Piccinini 7 - DADA Rivista di Antropologia post
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Piccinini 7 - DADA Rivista di Antropologia post
Progetto e percezione ANTONIO L. PALMISANO Agribusiness Paesaggio & Ambiente -- Vol. XIII - n. 3, Marzo 2010 Mondo virtuale e mondo euclideo nelle autorappresentazioni post-globali In the Post-Global Reality Virtuality Comes to the Fore While Social Reality, Alfred Schutz’s world of life, steps behind acquiring the qualification and quality of backstage. Who are then the priests of the cult of virtuality, i.e. of the present day process through which the social actors are reduced to being spectators, profane spectators? The term backstage refers to a “hidden world”, to the hidden world which is not part of the self-representation of society in the post-global era, the era in which the grands-récits have not disappeared but are more than ever boldly active thanks to their being in hiding. The grands-récits in hiding allow the hiding of the actual stage of the social actor’s deepest identity to himself rendering him thus unable to assume and institute identities –whether in accordance with or alien to his deepest identitywithin the complex of the post-global self-representations. Nell’epoca della immagine, la nostra epoca post-globale, siamo talvolta tentati a dare fede all’antico dogma della identità fra esistente e visibile. Ma non tutto ciò che non vediamo non c’è; non ANTONIO L. PALMISANO tutto ciò che non è Università di Trieste immediatamente visibile è inesistente. Spesso, proprio il non visibile è parte irrinunciabile del nostro Dasein, e profondamente interviene nelle nostre vicende. Con esso interagiamo al di là della nostra consapevolezza. Ancora, noi stessi fissiamo nuovi termini, o trasformiamo ad hoc vecchi termini, magari nati in contesti sociali e culturali differenti; termini che, proprio per la loro ambiguità, possono essere in grado di indicare situazioni di difficile definizione ma che intuiamo essere parte costituente del nostro esserci. Il termine backstage, ad esempio, figlio del mondo delle immagini e delle rappresentazioni, è uno di questi termini: originariamente aggettivo e avverbio, in lingua inglese, è oggi usato come sostantivo nel linguaggio della modernità. Come avverbio, indica: in the dressing rooms behind the stage; behind the curtain; upstage; at or to the rear of the stage. Insomma, backstage in quanto avverbio sottintende un processo e indica un modo. Come aggettivo, significa: situated backstage; covert; concealed. Dunque, backstage in quanto aggettivo qualifica il processo in questione. Osservo così, innanzitutto, che è attualmente in corso un processo di relegazione, appunto backstage, di tutti gli attori sociali, con una riduzione di questi attori al solo ruolo di pubblico, ovvero al ruolo di consumatori. E’ quest’ultimo, del resto, il ruolo richiesto dal nuovo ordine internazionale, l’ordine dei mercati finanziari (Palmisano 2005, 2006a, 2006b, 2007, 2008a, 2008b, 2010) Il termine backstage non è impiegato a designare o identificare falsità o verità: con esso 184 Mondo virtuale e mondo euclideo nelle autorappresentazioni post-globali non ci si occupa di rispondere alla questione “falso o vero?”. Tutto è vero, tutto è reale nel mondo post-globale: viviamo una doppia realtà, e abbiamo difficoltà a conciliarci con tutto ciò che non è platealmente, immediatamente visibile. 1 Rilevo poi che mentre il mondo della vita la realtà della vita quotidiana (Schütz 1981 (1932), 1981, 1982 e Habermas 1981) - è divenuto backstage, il mondo virtuale - la realtà virtuale, oggi il web - è divenuto stage. Che cosa ha comportato questo cambiamento che abbiamo de facto sottoscritto? Ora, per backstage si intende - correttamente, del resto - “ciò che non è destinato a essere visto dal pubblico profano”. E per “profano” possiamo intendere “non-iniziato”. E’ dunque imprescindibile chiedersi non solo in cosa consista questo “ciò”, ma anche chi sia questo “pubblico profano”. Procedendo in questo senso, ci accorgiamo immediatamente di un nostro addentrarci come studiosi, in generale, e come antropologi, in particolare - nell’indagine delle condizioni di base dello essere-nel-mondo degli uomini (esistenza umana), proprio in quanto attori sociali. Ciò significa che ci impegniamo in una analitica del Dasein. In effetti, il termine backstage rimanda a un “mondo nascosto”, forse anche “occulto”, a quanto non rientra nella autorappresentazione della società dell’epoca post-globale, l’epoca nella quale non solo les grands récits non sono scomparsi - a differenza di quanto affermato da Jean François Lyotard con la sua definizione di condizione post-moderna-, ma sono intraprendentemente attivi proprio nel loro essere nascosti (Lyotard, 1979). Ed ecco alcune recite e metarecite: dicotomia soggetto/oggetto, oggettività, teleologia e sviluppo, selezione naturale e selezione sociale, razza, scienza ecc. Con esse si costruisce e istituisce il consenso. Così les grands récits permettono, nascostamente, ovvero in modo sotterraneo e perfino occulto e subdolo, di ve1) Confronta a questo proposito il rapporto fra “Ego”, termine di uso lare all’attore sociale il palcoscenico della sua identità più profonda, ovvero della molteplicità delle sue identità e dei suoi ruoli, della sua legittimità nel negoziarli; e permettono anche di rendere l’attore sociale capace di assumere e istituire identità, tanto consone contestualmente quanto de facto estraneizzanti, all’interno del complesso delle autorappresentazioni post-globali; come pure, soprattutto, permettono di richiedere all’attore sociale l’abilità ad essere “altro” rispetto a se stesso, ovvero di essere consapevolmente ignorante nel rifuggire il monoruolo del consumatore. Constato infine che il processo in questione è un processo di occultamento ed è esso stesso un processo occulto. Ecco che il virtuale si fa primo piano, stage, nella realtà post-globale, mentre la realtà sociale, “il mondo-della vita” di Alfred Schütz, si ritira assumendo la qualifica e la qualità di backstage. Ancora una volta, rileviamo che backstage non è un sostantivo ma è un aggettivo e un avverbio. Chi sono allora i sacerdoti - gli attori-registi, insomma - di questo culto del virtuale che fa sì che gli attori sociali si riducano a pubblico e per di più di profani, semplici consumatori? In effetti, abbiamo parlato di pubblico profano - in contrapposizione a pubblico di iniziati, un pubblico confinato backstage e istituzionalmente disconosciuto nel suo essere “attore sociale”. I nuovi sacerdoti appaiono ora sotto le spoglie di liturgie mediatiche e plutocratiche, e sono rappresentati proprio da multinational corporations e transnational holdings, soprattutto attive nel campo dell’informazione. Si tratta, per quanto riguarda questo culto, di una costruzione inscritta nel linguaggio postglobale e presentata in termini dicotomici: backstage/virtuale, passato/futuro, antico/moderno, obsoleto/innovatore. La costruzione è profondamente inscritta nel linguaggio post-globale e implica una attività ripetitiva e continuata, una sua specifica antropologico e psicologico, e “avatar”, termine in uso nel mondo 185 della virtualità e delle religioni. Progetto e percezione ANTONIO L. PALMISANO liturgia, infine, proprio in quanto è necessario credere affinché il virtuale operi. Del resto, “Sans croyances il n’y a de chef possible”, come ha acutamente osservato Pierre Legendre (Legendre, 1976, pg. 9). Poco per volta, in questo lungo e duplice processo, il backstage ha acquisito una sua esistenza, una sua autonomia, addirittura una sua cosmologia. Infine, non è più un avverbio né un aggettivo. In quanto sostantivo, ovvero come oggetto, si è sentito sempre e si sente ancora più “ai margini”, ignorato dai “poteri” della nostra epoca, disconosciuto dalla società statuale, dimenticato dallo stesso Stato. Ed il pubblico - profano, appunto - si manifesta allora per essere attore solo nel ruolo del consumatore, anche di informazioni, pronto dunque per “essere agito”. Una volta, il backstage era inteso come il vecchio, il non-moderno, il contadino, l’operaio, il periferico, il non progredito ma sano e morale, come una sintesi di ignoranza e saperi arcani. Era allora disconosciuto, emarginato ed evitato, in quanto espressione di una civiltà rurale, definita in contrapposizione a una civiltà urbana: Gemeinschaft verso Gesellschaft, insomma (Tönnies 2005 (1912)). Oggi, il backstage è inteso come il contemporaneo, il non integrato, il disadattato, il pericentrale e marginale, l’arcaico ma malato e immorale, sintesi di ignoranza e saperi ostili. E’ allora disconosciuto, emarginato ed evitato, come ciò che non può più essere (mondo euclideo) verso ciò che non può non essere (mondo virtuale). E si è sentito, insomma, obliterato, negato nel suo esser-ci. Del resto, chi non ha visto dalle stazioni della metropolitana il retro delle case di Londra? Si tratta di mondi negati, non solo maleodoranti. Noi antropologi ed etnologi abbiamo lavorato alla definizione e identificazione della relazione fra margini e centro; un centro ritenuto ostile al margine. All’interno della ethnologie (in)appliquée, per un etnologo, ovvero per un mediatore del backstage, mediator and political representative of society –una terminologia a tutt’oggi in uso fra i develop-mentalists- (Guille-Escuret, 1990, pp. 101-103), il nemico, l’avversario, il Gegner, in- somma il marginalizzatore e relegatore di vite bakstage, è stato considerato fino ad oggi lo Stato. Ecco un errore dei nostri tempi. In effetti, avversario è chi non esperisce, o è contro o costituisce in tale modo, l’esperienza del Mit-sein, una esperienza di contemporaneità e riconoscimento dell’attore, del coattore sociale. Insomma, Gegner è chi non condivide la contemporaneità del Dasein, e intende trascenderla costituendosi in un nuovo Seiende, un nuovo corpo, configurato in corporazioni come transnational holdings e multinational corporations, ad esempio. E non solo in Stati. Il processo di territorializzazione coincide con il divenire del potere nello spazio, avvalendosi del diritto e poggiando su di esso, in qualunque delle sue forme si possa analiticamente manifestare. Il capitalismo è di fatto la forma storica dominante. Ma la forma del capitalismo moderno, come pure il mercato globale finanziario dominante, è un segno per ciò che anche per Karl Marx era divenuto un sorprendente effetto del capitalismo: la distruzione della dimensione “rurale” o “euclidea” della nostra vita quotidiana. Ecco perché il mercato è divenuto il luogo virtuale, e tutte le azioni nel mercato, dispiegantisi nel cyberspazio, divengono azioni virtuali - incluso il denaro/valuta - con una terrificante Ereignis, effetto, risultato. Nel mondo post-globale la forma epistemologica [epistemologicamente] dominante, il capitalismo liberista e iper-liberista, funziona esclusivamente in dimensioni non-euclidee: nel cyberspazio e nei suoi domini della realtà virtuale. E territorializza perfino il non-luogo, l’utopia, con grande successo. Viviamo nella dittatura, nel dominio della realtà virtuale. Lo spazio euclideo è posto oggi in contrapposizione al cyberspazio: questo viene ad essere imposto invece dello spazio euclideo. Lo spazio euclideo è infine relegato dietro al sipario, dove effettivamente tutto può ormai accadere senza che l’attore sociale, ormai spettatore-consumatore, ne abbia necessariamente conoscenza e consapevolezza. Le transnational holdings non condividono il 186 Mondo virtuale e mondo euclideo nelle autorappresentazioni post-globali Da-sein perché intendono e comprendono solo lo Über-sein: in altri termini, posto con Heidegger che das Wesen dieses Seienden liegt in ihren Zu-sein,2 il Zu-sein è qui solo inteso come Über-sein, prepotenza e prevaricazione. Come già accennato, l’avversario di quanti sono considerati - ed eventualmente si considerano- backstage - ovvero, “marginali”- è stato spesso configurato come Stato (euclideo).3 Noi non dobbiamo tuttavia ignorare che gli Stati rappresentano ed esercitano un seppure minimo Mit-sein, proprio in vista dei processi di scelta - più o meno democratici- in essi impliciti e continui. Riassumendo, fino a oggi ci siamo occupati di Gesellschaften ohne Staat…4 Ma da domani, un buon titolo per un manuale di antropologia politica potrebbe essere: societies without transnational holdings, oppure societies without non-Euclidean States. Questo può essere in effetti il Gegner in un altro tempo, nella nostra era; per un etnologo, ovviamente, che si intenda campione del Dasein. Ancora, più precisamente, il Gegner può essere meglio definito come post-Euclidean State, oppure trans-Euclidean State: l’ordine del mondo è quello stabilito e mantenuto dalle multinational corporations e transnational holdings. In effetti, l’istanza centrale è oggi non più lo Stato ma le multinational corporations e transnational holdings. A queste è delegato de facto il legittimo monopolio sull’uso delle sanzioni - tutte economiche, principalmente- per la costituzione dell’attuale ordine centralistico e altamente centralizzato, rappresentato dai mercati finanziari (stock markets e Kapitalmarkt): è un ordine centralizzato ed al contempo è un 2) Heidegger, (1927) 2006 (Par. 9, Das Thema der Analytik des Daseins. Erstes Kapitel, Die Exposition der Aufgabe einer vorbereitenden Analyse des Daseins. Erster Teil, Die Interpretation des Daseins auf die Zeitlichkeit und die Explikation der Zeit als des transzendentalen Horizontes der Frage nach dem Sein). 3) Per quanto riguarda i rapporti fra Stato e antropologi, vi è un interes- ordine che permea la vita sociale, il mondo della vita. Sono dunque le multinational corporations e transnational holdings a rappresentare oggi il Gegner dell’antropologo, mediator and political delegate of society. Ma sono ben nascoste in questa loro veste di relegatori backstage degli attori sociali, che non sempre, e non tutti, intendono assumere il monoruolo di spettatoriconsumatori (cfr. epoca post-globale). E rappresentano il Gegner proprio all’interno del processo di costruzione sociale e dialogica del mondo, un processo congiuntamente performato da attori sociali e società civile.5 Così, il Gegner - il “nemico”, il “regista occulto”, il “puparo”, il “manipolatore” ecc.- si situa oggi nel cyberspazio prima ancora che in uno spazio euclideo.6 Insomma, una volta credevamo di potere lecitamente dire: “L’immagine non coincide con la realtà, ovvero con il mondo-della-vita”. Oggi crediamo di essere in grado di potere dire: “La realtà, ovvero il mondo-della-vita, non coincide con l’immagine”. Ed è un problema per la “realtà”, ovvero per il mondo-della-vita e per chi lo abita, non certo per l’immagine, non certo per chi la costruisce, corporazione multinazionale o transnazionale che sia. In quattro milioni di anni, per lo meno, abbiamo costruito il mondo-della-vita e lo abbiamo posto sullo stage, istituendo la “realtà”; in pochi anni abbiamo costruito il mondo virtuale e lo abbiamo posto sullo stage, relegando backstage il mondo-della-vita. Qui e ora è il nostro Dasein. Ecco delineata una breve analitica del Dasein; certamente non sufficiente. Si tratta di un semplicissimo ab- sante scambio epistolare degli anni ‘30 fra Malinowski, allora docente alla London School of Economics, e la sua allieva Audrey Richards, intenta a lavorare sul terreno fra i Bemba dell’attuale northeastern Zambia. In una lettera a Malinowski, Richards si lamenta dei controlli ai quali era sottoposta dal District Commissioner che ogni due settimane le faceva visita. Nella sua risposta, Malinowski le con- 187 siglia di mettere qualcuno di vedetta al confine del villaggio. Questi la avrebbe così avvisata dell’arrivo imminente della macchina del District Commissioner, scorgendola già in lontananza. E la Richards si sarebbe potuta assentare lasciando il villaggio per ricerche in non meglio precisati dintorni. Malinowski concludeva poi la lettera con questo commento relativo alle relazioni fra antropologi e rap- Progetto e percezione ANTONIO L. PALMISANO bozzo, ma è pur sempre un inizio: riconoscere i luoghi e i tempi della post-globalità, ecco i minimali lineamenti dell’analitica del Dasein. Sappiamo che non sono mai esistite società isolate. E il backstage è il pendant contemporaneo delle società isolate di certa scienza sociale dei secoli scorsi. Sappiamo che non sono mai esistite società isolate, anche se questo era il sogno di una certa scienza dello ‘800. L’isolamento è stato il primo passo verso l’oggettivazione - e la fossilizzazione - di personae e di comunità, ovvero verso la disgiunzione del Soggetto/Oggetto. Sappiamo che sempre, invece, ogni società era in relazione con altre società e comunità, quantomeno con i vicini, con invasori e invasi, con “esploratori”, ricercatori e quanto altro. Sappiamo oggi che sempre ogni società era in relazione con altre, secondo “principi di relazione” noti, immediati, comprovati, canonici. Relazioni di corpi, relazioni fra corpi: guerra, violenza, schiavitù, commensalità, connubio o comunque sesso. [Corpi che si avvinghiano ancora e sempre nella lotta, nell’amore, in una metropolitana o al mare - sulla costa di Rimini, per esempio - o in una manifestazione o celebrazione. Corpi che dimagriscono o ingrassano a secondo dei tempi e dei luoghi, a secondo dei vicini. E fanno tutto ciò solo e in virtù del rapporto gli uni con gli altri: “insieme”]. Il Sein, già inteso come das unbestimmte Unmittelbare (Hegel 1985 (1832)) diviene ora das bestimmte Mittelbare. Ma sappiamo anche che oggi ogni società è in relazione con altre, secondo “principi di relazione” non ancora noti: relazioni mediate... presentanti del potere statuale: “Our English is completely different…“. Come dire: nasconditi backstage, rifugiati nella “vita reale”, trova difesa nella vita quotidiana, per liberarti continuando a vivere nello spazio euclideo. Ed è quello che accade anche a noi quando optiamo per una libertà rigeneratrice, esercitabile nella vita quotidiana, seppure in spazi sempre più esigui. 4) Cfr. a questo proposito gli impor- anzi, altamente mediate, e non fra corpi, non sempre fra corpi.7 Si tratta cionondimeno di relazioni reali negli effetti e nei risultati seppure virtuali nella forma: relazioni “inconsapevoli”, involontarie, anche ignote. Ecco in cosa consiste il mondo post globale: in un mondo di relazioni potentemente mediate, totalitariamente mediate. Il Sein già inteso come das unbestimmte Unmittelbare diviene ora das unbestimmte Mittelbare. E tutto ciò risulta essere al contrario, dunque, di ciò che si ritiene di sapere, e di ciò che è rappresentato e auto-rappresentato. Ma è immediato l’accesso al mondo potentemente e totalitariamente mediato. Forse è anche sulla base di queste relazioni dominanti che il cittadino risponde in direzione di una richiesta di relazioni telluriche. Heimat è termine che non ha mai avuto più successo di oggi. E non a caso si parla di localismo e di Europa delle Regioni. E per “Unione Europea” si può oggi intendere un “nuovo regime contrattuale” che possa essere capace di rispettare l’autonomia di individui e comunità locali, superando le antiche frontiere politiche e nazionali. La cosiddetta “unità nella diversità”, oggi meglio nota sotto il nome di “multiculturalismo”, è l’espressione responsiva ad imposizioni centralistiche - di una sorta di federalismo libertario di gruppi associati sul piano locale, regionale e infine, eventualmente, mondiale. Ma questo, per quanto sorprendente, pensando alle interpretazioni esclusiviste e perfino razziste di molti dei partiti che sostengono queste posizioni, era esat- tanti lavori della Berliner Schule der Ethnologie; ad esempio, Kramer und Sigrist (Hrsgs.), 1978 5) Non intendo dialogo o antropologia dialogica come era intesa negli anni ‘80, ovvero non la intendo come un on-going dialogue o una conversazione che si presume essere al centro dello anthropological project. 6) Una interessante questione, a questo proposito, potrebbe essere espres- 188 sa con la domanda: “Che cosa è allora il Mit-sein nel cyberspazio?” 7) A proposito del concetto di “relazione”, è interessante confrontare in inglese i due termini: “relationship: connection, or connection by blood or marriage (kinship)” e “relation: connection or mode of connection as in thought, meaning: relation of theory and practice or relation of the individual to society”. Mondo virtuale e mondo euclideo nelle autorappresentazioni post-globali tamente il programma - non solo il complesso terminologico- elaborato da Michael Bakunin e Pierre-Joseph Proudhon per giungere a riconoscere nella solidarietà e nella libertà la “essenza del genere umano”: paradossi delle vicende umane nell’epoca post-globale (Bakunin, 1873; Proudhon, 1840). * Bibliografia Bakunin, Michael - Gosudarstvennost’i Anarchija, 1873 Broekman, Jan M - Intertwinements of Law and Medicine. Leuven: University Press, 1996 Broekman, Jan M - A Philosophy of European Union Law. Paris/Leuven: Peeters, 1999 Broekman, Jan M - The Virtual in E-education. Xlibris Corporation, 2004 Broekman, Jan M. and Foox, Michael H. - Binding Words Unfolding Selves. iUniverse.com, 2008 Guille-Escuret, Georges - “Une recherche perdue en son temps: l’ethnologie inappliquée”, L’Homme, 1990:98-112 Habermas, Jürgen - Theorie des kommunikativen Handels. 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