aspetti della vita amministrativa di maddaloni tratti dalle delibere
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aspetti della vita amministrativa di maddaloni tratti dalle delibere
Francesco d’Orologio ASPETTI DELLA VITA AMMINISTRATIVA DI MADDALONI TRATTI DALLE DELIBERE COMUNALI DAL 1900 AL 1950 (Ricerca tratta dall’archivio storico della Biblioteca Comunale di Maddaloni) MADDALONI 2007 0 Introduzione Il lavoro che segue è il risultato di quasi due anni di ricerca sulle delibere consiliari, della giunta, dei Commissari prefettizi, e dei Podestà conservate nell’archivio storico della Biblioteca comunale di Maddaloni. Ho preso a campione circa seicento delibere, riguardanti particolari aspetti della vita amministrativa della nostra città. Noi vediamo scorrere la vita pubblica del nostro paese, ma non sappiamo come i nostri amministratori assolvono i loro compiti e cercano di gestire la cosa pubblica: cosa che ci appartiene perché noi cittadini siamo i principali protagonisti e quelli che si dovrebbero maggiormente interessare del corretto funzionamento dei servizi pubblici, perchè se paghiamo le tasse abbiamo anche il dovere di vigilare e concorrere al rispetto della cosa pubblica. Ho preso in esame i primi cinquanta anni del 1900, perché in questi anni si sono avverati eventi di portata mondiale: la Grande Guerra, l’avvento del Fascismo, la Seconda Guerra Mondiale e la Ricostruzione. Inoltre ci sono stati anche grandi cambiamenti, si passò dal liberismo all’autoratismo ed in ultimo alla democrazia. Eventi e cambiamenti che furono vissuti e sentiti anche nella nostra città, come negli altri comuni d’Italia. Nelle deliberazioni trattate si possono riscontrare le prime tracce del progresso e della civiltà di Maddaloni: una delle più floride e popolose città di Terra di Lavoro di quei tempi. Maddaloni era un paese prettamente agricolo, ma aveva il pregio di avere alcune industrie agricole e commerciali, due istituti importantissimi: il Convitto Giordano Bruno e il Deposito Allievi della Guardia di Finanza, un mercato-fiera settimanale frequentato da venditori ambulanti locali e provinciali, il foro boario che aveva la presenza di quasi 600 capi di bestiame nel giorno del mercato; un artigianato floridissimo come quello delle sedie, cesti, cuoio, cretaglia, ecc. alcuni molini, e un popolo laborioso, civile e tranquillo. Non poche sono state le difficoltà incontrate durante la ricerca, per prima ho dovuto trascrivere, per mancanza dei mezzi adatti, tutte le delibere integralmente, a mano, copiarle sul computer e poi leggerle e riscriverle, prendendo da esse solo le notizie più importanti e concise 1 Dall’analisi delle delibere ho cercato di ricostruire alcuni aspetti della vita della nostra città: elezioni, nomina e dimissioni di sindaci, consiglieri e assessori, crisi economiche e passaggio dalla gestione consiliare a commissariale, stesura dei vari regolamenti dei servizi pubblici del comune, passaggio dell’illuminazione a petrolio alla luce elettrica, rifornimento idrico dai pozzi ai primi acquedotti, il convitto nazionale G. Bruno e la caserma Bixio, i conventi degli Ex Cappuccini, degli ex Domenicani e delle Domenicane: loro utilizzo, scuole ed asili infantili, associazioni ed opere di beneficenza, il colera del 1900, e tanti altri argomenti che troverete leggendo le delibere. Maddaloni vista dal Castello Alcune deliberazioni sono state riportate, quasi integre, riguardanti il colera, l’acqua potabile e la luce elettrica, e quelle dei lavori pubblici e aperture di nuove strade e restaurazioni d’edifici pubblici. Le delibere sono identificate dalla data e dall’anno in cui furono trascritte; e che le potete trovare nei vari registri dell’archivio storico della Biblioteca di Maddaloni. Ho cercato di dividere il lavoro, il cui titolo è “Cronistoria della vita amministrativa di Maddaloni”, in argomenti: Amministratori, bilancio, personale, servizi pubblici, lavori pubblici, assistenza e beneficenza, vigili urbani e guardie campestri, banda musicale, dazio e attività commerciali, mercato, macello, scuola e cultura, attività sportive, istituzioni ecclesiastiche, cimitero, colera, istituzioni militari, storia dell’acqua e della luce elettrica, case popolari e Casa del Fanciullo. Abbreviazioni 1 P.N.F.- Partito Nazionale Fascista, O.N.B - Opera Nazionale Balilla, G.I.L.Gioventù Italiana Littorio -, O.N.C - Opera Nazionale Combattenti, M.V.S.N. - Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, G.P.A - Giunta Provinciale Amministrativa, Cassa DD.PP. - Cassa Depositi e Prestiti, O.N.D. - Opera Nazionale Dopolavoro, A.N.M.I. - Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi, N.U.F. - Nucleo Universitario Fascista, CC.NN. - Camicie Nere, A.A.S.S. - Azienda Autonoma Statale delle Strade, O.N.M.I. - Opera Nazionale Maternità ed Infanzia. 2 Presentazione In un certo senso, non si scopre che quello che si vuol trovare. Per lo meno è sempre vero che non si scopre senza una volontà di trovare e senza qualche ipotesi di ricerca. Non si cerca con la testa vuota, ma con la testa piena: di cultura, di idee, di domande, di curiosità, di desideri, di aspettative, di previsioni, e talora, di felici errori. Ho pensato a tutto questo dopo aver letto un libro straordinario. Questo libro lo ha scritto Francesco d’Orologio: una ricerca (così “definisce” la sua opera il suo autore….). E Francesco d’Orologio ha ragione. Un “fazzoletto” di cinquanta anni di cronaca verace (la quale, secondo noi, spessissimo, prende il posto della semplice “cronistoria” durante una preziosa narrazione dell’autore), di avvenimenti che hanno “caratterizzato” la vita amministrativa della Città di Maddaloni (dal 1900 al 1950) sul filo di “atti” i quali, oggi, fanno conoscere (con severo puntiglio) le qualità peculiari e distintive di persone che quegli “atti” deliberativi assunsero, spesso, con coraggiosa onestà, “volitiva” consapevolezza, ma soprattutto con tanto amore per la propria Città. Quelle che Francesco d’Orologio narra sono tutte cose vere: veramente accadute, le quali ci insegnano che la “verità” non è un acquisto né una conquista, ma una luce che diffondiamo intorno a noi; chi ne ha di più con alone più grande, e chi ne ha di meno con una luce da lucciola. Ed allora, basterà leggere l’Introduzione di questo ricchissimo libro perché il lettore si renda conto che la sollecitudine di Francesco d’Orologio è viva e addirittura ansiosa) per la piena conformità al suo dovere di raccontare cose che non implicano sensi di inquietudine o di dubbio, ma solo entusiasmo e piacere pieno. I quali discendono da una “sorridente” scelta di delibere (di amministratori, seri e capaci), le quali sono state registrate non in “maniche di camicia” ma con il preciso intento di voler significare all’attento lettore che un “certo mondo” è scomparso, nel quale, però, l’individuo poté, poi, conservare dentro di esso intatta personalità singolare ma mai indeterminata o sconosciuta. E’ qui il valore della “faticosa” ricerca del nostro autore che ha saputo regalarci l’elastica idea che ci facciamo del tempo e dell’esistenza, cioè di una “storia” di vita amministrativa la quale non può somigliare a “opera di vetrinisti” che dura poco quanto le scintille di un focherello, ma a opera che ha lasciato profonde tracce che “segnano” anni dietro i quali, ancora oggi, si sentono echi di larga risonanza. Preside Giuseppe Giusti 3 Capitolo primo MADDALONI nel tempo: alcuni spaccati di vita amministrativa Dall’Ottocento al Novecento Nel 1800 Maddaloni si presentava come un grande centro rurale forte di una società incentrata principalmente sulla distinzione dei ceti e sulla centralità della famiglia. Il tessuto sociale era costituito da un gruppo di nobili conservatori, da un’altra fetta di piccoli mercanti e proprietari a metà strada tra ricchezza e povertà e da un terzo composto di artigiani, maestri e proprietari di botteghe. Chiudeva la gerarchia sociale una parte consistente di braccianti e lavoratori dipendenti che per censo non avevano purtroppo nessun peso nella società. Nel 1850 per lo stato anagrafico la città delle due torri poteva contare su circa 18.000 abitanti. Ma la casta degli eleggibili, che erano anche elettori, erano solo 167 di cui 71 proprietari, 34 possidenti, 20 negozianti, 40 professionisti e 2 massai, piccoli proprietari terrieri. Secondo una ricerca del tempo all’apice della piramide delle rendite c’erano i commercianti di bestiame e dei cereali tra cui ricordiamo il grossista di carni Gennaro Castaldi forte di 300 ducati; l’appaltatore di dazi Vincenzo Barletta e il commerciante di cuoio Michele Vitale. Gli impiegati inclusi nella lista elettorale erano solamente tre appartenenti tutti del Regio Lotto. Tra i professionisti primeggiavano undici sanitari mentre legali e notai formavano il gruppo molto compatto e significativo anche dal punto di visto patrimoniale. Tra loro c’erano membri di famiglie proprietarie le più antiche della città.I principali incettatori di grano erano Vincenzo Barletta, Proto Ferdinando, Nicola Scalera, Antonio Lombardi, Francesco Grauso, Domenico Racca e Giovanni Izzo. Ma don Ferdinando Proto insieme ai due figli acquistava la maggiore parte del grano che era venduto all’ingrosso e al minuto.Il grado d’istruzione della casta degli eleggibili risultava “conveniente” mentre il gruppo dei negozianti era meno istruito. Nel giro di pochi anni la borghesia terriera, commerciale e professionale, considerato “ceto emergente” si sostituì a poco a poco all’aristocrazia imponendosi in maniera forte e prepotente nella gestione del potere locale. Composto di poche famiglie il nuovo ceto sociale emergente si arricchì a discapito degli altri attraverso la scaltra assunzione d’appalti e di dazi, strettamente collegati ai commerci e industrie non senza grossi investimenti in beni demaniali ed ecclesiastici messi all’asta fin dal 1864. In stretta alleanza con il tessuto urbano, oltre ai figli della nobiltà la Chiesa accettava volentieri negli ordini ecclesiastici 4 anche le genti di campagna. Insieme poi gestivano gli interessi economici della nostra città. Il clero a sua volta era solito chiudere “un occhio” sulle malefatte dei borghesi che venivano fatte a discapito del popolo minuto che in cambio di donazioni era chiamato spesso all’obbedienza e alla sottomissione. La nuova borghesia annotava tra le sue file avvocati, medici e notai e qualche esponente di rilievo della maggiore proprietà fondiaria che era d’avanguardia e piena di vitalità, assai diversa da quella immobile e sonnolente vecchia borghesia parassitaria ed inerte. Con un’azione incisiva seppe dare un peso importante nella trasformazione dei processi economici e sociali in atto riuscendo inoltre con il commercio e gli affari ad occupare un posto importante nella società di allora. Era nata la classe d’elite maddalonese. Con un suo convincente modo di fare instaurò nel popolo una sorta di servilismo sotto forma di sostegno politico di tipo clientelare. Nella nostra città si sviluppò un clientelismo equivoco, spesso di bassa lega che si metteva a disposizione ora dell’una e ora dell’altra parte politica con conseguenze facilmente intuibili per gli altri ceti sociali. Ben presto il gruppo sociale degli artigiani fece subito lega con la borghesia. Con questo matrimonio sociale gli artigiani oltre a condurre una vita più agiata, piena di privilegi e ricchezze, ebbero nel contempo la possibilità di poter entrare nei loro ranghi sociali. Ma il comando delle operazioni era sempre nelle mani dei signori. Dal suo canto il popolo minuto assente nella vita sociale, consumava la sua esistenza, anche se modesta dando spazio e vigore ai costumi folcloristici e tradizionali in uso in quei tempi. Secondo la stima fatta l’elite amministrativa di quei tempi presentava un vertice assai esiguo, mentre la base era composta di piccoli proprietari di terre e fabbricati e da professionisti ed impiegati. Inoltre il ceto emergente cercava di accaparrarsi a più non posso dei vari appalti dei dazi comunali. L’assegnazione era aggiudicata alla persona o gruppo che prometteva più garanzie o più sottobanchi. Da annotare che nel 1860 per una forte siccità l’economia cittadina subì una grave crisi aggravata ancor più dalla perdita dei raccolti dei fagioli e del granone. Per invocare la pioggia che avrebbe salvato in un certo senso i raccolti, i proprietari terrieri e i contadini chiesero il permesso all’Amministrazione comunale di poter portare, seguendo un costume antico, la statua del protettore S. Michele Arcangelo per le strade cittadine. Ben presto prese corpo e consuetudine la moda dello svago. I borghesi, commercianti e professionisti cercarono di adeguarsi praticando vari sport. Andarono di moda nella nostra città palestre, circoli, caffè, sale da bigliardi, osterie, pasticcerie e associazioni di beneficenza. Non mancò l’argomento di attualità del momento. Infatti, il 30 ottobre 1864 il Consiglio comunale prese in esame il provvedimento di sorveglianza sanitaria delle prostitute che secondo la mentalità del tempo costituivano un’offesa alla pubblica moralità e al buon costume con eventuali gravi conseguenze per la salute pubblica. In mancanza di appositi locali esercitavano il loro antico mestiere ovunque si trovavano. Come conseguenza più logica si diffusero con facilità le varie malattie veneree anche perché le donne di facile costume non erano sempre visitate e mai controllate. Una pratica molto antica che trovò terreno fertile che ebbe come amica la diffusa povertà: le donne si prostituivano facilmente anche e soprattutto per bisogno. La prostituzione divenne così un malcostume sociale difficilmente guaribile per le tristi condizioni del popolo minuto. Il 5 Comune per rimediare a tale sconcio morale adibì locali appositi per il mestiere di dette “signore” in modo che la Pubblica Sicurezza e gli addetti alla Sanità potevano esercitare la dovuta e costante sorveglianza. Per una grave crisi economica che mise in ginocchio l’esile economia locale l’Amministrazione comunale nel maggio del 1899 dovette ricorrere ad un cospicuo prestito. In una riunione del Consiglio comunale l’assessore delegato dr. Alfonso Raffone ribadì che era dovere dell’Amministrazione far conoscere l’attuale situazione economica ai cittadini che pagando le tasse avevano il diritto di sapere come gli Amministratori spendevano il denaro pubblico. Inoltre l’Assessore per superare la crisi in atto e per agevolare la ripresa, chiese la soppressione per due anni di alcune spese correnti. Agendo in tal modo non fu appesantito ulteriormente l’onere dei cittadini. All’inizio del Novecento con le strutture economiche in una situazione sostanzialmente stagnante il surplus agricolo, antica tradizione della città, divenne il pomo della discordia o meglio della disputa tra l’Amministrazione comunale e un gruppo di borghesi che miravano ad accaparrarsi il potere e a gestire alle loro condizioni la cosa pubblica. Grazie agli affari e agli impieghi pubblici, giorno per giorno, il ceto dei borghesi oltre a diventare sempre più numeroso e importante faceva di tutto per mettere da parte i notabili dell’ancién regime, i residui “signori” e i vecchi proprietari terrieri. Inoltre impossessandosi delle cariche pubbliche e amministrative cercavano di accrescere il loro benessere attuando una costante ascesa sociale. Con il tempo diventarono una vera élite amministrativa e con l’avallo degli apparati costituzionali riuscirono a controllare il mercato, le risorse produttive e l’apparato dell’occupazione. In quella epoca le liste degli eleggibili alle cariche comunali erano costituite da un gruppo ristretto di famiglie, in cui si emergevano nettamente i grandi proprietari terrieri sia per le particolarità dei patrimoni che per la forte endogamia (matrimoni tra gli stessi gruppo etnici), i gruppi dei possidenti, quelli dei negozianti in possesso di grandi patrimoni urbani e immobiliari, e quelli dei professionisti. Ben presto a queste antiche famiglie subentrarono altri gruppi che arricchitisi con il monopolio dell’immagazzinamento e della commercializzazione delle derrate alimentari e degli animali, dell’affitto di fondi rustici e di immobili costumi tradizionali urbani avanzarono prepotentemente nella società maddalonese entrando a far parte pure del sistema elettorale. Il nuovo ceto emergente entrò subito in possesso di appalti comunali, di esercizi che gestivano le funzioni amministrative, di tesoreria e giurisdizioni presso privati e di enti pubblici e religiosi. Inoltre alleandosi con gli imprenditori riuscirono insieme a conquistare spazi importanti per gestire potere e di ricchezza e usando il prestito con interesse (attuale usura) fronteggiarono nelle principali attività economiche gli esponenti dell’aristocrazia fondiaria, antica casta privilegiata. Con questa comune politica di alleanza riuscirono a colmare parzialmente tra di loro quel divario di ricchezza e di potere che tradizionalmente li aveva tradizionalmente divisi. Avvertendo questa subdola manovra e temendo di perdere il loro potere i grandi proprietari terrieri fecero di tutto per mantenere e 6 rafforzare la loro vecchia egemonia, intrufolandosi in modo attivo e partecipativo nei vari settori legati al commercio delle derrate agricole e in modo particolare del grano. Poi, visto che a farsi battaglia era deleteria per i loro affari, si unirono ed insieme, ancora, per molti anni costituirono la struttura portante della classe politica di Maddaloni. Cosi facendo, la borghesia oltre a mantenere per lunghi anni il controllo di classe nell’élite maddalonese riuscì ad istaurare una sorta di servilismo di tipo borbonico che nel nuovo clima liberale assumeva la forma di sostegno politico di tipo clientelare. Era un omaggio alle famiglie potenti e autorevoli del tempo. Di contro la categoria dei professionisti composta di avvocati, medici e notai fece sentire ben presto il suo peso politico. Questi notabili in maggior parte rampolli di negozianti e appaltatori con il patrimonio ereditato dai padri diventarono con il tempo l’ago della bilancia tra il ceto medio ed il popolo minuto. Con l’infido sistema di solidarietà, i “notabili maddalonesi” tenevano sotto controllo il suffragio dei voti nelle elezioni amministrative. Senza contare poi che attraverso il sottile clientelismo gestivano direttamente o indirettamente l’erogazione dei muti delle banche, le società di mutuo soccorso, le cooperative e le opere di beneficenza. L’élite maddalonese economicamente sostenuta dal reddito agrario, alquanto emancipata per cultura e per impegno professionale, ebbe cura solamente dei propri interessi senza muovere un dito per cercare di migliorare qualitativamente la vita paesana. Inoltre si rilevò cieca ed incapace di superare le meschine gelosie paesane delle fazioni locali, spesso impulsive, specialmente, nelle competizioni politiche. Tra loro non ci fu mai un senso di collaborazione per cercare di far avanzare lo sviluppo culturale ed economico della città. La collaborazione esistente in alcuni strati della società era sola apparente ed era tenuta in auge da vecchie consuetudini di servitù e di prestazioni e da certi rapporti interpersonali che cercavano di mascherare solo la reale subalternità sociale. Sull’altro versante della scala sociale c’erano i numerosi gruppi anonimi della piccola e piccolissima borghesia dell’artigianato, dei negozianti, della massa senza volto del popolo. Non mancavano quelli dei “ naturali poveri” dei mestieri più umili ed occasionali, dei lavoratori agricoli, giornalieri e bracciali, dei “senza professione” e dei poveri erranti. Spesso questo nuovo volto sociale si alleava con l’uno o l’atro schieramento in cambio di lavoro e del proprio voto. Il povero contadino aveva nella società la sola facoltà di porre una croce sulla scheda elettorale per eleggere quelli che erano poi i suoi aguzzini. Chi stava peggio era il bracciante stagionale che viveva in condizioni di estrema indigenza, costretto a mandare i propri figli a servizio presso i proprietari terrieri solo per vitto senza ricevere altri compensi. Questa categoria costituiva un notevole bacino di manodopera, cui attingere per qualsiasi lavoro agricolo. Era una categoria osservata con cura da parte dei “grandi” e della classe dirigente che all’uopo li occupavano in lavori pubblici e privati del comune, specialmente nel periodo invernale. Alla pari dei braccianti c’erano i fabbri, i muratori, i sarti, i falegnami e le altre categorie dell’artigianato che provavano a distinguersi dal mondo contadino, ma che non vivevano in condizioni di gran lunga migliore. Quando le stagioni andavano bene e la congiuntura era favorevole c’era di che mangiare. In caso contrario anche gli artigiani erano costretti a far la fame. Oggi come allora esistevano i vandali della quieta pubblica. Di fronte alla grande parte della popolazione di Maddaloni di indole tanto buona e rispettosa delle leggi e 7 dell’Autorità, c’era una ristretta categoria d’individui che in certe occasioni si lasciava dominare da uno spirito vandalico sfogando la sua collera contro i lampioni e i vespasiani. Gli onesti cittadini, talvolta, pur vedendo ed assistendo a simili atti vandalici, lasciavano perdere, per amore del quieto vivere senza riflettere che tutto poi sarebbe ricaduto sulle loro finanze per l’aumento del carico delle tasse da parte dell’’Amministrazione che rimediava così ai danni causati dal vandalismo. Il Commissario di allora per ovviare in parte a questi scempi fece installare 18 vespasiani nuovi in ferro molto resistenti e di difficile manomissione. Nello stesso tempo fece sopprimere per l’igiene pubblica due vespasiani: uno all’angolo della chiesa dell’Annunziata e l’altro a fianco della trattoria del signore Serafino in piazza dell’Unione. Non avendo scoli questi ammorbavano con il maleodorante puzzo l’aria in un raggio di mezzo chilometro diventando nel contempo veicoli d’infezione. Dopo vari insuccessi il 1911 fu un anno storico per la popolazione di Maddaloni che potette avere acqua a sufficienza dall’acquedotto del Serino. Dopo oltre un trentennio di studi e di progetti e controprogetti e di tante speranze deluse e grazie alla tenacia e forte volontà del sindaco di allora Alfonso Raffone la nostra città ebbe la sua condotta di acqua potabile tanto da potere servire caserma, scuole, servizi pubblici e tutti i bisogni della popolazione. Con l’Amministrazione Raffone e dei suoi collaboratori nella nostra città migliorarono i servizi pubblici, la luce elettrica, la viabilità, il servizio idrico, il bilancio con un servizio di cassa che nulla lasciava a desiderare. Di conseguenza migliorò il patrimonio comunale tanto da portare ad un certo livellamento dei debiti. Inoltre la legge del 1913 sul suffragio universale permise al popolo minuto di potersi far valere nella società maddalonese. Ma il debole grado d’istruzione, inesistente per la maggior parte fu di ostacolo per avvalersi appieno della libertà di voto E questo ceto sociale continuò ancora ad essere assoggettato a quelli che lo sfruttavano ma che gli davano quel minimo di sostegno economico per mandare avanti una vita decisamente travagliata. Nella nostra città, non essendosi sviluppate vere e proprie attività industriali, non si formò una coscienza di classe proletariato, come nel resto d’Italia; e non ebbe neanche un autentico movimento contadino, diretto alla rivendicazione delle terre e alla diretta gestione dei fondi, quando in tutto Terra di Lavoro si avverarono parecchie sommosse contadine. Il socialismo non ebbe molta probabilità di successo sia per la profonda cattolicità del popolo e sia perché con la guerra il ceto emergente si era maggiormente rafforzato riuscendo a rimanere a galla in quei tristi momenti di crisi generale. Alla fine della Prima Guerra spesso in città si verificavano disordini legati come nel 1917 al ritardato pagamento dei sussidi per le famiglie dei richiamati alle armi. Per l’occasione si scatenò una vera sommossa popolare tanto che dovettero intervenire i militari del Battaglione di Finanza per disperdere la folla ed evitare gravi minacce per l’ordine pubblico. Furono arrestati come “responsabili del reato” e come sobillatori parecchi cittadini maddalonesi. Dopo la guerra a Maddaloni, come in gran parte dell’Italia, si sentì il peso della crisi economica nazionale; ovunque regnava la miseria, la carestia e la disoccupazione. Da noi la crisi fu maggiormente avvertita per carenze d’industrie. Il commercio era fermo e l’edilizia e l’agricoltura non riuscivano ad impiegare solo una minima parte della popolazione maddalonese. 8 Per vivere la povera gente si accontentava dei frutti della terra e dell’obolo elargiti dai tanti benestanti arricchitesi con i profitti della guerra, dagli enti assistenziali come le congreghe ed i monti di carità. Per poter mettere qualcosa sotto i denti i poveretti ricorrevano spesso all’usura, impegnando quelle poche cose che possedevano, a volta anche i materassi, per racimolare qualche lira onde poter sfamare i propri figli. Non a torto si diceva e si dice che “L’usura è una piaga della società, è un male oscuro che miete tante innocenti vittime senza che queste possano difendersi”. Castello – torre Artus Ad accentuare maggiormente la miseria, specie nei comuni meridionali, fu la grave crisi dell’agricoltura e dei mercati. Le classi più deboli precipitarono nel profondo stato della più nera sopravvivenza: La piccola e media borghesia, gravata dalle pesanti imposte e dal timore dei loro redditi immobiliari bloccati a stento riusciva a tirare avanti. Ma le classi che maggiormente restarono amareggiate furono gli impiegati e gli operai perché con i modesti aumenti non riuscivano a compensare minimamente la perdita del poter d’acquisto degli stipendi e dei salari. La maggior parte degli ex fanti-contadini, andati in guerra con scarsi ideali patriottici, non vedendosi riconosciuto neanche il diritto di voto e sentendosi totalmente abbandonati dalla classe liberale governativa, reclamavano a gran voce i propri diritti chiedendo inoltre una giustizia più equa e nuovi posti di lavoro. Tornando a casa avevano trovato una cruda realtà: l’inflazione galoppante, i tassi di scambio sempre sfavorevoli tra la lira e le altre monete. Senza contare che le classi borghesi arricchitesi durante il conflitto e con l’appoggio dello Stato si permettevano di fare quello che volevano, spadroneggiavano su tutti e dettando legge con abusi e corruzioni. Il malcontento si diffuse non solo nel mondo rurale e quello industriale, ma anche in coloro che, reduci e stanchi della guerra, speravano dopo la vittoria in una maggiore libertà e in un cambiamento in meglio delle loro condizioni di vita. Nella nostra città i reduci cercarono di reinserirsi nella società. Alcuni riebbero i loro vecchi posti ed altri, invece restarono senza sussidi e senza lavoro. L’inserimento dei reduci, specialmente, nei posti comunali mise in serie crisi l’esile finanza comunale. Si ebbe pure nel dopoguerra una grave crisi dell’agricoltura e dei mercati: le classi più deboli precipitarono in un pauroso impoverimento. La piccola e media borghesia fu avvilita dalle imposte e dal timore per i redditi immobiliari bloccati. Tutti questi malumori sociali ed economici e le agitazioni politiche non fecero altro che creare i presupposti per l’avvento del Fascismo. Sotto l’Amministrazione fascista a Maddaloni fu un rifiorire di nuove costruzioni e istituzioni. Furono edificati il campo sportivo “Cappuccini”, i nuovi locali per la Pretura, la fabbrica di ghiaccio e il Largo Monte dei Pegni fu strasformato in un piccolo giardino con 9 il Monumento ai Caduti maddalonesi. Alcune strade furono intitolate a grandi personaggi storici, religiosi e politici. La chiesa del Corpo di Cristo fu consegnata al Vescovo di Caserta nel contempo furono redatti i progetti di una palestra coperta e scoperta, di un nuovo foro boario e di un mercato per i commestibili alla Starza. Senza contare la costruzione dell’edificio scolastico di Via Roma, gli importanti lavori all’acquedotto comunale, la stesura del regolamento sull’affissione e sulle tariffe delle vetture da nolo, i premi di nuzialità e natività, la sistemazione del piazzale antistante la stazione ferroviaria per il parcheggio delle vetture e l’adozione definitiva dello stemma e del gonfalone del Comune. E tante altre opere che il lettore potrà trovare leggendo nel suddetto lavoro. Al Largo Cappuccini si costituirono le associazioni “Nazionali combattenti” e “Invalidi di guerra”. Intanto gli appassionati dei colori granata sotto la guida del prof. Giuseppe Ferraro fondarono “l’Unione Sportiva Maddalonese”. All’insorgere delle agitazioni politiche e sociali una larga fascia del popolo si avvicinò al nuovo partito fascista che prometteva una vita migliore e un cambiamento della vita sociale ed economica equa per tutti. Il centro della città aderì in massa al nuovo partito mentre la periferia Messercola e Cervino restarono estranee e riuscirono a mantenere alta la fede del socialismo. Il Fascismo si diffuse maggiormente tra i giovani grazie all’opera attiva della sezione giovanile del Partito Nazionale Fascista presieduta dal rag. Armando Di Vico e dall’avv. Salvatore Renga, quest’ultimo fu pure amministratore del Reale Convitto “G.Bruno”, commissario prefettizio e podestà. Dopo il Di Vico fu segretario del Fascio locale il dr. Francesco Cerreto. Le massime autorità politiche fasciste del tempo erano: il duca Leonardo Tixon, ufficiale ex-combattente con croce di guerra, fascista della prima ora; Ernesto. Borgia che nel 1938 raggiunse la carica di componente del Direttorio Federale di Napoli; Aniello Cerreto che nel 1938 ricoprì la carica di comandante della “Gioventù Italiana del Littorio” e la signorina Amalia Di Vico, segretaria politica del Fascio femminile della città. L’élite del fascismo era costituita dall’avv. Carlo Zerbino, presidente dell’opera Balilla, l’ing. Domenico Vigliotta centurione della Milizia, il veterinario comunale Aldo Binosi e i notai Giuseppe Iorio, Carlo Barletta e Girolamo De Laurentis. Con l’istituzione della Gestione Podestarile Maddaloni ebbe come primo Podestà il cav. Amedeo Sorvillo, ex colonnello di artiglieria. Dopo la gestione del colonnello Sorvillo seguirono come commissari prefettizi il marchese Renato de Zerbi, l’avv. Salvatore Renga che rimase in carica fino al 1941 in qualità di podestà, l’avvocato Alfredo Di Vico, l’avv. Enrico Barra e l’avv. Antonio Brancaccio che rimase in carica fino all’occupazione tedesca di Maddaloni. Nella nostra città furono istituite tutte quelle iniziative volute dal Regime: l’O.N.B.(Opera Nazionale Balilla), l’O.M.N.I.(Opera Nazionale Mutilati ed Invalidi), G.I.L.(Gioventù Italiana del Littorio), O.N.D.(Oper Nazionale Dopolavoro), N.U.F.(Nucleo Universitario Fascista), O.N.C.(Opera Nazionale Combattenti), M.V.S.N (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale), e le Associazioni Sindacali Fasciste delle varie categorie. Inoltre su tutti gli edifici pubblici fu collocato il “Fascio littorio”. Durante il periodo bellico sulla Casa comunale fu impiantata la sirena, detta “tufa”, per avvisare gli abitanti dell’arrivo degli aerei nemici. Manifesti affissi ovunque per il paese avvisavano i cittadini come comportarsi durante le incursioni: opportuno uso della maschera antigas, come oscurare dalla prima sera le case e le strade incollando vistose 10 strisce di carta sui vetri; le luci elettriche dovevano essere spente o parzialmente ricoperte con fogli di carta in modo che i raggi luminosi non filtravano dalle aperture delle abitazioni. Si attuò anche il razionamento dei generi alimentari, essendo questi insufficienti a soddisfare i bisogni alimentari di tutti. A tale scopo fu deciso di distribuire molti generi di consumo agli abitanti attraverso una rete di distribuzione abituale. Inoltre fu stabilito l’obbligo della consegna all’ammasso di molte derrate alimentari: i produttori tolto il quantitativo necessario alla propria famiglia, imposto per legge e tolta la quantità necessaria per la futura semina dovevano consegnare a prezzo di calmiere tutto il rimanente del raccolto agli speciali centri di ammasso. Ad ogni famiglia furono distribuite le carte annonarie o “tessere del pane” tante quanti erano i membri famigliari. Periodicamente o ogni giorno il bottegaio di fiducia staccava il bollino numerato con la data per poi consegnare all’acquirente il corrispettivo di pasta o pane o olio o zucchero. Il caffè, genero di lusso e proibito, scomparve del tutto fin dall’inizio della guerra. Nei bar fu sostituito con il famigerato surrogato fatto di misture varie confezionato con orzo, bacche secche, fave e cicorie. Con il razionamento ebbe inizio su tutto il territorio il mercato nero dove con prezzi esosi si poteva trovare un po’ di tutto. Nella nostra città non fu molto avvertita lo stato di carestia dei prodotti commestibili perché come paese agricolo offriva molti sotterfugi e sistemi per arrangiarsi. Parecchi si recavano a fare razzie dei prodotti della terra nelle campagne maddalonesi rischiando anche di essere impallinati dal guardiano o dal proprietario del fondo terriero. A volte bastava mettersi d’accordo con un colono che dietro un adeguato compenso consegnava un pezzo di pane o una “mappata” di fagioli o di farina di mais. Con il passare del tempo i vari espedienti non furono sufficienti a sfamare i paesani che cominciarono a mangiare bucce di melone o di piselli seccati al sole, gusci di uova tritati e sciolti nell’acqua. Pure i ragazzi seppero organizzarsi in quei periodi di crisi. Essi si riunivano in gruppi e assaltavano i campi coltivati circondati da una cinta muraria raccogliendo dai campi e dai giardini dei signorotti prugne, noci e qualche rapa e dei broccoli dai campi. In quel periodo le famiglie povere gradivano molto mangiare le arringhe: pesce affumicato che era una vera leccornia dei buongustai. Il suo odore che oggi farebbe arricciare il naso allora era assai gradito. La povera gente poteva mangiare la carne rossa quando moriva qualche bestia accidentata. La sua carne era venduta a buon mercato dalla macelleria comunale. La carne rossa allora era un alimento non accessibile alle famiglie povere a causa del suo prezzo piuttosto salato. Il popolino faceva inoltre largo consumo delle interiori degli animali: trippa fegato e cuore. Tipiche in certi vicoli antichi della città delle due torri erano le bancarelle dove si cocevano e si vendevano le “budelle cotte”. Durante il periodo di guerra molti giovani maddalonesi furono mandati a combattere in Africa, Grecia, Albania e Russia: molti morirono e tanti furono fatti prigionieri secondo la zona dagli inglesi, russi e americani. Nel 1943 prima che arrivassero gli Alleati, a seguito dell’Armistizio dell’8 settembre, si verificò un rapido abbandono e sbandamento delle nostre truppe. L’esercito abbandonò armi e caserme. I tedeschi subito presero possesso della nostra città e imposero la loro autorità con leggi severe e con il coprifuoco. Era stato stilato un proclama che obbligava i maddalonesi a presentarsi al Comando tedesco in determinate occasioni per essere 11 impiegati in fini bellici. Parecchi giovani furono mandati nei campi di lavoro in Germania. Si cominciarono a vedere le prime scene tristi: la deportazione stipata sui camion tedeschi che prima toccavano Sparanise e poi raggiungevano i vari campi nazisti di concentramento. A Maddaloni i tedeschi, prima dell’arrivo degli Alleati, cercarono di minare la caserma Annunziata sita in Via Roma. Ma non fecero in tempo perché incalzati dagli Alleati la dovettero abbandonare in fretta lasciandola ad un nuovo saccheggio. Per evitare l’avanzata degli alleati i tedeschi fecero saltare il ponte “a Vapore” detto Monata situato in Via Cancello. Gli americani per poter passare dovettero farsi strada con la pala meccanica. Nella ritirata fecero saltare parecchie centinaia di metri di binari e diedero fuoco ad alcuni vagoni e alla stazione ferroviaria, e minarono l’acquedotto civico, la Casa comunale e la caserma dell’Annunziata. Fino al 4 ottobre 1943 il Comando tedesco di Maddaloni aveva sede a villa Correra situata lungo l’Appia nei pressi di S. Maria a Vico. In una masseria di Via Feudo c’era il Centro Territoriale di campagna ove operava il Comando tedesco. L’attuale caserma SMICA con l’annesso Palazzo Palladino, ex residenza dei Carafa, fu adibita come campo di prigionia differenziato. Durante il periodo di transizione le nostre caserme rimaste senza vigilanza, furono svaligiate dal popolo che cercò di arraffare con tutti i mezzi più che poteva. Di mira furono presi il “Quartiere”, attuale caserma Annunziata ormai abbandonata e l’ospedale militare “Littorio” di Via Caudina. I predatori arrivavano con carri, biciclette, carriole e parecchi usavano le loro braccia per trasportare fuori scatolame d’ogni tipo, enormi forme di formaggio, gallette, zucchero, riso, farina, stoffa militare, rotoli di tela per lenzuola, scarpe, coperte e tante altre cose che trovavano. Durante il saccheggio nella ressa morirono alcuni maddalonesi calpestati dagli stessi compaesani. Non fu risparmiato neanche l’ospedale militare nonostante l’opposizione dei soldati tedeschi. Gli alleati bombardarono Maddaloni con colpi di cannoni che danneggiarono parecchi edifici pubblici e case. Un aereo accidentalmente sganciò delle bombe che causarono la morte di alcuni maddalonesi. Durante il periodo di guerra parecchie famiglie furono contagiate dai pidocchi. Per combatterli le persone colpite si lavavano i capelli con l’aceto e naftalina: rimedi che procuravano tremendi dolori di testa. Parecchie famiglie sfollarono recandosi in alcuni paesi sanniti. Partiti i tedeschi Maddaloni passò sotto l’amministrazione militare americana. Il Lt. Col. Karl F. Glos varcò la soglia della Casa comunale della città di Maddaloni il 6 ottobre del 1943 sotto l’Amministrazione commissariale retta dal cav. Eugenio Iorio. Finì per la nostra città la dittatura podestarile imposta dal fascismo. Come primo atto oltre alla legge il liberatore ripristinò ogni forma di convivenza sociale. Iniziò nella nostra città l’avvento della ricostruzione: il popolo aveva bisogno di pace, stabilità, democrazia e doveva soprattutto recuperare la dignità umana calpestata dai più forti e da una dittatura a volte disumana. Finì il periodo della paura delle retate nazi-fasciste, della prigionia, della deportazione e delle incursioni e bombardanti degli Alleati annunciati dalle sirene delle “tufe” sinonimo di paura e di oscurità. I cittadini per ripararsi correvano nei rifugi antiaerei e nelle cantine dei loro palazzi illuminati dalle fioche luci dei ceri o dalle lampade a 12 petrolio. Qui purtroppo restavano nell’oblio, senza sapere cosa succedeva e cosa avrebbero trovato fuori dopo lo squillo delle sirene che annunciavano il cessato allarme. A differenza delle città limitrofe Maddaloni non subì gravi danni dalle incursioni aeree alleate. Caserta, Capua di contro furono devastate e accusarono parecchie vittime. La nostra città fu bombardata da cannoni dell’artiglieria pesante inglese posta nei pressi di Nola e Marigliano, che cercava di annientare i tedeschi rimasti in città che rispondevano con grossi cannoni piazzati su vagoni merci della stazione ferroviaria. Alcune bombe dei cannoni inglesi danneggiarono la sede della Setap in Piazza Umberto I, le chiese del Corpo di Cristo, del Carmine e di S. Benedetto. Alcuni feriti furono ricoverati nell’ospedale del Vallone detto ricovero Landolfi. Nella notte del 16 luglio 1943, verso le ore 23.00, un pilota di un quadrimotore alleato colpito da aerei italiani, prima di cadere nei pressi di Messercola si liberò del carico delle bombe e dei serbatoi che caddero nel territorio urbano tra “Eustacchio” e “Cittadella” causando la morte di tante persone. I maddalonesi assistevano dalle loro case al bombardamento della città di Napoli, durata parecchi giorni. I bagliori squarciavano il cielo oscuro e cadevano sui palazzi ove causavano danni e morte. Legato al momento si fece sentire il problema dell’esodo degli sfollati napoletani che interessò la nostra città e altri paesi limitrofi. Maddaloni fu scelta perché era bel collegata con Napoli. I maddalonesi li accolsero con vero senso di umanità e di solidarietà dividendo con loro le poche risorsero che ancora disponevano, perché allora era ancora in uso l’uso del tesseramento del pane e di altri viveri comuni. La maggior parte di questi sfollati erano persone legate da vincoli di parentela o di amicizia con famiglie maddalonesi. Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 la situazione urbana precipitò del tutto dopo un momento difficile. L’esercito abbandonò le armi e le caserme e i soldati rimasti cercarono la via di casa. Ne approfittarono i tedeschi che occuparono Maddaloni e tanti altri centri. Le prime truppe alleate furono quelle di colore composte di marocchini ed indiani, riconoscibili nei loro tipici barracani e turbanti arabi che si insediarono nella caserma Magroni, ex ospedale militare “Littorio”. L’arrivo degli alleati fu avvertito dal grande stridio dei cingoli dei carri armati che rumore a parte annunciavano la libertà, la liberazione, la fine di un incubo che aveva assillato la città delle due torri per un ventennio. Dopo le truppe di colore arrivarono gli inglesi e poi gli americani. 13 I liberatori donarono caramelle e cioccolate ai ragazzi mentre alla gente comune donavano scatolette di carne, pane bianco, sigarette, dentifricio ed altri generi. Vedere passare soldati, carri armati, cannoni, jeep, cucina da campo, fu per i ragazzi un vero spettacolo. Con il loro arrivo finì l’incubo di incontrare i tedeschi con i loro cani ringhiosi che facevano sempre paura. Gli inglesi si insediarono in Piazza Mercato, in alcuni palazzi di Corso Umberto 1, vicino al caffè degli aranci requisito per alloggiarvi le soldatesse alleate. Nella caserma Bixio, attuale “Fondazione Villaggio dei Ragazzi”, fu istituita la mensa ufficiale degli inglesi e americani. Gli altri reparti si stabilirono nella caserma Annunziata e nel Palazzo Scalera di Via Roma. Al campo sportivo Cappuccini gli americani istituirono un gran deposito di materiale vario. Lungo Via Napoli costruirono un pista di fortuna per l’atterraggio di aerei leggeri e un campo di prigionia adibito pure a campo sportivo. Organizzarono il loro comando nel Convitto Nazionale e nella villa Correra, nei pressi della chiesetta Madonna delle Grazie. Nel Palazzo Piscitelli, in Piazza S. Sofia, fu dislocata il Comando della polizia militare. La truppa di colore si stabilì una Compagnia nei giardini del Convitto “G. Bruno”, altri reparti si stabilirono sul monte San Michele e Castello; mentre un’intera divisione si dislocò lungo il territorio compreso tra il Cimitero, villa Grado e Ponti della Valle. I soldati di colore instaurarono nel paese un certo panico, specialmente nelle ore serali, i quali si ubriacavano e andavano in giro in cerca di donne per violentarle. In quei tempi le case erano sbrancate con robusti pali alle porte, e c’era sempre un familiare di guardia per evitare brutte sorprese. Alla vigilia della Madonna dell’Immacolata arrivò a Maddaloni il Corpo di spedizione italiano (Corpo di liberazione), composto di circa cinquantamila uomini, che si accampò lungo la Via Consolazione e via Caudina; stette sul nostro territorio per quasi due giorni, poi, parti per Montelungo. Il Corpo era comandato dal principe Umberto di Savoia con la carica di reggente che dormì nella caserma Annunziata. Verso la fine del ’44 e l’inizio del ’45 per una forte nebbia sulla collina di San Michele in località villa Quarto cadde un aereo postale inglese; morì tutto l’equipaggio composto di donne. L’arrivo dei soldati alleati turbò molto le coscienze di allora per il dilagarsi della prostituzione e del mercato nero. Nella nostra città sorsero nell’occasione parecchi ritrovi e bettole frequentati dalla truppa di colore e dagli americani ove si ubriacavano e si accompagnavano con le “signorine”: donne di facile costume che si prostituivano per soldi; le quali non godevano molto simpatie e stima dai paesani, che le emarginavano e le ignoravano, ad eccezione d’alcuni maddalonesi che le sfruttarono facendosi intermediatori tra queste e la truppa alleata, mettendo a disposizione dei locali e la loro vigilanza, per uso e profitto proprio. Certo la condizione delle donne, in quei tempi di carestia, con i mariti e fidanzati in campi di prigionia oppure dichiarati dispersi, non era tanta rosea. Senza alcun aiuto economico e dovendo portare avanti la famiglia e dar da magiare i propri figli, le poverette cercarono di adattarsi ai tempi correnti. Si può dire che parecchie di loro furono attratte dalle lusinghe e dal miraggio di una vita migliore in America. Un altro male della società di allora fu il contrabbando di sigarette americane e il mercato nero di generi diversi alimentato della truppa alleata, e le case di appuntamento 14 che proliferarono nei rioni più malfamati di Maddaloni. La miseria più nera induceva le donne a vendere il loro corpo. Ad accompagnare i soldati nei luoghi di piacere erano i cocchieri e gli “sciuscià maddalonesi”, ragazzi che avevano imparato qualche parola d’inglese e facevano da intermediari e da interprete con le “signorine”. Partendo dalla Piazza S. Sofia i cocchieri portavano gli americani prima nelle cantine dove bevevano vino annacquato e poi, sbronzi, li accompagnavano presso le case delle “madame”. Gli “sciuscià” erano pagati dai soldati e dalle donnine. Oltre a far da interpreti gli “sciuscià” che erano figli di famiglie numerose e sbandate per poche am-lire (moneta emessa dal Comando alleato) pulivano le scarpe dei soldati e facevano contrabbando di sigarette rubate. I soldati ubriachi a volte erano considerati come merce privilegiata e di scambio. Spesso erano derubati d’ogni avere, malmenati e barattati con poche lire con altri sfruttatori. Per arginare il triste fenomeno il Comando Alleato faceva pattugliare dalla ronda alcuni i rioni della nostra città. In special modo, in uno di essi proibì categoricamente l’entrata dei suoi soldati, facendo sostare i militi della Polizia Militare e, inoltre, fece scrivere in caratteri cubitali “Off Limits”. Con l’aiuto del Governo militare alleato il Sindaco di Maddaloni riuscì a migliorare le condizioni vita dei più bisognosi e degli infermi facendo distribuire medicinali e viveri per l’ospedale e per il mendicomio. Inoltre elargì sussidi agli sfollati ed ai profughi di guerra e soccorse molte famiglie povere. Un’altra piaga sociale era la borsa nera. In quei tempi per poter mangiare meglio si doveva ricorrere al mercato nero. A prezzi salati si potevano trovare carni, salumi, formaggi, caffè ed altri generi commestibili. Per comprare i prodotti della borsa nera si doveva andare di prima mattino e a volte si doveva molto girovagare tanto per portare a casa qualche genere di lusso. All’inizio i contadini si arricchirono con la borsa nera. Ma ben presto finirono sotto il controllo dei piccoli trafficanti gestiti dalla camorra locale. Con il contrabbando ebbe inizio una nuova camorra che faceva uso del mitra e non più con del coltello. Intanto con il mercato nero della “roba americana” sorse una complessa burocrazia italo-alleata basata sulla corruzione che faceva da tramite tra il mercato legale e quello clandestino. I soldati sottraevano le merci, i corrieri le trasportavano, i controllori lasciavano superare la cinta daziaria e cosi nascevano veri e propri mercati specializzati nella vendita di sigarette, delle scarpe e d’altri generi. Con queste attività sorsero i nuovi ricchi che oltre a ciò erano protettori e sfruttatori delle donne che si prostituivano con poche amlire. Con la tessera il pane nero costava normalmente 5 lire il chilo mentre alla borsa nera arrivava a 170 che era umido, poco cotto e quasi immangiabile. I fornai si giustificavano affermando che la colpa era della mancanza del combustibile. L’Annona rigettava tutta la responsabilità su di loro. Inoltre la legna distribuita regolarmente era usata dai fornai per cuocere vivande in teglie che erano vendute ogni giorno a quelli che le pagavano a peso d’oro. In parecchie famiglie si diffuse il contagio del tifo petecchiale: le persone colpite avevano un tremendo prurito in testa e si lamentavano. Per combattere i pidocchi si usava lavare i capelli con aceto e naftalina. Inoltre si ricorreva ad un pettine piccolo speciale ( a denti strettissimi) che passato tra i capelli li tratteneva e poi con una piccola pressione dell’unghia del pollici erano schiacciati. Spesso lungo le strade si poteva vedere delle 15 donne che ricercavano con le mani i pidocchi nei capelli dei loro figli e poi li schiacciavano facendo sentire un piccolo rumore “tac”che annunciava la morte del piccolo e fastidioso animaletto. La liberazione che fece proliferare prostituzione, furti e contrabbando ci affrancò dal giogo del Regime ma non riuscì a risolvere i problemi che assillavano la maggior parte della popolazione. La guerra aveva impoverito la piccola borghesia a reddito fisso e aveva stremato le classi popolari che poco o nulla avevano da mangiare. Nello stesso tempo le ristrettezze imposte dal conflitto bellico avevano creato le condizioni per illeciti arricchimenti di alcune famiglie appartenenti anche al popolo minuto che avevano lucrato sulle disgrazie altrui. L’occupazione alleata che avrebbe dovuto avviare una nuova vita civile e politica era portatrice purtroppo di corruzione e degenerazione dei costumi: il contrabbando era l’unica possibilità di sopravvivenza materiale per la famiglia, ma anche una possibile fonte di arricchimento. La moneta che circolava allora era l’A- lire (Al lied military currency) valuta militare alleata. I tagli monetari erano da 1, 5, 10 lire di forma quadrata di colore giallo, verde pallido e arancione. I tagli da 50, 100, 500, 1000 lire di forma rettangolare erano di colori di tono più forte, più scuro. Il governo militare alleato sapeva di aver a che fare con un paese in cui, specialmente al Sud, gran parte della popolazione era ancora analfabeta e in questo modo la gente avrebbe riconosciuto il valore soltanto dall’immagine della banconota senza dover capire le scritte. Con queste monete gli Alleati pagavano tutto: dalla manodopera alle “signorine”. Le Am-lire circolarono in Italia accanto alla moneta ufficiale fino al giugno del 1950. L’anno dopo caddero in prescrizione. Dove mettevano piede gli Alleati si perdeva qualsiasi forma di sovranità; diventava soltanto un territorio occupato. Il 22 aprile 1944 il Sindaco autorizzò alcune ditte specializzate a ritirare e a distribuire generi alimentari di prima necessità che erano raccolti e depositati nell’atrio della Casa comunale. A Maddaloni il 20 giugno 1944 furono distribuite 5706 carte annonarie alle famiglie ed ai profughi. A tutto il 26 aprile 1945 risultavano iscritti nelle liste elettorali 6.499 uomini e 7.457 donne. Le liste furono però suscettibili di cancellazione per gli individui, uomini o donne, che si sarebbero trovati nelle condizioni di non poter essere inclusi in relazione agli atti trasmessi dai casellari giudiziari e dagli altri Enti. Intanto la nostra città fu divisa in 15 sezioni di cui sette per gli uomini e otto per le donne. Inoltre furono compilati schedari distinti per uomini e donne. Per poter dare l’assistenza sanitaria gratuita la Giunta ritenne opportuno riesaminare nello stesso anno l’elenco dei poveri aventi diritto all’assistenza medico-chirurgicaostretica e alla somministrazione dei medicinali gratuiti. Erano considerati poveri coloro che avevano un reddito non superiore alle 6mila lire. Tale limite era elevato a 9mila quando i componenti a carico della famiglia erano più di 5. I mutilati, gli invalidi e le vedove dei caduti in guerra non erano soggetti agli accertamenti ed avevano tutti diritto alla gratuità. Prima del referendum del ’46 incominciarono a delinearsi due schieramenti: i “rossi” del partito comunista e dei socialisti del “Fronte Popolare, e i “bianchi” che erano i 16 cattolici, il clero e le organizzazioni facendo capo alla Chiesa, all’Azione cattolica e al F.U.C.I. (Universitari cattolici). Le persone che ebbero il privilegio di lavorare presso le strutture degli alleati vivevano abbastanza bene e non risentivano dalla crisi economica in atto. Anche se percepivano circa 75 lire il giorno, una somma irrisoria per vivere allora avevano la fortuna di essere ammessi a frequentare le mense degli alleati da cui riuscivano a portare sempre qualche cosa da mangiare a casa. Nell’esercizio finanziario del 1946 l’Amministrazione comunale di Maddaloni, pur essendo in un grave deficit fu costretta ad assumere in servizio 22 tra reduci, partigiani e combattenti che per aver dato gran parte della loro vita alla Patria erano meritevoli della maggior benevolenza del Comune. Meritavano di essere sollevati dal gran disagio economico in cui versavano. Ma, nel momento in cui questi erano assunti, altri impiegati avventizi furono licenziati creando un problema doppiamente angoscioso per lo stesso Comune. Bisognava inoltre tener conto che il numero dei reduci assunti era sempre esiguo rispetto agli altri rimasti fuori, i quali vistosi alla stretta economica incominciarono a reclamare duramente in piazza. L’Amministrazione comunale per evitare che i tumulti si potessero trasformare in vere lotte sociali si impegnò ad assumere altre persone. E cosi il Comune per accontentare gli incontentabili era costretto a licenziare altri impiegati avventizi riducendo i caroviveri a tutto il personale fuori ruolo. Dopo una lunga discussione la Giunta, per non mettere sul lastrico un cospicuo numero d’impiegati ormai esperti e navigati adottò solo la riduzione del caroviveri. Sempre nel ’46 a Maddaloni nei “Formali” abitati dagli zingari accaddero alcuni casi di vaiolo. Le autorità sanitarie inglesi intervennero con rapidità facendo trasportare i contagiati all’ospedale Cotugno di Napoli. Morirono comunque parecchi zingari. Le condizioni sanitarie lasciavano molto a desiderare, aumentò la mortalità infantile e la tubercolosi perché mancavano gli alimenti necessari e l’igiene e le medicine erano idonee: la tubercolosi era curata con cure empiriche. Allora il freddo causava i geloni che colpivano le signore borghesi e le serve, gli operai e i contadini. Si manifestavano con un po’ di prurito sull’orecchio superiore e poi dilagavano sulle mani, sui piedi e sulle ginocchia. Contro di loro c’era ben poco da fare. Nell’agosto del ’46, l’assessore Enrico Tammaro riferì che le condizioni igienicosanitarie della nostra città dovute in gran parte agli strascichi dolorosi di una guerra lunga, durissima e sfortunata lasciavano molto a desiderare. Inoltre la denutrizione dovuta all’insufficientissima alimentazione, l’igiene trascurata in parte per la miseria economica, avevano determinato l’insorgere – specie nei bambini – di fenomeni morbosi. La tubercolosi già esplosa dopo la guerra 1915-18 si era diffusa sia per la scarsa reazione dell’organismo delimitato dalle molte privazioni che per il diffondersi del germe di cui erano portatori molti reduci confinati nei campi di concentramento. Per fronteggiare la delicata situazione del momento l’Amministrazione comunale cercò di stipulare una convenzione con il Demanio dello Stato per la fornitura dell’acqua del condotto Carolino, in modo che la popolazione potesse avere a disposizione questo prezioso liquido per la cura della pulizia personale e per soddisfare gli essenziali bisogni della casa. Fece inoltre disinfettare le fognature e intraprese una dura battaglia contro le mosche inducendo gli esercenti a munirsi di camici e a coprire con velo i generi messi in vendita. Senza contare che aumentò lo stanziamento per far fronte al ricovero in ospedali 17 di ammalati bisognosi per i quali occorreva una lunga degenza e una spesa non indifferente per il ricovero in luoghi specializzati. Nel referendum del 2 giugno 1946 ci fu nella nostra città una netta preponderanza degli schieramenti monarchici i quali ebbero oltre l’ottanta per cento dei consensi. Continuando nella politica di risanamento nel 19 ottobre del 1946 l’Amministrazione comunale per ragioni sociali, igieniche ed economiche, com’era già avvenuto in altre città, dovette affrontare il problema delle case popolari. Di conseguenza il Consiglio comunale approvò la fondazione dell’Istituto autonomo delle case popolari, riservandosi la facoltà nella scelta delle aree da adibire a tale uso. Nel mese di novembre fu preparato il programma dei lavori pubblici per danni di guerra e per dar sollievo alla disoccupazione. Per non aver ricevuto alcun sussidio nel 1947 alcuni disoccupati insorsero contro l’Amministrazione provvisoria. La Giunta per sedare la rivolta ricorse alla forza pubblica; intervenne un plotone di carabinieri che oltre ad usare il cinturone ed i calci dei loro moschetti ricorsero ai gas lacrimogeni. Negli scontri si ebbero da ambi le parti alcuni feriti e contusi. Entra in scena il rev. D’Angelo Salvatore che nell’ottobre del 1947 fece istanza per ottenere l’autorizzazione ad occupare per fini educativi parte dell’ex caserma Bixio. Nello stesso anno con le ferite ancora aperte inferte dalla lunga e disumana guerra Don Salvatore, spinto dal fervore della carità di contribuire alla “ricostruzione”, si dedicò con tutte le sue energie all’educazione dei bambini più poveri e privi d’affetto. Li curò nel corpo e nell’animo dando loro un letto, un piatto ed una parola buona. Dalla colonia elioterapeutica del ’47, prima iniziativa destinata a svilupparsi subito in un piccolo centro di addestramento agrario all’istituzione delle scuole elementari e medie, alla creazione della banda musicale e all’Istituto Magistrale e Liceo linguistico il passo è stato breve. Siamo nel dicembre 1947 e nei locali dell’ex convento delle Domenicane e dell’ex caserma Bixio vivevano ancora alcune famiglie di sfollati e di sinistrati. In merito l’Amministrazione deliberò che oltre al pagamento dell’acqua e della luce gli occupanti pagassero una pigione mensile. Nelle elezioni del 18 aprile 1948 il partito della Democrazia Cristiana ebbe il maggior numero di consensi da parte dell’elettorato. Nel 1 agosto del 1948 fu istituita a Maddaloni la Scuola Militare di Commissariato e d’Amministrazione (SMICA) che fu intitolata al Ten. Comm. Giacomo Rispoli, medaglia d’argento alla memoria. Negli anni Cinquanta Maddaloni aveva un’economia prevalentemente agricola. Di fabbriche non c’erano nemmeno l’ombra. Ma la stessa agricoltura non era sviluppata abbastanza da soddisfare i bisogni della città. Anche dal lato occupazionale parecchi maddalonesi furono costretti ad emigrare verso l'Italia 18 settentrionale ed in altre nazioni dell’Europa. Nel dopoguerra si ebbe la rivalutazione della famiglia dove si trascorrevano le festività più importanti: Natale, Pasqua, le prime Comunioni, i compleanni e gli sposalizi. Presso la casa paterna si mangiava e si festeggiava intorno ad un gran tavolo; il padre predominava e manteneva unita la famiglia. Le donne, generalmente, si occupavano di lavori domestici, curavano la casa e si preoccupavano dell’educazione dei figli. Alcune imparavano pure un mestiere. In quei tempi non esistevano le vacanze estive. Solo i cosiddetti “signori” potevano andare al mare. Nel periodo estivavo in tanti cortili le altre famiglie si dedicava a confezionare in modo artigianale conserve, bottiglie di pomodori, melanzane sott’olio, peperoni sott’aceto e marmellate varie. In occasione delle feste ricordevoli le sartorie da uomo e da donna erano impegnate a confezionare nuovi vestiti da indossare proprio in quelle date. Allora non tutti si potevano permettere un vestito per ogni occasione. Al massimo si poteva avere un vestito l’anno come pure per le scarpe. Il cappotto era un lusso che solo pochi potevano permettersi. Quelli di cammello o principe di Galles divennero simboli di eleganza, erano quasi un obbligo per le persone più raffinate. S’incominciarono a vedere costumi da bagno più audaci e comparvero i primi bikini: costumi sconci ed immorali. Con gli Alleati americani esplose il “rock and roll”, “scuotiti e dimenati”. Pur trovando l’opposizione della Chiesa e dei genitori il ballo riuscì a penetrare tra un vasto numero di giovani e ben presto conquistò folle più vasta. Gli anni ’50 furono caratterizzati dalla nascita di un nuovo sentimento di fiducia nel futuro, sentimento che permise alla gente di superare i dolori, le tragedie e le distruzioni di una guerra che aveva dilaniato l’umanità. Fu il periodo in cui arrivarono alcuni mutamenti nelle case: si videro i primi frigoriferi, cucine più attrezzate, mobili più consoni al loro uso, e qualche altro elettrodomestico utile alla famiglia. Il boiler fece mettere da parte le tinozze. Questi conforti erano un privilegio delle persone che avevano un certo tenore di vita superiore al normale. La povera gente continuò a vivere nell’oblio della sua ignoranza e dell’abbandono. Le condizioni sanitarie di allora non erano molto felici. I nostri nonni erano tormentati dal freddo, minacciati dalla tisi, malaria e dalla sifilide. Già i wc in casa erano un miraggio, figurarsi la vasca da bagno! Solo i benestanti potevano disporre di questi conforti. Di notte c’era il pitale e di giorno quello dislocato nel cortile alla turca. Come carta igienica era riciclata la carta del macellaio o quella dei giornali. Il bagno fu una conquista del dopoguerra con la ricostruzione delle case distrutte. Gli anni ‘50 furono gli anni della rinascita di un nuovo sentimento di fiducia nel futuro, sentimento che permise alla gente di superare dolori, tragedie e distruzioni causate da una guerra che oltre a condizionare e cambiare l’esistenza di tutti aveva dilaniato l’umanità. Al risanamento dell’economia del Sud contribuì anche la Cassa del Mezzogiorno che diede subito impulso alle costruzioni d’infrastrutture con le agevolazioni all’impresa privata grazie all’intervento diretto dello Stato. Si può dire però che il suo operato fu un parziale fallimento: oltre a realizzare specie nel Sud immensi insediamenti industriali, chiamati “cattedrali nel deserto”, non fu in grado di utilizzare e formare l’abbondante manodopera locale creando nel contempo una rete di piccole e medie imprese di fornitura in ausilio alle grandi imprese. 19 A pagarne le conseguenze fu la popolazione del Sud che dal 1950 abbandonò in massa le proprie case per cercare di fortuna al nord Milano, Torino, Genova e in Svizzera, Belgio e Germania. Quando il flusso migratorio divenne imponente lo Stato attrezzò un’apposita linea ferrovia “Treno del sole” che attraversava l’Italia da nord a sud in modo tale da favorire e permettere nel migliore dei modi il dispiegarsi di questi spostamenti. Gli uomini trovarono lavoro come operai nelle numerose fabbriche e nei tanti cantieri edili. Le donne al contrario erano occupate in lavori a domicilio spaziando in quello della maglieria, del filato e della sartoria senza trascurare l’impegno nelle fabbriche. Molti di questi manovali e operai acquisirono in quegli anni un’esperienza tale da permettere loro di diventare in seguito imprenditori nei vari settori in cui avevano prima lavorato. Il cospicuo movimento migratorio creò diversi problemi e inevitabili sconvolgimenti sociali. Oltre ad avere problemi di lingua e di clima la gente proveniente dal Sud trovò difficoltà a reperire un’abitazione. Inevitabili furono le ripercussioni sul posto di lavoro e sulla scolarizzazione dei propri figli che erano abituati a parlare solo in dialetto. Nel dopoguerra il settore edile ebbe un notevole sviluppo. Il mattone diede lavoro a parecchi muratori disoccupati. Si pensò alla ricostruzione delle case danneggiate dai bombardamenti edificando nel contempo nuovi e funzionali edifici. Fra la povera gente prese piede la raccolta d’oggetti metallici per rivenderli a poche lire ai rigattieri. Nel raccogliere questi oggetti la gente trovava pure ordigni di guerra che esplodendo provocavano morte e mutilazioni. L’esplosione economica migliorò il tenore di vita delle classi lavoratrici, rendendo possibile anche a famiglie operaie di mantenere i propri figli allo studio sino al conseguimento di un diploma e spesso di una laurea. Gli studenti che fino a pochi decenni prima erano stati una minoranza privilegiata diventarono una categoria assai più numerosa. venditore di latte Con il piano Mashall gli Stati Uniti aiutarono a risolvere molti i problemi dell’Italia. Il piano prevedeva aiuti monetari a prestito condizionato. In altre parole i beneficiari eravamo costretti ad acquistare i prodotti necessari dalla stessa America. Molti di questi prestiti andarono alle industrie del Nord, lasciando al Sud solo poche briciole. Un comune detto suona: “si stava meglio quando si stava peggio”. E’ doveroso aggiungere che la salute di allora non era curata come quella di oggi perchè si mangiava poco e si vestiva male. 20 Capitolo secondo Gli Amministratori Il 5 gennaio 1899 dopo il mandato del Real Commissario avv. Attilio cav. de Johannis si costituì un nuovo consiglio comunale composto: cav. Giuseppe Tammaro, cav. Nicola Stravino, Vincenzo Raffone, cav. Vincenzo Iadaresta, Alfonso Raffone, Nicola Delle Cave, Ferdinando Proto, Francesco Barbati, cav. Carmelo Destino, Francesco Iulio, ing. Vincenzo Borgia, dr. Alfonso Vico, cav. Giovanni Brancaccio, Antonio Pisanti, Felice Quintavalle, cav. Achille Del Monaco, Antonio De Sivo, Gabriele Barbati, Savino Ardolino, Antonio Cerreto, Michele Bove, Antonio Scalera, prof. Pasquale Castaldi, Ferdinando Lombardi, dr. Michele Correra, Luigi Verrone, Alfonso De Simone, Enrico Prisco. Assenti: Giuseppe Barletta, prof. Pasquale Rossi. La prima azione che intrapresa il nuovo consiglio comunale fu quella di inviare alle Autorità competenti un telegramma dell’avvenuta costituzione. Poi si procedette alla nomina del Sindaco e degli assessori della Giunta. Con 24 voti il cav. Giuseppe Tammaro fu eletto Sindaco della città. Gli assessori ordinari furono: Antonio De Sivo, cav. Vincenzo Iadaresta, dr. Alfonso Raffone, ing. Vincenzo Borgia; invece quelli supplenti furono dr. Alfonso Vico e Luigi Verrone. Il 15 maggio dello stesso anno il Sindaco cav. Tammaro propose al Consiglio comunale di dare la Cittadinanza onoraria a Giuseppe Fisone uno dei grandi negozianti di cereali della Provincia che durante l’epoca del rincaro del pane per evitare tumultuose dimostrazioni del popolo aveva fornito ai cittadini maddalonesi il pane di prima qualità ad un prezzo minore degli altri esercenti. Il consigliere Vincenzo Raffone d’accordo con la proposta del Sindaco propose invece della cittadinanza onoraria di dargli un attestato di benemerenza. La proposta del Raffone fu approvata all’unanimità dal Consiglio. Nel mese di giugno l’assessore Borgia riferì al Consiglio che il Presidente della Congrega di Carità per la salvaguardia del lavoro dei braccianti aveva chiesto di imporre una forte tassa sui proprietari che usavano macchine agricole. Il Consiglio non potendo imporre la tassa richiesta inviò l’istanza al Prefetto affinché la inviasse al Governo del Re per cercare di studiare il modo di venire in aiuto ai suddetti operai. Il 30 luglio 1900 il Sindaco Tammaro propose al Consiglio che era suo intento organizzare una serie di pubbliche manifestazioni di cordoglio per la morte di S.M. il Re Umberto I di Savoia. L’assessore cav. Vincenzo Borgia intervenendo nella discussione face presente che il Re aveva fatto promessa di venire a Maddaloni per rendere omaggio al Monumento dei Ponti della Valle e che aveva elargito un congruo concorso per la sua erezione, propose di ricordarlo con una lapide. Inoltre suggerì che il seggio presidenziale fosse abbrunito per sei mesi e di sospendere per un mese i concerti pubblici della banda musicale. L’assessore cav. Iadaresta associandosi ai precedenti oratori propose di intitolare la maggiore piazza della città – denominata dell’Unione – “Piazza Umberto I”. Nel mese di agosto il Consiglio comunale nominò i componenti dell’Ufficio di Conciliazione per il 1901: Gabriele Iorio di Giuseppe (medico chirurgo), Giuseppe Iorio di Giovanni (notaio), Benedetto Quintavalle fu Carlo (medico chirurgo), Giuseppe Quintavalle fu Carlo (laureando in giurisprudenza). Successivamente nel 1901 Sebastiano Bove fu Vito (contribuente), Cosimo Caruso fu Gabriele (professore), Salvatore Tammaro fu Domenico (contribuente) subentrarono a: Michele Iaderosa, Felice Quintavalle e Michele Lombardi perché scomparsi. 21 Il 3 gennaio 1901 dopo varie sedute consiliari andate vuote per non aver raggiunto il numero legale la Giunta comunale diede le dimissioni e il 5 febbraio dello stesso anno il Consiglio comunale in seduta straordinaria, presieduto dal cav. Vincenzo Iadaresta, discusse sulle dimissioni della Giunta. Il Presidente all’apertura della seduta lesse la nota del Prefetto del 1° febbraio 1901 con cui erano rinviate le dimissioni della Giunta al Consiglio. Il consigliere Prisco fu il primo a proporre di rigettare le dimissioni per non provocare una crisi. La proposta, messa a votazione, con il sistema delle palline bianche e nere di cui le bianche favorevoli e le nere contrarie. Su 16 presenze il proponente ottenne 11 palline bianche ed una nera; si astennero gli ex assessori cav. Vincenzo Iadaresta, dr. Alfredo Vico, cav. Vincenzo Borgia e Luigi Verrone. Il Presidente constatato l’esito della votazione proclamò accolta la proposta del Prisco. Il 18 febbraio l’Assemblea consiliare presieduta del comm. Giuseppe Tammaro discusse di nuovo le dimissioni degli assessori. Prima che iniziasse la discussione dell’O.d.G. alcuni consiglieri criticarono l’orario di inizio della seduta. Il consigliere Alfredo Vico fece rilevare che erano le ore 5 e otto minuti, ed erano già oltrepassati otto minuti oltre l’ora di aspettativa quindi invitava il presidente ad aprire la seduta. Il Sindaco fece notare al consigliere che il suo orologio portava le cinque meno cinque minuti e che in un articolo di legge era scritto che si doveva aspettare un’ora da quella indetta dagli avvisi di convocazione che non poteva né essere anticipata né superare alcuni secondi. Poi il primo cittadino riferì che la Giunta il 9 febbraio aveva rassegnato di nuovo le dimissioni solo due assessori cav. Alfonso Raffone e Alfredo Vico le avevano ritirate. Le dimissioni in parola non potevano costituire un atto singolo ma interessavano l’intera Giunta che le aveva date per bene due volte quindi non si poteva accettare l’assenza dei due assessori. Il Consiglio ad unanimità e per alzata e seduta approvò le dimissioni della Giunta che diedero origine ad una dura protesta dei consiglieri Raffone e Vico che seduto stante abbandonarono l’aula. Nella stessa tornata il Consiglio nominò i nuovi assessori: cav. ing. VincenzoBorgia, cav. uff. Vincenzo Iadaresta, cav. uff. Carmelo Destino, cav. avv. Giovanni Brancaccio come ordinari e il dr. Michele Correra e Luigi Verrone come supplenti. Dopo l’elezione dei nuovi assessori, il consigliere cav. Nicola Stravino diede le dimissioni adducendo il motivo che non poteva convenientemente disimpegnare il suo incarico perché era impegnato in altre occupazioni private e non aveva tempo disponibile per dedicarlo alla Cosa pubblica. Il Presidente propose al Consiglio di respingerle perché l’Amministrazione non poteva perdere l’opera lodevole ed efficace di uomo valente come lo Stravino. Il Consiglio rigettò le dimissioni e incaricò il Sindaco comm. Giuseppe Tammaro e i consiglieri Iadaresta e Brancaccio di recarsi dallo Stravino per esortarlo a desistere dalla dimissioni date. Il 22 maggio 1901 fu sorteggiata la metà dei consiglieri comunali, cioè 15, in rispetto del nuovo testo della legge comunale. Prima di iniziare la votazione il Sindaco comm. Giuseppe Tammaro dichiarò che i consiglieri da sorteggiare erano tredici e non quindici perché mancavano dal numero totale i consiglieri Felice Quintavalle deceduto e Pasquale Castaldi dimessosi nel 1899. Per lo scrutinio furono impiegati i consiglieri Antonio Pisanti, Giovani avv. Brancaccio e Carmelo cav. Destino i quali collaborarono con il Sindaco all’operazione del sorteggio. Lo stesso Presidente poi lesse ad uno ad uno ad alta voce i nomi segnati sulle 28 cartelle dei consiglieri in carica. Le stesse dopo controllate e riconosciute uniformi, sia per le dimensioni sia per la carta adoperata, riavvolte ad un ad una, conficcate in anelletti di ferro, di eguale calibro; furono messe nell’urna. Dopo queste 22 operazioni il comm. Tammaro tirò fuori dall’urna 13 cartelle e una alla volta lesse i nominativi degli estratti. Risultarono sorteggiati. Gabriele Barbato, Michele Bove, Giuseppe Barletta, dr. Alfredo Vico, cav. Nicola Stravino, cav. uff. Vincenzo Iadaresta, Enrico Prisco, Alfonso De Simone, cav. dr. Alfonso Raffone, Antonio Cerreto, Antonio Pisanti, Ferdinando Lombardi, Francesco Iulio. Nel mese di luglio l’assessore supplente Luigi Verrone si dimise dalla carica per motivi di salute. Il Consiglio presieduto dal cav. Tammaro per farlo desistere dal suo intento deliberò di dargli un mese di congedo con il voto di augurio di una pronta guarigione. Il 20 settembre il civico consesso si riunì per nominare il Sindaco ed i componenti della Giunta. Assunse la presidenza il cav. Borgia come assessore più anziano, il quale invitò i consiglieri a votare a schede segrete il nuovo Sindaco. Furono eletti come scrutatori i consiglieri Vincenzo Iadaresta, Giuseppe Santonastaso e Sebastiano Bove. Dallo spoglio delle schede risultò come Sindaco con 19 voti Giuseppe comm. Tammaro. Il nuovo sindaco invitò il Consiglio a votare i sei assessori componenti della Giunta. Risultarono eletti: cav. uff. Carmelo Destino, cav. uff. Vincenzo Iadaresta, cav. Vincenzo Borgia e cav. Giovanni Brancaccio come assessori ordinari; Alfonso De Simone e dr. Michele Correra come assessori supplenti. Nella stessa seduta il Consiglio procedette anche al rinnovo di alcuni componenti della Congregazione di Carità e della Commissione direttiva della banda musicale. Il 20 luglio in occasione del 1° Anniversario della morte del re Umberto 1° fu organizzata una grande manifestazione nazionale con un solenne pellegrinaggio presso il Pantheon di Roma. Il Consiglio comunale incaricò il Sindaco, 2 assessori, il segretario capo e il gonfaloniere di presenziare alla suddetta cerimonia. Il 2 ottobre il consigliere Nicola cav. Stravino che già precedentemente aveva rassegnato le dimissioni. Per lo scarso numero di voti avuti nell’ultima elezione amministrativa le rassegnò per la seconda volta. Il Consigliere Vincenzo Borgia per incoraggiare il dimissionario a restare al suo posto propose al Civico consesso di non prendere atto delle sue dimissioni proponendo al sindaco di nominare una commissione di tre consiglieri, i quali dovevano recarsi dal cav. Stravino per esprimergli il desiderio del Consiglio di recedere dal suo proposito. Il 26 gennaio 1902 il Consiglio comunale presieduto dal cav. Tammaro espresse voto di ringraziamento all’assessore Michele dr. Correra. Il Sindaco riferì che aveva il dovere di ricordare ai colleghi della Giunta l’abnegazione, l’attività e l’opera illuminata e gratuita espletata dall’assessore supplente Michele dr. Correra che si era prodigato con tutte le sue forze e con ogni sorte di sacrifici per far cessare quanto prima l’epidemia del vaiolo che aveva colpita il popolo maddalonese. Il dr. Correra prestò via S. Andrea ora G. Amendola gratuitamente l’assistenza medica ad una famiglia maddalonese recandosi con la sua vettura per ben diciotto volte presso la sua abitazione. Il 18 aprile gli assessori Iadaresta e Correra rassegnarono le dimissioni. Il Consiglio 23 comunale nominò i consiglieri Ferdinando Proto e Giovanni Lombardi al posto dei dimissionari. Per motivi di salute l’assessore Proto il 30 maggio si dimise dalla carica. Il Consiglio all’unanimità le respinse concedendogli due mesi di congedo. Il 29 ottobre l’assessore Vincenzo cav. Borgia si dimise per contrasti avuti con il sindaco cui aveva chiesto un sollecito sulla risoluzione di alcuni problemi importanti della città. Il Consiglio nonostante che il cav. Destino avesse proposto di mandare una commissione dal Borgia per farlo desistere dalle dimissioni, accettò le dimissioni. Il 20 aprile 1904 il Consiglio comunale sorteggiò un terzo dei consiglieri in conformità della nuova legge “11 febbraio 1904”. Furono sorteggiati: Nicola Delle Cave, Achille Del Monaco, Ferdinando Proto, Giovanni Brancaccio, Antonio Scalera, Luigi Verrone, cav. Vincenzo Raffone e Francesco Iulio. Il 10 agosto lo stesso consiglio elesse Sindaco il comm. Giuseppe Tammaro; assessori ordinari cav. Vincenzo Raffone, Luigi Verrone, cav. Giovanni Brancaccio e cav. uff. Carmelo Destino e come assessori supplenti Alfonso De Simone e Francesco Barbato. Il 28 agosto 1905 dopo una lunga gestione di commissariamento del Comune fu eletta la nuova Amministrazione costituita dai seguenti consiglieri: Enrico Prisco, Giovanni Iorio, Ottavio Carbone, cav. dr. Alfonso Raffone, Vincenzo Ferraro, Stefano Raffone, Vincenzo Barletta, prof. Pasquale Castaldi, Saverio Cerreto, dr. Domenico Iorio, cav. Nicola Stravino, Gennaro Castaldi, cav. ing. Vincenzo Borgia, dr. Pietro Ferrante, Alfonso de Laurentis, Giuseppe Iadevaia, Vincenzo Zaza, ArturoVitelli, Antonio Ventriglia, Antonio Cerreto, Antonio D’Alessandro, Felice Santonastaso, Luigi Buffardi, Michele Bove, Francesco Barbato, Francesco Iulio, Nicola Delle Cave, Salvatore Lombardi, Donato Proto, Antonio Senneca. Il nuovo Civico consesso presieduto dal consigliere anziano Enrico Prisco inviò un telegramma a S. Maestà il Re per la costituzione della nuova Amministrazione, e nel contempo diede la cittadinanza onoraria al cav. avv. Giuseppe Starone, Commissario prefettizio uscente. Il nuovo Consiglio procedette alla nomina del Sindaco e degli assessori. Nella prima votazione il Presidente con l’aiuto degli scrutatori Nicola Delle Cave, Vincenzo Zaza e Vincenzo Barletta in virtù dell’esito finale proclamò eletto Sindaco Alfonso cav. Raffone. Il civico consesso elesse dopo gli assessori ordinari: Gabriele Iorio, Vincenzo Borgia, Enrico Prisco e Pietro Ferrante, e poi quelli supplenti: Gennaro Castaldi e Alfonso de Laurentis. Il 29 maggio 1907 il Consiglio comunale in base alle leggi vigenti procedette al sorteggio di un terzo dei suoi consiglieri. Per la scomparsa di Giovanni Iorio il numero dei sorteggiati si ridusse a 9 invece di 10. Risultarono eletti: Gennaro Castaldo, Saverio Cerreto, cav. Nicola Stravino, Ottavio Carbone, Antonio D’Alessandro, Antonio Senneca, cav. Vincenzo Borgia, Vincenzo Barletta, Salvatore Lombardi. Il 29 luglio lo stesso Consiglio procedette alla nomina degli assessori ordinari e supplenti vacanti. Il consigliere Castaldi prima che iniziasse la votazione dichiarò di astenersi dal votare perché non si era provveduto prima alla nomina dei posti degli assessori vacanti. Il Sindaco Raffone ribadì che già nel passato era stata fatta la nomina degli assessori dopo quella dei nuovi consiglieri. Successivamente richiamò il consigliere dissidente dicendogli che avrebbe potuto evitare di rivolgersi al Prefetto per reclamare l’accaduto. Il Castaldi protestando si allontanò dall’aula. Prima di procedere alle nomine il primo cittadino propose che si dovevano eleggere prima i quattro assessori ordinari: due erano rimasti vacanti per le dimissioni di Enrico Prisco e Pietro dr. Ferrante, il terzo per la scomparsa di Giovanni Iorio 24 e il quarto perché era stato sorteggiato come consigliere. Il cav. Alfonso Raffone precisò che oltre ai suddetti assessori ordinari doveva essere eletto anche un supplente al posto di Gennaro notaio Castaldo perché sorteggiato in precedenza come consigliere. Risultarono eletti: cav. Vincenzo Raffone, cav. Vincenzo Borgia, dr. Raffaele Rienzo e Ambrogio Del Pennino. Il 17 dicembre il civico consesso si riunì per discutere un ricorso contro l’elezione dei consiglieri Ambrogio del Pennino e Filippo dr. Iorio. Dopo aver sentito un’esauriente relazione fatta dal consigliere Vincenzo Zaza rigettò il ricorso in oggetto. Il 13 novembre 1908 i consiglieri Enrico Prisco, Vincenzo Ferraro, Arturo avv. Vitelli, Pasquale prof. Castaldi, Gennaro Castaldo e Pietro dr. Ferrante rassegnarono le dimissioni per i seguenti motivi: “Coerenti della loro responsabilità di amministratori comunali, e non potendo esercitare il loro diritto ed il loro dovere, perché le adunanze comunali avvenivano nelle ore antimeridiane. Varie volte, avevano chiesto al sindaco di cambiare detto orario, ma il Sindaco non aveva mai preso in seria considerazione la loro richiesta”. Nel contempo con una dichiarazione congiunta declinarono ogni responsabilità in atti che non potevano ne esaminare ne descrivere. Il Sindaco ribadì che la richiesta di non tenere le sedute consiliari nelle ore del pomeriggio era partita proprio da alcuni dei suddetti firmatari, i quali avendo perso e non godendo la fiducia degli altri colleghi volevano trovare con la petizione una giustificazione alle loro eventuali assenze. Secondo le leggi vigenti la civica assemblea aveva la facoltà di indire le sedute qualora ce ne fosse stata l’opportunità. Scelta che non aveva mai fatto rimettendo tutto alla decisione del Consiglio comunale. Inoltre aggiunse che se veramente i suddetti consiglieri avessero avuto a cuore i fatti della comunità maddalonese sarebbe stato per loro doveroso anteporre agli affari privati quelli della cosa pubblica. I consiglieri non dissidenti (23 su 29) pur essendo tutti professionisti e commercianti, avevano sempre trovato qualche ora disponibile da dedicare alla gestione comunale. L’Assemblea consiliare decise di respingere la formula usata dai pochi consiglieri dimissionari sia perché poco corretta all’indirizzo del presidente del civico consesso e del primo magistrato della città; sia perché gli stessi volevano ad ogni costo imporsi alla volontà della rappresentanza del paese. Il 31 agosto 1910 fu eletto il nuovo Consiglio comunale composto dal Sindaco cav. uff. dr. Alfonso Raffone e dai consiglieri: Giuseppe Iadevaia, Alfonso de Laurentis, Stefano Raffone, Vincenzo Zaza, Antonio Ventriglia, Antonio Cerreto, Luigi Buffardi, Michele Bove, Francesco Barbato, cav. Vincenzo Raffone, dr. Raffaele Rienzo, Antonio D’Alessandro, Vincenzo Iorio, Saverio Cerreto, Ambrogio Del Pennino, cav. Vincenzo Borgia, dr. Filippo Iorio, cav. Giuseppe Martirani, Francesco Della Ventura, Antonio Izzo, Felice Santonastaso, Francesco Lombardi, dr. Domenico Iorio, notaio Gennaio Castaldo, Donato Proto, Francesco Iulio, Mattia Setaro, Marco Sferragatta, Lorenzo Della Peruta (assente) Il segretario comunale era l’avv. Alfonso Lerro. La seduta straordinaria fu presieduta dall’assessore anziano cav. Vincenzo Raffone. A scrutinio segreto con il metodo delle schede il cav. uff. dr. Alfonso Raffone all’unanimità fu rieletto Sindaco, mentre furono eletti assessori ordinari: cav. Vincenzo Borgia, dr. Raffaele Rienzo, Ambrogio Del Pennino e Alfonso de Laurentis, e assessori supplenti Francesco Barbato fu Nicola e Vincenzo Zaza. Il 22 luglio 1912 il Primo cittadino dr. Raffone riferì nella pubblica assemblea che l’assessore Vincenzo ing. cav. Borgia nel disimpegno della sua opera professionale, in occasione di una verifica, fu aggredito dall’imprenditore che stava eseguendo i lavori tanto 25 da costringerlo a letto per diversi giorni. Inoltre ricordò che era ritornato dalla Libia, in licenza, il dr. Filippo Renga, ufficiale medico a Bengasi, distintosi nella sua opera professionale. Propose che il Consiglio gli esprimesse il benemerito augurio di continuare, sempre con maggiori onori, a rendersi sempre degno e meritevole della Patria, della famiglia e del paese d’origine. Il 28 dicembre nel palazzo municipale di Maddaloni si svolse una seduta pubblica straordinaria del Consiglio comunale con la presenza di: cav. uff. Alfonso Raffone, Stefano Raffone, Mattia Setaro, Antonio D’Alessandro, Vincenzo Zaza, Saverio Cerreto, Antonio Ventriglia, Ambrogio Del Pennino, Antonio Cerreto, cav. Giuseppe Martirani, Michele Bove, Francesco Della Ventura, Francesco Barbato, dr. Filippo Iorio, cav.Vincenzo Raffone, Francesco Lombardi, Vincenzo Iorio, notaio Gennaro Castaldo. Assenti: Alfonso de Laurentis, Giuseppe Iadevaia, Luigi Buffardi, dr. Raffaele Rienzo, dr. Domenico Iorio, cav. Vincenzo Borgia, Antonio Izzo, Felice Santonastaso, Donato Proto, Lorenzo Della Peruta, Francesco Iulio (defunto) e Mario Sferragatta. Assunse la presidenza il dr. Raffone cav. uff. Alfonso con Alfonso avv. Lerro segretario. Un’ora dopo il Presidente fatto l’appello nominale dei consiglieri annotò che erano presenti 18 su 30 quindi c’era il numero legale per poter discutere e approvare l’ordine del giorno: “Modifica del deliberato consiliare 22 luglio u.s. circa la cessione d’una parte di terreno di proprietà comunale per i lavori di bonifica delle contrade Pagliano e Frassitelli”. Il Consiglio comunale sulla richiesta dell’ufficio del Genio civile in Caserta concedeva il nulla osta alla cessione d’una zona di terreno di proprietà comunale di mq. 547 a Cent. 75 il mq per l’occupazione permanente, e Cent. 15 per l’occupazione temporanea dovendo effettuare lavori di bonifica nelle contrade Pagliano e Frassitelli. 28 luglio 1913 il Sindaco Alfonso dr. cav. Raffone dovette, suo malgrado, affrontare e superare all’unanimità il primo e unico atto di sfiducia amministrativa del suo mandato. Alcuni assessori avevano infatti sfiduciato il Sindaco in carica perché aveva fatto approvare alcuni atti dal Consiglio comunale che invece erano di competenza della Giunta esecutiva. Il gruppo di minoranza contestava, infatti, questa decisione arbitraria del sindaco che avevano sottoposto all’esame del civico consesso alcuni atti di moralità richiesti da alcuni cittadini maddalonesi per uso scolastico che invece dovevano essere presi in esame ed approvati solo dalla Giunta municipale. Ne seguì un dibattito vivace e sotto certi aspetti critico. Ma alla fine il Sindaco Raffone riuscì a strappare la fiducia unanime della maggioranza. Il 19 novembre il consigliere Alfonso de Laurentis notificò al Consiglio comunale la seguente dichiarazione: “In nome mio e dei colleghi del Pennino e Rienzo, faccio notare al Consiglio che tanto la seduta odierna, quanto quelle del 10 sono nulle, perché illegalmente convocate, essendo mancata la preventiva deliberazione Piazza Santacroce della Giunta di apertura della sessione. Mentre la legge stabiliva tassativamente appartenere alla Giunta e non al Consiglio il diritto di fissare il giorno per l’apertura della sessione ordinaria e per le convocazioni straordinarie del Consiglio. La mancanza di tale 26 formalità voluta dalla legge importa la nullità delle deliberazioni adottate dal Consiglio, come ha ritenuto il Consiglio di Stato. Per questa violazione di legge richiamo l’attenzione dell’ill.mo sig. Prefetto per i provvedimenti del caso”. Il Consiglio rinviò l’argomento ad una prossima seduta. Il 28 giugno 1914 nella seduta straordinaria del Consiglio comunale intervennero i nuovi eletti: avv. Giuseppe Iorio, cav. Giuseppe Martirani, dr. Filippo Iorio, cav. uff. Giovanni Nuzzi, comm. Alfonso Raffone, Francesco Iorio, Lorenzo della Peruta, dr. Domenico Iorio, cav. Clemente Verdicchio, notaio Gennaro Castaldo, Stefano Raffone, avv. Vincenzo Tammaro, Filippo Vitale, Antonio Izzo, Giuseppe Cortese, Mattia Setaro, Nicola Iulio, Francesco Lombardi, Felice Santonastaso, Antonio Ventriglia, Saverio Cerreto, avv. Vincenzo Brancaccio, Francesco Barbato, Pasquale Fossataro, Vincenzo Ferraro, Alfonso de Laurentis, dr. Ignazio Assumma, Antonio Apperti, Antonio Omaggio, Antonio Finocchiaro (assente). Come ex Sindaco Alfonso dr. comm. Raffone assunse la presidenza della nuova civica assemblea procedendo successivamente alla nomina del sindaco e degli assessori. Alcuni consiglieri misero in discussione la carica di presidenza. Il segretario Alfonso avv. Lerro interpellato rispose che la presidenza doveva essere assunta dall’assessore anziano come prescriveva la vigente legge comunale e provinciale. Il consigliere Vincenzo avv. Brancaccio fece presente che trattandosi della costituzione dell’intera Amministrazione la presidenza del civico consesso doveva essere assunta dal consigliere più anziano. Il consigliere Giovanni cav. uff. Nuzzi intervenendo fece osservare che per lui era indifferente se la presidenza fosse assunta dall’assessore anziano o dal consigliere anziano bastava prendere accordi tra le parti in causa. Gli assessori anziani Alfonso de Laurentis e Francesco Barbato rinunciarono pubblicamente all’eventuale incarico per cui la presidenza dell’assemblea fu assunta dal consigliere anziano Giuseppe avv. Iorio. Il nuovo presidente oltre a salutare l’assemblea per la fiducia in lui risposta invitando tutti alla concordia per risolvere gli annosi problemi che assillavano l’Amministrazione comunale. Dopo questi interventi l’assemblea rielesse Sindaco con 23 voti Alfonso comm. Raffone, mentre furono nominati assessori ordinari: Filippo dr Iorio. Giovanni cav.Nuzzi, Vincenzo avv. Brancaccio e Vincenzo avv. Tammaro e quelli supplenti: Clemente cav. Verdicchio e Nicola Iulio. Il 26 ottobre 1914 il Consiglio comunale elesse i sette componenti della Commissione sindacale per l’imposizione delle tasse comunali: Giuseppe Iorio, Pasquale Fossataro, Mattia Setaro, Lorenzo Della Peruta, Antonio Finocchiaro, Antonio Ventriglia e Antonio Izzo. Il 9 dicembre 1920 toccò anche alla Commissione elettorale comunale. Il Sindaco Alfonso Raffone invitò il Consiglio a procedere con due distinte votazioni per la nomina di quattro commissari effettivi e di altrettanti supplenti con l’avvertenza che ciascun consigliere doveva segnare un solo nome sulla propria scheda, e che i commissari potevano essere scelti anche dall’ambito del Consiglio tra gli elettori del Comune compresi nelle liste dei giurati o in possesso dei requisiti contemplati dalla legge del 1913 ma estranei alla Commissione del biennio precedente. Inoltre precisò che per essere eletti occorrevano almeno 3 voti. La prima votazione segreta, presenti e vontanti 28, diede il seguente risultato: cav. Enrico Prisco voti 6, Michele Bove fu Antonio 4, cav. Francesco Barbato fu Michele 6, dr. Raffaele Rienzo fu Michele 6, cav. Giovanni Brancaccio fu Antonio 6. Furono scelti quindi: Brancaccio, Prisco, Barbato e Rienzo per aver avuto il maggiore numero di voti. Nella seconda votazione con la stessa procedura risultarono eletti 27 commissari supplenti: Salvatore Nuzzi, Francesco Lombardi, Lorenzo Della Peruta. Il 21 dicembre il consigliere Antonio Finocchiaro rassegnò le dimissioni e con una lettera ne motivò le ragioni al Sindaco in carica che propose di nominare un’apposita commissione con l’incarico di pregare il consigliere Finocchiaro a ritirarle. Di contro il consigliere Fossataro fece rilevare che le dimissioni non erano opportunamente motivate. Il consigliere Assumma chiamò in causa il sindaco se rispondeva al vero la voce che altri consiglieri avevano presentate le loro dimissioni. Il primo cittadino replicò che c’erano state altre dimissioni e che si era prodigato per farle rientrare. I consiglieri Fossataro, Ferraro, Setaro e de Laurentis furono incaricati dal Sindaco a contattare il consigliere Fossataro per farlo desistere dalle sue dimissioni. Il 30 dicembre 1914 gli assessori Filippo dr. Iorio, Giovanni Nuzzi, Vincenzo Brancaccio, Vincenzo Tammaro, Clemente Verdicchio e Nicola Iulio si dimisero a sua volta perché il Consiglio (senza alcuna opposizione del Sindaco) aveva rinviato alla Giunta il Bilancio preventivo da loro approvato indicando nel contempo i nuovi criteri per la nuova stesura mantenendo le due rilevanti voci facoltative riguardanti i concerti civici e la scuola tecnica. Era ferma volontà della Giunta di non aggravare ulteriormente la popolazione con spese non obbligatorie date le attuali condizioni critiche in cui versava l’Italia della e in modo particolare la città di Maddaloni per cui era importante ora come ora, provvedere con urgenza ad occuparsi dell’istruzione elementare, viabilità interna e acqua potabile. Il consigliere Pasquale Fossataro nel controllare le varie voci del bilancio preventivo redatto dalla Giunta fece notare ai presenti che lo stesso atto amministrativo aveva bisogno di alcune modifiche prima di essere ripresentato in Consiglio per la relativa approvazione. Il consigliere Giuseppe avv. Iorio dichiarando di essere d’accordo con il Fossataro propose il seguente O.d.G., poiché il Consiglio, con la deliberazione del 21 corrente, che ha determinato le dimissioni degli Assessori, di cui è chiamata ad occuparsi non ebbe in animo di fare atto di sfiducia e di insurrezione contro i componenti della Giunta, verso dei quali conserva tuttora integra la fede come diligenti ed operosi amministratori, ma intese adottare un provvedimento rispondente ai criteri sereni, liberi ed obbiettivi, ritenuti necessari per il momento attuale e per le condizioni di bilancio, pur non revocando il principio informato della deliberazione consiliare del 21 corrente mese (che mai in questo momento potrebbe essere esaminato e modificato) e, confermando ancora una volta la fiducia negli Assessori invita gli stessi a ritirare le dimissioni, ritornando al lavoro utile e necessario per un funzionamento della vita amministrativa di questo Comune”. Prima che si procedesse alla votazione il consigliere dr. Assuma, in nome proprio e dei suoi colleghi de Laurentis, Apperti e Ferraro, fece la seguente dichiarazione di voto: “I sottoscritti dichiarano che nell’esprimere il loro voto non intendono fare questione personale nei riguardi dei sottoscrittori della lettera di dimissione, ma ispirandosi unicamente alla loro ragione di essere nel Consiglio comunale delegata loro dal Corpo elettorale, non possono fare dichiarazione di fiducia verso chiunque risulta far parte della lista avversaria che rappresenta emanazione di indirizzo e programma amministrativo, combattuta nell’ultima elezione, e per questa ragione non possono che accettare le loro dimissioni. Maddaloni 31 dicembre 1914 – f.to Assumma, de Laurentis, Apperti e Ferraro”. Il Consiglio approvò la proposta Iorio con 14 voti favorevoli e 4 contrari. Il 3 febbraio 1915 fu di nuovo discusso sulle dimissioni degli Assessori comunali. Il 28 Sindaco comm. Alfonso Raffone riferì sui precedenti della pratica ricordando la deliberazione del Consiglio comunale in data 30 dicembre che respinse le dimissioni rassegnate dagli Assessori. Il consigliere Fossataro dopo aver fatto un esame accurato delle cifre stanziate nel bilancio propose il seguente O.d.G. “Il Consiglio, letta la lettera del 3 gennaio u.s. con la quale gli Assessori dimissionari dichiararono che il pareggio del bilancio 1915 è semplicemente contabile. Esaminato il vero stato della Finanza comunale – constatato che il disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 1914 è di gran lungo superiore alle 22mila lire – Ritenuto che per la formazione di un bilancio reale bisogna eliminare dall’introito lire 31mila della cauzione dell’ex tesoriere Merrone e passarle nell’elenco dei residui attivi del 1914. Perché a voler provvedere al mantenimento del concerto civico e della scuola tecnica occorrerebbe inasprire eccessivamente le tasse comunali, cosa con compatibile coi tempi e l’indole della cittadinanza. Per la scuola tecnica specialmente occorrerebbero subito locali convenienti e gran parte del materiale scolastico. Augurandoci che con i saggi ed economici criteri di amministrazione della Giunta si possa in breve tempo ristabilire la finanza comunale, e quindi ripristinarsi il concerto civico e la scuola tecnica. Fattori eminenti di civiltà. Delibera: 1) respingersi le dimissioni della Giunta. 2) Confermarsi la fiducia e la stima agli stessi assessori dal Sindaco per l’opera benefica da essi spiegata nell’Amministrazione. 3) Mantenersi gli stanziamenti nel bilancio del 1915 come furono proposti dalla Giunta”. L’O.d.G. Fossataro messo a votazione fu approvato all’unanimità. Il 14 giugno 1915 iniziò la gestione amministrativa straordinaria del Commissario prefettizio, cav. Michele Gizzio subentrato al Sindaco Raffone. Il 29 novembre 1920 fu eletto il nuovo Consiglio comunale costituito dai seguenti consiglieri: comm. Lorenzo Ferraro, notaio Gennaro de Laurentis, Luigi Ferrante, avv. Silvio Borgia, avv. Antonio Della Peruta, rag. Armando di Vico, avv. Michele Cuccaro, cav. avv. Antonio Piscitelli, cav. dr. Ignazio Assumma, Bernardino Martirano, avv. Vincenzo Tammaro, Salvatore Renga, Antonio Cerreto, Aniello Cerreto, Evangelista Sagnelli, Luigi Roberti, Vincenzo Pascarella, Clemente Barletta fu Giovanbattista, Antonio Senneca, Angelo Lerro, Gennaro Olivieri, Arcangelo Correra, Casimiro Lombardi, Nicola Quintavalle, avv. Eugenio Forgillo, cav. avv. Arturo Vitelli, comm. dr. Alfonso Raffone, cav. dr. Clemente Barletta, Alfredo De Sivo, avv. notaio Giuseppe Iorio. Il nuovo Consiglio nominò Sindaco di Maddaloni il comm. Lorenzo Ferraro. Il 23 febbraio 1921 il Consiglio comunale presieduto dall’assessore anziano Vincenzo avv. Tammaro funzionate da sindaco si riunì per la “Commemorazione del defunto Sindaco comm. Lorenzo Ferraro generale a riposo e consigliere provinciale del mandamento”. L’avv. Brancaccio e i consiglieri avv. Borgia e avv. Vitelli misero in risalto le grandi e non comuni virtù della nobile figura dell’estinto come soldato, come cittadino e come uomo pubblico e politico. Il presidente dell’assemblea propose che la strada Pignatari dove si trovava la casa in cui nacque il compianto Sindaco di intitolarla al nome di Lorenzo Ferraro. L’8 marzo il consigliere Renga propose di far voto per l’istituzione della Tenenza dei Reali Carabinieri a Maddaloni. Il 10 marzo gli assessori Antonio avv. Piscitelli e Ignazio cav. dr. Assumma rassegnarono le dimissioni nelle mani del sindaco. Prima che iniziassero le votazioni il dimissionario dr. cav. Assumma rivolse preghiera al presidente perché dichiarasse “se durante il tempo che egli aveva occupato la carica di assessore delegato si sia avuto nulla da ridire sul suo conto”. Il Sindaco affermò che il dottor 29 Assumma aveva svolto la sua carica con vera abnegazione e con alto sentimento del dovere. Con una votazione segreta e espresso con schede furono nominati assessori ordinari: Girolamo notaio de Laurentis e Michele avv. Cuccaro. Si astennero: Assumma, Piscitelli, Vitelli, Raffone, Forgillo e Barletta dr. Clemente. Votarono contro la nomina del neo sindaco i consiglieri: Antonio avv. cav. Piscitelli, Ignazio dr. cav. Assumma, Eugenio avv. Forgillo, Arturo avv. Vitelli, Alfonso comm. dr. Raffone, Clemente dr. cav. Barletta, Alfredo De Sivo, Giuseppe avv. Iorio. L’8 giugno 1921 il Consiglio nominò a scrutinio segreto espresso con schede nuovo Sindaco il cav. avv. Vincenzo Tammaro in sostituzione dello scomparso comm. generale Lorenzo Ferraro. Nella stessa seduta il Consiglio nominò due assessori supplenti: Antonio avv. Della Peruta e Salvatore avv. Renga in sostituzione di Girolamo notaio de Laurentis e Michele avv. Cuccaro. Michele. Il 25 giugno 1921 fu nominato assessore ordinario Antonio avv. Della Peruta al posto dell’assessore anziano Vincenzo avv.Tammaro eletto sindaco, successivamente il 3 agosto 1921 fu nominato assessore supplente Luigi. Ferrante al posto di Della Peruta promosso effettivo. Nel suo intervento il neoeletto primo cittadino disse tra l’altro: “Signori consiglieri, - non faccio programma, perché assieme ai miei cari e valorosi colleghi della Giunta ebbi a condividere il programma amministrativo dettato in questa aula consiliare dal mio illustre e compianto predecessore comm. Lorenzo Ferraro, alla memoria del quale rendendomi anche interprete dei vostri sentimenti umani un reverente e devoto saluto. Vivissimi e senti ringraziamenti rivolto a tutti voi che raccogliendo i vostri voti nel mio modesto nome avete voluto onorarmi a gendarme alla carica di primo magistrato cittadino, carica della quale io sento tutta la responsabilità, specie nell’ora che volge ed alla quale darò tutto il contributo della mia attività e della mia capacità, affermandovi che se queste forza mi potranno venire meno, la buona volontà non mi verrà meno giammai. Mando poi un cordiale saluto ai nostri colleghi che militano nel campo dell’opposizione, anch’essi come noi mirano al benessere della nostra Città natale e perciò auguriamo di averli validi collaboratori per il raggiungimento del nostro comune ideale. Mando infine un affettuoso saluto a tutti i figli di questa laboriosa, gentile e patriottica Città”. Il consigliere avv. Borgia oltre a sottolineare che già un altro Tammaro, zio dell’attuale neo sindaco, ave va retto le sorti della città per oltre 25 anni, porse l’augurio che anche il nuovo Sindaco potesse rimanere per tanto tempo alla direzione della Casa pubblica di Maddaloni. Il 29 dicembre 1921 nella seduta straordinaria del Consiglio intervennero: notaio Girolamo de Laurentis, Luigi Ferrante, avv. Borgia avv. Edilio, avv. Vincenzo Della Peruta, Clemente Barletta fu Gianbattista, Antonio Cerreto, cav. dr. Ignazio Assumma, rag. Armando Di Vico, avv. Michele Cuccaro, cav. avv. Antonio Piscitelli, Bernardino Martirani, cav. Vincenzo Tammaro, avv. Salvatore Renga, Evangelista Sagnelli, Antonio Cerreto, Vincenzo Pascarella, Gennaro Olivieri, Arcangelo Correra, Casimiro Lombardi, 30 Nicola Quintavalle, avv. Eugenio Forgillo, cav. avv. Arturo Vitelli, comm. dr. Alfonso Raffone, cav. dr. Clemente Barletta, Alfredo De Sivo, notaio Giuseppe Iorio. Assenti: Lorenzo Ferraro (defunto), Aniello Cerreto, Luigi Roberti e Angelo Lerro. All’inizio della seduta fu letta la nota con cui il Prefetto in data 12 dicembre comunicava che in seguito di un controllo amministrativo, risultato negativo, il Comune passava sotto la gestione straordinaria del Commissario prefettizio cav. uff. Giovanni dottor Anelli. Il 18 febbraio 1922 furono nominati i nuovi componenti della Commissione per la risoluzione di ricorsi contro l’imposizione delle tasse comunali. Dopo aver sciolto il Consiglio comunale Il Real Commissario di allora dovette procedere con urgenza a causa di molti ricorsi pervenuti alla nomina dei nuovi commissari. Cosi furono nominati: cav. Enrico Prisco fu Vincenzo, avv. cav. Giuseppe Iorio fu Giovanni, Ventriglia Antonio fu Francesco, Vitale Michele fu Giuseppe, Ferrante Luigi fu Pietro, Cerreto Aniello fu Antonio. Il 15 marzo de Laurentis, Ferrante e Cerreto componenti della Commissione rassegnarono le dimissioni e al loro posto il commissario prefettizio fece subentrare il cav. dr. Domenico Letizia fu Vincenzo, Pasquale Fossataro fu Gennaro e Arturo Nappi fu Antonio. Il 9 luglio si costituì il nuovo Consiglio comunale composto da: cav. Enrico Prisco, cav. uff. avv. Arturo Vitelli, Antonio Apperti, cav. notaio Giuseppe Iorio, cav. Alfredo De Sivo, cav. Ottavio Carbone, dr. Andrea delli Paoli, cav. Giuseppe Cortese, Bartolomeo Merola, Luigi Cerreto, dr. Nicola Iulio, avv. Eugenio Forgillo, comm. dr. Alfonso Raffone, cav. prof. Domenico Letizia, cav. Francesco Farina, Antonio Brancaccio di Vincenzo, Giuseppe Madonna, Carlo Scalera, Arturo Nappi, Francesco Tagliaferro, avv. Gennaro Fossataro, Pellegrino de Lucia, Luigi Merola, Alfonso de Laurentis, Antonio Ventriglia, Domenico dr. Renga, Gaetano Cibelli, Antonio Omaggio, Clemente cav. dr. Barletta (assente), avv. Adolfo Tontoli (assente). Il Real Commissario cav. dr. Francesco Falcetti constatato il numero legale dei presenti aprì la seduta e lesse la sua relazione sugli atti da lui compiuti, e dichiarò in nome del Re ricostituito il Consiglio comunale invitando ad assumere la presidenza dello stesso il cav. Prisco Enrico il più anziano. Il Presidente nel suo discorso di apertura rivolse parole di ringraziamento al corpo elettorale promettendo che la nuova Amministrazione avrebbe dedicato tutte le sue energie a occuparsi dei problemi della Città. Il consigliere Arturo avv. cav. Uff. Vitelli fece rilevare che il popolo di Maddaloni con il suo voto aveva voluto dimostrare di aver acquistato la coscienza dei propri doveri e dei propri diritti. Dal suo canto egli si sentì orgoglioso di essere rappresentante del popolo maddalonese e che lui ed i suoi si sarebbero dedicati al miglioramento della città di Maddaloni. Nella stessa seduta gli eletti furono sottoposti da un notaio alla prova del leggere e scrivere. Dei presenti 28 consiglieri superarono la prova mentre al consigliere Clemente dr. cav. Barletta fu preso in esame il diploma di laurea di medicina e chirurgia e al consigliere Giuseppe avv. notaio Iorio fu verificata la copia del diploma di notaio e procuratore debitamente autenticato del notaio Mazzetti. Poi la civica assemblea a scrutinio segreto tramite schede nominò Sindaco Alfonso comm. dr. Raffone mentre cav. dr. Barletta Clemente, cav. Prisco, cav. Letizia prof. Domenico e cav. uff. avv. Vitelli Arturo divennero assessori ordinari con Iulio dr. Nicola fu Francesco e Brancaccio Antonio fu Vincenzo assessori supplenti. Il 10 febbraio 1923 il Prefetto di Caserta sciolse l’Amministrazione comunale e inviò il Commissario prefettizio prof. Bernardo de Spagnolis. Il 3 giugno il Commissario conferì la Cittadinanza onoraria a Sua Eccellenza Benito 31 Mussolini con la seguente delibera: “Nell’intendimento di rendere nel giorno consacrato alla solennità dello Statuto, in omaggio fervido e riverente a Sua Eccellenza Benito Mussolini”. Ritenuto che all’indomani della nostra guerra vittoriosa, nel cielo grigio di una politica che aveva in un’angoscia senza nome, delusi gli animi degli Italiani, allo spettacolo di una triste decadenza ed al contatto d’ogni disonorante bassezza, l’attuale presidente del Consiglio apparve come l’astro d’un nuovo risorgimento. Che la sua nobile e radiosa figura di grande cittadino, di prode combattente, di politico illuminato, di sapiente amministratore riassume in quella forte e prodigiosa coscienza che è oggi l’anima della Patria. Nostra, tutte le speranze più liete e le promesse migliori per l’avvenire del nostro Paese, di cui egli sarà guida sicura verso gli alti destini. Per questo modello magnifico del genio e della virtù di nostra gente, se non può essere imitato, deve però costituire ammonimento costante per rinfondere in tutti il senso di una volontà energica ed operosa per il pubblico bene”. Il 23 agosto 1923 il Direttorio del Fascio locale chiese al Comune di ottenere in fitto un quartino di 3 stanza sito in via 1° Ottobre gia adibito ad Esattoria comunale per la loro sede e per la Sezione della Milizia nazionale. Il Commissario deliberò concedere il suddetto quartino al Direttorio ed alla Sezione della Milizia nazionale in fitto per una pigione di 70 lire mensili. Il 28 dicembre 1924 fu eletto il nuovo Consiglio comunale composto da: avv. Vincenzo Tammaro, Stefano Raffone, Crescenzo Ventura, dr. Francesco Cerreto, Giovanni Sferragatta, dr. Vincenzo Zaza d’Aulisio, Gaetano Merola, Francesco Patturelli, Angelo Lerro, avv. Gioacchino Castaldo, rag. Armando Di Vico, avv. Adolfo Tontoli, Alfonso Iorio, avv. Vincenzo Ferrante, dr. Michele Iadevaia, cav. Clemente Verdicchio, ing. Raffaele Del Monaco, cav. Ambrogio Del Pennino, Luigi Iadicicco, Antonio Suppa, Raffaele Della Monica, rag. Vincenzo Ciano, Giovanni Foggiai, Luigi de Lucia, Francesco Ginolfi, Salvatore di Nuzzo, Vincenzo Grauso, Raffaele Velardo, Antonio Petrillo e Mattia Lombardi (assente). Dopo la verifica della legalità della seduta assunse la presidenza il primo degli eletti Vincenzo avv. cav. Tammaro passò all’esame dell’O.d.G. non senza aver prima verificato la condizione degli eletti sotto il profilo istruzione. Successivamente il civico consesso con votazione segreta tramite schede scelse con 28 voti il nuovo Sindaco nella persona di Castaldo cav. Gioacchino. Con lo stesso metodo si arrivò ad eleggere gli assessori ordinari: cav. Ambrogio Del Pennino (voti 24), rag. Armando di Vico (voti 23), avv. Vincenzo Ferrante (voti 23), dr. Francesco Cerreto (voti 23), e quelli supplenti: ing. Raffaele Del Monaco e avv. Adolfo Tontoli. Il 27 aprile 1925 il Segretario politico della Sezione del Fascio di Maddaloni inviò al Sindaco cav. Gioacchino Castaldo la seguente lettera: “Ill.mo sig. Sindaco in nome di questo Direttorio mi pregio di pregarla di prendere in considerazione quanto segue: L’egregio commissario prof. De Spagnolis con la sua delibera del 26 agosto 1923 fittava a questa Sezione tre vani del fabbricato di proprietà del Comune in Via I° Ottobre con una pigione mensile di lire ottanta. I locali di cui sopra per brevissimo tempo restarono in uso al Fascio perché con una successiva deliberazione in fata 8 marzo 1924, ed in seguito a trasferimento dell’Ufficio daziario i locali furono occupati dai Sindacati alle medesime condizioni di quelle di cui precedentemente occupati e cioè gratis. La Sezione fascista fu obbligata ad istallarsi nei due piccoli vani a pianterreno senza che si fosse pensato a modificare le condizioni stabilite dalla prima deliberazione. Intanto uno dei locali occupati 32 dalla Sezione fin dall’inizio è tenuto dal Comando locale della Milizia per la sicurezza nazionale volontaria, perché il Comune, per noncuranza, non fu in condizione di mettere a sua disposizione alcun altro vano com’è suo dovere. Di conseguenza la Sezione fascista finora effettivamente ha avuto a sua disposizione un solo vano piccolissimo e di nessun valore”. “Alla S. V. ill.ma intanto non sarà di certo sfuggito il benefico risveglio operato in questo ultimo tempo nella nostra gioventù per esclusivo merito del Fascio e le diverse organizzazioni alle quali essa con entusiasmo sta provvedendo. Mi permetto rammentarle l’organizzazione dei “Balilla” che già è un fatto compiuto e l’istituzione del dopo scuola aperto a tutti i nostri fanciulli senza distinzione che tende ad un altissimo scopo, qual è quello di sottrarre la nascente gioventù all’influenza spesso funesta della strada nella quale si perdono i nostri migliori elementi. A tale scopo sorgerà pure subito un fascio femminile composto di gentili signore e signorine la cui opera riuscirà certo molto proficua per il raggiungimento dei fini di cui sopra. Inoltre con il concorso di volenterosi giovani stiamo provvedendo alla costituzione di una biblioteca, nella quale i nostri giovani, e specialmente quelli che versano in condizioni economiche non troppo buone, potranno trovare i libri per loro studi e per la cultura in genere, libri che specialmente in questi tempi hanno raggiunto prezzi proibitivi. A tutto ciò aggiungesi che il Commissario per la Federazione combattenti di Terra di Lavoro che sta provvedendo alla riorganizzazione delle forze combattentistiche della nostra provincia, ha rilevato che manca completamente in questa Città un ufficio di assistenza per i combattenti e ci ha chiesto d’impiantarlo in uno dei nostri locali.Per tutte queste ragioni che in questa rinascita spirituale della nostra Patria nella quale sono tornati a brillare tutti i valori morali ed intellettuali della nostra giovane generazione, ragioni che si propongono un fine sociale di grande valore che molto potrà giovare all’educazione del nostro popolo, prego la S. V. ed i signori componenti codesta Spettabile Giunta: Voler proporre all’On Consiglio comunale la revoca della deliberazione commissariale 26 agosto 1923 e la conseguente concessione gratis a questo fascio per cinque vani di tutto il fabbricato di proprietà del Comune sito in Via I° Ottobre onde permetterci di portare a compimento l’opera così bene iniziata. Con perfetta osservanza della S. V. F.to–il Segretario Politico – 10 marzo 1925”. Il Consiglio comunale ritenuto doveroso facilitare le proficue iniziative della locale Sezione del Fascio deliberò all’umanità: accogliere la richiesta del locale Segretario Politico della Sezione fascista. Modificare la delibera del Commissario del 26 agosto 1923. Concedere gratuitamente per la durata di un quinquennio al locale Fascio tutto il fabbricato di proprietà del Comune, sito in Via I° Ottobre. Il 28 novembre dello stesso anno i 416 elettori della frazione di S. Marco Evangelista dipendente dal Comune di Maddaloni chiesero al Prefetto di costituirsi in comune autonomo. Il Consiglio comunale letta la nota prefettizia con cui comunicava la volontà degli abitanti della citata frazione non ritenne opportuno aderire alla loro richiesta in quanto le leggi vigenti favorivano l’aggregazione di più comuni in consorzio sia sotto il rapporto economico che del miglioramento dei pubblici servizi. Nello stesso giorno il Prefetto comunicò al Sindaco cav. Gioacchino Castaldo che il Comune non poteva concedere in uso gratuito i locali di via 1° Ottobre alla Sezione del Fascio locale. L’assessore Di Vico riferì al Consiglio che in merito alla nota prefettizia il Sindaco rispose con la seguente lettera: “Ill.mo sig. Prefetto – Caserta – Con il foglio a margine distinto la S.V. ill.ma mi comunicava che l’On. G.P.A. 33 aveva rinviato la decisione sulla deliberazione in oggetto per la ragione che il Comune non può concedere gratuitamente i suoi beni. In merito alla suddetta ordinanza la S. V. vorrà consentirmi le seguenti considerazioni: “Che ove voglia parlarsi di concessione gratuita di locali alla Sezione fascista faccio presente che identica concessione fu fatta con deliberato commissariale del 17 settembre 1920 (approvato dalla G.P.A. nella seduta del 30 settembre 1920) ) all’antica Camera degli operai ora Sindacati fascisti. Detta concessione fu riconfermata dal Commissario prefettizio cav. prof. Bernardo de Spagnolis con la determinazione 8 marzo 1924, vistata per ratifica il 28 stesso mese. Che la concessione fatta al Fascio con il deliberato 27 aprile era gratuita solo in apparenza perché in sostanza faceva risparmiare al Comune oneri non indifferenti. La Sezione fascista cedette un vano al Comando della Milizia “V.S.N: ” che per legge l’Amministrazione comunale doveva fornire un locale per il citato comando. Inoltre furono concessi gratuitamente 3 vani: 1 al Sindacato fascista; 1 all’Associazione Arditi d’Italia ed un altro alla Sezione dei Combattenti”. “Che presso al Sezione del Fascio una squadra di “balilla” aveva istituito un dopo scuola per i ragazzi meno abbienti che oltre a dare loro un indirizzo educativo li sottraeva all’influenza “deleteria” della strada. Che la stessa sezione stava istituendo una biblioteca per metterla a disposizione dei giovani maddalonesi. E poiché il Comune, nell’accettare l’atto di liberalità con cui Alfonso Castaldi donava una ricca collezione di libri si assumeva l’obbligo di collocare i medesimi in un decoroso locale municipale alla portata della gioventù studiosa, la biblioteca promossa dal Fascio si presentava propizia per accogliere la detta collezione facendo risparmiare al Comune spese che doveva sostenere per una persona addetta alla custodia e distribuzione. Da quanto sopra ho avuto l’onore di esporle la S.V. ill.ma rileverà facilmente che se il Comune concedeva al Fascio alcuni vani di sua proprietà, non si poteva parlare di una vera e propria concessione a titolo gratuito perché se mancava il corrispettivo in denaro. L’Amministrazione comunale avrebbe ricevuto in contraccambio altre prestazioni che superavano per gran lunga in valore le poche centinaia di lire che potrebbero ricavarsi dall’affitto a privati. Dai vantaggi e dai benefizi morali e materiali che avrebbe beneficiato la cittadinanza dalle nobili iniziative dei dirigenti del Fascio una concessione del tutto gratuita non poteva non ricevere il plauso ed il benestare della S.V. ill.ma e dell’On. G.P.A. – Con osservanza – il Sindaco f.to Castaldi”. Il Consiglio comunale preso atto dell’esposto del Sindaco deliberò all’unanimità di fissare in 100 lire l’affitto dei citati locali. Il 7 agosto 1926 nel Consiglio comunale riunito in seduta straordinaria presieduto dal Sindaco Castaldo oltre a commemorare con espressioni affettuose alcuni illustri concittadini recentemente scomparsi: Ambrogio cav. del Pennino, dott. cav. Enrico Santamaria Nicolini ed il dott. Raffaele Rienzo, rivolse un deferente e devoto pensiero all’uomo insigne che era oggetto di viva ammirazione, non solo da parte del popolo italiano, ma del mondo intero, al generale Umberto Nobile, al quale propose l’invio del seguente telegramma: “Generale Nobile – Roma – Questo Consiglio comunale iniziando suoi lavori seduta straordinaria rivolge suo primo deferente pensiero vossignoria che attraverso periglioso volo trasvolare confermava eterno genio italico Sindaco Castaldo.”. Il 22 novembre lo stesso Consiglio si riunì in seduta ordinaria di autunno. Il primo cittadino cav. Castaldo prima di iniziare la discussione dell’O.d.G. con elette e sentite parole commemorò la morte della principessa Letizia facendo rilevare che ogni gioia ed ogni lutto 34 di Casa Savoia apparteneva al popolo Italiano, e invitò il Consiglio a rivolgere deferente pensiero agli amatissimi Sovrani salvaguardia e presidio delle patrie istituzioni. Dopo stigmatizzò il vile attentato perpetrato contro Benito Mussolini capo del Governo, passando successivamente alla discussione dell’O.d.G. Diversi consiglieri proposero lo spostamento di alcune proposte privilegiando le dimissioni di. Tammaro, Lombardi, Zaza d’Aulisio, Velardi e Raffone dalla carica di consigliere comunale, motivate come segue con una lettera indirizzata anche al Prefetto della Provincia: “A S.E. il Prefetto della Provincia di Caserta – I sottoscritti consiglieri comunali di Maddaloni, eletti e rappresentanti delle organizzazioni Sindacali fasciste di questo Comune. Considerando che nel Paese si aggrava maggiormente la voce di abusi, illegalità e gravi sperperi, per opera di questa Giunta comunale, la quale nessuno dei problemi di grande interesse cittadino ha finora non solo risoluto ma neanche prospettato, a tutela della loro dignità, ed a scanso di qualsiasi responsabilità di fronte alla legge, alla cittadinanza, ed alle locali istituzioni fasciste, pur rimanendo sempre fermi nella loro fede fascista, rassegnano nelle mani di V.E. le loro dimissioni da consiglieri comunali. Con perfetta osservanza – Maddaloni 22 ottobre 1926 – f.to Tammaro Vincenzo, Mattia Lombardi di Francesco, Vincenzo Zaza d’Aulisio, Raffaele Velardi, Stefano Raffone”. Largo Monte dei Pegni Il Sindaco, dopo aver fatto rilevare l’infondatezza delle generiche accuse, soggiunse che sarebbe stato ben lieto se i dimissionari fossero intervenuti alla seduta, perché era suo intendimento chiedere loro spiegazione di quanto, con soverchia leggerezza, si erano permessi di affermare. Egli che sentiva vivo il dovere di tutelare la dignità degli assessori, si fece sollecito a dichiarare che erano tutti giovani pieni di attività, di energia e di zelo, i quali per circa due anni seppero far i maggiori sacrifici nell’interesse del Paese. Temeraria, pertanto, era l’accusa dei consiglieri dimissionari e ne davano essi stessi la prova con l’invio di un’altra lettera, pervenutogli nel pomeriggio, con la quale si cercava di mitigare l’assunto nel foglio di dimissioni. Il Sindaco, pur rilevando che la seconda lettera, a giustifica del mancato intervento alla seduta, poteva rappresentare un gesto apprezzabile, si affrettò ad affermare che il contenuto non corrispondeva affatto al vero o per lo meno poco esatto. Quindi lasciando ampia libertà di emettere il proprio giudizio, pregò i signori consiglieri a vagliare serenamente l’operato della Giunta. Alla discussione presero parte i consiglieri Della Monica e rag. Ciano, nonché gli assessori Di Vico rag. Armando e l’avv. Ferrante. Tutti concordemente deplorarono la linea di condotta seguita dai dimissionari ed affermarono essere niente altro che un “mendacio” il loro assunto, il quale mirava solo ai fini reconditi ed insidiosi. L’assessore Di Vico fece presente nel suo intervento come segretario politico che i consiglieri dimissionari per il loro ambiguo comportamento non sufficientemente comprovato non erano degni di stare nella grande famiglia fascista, dalla quale quasi tutti furono già da 35 parecchio tempo espulsi. Il Presidente mise a votazione la presa atto o meno delle dimissioni presentate dai consiglieri dopo aver spiegato che: “ la deliberazione cui alludevano i signori dimissionari riguardava l’assunzione di due straordinari all’ufficio daziario; la quale deliberazione, era vero, che non fu ratificata dal Prefetto per ragioni di economia, ma la Giunta, per provvedere alla deficienza nel personale dell’amministrazione daziaria, era stata costretta a chiamare, saltuariamente in aiuto del personale, due militi fascisti, vecchi elementi di provata fede, corrispondendo loro il modesto minimo compenso di lire 10 il giorno, compenso pagato con mandati d’autorizzazione e ripetutamente approvati dalla Real Prefettura. Tutto ciò era perfettamente legale perché il regolamento dazio dava tale facoltà alla Giunta”. Il Consiglio ad unanimità accettò le dimissioni dei consiglieri. 29 novembre 1926 su desiderio espresso da alcuni consiglieri il Sindaco cav. Gioacchino Castaldo propose al Consiglio di cambiare le denominazioni di una piazza e due strade: “Che il largo Corpus Domini, dinanzi alla chiesa omonima patronato comunale, prendesse il nome di un insigne figlio di questa città Giacinto De Sivo essendo quel luogo il più adatto perché in detta piazza sorgeva l’antico palazzo della famiglia De Sivo. Inoltre soggiunge che Giacinto De Sivo fu istoriografico e letterato profondo e scrisse la storia del suo paese natio illustrando fin dalle prime origini con documenti inoppugnabili che gli costarono sacrifici immensi. Così Maddaloni ebbe la sua storia. Giacinto De Sivo fu anche autore della storia del reame delle due Sicilie e romanziere di sommo valore; basta ricordare il Corrado Capece che rimaneva all’altezza dei maggiori romanzi degli scrittori italiani dell’epoca della prima metà del secolo scorso. Fu infine scrittore molto apprezzato di tragedie che ebbero tutte e più volte l’onore della scena presso la Corte di Napoli. Giacinto De Sivo fu di una tempera e carattere “adamantino”: sul suo animo nobile non fecero breccia le lusinghe della politica come accadeva a quasi tutti i grandi uomini che morirono in esilio nel 1870”. “Che il tratto di strada detto Ponte Carolino che andava dall’innesto con la via 1° Ottobre al Trivio prendesse il nome del santo che fu detto il più italiano dei santi ed il più santo degli italiani cioè S. Francesco d’Assisi che quest’anno si celebrava in Italia e nel mondo cattolico il settimo anniversario della morte: “Sulla detta strada, l’apostolo del più grande ideale d’amore e di fratellanza, quale fu Francesco d’Assisi, rimase traccia della sua opera altamente cristiana istituendo il convento di S. Francesco dove attualmente ha sede il Convitto nazionale attiguo allo stesso sorse pure la monumentale chiesa di S. Francesco che oggi s’appella di S. Antonio, la quale fino a poco tempo fa era rimasta abbandonata, ma che sorse recentemente all’antico splendore con l0obolo dei fedeli e mediante l’opera di un solerte Comitato dei cittadini maddalonese ai quali va tributato viva e sincera lode”. “Infine il cav. Castaldo suggerì che la strada denominata S. Andrea prendesse il nome di Armando Casalini vittima innocente soppresso per opera di nemici della patria che credevano nel sangue di lui sopprimere i più alti ideali del Fascismo, ma non fecero altro che provocare un grido di esecuzione di tutto il popolo italiano per l’orrendo delitto”. Il Consiglio comunale all’unanimità approvò le proposte dal Sindaco su parere favorevole della Giunta municipale. Inoltre incaricò il sindaco di comunicare il contenuto del presente deliberato al figlio primogenito di Giacinto De Sivo avv. Luigi abitante in Napoli, alla vedova Casalini di esprimere il vivo compiacimento di questo civico consenso a tutti i componenti del citato Comitato cittadino che con la sua opera 36 piena di abnegazione di amore e talvolta anche di sacrificio fecero ritornare all’antico splendore la monumentale chiesa di S. Francesco oggi detta di S. Antonio. Dal 20 giugno 1927 iniziò la gestione podestarile del colonnello cav. Amedeo Sorvillo. Il 25 marzo 1928 furono nominati i consultori dei servizi municipali. Il Podestà per rendere più spediti i vari servizi comunali prepose l’assunzione di alcuni consultori municipali preposti ad una sorveglianza continua ed attiva: cav. Alfredo De Sivo al Corso pubblico, ing. Ernesto Penzi ai Lavori pubblici, avv. Amedeo De Roberto alle Scuole elementari e medie, cav. Luigi Cerreto all’Annona e macello, Vincenzo Barletta al Cimitero e Stato civile e Antonio Ventriglia al Mercato, pubblico spazzamento e funzioni di pubblico ministero presso la Pretura. Il 24 settembre dello stesso anno concesse un contributo di 500 lire per la costruzione di un monumento ai caduti maddalonesi della 1^ Guerra mondiale da situare sul territorio del Comune. Il 27 aprile del 1929 il Podestà cav. Sorvillo concesse alla locale sezione dell’Opera Nazionale Dopolavoro un contributo di 1200 lire per l’affitto di un locale sito nel palazzo Barletta in via 1° Ottobre. Il 26 settembre 1931 una circolare dell’Alto Commissario di Napoli chiedeva che tutti i centri urbani dovevano avere una via non secondaria intitolata a “Roma” Il Podestà tra le varie strade di Maddaloni scelse il corso Campano perché era una delle principali arterie della città ed era l’unica che portava a Aroma. Avuto l’autorizzazione dalla Real Soprintendenza dell’arte medievale e moderna della Campania cambiò l’intestazione del corso Campano in via Roma. Dall’inizio dell’anno 1932 per un certo periodo il cav. dr. Filippo Iorio Vice-Podestà assunse la carica di Podestà essendo il cav. Sorvillo in malattia. L’11 aprile 1938 l’avv. cav. Salvatore Renga fu nominato prima Commissario prefettizio e il 20 luglio 1939 assunse la carica di Podestà. Il 3 novembre del 1934 il Podestà cav. Sorvillo, rientrato dalla malattia, fece costruire da una ditta locale delle mattonelle di marmo con inciso sopra i numeri civici per farle apporre all’entrata dei portoni e delle case. Il 18 luglio 1938 il Commissario prefettizio avv. Salvatore Renga approvò che il tratto di via che andava dalla piazza gen. Ferraro al passaggio livello della linea Napoli Roma via Cassino denominata genericamente via Ferrovia fosse intestata al sergente carrista Antonio Del Monaco decorato di medaglie di bronzo al valore militare. Il 7 gennaio del 1939 una circolare del Prefetto comunicava che il Ministero dell’Interno chiedeva di intitolare una via o piazza alla memoria di Guglielmo Marconi. Il Commissario prefettizio intitolò a G: Marconi la via Tifatina nel tratto che andava dalla piazza 1° Ottobre all’innesto della via Pignatari Il 22 giugno 1940 il Podestà cav. avv. Salvatore Renga ritenne opportuno che il tratto di strada di circumvallazione che andava dalla via sergente Del Monaco (palazzo Bove) al bivio con il prolungamento della via Roma fosse denominato al Maresciallo Italo Balbo. Il 1° febbraio 1941 il cav. dr. Alfredo Di Vico fu nominato Commissario prefettizio, mentre dal luglio 1942 la stessa carica fu assegnata all’avv. Enrico Barra. Il 10 agosto dello stesso anno invece il dr. Antonio Brancaccio fu nominato Vice-Commissario di Maddaloni e il 23 ottobre 1942 assunse la carica di Commissario prefettizio. Il 18 ottobre 1943 il cav. Eugenio Iorio fu nominato Commissario prefettizio e poi dal marzo 1944 ricoprì la carica di sindaco. Il 13 dicembre 1943 il Commissario prefettizio dr. Antonio Brancaccio “constatato che il giorno 6 del mese di ottobre del 1943 mentre in questa “plaga” (area), denominata nei secoli Campania Felice e poi Terra di Lavoro, infuriava ancora la battaglia fra le Armate 37 liberatrici giunte d’oltre Oceano e l’oppressore tedesco che rovine e lutti aveva freddamente seminato nella sua attività distruttrice, il signor L.T. colonnello Karl F. Glos – Ispector General 3 rd Div. U.S. Army, primo ufficiale superiore della V Armata degli Stati Uniti di America, varcò la soglia della Casa comunale e della città di Maddaloni, offrendo senza riserve, il palpito di affetto del suo cuore generoso alla virile sofferenza della cittadinanza tutta che pur tra lagrime e sangue mai aveva cessato di difendere la dignità della Patria nel nome di un ideale di libertà e giustizia”. “Il primo atto del colonnello americano fu quello di ristabilire la legge restituendo ai poteri costituiti dalla volontà del popolo libero la dignità e la forza necessaria alla possibilità di vita di ogni convivenza sociale. Il giorno 8 del mese di ottobre nel salone dello storico edificio intitolato al nome del martire dell’idea Giordano Bruno e tra le cui pareti visse e studiò l’apostolo della libertà italica Luigi Settembrini, il colonnello davanti al popolo maddalonese volle solennemente amministrare giustizia nell’esplicazione dell’alto ministero dimostrando serena saggezza, alto senso di umanità, di deferente rispetto per l’istituto sacro della difesa, di dottrina versatile e profonda intuizione giuridica. Diede inoltre luminosa prova attraverso la perspicua applicazione di quei principi di diritto che per varcare i limiti del dettato della legge propria ad ogni Nazione attinsero i vertici dell’universalità del concetto di civile giustizia”. Il Commissario ritenne doveroso quale interprete dei sentimenti dei cittadini di Maddaloni dare al Lt. Col. Karl F. Glos – Ispettore Generale della III Divisione dell’Armata americana - la Cittadinanza onoraria della città di Maddaloni per le sue benemerenze verso il popolo. Il 14 agosto 1943 il Commissario prefettizio dr. Antonio Brancaccio cambiò le intestazioni di due strade: il viale Italo Balbo in Viale Libertà e la Via Armando Casalini e i relativi vicoli in Luigi Settembrini. Il 30 ottobre dello stesso anno il Commissario prefettizio cambiò di nuove le intestazioni della due strada intitolando il Viale Libertà a Luigi Settembrini e la Via Settembrini a Giovanni Amendola. Il 26 novembre su richiamo del Prefetto il Commissario cav. Iorio con urgenza istituì la Commissione comunale per i soccorsi alle famiglie dei Piazza S. Andrea richiamati in guerra per il pagamento dei sussidi militari. Prima di procedere alla nomina dei nuovi componenti per le disposizioni impartite dagli Enti preposti dovette togliere dalla precedente Commissione: il rappresentante dell’ex Fascio di Combattimento, la segretaria dell’ex Fascio femminile e il rappresentante della sezione Combattenti perché quest’ultimo era stato portato in un campo di concentramento. Inoltre il Commissario prefettizio riconfermò presidente l’avv. Giuseppe Castaldi giudice conciliatore come rappresentante della Pubblica Amministrazione e nominò componenti: l’avv. Silvio De Lucia - presidente della Sezione Combattenti, il cav. Angelo Cafissecancelliere capo di Tribunale, ex mutilato di guerra, Antonio Renga fu Luigi e Michele Fraolino - comandante della Stazione dei Reali Carabinieri. 38 Il 18 marzo 1944 alcuni proprietari della località Starza inviarono un’istanza al Sindaco cav. Eugenio Iorio in cui lamentavano che le piante di platano con la loro prolungata ramificazione danneggiavano i loro terreni. Il Sindaco ritenuto che la Via Starza si trovava in uno stato di abbandono e che le 29 piante non davano alcun tornaconto sia dal lato economico che estetico della città decise di metterle in vendita mediante pubblici incanti con il metodo della “candela vergine”(**) al prezzo di 75400 lire. Inoltre deliberò: le spese di abbattimento delle piante erano a carico dell’aggiudicatario che doveva anche espletare le pratiche per la richiesta dei permessi all’Amministrazione dei Telegrafi e della Società elettrica della Campania che avevano condutture elettriche lunga la Via Starza. Il pagamento di eventuali danni alla carreggiata, persone e cose era a carico dell’aggiudicatario. Durante l’abbattimento delle piante per non ostacolare il traffico la via doveva essere sgombra del materiale risultante dal taglio per la metà della sua larghezza. Inoltre il Sindaco stabilì che il ricavato della vendita delle piante doveva essere destinato alla sistemazione dei locali municipali e nel contempo depositato al Banco di Napoli con il vincolo che non poteva essere farsi altro uso. (**) L'asta si svolgeva tramite l'accensione di una candela vergine, fino a quando questa rimaneva accesa, si accettavano le offerte. Il 13 maggio 1944 si insediò la prima Giunta comunale dopo liberazione della città da parte degli Alleati, sotto la presidenza del Sindaco cav. Iorio Eugenio, con l’assistenza del Segretario capo cav. Giandomenico Ciccarelli. Nello stesso giorno si procedette anche alla nomina dei sei nuovi assessori: Pasquale Delli Paoli, prof. dr. Francesco Balsamo, dr. Domenico Ronza, cav. Angelo Cafisse, prof. Antonio Renga e Stefano Lepore. Il primo cittadino dopo l’avvenuta nomina dei nuovi assessori pronunciò il seguente discorso: “Nell’insediarvi oggi, quali assessori di questo Comune, in rappresentanza del Consiglio comunale, espressione del popolo, sono lieto porgervi il mio deferente e cordiale saluto. Circondato e coadiuvato da Voi, menti eletti e professionisti di valore e di fede, sarà più agevole il compito mio, in quest’ora difficile, in cui sono in gioco le sorti della nostra Patria, perché dai Vostri illuminati consigli potrà trarre tutta la mia forza di volontà per il bene e la prosperità del popolo, di questo popolo martoriato dalla guerra, liberato finalmente dall’oppressione e dal servaggio fascista. Come nel Governo cosi nei Comuni, oggi tutti i partiti, pur rimanendo intatte le loro idee, sono affratellati in un unico scopo: quello della vittoria finale, insieme ai nostri valorosi e magnanimi Alleati. Io confido in Voi e nella Vostra opera indefessa, sicuro, come ho detto, che non mi mancherà il Vostro appoggio e la Vostra sagace collaborazione”. “E con questi voti e con questa fede, con la religione del dovere, dichiaro insediata la Giunta comunale di questa città. Vi prego intanto di ascoltare la mia relazione relativa all’opera da me svolta quale Capo di questa Amministrazione comunale dal 5 ottobre 1943, in cui fui, per designazione del popolo e del Comando Alleato, nominato Commissario prefettizio. Parla dei provvedimenti presi, dopo la cacciata dei tedeschi, per la requisizione dei generi alimentari di prima necessità e della loro distribuzione al popolo bisognoso”. “Riparazione dell’acquedotto – In seguito allo scoppio di mine poste dalle truppe tedesche in ritirata fu danneggiato molto sensibilmente il nostro acquedotto. Quando assunsi il potere, la città era quasi completamente sprovvista di acqua. Immediatamente feci eseguire i lavori necessari per il suo ripristino. Provvedimenti a carico impiegati che 39 avevano goduti benefici per benemerenze fasciste ed a carico di squadristi. Feci revocare tutti questi benefici concessi dalle cessate amministrazioni. Miglioramento della finanza comunale. Provvedimenti per la pubblica sanità ed igiene. Furono eseguiti lavori di somma importanza: espurgo del Vallone in Via Ponte Carolino, lavori per evitare sversamenti nelle cave De Sivo, costruzione di un tratto di fognatura in via Roma, copertura della fogna scoperta in via Campolongo e sistemazione della fogna al Vallone in via P. Carolino. Opere pubbliche. Durante il ventennio del fascismo, (se si eccettuano due opere non ad iniziativa di maddalonesi l’acquedotto e l’edificio scolastico) nessuna opera pubblica è stata costruita in questo Comune che pur aveva e ne ha bisogno. Assistenza e beneficenza: molto mi sono occupato per migliorare le condizioni dei bisognosi e degli infermi, con l’aiuto del Governo militare alleato ho potuto ottenere la somministrazione di medicinali per l’ospedale e dei viveri per l’ospedale e per il mendicomio. Con solerzia sono state corrisposte i sussidi per gli sfollati e per i profughi di guerra, ed oltre a ciò, con i fondi di lire 30mila presi sugli utili dello spaccio sono state soccorse molte famiglie bisognose”. Il 23 maggio 1944 il Sindaco cav. Iorio intitolò il largo antistante al Municipio “Piazza Giacomo Matteotti e su proposta dell’assessore prof. Francesco Balsamo la strada Trivio S. Giovanni la denominò al concittadino Domenico Raffone: volontario di guerra (1915-18) come ufficiale di fanteria e laureato in scienze politiche. Il 26 aprile 1945 cav. Iorio riferì alla Giunta municipale che dalla ricerca eseguita per la formazione delle liste elettorali risultò che erano iscritti nelle liste 6499 uomini e 7457 donne. Il numero degli iscritti poteva subire lievi variazioni perché alcuni iscritti dai casellari giudiziari potevano risultare non avendo diritto al voto. Del numero degli elettori accertato aveva diviso il territorio di Maddaloni in 15 sezioni di cui 7 per gli uomini e 8 per le donne e fatto compilare uno schedario distinto per uomini e donne. Il 13 marzo dello stesso anno la Giunta comunale nominò gli scrutatori per gli uffici elettorali assegnando 5 scrutatori per ognuno sezione scegliendoli tra gli eleggibili di ambo i sessi e dai consiglieri comunali non candidati per le prossime elezioni Il 20 aprile 1946 si riunì il Consiglio comunale eletto il 7 aprile 1946, prima espressione pubblica del dopo guerra, composto da: Pietro Balbi, rag. Vincenzo Lombardi, avv. Luigi Brancaccio, Domenico Marzaioli, Alberto Cerreto, Alfredo Massimo, Francesco D’Angelo, Salvatore Morbillo, notaio Girolamo De Laurentis, Paolo Palmieri, Alessandro delli Paoli, avv. Aniello Raffone, Alfredo De Sivo, gen. Domenico Renga, Antonio De Vincenzo, Elio Rosati, dr. Felice Di Vico, dr. Salvatore Sagnelli, Salvatore Farina, Francesco Senneca, dr. Eugenio Forgillo, Gabriele Sforza, Francesco Ginolfi, Giuseppe Sollitto, avv. Angelo Grauso, dr. Enrico Tammaro, dr. Michele Iadevaia, Alberto Zaza d’Aulisio. Assenti Pietro Padova e dr. Giuseppe Iorio. Assunse la presidenza il consigliere anziano cav. notaio Girolamo de Laurentis che riferì: che l’art. 54 del D.L. 7 gennaio 1946 sanciva che nella seduta immediatamente successiva alle elezioni, il Consiglio comunale, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, doveva esaminare la condizione degli eletti, a norma degli articoli 12-13-14-15 e 16 e dichiarare la ineleggibilità di color che si trovavano in uno dei casi enumerati dagli articoli stessi, provvedendo eventualmente alla sostituzione ai sensi dell’art. 50”. Esaminate le condizioni degli eletti, fu osservato che tutti avevano il requisito di saper leggere e scrivere. I consiglieri Brancaccio, De Laurentis, Di Vico, Morbillo, Grauso, 40 Iadevaia, Iorio, Lombardi, Raffone, Renga, Sagnelli, Tammaro erano tutti laureati o diplomati ed esercenti libera professione mentre Rosati e Sollitto erano studenti universitari, De Sivo aveva la licenza liceale avendo già altre volte ricoperta la carica di consigliere, Palmieri era in possesso della licenza ginnasiale, Zaza d’Aulisio Alberto era ufficiale della Real Guardia di Finanza, Farina, De Vincenzo e Sforza avevano compiuto con profitto lo studio delle cinque classi elementari come risulta dagli attestati; infine Balbi, Cerreto, D’Angelo, Delli Paoli, Ginolfi, Marzaioli, Massimo, Morbillo, Padova e Senneca come accertato dal notaio Barletta, dal Sindaco e dal segretario comunale si trovavano nei casi previsti dagli articoli citati. Ritenuto alla fine che tutti gli eletti al Consiglio comunale, nelle elezioni del 7 aprile 1946, avevano i requisiti per la carica a loro conferita dal Corpo elettorale, dichiarò la loro eleggibilità. Successivamente il civico consesso provvide con 22 voti su 28 (sei schede bianche) alla nomina del Sindaco nella persona del cav. Luigi Brancaccio. Per la nomina degli assessori effettivi si ebbe la seguente votazione: Girolamo de Laurentis voti 20, Enrico Tammaro 20, Paolo Palmieri 21, Angelo Grauso 19, Michele Iadevaia 1, Elio Rosati 2, Alberto Zaza d’Aulisio 1, Giuseppe Iorio 2, Domenico Renga 1. Schede bianche 6. Risultarono eletti assessori effettivi: Paolo Palmieri¸ Girolamo de Laurentis, Enrico Tammaro e Angelo Grauso. Per la nomina di due assessori supplenti riportavano voti: Elio Rosati voti 19, Francesco D’Angelo 18, Michele Iadevaia 1, Domenico Renga 1, Salvatore Sagnelli 1, Giuseppe Iorio 2. Schede bianche 7. Furono quindi eletti assessori supplenti: Elio Rosati e Francesco D’Angelo. Il consigliere Francesco D’Angelo, chiesta ed ottenuta la parola, ringraziando il Consiglio dell’onore conferitogli dichiarò di non poter accettare l’incarico per le sue molteplici occupazioni. Il Presidente cav. Brancaccio pregò il consigliere D’Angelo a desistere dalla sua decisione, ma avendo questi insistito nelle date dimissioni, invitò il Consiglio adottare i provvedimenti relativi. L’Assemblea comunale di fronte alle insistenze del consigliere D’Angelo dopo aver preso atto in modo definitivo delle sue dimissioni procedette ad una nuova votazione per la nomina del suo successore: votanti 29; avv. Alberto Zaza voti 17, Vincenzo Lombardi 1, Antonio De Vincenzo voti 1, Michele Iadevaia 1, Domenico Marzaioli 1. Schede bianche 7. Risultò quindi nominato assessore supplente Alberto Zaza d’Aulisio. Il 25 aprile 1946 ai nuovi assessori furono assegnati gli incarichi inerenti alle varie branche dell’Amministrazione comunale: Paolo Palmieri allo Stato civile, Anagrafe e Leva, notaio Girolamo de Laurentis ai Tributi, Lavori pubblici e Acquedotto, dr. Enrico Tammaro all’Annona, Igiene, Razionamenti e sostituzione del Sindaco in caso di assenza o impedimento, avv. Angelo Grauso al Contenzioso e Finanze, Elio Rosati alla Pubblica istruzione, Assistenza, Beneficenza e Cimitero, Alberto Zaza al Corso pubblico, Nettezza urbana e Illuminazione. Il 27 giugno la nuova Giunta municipale ritenuto che la quantità di crusca assegnata normalmente dall’Ispettore provinciale dell’agricoltura per le 120 vacche da latte destinato all’alimentazione della popolazione e dei malati e per gli 80 cavalli da tiro adibiti al trasporto delle persone e cose per i pubblici servizi era insufficiente per la supernutrizione degli animali. Dovendo aumentare le tariffe dei trasporti e del prezzo del latte in misura non gravosa per la popolazione la Giunta ritenne opportuno escludere dai suddetti aumenti i proprietari degli animali per evitare che questi per il mangine dei loro animali si rivolgessero al mercato nero. Per venire incontro ai citati proprietari la Giunta 41 deliberò di assegnare una razione mensile di 1 quintale di mangime per ogni animale sia cavallo che vacca e obbligò ai proprietari delle vacche di fornire una sufficiente quantità di latte al prezzo modico per i bisogni dell’ospedale civico, degli asili infantili e del ricovero di mendicità. Il 2 agosto 1946 il Sindaco Brancaccio fece la seguente dichiarazione: “Dichiaro di sentire innanzi tutto il dovere di porgere ai Consiglieri tutti, dopo l’avvenuta seduta d’insediamento – il suo sincero e deferente saluto e di chiedere a loro venia (perdono) di aver convocato l’Assemblea con un certo ritardo ed in piena estate quando più sensibili sono i vicolo di via Roma disagi. Aggiunge di sperare di ottenere considerazione e benevolenza, da parte dei colleghi quando avrà fatto ad essi rilevare le gravi difficoltà in cui è venuta a trovarsi la Giunta in conseguenza della grave crisi in cui si dibattono tutte le pubbliche amministrazioni. La Giunta, infatti, ha dovuto in primo luogo rendersi conto dello stato degli uffici e dei servizi pubblici e portare in essi ordine e disciplina che sono le premesse necessarie per il loro buon funzionamento. Successivamente ho dovuto prendere in esame la situazione finanziaria del Comune resa oltremodo grave del deficit dell’esercizio finanziario 1946 e dall’enorme aumento delle spese per i miglioramenti economici al personale per effetto del D.L.L. 21/11/1945. Ma il problema di una parziale assunzione dei reduci, partigiani e combattenti che vivevano in condizioni economiche precarie meritavano di certo una maggiore benevolenza da parte dell’Amministrazione e fu in considerazione di ciò che la Giunta, con determinazione n° 142 del 28 maggio, dispose l’assunzione in servizio di 22 di loro”. “Un altro grave assillo per la Giunta – continua la dichiarazione del sindaco - fu quello di dover provvedere, con mezzi tratti dalla produzione locale, alla provvista del pane alla popolazione per la mancata fornitura della farina da parte della Sepral nel periodo di saldatura tra il vecchio e il nuovo raccolto. Gli sforzi e le ansie non furono poche, ma il pericolo della fame fu scongiurato. Altra fonte di preoccupazione era la deficienza dell’acqua potabile che veniva a costituire per la popolazione un tormento non immane di quello della fame. Tale grave iattura è stata scongiurata da questa Amministrazione che ha tempestivamente stipulato con il Demanio dello Stato un’apposita convenzione per l’immissione nel civico acquedotto di un quantitativo di acqua del condotto Carolino tale da lasciare tranquilli e fiduciosi che il prezioso elemento non verrà a mancare”. “Si è presentato inoltre per la Giunta il problema di procurare al bilancio un certo sollievo con l’ottenere dall’appaltatore della gestione delle Imposte di consumo un sensibile aumento del minimo garantito che è stato portato a lire 7.200.000. Infine permanendo lo stato di disagio dei reduci, questa Giunta si è trovata nella necessità di dover riconsiderare il problema e cosi si è stabilito l’accordo con le loro rappresentanze di procedere ad una nuova assunzione, che porta come imprescindibile conseguenza il licenziamento di un gran numero di avventizi: problema doppiamente angoscioso e che è stato portato all’esame del Consiglio dell’odierna seduta. Tutto questo complesso di problemi – conclude il primo cittadino - ha costituito delle gravi remore per la convocazione del Consiglio che, per poter svolgere un proficuo lavoro, aveva bisogno che 42 gli fosse spianata la via con la riduzione degli ostacoli ritardatari. La Giunta ha il convincimento di aver assolto tale compito con zelo e buona volontà e pertanto spera che l’On. Consiglio vorrà confortare col proprio voto il suo operato“. Il 7 ottobre 1946 l’Assemblea consiliare ratificò le delibere adottate dalla Giunta con i poteri del Consiglio. Il Sindaco avv. Luigi Brancaccio chiarì che all’avviso di convocazione, recapitato a ciascuno consigliere, era allegato l’elenco di tutte le deliberazioni già adottate dalla Giunta con i poteri del Consiglio, e che nella seduta odierna dovevano essere ratificate. Sicuro che ciascun consigliere avesse già piena cognizione delle delibere da ratificare anche perché queste furono depositate in Segreteria dal 5 ottobre, disse che ove i consiglieri non avevano nulla da obiettare le delibere si intendevano senz’altro ratificate appena avutane lettura. Il Consiglio ad unanimità approvò la proposta del Sindaco. Il 26 maggio 1947 il Consiglio sull’O.d.G. n° 1 ad unanimità approvò e ratificò le deliberazioni adottate d’urgenza dalla Giunta: aumento carovita ai pensionati comunali, nuovo trattamento economico ai dipendenti comunali, premio di presenza ai dipendenti comunali, lavori di ordinaria manutenzione delle strada comunali basolate per l’anno 1947, lavori di ordinaria manutenzione della fognatura cittadina per il 1947, lavori di ordinaria manutenzione delle strade inghiaiate per il 1947, armamento vigili urbani, contributo al Comitato Reduci di lire 5.000, programma di lavori pubblici per danni di guerra e per sollievo disoccupazione, approvazione preventivo per i lavori di disoccupazione ed impegno con lo Stato, approvazione di urgenza di puntellamento del corpo di fabbrica ospedale civile ed asilo infantile, consorzio per l’approvvigionamento idrico con le acque del Torano, nuovo trattamento economico agli impiegati comunali, profilassi antirabbica e aumento dell’imposta di consumo, della tariffa su cani, della tariffa sulle vetture pubbliche e private, della tariffa imposta sui domestici, della tariffa sui pianoforti e bigliardi, della tariffa sulle insegne e dell’imposta sulle macchine da caffè espresso. Il 3 luglio 1948 su richiesta del Consiglio comunale di Caserta la Giunta municipale a nome dell’Assemblea comunale e della Cittadinanza deliberò di far voto presso le Autorità competenti per la ricostituzione dell’Accademia Aeronautica nel palazzo della Reggia di Caserta. Il 21 luglio l’Assemblea consiliare fu riunita per prendere in esame le dimissioni del Sindaco. Il consigliere Paolo Palmieri, nella qualità di assessore anziano per il sindaco assente, assunse la presidenza e invitò il civico consesso a deliberare sulla proposta in oggetto e poi lesse la lettera del dimissionario avv. Luigi Brancaccio diretta al Consiglio: “Maddaloni 20 luglio 1948 – Al Consiglio comunale di Maddaloni – Signori consiglieri, per il senso di responsabilità e per la chiara consapevolezza dei miei doveri di amministratore, che in questi due anni di duro travaglio e di sacrificio, purtroppo quasi da nessuno compreso, mi furono guida costante e viatico sicuro per conseguire l’ambita approvazione della mia coscienza, sono costretto a rassegnare le dimissioni dalla carica di Sindaco. Non ritengo necessario accennare ai motivi di questa mia decisione perché essi sono ormai noti a voi tutti ed al popolo di Maddaloni, al quale ho consacrato le risorse del mio impegno modesto e del mio cuore per alleviarne il più che sia possibile la miseria ed i dolori, non senza rivolgere la mia cura costante alla necessità di una distensione di animi attraverso un’azione amministrativa scevra da prevenzione e da rancori politici e fondata unicamente su principi di equità e di giustizia. Lascio senza rammarico e senza rancore il mandato, che voi mi avete conferito con il voto quasi unanime nel 1946 e che ho tenuto in 43 tempo non lieti né sereni senza macchie e senza paura. Iddio voglia illuminare il mio successore e concedergli di realizzare in pieno il programma amministrativo al quale so di aver dato sicuro impulso, quotidiana fatica, fermezza di propositi e nobiltà di intento. Avv. Luigi Brancaccio”. Il presidente in carica espresse il suo pensiero su quanto scritto dal Sindaco Brancaccio: “In questa lettera, che io vi ho letto, il Sindaco afferma che sono noti i motivi delle sue dimissioni. Ciò credo che sia esatto. Tuttavia, perché vi può essere qualcuno che ignora tali motivi, per debiti di precisione tengo far presente che le dimissioni del Sindaco sono dovute al fatto che egli intendeva mantenere ferma la imposta di famiglia per esigenza imprescindibile di bilancio, procedendo in sede di concordato alla tariffa di qualsiasi errore si fosse potuto verificare nell’accertamento, e usando nei confronti di tutti i contribuenti la maggiore larghezza e comprensione fino a rendere la imposta accettabile a tutti. All’uopo il Sindaco, nella seduta del 3 luglio 1948, aveva già preposto e la Giunta aveva approvato tale concetto, deliberando quanto segue, nei casi di manifestati errori nell’applicazione dell’imposta, si procederà caso per caso al riesame, da parte della Giunta comunale, dell’accertamento e della eventuale rettifica. Sicuro di interpretare il pensiero della maggioranza dei cittadini di Maddaloni, propongo, per un doveroso omaggio a cittadino che, per due anni e più si è sacrificato per il bene del suo paese, che le dimissioni del Sindaco siano respinte ad unanimità di voti. Se non vi siano osservazioni in contrario, le dimissioni si intendono respinte ad unanimità”. Il consigliere Grauso intervenendo disse che nella lettera del sindaco dimissionario non si faceva un solo cenno ai suoi collaboratori e metteva in rilievo che occorreva dar atto al Brancaccio di quanto con spirito di sacrificio costante e talvolta coraggioso aveva fatto nell’interesse del Comune e della cittadinanza. IL consigliere Raffone dichiarò che la minoranza aderiva al voto espresso dal Presidente di respingere le dimissioni del sindaco ed in linea pregiudiziale propose che prima che il Consiglio provvedesse all’O.d.G. fosse riunita di urgenza la Giunta municipale in carica per provvedere alla sospensione temporanea dell’imposta di famiglia allo scopo di tranquillizzare la cittadinanza, e chiese inoltre che la Giunta assumesse impegno fin da ora di provvedere in merito. IL consigliere Renga si associò alla proposta del Raffone, mentre il Grauso spiegò che quanto chiesto dall’avv. Raffone coincideva con l’orientamento del Consiglio che a larga maggioranza era per la revoca degli accertamenti per dar luogo alla correzione dei molteplici errori non sanabili in sede di concordati. Anche il consigliere Di Vico aderì alla proposta di revisione in toto e radicale degli accertamenti sull’imposta di famiglia finora eseguiti. Invece Rosati chiese alcuni chiarimenti sull’argomento, mentre il consigliere Grauso fece osservare che quanto proposto dal Raffone circa l’impegno della Giunta in carica era inattuabile per lo stato di fatto determinatosi in seguito alle dimissioni del Sindaco. Il Consiglio concordemente infine deliberò di aggiornare la seduta a venerdì successivo per trattare la revoca o la sospensione dell’imposta di famiglia all’O.d.G. della seduta non esaurito. Nonostante quanto espresso dall’Assemblea si aprì una vivace discussione inerente al fatto di trattare le dimissioni del Sindaco e della Giunta municipale procedendo alle relative nomine. Il Presidente a questo punto propose di votare per verificare se il Consiglio intendeva aggiornarsi senza trattare le dimissioni del Sindaco e della Giunta e le relative eventuali nomine. Per appello nominale si procedette alla votazione che dette il 44 seguente risultato: 19 schede con il no che non volevano il rinvio e 7 con il si quelli che lo propugnavano. I consiglieri Alberto Cerreto, Francesco D’Angelo e dr. Felice Di Vico si allontanarono dalla sala consiliare. Il consigliere Rosati protestò per l’allontanamento dei tre rappresentanti della minoranza facendo rilevare che la minoranza aveva il dovere di esplicare il controllo della maggioranza. Il Raffone facendo parte della minoranza protestò vivamente contro le espressioni formulate da Rosati invitandolo a non mortificare la minoranza intera che aveva sempre frequentato le sedute consiliari. L’Assemblea dopo altri interventi procedette alla votazione per le dimissioni del sindaco con il seguente risultato: presenti e votanti 23, 13 schede con il si che accettava le dimissioni e 7 con il no che le respingevano non senza 3 schede bianche. Il Presidente dell’Assemblea verificato l’esito della votazione dichiarò che erano state accettate le dimissioni del Sindaco cav. avv. Luigi Brancaccio. Successivamente rassegnarono le dimissioni anche gli assessori municipali. Il consigliere Grauso fece rilevare che il dissenso determinatosi in seno alla Giunta relativamente ai criteri adottati ed al metodo lacunoso per l’applicazione dell’imposta di famiglia causò un unanime malcontento nella popolazione. Lui in seguito a questo prospettò di rivedere “ex-novo” gli accertamenti e di renderli di pubblica ragione. Precedentemente erano stati adottati criteri radicalmente contrari a quelli da lui preposti. Il dissenso fra il suo sistema e quello della maggioranza del Consiglio era reso insuperabile dall’intransigenza del sindaco. Il bisogno di non condividere responsabilità infondate in una materia delicata e grave che costituiva applicazione non soltanto dei principi di diritto tributario, ma di concreta attuazione di principi etico-politico-sociale, rendevano impossibile ogni ulteriore collaborazione. Il Presidente poi invitò il Consiglio a votare sulle dimissioni della Giunta che furono accettate da 20 consiglieri con 3 schede bianche. Il 21 luglio 1948 l’Assemblea comunale si riunì per la nomina del nuovo Sindaco. Il consigliere anziano Girolamo notaio De Laurentis dopo aver assunto la presidenza con il sistema della scheda segreta su cui ogni consigliere doveva scrivere un solo nome fece procedere alla votazione del primo cittadino. Risultò eletto Sindaco con 23 voti il gen. cav. Domenico Renga che si rivolse poi ai consiglieri con le seguenti parole: “Signori consiglieri sento il dovere di rivolgere, a nome della Giunta e del Consiglio, un sincero e affettuoso ringraziamento al precedente sindaco avv. Brancaccio ed ai componenti della Giunta uscenti per aver prestato la loro opera a vantaggio del Comune per oltre due anni con intelligenza, passione e sacrifici in momenti non facili della vita del paese. Noi abbiamo accettato questo duro compito per continuare a servire la nostra Città, poiché abbiamo sentito come un dovere non disertare questo posto di responsabilità e di lavoro. Noi ci metteremo presto all’opera. Ma qual è il nostro programma? E’ un programma che qualsiasi buon padre di famiglia è costretto a fare, quando si trova in tempo di necessità e cioè aumentare per quanto è possibile le entrate e diminuire per quanto è possibile le uscite per arrivare al pareggio del bilancio. Per ottenere questo noi agiremo con onestà e giustizia nell’interesse di tutti i cittadini”. “Speriamo che le nostre modeste forze siano pari alla nostra volontà ed al nostro compito. Viviamo in tempi difficili la situazione è grave ed è per questo che ogni cittadino deve sentire il dovere e deve avere l’orgoglio di contribuire al risanamento del bilancio comunale. Tutti devono concorrervi, secondo le loro possibilità, con questo criterio applicheremo l’imposta di famiglia che ormai è attuata in quasi tutti i comuni d’Italia. La situazione finanziaria è tale che non ci consente di far per ora l’ordinaria 45 amministrazione. Speriamo di affrontare a breve tempo qualcuno dei più importanti problemi cittadini venendo incontro nel contempo a quelli che vivono in gravi ristrettezze economiche. Rivolgo un invito alla minoranza consiliare a partecipare al nostro Consiglio. La buona regola democratica esige che altri partiti controllino l’operato della maggioranza facendo sempre critica costruttiva. Con questi criteri noi ci accingiamo ad amministrare il nostro Comune e speriamo di soddisfare l’aspettativa della cittadinanza”. Nella stessa giornata l’Assemblea comunale arrivò alla nomina degli assessori con il sistema delle schede su cui si potevano esprimere 4 preferenze: Angelo Grauso voti 20, Salvatore Sagnelli 15, Giuseppe Iorio 14, Salvatore Farina 14, Michele Iadevaia 2, Alfredo Massimo 2, Domenico Marzaioli 2, Antonio De Vincenzo 2, Alfredo De Sivo 1, Elio Rosati 1, Vincenzo Lombardi 1. Schede bianche 3. Risultarono eletti assessori effettivi: avv. Angelo Grauso, dr. Salvatore Sagnelli, dr. Giuseppe Iorio e Salvatore Farina e assessori supplenti dr. Giuseppe Sollitto e rag. Vincenzo Lombardi. Il 7 febbraio 1949 l’Amministrazione comunale intitolò vicolo Marconi alcune piazze e tratti stradali ad illustri concittadini scomparsi. Il Sindaco cav. generale Domenico Renga commemorò tre illustri concittadini scomparsi: prof. dr. Vincenzo Rossi (oculista), prof. dr. Francesco Caruso (ostetrico) e avv. Pietro Di Vico (procuratore generale militare): “L’illustre nostro concittadino, il prof. Vincenzo Rossi, nato nel 1890, direttore della Clinica oculistica di Pisa, fu maestro ed un appassionato cultore di arte, autore di numerose pregevoli pubblicazioni. Per il suo grande ingegno e per gli studi da cui compiuti fu più volte designato quale autorevole rappresentante italiano nei consensi internazionali. Egli fu Vice-rettore dell’Università di Pisa e Preside della facoltà di Medicina e Chirurgia di tetto Ateneo, Vice-preside dalla Società Italiana di Oftalmologia, Vice-preside e Maestro fondatore della Società Latina di Oftalmologia, Membro e Delegato per l’Italia della Società francese di Oftalmologia e Membro della Società belga di Oftalmologia, Direttore dell’Archivio di Oftalmologia e Membro del Comitato Internazionale di Oftalmologia (a Londra) composto di sette rappresentanti di tutto il mondo. Egli, dotato di un grande cuore non fu mai assente nelle opere di bene, e per le sue spiccate virtù organizzative, fu Presidente della C.R.I. di Pisa, Presidente del Rotare Club, del Comitato del Giugno Pisano (mostra del 300 pisano ecc.). Il nostro prof. Rossi fu un lavoratore instancabile, ma, la sua forte fibra cedette durante un’operazione chirurgica. Mentre si apprestava a dare la luce ad un infermo gli occhi suoi espressione di intelligenza e di dolcezza si chiudevano lentamente e per sempre”. “Altro Grande medico e maestro, nostro concittadino, fu il prof. Francesco Caruso, nato nel 1860e laureato a 22 anni percorse rapidamente e brillantemente la sua carriera, e raggiunse tappe scientifiche internazionali. Operò nella Clinica Ostetrica-ginecologica di Napoli, ove ebbe Maestro il grande Molisani, passò poi a dirigere la scuola di ostetrica di Novara e di poi la Clinica Universitaria di Cagliari e finalmente quella di Catania. Frequentò i grandi Istituti clinici di Dresda, Lipsia, Londra, Parigi e New York ed interessò alle sue pubblicazioni il mondo scientifico del campo diagnostico e terapeutico. Altri studi minori apportò notevole contributo a quello sulle ciste ovariche e al taglio 46 cesareo sul fondo ed a ricerche applicate alla medicina legale, di cui tenne l’insegnamento per alcuni anni all’Università di Catania. Storico e letterato impresse il rigore classico ai suoi trattati ed agli scritti che costituiscono anche capolavori di stile e di lingua, studioso di lingue, tra le quali conosceva benissimo il francese, l’inglese e tedesco, scrisse su diverse riviste estere ed ottenne recensioni pregevolissime su i suoi scritti. Moriva a Catania nel 1929, quando era per realizzarsi il suo sogno di ritornare da direttore alla Clinica Ostetrica di Napoli, che lo aveva avuto discepolo e poi libero docente”. “Di Vico Pietro, nato nel 1853, si laureò giovanissimo in legge, entrato nella magistratura Militare, fece brillante carriera e raggiunse il più alto grado di Procuratore Generale Militare. Pubblicò una lunga seria di articoli di monografie e di studi nel vecchio “Digesto Italiano”, nella rivista penale, nell’Enciclopedia del Pessina, negli annali di diritto e procedura penale militare che hanno contribuito a dare carattere scientifico al diritto penale militare, a dimostrare l’autonomia, e a preparare la riforma dei codici penali militari, attualmente in vigore alla quale Egli attese e dette opera apprezzatissima quale Presidente della Commissione Reale, incaricato della riforma stessa. Giuseppe Ciardi, docente di diritto e procedura penale che pubblicò nel 1942 in un volume i nuovi codici penali militari, definisce Pietro Di Vico Principe del Giure Militare Italiano e Sommo Maestro di tutti noi. Fu nominato Senatore del Regno nel 1913, ed ebbe le massime onorificenze tra le quali di Cavaliere di Gran Croce dei SS. Maurizio e Lazzaro”. Dopo aver messo in evidenza le doti degli stimati concittadini il primo cittadino rivolgendosi al Consiglio disse: “Signori consiglieri questi illustri nostri concittadini si distinsero per altezza di ingegno, ma anche per i loro studi, il “diuturno” lavoro, l’attività professionale instancabile, la dirittura di carattere, la semplicità di vita e di costume, la grande bontà di animo. Essi servirono i grandi ideali della vita per il progresso della scienza e per il bene dell’umanità. Con le loro virtù hanno onorato la città di Maddaloni che oggi intende onorarli intestando al loro nome due piazze ed una strada affinché la loro luce di pensiero e di opere non sia offuscata dall’oblio ma serva alle future generazioni per incitamento a bene operare.”. Il cav. Renga dopo il suo intervento propose di intestare al prof. Rossi l’attuale piazza Umberto 1°; al senatore Di Vico l’attuale piazza Santacroce ed al prof. Caruso il tratto della strada Bixio compreso tra l’angolo di via Concezione a quella di via Trivio S. Giovanni. Il 20 aprile 1950 il Consiglio comunale espresse sentita solidarietà al Sindaco per la “vigliacca” aggressione subita il 18 aprile 1950. L’assessore Angelo avv. Grauso assunta la presidenza come assessore anziano in assenza del Sindaco espresse il suo sdegno e la riprovazione dell’insano gesto compiuto da un criminale pur essendo presenti i tutori dell’ordine. Il gesto era ingiustificato perché il criminale agì da vero delinquente pur avendo avuto molte attenzioni da parte del sindaco. Inoltre riferì che la Giunta municipale aveva convocato d’urgenza il Consiglio per stigmatizzare l’accaduto presentando il seguente O.d.G. “Il Consiglio comunale di Maddaloni convocato d’urgenza, esprime all’unanimità lo sdegno per il vigliacco gesto del criminale, che aggredendo il Sindaco, non arrecava soltanto onta all’Amministrazione comunale in persona del suo Capo, ma calpestava ogni principio di vivere civile. Si stringe unitario al Sindaco, al quale rinnova profondamente la sua devozione l’augurio che possa proseguire nel faticoso cammino che il dovere della Civica amministrazione impone.”. Il Consiglio unanime approvò l’O.d.G. del Presidente. Il 20 maggio il sindaco dopo aver rassegnato le dimissioni lesse la seguente 47 lettera: “Signori Consiglieri, fin dal 25 marzo, presentai le dimissioni da Sindaco nelle mani del. Prefetto della Provincia per ragioni di salute. Ora un altro motivo di ordine morale mi induce a notificarvi la mia irrevocabile decisione. Voi sapete che nel luglio 1948 molti amici consiglieri mi pregarono insistentemente perché accettassi la carica di Sindaco e riuscirono a vincere la mia riluttanza e perplessità. Ho fatto del mio meglio per assolvere l’incarico affidatomi, interessandomi in especial modo dell’attuazione dei lavori pubblici a sollievo della disoccupazione dei quali una prima realizzazione è già in atto ed altre seguiranno, non appena saranno finanziati i relativi lavori già progettati. Alla manifestazione di solidarietà, da me non promossa, me che tuttavia giudicai opportuno per ragioni di chiarificazioni, in seguito all’aggressione da me patita il 18 aprile, molti consiglieri non crebbero partecipare. Tali assenze, senza altre volute potevo consideralo apatia od indifferenza, ora devo ritenere mancanza di fiducia alla mia persona, per cui sento il dovere di confermare le dimissioni e non rimanere più un giorno al mio posto. Vi rivolgo perciò viva preghiera di accettarle e di non fare voti, perché io abbia a rimanere in carica, essendo fermo nella decisione presa. Mi allontano dal Comune colla sicura coscienza di aver adempiuto interamente il mio dovere, moltiplicando le mie modeste energie per il bene della città di Maddaloni. Cordiali saluti. Domenico Renga.”Il Consiglio prese atto delle dimissioni. Nella stessa seduta si dimise anche la Giunta municipale e il Consiglio aggiornò i lavori per arrivare alla nomina del Sindaco e del rispettivo esecutivo. Il 10 giugno 1950 fu fatta la prima riunione del Consiglio comunale per la nomina del Sindaco che fu annullata dal presidente notaio Girolamo De Laurentis per mancanza di numero legale. Nel giorno stabilito il civico consesso si riunì sotto la presidenza dello stesso notaio che nominò come scrutatori i consiglieri Lombardi, Ginolfi e Marzaioli. A seguito della votazione a scrutinio segreto risultò eletto con 20 voti ed una scheda bianca Primo cittadino di Maddaloni il dr. Elio Rosati. Era l’anno 1950. Il nuovo Sindaco rivolgendosi al Consiglio ed al pubblico, oltre a profferire espressioni di riconoscenza per la fiducia a lui riposta e manifestata con la votazione all’unanimità accettò l’incarico oneroso non per pura vanità ma per un sentito adempimento per il proprio dovere. Inoltre il neo primo cittadino chiese la collaborazione della futura Giunta municipale e dei cittadini ai quali rivolse un accorato invito ad essere sempre disciplinati ed ossequiosi ad ogni norma del vivere civile. Nel concludere il suo intervento Rosati ribadì il principio che i servizi pubblici avrebbero dato migliori risultati con il concorso e il contributo di tutta la popolazione. Successivamente il Consiglio procedette alla nomina della Giunta municipale con questa votazione: Angelo Grauso voti 16, Giuseppe Iorio 16, Girolamo de Laurentis 17, Salvatore Farina 19, Pietro Balbi 2, Gabriele Sforza 1, Enrico Tammaro 2, Giuseppe Sollitto 2, Alfredo De Sivo 1, Michele Iadevaia 1, Antonio De Vncenzo 1. Risultarono quindi eletti assessori effettivi: Salvatore Farina, Girolamo de Laurentis, Angelo Grauso e Giuseppe Iorio. Per la nomina dei due assessori supplenti si ebbe la seguente votazione: Vincenzo Lombardi voti 17, Antonio De Vincenzo 16, Giuseppe Sollitto 1, Alfredo Massimo 1, Domenico Marzaioli 1, Salvatore Morbillo 1. Risultarono quindi eletti: Vincenzo Lombardi e Antonio De Vincenzo. Capitolo terzo Il bilancio comunale 48 Il 15 maggio 1899 il Consiglio comunale prese alcuni provvedimenti per sanare la passività del bilancio. A relazionare sull’argomento intervenne l’assessore al bilancio delegato dal Sindaco Giuseppe cav. Tammaro, dr. Alfonso Raffone il quale disse che se si voleva risanare l’economia comunale in crisi era necessario chiedere un prestito con l’aiuto dei cittadini. Nella compilazione del bilancio preventivo il Consiglio e la Giunta comunale si erano attenuti ai bisogni di una città di 23mila abitanti, una delle più industriose di Terra di Lavoro, il cui proficuo suolo la rendeva una delle prime Province d’Italia. Lo stesso relatore propose nel contesto della discussione di abolire per due anni alcune voci in modo da poter raggiungere l’estinzione della passività della precedente gestione. Il relatore inoltre si oppose fermamente all’abolizione del Corpo delle guardie campestri perché tale istituzione era indispensabile per Maddaloni, sia per i compiti di agenti di Pubblica Sicurezza sia come agenti municipali tanto utili e indispensabili in una città estesa e dedita alle industrie sia rurali che cittadine. Inoltre chiese pure di non abolire i due Asili Infantili esistenti che erano necessari per la popolazione maddalonese molto dedita all’agricoltura e alle sue faticose occupazioni. Il 5 gennaio 1901 nel Bilancio preventivo del 1901 fu proposto di mettere all’O.d.G. dal consigliere dr. Michele Correra la nomina di un avvocato comunale con un assegno fisso annuo, Affinché potesse rappresentare il Comune in ogni vertenza sia amministrativa sia giudiziaria. L’11 marzo l’assessore cav. avv. Giovanni Brancaccio fece apportare alcune modifiche al bilancio approvato dalla Giunta comunale senza alterare le cifre del passivo. Piazza della Vittoria Le modifiche interessarono le seguenti voci: Illuminazione pubblica, spese per le vaccinazioni, spese per liti, arredi scolastici, opere e lavori pubblici, aumento dell’indennità cavallo al capo delle Guardie campestri, perché doveva girare e sorvegliare i propri dipendenti sparsi in varie zone del nostro territorio, aumento dell’assegno all’accalappiacani ed al custode del lazzaretto perché il nosocomio, quanto prima, una parte doveva servire come Sanatorio per tubercolosi, l’aumento alla banda musicale e scuola allievi musicanti. Il 26 giugno dello stesso anno la Giunta municipale autorizzo il pagamento del fitto relativo al ricovero del custode situato sotto un’arcata dei Ponti della Valle. Il 19 settembre 1903 il Comune di Maddaloni secondo una nota del Prefetto stabilì una tassa comunale sui cani, in misura di lire tre per i maschi e lire otto per femmine. Esentò dalla stessa i cani esclusivamente adibiti alla custodia dei greggi e degli edifici rurali e i proprietari di quelli che non avevano fissa dimora nel comune che non doveva però superare i due mesi. L’11 gennaio 1905 il Sindaco sicuri della fiducia che godevano dalla larga 49 maggioranza del Consiglio chiesero al Prefetto di Caserta di mandare un ispettore per controllare l’amministrazione della gestione comunale. Essi addivennero a tale richiesta in seguito ai durissimi attacchi da parte di alcuni consiglieri che per pura fantasia si erano inventati false e insidiose critiche nei loro confronti. Il Prefetto visto i malumori serpeggianti tra i consiglieri e che non si riusciva mai ad arrivare al quorum utile per le deliberazioni sciolse il Consiglio comunale ed inviò a Maddaloni il Commissario prefettizio facendo un’analisi sulle varie attività gestionali del Comune incontrò difficoltà e problemi per mettere in ordine la gestione finanziaria comunale. Egli addivenne che se non si fosse risolto prima la crisi finanziaria non si potevano risolvere i problemi più urgenti della città, come l’acqua potabile, l’illuminazione, ed altri ancora. Con la sua tenacia il Commissario riuscì ad organizzare i servizi di contabilità, di sanità pubblica, di polizia rurale, e sistemò la situazione finanziaria della civica azienda ripristinando i regolamenti mancanti e i ruoli delle tasse. In precedenza il personale addetto era reclutato in base ad alcune virtù umane, compassionevoli e accomodanti. Il Commissario cambiò le regole dando precedenza alle capacità umane che dovevano tener conto dell’onestà e della rettitudine In sostanza il futuro impiegato comunale doveva essere un uomo adatto, capace, valente, attivo ed onesto per l’impegno da assumere. Per alleviare il disagio di alcuni impiegati soggetti a lavorare stipati in locali angusti, mal disposti ed incomodi fece costruire due nuovi locali nella Casa comunale, uno adibito per l’ufficio archivio e l’altro per l’ufficio anagrafe. Inoltre eliminò la piccola cisterna d’acqua piovana che stava al centro del cortiletto del fabbricato comunale perchè era diventata uno stagno malsano e ingombrava il libero passaggio del cortiletto. Visto che nel Comune vigevano alcune cattive abitudini, come quella che tutti gli impiegati, a cominciare dall’usciere, si permettevano di dare ed assumere impegni a carico del bilancio comunale, senza dare preavviso, che alla chiusura del bilancio causavano una passività invisibile che sarebbe poi ricaduta sui bilanci successivi. Inoltre l’Amministrazione non soleva sollecitare i suoi creditori a presentare le note di pagamento causando un ritardo che veniva a ricadere sulla gestione amministrativa. Un’altra piaga della città era costituita dall’arbitrario operato dei sensali che non si attenevano con diligenza e scrupolosità a comunicare in tempo debito le variazioni dei prezzi di compravendite, all’ufficio dell’Annona. La popolazione ed i piccoli venditori si lamentavano contro l’operato non certo lineare degli stessi che imponevano i prezzi che volevano sui prodotti comprati e messi in vendita andando a danno del cittadino che vedendosi aumentare i prezzi andava a reclamare sotto la casa comunale. Il Commissario dopo aver informato emanò dei provvedimenti contro i sensali il cui numero fu ridotto al massimo uno per ogni categoria di prodotto comprato o venduto. Il 9 luglio 1905 il cav. Giuseppe Starone approvò l’imposta sul valore locativo e il relativo regolamento (*), la tassa sulle vetture pubbliche e private (*) e quella relativa ai domestici (*). Il 17 febbraio 1908 fu presentato al Consiglio il bilancio preventivo per il 1908, compilato dalla Giunta, per la sua approvazione. Il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone incaricò il ragioniere del comune a leggere il bilancio articolo per articolo chiarendo che ogni articolo discusso s’intendeva automaticamente approvato. Alla fine della lettura, dopo vari chiarimenti, il Sindaco mise a votazione il bilancio. Il consigliere avv. Arturo Vitelli invitò l’Assemblea a non votarlo giustificando l’atto adducendo i seguenti motivi: “Il 50 bilancio era effimero perché le entrate preventivate erano superiori alle somme effettivamente introitate nei passati esercizi, come i proventi della vendita dell’acqua del Ducatone, del dazio e vari. Inoltre la voce spesa era aumentata per le spese straordinarie non obbligatorie, come quella del Cimitero, sussidi e feste religiose. Il bilancio era pure illegale perchè non erano espresse le spese facoltative, mentre era stato deliberato l’eccedenza dei centesimi addizionali e l’imposizione di tre tasse comunali di servizi e rivendite del valore locativo sui domestici e sulle vetture pubbliche e private. Lo stesso infine era insufficiente perché non provvedeva l’attuazione di un programma serio e vero per risolvere alcuni problemi della città, come l’acqua potabile, l’edilizia scolastica e la risoluzione di atti amministrativi importanti”. Alla protesta del consigliere Vitelli si aggregarono Ferraro, Prisco e Ferrante. L’assessore cav. Borgia fece osservare ai dissidenti ch’egli elementi di fatto espressi nel bilancio bastavano da sola a controbattere le osservazioni fatte dai precedenti oratori. Le entrate erano andate sempre migliorate e se il bilancio conteneva maggiori spese queste erano dovute all’aumento degli stipendi del personale comunale. Inoltre il cavaliere ribadiva che c’erano in programma le spese per il potenziamento dell’acqua potabile e per il miglioramento dell’edilizia scolastica. Il bilancio messo a votazione fu approvato a maggioranza con solo 4 voti contrari. Il 13 febbraio 1914 il Sindaco dr. comm. Alfonso Raffone ricevette dal Prefetto di Caserta una nota riguardante il Bilancio di Previsione per l’esercizio finanziario 1914. L’assessore de Laurentis intervenendo nel dibattito disse: “Ancora una volta si continua ad ignorare il dispositivo della legge comunale e provinciale secondo cui è compito della Giunta fissare il giorno delle convocazioni ordinarie e straordinarie del Consiglio il cui relativo O.d.G. deve essere sempre portato a conoscenza dei componenti almeno tre giorni della relativa convocazione. Perché si vuole ad ogni costo disattendere un diritto acquisito da ogni consigliere. Questo stato anormale delle cose va a danneggiare il buon andamento dell’Azienda comunale. Pertanto chiedo di verbalizzare il mio intervento portandolo possibilmente alla conoscenza delle Autorità preposte. F.to de Laurentis”. Il Sindaco rispondendo al de Laurentis fece notare che trattandosi di convocazione d’urgenza del Consiglio non era obbligato a far stabilire dalla Giunta preventivamente il giorno della convocazione e relativo ordine del giorno. I termini erano stati rispettati, perché il Consiglio era stato convocato oltre le ore 24 stabilite dalla legge e cosi dicendo fece proseguire l’adunanza facendo dal leggere dal ragioniere la nota inviata dal Prefetto: “Sig. Sindaco, Maddaloni, il preventivo deliberato da codesta Amministrazione pel corrente esercizio, è stato in generale regolarmente compilato sia per la forma sia per la sostanza”. Dopodiché seguì il normale svolgimento dell’adunanza per gli altri punti all’O. d.G. Il 5 dicembre 1914 il Consiglio comunale discusse sul deliberato d’urgenza ratificato dalla Giunta comunale circa l’abolizione della banda musicale e la scuola tecnica per esigenza di bilancio. L’assessore avv. Vincenzo Brancaccio espose e chiarì largamente i criteri adottati dalla Giunta per deliberare lo scioglimento del Corpo civico musicale per non imporre nuove tasse alla popolazione. Il consigliere avv. Giuseppe Iorio dichiarò di non condividere i criteri della Giunta, e che non doveva adottare un deliberato d’urgenza senza sottoporre il caso alla discussione del Consiglio. L’assessore Brancaccio ribadì che il deliberato non poteva essere dilazionato in quanto il regolamento del Corpo stabiliva che almeno un mese primo, in caso di scioglimento, ogni componente avrebbe dovuto ricevere una regolare diffida. Il deliberato d’urgenza adottato il 27 novembre fu notificato a tutti i 51 componenti il giorno 29 giusto un mese prima per arrivare allo scioglimento. Il consigliere Pasquale Fossataro sollecitò la Giunta a trovare fra le more del bilancio preventivo del 1915 un piccolo sussidio da corrispondere a favore della banda musicale. Il consigliere Finocchiaro, pur rilevando l’utilità della musica, sotto il rapporto educativo non condivise i criteri adottati e successivamente diede le dimissioni. Il deliberato della Giunta che aprì ampi contrasti tra i membri del Consiglio e grande costernazione in città per il mancato rispetto delle tradizioni popolari, fu approvato con 18 voti favorevoli e 2 contrari. Nella stessa data gli assessori minacciarono di mettere in crisi l’Amministrazione se fosse stato cambiato il bilancio preventivo in corso. Inoltre per alleviare la crisi economica del Comune propose l’aumento dell’uno a due per cento della tassa valore locativo. I consiglieri Giuseppe Iorio, Antonio Omaggio, Alfonso de Laurentis, Ignazio Assumma, Gennaro Castaldo e Antonio Apperti votarono contro la suddetta proposta. Ancora una volta, il Prefetto di Caserta visto che c’era una larga maggioranza di consiglieri dissidenti, dopo le dimissioni del Sindaco e della Giunta comunale, mandò a Maddaloni il Commissario prefettizio, dr. Michele Gizzio, per cercare di ripianare le gravi difficoltà in cui versava l’Amministrazione comunale. Il 25 marzo 1916 nel compilare il bilancio preventivo del 1916 il Commissario prefettizio dr. Giuseppe Marzano tenne conto dell’effettivo fabbisogno economico dei pubblici servizi. La precedente Amministrazione aveva adottato lo stesso sistema per migliorare gradualmente gli stipendi dei vari organici del personale che da anni non avevano ricevuto alcun aumento facendo stanziare anno per anno una certa somma e nel contempo iniziò a diminuire gli organici delle diverse categorie. Nel bilancio del 1914 il civico consesso aveva cercato di aumentare gli stipendi delle guardie campestri e urbane, personale più numeroso. Ma essendo stato poi disciolto dal Prefetto solo poche categorie beneficiarono del miglioramento economico. Di contro il Commissario prefettizio per dare un miglioramento equo al personale della Segreteria comunale, degli uscieri, del vigilatore della pubblica illuminazione, del Cimitero e del tesoriere comunale tolse dal bilancio parecchie voci di spese inutili. L’8 marzo 1921 il Consiglio comunale presieduto dall’avv. Vincenzo Tammaro facendo funzione del Sindaco comm. Ferraro recentemente scomparso si riunì per discutere il Bilancio preventivo. L’assessore Armando rag. Di Vico relatore del bilancio prima della discussione dell’O.d.G. propose al Consiglio di prendere in esame l’aumento di una nuova sovrimposta e la contrattazione di un mutuo con la Cassa Deposito e Prestiti per poter arrivare al pareggio del bilancio approvato all’unanimità. Poi lesse la relazione sul bilancio preventivo del 1920: “Appena assunti all’Amministrazione di questo Comune, nostra doverosa preoccupazione fu quella di rivolgere a questa finanza municipale la nostra speciale attenzione, siccome a niuno di capitale importanza, sul quale posa l’esistenza materiale e morale non di singoli, ma della collettività di tutti i cittadini. E tanto più fu niuno preoccupato, perché mentre da ogni parte si creavano proteste di atti giudiziali per ritardato o mancato pagamento, la Cassa comunale trovammo esausta, fin al punto, che per fronteggiare le spese fisse obbligatorie, l’Amministrazione straordinaria che ci ha preceduta ha dovuto fare ricorso a operazioni chirurgiche per ingenti somme, e noi pure vi fummo costretti per non mancare i pagamenti di stipendi e salari al personale municipale. Indubbiamente un tale stato di fatto, cosi accertato, ad esercizio inoltrato ci indusse ad un ponderoso esame delle cause generali determinanti l’accennato perturbante economica- 52 finanziario, esame, che appalesò a luce meridiana, che non solamente per ripercussioni della guerra si era giunti a tale, ma che il dissesto era anche in dipendenza d’una finanza allegra, di parecchi anni, in cui è doloroso il costatarlo, sia pure senza recriminazioni, i bilanci furono redatti, unicamente, per assolvere un compito imposto da legge, ma senza mai provvedersi in armonia delle cresciute e crescenti esigenze in tutti i rami dei pubblici servizi, a fronteggiare i quali, erano impari le risorse attive del Comune, che anzi, noi rilevammo che molte entrate erano prospettate in rinfusa non rispondenti al vero, mentre dall’altro canto, le spese venivano ristrette, aritmeticamente, in angusti confini, per puro comodo di pareggio, dal che la insufficienza degli stanziamenti passivi nel corpo dell’esercizio e il rinvio ai futuri di liquidazioni e pagamenti di spese, fino al punto, che noi saremo costretti a proporvi la contrattazione di un mutuo di oltre mezzo milione, oltre quello di lire 300mila deliberato dal cessato R. Commissario. Indubbiamente a tanta iattura si è arrivato specialmente per lo stato di completo abbandono in cui fu lasciato soprattutto l’ufficio di ragioneria durante l’assenza del titolare chiamato alle armi. Si ponga mente che dal 1914, mai più si procedette a chirurgie di esercizio, che per qualche anno si mancò la tenuta del libro mastro delle competenze e dei residui, che sono circa sedici anni che nessun consuntivo fu superiormente approvato, che sono undici anni che il Consiglio comunale non ha più portato il suo esame sui conti residui tesorieri, e completo si avrà il quadro di quale eredita per la finanza, noi fummo beneficiati, specialmente in queste ore di assillanti pubbliche esigenze, a fronte della più doverosa preoccupazione di non aggravare le sorti del cittadino contribuente. Ogni commento qui, nocerebbe al testo, la Giunta, mentre non vuole recriminare, sente però imperioso il dovere ed il bisogno di parlare chiaro, proponendovi il progetto di Bilancio in esame, non per scansare la propria responsabilità, ma appunto perché il paese sappia dove finiscono quelli degli altri, e dove incominciano le proprie. E’ fortuna per noi, però, che le doti, non siano purtroppo un opinione e che l’eloquenza delle cifre non comporti lusso di sentimentalismo, dal che saremo lieti, se il ponderoso nostro compito voi approvante nel suo dettaglio di sistemazione finanziaria, che è per noi consolidamento di questo Bilancio. Premesso quanto sopra, vi diremo ancora in linea generale, che noi, fummo costretti a preparare un bilancio di fretta competenza è vero, ma che a tanto fummo indotti per lo stato attuale degli atti contabili ammalati. Che è un assurdo sperare di porvi rimedio, ove non si addivenga ad una riorganizzazione completa dell’ufficio di ragioneria, che per un Comune come questo di Maddaloni, non deve limitare la sua azione ad un ufficio di spedizione di mandati d’incasso e di pagamenti, ma deve essere la guida vera, sincera e costante dell’Amministrazione, che in esso deve vedere rispecchiato, osservato e registrato ogni fatto economico-finanziario della pubblica azienda, interpellato e chiamato sempre a fornire i suoi illuminati pareri nei molteplici e svariati fatti amministrativi, pareri e dati, che purtroppo, se trascurati o non richiesti conducono un Comune sul precipizio, come il nostro è arrivato. Il Ragioniere di un Comune, e l’amministratore vero, non diciamo questo qui, per esaltare la funzione, ma da lui dipendono una folla di circostanze tutte importantissime, che se neglette o non curate, traggono le inevitabili conseguenze dei gravi perturbamenti economici-finanziari, quelli gravissimi delle responsabilità degli amministratori, a riparare le quali, non bastano i soccorsi, siano pur sapienti, dell’ufficio di Segreteria, dal che la necessaria imprescindibile alleanza tra i due importantissimi uffici, che mentre devono avere provetti capi, le mani dei quali, a differenza di quelle 53 bibliche della carità, devono fare il bene, sapendo a fondo quello che l’altra pratica! Scendendo intanto al dettaglio del Bilancio in esame, mentre dalle note di variazioni rileverete le ragioni singole, degli aumenti e delle diminuzioni degli stanziamenti attivi e passivi, in confronto di quelli per l’esercizio 1919, vi diciamo che mentre questa si eleva a lire 1.600.105 pel 1920 tale cifra cifre ammonta a lire 1.745.117, in apparenza quindi un aumento di lire 145mila, ponendosi appena mente, che nel Bilancio in parola, furono eliminate lire 600.000 del fondo sussidi militari”. Nel concludere il suo intervento l’assessore Di Vico aggiunse: “Non vogliamo prolungarci nell’elenco di tutto le anomalie finanziarie che abbiamo riscontrato nell’esame dei bilanci del passato che non furono mai mandati alle Autorità competenti per l’approvazione. Noi nella compilazione del bilancio abbiamo cercato di non far gravare ulteriormente il peso di nuove tasse alla popolazione maddalonese. Noi in linea generale siamo stati costretti a preparare un bilancio per sanare quanto prima la crisi economica della nostra Amministrazione e per farlo dobbiamo ricorrere alla Cassa Depositi e Prestiti. Una delle prime nostre azioni è quella di proporvi l’assunzione di un Ragioniere comunale che fu licenziato per economia di bilancio durante la guerra in modo di poter avere sempre aggiornata la situazione economica del comune”. Il 29 dicembre 1921 il Prefetto di Caserta per gravi motivi amministrativi sciolse il Consiglio comunale e inviò il Commissario prefettizio cav. uff. Giovanni dr. Anelli che il 18 febbraio 1922 per pareggiare il Bilancio comunale aumentò la tasse sugli esercizi e rivendite commerciali. Il 29 luglio 1922 l’Amministrazione comunale retta dal Sindaco comm. dr. Alfonso Raffone ricevette un prestito di lire 120mila dalla Cassa Depositi e Prestiti senza interessi da investire in opere pubbliche per dare lavoro ad alcuni disoccupati. Con voti 24 favorevoli su 30 presenti in aula il civico consesso formalizzò il prestito da pagare in 35 annualità con rate bimestrali. E per poterlo estinguere il Consiglio fu costretto ad applicare una sovrimposta sui terreni e fabbricati che doveva essere riscossa da un’agente incaricato dal Comune. Il 25 novembre 1922 l’Amministrazione comunale stanziò un somma nel bilancio preventivo 1923 per il Monumento a caduti maddalonese nella Grande Guerra 1915-18. L’assessore avv. cav. Arturo Vitelli visto che in città era sorto un Comitato per la raccolta dei fondi necessari alla costruzione del monumento, propose al Comune di integrare i fondi raccolti con un contributo di 20mila lire prelevandolo dal fondo daziario. Il Consiglio comunale all’unanimità approvò la proposta dell’assessore. Successivamente il 20 dicembre dello stesso anno 16 consiglieri su 21 presenti votarono contro l’approvazione del bilancio preventivo. Il pubblico presente in aula consiliare dopo aver ascoltato l’esito della votazione protestò energicamente contro alcuni consiglieri causando la rottura di alcuni vetri e lumi a petrolio. Il Presidente per calmare la protesta invitò il Commissario di Pubblica Sicurezza a far sgombrare l’aula rinviando la seduta con data da decidere. Il 27 giugno 1931 il Podestà cav. Amedeo Sorvillo contrasse un mutuo di lire centomila con la banca Cerreto di Maddaloni per poter pagare alcuni creditori del Comune che minacciavano di portare in giudizio l’Amministrazione comunale. Il titolare della banca fece sapere di essere disposto a concedere il mutuo ma a determinate condizioni. Il 15 febbraio 1932 il Vice-Podestà cav. Iorio in base ad una legge del Governo ridusse nella misura del 15% i contratti di affitto dei fondi rustici di proprietà comunale e il 27 febbraio dello stesso anno deliberò l’applicazione dei ruoli pubblici per la tassazione del 1932: 54 Tassa di occupazione di spazi ed aree pubbliche riferibile ai passi carrabili, tassa sui pianoforti e bigliardi e tassa sulle macchine per caffè espresso. Il 9 gennaio 1945 il Sindaco cav. Eugenio Iorio riferì al Consiglio: “Come è noto questa Amministrazione per ottenere il pareggio del proprio bilancio, ha applicato finora tutte le imposte e tasse consentite dal T. U. F. L. ad eccezione del “corrispettivo ritiro spazzatura” per la quale non si ritiene opportuno l’imposizione in considerazione del meschino gettito che ne deriverebbe e delle difficoltà per la riscossione. Come già gli uffici del Comune ebbero a suggerire con relazione del maggio 1944, si rende indispensabile appurare quale sarebbe il gettito della imposta di famiglia che eventualmente dovrebbe sostituire quella locativa. Tutti ritengono che il provvedimento dovrebbe essere di molto maggiore colpendo esse tutta la classe degli agricoltori che è in maggioranza esonerata dal pagamento dell’imposta valore locativo”. Per sanare la crisi economica il primo cittadino ricorse all’applicazione dell’imposta di famiglia facendola pagare principalmente a tutta la classe degli agricoltori che erano in maggioranza esonerati dal pagamento dell’imposta valore locativo. via S. Margherita Capitolo quarto Personale comunale 55 Nel 1887 gli impiegati della segreteria comunale percepivano i seguenti stipendi: Segretario capo 2700 lire, sottosegretario di 1^ classe 1420, sottosegretario di 2^ classe 1400, ragioniere 1400, archivista 1100, caposezione 1100, capo dell’ufficio annonario 1050, ufficiale d’ordine di 1^ classe 1050, ufficiale d’ordine di 2^ classe 980, ufficiale d’ordine di 3^ classe 800, scrivano 600. Poi al posto del caposezione subentrò il vicesegretario con uno stipendio 1500 lire. Il 20 febbraio 1899 il Consiglio comunale revocando la deliberazione del Reale Commissario cav. avv. Attilio de Johannis modificò il Regolamento e la pianta organica del personale stipendiato e salariato degli uffici municipali e delle guardie urbane. L’assessore ing. Vincenzo Borgia fece presente che il Commissario prefettizio durante la sua gestione aveva diminuito l’organico del personale comunale senza tener conto del bisogno e delle reali esigenze dei vari servizi, e che al personale collocato a riposo si doveva corrispondere una pensione o un’indennità e che era giusta quindi revocare la delibera commissariale. Il 2 gennaio 1902 la Giunta municipale autorizzò il pagamento di un compenso al calligrafo Egidio Varone per la speciale scritturazione di 3 copie del nuovo capitolato della luce elettrica. Il 31 ottobre 1903 il Sindaco comm. Giuseppe Tammaro assunse Crisci Eduardo come accalappiacani supplementare perché alcuni cittadini maddalonesi avevano reclamato per l’invasione di cani randagi che disturbavano la quieta pubblica e spesso avevano azzannati dei passanti che erano dovuti ricorrere alle cure mediche. Il 12 ottobre 1905 alcuni impiegati comunali chiesero al Sindaco un compenso per il lavoro straordinario prestato in ore fuori ufficio e anche di notte in occasione del passaggio dei militari che si recavano alle grandi manovre in Irpinia. L’assessore delegato all’ufficio annonario dr. Pietro Ferrante riferì al sindaco che per il supporto logistico dato alla truppa il Comandante del 10° Corpo d’Armata aveva fatto pervenire al Comune una lettera di encomio e di ringraziamenti. Il Consiglio deliberò l’erogazione dei compensi richiesti. Nel 1906 la pianta organica della segreteria comunale con i relativi stipendi degli impiegati era composta dal segretario capo 2400 lire; vice-segretario 1600; ragioniere 1500; 4 capi uffici ciascuno 1900; 4 applicati di concetto: due di 1^ classe ciascuno 1250 e due di 2^ classe ciascuno 800; 4 ufficiali d’ordine: due di 1^ classe 950 e due di 2^ classe ciascuno 800; un usciere capo 660; 2 uscieri ciascuno 500; 2 messi comunali ciascuno 450 e un portiere 510. Nel 29 gennaio dello stesso anno il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone chiese al Reale Governo affinché prendesse in considerazione un’eventuale riduzione sui biglietti ferroviari per gli impiegati comunali. Il 10 marzo 1906 l’Amministrazione comunale retta dal Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone dovette far fronte al problema dell’aumento d’assegno per il personale della corso 1° Ottobre 56 Segreteria. Prima di iniziare la seduta si allontanò dall’aula il vice-segretario avv. Alfonso Lerro autore dell’istanza in nome degli impiegati della segreteria che fu letta dallo stesso Sindaco: “I tempi mutati, le attuali condizioni sociali, in continuato rincaro dei viveri, hanno fatto divenire perfettamente irrisorio lo stipendio col quale gli impiagati del Comune di Maddaloni sono retribuiti. Sicché non è più possibile a loro tirare innanzi la vita anche nel modo più modesto. E ciò senza tener conto che, date le mansioni sempre più crescenti degli uffici municipali, il lavoro per loro per lo meno si è raddoppiato e si è accresciuto di molto la rispettiva responsabilità. Già da qualche tempo, On. sig. Sindaco, fu inteso il bisogno dalle precedenti Amministrazioni di migliorare agli impiegati di questo Comune, gli assegni, che, come è noto, sono molto al disotto di quelli degli altri Comuni della stessa importanza di Maddaloni, e V.S. sostenne sempre la loro causa, per cui si è lieti di esprimere a voi i sensi della mia più viva gratitudine. Nulla però finora si è fatto, perché vari ostacoli furono frapposti ai vostri intendimenti onesti e da un ventennio in qua si è soltanto promesso senza mai nulla mettere in attuazione. Oggi però le impellenti esigenze dei tempi nuovi impongono il soddisfacimento del bisogno vivamente inteso e non la promessa di soddisfarli in avvenire. Il Governo, compenetrandosi di questa realtà di cose, ha già provveduto per gli insegnanti elementari aumentando sensibilmente i loro assegni. Le SS. LL. ill.me componenti l’attuale Amministrazione comunale hanno provveduto equamente per alcuni impiegati. Deve forse il sol personale di Segreteria, la cui modesta opera è generalmente tanto apprezzata e riconosciuta utile alla Società, rimanere negletto. Ciò non li consentiranno i componenti di questa Amministrazione, animati come sono da principi giusti e retti. Ed è perciò che i sottoscritti si rivolgono alle SS. LL. ill.me sicuri, nelle presenti difficili contingenze, di essere appagati nei loro voti che suonano soltanto legalità e giustizia. F.to Alfonso Lerro, Quintavalle Vincenzo, Leonardo Boschi, Patrelli Tito, Lerro Giacinto, Muoio Luigi, Muoio Paolo, Lombardi Vincenzo, Vitale Eduardo, Francesco Calzolaio, Domenico Rossi”. Il presidente infine propose che il Consiglio rinviasse la programmazione della nuova pianta organica del personale comunale ad una prossima seduta. Il 22 novembre 1906 il Consiglio comunale approvò il nuovo regolamento per uffici ed impiegati comunali (*). Il consigliere Zaza relazionò sull’argomento: “La Commissione per le modifiche al Regolamento si è ispirata al criterio rigoroso delle nuove disposizioni legislative, consone alle esigenze dei nuovi tempi ed ai locali bisogni. Ha creduto colmare le lacune nell’interesse dell’Amministrazione, per cui ne soffre il normale andamento di questo importantissimo servizio pubblico, che è la vita di una retta Amministrazione. Ha riscontrato che spesso, nonostante la buona volontà, gli atti amministrativi subiscono un ritardo quasi sempre giustificato per mancanza di personale e per i crescenti bisogni. La mancanza di adatti locali contribuisce anche a questa specie di ristagno, richiamano l’attenzione dei consiglieri perché sia provveduto, in tempo non lontano, ad una conveniente sede degli uffici comunali tutti riuniti in un unico stabile, comodo, igienico. Tutto questo serve in riguardo allo sviluppo agricolo, industriale, commerciale sempre crescente, che la nostra città, con la risoluzione del problema dell’acqua, che ci auguriamo presto effettuata, e con i benefici della legge pel Mezzogiorno, è destinato a prendere, perché cittadini volenterosi ed Amministratori solerti s’ispirano alle nuove economie che formano la ricchezza ed il vanto delle Civili Amministrazioni”. “Le principali osservazioni, che nell’attuale Regolamento sono rinvenute richiamando 57 l’attenzione nostra sui vari inconvenienti lamentati sono: Un’organizzazione degli uffici troppo frazionata, la mancanza dei titoli nelle commissioni e dell’obbligo della residenza, le modalità delle promozioni. E mentre pel basso personale si determina l’età, questa importante disposizione, non sappiamo perchè viene invece trascurata addirittura per gli impiegati. E notiamo inoltre una sperequazione negli stipendi e la deficienza di personale di concetto munito di titoli legali che ne affidano per coltura e capacità tecnica. La questione dell’età poi è un fatto gravissimo per il peso delle pensioni che viene a gravare sul bisogno comunale con una certa progressione per cui mentre richiediamo l’ammissione il 30° anno di età al massimo dall’aspirante, salvo alcune eccezioni trascritte da leggi speciali. Richiediamo per il personale di concetto: il Vice-segretario il con diploma di “Segretario comunale, quello di “Ragioneria” per il Capo d’ufficio di contabilità, mentre pel Segretario Capo oltre il diploma specifico richiediamo a maggior garanzia anche la laurea in legge. Inoltre, in base ai criteri che reggono gli uffici governativi, in rapporto alle locali esigenze, si propone di dividere la Segreteria in 4 uffici, di cui il 1° con a capo il Vice-segretario diplomato, ed il 4° della Contabilità ha per capo il ragioniere patentato. Inoltre per raggiungere lo scopo del riordinamento degli uffici e del miglioramento economico del personale sull’attuale cifra del Bilancio in lire 17190 col nuovo organico si spenderebbero lire 16600 con un’economia di circa 600 lire una parte servirebbe per qualche maggior assegno ora percepito un’altra verrebbe posto come fondo di riserva. A Capi d’uffici si dovrà pervenire dalla categoria degli applicati di concetto, e questi nel numero di quattro, di cui tre debbono avere i titoli prescritti dalla legge per l’ammissione all’esame di patente di segretario comunale, mentre l’altro deve avere, esclusivamente, la licenza di istituto tecnico (sezione Ragioneria). Quattro ufficiali d’ordine, per i quali richiediamo la licenza ginnasiale o di scuola tecnica, completano il personale idi Segreteria poiché colle nuove idee e coi nuovi bisogni, coi nuovi mezzi scrivani, ed amanuensi non hanno più ragione di essere e quindi una certa cultura è indispensabile anche per i posti infimi dell’ufficio di Segretaria comunale. A parità di merito desideriamo che vi sia la preferenza ai maddalonesi. Col nostro organico, mentre miglioriamo gli stipendi, richiediamo un lavoro più attivo, diligente e produttivo degli impiegati, sia perché non si verifichino ritardi, ed ogni cosa stia al corrente, per non aversi più a deplorare richieste per lavori straordinari che non fanno sempre generalmente una buona impressione. Pure l’obbligo della residenza richiediamo da tutti gli stipendiati dal Comune. Non dimentichiamo, certamente, il personale salariato del Comune, per le strettezze del bilancio, che non ci permette attualmente, del suo miglioramento economico e morale, di largheggiare, vi raccomandiamo, magari, di facilitargli le iscrizioni presso le istituzioni di previdenza e mutuo soccorso autorizzate legalmente, che costituiscono le moderne aziende idonee a sollievo le classi meno abbienti nel bisogno e del dolore”. Il 5 aprile 1910 il Sindaco cav. uff. Alfonso Raffone fece acquistare una macchina dattilografica e una ciclostile per gli uffici della segreteria comunale perché era utile e che avrebbe fatto risparmiare persone e lavoro. Inoltre il ciclostile fu utilizzato per la riproduzione degli stampati comunali. Nel 1913 l’Amministrazione comunale aggiornò gli stipendi del personale della segreteria comunale: Segretario capo 2800 lire, vice-segretario 2100, ragioniere 2100, 2 capi sezioni ognuno 1700, 3 applicati di concetto: uno di 1^ classe 1500 e due di 2^ classe ognuno 1350, 5 ufficiali d’ordine: uno di 1^ classe 1250, due di 2^ classe ognuno 1100 e due di 3^ classe ognuno 950 e uno straordinario scelto dalla Giunta 58 municipale 900 lire. Il 28 aprile 1913 il Consiglio tenendo conto che l’impiegato provvisorio Muoio era stato costretto ad allontanarsi dall’ufficio comunale per poter svolgere un servizio obbligatorio nell’interesse dello Stato con 19 voti favorevoli e con l’astensione dei consiglieri: Mattia Setaro e Vincenzo Zaza accettò l’istanza dell’impiegato che chiedeva la corresponsione dell’assegno familiare mensile. Il 16 novembre 1914 il Sindaco comm. Alfonso Raffone assunse Domenico Romeo come “amanuense” provvisorio da destinare all’ufficio di segretaria comunale per carenza di personale ordinario. Si voleva in tal modo operare una revisione rapida delle liste elettorali e una compilazione lineare del bilancio preventivo, Successivamente sarebbero stati sostituiti con nuovo personale i due posti rimasti a causa del decesso dell’archivista e del ragioniere del Comune. Il 1 luglio 1915 il Commissario prefettizio cav. Michele Gizzio facendo un attento controllo degli inventari depositati nell’archivio comunale verificò che alcuni atti relativi agli anni 1809 e 1891 erano senza la firma del sindaco, del segretario e del consegnatario responsabile. Di conseguenza fu costretto a fare un inventario di tutti i beni comunali affidandolo alla diligenza di alcuni impiegati comunali che dovevano lavorare fuori orario d’ufficio. Il 21 gennaio 1916 il Commissario prefettizio assunse Eugenio Iorio come economo municipale provvisorio per il servizio di mobilitazione in quanto il tesoriere comunale avv. Agostino Santamaria aveva chiesto di essere esonerato dal servizio economato e dal pagamento dei sussidi alle famiglie dei richiamati ( circa 700 famiglie per lire 5.000 settimanali). Nello stesso anno il Commissario in seguito ad un Decreto luogotenenziale fece inserire nel bilancio corrente un’apposita somma per aumentare del 15% gli stipendi e salari del personale della Segreteria comunale, degli uscieri e portiere, del personale del Cimitero, del vigilatore della pubblica illuminazione e del tesoriere comunale. La proposta del Commissario fu bocciata dalla Giunta Provinciale Amministrativa ma egli considerato che gli impiegati statali avevano già ricevuto tale beneficio decise ugualmente di concederlo. Il 25 giugno 1917 il Commissario prefettizio di allora aumentò il caroviveri nella misura del 15% sulla base degli stipendi e salari percepiti dal seguente personale: applicati di ragioneria e scritturali straordinari della Segreteria; custode e vice custode del carcere; custode ed inserviente del pubblico macello; veterinario comunale, accalappiacani e nettatoi degli orinatoi; bidelli delle scuole elementari, spazzini e guardie urbane e campestri. L’8 dicembre il Commissario prefettizio per snellire la compilazione delle tessere riguardante pane e pasta dovette assumere nuovo personale che lavoravano in stretta collaborazione con gli impiegati comunali. Al nuovo personale: Ferdinando Canalino, Francesco Tontoli, Aurelio Bottoni, Giuseppe Bottoni, Antonio Galasso, Filippo de Caro, Alfredo Corcioni, Francesco Bottone, Alcide Senneca e Michele Madonna corrispose una diaria di tre lire, mentre a quello ordinario: Domenico Rossi, Giuseppe Rienzo, Tommaso Briganti, Ciro Aveta, Filippo Pisanti, Raffaele Roberti e il segretario capo avv. Alfonso Lerro tributò una nota di lode. Il 27 luglio 1918 il Commissario prefettizio Federico dr Arcamone per evitare ingenti spese che il Comune annualmente sosteneva per incarichi d’indole tecnico a vari ingegneri nominò come ingegnere comunale l’ing. Gaetano de Lillo con i seguenti compiti: direzione, sorveglianza coordinamento di tutti i lavori comunali eseguiti in economia. Lo stesso doveva poi provvedere a compilare progetti, dirigere lavori e effettuare le relative liquidazioni. Inoltre doveva curare la manutenzione delle proprietà comunali sia rustica che 59 urbana e del patrimonio delle strade inghiaiate e lastricate dando pareri sulle questioni tecniche e legali che interessavano il Comune. La scelta del Commissario ricadde sull’ing. Gaetano de Lillo che fu assunto come ingegnere comunale per la durata di 4 anni e per un compenso di lire 2.200 l’anno pagabile a rate mensili posticipate, inoltre l’ingegnere avrebbe ricevuto dalle imprese l’abituale diritto professionali sui lavori eseguiti e il 2% per i progetti. Il 26 settembre dello stesso anno il Prefetto di Caserta in merito alla nomina dell’ingegnere comunale, ingiunse il Comune ad apportare alcune modifiche sulla sua deliberazione del 21 luglio 1918. Il 28 luglio 1919 il Commissario di allora rilevò che alcuni impiegati e salariati, oltre a ricevere lo stipendio dal Comune, percepivano lo stesso da altre istituzioni. Il 19 luglio del 1919 lo stesso Commissario ritenne opportuno chiedere all’impiegato Guglielmino Trapasso la restituzione di una somma che aveva ricevuto in più per un’erronea interpretazione di un disposto di legge durante la sua permanenza sotto le armi. Inoltre su richiesta dell’impiegato per agevolarlo ridusse nella misura del decimo anziché del quinto su quanto doveva rimborsare. Il 14 agosto 1920 il Commissario Giovanni comm. avv. Testa elargì un compenso di 2 centesimi per ogni nome iscritto nella lista agli impiegati Musumeci, Romano Pisanti incaricati di scrivere in doppia copia le liste sezionali elettorali politiche 1920. Il 9 dicembre 1920 il nuovo Consiglio comunale presieduto dal Sindaco comm. Lorenzo Ferraro si riunì in seduta straordinaria, presenti 28 consiglieri su 30; assenti: Sagnelli e Borgia per discutere sulle nuove tabelle organiche dei dipendenti del Comune. Il primo cittadino riferì: “L’aumento dei generi di prima necessità dall’inizio della guerra si erano centuplicato influì negativamente sul tenore di vita degli impiegati, giacché gli stipendi che percepivano non erano adeguati a far fronte all’effettivo fabbisogno delle loro famiglie. Rimediare a tale stato di cose l’Amministrazione comunale doveva cercare di dare un aumento di stipendio compatibilmente con le esigenze del Bilancio. Dagli atti da lui visionati si rilevava che il Reale Commissario di allora per fronteggiare in parte il problema si limitò a ridurre l’organico del personale della Segreteria sopprimendo i posti di vice-ragioniere e dell’ufficiale di seconda classe, riducendo il numero delle guardie urbane da 9 a 6 e delle guardie campestri da 21 a 12 e applicando i seguenti stipendi: Segretario Capo da 10.000 a 9500 lire. Cinque capi reparti: Vice Segretario da 8000 a via Ponte Carolino 7500, Ragioniere da 8000 a 7500, Capo reparto di 1° classe da 6700 a 6500, Capo reparto di 2° classe da 6300 a 6250, Ufficiale di concetto 6000. Cinque applicati d’ordine per ciascuno 4500. Un vigilatore della pubblica illuminazione 6000, un custode del macello 3500. Cinque uscieri per ciascuno 3500. Un portiere 3500. Un Capo per le guardie urbane e campestri 4500, 6 guardie urbane per ciascuna lire 3500, un sotto capo delle guardie campestri 3800, 12 guardie campestri per ciascuno 3500”. Un’ordinanza della Giunta Provinciale Amministrativa comunicava all’Amministrazione comunale di Maddaloni una nuova tabella organica del personale 60 della Segretaria: 1° Segretario capo 7000 lire, Vice-Segretario 6000, Ragioniere 6000, 10 applicati d’ordine 4500, dattilografo 3500, 5 uscieri ed un portiere ciascuno 3500”. Il Sindaco in seguito all’ordinanza della G. P. A. propose una nuova pianta organica anche per i corpi armati comunali: 1 capo per le guardie urbani e campestri 4500 lire, 6 guardie urbane per ciascuna 3500, 1 sotto capo delle guardie campestri 3800 e 12 guardie campestri per ciascuna 3500. Per gli altri organici la Giunta comunale si riservò di intervenire anche con soppressione di qualche posto per ragioni di economia in una prossima seduta del Consiglio comunale. Il consigliere Arturo Vitelli in nome dei colleghi della minoranza dichiarò che il Consiglio non poteva deliberare solo sulle nuove tabelle organiche per gli impiegati della segreteria e dei corpi armati comunali ma doveva provvedere alle tabelle organiche anche delle altre categorie del personale: Ufficio sanitario, medici condotti, veterinario comunale, levatrice condotta, vigili sanitari, accalappiacani, ricevitrice di proietti (trovatelli), uffici scolastici, bidelli, scuola musicale, cimitero, macello, carcere, tesoreria comunale, economato, ecc. Per evitare sperequazioni di trattamento economico tra le varie categorie del personale il Vitelli propose al Consiglio di rimandare quanto proposto dal sindaco in una prossima riunione consiliare. Il Sindaco di rimando fece rilevare al consigliere Vitelli che il Consiglio prendendo in esame solo alcune categorie si era attenuto alle direttive della Giunta Provinciale L’Assessore dr Ignazio Assumma intervenendo nella discussione fece rilevare che non si poteva esaminare contemporaneamente tutte le tabelle organiche, giacché il loro studio doveva tener conto oltre la revoca di quei posti ritenuti superflui delle esigenze economiche dell’Amministrazione comunale. Dopo questo ultimo intervento, la proposta della Giunta municipale, relativa alle nuove tabelle organiche dei soli impiegati di concetto, di capi reparti, di ragioneria, segretario capo e vice segretario, messa a votazione ottenne il seguente risultato: 23 voti favorevoli su 29 consiglieri presenti avendo votato contro i consiglieri Eugenio Forgillo, Arturo Vitelli, Vincenzo Raffone, Clemente Barletta, Alfredo De Sivo e Giuseppe Iorio. Il 10 marzo 1921 l’assessore anziano avv. Vincenzo Tammaro facendo funzione del Sindaco comm. Ferraro recentemente scomparso riferì al Consiglio che la Giunta municipale per ragioni economiche aveva soppresso i posti di Economo e di Ingegnere. Il consigliere Arturo Vitelli assieme ai colleghi Vincenzo Raffone, dr. Clemente Barletta e Eugenio Forgillo dichiararono che non potevano votare a favore della proposta perchè il posto di economo oltre ad essere utile al normale funzionamento della vita amministrativafinanziaria, era una garanzia per la conservazione e manutenzione del patrimonio mobile: uffici di segreteria, scuole, lazzaretto, macello, commissione comunale di avviamento al lavoro ed altri. Inoltre lo stesso era necessario per il rapido disbrigo delle pratiche dell’Amministrazione e il pagamento dei sussidi di stato alle famiglie dei militari richiamati alle armi. Nello stesso tempo i dichiaranti erano anche contro la revoca del posto dell’ingegnere comunale. Il consigliere Silvio Borgia fece rilevare nel suo intervento che il posto di economo nel Comune di Maddaloni non era mai esistito. Esso fu provvisoriamente istituito dal Commissario prefettizio dr. Marzano unicamente per il pagamento dei sussidi alle famiglie dei militari. I sussidi ridotti al minimo potevano essere pagati direttamente dal tesoriere comunale come avveniva per il passato. In merito al posto dell’ingegnere comunale il cav. Borgia fece notare che il Comune non aveva mai avuto un vero e proprio 61 Ufficio tecnico e quindi doveva essere abilito soprattutto per ragioni di economia. Con 22 voti favorevoli e 4 contrari (Vitelli, Raffone, Forgillo e Barletta dr. Clemente) il Consiglio comunale accettò la proposta della Giunta. Il 15 marzo 1922 fu compilato l’elenco del personale comunale (*). Il 10 aprile 1922 per la scrittura di 29.840 copie delle liste elettorali l’Amministrazione comunale incaricò gli impiegati: Luigi Aveta, Filippo de Caro, Michele delle Cave, Luigi Iacobelli, Domenico Romano, Francesco della Ventura, Eduardo Vitale e Pisanti Filippo. Il 20 maggio il Commissario prefettizio cav. dr. Francesco Falcetti con i poteri del Consiglio assunse Augusto Vitagliano, Salvatore Di Caprio, Antonio Candela e Carmine Barbato per la compilazione delle liste elettorali per un compenso di lire 250 ciascuno. Il 12 giugno lo stesso Commissario su richiesta di alcuni pensionati comunali che percepivano pensioni irrisorie in confronto della vita di allora aumentò l’indennità di caroviveri ai richiedenti dando un’indennità maggiore a chi percepiva di meno. Il 28 febbraio 1923 per non far devolvere l’accantonamento delle trattenute mensili sugli assegni del personale a titolo di indennità sul Monte Pensione per altri bisogni amministrativi del Comune che riteneva illegalmente il Commissario decise di impiegarli in buoni di rendita pubblica vincolati a favore del personale dipendente del Comune. Il 25 giugno dello stesso anno i pensionati del Comune chiesero un nuovo aumento della pensione per poter far fronte alle esigenze della vita. Il commissario per ragioni di giustizia ed umanità fece stanziare nel bilancio preventivo la somma di lire 8.000 per l’aumento delle pensioni ai richiedenti stabilendo le seguenti percentuali: Per le pensioni di oltre lire 100 mensili il 10%, da lire 50 a 100 il 30%, da lire 40 a 50 il 35%, da lire 30 a 40 il 45%, da lire 20 a 30 il 55%, da lire 10 a 20 il 75%, inferiore a lire 10 mensili il 100%. Il 28 novembre 1925 il Consiglio presieduto dal Sindaco cav. Gioacchino Castaldo deliberò di pagare gli impiegati della 1^ Sezione della segretaria comunale Luigi Iacobelli, Eduardo Vitale, Filippo Pisanti e Ciro Aveta per il lavoro straordinario effettuato per la compilazione delle liste elettorali politiche ed amministrative del 1925. Il 23 luglio 1927 il Podestà cav. Amedeo Sorvillo subentrato al Sindaco Castaldo, in esecuzione del Regio Decreto Legge 23 giugno 1927 ridusse l’indennità di caro-viveri e il 1 settembre dello stesso anno in conformità alla richiesta del Procuratore capo dell’Ufficio imposte dirette e del catasto per l’applicazione dell’imposta sui celibi incaricò gli impiegati Domenico Della Ventura e Raffaele Roberti diretti dal Capo ufficio Stato civile e leva Giacomo Lerro di provvedere alla compilazione dell’elenco nominativo di tutti i celibi compresi tra i 25 ed i 65 anni. Il 23 settembre dello stesso anno invece il Podestà per le crescenti esigenze dei servizi affidati alla segreteria comunale assunse Annunziata Salamiti in qualità di dattilografa provvisoria e come addetta al funzionamento del ciclostile per non distrarre altro personale comunale. Il 28 gennaio 1928 in base a disposizioni impartite dall’Alto Commissario il Podestà assunse per la durata di un mese Carlo Doria, Antonio Apperti, Pasquale Prudenzano e Eugenio Roberti e per due invece il dr. Tommaso Pignataro. Con il supporto del personale addetto all’Ufficio Stato civile retto da Gaetano Lerro e con l’impiegato Filippo Pisanti tutti, sotto la sorveglianza del Segretario capo avv. Alfonso Lerro, attuarono il lavoro di revisione del registro della popolazione. Per meglio facilitare l’impegno il lavoro fu diviso in due momenti impegnando il primo nella ricerca dei dati personali e il secondo in quello della trascrizione degli stessi nel nuovo registro anagrafico. Il 6 maggio 1933 l’Ispettore dell’Alto Commissario durante una sua ispezione al 62 Comune di Maddaloni rilevò che nell’archivio comunale erano conservati atti che non avevano alcun interesse per gli studi storici, economici e statistici e quindi potevano essere distrutti. Il Podestà cav. Sorvillo in seguito alla richiesta dell’Ispettore fece scaricare dall’archivio i seguenti atti: registro di protocollo antecedente l’anno 1922 (inizio amministrazione podestarile), raccolta incompleta della “Gazzetta ufficiale del Regno” anteriore al 1922, registri e mandati di pagamento anteriori l’anno 1900 e mastro delle entrate e delle spese. Inoltre fece consegnare alla Croce Rossa tutti gli atti scartati e gli stampati fuori uso. Nello stesso mese il Podestà cav. comprò 150 “sputacchiere di ferro smaltate” per tutti gli uffici comunali. Nello stesso anno fu elargito un compenso di lire 1000 all’impiegato Antonio Apperti per aver trascritto a mano circa 134.000 nominativi con le relative indicazioni accessorie nei registri degli indici decennali 1866-1915 dello Stato civile. Il 22 giugno 1940 il Podestà avv. cav. Salvatore Renga diede un compenso agli impiegati per il lavoro straordinario effettuato per la “Mobilitazione civile dei cittadini” che furono inclusi in apposite liste di censimento cosi divisi: dei minori maschi dai 14 a 18 anni compiuti; delle donne nubili, maritate e vedove senza prole dai 14 ai 45 anni. Il 20 giugno 1944 il Sindaco cav. Eugenio Iorio fece distribuire 5706 tessere annonarie alle famiglie maddalonesi ai profughi rifugiatesi nella nostra città durante i bombardamenti di Napoli e dintorni. Nella stessa seduta per la preparazione dei ruoli relativi al pagamento dei sussidi alle famiglie dei richiamati alle armi il sindaco autorizzò degli impiegati comunali ad eseguire il lavoro nelle ore straordinarie. Nella stessa seduta il Primo cittadino riferì alla Giunta municipale: “Prima delle istruzioni date dal Ministero dell’agricoltura, industria e commercio, dall’Ufficio prov. Statistico dell’agricoltura e dal Governatore di Caserta del Governo militare alleato circa le denunzie aziendali, il funzionamento dei Comitati comunali dell’agricoltura e il conferimento dei cereali ai granai del popolo mi ero preoccupato di richiamare gli agricoltori del Comune all’osservanza delle norme stabilite dal R.D.L. 10 maggio (manifesto 18 maggio) termine che fu prorogato al 20 giugno in esecuzione del decreto prefettizio del 23 maggio. Con altro manifesto del 1° giugno esposi la comunicazione agli agricoltori del decreto ministeriale 1944 circa il conferimento dei cereali ai granai del popolo e circa le assegnazioni dei cereali fatte a favore dei conduttori diretti”. “Preoccupato affinché tutti denunziassero l’effettivo quantitativo di grano raccolto disposi che le guardie giurate, incaricate alla custodia dei campi, presentassero entro il 30 maggio l’elenco dei cerealicoltori indicando per ciascuno la contrada, l’estensione del terreno seminato ed il presumibile prodotto. Le squadre rispettarono quanto avevo ordinato e passai tutto l’incarto all’Ufficio comunale dell’agricoltura per gli opportuni controlli cui era assegnato un solo impiegato Francesco Cerreto che da solo non poteva disimpegnare i compiti d’ufficio. Nonostante le ripetute richieste di personale da parte del Cerreto l’Ufficio provinciale dell’agricoltura non ritenne opportuno aumentare il personale dell’Ufficio comunale. Per non perdere il lavoro eseguito dalle guardie giurate e per la consegna dei cereali ai granai del popolo crebbi opportuno assegnare al detto ufficio altri due impiegati provvisori promettendogli un compenso anticipato dal Comune che sarebbe poi stato chiesto al Stato da cui dipendeva l’Ufficio in questione”. La Giunta a voti unanimi approvò la proposta del Sindaco. Il 28 dicembre 1944 la Giunta comunale su lettera circolare prefettizia deliberò un 63 compenso per lavoro straordinario effettuato da personale qualificato impiegato sia per riordinare il registro della popolazione sia per la compilazione dell’elenco generale della stessa. Il 2 agosto 1946 il Sindaco avv. Luigi Brancaccio propose al Consiglio il licenziamento degli avventizi da sostituire con i reduci di guerra. Sull’argomento intervenne l’assessore alle finanze avv. Angelo Grauso: “Oltre ai tanti altri gravi e preoccupanti problemi che si erano presentati la Giunta aveva dovuto affrontare pure l’ardua e spinosa situazione della sistemazione dei reduci che, tornati stanchi e malati dai campi della prigionia, avevano immediato ed urgente bisogno di un aiuto da parte dell’Amministrazione comunale. Pur trovandosi di fronte ad una situazione finanziaria deficitaria per l’onere derivante dal mantenimento in servizio del numeroso personale avventizio assunto sia durante la guerra che nel periodo turbinoso post-armistiziale l’esecutivo comunale accolse, nei limiti del possibile, le reiterate istanze dei reduci, partigiani e combattenti. Con una deliberazione del 28 maggio 1946 assunse in servizio 25 di loro come impiegati e salariati. Di contro i reduci assillati caro-vita e privi di lavoro non erano contenti di tale opportunità. Con pressanti insistenze, trascese anche a tumulti in piazza, avevano proposto altre ulteriori assunzioni”. Dopo numerosi e lunghi contatti con i rappresentanti delle varie Associazioni combattentistiche la Giunta si era impegnata ad assumere altri 26 reduci. struscio in piazza Umberto 1° Ma per rendere l’atto esecutivo bisognava sciogliere prima il dilemma che si era prospettato: o licenziare un congruo numero di avventizi già in servizio, o ridurre sensibilmente il carovita a tutto il personale fuori ruolo. Dopo molte perplessità, la Giunta arrivò alla conclusione che era meglio “falcidiare” l’indennità caroviveri anziché mettere sul lastrico un cospicuo numero di impiegati provvisori per tanti lati già provetti al servizio e degni di ogni considerazione. All’unanimità la Giunta comunale propose al Consiglio che l’indennità carovita corrisposte ai 128 avventizi fosse ridotta del 40% per avere una disponibilità di circa lire 366.000 mensili. Il provvedimento permetteva all’Amministrazione di far fronte all’assunzione degli altri 26 reduci, con un’ulteriore spesa in economia concesse invece la possibilità agli impiegati di ruolo ed avventizi di lavorare ore fuori l’orario normale. Il consigliere cav. Alfredo De Sivo propose che la riduzione si limitasse al 30% e che si accantonasse di fare lavorare gli impiegati fuori orario di servizio. L’assessore avv. Grauso propose che un’apposita commissione composta da consiglieri comunali concordasse con i rappresentanti dei reduci, artigiani e combattenti la lista delle 26 unità da assumersi in servizio dopo aver vagliati i requisiti di vario genere (morale, militari, economici, ecc.) di ciascuno. Il Consiglio all’unanimità deliberò: L’assunzione di altri 26 partigiani, reduci e combattenti in linea di massima nominati secondo le proprie competenze dalla Giunta o dal Consiglio su designazione dalle rappresentanze 64 combattentistiche e dalla commissione proposta dalla Giunta. Stabilì che l’indennità carovita fosse ridotta al 20%. Incaricò i consiglieri: avv. Aniello Raffone; dr. Felice Di Vico; gen. Domenico Renga; dr. Giuseppe Iorio; dr. Salvatore Sagnelli; Francesco Ginolfi; Domenico Marzaioli alla collaborazione con i rappresentanti dei reduci. Il 17 dicembre 1947 alcune famiglie di sfollati e sinistrati rimasti senza tetto occuparono i locali dell’ex convento delle Domenicane e quelli dell’ex caserma Bixio gestiti dal Comune. La Giunta municipale riscontrato che i suddetti inquilini non pagavano l’affitto incaricò l’Ufficio tecnico di fare una stima del numero e della qualità dei vani di ciascuna famiglia per poter stimare l’importo del canone d’affitto. Tenuto conto dello stato economico della maggior parte degli occupanti la Giunta stabilì che dovevano pagare il canone d’affitto dal 1° gennaio 1948 e il consumo dell’acqua dell’energia elettrica consumata da quanto avevano preso possesso dei locali. Caserma Annunziata - Magazzini Sanitari 1 Capitolo quinto Servizi pubblici 65 Il 15 maggio 1899 gli ingegneri Boldoni, Carena e Rispoli chiesero al Comune di Maddaloni la concessione per un impianto di una tranvia elettrica Caserta-Capua con diramazione Caserta-Centurano-Maddaloni che doveva attraversare alcune strade: Corso Campano fino alla Piazza S.Sofia. Il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco cav. Giuseppe Tammaro accettò la domanda riservandosi di dare una risposta alla ricezione del progetto particolareggiato. Nella stessa data l’assessore ing. Vincenzo Borgia riferì che gli ingegneri Tarantini e Martorelli avevano chiesto la concessione di impiantare una tranvia elettrica da Caserta a Napoli con derivazione a Maddaloni. Richiesero inoltre la prelazione dell’impianto dell’illuminazione elettrica pubblica e l’occupazione del Corso I Ottobre e della Piazza Municipio. Il Consiglio all’unanimità si riservò di accordare la concessione prendendo in considerazione solo l’impianto della tranvia elettrica nel tratto esterno prima della barriera ferroviaria e al Corso I Ottobre e non oltre la Casa comunale escludendo la Piazza dell’Unione che comprendeva la zona che andava dal Municipio alla Piazza De Sivo. E rigettò la domanda riguardante l’impianto d’illuminazione non essendo l’offerta conveniente agli interessi dell’Amministrazione comunale. Il 20 agosto 1900 per la fornitura d’acqua del Serino prelevata in una località nei pressi della stazione di Cancello Scalo la Giunta comunale deliberò di pagare il bottaio Michele Fusco per aver costruito sei botti. Approvò anche il pagamento della fornitura di sei rubinetti d’ottone da applicare alle botti a vettura da nolo in sosta Raffaele Barletta di Caserta. Il 5 febbraio 1901 il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco Tammaro fece richiesta al Ministero dei Lavori Pubblici per far fermare alla stazione di Maddaloni due treni diretti Roma-Napoli e viceversa perché la città con una popolazione di oltre 20mila abitanti essendo un centro industriale e commerciale ed avendo due rinomati istituti: il Reale Liceo Ginnasiale e Convitto Nazionale G. Bruno, e il Deposito della Reale Guardia di Finanza di oltre 630 allievi non aveva la fermata di treni diretti sia a Napoli che Caserta e S. Maria C.V. sede del Tribunale. Nel marzo dello stesso anno per la fornitura di petrolio, calzette e tubi per l’accessione dei lampione la Giunta municipale emise un mandato di pagamento a favore dell’appaltatore del servizio illuminazione. Il 12 novembre 1901 il Consiglio comunale presieduto dal cav. Giuseppe Tammaro discusse sui provvedimenti da prendere per il miglioramento del servizio di “spazzamento” pubblico. L’assessore delegato Alfonso De Simone riferì che il servizio dello spazzamento ed inaffiamento della città, in appalto, negli ultimi tempi non aveva dato buoni risultati e non rispondeva più alle esigenze di una città come Maddaloni. Era venuto quindi alla conclusione, d’accordo con la Giunta, di far effettuare il servizio in economia e di sostituire il personale anziano con quello giovane che poteva rispondere meglio ai bisogni del servizio di nettezza urbana. Il civico consesso approvò la proposta dell‘assessore. Nella 66 stessa seduta l’assessore delegato all’igiene dr. Michele Correra informò il Consiglio che si doveva nominare il nuovo veterinario del Comune al posto del dr. Vincenzo Aliperti deceduto che doveva essere fatta sia per concorso che per titoli con lo stipendio di lire 900. I concorrenti dovevano avere un’età non superiore ai 40anni. L’esame dei loro titoli doveva essere sottoposto ad una Commissione composta dal sindaco presidente, di un professore della Reale Scuola Veterinaria di Napoli, dal veterinario provinciale, dall’assessore delegato all’igiene e da un altro componente della Giunta. Il consigliere cav. Nicola Stravino affermò che era contrario alla nomina di un’apposita commissione perché questa avrebbe tolto un’attribuzione devoluta al Consiglio comunale. Il consigliere Vincenzo Raffone invece propose che il concorso doveva essere riservato ai soli maddalonesi e i titoli dovevano essere sottoposti all’esame del Consiglio e non alla commissione prospettata dall’assessore Correra. Le due proposte messe a votazione la prima ebbe 12 voti contrari e 11 favorevoli essendosi astenuto il consigliere Michelangelo Cerreto, e la seconda 13 voti favorevoli ed un astenuto. Il Sindaco visto, l’esito delle votazioni dichiarò che per la nomina del veterinario dovevano concorrere solo i cittadini maddalonesi e dovevano presentare i loro titoli all’esame del Consiglio comunale. Il 7 febbraio 1902 lo stesso Consiglio approvò il regolamento per il servizio dello spazzamento in economia (*) . Il 27 luglio 1904 in base ad una circolare del Prefetto il Sindaco cav. Tammaro fece gestire direttamente dall’Amministrazione comunale i seguenti servizi pubblici: riscossione del dazio consumo, macello, illuminazione, fornitura degli stampati e spazzatura. Nel 21 novembre del 1904 per aver trasportato nel casotto comunale, situato fuori dell’abitato, con uno speciale carretto dei cani randagi sequestrati dall’accalappiacani Michele Fabrazzo e Salvatore Pascarella ricevettero un compenso di 4,50 lire ciascuno. Il 5 maggio 1905 il Commissario prefettizio cav. avv. Giuseppe Starone riscontrò che la pianta organica composta di sei medici condotti e il servizio sanitario era esplicato solo dai due più giovani e l’ufficiale sanitario che rivestiva anche la carica di medico condotto. Con le dimissioni dell’ufficiale, il servizio medico chirurgico per i poveri rimase affidato ai medici condotti Gabriele Iorio e Benedetto Quintavalle che continuò a funzionare senza inconvenienti di sorta e non ci furono lamentele da parte della popolazione ad eccezione dei due medici che facevano osservare che lo stipendio non era proporzionato al lavoro che esplicavano. Da un attento esame risultarono quattro posti vacanti: uno per la rinuncia dell’ufficiale sanitario, un altro per la morte del dr. Aniello Farina e il terzo ed il quarto da anni titolari si trovavano in condizioni d’età e salute da non poter più esercitare l’ufficio: uno 90enne e l’altro quasi sessantenne aveva fatto la domanda per ottenere il collocamento a riposo. Per migliorare il servizio il Commissario divise la condotta medica per i poveri in tre riparti: due rioni Pescara e Oliveto con circa 170 famiglie povere ciascuno e la frazione di Montedecore distante circa tre chilometri con poche famiglie povere. E modificò la pianta organica dei medici condotti portandola a tre e aumentò lo stipendio da 350 lire a 600 annue. Il 10 giugno 1905 lo stesso Commissario in seguito ad un’accurata ispezione ai vari uffici comunali riscontrò che alcuni di questi erano angusti, malsani e mal disposti e mancavano i locali per l’archivio, per il registro di popolazione e per altri uffici importanti della vita comunale. Inoltre costatò le seguenti deficienze: il Comune pagava annualmente 2000 lire per i locali delle scuole elementari che per quanto concerneva l’igiene e i principi della civiltà e della pedagogia lasciavano molto a desiderare. I due asili d’infanzia erano 67 dislocati in locali angusti e pessimi sotto ogni aspetto dei dettami del progresso umano. Gli uffici giudiziari si trovavano in locali poco pratici per le esigenze operative. Al riguardo il cav. Starone ricordò anche che il Comune manteneva a sue spese degli enti dipendenti dai vari ministeri: il Liceo ed il Convitto Nazionale “Giordano Bruno” 80mila lire, il Deposito Allievi Guardia di Finanza 70mila e l’Ufficio postale oltre 70mila. Oltre a prendere in considerazione il convento dei Domenicani, in Piazza Umberto I^, di cui l’Amministrazione comunale usufruiva solo d’alcuni locali adibiti ad Uffici e ad Ufficio di Conciliazione ma venuto a conoscenza che era stato richiesto dal Ministero della Guerra per deposito di fucili vecchio modello, chiese al Ministero preposto la concessione dell’ex convento delle Domenicane per uso d’uffici comunali, scuole, asili e pretura mandamentale in modo da concentrare in un unico posto tutte le attività dei servizi pubblici comunali. Il 17 febbraio 1906 durante la gestione del Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone l’assessore dr. Pietro Ferrante delegato al servizio sanitario approntò un Capitolato per il concorso della nomina del medico condotto.(*). Il 21 aprile 1909 il servizio di spazzamento pubblico gestito direttamente dal Comune fu attribuito in appalto a Raffaele Bove che già in passato lo aveva gestito. La Giunta comunale compilò un apposito capitolato d’appalto (*) che successivamente fu approvato dal Consiglio comunale. Nel maggio dello stesso anno il Consiglio all’unanimità deliberò la revisione del Capitolato chirurgico e il Regolamento per i medici condotti (*) nel mese di dicembre approvò il regolamento di vigilanza sanitaria sui laboratori di carne (*). Il 21 gennaio 1911 il Sindaco dr. Raffone riferì al Consiglio che il 31 dicembre dello scorso anno era scaduto il contratto del servizio “spazzamento” ed inaffiamento delle vie e piazze della città che aveva lasciato molto a desiderare maggiormente durante il triste periodo dell’epidemia colerica. La Giunta voleva gestirlo in economia sotto la gestione diretta dell’Amministrazione comunale. Per poterlo migliorare dal punto di vista organizzativo e operativo aumentò da 18 a 20 il numero degli spazzini di cui 18 erano addetti esclusivamente allo spazzamento delle strade e gli altri due come conduttori d’appositi carrettini trainati da asini che provvedevano alla rimozione e al trasporto della spazzatura che veniva deposita fuori del centro l’abitato in una località indicata dall’Amministrazione comunale. Nello stesso tempo aumentò di 10 centesimi il salario degli spazzini portandolo da 60 a 70 il giorno. Lo scopo era doppio dare un premio agli addetti ai lavori e nello stesso tempo costituire un fondo cassa in caso d’abbandono, senza giustificato motivo del posto di lavoro. Infine stabilì che l’età d’ammissione andava dai 18 a 55 anni. Il 20 luglio 1914 Filomena Di Chiara responsabile dell’ufficio di ricezione trovatelli con una lettera informò il Consiglio comunale di aver trovato la balia necessaria per gli adempimenti del suo ufficio. Si trattava di Alessandra Finelli, moglie di Carlo Finelli, proveniente da Forchia di Arpaia (BN) che per l’allattamento aveva chiesto un compenso di 60 lire mensile. Il dr Assumma oltre a ritenere troppo elevato il compenso chiesto dalla nutrice fece osservare che bisogna essere scrupolosi sia nel visitare che nell’accogliere i trovatelli. Alla fine il Consiglio dopo un’ampia discussione autorizzò il Sindaco Raffone ad essere oculato e rispettoso della legge nella scelta della balia per il suddetto ufficio. Inoltre lo incaricò di fare una richiesta specifica alla Provincia per ottenere un concorso di spese per andare incontro alla richiesta della balia e per provvedere al mantenimento dei trovatelli. 68 Il 10 luglio 1915 durante un’ispezione delle strade cittadine il Commissario prefettizio cav. dr. Michele Gizzio riscontrò che lo stato delle vie e piazze riguardo alla pulizia ed all’igiene lasciava molto a desiderare dal modo come era regolato il servizio di spazzamento specialmente sia per la perdita di tempo e di energia legata alla trazione a mano fuori del paese dell’immondizia raccolta sia per la pigrizia del personale avventizio pagato a giornata. Per migliorare il servizio in questione decise di sostituire la trainazione umana precedentemente adottata con quella animale e nel contempo tolse di mezzo i vecchi carrettini sostituendoli con altri più grandi e più idonei per un sollecito sgombro dell’immondizia. Inoltre decise di impiegare solo personale a stipendio fisso restringendo nei limiti possibili il numero degli spazzini. Con i poteri del Consiglio panorama di Maddaloni visto dalla collina di S. Michele il Commissario apportò le seguenti modifiche: il servizio dello spazzamento pubblico era sottoposto alla vigilanza diretta dell’Ufficiale sanitario. Il Comandante delle guardie municipali doveva sorvegliare con un vigile per ogni zona della città il personale addetto ed il lavoro svolto giornalieramente dallo stesso. Personale addetto: il Commissario prefettizio scelse inoltre due capi da destinare uno per la contrada Pescara e l’altro per l’Oliveto con uno stipendio annuo di 720 lire. I due dirigenti avevano a disposizione sei spazzini cadauno con uno stipendio di 300 lire annue. La raccolta dell’immondizia, scaricata poi in un luogo prescelto, doveva essere effettuata tramite due carretti trainati da altrettanti asini. La relativa vendita dell’immondizia, atto consentito di allora, era devoluta a beneficio degli spazzini. I responsabili del servizio avevano il compito di provvedere al mantenimento dell’asino (cibo, stalla e ferratura) con la somma di lire 365 l’anno assegnata per ogni zona dal Comune che forniva anche le scope. Inoltre il commissario provvide ai fondi occorrenti per l’acquisto del materiale di primo impianto: due asini, due carretti grandi e due guarnièmenti stornando lire 300 da un altro fondo. Il 25 gennaio 1920 il Commissario comm. avv. Giovanni Testa sciolse il contratto con l’appaltatore del pubblico spazzamento perché non aveva gestito correttamente il servizio e lo passò di nuovo sotto la diretta gestione dell’Amministrazione comunale. Il 24 settembre dello stesso anno il Podestà cav. Sorvillo approvò il regolamento per il servizio comunale delle pubbliche affissioni e della pubblicità affine (*). Il 16 febbraio 1929 il Podestà cav. Sorvillo chiuse la Casa di ricezione dei trovatelli sita in Via Tifatina per un’espressa richiesta fatta dal medico provinciale tramite un invito prefettizio per pessime condizioni igienico-sanitarie in cui era la suddetta Casa. Inoltre il mantenimento della stessa comportava una spesa abbastanza esosa da parte dell’Amministrazione comunale per il salario e caroviveri che era corrisposta alla responsabile Maria Sagnelli e anche per il canone d’affitto del locale. Inoltre il podestà nella sua relazione costatò pure che il numero dei trovatelli era notevolmente diminuito. 69 Nella Casa ricovero c’era, infatti, un solo bambino da accudire. Per il futuro il cav. Sorvillo prese accordo sia con l’ospedale civile di Maddaloni – gestito dalla Congregazione di Carità del Comune – per il ricovero delle gestanti con i neonati e di eventuali trovatelli sia con il Comitato comunale pro maternità ed infanzia che avrebbe dovuto fare opera di persuasione e di assistenza alle poverette. In questo modo l’intervento del Podestà eliminò per sempre il deplorevole avanzo medioevale della “Ruota” ove erano lasciati i figli indesiderati. Sentito il parere della Consulta municipale prese le seguenti decisioni: con la data del 1° aprile 1929 era chiusa la Casa di ricezione degli esposti con la relativa revoca del salario di 1.695,60 lire alla responsabile signora Sagnelli. Il 31 agosto dello stesso anno, data di scadenza del fitto, cessava il conseguente contratto d’affitto con l’ing. Nicolino Santamaria che era di 1.600 lire. Con la data 1° aprile 1929, l’immediata sorveglianza per la ricezione, nutrizione e educazione dei trovatelli del Comune di Maddaloni è affidata alla Congregazione di Carità di Maddaloni con l’obbligo che doveva mantenere costantemente presso l’ospedale civile un reparto speciale per la ricezione degli esposti e di attenersi scrupolosamente a tutti i doveri legati al relativo regolamento. Inoltre con un apposito stanziamento di bilancio il Podestà stabilì che dal 1° gennaio 1930 la somma di 3.295,60 lire spesa per fitto locali e salario alla ricevitrice sarebbe stata erogata a favore della Congregazione di Carità concedendo alla Sagnelli una buona uscita di 546 lire corrispondente a sei mesi di salario. Il 6 novembre 1931 il Podestà cav. Sorvillo elargì un premio a del personale impiegato in occasione dell’inaugurazione dell’elettrificazione del tronco ferroviario NapoliBenevento che attraversava la stazione di Maddaloni superiore. Il 13 luglio 1932 lo stesso Podestà su esplicita richiesta dei Sindacati fascisti dei trasporti terrestri e navigazione interna rappresentati dal prof. Giuseppe Ferraro aumentò la tariffa delle vetture da nolo (*) perché non rispondeva più alle esigenze dei tempi. Il 22 ottobre stesso anno cambiò la gestione dell’Ufficio di ricezione dei trovatelli dalla Congregazione di Carità – patronato comunale – all’Operare nazionale di maternità ed infanzia che avrebbe provveduto soprattutto ad eliminare per sempre la triste piaga degli esposti. Nel contempo avrebbe fatto opera di persuasione di far conoscere dalla madre il neonato e nel caso di assoluta impossibilità lo avrebbe affidato ad una balia fino all’età di tre anni e poi lo avrebbe passato all’Amministrazione provinciale. Il 20 gennaio 1933 il podestà letto il rapporto redatto dall’ing. Silvio Biffis direttore dell’Ufficio del Civico acquedotto in cui rilevava che la pressione piezometrico (misura delle pressioni specialmente quelle elevate) delle tubazioni nelle parti alte più elevate della città era minima e insufficiente per essere utilizzata in caso di spegnimento incendi. Vero che nello spegnere un incendio scoppiato in casa di Tommaso Farina sita in Via Pignatari la pressione dell’acqua risultò molto scarsa. Di conseguenza gli addetti incontrarono tante difficoltà a domarlo evitando che si potesse propagare alle case vicine. Per scongiurare altre possibili sciagure era necessario provvedere al più presto all’acquisto di una speciale motopompa che erogava 120 litri il minuto secondo con una prolunga di 30 metri in modo da allargare i raggi d’azione. Con tale pressione sarebbe stato possibile fronteggiare e spegnere eventuali incendi che sarebbero scoppiati nei punti più sopraelevati della città. Al bando di concorso indetto dal Podestà fecero pervenire i loro preventivi 3 ditte specializzate: ditta Sbano per la sola motopompa e senza tubazioni ed accessori, lire 3.800, 70 ditta ing. Serafini & C. per la motopompa con tubazioni ed accessori, compresa la lancia, lire 3.810, ditta Gabbioneta per la motopompa con tubazioni ed accessori relativi, compresa la lancia, lire 3.600. In una nota datata 12 dicembre 1932 il direttore del civico acquedotto faceva presente che era da prendere in considerazione l’offerta della ditta Serafini che oltre pur essendo superiore al prezzo presentato dalla ditta Gabbionetta perché offriva maggiori garanzie dal punto di vista del funzionamento pratico. Dal punto di vista tecnica e funzionale la motopompa in questione non era multicellulare, ma aveva una sola rotante che offriva molto più garanzie da ogni punto di vista. Il Podestà nel deliberare l’acquisto della motopompa offerta della ditta Serafini tenne conto del parere espresso dall’ing. Biffis che tra l’altro era anche responsabile del servizio incendi del civico acquedotto comunale. Il 29 gennaio 1933 l’Alto Commissario inviò al Podestà cav. Sorvillo la seguente nota: “Oggetto - danni arrecati dalle capre ai seminati - Podestà di Maddaloni – Comunico a codesta Amministrazione la seguente nota della Cattedra Ambulante di Agricoltura con preghiera d’impartire con ogni urgenza le occorrenti disposizioni di vigilanza e favorirmi assicurazioni. In data 23 novembre è pervenuta a questo ufficio per il tramite della Sezione di Caserta una protesta da parte della Federazione fascista degli agricoltori di S. Nicola la Strada.- La protesta esprime quanto segue Da parecchio tempo si verificano senza tregua pascoli abusivi di capre, con danno alla cultura erbacea in genere, ai grani precoci in specie. I comuni di Maddaloni e Caserta sono i maggiormente frustati. Le capre danneggiano di solito per una profondità di metri 5, sulla destra e sulla sinistra delle strade campestri, però talvolta si addentrano addirittura nei seminati. I caprai stessi con prepotenza e minacce hanno qualche volta ragione sugli agricoltori. I nostri beneamati agricoltori per tramite della Cattedra fanno voti a codesto On. Comm/to perché voglia compiacersi dare disposizioni affinché siano presi tempestivamente i provvedimenti del caso. – per l’Alto Comm/to. – F.to Ausiello”.Il Podestà riconosciuto la realtà degli abusi commessi dai caprai ai danni degli agricoltori e non avendo il Comune un Corpo delle guardie campestri, ritenne opportuno impiegare dei militi della M.V.S.N. per la custodia e vigilanza dei campi durante il periodo in cui i grani e le altre colture erbacee si trovavano nello stadio di primo sviluppo. Il 25 febbraio il Podestà a seguito di uno sprofondamento dell’ultimo tratto di Via Roma, unica arteria che univa Caserta a Maddaloni, dovendo provvedere alla sistemazione della strada deviò il traffico veicolare lungo un percorso alternativo che comprendeva le seguenti vie: larario (largo) Teglia, via Pignatari, via Pintime fino alla località “Brecciale” (oggi via Brecciame) dove si innestava la via provinciale proveniente da Caserta e viceversa. In considerazione che il nuovo percorso era piuttosto lungo e di difficile percorrenza: la Via Pintima era una strada di campagna con salite e discese e la località Brecciale distava parecchi centinaia di metri dall’ultimo limite dell’abitato, per regolare il traffico impiegò alcuni militi della Centuria M.V.S.N. dislocandoli a turno di giorno e di notte lungo il percorso alternativo. Il 24 aprile 1933 per far applicare la tassa di circolazione stradale il Podestà cav. Sorvillo affidò il servizio verifica immatricolazione e targazione veicoli a trazione animale e meccanica all’Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra di Napoli. Il 14 marzo 1936 in riferimento alla circolare del Presidente dell’Istituto centrale di statistica il podestà istituì inoltre l’ufficio comunale di censimento scegliendo il personale in base l’art. 15 del regolamento per redigere l’VIII Censimento generale della popolazione: Filippo Pisanti, 71 funzionario di segreteria addetto all’ufficio anagrafe fu nominato dirigente responsabile. Goffredo Glaviano vigile urbano distaccato all’ufficio anagrafe componente; Alberto Zaza ex maresciallo della Reale. Guardia di Finanza, assunto provvisoriamente come impiegato comunale componente e Alfonso Galasso usciere comunale addetto all’ufficio di Stato civile componente. Inoltre all’ufficio cosi costituito soprintendeva il Segretario capo del Comune. Nel mese di marzo dello stesso anno istituì in un locale del comune l’ufficio notizie dei militari richiamati sotto la presidenza del consultore cav. Enrico Prisco. L’8 agosto 1936 il Podestà in base alle circolari emanate dall’Alto Commissario per la provincia di Napoli deliberò l’aumento dello stipendio delle due levatrici condotte portandolo in 2 anni da 2500 a 4000 lire annue lorde. Il 22 agosto dello stesso anno su un’ordinanza prefettizia assunse dei giovani per impiegarli al controllo del traffico veicolari che stava dando seri problemi alla popolazione maddalonese. Il 16 novembre 1936 i militari del Genio di Caserta intervennero per lo spegnimento dell’incendio sviluppatesi sulla collina del Castello. Nel marzo del 1937 si sviluppò invece un grande incendio in una casa rurale sita in Via Starza. Per evitare che le fiamme si potessero propagare nelle case rurali vicine a causa del forte vento il Podestà fece intervenire oltre ad una compagnia di soldati del Presidio militare di Maddaloni anche una squadra di Vigili del Fuoco. Il 5 febbraio 1938 il Commissario prefettizio dr. Renato marchese de Zerbi prese in affitto uno stabile situato tra Piazza Gen. Ferraro e Via S. Francesco d’Assisi, di proprietà degli avvocati Gustavo e Nicola Prisco fu Alberto per adibirlo a sede dell’Opera maternità ed infanzia. La scelta fu dettata dal fatto che i precedenti locali non erano soddisfacenti secondo le più elementari regole di comodità e di igiene pubblica. Prima di essere occupati i locali furono ammodernati e opportunamente adattati. A seguito di opportuna trattativa con l’avv. Gustavo Prisco che era disposto a cedere in locazione al Comune i locali, di cui già quattro erano fittati per uso di scuola fino al 31 agosto 1938. La decorrenza del nuovo affitto restava per loro fissata dal 1° settembre 1938 fino al 31 agosto 1939 in base all’anno scolastico in corso. Per gli altri vani l’ammontare del contratto era fissato nella misura di lire 266,65 al mese, mentre per gli altri (con decorrenza dal 1° settembre) l’ammontare restava determinata in lire 480 mensili. Il 26 agosto 1939 il Podestà cav. avv. Salvatore Renga revocò l’incarico a Evangelista Sagnelli di addetto alla manutenzione dei pubblici orologi. Il provvedimento fu adottato perché il Sagnelli non poteva avere un doppio incarico dato che era già operaio meccanico presso il locale stabilimento militare per la produzione dei mangimi da destinare ai cavalli, muli ed asini del Real Esercito. Il 18 ottobre 1943 il Commissario prefettizio cav. Eugenio Iorio visto che la piazza S. Sofia attuale gen. Ferraro 72 popolazione era rimasta sprovvista di sale ritenne conveniente di provvedere con urgenza per evitare esose speculazioni del mercato nero. Il magazziniere dei “Sali e Tabacchi” al riguardo fece presente al cav. Iorio che non era stato possibile ritirare il quantitativo di sale da Castellammare di Stabia per la mancanza dei mezzi di trasporto. Il Commissario dopo aver ascoltato il magazziniere deliberò: il Comune doveva assumere a suo carico il trasporto da Castellammare e ritorno con carri trainati da animali per il ritiro del quantitativo di 80 quintali settimanali. Il magazziniere doveva distribuire direttamente agli spacci di sale e tabacchi il sale al prezzo stabilito dall’Amministrazione dei Monopoli. Il sale doveva essere distribuiti mediante la consegna di un tagliando della tessera per generi vari. Il 29 gennaio 1944 lo stesso commissario visto che il medico, libero esercente, dr. Enrico Tammaro aveva tutti i requisiti di moralità e capacità per il disimpegno dell’incarico di medico condotto deliberò la sua assunzione al posto del dr. Francesco Cerreto. Nel mese di febbraio dello stesso anno in base alla nota del 22 dicembre 1943 pervenuta al Comune dall’Ufficio centrale di collocamento inviata dalla Divisione del lavoro del Governo militare alleato, il cav. Iorio istituì l’Ufficio comunale di collocamento per registrare i disoccupati del Comune distinti per categorie professionali. Per il buon andamento dell’ufficio il controllo e la responsabilità era affidata ai Capi delle varie Amministrazioni comunali cui spettava anche il relativo onere di gestione finanziaria. Il cav. Iorio ritenne opportuno affidare la direzione di questo nuovo ufficio a Ciro Aveta provetto impiegato del comune cui era dato 150 lire lorde mensili. Come “scritturale” fu scelto Vincenzo Bove con una retribuzione di 500 lire lorde mensili. Antonio D’Aiello infine diventò fattorino provvisorio. Il 26 maggio 1947 l’assessore all’Igiene dr. Enrico Tammaro discusse e propose al Consiglio comunale l’istituzione a Maddaloni di un dispensario dermo-venereo per il cui funzionamento fu prevista una spesa annua non superiore a lire 25mila. Per la spesa d’impianto era programmata una somma non superiore a lire 100.000. Con una circolare la Prefettura faceva rilevare l’urgenza della istituzione di detto dispensario legato anche alla posizione demografico del Comune. Si aggiungeva con la detta circolare che lo Stato avrebbe adeguatamente contribuito nella spesa di istituzione e di esercizio. Il dr. Tammaro confidava anche in un parere favorevole da parte del Consiglio comunale in quanto la succitata istituzione di capitale importanza per un territorio in cui si erano già manifestati frequentissimi casi di malattie veneree. Sulla scorta di queste informazioni e sollecitazioni fatte pervenire dalle Autorità preposte il Consiglio approvò la costituzione del dispensario comunale cercando cosi di risolvere una delle piaghe sociali più in vista del momento. Il 22 giugno 1949 la Società S.A.C.S.A. di Sora fece istanza per l’installazione di una filovia Maddaloni-Caserta. Visto l’istanza della suddetta Società con cui chiedeva di poter installare una rete filoviaria su alcune strade dell’abitato di Maddaloni la Giunta municipale approvò il relativo progetto a condizione la Società estendesse il servizio urbano fino al Largo Mulini. Capitolo sesto Interpellanza del consigliere Antonio d’Alessandro sull’andamento dei 73 pubblici servizi. - 16 aprile 1913 All’apertura della seduta del Consiglio comunale presieduto dal Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone il consigliere d’Alessandro chiedeva ed otteneva la parola per esporre una sua interpellanza relativa all’andamento dei servizi pubblici: “Ill.mo sig. Sindaco ed On.li signori del Consiglio. – In data 3 febbraio scorso, io muovevo per lettera un’interpellanza al sig. Sindaco, sul funzionamento dei pubblici esercizi in Maddaloni. Eccomi ora pronto a giustificare, con motivi che spero vi sembreranno sufficienti; una tale mia risoluzione dovuta unicamente al grande primo interesse ed all’amore vivissimo che stringe me come voi tutti, a questa disgraziata nostra Città. Ma prima ancora che io entri sull’argomento, permettete illustri signori che io chiedeva a voi senza di questo mio parlare semplice e privo di foga oratoria, che dipende dagli scarsi miei studi, che mi hanno costretto a mettere per iscritto le mie idee, acciocché io possa esporle a voi in forma chiara e perspicacia. Al primo movente di questa mia interpellanza vi dirò, che verso la fine dello scorso mese di gennaio, io tornando insieme al cav. Giuseppe Martirani da Napoli, dovetti assistere ad una scena incivile che mi disgustò profondamente. Nell’uscire dalla stazione ferroviaria trovammo una moltitudine di cocchieri da nolo, che con le loro vetture, avevano bloccato la strada, facendo rissa intorno ai passeggeri per indurli a montare ciascun nella propria carrozza, e mancando una qualsiasi persona addetta a tale sorveglianza, era tanto la confusione, che il cav. De Simone da Caserta, anche presente, ed il cav. Martirani, furono ad un pelo per essere investiti”. “E fu allora che il cav. De Simone sdegnato, riconoscendo nel Martirano ed in me due consiglieri comunali, esclamò in tono vibrato che questa Amministrazione non aveva assolutamente né capo né coda. Ed è proprio cosi noi non potemmo in quel momento ribattere nulla al cav. De Simone, costretti invece a costatare anche noi il deplorevole disservizio e la mancanza assoluta di vigilanza d’una Guardia municipale. E di questi inconvenienti la cui responsabilità cade tutta come è logico, sui casi che si ripetono per tutti i servizi pubblici cittadini, è anche doveroso affermarlo. Che cosa fanno dunque queste guardie municipali se esse non girono mai per la città sorvegliando la pulizia e l’igiene? Lo spazzamento è affidato a pochi spazzini, è eseguito una sola volta al giorno ed è addirittura insufficiente, perché ormai ognuno esercita nelle vie il proprio mestiere, governando perfino i cavalli e gli asini. E’ permesso tutto questo? E se non è permesso perché non si elevano le dovute contravvenzioni, non si richiamano al dovere gli agenti municipali cui riesce comodo chiudere gli occhi. A tale proposito ricorderò un altro sconcio che si verifica nelle strade dove si vede quotidianamente scorrere delle lave di acqua fetide di rifiuto, cosi dette “lavature”, e che recano danno alla pubblica igiene; ed è facile immaginarsi. E perciò proibirle e farle scorrere di notte? Né gli altri servizi funzionano meglio. Torme di cani girano per la città pur essendovi per tale servizio un apposito impiegato”. “La sorveglianza sulla vendita dei commestibili lascia anche molto a desiderare, perché essi oltre a costare più che negli altri paesi, sono per qualità scadentissimi. Come ad esempio il pane, che si vende caldo, è pieno di cenere, oltre ad essere di pessima qualità. Per dappiù la cattiva farina che serve a fare tale pane è esportata sui carretti che la trasportano in città da lontani paesi senza copertura, aggiungendosi la polvere ed il fango delle strade, in modo che a farlo formarsi di tutta una mischia di fango, polvere e 74 cenere. Il pane, questo vitale e quasi unico nutrimento del nostro popolo, ne risulta di pessima qualità ed adulterato. Non diciamo nulla dei vini, i quali più che vini sono veleno. Perché mai non si verificano costantemente, o non si sorvegliano le cantine dall’Ufficiale sanitario o chi per esso? Che dirò poi del fatto che vi sono venditori che si servono in commercio di pesi fraudolentemente falsificati o ridotti con astuzia? Perché non si vigila, e perché non si vigila pure presso i venditori di carne, pasta, vino, olio e sugna nell’interesse della salute pubblica? Non parliamo poi della frutta e degli ortaggi messi in piazza che sono di pessima qualità e si vendono a prezzi esageratissimi a ragione della straordinaria quantità di sensali, cui via S. Francesco d'Assisi si danno troppo facilmente le relative patenti. I poveri contadini costretti a sottostare ai loro arbitri vedono diminuito di molto i loro guadagni, e sono naturalmente obbligati ad aumentare i prezzi per rifarsi in qualche modo. Ad esempio, i pomidori che a S. Maria C. V. l’estate scorsa si vendevano a lire 5,50 o 6 al quintale, da noi sono saliti al prezzo di lire 10 a 11”. “Vi sembra ciò giusto ed onesto? Un altro servizio pubblico importantissimo, qual è quello della pubblica illuminazione non procede in modo soddisfacente. La luce spesso è fioca o manca del tutto per frequenti interruzioni della corrente. Le lampade sono smorzate o invece senza regolare orario. Eppure noi abbiamo un impiegato con lire 1200 annue il quale è addetto alla vigilanza di tale servizio. Il consigliere Ventriglia afferma che la lampada vicino alla sua abitazione è seralmente smorzata; dei suoi rapporti non si è mai tenuto conto, né la società è stata mai multata. Ne aveva diritto il Comune almeno una volta multarla per tali disservizi che giornalmente si verificano? Bisognerebbe conseguentemente obbligare la società a rispettare il Capitolato o licenziare l’impiegato risparmiando lo stipendio che gli si corrisponde). E veniamo ora al decoro del paese. Mesi or sono, come ricorderete, per ordine prefettizio era imposto ai cittadini di intonacare ed attintare i fabbricati, colla 75 sanzione che il Municipio potesse procedere d’ufficio ai lavori necessari ove i proprietari si rendessero negligenti, salvo il rimborso di costoro. Or bene, come mai tale provvedimento non è stato per tutti adottato. Per modo che è stato lecito a qualcuno ridersi degli ordini superiori. D’altra parte perché provvedere solo alle facciate esterne dei palazzi, quando i cortili sono sporchi e pieni d’immondizia. E come si permette che in contravvenzione di leggi e regolamenti si tengono in città i “suppegni” pieni di paglia e di altre materie infiammabili, quanto per giunto e per incuria di noi altri amministratori, o meglio coloro che soprintendono e dirigono e possono comandare non si è saputo risolvere il grandissimo problema dell’acqua? In caso d’incendio a chi santo si rivolge? Non vediamo forse, con nostra somma vergogna, scaricare nella nostra stazione vagoni interi di tubi per l’incanalatura dell’acqua del Serino per il vicino comune di S. Maria C. V.”. “E affermare che tali lavori si percorrono a 5 metri da Maddaloni! Pare che la stessa acqua mormori al nostro indirizzo, ci dice: Imbelle popolo di inetti, ecco che io vado a portare il benessere, la salute, la ricchezza ad altra gente, passando per il vostro territorio, poco lontano delle vostre vie piene di immondizia e di luridume, acciocché vi sfuggo perché la vostra inerzia, la vostra stoltezza hanno trionfato ancora una volta! Ma questo discorso che l’acqua sembra che faccia al popolo maddalonese, e più specialmente ai suoi Amministratori che sperperano in denaro in liti infeconde e disastrose, in sussidi e gratificazioni. A tale proposito voglio ricordare un fatto che meriterebbe di essere scritto a lettere d’oro sulla tavola di bronzo degli annali d’inesperienze maddalonese. Maddaloni, come sapete, è circondata di acquedotti. Ed una conduttura passa per il Ponte Carolino, un altro per il Macello, ed una terza che va a Marcianise. Orbene proprio presso tale ultimo acquedotto si trova un fabbricato adibito all’ingrasso dei maiali. Il proprietario che era maddalonese, all’epoca della costruzione dell’acquedotto ebbe, a differenza degli amministratori, l’accortezza di riservarsi due prese d’acqua per la sua industria. Di modo che, in questo nostro ineffabile paese, accade che proprio ed unicamente i maiali godono un beneficio che al popolo maddalonese è negato. Fatene l’apprezzamento: non sono più rispettati i maiali? Maddaloni città abbandonata da Dio, per i suoi ciechi Amministratori. Circa due anni or sono, si fecero le necessarie espropriazioni di fondi privati per la strada di circonvallazione, perché non si procura che con sollecitudine vengono compiuti i relativi lavori? Quando per effetto di tale trascuranza vediamo ridotte le strade del paese in condizioni da non potersi praticare, sicché si faranno poi necessarie enormi spese per riattivarle. Non fa comodo forse all’ing. del ramo o chi per esso? Trascurataggine da far tutto i bisogni dell’Amministrazione, tutto dorme e tace”. “Maddaloni, città inerte ed apatica, si è lasciata sfuggire altri cespiti di lucro. Abbiamo grandi locali comodissimi che avrebbero potuto servire da alloggi a massa di soldati. La mancanza d’acqua lo ha impedito. Avevamo il Comando delle guardie degli allievi di finanza. Ebbene abbiamo perduto anche questo per la mancanza d’acqua. Pochi allievi ancora rimangono, e forse anche questi andranno via, e vedremo quei locali adibito ad ospedale e depositi governativi, che non danno nessuno utile al nostro popolo, come lo stesso Convitto non dà nessuno utile; e veniamo alla questione. In altri tempi questo Convitto era di utile al paese, perché dato in appalto ed ispezionato e sorvegliato con cura. Ora lo vediamo indipendente. Ritirano stoffe da altri paesi, uccidono maiali per loro conto, acquistano il pane da Caserta, vendono un po’ di tutto, somministrano i viveri ai convittori secondo la propria convenienza. Ditemi quale utile hanno questi poveri commercianti che 76 sono carichi di tasse. Un altro sconcio grandissimo che con dispendio dello Stato e con notevole consumo di energia elettrica, si fornisce ad alcuni privilegiati l’acqua, di cui potrebbe tra vantaggio tutto il rione. Non si può dunque porre un riparo a simili inconvenienti che viene di grave danno a quel rione? Si va dunque di male in peggio, ed il popolo maddalonese vive di ingannatrici promesse, che si fanno più vive ed impertinenti in periodo elettorale. Che cosa dunque si aspetta? Che i nostri avversari raddoppiano i loro sforzi e mediante la stampa destino l’allarme nella cittadinanza? Ed è perciò, e nell’interesse esclusivo del nostro paese, che io ho creduto, illustre sig. Sindaco, e voi amici consiglieri. Denunziare gli inconvenienti e gli abusi che quotidianamente vediamo verificarsi nei pubblici servizi. E’ suonata l’ora del risveglio, è suonata l’ora in cui il popolo fidente fin d’ora nei suoi amministratori, acquistarne la conoscenza dei suoi diritti, chiede che il paese rinasca a novella vita e si inauguri un’era novella di prosperità e di ricchezza”. personaggi in piazza Municipio Il Sindaco rispose ai rilievi del consigliere d’Alessandro capo per capo: “Per l’incidente verificatosi alla ferrovia, avvenne che la guardia colà di servizio, chiamata urgentemente in casa perché la moglie era partorita, si allontanò senza avvertire chicchessia, tanto che per questa mancanza è in corso un provvedimento disciplinare a carico della guardia. In ordine poi allo spazzamento ribatte quanto si è detto con consigliere d’Alessandro, facendo il parallelo anche con altri Comuni della Provincia e 77 rilevando che quello di Maddaloni è stato sempre ritenuto da tutti il più pulito, e che d’altra parte ad alcuni inconvenienti non si può ovviare, dato la natura della popolazione in gran parte agricola. Per le lamentele mosse per il pane che si mette in vendita appena uscito dal forno, è un inconveniente questo sorto a seguito dell’abolizione del lavoro notturno, per cui gli esercenti panettieri sono costretti, con i pochi operai di cui dispongono, di vendere subito il pane appena uscito dal forno per essere in grado di soddisfare le molteplici esigenze della clientela. In ordine dell’andamento del servizio di illuminazione pubblica, tutto è regolato secondo le norme del Capitolato in vigore. Non si può perciò certamente pretendere dalla Ditta qualche cosa di diverso o in più di quello che fu oggetto del patto contrattuale. In ordine al problema per la conduttura dell’acqua di Serino, rileva che ingiusti sono gli attacchi che si fanno all’Amministrazione comunale, la quale non è stata mai inerte nel cercare di vedere risoluto il grave problema. E difatti già la Giunta comunale di Napoli ha in massimo deliberato di proporre all’On. Consiglio la concessione dell’acqua del Serino al Comune di Maddaloni, e a questo si è giunto anche mediante la valida cooperazione del Deputato del Collegio On. Agostino Santamaria”. “E’ da sperare perciò che non appena il Consiglio comunale di Napoli avrà deliberato sull’obbietto favorevolmente, saranno ripigliate le pratiche con la Cassa DD. E PP. Che in massima dichiari non essere alinea del concedere il chiesto mutuo e quindi, determinando il fabbisogno, si potrà con la buona volontà di tutti e col sacrificio di ogni classe di cittadini, risolvere il problema della conduttura dell’acqua. In ordine alla strada di circumvallazione, la Cassa Depositi e Prestiti ha fatto ancora altri rilievi per la concessione del mutuo di lire 40mila occorrenti per l’oggetto, e questo Comune non ha mancato di sollecitamente rispondere ai rilievi medesimi e può affermarsi che la pratica sia in via di soluzione. Per quanto riguarda gli Allievi della R. Guardia di Finanza, egli non ha mancato mai di interessare chi di dovere perché il Comando della Legione non fosse trasferito a Roma, che, però nulla si poteva ottenere, perché i Comandi di tutti i Corpi sono istallati nella Capitale, cosi anche quello della Legione allievi R. GG. di Finanza doveva essere colà istallato, e quindi quale colpa ha l’Amministrazione comunale di tutto questo? Che d’altra parte quasi nulla è venuto a perdere il Comune di Maddaloni, giacché la forza numerica del Deposito si manterrà su per giù sempre la stessa di quella che ordinariamente era col Comando della Legione. Per i lavori del Convitto infine, giustifica l’operato dell’Amministrazione del Convitto, rilevando che si fu costretto a ricorrere fuori al Comune di Maddaloni per diversi lavori per mancanza di mano d’opera, e se in ordine alla fornitura del pane si fu costretti ricorrere ai fornai del vicino Comune di Caserta, ciò avvenne perché da quelli di Maddaloni non vollero accettare le condizioni determinate dall’Amministrazione del Convitto. Ad ogni modo egli non mancherà di insistere presso l’Amministrazione stessa perché si adottino provvedimenti intesi a raggiungere l’obbiettivo che i lavori in genere siano affidati sempre ad operai di Maddaloni e che come pure tutte le forniture occorrenti si facciano dagli industriali di questo Comune, quando non vi siano ragioni gravi che lo impediscono”. Capitolo settimo Lavori pubblici 78 Il 1° marzo 1899 il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco cav. Giuseppe Tammaro approvò una delibera della Giunta su direttiva del Prefetto di Caserta in cui si sollecitava l’inizio dei lavori di “compianamento” al Cimitero nuovo in modo da poter impiegare alcuni disoccupati maddalanesi. In tal modo l’Amministrazione comunale evitava di dar loro un sussidio che sarebbe stato oneroso per le finanze comunali. Cosi facendo il Comune in cambio del sussidio avrebbe ricevuto un miglioramento del servizio cimiteriale e avrebbe assicurato un piccolo onere di consistenza alle famiglie degli operai. Successivamente l’Amministrazione comunale fece ristrutturare 2 orinatoi pubblici: uno vicino alla chiesa degli ex Cappuccini e l’altro presso la chiesa di S. Aniello. Inoltre fece smontare per “indecenza” quello vicino alla chiesa di S. Antonio (S.Francesco d’Assisi) perché era usato da molti ragazzini che frequentavano Convitto e Liceo-Ginnasio “Giordano Bruno” uno dei più antichi e rinomati istituti scolastici del tempo. Il 2 ottobre 1900 la Giunta municipale deliberò di pagare Antonio Pisanti per aver fornito la canapa necessaria per le funi dei pozzi pubblici siti in località “Feudo” e in Via Tifatina. Il 24 agosto 1901 a seguito di una sollecitazione da parte dell’opinione pubblica il Sindaco comm. Tammaro fece dedicare all’Eroe dei due Mondi 4 lapide di cui la prima in Piazza Umberto attualmente visibile sulla facciata esterna dell’ex palazzo vescovile: Uno sii di fede e di armi o popolo Uno sarai di patria e di leggi così da questa casa parlò Giuseppe Garibaldi E XIV giorni appresso al Volturno la parola fu storia MDCCCLXX la seconda si trova a destra del Palazzo civico: Il 1° ottobre 1860 Gli animosi volontari italiani dall’intrepido Bixio capitanati lanciatisi dal colle San Michele a’ Ponti della Valle ruppero fugarono dispersero le numerose schiere avverse che feroci minacciavano eccidio a questa città servaggio alla Patria la terza si trova invece sulla parte sinistra del Palazzo comunale: Il 9 aprile 1734 79 Carlo Borbone infante di Spagna Valicato il Volturno Superate le gole del Tifata alla Valle di Maddaloni stringeva lo scettro delle due Sicilie Il 1 ottobre 1860 Garibaldi vincitore al Volturno al Tifata alla Valle infrangendo quello scettro dava libere queste province alla Madre Patria e la quarta a Quarto da cui Garibaldi partì con le sue camice rosse: Considerato che questa storica Città dal 1° Ottobre è sempre la cultrice assidua della memoria del Cavaliere del genere umano, e che un ricordo di questa Città tanto diletta all’Eroe, compirà l’onoranza, e soddisferà il desiderio vivissimo dei superstiti del Generale nell’epica spedizione. Il 27 aprile 1902 l’Amministrazione comunale incaricò il fabbro-ferraro Nicola Santagelo di riparare il cancello di ferro che cingeva il giardinetto situato al largo S. Sofia. Il 28 maggio il Sindaco Tammaro letto la nota dell’Ufficiale sanitario con cui faceva rilevare che l’eccessiva “replezione” (riempimento) dei pozzetti della fognatura stradale dispose che fossero svuotati e disinfettati. Nella stessa data una nota del Prefetto diretta all’Amministrazione comunale faceva rilevare che la torre del Castello feudale una memoria di notevole interesse per la storia di Maddaloni aveva bisogno d’urgenti restauri. Era quindi opportuno il concorso del Comune nelle spese. La Giunta municipale letta la nota all’unanimità rispose che le precarie condizioni economiche non permettevano di assumere qualsiasi impegno, ma avrebbe potuto esaminare la richiesta solo nell’ipotesi che la torre fosse dichiarata “Monumento Nazionale”. Il 9 maggio 1903 su espressa richiesta dell’allora Pretore di Maddaloni la Giunta poiché il fabbricato comunale, residuo dell’ex casa Della Corte, a destra di via 1° Ottobre, rappresentava l’unico fabbricato da poter trasformare poi in ufficio della Pretura, sollecitò il Consiglio comunale ad incaricare un tecnico per la redazione di un progetto relativo all’adattamento dello stabile in questione. Si faceva notare che la Pretura, posta in un punto centrale della città in un locale rispondente all’altezza e alla dignità dell’Ufficio sarebbe stato un vanto e prestigio per la città di Maddaloni. Tra l’altro il Comune avrebbe risparmiato 829,2 lire di affitto per il locale dove era situata la stessa Pretura. Con la somma che si risparmiava il Comune poteva benissimo far fronte, in rate annuali, alle spese necessarie per il restauro del fabbricato Della Corte. Il Consiglio all’unanimità incaricò l’ing. Salvatore De Masi a redigere il relativo progetto. Il 17 luglio 1905 l’Amministrazione comunale incaricò l’appaltatore Vincenzo di Cicco di provvedere all’espurgo dei condotti pluviali sottoposti alle strade interne della città secondo i seguenti patti e condizioni: l’imprenditore doveva levare ed asportare il materiale 80 di qualunque specie e natura dai pozzetti sottoposti ai chiusini nei rametti e nelle condutture principali delle strade e dei vicoli. Il materiale dell’espurgo man mano che era accumulato fuori le fogne per non ingombrare gli spazi pubblici e le vie doveva essere trasportato con carri a spese dell’imprenditore nei pubblici scaricatori. Una volta pulito il condotto di una strada o di un vicolo l’appaltatore doveva disinfettarlo con lavaggio di acqua e calce al 50% nella quantità stabilita dal Sanitario comunale sotto la sorveglianza degli agenti municipali. Nell’aprire e chiudere i chiusini doveva usare la massima diligenza e far in modo di non scheggiare, rompere e deprezzare le lapidi ed i telai di pietra. Lo espurgo di ogni strada o vicolo doveva iniziare dalla parte sopra corrente. L’appaltatore era responsabile di tutti i danni che opera sua poteva causare alla “lastricatura” stradale e quindi era obbligato a sue spese ripararli. Il lavoro doveva iniziare dal giorno 25 corrente mese e doveva aver termine dopo un mese lavorativo senza interruzioni. Per l’espurgo completo compreso il trasporto, carico e scarico del materiale e la lavatura della conduttura era corrisposto all’appaltatore 400 lire dopo il collaudo del lavoro. Il compimento e l’esattezza del lavoro doveva essere accertato da un certificato rilasciato da un ingegnere di fiducia del Municipio. Le spese occorrenti agli obblighi stabiliti nel presente foglio comprese quelle del contratto doveva essere a carico dell’imprenditore. Mancante l’appaltatore ad un solo obbligo stabilito dovrà pagare una multa di 50 lire. Il 24 luglio 1905 il Commissario prefettizio cav. avv. Giuseppe Starone fece costruire nei locali della Casa comunale un basso per poter meglio riordinare l’archivio e una stanza per impiantare l’ufficio del registro di popolazione. Il progetto per la realizzazione dei suddetti nuovi locali fu redatto dall’ing. De Masi Salvatore: per la costruzione fu preventivata una spesa di 1.228,45 lire, mentre furono destinate 111,57 lire per spese impreviste ed eventuali e 27,80 lire per competenze dovute all’ingegnere. Il Commissario evitò il bando di concorso tramite aste che avrebbero comportato perdite di tempo e prese la decisione di farli in economia sotto la direzione dell’ingegnere redattore del progetto. Il 27 luglio dello stesso anno l’Ufficiale sanitario dr. Picozzi, in un rapporto, riferì che l’acqua piovana che finiva nella cisterna esistente nel cortile della Casa comunale e usata per la relativa raccolta con il passare del tempo ristagnava ed imputridiva. Era necessario quindi sosteneva il sanitario eliminarla sostituendola nello stesso cortile con un pozzo d’acqua sorgiva. Il Commissario poiché la cisterna era un incomodo per il cortile e per dar più spazio al cortile, decise di farla abbattere. Il 17 aprile 1906 il Comune bandì una gara d’appalto per risolvere il problema dell’espurgo dei condotti pluviali, sottoposti alle strade interne del paese, e in conseguenza approntò un’apposito capitolato d’appalto.(*) Il 29 maggio 1907 l’Amministrazione comunale per poter completare la circumvallazione della Cucciarella dovette coprire un canale adibito a raccogliere anche le acque luride. Con questo tratto di strada oltre a collegare il rione Feudo alla chiesa della Madonna delle Grazie si evitava al traffico veicolare proveniente dal Sannio e da Caserta Via Ponte Carolino di attraversare le strade cittadine di allora. Un provvedimento questo che fu opportuno per snellire il traffico proveniente da e con il Sannio e zone limitrofe. Il 13 Aprile 1912 dopo aver approvato il regolamento d’igiene il Consiglio comunale deliberò l’approvazione del regolamento edilizio. (*) A introdurre l’argomento fu il consigliere Vincenzo Zaza che invece di “rattoppare” il vecchio regolamento era opportuno prendere in considerazione il lavoro stretto di una Commissione che aveva riunito il tutto in unico testo che teneva conto dei 81 possibili vantaggi legati al progresso e alla civiltà e allo sviluppo edilizio cittadino. Il lavoro della commissione era inoltre era legato alle modalità occorrenti agli scavi, ai depositi di materiali per costruzione, ai restauri, agli sgombri, alle demolizioni, nonché alle occupazioni di suolo pubblico, e alla decenza dell’abitato. Lo Zaza sottolineò pure che per la sua attuazione occorreva il piano regolatore della città dimostrando cosi che Maddaloni non era seconda a nessun altra città d’Italia. Il 19 giugno con una relativa delibera, inviata al Ministero dei lavori pubblici il Consiglio propose l’ampliamento e l’ammodernamento della locale stazione ferroviaria inferiore sita all’inizio di Via Napoli, una volta estrema periferia del paese. Il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone riferì in un suo intervento che aveva raccolto parecchie lamentele pervenute da parte dei commercianti e degli industrianti del tempo perché la stazione non rispondeva per la sua ristrettezza agli effettivi bisogni del pubblico servizio. In effetto secondo loro la stazione ferroviaria non offriva i necessari supporti logistici allo sviluppo del commercio. Difettava di binari accessoriali, non aveva una “basculla” (pesa pubblica) a ponte e non c’erano adeguati magazzini merci a grande velocità. I carri carichi in arrivo prima di poterli scaricare dovevano essere manovrati a mano da personale impiegato dai destinatari della merce, i quali solo dopo qualche ora e più dallo svincolo potevano avere i carri a disposizione. La stessa manovra ed il medesimo tempo era impiegato nel momento in cui si dovevano caricare i carri spesso diretti all’estero. Tutto questo ritardo e perdita di tempo era legato all’assoluta insufficienza dei binari. Il magazzino a grande velocità esistente sul posto era angustissimo e non si poteva accedere che dal piazzale interno, gremito da molti viaggiatori, in arrivo e in partenza che senza volerlo ostacolavano lo spostamento delle carrette a mano che dovevano ritirare la loro merce. Continue contrarietà si verificavano spesso tra mittenti e destinatari della merce per il peso dei carri. Ecco il motivo per cui si chiedeva l’installazione di una basculla a ponte. Essendo Maddaloni sede di un mercato di bestiame si verificava inoltre che ogni martedì gli acquirenti terminati i loro affari volevano trovare pronti i carri per poter fare le loro spedizioni. E di conseguenza erano costretti a condurre a piedi alle stazioni di Caserta o di Cancello Scalo il bestiame comprato al mercato. Per quanto concerne al traffico viaggiatori risultava che alla stazione ferroviaria di Maddaloni inferiore c’era un movimento, arrivo e partenza, di circa 500 persone il giorno. Eppure con tutto questo movimento di viaggiatori, a Maddaloni città di circa 22mila abitanti non si fermavano, per motivi diversi i treni diretti. Il che causava danni anche economici e perdita di tempo ai viaggiatori che una volta giunti a Caserta o a Cancello, dovevano noleggiare apposite vetture per poter ritornare a Maddaloni. Approfondendo questi dati si rileva infine che lo Stato riceveva da Maddaloni introiti ammontando a oltre 400mila lire l’anno. Forse potevano essere anche di più potesse disporre di mezzi necessari per soddisfare le accresciute esigenze dei viaggiatori e del commercio. Il 4 maggio 1914 il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone riferì al Consiglio che la Provincia avrebbe coperto il canale di scarico e sistemato la Via Appia che attraversava il territorio di Maddaloni lungo la località denominata “Starza”. La sistemazione della strada era stato chiesto più volte dagli abitanti del luogo perché le acque piovane non potendo defluire stagnavano dando origine a zone pantanose che diventavano dannose per la salute degli abitanti del luogo. Con la copertura dei fossi laterali con relativi parapetti si sarebbero migliorate le condizioni igieniche della contrada. Inoltre gli abitanti del luogo avevano reclamato in precedenza la costruzione di un marciapiede esistente in terra battuta che fosse 82 prolungato per tutto il percorso della strada. Dovendo la Provincia effettuare la sistemazione di Via Appia il sindaco propose al Consiglio di chiedere al suddetto Ente di costruire il relativo marciapiede con il concorso dell’Amministrazione comunale. Il Consiglio approvò all’unanimità la proposta del sindaco. Il 13 maggio il Consiglio comunale in vista della scadenza del contratto di appalto per la manutenzione a brecciame dei tronchi di strade interne di Maddaloni e tenendo conto dei nuovi bandi e con il continuo rincaro della manodopera decise di apportare un lieve aumento all’attuale canone in misura del 10% elevandolo da lire 2.595,88 a lire 2.855,46 cifra che sarebbe stata considerata una base d’asta per i nuovi incanti. Inoltre con una richiesta vistata dal Prefetto si chiedeva alla Deputazione Provinciale di Caserta che fosse “cilindrato” il tronco comunale denominato “Zi Peppe” restando a carico del Comune la spesa del brecciame. Il Consiglio deliberò di procedere ai nuovi incanti, per l’appalto, in base alle condizioni determinate dal Capitolato d’onere. (*). Il 19 settembre 1914 il cav. uff. dr. Giovanni Nuzzi, assessore delegato, riferì al Consiglio che la via a basoli vulcanici, denominata “Ponte Carolino” che si estendeva dal largo S. Sofia fino alla salita denominata “Zi Peppe” e innestandosi sul tratto di via a brecciame che attraverso i Ponti della Valle conduceva a Benevento, si trovava in uno stato pessimo e pericoloso. Detta strada, la migliore e la più lunga arteria della città, aveva bisogno di essere ripavimentata perché i basoli con il tempo erano per la maggior parte rotti, rosi ed avvallati. In considerazione del fatto che per i citati lavori ci doveva essere in concorso dell’Amministrazione provinciale l’assessore Nuzzi chiese il Consiglio di deliberare i seguenti interventi: la pavimentazione della strada; lo stanziamento dei fondi di copertura da inserire nel bilancio 1915; una richiesta motivata indirizzata alla Deputazione Provinciale perché delegasse un ingegnere del proprio ufficio a redigere gratuitamente e con la maggior sollecitudine possibile il relativo progetto tecnico. Il civico consesso prese in considerazione la proposta dell’assessore Nuzzi. Il 12 ottobre 1914 il Consiglio approvò il progetto per la pavimentazione della via Ponte Carolino tenendo conto della nota dell’Ufficio tecnico provinciale di Caserta: “Oggetto - strada provinciale Sannitica – Traversa provinciale nell’abitato di Maddaloni – Lavori di basolato in detta traversa – Progetto nell’interesse del Comune. Ill.mo sig. Sindaco di Maddaloni – Caserta 10 ottobre 1914 – A richiesta di codesta On. Amministrazione incaricato questo ufficio e per esso il sottoscritto a redigere il progetto dei lavori di rinnovamento del basolato della traversa interno della contrassegnata strada Sannitica, per i quali, a norma di legge compete il concorso della Provincia, sono in grado, nei limiti del tempo assegnatomi ed in base del progetto che per orae in “bono”, di esporre quanto appresso” “La traversa provinciale sannitica, pavimentata a basoli, parte dal passo a livello della ferrovia Napoli-Roma e passando pel Largo S. Sofia, Largo S. Antonio, Piazza Trivio S. Giovanni, Largo dei Mulini, raggiunge il suo termine poco dopo nel tratto rasente il fabbricato di detto mulino. Detta traversa nell’abitato di Maddaloni prende il nome di Via 1° Ottobre (I° tratto) dalla origine al Largo S. Sofia, e per tutto il resto prende il nome di Via Ponte Carolino. Il progetto stabilisce i lavori di rinnovamento del basolato pel tronco della Piazza Trivio S. Giovanni e propriamente dall’innesto della Via Starza al termine, di lunghezza m. 930 ed inoltre i lavori di riparazione nell’altro tronco da ivi all’origine, cioè il passo a livello ferroviario di lunghezza m. 960. L’intero importo del progetto è di lire 100mila, in base del quale la provincia dovrà contribuire per 83 lire 25mila. Non mancherò di provvedere a che il progetto sia allestito nella sua piena forma e mandato a Codesta Amministrazione appena pronto. L’ingegnere capo – F.to Vincenzo Borgia”. I lavori dovevano essere eseguiti nella prossima stagione invernale per poter dare sollievo e un mezzo di sussistenza agli operai disoccupati. Nella stessa seduta il Consiglio ratificò la delibera della Giunta comunale per la pavimentazione e sistemazione di altre 4 vie interne comunali, lavori che oltre a migliorare la condizione igienica-sanitaria e la viabilità delle strade costituiva un mezzo di sussistenza per parecchie famiglie di operai: Via Montano – traversa “accosta” al Reale Convitto Nazionale o vicoletto Ponte Carolino; Piazza S. Pietro e parte di via Biscio (Bixio); Viella S. Andrea (denominata Scalera). Successivamente il civico consesso incaricò l’ing. cav. Vincenzo Borgia di redigere i relativi progetti per una spesa complessiva di 32.800 lire. Oltre alla sistemazione delle suddette strade approvò pure la pavimentazione e sistemazione del tronco stradale denominato Feudo che s’innestava in via Cucciarella, il cui importo stimato, sempre dal Borgia, ammontava a lire 15.600.Ovviamente il mutuo complessivo da chiedere alla Cassa Depositi e prestiti sarebbe stato di 48.300 lire. Il 12 ottobre 1914 il civico consesso ritenne opportuno di ammodernare i vecchi orinatoi in modo che fossero più funzionali e maggiormente rispondenti alle accresciute esigenze. L’assessore all’igiene Nuzzi propose un nuovo tipo di orinatoio a sifone “Idriol”, progettato dall’ing. Mario Rasile e ritenuto necessario per la decenza dell’igiene pubblica ed inoltre sollecitò l’installazione di un impianto di una “latrina pubblica”da collocarsi in piazza Mercato in un punto più comodo e centrale. Il 26 ottobre fu approvato invece anche il progetto per la strada Via Ponte Carolino trasmesso dall’Ufficio tecnico provinciale e relativo capitolato (*). Il 10 luglio 1915 il Commissario prefettizio cav. dr. Michele Gizzio emise il pagamento di lire 117,95, a favore del muratore Pascarella Francesco per lavori di misurazione di diversi pozzi siti nel territorio del Comune. Tali lavori furono fatti per indagare se c’era la possibilità o meno di costruire altri pozzi artesiani. Il 4 novembre dello stesso anno il cav. Gizzio stipulò una convenzione con l’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato per la consegna al Comune del piazzale esterno della stazione di Maddaloni torre dell'orologio in via P. Carolino inferiore. Per aprirla al pubblico bisognava fare un collegamento con il piazzale esterno della stazione per renderlo accessibile ai pedoni ed alle vetture. Le Ferrovie dello Stato con una nota dell’Ispettore capo dei lavori del Compartimento di Napoli inviava al Comune la convezione (*) con cui era consegnato il suddetto piazzale. Il 20 maggio 1916 dopo il rifiuto dell’imprenditore Vincenzo di Cicco il Commissario prefettizio richiese l’autorizzazione di poter procedere con una trattativa privata all’appalto dei lavori per la costruzione della strada di circonvallazione. Avuto il nullaosta dal Prefetto 84 prese prima in esame l’istanza di Pietro Argentino, Michele Corbo, Vincenzo e Domenico Iorio, appaltatori d’opera murarie che chiedevano l'esecuzione dei lavori per una somma inferiore sottomettendosi a tutte le condizioni del Capitolato d’onere. La costruzione della circonvallazione esterna era necessaria per dar sfogo al traffico specie pesante. Inoltre l’Amministrazione comunale prima sollecitò il ribasolamento delle arterie interne in modo da non ostacolare il traffico e di non arrecare danni ai tronchi stradali appena pavimentati e poi concesse la relativa autorizzazione. Dato che i lavori avevano subito un evidente ritardo di attuazione da parte delle ditte interessate e siccome questi non potevano essere ulteriormente procrastinati, il dr. Giuseppe Marzano Commissario prefettizio di allora ritenne opportuno fissare un premio all’appaltatore nel caso in cui questi avesse consegnato la nuova strada prima del termine fissato dal capitolato. Il 27 aprile 1918 il nuovo Commissario prefettizio dr. Federico Arcamone per ragioni di norme igieniche decise di far eseguire, al più presto, l’espurgo dei condotti fluviali che erano sottoposti alle strade interne della città. Per tale intervento prese in considerazione l’offerta dell’impresa Desiato Luigi per una somma di lire 1.500 con tutte le voci de Capitolato d’appalto (*).Il 12 aprile 1919 per far rimuovere alcuni inconvenienti di igiene e di sicurezza dalla Via Rosa Domenico Cuccaro inviò al Comune la seguente lettera: “Che si possiede dal Cuccaro al Corso Umberto I°, già I° Ottobre un fabbricato a ridosso del quale vi sono alcune case vetuste e cadenti che hanno il loro fronte sul tratto di strada inghiaiate detta antica via Napoli. Che abbattendosi dette case si stabilirebbe mercé apposti muro una linea continua e non frastagliata con grande vantaggio di questa strada. Che tale nuova linea riuscirebbe compensativa dell’angolo del fabbricato Barletta nell’angolo esterno delle case da abbattersi”. Su parere favorevole dell’ing. Comunale Gaetano de Lillo il Commissario prefettizio dr. Federico Arcamone concesse al Cuccaro un pezzo di suolo per fargli eliminare i problemi relativi al pezzo di strada interessanti la sua proprietà. Il 16 giugno 1922 il cav. dr. Francesco Falcetti Commissario di allora incaricò l’ingegnere comunale Gaetano de Lillo di redigere un apposito progetto per l’adattamento di parte del locale delle ex Domenicane ad uso di uffici di Pretura. Il Giudice, del Mandamento di Maddaloni inviò una lettera al Commissario in cui oltre a richiamarsi alle precedenti richieste rinnovava la preghiera di tradurre in atto la promessa fatta per poter adattare ad uffici la Real Pretura il locale dell’ex convento delle Domenicane di proprietà del Comune. Il 24 giugno 1922 l’Ufficiale sanitario dr. Vincenzo Borgia nel maggio 1922 aveva inviato una relazione al commissario in cui faceva presente gli inconvenienti igienici derivanti dall’attuale sistema di funzionamento dei 5 orinatoi pubblici sparsi per la città. Per l’assoluta mancanza di acqua non era possibile adottare alcun sistema idraulico tanto utile nella stagione estiva per evitare il cattivo odore e le “ammortanti” esalazioni che esalavano. E per ovviare a tali inconvenienti propose l’impianto di orinatoi ad olio “Idrol” già largamente usato in altre città. Il 14 aprile 1923 il Commissario prefettizio prof. Bernardo de Spagnolis approvò il Piano regolatore e di ampliamento redatto dall’ing. comunale sig. Gaetano De Lillo che rispondeva a tutti i criteri e le esigenze di una città in continua espansione e nel contempo si riservò di provvedere al bisogno economico occorrente per la sua attuazione nel prossimo bilancio preventivo e di farlo immediatamente pubblicarlo ai sensi di legge. Il 10 settembre Giovanni Magliocca proprietario di un palazzo sito in Via Pignatari fece istanza 85 al Comune per ottenere l’autorizzazione a costruire due paracarri per difendere il suo stabile dal continuo urto dei veicoli. Il Commissario prefettizio su parere favorevole dato dall’ingegnere capo del Comune cav. Vincenzo Borgia, autorizzò il Magliocca che aveva prodotto l’istanza in nome di sua madre Alfonsina Lombardi a costruire due “colonne scostacarri” secondo forma, dimensioni e materia prescritte dall’ingegnere del Comune. Quattro giorni dopo il rev. canonico D. Agnello Rossi come amministratore della locale filiale dell’Istituto per ciechi di Napoli chiese al Comune l’autorizzazione per costruire un fognotto di scarico delle acque piovane e di riflusso nella fogna comunale del Corso Campano. Nella sua relazione l’ingegnere comunale cav. Borgia metteva in risalto che la costruzione di tale fognotto oltre a non arrecare alcun danno alla pubblica salute anzi avrebbe eliminato tutti gli inconvenienti derivanti dall’irregolare deflusso delle acque piovane e non nel giardino dei ricoverati. Letta la relazione il Commissario concesse la relativa autorizzazione a patto che fossero rispettate alcune precise norme e determinate condizioni prescritte dall’Amministrazione comunale. (*) Il 30 settembre 1923 il professore Bernardo de Spagnolis prese in visione la relazione dell’ing. Silvio Biffis relativa al progetto di trasformazione del Largo Monte dei Pegni in un piccolo giardino pubblico che oltre ad abbellire la località rispondeva alle esigenze di ordine igienico: “Ill.mo sig. Commissario Prefettizio del Comune di Maddaloni, il richiesto studio di trasformazione del Largo Monte dei pegni in un piccolo giardino pubblico, come rilevasi dal disegno allegato, il terreno messo a disposizione verrebbe coltivato a prato con un unico viale che mette capo al cancello di accesso. La parte di centro, con forma circolare avrà una o più aiole coltivate a fiori. La forma ed il numero delle stesse, potrà di tempo in tempo venire modificata. Nel rimanente terreno a prato saranno piantate gli alberelli e gli arbusti destinati a formare le messe verdi. Nella scelta delle varie piante da impiegarsi fu presa in particolare considerazione il portamento delle stesse e la colorazione del fogliame sì da raggiungere nei limiti concessi della ristrettezza del terreno messo a disposizione, un giardino che appaghi alle esigenze paesaggistiche o scenografiche dei piccoli parchi. La parte anteriore verso il Corso 1° Ottobre, a porzione di quello verso il manufatto Barletta saranno limitate da una cancellata di ferro. All’uopo, sarà fatto uso di quello esistente oggi giorno nei pressi del Palazzo comunale. Il cancello di accesso sarà d ferro e sostenuto da due pilastri di cemento armato. Il rimanente giardino sarà limitato a levante ed a mezzogiorno da una serie di massi calcarei di grosse dimensioni alti circa m. 0,50 x m. 6; questi massi saranno riuniti tra loro con un po’ di calce in, maniera da mantenere la struttura della roccia naturale. Sopra questi muriccioli saranno infissi dei paletti di legno di castagno e tesata alcuni fili di ferro spinoso. Nel computo delle spese, che ammontano a lire 5.200, sono previste solo lire 500 per acquisto di piante in genere, e ciò per le assicurazioni avute che la massima parte delle stesse si potrà avere gratuitamente dai giardini di Enti e di privati, che elogiando l’idea avuta dalla S.V. ill.ma desiderano di concorrere e di facilitare la costruzione del piccolo giardino che riuscirà di abbellimento alla Città. Per l’inaffiamento delle piante, delle aiuole, e dei tappeti erbosi fu preventivato un apposito idrante. Si allega alla presente: a) Il computo del lavoro; b) una pianta del giardino con l’indicazione delle varie qualità di alberi ed arbusti previsti. Con tanto ossequi. F.to Silvio Biffis”. Letta la relazione e chiesta la relativa approvazione al Prefetto il Commissario deliberò l’esecuzione dei lavori a trattativa privata. 86 L’11 ottobre 1924 il prof. De Spagnolis esaminato il progetto redatto dall’ing. Silvio Biffis autorizzò la costruzione di un altro orinatoio pubblico, in corrispondenza al largo Monte dei Pegni nel locale di proprietà del Comune, sito al Corso 1° Ottobre dalla parte del vicoletto denominato S. Andrea. I lavori in parola, considerato della massima urgenza, furono affidati all’impresa Alfredo Bove di Angelo eseguiti sotto la direzione del progettista ing. Biffis. Nella stessa data fu approvata la costruzione di un abbeveratoio, in corrispondenza della torre dell’orologio, in Via Ponte Carolino. Il progetto fu redatto dall’ing. direttore dei lavori dell’acquedotto, sig. Silvio Biffis, l’abbeveratoio pubblico sarebbe servito anche alla popolazione che poteva attingere l’acqua potabile per usi domestici. Il 13 gennaio 1928 il Podestà cav. Sorvillo tolse dalla pianta organica del Comune l’Ufficio tecnico comunale perchè “l’ingegnere capo del Comune Francesco Ignarra non disponendo di personale tecnico adeguato non poteva da solo far fronte ai numerosi e svariati compiti necessari all’attuazione dei lavori pubblici. L’Amministrazione comunale per la carenza di personale tecnico era costretta a servirsi dell’opera di altri ingegneri con un notevole aggravio sul precario bilancio comunale. Il funzionamento e la manutenzione del nuovo acquedotto richiedevano uno speciale Ufficio tecnico. Il dirigente dell’Ufficio tecnico comunale non era specializzato nei lavori idraulici e quindi non poteva essere messo a capo del nuovo ufficio. Per ragioni di bilancio l’Amministrazione comunale non poteva mantenere i due uffici e quindi era opportuno costituire il primo e togliere il secondo”. Il Podestà cav. su parere favorevole della Consulta municipale deliberò: Lo scioglimento dell’Ufficio tecnico municipale. L’istituzione del nuovo Ufficio tecnico per il servizio dell’acquedotto costituito dal seguente personale: Un direttore tecnico ing. Silvio Biffis, un assistente tecnico, un vigilatore dell’acqua e dell’illuminazione elettrica, un capo fontaniere meccanico, un aiuto fontaniere e un esattore letturista. Il personale del vecchio ufficio tecnico sarebbe stato trasferito al nuovo ufficio. L’ing. direttore Francesco Ignara e il giardiniere Francesco Cassaro del disciolto ufficio tecnico erano licenziati con la corresponsione a titolo di indennità sei mesi di stipendio. Al nuovo direttore e al letturista Gaetano Di Bernardo non sarà corrisposto alcun assegno fisso ma soltanto la percentuale sugli introiti dell’acquedotto: al primo nella misura del 3% ed al secondo il 3% sulle prime 100mila lire, il 2% sulle somme fino a 200mila lire e del 1% sulle somme superiori alle 200mila lire. Il direttore tecnico e il letturista non erano considerati impiegati in pianta stabile del Comune. Il 2 maggio 1928 furono effettuati dei lavori di restauro e di finitura del 1° piano del fabbricato comunale, in via 1° Ottobre. Il Podestà constatato che il fabbricato comunale sito in via 1° Ottobre per vetustà e per il completo abbandono di manutenzione in cui era stato lasciato da molti anni si trovava in deplorevole condizione di conservazione ed era inabitabile sia nei rispetti dell’igiene che del decoro. Per evitare danni maggiori a tutto il fabbricato che avrebbe comportato all’Amministrazione una grossa spesa ritenne opportuno provvedere a radicali lavori di restauro e di finitura e essendo i locali tenuti in fitto e non potendoli farli sgombrare ritenne conveniente intervenire nel restauro primo al pianoterra e poi al 1° piano. Il pianoterra essendo privo del servizio igienico fece costruire una “latrina”. Il cav. Sorvillo approvò il progetto redatto dall’ing. Ernesto Penzi per un importo di 5500 lire e affidò l’esecuzione dei lavori alla ditta Gaetano Giannini. Il 18 luglio lo stesso 87 podestà emise una circolare con cui ordinava a tutti i proprietari degli stabili e muri di cinta prospicienti aventi segni di vetustà che si affacciavano lungo: Corso Galazia, Piazza gen. Ferraro, Corso 1° Ottobre, Largo Monte dei Pegni, Piazza Umberto 1°, Via Armando Casalini e via Tifata di provvedere entro il termine di 180 giorni alla relativa attintatura previo restauro dell’intonaco di tutte le facciate esterne esposte alla pubblica vista. Anche la Casa comunale sita nella Piazza Umberto 1° aveva bisogno di lavori di restauro, di intonacatura e di riattintatura. Per dare il buono esempio agli altri proprietari interessati al problema il Podestà sollecitò l’ingegnere comunale ad iniziare per prima i suddetti in modo che fossero completati nel tempo stabilito dall’ordinanza. Presa visione della perizia dei lavori occorrenti per il palazzo municipale redatta dal geometra Michele Compagnino dello studio tecnico di ingegneria Pane e Campopiano che ammontava a 8.500 lire deliberò di affidare i lavori allo stuccatore Antimo Ricciardi di Maddaloni proposto dallo stesso geometra. Il 27 aprile 1929 il Podestà: visto che il canale di fognario posto a ponente del Corso 1° Ottobre non scorreva in modo lineare per circa 10 metri creando nel contempo rigurgiti agli scoli che erano immessi nel canale. Letta la relazione dell’Ufficiale sanitario che a causa della discontinuità del condotto fognario il materiale putrido ristagnava creando cosi stazione Maddaloni Inferiore un ammorbante cattivo odore che poteva inoltre rappresentare un gravissimo pericolo per le sorgenti del pozzo comunale sito poco distanza che alimentava il civico acquedotto. Per la tutela della pubblica igiene era necessario ed urgente provvedere ad eliminare subito detto gravissimo inconveniente. Per detti lavori la cui priorità di esecuzione spettava al ripristino del lastricato stradale di accesso al Largo dei Pegni occorreva una spesa di 1330 lire. Lo scalpellino Alfredo Bove era l’unico specializzato in città per lavori di lastricati. Il Podestà quindi dopo aver tenuto in debita considerazione il parere della Consulta affidò i suddetti lavori alla direzione e sorveglianza dell’ing. Biffis e allo scalpellino Bove che godeva della piena fiducia da parte dell’Amministrazione. Il 3 ottobre 1929 a Maddaloni si verificò una vera rinascita edilizia e di giorno in giorno si trasformava con l’attuazione dei restauri dei suoi palazzi, con l’attintatura delle facciate delle case e dei muri di cinta in una città che per decoro edilizio, per le opere igieniche e per i servizi pubblici poteva definirsi una delle città più importante della Provincia. Per abbellire e per rendere più efficiente la Piazza Monte dei Pegni dove aveva sede il Monumento ai Caduti maddalonesi che era circondato da un bellissimo giardino e a un’artistica cancellata il Podestà ritenne opportuno di sistemare con un’adeguata pavimentazione la metà della detta piazza costituita da un calpestio in terra battuta. Su parere favorevole della Consulta municipale il podestà approvò il progetto dell’importo di 88 23000 lire presentato dalla studio tecnico ing. & C. Pane e Campopiano per la sistemazione e lastricamento di una parte della detta piazza. Inoltre stabilì un capitolato d’appalto per l’ammissione alla gara d’appalto e che il pagamento della somma totale avvenisse in tre rate annuali. Il 2 marzo 1931 furono effettuati dei lavori stradali, atti ad eliminare infiltrazione di acqua riscontrate in alcuni bassi della Via Fabio Massimo. A seguito dei lavori effettuati sull’impianto dell’acquedotto in Via Castello (3° Formale) si verificarono alcune infiltrazioni di acqua nei bassi situati lungo la via Fabio Massimo. Per calmare le proteste degli abitanti del posto e per evitare danni alla sede stradale il Podestà cav. Sorvillo deliberò con urgenza i detti lavori affidandoli al capomastro muratore Corbo Michele di Vincenzo con uno sconto del 5%. Il 2 maggio il podestà ridusse il compenso al meccanico Evangelista Sagnelli addetto alla manutenzione degli orologi pubblici in Piazza S. Martino, Via Ponte Carolino e Piazza Umberto 1° (Villaggio dei Ragazzi). Il 9 maggio invece fece effettuare la riparazione e la rinnovazione di chiusini e di basoli situati in Via Capillo e Corso Campano. Inoltre deliberò pure i lavori di riparazione e di rifacimento al basolato nel violetto S. Pietro, in Piazza gen. Ferraro e Corso Campano. Il 15 febbraio 1932 per la mancanza di un’adeguata rete fognaria alcuni cittadini abitanti nelle vie Pignatari, Maddalena, S. Antonio Abate e Fabio Massimo reclamarono presso Comune perché erano costretti a riversare lungo le strade gli scoli e le acque luride delle loro abitazioni causando pestifere esalazioni dannose alla salute pubblica. Per poter migliorare le condizioni igienico-sanitarie delle su citate strade il Vice Podestà cav. dr. Filippo Iorio ritenne opportuno provvedere alla costruzione della relativa fognatura. Visto il progetto redatto dall’ing. Biffis che prevedeva la costruzione della fognatura e la sistemazione del lastricato stradale per una spesa cosi suddivisa: Via Pignatari 18.500 lire, Via Maddalena 22.100 lire; Via S. Antonio Abate 18.900 lire e Via Fabio Massimo 42.500 lire lo approvò con la clausola che ogni tronco delle 4 strade doveva costituire un lotto distinto dagli altri per i pubblici incanti. Il 12 dicembre dello stesso anno sentito il parere dell’Ufficiale sanitario di allora che sottolineava l’urgenza dell’espurgo di alcune strade il Podestà cav. Sorvillo indisse una licitazione privata fra le ditte della città che avevano presentato il progetto per l’esecuzione dei lavori d’espurgo lungo le vie: Troiani, Pignatari, Fabio Massimo, Ponte Carolino, S. Francesco d’Assisi, Bixio e Piazza Umberto 1°. Oltre ad approvare i suddetti lavori accettò il progetto redatto dall’ing. Domenico Vigliotta relativo ai lavori di sistemazione e di mantenimento delle strade “inghiaiate”: “Zipeppe”, Cucciarella, Caudina e Macello vecchio. Il 20 gennaio 1933 per venire incontro alle richieste degli abitanti della zona detta “Macello vecchio” che chiedevano un impianto d’acqua potabile in quanto erano costretti a bere acqua dei pozzi che oltre a non rispondere alle principali norme d’igiene costituiva un pericolo continuo la loro salute. Il Podestà cav. Sorvillo accogliendo la richiesta dei cittadini interessati al problema approvò il progetto redatto dall’ing. Penzi relativo all’ampliamento dell’impianto di distribuzione dell’acqua potabile lungo la via provinciale di Nola ove si trovava la suddetta zona. Nella stessa data il podestà visto le condizioni disastrose di alcune strade “inghiaiate” causato dall’incuria e dalla stagione piovosa ritenne opportuno provvedere alla loro sistemazione per dare lavoro ai numerosi disoccupati maddalonesi. Sentito il parere della consulta municipale deliberò approvare la perizia e il preventivo dell’ing. Vigliotta relativa ai lavori delle strade inghiaiate: Cornato, Montella, 89 Loreto, Capillo, Montano, Starza e Cinquevie. I lavori di sistemazione con l’impiego di brecciame dovevano essere diretti da un ingegnere e appaltati tramite licitazione privata secondo un capitolato d’appalto. Nella stessa data il Podestà approvò il progetto dei lavori di sistemazione e costruzione di una piazzetta al Largo Ferrovia con una nuova pavimentazione della traversa prospiciente la stazione ferroviaria e parte di Corso 1° Ottobre. Detta sistemazione della piazzetta era stata già precedentemente trattata dalle precedenti amministrazioni comunali: “Che con deliberazione commissariale del 4 novembre 1915, approvata dalla G.P.A. dell’ex provincia di Caserta, il Commissario prefettizio di allora deliberava approvare lo schema di cessione al Comune del piazzale esterno della stazione di Maddaloni inferiore di proprietà delle Ferrovie dello Stato (piazzale chiuso alle vetture ed aperto ai pedoni) e ciò allo scopo di permettere al Comune di allacciare una costruendo piazza adiacente alla stazione con la strada 1° Ottobre e rendere cosi la stazione accessibile anche alle vetture. La cessione in base al suddetto schema era subordinata fra l’altro all’obbligo da parte del Comune dei seguenti lavori: a) automobile e carrozzella d'epoca Lastricatura con basoli il piazzale, b) costruire un marciapiede parimenti basolato dinnanzi al fabbricato viaggiatori, c) assicurare lo scolo dell’acqua del piazzale. Obblighi questi che dal Comune non sono stati mai adempiuti. “Il tratto della strada basolata 1° Ottobre che va dall’innesto con la Via Caudina al passaggio a livello della Roma-Napoli rappresenta la continuazione nell’interno della città della strada provinciale sannitica, ed è l’unica grand’arteria di comunicazione tra la città di Napoli con la provincia di Benevento, ed è in più passaggi obbligatori di una gran parte del traffico proveniente dall’ex provincia di Caserta e delle centinaia e centinaia di carri agricoli che mattina e sera fanno la spola fra la città e la campagna dell’agro maddalonese. Che tale tratto di strada già esausto per più di un trentennio di vita è oggi in cosi cattive condizioni di conservazione da rappresentare un serio ostacolo al traffico stesso, specie per quello pesantissimo dei numerosi carri che dalle molteplici cave di Maddaloni sono obbligati a passare per tale tratto di strada per trasportare il materiale calcareo ai diversi paesi della provincia”. “Considerato, per primo, che l’unica via d’accesso al fabbricato della stazione era costituita dalla piccola zona di terreno ceduta al Comune dalle FF.SS. il cui piano stradale era mantenuto a brecciame e che non aveva scolo per le acque, né marciapiedi, di modo che, specie nella stagione invernale, tale piano per l’azione delle acque si riduceva in una vasta zona di pozzanghera e di fango, tanto da rendere quasi impraticabile il transito dei viaggiatori. Considerato, altresì, che mancava addirittura dello spazio necessario per lo stanziamento delle pubbliche vetture e servizio dei viaggiatori, e degli autobus della linea Maddaloni-S. Agata dei Goti, sicché, di conseguenza si rendeva necessario sia per il lato igienico, ma per la necessità di servizio e di transito, come di necessario decoro della città, giungere ad una sistemazione completa della zona prospiciente la stazione provvedendosi 90 alla sistemazione delle acque con apposita fognatura, in collegamento con quelle già esistenti, alla pavimentazione con basoli del piano stradale ed alla costruzione di un marciapiede per i pedoni, lungo il tratto del fabbricato della stazione”. “Fatto presente che per rendere possibile il regolare servizio dello stanziamento e del movimento per i viaggiatori delle pubbliche vetture e degli autobus, si prospettava la possibilità di aprire, nell’adiacenza della stazione, una piazza adatta allo scopo. Rilevato che la completa sistemazione del tratto di via 1° Ottobre si poteva ottenere provvedendo alla sostituzione completa di tutto il piano stradale con basoli di prima classe e ciò allo scopo non solo di dare al piano stradale la resistenza necessaria voluta da un’arteria di gran transito, ma anche di ottenere, con tale ottima sistemazione, una durata di conservazione assai rilevante, in vista della grave difficoltà che si presentava per il transito che non si poteva deviare su altre strade urbane”. “Visto il progetto di sistemazione e costruzione di una piazzetta al Largo ferrovia con nuova pavimentazione della traversa adiacente alla stazione ferroviaria e parte del Corso 1° ottobre presentato dall’ing. Ernesto Penzi con cui oltre ai suddetti lavori prevedeva alla costruzione della fogna nella traversa anteriore alla stazione ed alla pavimentazione con i basoli di risulta di detta traversa e della piazzetta per un importo di lire 141.673,20. Esaminata la domanda presentata dalla Ditta Romolo Farnetti disposta ad eseguire i lavori in base ai pagamenti prefissati con una riduzione nella misura del 10% il podestà ritenne conveniente l’offerta per le seguenti ragioni: “La ditta Farnetti essendo di Maddaloni sarebbe stata soggetta al controllo materiale e morale dall’intera cittadinanza e quindi obbligata ad un’esecuzione dei lavori se non perfettissimi almeno sempre tale da soddisfare non solo le esigenze del Comune ma da far fronte sempre e vittoriosamente alle critiche ed ai facili biasimi della popolazione. La ditta essendo locale avrebbe avuto tutto l’interesse di favorire l’economia locale evitando cosi “esulazione” di denaro dal proprio Comune: elemento questo che nel periodo di crisi economica era da tenersi in seria considerazione. La ditta Farnetti già per altri importanti lavori eseguiti per conto del Comune offriva tutte le garanzie per un ottima esecuzione degli stessi. La trattativa privata con la ditta Farnetti permetteva di iniziare subito dopo il visto d’approvazione dall’Autorità Superiore oltre a far guadagnare tempo aiutava a fronteggiare nei prossimi mesi la disoccupazione sempre sensibile degli edili, e specie quella degli operai scalpellini che erano numerosi in Maddaloni e da molto tempo senza lavoro. Quindi era il caso di presentare la domanda all’Alta Autorità tutoria perchè volesse autorizzare l’Amministrazione comunale a concedere l’appalto dei lavori alla ditta Farnetti mediante trattativa privata”. Il Podestà quindi approvo il progetto in questione. Il 25 febbraio 1933 il Podestà fece riparare il basolato nelle vie Roma, Montano e S. Francesco d’Assisi e sistemare il brecciame in Via Caudina strada che poi fu interessata ad altri interventi per renderla più efficiente e funzionale. Il progetto in merito presentato dall’ing. Domenico Vigliotta per un importo di 6000 lire prevedeva la costruzione di una banchina sul lato destro e gavetta su quello sinistro per poter regolare il convogliamento delle acque piovane e non. L’intervento era dettato dal fatto che detta strada era soggetta al passaggio carri pesanti che ne logoravano il manto stradale. Nell’aprile dello stesso anno furono effettuati lavori di riparazione con la sostituzione del basolato lungo il tratto di strada dalla Piazza generale Ferraro all’angolo della chiesa in Via S. Francesco d’Assisi convento dei Frati minori e Convitto Nazionale “G.Bruno”. Inoltre nell’ottobre dello stesso 91 anno il podestà deliberò la costruzione di un marciapiede lungo il fabbricato della stazione ferrovia di Maddaloni Inferiore: “Premesso che per la piazzetta che si sarebbe aperta davanti alla stazione ferrovia, la quale serviva, come unico transito ed accesso, ai viaggiatori in partenza ed in arrivo, era ancora in terreno battuto e senza la dovuta regolarizzazione dell’acqua piovana; cosicché nella stagione invernale, per le pozzanghere ed il fango che si ristagnavano, diventava quasi impraticabile, con grave disagio dei viaggiatori e con poco decoro per la città. Considerato che nella attesa che si provvedesse ai lavori di fognatura ed alla pavimentazione di tutta la piazzetta, si rendeva opportuno e doveroso di costruire almeno un marciapiede, lungo il fabbricato della stazione, che prospettava sulla piazzetta, in modo da concedere ai viaggiatori un passaggio pulito e sicuro, dell’adiacente strada a basolato, ai locali interni della stazione. Visto il progetto presentato dall’ing. Domenico Vigliotta, per la somma di lire 1.678,50; sentita la ditta Alfredo Bove che accettava di eseguire i lavori offrendo un ribasso del 5%, deliberò i suddetti lavori”. Il 20 ottobre 1933 l’ing. Domenico Vigliotta presentò i progetti per la sistemazione e mantenimento delle strade comunali inghiaiate: “Progetto n. 1 comprendeva le strade Maddaloni superiore, tronco sannitico ai Mulini e Zipeppe, Cucciarella, Starza, Montano, Macello vecchio e Caudina, Sannitica, Maddaloni inferiore, Capillo e Bixio. Progetto n. 2 comprendeva le strade: Pintime, Campolongo 1° e 2° tratta, Montevergine, Cornato, Montella, Loreto e Cinquevie. Progetto n. 3 comprendeva le strade: Ficucella, Boscorotto, Calabricito, Montedecore. In tutto per una spesa di lire 45.100”. Il 26 aprile 1935 il Podestà cav. Sorvillo per poter eseguire alcuni lavori onde alleviare la crescente disoccupazione diffusa in maggior parte nella classe dei contadini dei terrazzieri deliberò l’approvazione delle seguenti spese: “Lire 2.600 per pagamento di giornate lavorative, acquisto e trasporto materiale e di attrezzi da lavori di spianamento della Piazza Mercato. Lire 1.478,09 per il pagamento di giornate ed acquisto materiali per i lavori di sistemazione delle vie comunali Montano e Cucciarella. Lire 302 per acquisto di calce e per giornate occorse per la pulizia generale e disinfezione delle stalle in occasione del passaggio e permanenza del Reggimento di Cavalleria Aosta. Lire 265 per giornate lavorative ad operai adibiti allo spianamento del campo sportivo. Lire 160 per giornate lavorative occorse per lo spianamento del recinto del Cimitero. Lire 50 per giornate lavorative occorse per la pulizia della villa comunale e del viale che conduce al serbatoio del Civico acquedotto. Lire 4.899,05 occorsa per lavori ordinati in economia dal Comune per fronteggiare la disoccupazione”. Il 15 luglio dello stesso anno il podestà in virtù delle nuove norme sulla tutela dell’igiene e sanità emise un’ordinanza con cui faceva obbligo ad alcuni proprietari di uno stabile sito in Via Casalini attuale S. Andrea di eseguir i lavori di riparazione della fognatura del palazzo che refluendo nella pubblica strada metteva in serie pericolo la salute pubblica. Visto che nonostante i ripetuti richiami impartiti dai vigili sanitari ai proprietari per far effettuare i suddetti lavori che non si erano per niente preoccupati dell’ordinanza municipale il Podestà fece eseguire i lavori d’ufficio su progetto redatto dell’ing. Raffaele Del Monaco dividendo la spesa tra gli interessati. Il 14 marzo 1936 i coloni abitanti nella strada comunale denominata “Calabricita” inoltrarono ripetuti reclami al Comune chiedendo la sua sistemazione e riparazione a causa delle continue piogge era diventata impraticabile per raggiungere i loro poderi con i carri e i carretti di campagna. Il Podestà constatato che realmente la citata strada si trovava in un 92 cattivo stato di manutenzione approvò i lavori di sistemazione impiegando terrazzieri e carrettieri disoccupati Il 5 luglio dello stesso anno fu stipulato uno schema di convenzione fra l’Azienda Autonoma Statale Stradale con sede a Caserta ed il Comune per la costruzione di una variante esterna in sostituzione del tratto della strada statale n. 7 Via Appia che attraversava l’abitato di Maddaloni. Secondo un capitolato d’intesa fin dall’anno 1934 era stato stabilito che Via Roma sarebbe diventata parte integrante della nuova strada statale Capua-Caserta-Benevento-Ponte Calore con l’obbligo da parte del Comune di provvedere alla sua regolare manutenzione. Via Roma lunga circa 800 metri era costituita da un tracciato curvilineo con diverse strozzature e privo di marciapiede tale da rendere difficoltosa la visibilità ed il transito dei veicoli. Inoltre la stessa arteria oltre ad essere trafficata dalla numerosa popolazione e dagli scolari che giornalmente si recavano presso il nuovo edificio scolastico di Via Roma annotava numerosi bassi abitati che si affacciavano sulla stessa. La sua pavimentazione a basoli vulcanici era in uno stato pietoso tanto da non consentire lo svolgimento dell’intenso traffico dei mezzi pesanti. Il Podestà prendendo in considerazione tutti questi aspetti fece richiesta al Compartimento dell’A.A.S.S. di Caserta di costruire una variante il cui tracciato (oggi Viale Libertà) sarebbe venuto a passare esternamente alla città toccando le strade comunali: Montevergine, Cornato, Caudina e le piazze S. Sofia e generale Ferraro. Nell’aprile del 1937 il cav. Sorvillo fece poi restaurare i locali del 1° piano di uno stabile comunale sito al Corso 1° Ottobre per adibirlo a sede degli studenti universitari. Il 28 giugno 1941 il direttore dell’Ufficio tecnico comunale metteva in risalto in una relazione la necessità di costruire per ragione d’igiene e di decenza un marciapiede davanti all’edificio di proprietà di Antonio Bove adibito a caserma dei Reali Carabinieri sito tra Via Sergente Del Monaco e la Piazza generale Ferraro. Il Commissario prefettizio cav. dr. Alfredo Di Vico accolse l’istanza dell’Ufficio tecnico ed eseguì i lavori in questione. Il 16 agosto 1944 il Sindaco cav. Luigi Brancaccio riferì alla Giunta municipale comunale che per costruire i rifugi necessari al ricovero della popolazione maddalonese durante le incursioni aeree furono ostruite e danneggiate diverse strade comunali. Per ripristinarle al libero transito e per evitare problemi ed inconvenienti alla pubblica incolumità aveva incaricato l'impresa Alfredo Bove di riparare le strade danneggiate per l’esecuzione dei predetti lavori. La Giunta dal suo canto approvò all’unanimità l’operato del Sindaco. Nel mese di agosto il primo cittadino fece notare che erano state trovate per caso nella caserma Annunziata le due campane dell’orologio della torre della caserma N. Bixio precedentemente riparate a Milano da una ditta specializzata. Le stesse furono rimesse al loro posto dal manutentore Evangelista Sagnelli per richiesta del Comando dell’Ospedale militare alleato. In autunno poi la Giunta municipale dopo aver chiesto l’autorizzazione al Governo militare alleato deliberò alcuni lavori straordinari per riparare alcune strade cittadine disastrate dal passaggio dei carri armati e la conseguente rete idrica urbana. Nel ottobre del 1944 l’Amministrazione comunale effettuò la manutenzione degli edifici municipali occupati dalla Polizia americana e dal Corpo dei Vigili urbani. Nel gennaio del 1945 il Sindaco cav. Brancaccio prese urgenti provvedimenti per riparare i guasti causati dal traffico pesante degli automezzi alleati alle condutture private dell’acquedotto la cui riparazione non rientrava nei compiti dell’Amministrazione comunale secondo: “L’art. 5 del regolamento per la distribuzione dell’acqua potabile attualmente vigente nel Comune, al comma 2 stabilisce la manutenzione delle diramazioni 93 private della tubatura principale stradale al contatore è ad esclusivo carico degli utenti”. Fece notare il primo cittadino che dal giorno della liberazione della nostra città dagli Alleati il traffico degli autoveicoli pesanti che trasportavano carri armati ed altro materiale aveva reso inutilizzabili alcune strade cittadine causando di conseguenza la rottura delle tubazioni private dell’acqua. In seguito a ciò, ne conseguiva che gli utenti dell’acquedotto chiedevano che le spese di riparazioni delle condutture fossero sostenute dall’Amministrazione comunale, non potendo essi rivalersene contro le truppe alleate. Il Sindaco riteneva invece che in base all’art. 5 l’Amministrazione doveva mettere a carico degli utenti la manutenzione delle private tubazioni logorate dal tempo e dall’impiego di pessimo materiale. Invece i danni causati alle private condutture per rottura dei pavimenti stradali dovevano ricadere necessariamente all’Amministrazione comunale che era tenuta alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria. Il 18 ottobre del medesimo anno in base a un Decreto Legge del giugno 1945 che conteneva le disposizioni per il ricovero dei rimasti senza tetto e degli edifici danneggiati dagli eventi bellici la Giunta municipale istituì un’apposito Comitato composto dal sindaco o da un suo delegato e da due membri della Giunta stessa per le riparare i danni causati dalla trascorsa guerra. Con una votazione segreta all’unanimità furono nominati membri del Comitato: prof. Arcangelo De Simone rappresentante dei senza tetti e Vito Bove - rappresentante dei proprietari di fabbricati. Il 14 dicembre 1946 il Sindaco cav. Brancaccio riferì al Consiglio comunale che il Ministero dei Lavori pubblici aveva assegnato al Comune la somma di 25 milioni da restituire in 30 annualità senza interesse per un lotto di lavori per le riparazioni dei danni di guerra. Per dar lavoro ai numerosi disoccupati il primo cittadino propose di approntare un programma onde stabilire quali lavori entravano nella categoria dei danni di guerra completamente a carico dello Stato e quelli per aiutare i disoccupati che metà erano a carico dello Stato e l’altra metà gestita dal Comune. Dopo una lunga discussione l’Assemblea consiliare approvò un programma che prevedeva i lavori di riparazione dei danni di guerra cosi distribuiti: Restauro e riparazione dei locali del Liceo e dell’edificio scolastico “Cap. Mario Sena” e fornitura di arredamenti scolastici lire 2.000.000, sistemazione della pavimentazione delle strade comunali basolate lire 5 milioni e pavimentazione di quelle esterne lire 4 milioni, rafforzamento e restauro dell’edificio scolastico ex Domenicane lire 3.200.000 e ristrutturazione al Carcere mandamentale lire 400.00. Per un totale Lire 12.600.000. Inoltre il civico consesso approvò altri interventi per dare un sostanzioso sollievo alla disoccupazione invernale: Lavori alla centrale di sollevamento civico acquedotto lire 3 milioni; impegni al Cimitero diretti ad evitare la parte soggetta alle acque piovane lire 80.000, restauro, ampliamento e sistemazione dell’ospedale civile lire 3.200.000, sistemazione della fognatura al vicolo 1° di Via N. Bixio (tra via Bixio e via Maddalena antica) lire 60.000, risanamento della contrada “Rotonda” lire 1.200.000, costruzione di “latrine” e orinatoi e bagni pubblici lire 1.600.000”. Il 1 novembre 1947 a seguito di persistenti piogge l’acqua piovana mista a detriti vari dalle colline a nord dell’abitato di Maddaloni ed a oriente della strada provinciale Sannitica prive di boschi si riversò con furia nell’abitato e nelle campagne adiacenti. Nella sua incontrollata corsa l’acqua non essendo opportunamente incanalata travolse e danneggiò qualsiasi cosa lungo il suo cammino provocando la morte di due giovani e notevoli danni alle abitazioni ed ai frutteti. Per fronteggiare i danni causati dall’alluvione la Giunta programmò i seguenti interventi: il rimboschimento delle colline circostanti l’abitato, 94 l’imbrigliamento dei canaloni di scarico, il riscavamento ed ampliamento del fosso di scolo lungo la strada sannitica e la costruzione di opere murarie agli imbocchi e alla immissione degli scarichi nel recipiente naturale costituito dai corsi dei Regi Lagni inoltre fece richiesta al Genio civile di predisporre gli accertamenti necessari per la preparazione dei lavori occorrenti per eliminare i numerosi inconvenienti. L’11 febbraio 1948 l’Ufficiale sanitario di allora riferì alle Autorità costituite che nel rione denominato “Macello vecchio”, a causa del caldo afoso, si erano verificati parecchi casi di malattie infettive perché gli abitanti del luogo bevevano l’acqua non potabile dei pozzi. Dopo aver letto la relazione del sanitario che metteva il risalto le impellenti ragioni igienico-sanitarie la Giunta municipale fece impiantare dall’impresa Alfredo Bove un fontanino pubblico per assicurare l’approvvigionamento idrico agli abitanti meno abbienti del rione. Il 28 febbraio 1949 per poter costruire case economiche e popolari e per poter riparare le altre abitazioni per i danni subiti durante il periodo bellici la Giunta municipale, anche per motivi igenico-sanitari fece richiesta di opportuni fondi alla E. R. P. (Piano di Ricostruzione europea) al Ministero dei Lavori Pubblici. Per i danni di guerra si parlava di riparare e sistemare la strada “Calabricito”, restaurare i locali dell’ospedale civile e sistemare il brecciame in Via Cucciarella e intervenire sui basoli delle vie S. Francesco e Ponte Carolino. Per quanto riguardava la bonifica agraria le zone interessate erano situate nella contrada “Rotonda”. Inoltre bisogna intervenire sul sistema idraulico-agrario dei bacini Calvario e Grado e sul canalone del Vallone di Cervino. Per quanto concerne le case bisognava prima restaurare e ampliare la Casa comunale; inoltre si dovevano costruire case popolari da destinare anche agli impiegati e infine era opportuno sistemare i locali del Lazzaretto comunale. In relazione alle opere igienico-sanitarie era opportuno sistemare gli scarichi delle fognature urbane in Via Cucciarella e Campolongo e il sistema idraulicostradale in via Ponte Carolino (2° tratto). Senza contare che andava costruita una nuova fogna in Via Starza e nel primo tratto di via Cimitero; infine bisognava dotare il centro urbano ed il cimitero di orinatoi e di “latrine”. Per quanto concerne le altre opere: era opportuno “basolare” Via Tiglio S. Biagio, Capillo, la Rosa, Starza e Montedecore; riparare la pavimentazione delle strade della zona alta via Alturi, S. Benedetto, Sambuco, Fabio Massimo e Formali e costruire un canale e una vasca in muratura per evitare gli allagamenti al Cimitero comunale. Il 27 giugno dello stesso anno la Giunta comunale, constatato che nell’abitato urbano mancavano orinatoi pubblici il che aveva creato disagi ed inconvenienti ai cittadini e ai forestieri, fece installare 5 vespasiani in cemento armato a due posti dotati di acqua corrente e scarichi: nello Scalo ferroviario di Maddaloni Inferiore, in Piazza Umberto 1°, in località Starza, nel largo “Mulini” ed in Via Roma (largo Cappuccini ed inoltre dotò il Mercato di un efficiente servizio igienico per poter soddisfare le necessità fisiologiche di quanti frequentavano il mercato e fiera settimanale nella giornata di martedì. orinatoio pubblico di una volta Capitolo ottavo Sanità e Assistenza sociale 95 Il 7 novembre 1879 l’Amministrazione comunale presieduta dal Sindaco Filippo Lombardi istituì un asilo infantile denominandolo “Regina Margherita” nel rione Pescara. Il 28 marzo 1899 la Giunta comunale ritenne opportuno assumere come levatrici condotte Caterina Cianciola e Leonilda Tocco per sostituire Carolina Ruotolo partita per l’America e un’altra occorreva per poter fronteggiare il crescente servizio ostretico. Il 15 maggio la Giunta impegnò una spesa di lire 2.300 necessaria per dare medicinali ai bisognosi e per provvedere ad una serie di casse da morto da destinare ai poveri. Inoltre la spesa stanziata in precedenza per la “lattazione” gratuita ai poveri a stento riusciva a coprire il pagamento delle balie che dovevano allattare i figli delle numerose mamme bisognose che versavano in condizioni di salute “cagionevoli” perchè impiegate in continui faticosissimi lavori campestri. Nella stessa data la Giunta comunale per far fronte alla crisi economica in corso abolì gli asili infantili. Essendo di parere contrario l’assessore Alfonso dr. Raffone fece osservare che il mantenimento dei due Asili Infantili era necessario per le famiglie maddalonesi dedite ai lavori dei campi che non potevano distrarsi per accudire ai loro figli. Il 23 maggio del medesimo anno il Presidente della Congrega di Carità Enrico Santamaria Nicolini chiese al Comune l’uso del secondo piano dell’ex convento dei Cappuccini che si trovava in pessime condizioni di stabilità per costituire il ricovero Landolfi. Oltre, all’uso, chiese il concorso dell’Amministrazione comunale per attuare la riattazione del locale mentre le spese del funzionamento andavano a carico della Congrega. Il Sindaco cav. Giuseppe Tammaro, dopo gli interventi dei consiglieri Vincenzo Borgia e Giovanni Brancaccio, propose: di concedere l’uso di parte del secondo piano dell’ex convento dei Cappuccini per impiantarvi l’Asilo di mendicità; di concorrere alla spesa di riattazione del locale con la somma di 2.400 lire ripartita in tante rate. Il Consiglio approvò le propose del sindaco. Il 3 giugno 1899 secondo il vecchio statuto dell’Ospedale civile permetteva la ricezione dei soli febbricitanti escludendo per il momento feriti, fratturati, erniosi e quanti erano affetti da malattie chirurgiche o mediche ai quali l’opera ospedaliera poteva essere di grande aiuto. Era necessario quindi modificare lo statuto precedente. A tale uopo stando la scarsezza dei mezzi fu deciso di unificare il servizio sanitario affidandolo ad un solo medico assistito da un supplente nominato “ad honorem”. Inoltre dato la scarsezza dei posti letti furono esclusi dalla ricezione tutti gli infermi affetti da malattie “genio epidermico contagiose”e mali sifilitici perché la loro presenza avrebbe potuto causare inconvenienti mali agli infermi e al personale di servizio. Inoltre l’Assemblea consiliare per proposta del sindaco raggruppò in una sola Opera Pia quelle esistenti a Maddaloni. Le opere elemosinarie Lombardi, Alessandro e S. Gaetano furono concentrate in un'unica opera denominata “Opera Pia Sussidi Alessandro, Lombardi e S. Gaetano, con uno statuto unico. Nella stessa riunione il Consiglio comunale apportò un’altra modifica agli statuti delle Opere pie dipendenti dalla Congrega di Carità facendo confluire i cespiti del “Maritaggio Landolfi”nell’istituente Ospizio per i vecchi. Il Presidente della Congrega dr. Errico Santamaria invitato dal Sindaco sull’argomento fece presente che “la fondazione di Asilo per ricovero dei poveri vecchi era una necessità prioritaria per la città di Maddaloni per la sua peculiarità di essere un paese eminentemente agricolo. Il povero bracciante per sostenere la sua famiglia non aveva altra risorsa che le sue braccia e quanto queste 96 venivano meno il “misero” uomo piombava nella più squallida povertà. Il povero vecchio diventato un peso per la famiglia stremato di forze indebolito dalla fame preso dallo sconforto andava a finire i suoi giorni o sulla pubblica piazza o in qualche casolare abbandonato. Ciò, era indegno e incivile, per la società benestante e per l’Amministrazione comunale l’aiuto a questi poveri vecchi doveva essere uno dei primi doveri di quanti sentivano la dignità di esseri umani”: Per rimediare a tanta “iattura” il dr. Santamaria sostenne fortemente la necessita di istituire un ricovero che desse a questi un po’ di serenità, un pasto caldo ed un riparo dalle intemperie. Il Sindaco, dopo aver ascoltato la relazione e aver esaminato i cespiti della Congrega di Carità ribadì che l’unico cespite “investibile” nell’opera poteva essere quello del “Maritaggio Landolfi”. Infatti, nel testamento del benefico risultava che il “Landolfi aveva in un certo senso aveva già previsto il suddetto passaggio. Inoltre, riferì che l’elargizione degli otto voti doveva essere elevata da 12 a 15 anni il limite minimo d’iscrizione al “bussolo”. Il consigliere Prisco rispose che doveva essere lasciato il limite dei dodici anni. Il Sindaco rispondendo al consigliere Enrico Prisco fece notare che il limite dei 12 anni era immorale, giacché la ragazza in tale età era inesperta. Inoltre essendo in possesso di una buona dote diventava mira degli sfaccendati i quali la circuivano e più delle volte uno di loro più audace riusciva a sposarla e una volta entrato in possesso della dote l’avviava quasi sempre sulla cattiva strada. Per avere fede al testamento del Landolfi, l’opera pia fu denominata “Asilo per i poveri vecchi Giacinto Landolfi”. Il Consiglio all’unanimità approvò la proposta del Sindaco. Il 17 marzo 1900 per il ricovero di un cittadino maddalonese presso l’ospedale civile di Postiglione della Pescara la Giunta municipale autorizzò il relativo pagamento a favore della Congrega di Carità del citato paese. Il 20 agosto dopo un parto gemellare una mamma trovandosi nell’impossibilità di poter allattarli a causa di una secrezione lattea minima chiese all’Amministrazione comunale di poter usufruire della lattazione gratuita. La Giunta dopo aver esaminato l’istanza prendendo a cuore lo stato della signora gli assegnò una balia per nutrire uno dei gemelli. Il 19 aprile 1901 essendosi verificato il primo caso d’infezione vaiolosa la Giunta municipale per evitare il diffondersi del morbo incaricò il dr. Alfredo Di Vico di prestare i primi aiuti agli ammalati isolati presso il Lazzaretto. Il 22 aprile il Sindaco comm. Giuseppe Tammaro riferì al Consiglio di aver ricevuto delle lamentele dal cav. Achille Del Monaco sullo sconcio che molestava il buon andamento dell’igiene e della quieta pubblica causato dall’uso “invalso” di parcheggiare i carri funebri nel centro abitato che per legge dovevano stare fuori città. Inoltre faceva presente che gli addetti nel preparare e addobbare i carri funebri sulle strade cittadine le ingombravano e mettevano a repentaglio la vita dei passanti. Intervenendo nella discussione l’assessore delegato all’igiene di allora si disse favorevole a quanto riferito dal cav. Del Monaco. Inoltre sottolineava che il paragrafo 14 “pulizia mortuaria del codice d’igiene e sanità”diceva: “I Comuni per il trasporto dei cadaveri si dovevano avvalere di appositi carri che dovevano essere foderati di lamina metallica facilmente lavabili e interamente rivestiti di lamine di ferro. Dovevano essere custoditi fuori dell’abitato in un luogo rispondente alle esigenze igieniche ad una distanza non inferiore ai 200 metri dall’abitato riconosciuti idonei dall’Autorità municipale. Il Consiglio all’unanimità approvò in via d’urgenza la proposta del Sindaco. Nel mese di maggio la Giunta autorizzò il pagamento a Maria Ignara vedova Rossi per aver fornito vitto 97 e materiale di pulizia agli infetti da vaiolo con le rispettive famiglie isolate nel Lazzaretto e l’erogazione di un sussidio ad un cittadino maddalonese per far curare la figlia affetta da “ozena” tramite doccia “Weber” presso un istituto specializzato. Il 26 gennaio 1902 il Sindaco comm. Giuseppe Tammaro riferì al Consiglio che l’assessore supplente dr. Michele Correra con abnegazione e con grande senso del dovere nella triste e recente periodo del vaiolo si era prodigato per evitare che il morbo si diffondesse in tutti i rioni di Maddaloni. Inoltre il primo cittadino fece notare che l’assessore Correra prestò gratuitamente la sua opera ad una famiglia dimorante a Cancello recandosi con la sua vettura per ben 18 volte. Il Consiglio all’unanimità elogiò l’operato dell’assessore. Il 23 maggio dello stesso anno per il servizio straordinario prestato durante l’epidemia del vaiolo il civico consesso pagò 100 lire ciascuno ai dottori Antonio Picozzi, Benedetto Quintavale e Gabriele Iorio. Invece Il 22 ottobre il primo cittadino sensibile ai problemi della povera gente acquistò una coperta e un saccone (materasso ripieno di storpie di mais) per donarli ad una coppia non in condizione economiche floride che doveva unirsi in matrimonio. Il 17 dicembre 1907 con un’ordinanza prefettizia fu comunicato all’Amministrazione comunale di apportare alcune modifiche allo statuto organico del Monte dei Pegni amministrato dalla Congrega di Carità. Il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone letta l’ordinanza propose al Consiglio di apportare al suddetto statuto: “La durata del pegno doveva passare da un anno e sei mesi a solo sei mesi in modo che ci fosse un maggiore movimento di capitali. I membri della Congrega dovevano assistere alle operazioni del Monte, firmare le bollette e sorvegliare gli impiegati addetti. Il Consiglio constatato che la Congrega non era favorevole alle modifiche e per venire incontro ai contadini che chiedevano di pagare il pegno annualmente essendo soggetti al ricavo annuale dei loro fondi portò la durata della rata ad un anno Il 29 novembre 1911 su Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sorse a Roma un Comitato sotto la presidenza del Duca d’Aosta per la reperibilità di fondi da distribuire alle famiglie bisognose dei militari morti e feriti nella guerra italo-turca. Il Sindaco cav. Raffone visto che anche nella nostra città era sorto un comitato per lo stesso scopo concorse con un struscio lungo il corso Umberto 1° oggi 1° Ottobre contributo di 500 lire. Il 20 marzo 1912 alcuni cittadini danneggiati da forti grandinate chiesero all’Amministrazione comunale di ottenere uno sgravio sulle tasse da versare. Il Sindaco per venire in aiuto dei danneggiati propose di chiedere al Ministero delle Finanze un sussidio a loro favore. Inoltre il primo cittadino chiese al dirigente dell’Ufficio dell’imposta di effettuare le dovute verifiche fondiarie. Il dirigente in questione avvisò l’Amministrazione comunale che i danneggiati dovevano produrre i seguenti documenti: originale o copia conforme del contratto di affitto, dichiarazione del colono (vistata dal sindaco) comprovante che era stato 98 pattuito l’”escomputo” di almeno la metà dell’estaglio (prezzo d’affitto di un bene immobile) e atto di notorietà comprovante che il fondo era tenuto in economia. In merito alla produzione dei certificati quelli che non avevano il contratto di fitto registrato riuscirono ad avere facilmente l’atto di notorietà, mentre gli altri in regola non potettero aver l’atto perché nel contratto era stabilito che il fittuario non aveva diritto all’escomputo per qualsiasi causa fortuita e ne potevano rilasciare ai loro fittuari la dichiarazione richiesta. Il Sindaco continuò a ripetere che i primi potevano accedere allo sgravio fiscale, mentre i secondi non avevano alcun diritto di sorta. Per venire in aiuto dei secondi aveva spedito al Ministero un elenco dei poveri danneggiati affinché anche questi potessero ricevere un sussidio che li ripagasse dei danni subiti. Il 27 marzo dello stesso anno il Consiglio presieduto dal Sindaco cav. Raffone approvò il nuovo regolamento d’igiene (*). Il civico consesso precedentemente aveva incaricata una Commissione composta dai consiglieri Mattia Setaro, Antonio Izzo, notaio Gennaro Castaldo e Vincenzo Zaza (presidente) di studiare ed apportare le relative modifiche al vecchio regolamento. Il presidente Zaza relazionò sul nuovo regolamento: “Egregi Colleghi, dopo la pubblicazione della nuova legge sanitaria 22 dicembre 1888 e del Regolamento generale per l’esecuzione di essa del 19 ottobre 1890, l’ufficiale sanitario di quel tempo, dr. Picozzi, mi affidava, in via privata, l’incarico di compilare il regolamento locale d’igiene, che mi sforzai, per quanto non fu possibile, di farlo adatto ai bisogni cittadini ed in armonia colle nuove esigenze igieniche. L’opera mia fu altresì messa a disposizione della relativa Commissione consiliare, composta dai chiarissimi avvocati cav. Luigi de Sivo e cav. Giovanni Brancaccio, per alcune rettifiche dovute apportare al detto regolamento, suggerite dall’On. Consiglio Provinciale Sanitario. Ed ora che della vostra benevolenza mi è stato affidato l’incarico della riforma del regolamento in esame, e questa volta in via ufficiale, io vi ringrazio della fiducia in me riposta, perché mi mette in grado di colmare alcune lacune, fra cui quella importantissima della mancanza delle piante organiche del personale, che, con una grande sorpresa, nel suddetto mio progetto approvato nel 1893 dall’Amministrazione comunale di quel tempo, furono lasciate nel dimenticatoio, insieme alle tabelle dei diritti sanitari da istituirsi a vantaggio del Bilancio comunale. Cosi si sarebbe sopperito in buona parte alle nuove spese imposte dalla legge sanitaria e delle nuove esigenze reclamate dall’igiene pubblica. Nuovi bisogni si fanno sentire, provvedimenti sono reclamati dall’esperienza e dalla pratica, e quindi si impone la necessità di procedere con sollecitudine alla riforma del nostro locale regolamento d’igiene”. “Altra necessità delle modifiche è l’entrata in vigore dei nuovi regolamenti e per gli impiegati e salariati comunali e per l’esecuzione della legge comunale e provinciale per cui siamo costretti, anche dal lato amministrativo, di sistemare questo ramo vitale dell’azienda comunale che a preferenza di qualsiasi altro servizio pubblico, merita tutta la vostra attenzione e considerazione. Noi non possiamo vivere sotto il sospetto di non conoscere la civiltà e di spese (opere) inadatti a saper risolvere i vari problemi interessanti la provvista dell’acqua potabile, la nettezza pubblica, l’edilizia igienica. Bisogna quindi saper spendere a tempo e saper spendere bene, perché in casi di gravi circostanze, come quelle passate, i mezzi adatti a fronteggiare, ad isolare, a distruggere sul nascere l’epidemia, non manchino e siano adeguati a tutti i servizi sanitari inerenti si trovino ben organizzati, pronti, e direi quasi allenati a strozzare, a debellare il morbo fin dal suo 99 apparire. Si vis pacem para bellumo. E noi, provvedendo a questo principalissimo servizio pubblico che imperiosamente si impone col progresso e con la civiltà, abbiamo la coscienza di seri ed onesti amministratori, che ritengono un alto dovere di responsabilità morale, compiere la sistemazione di tutto ciò che riguarda l’igiene e sanità. Non curare l’igiene in tempi normali significa perdita di migliaia e migliaia di vite umane, e disastri da non potersi calcolare di enormi interessi finanziari pubblici e privati. Per le suddette considerazioni noi siamo convinti che una benintesa igiene, crea buona organizzata polizia sanitaria, un’attiva e continua vigilanza igienico-sanitaria e edilizio-igienica per la salubrità. Del suolo e delle abitazioni in particolare modo, ci mettono in grado di provvedere completamente senza grandi sacrifici e senza sforzi di sorta, in ogni occorrenza, per qualsiasi sventura possa capitare”. “Ed a conferma di quanto ho avuto l’onore di esporvi, mi piace far notare che nella celebre epidemia colerica del 1896-99 in Francia, nella casa penale delle Madelonettes di Parigi, ove erano raccolti 1100 detenuti, mercé una rigorosa igiene preventiva, energicamente praticata dai Sanitari ad essa preparati, si ebbero appena 19 casi con 12 decessi; mentre il morbo faceva strage nella stessa Parigi, e nello anno seguente, nella stessa casa penale, con le medesime norme igieniche, rigorosamente attuate e continuate, da 2186 detenuti si ebbero appena 30 casi senza alcun decesso. E nella nostra Italia, mentre la mortalità per colera fu enorme nell’epidemia del 1894, invece in grazia dei provvedimenti igienici adottati scese nel 1899 negli Stati Sardi al 53,33%,, in Napoli al 58,8%, al 69% in Roma e dal 71,19% che era nel 1894 raggiunse il 50% in Parma – cifre queste che man mano nelle successive epidemie, sono venute sempre più assottigliandosi per i nuovi studi, per i nuovi provvedimenti perfezionati, per i nuovi progressi della pubblica igiene e della polizia sanitaria, in rapporto alle migliorate condizioni dell’economia nazionale e della pubblica istruzione”. “Ed anche a Maddaloni, nel nostro R. Convitto Nazionale e nella storica caserma “Bixio” della Legione Allievi R. Guardie di Finanza, non si ebbero caso alcun nell’ultima epidemia 1910-1911, grazie ai provvedimenti igienici eseguiti. L’esperienza dei provvedimenti igienico-sanitari adottata dal magnanimo Re Carlo Alberto già dal 7 settembre 1839 e proseguita con costante perseveranza dal R. Governo e dalle autorità preposte alle tutela della salute pubblica, con zelo, con fermo, con prontezza non è andata perduta. Ed una prova l’abbiamo avuta proprio qui nella nostra Maddaloni, in persona del nostro Sindaco beneamato. Voi conoscete al pari di me quanto si è fatto e speso nell’epidemia colerica del 1910. Invece l’esperienza, questa grande maestria della vita, consigliò al nostro Sindaco una via diversa da tenere, e nella seguente epidemia del 1911, senza allarmi, senza chiassi, senza apparati impressionanti, ma con calma e ponderazione egli coadiuvato non da valenti, ma da pochissimi volenterosi e modesti al par di lui, da tutto il corpo sanitario cittadino e soprattutto dal personale dell’ufficio d’igiene intero, a capo quel solerte ed infaticabile ufficiale sanitario dr. Vincenzo Borgia, a tutto provvide con prontezza, con larghezza, con praticità, da riscuotere l’unanime approvazione di questo Consiglio e della cittadinanza, senza distinzione di sorta”. Il 20 maggio 1912 secondo un’ordinanza del Prefetto il cav. dr. Alfonso Raffone riferì al Consiglio che aveva fatto modificare l’articolo del Regolamento d’igiene relativo per quanto concerne l’attività legata agli “introduttori” di capelli. Secondo le nuove disposizioni i commercianti in questione dovevano sottoporre la loro merce alla 100 disinfezione in un apposito locale comunale sotto il controllo dell’Ufficiale sanitario. Lo stesso trattamento doveva essere applicato anche agli introduttori di mobili usati per farne commercio nonché ai rivenditori di stracci e simili. Inoltre il Sindaco fece presente di aver affittato un locale sito nella via che andava alla Rotonda per collocarvi l’ufficio adibito al controllo. Il civico consesso approvò all’unanimità la proposta del Sindaco. Il 22 luglio in base a una nota del presidente dell’Esposizione Internazionale d’igiene che si sarebbe svolta a Roma con lo scopo precipuo di poter intensificare la lotta contro la tubercolosi tramite istituti permanenti, curativi e preventivi il Consiglio comunale inviò un contributo di 100 lire e nel contempo incarico il Sindaco dr. Alfonso Raffone di contattare le associazioni e le attività commerciali per la raccolta di fondi da inviare al citato ente. Il 20 novembre il primo cittadino riferì che aveva ricevuto un’istanza da Vincenzo Di Caprio fu Salvatore con cui chiedeva un contributo necessario per istruire la figliola Maria nell’arte del canto che a parere dei competenti professori aveva tutte le doti necessarie per diventare un’ottima cantante lirica. Il consigliere notaio Gennaro Castaldo faceva rilevare che il prof. Di canto Cesare Bernardo Bellini di Napoli in una sua lettera aveva evidenziato con eloquenti parole le doti canore della Di Caprio affermando che “lasciare in asso la giovinetta che aveva innanzi a sé uno così lieto e ricco avvenire solo perché per un paio di anni le mancavano poche lire per la spesa di viaggio da Maddaloni a Napoli per prendere lezioni di canto era veramente una cosa dolorosa”. Inoltre rilevò che i suoi genitori avevano otto figli ed erano privi di beni di fortuna essendo dei modesti impiegati: il padre era occupato in un’azienda privata e la madre era insegnante elementare del Comune”. Il Castaldo propose che il Consiglio deliberasse di pagare per i soli anni 1913 e 1914 alla figlia dell’”astante” un sussidio mensile di lire 40 giustificato da un attestato di frequenza di una scuola di canto pubblica o privata. Diversi consiglieri si associarono alla proposta del Castaldi. Anzi alcuni avrebbero voluto che si assegnasse una somma maggiore delle lire 40. Il Presidente dell’Assemblea, dopo aver ascoltato i vari interventi fece osservare che bisognava tener presente le attuali condizioni e gli impegni economici dell’Azienda comunale quindi tralasciando le altre proposte fece mettere a votazione quella espressa dal Castaldo che fu approvata con 22 palline bianche (favorevoli) e 3 nere (contrarie). Il 16 novembre 1914 il padre della giovane musicista Vincenzo Di Caprio inviò una nuova istanza per ottenere la continuazione del sussidio già assegnato: “Il sottoscritto Vincenzo di Caprio espone alle SS.VV. Ill.me quanto segue: A seguito di istanza avanzata a questo On. Consiglio il 9 novembre 1912 per ottenere un sussidio mensile per quattro anni perché la figliuola dell’esponente Maria avesse potuto recarsi in Napoli a frequentare la scuola di canto e compensare il suo prof. Bellini il Consiglio aveva deliberato lire 40 mensili fino al 31 dicembre 1914 per tre anni. Intanto la Maria dovendo completare i suoi studi che erano molto bene avanzati con profitto evidente come si rilevava dalla lettera del prof. Bellini riportata in seguito e diretta sindaco avrebbe avuto bisogno di altri due anni di studi e con frequenza di tre volte la settimana invece di due. A causa delle peggiorate condizioni finanziarie dell’esponente per la numerosa figliolanza e per i tempi non lieti che correvano e col sensibile aumento dei biglietti ferroviari il sottoscritto prega le SS.VV. a voler concedere alla figliola Maria un ulteriore sussidio in modo da poterla mettere in grado di conseguire la finalità prepostasi. Con osservanza 23 ottobre 1914”. Di contro nella sua lettera il prof Bellini rilevava: “Ill.mo sig. Sindaco della città di Maddaloni. Con la presente Le faccio noto come la signorina Maria di Caprio, allieva di canto nel mio 101 Istituto musicale, fin dal gennaio 1913 ad oggi ha frequentato con assiduità la mia scuola, ottenendo progressi, sia nel timbro vocale come nella tessitura del vero soprano lindo. Nello studio della non facile opera “la Traviata”, o nell’opera “Faust” che già ha incominciato, ha dato prove della sua buona disposizione a raggiungere alti ideali artistici. Ma perché possa raggiungere l’intento, ha bisogno ancora, per lo meno di altri due anni di studio indefesso, non solo, ma quanto occorre che estenda le sue lezioni a tre volte la settimana invece di due, come finora ha fatto ecc.ecc.”. Il Consiglio all’unanimità deliberò di continuare per altri due anni, 1915 e 1916, il sussidio di lire 40. L’8 febbraio 1915 appena avuto notizie relative ai gravi disastri causati dal terremoto del 13 gennaio scorso nella città di Maddaloni si costituì un Comitato che con la promozione di feste di beneficenza raccolse fondi a favore dei terremotati. Il Sindaco dr. Alfonso Raffone plaudendo alle iniziative del costituito Comitato propose che gli fosse assegnato un contributo di 500 lire con la clausola che 300 lire dovevano essere inviate alle zone terremotate e le restanti 200 lire dovevano restare a disposizione della Giunta municipale per venire in aiuto in caso di bisogno degli eventuali orfani di famiglie maddalonese residenti ad Avezzano. Il Consiglio comunale all’unanimità approvò la proposta del Sindaco. Il 5 giugno 1916 in base ad una circolare ministeriale con cui si chiedeva ai Comuni un contributo annuale per aiutare gli orfani dei contadini morti in guerra il Commissario prefettizio dr. Giuseppe Marzano considerò il Comune di Maddaloni socio ordinario all’Opera nazionale per gli orfani con un contributo di 10 lire. Nell’agosto dello stesso anno il presidente dell’Ente associato avanzò la richiesta di incorporare nella Congregazione di Carità il “concentramento” dei legati del cav. Matteo Lombardi fu Gabriele che erano stati stabiliti nel suo testamento olografo del 6 febbraio 1913, pubblicato dal notaio Ferraro di Napoli il 24 luglio stesso anno ed amministrati dal parroco di S. Benedetto. Il Consiglio comunale esprimendo il parere favorevole all’atto obbligò, però la Congregazione a tenere separate le spese di culto testamentarie. Il cav. Lombardi nel suo testamento aveva stabilito a favore delle pie istituzioni un fondo di 4 “maritaggi” annuali da distribuire tra le diverse opere di beneficenza, a favore di altre pie istituzioni, istituì 4 “maritaggi annuali”, di 100 lire ognuna da elargire alle “donzelle” povere della parrocchia di San Benedetto riservandone uno per sorteggio alle figlie dei suoi coloni che coltivavano il terreno paludoso denominato “San Francesco di Maddaloni e inoltre dispose che annualmente fossero distribuite 150 lire ai poveri divise in tre epoche: lire 50 a Pasqua, lire 50 a Natale e lire 50 nel giorno dell’anniversario della sua morte. Oltre alle suddette opere di beneficenza il Lombardi aggiunse ai legati i seguenti oneri di culto: La celebrazione di una messa in tutti i venerdì dell’anno e nel giorno del 2 novembre in suffragio della sua anima e di quelle dei suoi genitori e dei suoi “germani” donando la Cappella di sua proprietà con tutti gli arredi sacri. La “ufficiatura” di ogni anno di un funerale nella parrocchia di S. Benedetto e nel giorno dell’anniversario della sua morte officiata dai reverendi sacerdoti D. Agnello Rossi e D. Vincenzo Aiello di Maddaloni. Per i legati e per le opere di culto il cav. Lombardi lasciò una rendita annua di 1.800 lire ricavata da una masseria con annesso terreno dell’estensione di ettari 6.66,66, pari a moggi 20 di antica misura, da un orto, da una cappella con gli arredi sacri in tenimenti di S. Clemente di Caserta luogo detto “Materchioccia”. Nello stesso giorno fu ufficializzato alla stessa Congrega di carità anche il passaggio 102 dei legati di Nicola Zanni Raffaele lasciati con testamento del 28 giugno 1880 redatto dal notaio Francesco di Vico di Maddaloni amministrati dal parroco pro-tempore della chiesa di S. Margherita. Anche per questo passaggio il Consiglio comunale diede parere favorevole chiedendo come il primo di tenere a parte la contabilità relativa ai desideri testamentari. Nel suo testamento lo Zanni aveva istituito 2 doti di maritaggi di lire 85 ognuno a favore delle zitelle povere della parrocchia di S. Margherita che dovevano essere sorteggiate il giorno della festività di S. Nicola (6 dicembre) con una celebrazione di una messa cantata la cui spesa doveva ammontare a 20 lire. Per questi legati lasciava due stanze superiori site nel cortile comune della famiglia in Via Ponte Carolino nel luogo detto Vallone. Inoltre dispose che le disposizioni testamentarie dovevano andare in vigore un anno dopo la sua morte e l’esecutore in un primo tempo doveva essere Michele Vigliotti fu Tommaso e poi il parroco di S. Margherita. Il 9 settembre 1916 per costituire un fondo per le opere di assistenza civile il Commissario prefettizio dr. Marzano in applicazione del Decreto Legge approvò un contributo a favore dell’opera assistenziale sul tributo complessivo compresa la sovrimposta dei terreni e dei fabbricati che i cittadini dovevano cosi versare al Comune: Da lire 10-25 il 5%, da 26-50 il 7%, da 51200 il 10%, da 201-500 il 15%, da 501-1000 il 20%, da 1001-2000 il 25% e da 2001 in poi il 30%. Nel dicembre dello stesso anno l’Amministrazione comunale offrì un contributo di 100 lire per far comprare dei doni da consegnare ai feriti di guerra ricoverati nell’ospedale militare di riserva. Il 28 gennaio 1917 per il ritardato pagamento dei sussidi alle famiglie dei richiamati alle armi la popolazione maddalonese protestò vivacemente sotto la Casa comunale. Per sedare la contestazione e disperdere i dimostranti dovettero intervenire i finanzieri del Battaglione di Finanza dislocato nella caserma Bixio oggi Villaggio del Ragazzo. Il 27 luglio 1918 in base ad una circolare il Commissario prefettizio dr. Federico Arcamone approvò un contributo annuo nella misura di 3 centesimi per abitanti a favore degli orfani di guerra. Inoltre decise che il suddetto fosse ripartito una metà agli orfani di guerra e l’altra metà agli orfani poveri delle altre categorie sociali. Il 25 maggio 1923 l’Amministrazione comunale concesse ai poveri ricoverati nel Mendicomio Landolfi alcuni effetti letterecci di sua proprietà. Il 15 maggio 1926 il Consiglio comunale ratificò la deliberazione d’urgenza della Giunta municipale la spesa di 1.200 lire occorsa per la refezione dei balilla radunatosi a Caserta. E il 4 febbraio 1928 il Comune elargì un contributo per la befana a favore dei balilla. Il 28 febbraio 1931 la suora Luisa Maresca superiore dell’Asilo infantile comunale “Umberto 1°”, morì all’improvviso. La Cittadinanza voleva offrire un attestato di gratitudine alla compianta suora per l’opera di bontà e di assistenza spesa tutta a beneficio dei bimbi poveri. Il Comune raccolto l’istanza dei cittadini e liberando la Comunità religiosa da ogni spesa per i funerali decise di addossarsi la suddetta spesa anche perché la portatrice d'acqua 103 suora era una dipendente salariata del Comune. Il podestà cav. Sorvillo lette le note della Ditta Eugenio Iorio per quanto concerne le spese del carro funebre e della sepoltura ammontante ad un importo di lire 308, quella del falegname Guerrino Arturo per la fornitura di una cassa funebre in lire 150, l’altra del sacerdote Salvatore Santonastaso per la spesa della funzione in chiesa e l’onere ai becchini quantificabile in lire 108,50 per un totale complessivo di lire 566,50 sentito anche il parere della Consulta municipale deliberò il pagamento delle su indicate spese. Il 27 giugno fu stipulata una convenzione (*) tra il Comune ed il Civico ospedale circa le spese per gli atti operatori agli ammalati poveri che prima si recavano a Napoli. Il 15 febbraio 1932 il Comitato assistenziale per la disoccupazione chiese un dono per la lotteria di beneficenza a favore dei bisognosi. Il Comitato inviò al Vice-Podestà dr. Filippo Iorio la seguente lettera: “Illustre sig. Podestà, come Ella sa, il nostro Comitato coi soli fondi della privata beneficenza fornisce il pane quotidiano a non meno di 400 bisognosi. E poiché le fonti ove ha finora attinto vanno affievolendosi, il Comitato stesso ha deciso una grande lotteria. La maestà del nostro R ed il suo Augusto figliuolo hanno risposto al nostro appello inviando due magnifici doni ed altri hanno inviati Enti e cittadini, cui il Comitato ha rivolto l’appello. Manca il dono del Comune, lo chiediamo, certo che, col Vostro autorevole appoggio, il Comitato vedrà anche il Municipio tra i più generosi donatori. Con ossequi. Per il Comitato. F.to De Longis”. Considerato che il Comune doveva degnamente rispondere al nobile appello, dando il suo concorso per l’esplicazione di un’opera tanto benefica e filantropica, compatibilmente alle esigenze del bilancio. Considerato che bisogna provvedere all’acquisto di un donativo del valore di circa 200, somma con la quale si poteva acquistare un buon oggetto. Il Vice-Podestà deliberò offrire al Comitato un donativo di tale somma. Nell‘aprile dello stesso anno fu emesso dal Comune un contributo di lire 5.000 a favore del Comitato assistenziale comunale per le opere assistenziali. Il 12 dicembre 1932 si arrivò alla soppressione di un posto di un medico condotto precedentemente contemplato via Corpo di Cristo oggi piazza Umberto I da una delibera commissariale dell’8 ottobre 1924 che prevedeva la presenza di tre medici condotti su altrettante zone (Oliveto, Pescara e Montedecore). A seguito della collocazione a riposo del dr. Benedetto Quintavalle uno dei 3 medici impegnati il Podestà ritenne opportuno non sostituirlo affidando di conseguenza la terza zona ai due medici operanti già sul territorio. I 2 medici condotti responsabili delle 3 zone Gabriele Iorio e Alfredo Di Vico inviarono al podestà la seguente lettera: “Maddaloni 26/11/1932, Ill.mo sig. Podestà – Maddaloni – Oggetto Collocamento a riposo del dott. Quintavalle -. I sottoscritti, medici condotti, nell’accusare ricezione della nota 104 contrascritta, fanno noto alla S.V. ill.ma quanto segue. Il dott. Iorio Gabriele fu nominato medico condotto alla sezione Pescara-città il 22 marzo 1901; il dott. Di Vico Alfredo fu nominato medico condotto alla sezione Oliveto il 12 ottobre 1907. Entrambi perciò furono nominati medici condotti del centro e non della frazione di Montedicore, come dal capitolato di servizio. Essi sono disposti ad accettare servizio nella frazione, però fanno notare che è umanamente impossibile prestare servizio al centro ed alla frazione per le seguenti ragioni: la frazione dista dal centro quattro chilometri e vi sono molte case sparse che arrivano fino al limite di Cancello, Cervino e S. Maria a Vico le quali distano dall’abitato di Montedecore 3 o 4 km con via non carrozzabili e disagevoli specialmente d’inverno, per cui si è obbligati a recarsi a piedi in tale tragitto cosi lungo. Il tempo viene a mancare senz’altro ed il servizio sarà deficiente tanto nella sezione città quanto nella borgata. Il numero dei poveri si è eccessivamente aumentato e ciò per il grave disagio economico e per la disoccupazione; per tale ragione essi appena possono disimpegnare attualmente il servizio del centro. Fanno inoltre presente che la spesa per il trasporto nella frazione è insufficiente perché il vetturino deve aspettare dalle quattro alle cinque ore, salvo casi imprevisti, nella borgata. La somma stanziata è perciò irrisoria. Con l’occasione fanno viva premura alla S.V. ill.ma di voler loro comunicare l’elenco dei poveri aggiornato, trovandosi in difficoltà sulla cernita degli stessi. Con molta osserva. F.ti Iorio e Di Vico. – N.B. I sottoscritti fanno ancora noto a S. V. che bisogna disimpegnare il servizio necroscopia, il servizio sanitario al carcere ed ai RR. CC.”. Inoltre il Podestà lesse anche della lettera dell’Ufficiale sanitario “10 dicembre 1932. Ill.mo sig. Podestà. Come da richiesta faccio tenere alla S.V. Ill.ma il seguente rapporto. Le considerazioni messe innanzi dai dott. Iorio e Di Vico sul collocamento a riposo del dott. Quintavalle e sull’abolizione della terza condotta rispondono a verità. Metto in evidenza che le distanze da Maddaloni a Montedecore e dal centro della borgata alle case sparse, il Comune spenderà parecchie migliaia di lire, tra stipendio e indennità, ma i poveri, attualmente di molto aumentati, non usufruiranno del servizio sanitario né nel centro né nella borgata. Oltre ai servizi elencati dai due medici, essi hanno l’obbligo del servizio gratuito anche all’ospedale ed al mendicomio Landolfi. Faccio presente inoltre alla S.V. ill.ma che la condotta pel medico non può paragonarsi alla condotta per la levatrice. Mentre l’assistenza ad un eventuale parto può essere a periodi ed una volta tanto, l’assistenza medica deve essere continua e giornaliera. Giudico opportuno che la terza condotta sia mantenuta”. Il Podestà sentito il parere della Consulta revocò la deliberazione commissariale del 18/10/1924 e deliberò di mantenere le tre condotte. Il 27 febbraio 1933 il Podestà cav. Sorvillo fece compilare l’elenco dei poveri. Considerato che l’aggravarsi della crisi economica si rendeva necessario procedere ad una revisione dell’elenco dei poveri allo scopo precipuo di includere altri cittadini che versavano in disagiate condizioni erano meritevoli di ogni considerazione ed assistenza. Esaminò i vari elenchi trasmessi dall’Ufficiale sanitario, dai medici condotti e dai parroci dei rioni gente che era a contatto diretto con la popolazione e ne conoscevano quindi condizioni e bisogni. E il dirigente responsabile constatò che effettivamente le persone designate dai predetti funzionari e dai parroci erano meritevoli dell’assistenza sanitaria gratuita e approvando quindi gli stessi corrispondenti a 566 famiglie di poveri: Parrocchia S. Martino n. 152, S. Margherita n. 53, S. Alfonso n. 67 (tutte del rione Pescara). S. Pietro n. 56, S. Aniello n. 74 e S. Benedetto n. 64 (tutte del rione Oliveto). Borgata Montedecore 105 n. 100. Il 1 aprile 1935 furono istituiti 6 premi di nuzialità da lire 500 ciascuno. Il Podestà cav. Sorvillo allo scopo di incrementare la nuzialità e la natalità del Comune di Maddaloni, deliberò: Istituire 6 premi di nuzialità di lire 500 ciascuno. Tali premi sarebbero stati assegnati alle prime sei coppie che avrebbero celebrato il loro matrimonio a partire dal giorno 10 aprile 1935 e trovandosi nelle condizioni seguenti che lo sposo fosse nato e domiciliato in Maddaloni, che la nascita dello sposo decorresse dal 1° gennaio 1905 al 31 dicembre 1910, che entrambi gli sposi fossero poveri o di modeste condizioni finanziarie, che si trovassero in buone condizioni fisiche e che avessero avuto ed avrebbero tuttora illibata condotta morale. Il 28 settembre furono emanate le norme per l’assegnazione dei premi di nuzialità e natalità. Il Podestà cav. Sorvillo in base alla circolare dell’Alto Commissario che aveva come oggetto: “Premi di nuzialità e natalità; con la quale facendosi seguito all’altra del 14 agosto, per opportuna conoscenza si comunicavano le norme emanate dall’On. Ministero dell’Interno, in ordine alla concessione dei premi di nuzialità e natalità a favore del personale dipendente dello Stato”. In rapporto alle disponibilità del bilancio preventivo del Comune il Podestà ritenne opportuno stabilire che la concessione dei premi fosse in misura più modesta di quella elargita al personale dipendente dello Stato in base alle norme fissate in precedenza. Premi di nuzialità: Personale di concetto ed assimilati lire 1.000, personale d’ordine ed assimilati lire 800 e personale sanitario ed assimilati lire 500. Premi di natalità per il 1° figlio lire 200, per il 2° lire 300, per il 3° lire 400, per il 4° lire 500, per il 5° lire 600 e per il 6° lire 700. Il 23 aprile 1938 l’Amministrazione podestarile elargì un contributo per la fornitura di capi di vestiario per distribuirli ai giovani fascisti poveri facenti parte della Gioventù Italiana Littorio. Il 21 marzo 1940 l’Amministrazione comunale assegnò i premi alle madri prolifiche. In occasione della cerimonia per la consegna delle medaglie d’oro promossa dal Governo centrale il Podestà cav. avv. Salvatore Renga deliberò di assegnare 3 premi alle madri prolifere maddalonese: 1° premio di lire 200, 2° di lire 100 e 3° di lire 50 tenendo conto del numero dei figli avuti in rapporto dell’età ed alla data del matrimonio. Nella stessa data fu effettuata la compilazione delle situazioni di famiglie dei braccianti agricoli necessarie per l’assistenza generica. L’11 luglio 1942 il Commissario prefettizio avv. Enrico Barra: “Ritenuto che il dr. cav. Clemente Barletta con lo spirito filantropico che sempre lo ha distinto è disposto a donare per l’istituzione di un orfanotrofio femminile da erigersi in Ente morale sotto l’Amministrazione dell’Ente comunale di assistenza lire 40.000 in titoli di rendita pubblica consolidati al 5% e dieci letti completi di materassi, guanciali, lenzuola, coperte e altre suppellettili e biancheria al completo per le dieci ricoverate. Ritenuto che con un orfanotrofio di almeno dieci letti si rende necessaria una rendita annua per lo meno di lire 10.000”. “Ritenuto che questa Amministrazione non può far “abortire” l’ottima iniziativa del cav. Barletta, iniziativa che merita di essere incoraggiata sotto ogni rapporto”. “Riservandosi di adottare tutti i provvedimenti del caso per l’elezione ad Ente morale dell’istituente orfanotrofio. Riservandosi ancora di far adottare dall’Ente Comunale Assistenza analogo provvedimento”. Deliberò: “L’Amministrazione comunale di Maddaloni assume impegno di contribuire annualmente con la somma di lire 5.000 nelle spese dell’istituente orfanotrofio che dovrà essere subito eletto in Ente morale; 106 l’Amministrazione stessa cede gratuitamente tre vani prospicienti al corridoio di accesso, una sala da adibire a dormitorio oltre ad un altro corridoio largo da poter usare come laboratorio e tutti gli altri accessori indispensabili per il regolare funzionamento dell’orfanotrofio suddetto, i locali erano situati al 1° piano dell’ex convento dei Cappuccini”. Il 21 febbraio 1944 in base ad una circolare prefettizia che dava disposizioni ai Comuni di distribuire una certa quantità di carbone alle famiglie dei caduti in guerra senza alcun corrispettivo il Commissario prefettizio cav. Eugenio Iorio approvò la nota presentata da Berardino Della Peruta da cui risultava di aver somministrato kg. 1120 di carbone a 14 famiglie su consegna dei buoni emessi dal Comune. Nell’aprile dello stesso il direttore dell’Ospedale civile, l’Ufficiale sanitario e l’Ufficio tecnico comunale di comune accordo facevano presente al sindaco che i locali dell’Ospedale erano sufficienti e inadeguati per il ricovero degli ammalati: infatti, nel mese scorso si erano presentati 60 infermi, mentre i posti disponibili non raggiungono i 40. Per la mancanza di posti l’Amministrazione comunale emise un’ordinanza con cui vietava l’afflusso di nuovi ammalati: “Cosa che non era corretto sia dal lato umanitario che dall’assistenza ai più bisognosi”. Su sollecitazioni del Governatore Militare di Caserta il quale chiedeva di provvedere con un’urgenza ad altri locali per l’ospedale il Primo cittadino decise di annettere all’ospedale i locali dell’ex convento dei Cappuccini adibiti a ricovero Landolfi e Asilo infantile Umberto 1°. Ritenuto poi che la spesa relativa all’adattamento dei nuovi locali spettava al Governo militare deliberò: Per il ricovero degli ammalati poveri e a pagamento, per le cure ospedaliere e per le operazioni chirurgiche e relativa assistenza sarebbero stati usati i locali del ricovero Landolfi e dell’Asilo infantile. Per il ricovero dei vecchi e degli inabili al lavoro sarebbe stato usato il primo piano dell’Ospedale civile sito in Via Ponte Carolino. Per il funzionamento dell’Asilo infantile sarebbero stati usati dei locali del pianoterra dello stesso ospedale. Con lo scambio dei locali restava invariato lo stato di proprietà e nessuna somma per qualsiasi titolo era loro dovuta per la durata di 29 anni. Le spese di manutenzioni ordinarie e straordinarie erano a carico dell’Ente possessore, mentre le imposte fondiarie dovevano essere pagate dagli enti proprietari. Le spese di adattamento dei locali saranno sostenute dall’Amministrazione comunale sulla somma di 200.000 lire che sarà emessa dalla Reale Prefettura. Il 20 febbraio 1945 fu presa in esame l’elenco delle famiglie povere per l’assistenza sanitaria gratuita. Per la compilazione dell’elenco l’Amministrazione comunale divise il territorio in sette zone corrispondenti alla circoscrizione di ciascuna parrocchia (*). 107 Il 2 agosto 1946 l’assessore Enrico Tammaro relazionò sulle condizioni igienicosanitarie della città benché non gravi che erano alquanto precarie per gli strascichi dolorosi di una guerra lunga, durissima e sfortunata, che aveva lasciato il paese “prostrato” e privo di quei sussidi che in tempo normali servivano a combattere efficacemente tutte le cause che insediavano la salute dei cittadini. In primo luogo c’era la denutrizione dovuta alla insufficiente alimentazione. Da non trascurare era l’igiene legata in parte alla miseria economica. Cause che avevano fatto sorgere specie nei bambini fenomeni morbosi molto difficile da combattere. Davvero preoccupante era la tubercolosi già molto diffusa nel dopo la guerra 1915-18 sia per la debole reazione dell’organismo indebolito dalle molte privazioni che per il diffondersi del germe di cui erano portatori molti reduci confinati nei campi di concentramenti che erano delle vere tombe per molti dei nostri fratelli. La Giunta municipale si era resa conto del grave problema ed aveva cercato nei limiti del possibile di ovviare o limitare gli effetti delle cause che insidiavano la salute dei cittadini. Il Sindaco avv. Antonio Brancaccio assicurò nel suo intervento che aveva stipulato con il Demanio dello Stato una convenzione per la fornitura di acqua prelevata dal condotto Carolino in modo da permettere alla popolazione di aver il quantitativo di acqua sufficiente per curare la pulizia personale ed i più essenziali bisogni della famiglia. Inoltre il primo cittadino aveva fatto acquistare un discreto quantitativo di disinfettante per la disinfestare le fognature e di insetticida per la lotta contro le mosche. Aveva poi emesso un’ordinanza che obbligava gli esercenti pubblici di munirsi di appositi camici e di coprire con veli i generi di prima necessità messi in vendita allo scopo di tutelare al meglio l’igiene pubblica. Aveva inoltre fatto mettere nel bilancio preventivo una voce per far fronte con urgenza al ricovero negli ospedali di ammalati bisognosi che dovevano curarsi a lungo. Si era pure interessato presso enti e autorità costituite perché fossero inviati in più larga misura i soccorsi dell’U.N.R.A.A. (**) che avrebbero permesso di assistere più largamente e più efficacemente le madri ed i bambini che versavano in condizioni economiche precarie. Infine il Sindaco riferì che aveva provveduto alla nomina presso il Consultorio Opera Nazionale Maternità ed Infanzia, fornito largamente di “armamentario” chirurgico e di una discreta scorta di medicinali e di viveri, di due specialisti nel ramo pediatrico ed ostetricoginecologico che avrebbero consentito diagnosticare tempestivamente e con precisione le varie infermità dei bambini e delle madri e di ricorrere ove ne era il caso ai mezzi più efficaci e radicali per combattere le infermità riscontrate. (**) (United Nations Relief and Rehabilitaions Addministration = Amministrazione delle Nazione Unite per il Soccorso e la Ricostruzione). L’assessore Tammaro concluse la sua relazione dicendo che aveva fatto di tutto per cercare di risolvere i vari problemi nel ramo igienico-sanitario e di aver avviato i presupposti necessari per la loro risoluzione. Il Consiglio approvò all’unanimità la relazione dell’assessore Tammaro. Il 7 settembre 1946 in base ad una circolare prefettizia relativa alla distribuzione degli indumenti proveniente dall’America il Sindaco avv. Luigi Brancaccio riferì al Consiglio comunale di aver costituito un apposito Comitato comunale per la compilazione ed approvazione degli elenchi delle persone avendo diritto ai pacchi. Inoltre fece presente di aver incaricato l’assessore Elio Rosati a presiedere il Comitato, l’Ufficiale sanitario e medico condotto dr. Giuseppe Cardarelli e il rev. mons. Antonio Zaza d’Aulisio parroco di S. Alfonso. Il Civico consesso all’unanimità approvò le proposte del sindaco. Il 16 108 novembre la Giunta municipale su proposta dell’assessore dr. Enrico Tammaro e dell’Ufficiale sanitario dr. Cardarelli approvò le spese occorse per l’irrogazione di disinfettante necessaria alla lotta contro le mosche. Il 15 ottobre 1949 il Sindaco gen. Domenico Renga riferì che nonostante il funzionamento delle Casse Mutue Malattie la spesa delle medicine ai poveri aumentava sempre di più. Il Comune doveva dare ai farmacisti locali una rilevante somma ammontante a 1.700.000 lire. Avendo l’Amministrazione comunale sperimentata più di un sistema per evitare lavatoio pubblico l’aumento della spesa sanitaria propose di acquistare il medicinale per i poveri direttamente all’ingrosso presso le case farmaceutiche. Il Consiglio comunale all’unanimità approvò la proposta del Sindaco. sfilata di truppa in piazza Umberto I Capitolo nono Vigili urbani, Guardie campestri e Banda musicale 109 Il 12 novembre 1870 fu istituito il Corpo delle guardie campestri. L’Amministrazione comunale per mantenere il Corpo delle guardie campestri recentemente istituito impose una sovrimposta sui terreni di lire 12mila. All’origine, era composto di 30 guardie e poi in seguito fu ridotto a 21. Il Corpo delle guardie campestri era indispensabile per la nostra città sia per la sua estensione e sia per le industrie rurali ed urbane. Le guardie erano impiegate come agenti di Pubblica sicurezza e di polizia municipale, inoltre, parecchi componenti sia per regolamento e sia per contratto avevano diritto ad una pensione ed altri ad indennità condizioni che aumentarono la passività delle finanze comunali. Il 3 novembre 1898 il Real Commissario avv. Attilio cav. de Johannis deliberò la soppressione della banda musicale mantenendo in servizio il direttore senza alcun stipendio. Il 20 gennaio 1899 il nuovo Consiglio comunale presieduto dal Sindaco cav. Vincenzo Tammaro deliberò la ricostituzione del corpo musicale soppresso dal commissario. Il consigliere prof. Pasquale Castaldi, pur dicendo che amava la musica, ma per economia di bilancio era contrario alla ricostituzione della banda. Il consigliere cav. Giovanni Brancaccio ribatté che determinati criteri economici erano possibili solamente nelle economie private, ma trattandosi di pubblica amministrazione dovevano essere sacrificati all’esigenza generale. Desideroso della ricostituzione della banda mise in evidenza che la città non offriva tanti svaghi, il solo divertimento che poteva allietare il popolo era la banda musicale che rappresentava ormai una tradizione “inveterata” nel paese e che per prestigio poteva avvalersi di una banda musicale. Il civico consesso approvò la proposta del Brancaccio. Il 20 febbraio il Consiglio revocò la deliberazione del commissario relativa allo scioglimento del Corpo delle Guardie municipali riammettendolo in servizio. Nel maggio dello stesso anno il direttore la banda musicale di allora chiese di avere in dotazione nuovi strumenti sia perché quelli usati erano consumati ed inservibili sia perché i musicanti che erano andati via avevano portati via gli strumenti di loro pertinenza. Il cav Tammaro constatato che occorrevano realmente questi strumenti per la banda, propose la compra degli stessi che sarebbero diventati poi proprietà del Comune. Il 13 maggio la Giunta municipale approvò il regolamento provvisorio (*) per la banda musicale che doveva suonare nella Piazza Unione nell’angolo della chiesa dell’Annunziata e presso il Municipio. Inoltre fu stabilito che la banda non doveva più suonare al Trivio S. Giovanni perché non essendovi né una piazza e né uno spazio sufficiente costringeva gli agricoltori provenienti dalle loro campagne per ritornare alla propria casa, impediti nel transito, erano costretti a fare un percorso più lungo comportando a loro svantaggio disagi e ritardi delle loro faccende. Il consigliere Brancaccio fu favorevole a mantenere il concerto al Trivio. Le due proposte messe a votazione quella della Giunta fu approvata all’unanimità eccetto il voto del Brancaccio. Il 12 settembre 1900 per la celebrazione di una messa funebre in suffragio del Re Umberto 1° la Giunta municipale autorizzò il pagamento di 500 lire al maestro Gaetano Barbati per aver suonata una sua composizione musicale. Il 13 febbraio 1902 il Consiglio comunale presieduto dal cav. Tammaro deliberò il regolamento per il Corpo delle guardie che in linea generale doveva essere composta da 8 unità con uno stipendio di 60 lire il mese 110 e da un Capo con 70 lire. Il Civico consesso nominò al posto del comandante Tito Patrelli che era passato all’ufficio archivio Leonardo Romeo. Il 5 febbraio 1904 la Giunta municipale autorizzò il pagamento dell’indennità prevista sulle contravvenzioni a favore del Capo Leonardo Romeo 21,63 lire e alle guardie Domenico Bruno 21,55, Antonio Cerreto 21,55, Luigi Penque 21,55, Michele Olivieri 7,18, Alfonso Galasso 7,18, Antonio Romano 7,18 e Salvatore d’Ambrosio 7,18. Il 20 settembre 1905 la stazione ferroviaria di Maddaloni e corso 1° Ottobre furono imbandierate con festoni e bandiere, forniti dalla ditta Forgillo, in occasione della venuta del Duca d’Aosta. Inoltre la banda musicale ebbe l’onore di suonare alla Reggia di Caserta in omaggio allo stesso duca. Il 13 aprile 1912 il Consiglio comunale presieduto dal cav. dr. Alfonso Raffone arrivò all’approvazione di alcuni regolamenti inerenti alla polizia rurale (*) e a quella urbana (*). Il 27 aprile 1914 su proposta della Commissione della banda musicale il Consiglio comunale deliberò: Nominare Marco D’Angelo musicante effettivo con un assegno di 10 lire e inoltre di concedergli 50 lire per il servizio prestato gratuitamente durante l’anno. Aumentare l’assegno ai musicanti Filippo Abitabile da 20 a 25 lire, Giuseppe Murante da 15 a 20, Onofrio Marotta da 10 a 12, Luigi Pascarella da 3 a 10, Giuseppe Bassi da 4 a 8, Andrea Lettieri da 4 a 8, Pasquale Prudenzano da 3 a 7, Antonio de Cristofaro da 3 a 7, Michele Tramontano da 3 a 7, Michele Ignara da 3 a 6, Luigi Tramontano da 3 a 6 e Michele Papa (senza paga) 4 lire. Rimunerare il prof. Nicola Rotunno con la somma di 100 lire per le lezioni impartite agli allievi musicanti, rimborsare il prof. Giuseppe Rescigno la somma di 50 lire per l’acquisto di un trombone e pagare Vincenzo Barletta rappresentante delle ditte editrici Ricordi e Sansogno la somma di 100 lire per i diritti d’autori. Il 26 ottobre 1914 l’Assemblea consiliare retta dal comm. Dr. Alfonso Raffone nominò Domenico Cerreto e Antonio Romano da guardie municipali a vigili sanitari dotandoli di un’apposita uniforme. Nel dicembre dello stesso anno per esigenza di bilancio il Consiglio comunale ratificò il deliberato d’urgenza della Giunta comunale che prevedeva l’abolizione della Banda civica musicale con l’astensione consiglieri Vincenzo Ferraro, Alfonso de Laurentis, Antonio Apperti e Antonio Omaggio e con il voto contrario del dr. Filippo Iorio e del notaio Gennaro Castaldo. Il 28 giugno 1915 il Commissario prefettizio cav. dr. Michele Gizzio ordinò il pagamento dei sussidi alle mogli di alcune guardie campestri richiamate alle armi autorizzando il tesoriere comunale ad elargire la somma spettante in modo che potessero sopperire alle accresciute esigenze della vita quotidiana. Nel settembre dello stesso anno il Commissario in merito all’abolizione della banda musicale cittadina attuata per ragione d’indole finanziaria che comportava una spesa annua di circa lire 12.900. Ritenendo che era utile e educativa mantenere in essere questa istituzione che apportava benefici a molte famiglie decise di ripristinarla con una spesa istituendo nel contempo anche una scuola musicale e approvò il relativo regolamento (*). L’11 maggio 1918 Giuseppe Barranco fu incaricato dall’Amministrazione comunale di svolgere la funzione di capo delle guardie municipali e campestri, comando che fu successivamente unificato. Il 2 gennaio 1920 i suddetti corpi furono sciolti dall’Amministrazione comunale per motivi economici e il 6 maggio dello stesso anno la nuova Amministrazione li ricostituì e modificò i loro regolamenti. 111 Il 17 luglio 1923 essendo stato sciolto per motivi economici il Corpo delle guardie campestri dalla precedente Amministrazione comunale gli agricoltori dell’agro maddalonese fecero presente che durante il periodo del raccolto si verificavano furti e distruzioni dei loro campi da pastori che facevano pascolare il loro gregge abusivamente. Per combattere questi sconci gli agricoltori furono costretti ad assoldare dei volontari per poter vigilare sui loro campi. Nel frattempo il Sindacato agricolo locale ritenne opportuno organizzare un corpo organico di guardie private giurate chiedendo all’Amministrazione comunale un sussidio a titolo di incoraggiamento per poterle compensare. Il Commissario prefettizio prof. Bernardo de Spagnolis una volta letta l’istanza e ritenutola meritoria deliberò un sussidio di 1800 lire da suddividersi alle nove guardie giurate. Il 22 novembre in occasione della commemorazione della Marcia fascista la banda musicale di Maddaloni suonò sia Caserta che a Maddaloni in Piazza Umberto 1°. Il Commissario prefettizio pagò la somma di 1000 lire da dividersi tra il direttore Salvatore Pomponio e i componenti della banda musicale. Il 18 luglio 1928 in occasione della celebrazione del 24 maggio 1915 il Podestà cav. Amedeo Sorvillo approvò il pagamento di 600,70 lire a favore della Corpo delle guardie municipali banda musicale privata diretta dal maestro Antonio Grauso. Infatti per la celebrazione furono organizzate una serie di manifestazione: corteo di tutte le associazioni fasciste e sindacali per portare una corona di alloro alla cappella votiva dei caduti in guerra, conferenza pubblica nel teatro “La vita” sul tema: La giornata coloniale”e canti degli inni patriottici da parte dei balilla e piccole italiane, grande corteo serale per le vie della città e trattenimento musicale in piazza a beneficio della popolazione. Il 28 dicembre 1935 per l’arrivo in Maddaloni delle truppe della Divisione Tevere e in occasione della rivista militare proposta da S.M. il Re il Podestà cav. Sorvillo incaricò la banda di suonare la banda musicale della Guardia di Finanza. Il 19 dicembre 1944 il Sindaco cav. Eugenio Iorio riferì che a causa del crescente 112 traffico di automezzi delle Forze Militari Alleate si verificavano spesso sulle vie cittadine incidenti e ingorghi stradali mettendo a repentaglio la pubblica incolumità. Per fronteggiare tale inconveniente nominò un vigilatore provvisorio che si occupava espressamente per il servizio delle segnalazioni stradali. Il Sindaco poi deliberò l’istituzione del servizio delle guardie campestri che oltre a custodire e vigilare sulle proprietà agricole avevano il compito di fare rispettare il regolamento di Polizia rurale con tutte le disposizioni legislative in materia. Il Corpo era costituito da un dirigente responsabile, 2 vice-capi e 22 guardie. Per il loro mantenimento economico davano un contributo del 20% prelevato dal reddito imponibile e dei beni i relativi proprietari dei fondi rustici che a loro volta si potevano rifare sugli affittuari. Nel novembre 1945 per ottemperare ad alcune recenti disposizioni legislative l’Amministrazione comunale assunse alcuni reduci, partigiani e patrioti destinandoli al compito di vigili urbani provvisori. Nel maggio 1946 per poter reprimere il protrarsi dei crescenti furti il Sindaco cav. Luigi Brancaccio organizzò pattuglioni di guardie municipali che unitamente all’Arma dei Reali Carabinieri effettuavano anche di notte soventi ispezioni nei vari rioni della città militari in divisa d'epoca Il 7 gennaio 1948 l’Amministrazione comunale provvide ad acquistate dieci divise di color grigio-verdi da destinare ai vigili urbani che in precedenza effettuavano il servizio in abiti borghesi riconoscibili da un bracciale con la scritta “vigile urbano”. Capitolo decimo Commercio e Dazio 113 L’11 marzo 1899 per evitare la sofisticazione abusiva del pane il Comune di Maddaloni fu costretto ad aumentare la tariffa daziaria a 13 lire il quintale su un tipo di farina denominata “residui farinacei di vegetali” usata per uso industriale. Per venire incontro ai lavoratori di capelli che avevano reclamato per l’esoso prezzo applicato alla farina da loro usata, la Giunta comunale ridusse il prezzo e li obbligò di consegnare la farina nel deposito del dazio dove potevano prelevarla giornalmente in minima quantità. Il 21 marzo dello stesso anno il Sindaco cav. Giuseppe Tammaro emise un’ordinanza che imponeva agli esercenti di esporre all’esterno del negozio una tabella indicante i prezzi dei generi in vendita in moneta italiana con ragguaglio corrispondente all’antica moneta italiana e gli stessi esercenti dovevano inoltre aggiungere su ogni genero soggetto all’annona una tabella con grossi numeri indicante chiaramente il costo per il peso unitario. Il 16 marzo 1900 a Maddaloni si sviluppò l’allevamento dei bachi da seta. Per incrementarlo adeguatamente furono piantati filari di gelsi lungo la Via Appia e nella località detta “Starza”. Probabilmente Maddaloni almeno ai quei tempi era uno dei paesi riforniva l’opificio di S. Leucio. Il 20 agosto dello stesso anno la Giunta municipale autorizzò a Vincenzo Vaccarella ad aprire in Piazza Umberto una Caffetteria con relativa bottiglieria e bigliardo; permesso concesso successivamente anche a Michele Di Chiara che mise su una locanda in Via Ponte Carolino. Un anno dopo anche Angelamaria Lombardi di Antonio fu autorizzata ad aprire un caffè in Via S. Croce. Nel mese di ottobre si ebbe una diminuzione sull’abbonamento del dazio sulla calce che veniva cotta nelle due fornaci site in Via Cappuccini Vecchio gestite dal proprietario Luigi De Sivo. Il 2 gennaio 1902 la Giunta comunale presieduta dal Sindaco comm. Giuseppe Tammaro autorizzò un pagamento a favore del falegname Luigi Marotta per aver fornito e messa in opera 5 argani con le relative catene di attacco alle secchie usate per attingere l’acqua dai pozzi comunali. La stessa Giunta autorizzò Mattia Setaro ad aprire un deposito di paste, di fiore di crusca e di carrube presso la stazione di Maddaloni Inferiore. Il Comune mise all’asta la cavalla dell’ex capo delle guardie campestri che fu aggiudicata per 360 lire a Giacinto De Sivo. Successivamente fu approvata una normativa per regolare il mestiere del capraio (*) e poi fu deliberato di modificare la voce del regolamento d’igiene relativa alla panificazione del pane e della pasta (*). Il 20 aprile 1903 per controllare il possibile contrabbando d’alcune merci di vitale interesse alla popolazione maddalonese, l’Amministrazione comunale ritenne opportuno spostare l’ufficio centrale del dazio da un locale dall’ingresso della ferrovia Maddaloni Inferiore considerata periferia in un locale sito in piazza dell’Unione punto centrale della città. Lo scopo era anche quello di tenere sotto controllo eventuale evasione al dazio comunale. Il 7 maggio 1904 il Prefetto di Caserta rigettò una delibera dell’Amministrazione comunale inerente al divieto dell’impianto e della permanenza nell’abitato degli opifici azionati da energia termica. In base al regolamento d’igiene le fabbriche dovevano essere situati fuori dell’abitato perché i fumi, le scariche d’acqua calda nelle fogne non erano assorbite dal sistema cloacale per l’assenza della circolazione e della fuoriuscita a distanza. Inoltre gli accumuli di combustibili e i rumori diventavano pericolosi per la salute pubblica. Per la loro collocazione si dovevano utilizzare zone periferiche. Il Consiglio comunale in base ad una legge sanitaria del 1888 che toccava la salvaguardia della pubblica salute aveva 114 la facoltà deliberò ad unanimità di spostare in periferia gli opifici ubicati nel centro abitato. Nell’ottobre del 1905 per garantire le opportune condizioni igienico-sanitarie l’Amministrazione comunale impose agli esercenti degli spacci di avvolgere i generi alimentari non in carta usata, stampata o manoscritta che oltre a cedere il colore o altre sostanze si prestava nel contempo a frodare il peso. Un anno dopo il civico consesso approvò il regolamento per l’applicazione della tassa sugli esercizi e rivendite (*) che agli effetti della tassazione erano classificate in 18 categorie di cui la prima pagava 250 e l’ultima 4 lire. Il 19 gennaio 1906 per venire incontro alle istanze di diversi esercenti la Giunta comunale modificò l’orario di chiusura dei pubblici esercizi modificando una delibera precedente che fissava i seguenti orari:a dicembre, gennaio e febbraio l’apertura era dalle ore 6 alle 22; a giugno, luglio ed agosto si apriva dalle 4 all’una di notte; negli altri mesi dell’anno l’apertura andava dalle 15 alle 24. Inoltre gli alberghi per tutto l’anno dovevano chiudere all’una di notte. Con il nuovo orario i pubblici esercizi chiudevano alle ore 24 dal 1° novembre al 30 aprile; e all’una di notte dal 1° maggio al 31 ottobre restando inalterata nelle altre sue parti la succitata deliberazione. Nel gennaio dello stesso anno il Consiglio comunale approvò il Capitolato (*) per la riscossione dei dazi di consumo governativi e comunali relativi alla tassa sugli animali vivi che si vendevano al pubblico mercato, alle tasse sul suolo pubblico, sull’esercizio macello comunale e sul diritto di peso e misura pubblica relativo al quinquennio 1906-1910. Inoltre non venivano più tassati i letti in ferro usati, il materiale usato per l’impianto e mantenimento della luce elettrica e quello impiegato per la conduttura dell’acqua. Il 20 marzo 1912 su istanza di Luigi Bove tendente ad ottenere la concessione di un pezzo di suolo sito in Piazza Umberto 1° per la costruzione di un chiosco in ferro destinato alla vendita dei giornali il Consiglio comunale lo invitò a presentare il relativo progetto e rinviò la discussione in una prossima seduta. Nel maggio dello stesso anno ricevuto il suddetto progetto il civico consesso accettò l’istanza del Bove alle seguenti disposizioni: il chiosco doveva essere costruito al largo Monte dei Pegni tra la 2^ e 3^ pianta ombrellifera a sinistra scendente il corso 1° ottobre all’interno del relativo marciapiede. La durata della concessione era stabilita a 5 anni con un canone di lire annue. Il 28 aprile 1913 l’avv. Vincenzo Brancaccio inviò un’istanza al Comune per poter modificare la cinta daziaria:“Ill.mi sigg. Sindaco ed Assessori del Comune di Maddaloni. Il sottoscritto avvocato Vincenzo Brancaccio fu Antonio espone e domanda alle SS. VV. Ill.me quanto segue: ”Per una circoscrizione daziaria, illogica e non consona allo sviluppo topografico del paese, la villetta del sottoscritto, sita presso la ferrovia adriatica, lontano dal centro abitato, e con un’unica strada di accesso (la provinciale Sannitica) è annoverata entro la cita. E a premettersi e a considerarsi che verso il Ponte Carolino ed oltre, non esservi posto di approvvigionamento e che, perciò, tutto quello che per la persona e famiglia del sottoscritto, deve pagare il tributo daziario prima di essere trasportato alla villetta. Sia, facendosi una provvista doverosamente vantaggiosa, che il più delle volte, supera le previsioni, avviene che nel rientrare in città, sul supero si esige un nuovo ed ingiusto dazio, e si assoggetti il sottoscritto, o che e per lui, a tutte le molestie dell’operazione di daziamento, tra le quali, principalissima, la duplice fermata in luoghi aperti e ventilati. Dalla premessa ed obbiettiva esposizione, il senno e l’equanimità delle SS. VV. Ill.me rileveranno di leggersi che al sottoscritto viene usato un trattamento illegale, che accede nell’arbitrario e prepotenza quando si sottopone due volte al dazio la 115 medesima cosa. Sebbene confortato dal diritto e dalla giustizia, il sottoscritto preferisce rimettere l’eliminazione di tale inconveniente al prudente criterio delle SS. VV. Ill.me piuttostocché al pronunciato di un giudice. Giova far rilevare alle SS. VV. Ill.me che questa domanda costituisce un omaggio ai doverosi sentimenti di galantomismo, in quanto che, a mente di legge, avrebbe facoltà il sottoscritto di prevenire e scongiurare i ripetuti abusi fattigli, facendo trasportare le cose sue attraverso i vari sentieri montani che congiungono il proprio fondo al centro abitato. Ad ogni modo ad evitare ciò a qualsiasi litigio, il sottoscritto domanda e prega le SS. VV. Ill.me perché, con apposito deliberato dichiarino il sottoscritto e le persone della famiglia di lui esenti da visita alle barriere Ponte Carolino e Mulini, ed i generi per colà da essi introdotti, immuni da dazio. Il sottoscritto ha fiducia nel senno, prudenza ed equanimità delle SS. VV. Ill.me. Maddaloni, l8 febbraio 1913. f.to Avv. Vincenzo Brancaccio”. Sulla scorta di altri casi verificatosi in precedenza il Consiglio istituì un’apposita commissione consiliare composta dal Sindaco cav. Alfonso Raffone e dai consiglieri dr. Filippo Iorio, ing. Vincenzo Borgia, Mattia Setaro e Vincenzo Zaza per apportare le dovute modiche alla cinta daziaria in seguito all’istanza presentata dal Brancaccio. Il 19 marzo 1915 per la vendita del pane alle classi più disagiate l’assessore delegato all’Annona avv. Vincenzo Brancaccio ritenne opportuno abbassare il prezzo a 38 centesimi con una riduzione di sei a carico del Comune e nello stesso tempo fece istituire due spacci comunali: uno nel rione Oliveto e l’altro nel Pescara. Inoltre emanò un’ordinanza che obbligava i fornai degli spacci di consegnare giornalmente un sufficiente quantitativo di pane in rapporto alla loro ordinaria vendita. L’avv. Brancaccio riferì poi al Consiglio che il principale fautore della suddetta operazione fu il primo cittadino cav. Alfonso Raffone che ancora una volta si era reso disponibile a venire incontro alla cittadinanza e alla Civica Rappresentanza. Nel giugno dello stesso anno il Commissario prefettizio cav. Michele Gizzio subentrato all’Amministrazione del Sindaco cav. Raffone, avendo costatato che non esisteva più la necessità di provvedere al fabbisogno del grano, facilmente recuperabile sul mercato, eliminò la contabilità relativa all’acquisto e rivendita del grano e i forni comunali. Nel novembre dello stesso anno il cav. Gizzio istituì un’apposita commissione pubblica formata da: Alfredo Onesti titolare della ditta daziaria, Giuseppe Verzillo direttore daziario e Francesco della Monica vicesegretario comunale per poter adeguare il tracciato della cinta daziaria (*) al nuovo assetto urbanistico di Maddaloni. Il 19 luglio 1920 a causa del ritardato arrivo della farina al deposito comunale e per evitare eventuali proteste da parte della popolazione il Commissario prefettizio cav. Gizzio Via Trivio - incrocio via Starza 116 impose ai garzoni dei fornai di continuare a lavorare fino alla consegna del pane. Inoltre i garzoni impegnati con la panificazione furono gratificati dal Commissario con un doppio salario per il lavoro straordinario svolto. Furono dunque assegnati 7, 50 lire a Ferdinando Cioffi, Giuseppe Roberti, Salvatore Lombardi, Domenico De Vincenzo, Vincenzo Savastano, Raffaele Simeone, Vincenzo Bucciero, Nicola Micco, Antonio Prisco, Michele Lombardi, Giuseppe Magliocca, Aniello Renga, Antonio Renga, Antonio Della Ventura, Antonio Formato e 5 lire a Michele Lombardi, Bartolomeo Marotta, Innocenzo Salatini, Antonio Letizia, Domenico Lombardi e Domenico Diodati. L’8 marzo 1921 il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco facente funzione avv. Vincenzo Tammaro ratificò la delibera della Giunta municipale che prevedeva il licenziamento del personale daziario dopo l’abolizione della cinta daziaria. L’assessore delegato al servizio di riscossione daziario avv. Michele Cuccaro riferì: “On.li Colleghi l’abolizione della cinta daziaria deliberata da questo Consiglio nelle sedute 29 novembre, 10 e 16 dicembre 1920 e approvate dalla G.P.A. il 18 detto mese portò la necessità il licenziamento di tutto il personale daziario in servizio a “Comune chiuso”. Tale licenziamento fu debitamente notificato agli interessati e parte dei quali ricorse alla Giunta Provinciale Amministrativa. Poiché il deliberato di licenziamento costituiva per l’Amministrazione comunale non una semplice facoltà, ma un tassativo obbligo determinato dal passaggio del Comune alla categoria dei Comuni aperti. Infatti, l’art. 29 del testo unico 7 maggio 1908 numero 284 sui dazi interni di consumo contemplando il caso del passaggio di un comune chiuso alla categoria dei comuni aperti, e dell’inderogabile conseguente licenziamento degli impiegati ed agenti daziari, la cui stabilità ancorché legalmente acquisita, è subordinata all’evento suddetto, sancisce che i detti impiegati ed agenti, ancorché abbiano titolo al conseguimento della pensione di riposo a norma dei regolamenti comunali in vigore, e, non avendo tale titolo, non accettino le eventuali indennità di licenziamento deliberata dall’Amministrazione comunale, non hanno altro diritto che quello di essere preferiti nella nomina ad altri impieghi municipali, nei limiti dei posti che si rendano disponibili in conformità degli organici attuali, e semprochè posseggono i prescritti requisiti d’idoneità. Epperò si impone la ratifica dell’adottata deliberazione, che nell’interesse del Comune, la Giunta vi chiede impartire a norma di legge”. Intervenendo nel dibattito il consigliere avv. Arturo Vitelli dichiarò che il Consiglio non poteva ratificare la delibera della Giunta per le seguenti ragioni: “La deliberazione in esame comportava il licenziamento di tutto il personale daziario che comprendeva agenti nominati dalla Giunta e funzionari come il direttore, l’ispettore, il contabile, i controllori, i ricevitori di nomina consiliare. Il licenziamento dei funzionari doveva essere deliberato dal Civico consesso e non dalla Giunta comunale. La Giunta nel suo deliberato doveva indicare il quantitativo dell’indennità di licenziamento da corrispondere a quel personale che non poteva essere riassunto per aiutarlo provvisoriamente a vivere fino a quanto non si sarebbe trovato una nuova occupazione”. Nel ribattere il relatore Cuccaro l’avvocato Vitelli affermò che era legittimo la delibera della Giunta adottata in linea d’urgenza. Dopo i vari interventi il presidente dell’Assemblea consiliare mise a votazione la delibera della Giunta che fu approvata con 22 voti favorevoli e 4 contrari espressi dai consiglieri Arturo Vitelli, Alfonso Raffone, Eugenio Forgillo e Barletta Clemente. Nella stessa data il Consiglio comunale riprese in servizio il personale daziario, precedentemente rimosso che 117 doveva far funzionare il nuovo sistema daziario a regime aperto gestito a livello comunale. Furono così nominati Giuseppe Verzillo direttore con uno stipendio di 7680 lire, Michele Verrone contabile con 6000, Francesco Cianciola controllore con 450, Ercole Sorrentino ispettore con 450 e Andrea Scalera ricevitore con 450 lire. Inoltre il Civico consesso deliberò che oltre al caroviveri il pagamento degli stipendi fosse a carico della ditta. E nella stessa seduta ratificò la delibera della Giunta comunale relativa all’appalto del servizio per la riscossione della tassa daziaria relativa al quinquennio 1921-1925. Per l’abolizione della cinta daziaria entrata in vigore con il nuovo regime a comune chiuso la Giunta comunale, contraria alla gestione in economia, appaltò il servizio a trattativa privata affidandolo alla ditta Salvatore Dinacci per un impegno economico di 210.000 lire. Il 18 febbraio 1922 con decreto del Prefetto il Real Commissario cav. uff. dr. Giovanni Anelli dichiarò la decadenza dell’appalto daziario della Ditta Salvatore Dinacci perché la stessa non aveva versata puntualmente ad ogni decade le rate del canone precedentemente pattuito. Inoltre non aveva impiantato, come da appalto, un posto centrale per la vendita al pubblico del ghiaccio e della neve. Non aveva infine pagato il salario al guardiano del macello sospendendo arbitrariamente la riscossione del dazio sui foraggi. Nel febbraio dello stesso anno il Comune di Maddaloni passò dalla categoria dei chiusi a quella degli aperti. In seguito a questo cambio lo stesso Commissario applicò per il nuovo regime la tariffa più alta prevista dalla legge in vigore e deliberò le seguenti disposizioni: “A partire dal primo gennaio 1922 i dazi di consumo governativi, addizionali e comunali, saranno riscossi in base alla nuova tariffa). La riscossione dei dazi sarà gestita direttamente dal Comune o data in appalto per un quinquennio, in conformità dei deliberati dell’Amministrazione comunale debitamente approvati dall’Autorità superiore a norma di legge del regolamento generale. L’Ufficio centrale daziario è tenuto nel locale che sarà designato dal Comune. Le operazioni daziarie in generale e cioè quelle che riguardano l’introduzione dei generi nei luoghi di vendita, la macellazione, l’accertamento della qualità, la presentazione delle denunzie e dichiarazioni, la liquidazione e riscossione del dazio, devono aver luogo in tutte le stazioni dal sorgere al tramonto del sole. L’ufficio daziario sarà aperto al pubblico dalle ore 5 alle ore 20 dal 1° aprile al 30 settembre e dalle ore 8 alle 17 dal 1° ottobre al 31 marzo”. Per rendere più efficiente il servizio daziario comunale nell’aprile del 1922 il cav. dr. Anelli operò in linea provvisoria l’assunzione di 6 impiegati e salariati: Nicola Sprizzi vice-direttore, Clemente Olivieri ispettore, Euriale Ferraro e Vincenzo Lombardi controllori, Luigi Aveta ricevitore, Domenico Lombardi e Gabriele Tramontano guardie daziarie e Francesco Serpentino commesso. Nello stesso mese il Commissario prefettizio prese in considerazione l’offerta fatta dalla Ditta Clemente Domenico per la fornitura della neve (*). Non essendoci allora frigoriferi che oggi usiamo il servizio pubblico di approvvigionamento del ghiaccio e della neve era importante per provvedere al fabbisogno sia degli ammalati che della popolazione. Il 30 aprile 1923 per la sistemazione e il controllo del servizio di vendita del ghiaccio nell’aprile del 1923 l’Amministrazione comunale decise di farlo gestire dai privati. Vista l’istanza presentata dal mutilato di guerra Agostino Girgenti tendente ad ottenere detto servizio alle condizioni stabilite dal Comune il Commissario prof. Bernardo de Spagnolis accettò l’offerta obbligando il nuovo gestore a rispettare la relativa normativa (*). Il 17 luglio dello stesso anno per l’esagerata tariffa richiesta dai proprietari di macchine trebbiatrici del grano che pretendevano 6 lire al tomolo la classe agraria maddalonese 118 chiese all’Amministrazione civica di far adottare la stessa tariffa praticata nei Comuni del Circondario. Il Commissario “sentite le numerose lagnanze degli agricoltori e letto la lettera del Sindacato agricolo maddalonese in cui evidenziava i prezzi praticati nei Comuni di S. Clemente, S. Benedetto, Curti, Macerata, S. Maria, Centurano, Tredici e Caserta che variavano da un minimo di 2,50 lire ad un massimo di 4 al tomolo alle stesse condizioni e spese per far cessare la sempre più crescente agitazione dei richiedenti e per ragioni di ordine pubblico intervenne con urgenza fissando la tariffa della trebbiatura del grano in 4 lire al tomolo”. Nel luglio del 1932 fu aumentata la tariffa delle vetture da nolo (*). Il 25 giugno 1937 il Podestà cav. Sorvillo prese in considerazione la vendita della carne a bassa macellazione che era venduta all’aperto sia d’inverno che d’estate dando luogo a molteplici inconvenienti in merito all’igiene e alla salute pubblica. Per fronteggiare il dilagante malcostume il Podestà ritenne opportuno effettuare la vendita di tali carni in un luogo chiuso in modo da evitare pericoli e inconvenienti derivanti dall’inosservanza dei regolamenti di polizia veterinaria. Il 6 maggio 1939 il Commissario prefettizio avv. cav. Salvatore Renga ritenuta la necessità, per ovvie ragioni di igiene e decenza, istituì un centro opportunamente controllato dal lato igienico per la raccolta del latte destinato al consumo locale. Nel chiedere l’esclusività della vendita del latte i germani Francesco e Eduardo Girolami si impegnarono a municipio negli anni '30 rispettare tutte le disposizioni emanate dal regolamento del 1929 che prevedevano di filtrare e refrigerare tutto il latte raccolto che doveva essere distribuito a domicilio alla popolazione in bottiglie sigillate con tappo di alluminio e in bidoni di alluminio. Inoltre era necessario provvedere alla vaccinazione e alla prova della tubercolina di tutte le vacche da latte del Comune. Il latte doveva essere venduto ad un prezzo non superiore a lire 1,30 al litro. Il 6 aprile 1940 il Podestà avv. Salvatore Renga ritenne opportuno disciplinare con un apposito regolamento (*) il servizio della vendita di ghiaccio. Ritenuto la necessità e l’urgenza del servizio tanto utile alla popolazione sia per uso industriale che medicamentose l’avv. Renga accettò l’istanza presentata da Eugenio Forgillo e Francesco Fucci per l’impianto di una fabbrica e per la vendita del ghiaccio nel centro di Maddaloni. Il 15 aprile 1944 il Sindaco cav. Eugenio Iorio in base ad un’ordinanza del Governo militare alleato nominò una squadra di cittadini per poter combattere il mercato nero. Il comm. Salvatore Nappi fu Aniello fu nominato comandante; Aniello Di Vico fu Antonio – vice; e prof. Giuseppe Guarino di Antonio, Giuseppe Pietropaolo fu Ferdinando, Vincenzo Iorio fu Francesco, Luigi Cuccaro fu Antonio, Nicola Tammaro fu Francesco, Guido Pascarella fu Luigi, Vito Bove fu Domenico, Natale Iovinelli fu Paolo, Salvatore Falanga fu Gaetano e Gaetano Gines fu Gaetano guardie giurate. Nell’aprile dello stesso anno il primo cittadino riferì che dopo la partenza dei tedeschi la popolazione maddalonese raggruppata in squadre girava per il paese alla ricerca di generi alimentari di prima necessità che venivano depositati nell’atrio della Casa comunale per essere distribuiti 119 direttamente agli abitanti. Inoltre il cav. Iorio fece rilevare che il ritiro e la distribuzione dei generi razionati e contingentati avvenivano in modo caotico e con grande confusione che provocavano spesso gravi agitazioni da parte dei cittadini e non eliminavano del tutto l’intervento dei vecchi distributori legati al vecchio regime. Non potendo il Comune per ragioni di economia gestire detto servizio il primo cittadino decise di affidarlo a ditte specializzate e tecnicamente attrezzate per cui la distribuzione della farina era affidata a Vincenzo Magliocca; per l’olio si faceva capo a Michele Formato; Gennaro Merola gestiva la distribuzione del il sapone mentre Giovanni e Lorenzo Merola si occupavano di tutti gli altri generi. Inoltre il Sindaco stabilì che le ditte interessate alla distribuzione dovevano provvedere a proprio a spese e a proprio rischio e pericolo al ritiro ed al trasporto degli stessi generi reperendo nel contempo sacchi, casse, botti ed altri recipienti utili alla loro confezione. Le ditte dovevano pure comprare in proprio i generi che dovevano essere conservati in locali capaci, igienici e sicuri. Inoltre la loro distribuzione ai singoli esercenti doveva avvenire in base a buoni rilasciati dall’Ufficio tesseramento e razionamento comunale. L’Amministrazione civica avrebbe poi curato il ritiro dei buoni presso gli Enti competenti per consegnarli alle ditte autorizzate. Doveva essere il sindaco insieme all’assessore all’Annona e al segretario capo controllare i locali, vigilare sulla merce e stabilire il relativo prezzo. In base ad una circolare della Real Prefettura di Napoli pervenuta il 18 ottobre del 1945 che disciplinava i ristornati e le rosticcerie la Giunta municipale dopo aver esaminato le licenze degli esercenti in discussione, su proposta del Sindaco Iorio, classificò per categoria gli esercizi pubblici di Maddaloni. Entrarono a far parte della seconda Marianno Bove Via Guglielmo Marconi; Giuseppe Di Chiara Via Napoli. Nella terza categoria entrarono Samuele Affinito Via Roma 61; Mariantonia Arciuolo Via Ponte Carolino 431; Michele Balbi Via Appia, 71; Tommaso Barletta Via Fabio Massimo; Filomena Via Calabricito; Sebastiano Carpendone Via P. Carolino; Enrico Cicchelli Via S. Francesco d’Assisi; Antonio Cirma Via Napoli; Raffaele Crisci Via P. Carolino; Maria Delle Cave Via P. Carolino; Michele Delle Cave Via S. Giovanni; Giovanni Di Vico Via S. Giovanni 54; Ersilia Ferraro Vico Maddalena; Cesare Formato Ponti della Valle; Cesare Formato Via Bixio; Michele Formato Via Trivio S. Giovanni; Ersilia Guarino Messercola; Giuseppina Marotta Via Feudo; Angela Maria Mastroianni Via Caudina; Lorenzo Merola Via P. Carolino 125; Michele Murante Via Fabio Massimo; Elisabetta Piscitelli Via Ferrovia; Nicola Raffone Nicola Via Regina Margherita; Anna Santonastaso Via Roma; Antonio Santonastaso Via Bixio; Angelina Stefanelli Via P. Carolino; Raffaele Stravino Via Roma; Felice Suppa Via Troiani; Antonietta Troiani Via Montano; Maria Varvo Via Bixio; Giovannina Velardo Madonna delle Grazie; Francesco Sacco Lucia Via Montella. Il 13 marzo 1946 l’Amministrazione comunale concesse un pezzo di suolo pubblico sito in Piazza Umberto 1° tra l’angolo dell’entrata nord della chiesa Annunziata e lo spazio antistante il palazzo Renga a Gaetano Pascarella per la costruzione di un chiosco per la vendita di rinfreschi. La Giunta municipale autorizzò la costruzione del chiosco per una durata di 5 anni dal 1° giugno dell’anno in corso mediante il corrispettivo mensile di 240 lire che doveva essere pagato a trimestri anticipati. Inoltre obbligò il Pascarella ad osservare le norme prescritte dalla Commissione edilizia su come doveva essere costruito e in base alle leggi sanitarie e di pubblica sicurezza. Nel maggio dello stesso anno la Giunta chiese l’autorizzazione alle competenti Autorità per istituire uno spaccio di generi 120 alimentari ed un forno di “paragone”. Allora il livello medio dei prezzi praticato nel Comune era notevolmente elevato rispetto a quelli dei viciniori. Di conseguenza l’assessore delegato di allora chiese alle Autorità superiori di fare aprire ad un privato un forno di paragone, opportunamente controllato dalle Autorità competenti, per la vendita di generi di prima necessità di buona qualità e a prezzi ragionevoli. Nello stesso mese di maggio la Giunta autorizzò un cittadino privato ad aprire un impianto di distribuzione di benzina con relativi serbatoi in Via Tiglio S. Biagio. Il 2 agosto dello stesso anno l’assessore all’Annona Paolo Palmieri riferì che le Commissioni a suo tempo nominate ed incaricate del rilascio di licenze per l’esercizio del commercio a posto fisso ed ambulante praticamente avevano cessati di funzionare durante il periodo bellico. Per meglio disciplinare tali attività propose che le medesime fossero ricostituite ex nuovo e con elementi scelti tra i commercianti, i lavoratori del commercio e gli intellettuali che avrebbero dato pieno affidamento di leale ed efficace collaborazione. La Giunta municipale nominò quindi per il rilascio delle licenze posti fissi Vincenzo Lombardi, Domenico Cuccaro, Clemente Lerro e Luigi Iadicicco e per il commercio ambulante Arcangelo Correra, Vincenzo Cardillo, Alessandro Pascarella e Umberto Proto. Il 20 novembre 1948 il farmacista dr. Francesco Iadevaia inviò un’istanza indirizzata al Sindaco generale cav. Domenico Renga e per conoscenza al Consiglio comunale: “Premesso che in data 14 giugno c.a. il dr. Enrico Tammaro – assessore pro-tempore delegato all’igiene e sanità – aderendo gentilmente a richiesta scritta dei direttori delle locali farmacie, convocò gli stessi in uno degli uffici del Comune, presente il Segretario per ascoltare i loro desiderati; che dopo esaurienti discussioni su alcune formalità, fu concordata e da tutti firmata una convenzione di fornitura dei medicinali ai poveri sul tipo di quella dei mutilati del INADEL, nel senso cioè che l’assistente era reso libero di poter spedire la ricetta presso la farmacia ciò che più gli ispirava fiducia. Che in data 30 dello stesso mese, il precitato assessore indirizzò lettera circolare a tutti i farmacisti, e per conoscenza ai medici condotti, con la quale, oltre a notiziari che senza obbligo di turno il servizio di distribuzione di medicinali ai poveri sarebbe cominciato il giorno successivo, dava anche istruzioni in merito. Che il 29 del mese successivo la Giunta municipale, dalla S.V. presieduta, esaminate le lamentele di qualche farmacista poco accreditato, e convinto che, il turno obbligatorio suona limitazione di libertà da parte del povero di potersi appoggiare alla farmacia che gli ispira maggior fiducia sanziona a voti unanimi di continuare il sistema finora adottato nella fornitura dei medicinali ai poveri, nel senso che il povero è libero di spedire le prescrizioni mediche a quella farmacia che crede Con osservanza f.to Iadevaia Francesco fu Giuseppe. Maddaloni 26 ott. 1948”. Per meglio controllare la spesa sanitaria che negli ultimi tempi era aumentata durante il turno della libera scelta del farmacista nella fornitura dei medicinali ai poveri la Giunta municipale ritenne opportuno adottare il turno obbligatorio. Il consigliere Tammaro dal suo canto spiegò che la differenza della spesa farmaceutica era dovuta ai diversi periodi di mobilità. Il Rosati intervenendo nella discussione diede parere favorevole al turno del sistema libero. Il presidente dell’assemblea visto che non c’erano altri interventi fece mettere a votazione per appello nominale il sistema da adottare. Capitolo undicesimo Il Mercato e il Macello 121 Una delle prime notizie del Mercato di Maddaloni è riportata da un opuscolo di Giacinto De Sivo intitolato “Notamentum ex fasciculis in archivio regiae Siclae”, scritto da Carlo de Lellis. Si legge nella prima pagina del volume 1° pagina: “Univesitati Magdaloni provisio contra eam pro revocandis nundinis tamquam praeiudicialibus convicinis.” (tradotto al popolo tutto di Maddaloni provvedimento contro di esso a favore della revoca del mercato come da denuncia dei confinanti), datato 1296. Con la costruzione del palazzo ducale il mercato settimanale si svolgeva nella piazza antistante sotto il diretto controllo del duca. Poi nel 1859 fu spostato in piazza d’Armi ricavata dallo spianamento del giardino ducale. Nel 1893 l’ing. Pasquale Mastellone nel progettare una condotta d’acqua per Maddaloni così descrive la nostra fiera settimanale: “La città di Maddaloni sede della Legione allievi Real. Guardia di Finanza ha un mercato-fiera settimanale importantissimo di cui principalmente è importante il suo Mercato di bovini, di suini ed altri animali. E’ il principale della Provincia che provvede alla vita di Napoli ed altre città viciniori: varie migliaia di tali animali vi affluivano da tutte le contrade”. Il 12 maggio 1906 l’Amministrazione comunale stabilì l’importo della tassa di posteggio nel Mercato per gli animali: 2 lire per ogni bue o bufalo, 1 per vitello o vitello lattante, 0,50 per maiale grande, 0,25 per maiale piccolo, 025 per pecora e capra e 0,15 per capretto o agnello lattante. Il 31 maggio dello stesso anno il Sindaco dr. Alfonso Raffone nella sua relazione inviata al Governo del Re tendente a chiedere la fermata di alcuni treni nella stazione di Maddaloni Inferiore scriveva: “Maddaloni con una popolazione di 21mila abitanti vantava una fiera settimanale con il suo celebre mercato del martedì da cui prendevano a norma non solo i comuni di Terra di Lavoro ma anche paesi più lontani i prezzi dei cereali e degli animali”. Il 27 marzo 1912 Il macello comunale aveva tre ammazzatoi: uno per buoi, vacche, vitelli e bufali, uno per ovini e caprini e un altro per maiali. Oltre a tre stalle di sosta per bovini, maiali e ovini e caprini c’erano inoltre un locale per la lavatura delle interiore degli animali macellati e un altro per l’ammollamento del merluzzo secco, baccalà e simili e due stanze per lo piazza Mercato ora piazza della Pace “spanditoio” e per la distruzione degli animali o parti di essi ammalati, un sotterraneo per il deposito delle carni macellate e un ufficio per il veterinario e un’altro per il custode. La direzione e l’ispezione sanitaria del macello erano affidate esclusivamente al veterinario comunale che doveva adempiere a tutti gli obblighi imposti dalle leggi e dai regolamenti sanitari e prestare la sua opera gratuita per gli animali dei poveri dopo l’orario di servizio. La struttura comunale restava aperta tutti i giorni meno la domenica dalle 7 alle ore 14 in estate e dalle 8 alle 14 in inverno. Su ordine del Sindaco poteva essere fatta una variazione sull’orario di chiusura e apertura. La macellazione era regolata dal seguente orario: dalle 8 alle ore 11, tutti i giorni dell’anno tranne la domenica. Invece il martedì ed il sabato e nei casi di bisogno con turni 122 straordinari stabiliti dal Sindaco e dal veterinario il macello era aperto dalle ore 8 alle 12. I privati potevano macellare in casa per uso proprio i maiali dopo un perentorio avviso al veterinario comunale che percepiva 2 lire a capo con le spese di trasporto quando si recava nelle frazioni. Le bestie da macellare prima di passare all’ammazzatoio dovevano essere visitate nella stalla di sosta dal veterinario che rilasciava una bolletta con una numerazione progressiva per ogni capo o per ogni mandria. Agli animali appena ammazzati erano tolte le interiore che poi dai mandriani e “trippariuoli” erano trasportate nell’apposito locale. Il sangue invece posto in appositi contenitori era portato fuori dal macello. Dopo una giornata il sangue che non era ritirato dai proprietari diventava proprietà comunale. I bovini ammazzati non potevano essere appesi con i tendini (cordoni) delle gambe fino all’uscita dell’ultima goccia di sangue. Per la vendita delle pelli alle relative fabbriche conciarie occorreva un nullaosta del sindaco. I maiali destinati alla pubblica vendita, divisi in due pezzi, dovevano essere trasportati e sospesi agli uncini nello spanditoio dove restavano per un periodo di tempo necessario per far acquistare alle carni la debita consistenza. Inoltre le stesse bestie non potevano essere bollite per la depilazione che doveva avvenire solo con l’acqua calda fornita dal Macello. L’addetto all’ufficio del macello doveva segnare su un registro d’ingresso la data e il numero progressivo degli animali da macellare e l’esito della visita fatta dal veterinario. Durante la macellazione si dovevano tenere chiuse le entrate del macello e proibire l’ingresso alle persone estranee e a quelli di età inferiore agli anni 14. Inoltre era vietato assolutamente introdurre cani nel macello. Il custode aveva il compito di assegnare ad ogni “beccaio” proprietario di bestie i posti delle stalle di sosta ai quali spettava l’obbligo della fornitura della paglia per la giacitura dei propri animali. Il letame delle stalle, dei depositi e dell’intero macello apparteneva al Comune che a proprio cura doveva lavarlo e poi depositarlo nel “rognone” o in un altro locale appositamente attrezzato. Nelle stalle delle bestie da macellare non erano ammessi quelli da tiro e altre bestie di qualsiasi genere mentre quelle autorizzate non potevano vagare nell’interno del macello né essere attaccate ai cancelli e in altre parti fuori delle stalle. Soltanto le bestie “indomite” potevano essere tenute libere nel recinto mentre quelle da tiro dovevano essere legate agli appositi anelli. Senza il permesso del custode sia di giorno che di notte era vietato l’ingresso nel macello a qualsiasi persona ad eccezione del personale daziario, della Forza pubblica, delle Autorità e dell’Ufficio d’igiene. Non potevano accedere nella struttura comunale le persone vestite con abiti sudici e cenciosi. Inoltre non si potevano imbrattare le strutture, nè scrivere o disegnare sui muri, né applicare candele contro i muri, né piantare coltelli, chiodi o altri arnesi in tutte le parti del macello. Gli esercenti dovevano curare la pulizia evitando qualsiasi disordine del locale che usavano per la macellazione dei propri animali. I macellai, i trippariuoli, i lavoranti e i garzoni non dovevano uscire e andare in giro portando in mano coltelli o altri strumenti pericolosi. Le stesse persone dovevano indossare camici e cappucci durante la macellazione. Non potevano mostrarsi con abiti laceri e sudici nel pubblico Macello. Non si poteva cantare e gridare ad alta voce; compiere atti contrari alla decenza e al buoncostume e non bisognava usare crudeltà verso le bestie da macellare. Ogni macellaio o trippariuolo doveva lasciare opportunamente puliti tutti gli arnesi adoperati e usati. Mentre i mandriani dovevano lavare con cura il rispettivo ammazzatoio. Era consentito fronteggiare le insidie dei topi, degli insetti e di altri animali dannosi usando solo trappole meccaniche al posto di polveri ed altri preparati velenosi, combustibili e 123 pericolosi per la pubblica salute La carne macellata proveniente dagli altri Comuni doveva essere sottoposta ai controlli daziari situati nelle vie Napoli, Starza e Ponte Carolino e Corso Campano e controllata nelle ore di apertura del macello dal veterinario prima di essere consegnata agli spacci pubblici maddalonesi. Inoltre la carne fresca, congelata o refrigerata poteva essere entrare nel territorio comunale previo un controllo sanitario, in una quantità non superiore a 5 chili mentre quella dei maiali era di peso diverso. Le stesse disposizioni erano adottate per teste, piedi, trippe e arti inferiori freschi. Gli agenti di servizio alle barriere daziarie avevano l’obbligo di ritirare le carni infette o provenienti da animali morti provenienti dagli altri Comuni. Era tassativamente proibito la macellazione degli equini e la loro entrata nella cinta daziaria sotto qualsiasi pretesto. Inoltre le stessi carni non dovevano essere mescolate nella confezione delle carni insaccate. Nell’interesse della pubblica igiene gli industriali che trattavano merluzzo secco, baccalà e altri generi simili avevano l’obbligo di farli ammollare previa visita del veterinario nelle vasche del Macello. Lo stesso dovevano fare i venditori di baccalà e simili al dettaglio. Il custode del Macello dipendeva dal Comune e dal veterinario comunale e oltre ad osservare aveva il compito di fare applicare tutte le prescrizioni contenute nel Regolamento del Macello e quelle emanate dall’Autorità comunale e dal veterinario. Un inserviente aiutava il custode in tutti i compiti inerenti alla pulizia e al decoro del Macello. Su ordinanza del sindaco il periodo della macellazione era cosi diviso: tutto l’anno per “vaccini”, castrati, capretti e agnelli; luglio e agosto per pecore e caprini; da settembre fino a 10 novembre per capre e bufale da settembre fino al 10 e da ottobre fino al il 15 marzo per maiali. In caso di malattie epidemiche o contagiose il sindaco su disposizione dell’Ufficiale sanitario per tutto il periodo del morbo doveva vietare la macellazione e lo smercio di carni degli animali. Le carni macellate, il baccalà e altro pesce salato prima di essere messi in vendita dovevano essere muniti del bollo dell’Ufficio igienico comunale. Senza la preventiva visita veterinaria l’Ufficio daziario non poteva consentire l’entrata delle carni affette da tubercolosi che dovevano essere bollite prima di essere vendute a bassa macellazione. I diritti comunali per la macellazione erano cosi “tariffati”: 5 lire a capo per buoi, vacche e bufali; 3 per vitelli e vitelle; 2 per maiali, 0,40 per pecore e capre e 0,15 per agnelli e capretti. Per lo “stallaggio” ogni animale per il periodo primo di sosta costava 0,40 centesimi per buoi, vacche, bufali; 0,30 per vitelli; 0,20 per maiali; 0,15 per pecore e capre e 0,05 per agnelli e capretti. Per l’”ammollimento” dei baccalà e simili si doveva pagare per ogni kg. di pesce secco 0,05 centesimi. Il 13 maggio 1924 il Commissario prefettizio prof. Bernardo de Spagnolis concesse a Pasquale Castaldi la gestione del servizio delle pubbliche misure con una stadera a ponte a bilico sul mercato sotto la sorveglianza dell’Ufficio daziario con l’obbligo di devolvere la metà degli introiti all’Amministrazione comunale. La tassa prevista per l’uso della pesa era di 1 lira. Il 4 luglio 1927 per evitare che si verificasse una diserzione e per non perdere la riscossione della tassa comunale pagata dai commercianti che costituiva una delle maggiori entrate del bilancio comunale il Podestà cav. Sorvillo fece costruire un abbeveratoio che oltre alle ragioni finanziarie avrebbe dato agio ai numerosissimi frequentatori di potersi dissetare e di poter abbeverare gli animali. Inoltre l’abbeveratoio avrebbe contribuito ad incrementare l’aumento della tassa che era pagata dai commercianti per il posteggio sul 124 mercato. Il 1 luglio 1932 l’Amministrazione podestarile fece sistemare il Reparto di macellazione e lavorazione della carne suina al Civico macello. Il cav. Sorvillo riscontrò che la struttura comunale non aveva né l’attrezzatura necessaria per la scannatura e la depilazione dei 30 e 40 animali da macellare, né un locale “spanditoio” per appendere le carni degli animali macellati, né un mezzo celere per il trasporto degli animali uccisi dalla vasca di scottatura allo spanditoio e né le vaschette di sgrassamento e di lavaggio della tripperia. Inoltre mancava anche di una stadera a ponte per il controllo del peso degli animali e delle carni macellati. Per l’applicazione dell’imposta di consumo gli agenti daziari erano costretti a pesare gli animali al ponte bilico comunale distante più di un chilometro. Nella struttura comunale inoltre mancavano una stalla di sosta per suini adiacente alla sala lavorazione, un impianto elettrico nella sala di macellazione, negli uffici e nell’alloggio del custode. Per rimediare alle deficienze della struttura comunale il podestà provvide all’impiego di apposite ditte specializzate. Il 9 dicembre 1933 l’Amministrazione comunale chiese l’autorizzazione per la costruzione di un Foro boario e di un mercato coperto per commestibili e relativo piano di finanziamento. Per far approvare la richiesta il Podestà cav. Sorvillo fece avere al Prefetto la seguente relazione: “Il Comune di Maddaloni aveva un mercato settimanale esistente già dal periodo feudale che era svolto il martedì nell’interno del il vaccaio palazzo baronale oggi Fondazione Villaggio dei Ragazzi. Poi con la caduta del feudalismo il mercato fu trasferito nell’antica Piazza Mercato adibita pure a Piazza d’Armi per le esercitazioni delle truppe accasermate nella caserma Nino Bixio sita nel punto più centrale della città dove avevano sede il Municipio, gli uffici pubblici e tutte le organizzazioni fasciste. Il mercato di Maddaloni è stato sempre fiorentissimo ed il più importante di tutta l’ex provincia di Caserta per il rilevante numero di grossi capi di bestiame bovino che per la vendita che in certi periodi raggiungevano il numero di 700800; per l’affluenza annualmente di oltre 5000 capi tra suini, ovini e caprini; per la vendita all’ingrosso di tutti i prodotti agricoli e manufatti della piccola industria e del piccolo commercio della regione. Nei giorni di martedì e sulla stessa piazza per tradizione ormai inveterata conveniva tutta la popolazione di Maddaloni che era in grandissima maggioranza prettamente agricola e quella di tutti i comuni vicini per le loro provviste settimanali”. “L’affollamento era quindi vastissimo e nonostante la piazza avesse una superficie di circa due ettari i compratori ed i visitatori unitamente ai molti rivenditori, ed ai veicoli di ogni sorta, che non trovavano spazio sufficiente per adattarsi in piazza erano obbligati a riversarsi nelle vie adiacenti ingombrando ed ostacolando in ogni modo il pubblico transito e rendendo questo assai difficile e pericoloso, specie nelle ore in cui gli animali, a 125 grossi branchi, attraversavano le vie principali della città per far ritorno ai loro luoghi di partenza o per portarsi ai susseguenti mercati di Nola e di Napoli. Ad un inconveniente cosi sensibile per il pubblico transito se ne aggiungeva un altro assai più grave che aveva attinenza con le norme igieniche che ormai si imponevano e che regolavano e disciplinavano i mercati d’ogni genere era causato appunto dall’agglomeramento d’ogni genere di prodotti che erano rivenduti sul mercato e che non trovando spazio sufficiente né comodità di qualsiasi specie per le necessarie e dovute separazioni. Le baracche dei venditori erano addossate le une alle altre, mischiate, confuse, spinte fin sotto le zampe degli animali. Inoltre la polvere che i pedoni ed i veicoli sollevano o il fango che gli stessi trasportavano coprivano, imbrattavano, danneggiavano e forse infettavano i generi commestibili che erano depositati su tozze tavole di legno o su cesti d’ogni specie posati a terra”. Il mercato settimanale con il suo piccolo commercio era parte vitale della popolazione maddalonese che coscienziosamente avrebbe sopportato qualsiasi sacrificio pur di mantenerlo e migliorarlo secondo le nuove tecniche non avendo il Comune alcuna industria né altre risorse ma solo lo smercio dei suoi prodotti agricoli al mercato che costituiva oltre alla tassa di posteggio di circa 90000 lire annuali una risorsa per la finanza comunale”. Per dare alla popolazione maddalonese un mercato più funzionale e più capiente il Podestà decise di trasferire il mercato settimanale nella località detta “Starza” ritenuta la più adatta perché era situata fuori della città e ben collegata con il centro e con la strada provinciale Caudina che univa Maddaloni a Napoli e Caserta e a quelle provinciali di Benevento e Campobasso. La nuova struttura avrebbe compresa un foro boario e un mercato coperto per i commestibili comportando una spesa di circa 400.000 lire. L’importo sarebbe stato speso per le seguenti operazioni: esproprio di 3 ettari di terreno; spianamento e recinzione della zona; costruzione di una rete idrica e fognaria; tettoie necessarie al riparo dal sole e dalla pioggia sia per gli uomini che per gli animali; stalle di isolamento e di osservazione degli animali infetti o sospetti; uffici del veterinario e del personale daziario; casotto del custode; deposito degli apparecchi di disinfezione; servizi igienici; vasche e tettoie per il mercato coperto e altri servizi di sistemazione della vendita dei generi alimentari non solo per il giorno di mercato per gli altri. Per la costruzione delle nuove strutture il Podestà bandì un pubblico concorso per la redazione del relativo progetto tra gli ingegneri e i geometri residenti a Maddaloni. Il vincitore del progetto scelto da un’apposita commissione avrebbe ricevuto un compenso di 5.000 lire a condizione che per la sua attuazione l’Amministrazione comunale poteva affidarlo ad un ingegnere di sua scelta. Inoltre il cav. Sorvillo stabilì che il pagamento dell’intera somma sarebbe stato effettuato in 5 annualità con interessi a scalare nella misura del 5%. Infine sentito il parere della Consulta municipale il Podestà chiese al Superiore ufficio l’autorizzazione per costruire un foro boario ed un mercato coperto in località Starza e per bandire un concorso fra gli ingegneri e i geometri residenti a Maddaloni. Il 9 luglio 1938 il Commissario prefettizio avv. cav. Salvatore Renga rilevò che la città di Maddaloni con oltre 24mila abitanti non aveva un idoneo servizio igienico. La gente quindi andava a soddisfare i propri bisogni in punti poco frequenti sfuggendo alla vigilanza degli agenti municipali. Sconci e problemi igienici legati a questo malcostume si verificavano spesso lungo corso 1° Ottobre, centro della vita cittadina e nell’antica piazza d’Armi dove il martedì di ogni settimana si svolgeva la fiera-mercato settimanale sempre 126 affollata da compratori, visitatori e turisti provenienti anche dai paesi vicini. Per evitare questi inconvenienti e per dare un’immagine diversa dal punti di vista igienico il Commissario provvide alla costruzione di una “latrina” pubblica ubicata in un lato del Mercato e composta da due cabine una per l’orinatoio e l’altra per un “cesso” detto alla turca. Il 7 gennaio 1939 per l’applicazione del nuovo il regolamento del Mercato all’ingrosso dei prodotti ortofrutticoli il cav. Salvatore Renga, Commissario prefettizio, nominò un’apposita commissione composta: dallo stesso Commissario; Francesco De Simone rappresentante del Partito Nazionale Fascista; cav. Giandomenico Ciccarelli capo del servizio Annona; dr. cav. Vincenzo Borgia ufficiale sanitario; Antonio Cerreto e Alfredo De Sivo entrambi rappresentanti dell’Organizzazione sindacale dei datori lavori agricoli; Domenico Della Rocca rappresentante dell’Organizzazione sindacale lavoratori agricoli; Giuseppe Cortese rappresentante sindacale dei datori lavori industriali; Giuseppe Albigese rappresentante dell’Organizzazione sindacale lavoratori industriali; Francesco D’Angelo rappresentante dell’Organizzazione sindacale dei commercianti grossisti; Francesco Farina rappresentante dell’Organizzazione sindacale dei commercianti al minuto; Giovanni Vertucci rappresentante dell’Organizzazione sindacale dei venditori ambulanti; Antonio D’Errico rappresentante dell’Organizzazione sindacale dei lavoratori commercio, Tommaso Vigliotti rappresentante dell’Organizzazione sindacale degli ausiliari commercio, Ferdinando Cerreto rappresentante dell’Ente Nazionale Fascista di cooperazione. Il 18 luglio 1944 il Sindaco cav. Iorio riferì alla Giunta municipale che “il mercato ortofrutticolo del Comune non procedeva in modo regolare per svariate cause e non era più adatto ai bisogni della popolazione maddalonese. Per migliorare l’efficienza della struttura occorrevano oltre a un nuovo regolamento prendere provvedimenti radicali per la costruzione di una nuova struttura comunale. Inoltre bisognava sostituire i vecchi commissari legati al vecchio regime con nuovi personaggi. La Giunta sentita l’esposizione del sindaco attuò in via di urgenza le seguenti disposizioni: “L’Amministrazione comunale rinunziava alla facoltà dell’esercizio del mercato ortofrutticolo pur conservandone l’alta vigilanza ed il controllo. L’abrogazione del regolamento e la cessazione dalle loro funzioni i commissari nominati nel 1939. Inoltre stabilì che la pesa dei prodotti ortofrutticoli doveva avvenire nel mercato dal Comune con diritto di privativa”. bancarelle alla fiera settimanale Capitolo dodicesimo Scuola, cultura e sport 127 Il 28 marzo 1899 l’Amministrazione comunale concesse alla scuola elementare un piccolo giardino sito nella vinella 1° Ottobre per uso pratico dell’insegnamento agrario incaricando la maestra della 5 classe Teresa Penta. L’8 novembre 1899 i locali privati adibiti a scuole comunali erano dislocati: in Via S. Martino di proprietà della signora Caruso; Ponte Carolino di Luigi Verrone; laghetto a ridotto della chiesa di S. Pietro di Donato Proto; Montedecore di Francesco Piscitelli. Inoltre la Casa comunale era allocata in 4 stanze site al Largo piazza dell’Unione di proprietà della Congrega di Carità invece per la discarica del materiale di scarto delle fabbriche ed altro materiale pubblico e privato l’Amministrazione comunale teneva in affitto un’area della cava di tufo sita in contrada “Rotonda” di proprietà di Antonio De Sivo. Il 25 marzo 1901 a seguito dei numerosi reclami fatti dai genitori il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco cav. Giuseppe Tammaro constatato che l’ubicazione delle scuole comunali nei vari locali del centro causava non lievi inconvenienti come quello di vedere un maggiore numero di alunni stipati nei banchi e perfino seduti a terra rispetto a quelli delle aule più ampie, decise di spostare in ogni rione le tre scuole maschili e femminili e le scuole superiori al centro compresa la direzione didattica. Nella stessa data la Giunta municipale prima incaricò il vetraio Michele Pellegrino di fornire un certo numero di calamai di stagno sostituendo i vetri delle finestre di alcuni istituti scolastici cambiando nel contempo l’orario delle lezioni sia nelle scuole superiori: 07.30-10 lezioni; 10-10.30 ricreazione; 10.30-12.30 ripresa. Per quelle inferiori l’orario delle elezioni andava: 07.30-9.30; 9.30-10 ricreazione e 10-12 ripresa. Il 29 maggio 1907 il Prefetto di Caserta chiese al Comune un contributo per organizzare la V gara di tiro a segno. Su proposta del primo cittadino cav. dr. Alfonso Raffone il Consiglio oltre a deliberare un’offerta di 100 lire incaricò l’assessore dello sport dr. Pietro Ferrante a rappresentare il Comune di Maddaloni nella riunione del Comitato provinciale. L’11 gennaio 1909 il consigliere Vincenzo Zaza fece domanda al Ministero della Pubblica Istruzione il nullaosta per poter istituire una scuola tecnica con una sezione agricola e commerciale annessa al Real Liceo-Ginnasio. Inoltre fece presente che l’istituzione della stessa avrebbe apportato grandi vantaggi a Maddaloni e ai paesi limitrofi Cervino, Valle, S. Maria a Vico, S. Felice a Cancello ed altri centri. Provvedimento che avrebbe fatto cessare l’inconveniente di vedere ogni giorno tanti ragazzi maddalonesi recarsi anche a piedi a Caserta onde poter frequentare la scuola che poteva dargli un posto “agognato” nella società. L’idea fu messa in atto dal Presidente della Camera degli Operai di Maddaloni inviando al Comune la seguente lettera: “Maddaloni 14 novembre 1908 – A S.E. Ministro della P.I. – Roma. Eccellenza, la città di Maddaloni, sede della Legione allievi R. Guardia di Finanza, con un mercato-fiera settimanale importantissimo, circondato da popolosi comuni in continui affari con essa, conta a un di presso 25mila abitanti, in gran parte commercianti, industriali e agricoltori commercianti. Con una popolazione cosi formata gli studi tecnici sono di un’imprescrivibile necessità. Se non che mentre altri piccoli centri meno popolosi godono il vantaggio di una scuola tecnica, la città di Maddaloni, che pure ha una pagina gloriosa nella storia del patrio risorgimento, la invoca da anni senza vedere mai appagato il giusto desiderio suo. Vi è, in vero un R. Liceo-Ginnasio fiorente, che ha il vanto di nobilissime tradizione, ma i mutati tempi fece 128 sentire il bisogno di una scuola tecnica, poiché è universalmente riconosciuto che la scuola classica non può più adeguatamente corrispondere da sola a tutte le esigenze della vita sociale. Una buona istruzione tecnica, agricola e commerciale ha un valore incomparabile ai giorni nostri. Gli economisti hanno dimostrato che quasi tutti gli altri stati d’Europa sono più avanti di noi nel progresso e nella civiltà, appunto, perché da tempo lasciando le lingue classiche ai veramente dotti si sono rivolti alle lingue vive e agli studi industriali e commerciali. Se essi occupano un posto nella scala sociale lo debbono essenzialmente a tali studi che fanno aumentare la produzione della ricchezza. Giova altresì tenere presente che ai funzionari di questo importantissimo Convitto nazionale è occorso di notar che alcuni padri di famiglie non hanno collocato, nell’istituto, i loro figliuoli per difetto di una scuola tecnica. Ora la città di Maddaloni posta quasi al centro di Terra di lavoro, circondata da ricche e ubertose campagne, allietata e fecondata dal caldo sole del Mezzogiorno, in posizione vantaggiassimo tra Napoli e Roma, che vede incrociarsi i suoi treni in tutte le ore del giorno e della notte, di quanto non si avvantaggerebbe con l’istituzione di una scuola tecnica? E dovere quindi di ogni ordine di cittadini, per mezzo dei loro rappresentanti, far sentire al Governo centrale i bisogni di questo lembo paradisiaco della Campania Felice. Per la Camera degli Operai. Il Presidente Direttore f.to Vincenzo Zaza d’Aulisio”. Il 3 maggio 1909 alcuni genitori chiesero al Consiglio scolastico di far impartire nelle classi dei loro figli l’insegnamento della religione cattolica. Il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone accettando l’istanza del Patronato propose di interpellare i maestri delle scuole obbligatorie per sapere se erano o non disposti ad accettare tale incarico. Nel caso contrario con l’approvazione del Consiglio scolastico dovevano essere incaricate persone al di fuori dell’ambito scolastico. Il 31 agosto 1910 il sindaco fece eseguire diversi lavori per adattare il convento dell’ex Domenicane da destinare alla Sezione dell’Asilo infantile “Regina Margherita”. Dato che l’istituto in questione era più conveniente e comodo per poter accogliere il maggior numero di bambini. Il primo cittadino fece trasferire diverse scuole comunali riconosciute dal Reale Ispettore scolastico del circondario nel vecchio istituto. Nell’anno successivo, constatato che le varie richieste inoltrate al Ministero della Pubblica Istruzione non avevano dato alcun risultato, il cav. Raffone propose al Consiglio comunale di istituire a proprie spese una scuola tecnica che successivamente sarebbe diventata da comunale a statale. La nuova scuola avrebbe evitato inconvenienti a molti studenti che si recavano con ogni mezzo a Caserta. Inoltre la scuola tecnica oltre a sfollare le scuole di Caserta avrebbe anche spopolato il Liceo-Ginnasio che ogni anno doveva istituire doppie prime classi. Per facilitare l’istituzione del nuovo istituto scolastico l’Amministrazione del Convitto Nazionale “G. Bruno” mise a disposizione alcuni suoi locali. Per far fronte alla spesa di 10mila lire il cav. Raffone fece presente che si poteva chiedere una tassa scolastica di 50 lire per ogni alunno e un sussidio al Reale Governo. Il 25 ottobre 1911 il Consiglio comunale provvide alla nomina del personale insegnate subalterno da destinare alla nuova scuola tecnica per l’anno scolastico 1911-12. Per non aggravare il bilancio preventivo di un’ulteriore spesa economica il civico consesso, letta la relazione e ascoltata la proposta del Sindaco dr. Alfonso Raffone procedette alla nomina di alcuni professori provenienti da Liceo-Ginnasio e dal Convitto G: Bruno: Giuseppe Calò (titolare) - italiano - assegno 1.800 lire; Luigi D’Aquino (incaricato) - matematica - 1.100; Giuseppe Vigliardo (incaricato) - storia naturale - 400 lire; Giovanni Colizza (incaricato) - 129 geografia - 480; Luigi Borgia (incaricato) - storia e dei diritti e doveri - 560; Egidio Pane (incaricato) - computisteria - 500; Nicola Corcioni (incaricato) - calligrafia - 525; Daniele Villamena (incaricato) - francese - 1.000; Manfredo Canale (incaricato) - ginnastica - 450 e Vincenzo Castaldo (incaricato) - disegno - 1.200 lire. Il preside del Liceo prof. Giuseppe Morsolin fu nominato pro-tempore nell’incarico con un assegno di 750 lire. Nel novembre dello stesso anno il Consiglio comunale revocò l’incarico ai prof. Luigi D’Aquino perché si era trasferito altrove da Maddaloni e il prof. Egidio Pane perché non aveva mai accettata la nomina. Il prof. Euclide Arrenante fu nominato insegnante di matematica nella scuola tecnica con uno stipendio annuo di lire 1.800 pagabile a rate mensili. Nella stessa seduta il prof. di stenografia Sebastiano Ferraro fece domanda al Comune per poter insegnare la sua materia nella scuola tecnica con un sussidio a piacere stabilito dall’Amministrazione comunale. Lo stesso insegnante oltre a praticare l’insegnamento gratuito per tutti doveva nel contempo segnalare 4 alunni bisognosi che avrebbero usufruito dell’insegnamento gratuito. Per esigenze economiche il Consiglio comunale affidò l’incarico allo stesso l’insegnamento senza alcuna retribuzione. Nel novembre dello stesso anno al posto del prof. Egidio Pane fu nominato docente di computisteria il prof. Pietro Starano proveniente da S. Maria C.V. con un assegno annuo di 600 lire di cui 450 lire per lo stipendio e 150 per l’indennizzo delle spese di viaggio. Il 19 giugno 1912 il Consiglio comunale accettò la convenzione (*) pattuita tra il Convitto Nazionale “G. Bruno” ed il Comune per la consegna dei locali da adibire ad aule della nuova scuola tecnica. Il 16 ottobre 1912 il Consiglio comunale approvò la tassa scolastica per la scuola tecnica comunale: 10 lire per l’ammissione con o senza esame; 50 per l’iscrizione annua per ciascuna classe; 20 per gli esami di licenza e 5 per il diploma. Nella stessa seduta nominò il personale direttivo, insegnate e subalterno da destinare alla scuola tecnica. Pertanto il preside del Real Liceo-Ginnasio doventò direttore pro-tempore. Inoltre prof. Giuseppe Calò fu chiamato ad insegnare l’italiano; prof. Lucio Mastropietro storia e geografia; prof. Euclide Arenante matematica con l’incarico delle scienze naturali; prof. Vincenzo Castaldi disegno; prof. Pietro Starano computisteria; prof. Daniele Villamene francese; prof. Nicola Corcioni calligrafia; prof. Manfredo Canale Parlato ginnastica; della Monica Francesco segretario; Luigi Costantini assistente al Gabinetto di chimica e Giannetto Mammoli bidello. Alla maestra Enrichetta Longo fu affidato l’insegnamento della ginnastica per le ragazze che frequentavano la scuola. Nel novembre dello stesso anno il Rettore del Convitto Nazionale G.Bruno comunicò al Comune che il Consiglio d’Amministrazione aveva accordato l’uso di altre due aule da destinare alla stessa scuola. Il 16 aprile 1913 l’Assemblea consiliare su proposta della Giunta deliberò l’istituzione di un corso per l’insegnamento della lingua araba nella scuola tecnica affidandolo al prof. Giovanni Colizza senza rimunerazione fissa. La lingua doveva essere insegnata gratuitamente a docenti e agli alunni della scuola tecnica comunale e del Reale LiceoGinnasio. Per l’iscrizione al corso di arabo si doveva pagare anticipatamente una tassa di 5 convittori in parata 130 lire a favore del Comune. Le lezioni dovevano essere svolte nei locali della scuola tecnica due volte alla settimana con orario stabilito dal direttore dell’istituto. Nel giugno dello stesso anno il Sindaco dr. Raffone integrò il contributo raccolto tra i genitori degli alunni per poter dotare di una bandiera il Liceo-Ginnasio G. Bruno. L’8 ottobre dello stesso anno rilevante era il numero degli alunni interni ed esterni che frequentavano ogni anno il Reale Liceo-Ginnasio considerato uno dei primi della Provincia forse tra i primi cinque d’Italia. In virtù di questa massiccia frequenza il Consiglio comunale di Maddaloni ritenne opportuno inviare un’istanza al Ministero della Pubblica Istruzione in modo che il Reale Liceo Giordano Bruno diventasse anche sede di Liceo moderno. Nel dicembre dello stesso anno il Consiglio comunale approvò lo statuto del Patronato scolastico (*). Nello stesso mese il Sindaco cav. Raffone riferì che il dr. Alfredo Di Vico, Michelangelo Vitale e Filippo Barbato avevano chiesto un pezzo di suolo pubblico sito alle spalle della Casa comunale nel luogo denominato Largo dei Pegni per poter costruire un cinema-teatro che dopo 4 anni sarebbe diventato di proprietà comunale. Il Consiglio all’unanimità deliberò di accogliere in linea di massima la richiesta riservandosi di stabilire poi alla ricezione del progetto le relative disposizioni del contratto. Nel dicembre del 1914 richiedenti presentarono il progetto relativo alla costruzione di un teatro che avrebbe occupato una superficie, situata al Largo Monte dei Pegni, di 434,50 mq di cui 75,20 per la sala d’aspetto mentre quella per gli spettacoli aveva una lunghezza di 15,10 e una larghezza di 13 m. Il teatro avrebbe avuto 3 ordini di posti: platea con 300 sedie poste in 16 file; loggia di 1° rango con 110 e loggione superiore con 12 posti. Sia la platea, la loggia e il loggione avrebbero avuto una propria uscita e entrata. La copertura dello stabile sarebbe stata fatta con manufatti di legno e eternit. Dopo un attento esame del progetto la commissione incaricata precedentemente dal Consiglio comunale stabilì le seguenti osservazioni e raccomandazioni: Il palcoscenico doveva avere una propria entrata e uscita. Le pareti della sala dovevano essere costruite in modo tale che in caso di incendio potessero essere facilmente asportabili. In caso di pericolo il teatro doveva più uscite e entrate di quelle progettate in modo da poter permettere un rapido sgombro ed evitare nel contempo guai che potrebbero nascere tra la folla. La cabina cinematografica doveva essere rivestita di lamiera e protetta con mezzi ad alta garanzia di sicurezza. L’edificio doveva essere equidistante dal Palazzo comunale e dagli altri palazzi situati nel lato opposto del Comune. Per l’abbellimento del teatro e dell’intera piazza doveva essere abbattuta la “casupola” adibita ad ufficio del Capo delle guardie comunali. Infine la commissione propose di accogliere favorevolmente l’istanza dei richiedenti concedendo gratuitamente il suolo comunale per una durata di 40 anni. Decorso tale termine il teatro con tutte le apparecchiature, gli utensili, i mobili e suppellettili di arredamento sarebbe diventato proprietà comunale. Il Consiglio comunale all’unanimità approvò la proposta della Commissione. Il 6 ottobre 1915 il Commissario approvò l’esecuzione dei lavori di riparazione per le aule scolastiche site nel ex convento delle Domenicane. Il 6 giugno 1917 il nipote ed erede del prof. Alfonso Castaldi inviò al Comune la seguente lettera: “Ill.mo sig. Commissario prefettizio di Maddaloni – Lo zio mio prof. Pasquale Castaldi prima di morire donò la sua libreria, consistente in due scaffali, alla città di Maddaloni, sua patria, sperando che fosse come il germe di una Biblioteca comunale aperta agli studiosi, cosa di cui, si sente, diceva lui il bisogno in questa città, ove 131 l’istituto Giordano Bruno, centro di cultura classica. E pochi giorni prima di morire ne incaricò il prof. Giovanni Aristide Cipullo anche di famiglia, desiderando la sua libreria, fatta dei suoi sudori, ed i libri suoi, compagni, anzi fattori della sua fortuna, avessero presto la loro determinata e stabile sede. Ma la catastrofe avvenuta e la compilazione del catalogo ne hanno ritardata la consegna. Il prof. Giovanni Cipullo mi ha asserito che già verbalmente ha discusso di ciò con la S.V. Ill.ma ed ella verbalmente ha accettato, promettendo dare ad essi libri una decente sede nell’ex convento delle Domenicane. Ora, io come erede di mio zio, che assieme all’Arciprete Giovanni prof. Cipullo, me ne diede mandato espresso, presento la domanda perché la S.V. Ill.ma sappia ufficialmente del dono della libreria fatta dallo zio mio, prof. Pasquale Castaldi, alla città di Maddaloni, onde possa espletare le pratiche opportune per la legale accettazione e ricezione del dono. Con tanti ossequi – Maddaloni 5 maggio 1917 – dr. Alfonso Castaldi”. Nel far rimanere sempre viva la memoria del donatore il Commissario prefettizio di allora constatato che la libreria si componeva di 434 libri tutti sulla cultura classica li fece sistemare in un locale dell’ex convento delle Domenicane con la seguente dicitura: “Libreria donata dal prof. Pasquale Castaldi alla città di Maddaloni”. Il 1 aprile 1918 il Comune indisse una nuova gara d’appalto, a trattativa privata, per ultimare i lavori occorrenti per la trasformazione dell’ex convento delle Domenicane in un edificio scolastico. Il 15 luglio 1921 il prof. Giuseppe Ferraro in qualità di presidente dell’Unione Sportiva Maddalonese inviò un’istanza al Comune per poter ottenere una porzione del giardino dell’ex convento dei Cappuccini dove voleva costruire un campo sportivo. L’assessore avv. Renga Salvatore fu incaricato di leggere l’istanza del prof. Ferraro: “All’Ill.mo Signor Sindaco e Componenti il Consiglio comunale di Maddaloni. Signori, or sono due anni per volontà di pochi giovani, sorse in questa Città un’associazione sportiva, non per semplice diletto e passatempo, come da molti si ritiene, ma per migliorare e sviluppare nei giovani, non solo la forza fisica, ma anche lo spirito d’iniziativa, l’energia e la perseveranza nella aspre lotte, colla incrollabile volontà di vincere. Gli eroi dell’antica Grecia si formavano nei Ginnasi o nelle palestre di Sparta ed Atene. Roma antica favorì con tutti i mezzi l’incremento dello Sport e la Guerra mondiale ha fatto constatare gli immensi vantaggi dello sport, perché la corsa podistica con ostacoli, diventava la corsa attraverso un terreno rotto da buche, camminamenti, reticolati, ecc., il lancio del disco o del giavellotto, si trasformava nel getto della bomba a mano, la lotta si esplicava nel corpo a corpo, fra assalitore ed attaccante, quando entrambi restavano disarmati, la scherma con la baionetta e con coltello, hanno la loro origine nella scherma propriamente detta, basata sull’abilità di colpire il punto dove l’occhio ha scoperto l’assenza di una difesa, quindi misura di tempo, e di spazio, cioè le basi quasi tutti gli sport di gara. La nostra Unione, sorta così povera, senza mezzi ed aiuti finanziari, pure seppe svilupparsi tenendo alto il nome di Maddaloni, prese parte all’ultimo concorso ginnico-nazionale, tenuto l’anno scorso in Venezia, fra 350 squadre fu classificata 29° e la terza fra le squadre meridionali e dire che essa fu l’unica e sola della nostra Provincia. All’ultima gara a Palazzo Reale di Caserta si guadagnò due primi premi, a Santamaria Capua Vetere tre primi premi ed un secondo premio anche nelle feste a Castellammare di Stabia, tanto da essere annoverata oggi fra le migliori squadre del mezzogiorno, essa potrebbe fare dappiù, ma e manca la vita: il campo. Ed è perciò che essa si rivolge a Voi ill.mi signori per avere da voi il mezzo come curare ed esercitare le membra, addestrare la gioventù negli esercizi ginnasi, che 132 rendono l’uomo più forte dico agile, più intrepido, più coraggioso, più sensibile ed anche più intelligente, da fargli acquistare, con la fisica nella propria forza l’energia della mente e l’equilibrio dei nervi, per le lotte quotidiane. Come tante città d’Italia hanno concesso campi sportivi, cosi anche Maddaloni dovrebbe dare alla nostra associazione, temporaneamente, una porzione del giardino dell’ex convento dei Cappuccini. E questa associazione ne farebbe un campo sportivo, rispondendo alle esigenze moderne, a vanto ed onore della nostra città, che Venezia non sapevano neanche dove esistesse. Sicuro che questo nobile Consenso vorrà dare alla città tale sito di educazione, non tenendo conto delle poche centinaia di lire che verrebbe a mancare al bilancio comunale, ma che viceversa la città guadagnerebbe ad usura coll’affluire dei forestieri quando le gare si inizieranno. Con ossequi – Devotissimo. F.to Ferraro Giuseppe Presidente dell’Unione Sportiva Maddalonese”. In data successiva l’Amministrazione comunale concesse il nullaosta per l’impianto sportivo che successivamente fu dotato di una tribuna scoperta e per il parco della Rimembranza. Il 10 settembre 1922 il Comitato dell’“Unione sportiva maddalonese” chiese al Comune la concessione di un sussidio per poter effettuare il 1° ottobre 1922 una gara ciclistica denominata “il primo giro di Terra di lavoro”. Il 4 giugno 1923 l’Amministrazione comunale prese alcuni provvedimenti per la fornitura dei banchi occorrenti alle scuole comunali. Il 25 luglio dello stesso anno il Commissario prefettizio di allora prese in esame il progetto per la ricostruzione del porticato ad oriente del cortile grande dell’ex convento delle Domenicane. Il 26 agosto 1923 subentrato il nuovo Consiglio comunale tra i suoi primi costitutivi revocò la delibera commissariale del 2 giugno 1917 relativa alla donazione della libreria appartenente al defunto Sac. prof. Castaldi Pasquale. Solo per ragioni porticato del Real Liceo strettamente economiche il civico consesso non fu in grado di istituire una biblioteca comunale per cui i 434 volumi, in gran parte antichi libri ecclesiastici e pochi classici, in un primo momento furono depositati presso l’ex convento delle Domenicane e poi restituiti direttamente al donante. Nello stesso mese il Commissario prefettizio prof. Bernardo de Spagnolis “lette le note del sig. Prefetto del 13 luglio 1923 e del 25 agosto successivo con le quali nel comunicare che in Roma per iniziativa di S.E. Luigi Luzzati era sorta l’Università libera il cui oggetto si proponeva di promuovere in tutte le Province del Regno l’istituzione di borse di studio con l’assegno annuo di lire 3.500 da conferirsi con pubblico concorso ad un allievo residente nella provincia invitava i maggiori Comuni del primo Circondario a riunirsi in consorzio per la ripartizione dell’onere di lire 3.000 con il criterio proporzionale del numero degli abitanti. Considerato che l’iniziativa promossa e patrocinata dall’alto intelletto di uno degli uomini più competente in materia di 133 cooperativismo e di mutualità, era tale che meritava plauso e il più incondizionato appoggio per il fine nobilissimo che si prefiggeva, deliberò di concorrere con la somma di lire 250 al finanziamento della su accennata borsa di studio”. Il 10 settembre 1923 il Commissario prefettizio prof. De Spagnolis prendendo in esame la delibera consiliare del 7 febbraio 1907 approvata pure dal Consiglio Scolastico Provinciale, ripristinò la scuola di disegno applicata alle arti e mestieri affidandola al prof. Vincenzo Castaldo docente diplomato presso l’Istituto delle Belle Arti di Napoli. Con una lettera il segretario dei Sindacati riuniti di Maddaloni esprimesse favorevoli consensi per la rinascita di detta scuola che fu ubicata nel convento dell’ex Domenicane. Le materie insegnate riguardavano il disegno applicato alle arti decorative della casa e alle plastiche statuarie, la dattilografia e stenografia, scuola di taglio, falegnameria, ebanisteria e tipografia. Veniva anche introdotto l’insegnamento pratico di agricoltura con l’istituzione di relativi campi sperimentali. Il 13 maggio 1924 fu erogato un contributo di lire 900 per la costruzione nell’edificio scolastico dell’ex convento delle Domenicane di un teatro per le scuole primarie. L’8 settembre 1924 il Commissario prefettizio di allora visto il Real Decreto con cui si dava la facoltà al Comune di istituire le classi 6°, 7° e 8° che dovevano integrare il corso di avviamento professionale ed il grado superiore dell’istruzione elementare. L’Amministrazione comunale dal proprio canto doveva dotare la scuola di mezzi didattici e di personale sussidiario per gli esercizi di avviamento professionale. Con lo stesso provvedimento il corso integrativo fu disciplinato con le seguenti materie: Agraria pratica con apposite esercitazioni da attuarsi in un campi sperimentali; disegno applicato alle industrie con speciale riguardo alla fabbricazione delle sedie “paesane” e decorative; corso di dattilografia e corso di tagli per confezioni e “modisterie”. Il fine di queste classi oltre a rispondere all’indole e alle caratteristiche della popolazione maddalonese poteva riuscire di grande giovamento all’incremento della cultura di quelle classi sociali che non avevano mezzi sufficienti per acquistare particolari cognizioni tecniche. Successivamente all’elenco delle materie della scuola d’arte e mestieri fu aggiunto l’insegnamento della musica. Il 9 dicembre 1924 il Comune concorse nella spesa per l’acquisto di una macchina cinematografica per il Real Liceo-Ginnasio i cui locali furono successivamente riadattati. Nel giugno del 1929 il Podestà cav. Sorvillo deliberò una somma di 1527,75 lire per poter acquistare indumenti ginnici ginnica e cibi supercalorici da destinare ai giovani atleti che dovevano partecipare al concorso “Dux Roma” nella città di Roma. 28 febbraio 1931 il Podestà cav. Sorvillo progettò la realizzazione di una palestra coperta e scoperta per poter impartire l’educazione fisica agli allievi delle scuole secondarie della città di Maddaloni. Nell’aprile 1931 fu approvato il progetto dei lavori di ampliamento e restauro dei locali del Real Liceo-Ginnasio “G. Bruno”con appalto a trattativa privata. A marzo poi furono approvati i lavori di riparazione per i danni causati dal terremoto del Volture alle scuole Domenicane site nell’ex convento anonimo. Nel novembre 1931 il cav. Sorvillo propose l’istituzione di un nuovo edificio scolastico in quanto la città di Maddaloni annoverava oltre 3000 ragazzi che dovevano frequentare la scuola dell'obbligo. Detto progetto prevede l’istituzione di due centri scolastici da ubicare uno nel rione Pescara comprendente le zone di S. Margherita, S. Giovanni e Formali e l’altro nel rione Oliveto che raccoglieva quelle di Pignatari e dintorni. Le scuole elementari del rione Pescara erano riunite nel vecchio e vasto edificio del convento dell’ex 134 Domenicane. Quelle invece del rione Oliveto erano sistemate in numerosi locali privati presi in fitto dal Comune e privi per la maggior parte di tutti i servizi necessari e prescritti atti a salvaguardia l’igiene generale e la salute dei fanciulli. “Osservato che si rendeva necessario mettere fine ad un così deplorevole stato di cose, dotando anche il rione Oliveto di un vasto edificio scolastico ove riunire la numerosa scolaresca del rione e nelle migliori condizioni possibili di igiene e di funzionamento scolastico. Osservato pure che la città mancava di un qualsiasi grande fabbricato da adibire ad uso delle scuole elementari e che conseguentemente si rendeva necessario provvedere alla costruzione di un nuovo vasto edificio capace di contenere non solo la presente popolazione scolastica del rione Oliveto (che per il nuovo anno scolastico avrebbe raggiunto il migliaio) ma anche un sensibile maggior numero di alunni che certi si sarebbero presentati negli anni seguenti, dato che per mancanza di locali il numero degli alunni che frequentavano la scuola era sensibilmente inferiore al numero degli obbligati” “Considerato che la costruzione dell’edificio scolastico per il rione Oliveto era anche giustificato dal fatto che il Comune per fitto dei vari locali adibiti a scuole elementari spendeva annualmente la forte somma di lire 17.000 circa, con un rendimento nei riguardi dell’igiene e dell’istruzione non certo proporzionale al grave onere finanziario che sopportava. Tenuto presente che la Commissione del R. Provveditore delle Opere pubbliche della Campania, con sopralluogo eseguito il 20 febbraio 1930, scelse come suolo d’impianto del futuro edificio quello di proprietà del sig. Roberti Mario e cioè parte di un giardino, sito nel centro del rione Oliveto, riportato nel catasto urbano alla partita n. 2110 al foglio di mappa 9 allegato 4 particella n. 496; ed osservato che tale area sita sull’importante arteria di via Roma (già corso Campano) rispondeva pienamente a tutte le esigenze di salubrità di esposizione e di ubicazione per un vasto edificio scolastico, così che si poteva approvare e riconfermare l’area scelta”. Undici membri della Consulta municipale: cav. Luigi Cerreto, Antonio Ventriglia, cav. Alfredo De Sivo, Luigi De Lucia, Mattia Lombardi, Romolo Farnetti e Nicola Iulio diedero parere favorevole alla proposta del Podestà, mentre Giuseppe Finocchiaro, Barletta Salvatore e Ernesto Penzi espressero parere sfavorevole con la relativa motivazione. Finocchiaro sostenne nel suo intervento: “Il sottoscritto non disconosce la necessità di aver locali scolastici rispondenti alle esigenze dell’istruzione elementare con il corredo di tutta l’attrezzatura richiesta dalle condizioni didattiche-sanitarie. Riconosce che da tempo remoto, stante l’ubicazione dell’abitato a forma semicircolare, d’una lunghezza massima di km 3 e 145 metri dagli estremi dei due rioni Oliveto e Pescara non si può risolvere definitivamente il problema della costruzione degli edifici scolastici, attenendosi all’esecuzione di un progetto che soddisferebbe solo gli alunni del rione Oliveto. Necessita quindi di risolvere contemporaneamente i problemi in parola, per non dare parvenza di parzialità. E’ notorio l’incremento degli alunni iscritti alle scuole pubbliche, oggi in numero di 2.300 di fronte a 1.285 scritti nel 1905. Come pure è notorio che il rione Pescara per la vastità della zona abitata ha bisogno di un edificio scolastico contenente un certo numero di aule superiore ad un terzo di quelle necessarie per il rione Oliveto. Presentemente gli alunni elementari, specie nel rione Oliveto vivono la vita scolastica in ambienti malsani, dall’aspetto di stamberghe. Occorreva risolvere il problema scolastico nello stesso tempo per i due rioni, bandendo anche il concorso per i progetti ed i preventivi di spesa contenuti in limiti massimi della potenzialità economica dei tributi comunali, al 135 fine di non camminare nel buio e di non allarmare i contribuenti per carichi eccessivi ed insostenibili di tasse comunali. Sotto questo punto obbiettivo e coscienzioso respingo il progetto già elaborato e presentato senza il previo parere dei componenti la Consulta. Intendo in questo modo di sentire il mandato a me affidato di consultore per gli interessi veri ed obbiettivi della cittadinanza. Maddaloni 5 novembre 1931. – f.to Finocchiaro Giuseppe”. Il Podestà replicò:”Esaminato il voto presentato dal consultore sig. Finocchiaro Giuseppe prende atto che lo stesso, mentre riconosce la necessità per il Comune di aver locali scolastici rispondenti alle esigenze dell’istruzione, e denunzia, nel contempo che gli alunni delle scuole elementari, specie quelli del rione Oliveto vivono la vita scolastica in ambienti malsani (ciò che è esagerato e non rispondente a verità) respinge poi il progetto dell’edificio. Secondo quanto è esposto nel suddetto voto, parrebbe che la costruzione dell’edificio per il rione oliveto soddisfarebbe soltanto gli alunni del detto rione, dando così una parvenza di parzialità, e che di conseguenza sarebbe stato necessario bandire un corso per il nuovo edificio per gli alunni del rione Pescara. Ma il consultore dimentica che nel rione Pescara già esiste un vasto edificio scolastico nell’ex convento delle Domenicane ospitando ben 1.250 alunni e che superfluo ed ingiustificato sarebbe quindi per il momento sottoporre il Comune ad una spesa quasi doppia di quella preventivata per la costruzione di un nuovo edificio, tanto più che egli stesso raccomanda di non camminare nel buio e di non allarmare i contribuenti con nuove tasse”. Il 1 luglio 1932 il Podestà cav. Sorvillo “letta l’istanza con la quale un gruppo di padri di famiglie chiedevano l’istituzione nella loro contrada denominata “Grotticella” di una scuola “non classificata” in modo di poter far dare ai loro figli almeno quella istruzione elementare che l’eccentricità del luogo non consentiva di ricevere dalle scuole ordinarie poste a grande distanza”. “Considerato che effettivamente i poveri bimbi tutti nell’età richiesta dalla legge sull’istruzione elementare obbligatoria si trovano nella materiale impossibilità di istruirsi convenientemente a causa della grande distanza e della impraticabilità delle vie di accesso ai centri scolastici dei comuni vicini. Infatti tra la contrada “Grotticella” ed il centro di Maddaloni e di Arienzo, S. Felice c’era una distanza di oltre sette e di oltre due chilometri tenendo anche presente che le vie che andavano ai detti centri non erano altro che dei sentieri di campagna malagevoli e impraticabili sia d’inverno che d’estate. Inoltre i bambini erano costretti a percorrere un lungo tratto della linea ferroviaria che costituiva un vero e grave pericolo. Tutte queste cause facevano comprendere che quei poveri ragazzi erano condannati all’ignoranza”. “Rilevato che il numero degli obbligati a frequentare le scuole elementari residente nella detta contrada raggiungeva la cifra cospicua di circa trenta quindi era socialmente inopportuno lasciare tante giovani esistenze nell’abbandono e nella miseria intellettuale”. “Considerato che lo Stato nella sua alta missione sociale aveva saggiamente provveduto ad emanare le opportune provvidenze di legge per la diffusione della cultura popolare ed alla istituzione di nuove scuole da parte del Consorzio di Emigrazione e Lavoro delegato per l’opera contro l’analfabetismo per la Campania ed il Molise”. “Ritenuto che era deplorevole non tenere in conto l’aiuto che veniva dalla legge per l’impianto nella frazione “Grotticella” di una scuola non classificata che avrebbe rappresenterebbe per tante famiglie e per tanti fanciulli la provvidenziale risoluzione di un angoscioso problema”. “Visto che la spesa dei locali della istituendo scuola non classificata sia per l’aula scolastica che per l’abitazione 136 dell’insegnante doveva essere a carico dell’Amministrazione comunale”. “Visto che il Comune di Arienzo e S. Felice erano disposti a concorrere alla spesa per i locali”. Udito il parere della Consulta il Podestà deliberò: di chiedere al Consorzio Regionale di Emigrazioni e Lavoro di provvedere alla istituzione nella citata frazione di una scuola rurale. L’Amministrazione comunale si sarebbe assunta l’onere delle spese relative ai locali da adibire per l’aula e per l’abitazione dell’insegnante. Il 14 marzo 1932 a seguito di un forte colpo di vento crollò una parte del muro di cinta del campo sportivo creando una spaccatura che era pericolosa per i cittadini che transitavano lungo via Montevergine. Con il parere favorevole della Consulta municipale su progetto dell’ing. Domenico Vigliotta il Podestà incaricò il mastro muratore Vincenzo Sagnelli di riparare la porzione del muro crollato. Nell’anno 1933 fu approvato il progetto di restauro per i locali scolastici dell’ex convento delle Domenicane adiacente al cortiletto S. Domenico. Due anni dopo l’Amministrazione comunale bandì il pubblico incanto per appalto della costruzione dell’edificio scolastico con le relative modalità e nel contempo diede un contributo di 150 lire per una corsa ciclistica denominata “Coppa Volturno” che attraversava maddalonese. Il geom. Benedetto Rosati fu nominato assistente ai lavori di costruzione dell’edificio scolastico sito in via Roma che successivamente fu intitolato “Costanzo Ciano”. Il 2 novembre 1936 fu approvato il 1° certificato di avanzamento e pagamento per i lavori dell’edificio scolastico, e della specifica della direzione lavori (eseguiti dall’impresa Castaldo Ferdinando fu Dante da Afragola). Il 1 febbraio 1937 già da anni funzionava a Maddaloni comune agricolo nei locali scolastici concessi gratuitamente dall’Amministrazione comunale il Real Corso biennale di tipo agrario con programmi normali e un vasto campo sperimentale. Tale corso non rispondeva più ai bisogni della popolazione scolastica né agli scopi per i quali era stato istituito. C’è da aggiungere inoltre che i pochi promossi dalla seconda alla terza classe per poter continuare gli studi agrari dovevano allontanarsi da Maddaloni e iscriversi alle scuole di Sarno e di Ponticelli entrambe di tipo agrario. Le dette scuole non erano accessibili per la spesa di trasporto ai figli delle famiglie degli agricoltori che volendo potevano conseguire la licenza frequentando la terza classe presso la Real Scuola di avviamento professionale di Caserta che era di tipo commerciale. Prendendo in esame la relazione del direttore didattico delle scuole di Maddaloni inviata pure al Provveditore agli Studi il Podestà cav. Sorvillo si fece promotore di una proposta per istituire un Real Corso di Avviamento Professionale di tipo Agrario anche sul territorio di Maddaloni in modo da venire incontro alle esigenze degli studenti maddalonesi. Il 20 novembre 1939 furono istituite due borse di studio presso la Cassa scolastica del Real Liceo intitolate a Carlo Scalera cav. di Gran Croce al merito per poter stimolare ed incoraggiare agli studi la gioventù maddalonese. Il 27 febbraio 1943 fu presa in considerazione l’istanza del Comandante il Battaglione Misto del 31° Reggimento di Fanteria di stanza a Maddaloni per l’offerta di un pallone alla squadra di calcio formatasi in seno allo stesso. Nel luglio l’edificio scolastico del rione Oliveto cambiò denominazione e fu intitolato alla memoria della medaglia d’oro Mario Sena cittadino capitano di fanteria morto eroicamente nella guerra albano-greca. Anche la Real Scuola di Avviamento Professionale tipo agrario, già Luigi Razza fu intestata poi a Luigi Settembrini. Capitolo tredicesimo Origini del Convitto Nazionale “G.Bruno” 137 Il 27 aprile 1925 il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco cav. Gioacchino Castaldo incaricò l’assessore avv. Adolfo Tontoli membro della Commissione incaricata di studiare gli atti riferiti alle origini del Convitto Nazionale “G. Bruno” a leggere la relativa relazione: “Onorevoli signori del Consiglio comunale il compito da Voi affidatoci è arduo e abbastanza delicato però noi non possiamo non lodare gli alti sentimenti dell’animo vostro nel voler che uno studio si fosse fatto per ovviare al danno gravissimo che viene al Comune da talune disposizioni governative e sia sbugiardare l’opera nefanda di qualcun che predica la distruzione di questo illustre Ateneo che tante illustrazioni diede all’Italia. E senza più preamboli né dissertazioni inutili noi ci sentiamo in dovere di poter affermare precisamente che tutto quanto si ordisce a danno del nostro liceo è una vera infamia che si vuole commettere con piena scienza e coscienza di chi sa far del male. Al certo chi pronunziò la bestemmia che il nostro liceo avrebbe dovuto finire era in male fede o ignorante assoluto di tutte le istituzioni relative alla pubblica istruzione. La nostra non è un’affermazione gratuita ma ha il suo Ingresso Convitto “G. Bruno” fondamento storico e non occorre grande indagine, ne grande acume per potersi convincere che la istituzione, e con questa frase, intendiamo riferirci alla istituzione dei Licei era prima che il pensiero fosse rivolto al “collegialismo”la creazione dei Licei per chi ha sfiorato la storia si riferisce al Governo francese, specialmente dopo la grande rivoluzione, la quale mutò la coscienza dei popoli e iniziò il nuovo periodo di sistemazione dei costumi e dell’insegnamento. Certamente questa rivoluzione, la quale aveva sconvolto tutta l’umanità doveva produrre i suoi effetti nella propagazione di quei principi e di quei sentimenti a cui essa si era ispirata e quindi conseguenza legittima che dai conquistatori trasfondessero in Italia anche qui sistemi educativi i quali fossero atti a consolidare la coscienza dei cittadini e ad uniformare la loro coscienza a quei principi di educazione morale e scientifica, come già esistevano nella Potenza conquistatrice. Tra queste istituzioni prima furono i Licei e poi le altre scuole secondarie. Erano, già periodo di perfetta fioritura, i licei quando ritornarono al trono di Napoli i Borboni: costoro più che forse per sviluppare lo studio scientifico ma fare insinuare i sentimenti religiosi e di servilismo dei collegi nazionali, cioè dei luoghi dove si avrebbe dovuto raccogliere bambini sotto la direzione dei vescovi e sacerdoti. Però al certo che nella creazione di questi collegi si fece obbligo a quei dipendenti da un dipartimento di essere ammessi ai Licei. In ciò dunque è legittima la situazione che l’esistenza dei Licei è anteriore a quella dei Collegi; e poiché come già abbiamo visto essi traggono origine dalla rivoluzione francese e per esso dai diversi conquistatori che vennero in Italia, i quali introdussero già gli stessi usi e le stesse costumanze e perciò come in Francia i Licei e tutti i locali scientifici erano a spesa governativa, cosi in Italia le prime dotazioni furono ai Licei. E se non bastasse a giustificare il nostro assunto di quanto abbiamo già detto, farebbero giustizia i diversi decreti emanati dai borboni, dai quali emerge chiaramente che i sussidi ai Collegi erano dati esclusivamente per il mantenimento 138 di quegli alunni che erano rinchiusi per disposizioni governative o che avessero avuto diritto a mezzo o intera piazza. Al di sopra di tutti questi decreti vi fu quello di Giuseppe Bonaparte, in data 8 marzo 1807 (n. 104) con cui determinava i fondi pel Liceo, detto di Terra di Lavoro, in rendita annuo per 104 moggi di terreno, con una piccola masseria in Montedicore di maddaloni (posteriormente ebbe anche un lascito di alcuni terreni in S. Giuseppe Vesuviano in Ottaviano e due quartini in Napoli). Detti beni furono malauguratamente venduti pochi anni or sono e la somma fu investita in rendita sul debito pubblico. E con ciò, Giuseppe Bonaparte si diede cura dei Licei e del loro mantenimento. E come suggello che ogni uomo (sgambi o sgammi), possiamo ricordare che la questione della priorità non è nuova e che i Licei avessero diritto a dotazioni indipendenti, giacché ebbe ad occuparsi la Corte di Cassazione di Napoli in una lite tra il nostro Liceo e la Provincia, la quale era obbligata a concorrere al mantenimento: La Corte decise nel 1882 a favore del Liceo con sentenza più larga la noiosa vertenza. Da quanto brevemente abbiamo esposto si rileva di leggere che a torti si sono incamerate rendite Real Convitto Giordano Bruno e arretrate di rendite del Convitto mentre esse costituiscono dotazioni per il mantenimento degli studi classici e scientifici e non è giustizia che mentre il Comune è obbligato a sentire un peso per il mantenimento della istruzione non debba godere i vantaggi, i quali costituiscono diritti acquisiti per il nostro Liceo. Né la legge Gentile dell’aprile 1923 poteva ledere i diritti dell’istituto, essa colpisce quei licei che avevano dotazioni proprie ma che dipendevano esclusivamente dai Convitti, perché erano a carico di questi. Male si è fatto dai preposti al nostro Convitto Nazionale a incamerare tutte le rendite giacché esse la maggior parte costituivano la dotazione del nostro Liceo-ginnasiale. Con questo abbiamo avuto l’onore di sottoporre al vostro esame, ma non abbiamo inteso di farvi una relazione piena e dettagliata sull’oggetto controverso, giacché il tempo assegnatoci è brevissimo e la materia da studiare e svolgere è lunga e intricata, però possiamo garantirvi che il buon Diritto del Comune a rivendicare i diritti manomessi, giacché la sua opera è ispirata non solo dalla carità di Patria ma da quei sentimenti di affetto e di venerazione che ogni cittadino ha attinto dalla scuola del dovere, oltre a quella che è la misura di ogni azione e per l’interesse il quale è troppo colpito dalla legge nuova. Quindi proponiamo che il Consiglio nomini una persona legale la quale con vera coscienza possa compulsare gli atti che trovasi nell’archivio Provinciale ed in altri, onde potere avere un’esatta relazione che metta il Comune nelle condizioni di ricorrere ai Tribunali, con esiti indubbiamente favorevoli, dato il caso che le trattative col Ministero dell’Istruzione risultassero sfavorevoli. Con perfetta osservanza – la Commissione – F.to Luigi Briganti estentore – Adolfo Tontoli – Antonio Suppa – Maddaloni 13 febbraio 1925”. Il Consiglio comunale all’unanimità incaricò il Sindaco di nominare il legale che come rappresentante del Comune avrebbe curato l’interesse amministrativo del Reale Convitto. Capitolo quattordicesimo Enti ecclesiastici - Cimitero 139 Il 1 marzo 1899 per poter ampliare il nuovo Cimitero il Consiglio comunale di Maddaloni su richiesta della Prefettura di Caserta si rivolse agli operai disoccupati. La Giunta comunale invece di dare loro un sussidio che sarebbe stato solo oneroso per le finanze comunali decise di impiegarli per effettuare i lavori del Cimitero. Il 22 marzo 1901 il rettore di allora della chiesa dell’Annunziata fece presente al Comune che l’artistico ed antico coro in legno di noce esistente dietro l’altare maggiore era in pessime condizioni. Lo stesso aveva urgente bisogno di riparazioni molto costose per non farlo ulteriormente deperire. Per reperire parte della somma occorrente il rettore propose di vendere un altarino in legno esistente in sagrestia che in stato di deperimento. Il 9 ottobre 1901 il Provinciale Padre Feliciano da Sorrento fece richiesta al Comune di Maddaloni di poter acquistare parte dell’ex convento dei Cappuccini per la somma di 1.500 lire. Il 2 gennaio 1902 l’Amministrazione comunale incaricò il perito Tommaso Izzo di fare una perizia del valore di parte del convento dei Cappuccini da cedersi ai frati. Il 14 gennaio 1902 l’Amministrazione comunale prese in esame la perizia riguardante una parte dei locali degli ex convento dei Cappuccini richiesti dai frati da cui risultò: “Di non cedere in uso la chiesa e dipendenze con il carico della manutenzione sia ordinaria che Chiesa dell’Annunziata straordinaria a spese del concessionario. Di cedere in uso e proprietà n° 13 celle, la libreria e l’antilibreria e corridoi conclusivi ed altre dipendenze. Di cedere in uso e proprietà una porzione di suolo nel cortile rustico con le fabbriche dirute e la terrasanta, cioè la cripta e l’anticripta, essendo locali inservibili destinazioni”. Il 12 febbraio 1902 il colono Izzo Pasquale chiese il permesso al Comune di poter abbattere 26 piante nel giardino degli ex Cappuccini corrispondenti: 13 noci, 5 giovani pini e 8 pioppi. Il 15 ottobre 1902 i Padri Cappuccini inviarono una nuova richiesta all’Amministrazione comunale per ottenere il suolo del cortile rustico. Il 9 maggio 1903 fu redatto un nuovo disciplinare (*) circa la vendita di parte del locale degli ex Cappuccini. Il 19 settembre 1903 fu presentata da Tommaso Izzo la perizia per la cessione del locale degli ex Cappuccini secondo il nuovo disciplinare della delibera del 9 maggio. Il 5 febbraio 1904 il Sindaco comm. Giuseppe Tammaro fece presente che nel giorno 31 gennaio era crollato parte del tetto del convento degli ex Cappuccini finora occupato da pochi frati. Nello stesso giorno invitò l’ing. Salvatore De Masi a recarsi sul posto per rendersi conto dell’accaduto per prendere poi i provvedimenti necessari per scongiurare eventuali pericoli. Nel contempo il primo cittadino consigliò i frati Cappuccini ad allontanarsi dal luogo per motivi di sicurezza. Nell’allontanare i frati il “popolino” del rione andò su tutte le furie protestando vivacemente per la decisione presa dal Sindaco. L’Amministrazione comunale per evitare il continuarsi dei disordini chiese al vescovo di Caserta di mandare un sacerdote che incaricò Marotta Salvatore arciprete della Collegiale di S. Pietro ad officiare provvisoriamente le funzioni religiose, provvisoriamente in attesa 140 di insediare un nuovo ordine monacale. Il 5 maggio 1905 il Commissario prefettizio cav. Giuseppe Starone per rinnovare il contratto di affitto dei giardini degli ex Cappuccini scaduto indisse una nuova asta pubblica chiedendo la somma di 600 lire. Il 10 maggio 1905 il Commissario prefettizio di allora inviò un’istanza al Ministero competente per la concessione al Comune del monastero delle Domenicane. Nello stesso mese il Commissario diede in uso alla “Società Operaia” una sala dell’ex convento dei Cappuccini. 27 novembre 1905 Padre Aristide Ferri chiese di poter acquistare una di parte del locale dell’ex convento dei Cappuccini. Il Consiglio già il 20 aprile 1904 aveva stabilito di vendere una parte dell’ex convento, e che era disponibile a cedere, in uso perpetuo ed alienabile, la chiesa e sue dipendenze con l’obbligo dell’acquirente della manutenzione ordinaria e straordinaria. Padre Aristide in una nuova istanza offrì la somma di lire tremila e richiese che fosse escluso l’obbligo della manutenzione straordinaria della chiesa e sue dipendenze. Il civico consesso addivenne a quanto chiedeva Padre Ferri, cioè che all’usuraio competenza solo la manutenzione ordinaria in conformità del Codice Civile mentre il Comune avrebbe concorso nella manutenzione straordinaria, quale proprietario della chiesa che aveva l’obbligo alla sua perenne conservazione, in tutte le sue parti costruttive della sua assenza. Il 5 febbraio 1906 il Prefetto di Caserta inviò una nota al Comune di Maddaloni circa la vendita di parte del fabbricato dell’ex convento dei Cappuccini. Il 21 aprile 1909 il convento delle Domenicane fu concesso dal Fondo Culto al Comune di Maddaloni. Il locale Ufficiale del registro comunicò al Comune il dispaccio ricevuto dalla Direzione Generale del Fondo Culto: “L’Onorevole Intendenza di Finanza della Provincia mi comunica il dispaccio della Direzione Fondo Culto che trascrivo alla S.V. perché potesse disporre l’eseguimento di quanto è di sua competenza. Dal momento che le suore ancora dimoranti nel fabbricato, del soppresso monastero delle Domenicane in Maddaloni, sono ridotte al numero di sei, e che quel Comune non sarebbe alieno da lasciarle e mantenerle, vita loro naturale durante, in una parte comoda e sufficiente del chiostro, evitandone, in tal modo, il concentramento in altro locale, potrà accogliersi la domanda di cessione avanzata il 21 maggio 1908 dal Municipio stesso, a sensi dell’art. 2 della legge 7 luglio 1896. Per l’accettazione, pertanto, della cessione del monastero e delle relative obbligazioni, fra cui quelle di cui sopra riguardano l’ulteriore permanenza delle religiose in una parte del fabbricato, e l’altra del pagamento in favore di quest’Amministrazione di un’annua rendita corrispettiva delle parti ed adiacenze redditizie da comprendersi nella cessione, il sindaco dovrà promuovere apposita deliberazione del Consiglio comunale da approvarsi poi dalla G.P.A. a termini di legge. Intanto la S. V. darà subito incarico ad un ingegnere del dipendente Ufficio tecnico di Finanza di compilare, d’urgenza, sopralluogo, la perizia del valore delle suddette parti ed adiacenze redditizie del monastero, stabilendo l’annua rendita netta 5% che il Comune dovrà pagare in corrispettivo al Fondo per il Culto. La chiesa annessa al monastero, che trovasi presentemente aperta al pubblico, verrà compresa, ma per il semplice uso, nella cessione al Comune, il quale dovrà lasciarla e mantenerla a sue spese, in tale condizioni, poiché il Governo ne autorizzi o ne disponga la chiusura. A tale scopo saranno consegnati al Municipio i mobili ed arredi sacri appartenenti a detta chiesa. Eseguito quanto sopra, e approntati tutti i documenti e cioè deliberazione del Consiglio comunale approvato dalla 141 G.P.A., la perizia del valore delle parti redditizie e la liquidazione della rendita da corrispondere al Fondo per il Culto , nonché l’elenco dei mobili ed arredi sacri della chiesa, la S. V. potrà senz’altro autorizzare la stipulazione dell’atto di cessione in favore del Comune di Maddaloni, giusto l’unita bozza concordata, per tutti i casi della specie, trasmettendomi poi detto atto regolarmente documentato come sopra per la definitiva approvazione espressamente riservata, avendo cura di riunirvi la minuta da predisporsi della nota della ipoteca da iscriversi contro il Comune cessionario, giusto l’art. 6 dello stipulato. Il Ricevitore. F.to Mariani.” Il 14 novembre 1910 il Sindaco dr. Raffone riferì al Consiglio di aver ricevuto dal locale Ufficiale del registro due note di sollecito e verifica dei lavori in atto per la cessione del monastero delle Domenicane. Il 20 novembre 1912 il Rettore dei Padri Oblati Giuseppe Zoppoli inoltrò una richiesta al Comune per poter ottenere un concorso nella spesa per gli urgenti restauri da effettuare nella chiesa degli ex Cappuccini gestito dal Comune. 17 aprile 1931 furono effettuati alcuni lavori di restauro all’orologio pubblico comunale e alla chiesa degli ex Cappuccini. Il Comune contribuì con la somma di lire 4.000 per la manutenzione della chiesa ora degli Oblati Maria Immacolata ridotta poi a lire tremila secondo una nota del 27 giugno 1931 della Giunta Provinciale Amministrativa di Napoli. Il 10 novembre 1913 il Consiglio comunale discusse sul sussidio per il mantenimento della chiesa dell’ex convento delle Domenicane. Il 21 luglio 1915 il Comune concorse ai lavori urgenti di riparazione del campanile della chiesa di. S.Martino, sul quale c’era un pubblico orologio. L’8 ottobre 1915 le suore Domenicane rinunziarono al loro diritto di abitazione nell’ex convento, per un vitalizio di lire 100 ciascuna. sala udienze Convitto Giordano Bruno Il 16 marzo 1923 il Sindaco dr. Alfonso Raffone si fece promotore di un contributo per i lavori di restauro alla chiesa dell’Annunziata. Nella richiesta al Comune il Rettore fece presente quanto segue:“La chiesa suddetta è antichissima; essa sorge nel centro della città di Maddaloni, sin dal XIII secolo e per le sue opere d’arte e vicende artiche costituisce un vero monumento della città di Maddaloni. Ma se è ricca di arte e di storici ricordi, è poverissima di mezzi, perché priva di qualsiasi reddito, atteso l’incameramento dei suoi beni. Ad onore del vero è gloria della Città possedere una chiesa ricca di opere d’arte perché questa fornita di un’artistica soffitta, opera meravigliosa di Giovanni Balducci, esimio pittore fiorentino, degno discepolo del Naldini, protetto da Alessandro dei Medici, v’ha fare michelangesco e un bel colorito cosi vivo che dopo tre secoli si vede ancora freschissimo. Adesso, opera così immortale, va sempre deperendo, perché il tetto minaccia rovina, le grandiose cupole della chiesa sono già lesionate e pericolanti, coro artistico di noce marcito in parte dal tempo, le 142 porte già consumate dall’intemperie ed il fabbricato, a causa dei mancati restauri, si è ridotto in condizione deplorevole, da destare grande apprensione, sia per il pericolo cui sono esposti i fedeli che la frequentano, sia pel continuo e crescente deterioramento della bellissima soffitta che è un vero tesoro di arte antica, oggi valgono di parecchi milioni. In questo stato di cose, all’uopo fu pregato l’illustre ing. sig. Santamaria Nicolini Luigi, il quale avendo esaminato, lo stato veramente pericoloso di questa chiesa, per i restauri, offriva un preventivo di circa 43mila lire. Dopo un accurato esame fatto dal Genio civile di Caserta, e dopo una domanda indirizzata agli Enti competenti, dai quali ben poca cosa fu concessa relativamente ai lavori preventivati dall’ing. Santamaria, il sottoscritto prima di fare appello al suo nobile cuore per concorso finanziario, la prega caldamente, perché presto ci onori personalmente in chiesa per vedere i lavori d’urgenza, già iniziati alle grandiose cupole. Fiducioso che la S.V. Ill.ma vorrà accogliere la sua umile preghiera anticipatamente la ringrazia. Maddaloni, marzo 1922, Sac. Emilio Galasso – Rettore della chiesa dell’Annunziata.”. Il 7 agosto 1926 Germanico Del Monaco priore dell’Arciconfraternita di S. Maria de Commendatis chiese al Comune di poter acquistare 12 mq di suolo al Cimitero. Il 29 novembre 1926 Eugenio Forgillo inoltrò la domanda al Comune per poter dotare il Cimitero di una illuminazione elettrica stabile. Il 4 febbraio 1928 il Comune concesse l’impianto gratuito dell’acqua potabile al convento dei Reali. Padri Carmelitani. Nella stessa data il Comune cedette alla chiesa di S. Alfonso di Maddaloni alcuni stalli dell’ex sala del Consiglio comunale. Il 29 luglio 1929 fu presentato un progetto per la costruzione di un nicchiario nel Cimitero comunale di Maddaloni con colonnato e porticato di copertura. Il Podestà: “Constatato che si era resa necessaria la sistemazione generale del Cimitero comunale, principalmente per quanto riguardava le sepolture e le inumazioni definitive nelle nicchie di deposito, e che conseguentemente si era presentato il bisogno di costruire nel Cimitero un nicchiario comunale, il quale, mentre risolveva il problema preponderante di estetica nel camposanto, d’altro canto avrebbe permesso al Comune di realizzare – sezione pressione tributaria – dei sensibili guadagni che potevano essere utilizzati per la manutenzione ordinaria e straordinaria del Cimitero”. “Esaminato il progetto generale del nicchiario del sig. ing. Ernesto Penzi che prevedeva la costruzione di n. 917 nicchie, nella parte occidentale del Cimitero, spazio comunemente denominato “cimitero nuovo”, e precisamente sui tre lati liberi e cinti da muro” “Rilevato che il progetto rispondeva pienamente al concetto ed alle direttive espresse e volute dall’Amministrazione comunale”. “Rilevato che il lavoro complessivo era per un importo di lire 385.000, di cui lire 345.353,56 per i lavori a base d’asta e la restante somma di lire 39.464,44 a disposizione dell’Amministrazione per spese generali ed imprevisti. Considerato che data la somma complessiva della spesa in lire 385.000, la spesa per ogni nicchia sarebbe stata di circa lire 400; e che di conseguenza per la stessa ubicazione delle nicchie, su ogni perpendicolare, queste si potevano vendere ai cittadini ad un prezzo medio di lire 750 ognuna, con il guadagno per il Comune di lire 320.950”. “Considerato che il prezzo di lire 750 per ogni nicchia era sensibilmente inferiore di quello praticato dalle locali Congreghe per simili nicchie. Di conseguenza la costruzione 143 del nicchiario si sarebbe risolta per i cittadini, non soltanto in un sensibile vantaggio finanziario, ma avrebbe permesso ad essi di inumare i loro cari in un luogo assai decorso ed estetico e completamente riparato dalle intemperie e, quindi, con la possibilità di trattenersi a pregare o a deporre fiori e ceri, nei giorni in cui il tempo fosse stato cattivo”. “Considerato, altresì, che la costruzione agli effetti della sufficienza del suolo per le sepolture, in relazione all’occupazione per le nuove fabbriche, non sottraeva alcuna parte del suolo indispensabile per le sepolture, perché il suolo che si andava ad occupare era di soli mq. 961,65 e non era adibito alle sepolture ordinarie, restava nel Cimitero un’intera e vasta zona vergine di mq. 5.075, dove non era stato ancora iniziato il seppellimento dei cadaveri, comunque restava abbastanza suolo sia per le sepolture ordinarie che per i casi di epidemie, essendo la quota di maggiore superficie superiore al sesto di quella necessaria per il seppellimento dei cadaveri col turno decennale per la esumazione”. “Esaminato lo stralcio del progetto generale dei lavori costituente il 1° lotto, per la costruzione del nicchiario con colonnato e portico di copertura che comprendeva la costruzione di porzione del colonnato con nicchie nel lato orientale, a sinistra della Congrega di S. Maria del Soccorso”. “Tenuto presente, che con l’esecuzione di n° 126 nicchie, lungo il colonnato, e di n° 50 nicchie circa dentro la cappella; le quali nicchie cedute, al prezzo medio di lire 750, avrebbero dato un ricavato di lire 132.000 e quindi un margine di guadagno, sulla spesa preventivata di circa di lire 90.344, di ben lire 41.656; margine più che sufficiente per coprire qualsiasi eventuale spesa imprevista, oltre quella già preventivata”. “Considerato che per le numerose richieste, già avanzate dai cittadini, e per l’urgente bisogno che si presentava di nuove nicchie per la prossima esumazione di tutto il campo del Cimitero, l’Amministrazione aveva la sicurezza di poter vendere, in brevissimo tempo, 120 nicchie, per introitare la somma di lire 90.344 occorrente per il pagamento del 1° lotto e che di conseguenza non c’era alcun pericolo che l’Amministrazione si sarebbe trovata nell’impossibilità di far fronte ai suoi impegni verso la ditta appaltatrice”. “Considerato che il margine di guadagno derivante, dalla vendita delle nicchie, all’Amministrazione, questa poteva utilizzarlo per sopperire agli urgenti e numerosi bisogni di restauro e di manutenzione del Cimitero comunale”.“Stabilito che per il completamento di tutto il nicchiario, l’Amministrazione non poteva procedere all’esecuzione di nuovi lotti se prima non avesse raccolto un numero di richieste di nicchie pari alla somma per la costruzione delle nuove, onde impedire che fossero fissati sui bilanci speciali stanziamenti per la costruzione del nicchiario”. “Con riserva di fissare in seguito, con apposito regolamento interno, sulla base del prezzo medio di lire 750 e delle singole richieste il prezzo di ciascuna nicchia, in rapporto alla posizione da essa occupata sulla perpendicolare delle sette nicchie costruite in ogni vano di colonnato e nella Cappella” Su conforme parere della Consulta il Podestà approvò il progetto in questione. Il netturbino di una volta 144 L’8 agosto 1930 fu ultimato l’impianto permanente dell’illuminazione elettrica (lux perpetua) nel Cimitero comunale. Il 9 maggio 1931 il Podestà cav. Sorvillo programmò nuovi interventi per l’arricchimento architettonico ed ornamentale del Nicchiario comunale in costruzione al Cimitero. “Riconosciuta la necessità di un arricchimento architettonico ed ornamentale del Nicchiario comunale in costruzione limitatamente al 1° lotto di lavori, affidati all’impresa Bove Antonio, tendente a trasformare il Cimitero comunale in un campo oltre che mistico anche monumentale ed artistico”. Presa conoscenza della relazione presentata dal Consultore ing. E. Penzi progettista e direttore dei lavori del nicchiario e Consultore delegato: “……..Facendo seguito ai desideri espressimi ripetute volte a voce, da V.S. per un arricchimento architettonico ed ornamentale, nella rifinitura degli stucchi del Nicchiario in costruzione, limitatamente al 1° lotto dei lavori, ho studiato il modo migliore, compatibilmente nella somma a disposizione per imprevisti, per assecondare tale suo, del resto encomiabile desiderio, tendente a trasformare effettivamente il Cimitero, in un Campo oltre che mistico per il culto dei nostro morti, anche monumentale ed artistico, per la parte riflettente le sue linee architettoniche. Premetto che tali lavori, consistenti in lavori aggiunti o di trasformazione di altri già progettati, per l’importo complessivo di essi, dovranno oltrepassare l’importo della somma a disposizione del Comune per imprevisti e possibili economie per partite di lavori risparmiate durante l’esecuzione, in modo da non trovarsi il Comune nella necessità di dover deliberare una somma suppletiva per lavori in più oltre di quella di lire 406.000.000, ma deliberando soltanto in linea di massima, con un atto interno non soggetto all’approvazione dell’Autorità tutoria i soli lavori di cui si fa cenno. Tali lavori più precisamente consistono nei seguenti: 1) L’intonaco sotto il porticato e nelle cappelle, anziché essere liscio, sarà arricchito di fasce bugnate scorniciate, su ogni pilastrino divisorio fra i vari registri di nicchie; inoltre verrà eseguita tutto in giro alla soffitta del porticato e delle cappelle una cornice abbastanza ricca per l’altezza di circa 30 cm. interrotta all’altezza di ogni pilastrino da una cimosa di coronamento dei pilastrini stessi. 2) Alle nicchie in giro sarà eseguita una battita in sostituzione dello spigolo vivo, per maggior ornamento. 3) In corrispondenza delle cimose di cui al n° 1 e delle rispettive colonne del fronte, saranno eseguite tante fasce scorniciate e bugnate, dividenti la soffitta dal porticato in tanti quadri, per quanto sono gli spazi fra le colonne, e tali quadri saranno arricchiti da un ornato centrale decorato a stucco. 4) La soffitta della Cappella sarà arricchita di una fascia a telaio in giro, nonché di una decorazione centrale, consistente in una croce contornata da un gruppo di dieci putti avvolti fra nubi. 5) Il pavimento sarà costruito con mattonelle di cemento a marmette, anziché di mattonelle a cemento semplici, riuscendo cosi di maggior consistenza e di maggior effetto artistico. Conseguentemente la soglia del porticato, progettata in marmo, sarà sostituita da lastre di cemento lucidato a finto marmo, lavorato a graniglia con intonazione relativa al pavimento; tale soglia avrà nel lato esterno la cornice della zoccolatura rilevata a vivo. 6) Il porticato sarà arricchito nel lato opposto alle cappelle di altre scalinate di accesso, per evitare in caso di celebrazione della messa nella cappella il congestionamento del pubblico. 145 7) L’intonaco esterno, progettato a stucco liscio, ad imitazione di marmorino, sarà eseguito invece imitando il travertino romano, ciò con grande effetto artistico e per maggior decorazione di tutta l’opera. 8) L’ingresso principale delle cappelle verrà arricchito di due getti di cemento bianco ad imitazione marmo di Carraro, riproducendo due allegorie od opere d’arte”. Il Podestà approvò l’esecuzione dei lavori aggiuntivi. Il 13 luglio 1931 furono acquistate delle piante per il Cimitero comunale. Nel mese di agosto poi fu preso in considerazione l’impianto permanente dell’illuminazione elettrica (lux perpetua) del Cimitero comunale. Il 31 ottobre 1931 l’Amministrazione comunale aumentò l’assegno al Cappellano del Cimitero che avrebbe dovuto svolgere anche la mansione di custode in assenza di questi. Il 2 giugno 1933 il fontanino il Comune adottò il ribasso di alcuni prezzi di vendita dei loculi del Nicchiario comunale. Il Podestà cav. Sorvillo “premesso che con deliberazione podestarile del 29/7/1929 fu approvato il progetto generale dell’ing. Penzi per la costruzione di un nicchiario al Cimitero, determinando fra l’altro in lire 750 il prezzo medio di ogni nicchia, con riserva di fissare in seguito, con apposito regolamento interno, sulla base del prezzo medio nonché delle richieste, l’effettivo prezzo di ogni nicchia, in rapporto all’ubicazione delle stesse. Premesso che con successiva deliberazione del 17/2/1930 veniva modificato il deliberato del 29/7/1929 in alcune sue parti relative alla costruzione del nicchiario, restando fermo quanto già era stato determinato in merito al prezzo medio e che tale deliberazione era munita del visto di approvazione di S. E. l’Alto Commissario in data 19/2/1930. Premesso ancora che con regolamento interno, il prezzo delle nicchie, site nel porticato, fu così stabilito: Nicchia prima fila lire 800; nicchia seconda fila 850; nicchia terza fila 850; nicchia quarta fila 800; nicchia quinta fila 750; nicchia sesta fila 700; nicchia settima fila da 650 a 500”. “Fatto presente che fin allora le nicchie vendute erano soltanto quelle delle prime quattro file e considerato che in effetto il prezzo fissato per le ultime tre file era sensibilmente forte rispetto alle possibilità finanziarie di chi potrebbe acquistare tali nicchie, e che di conseguente si presentava l’opportunità di ribassare il prezzo di vendita di tali nicchie: 5^ fila da lire 750 a 650; 6^ fila da lire 700 a 600; 7^ fila da lire 650 a 500. Il 25 maggio 1934 fu dato incarico all’ing. arch. Francesco Guerino di effettuare i lavori di restauro, di sistemazione e di decorazione della grande Cappella ossario comunale. Capitolo quindicesimo 146 Chiesa del Corpo di Cristo 27 aprile 1903 furono presi dei provvedimenti per assicurare la stabilità del campanile della chiesa Corpo di Cristo. Il prof. Pasquale Castaldi del Real Ispettorato degli scavi e dei monumenti con una lettera fece presente al Sindaco di Maddaloni che in seguito all’abbassamento del livello stradale, ai piedi del campanile del Corpus Domini di “patronato” del Comune essendo rimasta scoperta una parte delle fondamenta al di sotto all’ultimo “listino” di pietra calcare, lo invitava a curarne il rivestimento con “somiglianti” pietre per decenza e per solidità dell’opera del grande Vanvitelli evitando cosi danni all’uomo e il relativo deterioramento. Inoltre chiese che il rivestimento avvenisse con travertini formanti a scalino. Infatti questi travertini si possono vedere ai piedi del campanile a mo di gradini, tanti comodi per potersi sedere o mettersi a leggere il giornale o riposarsi. Il 25 settembre 1905 il Consiglio comunale presieduto cav. dr. Alfonso Raffone visto che il rettore rev. sac. Luigi Merola cappellano e capo coro della chiesa del SS. Corpo di Cristo fu nominato dal Vescovo di Caserta mons. Cosenza mansionario capo del coro della cattedrale di Caserta dovette procedere alla nomina del Cappellano e del Capo coro tra i cappellani della chiesa del Corpo di Cristo. A seguito delle votazioni risultarono eletti Antonio Formato come Cappellano e rev. sac. Salvatore Raffone come Capo del coro. Il 20 aprile 1914 il Comune ricevette dall’ingegnere del Genio civile il rapporto del sopralluogo effettuato alle cupole della chiesa monumentale del SS. Corpo di Cristo: “A seguito della comunicazione fattami, con nota a margine, informa la R. Prefettura che il giorno 14 corrente mese, un ingegnere di questo Ufficio ha effettuato in Maddaloni il sopralluogo chiesto con la nota di Duomo oggi Basilica Minore quel Sindaco, in data 16 dicembre u.s. Nella visita sono state mostrate al detto ingegnere le due cupole di quella chiesa Monumentale, le quali, per effetto delle forti piogge e dei venti, verificatosi nel dicembre dello scorso anno, hanno sensibilmente ricurvate le aste in ferro che sostengono le grosse palle di rame, situate all’estremo superiore della parte muraria delle cupole e sulle quali è collocato una croce pure in ferro. Le attuali condizioni dei luoghi non hanno permesso una visita a distanza perché non si è potuto, in alcun modo, avvicinarsi all’estremità danneggiata, per la qual cosa sarebbe occorso un elevato castello in legname, e perciò non è stato possibile avere un’esatta idea delle effettive condizioni di fatto per riconoscere l’attuale stato di stabilità della parte superiore delle cuspidi. Da quanto può desumersi da un esame a distanza, è risultato che, tenendo conto della duttilità del ferro che porta la palla e la croce, se fino ad oggi, e cioè a due mesi di distanza dal nubifragio che provocò la deformazione, la caduta del corpo non si è verificata, può ritenersi non imminente il pericolo del distacco dell’anzidetta estremità dal rimanente 147 della cuspide. Ciò non pertanto sarà convenente che il Comune di Maddaloni affidi ad un ingegnere di propria fiducia la verifica delle condizioni statiche dell’estremità delle due cupole in parole ed adotti con sollecitudine i provvedimenti che all’uopo verranno suggeriti, per garantire l’incolumità dei propri cittadini. L’ing. Capo. F.to…….” Il 28 febbraio 1931 la chiesa del SS. Corpo di Cristo passò sotto la giurisdizione ecclesiastica S.E. il Vescovo di Caserta Natale Gabriele Moriondo che inviò al Podesta la seguente lettera:“Caserta 27 ottobre 1930 (VIII9 – All’ill.mo sig. Podestà Maddaloni – A norma dell’art. 27, comma 3, del Concordato felicemente conchiuso tra la S. Sede ed il Regno d’Italia, gli Ordinari diocesani possono rivendicare dalle Amministrazioni civili la libera gestione delle chiese con i beni, edifici ed opere annesse, escluse quelle di carattere meramente laico. In conseguenza mi onoro chiedere alla S.V. ill.ma di voler disporre che mi venga fatta la consegna della chiesa del Corpo di Cristo con i beni ad essa appartenenti. Intanto, poiché questa chiesa, come consta alla S.V. ill.ma, ha bisogno d’urgenti riparazioni e richiede una spesa non indifferente di manutenzione e conservazione, prego S.V. ill.ma di voler deliberare in merito un congruo assegno. In attesa che la S.V. ill.ma vorrà compiacersi di farmi conoscere l’assegno deliberato a favore della chiesa de Corpo di Cristo con i beni ad essa appartenenti. Intanto, poiché questa chiesa, come consta alla S.V. ill.ma, ha bisogno d’urgenti riparazioni e richiede una spesa non indifferente di manutenzione e conservazione, prego S.V. ill.ma di voler deliberare in merito un congruo assegno. In attesa che la S.V. ill.ma vorrà compiacersi di farmi conoscere l’assegno deliberato a favore della chiesa del Corpo di cristo ed il giorno, in cui, assieme al rappresentante di codesto Comune si potrà procedere al verbale di consegna con le formalità voluta dalla legge. Con perfetta osservanza – F.to N.G. Moriondo Vescovo”. Cronistoria: “Premesso che il Tempio del SS. Corpo di Cristo col campanile, elevato nella parte più alta della Piazza, ammirazione dei passanti per la loro architettura ed ampiezza, ebbe principio da una pia adunanza laica, stabilita prima bella parrocchia di S. Benedetto (1536), essendovi parroco l’abate canonico D. Enrico Abenante e poi, di tempo in tempo, trasferita nella chiesa della Maddalena, di S. Aniello e di S. Martino della terra di Mataluni. Ranaldo Tennerelli, magister di quella adunanza, per ministero del giudice a contratti Don Melchiorre Izzo, a 12 settembre 1546 donò alla Basilica di S. Giovanni in Laterano a Roma “unus terrenut situd sintus burgum Magdaloni, ubi dicitur alla fecola o S. Agata”, col peso di una libbra di cera bianca da presentarsi ogni anno in Roma, nella ricorrenza di S. Giovanni Battista, alla mentovata Basilica, per edificare qui una Cappella seu Ecclesia, che avesse del romano Tempio le stesse grazie, indulgenze, privilegi e fosse soggetta al patrimonio dell’Università di Maddaloni. A 5 dicembre dello stesso anno, per atto dello stesso notar Melchiorre Izzo, presenti il Sindaco e gli Eletti della terra di Mataluni si riunirono, a suon di campana, innanzi alla facciata della chiesa dell’Annunziata (località solita alle riunioni dei civici amministratori, per deliberare nell’interesse paesano), il mentovato Tennerelli ed i fratelli chierici e secolari della Congregazione del Corpo di Cristo, i quali accolsero la donazione del suolo del grande benefattore e gettarono lo statuto per la creazione delle Cappellanie e dei Cappellani, ad corum arbitrarum, ita que elemosine et introdus assignandi e donandi in futurum ditta ecclesiae costrunde, sunt ditte ecclesiace. In breve si elevò la cappella, ed il Tennerelli al 3 aprile 1532 l’istituì erede universale dei suoi beni, di cui i soli stabili furono 22 moggia di 148 terreno, dette le “piscuie” o Gentile (oggi Salvatore). Al 4 novembre 1577 Agapito Bellomo, vescovo di Caserta censì agli economi et procuratori della Compagnia del SS. Sacramento 22 passi di orto (steriles infruttuosi petrosi ac parios fruttuos percepit), per allungare ed allargare la nave di detta Cappella et per ornato d’essa, col canone annuo di trenta carlini. Il censo fu in capo ad otto anni affrancato dall’Università per ducati 200, che furono corrisposti alla mensa vescovile di Caserta che a sua volta s’impiegò nell’acquisto di un pezzo di terra nel casale di S. Benedetto. Oltre ai beni dell’eredità Tennerelli, molti altri pervennero per donazioni e per acquisto alla detta chiesa e la loro indicazione risulta da una “Platea magna” del Corpo di cristo del 1760 e dal Magistrale che si conservano nell’archivio della chiesa, mentre nel registro censuario conciario del 1754, esistente in discreto stato di conservazione nell’archivio comunale, si trovano perfettamente registrati tutti i beni della chiesa, siano rustici che urbani, capitoli, censi ed altri col carico delle rendite, col relativo peso e gravame di messe. Si hanno le risultanze del possesso di 454 moggi di terre, ducati 2.100 di capitali, 8.748 messe piane (fiane) annue, oltre la celebrazione degli anniversari. In forza del R. dispaccio 3 luglio 1798 furono venduti 354 moggi e quattro passi dei migliori terreni che la chiesa possedeva, con una rendita di ducati 4.462 e grane 40, tutti soggetti a pesi di messe gravate da Pii disponenti. Per compenso furono assegnati alla chiesa ducati 4.000 lordi di pesi fiscali sulla Regia Soprintendenza della decima, dei quali si ricevettero degli acconti fino al 1805 e da detta epoca niente più si ricevette, nonostante ripetute suppliche fatte al Re, sia dall’Amministrazione municipale, che dagli amministratori della Venerabile chiesa del SS. Corpo di Cristo. Nel periodo aureo delle rendite patrimoniali, la chiesa era officiata da 30 cappellani ordinari, ai quali si contribuivano ducati 72 per celebrazioni di messe ed un mese libero in caso di malattia e ducati 18 per l’officiatura e servizio del coro. Con la perdita del grosso della proprietà terriera che risale al luglio 1798, venne a mancare di giorno in giorno il numero dei cappellani, rimasti al 1860 ridotti nel numero di 22, con la contribuzione di ducati sei per il coro e di ducati 18 per le messe. Gli straordinari, con godimento delle medesime insegne dei cappellani ordinari non percepivano, dalla straordinaria riduzione delle rendite, niuno emolumento dalla chiesa, ma percepiscono ai soli lucri avventizi. Considerato che la chiesa del SS. Corpo di Cristo è un Tempio destinato al pubblico culto, soggetto solamente al patronato del Comune ed era autorizzato ad accettare e possedere legati, i cui beni appunto ne formano la dotazione, della quale l’Amministrazione comunale non aveva la tutela perché patrona. La tutela era esercita per mezzo della Commissione amministratrice della chiesa del Corpo di Cristo, nominata dal Comune, col diritto di esaminare i conti e col diritto ancora della nomina dei cappellani destinati all’ufficiatura”. Tenuto presente che il patrimonio della chiesa nel 1868 fu incamerato al Demanio dello Stato per effetto della legge 18 agosto 1867 e che in seguito la Chiesa rientrò in possesso del suo patrimonio, come appunto era spiegato nel foglio dell’Ufficio del registro di Maddaloni. “Maddaloni 17 settembre 1870 n° 798, al sig. Sindaco di Maddaloni – oggetto: Per la chiesa del Corpo di Cristo di Maddaloni – L’Intendenza di Finanza di Caserta circa il reclamo prodotto per la chiesa del Corpo di Cristo di questo Comune, con una nota del 15 volgente mese sezione A/3 n° 426/91 scrive quanto segue:Ritenuta dal Ministero la vertenza tra cotesto Municipio con l’Amministrazione demaniale relativamente al patrimonio della chiesa del Corpo di Cristo in Maddaloni, il prefato Ministero con nota del 149 dì 8 corrente settembre si esprime nei seguenti termini: Esaminati accuratamente tutti i documenti avuti in comunicazione e sentito l’avviso del Ministero di Grazia e Giustizia, questo Generale Ufficio, in conformità di detto avviso dichiara”: “Che i cappellani e sacerdoti dai quali è officiata la chiesa del Corpo di Cristo in Maddaloni non costituiscono alcuni degli Enti collettivi colpiti dall’art. 1 della legge di soppressione del 15 agosto 1867. Che la chiesa predetta non è un oratorio privato compreso nel patrimonio del Municipio, ma è invece una chiesa pubblica soggetta al patrimonio del Municipio autorizzata ad accettare e possedere legati, i cui beni, appunto ne formano la dotazione, della quale il Municipio ha la tutela e l’Amministrazione perché Patrono; Che i beni di detta chiesa non appartenenti al Municipio patrono, ma provenienti invece da legati e donazioni fatte per il culto della stessa dai privati cittadini e per suffragio delle anime loro sono soggetti, in quanto stabili, alla conservazione in rendita, ordinata dall’art. 11 della legge 7 luglio 1866, alla pari del patrimonio stabile di tutte le altre chiese cui allude la circolare n° 548, non potendo farvi ostacolo la circostanza di essere la chiesa in questione di patronato del Municipio, dacchè l’eccezione di cui alla linea 4 dell’art. 18 della legge del 1866 è stabilito tassativamente ed esclusivamente per i benefizi e Cappellanie di patronati laicali”. “Nel partecipare quanto sopra al Municipio di Maddaloni, codesta Intendenza provvederà sollecitamente per la dismissione del possesso delle sostanze mobiliari appesi alla chiesa su ripetuta, tenendo fermo il relativo verbale di presa di possesso per ciò solo che concerne i beni stabili soggetti a conversione. Pel verbale che verrà redatto per far constatare di detta dismissione (ma per far luogo alla quale dovranno osservarsi le norme tracciate dalla circolare n° 538) codesta Intendenza trasmetterà a questo Ministero unitamente a copia delle annotazioni da praticarsi sul verbale di presa possesso. Rendonsi le carte. – Il Direttore Generale – F.to G. Saracco”. “Ciò premesso nel restituire a questo ufficio tutti i documenti che conserverà in archivio prodotti dal Municipio. Ella eseguirà le prescrizioni Superiori, trasmettendo il verbale in doppio per la dismissione del bene mobiliare, unitamente alla liquidazione anche in doppio delle somme che potranno essere restituite dal Demanio a tenore della circolare n° 538. – L’Intendente. F.to Tesseretti. Si comunica alla S.V. pregandola renderne consapevoli i componenti della chiesa – il Ricevitore. – F.to Tesseretti”. “Tenuto presente altresì che in seguito ad avviso d’asta dell’Intendenza di Finanza dell’ex provincia di Caserta per la vendita dei beni pervenuti al Demanio per effetto delle leggi 7 luglio 1866 e 15 agosto 1867, alle ore 10 antim. Del giorno 8 aprile 1876 in una sala della Pretura di Maddaloni alla presenza di quel Pretore delegato dalla Commissione Provinciale di Sorveglianza e con l’intervento di un rappresentante dell’Amministrazione Finanziaria, si procedette ai pubblici incanti per l’aggiudicazione a favore del migliore offerente dei beni terrieri di proprietà della chiesa del Corpo di Cristo; e che il ricavato di detta vendita fu convertito in rendita e tale rendita assegnata come patrimonio della chiesa stessa”. “Considerato che il Comune di Maddaloni nulla aveva da eccepire in merito alla richiesta avanzata da S.E. il Vescovo di Caserta, col suo foglio del 27 ottobre 1930 anno VIII, per la consegna da parte del Comune al Vescovo dell’intera chiesa del SS. Corpo di Cristo, con tutti i beni ad essa appartenenti, ma al contrario era ben lieto di addivenire al 150 più presto a tale consegna, convinto, come esso era, che soltanto col trapasso dell’autorità ecclesiastica l’antica e bellissima chiesa col suo monumentale campanile poteva salvarsi dal deplorevole abbandono in cui era stata lasciata per lungo periodo di tempo e risorgere cosi a quel decoro e splendore, ai quali il massimo Tempio di Maddaloni aveva ben diritto per la sua antica storia e per il valore dei suoi pregi artistici. Di conseguenza, presi gli opportuni accordi con la Curia vescovile, il Comune provvedeva subito alla consegna della chiesa e dei beni ad essa appartenenti, seguendo tutte le norme e le formalità volute dalla legge, dando l’incarico della detta generale consegna alla vigente Commissione amministratrice dei beni della chiesa del SS. Corpo di Cristo”. “Presa poi in esame la domanda presentata da S.E. il Vescovo, con lo stesso suo foglio del 27 ottobre 1930, circa un contributo annuo da fissarsi dal Comune a beneficio della chiesa onde far fronte alla spesa, non indifferente, di manutenzione e di conservazione, di cui la Curia vescovile sarebbe venuta a gravarsi al Interno duomo del Corpo di Cristo nuovo possesso della chiesa”. “Considerato che la chiesa, dato lo stato di abbandono in cui era stata lasciata per mancanza assoluta di fondi, si trovava in deplorevoli condizioni di conservazione ed aveva urgente bisogno di molti lavori di riparazioni e di restauro, sia all’esterno che all’interno, con una spesa preventivata ingente”. “Considerato che la modesta rendita annua di cui la chiesa godeva era quasi per intera assorbita dalle spese di culto, di conseguenza, come non era stato possibile fino allora prelevare da detta rendita fondo alcuno per la manutenzione, non lo sarebbe stato possibile nemmeno per l’avvenire. Così sarebbe spettato alla Curia vescovile di provvedere alla ricerca di altri mezzi finanziari onde far fronte ai lavori occorrenti di riparazioni e di restauro”. Considerato che se la chiesa non fosse stata richiesta dall’Autorità ecclesiastica ed avesse quindi dovuto mantenersi a carico del suo modestissimo patrimonio, il Comune, per la speciale condizione della chiesa stessa e per il fatto che di essa era l’unico Patrono, non avrebbe potuto esimersi di provvedere, in un avvenire più o meno prossimo, a gran parte dei lavori di riparazioni e di restauro che ogni giorno più si rendevano necessari, caricandosi cosi di una spesa assai urgente. Quindi di conseguenza, dato che la Curia vescovile si addossava tutto il carico della spesa, era opportuno e doveroso che il Comune (che di tale forte spesa se ne liberasse per sempre) concorresse in minima parte alle spese di conservazione del monumentale Tempio, con un contratto fisso, per una somma sufficiente di lire 2.000 annue, da pagarsi lire 1.000 nel 1° semestre e lire 1.000 nel secondo semestre di ogni anno”. “Tenuto presente, in merito a tale contributo di lire 2.000 annue, che il Comune nella sua qualità di Patrono della chiesa del SS. Corpo di Cristo, aveva speso fino allora più di un migliaio di lire all’anno, per l’officiatura di alcuni speciali funzioni religiose che interessavano la Comunità. Perciò il nuovo peso finanziario, di cui il Comune veniva a gravarsi per il detto contributo, sarebbe stato soltanto di altre mille lire circa, restando bene 151 inteso e sanzionato che con tale contributo di lire 2.000 annue, il Comune restava esonerato e, per sempre, da ogni e qualsiasi ulteriore spesa occorrente per la manutenzione e conservazione della chiesa e per l’officiatura di qualsiasi funzione religiosa comprese quelle interessanti la Comunità”. “Considerato che dalla fondazione della chiesa risalente al secolo XVI, la cittadinanza per sentimento religioso e per tradizione avita, haveva annualmente ascoltata la predicazione per l’intero periodo quaresimale nel sacro suo recinto come, pure, annualmente si era solennizzata la grande festa del Corpus Domini e suo Ottavario nonché quella del Patrono l’Arcangelo S. Michele ricorrente il 29 settembre di ciascun anno. Il Comune, per secondare il sentimento religioso della cittadinanza, nonché le sue avite tradizioni, nel cedere la chiesa, riponeva l’officiatura delle tre menzionate solennità, a cura ed a carico dell’Autorità ecclesiastica della chiesa, di cui avrebbe conservato soltanto il semplice diritto di Patronato”. “Considerato altresì che, in corrispettivo di tale contributo annuo di lire 2.000, il Comune per il su accennato oggetto assegnava alla chiesa, corrispondendole a S.E. il Vescovo di Caserta, mantenendo il diritto di Patronato sulla chiesa si riservava sempre il diritto dell’uso della chiesa come Tempio ufficiale e con esso il diritto della gratuita ufficiatura del clero e del personale della chiesa di speciali funzioni religiose che rivestivano carattere di feste e di commemorazioni nazionali. Per questo, si poteva ritenere che la suddetta somma sarebbe stata quasi sempre giustificata ad altrettanti titoli di spese, dei quali il Comune non solo non avrebbe avuto più carico ma ne avrebbe direttamente a beneficiarsi, distruggendo così ogni osservazione sul fatto che tale spesa di lire 2.000 annue potesse rappresentare per il Comune un atto di pura liberalità a favore dell’Autorità ecclesiastica. Udito il parere della Consulta municipale, la quale, su rilievo del consultore sig. dottor Barletta Salvatore, pur riconoscendo la necessità ed opportunità che la chiesa del SS. Corpo di Cristo fosse ceduta all’Ordinario Diocesano, espresse, all’unanimità, l’avviso che si stabilissero norme capaci di tutelare, soprattutto, il patrimonio artistico della chiesa, che era di rilevante valore, per far in modo che il patrimonio stesso non potesse essere trasferito altrove, come in altri casi si era deplorevolmente verificato per il passato”. La Consulta municipale associandosi al rilievo del consultore ing. Ernesto Penzi non ritenne opportuno corrispondere alla chiesa del Corpo di Cristo la somma di 2000 secondo le seguenti disposizioni: “Che la cura e le spese dell’Autorità ecclesiastica della chiesa sia provveduto anche alla funzione che annualmente si celebra al Cimitero in occasione della commemorazione dei defunti; che dalla Curia vescovile di Caserta sia provveduto ed assicurato che in tutte le funzioni suaccennate l’intervento gratuito del clero sia sempre in un numero di sacerdoti adeguato all’importanza delle funzioni medesime”. Il Podestà considerato quanto espresso dalla Consulta deliberò: “Cedere l’intera chiesa del SS. Corpo di Cristo e relativi annessi a S.E. il Vescovo di Caserta al quale sarà fatta pure consegna di tutti i beni patrimoniali appartenenti alla detta chiesa e come innanzi elencati e descritti. A titolo di contributo per tutte le spese di manutenzione ordinarie e straordinarie della chiesa e per le spese di ufficiatura di speciali funzioni il Comune assuma l’obbligo di corrispondere annualmente ed in perpetua a S. E. il Vescovo di Caserta la somma di lire 2.000, al pagamento in due rate, e cioè la prima lire 1.000 nel 1° semestre e la seconda anche di lire 1.000 nel secondo semestre. In corrispettivo di tale contributo annuo il Comune si riserva il diritto dell’uso della chiesa come Tempio ufficiale 152 per le funzioni religiose che rivestono carattere di feste e commemorazioni nazionali. Per l’officiatura di tali funzioni il Comune prenderà accordo coll’Autorità ecclesiastica della chiesa, restando inteso che per tali speciali funzioni l’opera del clero e del personale della chiesa sarà gratuita. Rimarranno altresì a carico dell’Autorità ecclesiastica della chiesa l’officiatura annuale e gratuite delle seguenti funzioni religiose: a) Predicazione per l’intero periodo quaresimale; b) grande festa del Corpus Domini e suo ottavario; c) grande festa del Patrono l’Arcangelo S. Michele; d) messa funebre al Cimitero in occasione della commemorazione dei defunti”. “Per tutte queste quattro funzioni religiose come in quelle innanzi accennate la Curia vescovile di Caserta dovrà garantire l’intervento gratuito del clero ad un numero di sacerdoti adeguato all’importanza della funzione stessa. Resterà inibito all’Autorità ecclesiastica della chiesa ed a qualsiasi altra autorità ecclesiastica ad essa superiore di rimuovere, sia pure per trasferirlo in altre chiese, qualsiasi oggetto, sia mobile che immobile che possa rivestire il carattere di patrimonio artistico della chiesa in parola, dovendo l’Autorità ecclesiastica della chiesa rispondere in qualsiasi momento degli oggetti stessi ed in triplice esemplare, di cui uno rimarrà presso S.E. il Vescovo di Caserta, uno presso l’Autorità ecclesiastica della chiesa ed il terzo resterà depositato nell’archivio del Comune annesso al verbale di consegna. Il Comune mantiene l’attuale diritto di Patronato sulla chiesa: diritto che si conserva puramente e semplicemente a titolo di tradizione, ma che consisterà effettivamente nella semplice vigilanza all’osservanza degli obblighi che l’Autorità ecclesiastica verrà ad assumere. Rimane incaricata dell’intera consegna l’attuale Commissione amministratrice della chiesa, allorquando il presente deliberato sarà stato reso esecutorio con l’approvazione dell’Autorità tutoria. Stanziarsi nel bilancio dell’esercizio 1932 la somma di lire 2.000 per detto contributo”. Il patrimonio della chiesa del SS. Corpo di Cristo era costituito: A) Da titoli del debito pubblico, e cioè certificati 3,50% n. 162.377, rendita annua lire 3,50 – certificato 3,50% n. 164.398, rendita annua lire 66,50 – certificato 3,50% n: 164.399, rendita annua lire 10,50, tutti e tre intestati a favore della chiesa del Corpo di Cristo di Maddaloni; certificato 3,50% n. 164.397, rendita annua lire 4.144, intestato a favore della chiesa del Corpo di Cristo; certificato 3,50% n. 172.027, rendita annua lire 73,50 a favore della chiesa del Corpo di Cristo e con la seguente avvertenza <<Della presente rendita venne chiesta l’inserzione con dichiarazione che proviene dall’impiego della somma di lire 2.125 conchenute nella Fede di Credito del banco di Napoli – Cassa Caserta - in data 7 ottobre 1886 – foglio 35 n. 1.184 intestato a De Sivo Antonio>>; certificato 3,50% n. 174.489, rendita annua lire 14 a favore della chiesa del Corpo di Cristo con la seguente annotazione <<La presente rendita è vincolata per le spese occorrenti a migliorare il culto che si presta alla immagine della Madonna dell’Arco che si venera in detta chiesa titolare giusta la dichiarazione 2182 emessa presso la Direzione generale del debito pubblico il 2 aprile 1887>>; certificato 3,50% n. 230.356, rendita annua lire 42, intestata a favore della chiesa del Corpo di Cristo con la seguente avvertenza <<Della presente rendita viene chiesta l’iscrizione con dichiarazione che la medesima proviene dall’impiego della somma di lire 1.219,92 già depositata alla Cassa deposito e prestiti dal Municipio di Maddaloni per indennità di espropriazione a causa di pubblica utilità a danno degli eredi del debitore dell’Amministrazione della suddetta chiesa signor Rossi Antonio>>; certificato 3,50% n. 633.985, rendita annua lire 59,50 a 153 favore della chiesa del Corpo di Cristo, con la seguente avvertenza <<Questa rendita viene iscritta con dichiarazione che proviene dalla restituzione del capitale quantunque dovuto all’Ente titolare dai sigg. Giuseppe e Carlo Iorio, come risulta dall’atto di quietanza 7 luglio 1911, erogito Castaldo notar in Valle di Maddaloni>>; certificato 3,50% n. 16.077, rendita annua di lire 21 a favore della chiesa del Corpo di Cristo; certificato 5% n. 377.899, rendita annua lire 150 a favore della chiesa del Corpo di Cristo con la seguente avvertenza <<Proviene dall’affiancazione di canoni dovuti da Santonastaso Nicola e fratelli e gravanti sul fondo via Bixio>>; certificato 5% n. 393.845, rendita annua lire 260 a favore della chiesa collegiale del SS. Corpo di Cristo, amministrato dal Comune, con la seguente avvertenza <<Proviene da affranco di capitali dovuti da De Angelis Andrea>>; certificato 5% n. 026.622, rendita annua lire 70 a favore dell’opera Pia chiesa del SS. Corpo di Cristo, con la seguente avvertenza - Proviene dall’affranco Santamaria Luigi, e cioè in complesso n. 13 certificati del Debito pubblico per una rendita complessiva di lire 4.929,50 annue - . B) Rendite in genere: dovuta dai fratelli Mottola ed altri interessati di Calis (Nelinio) e cioè tomoli 16 di grano pari a q.le 704 ( in ragione di kg. 44 il tomolo) che si valuta approssimativamente a lire 750 annue. Piazza Umberto I C) Dagli interessi di capitali e cioè: 1) Francesco Cortese fu Saverio e Giuseppe Cicia aventi causa che Cesare Barletta interessi su capitale di lire 199,75 – lire 11,30; 2) dai seguenti per interesse su capitale di lire 255 e cioè da Giovanni Furolo ed Angelo Maria eredi del loro padre Domenico avente causa da Salvatore Bisceglia lire 7,20; da Antonio Tetrarca fu Francesco avente causa da Angela Maria, ora Arcangela Falcone lire 3,60; da Giovanni De Lucia di Domenico avente causa da Angela Delle Cave ora Arcangela Falcone lire 3,6; 3) Antonio Pellegrino, erede dal padre Domenico, e questi avente causa da Giovanni Furolo per interessi su capitale di lire 212,50, lire 10; 4) Nicolini Santamaria, Federico, Enrico, Eduardo ed altri eredi del loro padre Agostino, e questi aventi causa da 154 Filippo Ferraro, interessi su capitali di lire 212,50, lite 16,68; 5) Concetta Fermiano, vedova Francesco Pascarella e figlio Alessandro e Costanza, avente causa da Nicola Minieri, interessi su capitale di lire 212,50 ora Cesare Formato lire 12; 6) Eustacchio Pisani e figli Bernardo, Maria ed altri, interessi su capitali di lire 425 ora Dottor Benedetto Quintavalle per una complessiva rendita annua lire 79,70. D) Da canoni enfiteusi e cioè: 1) Tommaso Apperti fu Mariano avente causa da Luca Vieto per quarta parte del canone di lire 68 infisso sul territorio posto in Maddaloni luogo detto S. Salvatore; 2) Giuseppe Vigliotta fu Michele per quarta parte sullo stesso canone di lire 68 avente causa di Gerino Ardolino lire 24,30; 3) Pasquale Castaldo fu Angelomario avente causa da Domenico Di Maio per una quota sullo stesso canone di lire 60 in lire 36,90; 4) Municipio di Maddaloni avente causa dagli eredi di Vincenzo Rossi per canone infisso su di un basso ad uso di cantina in Maddaloni “Piazza dell’Unione” in lire 66; 5) Aniello Farina fu Francesco per canone infisso sul territorio Paladini in Maddaloni in lire 7,35; 6) Enrico Prisco ed Achille eredi del loro padre Vincenzo e questi aventi causa da Aniello Farina del canone infisso sul territorio in Maddaloni detto “Fosso di papi” in lire 45,10; 7) Enrico Prisco ed Achille eredi del loro padre Vincenzo aventi causa da Andrea Madonna pel canone infisso su di un orto in Maddaloni Via Pignatari in lire 118,30; 8) Aniello Orbato fu Gaetano avente causa da Giuseppe Finocchiaro pel canone infisso sul territorio “Perrone” in Maddaloni in lire 210,30; 9) Domenico Santonastaso fu Aniello avente causa da Aniello Felice pel canone infisso su di un casamento in Maddaloni in via Pintime in lire 17,90; 10) Andrea Montuori fu Marino pel canone infisso sul casamento in Maddaloni via Bixio in lire 98,45;11) Filippo Ginolfi fu Tommaso per canone infisso sul territorio detto “Prezioso” in Maddaloni in lire 24,50; 12) Eredi Salvatore Petrucciani fu Felice pel canone infisso su di un casamento alla via Pignatari ora Rachela Squillante in lire 26,65; 13) Lucia Sollitto fu Antonio e Nicola Merola fu Domenico, la prima erede usufruttuaria di suo marito Tommaso Del Monaco e l’altro erede proprietario dello stesso canone infisso su di una sezione di casamento in Maddaloni in via Ponte Carolino in lire 0,75; 14) Modestino Razzano fu Domenico ed altri pel canone infisso su di una parte del suddetto casamento in via Ponte Carolino in lire 0,75; 15) Pietro Della Valle fu Michelangelo pel canone infisso sì una parte dello stesso casamento in via P: Carolino in lire 0,75; 16) Teresa Del Monaco fu Luigi pel canone infisso su di un’altra parte dello stesso casamento in via P. Carolino in lire 0,75; 17) Giuseppe Zampilla fu Andrea avente causa da Emanuele Rossi e questi da Lorenzo Bisceglia pel canone infisso su di un orto detto “Tiglio” in Maddaloni in lire 110,15; 18) Crescenzo Bove fu Pasquale avente causa da Antonio Quartaro pel canone infisso su di un casamento in Maddaloni in via P. Carolino in lire 45,90; 19) Gabriele Nuzzo fu Tommaso domiciliato in Valle di Maddaloni avente causa dagli eredi di Ottavio Marruncelli pel canone sul territorio detto “Bagnati” in lire 61,20. per una complessiva rendita di lire 918,40). E) Da entrate straordinarie costituite dal fitto delle sedie, da contributi dati dal Comune per feste religiose, da oblazioni dei fedeli ed elemosine, e che variano di anno in anno e delle quali viene tenuto esatto conto in sede di bilancio. Risultando cosi che l’attuale patrimonio della chiesa del SS. Corpo di Cristo nel suo complesso era così costituito: A) n. 13 titoli del Debito pubblico, in rendita annua di lire 4.929,50; B) Rendite in genere di lire 750; C) Interessi di capitali in lire 79,70; D) Canoni enfiteusi in lire 918,70; - per una rendita annua in lire 6.677,60”. 155 L’11 marzo 1945 fu deliberato un contributo per i lavori di riparazione alla chiesa del Corpo di Cristo. Il Sindaco cav. Eugenio Iorio riferì che il rettore della chiesa del Corpo di Cristo sac. Gennaro Bove aveva chiesto un contributo per la ricostruzione del finestrone “abbattuto” a seguito dello scoppio della polveriera di Capua. Il rettore fece sapere che la spesa si aggirava sulle 40mila lire somma che non poteva essere solo coperta da una sottoiscrizione aperta tra i fedeli. In merito alla richiesta del rettore il primo cittadino fece rilevare all’adunanza consiliare che la chiesa del Corpo di Cristo, lustro e decoro della città di Maddaloni, era di “patronato” comunale e che soltanto nell’anno 1932, con una scrittura privata del Podestà del tempo e del Vescovo di Caserta, fu ceduta dal Comune alla Curia vescovile perché ne curasse la manutenzione e vi celebrasse gli uffici. L’Amministrazione comunale con il passaggio della chiesa al Vescovo di Caserta cedette anche le poche rendite che possedeva e inoltre si obbligò a corrispondere annualmente la somma di lire 2.000 per le spese di riparazione della stessa. Il contributo del Comune era diretto a sostenere le spese di riparazioni ordinarie. All’uopo il primo cittadino fece rilevare che le riparazioni al finestrone dovevano essere effettuate con urgenza onde evitare che altri danni avrebbero potuto minare la stabilità del Tempio e creare inconvenienti per l’incolumità dei cittadini che frequentavano la chiesa. La Giunta municipale infine su proposta del primo cittadino approvò di concorrere con la somma di 200o lire nelle spese per la ricostruzione del finestrone truppe in parata in piazza Umberto I Capitolo sedicesimo 156 Istituzioni militari Il 10 aprile 1884 il Sindaco cav. Giuseppe Tammaro propose al Consiglio di comunicare al Ministero delle Finanze che per l’ubicazione del Deposito delle Guardie doganali di Napoli l’Amministrazione comunale avrebbe messo a disposizione la caserma Mercato gia sede dell’Annunziatella rimasta libera dal 1886 dopo la partenza del Battaglione d’Istruzione. Nella sua oratoria il Sindaco fece un’attenta analisi della caserma in questione dicendo che era la sede appropriata sia per l’ampiezza e disposizione dei locali che per le condizioni di salubrità, di comodità. E che i treni in partenza ed arrivo alla stazione ferroviaria di Maddaloni inferiore si potevano raggiungere sia Napoli che Roma. Inoltre il Sindaco disse che la popolazione maddalonese avrebbe ricevuto ricchezza e prosperità perché gli allievi in libera uscita avrebbero speso parte della loro paga nelle attività commerciali e negli esercizi paesani. Il consiglio comunale deliberò all’unanimità la proposta del primo cittadino e nella stessa seduta approvò anche i lavori di completamento del marciapiede della piazza dell’Unione e il tratto riguardante il padiglione militare. Il 18 febbraio 1887 fu apposta a spese del Comune una lapide per commemorare i caduti di Dogali nella campagna d’Africa nella chiesa del Corpus Domini. Il 17 ottobre 1900 il Comune di Maddaloni diede un contributo di lire 32 alla “Società padovana Solforino e S. Martino” per la celebrazione della battaglia del 24 giugno 1859 a cui avevano partecipato 406 maddalonesi aggregati a un contingente di 8.178 combattenti di Terra di Lavoro. Il 9 novembre dello stesso anno per la fornitura di metri cubi 86 e 600 litri d’acqua al Deposito della Reale Guardia di Finanza fu pagato il capostazione di Cancello Scalo responsabile dell’acquedotto del Serino. 15 novembre 1904 il Genio Militare di Caserta ingiunse il Comune di lasciare liberi i locali della caserma Annunziata usati per Uffici di Conciliazione e di Commissione di 1^ istanza per le imposte dirette. La caserma era stata messa in vendita tramite un’asta pubblica dal Ministero della Guerra. Il 18 ottobre 1905 l’Ispettore Comandante del Deposito d’istruzione degli allievi di Guardia di Finanza fece presente alla Giunta comunale di Maddaloni che il Caserma N. Bixio - cortile lato meridionale del quartiere Mercato usato per le esercitazioni militari dagli allievi poco curato da tempo era ridotto in uno stato di completo abbandono ed era di intralcio alle esercitazioni militari. Inoltre ribadì che il Mercato demanio dello Stato fu ceduto all’Amministrazione comunale a patto di tenerlo nelle condizioni ideali per lo svolgimento delle dette istruzioni. Infine il Comandante chiese al Comune di voler provvedere con una certa urgenza al riassetto definitivo della Piazza d’Armi. La Giunta municipale letta la nota dell’Ispettore deliberò di provvedere al “compiacimento” della Piazza Mercato con i mezzi economici permessi dal bilancio comunale che non dovevano superare le 500 lire e in base ad un progetto giudicato idoneo da una Commissione scelta in seno alla Giunta e dal Comandante del Deposito. Il 31 maggio 1906 il Comune fece voto al Governo del Re per ottenere la caserma 157 Annunziata vecchia. Il Sindaco dr. Alfonso Raffone fece rilevare al Consiglio comunale “che il convento degli ex Domenicani fu già una volta consegnato al Comune, con verbale del 2 maggio 1821, e per lungo tempo fu adibito per uso di Casa comunale, Giustizia Regia e caserma di Gendarmeria. Nel 1850 il Comune con delibera decurionale del 3 marzo diede al Governo l’intero locale dell’abolito convento perché vi fosse costruito un quartiere di Cavalleria. Lo Stato, invece, a sue spese vi costruì un grande quartiere per fanti (denominato poi caserma Annunziata nuova) nel giardino del convento e il vecchio edificio fu aggiunto alla nuova costruzione pur essendone distinto. Il vecchio edificio, pur essendo stato riattato, rimase inabitato per molti anni per mancanza di truppa ed era addirittura cadente quindi occorrevano radicali restauri. Ottenendone ancora una volta la cessione dal Governo il Comune avrebbe potuto provvedere a sue spese a tali restauri adibendo la caserma per uso di scuole, asili infantili e altre opere di pubblica utilità come d’altronde prevedeva il disegno di legge sulla soppressione delle corporazioni religiose”. Il Consiglio all’unanimità deliberò esprimere speciale voto al Governo del Re per ottenere la concessione gratuita del suddetto locale. 22 luglio 1912 si ammalò il mulo adibito al trasporto dell’acqua del Serino per il Deposito allievi Real Guardia di Finanza. Il Sindaco cav. Raffone propose che il mulo non più abile al servizio in questione doveva essere sostituito. Il veterinario comunale, dr. Pugliese, con foglio datato 10 luglio 1912, aveva comunicato di aver visitato l’animale in parola. Dalla visita risultò che il mulo era abbastanza vecchio, aveva gli arti posteriori con traccia di antiche applicazioni di fuoco, da lasciare supporre, precedenti malattie. L’arto destro posteriore, dapprima “rampino”, presentava grave ritrazione del flessore profondo delle falangi con distensione del tendine dell’estensore delle falangi, per cui l’animale era costretto a poggiare le punte dello zoccolo, zoppicando in modo vistoso. Per tali lesioni, il veterinario riferì che si poteva tentare una cura non sicura, e in considerazione di ciò, propose la “riforma” dell’animale salvo a provvedere per l’acquisto di un altro mulo. A seguito del suddetto rapporto fu deciso di sostituire il mulo pregando nell’attesa Salvatore Picillo a mettere a disposizione la sua cavalla per il trasporto dell’acqua. Il mulo riformato fu ceduto al migliore offerente. Il 5 ottobre il Consiglio comunale si riunì per commemorare il Sottotenente Camillo Raffone caduto gloriosamente a Zanzur il 20 settembre 1912. “Il Presidente porse lettura di una lettera del consigliere cav. Giuseppe Martirano, il quale pure si scusa di non poter intervenire alla seduta perché infermo. Indi annunzia che il Sindaco cav. dr. Raffone Alfonso ed il consigliere cav. Raffone Vincenzo hanno fatto sapere a suo mezzo di non intervenire alla stessa per ragioni di delicatezza. Indi lo stesso Presidente, Assessore anziano cav. Borgia, ringrazia vivamente tutto il Consiglio del voto espressogli in una delle ultime tornate, perché egli fosse ritornato guarito al più presto ed assumere l’ufficio di Assessore del Comune, allorquando fu vittima della nota brutale aggressione, nell’esercizio della sua professione, per opera di un imprenditore di questa città. Dopo di che con nobili e sentite parola commemora il Sottotenente Raffone: “La generale espressione cittadina e i nostri sentimenti, sia come cittadini che come amministratori che essa rivelano? Certamente rivelano il riconoscimento dell’eroismo del compianto Camillo Raffone nell’attuale campagna d’Africa. In quest’aula, in tutte le circostanze, si retribuirono onori alla virtù ed al valore: Ricordi commemorativi per altri prodi, medaglie ai benemeriti, diplomi di nomine a cittadini onorari, pergamene di benemerenze, conferiti tutti con solennità sia a spesa dell’Amministrazione e sia anche 158 quando altrimenti vennero offerti. In quest’aula, stasera si compie il dovere di tener conto dell’eroismo di Camillo Raffone, nostro concittadino, sottotenente dell’82 fanteria, caduto da prode a Zanzur. L’eroismo si ha, quando si dimostra di aver sperimentato il diritto del sostenuto dovere. Tutti hanno il dovere di brandire le armi per la Patria, ma quando l’avvenimento è accompagnato dalle circostanze di essersi prediletta il diritto per compiere il dovere, l’avvenimento stesso dà la determinazione dell’eroismo. Le circostanze possono accompagnare l’avvenimento e possono essere come predisposizioni. Nel presente caso abbiamo la concomitanza e la predisposizione”. “La biografia di Camillo Raffone e le circostanze che accompagnarono la sua morte, sono elementi di una fulgida cronaca che si eleva ad epopea. Egli, nato nel 1890, da unica famiglia, percorse gli studi classici con successo. Nel 1909, con licenza liceale conseguita a primo scrutinio, avrebbe coi suoi mezzi potuto incamminarsi in una professione: invece dimentico di aver questi mezzi predilige la carriere militare, non per impiego, ma per vero sentimento. Nella scuola degli ufficiali di Modena egli applica le sue doti di mente, distinguendosi negli studi, ed esercita le sue doti finché con tutto l’affetto e l’impulso delle sue forze. L’estrinsecazione del suo cuore, della sua mente e di tutta la sua persona fu Caserma Real Guardia di Finanza - Cortile dell’Annuniatella ammirata nello svolgimento del tema “il patriottismo” additato ad esempio in quella scuola. Nel 1911 esce dalla scuola encomiato ed è aggregato all’82° Fanteria, nel momento in cui tutti palpitavano per l’impresa della Nazione, ed egli domanda di essere tra quelli che debbono formare il primo scaglione per la Libia. Ivi è sempre primo tra i primi: dunque non sono tutte queste circostanze predisposte all’avvenimento per alimentar questo eroismo? Lieto cosi di essere fra quelli che dovevano avanzarsi nell’interno della Libia – come scrive in una cartolina, ultima, diretta allo zio, nostro Sindaco cav. dr. Raffone Alfonso - , si trova appena dopo due giorni al 20 settembre, nella memorabile battaglia di Zanzur. Là in quella mischia, vola all’assalto, ma una palla nemica lo colpisce in una gamba. Crede di non essere ferito, ma che sia stato un semplice urto quello ricevuto, che lo ha fatto cadere a terra, si solleva esclamando: “Avanti! Soldati della nostra V Compagnia!” In quell’assalto furioso ricade novellamente, si alza ancora una volta e tenta di lottare, agitando la sciabola e ripetendo: “Avanti compagni!”, ma finì non può reggere, perché sfinito. Lo raccolgono e lo trasportarono nel posto del pronto soccorso ancor vivo, mentre pensa forse di poter al più presto migliorare e riprendere all’azione, ma la gravità della ferita gli spezza la vita, quando nel delirio della morte ancora pronunciava: “Avanti vittoriosi delle nostra V Compagnia.”, diceva cosi, ora diciamo: Salve, o Raffone, che contribuisti a quella vittoria col tuo incitamento, col tuo martirio, con la tua morte!” “L’espressione cittadina è quella di magnificare tanto eroismo, e con un primo impulso 159 tende a dare le dovute onoranze. Questa civica Amministrazione, che è animata dallo stesso sentimento, coronerà la nobile iniziativa con lo stesso amore cittadino, per additare ad esempio l’Eroe. La Giunta comunale con i poteri del Consiglio, stante le altre ragioni che non ammettono rimando, ha reclamato la sala dell’Eroe a spesa dell’Amministrazione, e sono sicuro che si plaude a questo proponimento di aver qui l’urna gloriosa, che è gloria di Maddaloni. Quelle spoglie saranno preziose reliquie per mantenere sempre più vivo nei nostri cuori l’amor di patria. O Camillo, ti ho conosciuto ancora minorenne, quando, sotto la tutela morale di tuo zio e mio amico Alfonso Raffone, e sotto la tutela dei pieni affetti di tua madre accompagnato dai tuoi fratelli maggiori, hai mostrato il tuo compiacimento che la decisione di certi interessi era a me affidata. Al 22 settembre 1891, negai la mia firma sotto la perizia, al 22 settembre di quest’anno successivo ho accolto l’ufficiale notizia della tua eroica morte, e mi trovo condotto ora a spargere questi fiori sulla tua gloriosa tomba. L’articolista dell’”Unione”, testé pubblicato, non ha ombra dello spirito di Camillo Raffone, perché attraversò le brulle arene della Libia, i flutti graneggiati dal Mediterraneo e le acque placide del golfo delle Sirene, e baci la nostra terra, dove, ai piè dei Ponti della Valle, è monumento ai gloriosi del 1860 di Nino Bixio, per cantare con loro l’inno di Tirteo? – Canti pure agli Italiani le esortazioni alla guerra o l’onore delle virtù militari. Soggiungo, però, nell’enfasi della mia commozione, che per Camillo Raffone il poeta greco Tirteo avrebbe fatto a meno delle sue elegie, giacché con ardore tutto proprio ha consacrato la sua vita alla Patria in onore di questa Maddaloni”. Quindi porge lettura della seguente nota in data 3 corrente, dal sig. cav. del Giudice Angelo, Tenente Colonnello a riposo, e pervenuta a quest’ufficio cosi”: “ Ill.mo sig. Sindaco – Ho il dovere di informare la V. S. per la voluta commemorazione all’On. Consiglio comunale, che per iniziativa degli Ufficiali in congedo, dei cittadini e dei residenti in questa Città, si aprì una volontaria sottoscrizione allo scopo di raccogliere somme per onorare la memoria del Sottotenente Camillo Raffone, perito a Zanzur, valorosamente, combattendo il 20 settembre scorso. Detta iniziativa è ora un fatto compiuto e la Commissione a tale uopo nominata avrebbe deciso di eternare la memoria del Raffone con apposita iscrizione sopra lapide in marmo con annessa foglia di palma in bronzo, e come complemento nel funerale religioso da eseguire nella chiesa collegiale del Corpo di Cristo. In conseguenza si notifica qui di seguito l’iscrizione che si stabilita di apporre nella lapide, per il voluto nulla osta, e si pregherebbe il Consiglio a voler approvare che detta lapide venga collocata nell’atrio della Casa comunale, come la più adatta per ricordare il valoroso estinto all’affetto riconoscente dei cittadini. Salvo imprevedibili circostanze le due funzioni si effettuerebbero in uno stesso giorno – da indicarsi – non oltre la fine del corrente mese. Con ogni ossequi – Per la Commissione. F.to Tenente Colonnello Angelo del Giudice”. Iscrizione sulla lapide: Camillo Raffone – Baldo Ufficiale dell’89° Fucilieri – partì Volontario per la guerra di Libia – sorridendo - A Zanzur – Combattendo da Prode il XX settembre 1912 – il gentil riso si spense - Cittadini siate memori – Qui nacque il 4 novembre 1890 – Non morrà mai. Fa noto quindi che il Comune, dietro accordi presi coi componenti la detta Commissione, darebbe l’ufficialità alla cerimonia, pigliando anche la direttiva per gli inviti di Autorità, cittadini, ecc. Il Consiglio plaudendo alla patriottica comunicazione fatta dal Presidente cav. Borgia, nonché alla nobile iniziativa presa dal cav. Del Giudice e dal detto Comitato dei cittadini: A voti unanimi e per alzata e seduta delibera: 1) Dichiara il suo nulla osta per 160 l’approvazione alla lapide con l’iscrizione sotto l’atrio della Casa comunale. 2) Incarica la Giunta di provvedere insieme ai Componenti la detta Commissione, perché tanto la funzione civile che religiosa proposta, riesca degna dell’Eroe. 3) Delibera altresì esprimersi un voto di ringraziamento e di plaudo al cav. del Giudice e ai Componenti la cennata Commissione per la nobile iniziativa presa. 4) Delibera infine incaricarsi l’illustre Presidente perché insieme al Segretario si rechi dopo la seduta in casa della famiglia del sottotenente Raffone e dal Sindaco cav. Raffone, zio dell’Estinto, ad esprimere a viva voce le più sentite condoglianze di questo Consiglio”. Il 10 novembre 1913 il Consiglio comunale discusse e propose di far concedere un’onorificenza o ricompensa al maresciallo maggiore a cavallo Achille De Stefano, comandante della locale stazione dei Real Carabinieri. In occasione dell’incendio sviluppatosi in Via Ponte Carolino, nella notte tra il 18 e il 19 ottobre riuscì a salvare due donne avvolte dalle fiamme. Il 16 novembre 1914 il Civico consesso plaudendo alla proposta del Sindaco di allora che era anche l’espressione della volontà dell’intera cittadinanza, a voti unanimi inviò una richiesta al Ministero della Guerra per ottenere la cessione gratuita della caserma Annunziata. Il 30 ottobre 1915 le Autorità militari chiesero al Commissario prefettizio cav. Michele Gizzio di poter approntare un ospedale per i militari colpiti da malattie infettive. Una volta recepita la richiesta il Commissario fece subito provvedere alla pulizia, disinfezione e riattazione dei locali e suppellettili del Lazzaretto comunale. Il 30 agosto 1916 dopo il trasferimento del 1° Reggimento Bersaglieri a Teano la caserma Annunziata fu adibita per il concentramento dei prigionieri di guerra austriaci. Per non aggravare la crisi economica del paese il delegato della Pubblica Sicurezza Nazareno Musco fece una richiesta al Prefetto di Caserta per dislocare altri reparti di truppa nella città per cercare di venire incontro ai commercianti maddalonesi che non avevano avuto il tempo di rifarsi delle spese sostenute per lo smercio dei loro prodotti ai militari. Il 28 gennaio 1917 per sedare una sommossa popolare scoppiata in piazza Umberto fu chiesto l’intervento dei militari del Battaglione di Finanza che riuscirono a disperdere i dimostranti evitando gravi minacce all’ordine pubblico. L’8 marzo 1921 l’assessore notaio Girolamo de Laurentis incaricato dal Sindaco commemorò con nobili parole i maddalonesi caduti nella prima guerra mondiale 1915-18. Il 7 marzo 1923 la sezione Nazionale mutilati ed invali di guerra fece istanza al Comune per ottenere la concessione di un altro locale in sostituzione di quello attualmente occupato. Il 26 gennaio 1925 fu discusso dall’Assemblea consiliare la costruzione del monumento ai gloriosi caduti Maddalonesi nell’ultima Grande Guerra. Il 22 maggio 1933 l’Amministrazione comunale deliberò la fornitura di acqua potabile alla caserma N. Bixio. Il 17 giugno il Comune approvò una spesa di lire 175 occorsi per aver effettuato lavori per l’illuminazione provvisoria dell’ex convento delle Domenicane onde permettere l’alloggio ai militi della 141.ma Legione. Il 20 maggio 1935 furono costruite 2 cucine con tettoie, nella caserma Nino Bixio per la distribuzione del rancio alla truppa di passaggio per la città di Maddaloni. Il 28 settembre fu organizzato un servizio di guardia armata al campo Pintime per impedire ai soliti ignoti il saccheggiamento di tutti i materiali esistenti nel campo. Il 24 febbraio 1936 il civico consesso prese in affitto 5 vani, siti in Piazza Gen. Ferraro, per istituire un magazzino militare dei generi alimentari e foraggi. Il 24 ottobre Maddaloni si organizzò alla meglio 161 per accogliere degnamente le Autorità politiche e militari che avrebbero poi prese parte alla grandi manovre che si svolgevano in Irpinia. Per l’occasione il Podestà cav. Amedeo Sorvillo ordinò la riparazione e l’attintatura degli stabili, dei muri e dei giardini che si affacciavano il lungo il Corso 1° Ottobre, Via Roma, piazza gen. Ferraro, via Bixio, via Ferrovia e via Caudina fino ai confini della frazione di Montedecore. Il 16 agosto 1937 letti gli atti e le disposizioni del Real Decreto 30 aprile 1851, il Podestà segnalò alle Autorità competenti per un encomio l’eroico gesto del caporale Antonio Fadda appartenente al Distaccamento IV Compagnia Africa Orientale Italiana e dislocato presso il Deposito 31° Reggimento Fanteria. Il militare aveva salvato un vecchio ospite del mendimonio Landolfi in procinto di suicidarsi. Il 2 agosto 1939 l’Amministrazione militare (Comando del Corpo di Armata di Napoli) occupò alcuni tratti stradali di proprietà del Comune per poter installare nel sottosuolo, una tubazione per portare l’acqua del condotto Carolino allo stabilimento militare Energon che produceva mangimi concentrati per i quadrupedi dell’esercito. Nello stesso anno l’edificio scolastico “Costanzo Ciano” fu adibito come caserma dall’Amministrazione militare fino alla data del 24 marzo 1941. Dopo di che la stessa fu adibito ad ospedale militare territoriale. Il 28 marzo 1942 fu stipulata una convenzione tra il Comune di Maddaloni e l’Amministrazione militare per la fornitura dell’acqua potabile al locale Ospedale militare “Littorio”. Il 18 ottobre 1943 il Commissario prefettizio dr. Antonio Brancaccio prese urgenti provvedimenti per poter riparare i danni causati alla Casa comunale, all’acquedotto ed alla fognatura dalle incursioni nemiche e dallo scoppio di mine. Il 5 agosto 1944 il Sindaco cav. Eugenio Iorio riferì alla Giunta che nel mese di luglio del 1943 un quadrimotore americano era precipitato sul territorio maddalonese con la perdita dell’equipaggio. L’Amministrazione comunale del tempo ordinò la rimozione dei cadaveri che furono seppelliti nel Cimitero di Maddaloni da una ditta privata che ottenne il pagamento del servizio dopo il parere favorevole della Giunta comunale. Caserma dell’Annunziata detta “Quartiere” Il 7 giugno 1950 con una solenne cerimonia cui presero parte Autorità civili e militari e una folta rappresentanza popolare fu consegnata la bandiera nazionale alla locale stazione dei Carabinieri. Capitolo diciassettesimo 162 L’acqua e la luce elettrica a Maddaloni Storia dell’acqua Molti progetti furono presentati per dotare di acqua potabile la Città di Maddaloni. Fin dal 1870 si progettò di costruire grandi serbatoi per raccogliere le acque piovane durante l’inverno, ed alimentare alcuni fontanini nei mesi estivi. Il progetto che ammontava a circa L. 200.000 fu presto abbandonato perché non rispondeva alle esigenze igieniche dei tempi, né proporzionato ai bisogni della città che contava 21.000 abitanti. Nel 1874 fu bandito un concorso per la redazione di un progetto di condotta d’acqua alla semplice condizione che l’ingegnere, di cui fosse stato preferito il progetto, avrebbe ricevuto in premio L. 2.000 senz’altro diritto. Fu preso in considerazione quello relativo alle sorgive esistenti una in contrada “Revullo”e un’altra in contrada “Sommano” sul territorio casertano chiamata “Atellana”. La gara fu vinta dall’ing. Pasquale Mastellone. Secondo il progetto che sarebbe costato 300.000 lire Maddaloni avrebbe avuto una portata d’acqua con un massimo di m.c. 3.456 ed un minimo di m.c. 1.290. Nell’ottobre del 1876 il Consiglio comunale dopo aver invitato l’ing. Pasquale Mastellone a progettare il tracciato definitivo e un molino ad acqua fornendo nel contempo l’elenco delle proprietà da espropriare rimandò l’esecuzione a tempo opportuno. In risposta, l’ingegnere Mastellone chiamò in giudizio il Comune davanti al Tribunale di S. Maria C.V. che diede ragione all’ingegnere Mastellone inducendo il Comune a pagare le spese del progetto. Dieci anni dopo l’Amministrazione prese in considerazione l’idea di approvvigionarsi dell’acqua col sistema della “concessione” per la costruzione dell’acquedotto e per il suo esercizio stipulando un anno dopo un contratto con la ditta Patricolo e compagni che avrebbe dovuto portare a Maddaloni le acque delle sorgenti del Monte Castone situate nella località S. Agata dei Goti. Anche questo contratto rimase ineseguito. Nel 1889 l’Amministrazione comunale si rivolse alla società francese d’Eau et de Gaz di Parigi ma non trovò conveniente il relativo progetto incaricando un’apposita Commissione a prendere in considerazione altri progetti. Nel frattempo il Comune analizzò le acque del Serino, definita “elisir tocca sana”. Il 24 gennaio 1892 il Real Commissario avv. Attilio cav. de Johannis accettò l’offerta presentata dalla Società “Entreprise gènèrale de distributions e concessions d’eaux et de gaz” di Parigi per la concessione della costruzione e dell’esercizio di un acquedotto con le acque sgorganti dal Monte Castone presso S. Agata dei Goti. Il nuovo Consiglio comunale retto dal cav. Giuseppe Tammaro su proposta del consigliere Luigi De Sivo revocando il precedente atto commissariale e incaricando di nuovo l’ing. Pasquale Mastellone decise di far costruire direttamente dall’Amministrazione comunale l’acquedotto con le acque provenienti dalle sei sorgive esistenti ai piedi del monte Castone capaci di dare un massimo di 7285 metri cubi al giorno. Poi il 25 maggio dello stesso anno la civica assemblea approvò il progetto del cav. Mastellone che prevedeva una spesa di 93000 lire, la richiesta del relativo mutuo alla Cassa Depositi e Prestiti e il capitolato dei lavori occorrenti per l’acquedotto e per l’incanalamento delle acque reflue. Neanche queste deliberazioni ebbero esito positivo. Infatti il progetto riveduto dall’Ufficio del Genio Civile fu modificato nel prezzo che fece nascere una forte sfiducia per la sua esecuzione a tal punto che lo stesso Consiglio comunale non l’accettò. Nello stesso anno fu bocciato il progetto presentato dall’ing. Salvatore De Masi che prevedeva lo 163 sfruttamento delle acque del Serino da utilizzare per l’acquedotto maddalonese. Nel novembre del 1902 per una spesa inferiore a quella precedente l’Amministrazione comunale accettò un nuovo progetto presentato dallo stesso De Masi che per economia aveva estrapolato dallo stesso la costruzione del serbatoio e del canale di scarico. Il progetto fu respinto dalla Reale Prefettura e dal Comune di Napoli che non volle concedere l’uso dell’acqua del Serino essendo di sua proprietà. Il 2 maggio 1903 il Consiglio comunale forte del visto prefettizio autorizzò la Giunta municipale a trattare, oltreché con il Municipio di Napoli, anche con la Compagnia dell'acquedotto del Serino per ottenere la concessione d'acqua in base al progetto deliberato il 5 novembre 1902 e non mai approvato dalle Autorità Superiori. Con istanza del 12 luglio 1904 il Sindaco Giuseppe cav. Tammaro chiese al Municipio di Napoli la concessione di una quantità d'acqua corrispondente alle previsioni del primitivo progetto de Masi, cioè 300 m. c. al giorno, nel primo anno, 600 nel secondo, 900 nel terzo, e 1500 nel quarto anno e successivamente. Il Sindaco di Napoli con nota 28 luglio 1904, aderì alla richiesta dal nostro primo cittadino. Con l’approvazione e l'autorizzazione del Consiglio comunale di Maddaloni la Compagnia dell'acquedotto del Serino, con nota 20 febbraio 1905, comunicò al Comune di Maddaloni l'avvenuta concessione. Nonostante la stipula firmata per convogliare a Maddaloni le acque del Serino, su parere di autorevoli cittadini di Maddaloni, finirono esaminate altre proposte: -Rivolgersi allo stesso Mastellone, ma con patti chiari e categorici, se intendeva e se poteva rendere possibile il suo progetto che interessava le acque di S. Agata dei Goti; -ricorrere all'acqua del Torano in Piedimonte d'Alife; -far scandagliare il sottosuolo in Maddaloni e cercare col mezzo della terebrazione, e, se per avventura si sarebbe trovata una falda d'acqua potabile sufficiente, applicare il sistema dei pozzi Artesiani o Northon, innalzando poi l'acqua per portarla ad un serbatoio da costruirsi nella parte alta della Città, per distribuirla. E infine, si pensò pure di prendere in considerazione le acque del canale Carolino. Il 23 maggio 1910 in base al mutuo il Consiglio comunale apportò alcune modifiche al progetto per la conduttura dell’acqua del Serino. L’anno dopo Su insistenza del Prefetto e in attesa della risoluzione definitiva del problema dell’acqua il Sindaco cav. uff. Alfonso dr. Raffone ritenne opportuno far prelevare l’acqua dai pozzi pubblici tramite impianti di gruppi motori-pompe e delle relative opere di adattamento che sarebbero stati forniti dalla ditta degli ingegneri De Luca e Cuonzo di Napoli. Per far fronte alla spesa relativa ai motori ammontante a 20mila lire si sarebbero usati per metà i fondi depositati presso la Cassa postale di Maddaloni accantonati per la risoluzione del problema dell’acqua e per l’altra metà dalle somme che sarebbero state riscosse per il ruolo acqua dell’anno in corso. Il Consiglio comunale a voti unanimi deliberò di incaricare la Giunta di svolgere con la massima urgenza la pratica relativa alle trattative in corso e di compilare il Capitolato (*) di base prendendo accordi con la ditta De Luca- Cuonzo. Nel 12 ottobre 1914 il problema dell’acqua ritornò ancora una volta alla ribalta che fu discusso in un’Assemblea pubblica. Il Sindaco dr. Alfonso Raffone incaricò l’assessore avv. Brancaccio di relazionare sull’argomento: “Colleghi, intima e preponderante aspirazione dell’animo nostro è stata sempre la soluzione del grave ed arduo problema dell’acqua potabile, che ha occupato e preoccupato la mente degli amministratori che ci hanno preceduto da quasi due generazioni. Nel cedere al lusinghiero invito ed alle cortesi 164 premure del nostro beneamato Sindaco, ideammo spontanei e concordi un programma di riordinamento dei pubblici servizi, l’avviamento ad un’era novella di polizia, abbellimento, prosperità collettiva, e, prima di ogni altro, la rigenerazione igienica, salutare ed economica della industre ed operosa cittadinanza. Anzi giurammo a noi stessi, che se mai, per fatalità, ci fossimo sentiti impari al compito prefissoci, ci saremmo reputati indegni del mandato ed avremmo lasciato, senza rammarico, ma ben poco soddisfatti di noi medesimi, il posto ad altri ben di noi più abili e fortunati. Nel nostro divisamento, per rispetto a noi stessi e per un sentito omaggio ai nostri concittadini (da tanti anni delusi) non abbiamo fatto cenno neppure nei comizi elettorali. L’impegno, quindi, non fu assunto con il corpo elettorale, ma l’immenso amore filiale lo giurò alla terra natia, votando ad essa mente, energia e riguardi salutari. Però non ci pentiamo dichiararvi con tutta lealtà che non ci saremmo mai atteso di iniziare cosi sollecitamente all’assoluzione anche di questa parte del nostro programma. Opinavamo che, provvedendosi all’appalto del dazio, riordinati i pubblici servizi, potevano dedicarci unicamente alla preparazione del Bilancio, quando nella tornata della Giunta del cinque volgente mese, l’amico e collega Nuzzi, Assessore dell’igiene, ammoniva che serie considerazioni di ordine generale e particolare, tra le quali non ultime quella di opportunità, esigevano dagli Amministratori la sollecita soluzione di vari problemi e di quello dell’acqua potabile”. “La bella ed encomiabile idea trovò eco armoniosa nei cuori di tutti gli assessori che, facendola propria, affidarono il non facile compito di studiare e riferire ad una Commissione, la quale affidò a me il compito della redazione della relazione. Non per falsa modestia, ma con animo sincero, vi confesso che questo compito, cosi lusinghiero ed agognato, mi rese perplesso, non per la mole di lavoro, non per il breve tempo destinato, ma per la grande responsabilità morale che io ignavo dei precedenti, assumo di fronte a voi e di fronte al paese. Ma carità di patria me lo hanno imposto; le speranze della Vostra benevolenza e della Vostra fiducia mi ha sorretto. Noi vi presenteremo una relazione sommaria dei proposti e deliberati dei predecessori, li esamineremo fugacemente e vi proveremo il nostro modesto avviso. Non vi faremo, quindi, feciale e noiosa ostentazione di sapere; non vi formuleremo giudizi acri sugli errori da altri commessi, non vi esporremo critiche passionate ed odiose. (Majore premuunt…..)”. “Prima di ogni altra cosa, però, ci incomba l’obbligo di spiegarvi perché con tanta urgenza vi abbiamo inviati ad occuparvi di questa questione. L’urgenza è voluta da considerazioni di ordine subbiettivo e locale, di ordine obbiettivo e generali. Il bisogno di acqua salubre e sufficiente, sempre imperioso per il passato, oggi, per l’aumentata popolazione, per l’accresciuto consumo richiesto dalle leggi igieniche e sanitarie, per il miglioramento dei pubblici servizi, per lo sviluppo maggiore delle industrie e del commercio, è indispensabile ed improcrastinabile. Noi difettiamo assolutamente anche dell’acqua non buona, perché i pozzi per porgersi, perché l’acqua del Ducatone o Condotta Carmignano (che in tempo pur essendo nocivo alla salute, alimentava la parte del paese e ne irrigava gli orti) di anno in anno è andata diminuendo, ed ora tende a scomparire del tutto, sia perché l’avvallamento verificatosi sotto il foro di immissione destinato alla nostra Città, si è fraudolentemente o naturalmente, molto pronunziato, sia perché il Comune di Napoli, proprietario, opina avvantaggiarsi interamente del rivo per i suoi bisogni industriali. Si potrebbe forse muovere lite o far valere secolari concessioni ed anche diritti dominicali, ma, a prescindere dall’incertezza dell’esito, il ricavato non 165 fiancherebbe la spesa. Impellenti, adunque, sono le considerazioni subbiettive, e non meno inappellanti ravvisasi le obbiettive; giacché trattasi di farci prenotare e destinare quella porticina, che legge ed equità ci assegnano sulle somme che il provvide governo del Re ha messo a disposizione dei Comuni o delle Province per procurare lavoro ai connazionali disoccupati a causa della contrazione europea. Le leggi ed i regolamenti sanitari, le circolari ed istruzioni ministeriali e prefettizie speciali di ogni specie, non sono stati sufficienti perché i Comuni si fossero migliorati o premuniti contro l’invocazione di critiche malattie, rese più frequenti dal progredito sviluppo nazionale del commercio, dell’industria, nell’espansione. Molti comuni ancora versano in condizioni pressoché identiche alle nostre. Per essi, noi compresi, e la benefica rassegnazione. La gara è indetta; guai al pigro! A noi, provvisti di mezzi molto esegui ed impari ai bisogni, necessitano acqua, vie, locali scolastici, quindi più grave incombe l’obbligo della diligenza e sollecitudine nel far pervenire voti e proposte seri e concreti. Eccoci giustificati, speriamo, il motivo della dimandata urgenza. Com’è stata prospettata sinora la soluzione del problema dell’acqua? E’ opportuno seguire i medesimi criteri, o è mestiere prendere un nuovo indirizzo! Risponderemo al primo quesito con esposizione storica, sintetica ed imparziale, la quale avrà un valore qualsiasi per quei Colleghi che, al pari di noi, ignorarono i precedenti, pur, riconfermali in carica, poi varrà per rinfrancare loro la memoria. Tra costoro annoveriamo colui che ebbe agii di occuparsi di propositi della materia la cui incoronabile monografia, insieme a quella dettata dal cav. Starone, ci è tornata di grande vantaggio nello studio alacre, ma intensivo, degli atti esistenti nell’archivio”. “Per fornire di acqua potabile la nostra città, furono finora escogitati due soli mezzi: a) sorgenti più o meno prossime; b) acquedotto del Serino. Del primo avviso furono l’ingegnere Pasquale Mastellone (1873 e 1892) e la Ditta Patricola e Comp. (1887) e la Societè d’entrefrize gènerale de distributions d’eaux e di gas (1891). Molteplici ingegneri, poi, e varie Ditte progettarono, con maggiori o minori difetti e svantaggi, la Corso 1° Ottobre conduttura dell’acqua del Serino. Ma di tutti i progetti, soli quelli redatti dall’ing. De Masi Salvatore furono approvati dal Genio Civile. Questa gara di progettisti, denigrandosi e denudandosi a vicenda, e che molte volte, pur di arrivare primi, trascuravano elementi e calcoli indispensabili e davano un carattere di veruna serietà alle loro proposte, forse è stata causa non ultima perché questo problema, di capitale importanza e vitale intense, sia pervenuto a noi insoluto. Altro motivo di insoluzione è forse stato l’imbattersi di due uomini egualmente alteri, despoti e fegatosi, la cui lotta personale si è riversata e risentita dal paese, che ha pagato cautamente pretese non sempre esatte e giuste”. “Nel 1873 l’ing. Mastellone vinse il concorso indetto dal Comune, progettando dare a 166 Maddaloni l’acqua della sorgente Revullo, non molto lontana da Valle di Maddaloni, e quella di altra sorgente avente origine da “Dommano”. Abbandonatasi l’idea della conduttura, per di un primo giudizio, definito con transazione del 31 luglio 1885. Il medesimo ingegnere, richiesto dal Comune nel 1892, propose di convogliare la sorgente di Monte Gastone, in quel di S. Agata dei Goti, elle quali cinque denominavansi Viparelli e la sesta Mongillo. Ad essa opinava aggiungere anche la Revullo, ideata nel 1873. Imperbo miraggio faceva il progettista intravedere, dappoichè il Comune avrebbe avuto a disposizione una massa d’acqua superiore ai 6000 m.c. ogni ventiquattr’ore, e quindi non sola rigenerazione sanitaria prospettatasi, ma sviluppo di industrie, miglioramento agricolo con l’irrigazione dei campi, rinsanguamento delle finanze comunali mercè la concessione ad altri Comuni. Però il Genio Civile interruppe bruscamente il sogno utopistico, rilevando vizi intrinseci che rendevano inattuabile il progetto, e valutando al doppio del previsto l’ammontare della costruzione, cioè, in cifra tonda, un milione! Questa doccia gelida fugò le dolci ed auree visioni dei nostri predecessori, e produsse in essi un giusto raffreddamento che offrì pretesto ad un secondo giudizio, che fruttò al Mastellone il pagamento di altre lire cinquantamila”. “Il dissidio tra progettista ed Autorità tecnica, l’ingente costo che, secondo alcuni, specie per il rincaro della mano d’opera e dei materiali deve risalire a circa due milioni, il tempo imprevedibilmente lungo per l’esecuzione, la potabilità relativa e non assoluta delle acque che si convogliassero, la maggiore spesa per renderle assolutamente sanitari, e (quello che è ancora più grave) il dissenamento parziale sopravvenuto alle sorgenti per modo che esse oggi non sarebbero in grado di dare quella quantità che in primo tempo presentatasi, ci autorizzano, anzi ci inducono, a stimare oggi inattuabile e contrario agli interessi vitali del paese, il convogliamento delle acque del Monte Gastone. La conduttura del Serino, poi, non conveniente all’epoca delle trattative, non è oggi possibile ed ottenibile. Per amore di brevità tacciamo dei progetti derisori ed inattuabili, e ci fermiamo solo a quelli redatti dal De Masi, approvati dal Genio Civile, ed a quelle dell’ing. Variale”. Il De Masi nel 1899 prometteva una quantità di m.c. 1500 giornalieri, partendo dal presupposto di una popolazione di 20mila abitanti e non tenendo presento il numero degli animali industriali ed agricoli ( che sorpassano il migliaio) né i pubblici servizi d’inaffiamento, bocche d’incendio, pubblico macello. Oggi il quantitativo previsto per l’aumento della popolazione e di bisogni sarebbe non solo insufficiente ma derisorio. Che dirò poi della riduzione del progetto, che l’Amministrazione del tempo, pur non assumersi la spesa di lire 544.000, infelicemente commise al medesimo ingegnere, riducendosi da un minimo di 200 ad un massimo di 800 m.c. giornalieri ed abolendosi il serbatoio? Il Variale preventivava un quantitativo possibilmente adeguato in 2000 m.c. giornalieri e stabiliva un prezzo convenientissimo di centesimi 12 a m.c. mentre per gli altri sarebbe stato di Cent. 17 a m.c.. Per opportunità ed economia quella del Variale sarebbe stata una conduttura ideale, ma anche essa risentiva di quelle condizioni aleatorie e draconiane imposte dal Comune di Napoli, che consigliavano ogni accorto amministratore a rinunziare a qualsiasi velleità di condutture. Possibile aumento del prezzo per sé stesso già elevato, temporaneità della concessione, obbligo del concessionario alla costruzione di un canale di scarico a beneficio di quello di Napoli, la cui spesa si presentava non inferiore alle lire 61mila; facoltà nel concedente di sospendere l’acqua per lavori all’acquedotto e per diminuzione 167 di portata delle sorgenti; facoltà di riduzione al solo minimo possibile per concessione da darsi ad altri Comuni e simili patti non meno vessatori circa il pagamento del canone e le modalità di esso. Se si aggiunge a tutto ciò che, per la verificata magia alle sorgenti, l’acqua del Serino, nella quantità incanalata è limitatamente bastevole al Comune di Napoli, che ha sentito la necessità di avvalersi di altri mezzi per scopi industriali ed i pubblici servizi, si viene logicamente alla conclusione che la conduttura di tale acqua oggi è assolutamente inconcepibile”. “In epoca non lontana ma indeterminabile, e che, nelle migliori delle ipotesi, non potrebbe essere mai inferiore ad un decennio aumentandosi il volume dell’acqua del Serino, convogliandosi quella gran parte di essa, che oggi va perduta, si potrebbe forse sperare da noi possibilità di concessione e miglioramento di condizioni. Ma è lecito, è umano cullarsi nell’ipotetico sogno e prolungare alla città ritibonda il supplizio di Tantalo? Ed allora occorrerà divergere e provvedere altrimenti. Abbiamo portato il nostro esame anche al condotto Carolino ed al Turano. Avremmo proposto il primo, anche sorpassando sui difetti di infiltrazione ed inquinamento (che oggi, mercè filtri di purificazione e l’ozonizzazione sono completamente eliminati) se non fosse stato preso dalla città di Caserta, la quale non è affatto entusiasta dell’acquisto per la scarsezza del volume e per l’insufficienza, quindi, delle sue esigenze; l’idea, poi, dell’acquedotto del Turano, poi quanto seducente, per la grandiosità e vantaggiosità dell’opera, viene combattuta dall’urgenza dei nostri bisogni. Il Turano, per la sua mole, per le opere d’arte che richiede, per i vantaggi che arrecherà, per la spesa che importerà, potrà, ad opera compiuta, gareggiare con il Sele. Come per questo grandioso acquedotto, occorrerà la direzione di uomini intelligenti, facoltosi, fattivi, occorreranno milioni e milioni; occorreranno buone volontà, disinteresse, abnegazione nei proprietari delle terre espropriante. Ma non bastano riunioni di Sindaci, né voti né indirizzi .Fortunato colui, tra noi, che vedrà compiuto si vasta opera! Lungi però da noi qualsiasi preconcetto di inattuabilità e di non adesione. Associamo anche il nostro voto, per quel poco che passa veloce, a quelli degli altri; aderiamo pure perché l’opera sia tradotta in pratica, ma che la nostra adesione non vincoli il nostro bilancio, né mette le pastoie alla nostra libertà di prelazione e di azione. Eliminate le sorgenti che formarono oggetto di discussioni, e non esistendone altre, siamo di avviso potersi provvedere l’acqua al nostro paese o colla raccolta r distribuzione delle acque piovane rese perfettamente salubri con i moderni ritrovati scientifici, o sfruttando il nostro sottosuolo, domandandogli a buon diritto la salute e la prosperità cittadina. L’idea delle acque piovane non è nuova, né il suo uso è peregrino. Sorse nella mente del più antico progettista, l’ing. Domenico Martirani, fin dal 1868, che prevedeva all’uopo una spesa di circa lire 22mila. Questo divisamento non fu preso in considerazione e venne sepolto nell’oblio. Il sistema del nostro compaesano è attuato oggi da varie città italiane, come Livorno e Genova; ma noi, per ora, non ce ne facciamo propugnatori, perché reputiamo doversi ad esso ricorrere sole quando fatalità voglia che le nostre speranze, che hanno il conforto di prove evidenti e secolari, svaniscono”. “La ricchezza di acqua del nostro sottosuolo, la salubrità di esso non si può da qualsivoglia scettico o dissidente pessimista revocare un dubbio. Anche se non fosse suffragata da considerazioni tecniche, la nostra tesi si avvantaggerebbe della secolare esperienza dei rinvenimenti di acqua a profondità poco rilevante nell’escavazione degli 168 innumerevoli pozzi; profondità che a mano a mano diminuisce a misura che si scende verso il piano. E la presenza di acqua perenne ed in quantità relativamente abbondante, che si offre a dissetare gli abitanti della contrada del Salvatore, e, più giù ancora nella proprietà de Laurentis, non attesta forse la ricchezza del nostro sottosuolo? Ora, se la provvidenza consente di rinvenire in tali contrade, la mercè di pozzi Artesiani o Norton, gran volume di acqua, possiamo esultare a buon diritto gridare: Eureka! Il Problema dell’acqua sarebbe al fine risoluto con numerosi vantaggi e con spesa relativamente minima! La distanza dal centro abitato sarebbe poco più di mille metri, più breve ancora di quel luogo ove gli ingg. Mastellone e De Masi progettarono costruire i serbatoi. Né poi sarebbervi motivo a spaventarsi e disperare qualora per avventura gli scandagli in quei pressi, dessero risultati non molto promettenti e sicuri; giacché scendendo più giù, si rinverrebbe non solo il sufficiente, ma anche l’eccedente. Né dati i progressi dell’elettrotecnica, darebbe motivo a preoccupazione il livello dell’acqua inferiore a quello stabilito per i serbatoi”. “Il primo è indispensabile passo è quello di richiedere l’invio di un ingegnere geologo che studi, saggi e scruti il nostro sottosuolo; al resto si provvederebbe in conformità del parere tecnico. Nessun sistema può garantire i vantaggi che arrecano i pozzi Artesiani. Innanzi tutta l’acqua da essi fornita è idealmente salubre, come abbiamo appreso dall’ill.mo prof. De Giasco, all’uopo interpellato. Non si è tributari di qualsiasi Comune od Ente o Società; un assoluto proprietario delle proprie sorgenti. Non si corre il rischio di magra o di essiccamento; la spesa occorrente è inferiore, e per noi, divenuti proprietari dei piani e piante di distribuzioni; tale spesa sarebbe relativamente molta lieve. Concludendo vi domandiamo: Che onorate le nostre proposte di vostra fiducia, “guiderdone” ambito al lavoro sostenuto; che eleviate voto concorde e solenne al Provveditore del Governo del Re, perché con la sollecitudine che il caso richiede, invii qui, a spese del Ministero dei Lavori Pubblici, un ingegnere geologo con operai, istrumenti e mezzi tecnici, per scrutare il sottosuolo e riferirne e dirigere poi le opere ad eseguirsi per ottenere acqua perenne a sufficienza; che eleviate voto al Ministero dell’Interno ed alla Dipendente Direzione di Sanità, perché facilitano, con tutti i mezzi, quanto innanzi si è chiesto; che eleviate voto al Ministero dei Lavori Pubblici, perchè nel Bilancio della somma messa a disposizione di lui, stanzi a favore del Comune di Maddaloni le somme previste dal progettista per la sistemazione o pavimentazione delle strada Ponte Carolino e delle traverse Feudo, Montano e violetto I° P. Carolino, per la pavimentazione e sistemazione di parte della via Biscio (Bixio) (Piazza S. Pietro) e per gli altri lavori pubblici, di carattere necessario ed urgente occorrenti al detto Comune; che nominiate con ampio mandato di fiducia, una Commissione che, guidata dall’On. Agostino Santamaria (gentilmente esibenti) si rechi una o più volte a Roma per presentare ed illustrare i Vostri voti, eseguire quando in ordine ad essi si richiede e per dare opera costante e diligente perché vengano favorevolmente accolti”. “Nutriamo viva speranza di ottenere vivo interessamento alle nostre condizioni e bastevole concorso pecuniario. Ma se per avventura le nostre speranze emergeranno ardite, se il sussidio risulterà insufficiente, non per questo ci avviliremo ed abbandoneremo l’iniziativa. Con il vostro prezioso concorso aboliremo ogni spesa facoltativa, ridurremo con rimaneggiamenti di voci daziarie e tasse meno effimere e più profane. Ogni sacrificio è benedetto quanto esso è richiesto per dar vita, salute e benessere alla popolazione. Ben fortunati ci reputeremo se piacesse al sommo 169 Iddio concedere l’attuazione dei nostri propositi, della nostra viva e sentita aspirazione”! L’assessore cav. uff. dott. Giovanni Nuzzi prima complimentandosi con l’assessore Brancaccio per la sua relazione sul problema dell’acqua soggiunse che aveva chiesto al Ministero competente un ing. geologo per far ricercare nel sottosolo del territorio di Maddaloni la presenza delle falde acquifere. Il consigliere Finocchiaro intervenendo nella discussione propose che un’apposita Commissione composta dal Sindaco e dagli assessori Nuzzi e Brancaccio e qualche consigliere di recarsi a Roma, a proprie spese, per chiedere che il Ministero inviasse quanto prima il geologo per i sondaggi del terreno. Il Consiglio a voti unanimi deliberò: “ Far plauso all’Assessore avv. Brancaccio per la relazione medesima, approvandone tutte le conclusioni e proposte. Prendere atto delle dichiarazioni dell’Assessore cav. uff. dott. Nuzzi e del consigliere Finocchiaro”. E su proposta del consigliere Antonio Ventriglia approvò che la relazione dell’assessore Brancaccio fosse data alla stampa a spese del Comune. Per far fronte alle spese occorrenti per far eseguire i saggi nel sottosuolo alla ricerca dell’acqua il civico consesso chiese un apposito mutuo pagabile in 35 anni alla Cassa Depositi e Prestiti. L’11 giugno 1923 il Comune mise in discussione l’approvazione del progetto redatto dall’ing. Silvio Biffis che avrebbe prelevato l’acqua potabile dalla falda acquifera esistente nel sottosuolo di Maddaloni a quota m. 35, circa ossia ad una profondità superiore di m. 30 del piano stradale. Acquedotto comunale Il 29 ottobre 1924 il Commissario prefettizio cav. Bernardo de Spagnolis deliberò la continuazione dei lavori, per la costruzione dell’impianto, per la provvista e distribuzione dell’acqua potabile. I nuovi lavori dovevano portare il prezioso liquido nelle condutture delle vie: S. Croce, S. Andrea, Ponte Carolino, S. Margherita, Tifatina, S. Giovanni, S. Alfonso allungandola la fornitura di acqua potabile fino all’abitato di Montedecore. Il 4 luglio 1927 il Podestà cav. Sorvillo fece costruire un abbeveratoio al mercato che era necessario per evitare che si verificasse una diserzione da parte dei commercianti del mercato di bestiame che era considerato uno dei principali mercati della provincia di Caserta e che costituiva una delle maggiori entrate del bilancio. L’opera oltre che per ragioni finanziarie era necessaria anche per motivi di igiene pubblica e comodità in quanto avrebbe dato agio ai numerosissimi frequentatori di potersi dissetare e di poter abbeverare gli animali. 170 Il 21 marzo 1932 il Podestà di allora abolì l’obbligo per gli utenti del civico acquedotto relativo al quantitativo minimo mensile di consumo e nel contempo aumentò il prezzo di vendita dell’acqua per tutti gli utenti da 1 a 2 lire. Fu costretto a adottare questo rincaro perchè “il grave onere che pesava sulla classe dei cittadini meno abbienti dell’obbligo del pagamento del quantitativo minimo mensile di consumo dell’acqua, privilegiava le famiglie abbienti a discapito dei più deboli. L’obbligo imposto alle famiglie più disagiate di pagare un quantitativo d’acqua che in realtà non consumavano e che non riuscivano a consumare, era ingiusto ma anche poco morale, specie,nei riguardi delle famiglie abbienti, per le quali il minimo di mc 8 mensili era sempre inferiore al quantitativo che esse largamente consumavano. L’applicazione dell’obbligo del minimo consumo generava un sensibile disagio della massa degli utenti e un certo malcontento tra quelli più poveri. Inoltre l’abolizione avrebbe fatto diminuire la causa per la quale molti utenti, fra i meno abbienti, facevano istanza per disdire i contratti in vigore di fornitura d’acqua o si lasciavano addirittura togliere l’acqua, per il mancato pagamento; di conseguenza si sarebbe, pure, evitato che la popolazione povera non potendosi servire dell’acqua potabile, si sarebbe servita di quella delle cisterne a scapito della pubblica igiene. Il 20 gennaio 1933 poiché gli abitanti della zona denominata “Macello vecchio”erano costretti ad usare l’acqua dei loro pozzi che non davano alcuna garanzia sotto il profilo della salute pubblica. Il Podestà di allora approvò il progetto presentato dall’ing. Ernesto Penzi relativo all’impianto e alla distribuzione dell’acqua potabile nella suddetta zona. La luce elettrica Alla fine del 1900 oltre il problema dell’acqua quello che assillava di più la città di Maddaloni era quello della pubblica illuminazione che era usava fanali a petrolio. Nel 1892 l’Amministrazione comunale retta dal Sindaco cav. Giuseppe Tammaro volendosi dotare di impianto di illuminazione elettrica approvò il Capitolato d’appalto con il relativo bando di concorso che purtroppo andò deserto. Nel capitolato redatto nello stesso anno fu incluso l’adozione di tre sistemi di produzione di corrente elettrica: idraulico, termico e da corrente presa in affitto dai paesi limitrofi. Con alcune delibere consiliari fu stabilito di bandire una gara d’appalto relativo al servizio elettrico pubblico e privato a licitazione privata mediante avvisi al pubblico. Il 26 marzo 1900 l’Amministrazione comunale approvò la trasformazione della illuminazione pubblica dal sistema a petrolio in energia elettrica. Due anni dopo lo stesso primo cittadino fece redigere il regolamento relativo al servizio di pubblica illuminazione (*) che era gestito in economia direttamente dall’Amministrazione comunale. Il 18 gennaio 1904 a seguito di numerose istanze inviate dagli abitanti della via Maddalena antica il Sindaco Tammaro fece impiantare un fanale per l’illuminazione della detta strada. Il 21 maggio 1905 il Commissario prefettizio cav. avv. Giuseppe Starone prese in esame l’istanza dell’ing. Francesco Ruffolo tendente ad ottenere la concessione d’impianto ed esercizio di condutture elettriche nell’abitato di Maddaloni che prevedeva: Illuminazione e fornitura di forza motrice per poter sollevare l’acqua nei locali e distribuirla al quartiere e al Deposito d’istruzione allievi Guardia di Finanza e al LiceoGinnasio e Convitto “G. Bruno”; fornitura di energia elettrica adibita per illuminazione 171 pubblica e privata e per usi industriali. Il Commissario “intuendo le dannose conseguenze che sarebbero derivate all’abitato ed all’Amministrazione comunale perché il progetto prevedeva di investire le strade e le piazze del paese da una fitta rete di conduttori che oltre che poteva procurare un grave pericolo per la popolazione ingombrava e diminuiva lo spazio delle vie a danno del traffico veicolare”. Il cav. Starone desideroso di dare la luce elettrica al paese visitò i mulini ed il pastificio del Balducci ai Ponti della Valle che erano alimentati dall’acqua del canale Carolino. Visto che con questo sistema si poteva avere la luce elettrica stipulò una trattativa per l’appalto del servizio dell’illuminazione con Balducci che accettò. Il 19 luglio 1905 l’Amministrazione comunale accettò l’offerta di Giovanni Balducci relativa al servizio della pubblica e privata illuminazione cittadina rigettando nel contempo quella prodotta dall’ing. Ruffolo. Nel mese di ottobre il Balducci chiese al Comune di acquistare il fabbricato comunale sito in via 1° Ottobre per poterlo adibire ad uso uffici usandolo anche come deposito di materiale elettrico e stazione trasformatrice per l’illuminazione pubblica e privata al Comune di Maddaloni. Un anno dopo il Sindaco cav. dr. Alfonso Raffone fece estendere oltre alla piazza e al corso 1° Ottobre l’illuminazione elettrica ad arco nelle vie principali della città: Corso Campano (attuale via Roma), Via Ponte Carolino, Via Trivio S. Giovanni, S. Martino (attuale via Nino Bixio), Via Tifatina, S. Croce, Cappuccini e Via S. Andrea. Il 26 ottobre 1908 per poter eseguire alcune modifiche alla centrale elettrica dei Ponti della Valle la ditta Balducci inviò un’istanza al Comune per poter ottenere la concessione di ridurre a metà l’illuminazione pubblica. Il 21 aprile 1909 a causa dell’insufficienza del servizio elettrico nella borgata di Montedecore il Sindaco riferì che gli abitanti con insistenza avevano chiesto di aumentare il numero dei fanali portandoli da 4 a 12. Per cercare di venire incontro ai richiedenti la Giunta comunale chiese alla ditta Balducci di approntare un progetto per poter illuminare anche la borgata in questione. Nel dicembre dello stesso anno l’Amministrazione comunale istituì il posto d’ispettore addetto al servizio dell’illuminazione elettrica con il relativo regolamento (*). Il 9 maggio dell’anno dopo il Consiglio comunale su proposta della Giunta approvò l’istanza dell’ing. Mario Borghi amministratore della Società elettrica della Campania relativa alla costruzione di una cabina nelle vicinanze della strada comunale che portava alla stazione di Maddaloni Inferiore. Il 29 novembre 1911 a seguito di vari incontri avuti con l’avv. comunale cav. Filippo Festa e con l’ing. comm. Mario Borghi amministratore delegato della Società elettrica della Campania il Sindaco cav. Raffone riferì che si erano stabilite le condizioni per il riconoscimento del passaggio dell’illuminazione pubblica e privata di Maddaloni dalla ditta Balducci alla Società elettrica della Campania, atto stipulato con il relativo contratto (*). Il Consiglio comunale approvò all’unanimità l’operato del Sindaco. Il 9 dicembre 1913 nella nostra città si verificò un grande avvenimento storico: fu inaugurato l’impianto della luce elettrica. L’avvenimento fu sancito con una giornata di festa e con un rinfresco offerto nell’atrio del palazzo comunale illuminato a giorno. L’8 febbraio del 1915 i consiglieri 172 Ignazio Assumma e Pasquale Fossataro fecero rilevare al Sindaco dr. Alfonso Raffone che avevano riscontrato gravi inconvenienti del servizio dell’illuminazione elettrica specialmente nelle ore serali. Il Fossataro chiese al riguardo di sospendere il pagamento del canone all’Impresa Campania perché non aveva tenuto fede alle norme stabilite nel contratto. L’assessore delegato al servizio avv. Vincenzo Tammaro di contro ribadì che già al riguardo era stata richiamata la Società elettrica affinché assicurasse il corretto funzionamento del servizio in base al contratto stipulato. Nel caso contrario l’Amministrazione comunale avvalendosi di tutti i mezzi consentiti dalla legge di adire la Società che già aveva ricevuto parecchi verbali di contravvenzioni. La Società da parte sua rispose che i disservizi furono causati dalla riduzione della portata dell’acqua che alimentava l’officina idroelettrica dei Ponti della Valle che produceva energia per la rete elettrica. Tenuto conto di quanto affermato la Ditta l’assessore propose di nominare un ingegnere elettronico affinché studiasse le cause che avevano causati i suddetti inconvenienti e desse i relativi suggerimenti per eliminarli. Il Consiglio all’unanimità approvò la proposta dell’assessore. Il 3 agosto 1921 il consigliere avv. Arturo Vitelli fece rilevare che il tratto di strada che andava dal viottolo dirimpetto alla chiesa di Montevergine fiancheggiando il muro della proprietà Cerreto aveva bisogno di un impianto elettrico. All’uopo chiese che lo stesso impianto doveva essere attuato non oltre il termine di tre mesi. Il Consiglio comunale riservandosi di contattare la società elettrica della Campania accettò la proposta del Vitelli.. Il 17 giugno 1933 per poter dotare di una pubblica illuminazione provvisoria l’ex convento delle Domenicane ove erano dislocate le Camice nere della 141° Legione il Podestà cav. Sorvillo incaricò la ditta Forgillo di effettuare i relativi lavori. La stessa ditta nel 1935 realizzò l’impianto elettrico per l’accampamento della contrada Pintime dove era sistemato momentaneamente il 5 Battaglione mitraglieri della 3° Divisione Camice nere 1° febbraio. 173 Capitolo diciottesimo Progetto della condotta d’acqua dell’ing. cav. Pasquale Mastellone Nell’aprile del 1893 l’ing. Pasquale Mastellone presentò al Consiglio comunale il progetto relativo alla costruzione di un acquedotto per la città di Maddaloni: “Ill.mo sig. Sindaco della città di Maddaloni il progetto di condotta d’acque potabili per codesta città che ho l’onore di presentare alla S.V. è stato informato a tutti quei criteri e richieste, che nelle numerose riunioni da codesta Giunta tenute col mio intervento, mi sono state manifestate. Desse possonsi riassumere come segue: 1° Convogliare quanta più acqua e possibile, affinché sia piuttosto esuberante che deficiente ai bisogni del paese. 2° Che mentre sia curata per quanto è possibile l’economia, pure non si ottenga questa a detrimento della buona riuscita dell’opera, della sua durata e del buon esercizio di essa. 3° Che le acque, sia curata in modo la conduttura, che arrivino il più fresche possibili alla città. 4° Che le opere siano progettate in modo ed eseguite, che facile riesca all’Amministrazione esercitare la Condotta con la minima spesa e cura la massima facilità e sicurezza, poiché per una piccola azienda non è utile aver bisogno di molto personale tecnico e di grandi apparecchi. 5° Che l’acqua si raccolga dopo condottata in un serbatoio di distribuzione che sia della maggiore capacità possibile, e tale che concorra a raffreddare l’acqua e nona riscaldarla. 6° Che l’acqua sia distribuita nella città fra i confini indicati, in modo da animare 40 pubblici fontanili, due fontane ornamentali, e tutte le abitazioni esistenti in essa; ed oltre a ciò sia provveduto di acque potabili il Macello, il Camposanto, il Lazzaretto e la borgata di Montedecore. L’opera progettata, mi sembra che risponda agli indicati criteri e richieste; ne riassumo qui i principali caratteri e modalità. Si convogliano tutte le acque delle sei sorgive esistenti a piè del Monte Gastone a Sant’Agata dei Goti. Si progetta pure di convogliare la sorgiva esistente in Contrada Revullo di proprietà De Blasio, una volta De Curtis. Il Condotto è stato progettato ad acqua libera e non forzata, della lunghezza del casotto di presa alle sorgenti al casotto di arrivo alla città in km. 14,287; è stato progettato a sezione trafficabile in tutta la sua lunghezza, posto sempre a molta profondità nel suolo, affinché l’acqua non si riscaldi, anzi possa raffreddarsi, al qual fatto concorre molto la lunghezza dei tronchi in cui l’acquedotto passa in traforo nel tufo e nel calcare e che riuniti arrivano a 4 chilometri; vi concorre pure l’aver dato al canale lieve pendenza, sezione ampia e ventilata, e i serbatoi di raccolta progettati nel tufo a Sant’Agata dei Goti. Con la pendenza lieve l’acqua staziona nell’acquedotto per lungo tempo, ed acquista la temperatura dell’ambiente. Il serbatoio di distribuzione è stato progettato a traforo nel Monte ad un’altezza che può soddisfare a tutti i bisogni della città. L’acqua nel passare dall’acquedotto al serbatoio di distribuzione offre una caduta di m. 30 di altezza, capace di un’energia in media di 37 cavalli-dinamo di valore, che in qualunque modo si vorrà utilizzare rappresenta un reddito annuo importantissimo, che 174 rinfranca per buona parte la spesa dell’acquedotto che si va a fare. L’acqua nella città è distribuita con sifoni di tubi in ghisa che alimentano come detto i fontanili, le fontane e tutte le abitazioni. E con questa enumerazione di ciò che otterrà l’Amministrazione dall’opera progettata in compenso della somma che deve spendere, finisco per chiedere venia alla S. V. ed agl’Illustrissimi Amministratori del Comune, se il mio lavoro non ha corrisposto ai desideri, valgami ad ottenerla se non altro il lungo studio ed il grande amore. Ingegnere Pasquale Mastellone” L’ing. Mastellone prevedeva di convogliare le acque di sei sorgive: cinque di proprietà Viparelli ed una di Giovanni Mongillo), e un’altra della sorgiva De Blasi in contrada Revullo site ai piedi del Monte Castone in tenimento di S. Agata dei Goti che erano capaci di dare 8.985 m.c. di acqua al giorno. Il costo complessivo dell’opera fu preventivato in 532.971 lire cosi ripartite: - Esproprio delle sorgive £. 27.000; occupazione dei terreni 21.000; movimenti di terra 105.000; opere murarie e d’arte 289.500 e distribuzione nella città 90.471. Le sorgive anche nei periodi di magra dovevano assicurare l’acqua necessaria alla città di Maddaloni che fu stimata di 4189 m.c. al giorni cosi ripartita: - Popolazione al 31 dicembre 1892 21.637 – litri al giorno 60 – tot. 1298, 220; cavalli da nolo e di lusso 537 – 75 – tot. 40,275; asini 560 – 20 – tot. 11,200; Muli 311 – 30 – tot. 9,430; Buoi e vacche 234 – 30 – tot. 7,020; Pecore 425 – 2 – tot. 0, 850; Capre 270 – 2 – tot. 0,540; Maiali 280 – 14 – tot. 3,920; Animali bovini che accedono al mercato con una dimora media di 1 giorno 800 riportare 456 – Abbeveratoio per animali 30 – 13,680; Vetture a 2 e 4 ruote da nolo e private 150 e stabilimenti industriali per fabbriche di cuoio e di altra natura 70 – 10,500; Fontane ornamentali 2 – tot. 516; Inaffiamento di vie m.q. 20000 – 1 e mezzo – 30; Inaffiamento o irrigazione dei giardini compresi nella città m.q. 200000 – 1 e mezzo – 300; Bocche d’incendio 20 – 110 – tot. 220; per 40 fontanini parte a getto perenne e parte a getto intermittente a mezzo litro a 1 ciascuno – 40 – 1 e mezzo – 1728. Le acque delle sorgive affluivano a Maddaloni ad est attraverso la vallata chiusa tra il monte Longano e monte Calvarino ad ovest dal monte Calvo e monte San Michele. La sezione della condotta doveva essere fatta a grandezza d’uomo in modo da poter essere attraversata facilmente per effettuare le operazioni di spurgo ed eventuali riparazioni. L’acquedotto sarebbe arrivato al casotto situato sul ciglio della Cava Sivo. Le acque per caduta potevano far funzionare o uno stabilimento industriale o produrre energia elettrica per l’illuminazione pubblica. Dal casotto situato a metri 100,05 sul livello del mare l’acqua poi passava al serbatoio di distribuzione. Le quote delle case più alte di Maddaloni erano: Villino Finocchiaro al Belvedere m. 88,233; Villino Sivo m. 88,210; Chiesa di S. Benedetto (rampa) m. 96,726; Villino Santamaria a S. Benedetto m. 10.6,890; Casa Romeo al Sambuco m. 102,770; Casa 175 Romano a S. Margherita m. 96,100; Casa Michele Vigliotti al Grado m. 93,177. Le case in costruzione di Santamaria e Romeo non potevano ricevere l’acqua perché si trovavano ad una quota superiore a quella del serbatoio di distribuzione. Per rifornirsi di acqua i suddetti proprietari dovevano prelevarla il primo presso la chiesa di S. Benedetto dove era stato progettato un fontanino e il secondo al Sambuco. Il serbatoio aveva la capacità d’acqua della durata di due giorni per l’esigenza idrica della città. L’acqua era distribuita nei vari luoghi della città attraverso sifoni che erano dislocati: Il 1° dal casotto di arrivo alla via Provinciale; 2° da serbatoio a San Giovanni; 3° dal serbatoio alla via Sambuco; 4° in via S. Giovanni; 5° da S. Giovanni a S. Margherita; 6° in via Regina Margherita; 7° in via S. Margherita; 8° tratto del corso Carolino dal Trivio ai Mulini; 9° dai Mulini al Grado; 10° dai Mulini al Camposanto; 11° dal Camposanto al Lazzaretto; 12° dal Lazzaretto a Montedecore; 13° dal Trivio alla Starza; 14° dal corso Carolino e dal Trivio a S. Sofia; 15° dal corso Carolino alla Stazione; 16° dalle ultime case al Macello; 17° dal corso Carolino alla Starza; 18° dalla Stazione alla Starza; 19° dalla Stazione per la via Montella; 20° da via S. Giovanni per S. Martino a S. Pietro alla piazza Unione; 21° per la via Sambuco; 22° per la via S. Antonio; 23° per la via Concezione; 24° per la via S. Pietro e Mercato; 25° per il corso 1° Ottobre e piazza; 26° per via S. Andrea; 27° per corso Campano; 28° per via Cittadella alla Madonna di Loreto; 29° per via Campolongo; 30° fra le piazze Unione e Santa Croce; 31° da Santa Croce ai Cappuccini; 32° per via Corpo di Cristo a Santa Croce; 33° dal Corpo di cristo alla Maddalena; 34° per via Troiano a S. Benedetto; 35° per via Pignatari a Belvedere; 36° per via Tifatina; 37° per I^ tratto via Troiano e 38° per via Cave ed Altura. L’Amministrazione comunale dando l’incarico all’ing. Mastellone intese servirsi dell’acqua per i seguenti scopi: Alimentazione dei 40 fontanini per uso della popolazione più povera che non aveva la possibilità di pagare il consumo dell’acqua; alimentazione delle due fontane ornamentali: una in piazza S. Sofia le cui acque di rifiuto dovevano alimentare il lavatoio pubblico di via Montella mentre l’altra in piazza dell’Unione alimentava il lavatoio di via Campolongo; Inaffiamento della piazza dell’Unione, corso Umberto, piazza S. Sofia e via Ferrovia; Fontanino pubblico Alimentazione delle bocche d’incendio; distribuzione per uso domestico ai privati nei vari punti della città: Estremo corso Campano, Belvedere, San Benedetto, San Giovanni, Santa Margherita, salita del Grado, camposanto, villa Palladino alla Starza, dalla Starza alla via Montano, Stazione ferroviaria Maddaloni Inferiore, macello, cappella di Loreto, villa Delli Paoli a Campolongo; distribuita ai privati per uso di irrigazione dei giardini e delle campagne; distribuzione alla borgata di Montedecore. I 40 fontanini dovevano essere dislocati: Alla stazione della Ferrovia Napoli-Roma; angolo via Cittadella sul corso Campano; piazza del Cappuccini; piazza del Tiglio; incrocio tra via S. Benedetto e via Belvedere; incrocio tra via S. Benedetto e via Troiano; - chiesa di S. Benedetto; incrocio tra via Alturi e via Troiano; piazza Santa Croce; angolo palazzo Iorio con viella del Bene; chiesa del SS. Corpo di Cristo; piazza antico Mercato delle vaccine; piazza d’Armi (due fontanini); via Bixio; piazza S. Pietro; piazza S. Antonio; 176 Starza su via Montano; Starza al palazzo ducale; corso Carolino al Trivio; corso Carolino a Santa Margherita; corso Carolino all’Orologio; vecchia chiesa S. Alfonso ai Mulini; sul Grado; sui vicoli Formali; via Santa Margherita; chiesa S. Margherita; - nei vicoli della strada S. Margherita; via Fabio Massimo; via Sambuco angolo e estremo palazzo Stravino (2 fontanini); via S. Antonio Abate angolo palazzo Martirano; chiesa S. Giovanni; chiesa S. Martino; vicolo Santella (attuale via Costanza); Macello; Montedecore (2 fontanini); Lazzaretto. I 30 fontanini erano a getto intermittente cioè che non erogavano l’acqua se non si calcava il bottone che apre il flusso di erogazione invece 10 erano a getto continuo. I fontanini addossati al muro erano di metallo mentre quelli a colonna era fatti per una parte in metallo e l’altra in travertino. Nella piazza d’Armi dove si svolgeva il mercato settimanale erano progettati dei fontanini a getto continuo ed a intermittenza con vasche per abbeverare gli animali. Inoltre i fontanini erano dislocati in modo tale che le acque di rifiuto potevano essere utilizzate per l’irrigazione dei giardini. Delle due fontane ornamentali: una doveva essere ubicata nella piazza dell’Unione e un’altra in piazza S. Sofia. Le acque di rifiuto delle dette fontane sarebbero state utilizzate per alimentare i lavatoi pubblici di cui uno doveva essere costruito nella via Montella animato dalla fontana di S. Sofia e l’altro nella via Campolongo animato da quella della piazza dell’Unione. Non avendo la città di Maddaloni né scarichi regolari per le acque piovane né corsi d’acqua il cav. Mastellone prima di iniziare gli eventuali lavori consigliò il Comune di risolvere prima il suddetto problema. Nella parte occidentale del paese le acque piovane venivano scaricate nei fondi privati della conga di Montevergine e Campolongo dove erano assorbite dal suolo e quelle della parte meridionale si versavano nella fogna ubicata presso la stazione ferroviari di Napoli-Roma che poi ristagnando si versavano nei fondi limitrofi. Invece le acque della parte Orientale venivano scaricate lungo due vie di campagna denominate i “Valloni”. Il Consiglio comunale approvando il progetto Mastellone fece includere anche la costruzione di nuovi condotti fognari per convogliare le acque di rifiuto fuori dell’abitato. Il 29 maggio 1893 il Consiglio comunale costituito dal Sindaco cav. Giuseppe Tammaro, dal segretario Domenico Romano e dai consiglieri: Gabriele Iorio, Filippo Iorio, Gennaro Delli Paoli, Vincenzo Raffone, Luigi De Sivo, Nicola Stravino, Francesco Rocco, Giuseppe Romeo, Paolo Del Bene, Nicola Delle Cave, Felice Quintavalle, Tommaso Del Monaco, Francesco Barbato, Francesco Iulio, Michele Bove, Domenico Tammaro, Antonio De Sivo, Giuseppe Barletta, Giovanni Brancaccio e Antonio De Simone con l’assenza di Aniello Raffone, cav. Rossi Pasquale, Nicola Della Peruta, Achille Del Monaco, Gavino Ardolino, Giuseppe Iorio, cav. Vincenzo Iadaresta, Francesco Lombardi, Giuseppe Lombardi approvò in seconda lettura il progetto del cav. Mastellone per la costruzione dell’acquedotto e per l’incanalamento delle acque di rifiuto della Città. 177 Capitolo diciannovesimo Case popolari- Casa del Fanciullo Case popolari Il 19 ottobre 1946 fu costituito l’Istituto autonomo case popolari. L’assessore cav. notaio Girolamo De Laurentis riferì: “che i Comuni avevano la facoltà di far costruire direttamente le case popolari finanziandone con mutui da contrarre con la Cassa Depositi e Prestiti a norma degli articoli 5 e 7 del Testo Unico legge per le Case popolari approvato con Real Decreto novembre 1919. In base allo stesso decreto le Amministrazioni comunali potevano costituire appositi istituti autonomi per la costruzione delle case conferendo ad essi in tutto o in parte i capitali già assegnati per le case popolari. Gli istituti dovevano essere riconosciuti con decreto del Capo dello Stato su proposta del Ministro dell’Industrie. Per ragioni sociali, igieniche e economiche l’Amministrazione comunale poteva benissimo far fronte al problema finanziario assegnandone la gestione ad un istituto nominato e controllato dal Comune. Il Sindaco avv. Luigi Brancaccio sentiti i vari interventi ritenne opportuno chiarire che la fondazione dell’Istituto autonomo della case popolari non vietava alla costituente Società cooperativa sorta tra reduci e combattenti di poter costruire ed acquistare case popolari come chiaramente sanciva l’art. 7 del T.U. il Sindaco inoltre fece presente che la Cooperativa era costituita da muratori, falegnami, e fabbri e altri artigiani che davano affidamento sia per la conoscenza della loro arte che per la loro onestà. Il Consiglio comunale all’unanimità approvò la proposta dell’assessore riservandosi la facoltà di far compilare il relativo statuto e la scelta delle aree da adibire per la costruzione delle case. L’anno dopo il Consiglio scelse come area edificabile delle case la zona urbana compresa tra via Starza, la Nazionale Appia e via Montano. L’8 novembre 1948 furono presi Case popolari provvedimenti per la costruzione di case e relativo voto all’Ina-casa. La Giunta comunale “Considerato che a seguito delle distruzioni belliche il Comune aveva subito perdite e danneggiamenti di case in misura circa del 10%. Constatato che l’incremento della popolazione era circa del 2,90%; che notevole era il numero degli sfollati e di quelli rimasti senza tetto provenienti da Napoli e da altri centri viciniori durante il periodo bellico; che il numero degli sfollati era consistente e avevano trovato sistemazione quasi definitiva occupando quasi tutti gli edifici comunale disponibili e gran parte della caserma Bixio la cui concessione era oggetto di revoca dal parte delle Autorità militari. Considerato che per attenuare la sproporzione tra i vani disponibili ed i bisognosi della popolazione occorrevano almeno 1.200 vani di nuova costruzione e che di tale imperiosa necessità l’Amministrazione si dovette rendere conto fin dall’anno 1946 allorché con deliberazione 14 dicembre il Consiglio comunale procedette alla costituzione 178 dell’Istituto autonomo delle Case popolari il cui corso ultimamente aveva subito la restrizione imposta dalle Superiori autorità centrali”. “Considerato che per il primo anno di applicazione del piano Fanfani era opportuno contenere le richieste nei limiti dello stretto indispensabile. Considerato che nel Comune privo di risorse industriali e povero di quelle commerciali vi erano attualmente oltre duemila disoccupati su 28mila abitanti circa. Considerato che nel Comune che non disponeva di suolo proprio si propose di espropriarlo nelle vicinanze dello scalo ferroviario del Centro cittadino precisamente sulla via che menava a Napoli ove poteva ottenersi un’estensione di suolo, sufficiente al fabbisogno costruttivo indicato di 1.200 vani al prezzo attualmente corrente dalle lire 1.000 a lire 1.200 il mq.”. La Giunta municipale assunti a se i poteri del Consiglio comunale a voti unanimi deliberò di chiedere all’Ina-Casa la costruzione di 1.200 vani facendo voti che la relativa fabbrica avesse inizio al più presto sia per soddisfare le esigenze impellenti della popolazione che per portare un sollievo al problema della disoccupazione. Il 7 febbraio 1949 fu fatto al Comune una richiesta di costruzione alloggi per lavoratori (piano Fanfani). Il Consiglio comunale presieduto dal gen. cav. Domenico Renga “visto la precedente deliberazione n. 321 adottata nella seduta del 8 gennaio 1948 tenuto presente che il piano Fanfani relativo all’incremento dell’occupazione operaia nella costruzione di case per lavoratori di cui alla legge 20/2/1949 n. 43 entrata in vigore. Considerato che nel Comune l’incremento della popolazione era del 2,90%; le famiglie degli operai e degli impiegati rappresentavano il 20% dell’intera popolazione; la massima parte delle famiglie operaie ed impiegatizie era malamente alloggiata ed una parte di essa era accampata in edifici comunali (scuole) o di altri enti (ex caserma Bixio, ecc.). Visto che esisteva una forte sproporzione fra i vani disponibili e la necessità locativa della popolazione con particolare riguardo alla popolazione operaia e impiegatizia. Visto che occorreva senza frapporre altri ritardi andare incontro alle suddette necessità locativa con la costruzione di nuovi vani avvantaggiandosi della provvidenza del piano Fanfani per il quale erano in atto le ritenute sui salari degli operai e sugli stipendi degli impiegati. Visto che la zona che si presentava adatta per lo sviluppo delle dette costruzioni era la porzione a fronte del mercato della lunghezza di m. 48 e della profondità di m.6 facente parte della maggiore estensione di fondo riportato nel Catasto urbano di Maddaloni al foglio 9, particella 946/A”. “Tenuto presente altresì che detta zona di mq. 288 poteva essere integrata con una parte del suolo del Mercato di proprietà comunale. Considerato che il bilancio comunale poteva affrontare la spesa per l’acquisto del detto suolo o con bonario accordo e con la procedura di rigore. Considerato che lo stesso bilancio poteva far fronte alle spese per fognature, servizi ed acquedotto, illuminazione strade il cui importo attesa l’ubicazione della zona ed i servizi già esistenti era di modesto ammontare. Considerato infine che una volta ottenuta l’inserzione nel piano dell’INA-Casa, approvato dal Ministero competente, delle nuove costruzioni tutti gli uffici municipali avevano possibilità di fiancheggiare l’opera dell’Amministrazione nelle diverse fasi amministrative, finanziarie e tecniche ed in particolare l’Ufficio tecnico integrato con la prestazione professionale di un architetto e con le attrezzature necessarie per far fronte a tutti gli apprestamenti concernenti la progettazione, direzione, assistenza e contabilità sotto le norme del disciplinario che 179 avrebbe fissato l’INA-Casa”. Deliberò: Chiedere all’INA-Casa presso il Ministero del Lavoro e della Provvidenza Sociale l’inserzione nel prossimo piano della costruzione di n. 150 vani per operai ed impiegati; prendere impegno di cedere all’INA-Casa a t titolo gratuito mq 600 di terreno cosi come prescritto nelle premesse della presente deliberazione; obbligarsi fin d’ora a costruire con fondi del bilancio comunale le fognature, la rete dell’acquedotto e quella dell’illuminazione; chiedere all’INA-Casa che fosse attribuita al Comune la funzione di stazione appaltatrice e dirigente dei lavori; dare ampio mandato al Sindaco ed all’assessore ai Lavori pubblici per ogni ulteriore apprestamento e procedura”. Il 24 ottobre 1949 fu deliberato la concessione del suolo e l’assicurazione dei servizi per le case popolati con la relativa garanzia. Il Presidente cav. Renga fece rilevare che al Comune di Maddaloni oltre all’assegnazione di lire 90.000.0000 dell’INA-Casa per la costruzione di case per impiegati ed operai erano stati destinati lire 38.000.000 dall’Istituto autonomo per le Case popolari di Caserta di cui era Presidente l’avv. Angelo Grauso. La costruzione della case popolari oltre a dare un tetto ai più bisognosi avrebbe dato lavoro a tanti disoccupati maddalonesi. Il cav. Renga inoltre riferì che l’Istituto avrebbe proceduto alla costruzione di case con il patto che dopo si sarebbe arrivato alla loro vendita. Il Comune oltre a fornire gratuitamente il suolo occorrente ed assicurare i servizi di fognatura, illuminazione, stradali e idrici doveva assumersi l’impegno di contrarre con la Cassa Depositi e Prestiti il mutuo dell’importo dei lavori. Il pagamento dello stesso doveva essere garantito con la riscossione della sovrimposta fondiaria ed in caso di insufficienza l’operazione doveva essere effettuata con le Imposte comunali. Inoltre il Sindaco fece rilevare che dopo vari sopralluogo sul territorio la scelta del suolo era ricaduta sulla zona denominata “Starza”che era già munita di una strada comunale con marciapiedi, da condutture di acqua potabile e da un elettrodotto la cui spesa non sarebbe stata molto onerosa. Con la costruzione della case popolari nasceva il primo nucleo abitativo di un rione (attuale Starza). All’unanimità il Consiglio comunale deliberò quanto proposto dal Sindaco. Il 9 febbraio 1950 furono presi i provvedimenti per apprestare il suolo per la costruzione di case popolari. Il Sindaco gen. Renga iniziò la seduta affermando che la Direzione Edilizia Statale e Sovvenzione del Ministero dei Lavori Pubblici avevano comunicato che in applicazione della legge 2 luglio 1949 ed in relazione alle richieste di sovvenzioni avanzate dal Comune il Ministero era disposto ad esaminare la possibilità di assegnare all’Amministrazione comunale un contributo in misura costante del 4% per 35 anni sulla spesa di lire 20.000.000 da destinare al “programma costruttivo” della città. Il civico consesso doveva provvedere con propri mezzi o con mutui da richiedere alla costruzione di abitazioni e doveva presentare entro 90 giorni dalla data di comunicazione al Genio Civile gli atti relativi al progetto con la dichiarazione di un Istituto di credito che avrebbe concesso il mutuo occorrente. Nel frattempo erano in corso pratiche con la Cassa DD. e PP. e con il Banco di Napoli per la concessione del mutuo di venti milioni specificando il suolo doveva essere costruito il fabbricato. Aggiunse inoltre che egli in qualità di Presidente, per economia di tempo, aveva incaricato l’ing. Luigi Giaquinto dell’Istituto provinciale delle Case popolari di redigere il relativo progetto. In merito alla scelta del suolo si indicava la zona del Mercato e precisamente una striscia di giardino di proprietà Assunta Renga ed il resto del mercato stesso. Il consigliere Palmieri si fece portavoce del risentimento di alcuni ingegneri 180 locali per l’incarico assegnato ad un tecnico forestiero non ritenendo giusto l’operato del Sindaco. In merito al suolo fece anche rilevare che il Comune già possedeva una zona di terreno in Via Starza su cui dovevano sorgere le case popolari dell’INA-Casa e dell’Istituto provinciale delle Case popolari. Sarebbe più giusto stato costruire anche le case in oggetto nella stessa zona evitandosi cosi la spesa del suolo. Il consigliere Grauso si associò in linea di massima a quanto detto dal Palmieri ritenendo opportuno che tutte le case popolari fossero raggruppate in un solo posto alla proposta aderì pure il consigliere Iorio. Dopo questi interventi il Presidente Renga confermò la sua precedente proposta di far sorgere il fabbricato sull’area del Mercato ritenendo utile per il Comune che poteva meglio sfruttare i terranei da adibirsi a negozi ed a servizi pubblici. Il Consiglio comunale approvò la proposta del Sindaco con voti 14 favorevoli e 4 contrari. Il 10 giugno 1950 fu accettata la convenzione per il conferimento al Comune dell’incarico d’Ente appaltatore per la costruzione alloggi INA-Casa. Il Presidente gen. Renga per regolarizzare i rapporti tra l’Ina-Casa e l’Ente comunale comunicò che “l’Ente in questione aveva trasmesso lo scheda di convenzione al Comune che è stata poi approvata dal Consiglio comunale. Nello stesso anno furono presi provvedimenti per l’area di edificazione della gestione INA-Casa secondo anno. L’assessore ai Lavori Pubblici riferì che la Gestione INA-Casa con lettera del 15/6/1950 aveva notificato l’assegnazione a favore del Comune di lire 51.000.000 per il piano del 2° anno (1950-51). In seguito con lettera del 22 detto mese aveva chiesto l’invio entro 15 giorni delle prime pratiche e cioè la proposta dell’area con relativi allegati. Poiché già esisteva una deliberazione che fissava l’area Monumento ai Caduti l’Ufficio comunale aveva risposto con nota del 4 riservandosi l’invio di altri documenti fra cui la deliberazione circa il titolo di cessione dell’area alla Gestione predetta con le dichiarazioni prescritte. Riferì altresì che il Consiglio doveva decidere l’acquisto ed il titolo di cessione dell’area all’INA-Casa che com’era noto per il primo del 1° anno (1949-50) era stato gratuito. L’area proposta era quella risultante dal disegno che l’assessore stesso fece esaminare ai singoli consiglieri aggiungendo che le dimensioni erano obbligate dalla condizione espressamente dettata dalla gestione INA-Casa che tra un fabbricato e l’altro doveva esservi una distanza di una volta e mezzo l’altezza. Circa la spesa si aggirava sulle lire 700.000 che allo stato delle cose sembrava troppo onerosa per il Comune onde a differenza dell’area per le costruzioni del 1° anno, offerta gratuitamente, quella per le costruzioni del 2° anno doveva purtroppo essere ceduta a titolo oneroso gravandola sulla somma di lire 51.000.000 assegnate. Il consigliere Palmieri chiese di evitare possibilmente l’occupazione del terreno del Mendicomio unico patrimonio dell’Istituto benefico. L’assessore Grauso fece osservare che esisteva già un piano di massimo per la costruzione degli edifici. A questo punto si accese una discussione cui parteciparono anche i consiglieri Tammaro, Palmieri, Grauso e 181 Iorio circa la opportunità o meno di costruire in altro posto le case in parola”. Dopo l’ampia discussione il Presidente propose di indicare alla Gestione INA-Casa la zona per le nuove costruzioni ricadente tutta nella proprietà Goglia di cedere l’area a titolo oneroso e di far le dichiarazioni richieste dalla suddetta gestione. Il Consiglio inteso l’esposizione dell’assessore ai LL.PP. e tenuta presente le discussioni svoltasi deliberò: “Indicare l’area di mq. 3.330 segnata nella pianta dell’Ufficio tecnico comunale ed appartenente agli eredi Goglia su cui dovevano essere progettati ed indi costruiti gli alloggi; cedere alla Gestione l’area stessa a titolo oneroso facendo ricadere la relativa spesa sulla somma segnata di lire 51.000.000; impegnandosi a provvedere a spese del Comune alla sistemazione della strade entro la fine delle costruzioni e dotare le case dei servizi pubblici mancanti”. Il Presidente dichiarò inoltre che l’area non era soggetta a vincoli di natura paesaggistica, monumentale ed archeologica. Casa del Fanciullo Il 9 ottobre 1947 il Reverendo Don D’Angelo Salvatore fece istanza per l’autorizzazione ad occupare parte dell’ex caserma Bixio per fini espressamente educativi. La Giunta municipale presieduta dal Sindaco avv. Luigi cav. Brancaccio vista l’istanza del 13 settembre 1947 con cui il rev. Don Salvatore D’Angelo, presidente della sottosezione interprovinciale della Pontificia Commissione di assistenza si rivolgeva all’Amministrazione comunale per aver appoggio morale e materiale con relativo parere favorevole per la cessione dell’ala vanvitelliana dell’ex caserma Bixio dove poter istituire un centro per l’educazione dei fanciulli della strada. “Considerato che il nobile proposito del rev. D’Angelo di trasformazione in una istituzione permanente la colonia continua per l’assistenza di cento bambini accolti durante l’estate meritava l’incondizionato plauso dell’Amministrazione municipale che si 182 riservava di venire incontro alle necessità dell’istituendo collegio con i mezzi finanziari consentiti dalla situazione economica”. “Osservato che dei cento bambini da assistere in modo permanente, una metà poteva essere ammessa all’educandato con il pagamento di una quota molto modesta da parte delle famiglie interessate e l’altra metà veniva ricoverata con l’esenzione di qualsiasi pagamento e quindi con l’onere completo di mantenimento a carico dell’ente”. “Vista la recente comunicazione del Ministro dell’Interno che dava facoltà al Comune di utilizzare i locali dell’ex caserma Bixio per alloggio dei senza tetti e sinistrati previa autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. “Constatato che della vastissima caserma Bixio dopo l’alloggio delle cennate categorie di persone restavano ancora disponibili molti altri locali che potevano, senza inconvenienti, assegnarsi alla nascente istituzione”. La Giunta municipale deliberò: “rivolgere un voto di plauso al rev. Don Salvatore D’Angelo per l’opera “indefessa” che aveva “spiegato” a favore dei bambini della strada e per il proposito di accogliere gli stessi in un istituto permanente di educazione; rivolgere all’On. Presidente del Consiglio dei Ministri viva premura perché si compiacesse autorizzare l’Amministrazione a concedere a beneficio dell’istituendo collegio per i bambini l’ala vanvitelliana della caserma Bixio come risultava dalla pianta che si allegava alla deliberazione consiliare”. Il 29 novembre 1947 l’Amministrazione comunale assegnò un contributo a favore della Casa del Fanciullo. La Giunta comunale “visto che gli utili del mercato riscossi da mediatori erano stati destinati fino allora a favore della Commissione dei festeggiamenti del Santo Patrono e metà a favore dei reduci per assistenza e simili; visto che la direzione della Casa del fanciullo di recente istituzione aveva indetto una sottoscrizione per raccogliere fondi per il funzionamento dell’istituto rivolgendo anche al Comune una richiesta di contributo; considerato che allo stato delle cose il Comune si trovava nella impossibilità di corrispondere somme con prelevamento dalla cassa comunale; ritenuto che si poteva concorrere alla benefica opera devolvendo parte degli utili destinati ai festeggiamenti del Santo Patrono precisamente quelli ricadenti nel periodo 1° novembre 1947 al 30 aprile 1948”. La Giunta a voti unanimi deliberò il contributo alla Casa del fanciullo. Nell’anno successivo la stessa approvò un contributo di 20.000 lire allo stesso istituto. Il 15 luglio 1948 l’assessore Palmieri propose di dare gratuitamente la fornitura della luce e dell’acqua alla Casa del fanciullo. La Giunta comunale intesa la proposta del Palmieri rilevato che per delicatezza essendo l’Amministrazione consiliare dimissionaria la rinviò all’esame dalla nuova amministrazione. Il 29 dicembre 1949 fu deciso di dare dal nuovo Consiglio un contributo alla Casa del Fanciullo. Il Presidente cav. generale Ala vanvitelliana– Casa del Fanciullo Domenico Renga riferì: “Come è a tutti noto, all’inizio del periodo della ricostruzione materiale e morale della Nazione, anche in questo 183 Comune, per iniziativa del giovane sacerdote Don Salvatore D’Angelo, sorse un ricovero per fanciulli, che in quanto orfani o appartenenti a famiglie bisognose, vivevano in uno stato di abbandono sotto il profilo morale e educativo oltre che materiale. Il giovane sacerdote, con amore di Apostolo, dedicando tutte le sue energie alla nobile istituzione, che chiamò “Casa del Fanciullo” e attingendo alle più varie fonti i mezzi occorrenti ha bonificata buona parte del ceto povero della città, raccogliendo quasi 200 fanciulli, a cui viene fornito tutto quanto è necessario alla vita dei piccoli alimentazione, istruzione, vestiario, alloggio, ecc. da renderli modelli di disciplina e di educazione e riscuotendo l’ammirazione di quanti conoscono la vita dei ricoverati. Con l’autorizzazione del Comune, a sua volta autorizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Casa del fanciullo occupa fin dalla istituzione tutta l’ala vanvitelliana dell’ex caserma Bixio. La detta caserma è ora passata all’Amministrazione militare, i cui rappresentanti apprezzando i risultati conseguiti della nobile opera del sac. D’Angelo, hanno plaudito ed hanno promesso ogni interessamento, perché la benefica istituzione continui, indisturbata, ad usare tutti i locali dell’ala vanvitelliana. Alla vita della Casa del Fanciullo, concorrono la Pontificia Commissione di Assistenza, parecchie famiglie cittadine ed il Comune. Il Comune concorre con la fornitura dell’acqua potabile e dell’illuminazione elettrica, contributo molto modesto quello del Comune, quando si pensa che la Casa del Fanciullo, ricovera gratuitamente oltre cento ragazzi di Maddaloni – gli altri sono forestieri – onde si ravvisa la necessità di regolare in maniera adeguata il cennato contributo, che potrebbe essere costituito della fornitura gratuita dell’energia elettrica: kw 8 giornalieri per l’illuminazione e kw 20 per forza motrice, rimanendo a carico dell’Istituto la spesa del consumo eccedente, dell’acqua potabile e di una somma in danaro di lire 150.000 annue, pagabili a rate bimestrali, oltre beninteso l’appoggio morale, che tutti debbono dare e specie il Comune, perché la benefica opera si sviluppi maggiormente. Il Comune, non vi è dubbio, fiancheggerà l’opera di apostolo di carità cristiana, intrapresa dal Sac. D’Angelo e principalmente dovrà attivarsi perché i locali restino a disposizione della Casa del Fanciullo tanto più che i ragazzi incominciano ad apprendere alcuni mestieri: falegnameria, tipografia, ecc. di cui l’Istituzione già dispone l’attrezzatura, oltre l’insegnamento elementare di cui esistono regolari scuole”. Il Presidente propose che la Giunta consacrassi in questo deliberato quanto egli aveva esposto perché restasse a garanzia dell’impegno doveroso del Comune di contribuire al funzionamento e sviluppo della filantropica istituzione. La Giunta intesa quanto il Presidente aveva riferito ed aderendo alla iniziativa di rivedere e definire la maniera e la misura del contributo morale e materiale del Comune alla Casa del Fanciullo a voti unanimi deliberò: “Approvare la proposta del Sindaco di contribuire al funzionamento della Casa del Fanciullo come detto sopra; impegnare la stessa Giunta a fiancheggiare l’opera filantropica del Sac. D’Angelo al quale il Comune prometteva anche un appassionato interessamento morale perché l’istituto fiorisse conseguendo sempre migliori risultati a beneficio di bisognosi e con la formazione di buoni cittadini”. 184 Capitolo ventesimo Il colera Il colera del 1910 14 novembre 1910 l’assessore delegato dr. Raffaele Rienzo su autorizzazione del Sindaco dr. Alfonso Raffone lesse la sua relazione sulla recente epidemia colerica che si era sviluppata a Maddaloni: “Onorevoli Colleghi dopo la triste pagina di dolore scritta dal nostro paese con la recente epidemia colerica ora che la triste parentesi è stata chiusa per sempre e la Sanità pubblica ristabilita mi è grado rilevare in questo momento come nulla è stato tralasciato da parte dell’Autorità e dai cittadini per arrestare il morbo nel suo corso fatale. E io credo di leggervi nel cuore che dato il momento ed il pericolo eccezionale corso dalla nostra Città non si possa meglio inaugurare i nostri lavori autunnali ricordando alla pubblica Amministrazione tutti coloro che nella recente calamità si sono resi veramente benemeriti della pubblica salute. Per prima cosa bisogna ricordare il Capo della Provincia il quale si recò personalmente nel nostro Comune dandoci consigli e aiuti e chiese l’intervento del Governo centrale e l’Amministrazione comunale che dal Sindaco al consigliere, dall’impiegato al salariato, a tutti dipendenti del Comune è stata tutta una gara continua e mirabile di attività e di sacrificio che ha rappresentato la prova più bella del civismo più evoluto e progressivo. Debbo invece ricordare l’opera inaudita, spontanea efficacissima del nostro rappresentante politico On. Avv. Agostino Santamaria il quale al primo apparire del morbo è corso in mezzo a noi senza badare ai disagi e pericoli di contagio si mise a disposizione dell’Amministrazione e dell’intero paese visitando le zone infette della Città, le case dei colpiti ed il Lazzaretto elargendo ovunque conforto e sussidi per i più bisognosi. Degno del maggior encomio è il Corpo sanitario locale retto dall’instancabile Ufficiale sanitario dr. Vincenzo Borgia, corpo sanitario che ha dato l’esempio più luminoso di abnegazione in tutte le ore, in tutti i momenti di giorno e di notte dimostrando ancora una volta che all’avanguardia di ogni progresso civile ci sono sempre i medici. I veri eroi della lotta anticolerica sono stati i due medici relegati laggiù nel Lazzaretto: il direttore dr. Benedetto Quintavalle e il dr. Filippo Renga un distinto giovane esordiente che ha avuto il battesimo del fuoco iniziando nel modo più onorifico e brillante la sua carriera scientifica con gli auspici di un radioso avvenire”. “Ricordo ancora il Corpo sanitario militare diretto dal cap. Ciauri e la Croce Rossa che collaborarono con noi per arrestare il dilagarsi del morbo. Nella luttuosa circostanza anche il Clero della nostra Città ha risposto prontamente all’appello ovunque veniva richiesta la sua opera rivelandosi come sempre all’altezza della sua nobile e santa missione. Al Lazzaretto fu distaccato un Cappellano fisso nella persona del dr. Giuseppe Renga. Anche mons. Cosenza Capo illustre della nostra diocesi è venuto a visitare due volte il nostro Lazzaretto per portare oltre la sua dolce parola sussidi per quei poveri infelici colpiti da morbo. In ultimo chiedo che tutte le Autorità militari, civili ed ecclesiali siano dovutamente ringraziati dal Consiglio comunale”. Visto che l’epidemia era stata debellata l’assessore propose al Consiglio comunale di chiedere a S. E. On prof. Luigi Luzzatti Presidente del Consiglio dei Ministri l’immunità del nostro Comune e di votare il seguente O.d.G.: “Considerato che le condizioni sanitarie di Maddaloni sono di ben otto giorni migliorate al segno di potersi ritenere il Comune completamente immune da qualsiasi epidemia e specie della infezione colerica. 185 Considerato che si rende indispensabile la dichiarazione di immunità del Comune soprattutto perché essendo Maddaloni un centro importante specie sotto il rapporto del commercio e delle industrie che se perdurava la dichiarazione di zona infetta ne avrebbe risentito principalmente il loro incremento e sviluppo. Esprimendosi perciò seduta stante uno speciale voto al Governo del re perché per le sue esposte ragioni si dichiari subito immune il Comune di Maddaloni dall’epidemia colerica adottandosi il trattamento già usato ad altre città come a Napoli”. Il Consiglio comunale all’unanimità approvò la proposta dell’assessore Rienzo. 14 novembre 1910 su parere dell’Ufficiale sanitario dr. Vincenzo Borgia l’assessore dr. Rienzo delegato all’Ufficio d’igiene e Sanità pubblica lesse una seconda relazione sull’epidemia colerica: “On. Colleghi dopo una lotta titanica sostenuta e vinta in nome dell’umanità e della scienza contro la recente epidemia colerica che ha seminato la morte in tante famiglie del nostro Comune spetta a me l’onore come delegato alla Pubblica igiene d’informare il Consiglio comunale di quanto si è fatto per combattere il morbo ferale. Iniziato in una forma rapida e fulminea che avrebbe assunto proporzioni molto vaste se non si fosse intervenuto subito e con provvedimenti adeguati e risoluti. Nella mia ultima relazione lasciai qualche lacuna involontaria che oggi S. Michele - patrono della città di Maddaloni può essere colmata perché il nostro Ufficiale sanitario Dottor Vincenzo Borgia ha presentato Sindaco una pregevole relazione sull’epidemia colerica che riproduce fedelmente quel periodo turbinoso attraversato dal nostro paese. Ho letto la relazione e l’ho ponderata: è un lavoro minuto, esatto, sobrio, coscienzioso, onesto, intelligente e scrupoloso che senza giro di parole e tentennamenti descriva tutto il suo operato. E’ la storia particolareggiante di un momento doloroso percorso dal nostro paese raccontata con forma piana e semplice senza fronzoli e retorica ma che ha tutta la sua classica importanza perché non è la statistica nuda e cruda di quanto è successo con l’enunciazione di quanto hanno fatto le Autorità per debellare il morbo, ma è una pagina intera della nostra vita paesana di due o tre mesi completamento sospesa con i suoi palpiti, le sue ansie, le sue emozioni e i suoi timori ed anche i suoi pregiudizi sotto il nerbo di una grave iattura. Per i doveri inerenti alla mia carica sento l’obbligo più d’ogni altro di esternare pubblicamente all’ottimo funzionario il mio alto 186 compiacimento sicuro che sarà condiviso indubbiamente da quanti siamo qui raccolti. Ad illuminare il Consiglio di quanto fatto dalla nostra Amministrazione comunale nella luttuosa circostanza credo opportuno innanzitutto dividere tutta l’epoca nefasta in due grandi periodi: uno che precede l’epidemia che io chiamerò “Periodo preemidemico o preventivo” e un altro proprio della epidemia “Periodo epidemico”. “Il primo periodo preventivo iniziò nel mese di agosto quando le voci di colera di paesi a noi vicini specie di Napoli ci arrivavano più insistenti inducendoci cosi a premunirci contro una possibile invasione del morbo data la loro vicinanza e la comunanza di rapporti quotidiani dei nostri cittadini con Napoli. Dietro il parere dell’Ufficiale sanitario come primo passo l’Amministrazione decise di intensificare la vigilanza igienica del suolo e dell’abitato. A tale uopo si migliorò lo spazzamento aumentandone il personale che oltre a tenere le vie pulite nel miglior modo possibile servì anche a fare sgombrare i vicoli dei Formali e della Pintime delle materie ingombranti che potevano essere fonte d’infezione. Si aumentarono le visite dei cortili e si ottenne che pur data la vasta estensione del paese e la natura eminentemente agricola della sua popolazione si riuscì in grandissima parte a sradicare annose e secolari abitudini incivili e pericolose intervenendo anche con l’imperio della legge. Si intensificò la vigilanza sanitaria sulle derrate alimentari si intensificò la vigilanza sanitaria con continue e ininterrotte ispezioni ai pubblici esercizi. Furono fatte ordinanze per la pulizia dei pozzi, delle cisterne e dei pozzi neri nonché per l’immediato trasporto fuori dell’abitato degli animali domestici, capre, maiali. Fu vietata la vendita del pesce in genere, del baccalà, dei fichi, dei cocomeri e fu impedita l’introduzione dei capelli, dei mobili usati. Per meglio controllare l’igiene pubblica e privata il territorio comunale fu diviso in 6 zone ciascuna affidata ad una speciale Commissione detta di “Vigilanza” composta ognuna di uno o più consiglieri, di alcuni giovani volenterosi della Croce Bianca offertesi spontaneamente e di un Agente comunale. Ogni Commissione aveva il compito di visitare la propria zona palmo per palmo riferendo poi in apposita relazione gli sconci rivenuti ed i punti dove bisognava provvedere con urgenza. In seguito ai rapporti delle Commissioni l’Ufficiale sanitario non mancò di metter in atto quanto consigliato e suggerito da queste. “Il 19 agosto 1910 il Sindaco Raffone ricevette un telegramma dal Sindaco di Trani in cui lo metteva in allarme essendosi verificato un caso di colera ad un commerciante di vino presso il quale si rifornivano alcuni cittadini maddalonesi. Incaricò subito l’Ufficiale sanitario di effettuare la vigilanza sanitaria allo scalo ferroviario di Maddaloni Superiore per i viaggiatori e il dottor Antonio Pugliese veterinario comunale per le bestie provenienti dai luoghi infetti. Per tutta la campagna colerica medici condotti intensificarono la vigilanza sanitaria in ambo gli scali ferroviari di Maddaloni Inferiore e Superiore visitando e disinfettando i viaggiatori e i loro effetti. Si istituirono alla stretta dipendenza dell’Ufficiale sanitario delle squadre per disinfettare le vie e le fogne della città con abbondanti lavaggi di latte di calce ed acido fenico a “Cresofenal” della Ditta Libretti e Dozza di Novara. Per evitare la diffusione del morbo l’Amministrazione comunale fece isolare e curare nel Lazzaretto che lo dotò degli strumenti necessari e di personale medico e infermieristico. La nuova organizzazione del Lazzaretto ci ha procurato l’encomio solenne dell’Ill.mo prof. Ungano medico provinciale di Caserta e di tutte le Autorità scientifiche che vennero per ragioni d’ufficio a visitarlo. Con l’allestimento del Lazzaretto si chiuse il primo periodo preventivo”. 187 “Dal 22 settembre al 7 novembre 1910 si ebbe il secondo periodo epidemico. La sera del 22 settembre un’abitante di Miano presso Napoli dove si erano avverati alcuni casi di colera si trasferì nella nostra città presso una sua parente abitante in via Altomari. L’Ufficiale sanitario e il medico condotto dr. Alfredo Vico visitandola la dichiararono affetta da colera immediatamente la fecero ricoverare al Lazzaretto. La casa dove era stata ospite fu subito disinfettata e chiusa e abbondantemente furono disinfettate tutte le case adiacenti. In seguito a questo primo caso la direzione del Lazzaretto fu affidata al medico della borgata dottor Benedetto Quintavalle coadiuvato da un servizio di 7 suore della Carità, da un custode, da 4 infermieri, un servizio di guardie campestri per la polizia locale che in seguito fu anche disimpegnato dai Reali carabinieri, un servizio di lavanderia con 3 lavandaie e da un servizio di disinfezione fornito dalla Prefettura di Napoli con personale ad hoc. La Prefettura subito inviò nella nostra città il prof. Ungaro che fece subito mettere in moto tutti i mezzi necessari per arrestare o limitare il morbo sul suo nascere. Il 25 settembre si ebbe il primo caso indigeno di colera in via Ponte Carolino presso i Mulini e nella notte dal 25 al 26 fu colpita una zingarella che andava chiedendo l’elemosina nei vari vicoli dei Formali. Il 28 settembre si ebbe il primo decesso seguito dopo pochi giorni da un altro. L’8 ottobre furono denunziati 5 casi di cui 4 decessi seguiti da morte; il 9 cinque casi con quattro decessi; il 12 5 casi con 3 decessi; il 13 4 casi con 2 decessi, il14 4 casi con 2 decessi; il giorno 15 6 casi con 3 decessi; i 16 1 caso seguito da morte; il 17 2 casi con 1 decesso; il 18 3 casi con2 decessi; il 19 1 caso; il 21 2 casi con un decesso; il 22 1 caso; il 23 1 caso; il 24 1 caso; il 25 1 caso con decesso; il 27 1 caso; il 29 2 casi con due decessi; il 2 novembre 1 caso con decesso; il 6 novembre 1 caso con decesso. Riepilogando al 6 novembre si ebbero 59 casi con 33 decessi di cui 7 trovati morti nelle loro case, 26 morti su altrettanti usciti guariti dal Lazzaretto che si può dire si ebbero il 50% di guarigioni.”. “I medici addetti al Lazzaretto erano il direttore dr. Benedetto Quintavalle medico pratico, provetto e coscienzioso era già noto per le passate battaglie combattute e vinte e l’altro il dr. Filippo Renga un distintissimo giovane esordiente. Escludendo il caso importatoci da Miano che non ebbe alcun seguito quale sarà stata la causa vera del colera a Maddaloni? Una causa apprezzabile si potrebbe presumibilmente riscontrare nel contatto avuto per diversi giorni da Massaie che si recano al lavatoio pubblico una persona di S. Antimo con la famiglia di via Ponte Carolino per ragione di commercio che morì di colera appena rientrata al proprio paese. Un’altra causa apprezzabile poteva essere che la suddetta famiglia avrebbe ricettata dei sacchi vecchi venuti dal Cerignola nel colmo del colera che non furono sottoposti a disinfezione. La ragione poi perché l’infezione si limitò ad una sola 188 zona della Città e propriamente a quella lunga la linea del Formale si deve ricercare nella causa derivante dall’uso dell’acqua del Formale dalla popolazione fu inquinata da una donna del Rione che a scopo di lucro lavò la biancheria di individui morti di colera nel Formale. Gli abitanti del luogo quindi bevendo la detta acqua furono senza dubbio infettati. Sviluppatosi l’infezione in un modo abbastanza violento incombeva all’Amministrazione l’obbligo di limitarla quanto più possibile ed evitarne la diffusione in altre zone della Città. Cosi si adottò il sistema che i colpiti venissero subito trasportati al Lazzaretto ed i restanti membri delle loro famiglie isolati in un locale appartato dello stesso per cui l’Amministrazione comunale fu costretta ad acquisire altri due locali in prossimità della struttura sanitaria per alloggiare gli isolati ed i convalescenti. I due nuovi locali furono puliti e disinfettati e recintati con reti metalliche di palafitte e quello adibito ad infermeria fu completamente isolato dagli altri locali di convalescenza e di isolamento tramite chiusura con reti metalliche mentre alle finestre furono applicati fitte reti moschiere. Inoltre per l’isolamento delle famiglie dei colpiti su intervento dell’On. Santamaria il Ministero degli Interni inviò due grosse tende ognuna capace di 18 letti e 4 dello stesso tipo ciascuna capace di 6 posti letti”. “Il 12 ottobre il Prefetto di Caserta inviò il capitano medico dr. Rosolino Ciauri come Commissario tecnico prefettizio che aveva alla sua dipendenza il tenente medico della Croce Rossa dr. Luisi, il sottotenente medico dr. Ingravalle ed il sottotenente medico della Croce Rossa dr. Rocchi e 22 militi della Croce Rossa. Dopo aver espressa la sua sincera ammirazione per il modo esemplare come procedevano i molteplici servizi sanitari il Ciauri suggerì al direttore del Lazzaretto di farsi coadiuvare dal giovane Renga e che all’Ufficiale sanitario fosse affidato la direzione del servizio sanitario facendosi aiutare nelle sue molteplici mansioni da un turno di servizio fatto da altri medici di giorno e di notte. Bisogna ricordare che tutti i medici, niuno escluso, dal primo insorgere del male avevano già risposto all’appello dell’Amministrazione comunale e fra di essi il dr. Michele Correra si offerse volontariamente prima di tutti durante il periodo preventivo. Con orgoglio posso dire il Corpo sanitario maddalonese diretto dall’Ufficiale sanitario dr. Borgia è stato degno del maggiore encomio dando prova della maggiore attività ed abnegazione trovandosi sempre pronto in tutte le ore là al posto di combattimento. Da questo proposito debbo protestare con tutte le forze dell’animo mio e respingere sdegnosamente la vigliacca ed insulsa insinuazione che si è voluto fare contro il nostro rispettabile Corpo sanitario dicendo che i medici di Maddaloni si fossero rifiutati nell’ora del pericolo e che perciò l’Amministrazione comunale fosse stata costretta a requisire medici da fuori a 30 lire al giorno ognuno. I medici di Maddaloni per chi mal sappia o mostri di ignorarlo per nobiltà di sentire e per altezza di carattere ed anche “modestia a parte” per capacità non sono secondi a nessuno e nella luttuosa circostanza tutti indistintamente diedero dato prova del maggiore sacrificio e del più forte coraggio riscuotendo dovunque plauso generale dall’intera cittadinanza. “Il 15 ottobre il Prefetto della provincia comm. Carnevali insieme ai professori Ungano e Satta della Direzione di Sanità venne a Maddaloni per assicurarsi “de visu” del modo come procedevano i servizi. Visitò la zona infetta nonché il condotto del Carmignano che con la sua acqua inquinata aveva seminato tanti morti. Il Prefetto approvò l’operato dell’Amministrazione comunale di aver chiuso il condotto del Formale e promise di interessarsi vivamente perché l’acqua del Serino già richiesta dal Comune non fosse mai 189 mancata giornalmente alla popolazione specie nella zona infetta. Il giorno 7 ottobre con l’avvenuta concessione dell’acqua del Serino incominciò la distribuzione gratuita che durò fino al 15 dicembre. La distribuzione avveniva mediante botti cariche d’acqua miracolosa trasportata su carri che si fermavano nelle piazze e nei punti fissati dall’Amministrazione comunale. Il maggior quantitativo dell’acqua era dato agli abitanti della zona infetta. Per facilitare la distribuzione dell’acqua i seguenti cittadini si offrirono spontaneamente: Giuseppe Cortese fu Giovanni mise a disposizione un numero considerevole di botti nuove per il trasporto dell’acqua del Serino dallo scalo ferroviario al centro della città invece Luigi Cielo fu Pietro e Clemente Barletta fu Gianbattista diedero le loro pompe per far travasare l’acqua dai serbatoi dei carri ferroviari alle botti. Per la distribuzione dell’acqua nei diversi punti della Città e per il mantenimento dell’ordine pubblico il Tenente Colonnello della Real Guardia di Finanza cav. Silvestri mise a disposizione 100 guardie di finanza di cui alcuni furono destinati allo scalo ferroviario inferiore per servizio di pubblica sicurezza all’arrivo dei treni”. “Su parere dell’Ufficiale sanitario e del Commissario prefettizio l’Amministrazione comunale per evitare la diffusione del morbo emanò alcune ordinanze sanitarie: la chiusura anticipata delle osterie e delle cantine, la proibizione della vendita della verdura, la disinfezione dei pozzi neri e delle abitazioni e l’imbiancamento di tutti i vani terranei. Per venire incontro i cittadini l’Amministrazione comunale fornì gratuitamente una grandissima quantità di calce all’intera popolazione. Nel momento della nostra disgrazia e del nostro dolore l’Autorità politica non ci ha fatto mancare il suo massimo confronto ed il più valido appoggio. Nel periodo dell’epidemia non sono mancate le solite voci dei malevoli che erano arrivati ad insinuato che qualche nostro sacerdote non avrebbe prestato soccorso nelle case dei colpiti. Tutto questo era solo malignità. L’Arciprete canonico Don Salvatore Marotta correva ovunque c’era bisogno della sua opera invece don Giuseppe Renga esplicò la funzione di cappellano presso il Lazzaretto per tutto il periodo del morbo. Anche le Suore della Carità esercitando l’assistenza agli infermi con sacrificio ed abnegazione. Inoltre due agenti comunali si sono distinti nell’espletamento dei loro compiti: il Comandante delle Guardie municipali urbane Leonardo Romeo che nel pieno esercizio delle sue funzioni fu attaccato di colera in forma gravissima scampando miracolosamente e il vigile sanitario Domenico Cerreto che diede anche lui prova di coraggio, di abnegazione e di sacrifici. Né si deve dimenticare l’opera prestata dal Corpo delle Guardie municipali campestri dirette dal solerte sottocapo Giovanni Piscitelli. Fin dall’inizio del morbo si cominciò col rinforzare l’unità daziaria per intensificare la vigilanza sanitaria e impedire alle persone affetti o sospetti d’introdursi in paese per le vie 190 rotabili eludendo cosi la sorveglianza sanitaria degli scali ferroviari. Furono intensificati il servizio di piantonamento alle case dei colpiti; il servizio di pulizia al Lazzaretto e il servizio di mantenimento dell’ordine pubblico per la distribuzione dell’acqua del Serino. Infine l’assessore propose che il Sindaco con l’intero Consiglio di conferire un encomio e scrivere nel libro d’oro il nome del dr. Vincenzo Borgia ufficiale sanitario del Comune di Maddaloni”. Nella stessa data la Giunta propose di compensare con una speciale rimunerazione l’opera del personale che prestò servizio in quei giorni tristi: “Dr. Borgia Vincenzo (Ufficiale sanitario 800 lire, dr Quintavalle Benedetto (medico condotto incaricato della direzione del Lazzaretto 800, dr.Vico Alfredo (medico condotto) 300, dr. Iorio Gabriele (idem) 300, dr. Pugliese Antonio (veterinario comunale) 200, Cerreto Domenico (vigile sanitario) 200, Romeo Leonardo (Capo guardie municipali) 200, Vairo Felice (addetto alla direzione di diverse squadre per il servizio di disinfezione) 200, Renga Sac. Giuseppe (cappellano al Lazzaretto) 100. Personale della segreteria: Alfonso avv. Lerro (Segretario capo) 200, Francesco Della Monica (Vice-segretario) 150 e gli impiegati cav. Leonardo Boschi 120, Paolo Muoio 120; Giacomo Lerro 120, Tito Patrelli 120, Francesco Bove 120, Leonardo Vitale, 120, Francesco Calzolaio 120, Vincenzo Lombardi 120, Domenico Rossi 120, Giuseppe Rienzo 120 e Ettore Apperti 120. Uscieri, messi e portieri municipali: Francesco Della Ventura 60, Angelo Guerrieri 60, Antonio Galasso 60, Raffaele Roberti 60, Pasquale Romeo 60 e Felice Ginolfi 60. Guardie municipali urbane: Salvatore D’Ambrosio 60, Antonio Pipiciello 60, Raffaele Bernardo 60, Saverio Ricciardi 60 e Domenico Bruno 60. Guardie campestri effettive: Giovanni Piscitelli (sottocapo) 200, Giuseppe Rivetti 100, Vincenzo De Nicola 100, Antonio Arciero 100, Alfonso Vinciguerra 100, Antonio Centore 100, Antonio Savinelli 100, Luigi De Francesco 100, Antonio D’Angelo 100, Vincenzo Stravino 100, Luigi De Rosa 100, Domenico Carozza 100, Antonio Bove 100, Luigi Monteforte 100, Luigi Rivetti 100, Silvestro Nuzzo 100, Raffaele Eliseo 100, Raffaele Savinelli 100, Antonio De Lucia 100, Antonio Spallieri 100. Guardie campestri di riserva ( alla ragione di lire tre al giorno tenuto conto che dovettero abbandonare per due mesi ogni loro privato lavoro che costituiva l’unica fonte di lucro ebbero lire 180 ciascuna): Luciano Ventrone, Francesco Esposito De Lucia, Salvatore De Rosa, Giuseppe Cortese, Pasquale Di Benedetto, Antonio Schioppa, Pietro Antonio e Antonio De Rosa. Becchini del Cimitero: Nicola Pisanti 40, Tommaso Iorio 40, Antonio Iorio 40, Salvatore Maccarone 40, Antonio Rodriques (Vice custode del cimitero) 50. I medici del Corpo sanitario locale che furono premiati con medaglie d’oro erano: Assuma Ignazio, Nicola Correra, Andrea Delli Paolo, Filippo Renga, Domenico Letizia, Clemente Barletta, Filippo Iorio, Nicola Iulio, Vincenzo Borgia (Ufficiale san.), Alfredo Vico, Benedetto Quintavalle e Gabriele Iorio. Il personale sanitario, i volontari della Croce Bianca e le suore di Carità furono premiati con una medaglia d’argento. Per essere rimasto 45 giorni al Lazzaretto il dr. Filippo Renga oltre alla medaglia gli fu dato il compenso 450 lire. La medaglia d’oro da un lato aveva inciso lo stemma del Comune e la scritta: “il Municipio di Maddaloni” e dall’altro lato: “Al Dottore………..benemerito della pubblica salute. Colera 1910”. Invece le medaglie d’argento avendo la grandezza di un doppio soldo portavano inciso da un lato: Ai benemeriti della pubblica salute. Colera 1910” e dall’altro il Comune di Maddaloni con lo stemma. La spesa complessiva pagata per tutto il personale sopra elencato ammontò a dì lire 11.680. 191 Il 21 gennaio 1911 per far fronte alle ingenti spese per la profilassi anticolerica l’Amministrazione comunale chiese un mutuo alla Cassa Depositi e Prestiti. Il Presidente dr. Raffone riferì che le spese sostenute dal Comune in occasione della recente epidemia colerica ammontavano a circa 37mila lire pagate in parte con le 12.500 lire elargite dal Governo. Restavano quindi da pagare le altre spese cosi suddivise: per calce 2221 lire; trasporto di disinfettante, distribuzione di acqua del Serino e spese per la stampa, corrispondenza e per piccoli servizi 2892,95; trasporto colerosi, fornitura di casse funebri e per gli operai del Lazzaretto 857,50; indennizzi di danni, concessionari di alloggi e vitto 795,75; arredamenti ed il funzionamento del Lazzaretto ed uffici Sanitari (lavori per la riattazione del locale, viveri, ecc 9830,75; nolo di vetture e biciclette per la Croce Bianca 1463,75, mercede ad operai adibiti alla disinfezione delle vie 3803,05; rimunerazione al personale sanitario ed amministrativo che prestò servizio straordinario durante l’epidemia colerico 11.680,00; oggetti di casermaggio fornito dal Comando della Legione della Real Guardia di Finanza 1316,00; - indennità ai proprietari dei locali in prossimità del Lazzaretto e ceduti durante l’epidemia per uso del Lazzaretto stesso per cui finora non è stato ancora liquidato il compenso dovuto. Per un totale di 34.860,25 lire. Il Consiglio comunale all’unanimità deliberò: “Autorizza la Giunta a contrarre il mutuo che resta altresì incaricata di stabilire le modalità anche in ordine della restituzione della somma che si andrà a prendere in prestito. Prega il Sindaco di espletare quelle ulteriori pratiche che crederà necessarie presso il Real Governo per ottenere qualche altro aiuto a titolo di concorso nelle ingenti spese di sopra menzionate”. Il colera del 1911 Il 30 novembre 1911 Il Sindaco dr. Alfonso Raffone lesse la relazione dell’Ufficiale sanitario dr. Vincenzo Borgia relativa all’epidemia colerica che colpì per la seconda volta la città di Maddaloni: “Ill.mo signor Sindaco nel chiudere la mia relazione dell’epidemia colerica dell’anno passato auguravo fervidamente che il nostro paese venisse risparmiato da una novella sciagura. Tutto faceva bene sperare della salute dei nostri concittadini giacché mentre da un lato all’altro dell’Italia serpeggiava l’infezione colerica e buona parte della nostra provincia veniva colpita dallo stesso morbo a cominciare dalla vicina città di Caserta, S. Maria C. V., Aversa ed altre limitrofe, Maddaloni che nel 1910 era sulla bocca di tutti italiani e stranieri facendo si che i nostri naturali venissero espulsi come tanti lebbrosi dai luoghi in cui forse l’infezione era ignorata. Maddaloni ripeto restava immune, allorquando nelle ore pomeridiane del 18 giugno venivo reclamato per accorrere in via Fabio Massimo presso una famiglia del luogo che un suo familiare presentava sintomi di colera asiatico. La mia parola di allarme venne accolta con sgomento e differenza ancora una volta la forma colerica che si ripresentava molto più grave, più violenta e più micidiale! Come sia pervenuta a noi l’infezione e un punto interrogativo. Senza tema di errare ritengo che l’infezione ci venne importata dalla località dei cosi detti “Mazzoni” che si trova sul limite della nostra provincia e che fu il centro di propagazione della stessa a mezzo di contadini e commercianti di paglia di sedie che per rifornirsi di fieno e di paglia furono costretti a fermarsi per alcuni giorni. Infatti i primi colpiti furono proprio coloro che di là tornarono ed il morbo ferale perciò si “sparpagliò” per tutta Maddaloni. Mentre nell’anno decorso fu colpita una sola via cioè quella del corso 192 del Formale; quest’anno nel nostro paese non ci è rimasta una strada libera o per meglio dire un angolo solo senza opera funestata dalla terribile malattia. Come nel 1910 il vibrione colerogeno prese il suo massimo sviluppo in una zona popolata e popolosa di contadini e da gente “foresa” seminando la morte e lo spavento fra gli abitanti del rione che va da via Troiano a via Pignatari incolti e poco curanti di regole igieniche e profilattiche. Oltre al centro di Maddaloni abbiamo avuti anche tre casi nella fazione di S. Marco Evangelista e 5 nella borgata di Montedecore. Furono colpiti 154 persone e morirono 108. Nel Lazzaretto morirono circa 60 persone mentre 48 furono trovati morti e guarirono circa 46”. “Riepilogando l’epidemia colerica ebbe inizio nel 18 giugno e terminò nel 31 agosto: i colpiti di colera furono 154 di cui 146 di Maddaloni centro, 3 a S. Marco Evangelista e 5 a Montedecore. Si adottò lo stesso sistema imposto dalla legge sanitaria nella precedente epidemia: di trasportare subito gli infermi al Lazzaretto nel momento stesso cioè in cui l’ufficio aveva certezza di un nuovo caso. Per riuscire nell’intento si ricorse ai confidenti. Dei 154 solo 113 vennero ricoverati al Lazzaretto giacché 41 furono trovati morti nelle proprie abitazioni senza aver avuto né conforti né aiuto di persone tecniche per i soliti “spauracchi”, per le solite insinuazione case e triviali e per i soliti mestatori poco amanti del bene dei cittadini. Vennero accertati batterioscopicamente con l’esame delle feci 87 casi positivi.. Nel recinto del Lazzaretto furono ricoverati nei locali di contumacia 237 familiari dei colpiti dei quali 33 furono riconosciuti bacilliferi. Fra i contumaci poi si svilupparono 70 casi di colera che se fossero rimasti nelle proprie abitazioni avrebbero moltiplicato l’espansione colerica. Dei 113 colpiti ricoverati al Lazzaretto ne uscirono guariti 46. Il Lazzaretto venne chiuso quando il di 18 settembre uscì l’ultimo ricoverato guarito. Solo 88 ammalati furono sottoposti all’amorosa cura del dr. Benedetto Quintavalle che riuscì a strappare alla morte crudele ben 46 persone mentre per gli altri nulla potette fare a causa dell’avanzatissimo stato di malattia. Tenendo presente l’operato del dr. Quintavalle la statistica vera dei morti scende al disotto del 47% anche se a differenza della precedente epidemia che durò 40 giorni quella dell’anno in corso ebbe una durata di 2 mesi e 12 giorni”. “Nel 1910 per fronteggiare il morbo furono impiegati dal Comune oltre i medici liberi locali, circa 40 militi della Croce Rossa, tutti gli impiegati dell’Amministrazione comunale, i vigili urbani e guardie campestri effettive e riserve, una trentina di giovani della Croce Bianca, un centinaia di manovali, una diecina di carabinieri, 4 ufficiali medici. Allora, come è noto, vi furono a disposizione dell’ufficio centinaia di manovali, parecchi diecina di carabinieri e 4 ufficiali medici. Quest’anno le Campanile Corpo di Cristo condizioni sono state ben differenti perchè da parte dello Stato per la grave diffusione del 193 morbo in tutta l’Italia non vi è stato quel concorso di mezzi e di aiuti come per l’anno passato. Le finanze comunali esauritesi per il danno patito nell’anno decorso non hanno permesso di aver quella abbondanza di personale che l’Ufficio di igiene ebbe nell’altra epidemia. Eppure l’infezione è finita nel più breve limite di tempo data l’enorme diffusione che aveva assunto. Ognuno a proprio posto non solo fece quel che gli incombeva di fare ma si moltiplicò in mille modi non badando né a disagi né a pericoli. Non può passare sotto silenzio l’opera attiva, continua ed indefessa prestata dall’esperto delegato di Pubblica Sicurezza Mariano Mulè che fu al mio fianco giorno e notte. L’ufficio sanitario ebbe il solo aiuto del dr. Gabriele Iorio perché l’altro medico condotto dr. Alfredo Di Vico era affetto da una gravissima malattia. In seguito ai casi del 1 e 2 agosto il di 3 agosto dovetti ricorrere all’opera dei medici liberi del Comune che accorsero immediatamente al primo invito dando ancora una volta prova non dubbia di coraggio, di abnegazione e di sacrifici. Il 9 agosto il morbo ferale stava scemando i colpiti andarono man mano diminuendo tanto che il 18 agosto dovetti abolire il turno di servizio dei medici; turno che scomparve definitivamente”. “Il 31 agosto il cav. Gaetano Miscureca medico provinciale restò meravigliato dell’esatto adempimento delle regole profilattiche che furono rapidamente profuse. Un vivo ringraziamento va al capitano Cotronei che in qualità di Commissario tecnico restò per lunghi mesi sul nostro territorio espletando buona parte del piano sanitario. Un reverendo saluto invio al capitano Cotronei che dopo aver combattuto nella provincia di Terra di Lavoro ora si trova sul suolo africano a combattere una guerra ancora più insidiosa in nome del progresso, della civiltà e della Patria nostra. Né posso dimenticare i due segretari dell’ufficio Paolo Muoio e Ettore Apperti e l’usciere Pasquale Romeo che restarono nel locale dal sorgere del sole alle ore inoltrate della notte per accogliere e riferire i reclami, per attendere ai non pochi lavori di scritturazione ed a tutto quello che occorreva per il disbrigo delle molteplici pratiche che l’occasione ed il servizio richiedeva. Un mio plauso va ai Reali Carabinieri comandati dal stazione ferroviaria Maddaloni inferiore distinto Masella, che furono sempre pronti al benché minimo invito per garantire le nostre azioni e l’ordine pubblico; ne posso dimenticare le guardie campestri, comandante da Giuseppe Barranco per il valido aiuto dato nel Lazzaretto”. Alla fine della relazione il Consiglio plaudì in pieno quanto detto dall’Ufficiale sanitario. 194 Capitolo ventunesimo Monumento ai caduti del 1860 Monumento ai caduti del 1° Ottobre 1860 sito ai Ponti della Valle Nel 1888 per raccogliere le ossa dei caduti garibaldini del 1° ottobre 1860 su iniziativa dell’Associazione dei Superstiti delle patrie battaglie di Napoli fu progettato un monumento ossario ai Ponti della Valle. L’autore del progetto per la parte architettonica e direttore dei lavori fu nominato l’ing. Carmelo Destino, per le opere scultoree il maestro Enrico Mossutti e per la costruzione fu incaricato il cav. Giuseppe Cozzolino. Il monumento di eleva per circa 19 metri con un obelisco di forma triangolare in cima al quale è posta la stella d’Italia. L’obelisco sorge su una base, anch’essa di forma triangolare, in mezzo alla quale appare la porta che dà l’accesso all’ossario. Ai lati di questa ci sono degli altorilievi rappresentanti insieme a Garibaldi Nino Bixio, Bronzetti, Fabrizi, Cairoli, Dezza, Avezzana, Medici, De Martino ed altri. Le loro figure scolpite nella pietra viva sono come la revocazione dell’epopea garibaldina e sembrano uscire dalla tomba. La base poggia su tre scalini sul terzo dei quali vi erano fino al furto nel 1990 dei fasci d’arme addossati alla roccia dalla quale parevano uscire “naturalmente”. L’ingresso della cripta è custodito da una porta in ferro ornata da due rami di palma. Questo ingresso è sormontato da un “serto” di quercia che cinge la data 1° ottobre 1860. La vittoria delle camicie rosse è raffigurata da una statua colossale di bronzo che ha una falce fiammeggiante nella destra e rami di palma nella sinistra si posa sul “plinto” dopo il volo glorioso per deporre la palma auspicata sul monumento che tanti ricordi e tanto eroismo rammenta. La statua della vittoria si eleva a ricordo perenne della Ossario garibaldino battaglia che suggellò l’unità della patria. La stessa fatta dall’artista Mossutti è stata fusa nella fonderia Bracale. Il monumento è chiuso con largo cancello alto 2 metri in stile egiziano. Per la sua costruzione tra lavori veri ed interruzioni prolungate varie occorsero circa dieci anni. A Maddaloni si costituì un Comitato promotore che tramite un manifesto sollecitò l’attuazione del progetto. Maddaloni, 11 Ottobre 1888 La battaglia del 1° Ottobre 1860, eroicamente combattuta ai Ponti della Valle dai prodi volontari italiani, sotto il comando dell’intrepido Nino Bixio, segna per certo uno dei più meravigliosi avvenimenti della storia del risorgimento nazionale; perché, restituendo le province meridionali alla comune patria, compiva una delle più importanti opere pel conseguimento dell’unità d’Italia. Le sacre ossa dei valorosi che caddero in quel sanguinoso combattimento giacciono ancora senza l’onore di un modesto sepolcro. Innalzare quindi un monumento che ricordi quel glorioso fatto, e dare nello stesso tempo onorata e conveniente sepoltura agli avanzi dei caduti, è un dovere sacrosanto che incombe ad ogni italiano. La città di Maddaloni, avendo partecipato ai palpiti ed all’entusiasmo di quella memorabile giornata, 195 inizia oggi una pubblica sottoscrizione per concorrere alla spesa del monumento. Ed il Comitato, all’uopo istituito, nella fiducia che ogni cittadino italiano vorrà rispondere al patriottico appello, invita le rappresentanze comunali e provinciali del Regno ad inviare le loro generose offerte. Il manifesto era firmato dal Presidente Giuseppe Tammaro e dagli assessori effettivi e supplenti: Antonio De Sivo, Michele Lombardi, cav. Vincenzo Iadaresta e Federico Farina; Paolo Del Bene; Vice Presidente dei Superstiti delle patrie battaglie Vincenzo Migliori; cav. Mattia Carbone; Domenico Tammaro; ing. cav. Carmelo Destino; avv. Gabriele Merrone; notaio Giuseppe Vitale; avv. Nicola Stravino; avv. Giovanni Brancaccio; avv. Ernesto Lombardi; Antonio Merrone; Felice Quintavalle; Antonio De Simone; Segretari: Domenico Romano e Vincenzo Quintavalle. La somma raccolta anche attraverso un contributo popolare fu lire 9.000. Tra le offerte più significative c’erano: Provincia di Caserta con 2.000 lire, il Municipio di Maddaloni 1.000, il Banco di Napoli 2.000 ed altri enti. Per meglio rappresentare la società civile e militare il precedente Comitato fu integrato da un imponente e qualificata rappresentanza politica: “S. E. Francesco cav. Crispi, Presidente onorario; On. Luigi comm. Micelli comm. Vice Presidente onorario; cav. Giuseppe Tammaro Sindaco di Maddaloni, Presidente effettivo; avv. Olindo Amore deputato; comm. Vincenzo De Bernardis deputato; comm. Teodorico Bonacci; Gavino Ardolino; Francesco Barbato; Gabriele Barbato; Giuseppe Barletta; ing. Vincenzo Borgia; Michele Bove; cav. Giovanni Brancaccio; Luigi Buffardi; cav. Mattia Carbone; Antonio Cerreto; cav. Mario Chevier - Vice Presidente dei Superstiti;comm. Francesco Cucchi senatore del Regno; Conte Luigi Gaetani di Laurenzana deputato;comm. Federico Grossi deputato; dr. Michele Correra; Nicola Delle Cave; ing. cav. Carmelo Destino; cav. Vincenzo Iadaresta; avv. Filippo Iorio; Francesco Iulio; Ferdinando Lombardi; cav. Achille Monaco (Del); cav. Raffaele Leonetti deputato; prof. Enrico Mossutti; Ferdinando Proto; Felice Quintavalle; dr. Alfonso Raffone; Vincenzo Raffone; cav. Pasquale Rossi; comm. Francesco Santamaria Nicolini Senatore del Regno; Antonio Scalera; Alfonso Simone (de); Antonio Simone (de); Sivo(de) Antonio,cav. Nicola Stravino; Luigi Verrone; dr. Alfredo di Vico; cav. Tommaso Vitale deputato; Tommaso Iorio Tesoriere e Vincenzo Quintavalle Segretario”. Il 19 giugno 1899 l’Amministrazione comunale acquistò un’area di 50 mq di terreno ad erbaggio sito ai Ponti della Valle di proprietà demaniale per collocarvi il Monumento ai caduti del 1° ottobre 1860 che fu eretto nel 1899. Per l’inaugurazione del Monumento l’Amministrazione comunale di allora programmò 3 giorni di festa coincidendo con la ricorrenza del Santo Patrono (S. Michele Arcangelo) con concerti musicali, corse, giuochi popolari e ricche illuminarie. Il 3 ottobre dello stesso anno il Comune organizzò una grande manifestazione per l’inaugurazione del Monumento-Ossario. Per la buona riuscita di essa non lesinò nel pagare le esose somme occorse per i servizi e forniture materiali: addobbi, buffet, nolo carrozze, illuminarie, musica, fuochi pirotecnici, festoni, nolo sedie, manifesti, cartelloni, regalie varie, granate, colpi di cannone, locandieri, bacchette di legno, ghirlande e carrettieri. Altre spese andarono a: Gaetano Santoro per le tribune costruite al Ponti della Valle e per l’addobbo della Casa comunale e per il buffet; ditta Andrea Forgiane di Napoli per l’impegno di 50 carrozze occorse per il trasporto delle Autorità sul luogo 196 dell’inaugurazione nonché per la mancia ai cocchieri; caffettiere Salvatore Di Vico per fornitura di buffet preparato nella Casa comunale composto da paste, vini, granite e sigari; Forgillo Michele per l’illuminazione e fuochi pirotecnici nel giorno 1° ottobre; apparatore Suppa Alfonso per addobbi alla stazione ferroviaria e per 50 festoni messi sulla via Ponte Carolino; sediaio Bove Luigi per 600 sedie date in affitto sistemate nelle tribune ai Ponti della Valle; Antonio De Simone quale rappresentante della tipografia Francesco Bellet per stampati vari e manifesti, cartelloni recanti motti patriottici; Cuccaro Arcangelo per aver ave fornito 50 bottiglie di vermouth; apparatore Suppa Alfonso per addobbi aggiunti all’entrate del Convitto Nazionale G. Bruno di Maddaloni ed altre adiacenze; Esposito Giuseppe fu Vincenzo capo mastro degli operai della ditta Cazzolino addetto alla erezione del Monumento a titolo d’incoraggiamento; Forgillo Michele per 4 pennoni e trofei annessi con scritte e bandiere per nove grandi festoni di foglie e fiori nonché per “guarnitura” di foglie e fiori ai cancelli della stazione ferroviaria e per altre decorazioni messe all’entrate della città; Forgillo Michele per 24 granate colpi a cannone esplose nelle località circostanti al punto dell’inaugurazione del Monumento; Iannotta Gabriele per 25 granate colpi a cannone esplose sul monte S. Michele; locandiere Letizia Domenico per aver alloggiato 50 cavalli e 25 carrozze nonché per altre piccole spese; locandiere Pingue Urbano per aver alloggiato 26 cavalli e 13 carrozze; locandiere Bifulco Antonio per aver alloggiato 24 cavalli e 12 carrozze; Stanco Antonio per 100 bacchette di legno occorse per attaccare le banderuole dei vetturini; vetturini Mosca Michele e Del Monaco Giuseppe per nolo di vettura occorse per l’Ispettore ed altro personale; giardiniere Michele Vigliotti per una ghirlanda apposta alla lapide di Garibaldi in Piazza dell’Unione; cappellaio Vitagliano Paolo per nastri e distintivi; locandiere Michele Di Chiara per alloggio di 4 guardie di Pubblica Sicurezza; pittore Narciso Pasquale per 6 stemmi piccoli su carta e trofei per l’addobbatura alla stazione ferroviaria, 100 bandiere per le vetture e 25 motti; carrettiere Benedetto Merola per raccolta arena sparsa sulle vie P. Carolino e 1° Ottobre; Antonio Loffredo per aver fornito 500 canne per attaccarvi le bandierine piazzate sui balconi della città. In tutto la spesa complessiva fu 9.891,23 lire. 12 dicembre 1932 Commemorazione ai Ponti della Valle del 1° Ottobre 1860. Il Podestà cav. Sorvillo con nota del 24 agosto 1932 diretta a S.E. l’Alto Commissario facendo presente la necessità di solennizzare contemporaneamente il Cinquantenario della morte di Giuseppe Garibaldi e il Decennale dell’era fascista con una commemorazione pubblica ai Ponti della Valle la patriottica e gloriosa battaglia del Volturno del 1° Ottobre 1860 chiese a S.E. l’Alto Commissario l’autorizzazione e le relative direttive. “Visto che avvicinandosi la data della pubblica funzione non aveva ancora ricevuto le richieste direttive il Podestà deferentemente con nota del 27 settembre 1932 inoltrò una seconda richiesta all’Alto Commissario che con telegramma del 29 settembre gli concesse l’autorizzazione e nel contempo gli chiese di inviargli una breve relazione sullo svolgimento della manifestazione. Fatto presente che il monumento “Ossario ai caduti del 1° Ottobre 1860” si trova ai Ponti della Valle in aperta campagna e che dal giorno dell’inaugurazione fino allora non era mai stato eseguito alcun lavoro di sistemazione del terreno adiacente che si presentava tutto “sconvolto” e pieno di cespugli e di alte erbe. Per renderlo efficiente e praticabile il Podestà provvide ad una parziale sistemazione e pulizia della zona circostante il Monumento e fece aprire e tracciare un’agevole via di accesso ordinando i lavori occorrenti per un importo di 650 lire alla ditta Alfredo Bove 197 Alfredo sotto la direzione e sorveglianza dell’ing. Ernesto Penzi e dal Vice Podestà. Fatto presente che per meglio solennizzare la storica data del 1° Ottobre 1860 ed abbinarla all’esaltazione ed al ricordo del 1° Decennale dell’era fascista decise di apporre sullo stesso monumento ossario una targa in marmo con relativa epigrafe fatta dalla ditta Pietro Abramo per un importo preventivato di lire 200,10 e ridotto poi a lire 170. Fatto presente che la località Ponti della Valle si trovava a circa 4 km dal centro della città che la strada per accedervi era in ripida salita e non agevole. Per assicurare alla funzione un largo concorso di Autorità, di mutilati, di madri e vedove dei caduti in guerra, di Balilla e Piccole italiane il cav. Sorvillo ritenne opportuno servirsi di un comodo mezzo di trasporto per l’andata e per il ritorno noleggiando dalla ditta Pasquale Bernardo 3 automobili al prezzo di lire 180 e dalla ditta Coppola Gaetano un camion per il prezzo convenuto di lire 100. Fatto presente che per la solennità della funzione credette opportuno di servirsi della banda musicale per il prezzo convenuto di lire 200. Sentito il parere favorevole della Consulta il Podestà deliberò: Approvare le spese occorse per la pubblica commemorazione del 1° ottobre 1860 ai Ponti della Valle in occasione del cinquantenario della morte di Giuseppe Garibaldi e del 1° Decennale dell’era fascista: Ditta Alfredo Bove 650 lire; ditta Pietro Abramo 170; ditta Pasquale Bernardo 180; ditta Gaetano Coppola lire 100 e maestro Antonio Grauso lire 200; per un totale di lire 1.300”. Il 1° Ottobre 1960 fu ricordato al Monumento-ossario garibaldino il Centenario dell’Unità d’Italia e la Battaglia dei Ponti della Valle. La battaglia ai Ponti della Valle Il 2 ottobre dello stesso anno il giornale Il Tempo con il titolo “Celebrata a Maddaloni la più cruenta battaglia dell’impresa così ricordò l’avvenimento: “Il fatto più romantico del secolo scorso è stato rievocato nella sua tappa più fulgida e gloriosa ai piedi del monumento ossario eretto a memoria degli eroi garibaldini, presenti il Sottosegretario On. Vittorio Pugliese in rappresentanza del Governo, il generale dei Carabinieri Assumma, il generale Andreani, il generale Ridolfi, il Vescovo di Caserta e il Prefetto Tino, sito su una balza della valle di Maddaloni, la stessa che l’italianissimo sangue dell’esercito di Garibaldi bagnò di rosso e fece vibrare di passione. Esattamente cento anni fa, proprio in questa valle, il 1° ottobre del 1860 la brigata garibaldina, al comando di Nino Bixio, riuscì a fermare i tremila tedeschi al comando del generale Von 198 Meckel, impedendo così ai due tronconi dell’esercito borbonico la manovra aggirante che con il previsto congiungimento avrebbe senza dubbio determinato la disfatta e creato una non favorevole situazione per la decisiva battaglia del Volturno. Ma i 2000 uomini di Pilade Bronzetti e quelli di Bixio seppero tener testa al nemico: il primo scrivendo forse la pagina più gloriosa dell’epopea garibaldina giacchè con il suo piccolo manipolo di eroi resistette ai 5 mila soldati borbonici per ben quattro ore immolando la sua vita e quella dei compagni; il secondo per aver saputo mettere a profitto l’eroica resistenza riorganizzando le file, tamponando la falla apertasi sull’ala destra in modo da sconfiggere definitivamente il nemico. L’esercito borbonico subì nella vallata di Maddaloni una cocente sconfitta che andava al di là del fatto d’armi; infatti con quella vittoria si precludeva ai borbonici la via per Napoli dove se un solo plotone borbonico fosse giunto certamente l’esito della impresa di Garibaldi sarebbe stato in molti aspetti diversa. A cento anni di distanza era quindi bello, commovente ma soprattutto giusto che tanto fosse ricordato: Nel primo centenario della cruente battaglia che da Villa Quarto ai Ponti della Valle fu combattuta e vinta dall’ardimento eroico dei volontari guidati da Nino Bixio spianando col loro sacrificio la via della vittoria su le rive del Volturno: La città di Maddaloni ne tramanda ai posteri la memoria sacra. Questa è la significativa lapide scoperta sul lato destro del monumento ossario ai garibaldini, benedetta dal Vescovo di Caserta, mons. Mangino. Poche, semplici parole, ma che nella loro poetica “scheletricità” danno l’esatta versione di quanto avvenne cento anni addietro in quella valle”. “Mentre l’oratore ufficiale avv. De Lucia teneva la commemorazione l’eco delle sue parole sembrava ripetere quella ormai secolare dell’incitamento di Bixio ai garibaldini e all’applauso del numeroso pubblico convenuto echeggiava il crepitio dei fucili e le grida della battaglia: Per molto tempo la commozione ha pervaso gli astanti e se lagrime non sono sgorgate è stato per un caldo sole autunnale lo stesso probabilmente che illuminò questa valle il 1° ottobre 1860 e che accompagnò fino al tramonto l’ora della vittoria i protagonisti di quelle epiche gesta. Questa dei Ponti della Valle è forse la più significativa delle celebrazioni del centenario dell’unità d’Italia e delle imprese garibaldine che si tengono nei diversi comuni della provincia di Caserta come lo riprova il crisma di ufficialità dato dal Governo alla manifestazione inviando a rappresentarlo il Sottosegretario alla difesa On. Vittorio Pugliese; poiché con o senza il consenso degli storici e degli strateghi è lecito affermare che l’unità della patria ebbe in questa verde ed ubertosa valle di Maddaloni tra le colline di S. Michele i ponti vanvitelliani e monte Longano la saldatura duratura del sangue con gli ideali. I Ponti della Valle grandiosa opera del geniale Vanvitelli testimoniano la grandezza dei re che lasciano i monumenti; le ossa dei trecento e otto garibaldini perpetuano nei secoli l’ideale della libertà e della giustizia. Rifacendosi proprio a questo concetto il Sottosegretario Pugliese ha affermato, con sottile arte polemica che gli Italiani di oggi e specie i politici devono aver sempre presente questo messaggio scritto nel sangue dei Caduti, nell’ideale di una patria una, senza scompensi fra nord e sud, senza linea gotica che ne mozzi il progresso e il respiro. Quando avremo eliminato ciò ha concluso l’On. Pugliese potremo dire che il sacrificio di tanti eroi non è stato vano” ( Da quotidiano Il Tempo del 2 ottobre, n. 273 – Cronista Gino De Martino). 199 Capitolo ventiduesimo Lo stemma della città di Maddaloni Il 16 settembre 1939 avvenne l’adozione dello stemma e del gonfalone del Comune. Il Podestà cav. Sorvillo “viste le deliberazioni consiliari del 18 agosto 1879 e del 6 gennaio 1880 con le quali si ripristinava l’uso del primo stemma di Maddaloni; rilevato che il primo stemma di Maddaloni rappresentava un castello quadro sormontato da tre torri rotonde. Che tale stemma fu usato dal Comunità maddalonese fino all’anno 1704; che in detto anno esso fu dal duca Carlo Carafa sostituito con altro raffigurante una piramide quadra che reca sulla punta una mezza luna; che ancor, nell’anno 1740 il duca Marzio Domenico IV dei Carafa impose un altro mutamento e fece adottare un terzo stemma rappresentante una bica conica di stoppia recante sulla punta una mezza luna e fiancheggiata da due leoni rampanti coronati col distintivo ducale. Questo terzo stemma fu usato sino a quando con le citate deliberazioni del 1879 e 1880 il Comune ripristinò l’uso del primo stemma il quale difatti compare, sia pure alquanto deformato, in tutti gli atti ufficiali sino ai giorni nostri; che però il Comune non curò mai di far legittimare per le vie ufficiali quel ripristino onde quei deliberati avevano soltanto un conseguente valore interno” Intanto mentre il Comune usava il primo stemma fuori di Maddaloni la città era ancora un po’ dovunque rappresentata col terzo stemma; non risultavano presso la Consulta araldica alcune tracce di uno stemma di Maddaloni quindi poteva considerarsi arbitrario qualsiasi blasone. Per ovviare alle lamentate inconseguenze e per ottemperare alle succitate disposizioni il Comune decise di risolvere definitivamente il problema dello stemma ordinando le opportune indagini storiche ed iconografiche e conseguentemente la documentazione ed i grafici. “Visti i bozzetti redatti da Francesco Ignara e la documentazione allegata al quale fu conferito specifico incarico con nota 3 aprile 1937 a cura del Podestà e con altra nota del 26 febbraio 1938 da parte del Commissario prof. Dottor De Zerbi. Considerato che non vi poteva essere effige più degna ed efficace del primo stemma il quale peraltro era legittimato nel suo antico e pubblico uso; Visto che il detto stemma andava integrato con l’aggiunta del Capo littorio istituito col Real Decreto 12 ottobre 1933; Considerato infine che vennero definitivamente fissate anche le caratteristiche del gonfalone. Il cav. Sorvillo deliberò: adottarsi definitivamente il primo stemma di Maddaloni con le Secondo stemma 200 seguenti caratteristiche: a) unica immagine: un castello trecentesco a base quadrata sormontato da tre torri cilindriche e sorgente sopra un picco; b) il castello era sagomato, inferiormente, a tronco di piramide e superiormente a parallelepipedo. Esso presentava nel piano inferiore una porta centrale e due feritoie laterali, mentre, al primo piano, recava tre finestrelle coassiali coi detti tre vani. La muratura del pianoterra troncopiramidale era in “opus incertum”, mentre la sovrastane è in “opus isidoma”. Il coronamento presentava otto merli a coda di rondine; c) delle tre torri, la centrale era la maggiore e recava due vani di luce, mentre le laterali avevano un solo vano ciascuno. Dette torri presentavano tutte un coronamento a tamburo di tipo longobardo, sostenuto da mensoline lunari e sormontate da merli quadri in numero di cinque sulla faccia; d) il castello era – salvo effetti di smacchiatura – di color bleu-grigio /colore della pietrarsa e del piperno) mentre le torri erano di color giallo-bruno (tinta del vecchio tufo giallo). Il picco era grigio-scuro. Il fondo era di azzurro cielo con cenno di nubi. Aggiungere al detto stemma il Capo del Littorio di cui al R.D. 12 ottobre 1937” Adottarsi il gonfalone con le seguenti caratteristiche: a) “Drappo azzurro a perimetro pentagonale e longitudinale verticale. La sagoma risulta dall’unione di un rettangolo di cm. 86X104 e di un sottostante triangolo alto cm. 27 che forma la punta inferiore. Il drappo è teso mediante otto bandelle rettangolari infilate ad anello nel bastone orizzontale. Questo bastone è sospeso, agli estremi, medianti un cordone aureo legato al pomo lanceolato dell’asta verticale portante. Il cordone di prolunga, ai lati, in due fiocchi pendenti. I due lati inferiori del perimetro, quelli cioè che costituiscono la punta inferiore, sono ornati con frangia d’oro. Lo stemma è centrale nel rettangolo superiore della sagoma. 4) Approvasi i grafici redatti dal sig. Francesco Ignara”. terzo stemma In uso fino al 1879 stemma attuale della città di Maddaloni 201 Capitolo ventitreesimo Il re Vittorio Emanuele III a Maddaloni con il figlio II 13 dicembre 1935, in compagnia del principe Umberto, il re arrivò in città, quasi in forma privata, per spronare gli uomini della Divisione Tevere. La scoperta •La fonte, storica è il Registro del Podestà, dove sono annotate anche le spese sostenute dall'economo del Comune per la banda musicale E Vittorio Emanuele III salutò i «soldatini» in partenza per l'Africa La fonte della verità storica è stata stavolta il Registro del Podestà del 1935, indicato anche dallo studioso maddalonese Pietro Vuolo, autore tra l'altro di «Maddalóni nelle immagini» e «Maddalo-ni nella storia di Terra di Lavoro dall'Unità al Fascismo». Effettivamente, il re Vittorio Emanuele III, figura minuta ma imponente con il suo spadone, è venuto a Maddalóni il 13 dicembre del 1935, unitamente al figlio principe Umberto e a numerose autorità militari e governative. » Uno strappo reale materializzato non in forma ufficiale, secondo i protocolli reali, ma dettato solo dalla circostanza di far sentire la presenza reale agli studenti universitari ed agli 202 uomini della Divisione Tevere in partenza per l'Africa Orientale. La prima conferma della venuta del monarca è arrivata leggendo tra le righe del documento 468 - foglio 235, del Registro datato 1935. «Il Podestà - si legge - ha pagato a favore dell'Economo del Comune di Maddalóni la somma di lire 300 (trecento) a titolo di rimborso per altrettante lire versate al segretario politico per il servizio prestato dalla banda musicale della GG.FF. nei giorni 12 e 13 novembre in occasione dell'arrivo a Maddalóni delle Truppe della Divisione Tevere e nella giornata del 13 dicembre in occasione della rivista militare passata in rassegna da Sua Maestà il Re nell'ex caserma Nino Bixio». Banda che si è esibita anche il 14 dicembre 1935 in occasione della partenza per l'Africa della Divisione Tevere. Altra riprova della presenza del sovrano nella nostra Città è scaturita decifrando il documento 470 - foglio 436 - sempre del lo stesso Registro. Il Podestà - si deduce - ha devoluto a favore di Pasquale Recupito la somma di lire 130 (centotrenta) per la costruzione di una pedana in legno nell'ex Caserma Nino Bixio, occorsa per Sua Maestà il Re in occasione della rivista passata alle truppe della Divisione CC.NN. «Tevere». Altre 130 lire sono state elargite inoltre al Comune di Maddalóni per «l'alloggio delle altre truppe di transito». Nell'ex Caserma Bixio, ora Villaggio dei Ragazzi, il re Vittorio Emanuele III (in alto) passò in rassegna le truppe A Maddalóni perciò nel 1935 sono state accampate, o come allora si diceva, accantonate truppe delle più diverse specializzazioni. I mitraglieri del quinto battaglione della quinta Divisione misero tenda in località Pintime. L'Ottavo Battaglione del genio militare fu alloggiato nell'edificio ex domenicane. Reparti di assistenza e sanità della Divisione Tevere furono sistemati nell'ex Caserma della Finanza. Il Comune prese in fitto un padiglione di proprietà Farina per ospitare i soldati del Curtatone e Montanara mentre i soldati della Gravinara trovarono ospitalità nei locali del Convitto Nazionale. Maddaloni sembrò allora idonea al concentramento delle truppe destinate alla conquista dell'Etiopia. Tale scelta andò in un certo senso a compensare - almeno si dice - la recente perdita della Scuola Allievi del Corpo delle Fiamme Gialle, decretata nel 932 dal Comando Generale tra la cocente delusione di tutta la cittadinanza. Molte fanciulle maddalonesi avevano infatti sposato i finanzieri. PASQUALE PIRONE 203 Copie di alcune delibere Copia processo verbale n. 1 204 205 206 207 208 209 210 211 Processo verbale n. 2 212 213 214 Ponti della Valle e Ossario garibaldino 215 Verbale n° 3 216 Elenco nomi A Abenante canonico D. Enrico 148 Abitabile Filippo 111 Abramo (ditta) Pietro 172 Affinito Samuele 120 D. Aiello Vincenzo 102 Albigese Giuseppe 127 Aliperti dr. Vincenzo 67 Amendola Giovanni 38 Amore avv. Olindo 196 Anelli dr. Giovanni 31,54,101,118 Apperti Antonio 27,31,62, 111 Apperti Ettore 166, 169, 191, 194 Apperti Tommaso fu Mariano 155 Arcamone dr. Federico 58,85,89,103 Arciero Antonio 191 Arciuolo Mariantonia 120 Ardolino Gavino 171, 177, 196 Ardolino Savino 21, 152 Arenante D. Enrico 128 Argentino Pietro 83 Arrenante prof. Euclide 130 Assumma dr. Ignazio 27,29, 52, 61, 68, 149, 173, 191 Assumma generale dei Carabinieri 199 Aveta Ciro 59, 62, 73 Aveta Luigi 54, 62, 118 B Balbi Michele 120 Balbi Pietro 35, 39, 41, 48 Balbo Italo 38 Balducci Giovanni 123, \48, 172 Balsamo prof. Dr. Francesco 39 Barbati Francesco 21 Barbati Gaetano 110 Barbato Carmine 62 Barbato Gabriele 21, 171 Barbato Filippo 131 Barbato Francesco 21,23,25, 27, 152, 171, 196 Barbato cav. Francesco fu Michele 27, 1771 Barbato Francesco fu Nicola 25 Barbato Gabriele 20, 196 Barletta Cesare 154 Barletta Clemente fu Giovanbattista 29, 30, 190 Barletta Clemente 118, 191 Barletta dr. Clemente 29, 31, 61,106 Barletta Giuseppe 21, 152, 171, 177, 196 Barletta Raffaele 66 Barletta Salvatore 135 Barletta dr. Salvatore 131 Barletta Tommaso 120 Barletta Vincenzo 4,24,37,111 Barra avv. Enrico 9, 37, 106 Barranco Giuseppe 11, 169, 194 Bassi Giuseppe 111 Bellet Francesco 197 Bellomo Agapito vescovo di Caserta 128 Bernardo Bellini prof. Cesare 87 Bernardo Pasquale 172, 198 Bernardo Raffaele 166, 191 Biffis ing. Silvio 70, 86, 89, 147,170 Bifulco Antonio 172, 197 Binosi Aldo 9 Bisceglia Lorenzo 155 Bisceglia Salvatore 154 Ing. Boldoni 66 Bonacci comm. Teodorico 196 Borghi ing. Mario 172 Borgia avv. Edilio 30 Borgia Ernesto 9 Borgia Luigi 130 Borgia avv. Silvio 29, 61 Borgia dr. cav. Vincenzo 43, 85, 96, 127, 161, 166, 185, 191, 192 Borgia ing. cav. 21, 23, 25, 56, 66, 72, 84, 116, 171, 196 Boschi Leonardo 57, 191 Bottone Francesco 59 Bottoni Aurelio 59 Bottoni Giuseppe 59 Ditta Bove Alfredo 172, 198 Bove Alfredo di Angelo 87, 92, 93,197 Bove Antonio 93, 145, 166, 191 Bove Crescenzo 155 Bove Francesco 166, 191 Sac. Bove Gennaro 156 Bove Luigi 115, 171, 196 Bove Marianna 120 Bove Michele 21, 24, 26, 152, 171, 177, 196 Bove Michele fu Antonio 27 Bove Raffaele 68 Bove Sebastiano fu Vito 21 Bove Vincenzo 73 217 Bove Vito 94, 119 Brancaccio Antonio 9 Brancaccio avv. Antonio 108, 177 Brancaccio dr. Antonio 32,37,140, 162 Brancaccio Antonio di Vincenzo 31 Brancaccio Antonio fu Vincenzo 28 Brancaccio avv. cav. Giovanni 21, 25, 49, 83, 96, 110, 152, 171, 177, 196 Brancaccio avv. Luigi 39, 41, 43, 45, 64, 93, 108, 114, 154, 158, 178 Brancaccio avv. Vincenzo 24, 27, 51, 115, 116 Briganti Luigi 139 Briganti Tommaso 59 Bruno Domenico 111, 166, 191 Bucchero Vincenzo 117 Buffardi Luigi 24, 26, 171, 196 C Cafisse cav. Angelo 38 Calò Giuseppe 129 Calzolaio Francesco 57, 166, 191 Canale Parlato prof. Manfredo 130 Canalino Ferdinando 59 Candela Antonio 62 Carbone cav. Mattia 21, 24, 31 Carbone cav. Ottavio 21, 24, 31 Cardarelli dr. Giuseppe 109 Cardillo Vincenzo 121 ing. Carena 66 Carozza Domenico 191 Carozza Pietro Antonio 166 Carpendone Sebastiano 120 Caruso Cosimo fu Gabriele 19 Caruso prof. Francesco 41, 46 Casalini Armando 36 Cassaro Francesco 87 Castaldi prof. Alfonso 131 Castaldi avv. Giuseppe 38 Castaldi prof. Pasquale 21, 24, 110, 147 Castaldi sac. prof. Pasquale 131, 133 Castaldo Ferdinando (impresa) 137 Castaldo notaio Gennaro 4, 21, 23, 25, 27, 52, 99, 101, 111 Castaldo avv. Gioacchino 32, 36, 62, 119, 138 Castaldo Pasquale 155 Castaldo prof. Vincenzo 130, 134 Cazzolino (ditta) 171 Centore Antonio 166, 191 Cerreto (banca) 54 Cerreto Alberto 39, 41, 45 Cerreto Aniello 39, 31 Cerreto Antonio 21, 24, 26, 29, 111, 127, 171 Cerreto Domenico 111, 190 Cerreto Ferdinando 127 Cerreto dr. Francesco 28, 32, 73 Cerreto Francesco 63 Cerreto cav. Luigi 31, 37, 116, 135 Cerreto Michelangelo 67 Cerreto Saverio 24, 26, 27 Chevier cav. Mario 196 Cianciola Caterina 96 Cianciola Francesco 101, 118 Ciano Costanzo 117, 162 Ciano rag. Vincenzo 32, 35 Ciauri cap. dr. Rosolino 161, 164, 189 Cibelli Gaetano 31 Ciccarelli cav. Giandomenico 39, 127 Cicia Giuseppe 154 Cielo Luigi fu Pietro 190 Cioffi Ferdinando 117 Cipullo prof. Giovanni Aristide 132 Cirma Antonio 120 Clemente Domenico (ditta) 118 Colizza prof. Giovanni 130 Compagnino Michele 88 Conte Luigi 196 Coppola Gaetano 198 Corbo Michele 85, 89 Corcioni Alfredo 59 Corcioni prof. Nicola 130 Correra Arcangelo 29, 31, 121 Correra dr. Michele 21, 49, 67, 98, 164, 171, 189, 196 Correra Nicola 166, 191 Cortese Francesco fu Saverio 154 Cortese Giuseppe 166, 191 Cortese cav. Giuseppe 31, 127 Cortese Giuseppe fu Giovanni 190 Mons. Cosenza vescovo di Caserta 147, 161, 185 Costantini Luigi 130 Cozzolino cav. Giuseppe 195 Crisci Eduardo 56 S.E. Crispi cav. Francesco 196 Cotronei (capitano) 169, 194 Cuccaro Arcangelo 171, 197 Cuccaro Domenico 85, 104, 121 Cuccaro Luigi fu Antonio 119 Cuccaro avv. Michele 29, 117 Cucchi comm. Francesco 196 Ing. Cuonzo 142 D D’Aiello Antonio 73 D’Alessandro Antonio 24, 26, 73 d’Ambrosio Salvatore 111, 166, 191 D’Angelo Antonio 191 D’Angelo Francesco 39, 41, 45, 121 D’Angelo Marco 111 D’Angelo rev. Don Salvatore 16, 158, 182 D’Angelo Francesco 35, 39 D’Aquino Luigi 130 De Angelis Andrea 154 De Barnardis comm. Vincenzo 196 De Caro Filippo 59, 62 De Cristofaro Antonio 111 D’Errico Antonio 127 De Francesco Luigi 166, 191 De Johannis avv. Attilio 21, 56, 95, 110, 163 Del Bene Paolo 152, 171, 177, 196 De Lellis Carlo 105 Del Giudice cav. Angelo 160 De Lillo ing. Gaetano 59, 73 De Laurentis Alfonso 21, 23, 25, 31, 51, 111 De Laurentis notaio Gennaro 29 De Laurentis notaio Girolamo 9, 30, 39, 41, 45, 48, 139, 161, 178 Della Monica Francesco 116, 130, 191 Della Monica Raffaele 35 Della Peruta avv. Antonio 39 Della Peruta Bernardino 92 Della Peruta Lorenzo 25, 27 Della Peruta Nicola 177 Della Peruta avv. Vincenzo 30 Della Rocca Domenico 127 Della valle Pietro 155 Della Ventura Antonio 117 Della Ventura Domenico 62 Della Ventura Francesco 25, 62, 166, 191 Delle Cave Angela 154 Delle Cave Maria 120 Delle Cave Michele 62, 120 Delle Cave Nicola 21,24,177,196 218 delli Paoli Alessandro 36, 39, 41 delli Paoli dr. Andrea 31, 191 Delli Paoli Andrea 166 Delli Paoli Gennaro 177 Delli Paoli Pasquale 39 Del Monaco cav. Achille 21, 97, 177, 196 Del Monaco Germanico 143 Del Monaco ing. Raffaele 32, 92 Del Monaco Tommaso 155, 177 De Lucia Antonio 191 De Lucia Luigi 32, 135 De Lucia Pellegrino 31 De Lucia avv. Silvio 38 Del Pennino Ambrogio 25, 32 De Roberto avv. Amedeo 37 De Masi ing. Salvatore 80, 140, 164 De Nicola Vincenzo 191 De Rosa Luigi 191 De Rosa Salvatore 191 De Simone Alfonso 21, 66, 74, 196 De Simone Antonio 177, 196 De Simone prof. Arcangelo 94 De Simone Francesco 127 de Sivo cav. Alfredo 39, 31, 36, 39, 41, 46, 48, 61, 64, 135 de Sivo Antonio 21, 128, 153, 171, 177, 196 de Sivo Giacinto 36, 114, 122 de Sivo avv. Luigi 36, 86, 114, 141, 152, 177 de Spagnolis prof. Bernardo 31, 34, 85, 96, 112, 118, 133, 170 De Stefano Achille 161 Destino cav. Carmelo 21, 43 Destino ing. Carmelo 195 De Vincenzo Antonio 39, 42, 46, 48 De Vincenzo Domenico 117 de Zerbi dr. Renato 9, 72 Di Benedetto Pasquale 191 Di Bernardo Gaetano 87 Di Caprio Maria 88 Di Caprio Salvatore 62 Di Caprio Vincenzo 101 Di Chiara Filomena 68 Di Chiara Giuseppe 120 Di Chiara Michele 114, 197 Di Maio Domenico 155 Dinacci Salvatore 118 di Nuzzo Salvatore 32 Diodati Domenico 117 Di Vico dr. Alfredo 33, 37, 80, 97, 104, 112, 131, 194, 196 Di Vico avv. Alfredo 9 Di Vico Amalia 9 Di Vico Aniello 119 Di Vico rag. Armando 9, 29, 31, 35, 52, 54 Di Vico dr. Felice 39, 41, 45, 65 Di Vico notaio Francesco 89 Di Vico Giovanni 120 Di Vico avv. Pietro 46 Di Vico Salvatore 197 Doria Carlo 62 E Eliseo Raffaele 191 Esposito Giuseppe 171, 197 F Fabrozzo Michele 67 Fadda Antonio 162 Falanga Salvatore 119 Falcetti dr. Francesco 31, 62, 85 Falcone Arcangela 154 Farina Aniello fu Francesco 155 Farina dr. Aniello 67 Farina cav. Francesco 31, 127 Farina Salvatore 39, 41, 46, 48 Farina Tommaso 70 Farnetti Romolo 91, 116, 135 Padre Feliciano da Sorrento 140 Fermiano Concetta 155 Ferrante Luigi 29 Ferrante Luigi fu Pietro 31 Ferrante dr. Pietro 24, 56, 68, 128 Ferrante avv. Vincenzo 28, 31, 35 Ferraro ersilia 120 Ferraro Euriale 118 Ferraro Filippo 155 Ferraro Giuseppe 9, 43 Ferraro prof. Giuseppe 70, 132 Ferraro comm. Lorenzo 29, 31, 46, 60 Ferraro Sebastiano 130 Ferraro Vincenzo 24, 27, 111 Padre Ferri Aristide 141 Festa cav. Filippo 172 Finocchiaro Antonio 27, 52, 147 Finocchiaro Giuseppe 135, 155 Fisone Giuseppe 21 Soffia Giovanni 32 Forgiane Andrea 171 Forgillo (ditta) 111, 119, 173 Forgillo avv. Eugenio 29, 31, 62, 118, 143 Forgillo dr. Eugenio 39 Forgillo Michele 171, 197 Formato Antonio 117, 147 Formato Cesare 120 Formato Michele 120 Fossataro avv. Gennaro 31 Fossataro Pasquale 27, 29, 52, 149, 173 Fossataro Pasquale fu Gennaro 31 Fraolino Michele 38 Fucci Francesco 119 Furolo Giovanni 154 Fusco Michele 66 Gaetani Luigi conte di Laurenzana 171 Galasso Alfonso 72, 111 Galasso Antonio 59, 166, 191 Galasso sac. Emilio 143 Giannini Gaetano 88 Giaquinto ing. Luigi 180 Gines Gaetano 119 Ginolfi Felice 191 Ginolfi Filippo 155 Ginolfi Francesco 32, 39, 41, 48, 65 Girgenti Agostino 118 Girolami Eduardo e Francesco 118 Gizzio dr. Michele 29, 52, 69, 72, 84, 111, 116, 139, 161 Glaviano Goffredo 72 Glos Karl Lt. Col.(USA) 11, 38 Grauso avv. Angelo 39, 41, 46, 48, 64, 156, 180 Grauso Antonio 112, 172 Grauso Francesco 4 Grossi comm. Federico 196 Guarino Ersilia 120 Guarino prof. Giuseppe 119 Guerrieri Angelo 166, 191 Guerrino Arturo 104 Gerrino arch. Francesco 146 Iadevaia dr. Michele 32, 39, 42, 46, 48 Iadicicco Luigi 32, 121 Iannotta Gabriele 172, 197 Ignara ing. Francesco 87, 175, 200 Ignara Maria 98 Ignara Michele 111 Iorio Alfonso 32 Iorio Antonio 166, 191 Iorio Carlo 154 Iorio dr. Domenico 21, 23, 25 Iorio Domenico 85 Iorio cav. Eugenio 11, 33, 37, 39, 48, 59, 73, 92, 107, 127, 156, 162 Iorio Eugenio (ditta) 104 Iorio Filippo 177, 191, 196 Iorio dr. Filippo 22, 24, 26, 28, 33, 37, 89, 104, 111, 116, 152, 166, 191 Iorio Francesco 27 Iorio dr. Gabriele 22, 24, 67, 98, 104, 177, 191, 194 Iorio Gabriele di Giuseppe 21 Iorio Giovanni 24 Iorio Giuseppe di Giovanni Iorio avv. Giuseppe fu Giovanni 31 Iorio Giuseppe 27, 61, 152, 154, 177 Iorio avv. Giuseppe 9, 24, 27, 29, 31, 51, 52 Iorio dr. Giuseppe 39, 41, 46, 65 Iorio Vincenzo 23, 25 Iorio Vincenzo (edile) 85 Iorio Vincenzo fu Francesco 119 Iorio Tommaso 166, 171, 191, 196 Iulio Francesco 21, 24, 152, 171, 177, 196 Iulio dr. Nicola 31 Iulio Nicola 28, 31, 135, 191 Iovinelli Natale 119 Izzo Antonio 25, 27, 99 Izzo Giovanni 4 Izzo D. Melchiore 128 Izzo notaio Melchiore 148 Izzo Pasquale 121 Izzo Tommaso 121 I L G Iacobelli Luigi 62 Iaderesta cav. Vincenzo 21, 152, 171, 177, 196 Iaderosa Michele 21 Iadevaia dr. Francesco 121 Iadevaia Giuseppe 25 Marzano dr. Giuseppe 52, 61, 85, 89, 102 219 Landolfi Giacinto 97 Leonetti cav. Raffaele 196 Lepore Stefano 39 Lerro avv. Alfonso 23, 25, 27, 57, 59, 62, 166, 191 Lerro Angelo 29, 31, Lerro Clemente 121 Lerro Gaetano 54 Lerro Giacinto 57 Lerro Giacomo 62, 166, 191 Letizia Antonio 117 Letizia prof. Domenico 31 Lettieri Andrea 111 Loffredo Antonio 172, 197 Lombardi Alfonsina 86 Lombardi Angelamaria 98 Lombardi Antonio 4 Lombardi Casimiro 29, 31 Lombardi Domenico 117 Lombardi avv. Ernesto 196 Lombardi Ferdinando 21, 171, 196 Lombardi Filippo 96 Lombardi Francesco 23, 25, 27, 152, 177 Lombardi Giovanni 21 Lombardi Giuseppe 152, 177 Lombardi cav. Matteo 102 Lombardi Mattia 32, 135 Lombardi Mattia di Francesco 35 Lombardi Michele 21, 117, 171, 196 Lombardi Salvatore 24, 117 Lombardi rag. Vincenzo 39, 41, 46, 48, 121 Lombardi Vincenzo 118, 191 Longo Enrichetta 130 On. Luzzatti prof. Luigi 114, 161, 185 M Maccarone Salvatore 191 Madonna Andrea 155 Madonna Giuseppe 23, 31 Madonna Michele 59 Magliocca Giovanni 86 Magliocca Giuseppe 117 Magliocca Vincenzo 120 Mammoli Giannetto 130 Mons. Mangino vescovo di Caserta 173, 198 Maresca suor Luisa 103 Marotta Bartolomeo 117 Marotta Luigi 114 Marotta Salvatore (arciprete) 121, 141, 190 Martirani Bernardino 22, 29 Martirani ing. Domenico 145 Martirani cav. Giuseppe 21, 25, 27, 158 Martirani cav. Giuseppe (Napoli) 74 Marzaioli Domenico 39, 41, 46, 65 Massimo Alfredo 39, 41, 46 Mastellone ing. Pasquale 105, 122, 141, 144, 163, 166, 174, 177 Mastroianni Angelamaria 120 Mastropietro prof. Lucio 130 Matteotti Giacomo 39 Mazzetti (notaio) 23, 31 Merola Bartolomeo 23, 31 Merola Benedetto 172, 197 Merola Gaetano 32 Merola Gennaro 120 Merola Lorenzo 120 Merola Giovanni 120 Merola Luigi 23, 31 Merola sac. Luigi 147 Merola Nicola 155 Merrone Antonio 171, 196 Merrone avv. Gabriele 196 Micco Nicola 117 On. Micelli comm. Luigi 196 Migliori Vincenzo 196 Minieri Nicola 155 Miscureca cav. Gaetano 194 Monteforte Luigi 191 Montuori Andrea 155 Morbillo Salvatore 39, 41 Mons. Moriondo Natale Gabriele 148 Morsolin prof. Giuseppe 130 Mosca Michele 172, 197 Mossutti prof. Enrico 170, 195 Murante Giuseppe 111 Murante Michele 120 Mulè Mariano 194 Muoio Luigi 57 Muoio Paolo 57, 166, 169, 191, 194 Musco Nazareno 161 N Nappi Arturo 23, 31 Nappi Salvatore 102 Narciso Pasquale 197 Nuzzi cav. Uff. Giovanni 27, 83, 143, 147, 170 Nuzzi Salvatore 28 Nuzzo Gabriele 155 Nuzzo Silvestro 166, 191 220 O Olivieri Clemente 118 Olivieri Gennaro 22, 29, 31 Olivieri Michele 111 Omaggio Antonio 27, 31, 52, 111 Onesti Alfredo 116 Orbato Aniello 155 P Padova Pietro 39, 41 Calmieri Paolo 39, 41, 104, 121, 180, 183 Pane Egidio 130 Papa Michele 111 Pascarella Alessandro 121 Pascarella Francesco 84, 155 Pascarella Gaetano 120 Pascascarella Guido 119 Pascarella Salvatore 67 Pascarella Vincenzo 29, 31 Patrelli Tito 57, 111, 166, 191 Patturelli Francesco 32 Pellegrino Antonio 154 Pellegrino Michele 128 Penque Luigi 111 Penta Teresa 128 Penzi ing. Ernesto 37, 88, 91, 143, 145, 152, 198 Petrillo Antonio 32 Petrucciani Salvatore 155 Picillo Salvatore 136 Picozzi dr. Antonio 85, 98, Pietropaolo Giuseppe 119 Pignataro dr. Tommaso 62 Pinque Urbano 172, 197 Pipiciello Antonio 166, 191 Pisani Eustacchio 154 Pisanti Antonio 21, 52, 79 Pisanti Filippo 59, 72 Pisanti Nicola 166, 191 Piscitelli avv. Antonio 29 Piscitelli Elisabetta 120 Piscitelli Francesco 110 Piscitelli Giovanni 190 Pomponio Salvatore 111 Prisco Antonio 117 Prisco cav. Enrico 21, 24, 27, 31, 51, 72, 97 Prisco avv. Gustavo fu Alberto 72 Prisco avv. Nicola fu Alberto 72 Proto Donato 24, 26, 110 Proto Umberto 121 Proto Ferdinando 4, 21, 171, 196 Prudenzano Pasquale 62, 111 Pugliese dr. Antonio 136,158,187, 191 On. Pugliese Vittorio 198 Q Quartaro Antonio 155 Quintavalle dr. Benedetto fu Carlo 21, 67, 98, 104, 161, 164, 166, 168 Quintavalle dr.Benedetto 155, 185, 188, 191 Quintavalle Felice 21, 152, 171, 177, 196 Quintavalle Giuseppe fu Carlo 21 Quintavalle Nicola 29, 31 Quintavalle Vincenzo 57, 171, 196 R Racca Domenico 4 Raffone dr. Alfonso 21, 23, 25, 27, 30, 43, 45, 56, 68, 74, 82, 85, 87, 98, 100, 105, 128, 131, 158, 164, 171, 185, 192, 196 Raffone avv. Aniello 36, 39, 41, 45, 65, 152, 177 Sottoten. Raffone Camillo 158 Raffone Domenico 39 Raffone Nicola 120 Raffone sac. Salvatore 147 Raffone Stefano 21, 23, 25, 32, 35 Raffone cav. Vincenzo 21, 25, 43, 61, 67, 158, 177, 196 Rasile ing. Mario 84 Razza Luigi 137 Razzano Modestino 155 Renga Aniello 117 Renga prof. Antonio fu Luigi 38 Renga Antonio 117 Renga Assunta 180 Renga dr. Domenico 31 Renga gen. Domenico 39, 42, 45, 48, 65, 94, 104, 121, 154, 159, 183 Renga dr. Filippo 26, 161, 164, 179, 185, 191 Renga dr. Giuseppe 161, 185, 190 Renga Don Giuseppe 165, 191 Renga avv. Salvatore 9, 29, 33, 37, 55, 72, 106, 109, 113, 119, 126, 132 Rescigno prof. Giuseppe 111 Ricciardi Antimo 88 Ricciardi Saverio 191 Rienzo Giuseppe 59, 166, 191 Rienzo dr. Raffaele 22, 25, 27, 30, 34, 161, 185 Generale Ridolfi 173 Ing. Rispoli 66 Rispoli Giacomo 16 Rivetti Giuseppe 166, 191 Rivetti Luigi 166, 191 Roberti Eugenio 54, 62 Roberti Luigi 29, 31 Roberti Giuseppe 117 Roberti Mario 116 Roberti Raffaele 59, 62, 191 Rocco Francesco 177 Rodriquez Antonio 166, 191 Romano Antonio 111 Romano Domenico 62, 152, 177 Romeo Domenico 59 Romeo Giuseppe 177, 196 Romeo Leonardo 111, 190 Romeo Pasquale 169, 191, 194 Ronza dr. Domenico 39 Rosati geom. Benedetto 137 Rosati dr. Elio 39, 41, 45, 48, 108, 121 Rossi D. Agnello 102 Rossi Antonio 154 Rossi Domenico 57, 59, 166, 191, Rossi prof. Pasquale 21, 152, 171, 177, 196 Rossi prof. Vincenzo 40, 46 Rossi Vincenzo 155 Rotunno prof. Nicola 111 Ing. Ruffolo 148 Ruotolo Carolina 96 S Sacco Francesco 120 Sagnelli Evangelista 29, 30, 52, 72, 76, 93 Sagnelli Maria 70 Sagnelli dr. Salvatore 39, 46, 65 Sagnelli Vincenzo 137 Salamiti Annunziata 62 Salatini Innocenzo 117 Santamaria avv. Agostino 59 On. Santamaria Agostino 67, 78, 146, 161, 185 Santamaria Nicolini dott. cav. Enrico 34, 96 Santamaria Nicolini comm. Francesco 171, 196 Santamaria Luigi 154 Santamaria Nicolini Federico 154 221 Santamaria ing. Nicolino 70 Santangelo Nicola 80 Santonastaso Anna 120 Santonastaso Antonio 120 Santonastaso Domenico 155 Santonastaso Giuseppe 20 Santonastaso Felice 21, 23, 26 Santonastaso Nicola 154 Santonastaso sac. Salvatore 104 Santoro Gaetano Savastano Vincenzo 117 Savinelli Antonio 191 Savinelli Raffaele 166, 191 Scalera Andrea 118 Scalera Antonio 21, 171, 196 Scalera Carlo 28, 31, 137 Scalera Nicola 4 Schioppa Antonio 166, 191 Sena cap. Mario 94, 137 Senneca Alcide 59 Senneca Antonio 24, 29 Senneca Francesco 39, 41 Serpentino Francesco 118 Setaro Mattia 23, 25, 27, 59, 99, 114, 116 Settembrini Luigi 38, 137 Sferragatta Mario 26 Sforza Gabriele 39, 41, 48 Simeone Raffaele 117 Sollitto dr. Giuseppe 39, 41, 48 Sollitto Lucia 155 Sorrentino Ercole 118 Sorvillo cav. Amedeo 9, 32, 37, 54, 62, 69, 71, 87, 92, 97, 102, 112, 134, 145, 162, 170, 172, 197, 200 Spallieri Antonio 191 Squillante Rachela 155 Sprizzi Nicola 118 Stanco Antonio 172, 197 Starone avv. Giuseppe 24, 50, 67, 81, 121, 143, 148, 172 Starano prof. Pietro 130 Stefanelli Angelina 120 Stravino cav. Nicola 21, 24, 67, 152, 171, 177, 196 Stravino avv. Nicola 196 Stravino Raffaele 120 Stravino Vincenzo 191 Studio ingegneria Pane e Campopiano 76 Suppa Alfonso 171, 196, 197 Suppa Antonio 32, 139 Suppa Felice 120 T Tagliafierro Francesco 31 Tammaro Domenico 152, 171, 176, 196 Tammaro dr. Enrico 15, 39, 41, 48, 73, 93, 108, 121 Tammaro comm. Giuseppe 18, 20, 43, 56, 66, 79, 96, 114, 128, 135, 157, 163, 171, 177, 196 Tammaro Nicola fu Francesco 119 Tammaro salvatore fu Domenico 21 Tammaro avv. Vincenzo 24, 26, 28, 30, 32, 46, 61, 95, 110, 117, 149, 173 Tammaro Vincenzo 35 Ing. Tarantini 66 Tennerelli Ranaldo 148 Testa avv. Giovanni 60, 69 Tetrarca Antonio 154 Tocco Leonilda 96 Tontoli avv. Adolfo 31, 119, 138 Tontoli Francesco 59 Tramontano Gabriele 118 Tramontano Luigi 111 Tramontano Michele 111 Trapasso Guglielmino 60 Troiani Antonietta 120 V Vigliotti Michele fu Tommaso 103 Vigliotti Tommaso 127 Villamena prof. Daniele 130 Vinciguerra Alfonso 191 Vitagliano Augusto 62 Vitagliano Paolo 172, 197 Vitale Eduardo 57, 62 Vitale Filippo 24, 27 Vitale notaio Giuseppe 196 Vitale Leonardo 116, 191 Vitale Michelangelo 131 Vitale Michele 4 Vitale Michele fu Giuseppe 31 Vitale cav. Tommaso 171, 196 Vitelli avv. Arturo 24, 27, 29, 31, 51, 61, 101, 117, 149, 173 Z Zampella Giuseppe 155 Zanni Nicola 103 Zaza d’Aulisio avv. Alberto 39, 41 Zaza Alberto 72 Mons. Zaza d’Aulisio Antonio 109 Zaza Vincenzo 23, 25, 57, 59, 70, 81, 99, 116, 128 Zaza d’Aulisio dr. Vincenzo 32, 35, 111 Zerbino Carlo 9 Padre Zoppoli Giuseppe 142 Vaccarella Vincenzo 114 Vairo Felice 166, 191 Varone Egidio 56 Varvo Maria 120 Velardi Raffaele 35 Velardo Giovannina 120 Ventriglia Antonio 24, 26, 31, 37, 135, 147, 170 Ventriglia Antonio fu Francesco 31 Ventrone Luciano 191 Ventura Crescenzo 31 Verdicchio cav. Clemente 27, 32 Verrone Luigi 21, 43, 110, 171, 196 Verrone Michele 101, 118 Vertucci Giovanni 127 Verzillo Giuseppe 116 Vico dr. Alfredo 188, 191 Vico dr. Alfonso 21 Vigliardo Giuseppe 130 Vigliotta ing. Domenico 9, 91, 137 Vigliotta Giuseppe fu Michele 155 Vigliotti Michele 172, 197 222 : 223 APPENDICI Regolamenti – normative e capitolati 1. Regolamento per l’applicazione dell’imposta sul valore locativo. (approvato il 9 luglio 1905) 1) E’ istituita nel Comune di Maddaloni dal 1° gennaio 1905 in poi la imposta sul valore locativo nella misura proporzionata di cui l’art. 28 del U.D. 31 gennaio 1867. 2) Essa è dovuta da chiunque privato cittadino o straniero che tenga a sua disposizione sul terreno del Comune e suoi aggregati una casa od un appartamento con mobili, siano questi propri od altrui. L’imposta è dovuta anche quando la casa o l’appartamento non sia abitato o lo sia di rado o solo qualche mese all’anno ed anche quando per una parte dell’anno resta sprovvisto di mobili. Trattandosi di appartamenti o camere che sia affittano mobiliate la imposta è dovuta dal proprietario, è invece dovuta dal primo inquilino quando si tratta di appartamenti o camere che si subaffittano con mobili o senza. Tanto nell’uno, quanto nell’altro caso, il proprietario o il primo inquilino hanno il diritto di rivalersi dell’imposta verso gli inquilini o subinquilini. Le società, i circoli, i casini, i stabilimenti privati sono imposte in nome collettivo in ragione dei locali di cui hanno l’uso o la disponibilità. 3) Sono esenti dell’imposta gli enti indicati nell’art. 7 del M.D. 31 gennaio 1867, cioè: - Le case che non siano fornite di mobili inverun tempo dell’anno; - le costruzioni rurali destinate esclusivamente all’abitazione di coltivatori, o ad ricovero del bestiame o alla conservazione e prima manipolazione di prodotti agrari; - gli opifici e gli stabilimenti industriali, cosi magazzini che ne dipendono; - i locali degli uffici pubblici, di collegi convitti, delle scuole pubbliche e private, delle società di muto soccorso, degli stabilimenti di beneficenza, come ospedali, orfanotrofi ed asili infantili. 4) Il valore locativo delle abitazioni si desume dal loro fitto reale o presunto, senza veruna detrazione. Per le abitazioni affittate senza mobili il valore locativo da dichiararsi è quello risultante dalle scritture di locazioni o dalle convenzioni verbali. Per quelle affittate con mobili si dichiarerà la pigione complessiva, attribuendone in via prudenziale all’abitazione quella parte che le spetterebbe qualora fosse fittato senza mobili. Per le abitazioni non affittate il valore locativo si dichiarerà presuntivamente in quella somma, che si potrebbe ricavare affittandoli. 5) Le dichiarazioni dovranno farsi per iscritto entro 15 giorni dalla data dei contratti verbali, o scritti alla Segreteria comunale. 2. Tassa per le vetture pubbliche e private. (approvata il 9 luglio 1905) 1) Sono considerate vetture tutti i veicoli di ogni forma e dimensioni sospesi sopra ruote e destinate al trasporto delle persone. 2) La tassa è dovuta dal possessore della vettura il quale dovrà risiedere nel Comune da oltre un semestre. 3) La tassa varia, da un limite di lire due ad limite massimo di lire otto, e il relativo ruolo ha quattro categorie: La prima di lire 8, la seconda di lire 5, la terza di lire 4 e la quarta di lire 2. 4) Le vetture private a due cavalli vanno nella prima categoria, quelle pubbliche a due cavalli in seconda categoria, le vetture o legni privati a quattro oppure a due ruote vanno alla terza cat., le vetture ad un solo cavallo vanno alla quarta categoria. Sono esclusi i carri funebri. I possessori di più vetture private pagheranno una sola tassa cioè quella della vettura che va soggetta alla tassa più alta. 3. Tassa per i domestici. (approvata il 9 luglio 1905) 1) Ogni individuo che per mercede attende al servizio di una persona o famiglia è considerato come domestico, riceva o no dalla medesima l’alloggio ed il vitto. 2) Non sono compresi nel noveri dei domestici per gli effetti del presente Regolamento: a) Commessi, fattorini, operai, giornalieri, coloro che durante l’anno prestano servizio per lavori agricoli, industriali e commerciali; b) i vetturali, sorveglianti, conduttori i mozzi delle vetture pubbliche; c) i familiari al servizio del Comune; d) coloro che nella giornata prestano servizio a più persone, non conviventi nel medesimo alloggio; e) i portinai delle case, delle private abitazioni ed i custodi degli uffici e stabilimenti pubblici; f) le persone addette al servizio esclusivo degli infermi. 224 3) La tassa è dovuta dalla persona o famiglia al servizio della quale si trova abitualmente un domestico. 4) La tassa varrà da l’una cinque lire ed il ruolo ha tre categorie; la prima di lire cinque; la seconda di lire 2,50 e la terza di lire 2, e si applica a criterio descrittivo dall’Amministrazione comunale secondo l’importanza del domestico. 4. Regolamento per uffici ed impiegati comunali (Approvato il 22 novembre 1906) Capo I – Disposizioni generali Art. 1) Sono impiegati municipali coloro che prestano la loro opera a servizio dell’Amministrazione. Essi si distinguono in stipendiati e salariati. Appartengono ai primi il Segretario comunale e gli altri impiegati della Segreteria. Diconsi salariati gli inservienti ed in generale tutte le persone subalterno addette ai servizi puramente materiali. 2) Nomina impiegati…..omissis… 3) L’impiegato che dopo un mese dalla sua nomina non abbia preso possesso del proprio ufficio, s’intenderà decaduto. 4) Il pagamento degli stipendi e salari, sarà fatto nel giorno 27 di ciascun mese, ne potrà essere sospeso che per i motivi di disciplina stabiliti nel presente Regolamento. Capo II – Segreteria comunale Art. 5) La Segreteria comunale è divisa in quattro uffici avente ciascuno le attribuzioni determinate, secondo le varie indole degli affari, dal Segretario coll’intesa del Sindaco, meno pel 4° ufficio destinato alla Contabilità. Capo III – Impiegati della Segreteria Art. 6) Presso la Segreteria comunale, vi sarà il seguente personale: a) Il Segretario capo; b) Vice-segretario (Capo 1° Ufficio); c) due Capi d’ufficio; d) 1 Ragioniere (Capo 4° ufficio); e) 4 Applicati di cui uno aiutante Ragioniere: n° 2 di 1^ classe e n° 2 di 2^ classe; f) 4 Ufficiali di ordine: n° 2 di 1^ classe e n° 2 di 2^ classe; g) 1 usciere Capo; h) 2 uscieri; i) 2 messi; l) 1 portiere. Art. 7) Alle promozioni fra gli impiegati della Segreteria si provvederà per concorso innanzi apposita Commissione. 8) La suddetta Commissione volta per volta stabilirà, secondo l’ufficio che dovrà occuparsi, le materie sulle quali dovrà versarsi l’esame. Per gli ufficiali d’ordine si richiede inoltre la calligrafia. Le promozioni da una categoria all’altra si fanno per titoli ed esami; quelle da una classe inferiore ad una superiore della medesima categoria si fanno per anzianità. 9) La Commissione sarà composto dal Sindaco, il quale assumerà la presidenza, dal Segretario comunale, di un consigliere comunale, di un Segretario e di un Ragioniere di Prefettura nominati dal Consiglio. 10) Le condizioni per la nomina degli impiegati sono: a) età non superiore ai 30 anni, certificato di moralità, qualità, di cittadinanza italiana di data recente. Titoli a laurea in giurisprudenza e diploma di segretario per l’Ufficio di Segretario capo. Diploma di segretario per il posto di Vice-segretario. Diploma di ragioniere per il posto di Capo ufficio di Contabilità. Diploma di segretario per Vice-segretario; b) per applicati di concetto occorrono i titoli prescritti dalle legge per l’ammissione all’esame di patente di Segretario comunale, mentre per l’applicato della contabilità per cui occorrono esclusivamente la licenza d’istituto tecnico, sezione Ragioneria; c) per gli ufficiali di ordine si richiede la licenza Ginnasiale o scuola Tecnica. 11) Ove nessuno impiegato abbia i titoli richiesti per un posto di categoria superiore rimasto vuoto, il Comune aprirà il concorso libero. 12) A parità di merito di merito si preferisce il cittadino domiciliato in Maddaloni; e se fra impiegati il più anziano. 13) Vacante il posto di Segreteria, il Comune apre il concorso relativo senza che il Vice od altro impiegato qualsiasi vanti pretese sul posto vacante per diritto acquisiti, potendo solo concorrere come qualsiasi libero candidato. 14) ….omissis. 15) Tutti gli stipendiati del Comune in pianta stabile hanno l’obbligo della residenza nel 225 Comune. 16) L’impiegato non ritenuto idoneo all’esame di promozione alla categoria superiore non ha diritto a ripetere la prova e resta stazionario nella categoria in cui si trova. Può solo essere promosso di classe per anzianità. 17) Il Segretario capo, oltre l’assistenza alla Giunta ed al Consiglio, ed oltre il compimento degli atti a lui specialmente demandati delle leggi e dai Regolamenti, curerà la esecuzione di tutti i lavori assegnati a ciascun ufficio della Segreteria per mezzo dei rispettivi Capi, ed anche direttamente per taluni pratiche speciali, quando il Sindaco od egli stesso lo crederanno opportuno per la loro importanza . Gli articoli 18-19-20…..omissis….. 21) Quando per la esecuzione di taluni speciali lavori, o per l’urgenza d’altri, fosse necessario il concorso di parte o di tutti gli impiegati della Segreteria, non potranno i medesimi esimersi da tale concorso, dovendo in tal caso dipendere dagli ordini del Capo Ufficio, o dal Segretario capo. 22) Per la esecuzione dei lavori straordinari, i quali richiedono l’impiego di molti impiegati, per parecchie ore del giorno e per lungo tempo, sarà provveduto con speciali disposizioni, le quali saranno emesse nell’occorrenza, affinché non abbia a soffrire ritardi l’espletamento dei lavori ordinari. 23) La destinazione degli impiegati presso ciascuno ufficio sarà fatta da Segretario Capo coll’intesa del Sindaco. 24 …..omissis……. 25) L’orario degli uffici municipali sarà stabilito dalla Giunta, in modo che le ore di occupazione non siano meno di sei continue. Nel tempo delle sessioni ordinarie del Consiglio e sempre quando il bisogno lo esigerà, l’orario sarà protratto secondo il criterio del Sindaco e del Segretario capo. Nei dì festivi dovranno essere presenti in ufficio due impiegati dalle ore 9 alle 12. Questo servizio sarà prestato per turno fra tutti gli Impiegati indistintamente. Durante le ore di ufficio, gli Impiegati subalterni, non potranno assentarsi senza licenza del Segretario, e questi senza quella del Sindaco, se quest’ultimo è in ufficio. 26) Il Segretario capo non è obbligato a serbare strettamente l’orario sovra stabilito, potendolo o dovendolo variare per se nel modo che meglio conviene al disimpegno delle sue funzioni. Egli però nell’avvalersi di tale facoltà, dovrà dipendere direttamente dal Sindaco. 27) In apposti registro sarà giorno per giorno apposta la firma da ciascun impiegato al suo arrivo in ufficio. Trascorsi quindici minuti dell’ora prefissa, sarà chiuso la sottoscrizione e ritirato il registro dal Segretario, il quale vi apporrà il suo visto. In assenza del Segretario, quest’incarico sarà disimpegnato dal Vice. L’impiegato la cui firma non figura nel registro di presenza sarà ritenuto assente, anche quando si fosse recato in ufficio dopo la chiusura del detto registro. 28) ………omissis……. 29) Negli uffici di Segreteria niuno potrà essere ammesso che nelle ore stabilite. Gli impiegati non potranno ricevere persone estranee all’Amministrazione senza il permesso del Segretario. 30) E’ vietato a chiunque d’introdurre negli uffici comunali con armi, bastoni, ombrelli, ed altri arnesi, restarvi col capo coperto od in altro modo poco decente oppure fumarvi. Gli uscieri hanno l’obbligo sotto la loro più stretta responsabilità di curare l’adempimento di queste disposizioni, e di dare accesso ai richiedenti nelle sale d’ufficio, nelle ore fissate, dopo averli annunziati ed ottenuta licenza di ricevimento. 31) Gli impiegati in ufficio non possono attendere ad occupazioni loro private o divagarsi diversamente dai lavori di segreteria. Niuno di essi potrà trasportare fuori della Segreteria pratiche o documenti qualsiasi. 32) ……omissis……... 33) Gli impiegati in generale debbono tenere verso il pubblico una condotta cortese e gentile. 34) Quando non lo vietino le esigenze del servizio, ogni impiegato potrà chiedere ed ottenere dalla Giunta, una licenza nel corso dell’anno, la quale non potrà mai eccedere giorni venti. Per i motivi di salute o per altra speciale circostanza, la Giunta potrà estendere la licenza fino ad un mese. Oltre questi termini provvederà il Consiglio sulla proposta del Sindaco. Il Consiglio non potrà dare un congedo superiore ai mesi due, dopo di che l’impiegato potrà aver diritto all’aspettativa per cagione di salute o per motivi di famiglia, la quale non dovrà superare i dodici mesi. Trascorso tale termine il posto sarà dichiarato vacante e l’impiegato potrà liquidare i diritti che gli spettano. L’assegno durante l’aspettativa sarà lo stesso prescritto dalla legge per gli impiegati dello Stato. 35, 36, 37, 38………omissis……… Capo IV – Misure disciplinari per gli Impiegati della Segreteria. Art. 39) Gli Impiegati che contravvengono ai doveri d’ufficio, compromettono in qualunque 226 modo la loro dignità personale o quella dell’impiego, saranno puniti: 1) Con l’ammonizione verbale; 2) con l’ammonizione scritta; 3) con la sospensione dello stipendio; 4) con la sospensione dell’Ufficio; 5) con la destituzione. Art. 40) L’ammonizione verbale sarà fatta dal Sindaco o dal Segretario. L’ammonizione scritta sarà sempre fatta dal Sindaco, estendendosi apposito verbale in apposito registro. 41) La pena della sospensione sia del solo stipendio , sia dell’ufficio e stipendio sarà inflitta dal Sindaco, salvo a riferirne al Consiglio per gli opportuni provvedimenti a norma di legge. Tale sospensione non potrà oltrepassare il termine di due mesi. 42) La destituzione sarà pronunziata dal Consiglio sopra speciale proposta del Sindaco fatta con dettagliato rapporto e col parere della Giunta. 43) Le cause che danno luogo alle pene, di cui numeri 1 e 2 dell’art. 39 sono: negligenza e mancanze lievi in servizio; difetto d’inurbanità e decenza verso il pubblico; mancanza lievi contro la disciplina ed il rispetto dovuto ai superiori immediati e alle loro prescrizioni ufficiali ed inosservanza dell’orario d’ufficio. 44) Va punito con una pena maggiore di quella sopra l’impiegato che sia recidivo. 45) In tutti i casi di applicazione delle sanzioni disciplinari, di cui nei precedenti articoli, questi saranno sempre applicate nel loro massimo grado, quando si trattasse di una mancanza commessa per la terza volta in un anno. 46) Va punito alla ritenuta dello stipendio, e nei casi più gravi o di recidiva con la sospensione, l’impiegato che abitualmente sia negligente, che serbi riprovevole condotta, che trascuri per involenza gli affari d’ufficio o ne propali i provvedimenti dati, o le informazioni ricevute, mostri insubordinazione verso i suoi superiori, ed infine che accetti doni da chi abbia interesse nella soluzione di un affare d’ufficio. 47) La destituzione sarà deliberata dal consiglio per quell’impiegato che mancasse contro l’onore, o riportasse condanne a pena criminale o da pena correzionale per furto, falsità, frode truffa, malversazione ed attentato ai costumi. La destituzione sarà pure inflitta a quell’impiegato che incorresse per la terza volta in quel fatto, pel quale già sospeso due volte di stipendio e funzioni. Gli effetti della sospensione per l’applicazione della pena della destituzione saranno prescritti dopo cinque anni di buona condotta. Il rinvio a giudizio di uno dei suddetti reati avrà di conseguenza la immediata sospensione dell’impiegato imputato fino alla risoluzione della causa. Però la sospensione sarà priva di effetti nel caso in cui venisse dichiarato la innocenza dell’accusato con la formula assolutoria di non aver commesso il reato o per la inesistenza di reato, o perché il fatto non costituisce reato, o per difetto di indirizzi. Il tale ipotesi l’impiegato avrà diritto alla reintegra nel posto, e sempre al pagamento degli assegni. 48) Nel caso che la formula dell’assoluzione sia per non provata reità o per insufficienza d’indizi, allora resta all’arbitrio dell’Amministrazione reintegrarlo nel posto e dargli o non gli arretrati. 49) L’impiegato destituito non potrà giammai essere riammesso ai servizi municipali in qualsiasi ufficio. 50) Tutte le funzioni inflitte agli impiegati saranno scritte in apposti registro e controfirmato dal Sindaco. 51) In tutte le punizioni si dovrà sempre sentire l’incolpato nelle sue discolpe. Capo V – Stabilità – Sessennio Art. 52) La nomina dell’impiegato della Segreteria determinata attualmente nella relativa pianta organica in numero di tredici acquista carattere di stabilità solo dopo cinque anni di esperimento dalla data di essa. 53) Gli impiegati della Segreteria comunale determinati attualmente nella relativa pianta organica, avranno diritto all’aumento del decimo sul loro stipendio, dopo sei anni di lodevole servizio prestato senza interruzione. Tale aumento sessennale però è limitato a due per ciascun impiegato. Capo VI – Delle altre categoria d’impiegati del Comune Art. 54) Al servizio di tutti gli altri uffici ed impiegati del Municipio provvederanno i rispettivi speciali Regolamenti organici, ed in mancanza di questi sarà provveduto con le nome speciali che saranno adottate a termini di legge da che ha facoltà di sovrintendere a tutti gli uffici ed istituti comunali. Capo VII – Delle Pensioni Art. 55) Tutti gli impiegati municipali indistintamente enunciati nell’art. 1 avranno diritto ad una 227 pensione di riposo o ad una indennità per una sola volta, purché abbiano rilasciato sui loro assegni fissi a favore dell’erario Comunale una quota annua. 56) Tanto la suddetta quota annua di ritenuta quanto il diritto di collocamento a riposo, e la pensione o indennità, si determineranno in base alla legge vigente per gli impiegati dello Stato, e con le norme del relativo Regolamento, per quanto siano applicabili. 57) Il collocamento a riposo sarà deliberato dal Consiglio comunale su domanda dell’interessato, e la pensione o indennità sarà liquidata dal Consiglio stesso. Il detto collocamento a riposo potrà essere ancora promosso dal Sindaco per quegli impiegati, che o per motivi di salute, o per altri speciali circostanze, sicuri inabili, o incompatibili col disimpegno del loro uffizio. 58) Il diritto della vedova o della prole dell’impiegato municipale sarà regolato anche in base alla legge vigente per gli impiegati dello Stato. 59) Le quote annue che saranno rilasciate dagli impiegati a termini degli art. 55 e 56 saranno rese fruttifere versandosi in una cassa pubblica per la costituzione del Monte delle pensioni, il quale sarà amministrato separatamente dai fondi comunali dalla Giunta municipale. Capo VIII – Servizio di Cassa e Contabilità Comunale Art. 60) Il servizio di Tesoreria è affidato ad apposito tesoriere comunale. 61) La nomina del Tesoriere è temporanea, e sarà conferita da quinquennio in quinquennio. 62) Il Tesoriere comunale sarà retribuito a stipendio fisso né potrà pretendere retribuzione diversa dallo stipendio per qualunque servizio contabile nell’interesse dell’Amministrazione. 63) L’Ufficio di Tesoreria sarà stabilito nella Casa Comunale a cura e spesa del Municipio. 64) Nel locale della Tesoreria vi saranno due casseforti, la prima sarà a tre serrature, le cui chiavi saranno custodite: una dal Tesoriere, un’altra dal sindaco o dall’Assessore delegato, la terza dal Segretario o dal Ragioniere. 65) orario omissis…... 66)…. Licenza…… omissis……. 67) La nomina del Tesoriere sarà fatta dal Consiglio nel modo che meglio crederà, cioè, o per concorso all’asta pubblica o per scelta. 68) Il candidato eletto dovrà, nel termine di giorni 15 dalla data della partecipazione di nomina, presentarsi alla stipula del contratto e delle condizioni negli appositi capitoli, nonché a costituire la cauzione nella misura che sarà stata fissata. La cauzione potrà costituirsi o sopra stabili, di cui sia provato il libero possesso, o sopra rendita del debito pubblico. 69) Il Tesoriere dovrà mettere ogni maggiore esattezza nel disimpegno del suo mandato, rimanendo altresì responsabile verso il municipio di tutti i fatti ed operazioni degli aiutanti e commessi da lui adoperati, i quali per altro non potranno da lui essere adoperati, senza l’autorizzazione del Sindaco. 70) Alla Ragioniere comunale è affidata ogni operazione contabile, ed ogni controllo nell’interesse del Municipio. A sua cura saranno comunicate al Tesoriere tutte le operazioni, contratti, concessioni, appalti, vendite e simili, da cui possa desumersi credito o debito significante il Comune, per prenderne nota, nonché ogni deliberazione relativa ad affari finanziari per risaltamene tanto attivi quanti passivi. 71) La Ragioneria curerà il disbrigo di tutte le pratiche per la compilazione dei Ruoli. Applicazione delle Tasse, ed ogni altro affare relativo alla gestione finanziaria del Comune. 72) Tanto nella Ragioneria che nell’ufficio di Tesoreria, oltre dei Bilanci ed altri Registri contabili, dovrà esservi, per la desunzione di tutto l’esercizio di Cassa, un Registro Generale, che verrà aperto in ogni anno per contro dell’Entrate e delle Uscite; quale registro sarà portato in partita doppia, ed avrà in corrispondenza il libro Mastro. 73 e 74 …….omissis……. 75) Il ragioniere assisterà il Sindaco o l’Assessore delegato, ed il Segretario nelle verifiche di Cassa; vidimandone il relativo verbale. Sottoscriverà pure qualsiasi mandato di pagamento, e l’Amministrazione nel suo interesse non riconoscerà alcuna quietanza rilasciata dal Tesoriere se questa non sia stata vidimata e controllata dal ragioniere nelle ventiquattro ore dalla sua data. 76) Il ragioniere veglierà e riferirà al Sindaco sulla condotta del tesoriere, sia nei suoi rapporti al pubblico, sia pel modo come adempia alle sue incombenze ed ai doveri del proprio ufficio. 77) Il tesoriere, oltre all’obbligo della tenuta dei libri e registri contabili indicati nell’art. 72, e di quelli che all’uopo gli venissero prescritti, dovrà soprattutto tener un registro bollettario per rilascio delle quietanze di qualsiasi pagamento. Curerà inoltre come è detto nell’art. 73 che tutti i suoi registri siano tenuti precisa e chiarezza, evitando qualunque cassatura e riusura, e procurando sovra ogni altro la nitidezza del carattere e la esattezza sulla disposizione delle cifre. 78, 79 e 80……….omissis……… 228 81) Il tesoriere dovrà pure alla fine di ogni trimestre trasmettere al Sindaco per semplice intelligenza, e senza che punto ne scemi la sua responsabilità per gli atti coattivi ed altre pratiche non eseguite, o malamente intrapresi, uno stato dei debitori morosi compresi nelle liste di carico. 82, 83, 84 e 85……omissis……. Capo IX – Degli uscieri e messi Art. 86) Niuno potrà essere ammesso all’ufficio di Usciere o Messo del Municipio se non abbia il titolo legale di aver adempito alla legge di prosvolgimento sull’istruzione obbligatoria ed alle altre condizioni di cui nel seguente articolo. 87) Oltre ai requisiti di cui sopra, i salariati comunali dovranno avere anche i seguenti: a) Età non minore di 18 anni né maggiore di 30; b) costituzione fisica sana ed idonea all’ufficio di cui sopra; c) condotta precedente alla nomina scevra da condanne o pene criminali o per reati di furto, truffa, frode, od attentanti ai costumi. 88) Le qualità di cui sopra, dovranno essere riconosciute dalla Giunta municipale, la quale a parità di condizioni dovrà sempre prescegliere coloro che avessero prestato servizio nell’esercito od in altri corpi consimili, purché non siano stato in alcuni dei Corpi disciplinari. 89) Gli usciere e messi saranno tenuti alla maggior subordinazione verso i loro Capi ed altri Impiegati comunali, specialmente verso il Sindaco ed i consiglieri, corrisponderanno con rispetto ed urbanità verso il pubblico, rimanendo loro espressamente vietati immischiarsi in affari estranei alle loro incombenze, od in altre faccende d’ufficio. 90) I messi comunali sono specialmente incaricati dei diversi servizi esterni dell’ufficio municipale pel recapito di avvisi, notificazioni, biglietti o plichi che vengono spediti nell’interesse dell’Amministrazione, od al servizio pubblico, curando la pubblicazione ed affissione di tutti gli atti dallo stesso emanato ed vicinati, nonché la propagazione di quelli interessanti la legge degli abitanti mercè pubblici bandi. 91) Uscieri e messi attendono alla custodia, conservazione e decenza di tutti gli uffici comunali e del loro mobilio, e dovranno prestarsi ancora a richiesta del Sindaco, o del Segretario Capo a quei servizi che venissero loro ordinati sebbene estranei alle rispettive ordinarie attribuzioni. 92) Gli uscieri dell’ufficio municipale devono rimanere nelle anticamere delle sale del Comune in tutte le ore in cui vi saranno impiegati ed in quelle da questi determinate per mezzo del Segretario Capo e dando l’esempio di un portamento dignitoso, cureranno che sia mantenuto l’ordine e la decenza dei locali. 93) Gli usciere medesimi cureranno pure che chiunque entri negli uffici comunali non asporta armi e bastoni, ne vi stia né qualsiasi altra maniera con poco rispetto. E perciò ne allontaneranno tutti quegli individui i quali non volessero uniformarsi alle prescrizioni d’ufficio, ed in altri modi si mostrassero non compresi nei doveri di deferenza alla dignità dell’ufficio. 94)…..omissis……. 95) La spesa per la divisa o del distintivo sarà anticipato dal Comune e pagata dagli interessati con apposita ritenuta mensile. 96) Nel caso d’infrazione ai loro doveri preveduti nel seguente Regolamento, gli inservienti comunali potranno essere sottoposti: a) Ammonizione verbale o scritta; b) ad una piccola ritenuta sul loro salario; c) alla sospensione colla perdita di tutto o metà del salario, la quale però non potrà durare più di due mesi; d) alla destituzione ed espulsione. 97) Per l’applicazione delle suindicate misure disciplinari, sarà provveduto in conformità del Capo 4° per quanto sarà applicabile. 98) Le ritenute sui salari di cui ai precedenti articoli, saranno in ogni fine anno distribuite a giudizio della Giunta ai più meritevoli fra gli interessati. 99) Fino a quando il monte delle Pensioni non sarà nel grado di provvedere da se al pagamento delle pensioni che potranno liquidarsi, queste seguiteranno a pagarsi dai fondi comunali. Pianta organica della Segreteria comunale: 1 Segretario capo lire 2400 1 Vice-segretario 1600 4 Capi d’ufficio (2 Capi d’uff. 1480 ciascuno) 2900 1 Ragioniere 1500 4 Applicati di (2 di 1^ cl. lire 1250 ciascuno) 2500 Concetto di ( 2 di 2^ cl. lire 800 ciascuno) 1600 229 4 Ufficiali d’ordine ( 2 di 1^ cl. lire 950 ciascuno) 2 di 2^ cl lire 800 ciascuno) 1600 1 Usciere capo 660 2 Usciere (ciascuno lire 500) 1000 2 Messi (ciascuno lire 450) 900 1 Portiere 510 Disposizioni transitorie…omissis 1900 Elenco impiegati e salariati del Comune al 15 marzo 1922: 1) Lerro avv. Alfonso- Segr. Capo; 2) Trapassi rag. Guglielmo; 3) Muoio Paolo- Capo Sezione; 4) Lerro Giacomo- Capo Sezione; 5) Vitale Eduardo - Ufficiale di concetto; 6) Calzolaio Francesco Ufficiale di concetto; 7) Briganti Tommaso Ufficiale d’ordine; 8) Romeo Domenico Ufficiale d’ordine; 9) Galasso Antonio Capo usciere; 10) Roberti Raffaele Usciere; 11) Bernardo Raffaele Usciere; 12) Eliseo Raffaele Messo; 13) Vinciguerra Alfonso Messo; 14) Pipiciello Antonio Portiere; 15) De Siena Luigi Custode Monumento; 16) Sagnelli Maria Ricevitrice poveretti; 17) Barranco Giuseppe Capo Guardia; 18) Piscitelli Giovanni Sotto capo Guardie campestri; 19) De Rosa Luigi Guardia campestre; 20) D’Angelo Antonio Guardia campestre; 21) Carrozza Domenico Guardia campestre; 22) Savinelli Raffaele Guardia campestre; 23) Rivetti Luigi Guardia. Campestre; 24) Di Nuzzo Silvestro Guardia campestre; 25) Monteforte Luigi Guardia campestre; 26) De Lucia Antonio Guardia campestre; 27) Spalliero Antonio Guardia campestre; 28) Ventrone Luciano Guardia campestre; 29) De Rosa Salvatore Guardia campestre; 30) Esposito de Lucia Francesco Guardia campestre; 31) Bruno Domenico Guardia urbana; 32) Ricciardi Saverio Guardia urbana; 33) Ricciardi Anastasio Guardia urbana; 34) Iorio Andrea Guardia urbana; 35) Di Nuzzo Giuseppe Guardia urbana; 36) Vairo Felice Vigilanza Illuminazione; 37) Ciuffi Maria Anna Levatrice condotta; 38) Palazzini Alfonsina Levatrice condotta; 39) Bardi Maria Levatrice condotta; 40) Barbato Vincenzo Vice custode Cimitero; 41) Vigliotti Michele Giardiniere Cimitero; 42) Pisanti Nicola Becchino; 43) Iorio Antonio Becchino; 44) Borgia dr. Vincenzo Ufficiale Sanitario; 45) Pugliese dr. Antonio Veterinario; 46) Cerreto Domenico Vigile sanitario; 47) Romano Antonio Vigile sanitario; 48) Procino Raffaele Inserviente Macello; 49) Tontoli Francesco Custode carcere; 50) Senneca Maria Guardiana detenute; 51) Iovane Andrea Capo bidello; 52) Bisceglia Tommaso Bidello; 53) Bisceglia Rosa Bidella; 54) Iadicicco Gennaro Bidello; 55) Miniero Francesco Bidello; 56) Morbillo Marco Bidello; 57) della Valle Michela Bidella; 58) De Lucia Pasquarella Bidella; 59) Santamaria avv. Agostino Tesoriere; 60) Lombardi Cristina Maestra supplente; 61) Della Ventura FrancescoMaestro supplente; 62) Barbati Luigi Maestro supplente; 63) Camposanto Luigi-Ufficiale telegrafico; 64) Barbato Gaetano Maestro scuola musica; 65) Borino Salvatore; 66) Verzillo Giuseppe Direttore dazi; 67) Verrone Michele Contabile; 68) Cianciola Francesco Controllore; 69) Sorrentino Ercole Controllore; 70) Scalera Andrea Ricevitore; 71) Iorio dr. Gabriele Medico condotto; 72) Quintavalle dr. Benedetto Medico condotto; 73) Di Vico dr. Alfredo- Medico condotto; 74) Di Nardo Giovanni Becchino provvisorio; 75) Vinciguerra Francesco Becchino provvisorio. 5. Regolamento per il servizio dello spazzamento in economia (Approvato il 7 febbraio 1902) 1) Il servizio veniva svolta da un numero non inferiore a quindici spazzini, nominati dalla Giunta. 2) E’ obbligo degli spazzini di spazzare, raschiare e mantenere sempre nette le strade, marciapiedi e piazze della città, la corte del palazzo municipale e di ogni altro pubblico stabilimento, e di spazzare due volte la settimana la piazza del mercato con l’obbligo ancora di sgombrarlo delle pietre poi avventane ivi depositate. 3) I confini estremi per lo spezzamento restano definiti e circoscritti nell’ambito dell’abitato, cioè stazione delle Ferrovie Romane, Molino sulla Via Ponte Carolino, Casino Rossi sul Corso Campano, casa Senneca sulla Via Appia, e casino della Peruta sulla Via S. Eustacchio. 4) Lo spezzamento sarà fatto con sistema generale e continuo. Verrà perciò eseguito nel seguente modo: “Alle tre antimeridiane comincerà lo spezzamento generale ai vai punti della città, per squadriglie ordinate a cura del Capo delle Guardie municipali in guisa che per le sette antimeridiane nel primo periodo e per le nove nel secondo, la spazzatura generale sia finita. Le strade a brecciame saranno spazzate con quella diligenza compatibile con gli interessi dell’appaltatore dei lavori del mantenimento.” 230 5) Man mano che ciascuna strada sarà interamente spazzata, verranno lasciati in essi dei cantonieri fissi, i quali avranno l’obbligo di rimanere ivi fino a mezzodì, e quindi ritornarvi alle ore 2 poi per rimanervi fino al tocco dell’avemaria, e curerà le continua nettezza dell’area loro assegnata. Gli altri spazzini contemporaneamente allo spezzamento generale raccoglieranno in appositi carretti le immondizie, e le trasporteranno fuori l’abitato, depositandole in quei siti che saranno determinati dall’Autorità comunale. La raccolta verrà eseguita almeno due volte al giorno oltre quella della spazzatura generale del mattino. 6) Le spazzature, con l’obbligo di vendersi a preferenza ai coloni del Comune, sono di proprietà degli spazzini, i quali si divideranno fra loro il provento in parti uguali. Rimarrà però a loro carico l’affitto del suolo pel deposito delle immondizie raccolte. 7) La spesa dei carretti, della manutenzione, riparazione e disinfettazione dei medesimi sarà a carico dell’Amministrazione. I cofani, le scope e tutti gli oggetti per raccogliere le immondizie saranno a carico degli spazzini. 8) I carretti saranno chiusi e dipinti ad olio non meno di una volta al mese, l’interno dei carretti, sarà lavato a cura degli stessi con soluzione disinfettante. 9) Gli spazzini sono tenuti a raccogliere ancora le immondizie che i privati avessero spazzate nelle loro corte e porte di strada, sempre che dai medesimi fosse richiesto. 10) Le Guardie municipali vigileranno sulla regolarità del servizio, rimettendone analogo rapporto quotidiano all’Autorità comunale a mezzo del loro Capo. 11) Gli spazzini saranno forniti, a cura e spesa dell’Amministrazione, di un camiciotto di tela e di un cappello impermeabile con la scritta “Spazzamento” ed il numero di ciascuno assunto. 12) L’inaffiamento è limitato alla sola Piazza Umberto I e dovrà farsi nei soli mesi di giugno, luglio, agosto e settembre, una sola volta al giorno e nell’ora che sarà stabilita dall’Autorità comunale. E altri articoli omessi. 6. Capitolato concorso per la nomina del medico condotto (Approvato il 17 febbraio 1906) Art. 1) Il Comune ha tre medici; due per il centro ed uno per la borgata. I medici del centro dovranno dividersi il territorio del Comune in due zone Pescara e Oliveto. L’assegnazione a ciascuna zona sarà fatta dal Sindaco. 2) Il medico condotto è sottoposto a tutte le disposizioni vigenti, che riguardano l’igiene e la sanità pubblica, a norma delle leggi e regolamenti governativi. 3) La nomina del medico condotto è fatta mediante concorso, al quale potranno essere ammessi soltanto coloro che hanno un’età inferiore agli anni 40. 4) Il servizio di condotta s’intende fatto per i soli poveri determinati in apposito elenco da formarsi dalla Giunta municipale anno per anno, dai quali il medico non potrà percepire compenso di sorta, ed in caso di trasgressione andrà soggetto ad una pena disciplinare, che gli verrà inflitta dall’autorità comunale e che varierà dalla semplice ammonizione, che può essere inflitta dal Sindaco, alla sospensione dal soldo e dall’impiego, fino al definitivo licenziamento, che debbono essere decisi dal Consiglio comunale, udito il parere del medico provinciale con 2/3 dei voti dei consiglieri. 5) Il medico condotto è obbligato ai servizi di vaccinazione, necroscopia, ed a prestarsi all’invito di altro collega condotto, in aiuto di infermi poveri, in qualunque ora, salvo casi di forza maggiore. 6) I medici condotti debbono prestare servizio gratuito per turno di assistenza ai detenuti nel carcere, e ai bambini del brefotrofio municipale. 7) Il medico condotto ha l’obbligo della residenza nel Comune. Non può più allontanarsi più di 24 ore, se non per motivi giustificati,e col permesso del Sindaco. 8) Il medico condotto ha diritto a 15 giorni di vacanza all’anno a carico del Comune. 9) Non si nega il diritto di difesa al medico condotto, il quale desse motivo di lagnanze del pubblico, o per inadempienza agli obblighi inerenti al suo ufficio, o per immoralità. Ma quando le prove, prodotte a carico del medesimo, anche dopo un maturo e sereno esame, lo raggiungono completamente, egli sarà senz’altro destituito, salvo facendogli ogni diritto ed azione. 10) In caso di violazione del presente capitolato per conto di una delle parti contraenti, prima di adire il magistrato, è sempre preferibile un amichevole o bonario componimento che dovrà essere deciso dal medico provinciale alla Giunta. 11) L’assegno del medico condotto sarà quello- determinato dalla pianta organica cioè di lire 1000 lorde. 231 E altri articoli omessi. 7. Capitolo d’appalto del servizio spazzamento pubblico (Approvato il 21 aprile 1909) 1) L’Amministrazione di Maddaloni dà e concede in appalto il servizio pubblico spazzamento di tutte le piazze, strade e vicoli della Città, come quello delle corte di tutti gli edifici destinati a pubblici servizi sieno o non di proprietà del Comune; 2) Il servizio di pubblico spazzamento ha per scopo di far spazzare , raschiare e mantenere continuamente nette, sgombrando da qualsiasi immondizie, pietre, rottami ed altro, tutte le strade, vicoli, piazze e marciapiedi della Città, nonché tutti i cortili comunali come al precedente articolo; come pure di spazzare due volte la settimana la piazza Mercato, sgombrandolo ancora delle pietre ivi abbandonate; 3) I confini estremi per lo spazzamento restano definiti e circoscritti nell’ambito della Città di Maddaloni, cioè:””a) stazione ferroviaria inferiore, già ferrovia Romana: b) mulino sulla via Ponte Carolino; c) casino Roberti gia Rossi, sul Corso Campano; d) casino della Peruta nella via S. Eustacchio Campolongo; e) casa Senneca sulla via Appia; f) casa Borgia, gia Quintavalle, alla via Montano; g) casa Rocco alla via Starza””; 4) Lo spazzamento sarà fatto con sistema generale e continuo. Esso verrà eseguito nel seguente modo: Un’ora prima del giorno durante l’estate e all’alba durante l’inverno, cominciando lo spazzamento generale in vari punti della Città, dividendosi gli spazzini in gruppi a secondo le disposizioni all’uopo impartite dall’appaltatore, in guisa che per le ore sette dal primo Aprile a tutto Settembre e per le ore nove negli altri mesi lo spazzamento generale sia finito. Le strade a brecciame saranno spazzate con quella diligenza compatibile con gli interessi dell’appalto dei lavori di manutenzione; 5) Man mano che ciascuna delle principali strade più trafficate sarà interamente spazzata verranno lasciati in esse dei cantonieri fissi, i quali avranno l’obbligo di rimanervi fino a mezzodì e quindi ritornarsi non più tardi delle ore quattordici per rimanervi sino all’accensione dei fanali della pubblica illuminazione, curando la continua nettezza del tratto di strada loro assegnato. Gli altri spazzini contemporaneamente allo spazzamento generale raccoglieranno in apposti carretti, non inferiori a dieci, le immondizie e le trasporteranno fuori l’abitato, depositandole in quei siti, che saranno stati prescelti dall’autorità municipale. La raccolta delle immondizie verrà eseguita almeno due volte al giorno, oltre quella della spazzatura generale del mattino; 6) Agli effetti dell’art. 5 precedente sono principali le stradi:: a9 Ponte Carolino; b) Corso Campano; c) 1° Ottobre; d) Piazza Umberto I° già Unione; e) Largo S. Sofia; f) Appia; g) Tifatina; h) S. Croce; i) Maddalena antica; l) Bixio o S. Martino; m) S. Andrea; n) Troiani; o) Fabio Massimo; p) S. Margherita; q) Trivio S. Giovanni; r) Piazza S. Croce; s) Idem S. Pietro; 7) L’affitto dei suoli pel deposito delle spazzature è a carico dell’appaltatore, come è a favore di costui il ricavato della vendita di esse, coll’obbligo di cederle a preferenza agli agricoltori del Comune; 8) La spesa dei nuovi carretti pel trasporto della spazzatura, durante l’appalto; la loro manutenzione e riparazione nonché la disinfezione di essi, sarà a carico dell’appaltatore, come pure l’acquisto delle scope, delle cesti o cofani, delle pale e di ogni altro utensile o strumento indispensabile pel servizio dello spazzamento sarà sempre a carico dell’appaltatore; 9) I carretti saranno chiusi e dipinti ad olii all’esterno e rivestiti interamente di latta all’interno. Due volte la settimana da Aprile a Settembre ed una volta per settimana da Ottobre a Marzo i carretti adibiti al trasporto della spazzatura dovranno lavarsi a cura e spese dell’appaltatore con quella soluzione di disinfettante che prescriverà l’Ufficiale sanitario del Comune; 10) L’appaltatore avrà l’obbligo anche di far raccogliere dagli spazzini, suoi dipendenti, tutte le immondizie che i privati depositeranno nei cortili delle proprie abitazioni o avanti di esse, sempre che ne venga richiesto; 11) L’appaltatore a richiesta della competente Autorità municipale, e mediante posticipato compenso, sarà tenuto a tutti quei lavori di spazzamento, sgombro, pulizia od altro di cui la predetta Autorità credesse d’incaricarlo; 12) L’abbigliamento degli spazzini sarà fatto a cura e spese dell’appaltatore. Esso dovrà essere sempre decente e consisterà in un camiciotto di tela conformo al modello prescritto dell’autorità municipale ed in un cappello coverto di tela incerata con la scritta “Pubblico Spazzamento”; 232 13) L’appaltatore dovrà curare che egli o un suo incaricato vigili continuamente il servizio del pubblico spazzamento nei modi e termine voluto del presente Capitolato e contratto d’appalto, essendo egli solo responsabile verso l’Amministrazione comunale del buon andamento del servizio e della condotta degli spazzini; 14) Volta per volta che l’appaltatore assumerà in servizio nuovi spazzini, dovrà, almeno 24 ore prima, riportarne sulla relativa istanza, il nulla-osta del Sindaco. Un elenco degli spazzini, con le loro generalità e con l’indicazione della casa dove abitano, dovrà tenersi al corrente dal Comandante della Guardie municipali e dall’Ufficio annonario nei predetti uffici, e preventivamente le variazioni che si avverassero nel personale degli spazzini; 15) Dal primo Giugno al trenta Settembre l’appaltatore dovrà far innaffiare a sue spese ed una volta la giorno, nelle ore che gli verrà indicato dall’Autorità comunale la piazza Umberto I e via 1° Ottobre sino ala largo Monte dei Pegni; 16) L’appaltatore sarà obbligato, sempre quando ne venisse richiesto di porre a disposizione dell’Amministrazione comunale due spazzini per lavori manuali d’interesse della stessa, non dovendo eccedere la durata del lavoro i tre giorni per ogni spazzino; 17) Il numero degli spazzini che l’appaltatore dovrà costantemente tenere pel servizio dello spazzamento non potrà essere inferiore a diciotto, e ciascun di essi dovrà avere non meno di 15 e più di 60 anni di età. Dovranno inoltre essere cittadini di regolare condotta, né vigilati, né ammoniti ai termini della vigente legge di pubblica sicurezza ed avere il domicilio fisso nella Città di Maddaloni; 18) Gli spazzini al momento dell’appalto del servizio del pubblico spazzamento si trovassero già in servizio del Comune o dell’appaltatore uscente dovranno essere mantenuti tali della nuova Impresa sino a quando presteranno la loro opera con zelo ed onestà; 19) Il ritardo nel servizio dello spazzamento, la totale o parziale cattiva sua esecuzione, il ritardo od il cattivo inaffiamento nei giorni ed ora stabilita ed ogni altra violazione totale o parziale del presente Capitolato verrà punita per la prima volta con multa di lire 5 a 20, per ogni giorno di ritardo nell’adempimento degli ordini ricevuti; per la seconda volta con multa da lire 20 a 50 e per la terza volta con la recessione del contratto e col conseguente riappalto in danno dell’appaltatore inadempiente. In ogni caso qualora il Comune è costretto a procedere d’ufficio la tariffa del pagamento al personale e quella del Regolamento attuale pel servizio in economia rimanendo il prodotto dell’immondizia a favore degli spazzini; 20) Le multe di cui al precedente art. 19 verranno applicate dall’Autorità municipale a seguito di verbale degli agenti giurati del Comune e dopo le deliberazioni in scritto a discolpo dell’appaltatore. L’Ammontare di tali multe verrà ritenuto volta per volta sul canone mensile dovuto all’appaltatore; 21) E’ vietato il subaffitto del servizio senza il consenso in iscritto dell’Amministrazione appaltante; 22) Su semplice richiesta del Sindaco l’appaltatore deve ipsofact la cauzione e mettere fuori servizio quegli spazzini che gli verranno indicati senza poter nulla eccepire in contrario; 23) L’appalto avrà la durata dello scorcio di questo anno e di tutti il venturo anno 1910; 24) L’appaltatore dovrà avere il domicilio reale in Maddaloni (città). Dovrà eseguire preventivamente, nella Cassa del Comune, di lire trecento oltre al deposito di lire 150 in conto spese del contratto che andranno tutte a carico di lui niuna esclusa ed eccettuata. La cauzione definiva è fissata in lire 400 e dovrà essere in contanti o titoli di rendita ragguagliabili al corso corrente di Borsa. Essa dovrà prestarsi dall’appaltatore entro giorni 15 della seguita partecipazione della esecutoria degli atti d’incanto. Il Consiglio approva l’appalto al Bove con il canone di lire 4242. 8. Regolamento per i medici condotti (Approvato il 3 maggio1909) 1) Il Comune di Maddaloni ha una popolazione complessiva di 21310 abitanti, ed ha tre medici condotti, due per il centro ed uno per la borgata di Montedecore; 2) I medici del centro sono destinati per le due zone in cui è diviso il Comune, cioè Pescara ed Oliveto; 3) Nella Sezione Pescara sono n° 76 poveri. Nella sezione Oliveto vi sono 162. Il numero dei poveri qui sopra segnati, ai sensi dell’art. 27 del regolamento sanitario 19 luglio 1906, non ha valore contrattuale; 4) Se per qualunque causa ed in qualunque tempo, cresce temporaneamente la popolazione, i medici sono tenuti al maggior servizio, quando l’aumento non sorpassi i due decimi della popolazione normale. In ogni altro caso il Comune provvederà ai sensi dell’art. 3 della legge sull’assistenza sanitaria 23 febbraio 1904; 5) La nomina del medico condotto è fatta mediante concorso per titoli o per esami nei tre mesi 233 successivi alla vacanza. Rendendosi vacante un’altra volta il posto, nei tre mesi del concorso espletato, è data facoltà al Comune di poter nominare il medico tra i dichiarati meritevoli ai sensi dell’art. 35 del Regolamento sanitario. Al concorso potranno essere ammessi soltanto coloro che hanno un’età inferiore agli anni quaranta; 6) L’avviso di concorso conterrà tutte le notizie di cui all’art. 27 del Regolamento sanitario; 7) La nomina sarà fatta a tenore di legge. Il nominato avrà 15 giorni di tempo, dalla partecipazione ufficiale per l’accettazione, ad un mese per assumere il servizio. I termini sono a pena di decadenza; 8) A parità di merito per i posti vacanti in Città, nel concorso avrà la preferenza che è già medico della Borgata; 9) Il titolare che vorrà dimettersi dovrà preavvisare l’Amministrazione comunale tre mesi prima. Potrà essergli data facoltà di abbandonare prima della scadenza dei tre mesi il servizio, provvedere a sue spese la supplenza; 10) I provvedimenti disciplinari contro il medico condotto saranno soltanto presi con le norme del Regolamento; 11) I ricorsi e le colpe che si addebitano al medico condotto, saranno a lui contestati dall’Autorità comunale, non oltre i quindici giorni del che sono venute di essi a conoscenza. Doveri del medico condotto: 12) Il medico condotto deve assistere gratuitamente: a) I soli poveri scritti nell’elenco debitamente redatto ed approvato; b) I poveri di passaggio per il Comune; c) I militari dell’Arma dei R. Regio Carabinieri. 13) Gli abbienti del Comune avranno diritto alla cura e saranno tenuti al pagamento a norma di tariffa stabilita dal Consiglio dell’Ordine dei Sanitari, alla quale saranno rapportati anche i casi di cui all’art. 21 del Regolamento; 14) I medici condotti a richiesta dell’Ufficiale sanitario sono tenuti a coadiuvare l’Ufficio Igienico, nei servizi d’ispezione e di vigilanza sanitaria; 15) Il medico condotto dovrà, ai termini dell’art. 28 del Regolamento, eseguire gratuitamente le vaccinazioni e rivaccinazioni, sia ordinarie sia straordinarie, ed adempiere al servizio necroscopico. Le vaccinazioni ordinarie e straordinarie debbono eseguirsi nei luoghi pubblici, previo avviso delle Autorità municipali; 16) Per la spedizione dei medicinali ai poveri, cosi il medico che il Comune si atterranno a quanto dispongono gli artt. 67, 68 e 69 del Regolamento; 17) Il medico deve rispondere con premura e zelo alle incombenze del proprio ufficio; 18) Il medico deve prestarsi gratuitamente per consulti a malati poveri anche in altre zone, qualora ne sia richiesto dal collega curante, e nei casi di parti anormali, richiesti dalla levatrice; 19) I medici condotti debbono prestare servizio gratuitamente per turno di assistenza ai bambini del brefotrofio municipale; 20) Il medico ha l’obbligo di vigilare nella sua zona alle condizioni igieniche e riferirne al sindaco od all’Ufficiale sanitario proponendo opportuni provvedimenti. Il medico addetto al servizio della Borgata deve richiamare l’attenzione del Sindaco e dell’Ufficiale sanitario all’applicazione dell’art. 15 della legge 25 febbraio 1904. Diritti: 21) La condotta intera che viene corrisposta ai sanitari del Comune è in lire 3000 annua. Ciascuno dei medici percepirà quindi l’assegno di lire 1000 annue lorde; 22) Il medico condotto ha diritto a ricompense speciali: a) per i certificati rilasciati nell’interesse dei privati non poveri e non obbligatori per legge; b) per assistenza a parti, per i quali non fu espressamente richiesto dalla levatrice; c) per l’assistenza richiesta fuori la propria zona, ove non trattasi di casi urgenti; d) per le cure alle guardie di Finanza e di Città; e) per il servizio delle carceri. I compensi di cui alle lettere a, b, c, d si intenderanno a carico dei privati; 23) Il Comune è obbligato di far tener al principio di ogni anno, al medico, l’elenco dei poveri della condotta, al doppio scopo dell’assistenza sanitaria e della somministrazione gratuita dei medicinali; 24) Al medico condotto non si potrà impedire di accettare incarichi professionali, sempre che siano compatibili con gli obblighi della condotta, nell’ambito della stessa; 25) Dagli effetti dell’art. 27 e 29 del Regolamento generale, il congedo annuale ordinario, da potersi usufruire in uno o più periodi, sarà sempre di quindici giorni, fermo restando le disposizioni che riguardano i congedi per casi di malattie contratte o non in servizio; 26) Ogni contestazione per decidere se una malattia sia o no contratta in servizio sarà risoluta 234 inappellabilmente con parere collegiale. Il Collegio sarà composto da un Ufficiale medico superiore scelto dal Prefetto, dal medico provinciale e di un componente l’ordine dei sanitari, scelto dal Comune; 27) Nessun onere od aggravio dovrà sopportare il medico durante il congedo ordinario di quindici giorni; 28) Al medico potranno essere concesse anche piccole licenze per ragioni di famiglia, che accumulate non superino venti giorni nell’anno. Esse non verranno compensate nella licenza ordinaria, ma la supplenza, in tali casi è a carico del medico, d’accordo con gli amministratori; 29) In caso di assenze per disimpegno obbligatorio di pubblici uffici; giurie, richiami sotto le armi, sequestro per malattie contagiose, commissioni, inviti di Autorità giudiziarie, amministratori; ecc., esse non verranno comprese nel compito del congedo ordinario e le supplenze saranno a carico del Comune 9. Regolamento di vigilanza sanitaria sui laboratori di carne (Approvato il 15 dicembre 1909) 1) I locali destinati alla macellazione devono essere distinti da quelli adibiti alla lavorazione delle carni ed alle successive operazioni: 2) Nel Comune di Maddaloni possono istituirsi dei laboratori di carne; 3) I locali per la macellazione avranno dimensioni commisurate all’entità della lavorazione, saranno ben ventilati ed illuminati e munti di pareti lisce, rivestite di materiali impermeabili fino all’altezza di almeno due metri dal suolo e raccordate a sagome curve col pavimento, che sarà pure impermeabile, ben levigato e con sufficiente pendenza verso il condotto di smaltimento dei prodotti di rifiuti liquidi e delle acque di lavatura. In questi locali non deve mancare una abbondante provvista di acqua di lavaggio; 4) I locali destinati alla lavorazione delle carni ed alla conservazione dei prodotti devono essere esclusivamente riservati a tali usi e debbono essere mantenuti costantemente puliti; 5) Il laboratorio deve essere corredato di mezzi adeguati, da mettere a disposizione del veterinario, per l’immediato trattamento delle carni riscontrate insalubri, allo scopo di sottrarle ad ogni possibilità di consumo alimentare; 6) Le stalle di sosta annesse al laboratorio debbono rispondere all’esigenza dell’igiene; 7) All’ingresso del laboratorio verrà collocato, in modo visibile al pubblico, un cartello munito del visto dell’Autorità comunale indicante le specie di carni che si lavorano; 8) Quando si voglia collocare il laboratorio fuori dell’abitato, la località non dev’essere né molto lontana, né di difficile accesso, per modo che non riesca difficile o malagevole la continua e scrupolosa vigilanza sanitaria all’azienda; 9) Nella confezione delle carni insaccate, non si potranno mescolare carni appartenenti a specie diverse di animali, se tale mescolanza non sia stata approvata dall’Autorità sanitaria e dichiarata in commercio nei modi di cui appresso; 10) Le intestina degli animali adoperati per l’insaccamento delle carni dovranno essere sane, convenientemente lavate ed disinfettate; 11) Per la preparazione dei casi detti sanguinagli, salami di fegato e salsiccia, facilmente alterabili, in specie nella stagione estiva, non si adopereranno viscere conservate o sangue stantivo, al di la cioè di 24 ore dalla loro estrazione dal corpo degli animali; 12) Se richiesta dall’industriale, le carni insaccate, salate o comunque preparate alle condizioni suesposte verranno munite di un bollo a piombo, portante da un lato il nome della Ditta e dall’altro le lettere (c.s) con carne bovina, (c.s.e.) carne suina mista con equina, a secondo della loro confezione; 13) L’introduzione nel Comune della carne fresca macellata altrove e destinata a stabilimenti industriali sarà soggetta all’osservanza delle seguenti condizioni: a) che i pezzi siano marcati con un timbro speciale dall’Autorità del luogo di provenienza; b) che siano muniti di un certificato vidimato dalla stessa Autorità municipale, in cui si dichiari che i pezzi marcati col bollo speciale appartengono ad animale sano e macellato in pubblico macello; 14) Quelle delle predette carni poste in vendita o ritenute nei siti di deposito che venissero riconosciute dai sanitari guaste od adulterate con sostanze nocive saranno sequestrate e distrutte; 15) L’Autorità comunale ordinerà la chiusura di un laboratorio di carni preparate, quando l’industriale non ottemperi alle prescrizioni suindicate o vi abbia due volte contravvenuto; 16) Chi intende aprire un laboratorio di carni insaccate per farne commercio deve darne avviso 235 all’Autorità comunale almeno 15 giorni prima. Nel detto termine l’Autorità farà eseguire una ispezione da parte dell’Ufficiale sanitario, sul cui voto favorevole, dato per iscritto, concederà l’autorizzazione; 17) In caso di diniego potrà prodursi ricorso nei modi di legge; 18) Ogni laboratorio, affinché non manchi su di esso l’efficace e continua vigilanza, deve sostenere a spesa dell’interessato, l’esercizio di un veterinario diplomato, prescelto dall’Autorità comunale; 19) La macellazione deve compiersi nelle ore di giorno; 20) Nell’Ufficio comunale sarà tenuto al corrente un apposito elenco dei laboratori autorizzati, i quali dovranno periodicamente essere ispezionati dall’Ufficiale sanitario; 21) Una copia dell’elenco e dell’eventuali notificazioni sarà comunicata alla Prefettura per le verifiche che il Prefetto credesse in qualunque tempo disporre per parte del veterinario provinciale; 22) I laboratori, nel caso che vi esistono nel Comune, potranno mettersi in regola nel termine di un mese dalla pubblicazione del presente Regolamento. 10. Tariffe delle vetture da nolo (Approvate il 13 luglio 1932) 1) A decorrere dal 1° aprile 1932 la tariffa delle vetture da nolo è stabilita come appresso (alcuni esempi) – Da Maddaloni alla stazione Adriatica (Maddaloni superiore), distanza 2.700 m., vettura a due cavalli andata lire 8; A/R lire 13; vettura ad un cavallo andata lire 5; A/R lire 7. – Da Maddaloni a Valle di Maddaloni, dist. 6.500 m., vettura a due cavalli A. lire 14; A/R lire 25; ad un cavallo A. lire 10; A/R lire 16. – Da Maddaloni a Caserta, dist. 6.500 m., a due cavalli A, lire 12; A/R lire 16; ad un cavallo A, lire 6; A/R lire 10. – Maddaloni al Cimitero a due cavalli A. lire 5; A/R lire 9; ad un cavallo A. Lire 2; A/R lire 4. ecc.ecc. 2) I vetturini hanno l’obbligo per l’andata e ritorno di attendere un’ora, dopo la quale hanno diritto di esigere per la prima mezz’ora lire 1,50 (per la vettura a due cavalli), e lire 0,75 (vettura ad un cavallo, detta “romanella”, e per le mezze ore successive, rispettivamente lire 1 e lire 0,50. Ogni spazio di ora, inferiore ai minuti trenta, si calcolerà per mezz’ora. Servizio per l’interno della città: dalla stazione meridionale a qualunque punto della città e per l’interno stesso della città, per le vettura a due cavalli lire 3, e per un cavallo lire 1,50. Servizio ad ora nell’interno della città e sue adiacenza: per la prima ora, vettura a due cavalli, lire 5, e ad un cavallo lire 3. Per ogni successiva mezz’ora, rispettivamente lire 1,50 e 1. Servizio notturno <<s’intende notturno quello prestato da un’ora dopo l’avemaria ed un’ora prima dell’alba>> durante tale periodo i prezzi soprassegnati saranno raddoppiati. 3) Le vetture devono essere decenti e decorose <<all’uopo, nella Pasqua di ciascuno anno, esse verranno passate in rivista e saranno eliminate quelle che non corrisponderanno a tali requisiti. I vetturini devono portare un berretto conforme al tipo prescritto dall’Amministrazione che non dovranno abbandonare mai per nessuno motivo. La tariffa, come innanzi stabilita, è fissa ed inderogabile, e pertanto verrà punito con la sospensione del servizio per uno o due giorni – il vetturino che ad esse non si atterrà strettamente. Le vetture dovranno stazionare nei luoghi stabiliti dall’Autorità municipale e dovranno occupare il posto ad esse spettante secondo l’ordine di arrivo. Il cittadino dovrà servirsi della vettura che è prima nella fila ed il vetturino, che sia secondo, terzo ecc., ecc. nell’ordine, dovrà declinare, pena la sospensione sopra stabilita, ogni richiesta od invito d’ingaggio. 11 .Regolamento per il servizio comunale delle pubbliche affissioni e della pubblicità affine. (24 settembre 1928) Titolo I - Capo 1 - Estensione del servizio 1) Sotto la denominazione di pubbliche affissioni e della pubblicità affine si comprende di cartelli, stendardi, avvisi stampati litografati o manoscritti sui muri prospicienti le pubbliche strade e piazze, o affissi sul suolo pubblico, o collocati in modo da essere permanentemente e totalmente visibili dalle strade o piazze pubbliche. 2) Ai fini del presente regolamento non vengono considerate come pubbliche affissioni le insegne, mostre ed avvisi di carattere permanente che sono colpite dalla tassa sulle insegne, nonché i cartelli, gli avvisi e gli altri mezzi di pubblicità esposti in locali di commerci compresi in essi i caffè, bar, ristoranti ed osterie, nelle finestre dei medesimi, nell’interno o all’esterno delle vetrine, quindi si riferiscono al commercio esercitato nei locali stessi, o si riferiscono art articoli fabbricati dallo stesso commerciante. 236 3) Per gli avvisi di carattere permanente commerciali la licenza di affissione rilasciata dall’Autorità di P.S. del Comune, nel quale gli avvisi sono stampati, è valida anche per l’affissione in altri comuni a condizione che risultino degli avvisi stessi gli estremi della ottenuta autorizzazione. Capo 2 – Norme generali per le concessioni e le tassazioni. 4) E’ facoltà dell’Amministrazione comunale di concedere uno sconto del 30% sui prezzi delle tariffe, quando trattasi di pubblicità riguardante la produzione sia agricola, sia industriale, offerta dal produttore direttamente al pubblico. 5) Il pagamento totale dell’importo per ogni commissione deve eseguirsi anticipatamente. Per le commissioni però di durata semestrale o annuale o dell’importo non inferiore a lire 500, il pagamento medesimo può effettuarsi in rate trimestrali anticipate, la prima nella misura stabilita dalla tariffa trimestrale, mentre per le rimanenti si farà luogo al pagamento della differenza per raggiungere la tariffa semestrale o annuale. 6) Per diritto di commissione il Comune potrà percepire al massimo la somma di lire 2 per ogni singola commissione, ancorché questa comprenda più ordinazioni. 7) Sono esentati dal pagamento dei diritti stabiliti dalla tariffa: a) i manifesti delle Autorità, delle Associazioni sindacali costituite a norma della legge 3 aprile 1926, delle Associazioni autorizzate a norma dell’art. 93 del R.D. 1 luglio 1926; b)gli avvisi o manifesti elettorali durante il periodo delle elezioni pubbliche; c) gli avvisi ed i cartelli inerenti al culto esposti ai lati della porta principale d’ingresso della chiesa in apposito quadro; d) gli avvisi di affitti esposti alle porte d’ingresso di fabbricati da affittare; e) i manifesti di annunzio di spettacoli o di riunioni che si affiggono in due appositi quadri di dimensione non superiore ad un metro quadrato ciascuno, ai due lati della porte principale d’ingresso ai locali in cui gli spettacoli e riunioni hanno luogo. 8) E’ concesso lo sconto del 50%, eccettuate però per le commissioni della durata di un solo giorno per: a) I manifesti e la pubblicità di quelle associazioni di carattere nazionale per le quali non sia applicabile l’art. 7 e delle società di Mutuo soccorso legalmente riconosciute; b) i manifesti di spettacoli a totale beneficenza, festeggiamenti patriottici, conferenze, corsi scolastici gratuiti; c) i manifesti di qualunque specie riguardanti l’Istituto nazionale Dopolavoro ed il Consorzio nazionale per i comuni, stazioni di cura, soggiorno o turismo. 9) Qualora si tratti di pubblicità affissa o sporgente sul suolo pubblico non sarà dovuta la tassa di affissione quando sia dovuta quella per occupazione di suolo pubblico previsto dall’art. 193 del testo unico della legge com.le e prov.le. 10) Non potranno essere sottoposte alle tasse previste nel presente regolamento le affissioni o la pubblicità di qualunque natura impiantate o da impiantarsi lungo le strade statali fuori dagli abitati, lungo le autostrade, lungo le ferrovie o nell’interno delle stazioni e delle altre sedi delle ferrovie medesime. 11) Per ordinazioni fatte da una stessa ditta, anche se per pubblicità di diversi prodotti di proprietà della medesima da lire 200 a 500 deve essere concesso uno sconto minimi del 5%; per ordinazioni da lire 500 a 1.000 deve essere concesso uno sconto minimi del 10%. 12) Per i manifesti e le iscrizioni aventi scopo di pubblicità redatti in lingua straniera i diritti di tariffa sono quadruplicati. Titolo II Pubbliche affissioni – Capo I – Norma per la pubblicazione dei manifesti. 13) L’Autorità comunale determinerà previo consenso dei proprietari i luoghi in cui sarà permessa l’affissione. Nei locali degli uffici municipali dovranno essere esposti, in modo da potersi facilmente consultare dal pubblico, la tariffa delle affissioni, ed un elenco sul quale dovranno essere indicati con precisione tutti gli spazi su tabella che il Municipio ha per le affissioni. 14) Le affissioni della durata da uno a quindi giorni devono essere eseguiti nel giorno successivo a quello in cui sono consegnati o pervengono all’ufficio i manifesti, e sempre dopo che sia stato eseguito il pagamento a norma di tariffa. Alle affissioni di manifesti commerciali dai quindici giorni ad un anno sarà dato corso con la massima sollecitudine compatibilmente con le esigenze del servizio. Il ritardo causato dal persistente cattivo tempo o dalla mancanza di spazi disponibili è considerato causa di forza maggiore. Qualora il ritardo previsto superi quindici giorni dalla data di ordinazione il Municipio dovrà dare subito avviso al committente, il quale se lo riterrà, opportuno, potrà annullare l’ordinazione. La durata dell’affissione, però, in ogni caso, decorrerà dal giorno in cui sarà stata eseguita al completa. 15) per le eventuali affissioni richieste pel giorno stesso in cui sono stati consegnati i manifesti, o entro il periodo di due giorni per le affissioni commerciali della durata da quindici giorni ad un anno, quando sia possibile eseguirle, è dovuto, oltre al prezzo della tariffa, un compenso in ragione di lire 10 per ogni cento fogli o frazione di cento fogli. Per le affissioni di urgenza richiesta per eseguirsi di 237 notte o nei giorni festivi, sempre nel caso che sia possibile eseguirle, il compenso è di lire 30 per ogni cento fogli o frazione di cento. 16) Quando un medesimo avviso raggiunge il numero di 6 fogli del formato di 70 x 100 o la superficie equivalente verrà applicato l’aumento del 50%. 17) L’Ufficio municipale delle affissioni ha l’obbligo di ricambiare gratuitamente i manifesti stracciati o comunque deteriorati. Mancando l’ufficio dei manifesti di ricambio esso dovrà subito avvertire la ditta interessata e in attesa di ricevere i manifesti dovrà tenere a disposizione lo spazio coprendolo con un foglio di fondo, 18) Ogni variazione o aggiunta apportata al manifesto già affisso, e che non sia di normale ricambio, sarà soggetta al pagamento di un supplemento nella misura da determinarsi dall’ufficio delle affissioni secondo l’entità delle variazioni ed aggiunte, ed ad ogni caso non superiore alla metà della tariffa stabilita per un giorno di un foglio 70X100. Capo 2 – Tariffa per le affissioni 19) L’unità di misura è di un foglio di cm. 70X100. Le fazioni di fogli vengono computate come fogli interi. La tariffa delle affissioni non potrà mai essere superiore alla seguente: 1° giorno £. 0,40; 3 giorni £ 0,35; 7 giorni £ 1; 10 giorni £ 1,25; 15 giorni £ 1,40; 1 mese £ 2,10; 3 mesi £ 5,50; 6 mesi £ 8; 1 anno £ 13. 20) Le affissioni per pubblici spettacoli godranno di uno sconto del 50% sulla tariffa calcolata per ciascun foglio e a giorni. Titolo III – Pubblicità eseguita con altri mezzi – Capo 1 – Norme generali 21) Per questa specie di pubblicità la tariffa è unica. 22) La superficie della pubblicità agli effetti della tassa verrà calcolata a metro quadrato. Le frazioni verranno arrotondate a quarti di metro quadrato. La superbie verrà calcolata in base al minimo poligono entro il quale può essere circoscritto l’avviso fatto con pittura o qualsiasi altro mezzo. 23) La tariffa riflette soltanto i diritti dovuti al Comune per l’esposizione del materiale di pubblicità. Pertanto qualora lo spazio della pubblicità sia concesso sull’area di stabili di proprietà municipale o di edifici demaniali dati in concessione al Municipio, il Comune potrà pretendere inoltre, quando ne sia il caso, un compenso da fissarsi all’Ufficio comunale a titolo di affitto. – Capo 2 – Pubblicità ordinaria e pubblicità con luce – 24) Il Comune dovrà adottare una tariffa non superiore alla seguente per ogni mq.: 1 mese lire 2,50; 3 mesi lire 1,6; 6 mesi lire 1,9; 1 anno lire 1,12. 25) Per la concessione di poter eseguire pubblicità luminosa o illuminata sul suolo pubblico, o esposta stabilmente in modo da essere permanentemente o totalmente visibile dalle vie i piazze pubbliche vigeranno le seguenti tariffe massimo per ogni mq: Pubblicità luminosa 3 mesi lire 20; 6 mesi lire 30; 1 anno lire 50; - Pubblicità illuminata 3 mesi lire 12; 6 mesi lire 18; 1 anno lire 24 - . 26) La tariffa della pubblicità luminosa o illuminata non è applicabile ai globi luminosi od illuminati, contenendo la sola indicazione del nome, ditta o marca del prodotto, quando siano collocati in luoghi dove viene fatta la vendita o distribuzione del prodotto stesso. Capo 3 – Pubblicità eseguita con sistemi speciali 27) La concessione di poter esporre trasversalmente alle vie, corsi, piazze, ecc. tele di pubblicità non potrà essere rilasciata se non quando tali tele non nuocciono all’estetica ed al decoro urbano. 28) Per le concessioni di cui all’art. precedente verrà applicata una tariffa non superiore a lire 4 per ogni giorno. 29) Per la pubblicità eseguita mediante distribuzione a mano di manifestini o biglietti per le vie o piazze pubbliche la tariffa non potrà essere superiore a lire 5 al giorno per ogni persona: 30) I veicoli di trasporti con iscrizioni a fine di pubblicità, relative all’Azienda cui il veicolo serve, od al prodotto da esso trasportato, sono soggetti alla seguente tariffa di pubblicità nel solo Comune dove ha sede l’Azienda, e non sono ulteriormente tassabili dai comune dove sono di transito o di sosta. Tariffa unica annuale: 1° Autoveicoli lire 100 annue; 2° Furgoncini o carri trainati da forza meccanica lire 50 annue; 3° Furgoncini spinti da velocipedi o carretti lire 25 annue. Per la pubblicità eseguita su automobili in uso pubblico ed altri veicoli pubblici o privati sempre che essa sia visibile dalle vie o piazze pubbliche e sia fatta all’esterno e non all’interno di dette vetture, sarà applicata la tariffa normale di cui all’art. 25, triplicata. Quando si tratti invece di veicoli esclusivamente adibiti a fine di pubblicità per conto di terzi e che circolino sul Comune si applicherà loro, a seconda della superficie della pubblicità circolante, la tariffa della pubblicità permanente sestuplicata, con un mino di tassa di tre mesi. 238 Quando trattasi di pubblicità ambulante luminosa o illuminata, ai diritti di tariffa di cui sopra dovranno aggiungersi i diritti della tariffa base per la pubblicità luminosa o illuminata stabilita al Capo 2 del presente titolo.Titolo IV – Disposizioni transitorie 31) E’ in facoltà del Comune di cedere in appalto il servizio delle pubbliche affissioni e della pubblicità affine. In tal caso di appalto la ditta concessionaria ha obbligo di aver un proprio ufficio e di attenersi scrupolosamente alle norme dettate nel presente regolamento comunale. 32) L’Ufficio delle affissioni e aperto al pubblico dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19 nei giorni feriali, dalle 9 alle 12 nei giorni festivi. 12 .Capitolato d’appalto per l’espurgo dei condotti pluviali (Approvato il 17 aprile 1906) 1) l’imprenditore dovrà levare ed asportare tutto il materiale di qualunque specie e natura che trovasi in tutti i pozzetti sottoposti ai chiusini e nei rametti e nelle condutture principali della città; 2) Tutto il materiale di spurgo dovrà essere trasportato, a sue spese, con carri nei pubblici scaricatoi, ed il trasporto dovrà eseguirsi, man mano, che il materiale viene accumulato fuori dalle fogne, in modo da non ingombrare spazi che diano incomodo al pubblico; 3) Pulito il condotto di una strada o di un violetto, l’appaltatore dovrà disinfettare con lavaggio di acqua e calce al 50%, sotto la sorveglianza immediata degli agenti municipali e nella quantità che stabilirà il Sanitario municipale; 4) Nell’aprire e chiudere i chiusini, dovrà usare la massima diligenza per non scheggiare, rompere e deprezzare le lapidi ed i telai di pietra; 5) Lo spurgo, in ogni singola strada o vicolo, dovrà principiarsi dalla parte sopra corrente; 6) L’imprenditore è responsabile di tutti i danni che per l’opera sua possono derivare alla lastricatura stradale ed è quindi obbligato a sue spese ripararli; 7) Il lavoro dovrà incominciarsi col giorno 25 corrente e dovrà aver termine dopo un mese lavorativo senza interruzioni; 8) Per lo spurgo completo, compreso il trasporto, carico e scarico del materiale e lavatura della conduttura, niuna cosa esclusa, saranno corrisposte lire 400 da pagarsi dopo il collaudo del lavoro; 9) Il compimento e l’esattezza del lavoro dovrà essere accertato da un certificato di un ingegnere di fiducia del Municipio; 10) Le spese tutte che occorrono nel presente foglio ricadono a carico dell’imprenditore, comprese quelle del contratto; 11) Mancando l’appaltatore ad un solo degli obblighi stabiliti nel presente foglio sarà possibile di un multa di lire 50. 13 .Regolamento edilizio (Approvato il 13 aprile 1912) “La Commissione con l’incarico di studiare la stesura del regolamento e riferirne poi al Consiglio, che ebbe l’11 dicembre 1911. “Il consigliere Zaza cosi riferisce: Onorevoli Colleghi, per , importanza, dopo quello d’igiene, viene il Regolamento edilizio, e questa importanza deriva dalle Istruzioni ministeriali 20 giugno 1896, riguardanti l’igiene del suolo e delle abitazioni, e dell’art. 111 del Regolamento 12 febbraio 1911 per l’esecuzione del testo unico della legge comunale e provinciale 21 maggio 1908, a cui ci siamo precisamente informati. Anziché rattoppare il vecchio regolamento abbiamo creduto miglior cosa presentarvi un lavoro completo, riunito in un testo unico, informato ai nuovi bisogni del progresso e della civiltà alle nuove esigenze, alle nuove norme legislative, allo sviluppo edilizio cittadino. E’ stato oggetto principale dei nostri studi e ci siamo interessati in special modo delle modalità occorrenti agli scavi, ai depositi di materiali per costruzioni, ai restauri, agli sgombri, alle demolizioni, nonché alle occupazioni si suolo pubblico, alla decenza dell’abitato. Al regolamento in esame occorre il piano regolatore della Città, e un augurio che, esaurito il problema della provvista dell’acqua potabile, ormai entrata nel periodo dei fatti compiuti, il piano regolatore, ripeto, sia oggetto di studio pratico e delle cure coscienziose di questa Amministrazione nelle prossime sessioni. Cosi dimostreremo che Maddaloni non è seconda a qualsiasi altra città d’Italia nostra nella nobile gara risvegliatosi da vari anni a questa parte fra i vari Comuni per migliorare le proprie condizioni igienico ed edilizia e Voi farete opera di amministratori retti e onesti qual siete, accordando la vostra approvazione al presente regolamento che, a nome della Commissione, da voi nominata, ho l’onore di presentarvi”. Capitolo I – Disposizioni generali 239 1) Il Sindaco assistito dalla Commissione edilizia di cui nel presente art. 2, provvede all’osservanza delle disposizioni di cui nel presente regolamento e nelle relative leggi e regolamenti governativi, nonché delle Istruzioni ministeriali 20 giugno 1896; 2) La Commissione edilizia è composta come segue: il Sindaco, o chi per lui, presidente, l’Ufficiale sanitario comunale, l’Ingegnere comunale, l’Ispettore mandamentale delle antichità, e tre consiglieri comunali, nominati dal Consiglio fra persone per cultura, idonee a questo ufficio, ogni triennio. Detta Commissione avrà voto permanente consultivo, e darà il suo parere interno a quelle opere sulle quali sempre consultabili dal Sindaco, dalla Giunta o dal Consiglio secondo i casi. Il suo parere deve essere richiesto tutte le volte che è imposto da tassative disposizioni di legge, regolamento ed istruzioni governative; 3) L’Ingegnere comunale nominato dal Sindaco ha la direzione tecnica e la vigilanza relativa, giusto quanto è disposto dal presente regolamento e da quello d’igiene. Ha pure l’incarico di controllare che nella esecuzione dei lavori e delle opere in osservanza delle disposizioni del presente regolamento, si osservi questo nonché le leggi ed i regolamenti governativi al riguardo; 4) Le prescrizioni del presente regolamento sono circoscritte all’interno dell’abitato e nel perimetro delle frazioni di questo Comune. Esse non si estendono alla campagna che per sole disposizioni speciali che riguardano queste; 5) Al Consiglio comunale spetta il determinare l’ubicazione, l’allargamento o restrizione, la livellazione, l’allineamento o soppressione di piazze o strade o passaggi pubblici, e cosi di risolvere nelle domande di demolizione ed alterazione qualunque di suolo di spettanza pubblico, in osservanza del piano regolatore di cui agli art. 24 ed 29 delle cennate Istruzioni ministeriali; 6) L’allineamento e la livellazione dei nuovi fabbricati da costruirsi dovrà essere conforme alle vie o piazze, sulle quali sono eretti ed alle case attualmente ivi esistenti. Tale provvedimento però avverrà per concerto o nelle forme volute della legge sull’espropriazione per causa di pubblica utilità e mediante compenso; 7) L’altezza massima e la proporzione delle nuove costruzioni dovrà stare in relazione all’ampiezza delle vie e dei cortili, ai sensi dell’art. 25 ed in conformità del piano regolatore della città di cui all’art. 5; 8) Nella costruzione, demolizione o riattamento di fabbricati, edifici, ecc. dovranno sempre osservarsi, oltre a quelle del presente regolamento, anche le prescrizioni volute dai vigenti regolamenti d’igiene e di polizia urbana e stradale; 9) Dietro il voto della Commissione edilizia, spetterà al Sindaco ed alla Giunta comunale l’impedire l’esecuzione di quelle opere che non siano conformi alle disposizioni del presente regolamento, ovvero siano in opposizione alle vigenti leggi di Pubblica sicurezza, d’igiene, o che possano essere di pericolo od impedimento alla sicurezza o libertà del passaggio oppure deformare l’aspetto dell’abitato; 10) Gli agenti di forza pubblica, i vigili sanitari e le guardie comunali avranno l’incarico di vagliare all’osservanza delle disposizioni del presente regolamento, nonché di quello di Polizia urbana e di altre leggi e regolamenti attinenti all’edilizia e di accertarne le contravvenzioni, facendone rapporto all’Autorità comunale. Capitolo II – Costruzioni, demolizioni, scavi e restauri di fabbricati 11) Nell’interno dell’abitato della Città e del centro abitato delle frazioni di questo Comune, chiunque voglia intraprendere la costruzione di nuovi fabbricati, di scavi, ovvero la demolizioni od il restauro e modificazioni di edifici e muri già esistenti che prospettano le via, piazze e passaggi pubblici, avrà obbligo di farne dichiarazione in iscritto all’Ufficio comunale prima di intraprendere il lavoro ed ottenere il permesso ai sensi dell’art. 35 delle Istruzioni di cui all’art. 1; 12) La concessione di cui nel precedente art. 11 e la vigilanza sanitaria relativa sono determinate dagli art. 36 e 37 delle Istruzioni suindicate; 13) La dichiarazione di cui all’art. 11 dovrà contenere l’indicazione dei lavori, della località ed epoca in cui si eseguiranno, ed essere corredata di un disegno delle opere da eseguirsi, ogni qualvolta si tratti di costruzione di nuovi fabbricati, di demolizione e riedificazione dei medesimi o di variazione di forma; 14) Tali dichiarazioni e disegni saranno sottoposti nel termine di giorni dieci all’esame della Commissione edilizia, dietro il cui voto il Sindaco pronuncerà la pronta deliberazione della giunta, ovvero del Consiglio a seconda dell’entità delle opere; 15) Riconosciute ammissibili le opere progettate, e quando nulla osti all’esecuzione di esse, ed abbiano le condizioni prescritte dal presente regolamento, il Sindaco rilascerà il visto e nullaosta per l’esecuzione; in caso diverso respingerà la dichiarazione e disegni con le osservazioni opportune; 16) I disegni o pianini opere munite del visto del Sindaco dovranno tenersi sul luogo del lavoro ed essere resi ostensibili ad ogni richiesta dell’Autorità o dagli agenti comunali, onde 240 nell’esecuzione le opere non siano variate; 17) I lavori intrapresi senza dichiarazione, potranno essere impediti o sospesi, mediante contravvenzione, finché non siasi verificati aver essi le condizioni richieste, in conformità del disposto ai precedenti art. 8 e 9; 18) Per l’occupazione precaria del suolo pubblico, di piazza e strade, in causa di scavi, di esecuzione di lavori di conservazione o restauri d’urgenza, il Sindaco ne darà il permesso, salvo a promuovere il voto della Commissione edilizia. Lo stesso sarà praticato per la formazione di steccati, ponti, palchi e simili costruiti in siti pubblici, sul suolo pubblico, o per uso pubblico; 19) Provvedendosi a demolizione di vecchi edifici si debbono tenere costantemente inumiditi i muri che man mano si demoliscono, per evitare che si elevi pulviscolo fastidioso e si rendi l’atmosfera irrespirabile; 20) Le macerie provenienti dalle demolizioni di cui all’articolo precedente, non debbono essere gettate vicino lo scarico, da qualsiasi altezza provenga la demolizione, deve farsi mercè una galleria chiusa fatta di legname e portata fino al suolo; 21) I depositi di materiali per costruzioni, restauri, demolizioni o scavi, debbono essere trasportati man mano fuori l’abitato a cura dei proprietari, acciò non sia impedita o resa pericolosa la viabilità, e non sia deturpato l’aspetto dell’abitato. Lo stesso si pratica coi materiali di risulta, macerie ed altro, di cui nei due articoli precedenti. Capitolo III – Altezza delle case, numero dei piani, tetti, cornicioni, terrazzi e camini 22) Nella costruzione di nuove fabbriche e edifici, i tetti, terrazzi e cornicioni, ecc., pioventi nelle piazze e strade pubbliche, dovranno essere solidamente costruiti e provvisti all’estremità di appositi canali di latta, per raccogliere le acque, le quali saranno condotte per mezzi di tubi o nell’interno del cortile delle stesse fabbriche o nei condotti sotterranei, canali, ecc., e ove esiste per lo sgombro delle acque dei cortili, e dove non esistono, al pari del suolo delle vie; 23) I camini, fumaioli ecc., dovranno essere costruiti al disopra dei tetti, e in modo da rimuovere ogni pericolo d’incendio e da non offendere o lordare o danneggiare le case attigue, e secondo le norme stabilite dal regolamento comunale d’igiene; 24) E’ vietato di dare sfogo al fumo dei focolai inferiormente ai tetti, e cosi di collocare tubi conduttori, lungo le parti prospicienti verso le piazze e vie pubbliche; 25) L’altezza delle case ed il numero dei piani sono regolati dagli art. 39, 40 e 41 delle Istruzioni ministeriale citate. Capitolo IV – Porte, finestre, botole, ribalte, ecc.; 26) E’ vietato l’apertura delle porte delle case e botteghe verso le piazze e vie pubbliche, e cosi delle finestre che non sono dell’altezza di due metri e mezzo dal suolo; 27) Le finestre che non sono all’altezza suindicata, e cosi le botole o ribalte esistenti al pari delle strade o dei portici, che servono a dare luce alle cantine, ed altri luoghi sotterranei, dovranno aprirsi e serrarsi all’interno, essere munite di inferriata, a graticcio di ferro, o fisso o mobile collocate rasente al muro con sporgenza al di fuori non maggior di centimetri otto. Capitolo V – Intonaco, tinta dei muri e delle facciate, iscrizioni, pitture, insegne, ecc. 28) Dietro voto espresso della Commissione edilizia, il Sindaco avrà la facoltà di vietare e di far rimuovere nelle facciate degli edifici, esposti a pubblica vista, quegli sconci che deturpassero l’aspetto dell’abitato e di prescrivere ai proprietari particolari norme di ornati o la rinnovazione dell’intonaco e scialbo laddove sia deteriorato o venga a deformare la facciata del fabbricato; 29) Chiunque intende ridare il bianco o la tinta ai muri esterni dei loro fabbricati che sporgono sulle strade o piazze pubbliche, fare iscrizioni o pitture nei medesimi, o collocarvi decorazione, cartelli, insegne, siano essi fissi o mobili, dovrà farne all’Ufficio comunale la dichiarazione prescritta dall’art. 11 e seguenti del presente regolamento; 30) L’intonaco o tinta dei muri esterni del fabbricato dovrà essere fatta in modo conveniente da non portare deformità all’aspetto dell’abitato, salvo sempre di rispettare gli edifici di carattere monumentale; 31) Tutte le iscrizioni che volessero farsi nei muri e nelle facciate dei fabbricati, o collocare sopra le porte di botteghe, negozi, ecc., dovranno essere scritte in lingua italiana, o se in lingua straniera dovranno avere la traduzione italiana a fronte e non contenere errori, parole ed espressioni indecorose, cosi pure le pitture, decorazioni ed insegne che volessero esporsi al pubblico, nulla debbono avere di indecente e che possa offendere la moralità, altrimenti il Sindaco procederà a forma di legge per la correzione, rinnovazione o rimozione. Capitolo VI – Sporgenza sulle vie e piazze pubbliche; 241 32) Sull’area delle vie o piazze pubbliche, i cornicioni, terrazzi, balconi ed un’altezza superiore a m. 4 dal suolo non potranno avere una sporgenza maggiore di un metro, od oltre passare la linea dello stabile; 33) Ogni maggiore sporgenza dovrà essere autorizzata e determinata dal Consiglio comunale, dietro nota della Commissione edilizia, e secondo delle speciali condizioni della località; 34) Tutte le altre sporgenze a minore altezza siano mobili o fisse per finestre, persiane, tende, porta insegna, vetrina o mostra di negozi, o altri oggetti qualsiasi, ecc., non potranno mai essere maggiore di cm. 7 dalla linea del muro verso le piazze o vie pubbliche. Nelle strade anguste però, dove potessero recare impedimento alla viabilità, sono vietate. Le suddette occupazioni di aree pubbliche o di suolo pubblico, avendo carattere permanente possono essere sottoposte ad una tassa annuale a base di apposita tariffa; 35) E’ pure vietato di costruire o fare alcun sporto, risalto o gradino fuori della linea del muro per l’accesso alle porte delle case o botteghe, come pure di costruire sulle case o botteghe o sulle porte delle pennate, embrici od altro sporto; 36) E’ vietato ugualmente di collocare nelle pubbliche vie o piazze ed avanti le case o botteghe, i paracarri, i ripari, i fittoni, siano essi appoggiati al muro od isolati, e potrà permettersi dal Sindaco solo nelle cantonate a difesa degli angoli o colonne dei fabbricati, a condizione che non sorpassino l’altezza di cm. 50; 37) Per collocare tende, tendoni e simili, e purché siano decenti e puliti, a riparo dal sole o d’intemperie, avanti le botteghe, negozi, ecc. dovrà ottenersi il permesso dal Sindaco, e sarà accordato, secondo le condizioni della località, con quelle prescrizioni necessarie a tutelare la libertà del transito ed il decoro dell’ornato; 38) Il Comune potrà fissare orinatoi, fanali, cartelli indicanti la contrada, nei muri e località giudicate convenienti, senza che il proprietario possa farsi opposizione. Capitolo VII – Indicazioni delle contrade, numeri civici, ecc. 39) La denominazione attuale delle vie e dei rioni non può essere variata, se non dietro nota della Commissione edilizia ed in seguiti di deliberazione del Consiglio; 40) L’apposizione dei relativi cartelli e numeri civici è a carico del Comune. E’ vietato di rinnovarli, cancellarli o lordarli in qualsiasi maniera; 41) La conservazione poi dei medesimi in carattere perfettamente visibili, rimarrà per l’avvenire a carico dei proprietari dei fabbricati sui quali si trovano; 42) Se fossero stati tolti o cancellati dovranno essere prontamente rimessi a spesa dei proprietari suddetti quando il Comune non crede assumere il carico. Capitolo VIII – Marciapiedi, portici, lastricati, selciati 43) Lungo le vie, ove attualmente esistono portici, i costruttori di nuove fabbriche e edifici, ecc., dovranno informare i loro disegni a questo genere di architettura; 44) La manutenzione, i restauri e la conservazione dei marciapiedi, dei portici, dei selciati e lastricati nelle vie e piazze, che sono di proprietà privata, sebbene di uso pubblico, appartengono ai proprietari degli stessi che per fatto speciale e per antica consuetudine ne hanno l’obbligo; 45) Laddove questa manutenzione fosse trascurata, ed i lastrici presentassero o pericolo al passaggio o deformità all’aspetto dell’abitato, il Sindaco avrà facoltà dietro il voto della Commissione edilizia, d’invitare i rispettivi proprietari che ne hanno l’obbligo come sopra ad eseguire il conveniente restauro entro un determinato periodo di tempo; 46) Quando i medesimi non ottemperassero all’invito entro il tempo prescritto, il Sindaco potrà provocare dall’Autorità competente, la facoltà d’eseguire le riparazioni occorrenti, a spese di quelli che ne hanno l’obbligo come sopra, a prendere in via d’urgenza alla sicurezza e libertà del passaggio; 47) Nelle piazze e strade pubbliche la manutenzione dei marciapiedi e dei selciati è a carico del Comune; 48) Coloro i quali fosse agevolata la costruzione o rifacimento dei loro fabbricati, o fosse permesso dal Comune di occupare, precariamente il suolo pubblico, a guastare od alterare piazze, nei selciati, avranno obbligo poi di rimettere il tutto nello stato primiero. Capitolo IX – Disposizione varie 49) La sorveglianza sulla manutenzione delle vie tenute a spese del Comune in tutto od in parte è affidata all’ingegnere di cui all’art. 3; 50) Sarà ordinata dal Sindaco la rimozione immediata degli oggetti collocati sui balconi, finestre o terrazzi, che deturpassero la vista. Capitolo X – Disposizioni speciali 51) Nell’ufficio comunale edilizio è sempre ostensibile a disposizione del pubblico il registro dei 242 reclami per qualsiasi inconveniente od abuso si vedesse da chiunque denunciare; 52) I contravventori alle disposizioni del presente regolamento andranno soggetti alle pene sancite dagli art. 218 e 220 della vigente legge comunale e provinciale testo unico 21 maggio 1908, osservato altresì l’art. 130 del regolamento 12 febbraio 1911 per l’esecuzione di questi, e salvo sempre l’applicazione delle maggiori pene previste dal Codice civile e da altre leggi e regolamenti generale e speciali; 53) Per quanto non è indicato dal presente regolamento intende rimettersi alle disposizioni legislative in proposito; 54) Sono abrogati tutti le disposizioni anteriori contrarie al presente regolamento. Il Consiglio approva a voti unanimi il suddetto regolamento. 14 .Capitolato generale per l’appalto dei lavori di mantenimento delle strade comunali messe a brecciame. (Approvato il 13 maggio 1914) Capo I – Oggetto e condizioni generali per l’appalto 1) Oggetto dell’appalto. L’appalto è a cottimo ed ha per oggetto la esecuzione di tutti i lavori, le forniture e le operazioni occorrenti per mantenere in stato di perfetta viabilità le seguenti strade e conoscerne lo stato di responsabilità loro attribuito come stato di norme per la carreggiata, fossi, passeggiatoi ed opere d’arte, per così restituirle al termine del periodo di appalto. Le strade a mantenersi sono: Tratto Campolongo – già S. Eustacchio, dal largo Tiglio al Trivice del Monaco, cioè dal borgo Tiglio a S. Eustacchio m. 349,27 prolungamenti sino al termine del fondo Gallozzi al Trivice del Monaco, cioè a m. 130 dopo il muro occidentale del giardino delli Paoli m. 397, in uno m. 746,27. Tratto Cappuccini che mena a via Campolongo di lunghezza m. 730, cosi distinto: 1° tronco detto Montevergine dalla Cittadella all’innesto del tronco a dirsi; 2° tronco laterale all’entrata dei Cappuccini, sino al basolato del Corso Campano; 3° tronco dall’innesto dei primi due al tratto Campolongo. Tratto Starza dal basolato della Sannitica alla strada di Nola, di lunghezza m. 276. Tratto S. Sofia che s’innesta con quella di S. Nicola di lunghezza m. 69,20. Tratto del Macello vecchio fino all’arco del Passo e propriamente dall’incontro della strada di Nola al basolato della Sannitica di lunghezza m. 151. Tratto, detto S. Nicola, dall’arco del Passo all’incontro della strada ferrata, di lunghezza m. 284,9, cosi distinto: a) Dal basolato della Sannitica per l’arco del Passo fino all’antica strada di Napoli di lunghezza m. 31,60; b) da ivi al passaggio a livello presso la casa Patrelli m. 254,30; in uno m. 284,90. Tratto, detto Ficocella, dalla Rotonda ala svolta del Fusaro di lunghezza m. 2219. Tratto dal termine della Ficucella al Boscorello, m. 1428.10. Tratto del Camposanto dal basolato ai Mulini al Cimitero, di lunghezza m. 689. Tratto del Montano, dal Corso Carolino alla strada di Nola di lunghezza m. 273. Ville all’interno della Città. Via Loreto, tra l’obbligatoria di S. Marco Evangelista e la via Appia, alla quale si innesta con due bracci, di lunghezza m. 236,25. Via Pintime, tra la via Pignatari e la provinciale di Nola presso la casina Canelli, di lunghezza m. 572. Vicolo Bixio di lunghezza m. 88. Tratto della Sannitica, dopo i Mulini, che si estende dopo il basolato sino al tronco mantenuta dalla provincia di lunghezza m. 255. Via Capillo, dal basolato di via Ponte Carolino alla Casa comunale di lunghezza m. 152,80. Tutti i detti tratti formano, oltre le vielle delle quali è parola al n° 11, una lunghezza di m. 8253,85, però qualunque sia la lunghezza effettiva, o in più o in meno, l’estaglio rimane inalterato e l’appaltatore è in obbligo di mantenere tutti i tratti secondo la loro lunghezza effettiva. Ove, durante l’appalto qualunque delle suddette strade si ricostituisca in tutto od in parte con basolato vulcanico, deve diminuire relativamente il prezzo d’appalto. 2) Indicazione dei lavori di mantenimento. I lavori di mantenimento comprendono: La fornitura, trasporto ed impiego di materiali necessari per la conservazione della carreggiata nel suo stato di norma; i lavori di terra consistenti nella manutenzione delle fiancheggiature e banchine ed i relativi cigli, nella conservazione delle scarpe dei rilevati nello spurgo dei fossi laterali della strada, delle chiaviche e ponticelli; nella rimozione delle frane e nello sgombramento e sfratto del fango e della polvere; la conservazione in regolare stato di tutte le opere in mutamento ed in pietra da tagli che corredano le strade e di tutte quelle particolari opere che esistono sul piano viabile della stessa. La manutenzione delle opere d’arte comprende anche l’espurgo ed il riattamento collo sfratto dei materiali di risulta. 3) Condizioni di ammissibilità all’asta. Per essere ammessi a far partito dell’asta, dovranno i concorrenti presentare il certificato di idoneità prescritto dall’.art. 77 del Regolamento sulla Contabilità generale dello Stato. Sarà inoltre obbligo degli aspiranti alla impresa di depositare 243 presso l’ufficio ove si terranno gli incanti, la somma di lire 400 in numerari od in biglietti di banca, come cauzione provvisoria a guarentigia dell’asta. Le somme in tal modo depositate saranno restituite dopo terminati gli incanti, eccetto quello spettante al deliberatorio, che verrà ritenuta dal Municipio fino a che non sarà stipulato il contratto di appalto e portata la cauzione definitiva. 4) Modo di appalto e ribasso d’asta. L’incanto avrà luogo nel modo che sarà indicato nell’avviso d’asta, sotto l’osservanza delle disposizioni relative. Le offerte dovranno essere formulate in base di un tanto per cento di ribasso sul montare dell’appalto. L’annuo canone di mantenimento soggetto a diminuzione del ribasso d’asta, con tutti gli obblighi assunti con presente capitolato d’appalto a cottimo è di lire 2595,88. A)(Che fa base all’asta, cioè lire 2595,88, e dovrà prestarsi o in contanti o in cartelle di rendita sul Debito Pubblico dello Stato al portatore, computate al corso di Borsa, sulle quali in ogni tempo l’impresa può essere chiamata a dare il suppletivo per variazioni in meno del tasso di rendita. Qualora entro il termine fissato per la stipula del contratto, il deliberatario non prestasse la cauzione, e qualora per causa qualsiasi da lui dipendente, la stipulazione non potesse aver luogo nel giorno prestabilito, egli perderà la somma già depositata per sicurezza dell’asta, e la giunta comunale sarà in facoltà di procedere ad un nuovo incanto a danno del deliberatario inadempiente. La cauzione in numerazioni o titoli di rendita sarà depositata a spese del deliberatario nella Cassa Depositi e Prestiti). 5) Cauzione definitiva. Entro giorni venti della data in cui sarà stato reso esecutivo il deliberato col voto dell’Ill.mo sig. Prefetto, il deliberatario dovrà prestare la cauzione definitiva pari al prezzo di annuo mantenimento che fu di base (A). 6) Documenti annessi al contratto. Sarà parte integrante del contratto il presente Capitolato all’atto della consegna delle strade, l’appaltatore dovrà sottoscrivere la descrizione sommaria delle medesime in segno di ricognizione. 7) Spese d’asta e contratto. Tutte le spese relative all’asta, stipulazione del contratto, bollo, iscrizioni ipotecarie per le cauzioni e quelle infine per le occorrenti copie del contratto stesso, e dei documenti diversi che ne fanno parte integrante, staranno a carico dell’imprenditore. 8) Durata dell’appalto. L’appalto avrà la durata di anni cinque a contare dal giorno medio della consegna che sarà dichiarata nel verbale delle operazioni. L’ultimo anno non può essere non completato o avere una proroga di alcuni o diversi giorni dipendentemente del fatto che accadere di non coincidere il giorno medio della consegna in corso con quella della consegna della precedente gestione. 9) Inammissibilità di più aggiudicatari. Qualunque sia il numero dei soci nella Impresa del presente appalto all’atto dell’aggiudicazione, essi dovranno eleggere un unico rappresentante che sarà l’aggiudicatario dell’appalto, il quale sarà il solo riconosciuto dal Municipio. 10) Elezione di domicilio dell’appaltatore. L’appaltatore dovrà eleggere domicilio in questo Comune di Maddaloni,e tutte le notificazioni ed assegnazioni di termini relativi all’osservazione del contratto, potranno essere fatte nel detto domicilio, ritenendosi come fatta alla stessa persona dell’appaltatore per tutti gli effetti di ragione. L’appaltatore inoltre è tenuto a condurre personalmente le opere di manutenzione, o per mezzo di un suo rappresentante, idoneo ed onesto all’Amministrazione municipale. In ogni caso l’appaltatore sarà tenuto responsabile verso l’Amministrazione e verso i terzi del fatto dei suoi dipendenti. 11) Divieto di subappalto. 12) Consegna e riconsegna delle strade. La consegna delle strade deve aver luogo nella prima stagione opportuna dopo la stipulazione del contratto. Le stagioni opportuni per la consegna sono i mesi di Aprile e Maggio e dal 15 settembre al 15 novembre. In una di queste stagioni si procederà alla consegna delle strade, prendendo per base lo stato responsabile attribuito ad esse quale stato di norme. L’Ingegnere del Comune sarà considerato rispetto agli appaltatori come perito cui compete definire i difetti o le mancanze e valutarne il prezzo e come rappresentante del Comune esso è destinato ad invigilare nell’interesse dello stesso. Al termine dell’appalto dovrà l’appaltatore consegnatario riconsegnare le strade secondo lo stato ricevuto con miglioramenti conseguiti dai lavori di remissioni delle mancanze se ve ne troveranno all’atto della consegna. Il quantitativo dei lavori di remissione è in facoltà del Comune il determinarlo. Le possibili eccedenze della massicciata non saranno pagate al consegnante e vanno a beneficio dell’Amministrazione. 13) Processo verbale di consegna e riconsegna. 15 .Progetto per la strada Via Ponte Carolino trasmesso dall’ufficio Tecnico Prov.le e relativo Capitolato. (Approvato il 26 ottobre 1914) - Visto la sua precedente deliberazione del 12 corrente, colla quale, in vista della necessità di provvedere colla maggiore sollecitudine possibile ai lavori di pavimentazione e sistemazione di via 244 P. Carolino, anche per dare lavoro nella prossima stagione invernale agli operai disoccupati,stabilivisi chiedere un mutuo di lire 75mila, avvalendosi della legge vigente. Visto la nota del 24 corrente dell’Ufficio tecnico della Provincia di Caserta: “In seguito all’autorizzazione dell’On. Deputazione data a questo Ufficio che l’ing. di Direzione cav. Borgia Vincenzo era incaricato a redigere il progetto dei lavori di lastricamento alla via P. Carolino che è traversa della contrassegnata strada provinciale, il sullodato ingegnere ha espletato tale incarico gratuito del quale si occupò, secondo gli espressi desideri, più dal bel principio, come dalla precedente nota di questo Ufficio del 10 volgente. Mi pregio ora trasmettere tale progetto il cui importo è distinto come appresso: Parte I^ - Lavori di basolato, ammontare a base d’asta lire 86401,64; somma a disposizione dell’Amministrazione lire 11.789,16 = in uno lire 98200. Parte II^ - Lavori del prolungamento della fogna nella tratta Mulini, ammontare a base d’asta lire 1504,94; somma a disposizione dell’Amministrazione lire 295,06= in uno lire 1800. – Complessivo ammontare lire 100.000. Il progetto in parola è costituito dai seguenti alligati: 1 Relazione; 2 Computo metrico e stima; 3 Capitolato di appalto; 4 Disegno, cioè pianta illustrativa della sede di lavoro. Rimane riservata a quest’Amministrazione in propria sede ed a suo tempo di far la liquidazione del concorso a base degli articoli 41 e 42 della legge sulle opere pubbliche, per effetto dei quali solo pei lavori di basolato ricadenti sulla larghezza normale della strada è dovuto il concorso. A codesto Comune spetta il concorso della Provincia in ragione di un quarto, e solo pei lavori della prima parte suaccennata. Inoltre, nel fare la liquidazione, quest’Amministrazione terrà conto dei basoli antichi di risulta, che andrà in detrazione dell’ammontare generale dei lavori, sia che detti basoli restino accollati all’appaltatore, e sia che restino a beneficio del Comune per altre opere. Però tutte tali partite, a tenersi conto con precisione in sede dell’esatta determinazione del concorso, daranno una posizione che più da ora non può precisarsi. Nei fini pei quali servirà il progetto dei lavori, che sono da eseguirsi direttamente dal codesto Comune, potrà la S. V. tener conto che in cifra tonda il Comune dovrà far fronte alla somma di lire 77mila, e ciò a base del progetto in parola di lire centomila. ing. Capo Fto Borgia. Visto ed esaminato il progetto coi relativi allegati prodotta colla nota medesimo. A voti unanimi e per alzata e seduta lo approva e confermando in tutte le sue parti il suddetto 16 .Convenzione tra Ferrovia dello Stato – Compartimento di Napoli – Divisione dei Lavori col Comune di Maddaloni per la consegna del piazzale esterno della stazione di Maddaloni inferiore. (4 novembre 1915) Premesso, che il terreno sul quale trovasi il piazzale esterno della stazione di Maddaloni è di proprietà delle FF.SS. Che tale piazzale, il quale, è stato finora mantenuto dall’Amministrazione delle Ferrovie, è chiuso all’accesso delle vetture ed è aperto solo ai pedoni, che volendo il Comune di Maddaloni allacciare la costruendo piazza, tinteggiata in rosso nell’unito piano, con la strada che attraversa la ferrovia al km. 271+472 ha chiesto di poter a tale uopo demolire il muro AB di chiusura del piazzale esterno, e rimuovere le tre colonnette C.C.C. ivi esistenti, e ciò per renderlo accessibile alle vetture. Che nulla si oppone alla concessione richiesta, subordinatamente all’osservanza delle condizioni qui di seguito indicate: “Fra l’Amministrazione delle FF.SS., per la quale interviene il sig. ing. Cav. Claudio Novelli, Capo divisione dei lavori del Compartimento di Napoli, secondo le facoltà conferitogli dalle norme in vigore ed il Comune di Maddaloni rappresentato dal Commissario prefettizio, cav. Dr. Micelle Gizzio. Si conviene e stipula quanto segue: 1) Le parti ratificano la sua esposta narrativa e la dichiarano esatta; 2) L’Amministrazione delle FF.SS. consegna al Comune di Maddaloni il piazzale esterno della stazione di Maddaloni inferiore, avente una superficie di mq 221 e distinta con velatura verde nel disegno allegato alla presente convenzione e della quale s’intende far parte integrante e sostanziale. Il terreno da esso occupato figura e continuerà a figurare anche per l’avvenire in catasto del Comune intestato all’Amministrazione delle FF.SS.; 3) Il piazzale suddescritto è consegnato ed accettato dal Comune come sta e giace, con tutte le unità attive e pubbliche e private, apparenti e non apparenti che attualmente vi gravano senza alcuna responsabilità ed obbligo di rilievo da parte delle Ferrovie riguardo ad eventuale pretese dei terzi; 4) Sarà obbligo del Comune di provvedere a sue spese ad accurata manutenzione del piazzale, in modo che corrisponde all’uso cui è destinato; 5) Poiché il piazzale, che finora è stato solo percorso da pedone dovrà rendersi carrozzabile, il 245 Comune di Maddaloni prima di aprirlo al transito dei veicoli si obbliga a: Lastricare con basole il piazzale; costruire un marciapiedi, pavimento basolato, largo non meno di m.0,80 avanti al fabbricato viaggiatori; assicurare lo scolo del piazzale; demolire il muro di chiusura A.B; rimuovere le colonnette C-C-C; 6) Il Comune dovrà mantenere attivi tutti quegli scoli dei fabbricati della stazione o di piazzali interni che per avventure si stabilissero sul piazzale esterno; 7) Si obbliga altresì il Comune a non sottrarre all’uso pubblico parte alcuna dell’area del piazzale e di non assoggettare ad alcuna nuova servitù o eseguirvi impianti di qualsiasi genere, sia pure d’indole precarie, senza averne ottenuto prima l’autorizzazione scritta dall’Amministrazione ferroviaria consegnate; 8) L’Amministrazione ferrovia consegna al Comune il piazzale in perfetti condizioni di manutenzione come dal Comune è riconosciuto; 9) L’Amministrazione ferroviaria consegnante si riserva il diritto: a) di costruire tombini di scolo attraverso il piazzale, di modifica gli esistenti manufatti e di eseguire ogni altro lavoro, sopra e sotto del suolo del piazzale, che fosse ritenuto a suo esclusivo giudizio, per soddisfare ai bisogni ed alle esigenze del servizio ferroviario, senza che perciò minima spesa e maggiore aggiravi per la successiva manutenzione debba stare a carica del Comune, col quale saranno presi all’uopo opportuni accordi, di volta in volta, allo scopo anche di disturbare quanto meno è possibile il libero uso del piazzale; b) di riprendersi ed occupare in qualunque tempo e caso, per gli eventuali bisogni dell’esercizio delle ferrovie, in parte od anche tutta l’area del piazzale, col presente atto, si consegna, in uso e non altrimenti al Comune, dandovene preventivo avviso al Comune stesso con lettera d’ufficio almeno un mese prima della rioccupazione; c) di regolare l’accesso, la fermata e la circolazione della carrozze, automobili o di qualsiasi altro veicolo sul piazzale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 37 del Regolamento di Polizia delle strade ferrate; 10) Il presente atto, obbligatorio fin d’ora per il Comune di Maddaloni, perché già approvato in schema dal Consiglio comunale giusto deliberazione…….omologata dalla G.P.A. in data……., non lo sarà per l’Amministrazione delle FF.SS. fino a quando non avrà riportata l’approvazione del proprio Consiglio di amministrazione:. Le spese tutte occorrenti per la stipula del presente atto, e tutte le altre inerenti e dipendenti sono a carico del Comune di Maddaloni. Segue deliberazione. 17 .Provvedimenti per l’espurgo di condotti fluidi sottoposti alle strade interne della città. Approvati il 27 aprile 1918) Il Commissario prefettizio, considerato che, specie per ragioni di indole igienica, occorre provvedere al più presto all’espurgo dei condotti fluviali sottoposti alle strade interne di questa città. Vista l’offerta presentata all’uopo dall’ Impresa Desiato Luigi per la esecuzione dei lavori medesimi per la somma di lire 1500 a trattativa privata. Ritenuto essere conveniente accettare tale offerte nell’interesse dell’Amministrazione comunale essendosi spese per l’oggetto negli anni precedenti somme maggiori. Ritenuto essere una necessità che i lavori suddetti siano eseguiti a trattativa privata dati la difficoltà di aver altri offerenti. Delibera: Accogliersi l’offerta del sig. Desiato subordinatamente all’accettazione da parte dello stesso dei seguenti patti e condizioni: 1) L’imprenditore dovrà levare ed asportare tutti il materiale di qualunque specie e natura, che trovasi in tutti i pozzetti sottoposti ai chiusini, in rametti e nelle condutture principali delle strade e dei vicoli nell’ambito della città; 2) tutto il materiale di spurgo dovrà essere trasportato a sue spese con carri nei pubblici scaricatoi, ed il trasporto dovrà eseguirsi man mano che il materiale viene accumulato fuori dalle fogne, in modo da non ingombrare spazi e da non dare incomodo al pubblico; 3) pulito il condotto dia una strada o di un vicolo, l’appaltatore dovrà disinfettarlo con lavaggio di acqua di calce al 50% sotto la sorveglianza immediata degli agenti municipali e nella quantità che stabilirà il sanitario municipale; 4) nell’aprire e chiudere i chiusini dovrà usare la massima diligenza per non scheggiare, rompere e depreziare le lapide ed i telai di pietra; 5) lo spurgo in ogni singola strada o vicolo, dovrà principiarsi dalla parte sopra corrente; 6) l’imprenditore è responsabile di tutti i danni che per l’opera sua possono derivare alla lastricatura stradale ed quindi è obbligato a sue spese ripararli; 7) il lavoro dovrà cominciare dal giorno 29 corrente e dovrà aver termine dopo un mese lavorativo senza interruzione; 8) per lo spurgo completo compreso il trasporto, carico e scarico del materiale e la lavatura della conduttura rimane niuna cosa esclusa saranno corrisposti lire 1500 da pagarsi dopo 246 collaudato il lavoro; 9) il compimento e l’esattezza del lavoro dovrà essere accettata da un certificato di persona perita di fiducia del Municipio; 10) le spese tutte che occorrono per adempiere gli obblighi stabiliti nel presente foglio ricadono a carico dell’Imprenditore comprese quelle del contratto; 11) mancando l’appaltatore ad un solo degli obblighi stabiliti nel presente foglio sarà possibile di una multa di lire 50; 12) chiedesi al Prefetto l’autorizzazione per procedere alla trattativa privata. 18 .Concessione alla locale succursale dell’Istituto Principe di Napoli pei ciechi della facoltà di costruzione d’un fognotto d’immissione alla fogna stradale (Approva il 26 settembre 1923) Concessione alla locale succursale dell’Istituto Principe di Napoli pei ciechi della facoltà di costruzione d’un fognotto d’immissione alla fogna stradale.- Il Commissario letta l’istanza avanzata in data 4 dello scorso mese, dal rev. Canonico D. Agnello Rossi, nella qualità di amministratore della locale filiale dell’Istituto Principe di Napoli per i ciechi, con la quale si chiede l’autorizzazione a costruire un fognotto di scarico delle acque meteoriche e di rifluite nella fogna stradale di Corso Campano. Vista la relazione scritta dell’ing. Capo del Comune, cav. Vincenzo Borgia, con la quale si esprime parere favorevole alla concessione della costruzione del predetto rognone, sotto l’osservanza di determinate norme e condizioni. Ritenuto che della costruzione di detta opera, nessun danno viene a risentirne la pubblica Sanità, che anzi vengono ad eliminarsi gli inconvenienti che derivano dall’irregolare deflusso delle acqua nel giardino del Pio luogo con danni dei ricoverati. Delibera concedere al Canonico Don Agnello Rossi, nella precitata qualità, la facoltà di costruire un rognone di scarico delle acque luride da innestarsi alla fognatura stradale, con che siano osservate le seguenti norme e condizioni: 1) Il fognone in fabbrica ordinaria rivestito di intonaco di cemento Portando sopra inzoffo di arena e dello stesso cemento tanto nelle pareti delle spalle che in quelle della platea, deve avere il masso della platea di grossezza non minore a m. 0,50, e le spalle impiantate su queste di grossezza ciascun non minore di m. 0,40 ad intervallo fra loro non minore di m. 0,30. La luce di immissione libera deve avere l’altezza non minore di m. 0,40 con un salto sulla platea della fogna stradale non minor di m. 0,20.; 2) In caso che la copertura sia in spaccatoni di tufo, questi debbono essere ben connessi e le pareti intagli delle luci nelle preesistenti fabbriche, debbono pure essere intonacate a cemento, come si è detto per le nuove murature; 3) Il rognone immancabilmente deve essere costruito nel lato destro di chi entra nel portone, sia perché deve ess4ere evitato il pozzetto stradale che è a sinistra, e sia perché nel suo prolungamento interno deve essere lontano dal pozzo nero che è a sinistra dopo l’androne; 4) La pendenza della platea deve essere inferiore del 5%; di guisa che la copertura deve essere con voltini e con lastre resistenti diverse dagli spaccatoni che consentono minor grossezza a vantaggio della maggiore altezza della luce; 5) La manutenzione del rognone anche nel tronco in sede stradale è a carico del concessionario, il quale è responsabile della rottura dei basoli che avviene per difetto di costruzione; 6) Durante l’esecuzione dei lavori deve il concessionario stabilire i debiti ripari per garantire il traffico che non può essere in alcun modo interrotto e deve provvedere ai segnali in rosso presenti durante la notte; 7) La presente concessione è subordinata a tutte le altre prescrizioni del Regolamento di Polizia stradale in vigore; 8) Il suolo stradale non deve essere invaso in qualunque modo da materiali se non per quelli strettamente necessari per la costruzione di rognone esterno. 19 .Regolamento d’igiene (Approvato il 27 marzo 1912) Capo I – Disposizioni generali 1) In forza delle leggi sanitarie, testo unico 1° agosto 1907 n° 636 e del Regolamento 3 febbraio 1901, è stabilito nel Comune di Maddaloni uno speciale Ufficio d’igiene per il servizio igienico-sanitario. 2) L’Ufficio suddetto, ai sensi degli art. 3 della legge e del Regolamento citati è affidato 247 all’Ufficiale sanitario ed alla sua dipendenza, ad un segretario nonché a quell’altro personale speciale, sia amministrativo, sia tecnico, sia di servizio, che è ritenuto necessario in base alla legge, ai regolamenti sanitari ed al presente regolamento. Il Segretario suddetto, scelto dal Consiglio comunale fra gli impiegati di concetto versato in materia igienico-sanitaria, fa parte della Segreteria comunale senza diritto a speciale indennità. 3) Il personale contemplato nel presente Regolamento si distingue in a) impiegati, di nomina del Consiglio; b) salariati di nomina della Giunta. I titoli, le classi e gli stipendi del detto personale risultano dalla pianta organica, allegata al presente Regolamento. Il personale suddetto di cui all’art. 340 è inoltre sottoposto alle disposizioni del Regolamento per gli impiegati e salariati comunali, salvo per quello esclusivamente sanitario che opererà, per la parte che lo riguarda in special modo, le leggi ed i regolamenti sanitari di cui all’art. 345, circa la nomina, periodo di prova, congedi, aspettative, punizioni, licenziamenti, destituzioni, doveri d’uffici, stabilità e misure disciplinari. 4) La Giunta comunale, inteso l’Ufficiale sanitario, stabilirà l’orario degli uffici e dei vari servizi in generale. Salvo le operazioni speciali e servizi straordinari per cui provvederanno all’occorrenza il Sindaco, e salvo anche le disposizioni detenute dagli art. 7, 102, 103, 104, 291. 5) L’ufficio d’igiene, oltre a trattare tutte le incombenze che gli sono affidate dalla legge, dai regolamenti e dal presente regolamento, curerà la statistica igienico-sanitaria in generale, e particolarmente, poi, quanto riguarda il movimento della popolazione in rapporto ai nati, ai morti, ai matrimoni, ai morbi. Curerà pure l’accettazione e la registrazione dei campioni ricevuti e trasmessi al laboratorio chimico-igienico e seguente istruzioni sulle ispezioni annesse al regolamento 6 luglio 1890. 6) Le attribuzioni degli uffici e dei funzionari, sono determinati nei singoli articoli di questo, oltre a quanti sono prescritti dalla legge e dai regolamenti, nonché dal Regolamento edilizio e di polizia urbana. 7) L’Ufficiale sanitario, perché possa disimpegnare il, mandato che la legge gli affida, avrà un Gabinetto provvisto di quanto sarà indispensabile al suo funzionamento. Esso ha l’obbligo di trovarsi almeno due ore al giorno nell’ufficio per conferire col Sindaco, o chi per lui, su tutti gli affari riguardando l’igiene e la sanità pubblica, un’ora da fissarsi d’accordo fra entrambi. Capo 2 – Vigilanza igienico-sanitaria – Sezione I Norme generali. 8) La vigilanza igienico-sanitaria nel territorio del Comune è affidata all’Ufficiale sanitario nonché sotto la sua dipendenza, al personale indicato all’art. 2, capo 1 del presente regolamento. 9) Allo scopo di aver libero accesso nei locali di deposito e vendita di sostanze soggette alla vigilanza igienico-sanitaria, l’ufficio d’igiene terrà apposito registro degli spacci, all’ingrosso ed al minuto, di sostanze e bevande alimentari e artificiali, di macellerie, trattorie, osterie, bottiglierie, pasticcerie, caffè, ristoratori, sorbetterei, birrerie, bar, spezierie, salumerie, pizzerie, panetterie, pizzicagnoli, fruttivendoli, venditori di baccalà, latticini, ecc., e gli stabilimenti industriali, delle industrie insalubri, dei maniscalchi, delle officine di arti e mestieri, convitti, caserme, alberghi e locande, depositi di pelli, ossa, piante tessili marcate, paglia per sedia, capelli grezzi e lavorati, mobili usati, petrolio e cenci, di laboratori, depositi e spacci di conserve alimentari, carni salate, preparate ed insaccate, bevande e liquori, stalle per vacche, capre ed asine lattifere, e di tutti i depositi, spacci ed esercizi in genere in virtù dei regolamenti sanitari, sono sottoposti alla vigilanza igienico-sanitario. 10) Sono applicate, le disposizioni stabilite nel Regolamento 3 febbraio 1901, quelle del Regolamento 3 aprile 1890, del Regolamento 19 luglio 1906 e quelle dei regolamenti governativi generali e speciali, per la vigilanza igienico-sanitario sugli alimenti, sulle bevande, sugli oggetti di suo domestico e sulle altre sostanze non indicate nel presente Regolamento locale, ma per leggi speciali soggette a vigilanza. 11) Le botteghe di sostanze alimentari e bevande non possono adibirsi a stanza per dormire; e debbono inoltre tenersi sempre asciutte, imbiancate e costantemente pulite. 12) Tutti i generi alimentari, senza eccezione, esposti in vendita, né nelle botteghe che nei mercati, o condotti da venditori girovaghi, debbono essere costantemente coperti con un velo sempre pulito, che ne impedisce il contatto con mosche ed insetti in genere, e salvo altre disposizioni speciali, se del caso, che darà l’Ufficiale sanitario. 13) L’acqua per lavare i recipienti nei pubblici esercizi deve essere fluente. 14) Chiunque intende di fabbricare o smerciare sostanze alimentari e bevande soggette alla vigilanza igienico-sanitario, od intende aprire un esercizio pubblico, o tener un deposito, officina o laboratorio di cui all’art. 9, deve darne avviso almeno 15 giorni avanti l’apertura alla Segreteria comunale che ne darà comunicazione all’Ufficio d’igiene a cura del quale sarà informato l’Autorità Sanitaria Provinciale ove occorre. 15) L’Ufficio d’igiene esercita pure una conveniente e rigorosa vigilanza igienico-sanitario sul 248 mercato settimanale, su quelli quotidiani della frutta e ortaggi, degli erbacci e sugli altri speciali di cui agli art.49 e 70, al fine di sorvegliare la salubrità delle bevande e degli alimenti, carni e generi, posti in vendita. 16) I mercati quotidiani speciali si terranno al largo Monte dei Pegni. 17) Il suolo del mercato bestiame, dopo sbarazzato, sarà innaffiato con latte di calce. Sezione II – Carni animali dal macello e carni lavorate 18) La vendita delle carni d’animali da macello è regolata dalle presenti disposizioni e da quelle altre prescritte dai vari regolamenti sanitari. 19) E’ proibito la vendita della carne di maiali e delle pecore non marcate o arrivate, di quelli di maiali di sesso femminile non davanti alla poppa, nonché di tutte le altre carni nocive, guaste e corrotte, e che presentino principio di fermentazione. 20) La manipolazione delle carni non può farsi in luogo chiuso, ma nella bottega stessa od un altro luogo di facile sorveglianza. 21) I mercivendoli di carni e di sostanze animali, debbono ogni mattino, di buon’ora e prima dell’apertura dello spaccio pubblico, lavare le panche, ove poggiano le carni e le altre sostanze animali. Le panche suddette debbono essere di marmo, evitandosi assolutamente quelle di legno. 22) E’ vietata la fabbricazione e la vendita, sotto qualsiasi forma, di carni salate, affumicate, dissecate, insaccate ed in qualsiasi modo preparate, quando siano imputridite e divenute rancide, molli, di color giallo grigio e fetenti, come pure è proibito la macellazione, la lavorazione e la vendita di carni che abbiano subito anche un principio di fermentazione, per cui siano divenute molli e fetenti. 23) Le carni insaccate, oltre ad essere regolate dal regolamento 3 agosto 1890, sono sottoposte altresì alle norme degli articoli seguenti. 24) Possono essere istituiti nel Comune, dietro parere dell’Ufficio d’igiene, dei laboratori di carne, i cui locali destinati alla macellazione debbono essere esclusivamente riservati e distinti da quelli adibiti alla lavorazione, alle meccaniche operazioni ed alla conservazione dei prodotti stessi. 25) I locali di cui sopra debbono essere costantemente puliti, ben aerati e conformi alle norme igieniche date dall’Ufficiale sanitario. 26) I locali per la macellazione avevano dimensioni commisurate all’entità della lavorazione. Saranno ben ventilate ed illuminati e muniti di pareti lisce, rivestite di materiale impermeabile fino all’altezza di almeno due metri dal suolo e raccordato a sagoma curva col pavimento che sarà pure impermeabile ben levigato e con sufficiente pendenza verso il condotto di smaltimento dei prodotti di rifiuti liquidi e delle acque di lavatura. 27) Il laboratorio deve essere corredato di mezzi adeguati, da mettere a disposizione del veterinario per l’immediato trattamento delle carni riscontrate insalubri, allo scopo di sottrarle ad ogni probabilità di consumo alimentare. 28) Le stalle di sosta, annesse ai laboratori debbono rispondere alle esigenze dell’igiene. 29) All’ingresso del laboratorio sarà collocato in modo visibile al pubblico, un cartello, munito del visto dell’Autorità comunale, indicante le specie di carni che si lavorano. 30)………omissis…… 31) Nella confezione delle carni insaccate, non si potranno mescolare carni appartenenti a specie diverse di animali, se tale mescolanza non sia stata approvata dall’Autorità sanitaria e dichiarata in commercio nei modi cui in appresso. 32) Le intesterie degli animali adoperate per l’insaccamento delle carni, dovranno essere sane, convenientemente lavate e disinfettate. 33) Per la preparazione dei casi dei sanguinacci, salami di fegato o salsiccia, facilmente alterabili, in specie nella stagione estiva, non si adopereranno visceri conservati, o sangue stantio, al di là di ore 24 dalla loro estrazione dal corpo degli animali. 34) A richiesta dell’industriale, le carni insaccate, salate o comunque preparate alle condizioni su esposte, saranno munite di un bollo a piombo, portando da un lato il nome della Ditta e dall’altro C.S. (carne suina) ovvero C.S.B. (carne suina mista con bovina) a seconda della loro confezione. 35) L’introduzione nel Comune della carne fresca macellata altrove e destinata a stabilimenti industriali e spacci pubblici, sarà soggetta all’osservanza delle seguenti condizioni: a) che i pezzi siano marcati con un timbro speciale dell’autorità del luogo di provenienza; b) che siano muniti di un certificato vidimato dalla stessa Autorità comunale in cui si dichiari che i pezzi marcati col bollo speciale appartengono ad animale sano e macellato in pubblico macello. 36) Quelle delle predette carni poste in vendita o ritenute nei siti di depositi che fossero riconosciuti dai veterinari guaste od alterate con sostanze nocive saranno sequestrate o distrutte. 37) L’Autorità comunale ordinerà la chiusura di un laboratorio di carni preparate, quando l’industria non ottemperi alle prescrizioni su indicate o vi abbia due volte contravvenuto. 249 38) Chi intende aprire un laboratorio di carni insaccate per farne commercio, deve darne avviso all’Autorità comunale almeno quindici giorni prima. Nel detto termine, l’Autorità comunale farà eseguire un’ispezione da parte dell’Ufficiale sanitario, sul cui voto favorevole, dato per iscritto, concedesi l’autorizzazione. 39) In caso di diniego potrà prodursi ricorso nei modi di legge. 40) Ogni laboratorio, affinché non manchi su di esso l’efficace e continua vigilanza, deve sostenere a spese dell’interessato, l’esercizio di un veterinario diplomato, prescelto dall’Autorità comunale. 41) La macellazione delle carni di cui all’art. 24 deve compiersi nelle ore di giorno. 42) Nell’Ufficio comunale sarà tenuto al corrente un apposito elenco di laboratori autorizzati, i quali dovranno periodicamente essere ispezionati dall’Ufficiale sanitario. 43) Una copia dell’elenco e delle eventuali modificazioni sarà comunicata alla Prefettura per le verifiche che il Prefetto credesse in qualunque tempo di disporre per parte del Veterinario provinciale. 44) In ciascuna beccheria, per ciascun pezzo di carne messo in vendita, dovrà essere posto un cartello per indicare la qualità della carne e se di vaccina od annecchia, e se congelata o refrigerata. 45) Le carni congelate o refrigerate dovranno essere vendute in appositi spacci e portare apposito bollo comunale con le condizioni di cui all’art. precedente. 46) Le altre specie di carni ammesse all’alimentazione pubblica, oltre che saranno vendute in appositi spacci, dovranno portare altresì bolli o cartelli come ai precedenti articoli. Sezione III – Carni di animali da cortile e selvaggina 47) Il veterinario comunale terrà una sorveglianza rigorosa sui volatili e sulla selvaggina che è destinata alla pubblica alimentazione. 48) La vendita dei volatili e della selvaggina è retta dalle norme di cui agli art. 64 e 68 del Regolamento 3 agosto 1890 e degli art. 116 e 117 del Regolamento 3 febbraio 1901. Sezione IV – Pesci, crostacei e molluschi 49) Il mercato del pesce si tiene in apposita località determinata ai sensi dell’art. 16. 50) La vendita dei pesci, dei crostacei e dei molluschi, oltre degli articoli precedenti 8 a 17, è retta anche dalle disposizioni dei regolamenti del 1890 e 1901. 51) Debbono essere distrutti e sequestrati, pesci conservati in aceto o in altro modo, quando abbiano subito una fermentazione. 52) Il veterinario comunale terrà una sorveglianza speciale permanente su pesci che s’introducono in città. Sezione V – Latte, burro, margarina e surrogati del burro, formaggi, latticini e creme. 53) Latte – La vendita del latte, come pure le vaccherie, sono regolate dagli articoli dei Regolamenti 1890 e 1901; ed è fatta perciò obbligo al veterinario comunale di sorvegliarne, almeno ogni quindici giorni, le stalle, per assicurarsi delle condizioni degli animali che si ritrovano (rattrappivano), cioè vacche, capre ed asine lattifere, e del nutrimento ordinario agli stessi apprestati. 54) I recipienti coi quali s’introduce il latte in città sono anche soggetti alla sorveglianza ed alla verifica dell’Ufficio d’igiene. 55) Anche nel caso che la prova di stalla fosse favorevole al produttore o rivenditore del latte, si potrà proibire la vendita del latte stesso, ove per alimentazione incongrue delle vacche, o per altro motivo, il latte abbia un limite inferiore al 9% di residuo magro, ed il 3% di materia grassa. 56) Burro – La vendita e la fabbricazione del burro sono regolate dalla legge sanitaria, testo unico 1907, e dagli articoli dei regolamenti del 1901 e 1895. 57) Margarina e surrogati – Nei negozi ove si vende il burro è proibita la vendita della margarina e di altri surrogati, i quali sono venduti in appositi spacci con un cartello indicante la qualità del genere. E’ regolata come sopra. 58) Formaggi e latticini – Valgono le stesse norme dell’art. 56. 59) Creme – valgono le stesse norme dell’art. 56. Sezione VI – Pane, paste, farine, cereali e leguminose. 60) E’ vietata la vendita del pane che contenga una quantità di acqua maggiore del 36% né più del 2% di sostanze minerali, astrazione fatta dal cloruro di sodio aggiunto per la salatura, né meno a 9% di azoto riferito a 100 parti di sostanza secca. 61) Il pane bruno dev’essere fabbricato con farina di grani teneri depurata di non meno del 16% di crusca e cruschetta, e deve contenere non più del 37% di acqua. 250 62) Il pane deve essere cotto a dovere e deve essere ben fermentato e formato di farine sane, non alterate o sofisticate, insalubri o nocive. 63) E’ permesso in spacci speciali o con cartelli visibili e con le norme che darà l’Ufficiale sanitario, la vendita e paste confezionate con farine mescolate di cui siasi fatta analoga dichiarazione all’Ufficio d’igiene, e da questo approvato. 64) La lavorazione del pane e delle paste alimentari avrà luogo con tutte le cautele di nettezza per quanto riguarda ambienti, attrezzi, meccanismi e personale come segue: a) i locali destinati alla panificazione saranno asciutti, ventilati, perfettamente puliti ed imbiancati, non comunicheranno con cessi, stalle, né saranno adibiti a stanze per dormire: b) le madie saranno di pietra levigata, metalliche o di legno; c) è vietato attendere alla panificazione incompletamente vestiti o con vesti sudice; d) gli operai avranno apposito dormitorio; e) si raccomanda preferibilmente la lavorazione con mezzi meccanici; f) queste disposizioni si applicano anche per la lavorazione delle paste alimentari; g) si osserveranno le altre che saranno indicate dalle Autorità sanitarie a tale riguardo. 65) E’ permesso la vendita del pane, delle paste e delle farine con le norme di cui agli art. 120 e 124 del Regolamento 3 agosto 1890. 66) E’ vietato lo smercio di paste confezionate con materie estranee al frumento, o con frumenti non purgati della stessa o delle pietruzze, o con farine insalubri, alterate, sofisticate o nocive. 67) La vendita dei cereali e delle leguminose è sottoposta alle norme dei Regolamenti del 1890 e 1901. 68) E’ proibito ai negozi di alterare in qualsiasi modo le granaglie portate ai loro molini. Sezione VII – Funghi 69) Il mercato per la vendita dei funghi si terrà ai sensi dell’art.16. 70) E’ permesso la vendita dei soli funghi mangerecci di cui alla tabella annessa al presente regolamento, ai sensi dell’art. 120 del Regolamento 3 febbraio 1891. 71) La vendita dei funghi è altresì subordinata alle disposizione del Regolamento del 1890. 72) Le presenti disposizioni si applicano ai funghi freschi e secchi senza distinzione. Sezione VIII – Frutta, ortaglie, erbaggi e legumi 73) Il mercato quotidiano della frutta, ortaglie, dei legumi e degli erbaggi si terrà ai sensi dell’art. 16. 74) La vendita di questi generi è sottoposta alle disposizioni dei Regolamenti del 1890 e 1901. 75) I generi suddetti, messi in vendita, debbono, non solo essere coperti ai sensi dell’art. 12, ma anzitutto riparati dal sole in modo che non ne precipiti la decomposizione. 76) I venditori di erbaggi, legumi ed ortaglie ed i fruttivendoli sono obbligati di accumulare gli avanzi e le cortecce in apposite ceste da svuotarsi nei carretti dello spazzamento man mano che sono riempiti. 77) I generi di cui nel precedente articolo debbono essere situati in banchi, in ceste, in stuoia e simili, tenuti sempre puliti, e mai messi sulla nuda terra o sul pavimento, e ciò sia nei mercati che nelle botteghe. 78) Le vasche di acqua potabile per il lavaggio delle ortaglie e degli erbaggi, saranno pulite a periodo determinato dall’Ufficiale sanitario, e straordinariamente, sempre che lo creda conveniente l’Autorità sanitaria. L’acqua in essa contenuta deve essere in ogni caso dispersa prima che incominci a dare segno di purificazione, ed anche se è qualche tempo stagnante. Sezione IX – Zuccherosi, limonate, gelati, gassose, ghiacci 79) Il miele, lo zucchero, i confetti, i preparati di zucchero in genere, gli sciroppi, i canditi, la marmellata, le polpe, i succhi vegetali, sono regolati per la fabbricazione e la vendita dai Regolamenti del 1890 e 1901. 80) Le limonate, i gelati, le acque gassose, l’acqua di seltz sono regolate dagli articoli di cui sopra. Sezione X – Conserve alimentari ed uova 81) La fabbricazione e la vendita delle conserve alimentari, sono regolate dai Regolamenti del 1890 e 1901. 82) La vendita delle uova è regolata dal Regolamento del 1890. Sezione XI – Birra ed aceto 83) La fabbricazione e la vendita della birra sono regolata dai Regolamenti del 1890 e 1901. 84) Lo stesso vale anche per l’aceto. Sezione XII – Vini, spiriti e bevande alcoliche 85) Sono permesse le vendite di vino fuori la cinta della città e gli aggregati abitati dalle frazioni, purché l’esercizio non possa sfuggire alla vigilanza igienico-sanitario. 251 86) Per la vigilanza igienica sui vini e delle bevande alcoliche saranno osservate le disposizioni degli articoli previsti dai Regolamenti del 1890, 1900 e 1901. Sezione XIII – Grassi animali e vegetali 87) La vendita di queste sostanze è regolata dagli articoli dei Regolamenti del 1890 e 1901. Sezione XIV – Sostanze varie 88) La vendita di caffè, del the, del cioccolato, delle droghe, delle spezie e dei coloniali in genere, è regolata dagli articoli dei Regolamenti del 1890 e 1901. 89) Come pure le suppellettili da cucina, gli involucri metallici, le profumerie, i cosmetici, i dentifrici e petroli. Sezione XV – Carta da avvolgere 90) La carta da avvolgere sostanze alimentari è regolata, oltre dagli articoli del Regolamento del 1901, dalle altri seguenti: a) è vietato negli spacci di sostanze alimentari avvolgere le sostanze medesime con carta stampata, usata o manoscritta o con carta la quale contenga sostanza o colori nocivi, o che ceda facilmente il colore; b) è vietato parimento usare carta contenente gesso, caolino o qualunque altra sostanza che si presti a frode nel peso in modo da superare i seguenti limiti di tolleranza, cioè il peso di un grammo per ogni decimetro quadrato di carta, e del tipo di sostanza minerale per la carta di celluloide bianca o colorata, e del 2% per la carta di paglia o pasta di legno. Sezione XVI – Confezione dei generi 91) Sempre quando si verifica la contravvenzione di sostanze alimentari, o bevande indicate nel capo II del presente regolamento, i generi saranno confiscati e distrutti, nei modi e cole forme prescritte negli articoli seguenti, e salvo i procedimenti a carico del contravventore e le altre disposizioni stabilite dalle leggi e dai regolamenti sanitari in generale. 92) Qualora all’atto della visita fata dai vigili sanitari, si trovassero sostanze invendibili, guaste od alterate, si potrà provvedere sul posto alla distruzione immediata dei generi sequestrati purché l’avaria di essi sia riconosciuta dagli esercenti stessi. 93) Quando sorge contestazione sulla qualità di una sostanza sottoposta a sequestro dai vigili sanitari, l’esercente ha facoltà di richiedere che essa sia trasportata all’Ufficio d’igiene per essere ivi sottoposta a verifica inappellabile di controllo da parte dell’Ufficiale sanitario. 94) Tanto il consenso alla distruzione che la contestazione debbono risultare dall’apposito verbale che gli Agenti e l’Ufficiale hanno l’obbligo di redigere in tutti i casi di sequestro di generi o di accertamento di contravvenzione di cui agli articoli precedenti 92 e 93. Sezione XVII – Servizi d’ispezione 95) Il servizio d’ispezione igienico-sanitario è retto dal regolamento 6 luglio 1890. 96) I vigili sanitari comunali, con distintivo, saranno addetti in permanenza alla dipendenza dell’Ufficio d’igiene per ispezioni di vigilanza igienico-sanitaria; è per l’esecuzione materiale delle disposizioni che crederà impartire l’Ufficiale sanitario ed il Sindaco. 97) I medici condotti, a richiesta dell’Ufficiale sanitario, approvata dal Sindaco, sono tenuti a coadiuvare l’Ufficio d’igiene nei servizi d’ispezione e vigilanza igienico-sanitaria, nei casi di cui agli articoli stabili dalle leggi in vigore. 98) Gli agenti daziari sono obbligati a denunciare immediatamente all’Ufficio d’igiene qualsiasi tentativo di immissione nella cinta daziaria di generi sospetti di alterazione, sofisticati, insalubri, adulterazione, ecc. 99) Tenuta presente l’importanza grandissima del mercato settimanale della città, il veterinario comunale passerà una visita sanitaria a tutti gli animali prima di permettere l’ingresso nel mercato medesimo. Capo III – Macello e carni 100) Il macello comunale pubblico contiene: a) un ammazzatoio per buoi, vacche, vitelli, bufali; b) un ammazzatoio per gli animali ovini e caprini; c) una ammazzatoio per maiali; d) un locale destinato alla lavatura delle interiore degli animali macellati; e) una stalla di sosta per animali bovini; f) un altra per i maiali; g) un’altra per gli ovini e caprini; h) un locale specialmente destinato per l’ammollamento del merluzzo secco, del baccalà e simili; i) un locale per spanditoio; k) un locale per la distruzione degli animali o parti di essi che non siano atti alla vendita; l) un sotterraneo pel deposito delle carni macellate; m) un locale per il custode; n) un altro per l’ufficio d’amministrazione e d’ispezione. 101) La direzione e l’ispezione sanitaria del macello sono affidate esclusivamente al veterinario comunale. 102) Il veterinario comunale, oltre quanto è indicato negli articoli 99, 101 e 323, deve: a) adempiere a tutti quegli obblighi che sono imposti dalle leggi e dai regolamenti sanitari, nonché del 252 presente regolamento igienico e dal relativo capitolato di nomina e col diritto ai sessenni di cui all’art. 256; b) prestare la sua opera gratuita per gli animali dei poveri iscritti nell’elenco di cui all’art. 257; c) trovarsi in ufficio come è stabilito per l’Ufficiale sanitario all’art. 7, dopo le occupazioni del macello o di altri doveri ai sensi di legge e dei regolamenti. 103) Il macello rimarrà aperto tutti i giorni, meno la domenica, dalle sette alle 14 di estate e dalle 8 alle 14 d’inverno. Potrà pure anticiparsi l’ora dell’apertura di esso o ritardarne quella della chiusura del custode, quante volte sia ciò stato ordinato del Sindaco. 104) Per la macellazione l’orario è stabilito dalle 8 alle 11 in ogni stagione ed in tutti i giorni in cui il macello è aperto, ed il martedì ed il sabato poi l’orario si proterrà fino alle ore 12. Il Sindaco inteso il veterinario stabilirà uno speciale turno di macellazione in casi straordinari. 105) Soltanto i maiali che servono esclusivamente per proprio consumo privato, potranno macellarsi nell’interno delle case, salve perentori avvisi di 24 ore al veterinario comunale, che avrà diritto al compendio di lire due per capo, oltre le spese di trasporto per le frazioni. 106) Le bestie da macellare saranno presentate al macello, dove prima di passare all’ammazzatoio, saranno visitate nella stalla di sosta dal veterinario comunale, quindi si rilascerà ai conduttori di esse, per ogni capo o per ogni mandria, secondo i capi, una bolletta il cui numero progressivo definirà il diritto di precedenza alla macellazione. 107) In caso di disparere tra il veterinario incaricato per la verifica delle bestie da macellare o delle carni macellate, ed il proprietario di esse, la questione sarà decisa dal Sindaco ai sensi di legge. 108) L’ufficio del macello terrà in corrente un registro, nel quale saranno distintamente segnati con ordine di numero e di data, gli animali, dei quali si autorizza la macellazione, il risultato della visita fatta nel macello dal veterinario, il discarico degli animali respinti dal macello dietro la visita e ciò per controllo delle eseguite disposizioni. 109) Durante la macellazione si dovranno tenere chiusi gli usci del macello, ed è proibito alle persone estranee potersi introdurre. E’ poi vietato nei modi assoluti l’ingresso nel pubblico macello alle persone di età inferiore agli anni 14. 110) E’ vietato assolutamente condurre cani nel macello senza eccezioni. 111) Appena ammazzati gli animali di qualunque specie sospesi e sparati, se ne ritireranno gli intestini, che a cura dei mandrieri o trippaiuoli che ne abbiano appunto l’incarico, saranno trasportati con decente e pulite carriole nel locale del macello, destinato alla natura di essi. 112) Il sangue delle bestie macellate sarà raccolto in tinozzi o recipienti ben puliti di altrui pertinenza, i quali dovranno essere fatti in modo che il sangue non sgocciola e non cola sul tavolo, e possa essere trasportato ben chiuso fuori dal macello. Tale operazione sarà eseguita a cura e spesa dei rispettivi proprietari nel corso della giornata in cui l’uccisione sarà avvenuta. Decorsa la giornata il sangue si riterrà per abbandonato, ed il Comune ne resterà padrone, disponendone a suo piacimento a norma di legge. 113) Gli animali bovini non potranno essere appesi pei tendini (cordoni) delle gambe, prima che abbiano cessato di dare ogni sintomi di vita. 114) Se qualche bestia si troverà pignorante, il veterinario si regolerà secondo i modi indicati nel Regolamento speciale del 1899, che regola questo servizio delle carni di animali da macello. 115) Il veterinario comunale curerà delle scrupolose visite negli spacci pubblici di carni, acciò quelle invendute non vadano soggette a principi di putrefazione od alterazione per cui se ne proibisce la vendita. 116) Le pelli delle bestie macellate sono sottoposte per l’immissione o meno nella città a speciale ordinanza del Sindaco, avendo per base tale ordinanza la classe a cui appartiene la fabbrica della concia delle pelli, ai termini della legge del 1907. 117) I maiali destinati alla pubblica vendita, divisi in due pezzi, saranno trasportati nello spanditoio e sospesi ai rispettivi uncini, dove resteranno quel tempo che sarà necessario per far acquistare alle carni la debita consistenza. Dopo di che ciascuno esercente curerà pel trasportare i pezzi di sua pertinenza fuori del macello. 118) I maiali non potranno essere in altro modo scottati per la depilazione che con l’acqua calda fornita dal Macello. 119) I posti nelle stalle di sosta saranno assegnati ad ogni beccaio o proprietario di bestie, dal custode del Macello, e le bestie saranno mantenute e governate a cura dei rispettivi proprietari, ai quali incombe altresì l’obbligo della fornitura della paglia occorrente per la giacitura dei propri animali. 120) Il letame delle stalle di sosta, dei locali di deposito ed in generale dell’intero Macello, è dovuto al Comune, il quale a proprio spese e cura dovrà farlo levare e depositare nel rognone od in altro locale a ciò destinato. 253 121) Nella stalle destinate alle bestie da macello non potranno essere ammessi gli animali da tiro, né bestie di qualsiasi genere. 122) Non è permesso lasciare vagare le bestie che si dovranno macellare nell’interno del Macello, ne attaccarle ai cancelli del medesimo o in alcun altro modo fuori delle stalle. Soltanto le bestie indomite potranno essere tenute libere, ma nell’apposti recinto. Gli animali da tiro dovranno essere legati agli anelli destinati a tale uso. 123) Niuno potrà entrare nel Macello, cosi di giorno come di notte senza licenza del custode, eccettuati gli agenti daziari o della forza pubblica, nonché le Autorità comunali ed il personale dell’Ufficio d’igiene. 124) Non sarà permesso l’entrate nel Macello a chi si trovasse nello stato di ubriachezza o con abiti sudici e cenciosi. 125) E’ vietato guastare in modo qualsiasi alcuna parte del Macello e gli oggetti ad esso appartenenti; scrivere, far tracce o disegnare con qualsiasi mezzo su qualunque muro, parete od altro punto del locale, applicare candele contro i muri, piantare coltelli, chiodi od altri arnesi nelle pareti, od in altra parte del detto Macello. 126) Ogni esercente sarà tenuto di procedere alla macellazione dei propri animali, evitando qualsiasi disordine e curando la massima pulizia del locale. 127) E’ vietato ai macellai, trippariuoli, lavoranti e garzoni uscire dagli ammazzatoi o dalle altre località e circolare per il Macello con coltelli od altri strumenti offensivi in mano, ancorché del mestiere. Tali strumenti dovranno essere lasciati nei locali di esercizio. 128) Le persone sopra indicate non potranno mostrarsi nel pubblico Macello con abiti laceri e sudici, ma dovranno portare un camice sopra di essi con corrispondente cappuccio, sempre decente e pulito. 129) Sono vietate nell’interno del Macello i canti, le grida clamorose e gli atti contrari alla decenza ed al buoncostume, e qualunque atto di crudeltà contro le bestie. 130) Tutti gli utensili ed attrezzi mobili, appartenenti all’Amministrazione, saranno inventariati in ciascuno locale e dati in consegna al custode che ne risponderà. Copia dell’inventario sarà tenuta dentro l’Ufficio d’igiene e della Segreteria comunale. 131) E’ dovere di ogni macellaio o tripariuolo di lasciare in perfetta nettezza, dopo averne fatto uso, tutti gli arnesi adoperati, siano essi propri o dell’Amministrazione. 132) I mandriani dovranno completamente pulire con copiosi lavacri il rispettivo ammazzatoio, e tale obbligo avranno pure i trippariuoli in quanto a, locale assegnato. 133) Sarà permesso tenere di tendere insidie ai topi, agli insetti e ad ogni altri animale dannoso, soltanto con mezzi meccanici. E’ proibito di far uso a questo uopo, di polveri ed altri preparati, in cui entrano materie velenose, combustibili od altrimenti pericolose. 134) L’immissione nella cinta daziaria della carne macellata fresca in altri Comuni e destinata agli spacci pubblici, sarà permessa soltanto per le seguenti barriere: Via Napoli, Starza, Ponte Carolino, Corso Campano, e nelle ore in cui sono permesso le operazioni daziarie e sia aperta il pubblico Macello, ove debbono portarsi le carni, per potersi eseguire la visita sanitaria. 135) La carne macellata fresca immessa nell’interno del Comune, come pure la congelata o refrigerata, per uso privato, è permesso in quantità non superiore ai chili 5, mentre per quella di maiale e le carni minute di cui la quantità da introdursi non è limitata. 136) Sono considerati come parti di bestie e saranno sottoposte alla visita sanitaria le teste, i piedi, le trippe e glia arti inferiori freschi e non preparati. 137) Le carni congelate o refrigerate per uso pubblico introdotte nel Comune sono sottoposte alle medesime norme di cui art. 134. 138) Le carni che risultassero infette o provenienti da animali morti, saranno assoggettate allo trattamento di cui all’art. 91 del presente regolamento. 139) Gli agenti daziari di servizio alle barriere della Città, sono nell’obbligo di fermare gli esportatori delle carni suddette ed avvertire immediatamente gli agenti comunali senz’eccezione di sorta alcuna. 140) E’ proibito espressamente la macellazione degli equini e la loro immissione nella cinta daziaria sotto qualsiasi pretesto, restando cosi pure proibito l’suo della mescolanza della carne suddetta nella confezione delle carni insaccate. 141) Nell’interesse della pubblica igiene, dovendosi preparare fuori l’abitato il merluzzo secco, il baccalà e simili, gli industrianti dei suddetti commestibili, hanno espresso obbligo di preparare e di ammollare detti generi nel pubblico Macello e nella località per tale ammollimento e lavatura destinata, sala preventiva visita dell’Ufficio d’igiene. 142) Conseguentemente, tutti i venditori di baccalà e simili i quali si trovino nel caso contemplato nell’articolo precedente porteranno, secondo i bisogni, i pezzi secchi di esso al 254 macello, e, dopo seccati e numerati, li deporranno nella vasca d’acqua che loro sarà additata dal custode, per quanti giorni sarà necessario, resteranno immersi e non saranno ritirati se non ben lavati, stante il cambio continuo dell’acqua e sufficientemente ammolliti. 143) Per l’esecuzione del precedente articolo e per modalità della immersione nell’acqua dei suddetti generi sarà preceduta con apposita ordinanza. 144) Il custode dipenderà dagli ordini dell’Autorità comunale nonché dal veterinario comunale e le sue principali attribuzioni sono quelle di vegliare all’esatta osservanza di tutti le prescrizioni contenute nel presente Regolamento che riguardano il Macello e di quelle altre che gli fossero indicate dall’Autorità comunale e dal veterinario. 145) L’inserviente attenderà a tutti i lavori materiali che gli saranno ordinati dall’Autorità comunale, dal veterinario e dal custode pel servizio del Macello. Egli è specialmente incaricato della nettezza dei locali ove dimorerà in permanenza. 146) Tutti gli animali vaccini, i castrati, i capretti e gli agnelli potranno macellarsi in ogni tempo dell’anno. 147) Potranno macellarsi, col permesso del Sindaco inteso l’Ufficiale sanitario, le pecore ed i caprini nei soli mesi di luglio ed agosto, le capre e le bufale dal mese di settembre a tutto il 10 novembre, ed i maiali dal mese di ottobre a tutto il 15 marzo. 148) In caso di malattie epidemiche o contagiose, il Sindaco inteso, l’Ufficiale sanitario, potrà non permettere la macellazione e lo smercio di carni di taluni animali per determinato tempo. 149) Le carni macellate di cui siasi permesso la vendita al pubblico, o l’introduzione di cui agli artt. .134, 136 e 137, nonché il baccalà od altro pesce salato di cui all’art. 141, saranno muniti di appositi bolli dell’Ufficio igienico comunale, dopo accurata ispezione. 150) Per il trasporto delle carni e delle pelli d’animali macellati e per qualsiasi altra disposizione che lo interessi il macello e le carni non indicate nel presente regolamento, si osserveranno i regolamenti speciali del 1890 e 1901. 151) L’Amministrazione daziaria è tenuta ad avvisare rapidamente il veterinario comunale dell’immissione nella cinta daziaria d’animali macellati o parti di essi e d’animali entrati nel mercato non preventivamente visitati dal veterinario. 152) Nel Macello, sotto il controllo dell’Autorità sanitaria, dovranno bollirsi quelle carni che affette da tubercolosi circoscritta possono essere vendute a bassa macellazione. Come pure le carni non atte al consumo, ma a scopo industriale saranno utilizzate con quelle norme che darà il Sindaco, sulla proposta del veterinario ed ai sensi di legge e dei regolamenti. Capo IV – Sezione I – Norme generali 153) Circa la salubrità del suolo e delle abitazioni saranno operate le disposizioni prescritte dalla legge, dai regolamenti sanitari, dal presente regolamento, dalle Istruzioni ministeriali, che s’intendono far parte del presente regolamento e dei regolamenti di edilizia e polizia urbana. 154) L’Ingegnere comunale curerà, alla dipendenza dell’Ufficiale sanitario, quanto riguarda l’ingegneria sanitaria in tutti i rapporti con l’igiene, ed in forza delle disposizioni di cui al precedente articolo. Sezione II – Pulizia igienica delle acque superficiali 155) Ai sensi dell’art. 58 del regolamento del 1901, le norme circa le opere da farsi per dare scolo alle acque del sottosuolo e la pulizia igienica di quelle superficiali, sono indicate dagli art. 1 a 6, 16, 17, 18, 21, 22 delle sopraccitate istruzioni. 156) E’ assolutamente vietato di formare in qualunque sito del territorio del Comune acque stagnanti, in qualunque modo e quantità. Sezione III – Delle case 157) In merito al Regolamento sanitario del 1901, le o parte di esse, nuove o rifatte, non possono essere abitate se non siano dichiarate abitabili dal Sindaco, sentito l’Ufficiale sanitario, prima che siasi ottemperato altresì alle disposizioni sancite nel presente regolamento locale. 158) Per l’effetto, di cui ai precedenti articoli, il proprietario di una casa, di un piano o di una stanza di nuova costruzione, dovrà denunziare il compimento al Sindaco che, inteso l’Ufficiale sanitario, rilascerà apposito certificato dalla cui data cominceranno a decorrere i termini fissati per opera dichiarata abitabile. Il Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, potrà prolungare i detti termini, se per opposte circostanze il tempo prefisso risulterà insufficiente a cautelare la salubrità delle abitazioni, salvo in ogni caso il reclamo all’Autorità superiore. 159) Per le case già costruite è in facoltà del Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, di procedere ad ispezione interna delle case stesse, sempre, quando vi fossero case d’insalubrità e o previo avviso da darsi al proprietario. Nel caso che da tale ispezione risultasse che mancano le condizioni igieniche prescritte dalla legge e dai regolamenti e si riconoscesse la necessità di provvedimenti per 255 rimuovere le cause d’insalubrità, il Sindaco prescriverà le opere da farsi secondo le norme che indicherà l’Ufficiale sanitario con apposita ordinanza. 160) Le case sottoposte oltre un metro alle pubbliche vie, non possono in alcun modo essere adoperate per abitazioni di uomini, essendo i locali per abitazioni sottoposti alle norme cui agli art. 58 e 66 delle cennate istruzioni. 161) Tutti i proprietari di case sono tenuti di far restaurare e ripulire le mura esterne di esse, i cortili e le giardinate, sempre quando si fossero logorati o maltrattati, e quelle case che non sono rivestite di stucco liscio, bianco colorato, debbono essere imbiancate ogni cinque anni. 162) In caso di malattie epidemiche e contagiose, il Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, disporrà con apposita ordinanza l’immediato restauro, ripulimento ed imbiancamento o scoloramenti di tutte le mura esterne dell’abitato. 163) I cosiddetti bassi, sottoscale e pianterreni per abitazione debbono essere imbiancati internamente ed esternamente in ogni anno. 164) Tutte le case di abitazione debbono comunicare con l’esterno in maniera da non esservi difetto di aria, ed i particolari e gli annessi di esse sono regolati dagli art. 67 a 71 e 73 a 80 delle istruzioni citate. 165) Ciascuna casa d’abitazione deve essere forniti di tubi fumari o camini proporzionati al focolaio, forni o fornello. 166) I tubi o camini di cui all’articolo precedente, debbono aver le bocche di emissione all’altezza di un metro almeno sopra il tetto ed alla distanza di tre metri dalle finestre o terrazzi delle vicine abitazioni. Qualora questa distanza non possa serbarsi, le stesse bocche debbono elevarsi di un metro al di sopra di dette finestre o terrazzi. Ove si tratti di fumo derivante anche da carbon fossile purificato, dovranno i tubi essere condotti ad un’altezza che superi almeno un metro e mezzo il tetto più elevato delle case e edifici circostanti per un raggio di m. 50. 167) Qualora, nonostante quanto è prescritto nel precedente articolo, le esalazioni ed il fumo riuscissero di grave incomodo ai vicini, potrà il Sindaco, sentito l’Ufficiale sanitario, prescrivere quelle maggiori cautele e distanze che fossero del caso. 168) Dovrà essere notificato all’Ufficio d’igiene il consenso ottenuto dall’Autorità edilizia comunale per costruzioni nuove, ricostruzioni, riadattamenti di edifici e per qualsiasi lavoro interessante la fognatura domestica, o la provvista d’acqua, per gli effetti degli art. 35, 36 e 37 delle istruzioni indicate. 169) Tutto quanto è presente negli articoli precedente per le case di abitazioni e per l’igiene del suolo e dell’abitato di cui all’art. 153, si estende alle case tanto urbane che rurali. 170) Le fondazioni degli edifici sono sottoposti alle norme di cui agli art. 53 e 57. Sezione IV – Del suolo pubblico 171) I piani regolatori degli aggregati urbani sono governati dagli art. 24 e 29 delle istruzioni indicate. 172) L’orientazione delle strade è retta dall’art. 30 delle cennate istruzioni. 173) La larghezza delle strade e la pavimentazione delle stesse sono regolate dagli art. 31 e 32 delle istruzioni indicate. 174) I terreni scoperti di proprietà privata, come vie, piazze, cortili ed altro, sono regolate dagli art. 42 a 51 delle citate istruzioni. Sezione V – Acque immonde e rifiuti domestici 175) Le acque immonde, le acque domestiche di rifiuto, i residui di cucina ed i rifiuti in genere, sono regolati dagli art. 102 a 111 delle istruzioni citate. 176) I cessi, le latrine ed i pozzi neri sono sottoposti alle norme degli articoli seguenti e degli art. 102 a 11 delle indicate istruzioni. 177) Cessi, latrine e pozzi neri debbono essere dai rispettivi proprietari espurgati almeno una volta l’anno. Tale espurgo si eseguirà nelle ore notturne e solo dal 1° novembre a tutto marzo, secondo le norme che per il caso detterà l’Ufficiale sanitario. 178) Occorrendo d’allontanarsi dal prescritto delle disposizioni del precedente articolo, spetta al Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, assegnare le norme e cautele da seguirsi, verificando l’urgenza del caso. 179) Almeno 12 ore prima di procedersi allo svuotamento dei cessi, latrine e pozzi neri, i proprietari dovranno disinfettare le materie con soluzioni disinfettanti in quantità bastante e secondo le norme che darà l’Ufficiale sanitario. 180) Le materie provenienti dall’espurgo di cessi, latrine e pozzi neri, debbono essere trasportate entro botti coverte, od in altro modo che non esali fetori nei letamai posti fuori dei luoghi dell’abitato, determinati dall’Autorità comunale, ove saranno messe e ricoverte di terra. 181) Compiuto l’espurgo si dovranno sciacquare i muri e selciati che fossero rimasti imbrattati 256 di materie immonde, con le stesse soluzioni disinfettanti. 182) Gli orinatoi, dove esiste pubblica cloaca, debbono con appositi cunicoli aver sfogo in essa. In difetto le acque raccolte nei medesimi debbono essere condotte in appositi pozzetti, costruiti in modo impermeabili ed alla distanza di m. 10 dai pozzi e condotti di acqua viva. Sezione VI – Case rurali 183) La vigilanza sulle costruzioni ed abitabilità delle case rurali è regolata dagli art. 114 e 129 delle cennate istruzioni e dal regolamento del 1906. 184) I particolari e gli annessi delle case rurali, come pure i relativi abbeveratoi, il letame, le stalle, gli ovili, i porcili, gli acquai, le latrine, le vinaie ed altro, sono regolati dagli art. 126 a 136 delle cennate istruzioni. Sezione VII – Particolari ed annessi alle case 185) Il sindaco potrà costringere i proprietari delle case, sull’istanza degli inquilini, a fare gli occorrenti lavatoi, cessi e latrine, tutte le volte che ne avvisi la necessità, ai sensi dell’art. 176. 186) I lavatoi suddetti saranno costruiti e tenuti seconda le norme che darà l’Ufficiale sanitario. Sezione VIII – Nettezza pubblica 187) Le latrine pubbliche e gli orinatoi pubblici debbono essere lavati giornalmente con molto acqua ed almeno tre volte la settimana con soluzione disinfettante, indicata dall’Ufficiale sanitario. 188) Sono proibiti gli scarichi ed i depositi di acque immonde, d’immondizia, di rifiuti in genere, di liquidi di rifiuto domestico ed industriali, e di qualunque altra materia insalubre, nauseante o putrefattibile, nei recinti dei luoghi abitati e negli adiacenti cortili e giardini, ed anche nell’interno delle case o fabbriche, ai sensi dell’art. 113 delle istruzioni suindicate e dal regolamento del 1901. 189) E’ vietato tenere dentro l’abitato mandrie e greggi di animali vaccini, ovini e suini, ed anche semplicemente stalle per detti animali. 190) E’ proibito crescere maiali nell’abitato per farne industrie. 191) Le stalle e le scuderie che vogliosi tenere nell’abitato, debbono essere mantenute dai rispetti padroni con la massima nettezza, onde la salubrità dell’aria circostante non resti alterata dall’esalazione dei letami, ai sensi degli art. 71 e 75 delle istruzioni citate. 192) Lo stallo delle stalle di cui all’articolo precedente deve essere tolto almeno due volte la settimana nei mesi invernali da novembre a marzo, ed ogni due giorni negli altri mesi, e dev’essere trasportato fuori l’abitato appena tolto, siccome è presente per le altre immondizie di cui all’art. 80. 193) In caso di epidemia o malattie contagiose, il Sindaco, senti l’Ufficiale sanitario, con apposita ordinanza potrà prescrivere il nettamente delle stalle e trasporto giornaliero dello stallo e del letame, ed anche ordinare la chiusura delle stalle ove occorre. 194) Le piazze e strade, ed in generale tutti i luoghi aperti al pubblico e loro dipendenze, debbono essere mantenuti sempre ben netti e puliti. 195) E’ vietato gettare nelle pubbliche strade e nei luoghi prossimi all’abitato, acqua di qualunque specie ed altre materie che possono cagionare fango e diffondere perniciose e fetide esalazioni o lordare il suolo pubblico. 196) E’ vietato fare immondizia, stercorare ed orinare nelle strade, piazze ed altri luoghi aperti al pubblico, provvedendosi dal Comune con latrine ed orinatoi pubblici a questi bisogni. 197) Per il facile e pronto scolo di acque meteoriche nelle strade, piazze ed altri suoli di uso pubblico, e per la pulizia di dette strade, piazze e suoli, è obbligo dei proprietari ed inquilini di tener sempre netti e puliti i cessi, i lavatoi, i cortili, gli anditi, le scale, i vestiboli di porte, nonché i marciapiedi ed i laterali ai sensi degli art. 33 e 34 delle istruzioni citate. 198) Lo spazzamento pubblico deve praticarsi prima dell’albeggiare secondo le norme che darà l’Ufficio sanitario ad osservanza dell’art. 112 delle indicate istruzioni. 199) Le immondizie di qualunque specie saranno ammonticchiate accanto alla porta d’ingresso della bottega, del magazzino o della casa d’abitazione, sia sulle vie sia nei cortili, per essere raccolte dagli spazzini comunali, mercè appositi carrettini, in diversi periodi della giornata. 200) Le immondizie di cui agli art. 197 e 199 debbono essere radunate e conservate dai privati in appositi recipienti fin al passaggio dei carretti comunali che le raccoglieranno e le trasporteranno via. L’Ufficio d’igiene darà le norme per i recipienti suindicati, i quali appena vuotati nei carretti, saranno immediatamente ritirati nell’interno dell’immobile. 201) Il trasporto delle immondizie di qualunque specie, salvo il disposto dell’art. 180, deve farsi secondo le norme che darà l’Ufficiale sanitario per gli effetti dell’art. 198. 202) Qualunque trasporto di materie immonde deve farsi in modo che esse non possano disperdersi anche in minima quantità. 203) Tutte le immondizie di qualunque specie, salva quelle di cui all’art. 205, debbono essere trasportate in campagna, alla distanza non minore di m. 250 fuori l’abitato, e di m. 50 lungi dalle pubbliche strade. 257 204) Il sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, potrà concedere l’uso dei letamai fatti a mente dell’art. 92 delle indicate istruzioni, i quali sono sempre posti fuori l’abitato secondo l’articolo precedente. 205) Le materie provenienti dallo spurgo di pozzo neri e latrine non potranno essere depositate a distanza minore di 500 m. dalle abitazioni agglomerate, di m. 250 ad ogni abitato isolato, e di m. 150 dalle pubbliche strade. 206) Trasportate le immondizie in campagna, è proibito ammonticchiarle all’aria libera. Volendosi esse conservare, debbono essere mese in letamai ai sensi dell’art. 203. 207) L’Ufficio d’igiene stabilisce, secondo i singoli casi, i luoghi ed i depositi di immondizie, rifiuti ed altre materie insalubri di cui all’art. 188, ed operante le distanze di cui agli art. 203 e 205. 208) E’ vietato gettare nelle vie e sulle piazze avanzi di qualsiasi genere. 209) E’ proibito gettare nelle caditoie o feritoie stradali, orine, fango, immondizie ed altro che potrà ostruire od infettare i corsi sottoposti. 210) E’ assolutamente vietato di gettare dalle abitazioni la benché minima cosa sulle pubbliche vie e sui cortili interni, i quali saranno tenuti a mente degli art. 51 e 52 delle istruzioni citate. 211) E’ proibito di asciugare biancheria, lingeria e tessuti in genere, sulle vie, sulle finestre, sui balconi o sulle terrazze prospicienti sul suolo pubblico. 212) Non si possono scuotere, sbattere o spolverare sulle strade, sulle finestre, sui balconi o sulle terrazze prospicienti sul suolo pubblico, i tappeti, gli abiti ed i tessuti in genere. 213) E’ vietato sbattere la lana dei materassi in luoghi aperti al pubblico. 214) E’ vietato ai raccoglitori e ricettatori di stracci, ossa e simili rifiuti, nonché ai venditori ambulanti di commestibili, di bevande, frutta, ortaglie e di qualunque altro genere, abbandonare sul suolo pubblico alcun residuo di rifiuti di qualunque natura. 215) E’ vietato a chiunque fare cernita d’immondizia che momentaneamente si trovasse accumulata sulle strade per essere rimossa ai sensi dell’art. 199. 216) L’inaffiamento pubblico è fatto a spese del Comune con norme che darà il Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario. Sezione IX – Industrie e mestieri insalubri, incomodi e rumorosi 217) Tutte le camere terrene, nelle quali si deve tenere sia costantemente, sia ad intervalli, il fuoco per l’esercizio di mestieri ed industrie, arte e simili, debbono essere costruite a lamia, con focolai, cappa e tubi fumari, proporzionati al bisogno e ben dipinti, secondo le norme che darà l’Ufficiale sanitario. Ai tubi e camini da fumo suddetti si applica il disposto degli art. 165, 166 e 167. 218) Per tutte le manifatture e fabbriche esistenti nel Comune o che andranno a stabilirsi, e che non soddisfacessero a tutte le condizioni di salubrità, provvederà il Sindaco, sentito l’Ufficiale sanitario, osservando le norme che saranno indicate dall’Autorità superiore, tenendo presente le classi cui appartengono, ai sensi delle legge, testo unico, 1907. 219) In caso di ricorrenza di malattie epidemiche o contagiose, il Sindaco, sentito l’Ufficiale sanitario, con apposita ordinanza, impedirà temporaneamente l’esercizio delle industrie esistenti nell’abitato, che si crederanno nocive alla pubblica salute. 220) Nelle fabbriche e manifatture propriamente dette, e negli stabilimenti industriali in generale, saranno osservate non solo le disposizioni indicate nel presente Regolamento, ma anche quelle legislative circa l’impiego delle donne e dei fanciulli, sull’incolumità fisica degli operai, sugli infortuni sul lavoro ed altre che abbiano rapporti con la pubblica igiene. 221) I maniscalchi non possono stare nei centri abitati del Comune e sono obbligati a lavare pulitamente il terreno e spazzarne gli escrementi. Essi inoltre debbono avere il focolaio, siccome è prescritto nell’art. 217 e tenere la bottega ai sensi dell’art. 324. 222) Le industrie ed i mestieri insalubri saranno esercitati nei modi e nelle forme prescritte dagli art. 217, 218 e 219 del presente Regolamento, ed ai termini dell’art. 68 della legge e con quelle cautele che saranno inoltre indicate dall’Ufficiale sanitario. 223) Il trasporto di cenci non lavati, delle pelli di animali macellati, di ossa o di avanzi di macello, deve farsi in cesti ben chiusi, o in furgoni coverti. 224) E’ proibito la piantagione e coltivazione della canapa e del lino negli orti, giardini e canapini adiacenti all’abitato ed alla distanza non minore di 150 m. dalla periferia dello stesso. 225) E’ proibito ugualmente di trasportare per l’interno dell’abitato canapa o lino di fresco macerato e non perfettamente asciugato. Come pure è proibito farne deposito nell’interno dell’abitato ed a distanza minore di 150 m. dallo stesso, nonché maciullarlo nelle strade dell’abitato. 226) E’ proibito di stendere nell’abitato ed alla distanza minore di m. 100 dalla periferia dello stesso, ogni sorti di pelli, cuoiame verdi, interiori di animali, borelli di bozzoli ed altri oggetti fetenti. 227) E’ pure proibito di tener nell’interno dell’abitato depositi di mobili vecchi, ossa, rifiuti, cenci e panni vecchi, dovendo tali depositi stabilirsi nelle strade fuori l’abitato, indicate dalla Giunta 258 comunale, inteso l’Ufficiale sanitario ed ai sensi dell’art. 324. Sezione X – Norme varie 228) Gli abbeveratoi pubblici per animali si reggono con le norme degli art. 97 e 98 delle suindicate istruzioni. 229) E’ proibito tenere polli ed animali domestici vaganti per le vie interne dell’abitato. 230) I lavatoi pubblici saranno tenuti con quelle norme igieniche che sono indicate dagli art. 99 a 101 delle cennate istruzioni. Capo V – Dell’acqua potabile 231) E’ vietato espressamente di lordare od in qualunque modo corrompere le acque pubbliche, come pure è vietato di lavarsi biancheria, verdure ed altro, salvo in quell’acqua che è destinata a tale uso dal Comune, i teso l’Ufficio d’igiene. 232) Non possono essere stabilite superiormente ai siti ove si attinge l’acqua potabile tintorie, concerie ed altre officine di simile genere, capaci di alterare la buona qualità delle acque. 233) I pozzi d’acqua per uso potabile e domestico e le cisterne sono regolate dagli artt., 90 e 96 delle istruzioni suindicate e dagli altri articoli seguenti. 234) Nessuna casa sarà dichiarata abitabile, o potrà essere data in affitto, se non sia fornita d’acqua potabile ai sensi dell’art. 89 delle cennate istruzioni. 235) Le acque piovane destinate agli usi domestici, debbono per mezzo di tubi di ferro essere condotte in cisterne aperte al contatto dell’aria e costruite in modo che l’acqua possa deporre i principi nocivi e purificarsi, ed osservate l’art. 96 delle citate istruzioni. 236) I proprietari di pozzi e cisterne sono tenute a curare la nettezza e la salubrità dell’acqua in essi contenuta, e ad ogni richiesta dell’Autorità sanitaria sono obbligati a farli pulire, sempre, quando l’acqua fosse riconosciuta inservibile agli usi domestici, od a chiudere completamente gli uni e le altre se l’acqua sia incontaminata, insalubre od inquinata. 237) Provvedendosi il Comune di acqua potabile ai sensi dell’art. 126 della legge, sarà con apposito regolamento, inteso l’Ufficiale sanitario, determinato in modo di distribuzione della stessa e la vigilanza degli acquedotti, serbatoi, ecc. operanti gli art. 81 a 89 delle suindicate istruzione. 238) Il Comune provvede a mantenere la nettezza delle acque pubbliche destinate agli usi domestici non solo, ma ancora per qualsiasi uso sia igienico sia agricolo od industriale. 239) Ogni pozzo o cisterna dovrà essere munito di solido passetto all’altezza non inferiore ad 80 cm. di porta ben condizionata e di quant’altro ne assicuri la nettezza, la sicurezza e la potabilità, secondo verrà ordinato dall’Autorità sanitaria intesa, ove occorra, anche quella edilizia. 240) In caso di rifiuto dei proprietari di pozzi e cisterne di ottemperare al disposto degli articoli precedenti, provvederà il Comune salvo rivalsa delle spese verso i proprietari stessi, ai sensi di legge. Capo VI – Macerazione delle piante tessili 241) Ai sensi degli art. 67 della legge, testo unico, 1 agosto 1907 e 92 del Regolamento sanitario 3 febbraio 1901, è vietata la macerazione della canapa, del lino e di ogni altra pianta tessile, a distanza minore di 1500 m. dell’esterno dei centri abitati del Comune. 242) Non è permesso la costruzione e l’esercizio dei nuovi maceratoi, senza l’autorizzazione della Giunta comunale. 243) L’istanza per conseguire la suddetta autorizzazione dovrà comprovare che il nuovo maceratoio abbia le condizioni di cui agli art. 12, 13, 14 e 15 delle citate istruzioni. 244) La macerazione può essere fatta dal 15 giugno al 15 ottobre, salvo quelle proroghe che la Prefettura crederà accordare per casi eccezionali. 245) Le acque sono immesse nei maceratoi mercè tubolatura speciale, di alimentazione, il cui orificio, toccando quasi il pavimento, eviti il ristagno delle acque del fondo della vasca ed ogni possibile putrefazione delle sostanze organiche. 246) Lo smaltimento delle acque usate che avviene per mezzo dello sfioratore, deve funzionare esclusivamente per apposito canale comunicando con la chiavica colletrice. 247) Le acque smaltite dopo aver percorso la chiavica colletrice debbono essere immesse in canali o fossi lontani da terreni impermeabili, e diretti a convenienti distanze dai luoghi abitati, che non formino pantani o fondi malarici, né inquinino le correnti d’acqua potabile. 248) Prima e dopo la macerazione le vasche debbono essere diligentemente lavate, pulite e riparate, laddove per gusto, alterazione delle pareti possa eseguirne infiltrazione del suolo. 249) Le piante tessili macerate dovranno essere asciugate ad una distanza non minore di 500 m. dall’abitato, dove non potranno introdursi se non bene asciutte. 250) L’Ufficiale sanitario procederà in tempo utile ad ispezioni locali per accertare che i maceratoi corrispondono alle surriferite condizioni, e ne redigerà doppio verbale uno per il Sindaco, 259 l’altro da trasmettere al Medico provinciale. 251) Il sindaco, assistito dall’Ufficiale sanitario, curerà l’esecuzione delle presenti disposizioni, nonché di quelle indicate nell’art. 243. 252) Oltre il Sindaco e l’Ufficiale sanitario sono chiamati a sorvegliare l’esatta esecuzione delle sopra indicate disposizioni tutti gli altri ufficiali ed agenti della forza pubblica. Capo VII – Assistenza sanitaria 253) L’assistenza sanitaria in servizio del Comune, a norma dell’art. 24 della legge, è fatta dai medici chirurgi, condotti e da levatrici condotte, giusta la pianta organica allegata, sia per la Città sia per le frazioni. 254) Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, il Comune è diviso in rioni, a ciascuno dei quali è assegnato un medico chirurgo condotto ed una levatrice condotta. 255) Gli obblighi dei condotti risulteranno non soltanto dal regolamento del 1906, dalle leggi e dai regolamenti sanitari, ma dal presente regolamento, da leggi speciali e dal capitolato di nomina relativo. 256) Per quanto altro non è disciplinato dalla suddette disposizioni, i condottati dovranno sottostare a quelle stabilite dagli art. 340 a 345, compreso per essi il diritto ai sensi in come è stabilito per gli impiegati comunali. 257) L’elenco dei poveri, di cui all’art. 54 del Regolamento sanitario del 1901 e degli art. 15 a 21 del regolamento del 1906, sarà diviso anche per rioni per gli effetti dell’art. 254 del presente regolamento. 258) Nell’elenco dei poveri di cui all’articolo precedente saranno iscritti tutti i residenti nel Comune, senza distinzione del tempo da che si avverrò la residenza purché non posseggono beni di sorta alcuna, o purché dall’esercizio della loro professione, arte, commercio od industria, ricevano in reddito annuale non superiore alle lire 500, od infine possiedono beni in relazione ad un minimo di aliquota d’importo non superiore a lire 10 annue. L’elenco suddetto, ogni anno, è riveduto dalla Giunta comunale, ai sensi dell’art. 17 del Regolamento del 1906. 259) Il medico condotto: deve recarsi nel più breve termine che può a visitare l’infermo povero del proprio rione ed a prestargli tutte le cure medico-chirurgo-ostetriche, di cui ha bisogno, gratuitamente, nel vero senso della parola, non esclusi i poveri estranei al Comune che fossero di passaggio. Trattandosi di malattia grave o lunga o contagiosa a che l’infermo manchi d’idonea abitazione o della indispensabile assistenza nel proprio domicilio, ne ordinerà l’immediato trasporto agli appositi ospedali. Nell’occorrenza del trasporto dell’infermo all’ospedale giusto il capoverso precedente, il medico, avuto riguardo alle condizioni del medesimo, stabilirà per iscritto il modo od il tempo del trasferimento. In caso di chiamata notturna, sarà accompagnato nell’andata e ritorno da un agente comunale o di forza pubblica, quindi i poveri in tali riscontri dovranno, in caso di bisogno, rivolgersi prima all’Ufficio delle guardie comunali. E’ obbligato a tenere un registro giornaliero degli ammalati da lui curati con le annotazioni di tutti i rapporti od atti d’ufficio, ricevuti e trasmessi, secondo le norme che saranno diramate dall’Ufficio d’igiene. Non può assentarsi dal Comune per più di 24 ore senza il permesso iscritto dal Sindaco, il quale provvederà per il rimpiazzo, sempre che non vi siano malattie epidemiche, che reclamino l’assistenza continua dei condotti. Deve supplire il collega condotto in caso di assenza o di malattia. E’ obbligato: a) a tenere la sua residenza nel proprio rione; b) a curare, salvo quel divieto a compenso che fosse consentito da norme speciali, i RR. Carabinieri e le guardie di città; c) a curare gratuitamente per turno mensile da stabilirsi dal Sindaco, i detenuti e gli ammalati nell’Ospedale delle malattie infettivo (Lazzaretto); d) a ripetere, anche nell’istessa giornata, la visita all’ammalato, e ciò nei casi di grave malattia acuta, potendo nei casi ordinari di cronicità visitare l’ammalato ogni due o tre giorni a norme della loro specialità; e) a rilasciare gratuitamente, nei casi di morte, il relativo certificato, oltre all’adempimento delle altre prescrizioni delle leggi e regolamenti vigenti; f) a rilasciare gratuitamente agli abitanti poveri della sua condotta qualsiasi attestato medico che loro faccia bisogno; g) di visitare gratuitamente ogni 15 giorni le balie coi rispettivi bambini, ad essa affidati dal Comune o da altre istituzioni di beneficenza e rilasciare loro la attestazione di non offrire né essa, né i bambini segni d’affezioni significative di sorta alcuna; h) a rimettere all’Ufficio d’igiene, ogni sei mesi, i risultati sommari delle cure prestate ai poveri del suo rione; i) a tenere gli strumenti chirurgici, necessari all’esercizio professionale, in perfetto ordine e ad adempiere a quelle altre incombenze che gli sono demandate dal prescritto regolamento igienico o da leggi speciali; k) a prestarsi gratuitamente sia ad ogni specie di servizio inerente alla sua qualità di sanitario condotto, sia alle cure preservative, ad esempio:<<vaccinazione, servizi necroscopici,m ecc.>>, sia a coadiuvare l’Ufficiale sanitario nei servizi igienico-sanitari comunali, e nei casi di cui agli art. 97 e 281. 260) La levatrice condotta è obbligata a curare tutte le gestanti o partorienti povere, indicate nell’elenco di cui all’art. 257 e prestare l’opera sua gratuita in conformità del regolamento ostetrico 260 23 febbraio 1890 e relative istruzioni annesse. Essa sarà fornita di medicinali per le povere dalla Congrega di Carità, ai sensi dell’art. 8 del regolamento ostetrico citato. 261) La levatrice si atterrà strettamente a quanto è disposto dalle leggi sanitarie e relativi regolamenti, ed alle istruzioni indicate per le esercenti ostetricia nei Comuni, rimanendo proibita ad essa qualsiasi prescrizione curativa, anche di un medicinale il più innocuo, giusto la legge. Essa presenterà ogni tre mesi all’Ufficio d’igiene il registro dei parti, che invierà a cura del Comune, per essere vidimato dall’Ufficiale sanitario, il quale cosi controllerà col registro dello Stato civile se tutti i nati furono raccolti dalla levatrice condotta o da altre levatrici autorizzate; se vi siano esercenti abusive o se le esercenti legali abbiano adempiuto il loro dovere chiamando il medico alla più lieve complicazione. Nell’esercizio della sua professione ella dovrà sempre essere cortese e caritatevole, e dovrà pure rilasciare gratuitamente alle partorienti qualsiasi dichiarazioni o fede, per sussidio di allattamento o per altre qualsivoglia sovvenzioni. 262) Giusto l’art. 24 della legge e gli art. 62 e seguenti del regolamento del 1906, esistendovi in ospedale per le malattie infettive (Lazzaretto), un ricovero di mendicità ed un ospedale civile, il Comune completerà l’assistenza sanitaria come segue: a) avrà uno o più posti di pronto soccorso forniti di quanto occorre per le prime medicature d’urgenza in caso di infortuni o disgrazie accidentali, e per il trasporto di feriti od ammalati, avvalendosi dell’opera disinteressata e volenterosa dei sanitari in generale e delle istituzioni volontarie di pubblica assistenza di cui all’art. 282; b) terrà un conveniente numero di semicupi, vasche portatili da bagno, enteroclismi ed irrigatori a disposzione dei condotti per i poveri del Comune; c) darà sussidi ai poveri per cure igieniche; d) provvederà ai poveri, di medicinali a domicilio, ove occorre, con le norme, di cui agli art. 66 e 71, del Regolamento del 1906. Capo VIII – Disinfezioni 263) L’Ufficio d’igiene dev’essere fornito di tutti i disinfettanti, prescritti dai regolamenti sanitari, ai sensi di legge. 264) Gli introduttori di capelli dovranno sottoporre la loro merce alla disinfezione con la formalina od altro sistema di disinfezione nell’apposito locale di cui all’art. 260 e sotto il controllo dell’Ufficio d’igiene. Lo stesso trattamento dev’essere applicato, anche, agli introduttori di mobili usati, per farne commercio, nonché di stracci e simili. Però per le diverse specie di disinfezioni, l’Ufficiale sanitario adotterà quei disinfettanti che sono indicati migliori dai progressi scientifici, lasciando al suo criterio ed al suo studio le particolarità. 265) La soluzione di sublimato sciolto nell’acido cloridrico sarà tenuta sotto chiave, e questa affidata all’Ufficiale sanitario, il quale all’occorrenza di disinfezione la doserà, e cosi la consegnerà al vigile sanitario incaricato delle disinfezioni e della lavatura delle pareti, pavimenti, mobili, ecc., secondo le norme che, caso per caso, darà lo stesso Ufficiale. 266) La soluzione antisettica suddetta solo dall’Ufficiale sanitario sarà consegnata direttamente alle famiglie per l’uso indicato nell’articolo precedente. 267) Le spese occorrenti per le disinfezioni e disinfettanti di uso pubblico e per i poveri, sono a carico del Comune. I non poveri provvedono alla disinfezione a proprie spese. 268) Il Comune ha appositi locali per le disinfezioni, disciplinandone l’esercizio con deliberazione della Giunta comunale, inteso l’Ufficiale sanitario, in conformità del regolamento del 1906 e delle istruzioni governative dell’art. 267. 269) L’Ufficiale sanitario promuoverà l’esecuzione di disinfezioni periodiche e straordinarie: a) nelle scuole, asili, chiese, stabilimenti ed altri luoghi aperti al pubblico di cui all’art. 325: b) nelle pile dell’acqua Santa nelle chiese; c) nelle botteghe da barberie; d) nelle botteghe adibite a spacci di sostanze alimentari, frutta , ortaglie, erbaggi, bevande e simili; e) begli orinatoi, cessi, angoli di muri, lavatoi, abbeveratoi; f) ed in tutte quelle altre località prescritte dal presente regolamento e dalle leggi, nonché dal Regolamento sanitario del 1901. 270) In caso d’opposizione alle suddette prescrizioni dell’Ufficiale sanitario, il Comune provvederà a proprie spese alla esecuzione medesime, salvo il diritto di ottenere il rimborso dall’interessato a norma di legge. Capo IX – Vaccinazione 271) La vaccinazione, di cui agli art. 130 e 131 della legge è esercitata da medici condotti. 272) Dai mesi di aprile a ottobre di ogni anno si terranno le sessioni gratuite della pubblica vaccinazione nei locali a ciò destinati dal Sindaco, sia per la Città sia per le frazioni. 273) Vi saranno due registri, uno per le vaccinazioni e l’altro per le rivaccinazioni. 274) Tutti i medici chirurgi hanno l’obbligo di trasmettere all’Ufficio sanità le notizie necessarie alla registrazione di vaccinati e rivaccinati. 275) Per quant’altro riguarda la vaccinazione sarà operativo il regolamento 25 marzo 1892. 261 Capo X – Provvedimenti contro le malattie infettive dell’uomo e degli animali 276) S’intendono applicate le disposizioni prescritte dagli art. 123 a 131, 136 a 156, 193 e 194 della legge sanitaria circa le misure contro la diffusione delle malattie infettive dell’uomo e degli animali. 277) Sarà provveduto con apposite norme, che darà il Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, ed ai sensi del Regolamento del 1906, circa l’esercizio dell’ospedale per le malattie infettive (Lazzaretto). Questo sarà tenuto sempre in ordine ed in ottime condizioni di manutenzione ed esercizio, pronto ad ogni occasione. Una copia dell’inventario del materiale in esso esistente sarà tenuto dall’Ufficio d’igiene e dalla Segreteria comunale. 278) Sarà a cura dell’Ufficio d’igiene la vigilanza e l’esecuzione degli art. 129 a 186 del regolamento sanitario del 1901. 279) In caso di epidemia o di gravi circostanze, o se il bisogno il richiedesse, il Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, nominerà delle Commissioni igieniche, per ciascun rione cui si divide il Comune, in forza dell’art. 254. 280) La composizione di ciascuna Commissione, di cui al ‘precedente articolo, è fissata nell’ordinanza del Sindaco, che la nomina, per un tempo determinato nell’ordinanza in parola. 281) Ciascuna Commissione igienica coadiuva l’Ufficio d’igiene, per l’esecuzione rigorosa del presente regolamento è sotto quelle norme che saranno date dal Sindaco nella ordinanza di cui agli articoli precedenti. A ciascuna di essa deve appartenere un medico chirurgo condotto, a mente dell’art. 97. 282) Il Sindaco e l’Ufficio d’igiene nei casi di cui all’art. 29 si varranno pure delle associazioni locali di assistenza pubblica, ai sensi dell’art. 262, o di squadre volontarie, che si costituissero in casi di epidemie, ai sensi dell’art. 4 della Circolare ministeriale 22 agosto 1889. 283) Per le misure preventive circa le malattie celtiche, di cui agli art. 136 a 156 della legge, sarà osservato in proposito il regolamento speciale sul meretricio del 27 ottobre 1905 e gli art. 168 a 186 del Regolamento sanitario del 1901 nell’interesse dell’ordine pubblico, della salute pubblica e del buon costume. 284) Le denuncie, di cui agli art. 123 e 125 della legge e 129 a 131 del Regolamento sanitario del 1901, debbono farsi su moduli o stampe, forniti ai medici in generale dall’Ufficio d’igiene. 285) Il regolamento di polizia veterinaria, di cui all’art. 193 della legge, provvederà al riguardo di tal ramo di servizio. Capo XI – Della polizia mortuaria 286) La polizia mortuaria nel Comune di Maddaloni è retta dalle disposizioni prescritte nel regolamento speciale del 1892. 287) Per l’adempimento dell’art. 55 della legge sanitaria, le denuncie dei decessi saranno notificate all’Ufficio di Stato civile, il quale ne darà immediata comunicazione all’Ufficio d’igiene per l’esecuzione dell’art. 1 del regolamento speciale di polizia mortuaria sopra indicato. 288) Il servizio di trasporti funebri è regolato da apposite norme, che darà il Consiglio comunale, inteso il parere dell’Ufficiale sanitario. 289) E’ fatto divieto ai sacerdoti, ed anche ad altre persone, sedere nell’interno dei carri funebri ove è situato il cadavere da trasportare al Cimitero. 290) I trasporti funebri debbono assolutamente essere fatti direttamente per la via più breve, che dalla dimora dell’estinto conduce al Cimitero. Questi trasporti saranno fatti nei mesi da novembre a marzo dalle 9 alle 11 e dalle 14 alle 16; negli altri mesi dalle 7 alle 10 e dalle 17 alle 19. 291) Il Cimitero starà aperto al pubblico dalle ore 9 alle ore 16 di tutti i giorni. 292) Nei giorni di pioggia o di neve, il Cimitero rimarrà chiuso e non potrà essere visitato senza uno speciale permesso del Sindaco. 293) Le cappelle del Cimitero rimarranno aperte soltanto durante il tempo dei riti sacri. 294) Sarà proibito l’ingresso nelle fosse delle cappelle delle Congreghe e dei Sodalizi in genere, a chiunque senza giustificato motivo che sia per inumazione, esumazione o lavori speciali, accertato e sorvegliati in tutti i casi dal Custode. Come del pari è proibito l’ingresso nel Cimitero ai ragazzi che non siano sotto la custodia di persone adulte. 295) E’ vietato introdursi nel Cimitero o soffermandosi all’ingresso del medesimo, allo scopo di questuante. 296) I cavalli, le vetture ed i carri, non potranno entrare nel Cimitero che per servizio interno del medesimo. L’introduzione dei cani o di altri animali, anche condotti a mano, è assolutamente vietato. 297) La strada interna del Cimitero, ugualmente che i sentieri, i viali, e gli interstizi ed intervalli che separano le sepolture o fosse, sia comuni o particolari, dovranno mantenersi costantemente 262 sgombri dell’erba e di ogni qualunque impedimento, dovendosi di continuo curare la più scrupolosa raccolta ed il seppellimento delle ossa che eventualmente potessero trovarsi alla superficie del Cimitero, l’area del quale sarà tenuta costantemente con la massima decenza e nettezza. 298) Ogni coltivazione che non sia quella di semplici fiori o di arbusti sempre verdi sulle sepolture particolari è vietato in tutta l’estensione del Cimitero. Le erbe che ivi cresceranno di volta in volta, dovranno essere tagliate e bruciate nel recinto stesso del Cimitero. 299) Nel caso che le croci fossero gettate a terra dal vento o per qualsiasi altra causa, dovrà il Custode del Cimitero farle rimettere al rispettivo loro posto, qualora siano ancora servibili, riponendole in caso opposto in un angolo della camera mortuaria o di deposito per bruciarle, sempre nel recinto del Cimitero, ogni qualvolta non fossero ritirate da chi di ragione, entro un mese dall’avutone avviso. 300) Fino alla rinnovazione delle fosse, sarà in facoltà dei parenti di far racconciare le croci ed i monumenti sulle fosse dei defunti, di rinnovarli e di infossarne le iscrizioni, in modo però che non rechino imbarazzi agli inservienti del Cimitero, né ai visitatori, e non si danneggiano i tumuli, le croci ed i monumenti vicini. 301) Nella rinnovazioni delle fosse, le croci, le piccole lapide od i monumenti soprapposti che per qualsiasi motivo dovessero essere rimossi, se non saranno domandati e ritirati entro un mese da coloro che ne hanno diritto, verranno in potere del Comune, che potrà disporne nei modi che crederà più opportuno. 302) Nessuno potrà arrecare guasto o spregio qualsiasi al muro o portico di cinta, alle croci, ai monumenti ed a tutto quanto esiste nel Cimitero. 303) Le iscrizioni sulle croci o sulle lapidi, e i monumenti non possono contenere alcune allusioni o sentenza o parola meno che conveniente, ed a quest’uopo dovranno essere sottoposte al visto del Sindaco. 304) E’ parimenti vietata di fare qualunque iscrizione sui muri e nelle lapide, o di macchiarli e comunque deturparli. 305) Il Custode del Cimitero è incaricato dell’esecuzione delle presenti disposizioni, per la parte che riguarda il servizio di nettezza e la conservazione del Cimitero medesimo. Custodirà le chiavi delle porte d’ingresso dei diversi locali del Cimitero. Vigila che l’impresario del trasporto dei cadaveri o i suoi agenti adempiono esattamente le obbligazioni specificate ed assunte nei capitolati dell’Impresa avvisandone in caso contrario immediatamente il Sindaco. Dirige i becchini e gli operai del Cimitero nei lavori giornalieri occorrenti, e qualora qualcuno di essi manchi ai propri doveri, o non serbi quel contegno dignitoso e decente che si conviene alla natura del luogo, ne renderà informato il Sindaco per gli opportuni provvedimenti. 306) Nei mesi di aprile e settembre di ciascun anno il Custode del Cimitero rimetterà al Sindaco una nota delle riparazioni occorrenti per la conservazione in buon stato tanto dei mobili, arnesi, ferri ed attrezzi, che dei vari fabbricati del Cimitero, dei muri di cinta, portici, viali, fossi e piante, accompagnandola con tutte le operazioni che potranno occorrere alla sepoltura, lapidi ed ai monumenti di ragione delle private famiglie, giacché la conservazione di questi sta a loro carico sotto la sorveglianza dell’Autorità comunale. 307) E’ dovere del Custode di impedire che s’introducano servitù od abusi di qualunque sorta, pregiudizievoli al Cimitero, sia all’interno come all’esterno, né permetterà l’introduzione nello stesso di oggetti estranei al servizio, o di animali, né che si estragga dal Cimitero terra, pietre, mattoni, erba, legna, foglie o qualsivoglia altra cosa inerenti al suolo interno del medesimo. 308) Il Custode vigilerà e farà vigilare che le persone, le quali entrano nel Cimitero, si conformino in tutto al prescritto delle presenti disposizioni. 309) Nelle occasioni di concorsi straordinari il Custode richiederà dal Sindaco l’assistenza della forza pubblica in quel numero di agenti che potrà essere necessario. 310) Nei primi otto giorni di ciascun trimestre il Custode rimetterà al Sindaco: a) una nota esatta dei cadaveri inumati nelle sepolture comuni del Cimitero durante il trimestre precedente, distinguendo i maggiori e minori di sette anni; b) una simile nota degli spazi, o posti, occupati nelle sepolture private, o nelle tombe di famiglia, nonché delle iscrizioni lapidarie collocate sulle medesime. 311) I servizi principali dei becchini sono: a) tracciamento, escavazione e riempimento delle fosse; b) inumazione ed esumazione dei cadaveri e loro deposito nei sepolcri; c) custodia e polizia del Cimitero. 312) Ogni mattina e nell’ora fissata pel trasporto dei cadaveri al Cimitero, i becchini si troveranno pronti a riceverli, scaricarli ad uno ad uno, e trasportarli separatamente fino alla fossa od al sepolcro in cui ciascuno dev’essere deposto, oppure nella camera mortuaria o di operazione, od in quella di deposito, qualora non fosse trascorso il periodo di tempo prescritto dagli art. 9, 10 e 11 263 del regolamento speciale di polizia mortuaria, o quando non fossero ancora preparate le fosse, o per le esecuzioni delle esumazioni sia ordinarie sia straordinarie. 313) In ogni giorno, terminato l’interamento dei cadaveri, ed il riempimento delle fosse, i becchini debbono attendere al tracciamento ed alla escavazione di nuove fosse, al ripulimento e riadattamento delle fossi comuni, alla raccolta delle ossa e loro disposizione nell’ossario e, in generale, a tutti i servizi che nell’interesse della pulizia e conservazione del Cimitero saranno loro ordinati dal Custode. 314) Nel riempimento delle fosse debbono fare tutti quei vagliamenti e miscugli di terra, che saranno giudicati opportuni. 315) Visiteranno di frequente, e specialmente in estate, le fosse tutte del Cimitero per otturare con nuova terra vagliata ed umida le screpolatura che si fossero manifestati nel terreno. 316) Visiteranno anche tutti i canali destinati a tramandare le acque piovane fuori del Cimitero e li ripuliranno delle foglie ed altre materie che si fossero accumulate. 317) I becchini sono obbligati ad eseguire per conto dei privati delle esumazioni, dietro compenso stabilito con apposti tariffa approvata dalla Giunta comunale. 318) Non saranno permesse esumazioni straordinarie se non dopo almeno 15 mesi dalla inumazione e dietro permesso del Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, e nei casi di cui agli art. 78, 81, 83 e seguenti del regolamento speciale di polizia mortuaria. Nelle Congreghe debbono essere istituite per le immondizie delle fosse in muratura, in modo che ciascuno cadavere sia diviso dall’altro mediante interstizio nella misura prescritta dal regolamento di polizia mortuaria. 319) La vendita dei suoli nel Cimitero è sottoposta all’approvazione del Consiglio e la Giunta il prezzo fissato nella tariffa annessa al presente regolamento. Unita alla domanda di acquisto di suolo, da specificarsi l’uso, deve sempre alligarsi il relativo disegno di costruzione. 320) La vendita delle nicchie nei muri interni del Cimitero, di proprietà del Comune, è sottoposta all’approvazione della Giunta, giusto la tariffa determinata dal Consiglio, annessa al presente regolamento di cui all’articolo precedente. 321) Il Custode, i becchini ed il personale tutto del Cimitero non potranno esigere da privati tasse o richiedere mance per qualsivoglia motivo, salvo il caso di cui all’art. 317 per i solo becchini. 322) Le disposizioni contenute nel presente “Capo” s’intendono applicate a tutti indistintamente i Cimiteri del Comune, senza distinzione di culto. Capo XII – Polizia sanitaria – Sezione I – Vetture pubbliche 323) Il veterinario comunale, almeno ogni mese, deve visitare nell’Ufficio d’igiene, secondo le norme che saranno stabilite dal Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, gli animali attaccati alle pubbliche vetture, tenendo presente se siano adatti al servizio o pericolosi per ragioni d’età, vizio o difetto, se siano infermi di malattie temporanee od inguaribili, perciò debbono essere esclusi temporaneamente o definitivamente dal servizio, se siano colpiti di malattie contagiose, come moria, ecc. facendone sempre rapporto all’Ufficiale sanitario. Sezione II – Mestieri rumorosi ed incomodi 324) Sono proibiti gli esercizi dei mestieri rumorosi od incomodi, come sediari, fabbro-ferrai, falegnami, stagnai, ramai, carradori, carpentieri, maniscalchi e simili, dal tramonto al levar del sole, in tutte le stagioni, ed anche dal mezzogiorno a quattro ore dopo nei mesi estivi, affinché non riescano molesti ed incomodi ai vicini. Purtuttavia la Giunta comunale, inteso l’Ufficiale sanitario e la Commissione edilizia, determinerà le singole strade per l’ubicazione dei vari esercizi suindicati, scegliendo a tale oggetto quelle esterne, secondarie e senza importanza di sorta. Sezione III – Luoghi aperti al pubblico 325) L’Ufficio d’igiene esercita altresì la vigilanza igienico-sanitaria in tutti i luoghi aperti al pubblico, come: chiese, sale di pubblico convegno e trattenimento, teatri, cinematografi e simili. Sezione IV – Cani 326) A mente degli articoli seguenti sarà provveduto alla custodia ed alla distruzione dei cani vaganti. 327) Il Sindaco, inteso l’Ufficiale sanitario, darà con apposita ordinanza, le norme per prevenire l’idrofobia, e, questa manifestandosi boralizzarla e reprimerla. 328) Un apposito canile servirà a tenere in osservazione i cani accalappiati, mentre quelli sospetti di idrofobia saranno custoditi separatamente a mente dell’art. 325. 329) Tutti i cani, siano o non condotti al guinzagli, dovranno essere continuamente muniti di museruola nelle strade, nelle botteghe, ed i qualunque altro luogo aperto al pubblico. 330) Ai conduttori di vetture, di carri ed altri veicoli, non è permesso di condurre alcun cane che non sia munito di museruola sia o no legato al di sopra o al disotto del carro. 331) E’ vietato ai macellai tenere cani nelle beccherie o nelle case contigue ove dormono, e 264 condurli al Macello. 332) I proprietari e guardiani d’armenti, dovranno tenere i cani di guardia solidamente legati, ovvero munti di museruole nelle ore del giorno, sempre però vicini all’ovile e discosti dalle strade. 333) E’ riservata la facoltà al Sindaco di vietare le ritenzioni di cani entro le abitazioni, quando per l’angustia di questi od il numero di quelli possa venirne pregiudizio alla salute pubblica degli abitanti. 334) Ogni possessore di cani è rigorosamente tenuto a dare immediatamente denunzia al Sindaco di qualunque indizio che sia, anche semplicemente sospetto, di sviluppo di rabbia in alcuni degli animali suddetti. 335) I cani che diano sintomi di rabbia saranno sequestrati, ed isolati nello stabilario municipale, sotto la vigilanza de veterinario comunale, e tenuti in osservazione sin alla cessazione dei sintomi morbosi. Gli animali morsicati da cani rabbiosi, o sospetti, saranno ugualmente trattati. 336) Trascorsi 4 mesi di osservazione, quelli riconosciuti sani saranno restituiti, quando la malattia si sviluppasse saranno abbattuti e distrutti. 337) Se un animale sospetto fosse morto prima di stabilire la diagnosi in vita, la testa col midollo allungati sarà inviata all’istituto antirabbico per accertarla. 338) Nella località ove trovasi l’animale idrofobo si praticheranno le opportune disinfezioni. 339) I cani destinati all’abbattimento per qualsiasi ragione saranno distrutti con quei mezzi che saranno indicati dall’Ufficiale sanitario, e sempre in luogo riservato ai sensi degli art. 303, 309. Capo XIII – Disposizioni finali 340) Per gli effetti dell’art. 3 sono considerati impiegati comunali i medici condotti, il veterinario condotto, le levatrici condotte e quel altro personale dipendente dal Comune indicata dalle leggi sanitarie, mentre i vigili sanitari, i disinfettatori, l’accalappiacani, i becchini, i custodi e gli inservienti addetti al Macello ed al Cimitero, nonché ad altri servizi sanitari sono ritenuti quali salariati. 341) Le ordinanze occorrenti per l’esecuzione dei particolari servizi indicati nel presente regolamento, variano sempre proposte dall’Ufficiale sanitario e trasmesse al Sindaco per l’approvazione ai sensi di legge. 342) A disposizione del pubblico, nell’Ufficio d’igiene, è sempre ostensibile il registro dei reclami per qualsiasi inconveniente od abuso si credesse da chiunque denunziato. 343) Le contravvenzioni alle prescrizioni del presente regolamento, ove non sia altrimenti disposto, saranno puniti a norma dell’art. 199 della legge, testo unico, del 1907, salvo sempre le pene maggiori sancite dal Codice penale, e giusto, gli art. 218 e 220 della legge comunale e provinciale, testo unico, del 1908. 344) Per i contravventori al presente regolamenti si osserverà il disposto dell’art. 130 del regolamento del 191 per l’applicazione ed esecuzione del testo unico della legge comunale e provinciale del 1908. 345) Per quanto non è indicato nel presente regolamento locale d’igiene, s’intende rimettersi alle disposizioni delle leggi e dei regolamenti sanitari generali e speciali governativi e provinciali in vigore, ed al regolamento comunale degli impiegati e salariati. 346) Dalla data di esecuzione del presente regolamento sono abrogate i vari regolamenti precedenti in generale, e compresi quelli pei cani, del macello e del Cimitero, nonché di tutti le disposizioni sulle quali esso dispongono. Allegati: 1) Tabella dei funghi mangerecci - Pianta personale dell’Ufficio d’igiene: Capo del Servizio – Ufficiale sanitario - Impiegati: n° 2 medici condotti pel centro ed uno per la frazione di Montedecore - N° 1 Segretario (scelto tra gli Impiegati di Segreteria) – n° 2 levatrici condotte pel centro ed una per Montedecore. - Incaricati: n° 1 Ingegnere comunale – n° 1 Cappellano pel servizio religioso del Cimitero - Salariati: n° 2 Vigili sanitari (scelti fra le guardie comunali) – n° Disinfettatore ed n° 1 Accalappiacani - Cimitero: n° 1 Custode e Vice Custode – n° 1 Giardiniere e 1 aiuto giardiniere – n° 4 becchini - Macello: a) Impiegato: n° 1 Veterinario - b) Salariati: n° 1 custode e n° 1 inserviente - 3) Tariffa dei diritti sanitari comunali - 1) Licenza di tenere capre lattifere (per ogni animale) annue lire 2 - 2) Licenza di tenere vacche lattifere (per ogni animale) annue lire 5 - 3) Per impianto di fabbriche, manifatture e depositi insalubri lire 25 - o pericolosi, vasche di macerazione delle piante tessili (per ciascun stabilire e per una sola volta). - 4) Per impianto di apertura di qualsiasi esercizio o spaccio lire 5. - Pubblico soggetto a vigilanza igienico-sanitaria) per ciascuno e Per una sola volta) - 5) Vidimazione annua della licenza al n° 3 lire 5. - 6) Vidimazione annua della licenza al n° 4 lire 1. - 7) Acquisto di suolo al Cimitero al mq. Lire 20. - 8) Acquisto di nicchia nel muro del Cimitero per memoria. - 4) Tariffa dei diritti comunali di macellazione. - a) Macellazione per ogni capo: buoi, vacche e bufali lire 5,vitelli e vitelle lire 3, maiali lire 2, pecore e capre lire 0,40, agnelli e capretti lire 0,15. - b) Stallaggio nelle stalle di sosta o nella prateria del Macello per ogni animale, dopo il primo giorno, per ogni giorno di sosta si pagherà: Buoi, vacche, bufali lire 0,40; Vitelli e vitelle lire 0,30; Maiali lire 0,20; Pecore e 265 capre lire 0,15; Agnelli e capretti lire 0,05. - c) Ammollamento dei baccalà e simili, Per ogni kg. di pesce secco lire 0,05. - d) Visita sanitaria della carne congelata o refrigerata: ogni 4 lire 1. - quarti che costituiscono l’intero pezzo. - 5) Tariffa dei diritti sanitari dovuti al veterinario: a) Macellazione fuori orario od in giorni festivi, Per ogni vacca, bue o vitello lire 5; Per ogni animale piccolo lire 2; b) Macellazione privata , per ogni suino lire 2; (fuori Comune, oltre la visita, centesimi 25 per ogni Km). Il Consiglio a voti unanimi e per alzata e seduta approva il suddetto regolamento. 20 .Assistenza sanitaria gratuita – elenco delle famiglie. (Approvata il 20 febbraio 1945) La Giunta ritenuto la necessità di riesaminare l’elenco dei poveri dimoranti nel Comune ammessi all’Assistenza medico- chirurgico-ostretica gratuita e alla somministrazione gratuita dei medicinali, rivedendo quello in vigore dal 1939. Volendo disciplinare con distinto atto le norme per la formazione dell’elenco dei poveri; delibera: 1) Per la compilazione dell’elenco il Comune è diviso in sette zone corrispondenti alla circoscrizione di ciascuna parrocchia; 2) per ogni zona è istituita un’apposita Commissione presieduta dal sindaco o da un suo delegato, e della quale fanno parte il presidente dell’Ente comunale di assistenza o da un suo rappresentante, l’ufficiale sanitario, il titolare della parrocchia, un rappresentante dei prestatori d’opera designato in turno dalle associazioni esistenti nel Comune e nominato dal sindaco, un rappresentante dell’Associazione dei mutilati di guerra, un rappresentante dell’Associazione dei combattenti, il medico condotto della zona; funziona da segretario della Commissione il capo dell’ufficio Annone; 3) i lavori delle commissioni sono presentati alla Giunta municipale che approva l’elenco unico definitivo prima del 15 dicembre di ogni anno; 4) l’elenco approvato dalla Giunta deve essere pubblicato all’albo pretorio del Comune per lo spazio di 15 giorni. Chiunque si creda leso nella compilazione di tale elenco può ricorrere entro trenta giorni al Consiglio comunale il quale decide definitivamente ed inappellabilmente; 5) l’elenco definitivo viene comunicato ai medici condotti ed alle ostetriche limitatamente agli iscritti residenti nella rispettiva zona; 6) per nessuna ragione i sanitari si possono rifiutare di prestare assistenza sanitaria gratuita agli iscritti nell’elenco, anzi la non inclusione di una persona o famiglia nell’elenco dei poveri, non esonera i sanitari condotti dal prestare la loro assistenza nei casi di urgenza ai richiedenti. In tali casi l’Amministrazione comunale deciderà a richiesta dei sanitari che hanno prestato la loro opera, se sia ad essi dovuto compenso; 7) l’Amministrazione comunale curerà che tutti gli iscritti nell’elenco siano munti di un libretto di riconoscimento che dovrà essere esibito da essi a qualsiasi richiesta dei sanitari; 8) le commissioni proporranno l’iscrizione su richiesta o degli interessati o d’ufficio nell’elenco dei poveri agli effettivi dell’assistenza sanitaria gratuita per tutte quelle famiglie o persone che si trovano in stato di assoluta miseria, che trovansi in condizione di salute tale da non essere abili al lavoro proficuo, che non hanno parenti diretti tenuti per legge al loro sostentamento, ed infine coloro che dal lavoro manuale ritraggono entrate appena sufficienti per procacciarsi il vitto giornaliero; 9) sono considerati poveri, ed hanno diritto quindi all’assistenza sanitaria gratuita, coloro che dagli accertamenti che si andranno a fare per l’applicazione della imposta di famiglia, risultano di aver cespiti di entrate non superiori a lire 6mila annue. Tale limite sarà elevato al 9mila quando i componenti a carico della famiglia superi il numero di 5; 10) per i mutilati, invalidi e vedove dei caduti in guerra, non sarà tenuto conto negli accertamenti di cui all’art. precedente delle persone di cui fossero eventualmente forniti. 21 .Regolamento provvisorio per la Banda musicale (Approvato il 13 maggio 1899) Il Presidente propose che la banda suoni soltanto nella Piazza Unione ed ai due punti cioè, angolo dell’Annunziata, e presso il Municipio, indicati, suonandosi, cioè, una volta presso l’Annunziata ed un’altra presso il Municipio, e che si smetta dal suonare al Trivio, perché non essendovi piazza, gli agricoltori che tornano dalle loro faccende di campagna, sono impediti nel transito e costretti a girare per altra via con grave incomodo personale e ritardi nelle proprie faccende. Il Consigliere Brancaccio intervenendo vorrebbe che venisse conservato questo terzo posto del concerto. Messa a votazione per alzata e seduta, viene approvata la proposta del 266 Presidente, contro il solo voto contrario del Consigliere Brancaccio. – Dopo altri emendamenti , il Regolamento con le modifiche viene approvato ad unanimità. “La Banda è tenuta a prestare due servizi la settimana, cioè: nel giovedì e domenica, nelle ore che il Sindaco di accordo con la Commissione stabilirà, suonando nei dì festivi una volta all’Annunziata e una volta presso il Municipio. Nei giorni di lunedì, mercoledì, venerdì e sabato, si terrà concerto dalle ore 8 alle 1°, il maestro ha facoltà di protrarre il tempo indicato ed ordinare prove pomeridiane nei giorni di martedì e giovedì, qualora fosse necessario. La Banda ha l’obbligo di presentarsi a qualunque servizio ordinato dal Municipio. Si conceda alla Banda di recarsi fuori Maddaloni cinque volte nei giorni festivi, e via eccezionale si concederebbe di recarsi fuori Maddaloni il giovedì con l’obbligo di anticipare o posticipare il servizio. In città la Banda invitata ai funerali dovrà essere così retribuita, al maestro £. 5, al sottocapo una paga e mezzo, £. 2 a ciascuno musicante e £. 1,50 al bidello. Per i servizi ecclesiastici in Città sarà retribuita nel modo seguente: “Per una processione e sei sonate £. 50, se vi si aggiunge una questua altre £. 30, per tutta la giornata poi £. 80. 22 .Regolamento di Polizia rurale(Approvato il 13 aprile 1912) 1) E’ vietata ad ogni possessore di terreni di far ristagnare le acque nei fondi propri, dovendosi eseguire i relativi scoli e le opere adatte a tale scopo, in base ai regolamenti comunali d’igiene e di edilizia. 2) Coloro che immettono nei propri fondi i rigagnoli delle acque fluenti per le strade pubbliche, non possono perciò fare rialzare il livello delle vie. 3) Niuno ponte potrà essere gettato sui canali o fossi che costeggiano le strade. 4) I fondi sovrastanti alle strade debbono avere la ripa a scarpa, perché non dirupi, dovendo i proprietari racconciarle, ove si guasti, trasportando a loro spese la terra caduta. 5) Nei fossi laterali delle vie non si possono fare innovazioni che impediscono lo scolo delle acque. 6) Le vie comunali campestri debbono avere almeno un fosso di scoli, il quale se manca nelle attuali, sarà fatto a cura del Municipio, occupando, ove di uopo, i fondi circostanti, previo pagamento della relativa indennità ai proprietari a termine di legge. 7) I fossi e le cave, come quelle di tufo e simili, debbono farsi alla distanza almeno di 5 m. dalle sponde delle vie pubbliche, e debbono essere garantite da un parapetto in fabbrica all’altezza di 1 m. 8) E’ vietato accendere fuochi se non alla distanza di almeno 25 m. dai fabbricati o dai locali ove sono raccolti prodotti agrari, utensili, materie combustibili, scorte vive e morte. 9) E’ proibito introdurre animali nei campi altrui. 10) Gli accattoni e vagabondi che ritornano da campagna, con qualunque prodotto agricolo, anche sia erba o legna, debbono giustificare la provenienza nell’atto che recano danno. 11) Chi vuol tenere capre dovrà denunciarlo all’Autorità comunali, precisando il numero ed i mezzi erbiferi che possiede per alimentarle e dichiararsi pronto a praticare tutte quelle cautele che si potranno comandare nell’interesse pubblico, obbligandosi principalmente di attaccare delle campanelle al colo di ognuna delle medesime, e guidarle così nell’interno dell’abitato come per le vie di campagna, sia di giorno che di notte. 12) I caprai dovranno avvisare il Capo delle guardie campestri ogni volta che conducono a pascolare le capre e indicargli il sito dove debbono andare direttamente per la più breve, senza trattenersi in nessun posto a pascolare lungo le siepi e i fossi delle strade. Essi non possono portare mazze che oltrepassino m, 1,50 in lunghezza. 13) Il pascolo in fondi non chiusi da muri o siepe, tanto di giorno che di notte, dovrà avvenire sotto la sorveglianza di proporzionato numero di custodi atti all’incarico e previe le cautele bisognevoli per impedire che gli animali danneggino l’altri proprietà. 14) Le capre e le pecore in tempo di notte dovranno essere rinchiuse in appositi recinti. 15) Dal 1° aprile al 30 giugno è vietato di condurre al pascolo bestiame per le campagne, dovendo in detto periodo di tempo pascolarlo solo in montagna. 16) I volatili, anche di proprietà altrui, se sorpresi nella propria campagna, possono essere confiscati ed uccisi dal proprietario. 17) E’ rigorosamente proibito di tenere cani vaganti per i campi, quelli addetti alla custodia delle greggi e delle case coloniche, pagliai e simili, debbono tenersi con le debite cautele. 18) E’ vietato fare cumuli o depositi di sostanze combustibili, paglia, fieno, legna e simili a distanza non minore di 50 m. dalla casa colonica, o da un aggregato di abitazioni o delle strade. 19) Le Guardie campestri hanno obbligo di denunciare al Sindaco le malattie di cui sono affette le piante e specialmente le viti sotto pena della sospensione per la prima volta e del licenziamento 267 se recidivi. 20) Il Sindaco può, in caso di invasione di insetti, crittogrammi, animali e piante nocive all’agricoltura, che danneggiano i seminati e le piante, imporre ai coltivatori ed ai proprietari l’obbligo di distruggerli nel modo che esporrà con ordinanza emessa in seguito a parere dell’Ufficiale sanitario o di un professore di agrario. 21) Le Guardie campestri dovranno sequestrare gli animali affetti da moria ed altre malattie facili a propagarsi, dovunque si trovino, sulle pubbliche vie, nel mercato, o rinchiusi nelle stalle, dandone in tempo avviso alle Autorità competenti. 22) E’ vietato trasportare per le strade campestri dei carri con carichi ingombranti, che possono arrecare danno alla conservazione di buono stato delle strade medesime, od intercettare il transito pubblico. 23) Le Guardie campestri e tutti gli Agenti di forza pubblica debbono accertare tutte le contravvenzioni al presente regolamento, onde si provvede verso i contravventori ai sensi degli art. 218 e 220 della vigente legge comunale e provinciale e dell’art. 130 del regolamento del 1911 per l’esecuzione di esse, salvo le maggiori pene stabilite dal Codice civile. 24) Le Guardie campestri oltre le altre facoltà che cloro dà la legge accerteranno le contravvenzioni alle leggi e i regolamenti sulle acque pubbliche e le infrazioni che i carrettieri commettono contro le leggi della viabilità, polizia stradale e del corso pubblico, come prima debbono riferire al Sindaco le usurpazioni dei proprietari laterali alle vie di campagna, onde vi si provveda a norma di legge. 25) Il Sindaco con apposita ordinanza provvederà per qualunque necessità che sorgesse non presenta dal presente regolamento e per lavori che debbono farsi da privati, ed ove questi non vi ottemperassero si faranno dal Comune, salvo a questa il diritto di rivalsa ai sensi di legge verso gli inadempienti. 26) Le Guardie campestri hanno l’obbligo di evitare i passaggi abusivi nelle proprietà private, e di sorvegliare la manutenzione e la polizia delle strade, ai sensi delle vigenti leggi e regolamenti, nonché di adempiere a quanto è prescritto da leggi forestali e di bonifiche del regolamento di polizia stradale e da leggi e regolamenti che interessano l’agricoltura in genere. 27) Nell’Ufficio comunale di polizia rurale è sempre ostensibile a disposizione del pubblico il registro dei reclami. 28) Sono abrogati le disposizioni anteriori contrarie al presente regolamento. Il Consiglio a voti unanimi lo approva. 23 .Regolamento di polizia urbana (approvatoli 13 aprile 1912) Capo I – Corso pubblico e nettezza pubblica 1) Sarà proibito danneggiare o lordare in qualunque modo gli edifizi pubblici o privati e gustare le statue, gli alberi, i sedili, od altri oggetti di pubblico uso e decoro. 2) Si dovranno lasciare in tutte le piantagioni, i fiori che adornano le passeggiate aperte al pubblico, come pure sarà vietato di salire sugli alberi, di sfrondarli od altrimenti danneggiarli. 3) Sarà proibito di occupare in qualunque modo le piazze e le strade pubbliche senza speciale permesso dell’Autorità comunale, salvo le disposizioni particolari per le fiere e mercati, non potendo l’Autorità medesima permettere di occuparne oltre mezzo metro per le strade la di cui larghezza è di m. 5, restando assolutamente vietata siffatta concessione per le altre strade di minor larghezza. 4) S’intenderanno comprese, nel divieto di occupare pubblico suolo: a) Le baracche di legno, od altrove qualunque uso siano destinate; b) i tavoli e le sedie di caffè, bar e simili, quando le strade su cui sono situati non presentino una larghezza almeno di 5 m.; c) i panchetti, fornelli, mortai e qualunque altro oggetto servibile ad un mestiere o ad industria. 5) Sarà vietato di fermare carri o vetture sulle vie o piazze pubbliche, in modo che arrechino ostacolo al libero passaggio, come pure è fatto divieto ai vetturini di condurre i loro veicoli a corsa eccessiva o schioccando continuamente con la frusta. 6) Di notte i carri o vetture, senza distinzione, dovranno essere munite di lume. 7) Le vetture da nolo poi non possono stare ferme per riunire passeggeri se non nei luoghi destinati dalla Giunta comunale e pubblicati con ordinanza del Sindaco. La giunta nel prescrivere ai vetturini pubblici i luoghi di stazione ed i tipi di vetture, formerà anche la tariffa dei prezzi a tenore di distanza, dei tempi, nonché la numerazione di ciascuno veicolo. A tale uopo è proibito l’esercizio di quelle vetture che non soddisfino a tutte le condizioni di decenza e sicurezza, stabilite dal Sindaco, le quali saranno sequestrate; come pure sarà proibito ai vetturini il fumare stando in servizio, nonché l’esercizio quando non affidino per capacità, moralità e decenza nel vestire, secondo le 268 norme che determinerà la Giunta comunale. 8) Nessun potrà far protendere sul pubblico suolo pertiche, corde od altro, in modo da impedire il passaggio ai viandanti, ai veicoli anche più elevati e con o senza carico. 9) I proprietari degli orti o giardini fiancheggianti luoghi pubblici, piazze o strade, provvederanno a che gli alberi non proiettino rami su di esse. 10) Nell’innaffiare piante o fiori sulle finestre o porte che danno sul pubblico sito, si dovrà impedire che l’acqua cadesse sulle vie e piazze sottoposte o fronteggianti. 11) Sarà proibito di tenere in pubblico sito, od alla vista del pubblico oggetti ripugnanti o schifosi, o che possono imbrattare, ovvero recar molestia ai passanti, o mostrare nudità indecenti o destare ribrezzo o spiacente. 12) E’ fatto divieto a tutti i conduttori di carri e carretti di trasportare roba che non si condizionata in modo da evitare che parte di essa si sporga per la via durante il trasporto nell’interno dell’abitato, come pure è vietato transitare con carichi eccessivi, ingombranti, o con carretti o carrettini a mano, spingendoli dal di dietro colle stanghe in avanti anche se scarichi. 13) Lo sgombro delle nevi è fatta dai proprietari per i propri stabili, dal Comune per le vie e piazze. Capo II – Sicurezza dei luoghi pubblici 14) I depositi e le fabbriche di fuochi artificiali debbono essere situati fuori l’abitato alla distanza determinata dalla Giunta comunale, intesa la Commissione edilizia e l’Ufficio d’igiene, ed osservate altresì le disposizioni della legge di Pubblica Sicurezza al riguardo. 15) E’ proibito collocare sui balconi, finestre o terrazzi prospicienti nelle vie o piazze degli oggetti, vasi, statue od altro, senza il debito permesso del Sindaco che può accordare dopo prese le dovute cautele nell’interesse della pubblica incolumità. 16) E’ vietato di tener nell’interno dell’abitato cumuli o depositi di materie accendibili, come paglia, fieno, legnami, paglia per sedie e sostanze soggette a combustione spontanea in generale. 17) E’ pure proibito costruire case e pannatoi di paglia o di materie combustibili, nell’interno dell’abitato. 18) E’ proibito tenere nell’abitato animali incomodi o pericolosi, senza il permesso del Sindaco, che l’accorderà solo nel caso che sia eliminata qualsiasi inconveniente per l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, la sicurezza pubblica ed il disturbo dei cittadini. 19) Per provvedere alla pronta estinzione degli incendi, il Comune potrà aver un corpo di pompieri, od anche avvalersi dell’opera volenterosa e disinteressata di cittadini organizzati in apposita associazione. 20) Nessuno potrà transitare per le vie e piazze pubbliche con falci montate, fucili carichi od altre armi, o strumenti che possono facilmente riuscire pericolosi. 21) E’ vietato di tenere sulle logge, balconi e finestre vasi di fiori ed altro qualunque oggetto senza che sia diligentemente assicurato ai muri, davanzali o prospetti. 22) E’ proibito di lasciare correre per le vie e piazze dell’abitato animali aggiogati a qualunque specie di veicolo o sottosella, oltre il trotto. 23) I camini dovranno essere tenuti sempre puliti in modo che la soverchia fuliggine aderente alle loro pareti interne non divenga causa d’incendio. 24) In caso d’incendio, appena dato il segnale, ognuno sarà obbligato di prestare recipienti per acqua, scale a mano od altri ordigni atti a spegnere ed isolare il fuoco. Il Comune provvede a propria spese agli attrezzi occorrenti, consegnandoli al Capo delle Guardie municipali con apposito inventario. 25) Le case e gli edifici minaccianti rovina dovranno essere riparati. Se all’intimazione dell’Autorità comunale le riparazioni non fossero eseguite nel termine, fissato il lavoro sarà fatto a cura del Comune, salvo a questo il diritto di rivalsa dal proprietario ai sensi di legge. Capo III – Esercenti pubblici 26) Chiunque vorrà intraprendere l’esercizio pubblico di qualunque oggetto commerciale, 15 giorni prima dell’apertura dovrà fare analoga dichiarazione alla Segreteria comunale, dove se ne prenderà nota in apposito registro, nel quale si farà anche l’indicazione del sito dove l’esercizio stesso dovrà essere aperto e sarà immediatamente comunicato all’Ufficio d’igiene per le competenze di questi ove occorra. Alla medesima formalità sono sottoposti gli esercenti di bevande, sostanze alimentari ed altri generi od oggetti derivanti dalle disposizioni di legge di Pubblica sicurezza, sanitarie e speciali. 27) Gli esercenti dovranno presentare sufficienti garanzie d’idoneità e moralità e di aver mezzi bastevoli per provvedere di generi lo spaccio che intendono aprire. 28) Nessun esercente può chiudere il suo esercizio senza averne dato avviso alla Segreteria 269 comunale un mese prima. 29) La Giunta comunale determinerà l’ora della notte in cui debbono chiudere gli esercizi da caffè, bar, osteria, cantina e simili, ai sensi della legge di P.S. 30) I locali destinati ad uso d’esercizio o negozio dovranno avere sopra la porta d’ingresso un’iscrizione in italiano a grossi caratteri indicanti il genere dell’esercizio ed il cognome e nome dell’esercente. 31) Qualunque insegna scolpita e dipinta o iscrizione portante altre indicazioni, oltre a quelle accennate dell’articolo precedente dovrà essere esaminata e permessa dal Sindaco. 32) Ciascun esercente pubblico, senza distinzione alcuna, dovrà tener su ciascuno articolo del suo negozio un cartello visibile indicanti il prezzo del genere messo in vendita in moneta italiana ed in peso unitario, ai sensi dell’art. 40. 33) I fornai non debbono far mancare il pane bisognevole per la popolazione. I venditori che ricevono il pane dai fornai, sono responsabili direttamente della buona qualità e del peso esatto. 34) I mugnai dovranno tener aperto i loro mulini dall’alba di ogni giorno non festivo sino a due ore dopo il tramonto. Nei casi di emergenza possono essere autorizzati ed obbligati a servire il pubblico anche nei giorni festivi, od oltre le ore stabilite. 35) Per ogni chilogrammo di carne vaccino e bufelina non si possono dare più di 100 grammi di ossa. 36) Tutti i venditori indistintamente debbono smerciare i loro generi per i prezzi stabiliti dall’assisa e tener questa estensiva al pubblico in luogo visibile. 37) I venditori pubblici non possono negare agli avventori la vendita di generi che tengono esposti al pubblico, né possono tenerli nascosti nella propria bottega ed in casa propria, sotto pretesto di averli ad altri promessi o venduti. 38) Nei giorni di pubblico mercato non possono i venditori pubblici acquistare dagli immittenti nelle strade che conducono al medesimo qualsiasi genere, affinché ognuno possa, direttamente,comprare e vendere nel mercato. 39) Tutti gli esercenti in luogo aperto ed i venditori ambulanti o girovaghi sono anch’essi sottoposti alle disposizioni dei regolamenti sanitari e di pubblica sicurezza. 40) E’ assolutamente vietato di segnare il prezzo per frazioni di chilo, dovendosi tenere pubblicamente esposto e praticare solo quello unitario del kilogrammo in lire e centesimi, ed osservare in tutto e per tutto il sistema metrico legale. 41) I venditori ambulanti o girovaghi di sostanze commestibili e bevande debbono, prima di mettere in vendita i generi, avere il permesso dall’Autorità comunale e l’ispezione dell’Ufficiale sanitario e sottostare alle disposizioni del peso e del prezzo di cui all’art. 39. 42) I venditori di neve e ghiaccio debbono far uso della bilance forata e prestarsi a qualunque richiesta in qualsiasi tempo sia di giorno che di notte e venderla per il prezzo legalmente fissato dal Sindaco reso visibile. Ai sensi dell’art. 32. Gli stessi non debbono in alcun tempo fare mancare la neve od il ghiaccio nel Comune e verificandosi tal caso il Sindaco provvederà all’occorrenza, facendone acquisto ovunque crederà opportuno a danno, interesse e spese dei neveiuoli, i quali per la spesa, dovranno sottostare all’apertura della suddetta Autorità. I venditori di neve e ghiaccio dovranno tenere aperte le loro botteghe sino a quella ora che è stabilita dalla Giunta comunale ed uniformarsi al disposto degli art. 26 e seguenti del presente regolamento. 43) I venditori di carbone debbono smerciare tal genere per il prezzo che sarà fissato dall’assisa ed in ogni modo reso visibile, ai sensi dell’art. 32; e detto genere dev’essere asciutto senza alcuna manifattura che ne alteri la qualità, il peso ed il prezzo, e debbono uniformarsi a quanto sta determinato negli art. 26 e seguenti del presente regolamento. Capo IV – Fiere e mercati 44) Le merci, i combustibili, i commestibili, gli animali e qualunque altro genere potranno essere posti in vendita nei giorni di fiera o mercato solamente nei siti determinati dalla Giunta comunale, la quale stabilirà pure nel pubblico mercato i sito ove dovranno porsi i diversi venditori ed i genere da smerciare con distanza proporzionata in modo da rendere libero il passaggio agli abitanti tanto a piedi che con cavallo. 45) I sensali o mediatori di ogni specie, dovranno essere regolarmente approvati e patentati a termine di legge. Tutti i sensali adibiti nei contratti di cereali, frutta, carne da macello od altri generi di cui agli art. 46, 47 e 48 nei giorni di mercato, debbono portare nella Casa comunale un’ora dopo conchiuso il contratto, per rivelare il compratore, il venditore, la qualità ed il prezzo del genere contrattato, acciò l’Ufficio comunale possa compilare la relativa mercuriale, ai sensi dell’art. 46. 46) La mercuriale dovrà essere compilata in base al sistema metrico legale sui generi che sono commerciati nel mercato settimanale del martedì, e salva il disposto dell’art. 48. 47) L’assisa o calmiere sarà posta sui generi di prima necessità in uso, come pane, paste, olio, 270 carboni, e per quegli altri generi che la Giunta comunale crederà, nel pubblico interesse, applicarla, in base al sistema metrico legale, ed ai prezzi del mercato settimanale, accertati con la mercuriale di cui all’articolo precedente e salvo per gli altri generi di cui all’art. 48. 48) Frutta, ortaglia od erbaggi di cui si tiene mercato quotidiano, avranno invece l’assisa ogni giorno appena il mercato sia terminato, ove la Giunta stabilisce avvalersi del disposto dell’articolo precedente per questi generi. Capo V – Pesatori, misuratori, vetturini, facchini e simili 49) Nessuno potrà esercitare nel Comune il mestiere di pubblico pesatore, misuratore, vetturino da nolo, facchino, lustrascarpe e simili senza farne preventivo dichiarazione nella Segreteria comunale ed averne ottenuto il permesso dal Sindaco, e salvo le disposizioni della legge di P. S. 50) I pesatori, i misuratori ed i facchini, dovranno soddisfare con prontezza e precisione alle richieste che fossero loro fatte, tanto dei cittadini che dei forestieri. 51) Insorgendo questioni fra chi richiede l’opera del facchino, del pesatore, del misuratore o del vetturino da nolo e simili, sul prezzo dell’opera prestata si potrà ricorrere all’Autorità comunale pel suo arbitrato. 52) I facchini saranno muniti di una tessera ed una targhetta, indicante il loro numero d’iscrizione che non potranno mai cedere ad altri. La Giunta è autorizzata a fare le singole tariffe per i compensi dovuti ai facchini, pesatori e misuratori pubblici. I facchini possono formare carovana, ma con regolamento approvato dalla Giunta comunale. Capo VI – Suono delle campane 53) Il suono delle campane è regolato come segue: a) è proibito il suono della campane dal tramonto all’alba (senza un permesso speciale del Sindaco e per motivi giustificati); b) è permesso il suono delle campane per semplici annunci di funzioni religiose dall’alba al tramonto del sole, ma con brevi rintocchi onde non arrecare disturbo al pubblico; c) è permesso il suono delle campane in ore straordinarie ed in determinate solennità, con quelle modalità che darà il Sindaco. Capo VII – Disposizioni generali 54) Le guardie comunali e gli agenti di forza pubblica hanno specialmente l’incarico di vagliare sull’osservanze delle prescrizioni del presente regolamento. 55) Per i contravventori al presente regolamento si osserveranno le disposizioni e le norme della legge comunale e provinciale del 21 maggio 1908, nonché quelle della legge 12 febbraio 1911 per l’esecuzione della legge suddetta, salvo sempre le, pene maggiore stabilite dal Codici penale. 56) Nell’Ufficio di Polizia urbana, a disposizione del pubblico è ostensibile il registro dei reclami. 57) Per l’esecuzione del presente regolamento si osserveranno altresì le disposizioni stabilite nelle leggi e nei regolamenti che ad esso si riflettono. 58) Sono abrogate tutte le disposizioni antecedenti contrarie al presente regolamento o che provvedono sulle materie sulle quali esso dispone. Allegato A – Tariffa dei diritti comunali, in base, al regolamento di polizia urbana vigente. 1. Licenza di apertura di esercizio o spaccio pubblico - per una volta lire. 5; (non compreso nella tabella allegato al reg. d’igiene); 2 Licenza di occupazione permanente di suolo pubblico di annua “ lire 12; Area pubblica, o di sporgenza dei pubblici esercizi di Vendita, per ogni metro (fuori i giorni di fiera o mercato); 3 Licenza di occupazione temporanea, non oltre le 24 ore lire 1; di suolo pubblico o di area, o di sporgenza di negozi, per ogni metro (fuori i giorni di fiera o mercato); 4.Vidimazione annua della licenza di cui art. 1“ lire 1; 5. Per occupazione si suolo pubblico o area in tempo di fiera o di mercato. E tanto sul suolo adibito a questo scopo quanto per le vie e piazze. Adiacenti alla fiera o mercato, determinata dalla Giunta comunale: a) per occupazione di suolo per cereali, legumi secchi, frutta secca, semi oleosi, baide, per ogni posto non eccedente l’ettolitro, per ogni ettolitro cent. 0,09; b) per occupazione di suolo per i venditori di salumi, salami e formaggi caprini, per ogni posto eccedente i 50 Kg. di merce – cent.0,40; idem da 10 a 50 Kg. di merce cent. 0,20 per ogni posto per merce eccedente il peso di Kg 4 fino a 10 cent. 0,10; c)per occupazione di suolo per venditori di latticini freschi, secchi e salati, olio di oliva, paste lunghe e minute, per ogni posto cent. 0,40; d) per occupazione di ogni posto di venditore di cuoiame, botti, carboni cent. 0,40; e) per occupazione di ogni posto di semenzaio, pasticciere, pizzaioli e simili cent. 0,20; f) per occupazione di ogni posto di canapa grezza o pettinata per ogni fascio di kg. 80 cent. 0,20; per quantità inferiore ad 80 e fino a 20 kg. cent. 0,09; g) per occupazione di ogni posto di residui di canapa per ogni quintale cent. 0,15 per quantità inferiore cent. 0,10; h) per posto di tela casalinga per oltre m. 15 cent. 0,09 per quantità inferiore non si paga diritto alcuno; i) posto di generi di tessuti, panni, seterie, telerie e simili non eccedenti metri 10 cent. 0,40; k) posto di oreficerie, argenterie, corallai, non eccedenti a m.10 cent. 0,40; l) posto di venditore di cappelli, 271 berretti, paglie, berrettini, calze, scialli, scarpe, suppellettili chincaglierie, bisciotterie, terraglie, cretaglie, cristallerie, oggetti di vetro, recipienti di legno, ombrelli, ferrarecce, attrezzi da cucina, oggetti di rame, coltelli e simili, oggetti di cancelleria, minuterie cent. 0,20; m) posto di venditore di libri, giocattoli, crivelli, setacci, canestri, ventagli, panieri, cesti, scale cent. 0,10; n) posto di venditore di sorbetti, acqua gelata, sciroppi, gassose e bevande cent. 0,20; o) venditore di polli, selvaggina, animali da cortile, cacciagione cent. 0,10; p) venditore di pesci, crostacei, molluschi cent. 0,25; q) ogni posto di ortaglie, erbaggi, se lo spazio occupato è di m.2 cent. 0,15 per ogni metro in più Cent. 0,10 per ogni sporta o cesto Cent. 0,009; r) per ogni carro di cipolle od agli, del mese di agosto, provenienti da altri comuni Cent. 0,30; s) posto di venditore di frutta, patate crude o cotte, pomidoro, legumi freschi, per ogni sporta Cent. 0,09; t) per ogni carro di cocomeri, cocuzza, meloni, poponi Cent. 0,40; u) per occupazione di animali da macello e per ogni animale venduto per ogni bovino lire. 2; per ogni ovino cent. 0,25; per ogni capretto cent. 0,15; per ogni agnello cent. 0,15; per ogni maiale cent 0,50; per ogni maiale lattante cent. 0,25; •v) per occupazione di spazio di animali equini non si paga diritto alcuno. Avvertenze: 1.Il pagamento dei diritti di cui all’art. 2 sarà fatto a rate mensili; 2. Il mese cominciato si avrà per completo; 3.I diritti di occupazione indicati nella presente tabella annessa al regolamento di Polizia urbana vigente sono riscossi in forza dell’art. 118 delle leggi 1869 e comunali e provinciali; 4.Sono esenti dal pagamento dei diritti di cui all’art. 2 i venditori di gramigne ed erbe per foraggi; 5. Nel mercato quotidiano, escluso il martedì, non si paga diritto alcuno per i commestibili, ortaglie, frutta, legumi, erbaggi, funghi, pesce, selvaggina ed animali da cortile destinati all’alimentazione; 6. L’occupazione del suolo da permettersi sia nelle piazze che nelle vie principali stabilito dalla Giunta non potrà eccedere cm. 50 di sporto e m. 24 di lunghezza, tenuto conto del regolamento d’igiene sanitario per la decenza e igiene pubblica e del presente regolamento di polizia urbana. 24 .Regolamento per la scuola musicale di Maddaloni e banda annessa. (Approvato il 28 giugno 1915) 1) E’ istituita nel comune di Maddaloni e sotto il patronato del Municipio una scuola gratuita per istruire ed avviare i giovani operai nell’arte musicale. Con i migliori elementi della scuola stessa sarà anche istituita una banda. 2) La scuola musicale e la banda annessa saranno amministrate da apposita Commissione, presieduta dal Sindaco o da un Assessore da lui delegato e composto di sei membri, due dei quali dovranno essere consiglieri comunali, eletti tutti dal Consiglio comunale. Funzionerà da Segretario della Commissione un impiegato del Comune designato dalla Giunta municipale. Al detto Segretario sarà corrisposto a spesa del Comune un emolumento mensile di lire 10. Egli funziona anche da Tesoriere della scuola. 3) L’insegnamento musicale sarà impartito da un maestro retribuito dal Comune, con lo stipendio annuo di lire 1200 e sarà nominato dal Consiglio comunale. Il detto maestro sarà anche il Direttore della banda. 4) Il patrimonio della scuola musicale è costituito: a) della somma di lire 588, fondo residuo della disciolta banda; b) del vestiario-uniforme, degli strumenti e dell biblioteca musicale provenienti dalla banda anzidetta, descritto in apposito inventario; c) della speciale tassa che a cura del maestro sarà esatta dalle Commissioni di feste fuori del Comune, e la cui tariffa sarà di lire 15 per un giorno solo e lire 5 per tutti i giorni successivi. 5) Della somma di lire 588 e degli introiti delle feste previsti nel precedente articolo, sarà fatto deposito su libretto postale a cura e responsabilità del Segretario-tesoriere, intestato alla scuola musicale. 6) A prelevamenti dal detto libretto dovranno effettuarsi soltanto con la firma del Sindaco il quale firmerà anche i mandati di pagamento. 7) La manutenzione e la rinnovazione del vestiario-uniforme, degli istrumenti e della biblioteca musicale resta a carico della scuola. 8) Il numero degli allievi è illimitato. Chi aspira ad essere allievo dovrà presentare domanda in iscritto alla Commissione. Non sarà ammesso chi non gode buona condotta; ogni anno, nel mese di giungo, alla presenza della Commissione avranno luogo gli esami e gli allievi approvati passeranno a formare parte della banda, ed in tal caso sarà ad essi fornita l’uniforme. Il maestro per tali esami avrà voto deliberativo. Gli allievi sono distinti in due categorie, allievi gratuiti e allievi a pagamento. I primi, per l’ammissione alla scuola dovranno esibire il certificato di povertà, gli altri pagheranno una tassa mensile di lire 3, che sarà versata nel libretto postale di cui all’art. 5. 9) La scuola è aperta nei giorni di lunedì, mercoledì e sabato con l’orario seguente: dal mese di 272 novembre a tutto aprile dalle ore 08.30 alle 11.00; dal mese di aprile a tutto ottobre dalle ore 07.30 alle 10.00. 10) In corrispettivo di quanto il Comune largisce alla scuola, la banda annessa alla scuola presterà gratuitamente i seguenti servizi:: a) nei giorni di Feste Nazionali; b) nelle feste del Patrono e del Corpus Domini; c) suonare in piazza una volta la settimana durante i mesi dal maggio a tutto ottobre, sempre che la banda non sia assente dal Comune; d) nelle straordinarie occasioni a richiesta dal Sindaco, sempre che per quella occasione non abbia precedenti impegni. 11) La Commissione musicale nominerà, scegliendo tra le parti della banda, un sottocapo, il quale sostituirà il maestro in caso di urgenza. 12) I componenti della banda nei pubblici servizi vestiranno l’uniforme, al solo maestro è tollerato il vestire l’abito civile. Ogni allievo e componente la banda ha l’obbligo di ben custodire lo strumento e la divisa affidatogli. Nel caso che l’uno o l’altra venga sudiciata, sarà egli possibile di punizione disciplinare e sarà inoltre tenuto alla rivalsa del deprezzamento. Qualora cessino, per qualsiasi cause, di far parte della scuola e della banda, avranno l’obbligo della restituzione della divisa e dello strumento di cui siano in possesso. 13) E’ permesso alla banda di prestare servizio per feste, processioni , funerali, teatri tanto in città quanto fuori del Comune. In tali casi il Sindaco o di chi per lui, insieme al maestro ed una rappresentanza di quattro componenti della banda, tratteranno con i richiedenti per i prezzi e le condizioni del servizio da prestarsi. Per i suddetti servizi spettano al maestro, alle prime parti 1 e1/2 ciascuno e gli altri componenti saranno compensati in parti uguali. 14) Le pene disciplinari sono: a) ammonizione dal Sindaco; b) sospensione dalla scuola da uno a tre mesi per gli allievi e multa da lire una fino a lire dieci per i componenti della banda ; c) espulsione dalla scuola. Le multe saranno ritenute dagli incassi straordinari delle feste e saranno versate nel libretto postale. Le pene alle lettere b e c sono applicate dalla Commissione. 15) La Commissione musicale: a) amministra la scuola e la banda annessa e ne cura il regolare andamento; b) fa osservare ed eseguire il presente regolamento; c) delibera sulle ammissione degli allievi e in tutte le proposte attinenti alla scuola medesima. 16) Il Segretario-tesoriere: a) assiste alle sedute della Commissione e ne redige i verbali, dandovi esecuzione; b) dovrà tenere il registro di contabilità della banda. 17) Il maestro direttore della scuola:a) è responsabile dell’insegnamento e delle esecuzioni musicali; b) dovrà badare alla conservazione degli strumenti, della biblioteca musicale, e di tutti gli altri oggetti ed arredi di proprietà del Comune di cui è responsabile; c) è obbligato di far rapporti alla Commissione di tutto ciò che avviene nella scuola. 18) Per tutte le questioni che potessero sorgere e che non fossero contemplate nel presente regolamento delibererà la Commissione. Disposizioni transitorie 19) Qualora fra i primi allievi che formeranno la scuola vi siano elementi riconosciuti idonei, si formerà senz’altro una banda musicale. 20) Fino a che il sig. Barbato Gaetano, direttore della disciolta banda musicale, potrà prestare servizio, resta lui nominato maestro della scuola e della banda con stipendio annuo di lire 2000 ivi compreso quello che già possa aver diritto verso il Comune per funzioni ed altro. Con l’assumere il servizio di cui il presente regolamento, s’intende che il Barbato abbia rinunziato alla liquidazione della pensione e di ogni altro assegno, ed il nuovo servizio, agli effetti della pensione e d’altri eventuali assegni, s’intende continuativo e senza integrazione, dal servizio già prestato come Direttore della disciolta banda musicale. 25 .Norme per l’esercizio del mestiere dei caprai da comprendersi nel Regolamento di polizia urbana e rurale (Approvato l’8 novembre 1902) 1) Chiunque esercita il mestiere di capraio è obbligato a depositare nella Cassa comunale una lire per ogni capo di bestiame, tale deposito serve come fondo di garanzia per le eventuali violazioni delle disposizioni contenute nel presente regolamento. Qualora i caprai non paghino a tempo debito le multe loro inflitte dall’Autorità competente, esse multe saranno prelevate dal suddetto fondo di garanzia, però tale fondo alla fine di ogni mese verrà dall’interessato essere reintegrato nella sua totalità e chiunque non ottemperi tale obbligo può dal Sindaco e dalla Giunta essere punito con un ammenda non oltre le lire 25. 2) I caprai sono obbligati a custodire le capre dal 1° maggio a tutto il 31 ottobre in campagna. Può tuttavia il Sindaco, per altri motivi e in qualunque stagione dell’anno, ordinare che le capre siano ricoverate fuori dell’abitato. 273 3) E’ vietato assolutamente ai conduttori di capre di asportare lunghi bastoni, essi debbono usare fruste di lunghezza non oltre m. 1,25. Chiunque viola tale disposizione è punito con la multa da una lire a venticinque. 4) Chiunque esercita il mestiere di capraio è personalmente responsabile dei danni prodotti tanto dai conducenti quanto dalle capre. Qualora siano sia ignoto o non possa un altro modo accertarsi l’autore del danno, esso verrà solidamente risarcito da tutti i caprai esercenti del Comune, salvo l’adito dell’Autorità giudiziaria competente da parte dell’Amministrazione comunale. 5) In caso di recidiva violazione alle suddette disposizioni , i caprai oltre il pagamento della multa di lire 25 saranno dal Sindaco deferiti all’Autorità di P.S. per gli opportuni provvedimenti di legge. Mentre al Regolamento di polizia urbana vengono aggiunti: Per la distribuzione del latte tanto le capre che le vacche possono circolare per le vie delle città, nell’inverno dall’alba alle nove, e nell’estate dall’alba alle sette. Nelle ore pomeridiane tale distribuzione non può cominciare prima delle ore del tramonto. E’ severamente vietato far circolare i caproni nell’interno della città insieme alla capre. Ai contravventori alle suesposte disposizioni sarà inflitta una multa che poi estendersi da una lire a venticinque. Le guardie municipali sono incaricate dell’osservanza delle suesposte disposizioni. 26 .modifica del locale regolamento d’igiene in rapporto alla panificazione del pane e delle paste (Approvata il 18 gennaio 1904) 1) E’ vietata la vendita di pane che contenga una quantità di acqua maggior del 36%, ne più del 2% di sostanze minerali, astrazione fatta dal cloruro di sodio aggiunta per la salatura, né meno dell’1,9 di azoto riferita a 100 parti di sostanza secca, dedotta il cloruro di sodio. 2) La lavorazione del pane e delle paste alimentari avrà luogo con tutte le cautele di nettezza per quanto riguarda gli ambienti, gli attrezzi ed il personale. 3) I locali destinati alla panificazione saranno asciutti, ventilati e perfettamente puliti ed imbiancati, non comuni saranno con gli usi stalle, né saranno adibiti a stanza da dormire. 4) Le madie saranno di pietra levigata, o metalliche o legno levigato. 5) E’ vietato attendere alla panificazione incompletamente vestito o con vesti sudice. 6) Gli operai avranno un apposito dormitorio. 7) Le pasti alimentari non dovranno contenere meno dell’1,9% di azoto riferito a 100 parte di sostanza secca. 27 .Regolamento per l’applicazione della tassa sugli esercizi e rivendite Approvato il 18 novembre 1905) 1) E’ istituito nel Comune di Maddaloni la tassa di esercizio e rivendita, ai sensi dell’art. 13 della legge 25 gennaio 1902 (allegata A) e del regolamento approvato con R. Decreto 23 marzo 1902. Per l’accertamento e per l’applicazione della tassa saranno osservate le modalità e i termini seguenti. 2) Agli effetti della tassazione gli esercizi e le rivendite saranno classificate come segue: Classe Entità economica complessiva dell’esercizio o della Tassa Rivendita in ragione del reddito 1^da 7001 in su lire 250 2^da 6001 a 7000 200 3^da 5001 a 6000 150 4^da 4501 a 5000 120 5^da 4001 a 4500 105 6^da 3501 a 4000 90 7^da 3001 a 3800 75 8^da 2501 a 3000 60 9^da 2001 a 2500 50 10^da 1501 a 2000 42 11^da 1401 a 1500 36 12^da 1001 a 1250 30 13^da 751 a 1000,25 14^da 501 a 750 19 15^da 401 a 500 14 16^da 301 a 400 10 274 17^da 201 a 300 7 18^da 101 a 200 4 3) L’importanza di ciascun esercizio deve essere tradotta in cifra, che ne rappresenti la complessiva entità economica ove trae gli elementi da cui si deve desumere tale importanza, manchi quella della pigione effettivamente pagata, si terrà conto della presente. 4) Chiunque tenga un esercizio o rivendita nel Comune deve farne la dichiarazione alla Giunta municipale entro il mese di gennaio mediante scheda, che si distribuisce gratuitamente presso l’Ufficio comunale. Per coloro che sono soggetti a potestà patria o maritale, a tutela, a cura, o sono diversamente da altri rappresentanti, la dichiarazione sarà fatta dal rappresentante o amministratore della legge comunale. 5) La dichiarazione può essere fata per conto del contribuente o anche da un mandatario o incaricato speciale; il mandato o l’incarico può risultare anche da semplice lettera. Il documento giustificativo del mandato o dell’incaricato deve essere e rimanere annesso alla scheda di dichiarazione. La dichiarazione è datata e sottoscritta da chi ha l’obbligo o l’incarico di presentarla. Il dichiarante che non sappia scrivere può far riempire la scheda da persone di suo fiducia, che la firma ne di lui vece attestando di far ciò alla presenza o per incarico dell’interessato. Può anche fare la sua dichiarazione orale all’Ufficio comunale da cui viene riportata sulla scheda da firmarsi dal ricevente alla presenza di che fa le dichiarazioni. L’Ufficio comunale rilascerà ricevuta della dichiarazione fatta. 6) La dichiarazione è obbligatoria: a) quando si tratti di istituzioni di nuovi esercizi o di nuove rivendite; b) quando siasi verificata aumento dell’importanza degli esercizi o delle rivendite esistenti; c) quando siano intervenute variazioni nella qualità degli esercizi o delle rivendite, nel luogo ove sono situate, o nei titolari rispettivi. 7) Hanno l’obbligo di fare la dichiarazione, nel Comune ove è situato l’esercizio o la rivendita, anche coloro i quali, per essere l’esercizio e la rivendita parte integrante di altri situati in diverso Comune ritengono di dover ivi pagare la tassa per l’entità complessiva degli esercizi o delle rivendite. 8) La dichiarazione da chi possegga esercizio o rivendita tra loro distante, deve essere fatta indicando separatamente poi ciascuna esercizio o rivendita la relativa importanza. Qualora gli esercizi o rivendite non siano tra loro distinte, deve la dichiarazione separatamente contrassegnarli, pure indicando la importanza complessiva di essi. 9) L’istituzione di esercizi e rivendite nel corso dell’anno dovrà essere dichiarata entro un mese dal giorno in cui ha avuto luogo. L’istituzione degli esercizi e delle rivendite non continui o temporanei, dei quali è cenno nell’art. 2 del regolamento 23 marzo 1902, dovrà essere dichiarata nei 15 giorni successivi alla scadenza d’esenzione. I contribuenti debbono presentare le domande di rettifiche per variazioni sopravvenute nell’esercizio, non oltre il 30 giugno di ciascuno anno. 10) La matricola di cui all’art. 11 Regolamento 25 marzo 1902 deve essere compilato ogni anno entro il mese di febbraio e pubblicata entro un mese della sua compilazione. 11) Le notificazioni di cui art. 11 del Regolamento 25 marzo 1902 nonché tutte le altre da farsi per l’applicazione della tassa di esercizio e rivendita, debbono essere eseguite da messi comunali. La notificazione ha luogo mediante consegna dell’avviso alla persona del contribuente. Quando la consegna non può essere fatta alla persona del contribuente, l’avviso viene consegnato nel locale dell’esercizio o rivendita, o nella casa di abitazione del contribuente medesimo, ad uno della famiglia di lui o addetto all’esercizio o riv., alla casa o al servizio dal contribuente. In mancanza del contribuente o delle persone sopraindicate, o in caso di rifiuto di ricevere l’avviso, questo è affisso alla porta dell’esercizio o della riv. O dell’abitazione, e il messo ne fa l’attestazione. Per gli enti morali, per le società civili e commerciali e per tutti gli altri istituti, compresi quelli indicati nell’art. 1 n° 3 Regolamento 23 marzo, la consegna dell’avviso è fatta al loro rappresentante, o a chi è autorizzato a ricevere le notificazioni. Il messo ritira sempre ricevuta dal consegnatario; se il consegnatario non può o non vuole firmare, il messo ne fa espressa dichiarazione nell’atto di referto, indicando la causa della mancanza di firma del consegnatario. Quando il contribuente non abbia più nel Comune abitazione, esercizio o riv., l’avviso viene affissi alla porta del palazzo del Comune per otto giorni consecutivi, è il segretario comunale certifica della eseguita affissione sotto la firma del messo nello stesso Le notificazioni si fanno sempre constare da relazioni in doppio originale sottoscritta dal messo, nelle quali devono essere indicati il giorno, il mese e l’anno della notificazione, la persona a cui l’avviso fu consegnato, e la qualità del consegnatario, se questi non è il contribuente. Un originale della dichiarazione è rilasciata al consegnatario dell’avviso, e l’altra è restituita all’ufficio comunale. 12) Nell’avviso da notificare al contribuente è sempre indicato il numero della classe, alla quale venne assegnato, l’imposta attribuita all’esercizio o alla riv., e la rispettiva tassa annuale. 275 13) Sui ricorsi, di cui all’art. 11 del Regolamento, decide in primo grado una Commissione di accertamento, composta di 5 membri, eletti dal Consiglio comunale. Alla Commissione di accertamento sono altresì aggregati dal Consiglio comunale tre membri supplenti, i quali sostituiscono i membri effettivi nell’assenza di questi. I membri supplenti possono intervenire alle adunanze della Commissioni per fornire schiarimenti e coadiuvante nei lavori, essendo anche relatori sui ricorsi, ma non hanno voto deliberativo, se non quando suppliscono all’assenza dei membri effettivi. Di quest’assenza si deve sempre far menzione nel verbale. 14) Elezione membri……. 15) La Commissione (o la Giunta) alla quale è affidata la decisione sui ricorsi relativi; all’applicazione della tassa delibera circa ciascun ricorso in un numero dispari, astenendosi, ove occorra, il componente meno anziano che non sia relatore. 16) Nell’adempimento delle funzioni attribuitogli dal presente Regolamento, la Commissione di Accertamento (o la Giunta) può: a) Consultare tutti i registri, gli atti e gli scritti esistenti nell’ufficio del Comune, ove ha luogo la tassazione; b) chiamare presso di se, per averne chiarimenti tanto il contribuente, quanto ogni altra persona, anche appartenente a pubbliche Amministrazioni; c) Accedere per ispezione di locali destinati all’esercizio o alla riv., costituente sede della società ed istituto……. c) consultare atti e scritti di altre Amministrazioni pubbliche, sempre con il consenso dell’Amministrazione pubblica da cui la persona da consultarsi dipenda, o presso cui si trovano gli atti da esaminare. 17) Il contribuente che ha presentato reclamo per chiedere di essere sentito personalmente dalla Commissione, nel qual caso il Presidente della Commissione deve far conoscere all’interessato il giorno fissato per la discussione, mediante avviso da notificarsi nelle forme dovute. La domanda di audizione personale può farsi dal contribuente nello stesso ricorso del contribuente, escluso peraltro i procuratori e i rappresentanti speciali. 18) La Commissione rende le sue decisioni sui ricorsi entro un termine di giorni quindici. Il Presidente trasmette all’Ufficio comunale le decisioni testuali da mano in mano che sono emerse, unendovi le schede, i reclami e i relativi documenti. Le decisioni prese in primo grado dalla Commissione (o la Giunta) sono notificate nella parte dispositiva entro il termine di giorni cinque agli interessati. Questi possono chiedere all’Ufficio comunale di vedere il testo della decisione, che lo riguarda, ed anche domandarne copia, corrispondendo i relativi diritti. Contro le decisioni di primo grado è ammesso l’appello, tanto dal contribuente, come dal Comune. 19) Anche la Giunta Prov. Amm/va ha le medesime facoltà concesse dall’art. 16 alla Commissione di accertamento…………… 20) Il ricorso all’Autorità giudiziaria è ammissibile decorsi sei mesi dall’ultimo giorno della pubblicazione del ruolo, o dalla notificazione dell’ultima decisione amministrativa, quanti sia posteriore al ruolo. 21) Agli effetti dell’art. 16 Regolamento 23 marzo 1902, le scadenze ordinarie per il pagamento della tassa sono ripartite in tre rate uguali e pagabili ciascuna rispettivamente il giorno dieci dei mesi di agosto, ottobre e dicembre. 28 .Capitolato riscossione dei dazi di consumo governativi e comunali, tassa sugli animali vivi che si vendono al pubblico mercato, tassa di suolo pubblico, tassa di esercizio del pubblico macello, e diritto di peso e misura, per il quinquennio 1906-1910 (Approvato il 20 gennaio 1906) 1) Il Comune concede in appalto la riscossione dei dazi, della tassa gli animali vivi che si vendono sul pubblico mercato, della tassa di suolo pubblico, della tassa di esercizio del pubblico macello e del diritto di peso e misura pubblica. 2) Le strade che potranno percorrersi per introdursi i generi soggetti a dazio nella cinta daziaria sono: a) La strada che da S. Clemente, frazione di Caserta, mena all’interno di questo comune per il Corso Campano; b) la strada che da S. Nicola la Strada conduce alla via interna, denominata Appia; c) la strada da Napoli che dalla cosi detta Rotonda mena a questo Comune per la stazione di Maddaloni Inferiore; d) la strada Sannitica, che da Ponte Carolino, per il Mulino mena in questa Città, mena alla strada detta pure Ponte Carolino; e) la strada che da Montedecore porta per la Madonna delle Grazie alla Starza; f) la strada che dal Macello vecchio mena allo stesso punto detto Starza; g) e finalmente l’ultima che da S. Marco Evangelista mena a Maddaloni per la suddetta stazione ferroviaria di Maddaloni Inferiore. 3) L strada da percorrersi da color che transitano per la cinta daziaria trasportando generi daziabili diretti altrove sono: Corso Campano, Piazza S. Sofia, Via Ponte Carolino e Via Appia. 276 4) L’appaltatore sarà obbligato a fornire la neve occorrente agli abitanti del Comune, tenendo aperti al pubblico non meno di sei esercizi di vendita di detta neve nei mesi di maggio, giugno, luglio, agosto, settembre e ottobre. I suddetti sei esercizi di vendita di neve in tempo di asta saranno situati: Piazza Santacroce; Piazza Umberto I; Piazza S. Eustacchio o largo Teglia; Via Bixio, gia S. Martino; Trivio; presso il Molino in via Ponte Carolino. I siti saranno aperti dall’alba alle ore tre dopo l’Avemaria. In caso di notte occorresse ai cittadini della neve, l’appaltatore non potrà negarsi a somministrarla, per qualunque caso d’urgenza abbisognasse. Egli è obbligato di tenere una quantità, in deposito, la quale nei mesi estivi non potrà essere minore di quintali quattro, e nei mesi d’inverno, autunno e primavera, non meno d’un quintale. 5) Nel caso di mancanza della neve il Sindaco sarà facoltato di acquistare ovunque, a danno dell’appaltatore, il quale non potrà fare veruna osservazione sia riguardo all’accertamento della contravvenzione e sia riguardo alle spese occorse sul riscontro. 6) La neve deve essere di buona qualità, senza loto, senza gelo e senza gragnola, ma di fiocca, e sarà soggetta all’assisa stabilita dell’Amministrazione. 7) L’appaltatore non dovrà riscuotere il dazio che s’introducono contemporaneamente sui letti di ferro usati, né su tutto il materiale occorrente per l’impianto e mantenimento della luce elettrica pubblica e privata in questo Comune, né su quelli necessari per la conduttura d’acqua nel Comune, e ciò per tutta la durata dell’appalto. 29 .Rettifica della cinta daziaria del Comune chiuso di Maddaloni (Approvata il 15 novembre 1915) La cinta daziaria Primo tratto incomincia, per colui che viene dai Ponti della Valle, percorrendo la provinciale Sannitica, dall’angolo della fornace calcare di Vigliotti Salvatore fu Michele. Tale per la strada che si sviluppa accanto a detta fornace e gira sulla destra pel fondo rustico del rev. D. Salvatore Raffone di Francesco. Si apre un passaggio nella siepe, a monte, di fichi d’India, di detto fondo Raffone, prosegue per di dietro a tutti i fabbricati della salita “Zipeppe” e, sviluppandosi, per le località denominate Ma strilli, Fossa, Castelluccia e Traforo grande, giunge al Traforo piccolo, della linea ferroviaria Caserta-Maddaloni-Benevento. Secondo: dal lato sud del posto daziario sulla via Sannitica, per la strada vecchia a ridosso della garitta daziaria di Ponte Carolino, e precisamente al confine del muro della strada. Ivi per una scarpata, da aprirsi, si discende nel fondo rustico della signora d’Errico Michelina, maritata Massari dal Casella (Caserta). Da questo fondo, percorrendo gli esistenti viottoli di confine, si attraversano i termini dei signori comm. Enrico Margottino fu Paolo da un lato e cupa dall’altro, a quelli dei signori del Monaco Michele e Iulio Domenico fu Francesco. Poscia, attraversando la via Bisceglia si passa per gli stessi viottoli di confine sul fondo di proprietà della Parrocchia di S. Margherita di Maddaloni e su quelli dei signori Bartolomeo, Clemente e Giuseppe Vinciguerra, nonché sui terreni dei germani Salvatori e Michele Merola fu Domenico. Dal fondo dei fratelli Merola si attraversa la via vecchia di Cervino, immettendosi sul fondo di proprietà del dr. Antonio Stravino e, rasentando il fabbricato dello stesso proprietario, si sbocca sulla rotabile che da Ponte Carolino mena al Cimitero. Terzo: dal cancelletto di ferro del giardino d’Auria, in prossimità del posto daziario ai Mulini, sito nel fabbricato dello stesso proprietà d’Auria, aprendo in detto giardino un piccolo passaggio, rasente il lato destro del muro, si esce, così, nella via Fievo. Da questa strada, voltando a sinistra per quella denominata Cucciarella e per la Cappellina Madonna delle Grazie sulla rotabile che mena alla borgata di Montedecore, proseguire per la via Starza, sino al Montano. Quarto a partire dal Montano, immettersi nella via Consolazione e proseguire sino al passaggio a livello della ferrovia Napoli-Roma. Da questo passaggio a livello seguire la linea ferroviaria che mena a Caserta, traversando quella della via Macello vecchio, stazione di Maddaloni inferiore e Montella, arrivando all’altro passaggio a livello denominato Cittadella. Quivi giunto girare a destra ed arrivare sin all’attuale posto daziario appellato Cittadella. Quinto: dal posto daziario Cittadella si percorre una linea quasi retta di un antico viottolo, attraverso i fondi e si giunge al borghetto denominato S. Eustacchio, ove trovasi il posto daziario omonimo, rimanendo, cosi, incluse nella cinta daziaria tutte le case di nuova costruzione lungo le vie Montevergine e Campolongo. Sesto: Dal largo S. Eustacchio, e per la via vicinale attigua, rasentare il muro del giardino della Peruta e voltando a destra sulla linea del muro, giungere al muro del giardino Roberto nella provinciale Caserta-Maddaloni. Settimo: Attraversare la suddetta strada provinciale, partendo dall’angolo del fondo Canelli 277 Achille, salire per un viottolo ed in linea retta della siepe, rasentando la strada detta “Calcarella” ed includendo nella cinta il fabbricato di proprietà Centuomo Antonio di Aniello, giungere sino alla bocca del traforo piccolo della linea ferroviaria Caserta-Benevento, che guarda verso S. Clemente di Caserta. 2) Le modifiche che con la presente deliberazione sono apportate alla cinta daziaria fissate nel 1869, e già consegnate all’Impresa, dovranno essere accettate da questa ultima, alle espresse condizioni che le variazioni escludono assolutamente ogni vertenza tra Comune ed Impresa, circa l’ammontare del canone che resta invariato. 30 .Provvedimenti per la sistemazione del servizio di vendita del ghiaccio e della neve – concessione in appalto (Approvato il 30 aprile 1923) 1) La Ditta assuntrice, dovrà continuare a fornire la neve ed il ghiaccio ai rivenditori che saranno indicati dal Municipio come attualmente si pratica dal Comune all’Ufficio daziario. 2) dovrà tenere altresì un apposito locale pel deposito della neve e del ghiaccio di cui non potrà rifiutare la vendita ai privati in tutte le ore del giorno ed anche di notte su richiesta dell’Autorità, agenti della forza pubblica ed a coloro che fossero forniti di prescrizione medica. 3) La ditta è obbligata altresì a tenere disponibile costantemente una quantità di neve che nei mesi estivi non potrà essere minore di quintali quattro e nei mesi d’inverno, autunno e primavera non meno di un quintale. In caso di mancanza della neve o del ghiaccio il Sindaco sarà facoltato d’acquistarla in danni a spese della ditta che non potrà fare opposizione sia in riguardo all’accertamento della contravvenzione sia in riguardo alle spese occ0orse nel riscontro. 4) Per potersi determinare la contravvenzione al precedente articolo, sarà necessario constatare che la diminuzione della neve o del ghiaccio siasi verificata almeno per la durata di un ora e la ditta assuntrice andrà soggetta ad una multa di lire 100 per ogni giorno in cui si verificherà la suddetta mancanza. La neve dovrà essere in ogni caso di buona qualità, senza loto, senza gelo, senza gragninola, ma di fiocco e sarà soggetta all’assise stabilita dall’Amministrazione. 5) La concessione avrà la durata di un anno e cioè dal 1° maggio 1927 a tutto l’aprile del 1924. 6) Il concessionario dovrà corrispondere al Comune il canone di lire 4.500. Detto canone sarà pagato per una metà a fine giugno e per l’altra metà a fine agosto 1923. 7) I prezzi di vendita ai venditori, caffettieri e sorbettieri saranno fissati dall’Amministrazione comunale in base ai prezzi di prioezza. 8) Per ogni contravvenzione al disposto degli articoli precedenti, la ditta sarà soggetta alla multa di lire 5 a 10 da applicarsi dalla Giunta comunale e ciò indipendentemente dall’altra multa di lire 100 sancita innanzi riguardante il caso della mancanza della neve. Cosi pure la inosservanza delle condizioni di cui sopra, importerà la rescissione del contratto e l’Amministrazione avrà il diritto di attendere al servizio a danno e spese dell’appaltatore. 9) A garanzia di patti innanzi enunciati, la ditta assuntrice dovrà depositare la cauzione di lire 1.000 da restituirsi ai termine della concessione. La presente si dichiara eseguibile con la data dal 1° maggio p.v. anche in pendenza del visto di esecutorietà. 31 .Regolamento fabbrica e vendita di ghiaccio. (6 aprile 1940) 1) Il Comune concede, con diritto di privativa, l’esercizio della fabbrica e vendita del ghiaccio alla ditta Fucci Francesco e Forgillo Eugenio alle seguenti condizioni: a) la concessione ha la durata di anni 10, salvo al Comune la facoltà del riscatto; b) tutte le spese d’impianto per la fabbrica e la vendita del ghiaccio andranno ad esclusivo carico dei concessionari suddetti, i quali al termine della concessione non hanno alcun diritto di pretendere dal Comune indennizzo di sorta per qualsiasi causa; c) i concessionari sono obbligati a non far mancare mai il ghiaccio alla popolazione, e dovranno soddisfare a tutte le richieste di essa. Durante le stagioni invernali dovranno parimenti essere forniti di ghiaccio che preferibilmente sarà somministrato ai commercianti che sono per legge tenuti ad essere forniti di frigoriferi e ai malati; d) tanto per la fabbrica che per la vendita del ghiaccio devono essere osservate tutte le vigenti disposizioni in materia d’igiene stabilite da leggi e dal regolamento che dettato da questa Amministrazione attraverso l’Ufficio sanitario. Il ghiaccio sarà venduto al prezzo fissato dall’Amministrazione in base alla media dei prezzi praticati nei comuni viciniori; e) a garanzia degli obblighi che la ditta concessionaria verrà ad assumere con l’atto di concessione essa depositerà alla Cassa comunale la cauzione di lire mille; 278 f) l’Amministrazione comunale in caso che mancasse il ghiaccio alla popolazione potrà procurarsi a spesa della ditta concessionaria prelevando le somme necessarie sul deposito cauzionale suddetto che la ditta dovrà reintegrare entro 15 giorni dalla comunicazione avutane; g) non ottemperando alla reintegra della cauzione la ditta perde ipso facto il diritto alla concessione e l’Amministrazione ha la facoltà di concedere il servizio ad altri. 32 .Statuto del Patronato Scolastico di Maddaloni (Approvato l’8 ottobre 1913) Capo I 1) In forza della legge 4 giugno 1911 n° 487 e dell’art. 7 è istituito nella città di Maddaloni il Patronato Scolastico, che si propone la finalità di integrare la scuola elementare con tutte quelle spese, sia di natura igienica che educativa che la possano rendere completa. 2) I mezzi economici di cui dispone il Patronato sono rappresentati dai sussidi provincialemunicipali, dalla Congregazione di Carità, dal Governo, o di qualsiasi altro Ente o Associazione cittadina, ed inoltre le oblazioni dei cittadini e tutti quelli che possono prevenirgli mercè l’introito di opere di beneficenza che potranno promuoversi nell’ambito del Comune. Capo II – Sostituzione, competenza e funzionamento del Consiglio di Amministrazione. 3) Il Consiglio di Amministrazione è costituito: a) Da due membri del Consiglio comunale, da questo nominato; b) da un delegato del gruppo soci ordinari annuali per ogni duecento soci; c) da un delegato di soci benemeriti o fondatori, se credono di farsi rappresentare; d) da due delegati del Corpo insegnanti elementare scelti nel suo seno; e) da un delegato delle Istituzione e Associazioni esistenti nel Comune e che contribuiscono al Patronato con un sussidio annuo non minore di lire cento e non maggior di lire 500 e da due delegati per quelle Associazioni che danno un contributo maggiore delle lire 100. 4) I componenti il Consiglio di Amministrazione restano in carica per un biennio. La nomina dei delegati dei soci è fatta dall’Assemblea generale convocata a norme dell’articolo10. La votazione sarà fatta a schede nelle ore stabilite; ed è schiusa due ore dopo il principio. Lo spoglio è fatto dal Presidente dell’Assemblea assistito da 4 soci scelti da lui tra i presenti. Saranno eletti quelli che avranno riportato il maggior numero di voti. In caso di parità si dichiarerà eletto il più anziano di età. La scelta dei delegati di ciascun Ente o Associazione è fatta con le norme volute dagli statuti di esse. 5) Costituitosi il Consiglio di Amministrazione con le nomine anzidette, esso deve nella sua prima adunanza dopo le elezioni procedere alla nomina nel suo seno: a) un Presidente; b) un Vicepresidente; c) un Segretario-contabile; d) un Economo; e) un Tesoriere. 6) Il Consiglio di Amministrazione deve funzionare almeno una volta al mese convocato dal suo Presidente, e potrà funzionare anche straordinariamente o convocato dal Presidente o per richiesta di almeno un terzo dei consiglieri in carica; oppure per richiesta del Provveditore agli Studi. 7) Il Consiglio di Amministrazione del Patronato scolastico deve curare l’incremento morale ed economico di esso. Preparare il Bilancio preventivo e quello consuntivo con la resa del conto della gestione dei fondi amministrati, procedere alla elezione delle cariche sociali, promuovere l’istituzione di tutte quelle varie forme di assistenza che potranno integrare la scuola sia dal lato igienico che morale e educativo, preparare il Regolamento di cui all’art. 8 del R. D. 2 gennaio 1913, ed ammettere i nuovi soci annuali e fondatori ed esercitare tutte quelle attribuzioni che a norme del R. D. sopra cennati e dal presente Statuto gli sono sancite. Capo III 8) L’Assemblea è fatta da soci annuali ordinari, i quali potranno versare una quota mensile da un massimo di lire una ad una minima di centesimi dieci: a) saranno dichiarati soci fondatori quelli tra i soci annuali che all’atto della costituzione del Patronato verseranno a fondo perduto la somma di lire cinquanta; b) saranno dichiarati soci benemeriti quelli tra i soci ordinari annuali che verseranno a fondo perduto lire 25. Gli Enti o le Associazioni locali possono essere soci di una o più delle categorie anzidette. 9) L’Assemblea generale dei soci sarà convocata almeno una volta all’anno, mediante avvisi stampati personali e consegnati personalmente due giorni prima del giorno indicato per l’assemblea. Le convocazioni straordinarie possono avvenire per richiesta scritta e firmata da un terzo dei soci. 10) Hanno diritto a prendere parte all’Assemblea generale: a) i membri del Consiglio di Amministrazione del Comitato; b) i soci annuali che saranno in corrente col pagamento del contributo sottoscritto, comprendendosi tra questi i soci benemeriti, fondatori ed i delegati delle Associazioni ed Istituzioni. 279 11) La validità dell’Assemblea è fatta dall’intervento della maggioranza assoluta dei soci ed in regola del contributo sottoscritto in prima convocazione e dell’intervento di un numero qualunque di soci, in corrente del pagamento in secondo convocazione. L’Assemblea dopo che si è constatato il numero legale e la validità di essa dal Presidente del Consiglio di Amministrazione del Patronato che l’ha convocata autorizzatovi da un deliberato del Consiglio di Amministrazione stesso e che la prevede provvisoriamente per cedervi alla nomina, nel suo seno, di un Presidente, di un Segretario, per la compilazione del verbale di essa e di due scrutatori per le votazioni. Avvenute la nomina, il Presidente nominato assumerà la Presidenza dell’Assemblea. Le deliberazioni saranno prese a maggioranza assoluta di voti. Gli atti dell’Assemblea saranno custoditi dal Consiglio di Amministrazione del Patronato. L’Assemblea ha l’obbligo: a) di nominare i delegati dei soci al Consiglio di Amministrazione del Patronato; b) nominare i revisori dei conti del patronato; c) deliberare il regolamento indicato dall’art. 8 del R. D., che dovrà essere formulato dal Consiglio di Amministrazione del Patronato. Capo IV – Attribuzione delle diverse cariche del Consiglio di Amministrazione 12) Il Presidente ha la rappresentanza legale del Patronato sia in giudizio che in rapporto dei terzi. Convoca il Consiglio di Amministrazione e provvede all’esecuzione dei deliberati di esso. Convoca l’assemblea dei soci prendendovi la presidenza provvisoria. Nei casi urgenti può prendere deliberazione speciale, riferendone al Consiglio nella sua prima adunanza. In caso di legittimo impedimento deve farsi sostituire dal Vice-presidente. 13) Il Segretario-contabile è obbligato a mantenere esattamente la corrispondenza ufficiale del Consiglio di Amministrazione, mantenere il registro di protocollo in tutta la corrispondenza e degli atti che possono venire al Patronato, redigere le deliberazioni prese dal Consiglio di Amministrazione, curarne col Presidente la loro esecuzione, mantenere l’archivio del Patronato, tiene i registri contabili relativi al Patronato, sia delle entrate quali i sussidi degli Enti e i contributi dei soci. Redige i bilanci preventivi e consuntivi, rende il conto morale della gestione, che dovranno essere approvati dal Consiglio di Amministrazione. Emette glia avvisi di esazione e i mandati di pagamenti. 14) L’Economo è il consegnatario dei beni mobili ed immobili del Patronato. Provvede a fare tutte le provviste necessarie al buon funzionamento dei servizi, tenendone esatta nota in appositi registri. Cura l’arredamento dei locali del Patronato ed il mantenimento di esso. 15) Il Tesoriere provvede alla riscossione del contributo dei soci e quello dei sussidi del Comune, della congregazione di Carità, del Governo, delle Istituzioni ed Associazioni locali. L’ammontare delle riscossioni, meno una parte occorrente per le spese attuali, sarà deportata e della variante di essa il contabile dell’Amministrazione mercè nota scritta. Provvede al pagamento dei mandati emessi dal Contabile, firmati dal Presidente o da chi da esso delegato e vistate dall’economo. 16) Quante volte il Bilancio del Patronato non permetta un adeguato compenso all’opera del segretario-contabile, dell’economo e dal tesoriere, il Consiglio di Amministrazione deciderà che le mansioni attribuite ai detti, siano disimpegnate dal Segretario del Consiglio di Amministrazione a cui potrà corrispondere un adeguato compenso. 17) Il presente statuto è formato da 17 articoli. A voti unanimi è approvato dal Consiglio. 280 Bibliografia 1. Archivio storico – Biblioteca comunale di Maddaloni: Registro delibere di Giunta dal 13/3/1893 al 19/4/1894 Registro delibere di Giunta dal 29/4/1895 al 29/2/1898 Registro delibere di Giunta dal 3/3/1899 al 12/6/1900 Registro delibere di Giunta dal 15/8/1900 al 31/1/1902 Registro delibere di Giunta dal 4/2/1902 al 8/1/1903 Registro delibere di Giunta dal 24/3/1902 al 31/12/1902 Registro delibere di Giunta dal 21/1/1903 al 24/7/1904 Registro delibere di Giunta dal 11/1/1905 al 31/12/1905 Registro delibere di Giunta dal 3/1/1906 al 5/6/1908 Registro delibere di Giunta dal 7/6/1908 al 19/2/1910 Registro delibere consiliari dal 7/12/1898 al 26/3/1900 Registro delibere consiliari dal 27/4/1900 al 20/5/1902 Registro delibere consiliari dal 25/5 al 19/12/1902 Registro delibere consiliari dal 27/1/1903 al 9/7/1905 Registro delibere commissariali dal 21/5 al 26/6/1905 Registro delibere consiliari dal 14/7/1905 al 12/10/1907 Registro delibere consiliari dal 15/10/1907 al 30/5/1910 Registro delibere consiliari dal 11/7/1910 al 28/11/1912 Registro delibere consiliari dal 28/12/1912 al 26/10/1914 Registro delibere consiliari dal 16/11/1914 al 29/9/1920 1 Deliberazioni consiliari, podestarili e commissariali dagli anni 1921 al 1943 – Archivio storico – Biblioteca Comunale di Maddaloni: Deliberazioni consiliari dal 16 novembre 1914 al 29 settembre 1920 Deliberazioni consiliari dal 1920 al 1923 Deliberazione consiliari dal 5/5/1924 al 24/1/1931 Deliberazione del podestà dal 6 febbraio 1931 al 20 febbraio 1932 Deliberazioni del podestà dal 25/2/1932 al 5/6/1933 – bibl. Com.le inv. 6743 del 3/3/1983 Deliberazione adottate dal podestà dal 10 luglio 1933 al 19 maggio 1934 Registro delle deliberazioni del podestà dal 15 febbraio 1936 al 16 gennaio 1937 Delibere del Podestà dal 23/1/1937 all’11/12/1937 Deliberazioni dal 27/12/1937 al 31/12/1938 dal sig. Commissario prefettizio sig. dottor Renato marchese de Zerbi Registro deliberazioni G.M. dal 7/1/1939 al 31/12/1942 2 Archivio storico della Biblioteca comunale di Maddaloni – alcune delibere dagli anni ’43 al ’50. 3 Registro deliberazioni della Giunta municipale dal 4 gennaio 1943 al 30 dicembre 1946 4 Registro deliberazioni prese dal Sindaco dal 22 gennaio al 12 maggio 1944 e dalla Giunta dal 20 maggio al 28 dicembre 1944 5 Registro deliberazioni consiliari dal 20 aprile 1946 al 20 novembre 1948 6 Registro deliberazione della Giunta municipale del 1947-48-49. 7 Deliberazioni della Giunta municipale dal 19/1/1950 al 30/12/1952 8 ing. Pasquale Mastellone, progetto di condotta d’acqua per la città di Maddaloni. 281 Tipografia editrice di Salaria F. Paolo- 1893 – Museo Civico di Maddaloni 9 Pietro Vuolo – Maddaloni nelle immagini, Arti grafiche F.lli Proto 1992 10 Michele Schioppa – Lo stemma e il titolo di “città” della comunità maddalonese - 1999 11 Felicio Corvese, Elites mercato e istituzione 12 Alberto Caocci, La vita e i costumi nell’Ottocento – Mursia editore 13 Arno J. Mayer, Il potere dell’Ancien Régime fino alla prima guerra mondiale, Editori Laterza, 1999. 14 Gianfranco Volpe, C’era una volta …. in Campania: antiche storie, leggende, riti, usanze, costumi e tradizioni della Campania 15 Il Centenario dell’Unità e la Battaglia dei Ponti della Valle, Top. Iacelli del rag. S. Fusco, Caserta 16 Amm.ne Valle di Maddaloni, Valle alla ricerca delle nostre radici, all’alba del terzo millennio, Arti Grafiche Zaccaria snc Napoli 17 B. Stampo e M.T. Tonelli, La memoria e la storia, ed. Le monnier 18 M.R. Storchi. Il poco e il tanto: condizioni e modi di vita degli italiani dall’unificazione ad oggi, Liquori, Napoli 1999 – Capitolo : la nuova Italia 19 Pietro Zinzi, Sempre con papo, Marcianise 1935-1945, fatti e persone. Ed. La nuova cultura di F. Agrippa SAS Marcianise 20 Amm/ne Prov/le di Caserta – Soprintendenza B.A.A.A.S. Caserta, Le immagini e il tempo: Terra di Lavoro tra ottocento e novecento – Adriana Russo Editore, luglio 1988 21 A. de Simone, edit. Strada di Chiaia Napoli 282 I n d I c e Introduzione Pag. Presentazione “ Capitolo primo – Maddaloni nel tempo: alcuni aspetti di vita amministrativa“ Capitolo secondo – Gli Amministratori “ Capitolo terzo – il Bilancio comunale “ Capitolo quarto – Personale comunale “ Capitolo quinto – Servizi pubblici “ Capitolo sesto Interpellanza del cons. d’Alessandro Antonio “ Capitolo settimo – Lavori pubblici “ Capitolo ottavo – Sanità e Assistenza sociale “ Capitolo nono – Vigili urbani, Guardie campestri e Banda musicale “ Capitolo decimo – Il commercio e il dazio “ Capitolo undicesimo – Il Mercato e il Macello “ Capitolo dodicesimo - Scuola, cultura e sport “ Capitolo tredicesimo – Origini del Convitto Nazionale “G. Bruno” “ Capitolo quattordicesimo – Enti ecclesiastici eil Cimitero “ Capitolo quindicesimo – Chiesa del Corpo di Cristo “ Capitolo sedicesimo - Istituzioni militari “ Capitolo diciasettesimo – L’acqua e la luce a Maddaloni “ Capitolo diciottesimo – Il progetto Mastellone “ Capitolo dicianovesimo – Case popolari – Casa del Fanciullo “ Capitolo ventesimo – Il colera “ Capitolo ventunesimo – Monumento ai caduti del 1860 “ Capitolo ventiduesimo. – Lo stemma della città di Maddaloni “ Capitolo ventitreesimo – Il re Vittorio Emanuele III a Maddaloni “ Copie di alcune delibere “ Elenco nomi “ Appendici “ Bibliografia “ 283 1 3 4 21 49 56 66 74 78 96 110 114 122 128 138 140 147 157 163 174 178 185 195 200 202 204 217 224 281