La battaglia di Hacksaw Ridge

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La battaglia di Hacksaw Ridge
La battaglia di Hacksaw Ridge
1 febbraio 2017
Nel nome del Padre, del Figlio e del globulo rosso. La retorica scorre a fiumi, di sangue. La
Bibbia è brandita come un’arma, che di questi tempi… Eppure, il ritorno alla regia di Mel
Gibson, Hacksaw Ridge, convince, e non poco. Le scene di battaglia, Okinawa, fronte del
Pacifico, secondo conflitto mondiale, sono le migliori, e di gran lunga, girate da anni a questa
parte: instant cult quella con Luke Bracey che per difendersi dal fuoco nemico si fa scudo di un
commilitone ridotto a tronco umano e va all’assalto dei giapponesi.
Statene pur certi, ne risentiremo parlare agli Oscar e compagnia dorata, a partire dalla prova di
Andrew Garfield, che smette la calzamaglia di Spider-Man ma non i superpoteri: “Buon Dio
fammene trovare ancora uno”, e così il suo Desmond Doss salvò 75 uomini senza sparare un
solo colpo. Avventista, fermamente convinto che la guerra fosse una scelta giustificata, ma che
uccidere fosse sbagliato, combatté in prima linea senza imbracciare arma: fu il primo obiettore di
coscienza insignito della Medaglia d’Onore del Congresso, la più alta onorificenza militare
americana.
Nel cast Teresa Palmer, Vince Vaughn, Hugo Weaving, La battaglia di Hacksaw Ridge ibrida e
loda patria e famiglia (il padre vet e ubriacone Weaving è super), guerra e amore (Palmer,
graziosa), fede e spada, plasma e piastrine. Ovvio, Gibson non arretra mai la macchina da
presa, la getta oltre l’ostacolo e dentro le budella, perché osceno e fuori scena per lui non sono
sinonimi ma contrari. Ma, va detto, tirando queste sassate allo stomaco nemmeno toglie la
mano: ci crede, non è un ipocrita, ma un estremista, è già qualcosa.
Crede, sì, in Dio, patria ed emoglobina. E coerentemente agisce: lancia in resta, scova e celebra
questo guerriero senza pistola, che non fece vittime ma salvati tra i suoi commilitoni, gli stessi
che avevan fatto di tutto per negargli la possibilità di servire il Paese come voleva, ovvero senza
colpo ferire. Già, Desmond Doss è il Salvatore, di una nuova Passion(e).
Poco importa (dell’ideologia), lo spettacolo c’è, e le coreografie belliche valgono, da sole, il
prezzo del biglietto. Piuttosto, per espiare i suoi tanti peccati, Gibson dovrebbe girare uno spot a
gratis per l’Avis. Di sangue ne sa a pacchi: anziché sprecarlo, aiuti a donarlo.