nota 09.06.2009 n. 11538 di prot.

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nota 09.06.2009 n. 11538 di prot.
Oggetto: Quesito sulla gratuità ovvero onerosità degli interventi edilizi.
Al fine di poter compiutamente illustrare il quesito che si andrà a formulare, necessita
introdurre una breve premessa.
Per conoscere quali siano gli interventi edilizi (con destinazione non produttiva) che
soggiaciono al versamento del contributo di costruzione (oneri di urbanizzazione e costo di
costruzione) si deve far riferimento all’art. 43, comma 1, della L.R. n. 12/2005 il quale così
dispone: “1. I titoli abilitativi per interventi di nuova costruzione, ampliamento di edifici
esistenti e ristrutturazione edilizia sono soggetti alla corresponsione degli oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria, nonché del contributo sul costo di costruzione, in
relazione alle destinazioni funzionali degli interventi stessi.”. Ciò detto poiché l’art. 16 del
D.P.R. n. 380/2001, in Lombardia, è stato disapplicato ad opera della suddetta L.R. n.
12/2005.
E’ fatta salva, comunque, la disposizione dell’art. 17 del D.P.R. n. 380/2001 -che non
attiene al quesito che si va a formulare- per la quale -appunto- l’art. 43, comma 2, della L.R.
n. 12/2005 così dispone: “2. Il contributo di costruzione di cui al comma 1 non è dovuto,
ovvero è ridotto, nei casi espressamente previsti dalla legge.”.
Detto ciò, si dovrebbe desumere come -in Lombardia- gli interventi edilizi onerosi
siano solamente quelli di “nuova costruzione, ampliamento di edifici esistenti e
ristrutturazione edilizia”. E per tale classificazione bisogna rifarci a quanto disposto dall’art.
27, comma 1, lett. d) ed e), della L.R. n. 12/2005 ovverosia:
d.
interventi di ristrutturazione edilizia, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi
edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo
edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il
ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la
modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e
ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente fatte salve le
sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica;
e.
interventi di nuova costruzione, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del
territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti e precisamente:
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1.
la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di
quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli
interventi pertinenziali, quanto previsto al numero 6;
2.
gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti
diversi dal comune;
3.
la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che
comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;
4.
(numero dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 129 del
2006);
5.
l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi
genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati
come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili e
che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee;
6.
gli interventi pertinenziali che gli atti di pianificazione territoriale e i regolamenti
edilizi, anche in relazione al pregio ambientale paesaggistico delle aree,
qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la
realizzazione di un volume superiore al 20 per cento del volume dell’edificio
principale;
7.
la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per
attività produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori cui consegua
la trasformazione permanente del suolo inedificato.
Ma tale classificazione non parrebbe, invero, esaustiva poiché l’art. 44, comma 12,
della L.R. n. 12/2005 così dispone: “12. Nel caso di interventi su edifici esistenti comportanti
modificazioni delle destinazioni d'uso, per quanto attiene all'incidenza degli oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria, il contributo dovuto è commisurato alla eventuale
maggior somma determinata in relazione alla nuova destinazione rispetto a quella che
sarebbe dovuta per la destinazione precedente e alla quota dovuta per le opere relative ad
edifici esistenti, determinata con le modalità di cui ai commi 8 e 9.”. Quindi, anche le
modifiche delle destinazioni d’uso, accompagnate da un intervento edilizio qualunque sia la
sua classificazione ex art. 27, soggiaciono al versamento degli oneri di urbanizzazione.
E’ utile riportare -di seguito- anche quanto dispone l’art. 27, comma 1, lett. b), ossia:
“b) interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche riguardanti il
consolidamento, il rinnovamento e la sostituzione di parti anche strutturali degli edifici, la
realizzazione ed integrazione dei servizi igienico-sanitari e tecnologici, nonché le
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modificazioni dell’assetto distributivo di singole unità immobiliari. Sono di manutenzione
straordinaria anche gli interventi che comportino la trasformazione di una singola unità
immobiliare in due o più unità immobiliari, o l’aggregazione di due o più unità immobiliari in
una unità immobiliare;”. Ed altresì quanto dispone l’art. 52, comma 2, e cioè: “2. I
mutamenti di destinazione d’uso di immobili non comportanti la realizzazione di opere
edilizie, purché conformi alle previsioni urbanistiche comunali ed alla normativa igienicosanitaria, sono soggetti esclusivamente a preventiva comunicazione dell’interessato al
comune. Sono fatte salve le previsioni dell’articolo 20, comma 1, del d.lgs. 42/2004 in ordine
alle limitazioni delle destinazioni d’uso dei beni culturali.”.
Premesso quanto sopra esposto, risulta fondamentale classificare correttamente un
intervento edilizio (qualunque esso sia) al fine di determinare se sia gratuito ovvero oneroso,
fatto salvo quanto disposto dall’art. 44, comma 12, in merito ai mutamenti delle destinazioni
d’uso.
QUESITO 1
Poniamo di avere un condominio residenziale di n. 20 appartamenti. Dopo dodici anni
dalla data di ultimazione dei lavori, il proprietario del condominio comunica all’Ufficio
Tecnico che muterà la destinazione d’uso (senza opere) di n. 9 appartamenti da residenza ad
ufficio (studio professionale).
Stante la portata dell’art. 52, comma 2, l’intenzione sopra manifestata sarebbe gratuita
e, evidentemente:
con il mancato pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione
relativamente alla nuova destinazione funzionale;
con l’incremento del valore di mercato delle unità immobiliari oggetto di mutamento di
destinazione d’uso.
Tuttavia, se il mutamento della destinazione d’uso fosse accompagnato dalla
realizzazione (per esempio) di opere edilizie consistenti nella sola chiusura di una porta
interna (classificabili come opere di “manutenzione straordinaria”) lo stesso dovrebbe
soggiacere al pagamento degli oneri di urbanizzazione (cfr. art. 44, comma 12).
DOMANDA: non risulta una evidente, irrazionale e sproporzionata disparità di
trattamento? E ciò anche -e soprattutto- in relazione all’insignificante (urbanisticamente
parlando) intervento edilizio da attuare? (chiusura di una porta interna?).
Comunque, ci risulta che il TAR Brescia continui a dar ragione –a seguito di ricorsi
giurisdizionali- a quei comuni che chiedono la differenza degli oneri di urbanizzazione anche
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nel caso di mutamento della destinazione d’uso senza opere come nell’esempio sopra
indicato. Quindi, per una tutela anche patrimoniale nei confronti della Corte dei Conti, è bene
che il comune osservi quanto ancora oggi statuisce il TAR Brescia?
L’art. 44, comma 12, comporta il versamento degli oneri solo nel caso in cui la
modificazione della destinazione d’uso sia urbanisticamente rilevante (es.: da residenza a
commerciale, da industria a direzionale)?
L’art. 44, comma 12, tratta solamente del versamento dell’eventuale differenza degli
oneri di urbanizzazione. E del costo di costruzione? Non deve essere versata anche la quota
del costo di costruzione quantificata sulla base del computo metrico estimativo delle opere
edili da realizzare?
QUESITO 2
Poniamo che un’impresa edile voglia realizzare un deposito a cielo libero di
attrezzature e materiali da cantiere (ponteggi, laterizi, materiali aridi, materiali isolanti,
legname vario, ecc.).
Tale intervento edilizio è classificato di “nuova costruzione” ex art. 27, comma 1, lett.
e), punto 7) e, pertanto, soggetto al versamento del contributo di costruzione (oneri di
urbanizzazione e costo di costruzione) giusto quanto dispone il ricordato art. 43, comma 1.
DOMANDA: come si fanno a quantificare gli oneri di urbanizzazione ed il costo di
costruzione per un intervento edilizio siffatto, vista l’inconsistenza in termini di superficie e/o
volume fisico/urbanistico?
E nel caso di costruzione di un impianto di betonaggio [anch’esso classificato di
“nuova costruzione” ex art. 27, comma 1, lett. e), punto 7)] come si procede a quantificare
ugualmente gli oneri di urbanizzazione ed il costo di costruzione?
QUESITO 3
Poniamo di avere una casa unifamiliare disposta su due piani (piano terreno e piano
1°) ove al piano terreno abbiamo i locali accessori (taverna, lavanderia, cantina, box) ed al
piano 1° l’appartamento.
Quando è stato costruito l’edificio, il comune ha richiesto gli oneri di urbanizzazione
solo del 1° piano poiché la destinazione dei locali al piano terreno non erano urbanisticamente
rilevanti (non costituivano volume ovvero s.l.p. stante il vigente PRG). Per quanto attiene il
costo di costruzione lo stesso è stato quantificato –a tabella- con le “superfici utili” (s.u.) del
1° piano e le ”superficie non residenziali” (s.n.r.) per piano terreno.
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Catastalmente parlando siamo in presenza di un fabbricato costituito da n. 2 unità
immobiliari: una comprendente il piano 1° ed i locali accessori del piano terreno e l’altra
costituita dal box.
Ora, il proprietario vuole trasformare, con opere edilizie, i locali accessori ed il box posti al piano terreno- in un secondo appartamento.
Come si è riportato sopra, l’art. 27, comma 1, lett. b), fra l’altro recita che “… Sono di
manutenzione straordinaria anche gli interventi che comportino la trasformazione di una
singola unità immobiliare in due o più unità immobiliari, o l’aggregazione di due o più unità
immobiliari in una unità immobiliare;”.
DOMANDA: l’intervento edilizio che si vorrebbe operare consiste nell’aggregazione
di due unità immobiliari (per essere precisi, una intera unità –box- e porzione di un’altra unità
–locali accessori) per costituirne un’altra (appartamento).
Nel caso di specie non si avrebbe una variazione della destinazione d’uso
urbanisticamente rilevante (es. da residenza a direzionale) perché residenziale è e residenziale
rimane.
Tuttavia, la variazione dell’uso funzionale (da locali accessori ad abitazione)
comporterebbe –di fatto- una verifica del costo di costruzione a tabella (se dovuto, poiché
avremmo delle s.n.r. che diventano s.u.) e degli oneri di urbanizzazione (superfici che
diventano urbanisticamente rilevanti e, cioè, che costituiscono volume ovvero s.l.p. stante il
vigente PRG).
Ma la “trasformazione” ovvero l’”aggregazione” di cui all’art. 27, perché sia gratuita,
deve comportare il mantenimento dell’uso funzionale? (era locale accessorio, rimane locale
accessorio; era abitazione, rimane abitazione). Oppure no?
Se l’uso funzionale è mutato, come sopra prospettato da locali accessori ad abitazione,
si devono pagare gli oneri di urbanizzazione ed il costo di costruzione? In caso affermativo,
sono da quantificare come sopra esemplificato?
Se un negozio/appartamento (una unità immobiliare) viene trasformato con opere
edilizie in quattro negozi/appartamenti (quattro unità immobiliari) siamo di fronte ad
intervento di “manutenzione straordinaria” e, come tale, gratuito?
QUESITO 4
Le N.T.A. del vigente P.R.G. disciplinano gli interventi di “ristrutturazione edilizia”
rifacendosi alla disposizione di cui all’art. 31 della L. n. 457/1978. Pertanto, laddove sono
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consentiti interventi di “ristrutturazione edilizia“ gli stessi sono da intendersi nel
mantenimento della struttura perimetrale del fabbricato esistente.
Oggi, l’art. 27, comma 1, lett. d), della L.R. n. 12/2005 consente di ristrutturare un
fabbricato anche mediante la sua demolizione e ricostruzione parziale o totale.
Il comma 2 dell’art. 27 così dispone: “2. Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono
sulle disposizioni degli atti di pianificazione territoriale e dei regolamenti edilizi, fatte salve
le istanze di permesso di costruire e le denunce di inizio attività già presentate
all’amministrazione comunale alla data di entrata in vigore della presente legge, qualora
dette disposizioni dispongano diversamente rispetto alle definizioni di cui al precedente
comma. Resta ferma la definizione di restauro prevista dall’articolo 29, comma 4, del d.lgs.
42/2004.”.
DOMANDA: il redattore del vigente P.R.G. –approvato prima dell’entrata in vigore
della L.R. n. 12/2005- ha inteso consentire -all’interno di alcune zone urbanistiche- gli
interventi di “ristrutturazione edilizia” nella vecchia accezione di cui alla L. n. 457/1978
ossia di mantenimento della struttura perimetrale (per motivazioni varie che qui non rilevano).
Ma, allora, la disposizione normativa regionale di cui sopra è immediatamente
prevalente sulle disposizioni comunali in contrasto? Praticamente, un cittadino che fino a ieri
(ante L.R. n. 12/2005) poteva operare sul proprio fabbricato l’intervento di “ristrutturazione
edilizia” dovendo mantenere obbligatoriamente la struttura perimetrale oggi (post L.R. n.
12/2005) potrebbe demolirlo/ricostruirlo in spregio alla ratio progettuale dell’estensore del
PRG?
In caso affermativo, cosa può fare l’Amministrazione Comunale al fine di inibire che
un cittadino possa (debba) vedersi assentita l’istanza di demolizione/ricostruzione di taluni
fabbricati, stante la vigente previsione di P.R.G. che consente di realizzare interventi di
“ristrutturazione edilizia” nella vecchia accezione della L. n. 457/1978?
Gennaio 2009
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