levatrice;
19) I medici condotti debbono prestare servizio gratuitamente per turno di assistenza ai bambini
del brefotrofio municipale;
20) Il medico ha l’obbligo di vigilare nella sua zona alle condizioni igieniche e riferirne al sindaco
od all’Ufficiale sanitario proponendo opportuni provvedimenti. Il medico addetto al servizio della
Borgata deve richiamare l’attenzione del Sindaco e dell’Ufficiale sanitario all’applicazione dell’art. 15
della legge 25 febbraio 1904. Diritti:
21) La condotta intera che viene corrisposta ai sanitari del Comune è in lire 3000 annua.
Ciascuno dei medici percepirà quindi l’assegno di lire 1000 annue lorde;
22) Il medico condotto ha diritto a ricompense speciali:
a) per i certificati rilasciati nell’interesse dei privati non poveri e non obbligatori per legge;
b) per assistenza a parti, per i quali non fu espressamente richiesto dalla levatrice;
c) per l’assistenza richiesta fuori la propria zona, ove non trattasi di casi urgenti;
d) per le cure alle guardie di Finanza e di Città;
e) per il servizio delle carceri. I compensi di cui alle lettere a, b, c, d si intenderanno a carico dei
privati;
23) Il Comune è obbligato di far tener al principio di ogni anno, al medico, l’elenco dei poveri
della condotta, al doppio scopo dell’assistenza sanitaria e della somministrazione gratuita dei
medicinali;
24) Al medico condotto non si potrà impedire di accettare incarichi professionali, sempre che
siano compatibili con gli obblighi della condotta, nell’ambito della stessa;
25) Dagli effetti dell’art. 27 e 29 del Regolamento generale, il congedo annuale ordinario, da
potersi usufruire in uno o più periodi, sarà sempre di quindici giorni, fermo restando le disposizioni
che riguardano i congedi per casi di malattie contratte o non in servizio;
26) Ogni contestazione per decidere se una malattia sia o no contratta in servizio sarà risoluta
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inappellabilmente con parere collegiale. Il Collegio sarà composto da un Ufficiale medico superiore
scelto dal Prefetto, dal medico provinciale e di un componente l’ordine dei sanitari, scelto dal
Comune;
27) Nessun onere od aggravio dovrà sopportare il medico durante il congedo ordinario di
quindici giorni;
28) Al medico potranno essere concesse anche piccole licenze per ragioni di famiglia, che
accumulate non superino venti giorni nell’anno. Esse non verranno compensate nella licenza
ordinaria, ma la supplenza, in tali casi è a carico del medico, d’accordo con gli amministratori;
29) In caso di assenze per disimpegno obbligatorio di pubblici uffici; giurie, richiami sotto le
armi, sequestro per malattie contagiose, commissioni, inviti di Autorità giudiziarie, amministratori;
ecc., esse non verranno comprese nel compito del congedo ordinario e le supplenze saranno a
carico del Comune
9. Regolamento di vigilanza sanitaria sui laboratori di carne
(Approvato il 15 dicembre 1909)
1) I locali destinati alla macellazione devono essere distinti da quelli adibiti alla lavorazione
delle carni ed alle successive operazioni:
2) Nel Comune di Maddaloni possono istituirsi dei laboratori di carne;
3) I locali per la macellazione avranno dimensioni commisurate all’entità della lavorazione,
saranno ben ventilati ed illuminati e munti di pareti lisce, rivestite di materiali impermeabili fino
all’altezza di almeno due metri dal suolo e raccordate a sagome curve col pavimento, che sarà pure
impermeabile, ben levigato e con sufficiente pendenza verso il condotto di smaltimento dei prodotti
di rifiuti liquidi e delle acque di lavatura. In questi locali non deve mancare una abbondante
provvista di acqua di lavaggio;
4) I locali destinati alla lavorazione delle carni ed alla conservazione dei prodotti devono essere
esclusivamente riservati a tali usi e debbono essere mantenuti costantemente puliti;
5) Il laboratorio deve essere corredato di mezzi adeguati, da mettere a disposizione del
veterinario, per l’immediato trattamento delle carni riscontrate insalubri, allo scopo di sottrarle ad
ogni possibilità di consumo alimentare;
6) Le stalle di sosta annesse al laboratorio debbono rispondere all’esigenza dell’igiene;
7) All’ingresso del laboratorio verrà collocato, in modo visibile al pubblico, un cartello munito del
visto dell’Autorità comunale indicante le specie di carni che si lavorano;
8) Quando si voglia collocare il laboratorio fuori dell’abitato, la località non dev’essere né molto
lontana, né di difficile accesso, per modo che non riesca difficile o malagevole la continua e
scrupolosa vigilanza sanitaria all’azienda;
9) Nella confezione delle carni insaccate, non si potranno mescolare carni appartenenti a
specie diverse di animali, se tale mescolanza non sia stata approvata dall’Autorità sanitaria e
dichiarata in commercio nei modi di cui appresso;
10) Le intestina degli animali adoperati per l’insaccamento delle carni dovranno essere sane,
convenientemente lavate ed disinfettate;
11) Per la preparazione dei casi detti sanguinagli, salami di fegato e salsiccia, facilmente
alterabili, in specie nella stagione estiva, non si adopereranno viscere conservate o sangue
stantivo, al di la cioè di 24 ore dalla loro estrazione dal corpo degli animali;
12) Se richiesta dall’industriale, le carni insaccate, salate o comunque preparate alle condizioni
suesposte verranno munite di un bollo a piombo, portante da un lato il nome della Ditta e dall’altro
le lettere (c.s) con carne bovina, (c.s.e.) carne suina mista con equina, a secondo della loro
confezione;
13) L’introduzione nel Comune della carne fresca macellata altrove e destinata a stabilimenti
industriali sarà soggetta all’osservanza delle seguenti condizioni:
a) che i pezzi siano marcati con un timbro speciale dall’Autorità del luogo di provenienza;
b) che siano muniti di un certificato vidimato dalla stessa Autorità municipale, in cui si dichiari
che i pezzi marcati col bollo speciale appartengono ad animale sano e macellato in pubblico
macello;
14) Quelle delle predette carni poste in vendita o ritenute nei siti di deposito che venissero
riconosciute dai sanitari guaste od adulterate con sostanze nocive saranno sequestrate e distrutte;
15) L’Autorità comunale ordinerà la chiusura di un laboratorio di carni preparate, quando
l’industriale non ottemperi alle prescrizioni suindicate o vi abbia due volte contravvenuto;
16) Chi intende aprire un laboratorio di carni insaccate per farne commercio deve darne avviso
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all’Autorità comunale almeno 15 giorni prima. Nel detto termine l’Autorità farà eseguire una
ispezione da parte dell’Ufficiale sanitario, sul cui voto favorevole, dato per iscritto, concederà
l’autorizzazione;
17) In caso di diniego potrà prodursi ricorso nei modi di legge;
18) Ogni laboratorio, affinché non manchi su di esso l’efficace e continua vigilanza, deve
sostenere a spesa dell’interessato, l’esercizio di un veterinario diplomato, prescelto dall’Autorità
comunale;
19) La macellazione deve compiersi nelle ore di giorno;
20) Nell’Ufficio comunale sarà tenuto al corrente un apposito elenco dei laboratori autorizzati, i
quali dovranno periodicamente essere ispezionati dall’Ufficiale sanitario;
21) Una copia dell’elenco e dell’eventuali notificazioni sarà comunicata alla Prefettura per le
verifiche che il Prefetto credesse in qualunque tempo disporre per parte del veterinario provinciale;
22) I laboratori, nel caso che vi esistono nel Comune, potranno mettersi in regola nel termine di
un mese dalla pubblicazione del presente Regolamento.
10. Tariffe delle vetture da nolo (Approvate il 13 luglio 1932)
1) A decorrere dal 1° aprile 1932 la tariffa delle vetture da nolo è stabilita come appresso
(alcuni esempi) – Da Maddaloni alla stazione Adriatica (Maddaloni superiore), distanza 2.700 m.,
vettura a due cavalli andata lire 8; A/R lire 13; vettura ad un cavallo andata lire 5; A/R lire 7. – Da
Maddaloni a Valle di Maddaloni, dist. 6.500 m., vettura a due cavalli A. lire 14; A/R lire 25; ad un
cavallo A. lire 10; A/R lire 16. – Da Maddaloni a Caserta, dist. 6.500 m., a due cavalli A, lire 12; A/R
lire 16; ad un cavallo A, lire 6; A/R lire 10. – Maddaloni al Cimitero a due cavalli A. lire 5; A/R lire 9;
ad un cavallo A. Lire 2; A/R lire 4. ecc.ecc.
2) I vetturini hanno l’obbligo per l’andata e ritorno di attendere un’ora, dopo la quale hanno
diritto di esigere per la prima mezz’ora lire 1,50 (per la vettura a due cavalli), e lire 0,75 (vettura ad
un cavallo, detta “romanella”, e per le mezze ore successive, rispettivamente lire 1 e lire 0,50. Ogni
spazio di ora, inferiore ai minuti trenta, si calcolerà per mezz’ora. Servizio per l’interno della città:
dalla stazione meridionale a qualunque punto della città e per l’interno stesso della città, per le
vettura a due cavalli lire 3, e per un cavallo lire 1,50. Servizio ad ora nell’interno della città e sue
adiacenza: per la prima ora, vettura a due cavalli, lire 5, e ad un cavallo lire 3. Per ogni successiva
mezz’ora, rispettivamente lire 1,50 e 1. Servizio notturno <<s’intende notturno quello prestato da
un’ora dopo l’avemaria ed un’ora prima dell’alba>> durante tale periodo i prezzi soprassegnati
saranno raddoppiati.
3) Le vetture devono essere decenti e decorose <<all’uopo, nella Pasqua di ciascuno anno,
esse verranno passate in rivista e saranno eliminate quelle che non corrisponderanno a tali
requisiti. I vetturini devono portare un berretto conforme al tipo prescritto dall’Amministrazione che
non dovranno abbandonare mai per nessuno motivo. La tariffa, come innanzi stabilita, è fissa ed
inderogabile, e pertanto verrà punito con la sospensione del servizio per uno o due giorni – il
vetturino che ad esse non si atterrà strettamente. Le vetture dovranno stazionare nei luoghi stabiliti
dall’Autorità municipale e dovranno occupare il posto ad esse spettante secondo l’ordine di arrivo. Il
cittadino dovrà servirsi della vettura che è prima nella fila ed il vetturino, che sia secondo, terzo
ecc., ecc. nell’ordine, dovrà declinare, pena la sospensione sopra stabilita, ogni richiesta od invito
d’ingaggio.
11 .Regolamento per il servizio comunale delle pubbliche affissioni e della
pubblicità affine. (24 settembre 1928)
Titolo I - Capo 1 - Estensione del servizio
1) Sotto la denominazione di pubbliche affissioni e della pubblicità affine si comprende di cartelli,
stendardi, avvisi stampati litografati o manoscritti sui muri prospicienti le pubbliche strade e piazze, o
affissi sul suolo pubblico, o collocati in modo da essere permanentemente e totalmente visibili dalle
strade o piazze pubbliche.
2) Ai fini del presente regolamento non vengono considerate come pubbliche affissioni le
insegne, mostre ed avvisi di carattere permanente che sono colpite dalla tassa sulle insegne, nonché
i cartelli, gli avvisi e gli altri mezzi di pubblicità esposti in locali di commerci compresi in essi i caffè,
bar, ristoranti ed osterie, nelle finestre dei medesimi, nell’interno o all’esterno delle vetrine, quindi si
riferiscono al commercio esercitato nei locali stessi, o si riferiscono art articoli fabbricati dallo stesso
commerciante.
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3) Per gli avvisi di carattere permanente commerciali la licenza di affissione rilasciata
dall’Autorità di P.S. del Comune, nel quale gli avvisi sono stampati, è valida anche per l’affissione in
altri comuni a condizione che risultino degli avvisi stessi gli estremi della ottenuta autorizzazione.
Capo 2 – Norme generali per le concessioni e le tassazioni.
4) E’ facoltà dell’Amministrazione comunale di concedere uno sconto del 30% sui prezzi delle
tariffe, quando trattasi di pubblicità riguardante la produzione sia agricola, sia industriale, offerta dal
produttore direttamente al pubblico.
5) Il pagamento totale dell’importo per ogni commissione deve eseguirsi anticipatamente. Per le
commissioni però di durata semestrale o annuale o dell’importo non inferiore a lire 500, il pagamento
medesimo può effettuarsi in rate trimestrali anticipate, la prima nella misura stabilita dalla tariffa
trimestrale, mentre per le rimanenti si farà luogo al pagamento della differenza per raggiungere la
tariffa semestrale o annuale.
6) Per diritto di commissione il Comune potrà percepire al massimo la somma di lire 2 per ogni
singola commissione, ancorché questa comprenda più ordinazioni.
7) Sono esentati dal pagamento dei diritti stabiliti dalla tariffa: a) i manifesti delle Autorità, delle
Associazioni sindacali costituite a norma della legge 3 aprile 1926, delle Associazioni autorizzate a
norma dell’art. 93 del R.D. 1 luglio 1926; b)gli avvisi o manifesti elettorali durante il periodo delle
elezioni pubbliche; c) gli avvisi ed i cartelli inerenti al culto esposti ai lati della porta principale
d’ingresso della chiesa in apposito quadro; d) gli avvisi di affitti esposti alle porte d’ingresso di
fabbricati da affittare; e) i manifesti di annunzio di spettacoli o di riunioni che si affiggono in due
appositi quadri di dimensione non superiore ad un metro quadrato ciascuno, ai due lati della porte
principale d’ingresso ai locali in cui gli spettacoli e riunioni hanno luogo.
8) E’ concesso lo sconto del 50%, eccettuate però per le commissioni della durata di un solo
giorno per: a) I manifesti e la pubblicità di quelle associazioni di carattere nazionale per le quali non
sia applicabile l’art. 7 e delle società di Mutuo soccorso legalmente riconosciute; b) i manifesti di
spettacoli a totale beneficenza, festeggiamenti patriottici, conferenze, corsi scolastici gratuiti; c) i
manifesti di qualunque specie riguardanti l’Istituto nazionale Dopolavoro ed il Consorzio nazionale
per i comuni, stazioni di cura, soggiorno o turismo.
9) Qualora si tratti di pubblicità affissa o sporgente sul suolo pubblico non sarà dovuta la tassa di
affissione quando sia dovuta quella per occupazione di suolo pubblico previsto dall’art. 193 del testo
unico della legge com.le e prov.le.
10) Non potranno essere sottoposte alle tasse previste nel presente regolamento le affissioni o
la pubblicità di qualunque natura impiantate o da impiantarsi lungo le strade statali fuori dagli abitati,
lungo le autostrade, lungo le ferrovie o nell’interno delle stazioni e delle altre sedi delle ferrovie
medesime.
11) Per ordinazioni fatte da una stessa ditta, anche se per pubblicità di diversi prodotti di
proprietà della medesima da lire 200 a 500 deve essere concesso uno sconto minimi del 5%; per
ordinazioni da lire 500 a 1.000 deve essere concesso uno sconto minimi del 10%.
12) Per i manifesti e le iscrizioni aventi scopo di pubblicità redatti in lingua straniera i diritti di
tariffa sono quadruplicati.
Titolo II Pubbliche affissioni – Capo I – Norma per la pubblicazione dei
manifesti.
13) L’Autorità comunale determinerà previo consenso dei proprietari i luoghi in cui sarà
permessa l’affissione. Nei locali degli uffici municipali dovranno essere esposti, in modo da potersi
facilmente consultare dal pubblico, la tariffa delle affissioni, ed un elenco sul quale dovranno essere
indicati con precisione tutti gli spazi su tabella che il Municipio ha per le affissioni.
14) Le affissioni della durata da uno a quindi giorni devono essere eseguiti nel giorno successivo
a quello in cui sono consegnati o pervengono all’ufficio i manifesti, e sempre dopo che sia stato
eseguito il pagamento a norma di tariffa. Alle affissioni di manifesti commerciali dai quindici giorni ad
un anno sarà dato corso con la massima sollecitudine compatibilmente con le esigenze del servizio.
Il ritardo causato dal persistente cattivo tempo o dalla mancanza di spazi disponibili è considerato
causa di forza maggiore. Qualora il ritardo previsto superi quindici giorni dalla data di ordinazione il
Municipio dovrà dare subito avviso al committente, il quale se lo riterrà, opportuno, potrà annullare
l’ordinazione. La durata dell’affissione, però, in ogni caso, decorrerà dal giorno in cui sarà stata
eseguita al completa.
15) per le eventuali affissioni richieste pel giorno stesso in cui sono stati consegnati i manifesti, o
entro il periodo di due giorni per le affissioni commerciali della durata da quindici giorni ad un anno,
quando sia possibile eseguirle, è dovuto, oltre al prezzo della tariffa, un compenso in ragione di lire
10 per ogni cento fogli o frazione di cento fogli. Per le affissioni di urgenza richiesta per eseguirsi di
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notte o nei giorni festivi, sempre nel caso che sia possibile eseguirle, il compenso è di lire 30 per ogni
cento fogli o frazione di cento.
16) Quando un medesimo avviso raggiunge il numero di 6 fogli del formato di 70 x 100 o la
superficie equivalente verrà applicato l’aumento del 50%.
17) L’Ufficio municipale delle affissioni ha l’obbligo di ricambiare gratuitamente i manifesti
stracciati o comunque deteriorati. Mancando l’ufficio dei manifesti di ricambio esso dovrà subito
avvertire la ditta interessata e in attesa di ricevere i manifesti dovrà tenere a disposizione lo spazio
coprendolo con un foglio di fondo,
18) Ogni variazione o aggiunta apportata al manifesto già affisso, e che non sia di normale
ricambio, sarà soggetta al pagamento di un supplemento nella misura da determinarsi dall’ufficio
delle affissioni secondo l’entità delle variazioni ed aggiunte, ed ad ogni caso non superiore alla metà
della tariffa stabilita per un giorno di un foglio 70X100.
Capo 2 – Tariffa per le affissioni
19) L’unità di misura è di un foglio di cm. 70X100. Le fazioni di fogli vengono computate come
fogli interi. La tariffa delle affissioni non potrà mai essere superiore alla seguente: 1° giorno £. 0,40; 3
giorni £ 0,35; 7 giorni £ 1; 10 giorni £ 1,25; 15 giorni £ 1,40; 1 mese £ 2,10; 3 mesi £ 5,50; 6 mesi £ 8;
1 anno £ 13.
20) Le affissioni per pubblici spettacoli godranno di uno sconto del 50% sulla tariffa calcolata per
ciascun foglio e a giorni.
Titolo III – Pubblicità eseguita con altri mezzi – Capo 1 – Norme generali
21) Per questa specie di pubblicità la tariffa è unica.
22) La superficie della pubblicità agli effetti della tassa verrà calcolata a metro quadrato. Le
frazioni verranno arrotondate a quarti di metro quadrato. La superbie verrà calcolata in base al
minimo poligono entro il quale può essere circoscritto l’avviso fatto con pittura o qualsiasi altro
mezzo.
23) La tariffa riflette soltanto i diritti dovuti al Comune per l’esposizione del materiale di
pubblicità. Pertanto qualora lo spazio della pubblicità sia concesso sull’area di stabili di proprietà
municipale o di edifici demaniali dati in concessione al Municipio, il Comune potrà pretendere inoltre,
quando ne sia il caso, un compenso da fissarsi all’Ufficio comunale a titolo di affitto. – Capo 2 –
Pubblicità ordinaria e pubblicità con luce –
24) Il Comune dovrà adottare una tariffa non superiore alla seguente per ogni mq.: 1 mese lire
2,50; 3 mesi lire 1,6; 6 mesi lire 1,9; 1 anno lire 1,12.
25) Per la concessione di poter eseguire pubblicità luminosa o illuminata sul suolo pubblico, o
esposta stabilmente in modo da essere permanentemente o totalmente visibile dalle vie i piazze
pubbliche vigeranno le seguenti tariffe massimo per ogni mq: Pubblicità luminosa 3 mesi lire 20; 6
mesi lire 30; 1 anno lire 50; - Pubblicità illuminata 3 mesi lire 12; 6 mesi lire 18; 1 anno lire 24 - .
26) La tariffa della pubblicità luminosa o illuminata non è applicabile ai globi luminosi od
illuminati, contenendo la sola indicazione del nome, ditta o marca del prodotto, quando siano
collocati in luoghi dove viene fatta la vendita o distribuzione del prodotto stesso.
Capo 3 – Pubblicità eseguita con sistemi speciali
27) La concessione di poter esporre trasversalmente alle vie, corsi, piazze, ecc. tele di pubblicità
non potrà essere rilasciata se non quando tali tele non nuocciono all’estetica ed al decoro urbano.
28) Per le concessioni di cui all’art. precedente verrà applicata una tariffa non superiore a lire 4
per ogni giorno.
29) Per la pubblicità eseguita mediante distribuzione a mano di manifestini o biglietti per le vie o
piazze pubbliche la tariffa non potrà essere superiore a lire 5 al giorno per ogni persona:
30) I veicoli di trasporti con iscrizioni a fine di pubblicità, relative all’Azienda cui il veicolo serve,
od al prodotto da esso trasportato, sono soggetti alla seguente tariffa di pubblicità nel solo Comune
dove ha sede l’Azienda, e non sono ulteriormente tassabili dai comune dove sono di transito o di
sosta.
Tariffa unica annuale:
1° Autoveicoli lire 100 annue;
2° Furgoncini o carri trainati da forza meccanica lire 50 annue;
3° Furgoncini spinti da velocipedi o carretti lire 25 annue. Per la pubblicità eseguita su automobili
in uso pubblico ed altri veicoli pubblici o privati sempre che essa sia visibile dalle vie o piazze
pubbliche e sia fatta all’esterno e non all’interno di dette vetture, sarà applicata la tariffa normale di
cui all’art. 25, triplicata. Quando si tratti invece di veicoli esclusivamente adibiti a fine di pubblicità per
conto di terzi e che circolino sul Comune si applicherà loro, a seconda della superficie della pubblicità
circolante, la tariffa della pubblicità permanente sestuplicata, con un mino di tassa di tre mesi.
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Quando trattasi di pubblicità ambulante luminosa o illuminata, ai diritti di tariffa di cui sopra dovranno
aggiungersi i diritti della tariffa base per la pubblicità luminosa o illuminata stabilita al Capo 2 del
presente titolo.Titolo IV – Disposizioni transitorie
31) E’ in facoltà del Comune di cedere in appalto il servizio delle pubbliche affissioni e della
pubblicità affine. In tal caso di appalto la ditta concessionaria ha obbligo di aver un proprio ufficio e di
attenersi scrupolosamente alle norme dettate nel presente regolamento comunale.
32) L’Ufficio delle affissioni e aperto al pubblico dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19 nei giorni feriali,
dalle 9 alle 12 nei giorni festivi.
12 .Capitolato d’appalto per l’espurgo dei condotti pluviali
(Approvato il 17 aprile 1906)
1) l’imprenditore dovrà levare ed asportare tutto il materiale di qualunque specie e natura che
trovasi in tutti i pozzetti sottoposti ai chiusini e nei rametti e nelle condutture principali della città;
2) Tutto il materiale di spurgo dovrà essere trasportato, a sue spese, con carri nei pubblici
scaricatoi, ed il trasporto dovrà eseguirsi, man mano, che il materiale viene accumulato fuori dalle
fogne, in modo da non ingombrare spazi che diano incomodo al pubblico;
3) Pulito il condotto di una strada o di un violetto, l’appaltatore dovrà disinfettare con lavaggio di
acqua e calce al 50%, sotto la sorveglianza immediata degli agenti municipali e nella quantità che
stabilirà il Sanitario municipale;
4) Nell’aprire e chiudere i chiusini, dovrà usare la massima diligenza per non scheggiare,
rompere e deprezzare le lapidi ed i telai di pietra;
5) Lo spurgo, in ogni singola strada o vicolo, dovrà principiarsi dalla parte sopra corrente;
6) L’imprenditore è responsabile di tutti i danni che per l’opera sua possono derivare alla
lastricatura stradale ed è quindi obbligato a sue spese ripararli;
7) Il lavoro dovrà incominciarsi col giorno 25 corrente e dovrà aver termine dopo un mese
lavorativo senza interruzioni;
8) Per lo spurgo completo, compreso il trasporto, carico e scarico del materiale e lavatura della
conduttura, niuna cosa esclusa, saranno corrisposte lire 400 da pagarsi dopo il collaudo del lavoro;
9) Il compimento e l’esattezza del lavoro dovrà essere accertato da un certificato di un
ingegnere di fiducia del Municipio;
10) Le spese tutte che occorrono nel presente foglio ricadono a carico dell’imprenditore,
comprese quelle del contratto;
11) Mancando l’appaltatore ad un solo degli obblighi stabiliti nel presente foglio sarà possibile
di un multa di lire 50.
13 .Regolamento edilizio (Approvato il 13 aprile 1912)
“La Commissione con l’incarico di studiare la stesura del regolamento e riferirne poi al
Consiglio, che ebbe l’11 dicembre 1911. “Il consigliere Zaza cosi riferisce: Onorevoli Colleghi, per ,
importanza, dopo quello d’igiene, viene il Regolamento edilizio, e questa importanza deriva dalle
Istruzioni ministeriali 20 giugno 1896, riguardanti l’igiene del suolo e delle abitazioni, e dell’art. 111
del Regolamento 12 febbraio 1911 per l’esecuzione del testo unico della legge comunale e
provinciale 21 maggio 1908, a cui ci siamo precisamente informati. Anziché rattoppare il vecchio
regolamento abbiamo creduto miglior cosa presentarvi un lavoro completo, riunito in un testo unico,
informato ai nuovi bisogni del progresso e della civiltà alle nuove esigenze, alle nuove norme
legislative, allo sviluppo edilizio cittadino. E’ stato oggetto principale dei nostri studi e ci siamo
interessati in special modo delle modalità occorrenti agli scavi, ai depositi di materiali per
costruzioni, ai restauri, agli sgombri, alle demolizioni, nonché alle occupazioni si suolo pubblico, alla
decenza dell’abitato. Al regolamento in esame occorre il piano regolatore della Città, e un augurio
che, esaurito il problema della provvista dell’acqua potabile, ormai entrata nel periodo dei fatti
compiuti, il piano regolatore, ripeto, sia oggetto di studio pratico e delle cure coscienziose di questa
Amministrazione nelle prossime sessioni. Cosi dimostreremo che Maddaloni non è seconda a
qualsiasi altra città d’Italia nostra nella nobile gara risvegliatosi da vari anni a questa parte fra i vari
Comuni per migliorare le proprie condizioni igienico ed edilizia e Voi farete opera di amministratori
retti e onesti qual siete, accordando la vostra approvazione al presente regolamento che, a nome
della Commissione, da voi nominata, ho l’onore di presentarvi”.
Capitolo I – Disposizioni generali
239
1) Il Sindaco assistito dalla Commissione edilizia di cui nel presente art. 2, provvede
all’osservanza delle disposizioni di cui nel presente regolamento e nelle relative leggi e regolamenti
governativi, nonché delle Istruzioni ministeriali 20 giugno 1896;
2) La Commissione edilizia è composta come segue: il Sindaco, o chi per lui, presidente,
l’Ufficiale sanitario comunale, l’Ingegnere comunale, l’Ispettore mandamentale delle antichità, e tre
consiglieri comunali, nominati dal Consiglio fra persone per cultura, idonee a questo ufficio, ogni
triennio. Detta Commissione avrà voto permanente consultivo, e darà il suo parere interno a quelle
opere sulle quali sempre consultabili dal Sindaco, dalla Giunta o dal Consiglio secondo i casi. Il suo
parere deve essere richiesto tutte le volte che è imposto da tassative disposizioni di legge,
regolamento ed istruzioni governative;
3) L’Ingegnere comunale nominato dal Sindaco ha la direzione tecnica e la vigilanza relativa,
giusto quanto è disposto dal presente regolamento e da quello d’igiene. Ha pure l’incarico di
controllare che nella esecuzione dei lavori e delle opere in osservanza delle disposizioni del
presente regolamento, si osservi questo nonché le leggi ed i regolamenti governativi al riguardo;
4) Le prescrizioni del presente regolamento sono circoscritte all’interno dell’abitato e nel
perimetro delle frazioni di questo Comune. Esse non si estendono alla campagna che per sole
disposizioni speciali che riguardano queste;
5) Al Consiglio comunale spetta il determinare l’ubicazione, l’allargamento o restrizione, la
livellazione, l’allineamento o soppressione di piazze o strade o passaggi pubblici, e cosi di risolvere
nelle domande di demolizione ed alterazione qualunque di suolo di spettanza pubblico, in
osservanza del piano regolatore di cui agli art. 24 ed 29 delle cennate Istruzioni ministeriali;
6) L’allineamento e la livellazione dei nuovi fabbricati da costruirsi dovrà essere conforme alle
vie o piazze, sulle quali sono eretti ed alle case attualmente ivi esistenti. Tale provvedimento però
avverrà per concerto o nelle forme volute della legge sull’espropriazione per causa di pubblica utilità
e mediante compenso;
7) L’altezza massima e la proporzione delle nuove costruzioni dovrà stare in relazione
all’ampiezza delle vie e dei cortili, ai sensi dell’art. 25 ed in conformità del piano regolatore della
città di cui all’art. 5;
8) Nella costruzione, demolizione o riattamento di fabbricati, edifici, ecc. dovranno sempre
osservarsi, oltre a quelle del presente regolamento, anche le prescrizioni volute dai vigenti
regolamenti d’igiene e di polizia urbana e stradale;
9) Dietro il voto della Commissione edilizia, spetterà al Sindaco ed alla Giunta comunale
l’impedire l’esecuzione di quelle opere che non siano conformi alle disposizioni del presente
regolamento, ovvero siano in opposizione alle vigenti leggi di Pubblica sicurezza, d’igiene, o che
possano essere di pericolo od impedimento alla sicurezza o libertà del passaggio oppure deformare
l’aspetto dell’abitato;
10) Gli agenti di forza pubblica, i vigili sanitari e le guardie comunali avranno l’incarico di
vagliare all’osservanza delle disposizioni del presente regolamento, nonché di quello di Polizia
urbana e di altre leggi e regolamenti attinenti all’edilizia e di accertarne le contravvenzioni,
facendone rapporto all’Autorità comunale.
Capitolo II – Costruzioni, demolizioni, scavi e restauri di fabbricati
11) Nell’interno dell’abitato della Città e del centro abitato delle frazioni di questo Comune,
chiunque voglia intraprendere la costruzione di nuovi fabbricati, di scavi, ovvero la demolizioni od il
restauro e modificazioni di edifici e muri già esistenti che prospettano le via, piazze e passaggi
pubblici, avrà obbligo di farne dichiarazione in iscritto all’Ufficio comunale prima di intraprendere il
lavoro ed ottenere il permesso ai sensi dell’art. 35 delle Istruzioni di cui all’art. 1;
12) La concessione di cui nel precedente art. 11 e la vigilanza sanitaria relativa sono
determinate dagli art. 36 e 37 delle Istruzioni suindicate;
13) La dichiarazione di cui all’art. 11 dovrà contenere l’indicazione dei lavori, della località ed
epoca in cui si eseguiranno, ed essere corredata di un disegno delle opere da eseguirsi, ogni
qualvolta si tratti di costruzione di nuovi fabbricati, di demolizione e riedificazione dei medesimi o di
variazione di forma;
14) Tali dichiarazioni e disegni saranno sottoposti nel termine di giorni dieci all’esame della
Commissione edilizia, dietro il cui voto il Sindaco pronuncerà la pronta deliberazione della giunta,
ovvero del Consiglio a seconda dell’entità delle opere;
15) Riconosciute ammissibili le opere progettate, e quando nulla osti all’esecuzione di esse, ed
abbiano le condizioni prescritte dal presente regolamento, il Sindaco rilascerà il visto e nullaosta per
l’esecuzione; in caso diverso respingerà la dichiarazione e disegni con le osservazioni opportune;
16) I disegni o pianini opere munite del visto del Sindaco dovranno tenersi sul luogo del lavoro
ed essere resi ostensibili ad ogni richiesta dell’Autorità o dagli agenti comunali, onde
240
nell’esecuzione le opere non siano variate;
17) I lavori intrapresi senza dichiarazione, potranno essere impediti o sospesi, mediante
contravvenzione, finché non siasi verificati aver essi le condizioni richieste, in conformità del
disposto ai precedenti art. 8 e 9;
18) Per l’occupazione precaria del suolo pubblico, di piazza e strade, in causa di scavi, di
esecuzione di lavori di conservazione o restauri d’urgenza, il Sindaco ne darà il permesso, salvo a
promuovere il voto della Commissione edilizia. Lo stesso sarà praticato per la formazione di
steccati, ponti, palchi e simili costruiti in siti pubblici, sul suolo pubblico, o per uso pubblico;
19) Provvedendosi a demolizione di vecchi edifici si debbono tenere costantemente inumiditi i
muri che man mano si demoliscono, per evitare che si elevi pulviscolo fastidioso e si rendi
l’atmosfera irrespirabile;
20) Le macerie provenienti dalle demolizioni di cui all’articolo precedente, non debbono essere
gettate vicino lo scarico, da qualsiasi altezza provenga la demolizione, deve farsi mercè una galleria
chiusa fatta di legname e portata fino al suolo;
21) I depositi di materiali per costruzioni, restauri, demolizioni o scavi, debbono essere
trasportati man mano fuori l’abitato a cura dei proprietari, acciò non sia impedita o resa pericolosa
la viabilità, e non sia deturpato l’aspetto dell’abitato. Lo stesso si pratica coi materiali di risulta,
macerie ed altro, di cui nei due articoli precedenti.
Capitolo III – Altezza delle case, numero dei piani, tetti, cornicioni, terrazzi e
camini
22) Nella costruzione di nuove fabbriche e edifici, i tetti, terrazzi e cornicioni, ecc., pioventi nelle
piazze e strade pubbliche, dovranno essere solidamente costruiti e provvisti all’estremità di appositi
canali di latta, per raccogliere le acque, le quali saranno condotte per mezzi di tubi o nell’interno del
cortile delle stesse fabbriche o nei condotti sotterranei, canali, ecc., e ove esiste per lo sgombro
delle acque dei cortili, e dove non esistono, al pari del suolo delle vie;
23) I camini, fumaioli ecc., dovranno essere costruiti al disopra dei tetti, e in modo da rimuovere
ogni pericolo d’incendio e da non offendere o lordare o danneggiare le case attigue, e secondo le
norme stabilite dal regolamento comunale d’igiene;
24) E’ vietato di dare sfogo al fumo dei focolai inferiormente ai tetti, e cosi di collocare tubi
conduttori, lungo le parti prospicienti verso le piazze e vie pubbliche;
25) L’altezza delle case ed il numero dei piani sono regolati dagli art. 39, 40 e 41 delle
Istruzioni ministeriale citate.
Capitolo IV – Porte, finestre, botole, ribalte, ecc.;
26) E’ vietato l’apertura delle porte delle case e botteghe verso le piazze e vie pubbliche, e cosi
delle finestre che non sono dell’altezza di due metri e mezzo dal suolo;
27) Le finestre che non sono all’altezza suindicata, e cosi le botole o ribalte esistenti al pari
delle strade o dei portici, che servono a dare luce alle cantine, ed altri luoghi sotterranei, dovranno
aprirsi e serrarsi all’interno, essere munite di inferriata, a graticcio di ferro, o fisso o mobile collocate
rasente al muro con sporgenza al di fuori non maggior di centimetri otto.
Capitolo V – Intonaco, tinta dei muri e delle facciate, iscrizioni, pitture,
insegne, ecc.
28) Dietro voto espresso della Commissione edilizia, il Sindaco avrà la facoltà di vietare e di far
rimuovere nelle facciate degli edifici, esposti a pubblica vista, quegli sconci che deturpassero
l’aspetto dell’abitato e di prescrivere ai proprietari particolari norme di ornati o la rinnovazione
dell’intonaco e scialbo laddove sia deteriorato o venga a deformare la facciata del fabbricato;
29) Chiunque intende ridare il bianco o la tinta ai muri esterni dei loro fabbricati che sporgono
sulle strade o piazze pubbliche, fare iscrizioni o pitture nei medesimi, o collocarvi decorazione,
cartelli, insegne, siano essi fissi o mobili, dovrà farne all’Ufficio comunale la dichiarazione prescritta
dall’art. 11 e seguenti del presente regolamento;
30) L’intonaco o tinta dei muri esterni del fabbricato dovrà essere fatta in modo conveniente da
non portare deformità all’aspetto dell’abitato, salvo sempre di rispettare gli edifici di carattere
monumentale;
31) Tutte le iscrizioni che volessero farsi nei muri e nelle facciate dei fabbricati, o collocare
sopra le porte di botteghe, negozi, ecc., dovranno essere scritte in lingua italiana, o se in lingua
straniera dovranno avere la traduzione italiana a fronte e non contenere errori, parole ed
espressioni indecorose, cosi pure le pitture, decorazioni ed insegne che volessero esporsi al
pubblico, nulla debbono avere di indecente e che possa offendere la moralità, altrimenti il Sindaco
procederà a forma di legge per la correzione, rinnovazione o rimozione. Capitolo VI – Sporgenza
sulle vie e piazze pubbliche;
241
32) Sull’area delle vie o piazze pubbliche, i cornicioni, terrazzi, balconi ed un’altezza superiore
a m. 4 dal suolo non potranno avere una sporgenza maggiore di un metro, od oltre passare la linea
dello stabile;
33) Ogni maggiore sporgenza dovrà essere autorizzata e determinata dal Consiglio comunale,
dietro nota della Commissione edilizia, e secondo delle speciali condizioni della località;
34) Tutte le altre sporgenze a minore altezza siano mobili o fisse per finestre, persiane, tende,
porta insegna, vetrina o mostra di negozi, o altri oggetti qualsiasi, ecc., non potranno mai essere
maggiore di cm. 7 dalla linea del muro verso le piazze o vie pubbliche. Nelle strade anguste però,
dove potessero recare impedimento alla viabilità, sono vietate. Le suddette occupazioni di aree
pubbliche o di suolo pubblico, avendo carattere permanente possono essere sottoposte ad una
tassa annuale a base di apposita tariffa;
35) E’ pure vietato di costruire o fare alcun sporto, risalto o gradino fuori della linea del muro
per l’accesso alle porte delle case o botteghe, come pure di costruire sulle case o botteghe o sulle
porte delle pennate, embrici od altro sporto;
36) E’ vietato ugualmente di collocare nelle pubbliche vie o piazze ed avanti le case o
botteghe, i paracarri, i ripari, i fittoni, siano essi appoggiati al muro od isolati, e potrà permettersi dal
Sindaco solo nelle cantonate a difesa degli angoli o colonne dei fabbricati, a condizione che non
sorpassino l’altezza di cm. 50;
37) Per collocare tende, tendoni e simili, e purché siano decenti e puliti, a riparo dal sole o
d’intemperie, avanti le botteghe, negozi, ecc. dovrà ottenersi il permesso dal Sindaco, e sarà
accordato, secondo le condizioni della località, con quelle prescrizioni necessarie a tutelare la
libertà del transito ed il decoro dell’ornato;
38) Il Comune potrà fissare orinatoi, fanali, cartelli indicanti la contrada, nei muri e località
giudicate convenienti, senza che il proprietario possa farsi opposizione.
Capitolo VII – Indicazioni delle contrade, numeri civici, ecc.
39) La denominazione attuale delle vie e dei rioni non può essere variata, se non dietro nota
della Commissione edilizia ed in seguiti di deliberazione del Consiglio;
40) L’apposizione dei relativi cartelli e numeri civici è a carico del Comune. E’ vietato di
rinnovarli, cancellarli o lordarli in qualsiasi maniera;
41) La conservazione poi dei medesimi in carattere perfettamente visibili, rimarrà per l’avvenire
a carico dei proprietari dei fabbricati sui quali si trovano;
42) Se fossero stati tolti o cancellati dovranno essere prontamente rimessi a spesa dei
proprietari suddetti quando il Comune non crede assumere il carico.
Capitolo VIII – Marciapiedi, portici, lastricati, selciati
43) Lungo le vie, ove attualmente esistono portici, i costruttori di nuove fabbriche e edifici, ecc.,
dovranno informare i loro disegni a questo genere di architettura;
44) La manutenzione, i restauri e la conservazione dei marciapiedi, dei portici, dei selciati e
lastricati nelle vie e piazze, che sono di proprietà privata, sebbene di uso pubblico, appartengono ai
proprietari degli stessi che per fatto speciale e per antica consuetudine ne hanno l’obbligo;
45) Laddove questa manutenzione fosse trascurata, ed i lastrici presentassero o pericolo al
passaggio o deformità all’aspetto dell’abitato, il Sindaco avrà facoltà dietro il voto della
Commissione edilizia, d’invitare i rispettivi proprietari che ne hanno l’obbligo come sopra ad
eseguire il conveniente restauro entro un determinato periodo di tempo;
46) Quando i medesimi non ottemperassero all’invito entro il tempo prescritto, il Sindaco potrà
provocare dall’Autorità competente, la facoltà d’eseguire le riparazioni occorrenti, a spese di quelli
che ne hanno l’obbligo come sopra, a prendere in via d’urgenza alla sicurezza e libertà del
passaggio;
47) Nelle piazze e strade pubbliche la manutenzione dei marciapiedi e dei selciati è a carico
del Comune;
48) Coloro i quali fosse agevolata la costruzione o rifacimento dei loro fabbricati, o fosse
permesso dal Comune di occupare, precariamente il suolo pubblico, a guastare od alterare piazze,
nei selciati, avranno obbligo poi di rimettere il tutto nello stato primiero.
Capitolo IX – Disposizione varie
49) La sorveglianza sulla manutenzione delle vie tenute a spese del Comune in tutto od in
parte è affidata all’ingegnere di cui all’art. 3;
50) Sarà ordinata dal Sindaco la rimozione immediata degli oggetti collocati sui balconi, finestre
o terrazzi, che deturpassero la vista.
Capitolo X – Disposizioni speciali
51) Nell’ufficio comunale edilizio è sempre ostensibile a disposizione del pubblico il registro dei
242
reclami per qualsiasi inconveniente od abuso si vedesse da chiunque denunciare;
52) I contravventori alle disposizioni del presente regolamento andranno soggetti alle pene
sancite dagli art. 218 e 220 della vigente legge comunale e provinciale testo unico 21 maggio 1908,
osservato altresì l’art. 130 del regolamento 12 febbraio 1911 per l’esecuzione di questi, e salvo
sempre l’applicazione delle maggiori pene previste dal Codice civile e da altre leggi e regolamenti
generale e speciali;
53) Per quanto non è indicato dal presente regolamento intende rimettersi alle disposizioni
legislative in proposito;
54) Sono abrogati tutti le disposizioni anteriori contrarie al presente regolamento. Il Consiglio
approva a voti unanimi il suddetto regolamento.
14 .Capitolato generale per l’appalto dei lavori di mantenimento delle strade
comunali messe a brecciame. (Approvato il 13 maggio 1914)
Capo I – Oggetto e condizioni generali per l’appalto
1) Oggetto dell’appalto. L’appalto è a cottimo ed ha per oggetto la esecuzione di tutti i lavori, le
forniture e le operazioni occorrenti per mantenere in stato di perfetta viabilità le seguenti strade e
conoscerne lo stato di responsabilità loro attribuito come stato di norme per la carreggiata, fossi,
passeggiatoi ed opere d’arte, per così restituirle al termine del periodo di appalto. Le strade a
mantenersi sono: Tratto Campolongo – già S. Eustacchio, dal largo Tiglio al Trivice del Monaco,
cioè dal borgo Tiglio a S. Eustacchio m. 349,27 prolungamenti sino al termine del fondo Gallozzi al
Trivice del Monaco, cioè a m. 130 dopo il muro occidentale del giardino delli Paoli m. 397, in uno m.
746,27. Tratto Cappuccini che mena a via Campolongo di lunghezza m. 730, cosi distinto: 1°
tronco detto Montevergine dalla Cittadella all’innesto del tronco a dirsi; 2° tronco laterale all’entrata
dei Cappuccini, sino al basolato del Corso Campano; 3° tronco dall’innesto dei primi due al tratto
Campolongo. Tratto Starza dal basolato della Sannitica alla strada di Nola, di lunghezza m. 276.
Tratto S. Sofia che s’innesta con quella di S. Nicola di lunghezza m. 69,20. Tratto del Macello
vecchio fino all’arco del Passo e propriamente dall’incontro della strada di Nola al basolato della
Sannitica di lunghezza m. 151. Tratto, detto S. Nicola, dall’arco del Passo all’incontro della strada
ferrata, di lunghezza m. 284,9, cosi distinto: a) Dal basolato della Sannitica per l’arco del Passo fino
all’antica strada di Napoli di lunghezza m. 31,60; b) da ivi al passaggio a livello presso la casa
Patrelli m. 254,30; in uno m. 284,90. Tratto, detto Ficocella, dalla Rotonda ala svolta del Fusaro di
lunghezza m. 2219. Tratto dal termine della Ficucella al Boscorello, m. 1428.10. Tratto del
Camposanto dal basolato ai Mulini al Cimitero, di lunghezza m. 689. Tratto del Montano, dal Corso
Carolino alla strada di Nola di lunghezza m. 273. Ville all’interno della Città. Via Loreto, tra
l’obbligatoria di S. Marco Evangelista e la via Appia, alla quale si innesta con due bracci, di
lunghezza m. 236,25. Via Pintime, tra la via Pignatari e la provinciale di Nola presso la casina
Canelli, di lunghezza m. 572. Vicolo Bixio di lunghezza m. 88. Tratto della Sannitica, dopo i Mulini,
che si estende dopo il basolato sino al tronco mantenuta dalla provincia di lunghezza m. 255. Via
Capillo, dal basolato di via Ponte Carolino alla Casa comunale di lunghezza m. 152,80.
Tutti i detti tratti formano, oltre le vielle delle quali è parola al n° 11, una lunghezza di m.
8253,85, però qualunque sia la lunghezza effettiva, o in più o in meno, l’estaglio rimane inalterato e
l’appaltatore è in obbligo di mantenere tutti i tratti secondo la loro lunghezza effettiva. Ove, durante
l’appalto qualunque delle suddette strade si ricostituisca in tutto od in parte con basolato vulcanico,
deve diminuire relativamente il prezzo d’appalto.
2) Indicazione dei lavori di mantenimento. I lavori di mantenimento comprendono:
La fornitura, trasporto ed impiego di materiali necessari per la conservazione della
carreggiata nel suo stato di norma; i lavori di terra consistenti nella manutenzione delle
fiancheggiature e banchine ed i relativi cigli, nella conservazione delle scarpe dei rilevati
nello spurgo dei fossi laterali della strada, delle chiaviche e ponticelli; nella rimozione
delle frane e nello sgombramento e sfratto del fango e della polvere; la conservazione in
regolare stato di tutte le opere in mutamento ed in pietra da tagli che corredano le strade
e di tutte quelle particolari opere che esistono sul piano viabile della stessa. La
manutenzione delle opere d’arte comprende anche l’espurgo ed il riattamento collo sfratto
dei materiali di risulta.
3) Condizioni di ammissibilità all’asta. Per essere ammessi a far partito dell’asta,
dovranno i concorrenti presentare il certificato di idoneità prescritto dall’.art. 77 del Regolamento
sulla Contabilità generale dello Stato. Sarà inoltre obbligo degli aspiranti alla impresa di depositare
243
presso l’ufficio ove si terranno gli incanti, la somma di lire 400 in numerari od in biglietti di banca,
come cauzione provvisoria a guarentigia dell’asta. Le somme in tal modo depositate saranno
restituite dopo terminati gli incanti, eccetto quello spettante al deliberatorio, che verrà ritenuta dal
Municipio fino a che non sarà stipulato il contratto di appalto e portata la cauzione definitiva.
4) Modo di appalto e ribasso d’asta. L’incanto avrà luogo nel modo che sarà indicato
nell’avviso d’asta, sotto l’osservanza delle disposizioni relative. Le offerte dovranno essere
formulate in base di un tanto per cento di ribasso sul montare dell’appalto. L’annuo canone di
mantenimento soggetto a diminuzione del ribasso d’asta, con tutti gli obblighi assunti con presente
capitolato d’appalto a cottimo è di lire 2595,88. A)(Che fa base all’asta, cioè lire 2595,88, e dovrà
prestarsi o in contanti o in cartelle di rendita sul Debito Pubblico dello Stato al portatore, computate
al corso di Borsa, sulle quali in ogni tempo l’impresa può essere chiamata a dare il suppletivo per
variazioni in meno del tasso di rendita. Qualora entro il termine fissato per la stipula del contratto, il
deliberatario non prestasse la cauzione, e qualora per causa qualsiasi da lui dipendente, la
stipulazione non potesse aver luogo nel giorno prestabilito, egli perderà la somma già depositata
per sicurezza dell’asta, e la giunta comunale sarà in facoltà di procedere ad un nuovo incanto a
danno del deliberatario inadempiente. La cauzione in numerazioni o titoli di rendita sarà depositata
a spese del deliberatario nella Cassa Depositi e Prestiti).
5) Cauzione definitiva. Entro giorni venti della data in cui sarà stato reso esecutivo il
deliberato col voto dell’Ill.mo sig. Prefetto, il deliberatario dovrà prestare la cauzione definitiva pari
al prezzo di annuo mantenimento che fu di base (A).
6) Documenti annessi al contratto. Sarà parte integrante del contratto il presente
Capitolato all’atto della consegna delle strade, l’appaltatore dovrà sottoscrivere la
descrizione sommaria delle medesime in segno di ricognizione.
7) Spese d’asta e contratto. Tutte le spese relative all’asta, stipulazione del contratto,
bollo, iscrizioni ipotecarie per le cauzioni e quelle infine per le occorrenti copie del contratto stesso,
e dei documenti diversi che ne fanno parte integrante, staranno a carico dell’imprenditore.
8) Durata dell’appalto. L’appalto avrà la durata di anni cinque a contare dal giorno medio
della consegna che sarà dichiarata nel verbale delle operazioni. L’ultimo anno non può essere non
completato o avere una proroga di alcuni o diversi giorni dipendentemente del fatto che accadere di
non coincidere il giorno medio della consegna in corso con quella della consegna della precedente
gestione.
9) Inammissibilità di più aggiudicatari. Qualunque sia il numero dei soci nella Impresa
del presente appalto all’atto dell’aggiudicazione, essi dovranno eleggere un unico rappresentante
che sarà l’aggiudicatario dell’appalto, il quale sarà il solo riconosciuto dal Municipio.
10) Elezione di domicilio dell’appaltatore. L’appaltatore dovrà eleggere domicilio in
questo Comune di Maddaloni,e tutte le notificazioni ed assegnazioni di termini relativi
all’osservazione del contratto, potranno essere fatte nel detto domicilio, ritenendosi come fatta alla
stessa persona dell’appaltatore per tutti gli effetti di ragione. L’appaltatore inoltre è tenuto a
condurre personalmente le opere di manutenzione, o per mezzo di un suo rappresentante, idoneo
ed onesto all’Amministrazione municipale. In ogni caso l’appaltatore sarà tenuto responsabile verso
l’Amministrazione e verso i terzi del fatto dei suoi dipendenti.
11) Divieto di subappalto.
12) Consegna e riconsegna delle strade. La consegna delle strade deve aver luogo
nella prima stagione opportuna dopo la stipulazione del contratto. Le stagioni opportuni per la
consegna sono i mesi di Aprile e Maggio e dal 15 settembre al 15 novembre. In una di queste
stagioni si procederà alla consegna delle strade, prendendo per base lo stato responsabile attribuito
ad esse quale stato di norme. L’Ingegnere del Comune sarà considerato rispetto agli appaltatori
come perito cui compete definire i difetti o le mancanze e valutarne il prezzo e come rappresentante
del Comune esso è destinato ad invigilare nell’interesse dello stesso. Al termine dell’appalto dovrà
l’appaltatore consegnatario riconsegnare le strade secondo lo stato ricevuto con miglioramenti
conseguiti dai lavori di remissioni delle mancanze se ve ne troveranno all’atto della consegna. Il
quantitativo dei lavori di remissione è in facoltà del Comune il determinarlo. Le possibili eccedenze
della massicciata non saranno pagate al consegnante e vanno a beneficio dell’Amministrazione.
13) Processo verbale di consegna e riconsegna.
15 .Progetto per la strada Via Ponte Carolino trasmesso dall’ufficio Tecnico
Prov.le e relativo Capitolato. (Approvato il 26 ottobre 1914)
- Visto la sua precedente deliberazione del 12 corrente, colla quale, in vista della necessità di
provvedere colla maggiore sollecitudine possibile ai lavori di pavimentazione e sistemazione di via
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P. Carolino, anche per dare lavoro nella prossima stagione invernale agli operai
disoccupati,stabilivisi chiedere un mutuo di lire 75mila, avvalendosi della legge vigente. Visto la
nota del 24 corrente dell’Ufficio tecnico della Provincia di Caserta:
“In seguito all’autorizzazione dell’On. Deputazione data a questo Ufficio che l’ing. di Direzione
cav. Borgia Vincenzo era incaricato a redigere il progetto dei lavori di lastricamento alla via P.
Carolino che è traversa della contrassegnata strada provinciale, il sullodato ingegnere ha espletato
tale incarico gratuito del quale si occupò, secondo gli espressi desideri, più dal bel principio, come
dalla precedente nota di questo Ufficio del 10 volgente. Mi pregio ora trasmettere tale progetto il cui
importo è distinto come appresso:
Parte I^ - Lavori di basolato, ammontare a base d’asta lire 86401,64; somma a disposizione
dell’Amministrazione lire 11.789,16 = in uno lire 98200.
Parte II^ - Lavori del prolungamento della fogna nella tratta Mulini, ammontare a base d’asta
lire 1504,94; somma a disposizione dell’Amministrazione lire 295,06= in uno lire 1800. –
Complessivo ammontare lire 100.000.
Il progetto in parola è costituito dai seguenti alligati: 1 Relazione; 2 Computo metrico e stima; 3
Capitolato di appalto; 4 Disegno, cioè pianta illustrativa della sede di lavoro. Rimane riservata a
quest’Amministrazione in propria sede ed a suo tempo di far la liquidazione del concorso a base
degli articoli 41 e 42 della legge sulle opere pubbliche, per effetto dei quali solo pei lavori di
basolato ricadenti sulla larghezza normale della strada è dovuto il concorso. A codesto Comune
spetta il concorso della Provincia in ragione di un quarto, e solo pei lavori della prima parte
suaccennata. Inoltre, nel fare la liquidazione, quest’Amministrazione terrà conto dei basoli antichi di
risulta, che andrà in detrazione dell’ammontare generale dei lavori, sia che detti basoli restino
accollati all’appaltatore, e sia che restino a beneficio del Comune per altre opere. Però tutte tali
partite, a tenersi conto con precisione in sede dell’esatta determinazione del concorso, daranno una
posizione che più da ora non può precisarsi. Nei fini pei quali servirà il progetto dei lavori, che sono
da eseguirsi direttamente dal codesto Comune, potrà la S. V. tener conto che in cifra tonda il
Comune dovrà far fronte alla somma di lire 77mila, e ciò a base del progetto in parola di lire
centomila. ing. Capo Fto Borgia.
Visto ed esaminato il progetto coi relativi allegati prodotta colla nota medesimo. A voti unanimi
e per alzata e seduta lo approva e confermando in tutte le sue parti il suddetto
16 .Convenzione tra Ferrovia dello Stato – Compartimento di Napoli – Divisione
dei Lavori col Comune di Maddaloni per la consegna del piazzale esterno della
stazione di Maddaloni inferiore. (4 novembre 1915)
Premesso, che il terreno sul quale trovasi il piazzale esterno della stazione di Maddaloni è di
proprietà delle FF.SS. Che tale piazzale, il quale, è stato finora mantenuto dall’Amministrazione
delle Ferrovie, è chiuso all’accesso delle vetture ed è aperto solo ai pedoni, che volendo il Comune
di Maddaloni allacciare la costruendo piazza, tinteggiata in rosso nell’unito piano, con la strada che
attraversa la ferrovia al km. 271+472 ha chiesto di poter a tale uopo demolire il muro AB di chiusura
del piazzale esterno, e rimuovere le tre colonnette C.C.C. ivi esistenti, e ciò per renderlo accessibile
alle vetture. Che nulla si oppone alla concessione richiesta, subordinatamente all’osservanza delle
condizioni qui di seguito indicate: “Fra l’Amministrazione delle FF.SS., per la quale interviene il sig.
ing. Cav. Claudio Novelli, Capo divisione dei lavori del Compartimento di Napoli, secondo le facoltà
conferitogli dalle norme in vigore ed il Comune di Maddaloni rappresentato dal Commissario
prefettizio, cav. Dr. Micelle Gizzio. Si conviene e stipula quanto segue:
1) Le parti ratificano la sua esposta narrativa e la dichiarano esatta;
2) L’Amministrazione delle FF.SS. consegna al Comune di Maddaloni il piazzale esterno della
stazione di Maddaloni inferiore, avente una superficie di mq 221 e distinta con velatura verde nel
disegno allegato alla presente convenzione e della quale s’intende far parte integrante e
sostanziale. Il terreno da esso occupato figura e continuerà a figurare anche per l’avvenire in
catasto del Comune intestato all’Amministrazione delle FF.SS.;
3) Il piazzale suddescritto è consegnato ed accettato dal Comune come sta e giace, con tutte
le unità attive e pubbliche e private, apparenti e non apparenti che attualmente vi gravano senza
alcuna responsabilità ed obbligo di rilievo da parte delle Ferrovie riguardo ad eventuale pretese dei
terzi;
4) Sarà obbligo del Comune di provvedere a sue spese ad accurata manutenzione del
piazzale, in modo che corrisponde all’uso cui è destinato;
5) Poiché il piazzale, che finora è stato solo percorso da pedone dovrà rendersi carrozzabile, il
245
Comune di Maddaloni prima di aprirlo al transito dei veicoli si obbliga a: Lastricare con basole il
piazzale; costruire un marciapiedi, pavimento basolato, largo non meno di m.0,80 avanti al
fabbricato viaggiatori; assicurare lo scolo del piazzale; demolire il muro di chiusura A.B; rimuovere
le colonnette C-C-C;
6) Il Comune dovrà mantenere attivi tutti quegli scoli dei fabbricati della stazione o di piazzali
interni che per avventure si stabilissero sul piazzale esterno;
7) Si obbliga altresì il Comune a non sottrarre all’uso pubblico parte alcuna dell’area del
piazzale e di non assoggettare ad alcuna nuova servitù o eseguirvi impianti di qualsiasi genere, sia
pure d’indole precarie, senza averne ottenuto prima l’autorizzazione scritta dall’Amministrazione
ferroviaria consegnate;
8) L’Amministrazione ferrovia consegna al Comune il piazzale in perfetti condizioni di
manutenzione come dal Comune è riconosciuto;
9) L’Amministrazione ferroviaria consegnante si riserva il diritto:
a) di costruire tombini di scolo attraverso il piazzale, di modifica gli esistenti manufatti e di
eseguire ogni altro lavoro, sopra e sotto del suolo del piazzale, che fosse ritenuto a suo esclusivo
giudizio, per soddisfare ai bisogni ed alle esigenze del servizio ferroviario, senza che perciò minima
spesa e maggiore aggiravi per la successiva manutenzione debba stare a carica del Comune, col
quale saranno presi all’uopo opportuni accordi, di volta in volta, allo scopo anche di disturbare
quanto meno è possibile il libero uso del piazzale;
b) di riprendersi ed occupare in qualunque tempo e caso, per gli eventuali bisogni dell’esercizio
delle ferrovie, in parte od anche tutta l’area del piazzale, col presente atto, si consegna, in uso e
non altrimenti al Comune, dandovene preventivo avviso al Comune stesso con lettera d’ufficio
almeno un mese prima della rioccupazione;
c) di regolare l’accesso, la fermata e la circolazione della carrozze, automobili o di qualsiasi
altro veicolo sul piazzale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 37 del Regolamento di Polizia delle strade
ferrate;
10) Il presente atto, obbligatorio fin d’ora per il Comune di Maddaloni, perché già approvato in
schema dal Consiglio comunale giusto deliberazione…….omologata dalla G.P.A. in data……., non
lo sarà per l’Amministrazione delle FF.SS. fino a quando non avrà riportata l’approvazione del
proprio Consiglio di amministrazione:. Le spese tutte occorrenti per la stipula del presente atto, e
tutte le altre inerenti e dipendenti sono a carico del Comune di Maddaloni. Segue deliberazione.
17 .Provvedimenti per l’espurgo di condotti fluidi sottoposti alle strade interne
della città. Approvati il 27 aprile 1918)
Il Commissario prefettizio, considerato che, specie per ragioni di indole igienica, occorre
provvedere al più presto all’espurgo dei condotti fluviali sottoposti alle strade interne di questa città.
Vista l’offerta presentata all’uopo dall’ Impresa Desiato Luigi per la esecuzione dei lavori medesimi
per la somma di lire 1500 a trattativa privata. Ritenuto essere conveniente accettare tale offerte
nell’interesse dell’Amministrazione comunale essendosi spese per l’oggetto negli anni precedenti
somme maggiori. Ritenuto essere una necessità che i lavori suddetti siano eseguiti a trattativa
privata dati la difficoltà di aver altri offerenti. Delibera: Accogliersi l’offerta del sig. Desiato
subordinatamente all’accettazione da parte dello stesso dei seguenti patti e condizioni:
1) L’imprenditore dovrà levare ed asportare tutti il materiale di qualunque specie e natura, che
trovasi in tutti i pozzetti sottoposti ai chiusini, in rametti e nelle condutture principali delle strade e
dei vicoli nell’ambito della città;
2) tutto il materiale di spurgo dovrà essere trasportato a sue spese con carri nei pubblici
scaricatoi, ed il trasporto dovrà eseguirsi man mano che il materiale viene accumulato fuori dalle
fogne, in modo da non ingombrare spazi e da non dare incomodo al pubblico;
3) pulito il condotto dia una strada o di un vicolo, l’appaltatore dovrà disinfettarlo con lavaggio
di acqua di calce al 50% sotto la sorveglianza immediata degli agenti municipali e nella quantità che
stabilirà il sanitario municipale;
4) nell’aprire e chiudere i chiusini dovrà usare la massima diligenza per non scheggiare,
rompere e depreziare le lapide ed i telai di pietra;
5) lo spurgo in ogni singola strada o vicolo, dovrà principiarsi dalla parte sopra corrente;
6) l’imprenditore è responsabile di tutti i danni che per l’opera sua possono derivare alla
lastricatura stradale ed quindi è obbligato a sue spese ripararli;
7) il lavoro dovrà cominciare dal giorno 29 corrente e dovrà aver termine dopo un mese
lavorativo senza interruzione;
8) per lo spurgo completo compreso il trasporto, carico e scarico del materiale e la lavatura
della conduttura rimane niuna cosa esclusa saranno corrisposti lire 1500 da pagarsi dopo
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collaudato il lavoro;
9) il compimento e l’esattezza del lavoro dovrà essere accettata da un certificato di persona
perita di fiducia del Municipio;
10) le spese tutte che occorrono per adempiere gli obblighi stabiliti nel presente foglio ricadono
a carico dell’Imprenditore comprese quelle del contratto;
11) mancando l’appaltatore ad un solo degli obblighi stabiliti nel presente foglio sarà possibile
di una multa di lire 50;
12) chiedesi al Prefetto l’autorizzazione per procedere alla trattativa privata.
18 .Concessione alla locale succursale dell’Istituto Principe di Napoli pei ciechi
della facoltà di costruzione d’un fognotto d’immissione alla fogna stradale
(Approva il 26 settembre 1923)
Concessione alla locale succursale dell’Istituto Principe di Napoli pei ciechi della facoltà di
costruzione d’un fognotto d’immissione alla fogna stradale.- Il Commissario letta l’istanza avanzata
in data 4 dello scorso mese, dal rev. Canonico D. Agnello Rossi, nella qualità di amministratore
della locale filiale dell’Istituto Principe di Napoli per i ciechi, con la quale si chiede l’autorizzazione a
costruire un fognotto di scarico delle acque meteoriche e di rifluite nella fogna stradale di Corso
Campano. Vista la relazione scritta dell’ing. Capo del Comune, cav. Vincenzo Borgia, con la quale
si esprime parere favorevole alla concessione della costruzione del predetto rognone, sotto
l’osservanza di determinate norme e condizioni. Ritenuto che della costruzione di detta opera,
nessun danno viene a risentirne la pubblica Sanità, che anzi vengono ad eliminarsi gli inconvenienti
che derivano dall’irregolare deflusso delle acqua nel giardino del Pio luogo con danni dei ricoverati.
Delibera concedere al Canonico Don Agnello Rossi, nella precitata qualità, la facoltà di costruire un
rognone di scarico delle acque luride da innestarsi alla fognatura stradale, con che siano osservate
le seguenti norme e condizioni:
1) Il fognone in fabbrica ordinaria rivestito di intonaco di cemento Portando sopra inzoffo di
arena e dello stesso cemento tanto nelle pareti delle spalle che in quelle della platea, deve avere il
masso della platea di grossezza non minore a m. 0,50, e le spalle impiantate su queste di
grossezza ciascun non minore di m. 0,40 ad intervallo fra loro non minore di m. 0,30. La luce di
immissione libera deve avere l’altezza non minore di m. 0,40 con un salto sulla platea della fogna
stradale non minor di m. 0,20.;
2) In caso che la copertura sia in spaccatoni di tufo, questi debbono essere ben connessi e le
pareti intagli delle luci nelle preesistenti fabbriche, debbono pure essere intonacate a cemento,
come si è detto per le nuove murature;
3) Il rognone immancabilmente deve essere costruito nel lato destro di chi entra nel portone,
sia perché deve ess4ere evitato il pozzetto stradale che è a sinistra, e sia perché nel suo
prolungamento interno deve essere lontano dal pozzo nero che è a sinistra dopo l’androne;
4) La pendenza della platea deve essere inferiore del 5%; di guisa che la copertura deve
essere con voltini e con lastre resistenti diverse dagli spaccatoni che consentono minor grossezza a
vantaggio della maggiore altezza della luce;
5) La manutenzione del rognone anche nel tronco in sede stradale è a carico del
concessionario, il quale è responsabile della rottura dei basoli che avviene per difetto di
costruzione;
6) Durante l’esecuzione dei lavori deve il concessionario stabilire i debiti ripari per garantire il
traffico che non può essere in alcun modo interrotto e deve provvedere ai segnali in rosso presenti
durante la notte;
7) La presente concessione è subordinata a tutte le altre prescrizioni del Regolamento di
Polizia stradale in vigore;
8) Il suolo stradale non deve essere invaso in qualunque modo da materiali se non per quelli
strettamente necessari per la costruzione di rognone esterno.
19 .Regolamento d’igiene (Approvato il 27 marzo 1912)
Capo I – Disposizioni generali
1) In forza delle leggi sanitarie, testo unico 1° agosto 1907 n° 636 e del Regolamento 3
febbraio 1901, è stabilito nel Comune di Maddaloni uno speciale Ufficio d’igiene per il servizio
igienico-sanitario.
2) L’Ufficio suddetto, ai sensi degli art. 3 della legge e del Regolamento citati è affidato
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all’Ufficiale sanitario ed alla sua dipendenza, ad un segretario nonché a quell’altro personale
speciale, sia amministrativo, sia tecnico, sia di servizio, che è ritenuto necessario in base alla legge,
ai regolamenti sanitari ed al presente regolamento. Il Segretario suddetto, scelto dal Consiglio
comunale fra gli impiegati di concetto versato in materia igienico-sanitaria, fa parte della Segreteria
comunale senza diritto a speciale indennità.
3) Il personale contemplato nel presente Regolamento si distingue in a) impiegati, di nomina
del Consiglio; b) salariati di nomina della Giunta. I titoli, le classi e gli stipendi del detto personale
risultano dalla pianta organica, allegata al presente Regolamento. Il personale suddetto di cui all’art.
340 è inoltre sottoposto alle disposizioni del Regolamento per gli impiegati e salariati comunali,
salvo per quello esclusivamente sanitario che opererà, per la parte che lo riguarda in special modo,
le leggi ed i regolamenti sanitari di cui all’art. 345, circa la nomina, periodo di prova, congedi,
aspettative, punizioni, licenziamenti, destituzioni, doveri d’uffici, stabilità e misure disciplinari.
4) La Giunta comunale, inteso l’Ufficiale sanitario, stabilirà l’orario degli uffici e dei vari servizi in
generale. Salvo le operazioni speciali e servizi straordinari per cui provvederanno all’occorrenza il
Sindaco, e salvo anche le disposizioni detenute dagli art. 7, 102, 103, 104, 291.
5) L’ufficio d’igiene, oltre a trattare tutte le incombenze che gli sono affidate dalla legge, dai
regolamenti e dal presente regolamento, curerà la statistica igienico-sanitaria in generale, e
particolarmente, poi, quanto riguarda il movimento della popolazione in rapporto ai nati, ai morti, ai
matrimoni, ai morbi. Curerà pure l’accettazione e la registrazione dei campioni ricevuti e trasmessi
al laboratorio chimico-igienico e seguente istruzioni sulle ispezioni annesse al regolamento 6 luglio
1890.
6) Le attribuzioni degli uffici e dei funzionari, sono determinati nei singoli articoli di questo, oltre
a quanti sono prescritti dalla legge e dai regolamenti, nonché dal Regolamento edilizio e di polizia
urbana.
7) L’Ufficiale sanitario, perché possa disimpegnare il, mandato che la legge gli affida, avrà un
Gabinetto provvisto di quanto sarà indispensabile al suo funzionamento. Esso ha l’obbligo di
trovarsi almeno due ore al giorno nell’ufficio per conferire col Sindaco, o chi per lui, su tutti gli affari
riguardando l’igiene e la sanità pubblica, un’ora da fissarsi d’accordo fra entrambi.
Capo 2 – Vigilanza igienico-sanitaria – Sezione I Norme generali.
8) La vigilanza igienico-sanitaria nel territorio del Comune è affidata all’Ufficiale sanitario
nonché sotto la sua dipendenza, al personale indicato all’art. 2, capo 1 del presente regolamento.
9) Allo scopo di aver libero accesso nei locali di deposito e vendita di sostanze soggette alla
vigilanza igienico-sanitaria, l’ufficio d’igiene terrà apposito registro degli spacci, all’ingrosso ed al
minuto, di sostanze e bevande alimentari e artificiali, di macellerie, trattorie, osterie, bottiglierie,
pasticcerie, caffè, ristoratori, sorbetterei, birrerie, bar, spezierie, salumerie, pizzerie, panetterie,
pizzicagnoli, fruttivendoli, venditori di baccalà, latticini, ecc., e gli stabilimenti industriali, delle
industrie insalubri, dei maniscalchi, delle officine di arti e mestieri, convitti, caserme, alberghi e
locande, depositi di pelli, ossa, piante tessili marcate, paglia per sedia, capelli grezzi e lavorati,
mobili usati, petrolio e cenci, di laboratori, depositi e spacci di conserve alimentari, carni salate,
preparate ed insaccate, bevande e liquori, stalle per vacche, capre ed asine lattifere, e di tutti i
depositi, spacci ed esercizi in genere in virtù dei regolamenti sanitari, sono sottoposti alla vigilanza
igienico-sanitario.
10) Sono applicate, le disposizioni stabilite nel Regolamento 3 febbraio 1901, quelle del
Regolamento 3 aprile 1890, del Regolamento 19 luglio 1906 e quelle dei regolamenti governativi
generali e speciali, per la vigilanza igienico-sanitario sugli alimenti, sulle bevande, sugli oggetti di
suo domestico e sulle altre sostanze non indicate nel presente Regolamento locale, ma per leggi
speciali soggette a vigilanza.
11) Le botteghe di sostanze alimentari e bevande non possono adibirsi a stanza per dormire; e
debbono inoltre tenersi sempre asciutte, imbiancate e costantemente pulite.
12) Tutti i generi alimentari, senza eccezione, esposti in vendita, né nelle botteghe che nei
mercati, o condotti da venditori girovaghi, debbono essere costantemente coperti con un velo
sempre pulito, che ne impedisce il contatto con mosche ed insetti in genere, e salvo altre
disposizioni speciali, se del caso, che darà l’Ufficiale sanitario.
13) L’acqua per lavare i recipienti nei pubblici esercizi deve essere fluente.
14) Chiunque intende di fabbricare o smerciare sostanze alimentari e bevande soggette alla
vigilanza igienico-sanitario, od intende aprire un esercizio pubblico, o tener un deposito, officina o
laboratorio di cui all’art. 9, deve darne avviso almeno 15 giorni avanti l’apertura alla Segreteria
comunale che ne darà comunicazione all’Ufficio d’igiene a cura del quale sarà informato l’Autorità
Sanitaria Provinciale ove occorre.
15) L’Ufficio d’igiene esercita pure una conveniente e rigorosa vigilanza igienico-sanitario sul
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mercato settimanale, su quelli quotidiani della frutta e ortaggi, degli erbacci e sugli altri speciali di
cui agli art.49 e 70, al fine di sorvegliare la salubrità delle bevande e degli alimenti, carni e generi,
posti in vendita.
16) I mercati quotidiani speciali si terranno al largo Monte dei Pegni.
17) Il suolo del mercato bestiame, dopo sbarazzato, sarà innaffiato con latte di calce.
Sezione II – Carni animali dal macello e carni lavorate
18) La vendita delle carni d’animali da macello è regolata dalle presenti disposizioni e da quelle
altre prescritte dai vari regolamenti sanitari.
19) E’ proibito la vendita della carne di maiali e delle pecore non marcate o arrivate, di quelli di
maiali di sesso femminile non davanti alla poppa, nonché di tutte le altre carni nocive, guaste e
corrotte, e che presentino principio di fermentazione.
20) La manipolazione delle carni non può farsi in luogo chiuso, ma nella bottega stessa od un
altro luogo di facile sorveglianza.
21) I mercivendoli di carni e di sostanze animali, debbono ogni mattino, di buon’ora e prima
dell’apertura dello spaccio pubblico, lavare le panche, ove poggiano le carni e le altre sostanze
animali. Le panche suddette debbono essere di marmo, evitandosi assolutamente quelle di legno.
22) E’ vietata la fabbricazione e la vendita, sotto qualsiasi forma, di carni salate, affumicate,
dissecate, insaccate ed in qualsiasi modo preparate, quando siano imputridite e divenute rancide,
molli, di color giallo grigio e fetenti, come pure è proibito la macellazione, la lavorazione e la vendita
di carni che abbiano subito anche un principio di fermentazione, per cui siano divenute molli e
fetenti.
23) Le carni insaccate, oltre ad essere regolate dal regolamento 3 agosto 1890, sono
sottoposte altresì alle norme degli articoli seguenti.
24) Possono essere istituiti nel Comune, dietro parere dell’Ufficio d’igiene, dei laboratori di
carne, i cui locali destinati alla macellazione debbono essere esclusivamente riservati e distinti da
quelli adibiti alla lavorazione, alle meccaniche operazioni ed alla conservazione dei prodotti stessi.
25) I locali di cui sopra debbono essere costantemente puliti, ben aerati e conformi alle norme
igieniche date dall’Ufficiale sanitario.
26) I locali per la macellazione avevano dimensioni commisurate all’entità della lavorazione.
Saranno ben ventilate ed illuminati e muniti di pareti lisce, rivestite di materiale impermeabile fino
all’altezza di almeno due metri dal suolo e raccordato a sagoma curva col pavimento che sarà pure
impermeabile ben levigato e con sufficiente pendenza verso il condotto di smaltimento dei prodotti
di rifiuti liquidi e delle acque di lavatura.
27) Il laboratorio deve essere corredato di mezzi adeguati, da mettere a disposizione del
veterinario per l’immediato trattamento delle carni riscontrate insalubri, allo scopo di sottrarle ad
ogni probabilità di consumo alimentare.
28) Le stalle di sosta, annesse ai laboratori debbono rispondere alle esigenze dell’igiene.
29) All’ingresso del laboratorio sarà collocato in modo visibile al pubblico, un cartello, munito
del visto dell’Autorità comunale, indicante le specie di carni che si lavorano.
30)………omissis……
31) Nella confezione delle carni insaccate, non si potranno mescolare carni appartenenti a
specie diverse di animali, se tale mescolanza non sia stata approvata dall’Autorità sanitaria e
dichiarata in commercio nei modi cui in appresso.
32) Le intesterie degli animali adoperate per l’insaccamento delle carni, dovranno essere sane,
convenientemente lavate e disinfettate.
33) Per la preparazione dei casi dei sanguinacci, salami di fegato o salsiccia, facilmente
alterabili, in specie nella stagione estiva, non si adopereranno visceri conservati, o sangue stantio,
al di là di ore 24 dalla loro estrazione dal corpo degli animali.
34) A richiesta dell’industriale, le carni insaccate, salate o comunque preparate alle condizioni
su esposte, saranno munite di un bollo a piombo, portando da un lato il nome della Ditta e dall’altro
C.S. (carne suina) ovvero C.S.B. (carne suina mista con bovina) a seconda della loro confezione.
35) L’introduzione nel Comune della carne fresca macellata altrove e destinata a stabilimenti
industriali e spacci pubblici, sarà soggetta all’osservanza delle seguenti condizioni: a) che i pezzi
siano marcati con un timbro speciale dell’autorità del luogo di provenienza; b) che siano muniti di un
certificato vidimato dalla stessa Autorità comunale in cui si dichiari che i pezzi marcati col bollo
speciale appartengono ad animale sano e macellato in pubblico macello.
36) Quelle delle predette carni poste in vendita o ritenute nei siti di depositi che fossero
riconosciuti dai veterinari guaste od alterate con sostanze nocive saranno sequestrate o distrutte.
37) L’Autorità comunale ordinerà la chiusura di un laboratorio di carni preparate, quando
l’industria non ottemperi alle prescrizioni su indicate o vi abbia due volte contravvenuto.
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38) Chi intende aprire un laboratorio di carni insaccate per farne commercio, deve darne avviso
all’Autorità comunale almeno quindici giorni prima. Nel detto termine, l’Autorità comunale farà
eseguire un’ispezione da parte dell’Ufficiale sanitario, sul cui voto favorevole, dato per iscritto,
concedesi l’autorizzazione.
39) In caso di diniego potrà prodursi ricorso nei modi di legge.
40) Ogni laboratorio, affinché non manchi su di esso l’efficace e continua vigilanza, deve
sostenere a spese dell’interessato, l’esercizio di un veterinario diplomato, prescelto dall’Autorità
comunale.
41) La macellazione delle carni di cui all’art. 24 deve compiersi nelle ore di giorno.
42) Nell’Ufficio comunale sarà tenuto al corrente un apposito elenco di laboratori autorizzati, i
quali dovranno periodicamente essere ispezionati dall’Ufficiale sanitario.
43) Una copia dell’elenco e delle eventuali modificazioni sarà comunicata alla Prefettura per le
verifiche che il Prefetto credesse in qualunque tempo di disporre per parte del Veterinario
provinciale.
44) In ciascuna beccheria, per ciascun pezzo di carne messo in vendita, dovrà essere posto un
cartello per indicare la qualità della carne e se di vaccina od annecchia, e se congelata o
refrigerata.
45) Le carni congelate o refrigerate dovranno essere vendute in appositi spacci e portare
apposito bollo comunale con le condizioni di cui all’art. precedente.
46) Le altre specie di carni ammesse all’alimentazione pubblica, oltre che saranno vendute in
appositi spacci, dovranno portare altresì bolli o cartelli come ai precedenti articoli.
Sezione III – Carni di animali da cortile e selvaggina
47) Il veterinario comunale terrà una sorveglianza rigorosa sui volatili e sulla selvaggina che è
destinata alla pubblica alimentazione.
48) La vendita dei volatili e della selvaggina è retta dalle norme di cui agli art. 64 e 68 del
Regolamento 3 agosto 1890 e degli art. 116 e 117 del Regolamento 3 febbraio 1901.
Sezione IV – Pesci, crostacei e molluschi
49) Il mercato del pesce si tiene in apposita località determinata ai sensi dell’art. 16.
50) La vendita dei pesci, dei crostacei e dei molluschi, oltre degli articoli precedenti 8 a 17, è
retta anche dalle disposizioni dei regolamenti del 1890 e 1901.
51) Debbono essere distrutti e sequestrati, pesci conservati in aceto o in altro modo, quando
abbiano subito una fermentazione.
52) Il veterinario comunale terrà una sorveglianza speciale permanente su pesci che
s’introducono in città.
Sezione V – Latte, burro, margarina e surrogati del burro, formaggi, latticini e
creme.
53) Latte – La vendita del latte, come pure le vaccherie, sono regolate dagli articoli dei
Regolamenti 1890 e 1901; ed è fatta perciò obbligo al veterinario comunale di sorvegliarne, almeno
ogni quindici giorni, le stalle, per assicurarsi delle condizioni degli animali che si ritrovano
(rattrappivano), cioè vacche, capre ed asine lattifere, e del nutrimento ordinario agli stessi
apprestati.
54) I recipienti coi quali s’introduce il latte in città sono anche soggetti alla sorveglianza ed alla
verifica dell’Ufficio d’igiene.
55) Anche nel caso che la prova di stalla fosse favorevole al produttore o rivenditore del latte,
si potrà proibire la vendita del latte stesso, ove per alimentazione incongrue delle vacche, o per
altro motivo, il latte abbia un limite inferiore al 9% di residuo magro, ed il 3% di materia grassa.
56) Burro – La vendita e la fabbricazione del burro sono regolate dalla legge sanitaria, testo
unico 1907, e dagli articoli dei regolamenti del 1901 e 1895.
57) Margarina e surrogati – Nei negozi ove si vende il burro è proibita la vendita della
margarina e di altri surrogati, i quali sono venduti in appositi spacci con un cartello indicante la
qualità del genere. E’ regolata come sopra.
58) Formaggi e latticini – Valgono le stesse norme dell’art. 56.
59) Creme – valgono le stesse norme dell’art. 56.
Sezione VI – Pane, paste, farine, cereali e leguminose.
60) E’ vietata la vendita del pane che contenga una quantità di acqua maggiore del 36% né più
del 2% di sostanze minerali, astrazione fatta dal cloruro di sodio aggiunto per la salatura, né meno
a 9% di azoto riferito a 100 parti di sostanza secca.
61) Il pane bruno dev’essere fabbricato con farina di grani teneri depurata di non meno del
16% di crusca e cruschetta, e deve contenere non più del 37% di acqua.
250
62) Il pane deve essere cotto a dovere e deve essere ben fermentato e formato di farine sane,
non alterate o sofisticate, insalubri o nocive.
63) E’ permesso in spacci speciali o con cartelli visibili e con le norme che darà l’Ufficiale
sanitario, la vendita e paste confezionate con farine mescolate di cui siasi fatta analoga
dichiarazione all’Ufficio d’igiene, e da questo approvato.
64) La lavorazione del pane e delle paste alimentari avrà luogo con tutte le cautele di nettezza
per quanto riguarda ambienti, attrezzi, meccanismi e personale come segue: a) i locali destinati alla
panificazione saranno asciutti, ventilati, perfettamente puliti ed imbiancati, non comunicheranno con
cessi, stalle, né saranno adibiti a stanze per dormire: b) le madie saranno di pietra levigata,
metalliche o di legno; c) è vietato attendere alla panificazione incompletamente vestiti o con vesti
sudice; d) gli operai avranno apposito dormitorio; e) si raccomanda preferibilmente la lavorazione
con mezzi meccanici; f) queste disposizioni si applicano anche per la lavorazione delle paste
alimentari; g) si osserveranno le altre che saranno indicate dalle Autorità sanitarie a tale riguardo.
65) E’ permesso la vendita del pane, delle paste e delle farine con le norme di cui agli art. 120
e 124 del Regolamento 3 agosto 1890.
66) E’ vietato lo smercio di paste confezionate con materie estranee al frumento, o con
frumenti non purgati della stessa o delle pietruzze, o con farine insalubri, alterate, sofisticate o
nocive.
67) La vendita dei cereali e delle leguminose è sottoposta alle norme dei Regolamenti del 1890
e 1901.
68) E’ proibito ai negozi di alterare in qualsiasi modo le granaglie portate ai loro molini.
Sezione VII – Funghi
69) Il mercato per la vendita dei funghi si terrà ai sensi dell’art.16.
70) E’ permesso la vendita dei soli funghi mangerecci di cui alla tabella annessa al presente
regolamento, ai sensi dell’art. 120 del Regolamento 3 febbraio 1891.
71) La vendita dei funghi è altresì subordinata alle disposizione del Regolamento del 1890.
72) Le presenti disposizioni si applicano ai funghi freschi e secchi senza distinzione.
Sezione VIII – Frutta, ortaglie, erbaggi e legumi
73) Il mercato quotidiano della frutta, ortaglie, dei legumi e degli erbaggi si terrà ai sensi
dell’art. 16.
74) La vendita di questi generi è sottoposta alle disposizioni dei Regolamenti del 1890 e 1901.
75) I generi suddetti, messi in vendita, debbono, non solo essere coperti ai sensi dell’art. 12,
ma anzitutto riparati dal sole in modo che non ne precipiti la decomposizione.
76) I venditori di erbaggi, legumi ed ortaglie ed i fruttivendoli sono obbligati di accumulare gli
avanzi e le cortecce in apposite ceste da svuotarsi nei carretti dello spazzamento man mano che
sono riempiti.
77) I generi di cui nel precedente articolo debbono essere situati in banchi, in ceste, in stuoia e
simili, tenuti sempre puliti, e mai messi sulla nuda terra o sul pavimento, e ciò sia nei mercati che
nelle botteghe.
78) Le vasche di acqua potabile per il lavaggio delle ortaglie e degli erbaggi, saranno pulite a
periodo determinato dall’Ufficiale sanitario, e straordinariamente, sempre che lo creda conveniente
l’Autorità sanitaria. L’acqua in essa contenuta deve essere in ogni caso dispersa prima che
incominci a dare segno di purificazione, ed anche se è qualche tempo stagnante.
Sezione IX – Zuccherosi, limonate, gelati, gassose, ghiacci
79) Il miele, lo zucchero, i confetti, i preparati di zucchero in genere, gli sciroppi, i canditi, la
marmellata, le polpe, i succhi vegetali, sono regolati per la fabbricazione e la vendita dai
Regolamenti del 1890 e 1901.
80) Le limonate, i gelati, le acque gassose, l’acqua di seltz sono regolate dagli articoli di cui
sopra.
Sezione X – Conserve alimentari ed uova
81) La fabbricazione e la vendita delle conserve alimentari, sono regolate dai Regolamenti del
1890 e 1901.
82) La vendita delle uova è regolata dal Regolamento del 1890.
Sezione XI – Birra ed aceto
83) La fabbricazione e la vendita della birra sono regolata dai Regolamenti del 1890 e 1901.
84) Lo stesso vale anche per l’aceto.
Sezione XII – Vini, spiriti e bevande alcoliche
85) Sono permesse le vendite di vino fuori la cinta della città e gli aggregati abitati dalle
frazioni, purché l’esercizio non possa sfuggire alla vigilanza igienico-sanitario.
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86) Per la vigilanza igienica sui vini e delle bevande alcoliche saranno osservate le disposizioni
degli articoli previsti dai Regolamenti del 1890, 1900 e 1901.
Sezione XIII – Grassi animali e vegetali
87) La vendita di queste sostanze è regolata dagli articoli dei Regolamenti del 1890 e
1901.
Sezione XIV – Sostanze varie
88) La vendita di caffè, del the, del cioccolato, delle droghe, delle spezie e dei coloniali in
genere, è regolata dagli articoli dei Regolamenti del 1890 e 1901.
89) Come pure le suppellettili da cucina, gli involucri metallici, le profumerie, i cosmetici, i
dentifrici e petroli.
Sezione XV – Carta da avvolgere
90) La carta da avvolgere sostanze alimentari è regolata, oltre dagli articoli del Regolamento
del 1901, dalle altri seguenti: a) è vietato negli spacci di sostanze alimentari avvolgere le sostanze
medesime con carta stampata, usata o manoscritta o con carta la quale contenga sostanza o colori
nocivi, o che ceda facilmente il colore; b) è vietato parimento usare carta contenente gesso, caolino
o qualunque altra sostanza che si presti a frode nel peso in modo da superare i seguenti limiti di
tolleranza, cioè il peso di un grammo per ogni decimetro quadrato di carta, e del tipo di sostanza
minerale per la carta di celluloide bianca o colorata, e del 2% per la carta di paglia o pasta di legno.
Sezione XVI – Confezione dei generi
91) Sempre quando si verifica la contravvenzione di sostanze alimentari, o bevande indicate
nel capo II del presente regolamento, i generi saranno confiscati e distrutti, nei modi e cole forme
prescritte negli articoli seguenti, e salvo i procedimenti a carico del contravventore e le altre
disposizioni stabilite dalle leggi e dai regolamenti sanitari in generale.
92) Qualora all’atto della visita fata dai vigili sanitari, si trovassero sostanze invendibili, guaste
od alterate, si potrà provvedere sul posto alla distruzione immediata dei generi sequestrati purché
l’avaria di essi sia riconosciuta dagli esercenti stessi.
93) Quando sorge contestazione sulla qualità di una sostanza sottoposta a sequestro dai vigili
sanitari, l’esercente ha facoltà di richiedere che essa sia trasportata all’Ufficio d’igiene per essere ivi
sottoposta a verifica inappellabile di controllo da parte dell’Ufficiale sanitario.
94) Tanto il consenso alla distruzione che la contestazione debbono risultare dall’apposito
verbale che gli Agenti e l’Ufficiale hanno l’obbligo di redigere in tutti i casi di sequestro di generi o di
accertamento di contravvenzione di cui agli articoli precedenti 92 e 93.
Sezione XVII – Servizi d’ispezione
95) Il servizio d’ispezione igienico-sanitario è retto dal regolamento 6 luglio 1890.
96) I vigili sanitari comunali, con distintivo, saranno addetti in permanenza alla dipendenza
dell’Ufficio d’igiene per ispezioni di vigilanza igienico-sanitaria; è per l’esecuzione materiale delle
disposizioni che crederà impartire l’Ufficiale sanitario ed il Sindaco.
97) I medici condotti, a richiesta dell’Ufficiale sanitario, approvata dal Sindaco, sono tenuti a
coadiuvare l’Ufficio d’igiene nei servizi d’ispezione e vigilanza igienico-sanitaria, nei casi di cui agli
articoli stabili dalle leggi in vigore.
98) Gli agenti daziari sono obbligati a denunciare immediatamente all’Ufficio d’igiene qualsiasi
tentativo di immissione nella cinta daziaria di generi sospetti di alterazione, sofisticati, insalubri,
adulterazione, ecc.
99) Tenuta presente l’importanza grandissima del mercato settimanale della città, il veterinario
comunale passerà una visita sanitaria a tutti gli animali prima di permettere l’ingresso nel mercato
medesimo.
Capo III – Macello e carni
100) Il macello comunale pubblico contiene: a) un ammazzatoio per buoi, vacche, vitelli, bufali;
b) un ammazzatoio per gli animali ovini e caprini; c) una ammazzatoio per maiali; d) un locale
destinato alla lavatura delle interiore degli animali macellati; e) una stalla di sosta per animali bovini;
f) un altra per i maiali; g) un’altra per gli ovini e caprini; h) un locale specialmente destinato per
l’ammollamento del merluzzo secco, del baccalà e simili; i) un locale per spanditoio; k) un locale per
la distruzione degli animali o parti di essi che non siano atti alla vendita; l) un sotterraneo pel
deposito delle carni macellate; m) un locale per il custode; n) un altro per l’ufficio d’amministrazione
e d’ispezione.
101) La direzione e l’ispezione sanitaria del macello sono affidate esclusivamente al veterinario
comunale.
102) Il veterinario comunale, oltre quanto è indicato negli articoli 99, 101 e 323, deve: a)
adempiere a tutti quegli obblighi che sono imposti dalle leggi e dai regolamenti sanitari, nonché del
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presente regolamento igienico e dal relativo capitolato di nomina e col diritto ai sessenni di cui
all’art. 256; b) prestare la sua opera gratuita per gli animali dei poveri iscritti nell’elenco di cui all’art.
257; c) trovarsi in ufficio come è stabilito per l’Ufficiale sanitario all’art. 7, dopo le occupazioni del
macello o di altri doveri ai sensi di legge e dei regolamenti.
103) Il macello rimarrà aperto tutti i giorni, meno la domenica, dalle sette alle 14 di estate e
dalle 8 alle 14 d’inverno. Potrà pure anticiparsi l’ora dell’apertura di esso o ritardarne quella della
chiusura del custode, quante volte sia ciò stato ordinato del Sindaco.
104) Per la macellazione l’orario è stabilito dalle 8 alle 11 in ogni stagione ed in tutti i giorni in
cui il macello è aperto, ed il martedì ed il sabato poi l’orario si proterrà fino alle ore 12. Il Sindaco
inteso il veterinario stabilirà uno speciale turno di macellazione in casi straordinari.
105) Soltanto i maiali che servono esclusivamente per proprio consumo privato, potranno
macellarsi nell’interno delle case, salve perentori avvisi di 24 ore al veterinario comunale, che avrà
diritto al compendio di lire due per capo, oltre le spese di trasporto per le frazioni.
106) Le bestie da macellare saranno presentate al macello, dove prima di passare
all’ammazzatoio, saranno visitate nella stalla di sosta dal veterinario comunale, quindi si rilascerà ai
conduttori di esse, per ogni capo o per ogni mandria, secondo i capi, una bolletta il cui numero
progressivo definirà il diritto di precedenza alla macellazione.
107) In caso di disparere tra il veterinario incaricato per la verifica delle bestie da macellare o
delle carni macellate, ed il proprietario di esse, la questione sarà decisa dal Sindaco ai sensi di
legge.
108) L’ufficio del macello terrà in corrente un registro, nel quale saranno distintamente segnati
con ordine di numero e di data, gli animali, dei quali si autorizza la macellazione, il risultato della
visita fatta nel macello dal veterinario, il discarico degli animali respinti dal macello dietro la visita e
ciò per controllo delle eseguite disposizioni.
109) Durante la macellazione si dovranno tenere chiusi gli usci del macello, ed è proibito alle
persone estranee potersi introdurre. E’ poi vietato nei modi assoluti l’ingresso nel pubblico macello
alle persone di età inferiore agli anni 14.
110) E’ vietato assolutamente condurre cani nel macello senza eccezioni.
111) Appena ammazzati gli animali di qualunque specie sospesi e sparati, se ne ritireranno gli
intestini, che a cura dei mandrieri o trippaiuoli che ne abbiano appunto l’incarico, saranno trasportati
con decente e pulite carriole nel locale del macello, destinato alla natura di essi.
112) Il sangue delle bestie macellate sarà raccolto in tinozzi o recipienti ben puliti di altrui
pertinenza, i quali dovranno essere fatti in modo che il sangue non sgocciola e non cola sul tavolo,
e possa essere trasportato ben chiuso fuori dal macello. Tale operazione sarà eseguita a cura e
spesa dei rispettivi proprietari nel corso della giornata in cui l’uccisione sarà avvenuta. Decorsa la
giornata il sangue si riterrà per abbandonato, ed il Comune ne resterà padrone, disponendone a
suo piacimento a norma di legge.
113) Gli animali bovini non potranno essere appesi pei tendini (cordoni) delle gambe, prima
che abbiano cessato di dare ogni sintomi di vita.
114) Se qualche bestia si troverà pignorante, il veterinario si regolerà secondo i modi indicati
nel Regolamento speciale del 1899, che regola questo servizio delle carni di animali da macello.
115) Il veterinario comunale curerà delle scrupolose visite negli spacci pubblici di carni, acciò
quelle invendute non vadano soggette a principi di putrefazione od alterazione per cui se ne
proibisce la vendita.
116) Le pelli delle bestie macellate sono sottoposte per l’immissione o meno nella città a
speciale ordinanza del Sindaco, avendo per base tale ordinanza la classe a cui appartiene la
fabbrica della concia delle pelli, ai termini della legge del 1907.
117) I maiali destinati alla pubblica vendita, divisi in due pezzi, saranno trasportati nello
spanditoio e sospesi ai rispettivi uncini, dove resteranno quel tempo che sarà necessario per far
acquistare alle carni la debita consistenza. Dopo di che ciascuno esercente curerà pel trasportare i
pezzi di sua pertinenza fuori del macello.
118) I maiali non potranno essere in altro modo scottati per la depilazione che con l’acqua
calda fornita dal Macello.
119) I posti nelle stalle di sosta saranno assegnati ad ogni beccaio o proprietario di bestie, dal
custode del Macello, e le bestie saranno mantenute e governate a cura dei rispettivi proprietari, ai
quali incombe altresì l’obbligo della fornitura della paglia occorrente per la giacitura dei propri
animali.
120) Il letame delle stalle di sosta, dei locali di deposito ed in generale dell’intero Macello, è
dovuto al Comune, il quale a proprio spese e cura dovrà farlo levare e depositare nel rognone od in
altro locale a ciò destinato.
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121) Nella stalle destinate alle bestie da macello non potranno essere ammessi gli animali da
tiro, né bestie di qualsiasi genere.
122) Non è permesso lasciare vagare le bestie che si dovranno macellare nell’interno del
Macello, ne attaccarle ai cancelli del medesimo o in alcun altro modo fuori delle stalle. Soltanto le
bestie indomite potranno essere tenute libere, ma nell’apposti recinto. Gli animali da tiro dovranno
essere legati agli anelli destinati a tale uso.
123) Niuno potrà entrare nel Macello, cosi di giorno come di notte senza licenza del custode,
eccettuati gli agenti daziari o della forza pubblica, nonché le Autorità comunali ed il personale
dell’Ufficio d’igiene.
124) Non sarà permesso l’entrate nel Macello a chi si trovasse nello stato di ubriachezza o con
abiti sudici e cenciosi.
125) E’ vietato guastare in modo qualsiasi alcuna parte del Macello e gli oggetti ad esso
appartenenti; scrivere, far tracce o disegnare con qualsiasi mezzo su qualunque muro, parete od
altro punto del locale, applicare candele contro i muri, piantare coltelli, chiodi od altri arnesi nelle
pareti, od in altra parte del detto Macello.
126) Ogni esercente sarà tenuto di procedere alla macellazione dei propri animali, evitando
qualsiasi disordine e curando la massima pulizia del locale.
127) E’ vietato ai macellai, trippariuoli, lavoranti e garzoni uscire dagli ammazzatoi o dalle altre
località e circolare per il Macello con coltelli od altri strumenti offensivi in mano, ancorché del
mestiere. Tali strumenti dovranno essere lasciati nei locali di esercizio.
128) Le persone sopra indicate non potranno mostrarsi nel pubblico Macello con abiti laceri e
sudici, ma dovranno portare un camice sopra di essi con corrispondente cappuccio, sempre
decente e pulito.
129) Sono vietate nell’interno del Macello i canti, le grida clamorose e gli atti contrari alla
decenza ed al buoncostume, e qualunque atto di crudeltà contro le bestie.
130) Tutti gli utensili ed attrezzi mobili, appartenenti all’Amministrazione, saranno inventariati in
ciascuno locale e dati in consegna al custode che ne risponderà. Copia dell’inventario sarà tenuta
dentro l’Ufficio d’igiene e della Segreteria comunale.
131) E’ dovere di ogni macellaio o tripariuolo di lasciare in perfetta nettezza, dopo averne fatto
uso, tutti gli arnesi adoperati, siano essi propri o dell’Amministrazione.
132) I mandriani dovranno completamente pulire con copiosi lavacri il rispettivo ammazzatoio,
e tale obbligo avranno pure i trippariuoli in quanto a, locale assegnato.
133) Sarà permesso tenere di tendere insidie ai topi, agli insetti e ad ogni altri animale
dannoso, soltanto con mezzi meccanici. E’ proibito di far uso a questo uopo, di polveri ed altri
preparati, in cui entrano materie velenose, combustibili od altrimenti pericolose.
134) L’immissione nella cinta daziaria della carne macellata fresca in altri Comuni e destinata
agli spacci pubblici, sarà permessa soltanto per le seguenti barriere: Via Napoli, Starza, Ponte
Carolino, Corso Campano, e nelle ore in cui sono permesso le operazioni daziarie e sia aperta il
pubblico Macello, ove debbono portarsi le carni, per potersi eseguire la visita sanitaria.
135) La carne macellata fresca immessa nell’interno del Comune, come pure la congelata o
refrigerata, per uso privato, è permesso in quantità non superiore ai chili 5, mentre per quella di
maiale e le carni minute di cui la quantità da introdursi non è limitata.
136) Sono considerati come parti di bestie e saranno sottoposte alla visita sanitaria le teste, i
piedi, le trippe e glia arti inferiori freschi e non preparati.
137) Le carni congelate o refrigerate per uso pubblico introdotte nel Comune sono sottoposte
alle medesime norme di cui art. 134.
138) Le carni che risultassero infette o provenienti da animali morti, saranno assoggettate allo
trattamento di cui all’art. 91 del presente regolamento.
139) Gli agenti daziari di servizio alle barriere della Città, sono nell’obbligo di fermare gli
esportatori delle carni suddette ed avvertire immediatamente gli agenti comunali senz’eccezione di
sorta alcuna.
140) E’ proibito espressamente la macellazione degli equini e la loro immissione nella cinta
daziaria sotto qualsiasi pretesto, restando cosi pure proibito l’suo della mescolanza della carne
suddetta nella confezione delle carni insaccate.
141) Nell’interesse della pubblica igiene, dovendosi preparare fuori l’abitato il merluzzo secco,
il baccalà e simili, gli industrianti dei suddetti commestibili, hanno espresso obbligo di preparare e di
ammollare detti generi nel pubblico Macello e nella località per tale ammollimento e lavatura
destinata, sala preventiva visita dell’Ufficio d’igiene.
142) Conseguentemente, tutti i venditori di baccalà e simili i quali si trovino nel caso
contemplato nell’articolo precedente porteranno, secondo i bisogni, i pezzi secchi di esso al
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macello, e, dopo seccati e numerati, li deporranno nella vasca d’acqua che loro sarà additata dal
custode, per quanti giorni sarà necessario, resteranno immersi e non saranno ritirati se non ben
lavati, stante il cambio continuo dell’acqua e sufficientemente ammolliti.
143) Per l’esecuzione del precedente articolo e per modalità della immersione nell’acqua dei
suddetti generi sarà preceduta con apposita ordinanza.
144) Il custode dipenderà dagli ordini dell’Autorità comunale nonché dal veterinario comunale e
le sue principali attribuzioni sono quelle di vegliare all’esatta osservanza di tutti le prescrizioni
contenute nel presente Regolamento che riguardano il Macello e di quelle altre che gli fossero
indicate dall’Autorità comunale e dal veterinario.
145) L’inserviente attenderà a tutti i lavori materiali che gli saranno ordinati dall’Autorità
comunale, dal veterinario e dal custode pel servizio del Macello. Egli è specialmente incaricato della
nettezza dei locali ove dimorerà in permanenza.
146) Tutti gli animali vaccini, i castrati, i capretti e gli agnelli potranno macellarsi in ogni tempo
dell’anno.
147) Potranno macellarsi, col permesso del Sindaco inteso l’Ufficiale sanitario, le pecore ed i
caprini nei soli mesi di luglio ed agosto, le capre e le bufale dal mese di settembre a tutto il 10
novembre, ed i maiali dal mese di ottobre a tutto il 15 marzo.
148) In caso di malattie epidemiche o contagiose, il Sindaco inteso, l’Ufficiale sanitario, potrà
non permettere la macellazione e lo smercio di carni di taluni animali per determinato tempo.
149) Le carni macellate di cui siasi permesso la vendita al pubblico, o l’introduzione di cui agli
artt. .134, 136 e 137, nonché il baccalà od altro pesce salato di cui all’art. 141, saranno muniti di
appositi bolli dell’Ufficio igienico comunale, dopo accurata ispezione.
150) Per il trasporto delle carni e delle pelli d’animali macellati e per qualsiasi altra disposizione
che lo interessi il macello e le carni non indicate nel presente regolamento, si osserveranno i
regolamenti speciali del 1890 e 1901.
151) L’Amministrazione daziaria è tenuta ad avvisare rapidamente il veterinario comunale
dell’immissione nella cinta daziaria d’animali macellati o parti di essi e d’animali entrati nel mercato
non preventivamente visitati dal veterinario.
152) Nel Macello, sotto il controllo dell’Autorità sanitaria, dovranno bollirsi quelle carni che
affette da tubercolosi circoscritta possono essere vendute a bassa macellazione. Come pure le
carni non atte al consumo, ma a scopo industriale saranno utilizzate con quelle norme che darà il
Sindaco, sulla proposta del veterinario ed ai sensi di legge e dei regolamenti.
Capo IV – Sezione I – Norme generali
153) Circa la salubrità del suolo e delle abitazioni saranno operate le disposizioni prescritte
dalla legge, dai regolamenti sanitari, dal presente regolamento, dalle Istruzioni ministeriali, che
s’intendono far parte del presente regolamento e dei regolamenti di edilizia e polizia urbana.
154) L’Ingegnere comunale curerà, alla dipendenza dell’Ufficiale sanitario, quanto riguarda
l’ingegneria sanitaria in tutti i rapporti con l’igiene, ed in forza delle disposizioni di cui al precedente
articolo.
Sezione II – Pulizia igienica delle acque superficiali
155) Ai sensi dell’art. 58 del regolamento del 1901, le norme circa le opere da farsi per dare
scolo alle acque del sottosuolo e la pulizia igienica di quelle superficiali, sono indicate dagli art. 1 a
6, 16, 17, 18, 21, 22 delle sopraccitate istruzioni.
156) E’ assolutamente vietato di formare in qualunque sito del territorio del Comune acque
stagnanti, in qualunque modo e quantità.
Sezione III – Delle case
157) In merito al Regolamento sanitario del 1901, le o parte di esse, nuove o rifatte, non
possono essere abitate se non siano dichiarate abitabili dal Sindaco, sentito l’Ufficiale sanitario,
prima che siasi ottemperato altresì alle disposizioni sancite nel presente regolamento locale.
158) Per l’effetto, di cui ai precedenti articoli, il proprietario di una casa, di un piano o di una
stanza di nuova costruzione, dovrà denunziare il compimento al Sindaco che, inteso l’Ufficiale
sanitario, rilascerà apposito certificato dalla cui data cominceranno a decorrere i termini fissati per
opera dichiarata abitabile. Il Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, potrà prolungare i detti termini, se
per opposte circostanze il tempo prefisso risulterà insufficiente a cautelare la salubrità delle
abitazioni, salvo in ogni caso il reclamo all’Autorità superiore.
159) Per le case già costruite è in facoltà del Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, di procedere
ad ispezione interna delle case stesse, sempre, quando vi fossero case d’insalubrità e o previo
avviso da darsi al proprietario. Nel caso che da tale ispezione risultasse che mancano le condizioni
igieniche prescritte dalla legge e dai regolamenti e si riconoscesse la necessità di provvedimenti per
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rimuovere le cause d’insalubrità, il Sindaco prescriverà le opere da farsi secondo le norme che
indicherà l’Ufficiale sanitario con apposita ordinanza.
160) Le case sottoposte oltre un metro alle pubbliche vie, non possono in alcun modo essere
adoperate per abitazioni di uomini, essendo i locali per abitazioni sottoposti alle norme cui agli art.
58 e 66 delle cennate istruzioni.
161) Tutti i proprietari di case sono tenuti di far restaurare e ripulire le mura esterne di esse, i
cortili e le giardinate, sempre quando si fossero logorati o maltrattati, e quelle case che non sono
rivestite di stucco liscio, bianco colorato, debbono essere imbiancate ogni cinque anni.
162) In caso di malattie epidemiche e contagiose, il Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario,
disporrà con apposita ordinanza l’immediato restauro, ripulimento ed imbiancamento o scoloramenti
di tutte le mura esterne dell’abitato.
163) I cosiddetti bassi, sottoscale e pianterreni per abitazione debbono essere imbiancati
internamente ed esternamente in ogni anno.
164) Tutte le case di abitazione debbono comunicare con l’esterno in maniera da non esservi
difetto di aria, ed i particolari e gli annessi di esse sono regolati dagli art. 67 a 71 e 73 a 80 delle
istruzioni citate.
165) Ciascuna casa d’abitazione deve essere forniti di tubi fumari o camini proporzionati al
focolaio, forni o fornello.
166) I tubi o camini di cui all’articolo precedente, debbono aver le bocche di emissione
all’altezza di un metro almeno sopra il tetto ed alla distanza di tre metri dalle finestre o terrazzi delle
vicine abitazioni. Qualora questa distanza non possa serbarsi, le stesse bocche debbono elevarsi di
un metro al di sopra di dette finestre o terrazzi. Ove si tratti di fumo derivante anche da carbon
fossile purificato, dovranno i tubi essere condotti ad un’altezza che superi almeno un metro e
mezzo il tetto più elevato delle case e edifici circostanti per un raggio di m. 50.
167) Qualora, nonostante quanto è prescritto nel precedente articolo, le esalazioni ed il fumo
riuscissero di grave incomodo ai vicini, potrà il Sindaco, sentito l’Ufficiale sanitario, prescrivere
quelle maggiori cautele e distanze che fossero del caso.
168) Dovrà essere notificato all’Ufficio d’igiene il consenso ottenuto dall’Autorità edilizia
comunale per costruzioni nuove, ricostruzioni, riadattamenti di edifici e per qualsiasi lavoro
interessante la fognatura domestica, o la provvista d’acqua, per gli effetti degli art. 35, 36 e 37 delle
istruzioni indicate.
169) Tutto quanto è presente negli articoli precedente per le case di abitazioni e per l’igiene del
suolo e dell’abitato di cui all’art. 153, si estende alle case tanto urbane che rurali.
170) Le fondazioni degli edifici sono sottoposti alle norme di cui agli art. 53 e 57.
Sezione IV – Del suolo pubblico
171) I piani regolatori degli aggregati urbani sono governati dagli art. 24 e 29 delle istruzioni
indicate.
172) L’orientazione delle strade è retta dall’art. 30 delle cennate istruzioni.
173) La larghezza delle strade e la pavimentazione delle stesse sono regolate dagli art. 31 e
32 delle istruzioni indicate.
174) I terreni scoperti di proprietà privata, come vie, piazze, cortili ed altro, sono regolate dagli
art. 42 a 51 delle citate istruzioni.
Sezione V – Acque immonde e rifiuti domestici
175) Le acque immonde, le acque domestiche di rifiuto, i residui di cucina ed i rifiuti in genere,
sono regolati dagli art. 102 a 111 delle istruzioni citate.
176) I cessi, le latrine ed i pozzi neri sono sottoposti alle norme degli articoli seguenti e degli
art. 102 a 11 delle indicate istruzioni.
177) Cessi, latrine e pozzi neri debbono essere dai rispettivi proprietari espurgati almeno una
volta l’anno. Tale espurgo si eseguirà nelle ore notturne e solo dal 1° novembre a tutto marzo,
secondo le norme che per il caso detterà l’Ufficiale sanitario.
178) Occorrendo d’allontanarsi dal prescritto delle disposizioni del precedente articolo, spetta
al Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, assegnare le norme e cautele da seguirsi, verificando
l’urgenza del caso.
179) Almeno 12 ore prima di procedersi allo svuotamento dei cessi, latrine e pozzi neri, i
proprietari dovranno disinfettare le materie con soluzioni disinfettanti in quantità bastante e secondo
le norme che darà l’Ufficiale sanitario.
180) Le materie provenienti dall’espurgo di cessi, latrine e pozzi neri, debbono essere
trasportate entro botti coverte, od in altro modo che non esali fetori nei letamai posti fuori dei luoghi
dell’abitato, determinati dall’Autorità comunale, ove saranno messe e ricoverte di terra.
181) Compiuto l’espurgo si dovranno sciacquare i muri e selciati che fossero rimasti imbrattati
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di materie immonde, con le stesse soluzioni disinfettanti.
182) Gli orinatoi, dove esiste pubblica cloaca, debbono con appositi cunicoli aver sfogo in essa.
In difetto le acque raccolte nei medesimi debbono essere condotte in appositi pozzetti, costruiti in
modo impermeabili ed alla distanza di m. 10 dai pozzi e condotti di acqua viva.
Sezione VI – Case rurali
183) La vigilanza sulle costruzioni ed abitabilità delle case rurali è regolata dagli art. 114 e 129
delle cennate istruzioni e dal regolamento del 1906.
184) I particolari e gli annessi delle case rurali, come pure i relativi abbeveratoi, il letame, le
stalle, gli ovili, i porcili, gli acquai, le latrine, le vinaie ed altro, sono regolati dagli art. 126 a 136 delle
cennate istruzioni.
Sezione VII – Particolari ed annessi alle case
185) Il sindaco potrà costringere i proprietari delle case, sull’istanza degli inquilini, a fare gli
occorrenti lavatoi, cessi e latrine, tutte le volte che ne avvisi la necessità, ai sensi dell’art. 176.
186) I lavatoi suddetti saranno costruiti e tenuti seconda le norme che darà l’Ufficiale sanitario.
Sezione VIII – Nettezza pubblica
187) Le latrine pubbliche e gli orinatoi pubblici debbono essere lavati giornalmente con molto
acqua ed almeno tre volte la settimana con soluzione disinfettante, indicata dall’Ufficiale sanitario.
188) Sono proibiti gli scarichi ed i depositi di acque immonde, d’immondizia, di rifiuti in genere,
di liquidi di rifiuto domestico ed industriali, e di qualunque altra materia insalubre, nauseante o
putrefattibile, nei recinti dei luoghi abitati e negli adiacenti cortili e giardini, ed anche nell’interno
delle case o fabbriche, ai sensi dell’art. 113 delle istruzioni suindicate e dal regolamento del 1901.
189) E’ vietato tenere dentro l’abitato mandrie e greggi di animali vaccini, ovini e suini, ed
anche semplicemente stalle per detti animali.
190) E’ proibito crescere maiali nell’abitato per farne industrie.
191) Le stalle e le scuderie che vogliosi tenere nell’abitato, debbono essere mantenute dai
rispetti padroni con la massima nettezza, onde la salubrità dell’aria circostante non resti alterata
dall’esalazione dei letami, ai sensi degli art. 71 e 75 delle istruzioni citate.
192) Lo stallo delle stalle di cui all’articolo precedente deve essere tolto almeno due volte la
settimana nei mesi invernali da novembre a marzo, ed ogni due giorni negli altri mesi, e dev’essere
trasportato fuori l’abitato appena tolto, siccome è presente per le altre immondizie di cui all’art. 80.
193) In caso di epidemia o malattie contagiose, il Sindaco, senti l’Ufficiale sanitario, con
apposita ordinanza potrà prescrivere il nettamente delle stalle e trasporto giornaliero dello stallo e
del letame, ed anche ordinare la chiusura delle stalle ove occorre.
194) Le piazze e strade, ed in generale tutti i luoghi aperti al pubblico e loro dipendenze,
debbono essere mantenuti sempre ben netti e puliti.
195) E’ vietato gettare nelle pubbliche strade e nei luoghi prossimi all’abitato, acqua di
qualunque specie ed altre materie che possono cagionare fango e diffondere perniciose e fetide
esalazioni o lordare il suolo pubblico.
196) E’ vietato fare immondizia, stercorare ed orinare nelle strade, piazze ed altri luoghi aperti
al pubblico, provvedendosi dal Comune con latrine ed orinatoi pubblici a questi bisogni.
197) Per il facile e pronto scolo di acque meteoriche nelle strade, piazze ed altri suoli di uso
pubblico, e per la pulizia di dette strade, piazze e suoli, è obbligo dei proprietari ed inquilini di tener
sempre netti e puliti i cessi, i lavatoi, i cortili, gli anditi, le scale, i vestiboli di porte, nonché i
marciapiedi ed i laterali ai sensi degli art. 33 e 34 delle istruzioni citate.
198) Lo spazzamento pubblico deve praticarsi prima dell’albeggiare secondo le norme che
darà l’Ufficio sanitario ad osservanza dell’art. 112 delle indicate istruzioni.
199) Le immondizie di qualunque specie saranno ammonticchiate accanto alla porta d’ingresso
della bottega, del magazzino o della casa d’abitazione, sia sulle vie sia nei cortili, per essere
raccolte dagli spazzini comunali, mercè appositi carrettini, in diversi periodi della giornata.
200) Le immondizie di cui agli art. 197 e 199 debbono essere radunate e conservate dai privati
in appositi recipienti fin al passaggio dei carretti comunali che le raccoglieranno e le trasporteranno
via. L’Ufficio d’igiene darà le norme per i recipienti suindicati, i quali appena vuotati nei carretti,
saranno immediatamente ritirati nell’interno dell’immobile.
201) Il trasporto delle immondizie di qualunque specie, salvo il disposto dell’art. 180, deve farsi
secondo le norme che darà l’Ufficiale sanitario per gli effetti dell’art. 198.
202) Qualunque trasporto di materie immonde deve farsi in modo che esse non possano
disperdersi anche in minima quantità.
203) Tutte le immondizie di qualunque specie, salva quelle di cui all’art. 205, debbono essere
trasportate in campagna, alla distanza non minore di m. 250 fuori l’abitato, e di m. 50 lungi dalle
pubbliche strade.
257
204) Il sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, potrà concedere l’uso dei letamai fatti a mente
dell’art. 92 delle indicate istruzioni, i quali sono sempre posti fuori l’abitato secondo l’articolo
precedente.
205) Le materie provenienti dallo spurgo di pozzo neri e latrine non potranno essere depositate
a distanza minore di 500 m. dalle abitazioni agglomerate, di m. 250 ad ogni abitato isolato, e di m.
150 dalle pubbliche strade.
206) Trasportate le immondizie in campagna, è proibito ammonticchiarle all’aria libera.
Volendosi esse conservare, debbono essere mese in letamai ai sensi dell’art. 203.
207) L’Ufficio d’igiene stabilisce, secondo i singoli casi, i luoghi ed i depositi di immondizie,
rifiuti ed altre materie insalubri di cui all’art. 188, ed operante le distanze di cui agli art. 203 e 205.
208) E’ vietato gettare nelle vie e sulle piazze avanzi di qualsiasi genere.
209) E’ proibito gettare nelle caditoie o feritoie stradali, orine, fango, immondizie ed altro che
potrà ostruire od infettare i corsi sottoposti.
210) E’ assolutamente vietato di gettare dalle abitazioni la benché minima cosa sulle pubbliche
vie e sui cortili interni, i quali saranno tenuti a mente degli art. 51 e 52 delle istruzioni citate.
211) E’ proibito di asciugare biancheria, lingeria e tessuti in genere, sulle vie, sulle finestre, sui
balconi o sulle terrazze prospicienti sul suolo pubblico.
212) Non si possono scuotere, sbattere o spolverare sulle strade, sulle finestre, sui balconi o
sulle terrazze prospicienti sul suolo pubblico, i tappeti, gli abiti ed i tessuti in genere.
213) E’ vietato sbattere la lana dei materassi in luoghi aperti al pubblico.
214) E’ vietato ai raccoglitori e ricettatori di stracci, ossa e simili rifiuti, nonché ai venditori
ambulanti di commestibili, di bevande, frutta, ortaglie e di qualunque altro genere, abbandonare sul
suolo pubblico alcun residuo di rifiuti di qualunque natura.
215) E’ vietato a chiunque fare cernita d’immondizia che momentaneamente si trovasse
accumulata sulle strade per essere rimossa ai sensi dell’art. 199.
216) L’inaffiamento pubblico è fatto a spese del Comune con norme che darà il Sindaco, inteso
l’Ufficiale sanitario.
Sezione IX – Industrie e mestieri insalubri, incomodi e rumorosi
217) Tutte le camere terrene, nelle quali si deve tenere sia costantemente, sia ad intervalli, il
fuoco per l’esercizio di mestieri ed industrie, arte e simili, debbono essere costruite a lamia, con
focolai, cappa e tubi fumari, proporzionati al bisogno e ben dipinti, secondo le norme che darà
l’Ufficiale sanitario. Ai tubi e camini da fumo suddetti si applica il disposto degli art. 165, 166 e 167.
218) Per tutte le manifatture e fabbriche esistenti nel Comune o che andranno a stabilirsi, e che
non soddisfacessero a tutte le condizioni di salubrità, provvederà il Sindaco, sentito l’Ufficiale
sanitario, osservando le norme che saranno indicate dall’Autorità superiore, tenendo presente le
classi cui appartengono, ai sensi delle legge, testo unico, 1907.
219) In caso di ricorrenza di malattie epidemiche o contagiose, il Sindaco, sentito l’Ufficiale
sanitario, con apposita ordinanza, impedirà temporaneamente l’esercizio delle industrie esistenti
nell’abitato, che si crederanno nocive alla pubblica salute.
220) Nelle fabbriche e manifatture propriamente dette, e negli stabilimenti industriali in
generale, saranno osservate non solo le disposizioni indicate nel presente Regolamento, ma anche
quelle legislative circa l’impiego delle donne e dei fanciulli, sull’incolumità fisica degli operai, sugli
infortuni sul lavoro ed altre che abbiano rapporti con la pubblica igiene.
221) I maniscalchi non possono stare nei centri abitati del Comune e sono obbligati a lavare
pulitamente il terreno e spazzarne gli escrementi. Essi inoltre debbono avere il focolaio, siccome è
prescritto nell’art. 217 e tenere la bottega ai sensi dell’art. 324.
222) Le industrie ed i mestieri insalubri saranno esercitati nei modi e nelle forme prescritte dagli
art. 217, 218 e 219 del presente Regolamento, ed ai termini dell’art. 68 della legge e con quelle
cautele che saranno inoltre indicate dall’Ufficiale sanitario.
223) Il trasporto di cenci non lavati, delle pelli di animali macellati, di ossa o di avanzi di
macello, deve farsi in cesti ben chiusi, o in furgoni coverti.
224) E’ proibito la piantagione e coltivazione della canapa e del lino negli orti, giardini e
canapini adiacenti all’abitato ed alla distanza non minore di 150 m. dalla periferia dello stesso.
225) E’ proibito ugualmente di trasportare per l’interno dell’abitato canapa o lino di fresco
macerato e non perfettamente asciugato. Come pure è proibito farne deposito nell’interno
dell’abitato ed a distanza minore di 150 m. dallo stesso, nonché maciullarlo nelle strade dell’abitato.
226) E’ proibito di stendere nell’abitato ed alla distanza minore di m. 100 dalla periferia dello
stesso, ogni sorti di pelli, cuoiame verdi, interiori di animali, borelli di bozzoli ed altri oggetti fetenti.
227) E’ pure proibito di tener nell’interno dell’abitato depositi di mobili vecchi, ossa, rifiuti, cenci
e panni vecchi, dovendo tali depositi stabilirsi nelle strade fuori l’abitato, indicate dalla Giunta
258
comunale, inteso l’Ufficiale sanitario ed ai sensi dell’art. 324.
Sezione X – Norme varie
228) Gli abbeveratoi pubblici per animali si reggono con le norme degli art. 97 e 98 delle
suindicate istruzioni.
229) E’ proibito tenere polli ed animali domestici vaganti per le vie interne dell’abitato.
230) I lavatoi pubblici saranno tenuti con quelle norme igieniche che sono indicate dagli art. 99
a 101 delle cennate istruzioni.
Capo V – Dell’acqua potabile
231) E’ vietato espressamente di lordare od in qualunque modo corrompere le acque
pubbliche, come pure è vietato di lavarsi biancheria, verdure ed altro, salvo in quell’acqua che è
destinata a tale uso dal Comune, i teso l’Ufficio d’igiene.
232) Non possono essere stabilite superiormente ai siti ove si attinge l’acqua potabile tintorie,
concerie ed altre officine di simile genere, capaci di alterare la buona qualità delle acque.
233) I pozzi d’acqua per uso potabile e domestico e le cisterne sono regolate dagli artt., 90 e
96 delle istruzioni suindicate e dagli altri articoli seguenti.
234) Nessuna casa sarà dichiarata abitabile, o potrà essere data in affitto, se non sia fornita
d’acqua potabile ai sensi dell’art. 89 delle cennate istruzioni.
235) Le acque piovane destinate agli usi domestici, debbono per mezzo di tubi di ferro essere
condotte in cisterne aperte al contatto dell’aria e costruite in modo che l’acqua possa deporre i
principi nocivi e purificarsi, ed osservate l’art. 96 delle citate istruzioni.
236) I proprietari di pozzi e cisterne sono tenute a curare la nettezza e la salubrità dell’acqua in
essi contenuta, e ad ogni richiesta dell’Autorità sanitaria sono obbligati a farli pulire, sempre,
quando l’acqua fosse riconosciuta inservibile agli usi domestici, od a chiudere completamente gli
uni e le altre se l’acqua sia incontaminata, insalubre od inquinata.
237) Provvedendosi il Comune di acqua potabile ai sensi dell’art. 126 della legge, sarà con
apposito regolamento, inteso l’Ufficiale sanitario, determinato in modo di distribuzione della stessa e
la vigilanza degli acquedotti, serbatoi, ecc. operanti gli art. 81 a 89 delle suindicate istruzione.
238) Il Comune provvede a mantenere la nettezza delle acque pubbliche destinate agli usi
domestici non solo, ma ancora per qualsiasi uso sia igienico sia agricolo od industriale.
239) Ogni pozzo o cisterna dovrà essere munito di solido passetto all’altezza non inferiore ad
80 cm. di porta ben condizionata e di quant’altro ne assicuri la nettezza, la sicurezza e la potabilità,
secondo verrà ordinato dall’Autorità sanitaria intesa, ove occorra, anche quella edilizia.
240) In caso di rifiuto dei proprietari di pozzi e cisterne di ottemperare al disposto degli articoli
precedenti, provvederà il Comune salvo rivalsa delle spese verso i proprietari stessi, ai sensi di
legge.
Capo VI – Macerazione delle piante tessili
241) Ai sensi degli art. 67 della legge, testo unico, 1 agosto 1907 e 92 del Regolamento
sanitario 3 febbraio 1901, è vietata la macerazione della canapa, del lino e di ogni altra pianta
tessile, a distanza minore di 1500 m. dell’esterno dei centri abitati del Comune.
242) Non è permesso la costruzione e l’esercizio dei nuovi maceratoi, senza l’autorizzazione
della Giunta comunale.
243) L’istanza per conseguire la suddetta autorizzazione dovrà comprovare che il nuovo
maceratoio abbia le condizioni di cui agli art. 12, 13, 14 e 15 delle citate istruzioni.
244) La macerazione può essere fatta dal 15 giugno al 15 ottobre, salvo quelle proroghe che la
Prefettura crederà accordare per casi eccezionali.
245) Le acque sono immesse nei maceratoi mercè tubolatura speciale, di alimentazione, il cui
orificio, toccando quasi il pavimento, eviti il ristagno delle acque del fondo della vasca ed ogni
possibile putrefazione delle sostanze organiche.
246) Lo smaltimento delle acque usate che avviene per mezzo dello sfioratore, deve
funzionare esclusivamente per apposito canale comunicando con la chiavica colletrice.
247) Le acque smaltite dopo aver percorso la chiavica colletrice debbono essere immesse in
canali o fossi lontani da terreni impermeabili, e diretti a convenienti distanze dai luoghi abitati, che
non formino pantani o fondi malarici, né inquinino le correnti d’acqua potabile.
248) Prima e dopo la macerazione le vasche debbono essere diligentemente lavate, pulite e
riparate, laddove per gusto, alterazione delle pareti possa eseguirne infiltrazione del suolo.
249) Le piante tessili macerate dovranno essere asciugate ad una distanza non minore di 500
m. dall’abitato, dove non potranno introdursi se non bene asciutte.
250) L’Ufficiale sanitario procederà in tempo utile ad ispezioni locali per accertare che i
maceratoi corrispondono alle surriferite condizioni, e ne redigerà doppio verbale uno per il Sindaco,
259
l’altro da trasmettere al Medico provinciale.
251) Il sindaco, assistito dall’Ufficiale sanitario, curerà l’esecuzione delle presenti disposizioni,
nonché di quelle indicate nell’art. 243.
252) Oltre il Sindaco e l’Ufficiale sanitario sono chiamati a sorvegliare l’esatta esecuzione delle
sopra indicate disposizioni tutti gli altri ufficiali ed agenti della forza pubblica.
Capo VII – Assistenza sanitaria
253) L’assistenza sanitaria in servizio del Comune, a norma dell’art. 24 della legge, è fatta dai
medici chirurgi, condotti e da levatrici condotte, giusta la pianta organica allegata, sia per la Città sia
per le frazioni.
254) Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, il Comune è diviso in rioni, a ciascuno dei quali
è assegnato un medico chirurgo condotto ed una levatrice condotta.
255) Gli obblighi dei condotti risulteranno non soltanto dal regolamento del 1906, dalle leggi e
dai regolamenti sanitari, ma dal presente regolamento, da leggi speciali e dal capitolato di nomina
relativo.
256) Per quanto altro non è disciplinato dalla suddette disposizioni, i condottati dovranno
sottostare a quelle stabilite dagli art. 340 a 345, compreso per essi il diritto ai sensi in come è
stabilito per gli impiegati comunali.
257) L’elenco dei poveri, di cui all’art. 54 del Regolamento sanitario del 1901 e degli art. 15 a
21 del regolamento del 1906, sarà diviso anche per rioni per gli effetti dell’art. 254 del presente
regolamento.
258) Nell’elenco dei poveri di cui all’articolo precedente saranno iscritti tutti i residenti nel
Comune, senza distinzione del tempo da che si avverrò la residenza purché non posseggono beni
di sorta alcuna, o purché dall’esercizio della loro professione, arte, commercio od industria,
ricevano in reddito annuale non superiore alle lire 500, od infine possiedono beni in relazione ad un
minimo di aliquota d’importo non superiore a lire 10 annue. L’elenco suddetto, ogni anno, è riveduto
dalla Giunta comunale, ai sensi dell’art. 17 del Regolamento del 1906.
259) Il medico condotto: deve recarsi nel più breve termine che può a visitare l’infermo povero
del proprio rione ed a prestargli tutte le cure medico-chirurgo-ostetriche, di cui ha bisogno,
gratuitamente, nel vero senso della parola, non esclusi i poveri estranei al Comune che fossero di
passaggio. Trattandosi di malattia grave o lunga o contagiosa a che l’infermo manchi d’idonea
abitazione o della indispensabile assistenza nel proprio domicilio, ne ordinerà l’immediato trasporto
agli appositi ospedali. Nell’occorrenza del trasporto dell’infermo all’ospedale giusto il capoverso
precedente, il medico, avuto riguardo alle condizioni del medesimo, stabilirà per iscritto il modo od il
tempo del trasferimento. In caso di chiamata notturna, sarà accompagnato nell’andata e ritorno da
un agente comunale o di forza pubblica, quindi i poveri in tali riscontri dovranno, in caso di bisogno,
rivolgersi prima all’Ufficio delle guardie comunali. E’ obbligato a tenere un registro giornaliero degli
ammalati da lui curati con le annotazioni di tutti i rapporti od atti d’ufficio, ricevuti e trasmessi,
secondo le norme che saranno diramate dall’Ufficio d’igiene. Non può assentarsi dal Comune per
più di 24 ore senza il permesso iscritto dal Sindaco, il quale provvederà per il rimpiazzo, sempre
che non vi siano malattie epidemiche, che reclamino l’assistenza continua dei condotti. Deve
supplire il collega condotto in caso di assenza o di malattia. E’ obbligato: a) a tenere la sua
residenza nel proprio rione; b) a curare, salvo quel divieto a compenso che fosse consentito da
norme speciali, i RR. Carabinieri e le guardie di città; c) a curare gratuitamente per turno mensile da
stabilirsi dal Sindaco, i detenuti e gli ammalati nell’Ospedale delle malattie infettivo (Lazzaretto); d)
a ripetere, anche nell’istessa giornata, la visita all’ammalato, e ciò nei casi di grave malattia acuta,
potendo nei casi ordinari di cronicità visitare l’ammalato ogni due o tre giorni a norme della loro
specialità; e) a rilasciare gratuitamente, nei casi di morte, il relativo certificato, oltre all’adempimento
delle altre prescrizioni delle leggi e regolamenti vigenti; f) a rilasciare gratuitamente agli abitanti
poveri della sua condotta qualsiasi attestato medico che loro faccia bisogno; g) di visitare
gratuitamente ogni 15 giorni le balie coi rispettivi bambini, ad essa affidati dal Comune o da altre
istituzioni di beneficenza e rilasciare loro la attestazione di non offrire né essa, né i bambini segni
d’affezioni significative di sorta alcuna; h) a rimettere all’Ufficio d’igiene, ogni sei mesi, i risultati
sommari delle cure prestate ai poveri del suo rione; i) a tenere gli strumenti chirurgici, necessari
all’esercizio professionale, in perfetto ordine e ad adempiere a quelle altre incombenze che gli sono
demandate dal prescritto regolamento igienico o da leggi speciali; k) a prestarsi gratuitamente sia
ad ogni specie di servizio inerente alla sua qualità di sanitario condotto, sia alle cure preservative,
ad esempio:<<vaccinazione, servizi necroscopici,m ecc.>>, sia a coadiuvare l’Ufficiale sanitario nei
servizi igienico-sanitari comunali, e nei casi di cui agli art. 97 e 281.
260) La levatrice condotta è obbligata a curare tutte le gestanti o partorienti povere, indicate
nell’elenco di cui all’art. 257 e prestare l’opera sua gratuita in conformità del regolamento ostetrico
260
23 febbraio 1890 e relative istruzioni annesse. Essa sarà fornita di medicinali per le povere dalla
Congrega di Carità, ai sensi dell’art. 8 del regolamento ostetrico citato.
261) La levatrice si atterrà strettamente a quanto è disposto dalle leggi sanitarie e relativi
regolamenti, ed alle istruzioni indicate per le esercenti ostetricia nei Comuni, rimanendo proibita ad
essa qualsiasi prescrizione curativa, anche di un medicinale il più innocuo, giusto la legge. Essa
presenterà ogni tre mesi all’Ufficio d’igiene il registro dei parti, che invierà a cura del Comune, per
essere vidimato dall’Ufficiale sanitario, il quale cosi controllerà col registro dello Stato civile se tutti i
nati furono raccolti dalla levatrice condotta o da altre levatrici autorizzate; se vi siano esercenti
abusive o se le esercenti legali abbiano adempiuto il loro dovere chiamando il medico alla più lieve
complicazione. Nell’esercizio della sua professione ella dovrà sempre essere cortese e caritatevole,
e dovrà pure rilasciare gratuitamente alle partorienti qualsiasi dichiarazioni o fede, per sussidio di
allattamento o per altre qualsivoglia sovvenzioni.
262) Giusto l’art. 24 della legge e gli art. 62 e seguenti del regolamento del 1906, esistendovi in
ospedale per le malattie infettive (Lazzaretto), un ricovero di mendicità ed un ospedale civile, il
Comune completerà l’assistenza sanitaria come segue: a) avrà uno o più posti di pronto soccorso
forniti di quanto occorre per le prime medicature d’urgenza in caso di infortuni o disgrazie
accidentali, e per il trasporto di feriti od ammalati, avvalendosi dell’opera disinteressata e
volenterosa dei sanitari in generale e delle istituzioni volontarie di pubblica assistenza di cui all’art.
282; b) terrà un conveniente numero di semicupi, vasche portatili da bagno, enteroclismi ed
irrigatori a disposzione dei condotti per i poveri del Comune; c) darà sussidi ai poveri per cure
igieniche; d) provvederà ai poveri, di medicinali a domicilio, ove occorre, con le norme, di cui agli
art. 66 e 71, del Regolamento del 1906.
Capo VIII – Disinfezioni
263) L’Ufficio d’igiene dev’essere fornito di tutti i disinfettanti, prescritti dai regolamenti sanitari,
ai sensi di legge.
264) Gli introduttori di capelli dovranno sottoporre la loro merce alla disinfezione con la
formalina od altro sistema di disinfezione nell’apposito locale di cui all’art. 260 e sotto il controllo
dell’Ufficio d’igiene. Lo stesso trattamento dev’essere applicato, anche, agli introduttori di mobili
usati, per farne commercio, nonché di stracci e simili. Però per le diverse specie di disinfezioni,
l’Ufficiale sanitario adotterà quei disinfettanti che sono indicati migliori dai progressi scientifici,
lasciando al suo criterio ed al suo studio le particolarità.
265) La soluzione di sublimato sciolto nell’acido cloridrico sarà tenuta sotto chiave, e questa
affidata all’Ufficiale sanitario, il quale all’occorrenza di disinfezione la doserà, e cosi la consegnerà
al vigile sanitario incaricato delle disinfezioni e della lavatura delle pareti, pavimenti, mobili, ecc.,
secondo le norme che, caso per caso, darà lo stesso Ufficiale.
266) La soluzione antisettica suddetta solo dall’Ufficiale sanitario sarà consegnata direttamente
alle famiglie per l’uso indicato nell’articolo precedente.
267) Le spese occorrenti per le disinfezioni e disinfettanti di uso pubblico e per i poveri, sono a
carico del Comune. I non poveri provvedono alla disinfezione a proprie spese.
268) Il Comune ha appositi locali per le disinfezioni, disciplinandone l’esercizio con
deliberazione della Giunta comunale, inteso l’Ufficiale sanitario, in conformità del regolamento del
1906 e delle istruzioni governative dell’art. 267.
269) L’Ufficiale sanitario promuoverà l’esecuzione di disinfezioni periodiche e straordinarie: a)
nelle scuole, asili, chiese, stabilimenti ed altri luoghi aperti al pubblico di cui all’art. 325: b) nelle pile
dell’acqua Santa nelle chiese; c) nelle botteghe da barberie; d) nelle botteghe adibite a spacci di
sostanze alimentari, frutta , ortaglie, erbaggi, bevande e simili; e) begli orinatoi, cessi, angoli di muri,
lavatoi, abbeveratoi; f) ed in tutte quelle altre località prescritte dal presente regolamento e dalle
leggi, nonché dal Regolamento sanitario del 1901.
270) In caso d’opposizione alle suddette prescrizioni dell’Ufficiale sanitario, il Comune
provvederà a proprie spese alla esecuzione medesime, salvo il diritto di ottenere il rimborso
dall’interessato a norma di legge.
Capo IX – Vaccinazione
271) La vaccinazione, di cui agli art. 130 e 131 della legge è esercitata da medici condotti.
272) Dai mesi di aprile a ottobre di ogni anno si terranno le sessioni gratuite della pubblica
vaccinazione nei locali a ciò destinati dal Sindaco, sia per la Città sia per le frazioni.
273) Vi saranno due registri, uno per le vaccinazioni e l’altro per le rivaccinazioni.
274) Tutti i medici chirurgi hanno l’obbligo di trasmettere all’Ufficio sanità le notizie necessarie
alla registrazione di vaccinati e rivaccinati.
275) Per quant’altro riguarda la vaccinazione sarà operativo il regolamento 25 marzo 1892.
261
Capo X – Provvedimenti contro le malattie infettive dell’uomo e degli animali
276) S’intendono applicate le disposizioni prescritte dagli art. 123 a 131, 136 a 156, 193 e 194
della legge sanitaria circa le misure contro la diffusione delle malattie infettive dell’uomo e degli
animali.
277) Sarà provveduto con apposite norme, che darà il Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, ed ai
sensi del Regolamento del 1906, circa l’esercizio dell’ospedale per le malattie infettive (Lazzaretto).
Questo sarà tenuto sempre in ordine ed in ottime condizioni di manutenzione ed esercizio, pronto
ad ogni occasione. Una copia dell’inventario del materiale in esso esistente sarà tenuto dall’Ufficio
d’igiene e dalla Segreteria comunale.
278) Sarà a cura dell’Ufficio d’igiene la vigilanza e l’esecuzione degli art. 129 a 186 del
regolamento sanitario del 1901.
279) In caso di epidemia o di gravi circostanze, o se il bisogno il richiedesse, il Sindaco, inteso
l’Ufficiale sanitario, nominerà delle Commissioni igieniche, per ciascun rione cui si divide il Comune,
in forza dell’art. 254.
280) La composizione di ciascuna Commissione, di cui al ‘precedente articolo, è fissata
nell’ordinanza del Sindaco, che la nomina, per un tempo determinato nell’ordinanza in parola.
281) Ciascuna Commissione igienica coadiuva l’Ufficio d’igiene, per l’esecuzione rigorosa del
presente regolamento è sotto quelle norme che saranno date dal Sindaco nella ordinanza di cui agli
articoli precedenti. A ciascuna di essa deve appartenere un medico chirurgo condotto, a mente
dell’art. 97.
282) Il Sindaco e l’Ufficio d’igiene nei casi di cui all’art. 29 si varranno pure delle associazioni
locali di assistenza pubblica, ai sensi dell’art. 262, o di squadre volontarie, che si costituissero in
casi di epidemie, ai sensi dell’art. 4 della Circolare ministeriale 22 agosto 1889.
283) Per le misure preventive circa le malattie celtiche, di cui agli art. 136 a 156 della legge,
sarà osservato in proposito il regolamento speciale sul meretricio del 27 ottobre 1905 e gli art. 168
a 186 del Regolamento sanitario del 1901 nell’interesse dell’ordine pubblico, della salute pubblica e
del buon costume.
284) Le denuncie, di cui agli art. 123 e 125 della legge e 129 a 131 del Regolamento sanitario
del 1901, debbono farsi su moduli o stampe, forniti ai medici in generale dall’Ufficio d’igiene.
285) Il regolamento di polizia veterinaria, di cui all’art. 193 della legge, provvederà al riguardo
di tal ramo di servizio.
Capo XI – Della polizia mortuaria
286) La polizia mortuaria nel Comune di Maddaloni è retta dalle disposizioni prescritte nel
regolamento speciale del 1892.
287) Per l’adempimento dell’art. 55 della legge sanitaria, le denuncie dei decessi saranno
notificate all’Ufficio di Stato civile, il quale ne darà immediata comunicazione all’Ufficio d’igiene per
l’esecuzione dell’art. 1 del regolamento speciale di polizia mortuaria sopra indicato.
288) Il servizio di trasporti funebri è regolato da apposite norme, che darà il Consiglio
comunale, inteso il parere dell’Ufficiale sanitario.
289) E’ fatto divieto ai sacerdoti, ed anche ad altre persone, sedere nell’interno dei carri funebri
ove è situato il cadavere da trasportare al Cimitero.
290) I trasporti funebri debbono assolutamente essere fatti direttamente per la via più breve,
che dalla dimora dell’estinto conduce al Cimitero. Questi trasporti saranno fatti nei mesi da
novembre a marzo dalle 9 alle 11 e dalle 14 alle 16; negli altri mesi dalle 7 alle 10 e dalle 17 alle 19.
291) Il Cimitero starà aperto al pubblico dalle ore 9 alle ore 16 di tutti i giorni.
292) Nei giorni di pioggia o di neve, il Cimitero rimarrà chiuso e non potrà essere visitato senza
uno speciale permesso del Sindaco.
293) Le cappelle del Cimitero rimarranno aperte soltanto durante il tempo dei riti sacri.
294) Sarà proibito l’ingresso nelle fosse delle cappelle delle Congreghe e dei Sodalizi in
genere, a chiunque senza giustificato motivo che sia per inumazione, esumazione o lavori speciali,
accertato e sorvegliati in tutti i casi dal Custode. Come del pari è proibito l’ingresso nel Cimitero ai
ragazzi che non siano sotto la custodia di persone adulte.
295) E’ vietato introdursi nel Cimitero o soffermandosi all’ingresso del medesimo, allo scopo di
questuante.
296) I cavalli, le vetture ed i carri, non potranno entrare nel Cimitero che per servizio interno del
medesimo. L’introduzione dei cani o di altri animali, anche condotti a mano, è assolutamente
vietato.
297) La strada interna del Cimitero, ugualmente che i sentieri, i viali, e gli interstizi ed intervalli
che separano le sepolture o fosse, sia comuni o particolari, dovranno mantenersi costantemente
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sgombri dell’erba e di ogni qualunque impedimento, dovendosi di continuo curare la più scrupolosa
raccolta ed il seppellimento delle ossa che eventualmente potessero trovarsi alla superficie del
Cimitero, l’area del quale sarà tenuta costantemente con la massima decenza e nettezza.
298) Ogni coltivazione che non sia quella di semplici fiori o di arbusti sempre verdi sulle
sepolture particolari è vietato in tutta l’estensione del Cimitero. Le erbe che ivi cresceranno di volta
in volta, dovranno essere tagliate e bruciate nel recinto stesso del Cimitero.
299) Nel caso che le croci fossero gettate a terra dal vento o per qualsiasi altra causa, dovrà il
Custode del Cimitero farle rimettere al rispettivo loro posto, qualora siano ancora servibili,
riponendole in caso opposto in un angolo della camera mortuaria o di deposito per bruciarle,
sempre nel recinto del Cimitero, ogni qualvolta non fossero ritirate da chi di ragione, entro un mese
dall’avutone avviso.
300) Fino alla rinnovazione delle fosse, sarà in facoltà dei parenti di far racconciare le croci ed i
monumenti sulle fosse dei defunti, di rinnovarli e di infossarne le iscrizioni, in modo però che non
rechino imbarazzi agli inservienti del Cimitero, né ai visitatori, e non si danneggiano i tumuli, le croci
ed i monumenti vicini.
301) Nella rinnovazioni delle fosse, le croci, le piccole lapide od i monumenti soprapposti che
per qualsiasi motivo dovessero essere rimossi, se non saranno domandati e ritirati entro un mese
da coloro che ne hanno diritto, verranno in potere del Comune, che potrà disporne nei modi che
crederà più opportuno.
302) Nessuno potrà arrecare guasto o spregio qualsiasi al muro o portico di cinta, alle croci, ai
monumenti ed a tutto quanto esiste nel Cimitero.
303) Le iscrizioni sulle croci o sulle lapidi, e i monumenti non possono contenere alcune
allusioni o sentenza o parola meno che conveniente, ed a quest’uopo dovranno essere sottoposte
al visto del Sindaco.
304) E’ parimenti vietata di fare qualunque iscrizione sui muri e nelle lapide, o di macchiarli e
comunque deturparli.
305) Il Custode del Cimitero è incaricato dell’esecuzione delle presenti disposizioni, per la parte
che riguarda il servizio di nettezza e la conservazione del Cimitero medesimo. Custodirà le chiavi
delle porte d’ingresso dei diversi locali del Cimitero. Vigila che l’impresario del trasporto dei
cadaveri o i suoi agenti adempiono esattamente le obbligazioni specificate ed assunte nei capitolati
dell’Impresa avvisandone in caso contrario immediatamente il Sindaco. Dirige i becchini e gli operai
del Cimitero nei lavori giornalieri occorrenti, e qualora qualcuno di essi manchi ai propri doveri, o
non serbi quel contegno dignitoso e decente che si conviene alla natura del luogo, ne renderà
informato il Sindaco per gli opportuni provvedimenti.
306) Nei mesi di aprile e settembre di ciascun anno il Custode del Cimitero rimetterà al
Sindaco una nota delle riparazioni occorrenti per la conservazione in buon stato tanto dei mobili,
arnesi, ferri ed attrezzi, che dei vari fabbricati del Cimitero, dei muri di cinta, portici, viali, fossi e
piante, accompagnandola con tutte le operazioni che potranno occorrere alla sepoltura, lapidi ed ai
monumenti di ragione delle private famiglie, giacché la conservazione di questi sta a loro carico
sotto la sorveglianza dell’Autorità comunale.
307) E’ dovere del Custode di impedire che s’introducano servitù od abusi di qualunque sorta,
pregiudizievoli al Cimitero, sia all’interno come all’esterno, né permetterà l’introduzione nello stesso
di oggetti estranei al servizio, o di animali, né che si estragga dal Cimitero terra, pietre, mattoni,
erba, legna, foglie o qualsivoglia altra cosa inerenti al suolo interno del medesimo.
308) Il Custode vigilerà e farà vigilare che le persone, le quali entrano nel Cimitero, si
conformino in tutto al prescritto delle presenti disposizioni.
309) Nelle occasioni di concorsi straordinari il Custode richiederà dal Sindaco l’assistenza della
forza pubblica in quel numero di agenti che potrà essere necessario.
310) Nei primi otto giorni di ciascun trimestre il Custode rimetterà al Sindaco: a) una nota
esatta dei cadaveri inumati nelle sepolture comuni del Cimitero durante il trimestre precedente,
distinguendo i maggiori e minori di sette anni; b) una simile nota degli spazi, o posti, occupati nelle
sepolture private, o nelle tombe di famiglia, nonché delle iscrizioni lapidarie collocate sulle
medesime.
311) I servizi principali dei becchini sono: a) tracciamento, escavazione e riempimento delle
fosse; b) inumazione ed esumazione dei cadaveri e loro deposito nei sepolcri; c) custodia e polizia
del Cimitero.
312) Ogni mattina e nell’ora fissata pel trasporto dei cadaveri al Cimitero, i becchini si
troveranno pronti a riceverli, scaricarli ad uno ad uno, e trasportarli separatamente fino alla fossa od
al sepolcro in cui ciascuno dev’essere deposto, oppure nella camera mortuaria o di operazione, od
in quella di deposito, qualora non fosse trascorso il periodo di tempo prescritto dagli art. 9, 10 e 11
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del regolamento speciale di polizia mortuaria, o quando non fossero ancora preparate le fosse, o
per le esecuzioni delle esumazioni sia ordinarie sia straordinarie.
313) In ogni giorno, terminato l’interamento dei cadaveri, ed il riempimento delle fosse, i
becchini debbono attendere al tracciamento ed alla escavazione di nuove fosse, al ripulimento e
riadattamento delle fossi comuni, alla raccolta delle ossa e loro disposizione nell’ossario e, in
generale, a tutti i servizi che nell’interesse della pulizia e conservazione del Cimitero saranno loro
ordinati dal Custode.
314) Nel riempimento delle fosse debbono fare tutti quei vagliamenti e miscugli di terra, che
saranno giudicati opportuni.
315) Visiteranno di frequente, e specialmente in estate, le fosse tutte del Cimitero per otturare
con nuova terra vagliata ed umida le screpolatura che si fossero manifestati nel terreno.
316) Visiteranno anche tutti i canali destinati a tramandare le acque piovane fuori del Cimitero
e li ripuliranno delle foglie ed altre materie che si fossero accumulate.
317) I becchini sono obbligati ad eseguire per conto dei privati delle esumazioni, dietro
compenso stabilito con apposti tariffa approvata dalla Giunta comunale.
318) Non saranno permesse esumazioni straordinarie se non dopo almeno 15 mesi dalla
inumazione e dietro permesso del Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, e nei casi di cui agli art. 78,
81, 83 e seguenti del regolamento speciale di polizia mortuaria. Nelle Congreghe debbono essere
istituite per le immondizie delle fosse in muratura, in modo che ciascuno cadavere sia diviso
dall’altro mediante interstizio nella misura prescritta dal regolamento di polizia mortuaria.
319) La vendita dei suoli nel Cimitero è sottoposta all’approvazione del Consiglio e la Giunta il
prezzo fissato nella tariffa annessa al presente regolamento. Unita alla domanda di acquisto di
suolo, da specificarsi l’uso, deve sempre alligarsi il relativo disegno di costruzione.
320) La vendita delle nicchie nei muri interni del Cimitero, di proprietà del Comune, è
sottoposta all’approvazione della Giunta, giusto la tariffa determinata dal Consiglio, annessa al
presente regolamento di cui all’articolo precedente.
321) Il Custode, i becchini ed il personale tutto del Cimitero non potranno esigere da privati
tasse o richiedere mance per qualsivoglia motivo, salvo il caso di cui all’art. 317 per i solo becchini.
322) Le disposizioni contenute nel presente “Capo” s’intendono applicate a tutti indistintamente
i Cimiteri del Comune, senza distinzione di culto.
Capo XII – Polizia sanitaria – Sezione I – Vetture pubbliche
323) Il veterinario comunale, almeno ogni mese, deve visitare nell’Ufficio d’igiene, secondo le
norme che saranno stabilite dal Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, gli animali attaccati alle
pubbliche vetture, tenendo presente se siano adatti al servizio o pericolosi per ragioni d’età, vizio o
difetto, se siano infermi di malattie temporanee od inguaribili, perciò debbono essere esclusi
temporaneamente o definitivamente dal servizio, se siano colpiti di malattie contagiose, come
moria, ecc. facendone sempre rapporto all’Ufficiale sanitario.
Sezione II – Mestieri rumorosi ed incomodi
324) Sono proibiti gli esercizi dei mestieri rumorosi od incomodi, come sediari, fabbro-ferrai,
falegnami, stagnai, ramai, carradori, carpentieri, maniscalchi e simili, dal tramonto al levar del sole,
in tutte le stagioni, ed anche dal mezzogiorno a quattro ore dopo nei mesi estivi, affinché non
riescano molesti ed incomodi ai vicini. Purtuttavia la Giunta comunale, inteso l’Ufficiale sanitario e la
Commissione edilizia, determinerà le singole strade per l’ubicazione dei vari esercizi suindicati,
scegliendo a tale oggetto quelle esterne, secondarie e senza importanza di sorta.
Sezione III – Luoghi aperti al pubblico
325) L’Ufficio d’igiene esercita altresì la vigilanza igienico-sanitaria in tutti i luoghi aperti al
pubblico, come: chiese, sale di pubblico convegno e trattenimento, teatri, cinematografi e simili.
Sezione IV – Cani
326) A mente degli articoli seguenti sarà provveduto alla custodia ed alla distruzione dei cani
vaganti.
327) Il Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, darà con apposita ordinanza, le norme per prevenire
l’idrofobia, e, questa manifestandosi boralizzarla e reprimerla.
328) Un apposito canile servirà a tenere in osservazione i cani accalappiati, mentre quelli
sospetti di idrofobia saranno custoditi separatamente a mente dell’art. 325.
329) Tutti i cani, siano o non condotti al guinzagli, dovranno essere continuamente muniti di
museruola nelle strade, nelle botteghe, ed i qualunque altro luogo aperto al pubblico.
330) Ai conduttori di vetture, di carri ed altri veicoli, non è permesso di condurre alcun cane che
non sia munito di museruola sia o no legato al di sopra o al disotto del carro.
331) E’ vietato ai macellai tenere cani nelle beccherie o nelle case contigue ove dormono, e
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condurli al Macello.
332) I proprietari e guardiani d’armenti, dovranno tenere i cani di guardia solidamente legati,
ovvero munti di museruole nelle ore del giorno, sempre però vicini all’ovile e discosti dalle strade.
333) E’ riservata la facoltà al Sindaco di vietare le ritenzioni di cani entro le abitazioni, quando
per l’angustia di questi od il numero di quelli possa venirne pregiudizio alla salute pubblica degli
abitanti.
334) Ogni possessore di cani è rigorosamente tenuto a dare immediatamente denunzia al
Sindaco di qualunque indizio che sia, anche semplicemente sospetto, di sviluppo di rabbia in alcuni
degli animali suddetti.
335) I cani che diano sintomi di rabbia saranno sequestrati, ed isolati nello stabilario
municipale, sotto la vigilanza de veterinario comunale, e tenuti in osservazione sin alla cessazione
dei sintomi morbosi. Gli animali morsicati da cani rabbiosi, o sospetti, saranno ugualmente trattati.
336) Trascorsi 4 mesi di osservazione, quelli riconosciuti sani saranno restituiti, quando la
malattia si sviluppasse saranno abbattuti e distrutti.
337) Se un animale sospetto fosse morto prima di stabilire la diagnosi in vita, la testa col
midollo allungati sarà inviata all’istituto antirabbico per accertarla.
338) Nella località ove trovasi l’animale idrofobo si praticheranno le opportune disinfezioni.
339) I cani destinati all’abbattimento per qualsiasi ragione saranno distrutti con quei mezzi che
saranno indicati dall’Ufficiale sanitario, e sempre in luogo riservato ai sensi degli art. 303, 309.
Capo XIII – Disposizioni finali
340) Per gli effetti dell’art. 3 sono considerati impiegati comunali i medici condotti, il veterinario
condotto, le levatrici condotte e quel altro personale dipendente dal Comune indicata dalle leggi
sanitarie, mentre i vigili sanitari, i disinfettatori, l’accalappiacani, i becchini, i custodi e gli inservienti
addetti al Macello ed al Cimitero, nonché ad altri servizi sanitari sono ritenuti quali salariati.
341) Le ordinanze occorrenti per l’esecuzione dei particolari servizi indicati nel presente
regolamento, variano sempre proposte dall’Ufficiale sanitario e trasmesse al Sindaco per
l’approvazione ai sensi di legge.
342) A disposizione del pubblico, nell’Ufficio d’igiene, è sempre ostensibile il registro dei
reclami per qualsiasi inconveniente od abuso si credesse da chiunque denunziato.
343) Le contravvenzioni alle prescrizioni del presente regolamento, ove non sia altrimenti
disposto, saranno puniti a norma dell’art. 199 della legge, testo unico, del 1907, salvo sempre le
pene maggiori sancite dal Codice penale, e giusto, gli art. 218 e 220 della legge comunale e
provinciale, testo unico, del 1908.
344) Per i contravventori al presente regolamenti si osserverà il disposto dell’art. 130 del
regolamento del 191 per l’applicazione ed esecuzione del testo unico della legge comunale e
provinciale del 1908.
345) Per quanto non è indicato nel presente regolamento locale d’igiene, s’intende rimettersi
alle disposizioni delle leggi e dei regolamenti sanitari generali e speciali governativi e provinciali in
vigore, ed al regolamento comunale degli impiegati e salariati.
346) Dalla data di esecuzione del presente regolamento sono abrogate i vari regolamenti
precedenti in generale, e compresi quelli pei cani, del macello e del Cimitero, nonché di tutti le
disposizioni sulle quali esso dispongono. Allegati: 1) Tabella dei funghi mangerecci - Pianta
personale dell’Ufficio d’igiene: Capo del Servizio – Ufficiale sanitario - Impiegati: n° 2 medici
condotti pel centro ed uno per la frazione di Montedecore - N° 1 Segretario (scelto tra gli Impiegati
di Segreteria) – n° 2 levatrici condotte pel centro ed una per Montedecore. - Incaricati: n° 1
Ingegnere comunale – n° 1 Cappellano pel servizio religioso del Cimitero - Salariati: n° 2 Vigili
sanitari (scelti fra le guardie comunali) – n° Disinfettatore ed n° 1 Accalappiacani - Cimitero: n° 1
Custode e Vice Custode – n° 1 Giardiniere e 1 aiuto giardiniere – n° 4 becchini - Macello: a)
Impiegato: n° 1 Veterinario - b) Salariati: n° 1 custode e n° 1 inserviente - 3) Tariffa dei diritti sanitari
comunali - 1) Licenza di tenere capre lattifere (per ogni animale) annue lire 2 - 2) Licenza di tenere
vacche lattifere (per ogni animale) annue lire 5 - 3) Per impianto di fabbriche, manifatture e depositi
insalubri lire 25 - o pericolosi, vasche di macerazione delle piante tessili (per ciascun stabilire e per
una sola volta). - 4) Per impianto di apertura di qualsiasi esercizio o spaccio lire 5. - Pubblico
soggetto a vigilanza igienico-sanitaria) per ciascuno e Per una sola volta) - 5) Vidimazione annua
della licenza al n° 3 lire 5. - 6) Vidimazione annua della licenza al n° 4 lire 1. - 7) Acquisto di suolo
al Cimitero al mq. Lire 20. - 8) Acquisto di nicchia nel muro del Cimitero per memoria. - 4) Tariffa dei
diritti comunali di macellazione. - a) Macellazione per ogni capo: buoi, vacche e bufali lire 5,vitelli e
vitelle lire 3, maiali lire 2, pecore e capre lire 0,40, agnelli e capretti lire 0,15. - b) Stallaggio nelle
stalle di sosta o nella prateria del Macello per ogni animale, dopo il primo giorno, per ogni giorno di
sosta si pagherà: Buoi, vacche, bufali lire 0,40; Vitelli e vitelle lire 0,30; Maiali lire 0,20; Pecore e
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capre lire 0,15; Agnelli e capretti lire 0,05. - c) Ammollamento dei baccalà e simili, Per ogni kg. di
pesce secco lire 0,05. - d) Visita sanitaria della carne congelata o refrigerata: ogni 4 lire 1. - quarti
che costituiscono l’intero pezzo. - 5) Tariffa dei diritti sanitari dovuti al veterinario: a) Macellazione
fuori orario od in giorni festivi, Per ogni vacca, bue o vitello lire 5; Per ogni animale piccolo lire 2; b)
Macellazione privata , per ogni suino lire 2; (fuori Comune, oltre la visita, centesimi 25 per ogni Km).
Il Consiglio a voti unanimi e per alzata e seduta approva il suddetto regolamento.
20 .Assistenza sanitaria gratuita – elenco delle famiglie.
(Approvata il 20 febbraio 1945)
La Giunta ritenuto la necessità di riesaminare l’elenco dei poveri dimoranti nel Comune
ammessi all’Assistenza medico- chirurgico-ostretica gratuita e alla somministrazione gratuita dei
medicinali, rivedendo quello in vigore dal 1939. Volendo disciplinare con distinto atto le norme per
la formazione dell’elenco dei poveri; delibera:
1) Per la compilazione dell’elenco il Comune è diviso in sette zone corrispondenti alla
circoscrizione di ciascuna parrocchia;
2) per ogni zona è istituita un’apposita Commissione presieduta dal sindaco o da un suo
delegato, e della quale fanno parte il presidente dell’Ente comunale di assistenza o da un suo
rappresentante, l’ufficiale sanitario, il titolare della parrocchia, un rappresentante dei prestatori
d’opera designato in turno dalle associazioni esistenti nel Comune e nominato dal sindaco, un
rappresentante dell’Associazione dei mutilati di guerra, un rappresentante dell’Associazione dei
combattenti, il medico condotto della zona; funziona da segretario della Commissione il capo
dell’ufficio Annone;
3) i lavori delle commissioni sono presentati alla Giunta municipale che approva l’elenco unico
definitivo prima del 15 dicembre di ogni anno;
4) l’elenco approvato dalla Giunta deve essere pubblicato all’albo pretorio del Comune per lo
spazio di 15 giorni. Chiunque si creda leso nella compilazione di tale elenco può ricorrere entro
trenta giorni al Consiglio comunale il quale decide definitivamente ed inappellabilmente;
5) l’elenco definitivo viene comunicato ai medici condotti ed alle ostetriche limitatamente agli
iscritti residenti nella rispettiva zona;
6) per nessuna ragione i sanitari si possono rifiutare di prestare assistenza sanitaria gratuita
agli iscritti nell’elenco, anzi la non inclusione di una persona o famiglia nell’elenco dei poveri, non
esonera i sanitari condotti dal prestare la loro assistenza nei casi di urgenza ai richiedenti. In tali
casi l’Amministrazione comunale deciderà a richiesta dei sanitari che hanno prestato la loro opera,
se sia ad essi dovuto compenso;
7) l’Amministrazione comunale curerà che tutti gli iscritti nell’elenco siano munti di un libretto di
riconoscimento che dovrà essere esibito da essi a qualsiasi richiesta dei sanitari;
8) le commissioni proporranno l’iscrizione su richiesta o degli interessati o d’ufficio nell’elenco
dei poveri agli effettivi dell’assistenza sanitaria gratuita per tutte quelle famiglie o persone che si
trovano in stato di assoluta miseria, che trovansi in condizione di salute tale da non essere abili al
lavoro proficuo, che non hanno parenti diretti tenuti per legge al loro sostentamento, ed infine coloro
che dal lavoro manuale ritraggono entrate appena sufficienti per procacciarsi il vitto giornaliero;
9) sono considerati poveri, ed hanno diritto quindi all’assistenza sanitaria gratuita, coloro che
dagli accertamenti che si andranno a fare per l’applicazione della imposta di famiglia, risultano di
aver cespiti di entrate non superiori a lire 6mila annue. Tale limite sarà elevato al 9mila quando i
componenti a carico della famiglia superi il numero di 5;
10) per i mutilati, invalidi e vedove dei caduti in guerra, non sarà tenuto conto negli
accertamenti di cui all’art. precedente delle persone di cui fossero eventualmente forniti.
21 .Regolamento provvisorio per la Banda musicale
(Approvato il 13 maggio 1899)
Il Presidente propose che la banda suoni soltanto nella Piazza Unione ed ai due punti cioè,
angolo dell’Annunziata, e presso il Municipio, indicati, suonandosi, cioè, una volta presso
l’Annunziata ed un’altra presso il Municipio, e che si smetta dal suonare al Trivio, perché non
essendovi piazza, gli agricoltori che tornano dalle loro faccende di campagna, sono impediti nel
transito e costretti a girare per altra via con grave incomodo personale e ritardi nelle proprie
faccende. Il Consigliere Brancaccio intervenendo vorrebbe che venisse conservato questo terzo
posto del concerto. Messa a votazione per alzata e seduta, viene approvata la proposta del
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Presidente, contro il solo voto contrario del Consigliere Brancaccio. – Dopo altri emendamenti , il
Regolamento con le modifiche viene approvato ad unanimità. “La Banda è tenuta a prestare due
servizi la settimana, cioè: nel giovedì e domenica, nelle ore che il Sindaco di accordo con la
Commissione stabilirà, suonando nei dì festivi una volta all’Annunziata e una volta presso il
Municipio. Nei giorni di lunedì, mercoledì, venerdì e sabato, si terrà concerto dalle ore 8 alle 1°, il
maestro ha facoltà di protrarre il tempo indicato ed ordinare prove pomeridiane nei giorni di martedì
e giovedì, qualora fosse necessario. La Banda ha l’obbligo di presentarsi a qualunque servizio
ordinato dal Municipio. Si conceda alla Banda di recarsi fuori Maddaloni cinque volte nei giorni
festivi, e via eccezionale si concederebbe di recarsi fuori Maddaloni il giovedì con l’obbligo di
anticipare o posticipare il servizio. In città la Banda invitata ai funerali dovrà essere così retribuita, al
maestro £. 5, al sottocapo una paga e mezzo, £. 2 a ciascuno musicante e £. 1,50 al bidello. Per i
servizi ecclesiastici in Città sarà retribuita nel modo seguente: “Per una processione e sei sonate £.
50, se vi si aggiunge una questua altre £. 30, per tutta la giornata poi £. 80.
22 .Regolamento di Polizia rurale(Approvato il 13 aprile 1912)
1) E’ vietata ad ogni possessore di terreni di far ristagnare le acque nei fondi propri, dovendosi
eseguire i relativi scoli e le opere adatte a tale scopo, in base ai regolamenti comunali d’igiene e di
edilizia.
2) Coloro che immettono nei propri fondi i rigagnoli delle acque fluenti per le strade pubbliche,
non possono perciò fare rialzare il livello delle vie.
3) Niuno ponte potrà essere gettato sui canali o fossi che costeggiano le strade.
4) I fondi sovrastanti alle strade debbono avere la ripa a scarpa, perché non dirupi, dovendo i
proprietari racconciarle, ove si guasti, trasportando a loro spese la terra caduta.
5) Nei fossi laterali delle vie non si possono fare innovazioni che impediscono lo scolo delle
acque.
6) Le vie comunali campestri debbono avere almeno un fosso di scoli, il quale se manca nelle
attuali, sarà fatto a cura del Municipio, occupando, ove di uopo, i fondi circostanti, previo
pagamento della relativa indennità ai proprietari a termine di legge.
7) I fossi e le cave, come quelle di tufo e simili, debbono farsi alla distanza almeno di 5 m. dalle
sponde delle vie pubbliche, e debbono essere garantite da un parapetto in fabbrica all’altezza di 1
m.
8) E’ vietato accendere fuochi se non alla distanza di almeno 25 m. dai fabbricati o dai locali
ove sono raccolti prodotti agrari, utensili, materie combustibili, scorte vive e morte.
9) E’ proibito introdurre animali nei campi altrui.
10) Gli accattoni e vagabondi che ritornano da campagna, con qualunque prodotto agricolo,
anche sia erba o legna, debbono giustificare la provenienza nell’atto che recano danno.
11) Chi vuol tenere capre dovrà denunciarlo all’Autorità comunali, precisando il numero ed i
mezzi erbiferi che possiede per alimentarle e dichiararsi pronto a praticare tutte quelle cautele che
si potranno comandare nell’interesse pubblico, obbligandosi principalmente di attaccare delle
campanelle al colo di ognuna delle medesime, e guidarle così nell’interno dell’abitato come per le
vie di campagna, sia di giorno che di notte.
12) I caprai dovranno avvisare il Capo delle guardie campestri ogni volta che conducono a
pascolare le capre e indicargli il sito dove debbono andare direttamente per la più breve, senza
trattenersi in nessun posto a pascolare lungo le siepi e i fossi delle strade. Essi non possono
portare mazze che oltrepassino m, 1,50 in lunghezza.
13) Il pascolo in fondi non chiusi da muri o siepe, tanto di giorno che di notte, dovrà avvenire
sotto la sorveglianza di proporzionato numero di custodi atti all’incarico e previe le cautele
bisognevoli per impedire che gli animali danneggino l’altri proprietà.
14) Le capre e le pecore in tempo di notte dovranno essere rinchiuse in appositi recinti.
15) Dal 1° aprile al 30 giugno è vietato di condurre al pascolo bestiame per le campagne,
dovendo in detto periodo di tempo pascolarlo solo in montagna.
16) I volatili, anche di proprietà altrui, se sorpresi nella propria campagna, possono essere
confiscati ed uccisi dal proprietario.
17) E’ rigorosamente proibito di tenere cani vaganti per i campi, quelli addetti alla custodia delle
greggi e delle case coloniche, pagliai e simili, debbono tenersi con le debite cautele.
18) E’ vietato fare cumuli o depositi di sostanze combustibili, paglia, fieno, legna e simili a
distanza non minore di 50 m. dalla casa colonica, o da un aggregato di abitazioni o delle strade.
19) Le Guardie campestri hanno obbligo di denunciare al Sindaco le malattie di cui sono affette
le piante e specialmente le viti sotto pena della sospensione per la prima volta e del licenziamento
267
se recidivi.
20) Il Sindaco può, in caso di invasione di insetti, crittogrammi, animali e piante nocive
all’agricoltura, che danneggiano i seminati e le piante, imporre ai coltivatori ed ai proprietari l’obbligo
di distruggerli nel modo che esporrà con ordinanza emessa in seguito a parere dell’Ufficiale
sanitario o di un professore di agrario.
21) Le Guardie campestri dovranno sequestrare gli animali affetti da moria ed altre malattie
facili a propagarsi, dovunque si trovino, sulle pubbliche vie, nel mercato, o rinchiusi nelle stalle,
dandone in tempo avviso alle Autorità competenti.
22) E’ vietato trasportare per le strade campestri dei carri con carichi ingombranti, che possono
arrecare danno alla conservazione di buono stato delle strade medesime, od intercettare il transito
pubblico.
23) Le Guardie campestri e tutti gli Agenti di forza pubblica debbono accertare tutte le
contravvenzioni al presente regolamento, onde si provvede verso i contravventori ai sensi degli art.
218 e 220 della vigente legge comunale e provinciale e dell’art. 130 del regolamento del 1911 per
l’esecuzione di esse, salvo le maggiori pene stabilite dal Codice civile.
24) Le Guardie campestri oltre le altre facoltà che cloro dà la legge accerteranno le
contravvenzioni alle leggi e i regolamenti sulle acque pubbliche e le infrazioni che i carrettieri
commettono contro le leggi della viabilità, polizia stradale e del corso pubblico, come prima
debbono riferire al Sindaco le usurpazioni dei proprietari laterali alle vie di campagna, onde vi si
provveda a norma di legge.
25) Il Sindaco con apposita ordinanza provvederà per qualunque necessità che sorgesse non
presenta dal presente regolamento e per lavori che debbono farsi da privati, ed ove questi non vi
ottemperassero si faranno dal Comune, salvo a questa il diritto di rivalsa ai sensi di legge verso gli
inadempienti.
26) Le Guardie campestri hanno l’obbligo di evitare i passaggi abusivi nelle proprietà private, e
di sorvegliare la manutenzione e la polizia delle strade, ai sensi delle vigenti leggi e regolamenti,
nonché di adempiere a quanto è prescritto da leggi forestali e di bonifiche del regolamento di polizia
stradale e da leggi e regolamenti che interessano l’agricoltura in genere.
27) Nell’Ufficio comunale di polizia rurale è sempre ostensibile a disposizione del pubblico il
registro dei reclami.
28) Sono abrogati le disposizioni anteriori contrarie al presente regolamento. Il Consiglio a voti
unanimi lo approva.
23 .Regolamento di polizia urbana (approvatoli 13 aprile 1912)
Capo I – Corso pubblico e nettezza pubblica
1) Sarà proibito danneggiare o lordare in qualunque modo gli edifizi pubblici o privati e gustare
le statue, gli alberi, i sedili, od altri oggetti di pubblico uso e decoro.
2) Si dovranno lasciare in tutte le piantagioni, i fiori che adornano le passeggiate aperte al
pubblico, come pure sarà vietato di salire sugli alberi, di sfrondarli od altrimenti danneggiarli.
3) Sarà proibito di occupare in qualunque modo le piazze e le strade pubbliche senza speciale
permesso dell’Autorità comunale, salvo le disposizioni particolari per le fiere e mercati, non potendo
l’Autorità medesima permettere di occuparne oltre mezzo metro per le strade la di cui larghezza è di
m. 5, restando assolutamente vietata siffatta concessione per le altre strade di minor larghezza.
4) S’intenderanno comprese, nel divieto di occupare pubblico suolo: a) Le baracche di legno,
od altrove qualunque uso siano destinate; b) i tavoli e le sedie di caffè, bar e simili, quando le strade
su cui sono situati non presentino una larghezza almeno di 5 m.; c) i panchetti, fornelli, mortai e
qualunque altro oggetto servibile ad un mestiere o ad industria.
5) Sarà vietato di fermare carri o vetture sulle vie o piazze pubbliche, in modo che arrechino
ostacolo al libero passaggio, come pure è fatto divieto ai vetturini di condurre i loro veicoli a corsa
eccessiva o schioccando continuamente con la frusta.
6) Di notte i carri o vetture, senza distinzione, dovranno essere munite di lume.
7) Le vetture da nolo poi non possono stare ferme per riunire passeggeri se non nei luoghi
destinati dalla Giunta comunale e pubblicati con ordinanza del Sindaco. La giunta nel prescrivere ai
vetturini pubblici i luoghi di stazione ed i tipi di vetture, formerà anche la tariffa dei prezzi a tenore di
distanza, dei tempi, nonché la numerazione di ciascuno veicolo. A tale uopo è proibito l’esercizio di
quelle vetture che non soddisfino a tutte le condizioni di decenza e sicurezza, stabilite dal Sindaco,
le quali saranno sequestrate; come pure sarà proibito ai vetturini il fumare stando in servizio,
nonché l’esercizio quando non affidino per capacità, moralità e decenza nel vestire, secondo le
268
norme che determinerà la Giunta comunale.
8) Nessun potrà far protendere sul pubblico suolo pertiche, corde od altro, in modo da impedire
il passaggio ai viandanti, ai veicoli anche più elevati e con o senza carico.
9) I proprietari degli orti o giardini fiancheggianti luoghi pubblici, piazze o strade,
provvederanno a che gli alberi non proiettino rami su di esse.
10) Nell’innaffiare piante o fiori sulle finestre o porte che danno sul pubblico sito, si dovrà
impedire che l’acqua cadesse sulle vie e piazze sottoposte o fronteggianti.
11) Sarà proibito di tenere in pubblico sito, od alla vista del pubblico oggetti ripugnanti o
schifosi, o che possono imbrattare, ovvero recar molestia ai passanti, o mostrare nudità indecenti o
destare ribrezzo o spiacente.
12) E’ fatto divieto a tutti i conduttori di carri e carretti di trasportare roba che non si
condizionata in modo da evitare che parte di essa si sporga per la via durante il trasporto
nell’interno dell’abitato, come pure è vietato transitare con carichi eccessivi, ingombranti, o con
carretti o carrettini a mano, spingendoli dal di dietro colle stanghe in avanti anche se scarichi.
13) Lo sgombro delle nevi è fatta dai proprietari per i propri stabili, dal Comune per le vie e
piazze.
Capo II – Sicurezza dei luoghi pubblici
14) I depositi e le fabbriche di fuochi artificiali debbono essere situati fuori l’abitato alla distanza
determinata dalla Giunta comunale, intesa la Commissione edilizia e l’Ufficio d’igiene, ed osservate
altresì le disposizioni della legge di Pubblica Sicurezza al riguardo.
15) E’ proibito collocare sui balconi, finestre o terrazzi prospicienti nelle vie o piazze degli
oggetti, vasi, statue od altro, senza il debito permesso del Sindaco che può accordare dopo prese
le dovute cautele nell’interesse della pubblica incolumità.
16) E’ vietato di tener nell’interno dell’abitato cumuli o depositi di materie accendibili, come
paglia, fieno, legnami, paglia per sedie e sostanze soggette a combustione spontanea in generale.
17) E’ pure proibito costruire case e pannatoi di paglia o di materie combustibili, nell’interno
dell’abitato.
18) E’ proibito tenere nell’abitato animali incomodi o pericolosi, senza il permesso del Sindaco,
che l’accorderà solo nel caso che sia eliminata qualsiasi inconveniente per l’incolumità pubblica, la
sanità pubblica, la sicurezza pubblica ed il disturbo dei cittadini.
19) Per provvedere alla pronta estinzione degli incendi, il Comune potrà aver un corpo di
pompieri, od anche avvalersi dell’opera volenterosa e disinteressata di cittadini organizzati in
apposita associazione.
20) Nessuno potrà transitare per le vie e piazze pubbliche con falci montate, fucili carichi od
altre armi, o strumenti che possono facilmente riuscire pericolosi.
21) E’ vietato di tenere sulle logge, balconi e finestre vasi di fiori ed altro qualunque oggetto
senza che sia diligentemente assicurato ai muri, davanzali o prospetti.
22) E’ proibito di lasciare correre per le vie e piazze dell’abitato animali aggiogati a qualunque
specie di veicolo o sottosella, oltre il trotto.
23) I camini dovranno essere tenuti sempre puliti in modo che la soverchia fuliggine aderente
alle loro pareti interne non divenga causa d’incendio.
24) In caso d’incendio, appena dato il segnale, ognuno sarà obbligato di prestare recipienti per
acqua, scale a mano od altri ordigni atti a spegnere ed isolare il fuoco. Il Comune provvede a
propria spese agli attrezzi occorrenti, consegnandoli al Capo delle Guardie municipali con apposito
inventario.
25) Le case e gli edifici minaccianti rovina dovranno essere riparati. Se all’intimazione
dell’Autorità comunale le riparazioni non fossero eseguite nel termine, fissato il lavoro sarà fatto a
cura del Comune, salvo a questo il diritto di rivalsa dal proprietario ai sensi di legge.
Capo III – Esercenti pubblici
26) Chiunque vorrà intraprendere l’esercizio pubblico di qualunque oggetto commerciale, 15
giorni prima dell’apertura dovrà fare analoga dichiarazione alla Segreteria comunale, dove se ne
prenderà nota in apposito registro, nel quale si farà anche l’indicazione del sito dove l’esercizio
stesso dovrà essere aperto e sarà immediatamente comunicato all’Ufficio d’igiene per le
competenze di questi ove occorra. Alla medesima formalità sono sottoposti gli esercenti di
bevande, sostanze alimentari ed altri generi od oggetti derivanti dalle disposizioni di legge di
Pubblica sicurezza, sanitarie e speciali.
27) Gli esercenti dovranno presentare sufficienti garanzie d’idoneità e moralità e di aver mezzi
bastevoli per provvedere di generi lo spaccio che intendono aprire.
28) Nessun esercente può chiudere il suo esercizio senza averne dato avviso alla Segreteria
269
comunale un mese prima.
29) La Giunta comunale determinerà l’ora della notte in cui debbono chiudere gli esercizi da
caffè, bar, osteria, cantina e simili, ai sensi della legge di P.S.
30) I locali destinati ad uso d’esercizio o negozio dovranno avere sopra la porta d’ingresso
un’iscrizione in italiano a grossi caratteri indicanti il genere dell’esercizio ed il cognome e nome
dell’esercente.
31) Qualunque insegna scolpita e dipinta o iscrizione portante altre indicazioni, oltre a quelle
accennate dell’articolo precedente dovrà essere esaminata e permessa dal Sindaco.
32) Ciascun esercente pubblico, senza distinzione alcuna, dovrà tener su ciascuno articolo del
suo negozio un cartello visibile indicanti il prezzo del genere messo in vendita in moneta italiana ed
in peso unitario, ai sensi dell’art. 40.
33) I fornai non debbono far mancare il pane bisognevole per la popolazione. I venditori che
ricevono il pane dai fornai, sono responsabili direttamente della buona qualità e del peso esatto.
34) I mugnai dovranno tener aperto i loro mulini dall’alba di ogni giorno non festivo sino a due
ore dopo il tramonto. Nei casi di emergenza possono essere autorizzati ed obbligati a servire il
pubblico anche nei giorni festivi, od oltre le ore stabilite.
35) Per ogni chilogrammo di carne vaccino e bufelina non si possono dare più di 100 grammi di
ossa.
36) Tutti i venditori indistintamente debbono smerciare i loro generi per i prezzi stabiliti
dall’assisa e tener questa estensiva al pubblico in luogo visibile.
37) I venditori pubblici non possono negare agli avventori la vendita di generi che tengono
esposti al pubblico, né possono tenerli nascosti nella propria bottega ed in casa propria, sotto
pretesto di averli ad altri promessi o venduti.
38) Nei giorni di pubblico mercato non possono i venditori pubblici acquistare dagli immittenti
nelle strade che conducono al medesimo qualsiasi genere, affinché ognuno possa,
direttamente,comprare e vendere nel mercato.
39) Tutti gli esercenti in luogo aperto ed i venditori ambulanti o girovaghi sono anch’essi
sottoposti alle disposizioni dei regolamenti sanitari e di pubblica sicurezza.
40) E’ assolutamente vietato di segnare il prezzo per frazioni di chilo, dovendosi tenere
pubblicamente esposto e praticare solo quello unitario del kilogrammo in lire e centesimi, ed
osservare in tutto e per tutto il sistema metrico legale.
41) I venditori ambulanti o girovaghi di sostanze commestibili e bevande debbono, prima di
mettere in vendita i generi, avere il permesso dall’Autorità comunale e l’ispezione dell’Ufficiale
sanitario e sottostare alle disposizioni del peso e del prezzo di cui all’art. 39.
42) I venditori di neve e ghiaccio debbono far uso della bilance forata e prestarsi a qualunque
richiesta in qualsiasi tempo sia di giorno che di notte e venderla per il prezzo legalmente fissato dal
Sindaco reso visibile. Ai sensi dell’art. 32. Gli stessi non debbono in alcun tempo fare mancare la
neve od il ghiaccio nel Comune e verificandosi tal caso il Sindaco provvederà all’occorrenza,
facendone acquisto ovunque crederà opportuno a danno, interesse e spese dei neveiuoli, i quali
per la spesa, dovranno sottostare all’apertura della suddetta Autorità. I venditori di neve e ghiaccio
dovranno tenere aperte le loro botteghe sino a quella ora che è stabilita dalla Giunta comunale ed
uniformarsi al disposto degli art. 26 e seguenti del presente regolamento.
43) I venditori di carbone debbono smerciare tal genere per il prezzo che sarà fissato
dall’assisa ed in ogni modo reso visibile, ai sensi dell’art. 32; e detto genere dev’essere asciutto
senza alcuna manifattura che ne alteri la qualità, il peso ed il prezzo, e debbono uniformarsi a
quanto sta determinato negli art. 26 e seguenti del presente regolamento.
Capo IV – Fiere e mercati
44) Le merci, i combustibili, i commestibili, gli animali e qualunque altro genere potranno
essere posti in vendita nei giorni di fiera o mercato solamente nei siti determinati dalla Giunta
comunale, la quale stabilirà pure nel pubblico mercato i sito ove dovranno porsi i diversi venditori ed
i genere da smerciare con distanza proporzionata in modo da rendere libero il passaggio agli
abitanti tanto a piedi che con cavallo.
45) I sensali o mediatori di ogni specie, dovranno essere regolarmente approvati e patentati a
termine di legge. Tutti i sensali adibiti nei contratti di cereali, frutta, carne da macello od altri generi
di cui agli art. 46, 47 e 48 nei giorni di mercato, debbono portare nella Casa comunale un’ora dopo
conchiuso il contratto, per rivelare il compratore, il venditore, la qualità ed il prezzo del genere
contrattato, acciò l’Ufficio comunale possa compilare la relativa mercuriale, ai sensi dell’art. 46.
46) La mercuriale dovrà essere compilata in base al sistema metrico legale sui generi che sono
commerciati nel mercato settimanale del martedì, e salva il disposto dell’art. 48.
47) L’assisa o calmiere sarà posta sui generi di prima necessità in uso, come pane, paste, olio,
270
carboni, e per quegli altri generi che la Giunta comunale crederà, nel pubblico interesse, applicarla,
in base al sistema metrico legale, ed ai prezzi del mercato settimanale, accertati con la mercuriale
di cui all’articolo precedente e salvo per gli altri generi di cui all’art. 48.
48) Frutta, ortaglia od erbaggi di cui si tiene mercato quotidiano, avranno invece l’assisa ogni
giorno appena il mercato sia terminato, ove la Giunta stabilisce avvalersi del disposto dell’articolo
precedente per questi generi.
Capo V – Pesatori, misuratori, vetturini, facchini e simili
49) Nessuno potrà esercitare nel Comune il mestiere di pubblico pesatore, misuratore,
vetturino da nolo, facchino, lustrascarpe e simili senza farne preventivo dichiarazione nella
Segreteria comunale ed averne ottenuto il permesso dal Sindaco, e salvo le disposizioni della legge
di P. S.
50) I pesatori, i misuratori ed i facchini, dovranno soddisfare con prontezza e precisione alle
richieste che fossero loro fatte, tanto dei cittadini che dei forestieri.
51) Insorgendo questioni fra chi richiede l’opera del facchino, del pesatore, del misuratore o del
vetturino da nolo e simili, sul prezzo dell’opera prestata si potrà ricorrere all’Autorità comunale pel
suo arbitrato.
52) I facchini saranno muniti di una tessera ed una targhetta, indicante il loro numero
d’iscrizione che non potranno mai cedere ad altri. La Giunta è autorizzata a fare le singole tariffe
per i compensi dovuti ai facchini, pesatori e misuratori pubblici. I facchini possono formare
carovana, ma con regolamento approvato dalla Giunta comunale.
Capo VI – Suono delle campane
53) Il suono delle campane è regolato come segue: a) è proibito il suono della campane dal
tramonto all’alba (senza un permesso speciale del Sindaco e per motivi giustificati); b) è permesso
il suono delle campane per semplici annunci di funzioni religiose dall’alba al tramonto del sole, ma
con brevi rintocchi onde non arrecare disturbo al pubblico; c) è permesso il suono delle campane in
ore straordinarie ed in determinate solennità, con quelle modalità che darà il Sindaco.
Capo VII – Disposizioni generali
54) Le guardie comunali e gli agenti di forza pubblica hanno specialmente l’incarico di vagliare
sull’osservanze delle prescrizioni del presente regolamento.
55) Per i contravventori al presente regolamento si osserveranno le disposizioni e le norme
della legge comunale e provinciale del 21 maggio 1908, nonché quelle della legge 12 febbraio 1911
per l’esecuzione della legge suddetta, salvo sempre le, pene maggiore stabilite dal Codici penale.
56) Nell’Ufficio di Polizia urbana, a disposizione del pubblico è ostensibile il registro dei reclami.
57) Per l’esecuzione del presente regolamento si osserveranno altresì le disposizioni stabilite
nelle leggi e nei regolamenti che ad esso si riflettono.
58) Sono abrogate tutte le disposizioni antecedenti contrarie al presente regolamento o che
provvedono sulle materie sulle quali esso dispone.
Allegato A – Tariffa dei diritti comunali, in base, al regolamento di polizia
urbana vigente. 1. Licenza di apertura di esercizio o spaccio pubblico - per una volta lire. 5; (non
compreso nella tabella allegato al reg. d’igiene); 2 Licenza di occupazione permanente di suolo
pubblico di annua “ lire 12; Area pubblica, o di sporgenza dei pubblici esercizi di Vendita, per ogni
metro (fuori i giorni di fiera o mercato); 3 Licenza di occupazione temporanea, non oltre le 24 ore
lire 1; di suolo pubblico o di area, o di sporgenza di negozi, per ogni metro (fuori i giorni di fiera o
mercato); 4.Vidimazione annua della licenza di cui art. 1“ lire 1; 5. Per occupazione si suolo
pubblico o area in tempo di fiera o di mercato. E tanto sul suolo adibito a questo scopo quanto per
le vie e piazze. Adiacenti alla fiera o mercato, determinata dalla Giunta comunale: a) per
occupazione di suolo per cereali, legumi secchi, frutta secca, semi oleosi, baide, per ogni posto non
eccedente l’ettolitro, per ogni ettolitro cent. 0,09; b) per occupazione di suolo per i venditori di
salumi, salami e formaggi caprini, per ogni posto eccedente i 50 Kg. di merce – cent.0,40; idem da
10 a 50 Kg. di merce cent. 0,20 per ogni posto per merce eccedente il peso di Kg 4 fino a 10 cent.
0,10; c)per occupazione di suolo per venditori di latticini freschi, secchi e salati, olio di oliva, paste
lunghe e minute, per ogni posto cent. 0,40; d) per occupazione di ogni posto di venditore di
cuoiame, botti, carboni cent. 0,40; e) per occupazione di ogni posto di semenzaio, pasticciere,
pizzaioli e simili cent. 0,20; f) per occupazione di ogni posto di canapa grezza o pettinata per ogni
fascio di kg. 80 cent. 0,20; per quantità inferiore ad 80 e fino a 20 kg. cent. 0,09; g) per occupazione
di ogni posto di residui di canapa per ogni quintale cent. 0,15 per quantità inferiore cent. 0,10; h) per
posto di tela casalinga per oltre m. 15 cent. 0,09 per quantità inferiore non si paga diritto alcuno; i)
posto di generi di tessuti, panni, seterie, telerie e simili non eccedenti metri 10 cent. 0,40; k) posto di
oreficerie, argenterie, corallai, non eccedenti a m.10 cent. 0,40; l) posto di venditore di cappelli,
271
berretti, paglie, berrettini, calze, scialli, scarpe, suppellettili chincaglierie, bisciotterie, terraglie,
cretaglie, cristallerie, oggetti di vetro, recipienti di legno, ombrelli, ferrarecce, attrezzi da cucina,
oggetti di rame, coltelli e simili, oggetti di cancelleria, minuterie cent. 0,20; m) posto di venditore di
libri, giocattoli, crivelli, setacci, canestri, ventagli, panieri, cesti, scale cent. 0,10; n) posto di
venditore di sorbetti, acqua gelata, sciroppi, gassose e bevande cent. 0,20; o) venditore di polli,
selvaggina, animali da cortile, cacciagione cent. 0,10; p) venditore di pesci, crostacei, molluschi
cent. 0,25; q) ogni posto di ortaglie, erbaggi, se lo spazio occupato è di m.2 cent. 0,15 per ogni
metro in più Cent. 0,10 per ogni sporta o cesto Cent. 0,009; r) per ogni carro di cipolle od agli, del
mese di agosto, provenienti da altri comuni Cent. 0,30; s) posto di venditore di frutta, patate crude o
cotte, pomidoro, legumi freschi, per ogni sporta Cent. 0,09; t) per ogni carro di cocomeri, cocuzza,
meloni, poponi Cent. 0,40; u) per occupazione di animali da macello e per ogni animale venduto per ogni bovino lire. 2; per ogni ovino cent. 0,25; per ogni capretto cent. 0,15; per ogni agnello cent.
0,15; per ogni maiale cent 0,50; per ogni maiale lattante cent. 0,25; •v) per occupazione di spazio di
animali equini non si paga diritto alcuno. Avvertenze: 1.Il pagamento dei diritti di cui all’art. 2 sarà
fatto a rate mensili; 2. Il mese cominciato si avrà per completo; 3.I diritti di occupazione indicati nella
presente tabella annessa al regolamento di Polizia urbana vigente sono riscossi in forza dell’art.
118 delle leggi 1869 e comunali e provinciali; 4.Sono esenti dal pagamento dei diritti di cui all’art. 2 i
venditori di gramigne ed erbe per foraggi; 5. Nel mercato quotidiano, escluso il martedì, non si paga
diritto alcuno per i commestibili, ortaglie, frutta, legumi, erbaggi, funghi, pesce, selvaggina ed
animali da cortile destinati all’alimentazione; 6. L’occupazione del suolo da permettersi sia nelle
piazze che nelle vie principali stabilito dalla Giunta non potrà eccedere cm. 50 di sporto e m. 24 di
lunghezza, tenuto conto del regolamento d’igiene sanitario per la decenza e igiene pubblica e del
presente regolamento di polizia urbana.
24 .Regolamento per la scuola musicale di Maddaloni e banda annessa.
(Approvato il 28 giugno 1915)
1) E’ istituita nel comune di Maddaloni e sotto il patronato del Municipio una scuola gratuita per
istruire ed avviare i giovani operai nell’arte musicale. Con i migliori elementi della scuola stessa
sarà anche istituita una banda.
2) La scuola musicale e la banda annessa saranno amministrate da apposita Commissione,
presieduta dal Sindaco o da un Assessore da lui delegato e composto di sei membri, due dei quali
dovranno essere consiglieri comunali, eletti tutti dal Consiglio comunale. Funzionerà da Segretario
della Commissione un impiegato del Comune designato dalla Giunta municipale. Al detto
Segretario sarà corrisposto a spesa del Comune un emolumento mensile di lire 10. Egli funziona
anche da Tesoriere della scuola.
3) L’insegnamento musicale sarà impartito da un maestro retribuito dal Comune, con lo
stipendio annuo di lire 1200 e sarà nominato dal Consiglio comunale. Il detto maestro sarà anche il
Direttore della banda.
4) Il patrimonio della scuola musicale è costituito: a) della somma di lire 588, fondo residuo
della disciolta banda; b) del vestiario-uniforme, degli strumenti e dell biblioteca musicale provenienti
dalla banda anzidetta, descritto in apposito inventario; c) della speciale tassa che a cura del
maestro sarà esatta dalle Commissioni di feste fuori del Comune, e la cui tariffa sarà di lire 15 per
un giorno solo e lire 5 per tutti i giorni successivi.
5) Della somma di lire 588 e degli introiti delle feste previsti nel precedente articolo, sarà fatto
deposito su libretto postale a cura e responsabilità del Segretario-tesoriere, intestato alla scuola
musicale.
6) A prelevamenti dal detto libretto dovranno effettuarsi soltanto con la firma del Sindaco il
quale firmerà anche i mandati di pagamento.
7) La manutenzione e la rinnovazione del vestiario-uniforme, degli istrumenti e della biblioteca
musicale resta a carico della scuola.
8) Il numero degli allievi è illimitato. Chi aspira ad essere allievo dovrà presentare domanda in
iscritto alla Commissione. Non sarà ammesso chi non gode buona condotta; ogni anno, nel mese di
giungo, alla presenza della Commissione avranno luogo gli esami e gli allievi approvati passeranno
a formare parte della banda, ed in tal caso sarà ad essi fornita l’uniforme. Il maestro per tali esami
avrà voto deliberativo. Gli allievi sono distinti in due categorie, allievi gratuiti e allievi a pagamento. I
primi, per l’ammissione alla scuola dovranno esibire il certificato di povertà, gli altri pagheranno una
tassa mensile di lire 3, che sarà versata nel libretto postale di cui all’art. 5.
9) La scuola è aperta nei giorni di lunedì, mercoledì e sabato con l’orario seguente: dal mese di
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novembre a tutto aprile dalle ore 08.30 alle 11.00; dal mese di aprile a tutto ottobre dalle ore 07.30
alle 10.00.
10) In corrispettivo di quanto il Comune largisce alla scuola, la banda annessa alla scuola
presterà gratuitamente i seguenti servizi:: a) nei giorni di Feste Nazionali; b) nelle feste del Patrono
e del Corpus Domini; c) suonare in piazza una volta la settimana durante i mesi dal maggio a tutto
ottobre, sempre che la banda non sia assente dal Comune; d) nelle straordinarie occasioni a
richiesta dal Sindaco, sempre che per quella occasione non abbia precedenti impegni.
11) La Commissione musicale nominerà, scegliendo tra le parti della banda, un sottocapo, il
quale sostituirà il maestro in caso di urgenza.
12) I componenti della banda nei pubblici servizi vestiranno l’uniforme, al solo maestro è
tollerato il vestire l’abito civile. Ogni allievo e componente la banda ha l’obbligo di ben custodire lo
strumento e la divisa affidatogli. Nel caso che l’uno o l’altra venga sudiciata, sarà egli possibile di
punizione disciplinare e sarà inoltre tenuto alla rivalsa del deprezzamento. Qualora cessino, per
qualsiasi cause, di far parte della scuola e della banda, avranno l’obbligo della restituzione della
divisa e dello strumento di cui siano in possesso.
13) E’ permesso alla banda di prestare servizio per feste, processioni , funerali, teatri tanto in
città quanto fuori del Comune. In tali casi il Sindaco o di chi per lui, insieme al maestro ed una
rappresentanza di quattro componenti della banda, tratteranno con i richiedenti per i prezzi e le
condizioni del servizio da prestarsi. Per i suddetti servizi spettano al maestro, alle prime parti 1 e1/2
ciascuno e gli altri componenti saranno compensati in parti uguali.
14) Le pene disciplinari sono: a) ammonizione dal Sindaco; b) sospensione dalla scuola da uno
a tre mesi per gli allievi e multa da lire una fino a lire dieci per i componenti della banda ; c)
espulsione dalla scuola. Le multe saranno ritenute dagli incassi straordinari delle feste e saranno
versate nel libretto postale. Le pene alle lettere b e c sono applicate dalla Commissione.
15) La Commissione musicale: a) amministra la scuola e la banda annessa e ne cura il
regolare andamento; b) fa osservare ed eseguire il presente regolamento; c) delibera sulle
ammissione degli allievi e in tutte le proposte attinenti alla scuola medesima.
16) Il Segretario-tesoriere: a) assiste alle sedute della Commissione e ne redige i verbali,
dandovi esecuzione; b) dovrà tenere il registro di contabilità della banda.
17) Il maestro direttore della scuola:a) è responsabile dell’insegnamento e delle esecuzioni
musicali; b) dovrà badare alla conservazione degli strumenti, della biblioteca musicale, e di tutti gli
altri oggetti ed arredi di proprietà del Comune di cui è responsabile; c) è obbligato di far rapporti alla
Commissione di tutto ciò che avviene nella scuola.
18) Per tutte le questioni che potessero sorgere e che non fossero contemplate nel presente
regolamento delibererà la Commissione.
Disposizioni transitorie
19) Qualora fra i primi allievi che formeranno la scuola vi siano elementi riconosciuti idonei, si
formerà senz’altro una banda musicale.
20) Fino a che il sig. Barbato Gaetano, direttore della disciolta banda musicale, potrà prestare
servizio, resta lui nominato maestro della scuola e della banda con stipendio annuo di lire 2000 ivi
compreso quello che già possa aver diritto verso il Comune per funzioni ed altro. Con l’assumere il
servizio di cui il presente regolamento, s’intende che il Barbato abbia rinunziato alla liquidazione
della pensione e di ogni altro assegno, ed il nuovo servizio, agli effetti della pensione e d’altri
eventuali assegni, s’intende continuativo e senza integrazione, dal servizio già prestato come
Direttore della disciolta banda musicale.
25 .Norme per l’esercizio del mestiere dei caprai da comprendersi nel
Regolamento di polizia urbana e rurale (Approvato l’8 novembre 1902)
1) Chiunque esercita il mestiere di capraio è obbligato a depositare nella Cassa comunale una
lire per ogni capo di bestiame, tale deposito serve come fondo di garanzia per le eventuali violazioni
delle disposizioni contenute nel presente regolamento. Qualora i caprai non paghino a tempo debito
le multe loro inflitte dall’Autorità competente, esse multe saranno prelevate dal suddetto fondo di
garanzia, però tale fondo alla fine di ogni mese verrà dall’interessato essere reintegrato nella sua
totalità e chiunque non ottemperi tale obbligo può dal Sindaco e dalla Giunta essere punito con un
ammenda non oltre le lire 25.
2) I caprai sono obbligati a custodire le capre dal 1° maggio a tutto il 31 ottobre in campagna.
Può tuttavia il Sindaco, per altri motivi e in qualunque stagione dell’anno, ordinare che le capre
siano ricoverate fuori dell’abitato.
273
3) E’ vietato assolutamente ai conduttori di capre di asportare lunghi bastoni, essi debbono
usare fruste di lunghezza non oltre m. 1,25. Chiunque viola tale disposizione è punito con la multa
da una lire a venticinque.
4) Chiunque esercita il mestiere di capraio è personalmente responsabile dei danni prodotti
tanto dai conducenti quanto dalle capre. Qualora siano sia ignoto o non possa un altro modo
accertarsi l’autore del danno, esso verrà solidamente risarcito da tutti i caprai esercenti del
Comune, salvo l’adito dell’Autorità giudiziaria competente da parte dell’Amministrazione comunale.
5) In caso di recidiva violazione alle suddette disposizioni , i caprai oltre il pagamento della
multa di lire 25 saranno dal Sindaco deferiti all’Autorità di P.S. per gli opportuni provvedimenti di
legge. Mentre al Regolamento di polizia urbana vengono aggiunti: Per la distribuzione del latte tanto
le capre che le vacche possono circolare per le vie delle città, nell’inverno dall’alba alle nove, e
nell’estate dall’alba alle sette. Nelle ore pomeridiane tale distribuzione non può cominciare prima
delle ore del tramonto. E’ severamente vietato far circolare i caproni nell’interno della città insieme
alla capre. Ai contravventori alle suesposte disposizioni sarà inflitta una multa che poi estendersi da
una lire a venticinque. Le guardie municipali sono incaricate dell’osservanza delle suesposte
disposizioni.
26 .modifica del locale regolamento d’igiene in rapporto alla panificazione del
pane e delle paste (Approvata il 18 gennaio 1904)
1) E’ vietata la vendita di pane che contenga una quantità di acqua maggior del 36%, ne più del
2% di sostanze minerali, astrazione fatta dal cloruro di sodio aggiunta per la salatura, né meno
dell’1,9 di azoto riferita a 100 parti di sostanza secca, dedotta il cloruro di sodio.
2) La lavorazione del pane e delle paste alimentari avrà luogo con tutte le cautele di nettezza
per quanto riguarda gli ambienti, gli attrezzi ed il personale.
3) I locali destinati alla panificazione saranno asciutti, ventilati e perfettamente puliti ed
imbiancati, non comuni saranno con gli usi stalle, né saranno adibiti a stanza da dormire.
4) Le madie saranno di pietra levigata, o metalliche o legno levigato.
5) E’ vietato attendere alla panificazione incompletamente vestito o con vesti sudice.
6) Gli operai avranno un apposito dormitorio.
7) Le pasti alimentari non dovranno contenere meno dell’1,9% di azoto riferito a 100 parte di
sostanza secca.
27 .Regolamento per l’applicazione della tassa sugli esercizi e rivendite
Approvato il 18 novembre 1905)
1) E’ istituito nel Comune di Maddaloni la tassa di esercizio e rivendita, ai sensi dell’art. 13 della
legge 25 gennaio 1902 (allegata A) e del regolamento approvato con R. Decreto 23 marzo 1902.
Per l’accertamento e per l’applicazione della tassa saranno osservate le modalità e i termini
seguenti.
2) Agli effetti della tassazione gli esercizi e le rivendite saranno classificate come segue:
Classe Entità economica complessiva dell’esercizio o della Tassa Rivendita in ragione del
reddito
1^da 7001 in su lire 250
2^da 6001 a 7000 200
3^da 5001 a 6000 150
4^da 4501 a 5000 120
5^da 4001 a 4500 105
6^da 3501 a 4000 90
7^da 3001 a 3800 75
8^da 2501 a 3000 60
9^da 2001 a 2500 50
10^da 1501 a 2000 42
11^da 1401 a 1500 36
12^da 1001 a 1250 30
13^da 751 a 1000,25
14^da 501 a 750 19
15^da 401 a 500 14
16^da 301 a 400 10
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17^da 201 a 300 7
18^da 101 a 200 4
3) L’importanza di ciascun esercizio deve essere tradotta in cifra, che ne rappresenti la
complessiva entità economica ove trae gli elementi da cui si deve desumere tale importanza,
manchi quella della pigione effettivamente pagata, si terrà conto della presente.
4) Chiunque tenga un esercizio o rivendita nel Comune deve farne la dichiarazione alla Giunta
municipale entro il mese di gennaio mediante scheda, che si distribuisce gratuitamente presso
l’Ufficio comunale. Per coloro che sono soggetti a potestà patria o maritale, a tutela, a cura, o sono
diversamente da altri rappresentanti, la dichiarazione sarà fatta dal rappresentante o
amministratore della legge comunale.
5) La dichiarazione può essere fata per conto del contribuente o anche da un mandatario o
incaricato speciale; il mandato o l’incarico può risultare anche da semplice lettera. Il documento
giustificativo del mandato o dell’incaricato deve essere e rimanere annesso alla scheda di
dichiarazione. La dichiarazione è datata e sottoscritta da chi ha l’obbligo o l’incarico di presentarla.
Il dichiarante che non sappia scrivere può far riempire la scheda da persone di suo fiducia, che la
firma ne di lui vece attestando di far ciò alla presenza o per incarico dell’interessato. Può anche fare
la sua dichiarazione orale all’Ufficio comunale da cui viene riportata sulla scheda da firmarsi dal
ricevente alla presenza di che fa le dichiarazioni. L’Ufficio comunale rilascerà ricevuta della
dichiarazione fatta.
6) La dichiarazione è obbligatoria: a) quando si tratti di istituzioni di nuovi esercizi o di nuove
rivendite; b) quando siasi verificata aumento dell’importanza degli esercizi o delle rivendite esistenti;
c) quando siano intervenute variazioni nella qualità degli esercizi o delle rivendite, nel luogo ove
sono situate, o nei titolari rispettivi.
7) Hanno l’obbligo di fare la dichiarazione, nel Comune ove è situato l’esercizio o la rivendita,
anche coloro i quali, per essere l’esercizio e la rivendita parte integrante di altri situati in diverso
Comune ritengono di dover ivi pagare la tassa per l’entità complessiva degli esercizi o delle
rivendite.
8) La dichiarazione da chi possegga esercizio o rivendita tra loro distante, deve essere fatta
indicando separatamente poi ciascuna esercizio o rivendita la relativa importanza. Qualora gli
esercizi o rivendite non siano tra loro distinte, deve la dichiarazione separatamente contrassegnarli,
pure indicando la importanza complessiva di essi.
9) L’istituzione di esercizi e rivendite nel corso dell’anno dovrà essere dichiarata entro un mese
dal giorno in cui ha avuto luogo. L’istituzione degli esercizi e delle rivendite non continui o
temporanei, dei quali è cenno nell’art. 2 del regolamento 23 marzo 1902, dovrà essere dichiarata
nei 15 giorni successivi alla scadenza d’esenzione. I contribuenti debbono presentare le domande
di rettifiche per variazioni sopravvenute nell’esercizio, non oltre il 30 giugno di ciascuno anno.
10) La matricola di cui all’art. 11 Regolamento 25 marzo 1902 deve essere compilato ogni
anno entro il mese di febbraio e pubblicata entro un mese della sua compilazione.
11) Le notificazioni di cui art. 11 del Regolamento 25 marzo 1902 nonché tutte le altre da farsi
per l’applicazione della tassa di esercizio e rivendita, debbono essere eseguite da messi comunali.
La notificazione ha luogo mediante consegna dell’avviso alla persona del contribuente. Quando la
consegna non può essere fatta alla persona del contribuente, l’avviso viene consegnato nel locale
dell’esercizio o rivendita, o nella casa di abitazione del contribuente medesimo, ad uno della
famiglia di lui o addetto all’esercizio o riv., alla casa o al servizio dal contribuente. In mancanza del
contribuente o delle persone sopraindicate, o in caso di rifiuto di ricevere l’avviso, questo è affisso
alla porta dell’esercizio o della riv. O dell’abitazione, e il messo ne fa l’attestazione. Per gli enti
morali, per le società civili e commerciali e per tutti gli altri istituti, compresi quelli indicati nell’art. 1
n° 3 Regolamento 23 marzo, la consegna dell’avviso è fatta al loro rappresentante, o a chi è
autorizzato a ricevere le notificazioni. Il messo ritira sempre ricevuta dal consegnatario; se il
consegnatario non può o non vuole firmare, il messo ne fa espressa dichiarazione nell’atto di
referto, indicando la causa della mancanza di firma del consegnatario. Quando il contribuente non
abbia più nel Comune abitazione, esercizio o riv., l’avviso viene affissi alla porta del palazzo del
Comune per otto giorni consecutivi, è il segretario comunale certifica della eseguita affissione sotto
la firma del messo nello stesso Le notificazioni si fanno sempre constare da relazioni in doppio
originale sottoscritta dal messo, nelle quali devono essere indicati il giorno, il mese e l’anno della
notificazione, la persona a cui l’avviso fu consegnato, e la qualità del consegnatario, se questi non è
il contribuente. Un originale della dichiarazione è rilasciata al consegnatario dell’avviso, e l’altra è
restituita all’ufficio comunale.
12) Nell’avviso da notificare al contribuente è sempre indicato il numero della classe, alla quale
venne assegnato, l’imposta attribuita all’esercizio o alla riv., e la rispettiva tassa annuale.
275
13) Sui ricorsi, di cui all’art. 11 del Regolamento, decide in primo grado una Commissione di
accertamento, composta di 5 membri, eletti dal Consiglio comunale. Alla Commissione di
accertamento sono altresì aggregati dal Consiglio comunale tre membri supplenti, i quali
sostituiscono i membri effettivi nell’assenza di questi. I membri supplenti possono intervenire alle
adunanze della Commissioni per fornire schiarimenti e coadiuvante nei lavori, essendo anche
relatori sui ricorsi, ma non hanno voto deliberativo, se non quando suppliscono all’assenza dei
membri effettivi. Di quest’assenza si deve sempre far menzione nel verbale.
14) Elezione membri…….
15) La Commissione (o la Giunta) alla quale è affidata la decisione sui ricorsi relativi;
all’applicazione della tassa delibera circa ciascun ricorso in un numero dispari, astenendosi, ove
occorra, il componente meno anziano che non sia relatore.
16) Nell’adempimento delle funzioni attribuitogli dal presente Regolamento, la Commissione di
Accertamento (o la Giunta) può: a) Consultare tutti i registri, gli atti e gli scritti esistenti nell’ufficio
del Comune, ove ha luogo la tassazione; b) chiamare presso di se, per averne chiarimenti tanto il
contribuente, quanto ogni altra persona, anche appartenente a pubbliche Amministrazioni; c)
Accedere per ispezione di locali destinati all’esercizio o alla riv., costituente sede della società ed
istituto……. c) consultare atti e scritti di altre Amministrazioni pubbliche, sempre con il consenso
dell’Amministrazione pubblica da cui la persona da consultarsi dipenda, o presso cui si trovano gli
atti da esaminare.
17) Il contribuente che ha presentato reclamo per chiedere di essere sentito personalmente
dalla Commissione, nel qual caso il Presidente della Commissione deve far conoscere
all’interessato il giorno fissato per la discussione, mediante avviso da notificarsi nelle forme dovute.
La domanda di audizione personale può farsi dal contribuente nello stesso ricorso del contribuente,
escluso peraltro i procuratori e i rappresentanti speciali.
18) La Commissione rende le sue decisioni sui ricorsi entro un termine di giorni quindici. Il
Presidente trasmette all’Ufficio comunale le decisioni testuali da mano in mano che sono emerse,
unendovi le schede, i reclami e i relativi documenti. Le decisioni prese in primo grado dalla
Commissione (o la Giunta) sono notificate nella parte dispositiva entro il termine di giorni cinque agli
interessati. Questi possono chiedere all’Ufficio comunale di vedere il testo della decisione, che lo
riguarda, ed anche domandarne copia, corrispondendo i relativi diritti. Contro le decisioni di primo
grado è ammesso l’appello, tanto dal contribuente, come dal Comune.
19) Anche la Giunta Prov. Amm/va ha le medesime facoltà concesse dall’art. 16 alla
Commissione di accertamento……………
20) Il ricorso all’Autorità giudiziaria è ammissibile decorsi sei mesi dall’ultimo giorno della
pubblicazione del ruolo, o dalla notificazione dell’ultima decisione amministrativa, quanti sia
posteriore al ruolo.
21) Agli effetti dell’art. 16 Regolamento 23 marzo 1902, le scadenze ordinarie per il pagamento
della tassa sono ripartite in tre rate uguali e pagabili ciascuna rispettivamente il giorno dieci dei
mesi di agosto, ottobre e dicembre.
28 .Capitolato riscossione dei dazi di consumo governativi e comunali, tassa
sugli animali vivi che si vendono al pubblico mercato, tassa di suolo pubblico,
tassa di esercizio del pubblico macello, e diritto di peso e misura, per il
quinquennio 1906-1910 (Approvato il 20 gennaio 1906)
1) Il Comune concede in appalto la riscossione dei dazi, della tassa gli animali vivi che si
vendono sul pubblico mercato, della tassa di suolo pubblico, della tassa di esercizio del pubblico
macello e del diritto di peso e misura pubblica.
2) Le strade che potranno percorrersi per introdursi i generi soggetti a dazio nella cinta daziaria
sono: a) La strada che da S. Clemente, frazione di Caserta, mena all’interno di questo comune per
il Corso Campano; b) la strada che da S. Nicola la Strada conduce alla via interna, denominata
Appia; c) la strada da Napoli che dalla cosi detta Rotonda mena a questo Comune per la stazione
di Maddaloni Inferiore; d) la strada Sannitica, che da Ponte Carolino, per il Mulino mena in questa
Città, mena alla strada detta pure Ponte Carolino; e) la strada che da Montedecore porta per la
Madonna delle Grazie alla Starza; f) la strada che dal Macello vecchio mena allo stesso punto detto
Starza; g) e finalmente l’ultima che da S. Marco Evangelista mena a Maddaloni per la suddetta
stazione ferroviaria di Maddaloni Inferiore.
3) L strada da percorrersi da color che transitano per la cinta daziaria trasportando generi
daziabili diretti altrove sono: Corso Campano, Piazza S. Sofia, Via Ponte Carolino e Via Appia.
276
4) L’appaltatore sarà obbligato a fornire la neve occorrente agli abitanti del Comune, tenendo
aperti al pubblico non meno di sei esercizi di vendita di detta neve nei mesi di maggio, giugno,
luglio, agosto, settembre e ottobre. I suddetti sei esercizi di vendita di neve in tempo di asta
saranno situati: Piazza Santacroce; Piazza Umberto I; Piazza S. Eustacchio o largo Teglia; Via
Bixio, gia S. Martino; Trivio; presso il Molino in via Ponte Carolino. I siti saranno aperti dall’alba alle
ore tre dopo l’Avemaria. In caso di notte occorresse ai cittadini della neve, l’appaltatore non potrà
negarsi a somministrarla, per qualunque caso d’urgenza abbisognasse. Egli è obbligato di tenere
una quantità, in deposito, la quale nei mesi estivi non potrà essere minore di quintali quattro, e nei
mesi d’inverno, autunno e primavera, non meno d’un quintale.
5) Nel caso di mancanza della neve il Sindaco sarà facoltato di acquistare ovunque, a danno
dell’appaltatore, il quale non potrà fare veruna osservazione sia riguardo all’accertamento della
contravvenzione e sia riguardo alle spese occorse sul riscontro.
6) La neve deve essere di buona qualità, senza loto, senza gelo e senza gragnola, ma di
fiocca, e sarà soggetta all’assisa stabilita dell’Amministrazione.
7) L’appaltatore non dovrà riscuotere il dazio che s’introducono contemporaneamente sui letti
di ferro usati, né su tutto il materiale occorrente per l’impianto e mantenimento della luce elettrica
pubblica e privata in questo Comune, né su quelli necessari per la conduttura d’acqua nel Comune,
e ciò per tutta la durata dell’appalto.
29 .Rettifica della cinta daziaria del Comune chiuso di Maddaloni
(Approvata il 15 novembre 1915)
La cinta daziaria
Primo tratto incomincia, per colui che viene dai Ponti della Valle, percorrendo la provinciale
Sannitica, dall’angolo della fornace calcare di Vigliotti Salvatore fu Michele. Tale per la strada che si
sviluppa accanto a detta fornace e gira sulla destra pel fondo rustico del rev. D. Salvatore Raffone
di Francesco. Si apre un passaggio nella siepe, a monte, di fichi d’India, di detto fondo Raffone,
prosegue per di dietro a tutti i fabbricati della salita “Zipeppe” e, sviluppandosi, per le località
denominate Ma strilli, Fossa, Castelluccia e Traforo grande, giunge al Traforo piccolo, della linea
ferroviaria Caserta-Maddaloni-Benevento.
Secondo: dal lato sud del posto daziario sulla via Sannitica, per la strada vecchia a ridosso
della garitta daziaria di Ponte Carolino, e precisamente al confine del muro della strada. Ivi per una
scarpata, da aprirsi, si discende nel fondo rustico della signora d’Errico Michelina, maritata Massari
dal Casella (Caserta). Da questo fondo, percorrendo gli esistenti viottoli di confine, si attraversano i
termini dei signori comm. Enrico Margottino fu Paolo da un lato e cupa dall’altro, a quelli dei signori
del Monaco Michele e Iulio Domenico fu Francesco. Poscia, attraversando la via Bisceglia si passa
per gli stessi viottoli di confine sul fondo di proprietà della Parrocchia di S. Margherita di Maddaloni
e su quelli dei signori Bartolomeo, Clemente e Giuseppe Vinciguerra, nonché sui terreni dei
germani Salvatori e Michele Merola fu Domenico. Dal fondo dei fratelli Merola si attraversa la via
vecchia di Cervino, immettendosi sul fondo di proprietà del dr. Antonio Stravino e, rasentando il
fabbricato dello stesso proprietario, si sbocca sulla rotabile che da Ponte Carolino mena al Cimitero.
Terzo: dal cancelletto di ferro del giardino d’Auria, in prossimità del posto daziario ai Mulini, sito
nel fabbricato dello stesso proprietà d’Auria, aprendo in detto giardino un piccolo passaggio,
rasente il lato destro del muro, si esce, così, nella via Fievo. Da questa strada, voltando a sinistra
per quella denominata Cucciarella e per la Cappellina Madonna delle Grazie sulla rotabile che
mena alla borgata di Montedecore, proseguire per la via Starza, sino al Montano.
Quarto a partire dal Montano, immettersi nella via Consolazione e proseguire sino al
passaggio a livello della ferrovia Napoli-Roma. Da questo passaggio a livello seguire la linea
ferroviaria che mena a Caserta, traversando quella della via Macello vecchio, stazione di Maddaloni
inferiore e Montella, arrivando all’altro passaggio a livello denominato Cittadella. Quivi giunto girare
a destra ed arrivare sin all’attuale posto daziario appellato Cittadella.
Quinto: dal posto daziario Cittadella si percorre una linea quasi retta di un antico viottolo,
attraverso i fondi e si giunge al borghetto denominato S. Eustacchio, ove trovasi il posto daziario
omonimo, rimanendo, cosi, incluse nella cinta daziaria tutte le case di nuova costruzione lungo le
vie Montevergine e Campolongo.
Sesto: Dal largo S. Eustacchio, e per la via vicinale attigua, rasentare il muro del giardino della
Peruta e voltando a destra sulla linea del muro, giungere al muro del giardino Roberto nella
provinciale Caserta-Maddaloni.
Settimo: Attraversare la suddetta strada provinciale, partendo dall’angolo del fondo Canelli
277
Achille, salire per un viottolo ed in linea retta della siepe, rasentando la strada detta “Calcarella” ed
includendo nella cinta il fabbricato di proprietà Centuomo Antonio di Aniello, giungere sino alla
bocca del traforo piccolo della linea ferroviaria Caserta-Benevento, che guarda verso S. Clemente
di Caserta.
2) Le modifiche che con la presente deliberazione sono apportate alla cinta daziaria fissate nel
1869, e già consegnate all’Impresa, dovranno essere accettate da questa ultima, alle espresse
condizioni che le variazioni escludono assolutamente ogni vertenza tra Comune ed Impresa, circa
l’ammontare del canone che resta invariato.
30 .Provvedimenti per la sistemazione del servizio di vendita del ghiaccio e
della neve – concessione in appalto (Approvato il 30 aprile 1923)
1) La Ditta assuntrice, dovrà continuare a fornire la neve ed il ghiaccio ai rivenditori che
saranno indicati dal Municipio come attualmente si pratica dal Comune all’Ufficio daziario.
2) dovrà tenere altresì un apposito locale pel deposito della neve e del ghiaccio di cui non potrà
rifiutare la vendita ai privati in tutte le ore del giorno ed anche di notte su richiesta dell’Autorità,
agenti della forza pubblica ed a coloro che fossero forniti di prescrizione medica.
3) La ditta è obbligata altresì a tenere disponibile costantemente una quantità di neve che nei
mesi estivi non potrà essere minore di quintali quattro e nei mesi d’inverno, autunno e primavera
non meno di un quintale. In caso di mancanza della neve o del ghiaccio il Sindaco sarà facoltato
d’acquistarla in danni a spese della ditta che non potrà fare opposizione sia in riguardo
all’accertamento della contravvenzione sia in riguardo alle spese occ0orse nel riscontro.
4) Per potersi determinare la contravvenzione al precedente articolo, sarà necessario
constatare che la diminuzione della neve o del ghiaccio siasi verificata almeno per la durata di un
ora e la ditta assuntrice andrà soggetta ad una multa di lire 100 per ogni giorno in cui si verificherà
la suddetta mancanza. La neve dovrà essere in ogni caso di buona qualità, senza loto, senza gelo,
senza gragninola, ma di fiocco e sarà soggetta all’assise stabilita dall’Amministrazione.
5) La concessione avrà la durata di un anno e cioè dal 1° maggio 1927 a tutto l’aprile del 1924.
6) Il concessionario dovrà corrispondere al Comune il canone di lire 4.500. Detto canone sarà
pagato per una metà a fine giugno e per l’altra metà a fine agosto 1923.
7) I prezzi di vendita ai venditori, caffettieri e sorbettieri saranno fissati dall’Amministrazione
comunale in base ai prezzi di prioezza.
8) Per ogni contravvenzione al disposto degli articoli precedenti, la ditta sarà soggetta alla
multa di lire 5 a 10 da applicarsi dalla Giunta comunale e ciò indipendentemente dall’altra multa di
lire 100 sancita innanzi riguardante il caso della mancanza della neve. Cosi pure la inosservanza
delle condizioni di cui sopra, importerà la rescissione del contratto e l’Amministrazione avrà il diritto
di attendere al servizio a danno e spese dell’appaltatore.
9) A garanzia di patti innanzi enunciati, la ditta assuntrice dovrà depositare la cauzione di lire
1.000 da restituirsi ai termine della concessione. La presente si dichiara eseguibile con la data dal
1° maggio p.v. anche in pendenza del visto di esecutorietà.
31 .Regolamento fabbrica e vendita di ghiaccio. (6 aprile 1940)
1) Il Comune concede, con diritto di privativa, l’esercizio della fabbrica e vendita del ghiaccio
alla ditta Fucci Francesco e Forgillo Eugenio alle seguenti condizioni:
a) la concessione ha la durata di anni 10, salvo al Comune la facoltà del riscatto;
b) tutte le spese d’impianto per la fabbrica e la vendita del ghiaccio andranno ad esclusivo
carico dei concessionari suddetti, i quali al termine della concessione non hanno alcun diritto di
pretendere dal Comune indennizzo di sorta per qualsiasi causa;
c) i concessionari sono obbligati a non far mancare mai il ghiaccio alla popolazione, e dovranno
soddisfare a tutte le richieste di essa. Durante le stagioni invernali dovranno parimenti essere forniti
di ghiaccio che preferibilmente sarà somministrato ai commercianti che sono per legge tenuti ad
essere forniti di frigoriferi e ai malati;
d) tanto per la fabbrica che per la vendita del ghiaccio devono essere osservate tutte le vigenti
disposizioni in materia d’igiene stabilite da leggi e dal regolamento che dettato da questa
Amministrazione attraverso l’Ufficio sanitario. Il ghiaccio sarà venduto al prezzo fissato
dall’Amministrazione in base alla media dei prezzi praticati nei comuni viciniori;
e) a garanzia degli obblighi che la ditta concessionaria verrà ad assumere con l’atto di
concessione essa depositerà alla Cassa comunale la cauzione di lire mille;
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f) l’Amministrazione comunale in caso che mancasse il ghiaccio alla popolazione potrà
procurarsi a spesa della ditta concessionaria prelevando le somme necessarie sul deposito
cauzionale suddetto che la ditta dovrà reintegrare entro 15 giorni dalla comunicazione avutane;
g) non ottemperando alla reintegra della cauzione la ditta perde ipso facto il diritto alla
concessione e l’Amministrazione ha la facoltà di concedere il servizio ad altri.
32 .Statuto del Patronato Scolastico di Maddaloni (Approvato l’8 ottobre 1913)
Capo I
1) In forza della legge 4 giugno 1911 n° 487 e dell’art. 7 è istituito nella città di Maddaloni il
Patronato Scolastico, che si propone la finalità di integrare la scuola elementare con tutte quelle
spese, sia di natura igienica che educativa che la possano rendere completa.
2) I mezzi economici di cui dispone il Patronato sono rappresentati dai sussidi provincialemunicipali, dalla Congregazione di Carità, dal Governo, o di qualsiasi altro Ente o Associazione
cittadina, ed inoltre le oblazioni dei cittadini e tutti quelli che possono prevenirgli mercè l’introito di
opere di beneficenza che potranno promuoversi nell’ambito del Comune.
Capo II – Sostituzione, competenza e funzionamento del Consiglio di
Amministrazione. 3) Il Consiglio di Amministrazione è costituito: a) Da due membri del Consiglio
comunale, da questo nominato; b) da un delegato del gruppo soci ordinari annuali per ogni
duecento soci; c) da un delegato di soci benemeriti o fondatori, se credono di farsi rappresentare; d)
da due delegati del Corpo insegnanti elementare scelti nel suo seno; e) da un delegato delle
Istituzione e Associazioni esistenti nel Comune e che contribuiscono al Patronato con un sussidio
annuo non minore di lire cento e non maggior di lire 500 e da due delegati per quelle Associazioni
che danno un contributo maggiore delle lire 100.
4) I componenti il Consiglio di Amministrazione restano in carica per un biennio. La nomina dei
delegati dei soci è fatta dall’Assemblea generale convocata a norme dell’articolo10. La votazione
sarà fatta a schede nelle ore stabilite; ed è schiusa due ore dopo il principio. Lo spoglio è fatto dal
Presidente dell’Assemblea assistito da 4 soci scelti da lui tra i presenti. Saranno eletti quelli che
avranno riportato il maggior numero di voti. In caso di parità si dichiarerà eletto il più anziano di età.
La scelta dei delegati di ciascun Ente o Associazione è fatta con le norme volute dagli statuti di
esse.
5) Costituitosi il Consiglio di Amministrazione con le nomine anzidette, esso deve nella sua
prima adunanza dopo le elezioni procedere alla nomina nel suo seno: a) un Presidente; b) un Vicepresidente; c) un Segretario-contabile; d) un Economo; e) un Tesoriere.
6) Il Consiglio di Amministrazione deve funzionare almeno una volta al mese convocato dal suo
Presidente, e potrà funzionare anche straordinariamente o convocato dal Presidente o per richiesta
di almeno un terzo dei consiglieri in carica; oppure per richiesta del Provveditore agli Studi.
7) Il Consiglio di Amministrazione del Patronato scolastico deve curare l’incremento morale ed
economico di esso. Preparare il Bilancio preventivo e quello consuntivo con la resa del conto della
gestione dei fondi amministrati, procedere alla elezione delle cariche sociali, promuovere
l’istituzione di tutte quelle varie forme di assistenza che potranno integrare la scuola sia dal lato
igienico che morale e educativo, preparare il Regolamento di cui all’art. 8 del R. D. 2 gennaio 1913,
ed ammettere i nuovi soci annuali e fondatori ed esercitare tutte quelle attribuzioni che a norme del
R. D. sopra cennati e dal presente Statuto gli sono sancite.
Capo III
8) L’Assemblea è fatta da soci annuali ordinari, i quali potranno versare una quota mensile da
un massimo di lire una ad una minima di centesimi dieci: a) saranno dichiarati soci fondatori quelli
tra i soci annuali che all’atto della costituzione del Patronato verseranno a fondo perduto la somma
di lire cinquanta; b) saranno dichiarati soci benemeriti quelli tra i soci ordinari annuali che
verseranno a fondo perduto lire 25. Gli Enti o le Associazioni locali possono essere soci di una o più
delle categorie anzidette.
9) L’Assemblea generale dei soci sarà convocata almeno una volta all’anno, mediante avvisi
stampati personali e consegnati personalmente due giorni prima del giorno indicato per
l’assemblea. Le convocazioni straordinarie possono avvenire per richiesta scritta e firmata da un
terzo dei soci.
10) Hanno diritto a prendere parte all’Assemblea generale: a) i membri del Consiglio di
Amministrazione del Comitato; b) i soci annuali che saranno in corrente col pagamento del
contributo sottoscritto, comprendendosi tra questi i soci benemeriti, fondatori ed i delegati delle
Associazioni ed Istituzioni.
279
11) La validità dell’Assemblea è fatta dall’intervento della maggioranza assoluta dei soci ed in
regola del contributo sottoscritto in prima convocazione e dell’intervento di un numero qualunque di
soci, in corrente del pagamento in secondo convocazione. L’Assemblea dopo che si è constatato il
numero legale e la validità di essa dal Presidente del Consiglio di Amministrazione del Patronato
che l’ha convocata autorizzatovi da un deliberato del Consiglio di Amministrazione stesso e che la
prevede provvisoriamente per cedervi alla nomina, nel suo seno, di un Presidente, di un Segretario,
per la compilazione del verbale di essa e di due scrutatori per le votazioni. Avvenute la nomina, il
Presidente nominato assumerà la Presidenza dell’Assemblea. Le deliberazioni saranno prese a
maggioranza assoluta di voti. Gli atti dell’Assemblea saranno custoditi dal Consiglio di
Amministrazione del Patronato. L’Assemblea ha l’obbligo: a) di nominare i delegati dei soci al
Consiglio di Amministrazione del Patronato; b) nominare i revisori dei conti del patronato; c)
deliberare il regolamento indicato dall’art. 8 del R. D., che dovrà essere formulato dal Consiglio di
Amministrazione del Patronato.
Capo IV – Attribuzione delle diverse cariche del Consiglio di Amministrazione
12) Il Presidente ha la rappresentanza legale del Patronato sia in giudizio che in rapporto dei
terzi. Convoca il Consiglio di Amministrazione e provvede all’esecuzione dei deliberati di esso.
Convoca l’assemblea dei soci prendendovi la presidenza provvisoria. Nei casi urgenti può prendere
deliberazione speciale, riferendone al Consiglio nella sua prima adunanza. In caso di legittimo
impedimento deve farsi sostituire dal Vice-presidente.
13) Il Segretario-contabile è obbligato a mantenere esattamente la corrispondenza ufficiale del
Consiglio di Amministrazione, mantenere il registro di protocollo in tutta la corrispondenza e degli
atti che possono venire al Patronato, redigere le deliberazioni prese dal Consiglio di
Amministrazione, curarne col Presidente la loro esecuzione, mantenere l’archivio del Patronato,
tiene i registri contabili relativi al Patronato, sia delle entrate quali i sussidi degli Enti e i contributi
dei soci. Redige i bilanci preventivi e consuntivi, rende il conto morale della gestione, che dovranno
essere approvati dal Consiglio di Amministrazione. Emette glia avvisi di esazione e i mandati di
pagamenti.
14) L’Economo è il consegnatario dei beni mobili ed immobili del Patronato. Provvede a fare
tutte le provviste necessarie al buon funzionamento dei servizi, tenendone esatta nota in appositi
registri. Cura l’arredamento dei locali del Patronato ed il mantenimento di esso.
15) Il Tesoriere provvede alla riscossione del contributo dei soci e quello dei sussidi del
Comune, della congregazione di Carità, del Governo, delle Istituzioni ed Associazioni locali.
L’ammontare delle riscossioni, meno una parte occorrente per le spese attuali, sarà deportata e
della variante di essa il contabile dell’Amministrazione mercè nota scritta. Provvede al pagamento
dei mandati emessi dal Contabile, firmati dal Presidente o da chi da esso delegato e vistate
dall’economo.
16) Quante volte il Bilancio del Patronato non permetta un adeguato compenso all’opera del
segretario-contabile, dell’economo e dal tesoriere, il Consiglio di Amministrazione deciderà che le
mansioni attribuite ai detti, siano disimpegnate dal Segretario del Consiglio di Amministrazione a cui
potrà corrispondere un adeguato compenso.
17) Il presente statuto è formato da 17 articoli. A voti unanimi è approvato dal Consiglio.
280
Bibliografia
1. Archivio storico – Biblioteca comunale di Maddaloni:
Registro delibere di Giunta dal 13/3/1893 al 19/4/1894
Registro delibere di Giunta dal 29/4/1895 al 29/2/1898
Registro delibere di Giunta dal 3/3/1899 al 12/6/1900
Registro delibere di Giunta dal 15/8/1900 al 31/1/1902
Registro delibere di Giunta dal 4/2/1902 al 8/1/1903
Registro delibere di Giunta dal 24/3/1902 al 31/12/1902
Registro delibere di Giunta dal 21/1/1903 al 24/7/1904
Registro delibere di Giunta dal 11/1/1905 al 31/12/1905
Registro delibere di Giunta dal 3/1/1906 al 5/6/1908
Registro delibere di Giunta dal 7/6/1908 al 19/2/1910
Registro delibere consiliari dal 7/12/1898 al 26/3/1900
Registro delibere consiliari dal 27/4/1900 al 20/5/1902
Registro delibere consiliari dal 25/5 al 19/12/1902
Registro delibere consiliari dal 27/1/1903 al 9/7/1905
Registro delibere commissariali dal 21/5 al 26/6/1905
Registro delibere consiliari dal 14/7/1905 al 12/10/1907
Registro delibere consiliari dal 15/10/1907 al 30/5/1910
Registro delibere consiliari dal 11/7/1910 al 28/11/1912
Registro delibere consiliari dal 28/12/1912 al 26/10/1914
Registro delibere consiliari dal 16/11/1914 al 29/9/1920
1 Deliberazioni consiliari, podestarili e commissariali dagli anni 1921 al 1943 –
Archivio storico – Biblioteca Comunale di Maddaloni:
Deliberazioni consiliari dal 16 novembre 1914 al 29 settembre 1920
Deliberazioni consiliari dal 1920 al 1923
Deliberazione consiliari dal 5/5/1924 al 24/1/1931
Deliberazione del podestà dal 6 febbraio 1931 al 20 febbraio 1932
Deliberazioni del podestà dal 25/2/1932 al 5/6/1933 – bibl. Com.le inv. 6743 del
3/3/1983
Deliberazione adottate dal podestà dal 10 luglio 1933 al 19 maggio 1934
Registro delle deliberazioni del podestà dal 15 febbraio 1936 al 16 gennaio 1937
Delibere del Podestà dal 23/1/1937 all’11/12/1937
Deliberazioni dal 27/12/1937 al 31/12/1938 dal sig. Commissario prefettizio sig.
dottor Renato marchese de Zerbi
Registro deliberazioni G.M. dal 7/1/1939 al 31/12/1942
2 Archivio storico della Biblioteca comunale di Maddaloni – alcune delibere dagli anni
’43 al ’50.
3 Registro deliberazioni della Giunta municipale dal 4 gennaio 1943 al 30 dicembre
1946
4 Registro deliberazioni prese dal Sindaco dal 22 gennaio al 12 maggio 1944 e dalla
Giunta dal 20 maggio al 28 dicembre 1944
5 Registro deliberazioni consiliari dal 20 aprile 1946 al 20 novembre 1948
6 Registro deliberazione della Giunta municipale del 1947-48-49.
7 Deliberazioni della Giunta municipale dal 19/1/1950 al 30/12/1952
8 ing. Pasquale Mastellone, progetto di condotta d’acqua per la città di Maddaloni.
281
Tipografia editrice di Salaria F. Paolo- 1893 – Museo Civico di Maddaloni
9 Pietro Vuolo – Maddaloni nelle immagini, Arti grafiche F.lli Proto 1992
10
Michele Schioppa – Lo stemma e il titolo di “città” della comunità maddalonese
- 1999
11
Felicio Corvese, Elites mercato e istituzione
12
Alberto Caocci, La vita e i costumi nell’Ottocento – Mursia editore
13
Arno J. Mayer, Il potere dell’Ancien Régime fino alla prima guerra mondiale,
Editori Laterza, 1999.
14
Gianfranco Volpe, C’era una volta …. in Campania: antiche storie, leggende,
riti, usanze, costumi e tradizioni della Campania
15
Il Centenario dell’Unità e la Battaglia dei Ponti della Valle, Top. Iacelli del rag.
S. Fusco, Caserta
16
Amm.ne Valle di Maddaloni, Valle alla ricerca delle nostre radici, all’alba del
terzo millennio, Arti Grafiche Zaccaria snc Napoli
17
B. Stampo e M.T. Tonelli, La memoria e la storia, ed. Le monnier
18
M.R. Storchi. Il poco e il tanto: condizioni e modi di vita degli italiani
dall’unificazione ad oggi, Liquori, Napoli 1999 – Capitolo : la nuova Italia
19
Pietro Zinzi, Sempre con papo, Marcianise 1935-1945, fatti e persone. Ed. La
nuova cultura di F. Agrippa SAS Marcianise
20
Amm/ne Prov/le di Caserta – Soprintendenza B.A.A.A.S. Caserta, Le immagini
e il tempo: Terra di Lavoro tra ottocento e novecento – Adriana Russo Editore,
luglio 1988
21
A. de Simone, edit. Strada di Chiaia Napoli
282
I n d I c e
Introduzione
Pag.
Presentazione
“
Capitolo primo – Maddaloni nel tempo: alcuni aspetti di vita amministrativa“
Capitolo secondo – Gli Amministratori
“
Capitolo terzo – il Bilancio comunale
“
Capitolo quarto – Personale comunale
“
Capitolo quinto – Servizi pubblici
“
Capitolo sesto Interpellanza del cons. d’Alessandro Antonio
“
Capitolo settimo – Lavori pubblici
“
Capitolo ottavo – Sanità e Assistenza sociale
“
Capitolo nono – Vigili urbani, Guardie campestri e Banda musicale “
Capitolo decimo – Il commercio e il dazio
“
Capitolo undicesimo – Il Mercato e il Macello
“
Capitolo dodicesimo - Scuola, cultura e sport
“
Capitolo tredicesimo – Origini del Convitto Nazionale “G. Bruno” “
Capitolo quattordicesimo – Enti ecclesiastici eil Cimitero
“
Capitolo quindicesimo – Chiesa del Corpo di Cristo
“
Capitolo sedicesimo - Istituzioni militari
“
Capitolo diciasettesimo – L’acqua e la luce a Maddaloni
“
Capitolo diciottesimo – Il progetto Mastellone
“
Capitolo dicianovesimo – Case popolari – Casa del Fanciullo
“
Capitolo ventesimo – Il colera
“
Capitolo ventunesimo – Monumento ai caduti del 1860
“
Capitolo ventiduesimo. – Lo stemma della città di Maddaloni
“
Capitolo ventitreesimo – Il re Vittorio Emanuele III a Maddaloni
“
Copie di alcune delibere
“
Elenco nomi
“
Appendici
“
Bibliografia
“
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